Pinerolo Indialogo Marzo 2011

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n. 3 Marzo 2011 IN DIALOGO Supplemento di Indialogo.it , autorizz. N.2 del 16.6.2010 del Tribunale di Pinerolo L’altra metà del cielo: le donne

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Magazine d'informazione e di cultura locale per il dialogo tra generazioni

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G l o c a l M a g a z i n e M e n s i l e

n. 3Marzo 2011

INDIALOGOSupplemento di Indialogo. i t , autor izz. N.2 del 16.6.2010 del Tr ibunale di Pinerolo

L’altrametà del cielo:le donne

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22Buone News

A cura di Gabriella Bruzzone

l a r i c e r c a s c i e n t i f i c a s v e l a

Le dinamiche che originano la felicità Da sempre al centro dei pensieri di ognuno di noi, nonché di pensatori e filosofi, oggi la felicità si è trasformata in una preoccupazione anche per gli scienziati.In uno studio condotto e pubblicato sul Finan-cial Times infatti vengono messi in evidenza gli aspetti più significativi che sono alla base della felicità. Gli scienziati si sono soffermati particolarmente su quegli aspetti che, inciden-do maggiormente sulle nostre vite, determina-no il livello di felicità e serenità personali.Alla base sicuramente c’è la buona salute, primo fattore di benessere, a scapito invece del denaro che serve solamente a soddisfa-re una piccola parte di piaceri; così anche un aumento di stipendio non è paragonabile alla vicinanza dei propri amici più cari.L’esperienza più tragica è data dalla perdita del lavoro, ma si è notato che la disperazione diminuisce se anche amici e conoscenti vivo-no la stessa situazione. Analogamente, se si è gli unici in sovrappeso tra amici in forma ci si sentirà a disagio, ma se anche i nostri amici hanno problemi di peso come noi, ci sentiamo più sereni.Il “British Medical Journal” si è soffermato invece sull’aspetto contagioso della felicità: questa si trasmette esattamente come un vi-

rus e dipende dalla vicinanza con persone fe-lici. Più siamo a contatto con persone serene, più abbiamo possibilità di sentirci felici.A questo proposito, Nicholas Christakis della Medical School di Harvard e James Fowler, sociologo dell’Università della California (San Diego) hanno messo a punto una vera e pro-pria formula matematica che riassume la feli-cità e le sue cause. La formula è stata rappre-sentata in un diagramma - chiamato appunto “diagramma della felicità” - dopo aver condot-to uno studio su oltre cinquemila persone tra i 21 e i 50 anni.Ma la felicità non si trasmette tra tutti gli indi-vidui: ci sono infatti alcuni elementi che con-corrono o meno alla sua “contagiosità”. Gli studiosi hanno infatti tenuto conto del con-testo sociale e delle relazioni di parentela, di amicizia o lavorative tra chi si è sottoposto al test. Ad esempio il contagio non avviene tra colleghi di lavoro e tra vicinanze virtuali, ovvero amicizie tenute in contatto solo per via telematica. È invece assodato che un buon grado di empatia e di complicità tra gli indivi-dui favorisce la trasmissione della felicità.A tutti questi fattori ne aggiungerei uno che, a parer mio, è portatore di una buona parte di felicità, pur sottovalutato perché di pratica

quotidiana: il cibo. In ef-fetti un buon pasto, cu-rato e salutare, meglio ancora se consumato in compagnia di amici o famigliari, stimola il buon umore e mantiene allegri.Quindi, malgrado le for-mule e i grafici matema-tici, possiamo ancora elencare tra i classici in-gredienti della felicità lo stare bene con se stessi e con gli altri e la buona cucina.

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S o m m a r i o

| Editoriale | È tradizione nel mese di marzo parlare della condizione della donna. Quest’anno dopo le cronache delle Ruby e delle veline, disposte a tutto pur di ottenere dei vantaggi economici o sociali, e dopo la manifestazio-ne d’indignazione del 13 febbraio, questo evento assume un significato particolare. Anche perché sono scese in piazza donne che non l’avevano mai fatto, come le suore. Una di queste è addirittura salita sul palco di Piazza del Popolo a Roma, in rappresentan-za di 80.000 suore italiane, per testimoniare tutto il proprio disagio. Che cosa è andata a dire questa piccola suora (Eugenia Bonetti), tra le più applaudi-te, impegnata in prima persona rischiando la pelle per salvare dalla prostituzione molte donne? «Basta! Basta all’indegno mercato del cor-po femminile...». Ha poi proseguito: «Ci pre-occupa la cultura che viene trasmessa dalla Tv e dalla pubblicità dove il corpo della don-na è solo immagine di strumento di piacere, di consumo e di guadagno. Ci indignano i maschi che non si mettono in discussione. È arrivato il momento di fermarsi e riflettere, stiamo procedendo in un vicolo cieco, oltre c’è solo il baratro. Non è una questione che coinvolge solo le donne. Ma la dignità del-la persona, uomini e donne. Noi chiediamo rispetto, chiediamo di rivedere stili di vita, chiediamo a ognuno di assumersi respon-sabilità. Lo chiediamo come suore e come donne». È il caso di dire: “Parole sante!”.

Antonio Denanni

2 Buone news ledinamichedellafelicità

4 eventi svoltadonnacontrolaviolenza

6 Primo piano riallinearelasortedegliuomini

8 visibili&invisibili larivoluzionedeigelsomini/masciari

9 nuvole sopra i 20 ilcoraggioalfemminile

10 Politica in città giovaniliriflessionielettorali/2

11 Pinerolo come la vorrei/4 leimpreseartigianeancorapessimiste

12 Delibere comunali febbraio2011

13 iniziative l’isoladimezzo

14 tendenze touchoqwerty

15 Giovani@scuola lottaallamafiaasuondicultura

16 Giovani scuola&lavoro farelaragazzaallapari

17 sociale &volontariato i fruttidibaobab

18 Personaggi michelapaschetto

19 teatro 18milagiornioilpitone

20 arte&architettura destinoincertoperlacavallerizza

21 serate di laurea all’insegnadelleletteremoderne

22 sport pulcinipinerolo2002

24 Musica negegiallo

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PINEROLO INDIALOGO

DIRETToRE RESPoNSABILEAntonio Denanni Hanno collaborato a questo numero: Fiammetta Bertotto, Michele Barbero, Silvio Ferrero, Emanuele Sacchetto, Va-lentina Voglino, Gabriella Bruzzone, Francesca Noardo, Maurizio Allasia, Andrea obiso, Mario Rivoiro, Massimiliano Granero, Nadia Fenoglio, Giulia Antonucci, Francesca Co-starelli, Michele F.Barale, Massimiliano MalviciniCon la partecipazione di Elvio Fassone

PHoToGiacomo Denanni, Irene Lo Bianco

Pinerolo Indialogo, supplemento di Indialogo.itAutorizzazione del Tribunale di Pinerolo n. 2 del 16/06/2010

REDAzIoNETel. 0121397226 - Fax 1782285085 E-mail: [email protected]

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A cura di Giulia Antonucci

4 Marzo: la festa della donnaEVENTI

intervista a Maria teresa MaloBerti

“Svolta donna”: contro la violenzaL’associazione pinerolese nata nel 2007 contro gli abusi sulle donne È ormai tradizione che nel mese di mar-zo, con la ricorrenza della “Giornata della donna” ci si soffermi a riflettere sulla condi-zione sociale della donna. Ne parliamo con la Prof. Maria Teresa Maloberti, membro all’Associazione “Svolta donna” Com’è nata l’Associazione “Svolta Donna”?Il Centro d’Ascolto “Svolta Donna” è stato fondato nel 2007 ad opera del sindaco di Porte Laura zoggia e di un gruppo di persone volenterose e disponibili ad impegnarsi in pri-ma persona per promuovere una convivenza senza violenza.Nel Maggio 2008, dopo cinque mesi di col-laborazione con i servizi del territorio e dopo un’attenta analisi del problema della vio-lenza sulle donne, è nato il numero verde 334.3664768 attraverso il quale le donne possono contattare il Centro e con l’assi-stenza e l’accompagnamento delle volonta-rie possono contattare specialisti e profes-sionisti secondo i bisogni individuati.Quali sono le attività proposte da “Svolta Donna”?La nostra Associazione si propone di attivare forme di ascolto ed accoglienza delle donne vittime di violenza attraverso l’operato del Centro di Ascolto Telefonico.Inoltre si promuovono iniziative di informa-zione e sensibilizzazione rivolte alla popola-zione sul tema della violenza, attraverso la programmazione di iniziative pubbliche, gior-nate dedicate, la stampa e la diffusione di opuscoli informativi, la pubblicazione di atti di convegni, la redazione di articoli per gior-nali, riviste ed altri periodici, l’attività edito-riale.Inoltre è attivo il Gruppo scuola: alcune vo-lontarie si occupano di andare nelle scuole (Liceo Porporato, Istituto Alberghiero, Liceo Valdese, scuola media, scuola materna) e di parlare dell’associazione, di sensibilizzare la

popolazione e di distribuire materiale infor-mativo durante l’orario d’ingresso.Chi è che si rivolge al Centro?Riceviamo telefonate da donne di ogni età, estrazione sociale e livello culturale. Comune-mente si crede che la violenza sia solo di tipo fisico, ma può manifestarsi in diversi modi e assumere varie forme: può essere fisica, ses-suale, psicologica, economica, oppure può manifestarsi come stalking (persecuzione).È un fenomeno che si manifesta soprattutto all’interno della relazione di coppia, nella fa-miglia, all’interno di rapporti che dovrebbero basarsi sulla fiducia, sull’amore e che do-vrebbero rappresentare luoghi di protezione.Si tratta di donne molto attaccate ai figli, fragili, sole, senza l’appoggio della famiglia, senza lavoro o precarie, che vorrebbero usci-re dalla loro situazione ma non sanno dove andare: le donne che subiscono violenza si sentono confuse, insicure, provano vergo-gna ed al tempo stesso dolore per la situa-zione che vivono.Nominare la violenza, riconoscerla ed identi-ficarla è il primo grande passo per interrom-pere un rapporto violento.Quale genere di assistenza garantite alle donne che si rivolgono al Centro d’Ascolto?Dopo un primo approccio telefonico, è pos-sibile fissare un incontro gratuito con una psicologa del Centro.Inoltre è possibile avere una consulenza legale gratuita da un avvocato del Centro e, se ne-cessario, far intervenire gli assistenti sociali.Alcune donne si sono rivolte a noi perchè il marito non consente loro di accedere al proprio conto in banca: per questo è nato un gruppo di microcredito all’interno di “Svolta Donna”, in collaborazione con il Centro per l’Impiego di Pinerolo. In questo modo le don-ne disoccupate possono essere messe in lista ed avere la precedenza.

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All’interno dell’Associazione onlus “Svolta Donna” è operativo un Grup-po che si è occupato in particolare del microcredito, partendo dall’esperien-za di Muhammad Yunus, vincitore del Premio Nobel per la pace 2006. Nel panorama delle esperienze italiane spicca il lavoro di approfondimento teorico e pratico della Prof.ssa Luisa Brunori. Il suo modello fa riferimen-to a Yunus e prevede la possibilità di passaggio da una forma di Welfare passivo ad una forma attiva, basata sullo sviluppo delle proprie risorse. Poiché si pensa possa essere interes-sante conoscere più a fondo questo intreccio di economia e psicologiasi organizzano in varie parti d’Italia dei seminari.

SEMINARIo DI STUDIo SUL MICRoCREDITo AL FEMMINILE

InvitoPer riflettere sul microcredito come stru-mento elettivo di sviluppo culturale e di recupero sociale delle fasce deboli della popolazione e di lotta all’esclusione finan-ziaria per lo sviluppo della comunità terri-toriale su un possibile progetto condiviso di sostegno all’occupazione femminile

seminariocon la Prof.ssa LUISA BRUNoRI

Docente di Psicologia Dinamica pres-so la Facoltà di Scienze della Formazio-ne dell’Università di Bologna - Direttore Centro Interdipartimentale di Ricerca e di

Intervento sui Gruppi-CIRIGFondatrice e Presidente osservatorio In-ternazionale sulla Microfinanza - M.I.o -

dell’Università di Bologna

8 MARzo 2011- oRE 14 - 18SALA CoNFERENzE ASL To3 STRADALE FENESTRELLE, 72

PINERoLo (To)

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Risponde Elvio Fassone

c’è BisoGno Di un’iDea GuiDa che orienti verso il futuro

Riallineare la sorte degli uomini«I bisogni reali insoddisfatti e le folle dei senza lavoro»

6PRIMo PIANo

D.- La crisi ha demolito, o almeno molto ridi-mensionato, il mito del libero mercato come soluzione di ogni problema. Si lamenta, però, che a questo punto la politica non è più ispirata da alcuna linea-guida che possa orientarci per il futuro. E’ davvero così?

E’ difficile dire che cosa si intenda per idea-guida, una volta cadute le ideologie che le alimentavano. Penso che con que-sto termine si debba avere riguardo ad una certa idea di futuro, che sia fondata sull’os-servazione critica di ciò che esiste, e che sia sufficientemente fornita di eticità per mobi-litare le persone e convincerle che il futuro può essere orientato in funzione di quella. Che cosa ci dice l’osservazione? Innanzi tutto ci pone davanti alla con-statazione che il mondo nella sua globalità ha imboccato la strada della perequazione. Per secoli l’occidente ha convogliato su di sé la ricchezza, l’invenzione e il benessere, a scapito delle altre parti del pianeta: lo ha fatto con la schiavitù, con l’imposizione dei rapporti di scambio tra le merci, con le po-litiche monetarie, con i prestiti soffocanti, con l’appropriazione delle materie prime e delle fonti di energia, e in mille altri modi. oggi il resto del pianeta vuole recuperare su

tutti i fronti, drenando ricchezza in direzio-ne contraria. Questo riequilibrio ha la forza della storia, la spinta della giustizia, l’ener-gia della loro maggior capacità di sacrificar-si, l’ineluttabilità dei vasi comunicanti. L’epilogo di questo movimento tellurico è che dobbiamo adattarci a cedere parte del nostro benessere. Ne abbiamo molto, e non è una tragedia. Il punto è come distribuire questo sacrificio. Noi lo stiamo facendo in modo sbagliato. Lo facciamo smantellando a poco a poco le conquiste sociali con le quali abbiamo cercato di umanizzare l’altra grande rivoluzione di un secolo fa, quella dell’industrializzazione e del fecondo com-promesso tra capitalismo e socialdemocra-zia. Lo facciamo demolendo lo stato sociale e polarizzando la nostra ricchezza sulla par-te alta della piramide sociale. Infatti cre-sce il prodotto interno, sia pure di poco, ma aumenta anche la povertà, cioè il numero di coloro che stanno sotto la soglia del be-nessere, o la sfiorano scendendo nella scala sociale. E sono sempre più scarse le risorse per il sostegno alle situazioni di difficoltà, gli operai salgono sulle gru, si allungano le file davanti alle istituzioni di assistenza. Allora la prima idea-guida scaturisce proprio dal principio dei vasi comunicanti.

E’ fatale che il ri-equilibrio planeta-rio sposti ricchez-za e benessere a danno nostro; ma è necessario che anche all’interno del l ’occ idente, destinato a patire lo scorrimento, questo avvenga secondo lo stesso

Le t t e re a l g i o rna l e

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principio, e quindi che il sa-crificio non sia scaricato sui più deboli di questa parte del mondo, ma sia soppor-tato principalmente da colo-ro che hanno più beneficia-to della rendita storica oggi chiamata al rendiconto. I corollari, come è intui-tivo, discendono a cascata. L’idea-guida non può essere quella ammiccante del “non mettere le mani nelle tasche dei cittadini”, ma quella del collocarsi nel solco della grande perequazione globale, recuperando, su scala planetaria e su tempi generazionali, l’intuizione dell’anno giubila-re, che ogni 50 anni riallineava le sorti degli uomini, resi ineguali dalle vicende della vita (v. Levitico, 25,8 ). C’è poi una seconda idea-guida. L’epi-logo della grande crisi è stato ed è una gi-gantesca ristrutturazione del mondo della produzione, a scapito del lavoro. La ripre-sa, ammesso che ci sia, è in ogni caso una jobless recovery, una ripartenza senza lavo-ro. Abbiamo risanato le banche, le princi-pali colpevoli del trauma; abbiamo sposta-to il loro debito privato sul debito pubblico, castrando il futuro e chi ci dovrà vivere; abbiamo curato la crisi da sovra-produzione mandando a casa un bel po’ di produttori. Abbiamo cioè usato come medicina la stes-sa ricetta che ha causato la malattia. Questa prospettiva non regge, per una considerazione elementare. Il progresso scientifico-tecnologico permette di produr-re la stessa quantità di beni con un sempre minor numero di lavoratori. Si scrive au-mento di produttività, si legge disoccupa-zione strutturale. Pertanto, per mantenere un passabile livello di occupazione, l’ap-parato ha bisogno di produrre un volume sempre crescente di beni. Ma la crescita illimitata non è concepibile, per molte ra-gioni: perché sono limitate le risorse da tra-sformare in beni; perché la polarizzazione

della ricchezza svuota i borsellini, sicché ci sono i prodotti ma non i compratori; per-ché non ha senso sollecitare dei bisogni artificiali per collocare quei beni, quando vi sono molti bisogni reali insoddisfatti; perché comunque si perviene all’esubero e quindi alla categoria degli “inutili”, con quel segue in termini di degrado sociale. Allora l’altra idea-guida è quella di realizzare il matrimonio che attende da tempo. Da una parte ci sono i milioni di non oc-cupati che aspettano chi li venga a chiama-re per un lavoro. Dall’altra parte ci sono gli innumerevoli lavori che attendono una ma-nodopera che non c’è: le scuole da bonifi-care, gli acquedotti da risanare, le colline che smottano, i fiumi che esondano, i treni dei pendolari, l’istruzione da diffondere, i posti letto insufficienti, le opere d’arte da tutelare, gli anziani da rispettare, la ricer-ca che langue, l’accompagnamento delle situazioni umane in difficoltà. Una vigna sterminata senza operai, che non riesce ad accogliere la folla immensa degli operai senza lavoro. Bisogna farli incontrare. Bisogna dirot-tare l’aumento di produttività, offerto dalla scienza e dalla tecnica, non sull’incremen-to dei beni materiali, ma sulla produzione dei beni immateriali di cui siamo poveri. Il costo non sarà il mercato a soddisfarlo, ma la politica: non con il debito accolla-to al domani, ma ancora una volta con la perequazione, richiesta a chi ha avuto più vantaggi dall’oggi.

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un’onDa inarrestaBile Generata Dalla faMe

La Rivoluzione dei Gelsomini

Di Massimiliano Granero DIRITTI UMANI Visibili & Invisibili

Pino Masciari

L’imprenditore che ha detto no alla ‘ndrangheta A Pino Masciari piace raccontare la sua storia. Questo è certo. E l’hanno potuto constatare i ragazzi che hanno partecipato all’incontro organizzato dal presidio di Li-bera della Val Pellice la mattina di venerdì 11 febbraio alla biblioteca di Torre Pellice. Insieme a quei pochi (ma buoni) che hanno sentito la sua storia nel pomeriggio. Pino Masciari! Chi era costui? Era un impren-ditore di Calabria, un imprenditore del matto-ne tra i più conosciuti ed influenti. Però anche un uomo tutto d’un pezzo, solido come gli edifici che costruiva la Mascia-ri Costruzioni. E, pur-troppo, una voce fuori dal coro: egli infatti, a differenza di molti altri imprenditori, ha detto no all’intrusione mafio-sa nei suoi affari. Un no secco e deciso che si sarebbe rivelato cruciale per il corso futuro della

sua vita. E di quella della sua famiglia. Dopo una serie di assalti nei cantieri di Masciari la ‘ndrangheta decide di colpirlo direttamente. L’ultima goccia è il fuoco che divampa da-vanti casa da una delle sue auto. Incomin-cia così la sua vita da recluso, da esiliato. Una moglie e due figli piccoli, due figli che non possono correre né mai impareranno a farlo, vive rinchiuso per aver denuncia-to. Dal 1997 ad oggi vive sotto scorta,

nel continuo pericolo di un attentato. In una località protetta senza poter lavo-rare, senza poter essere il vero Pino Masciari. Ma è ora di voltare pagina, que-sto il senso di “Costruire il coraggio”, scritto a quat-tro mani con la moglie Marisa. Pino vuole torna-re a vivere, circondato da quella folla di amici che ha acquistato negli anni. Speriamo anche qualcuno in queste valli.

Tunisia, Algeria, Egitto, Giordania, Bahrein, Yemen e Libia. E poi ancora Gibuti, Mauritania, Iraq, Iran, Arabia Saudita, Marocco, Siria, So-malia e Kuwait. La Rivoluzione dei Gelsomini avanza come un’onda che nulla può fermare. La protesta, anzi le proteste, che sta scuo-tendo il Medio oriente dalla fine del 2010 è al centro dell’attenzione mediatica internazionale, per tutti i risvolti che ha portato e che porterà nel mondo intero. Nata in Tunisia - si dice dal gesto estremo di Mohamed Bouazizi, venditore ambulante nella città di Sidi Bouzid che si dà fuoco in segno di protesta - è presto dilagata oltre i confini all’in-terno del bacino del Mediterraneo. Perché, an-dando oltre le cartine geopolitiche disegnate dai conquistatori occidentali, tutte queste diverse manifestazioni sono parte di un’unica grande rivoluzione. I diversi rami si riuniscono in un

unico tronco che dà loro la linfa per vivere. E le radici comuni sono molteplici. In primo luogo una lingua unica, l’arabo, simbolo di un’unica civiltà che coinvolge nelle sue varie sfumature tutti i paesi del Maghreb e del Mashreq. Una storia comune li unisce, fatta di sfruttamento e di sofferenza, di dolore e di sottosviluppo. Che ha permesso ai più spietati dittatori di prendere il potere con le armi e di mantenerlo con l’igno-ranza e con il culto della persona su larga scala. Ma la realtà scatenante questo sconvolgimento è un’altra: la fame. Una fame che noi non co-nosciamo, una fame che non fa distinzione di razza, di sesso, né di religione. Una fame che affonda nel dispotismo dei regimi e nella con-nivenza dei paesi sviluppati. Non ci resta che seguire l’onda, credendo negli uomini e nella forza della democrazia, senza pretendere di vo-lerla esportare.

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Inoltre, dettaglio fondamentale, il loro impegno non si fermò con l’Unificazione (1861), ma anzi si fece da quel momen-to in poi sempre più partecipe, attraverso ruoli che guardavano ora al riscatto socia-le delle classi disagiate, ora alla promozio-ne e sistemazione dell’educazione, fino ad arrivare, solo nel 1946, alla conquista del voto politico. Ecco, in un certo senso, la manifestazio-ne del 13 febbraio mi ha ricordato questo tipo di volitività positiva, forte, coraggio-sa. Mi sono anche sentita meno sola, os-servando donne più anziane e donne più giovani di me a fianco una dell’altra, ac-comunate dalla mia stessa ansia di rige-nerazione. Se non ora, quando?

Già; e chissà che questo grido di ribellio-ne pacifica, eppure così decisa, non sia lo stesso che anche quelle donne vestite di merletti e gonne lunghe hanno urlato con fiducia e sorrisi nei loro giorni migliori.

“Vogliano le donne felici ed onorate dei tempi avvenire rivolgere tratto tratto il pensiero ai dolori ed alle umiliazioni delle donne che le precedettero nella vita, e ricordare con qualche gratitudi-ne i nomi di quelle che loro apersero e prepararono la via alla non mai prima goduta, forse appena sognata, felici-tà!” Cristina Trivulzio di Belgiojoso, 1866

Nuvo le sop ra i 20 A cura di Fiammetta Bertotto

“le eroine invisiBili Dell’unità D’italia”

Il coraggio al femminile Mi chiedo cosa significhi essere donna oggi, qui, nel nostro Paese; ma anche al-trove. Mi chiedo quale sia la direzione presa, qua-li siano le scelte che bisogna affrontare, cosa ci sia da cambiare, perché e come.Poi mi chiedo anche cosa significasse es-sere donna ieri, qui, nel nostro Paese; ma anche altrove. Quali battaglie, quali sa-crifici, quali interessi sono venuti meno e quali, invece, sono immutati. Sono due le cose che mi sono venute in mente, in questo marzo da centocinquan-tenario nazionale: la prima, è la grande manifestazione a tinte rosa del 13 febbra-io scorso; la seconda, l’adesione fattiva che molte donne hanno offerto a quegli anni risorgimentali che ci ritroviamo ora a festeggiare, anni densi di speranze nuove e, sotto molti aspetti, innovatrici. Non è sicuramente originale – e, purtrop-po, non lo è mai stato – parlare di conflitti tra i sessi, di ruolo della donna subordi-nato a quello dell’uomo, e così via. Eppu-re, alla luce degli ultimi, come chiamarli, “sconvolgimenti social-culturali” che mol-to hanno avuto a che fare con il clima poli-tico in cui ci troviamo a vivere, forse non è del tutto inopportuno tentare di riproporre alle nuove generazioni femminili il ricordo di quelle loro antenate che hanno lottato per dei valori ben precisi e che non si sono arrese né ai pregiudizi né allo stato di cose a loro contemporaneo. Queste donne, che Bruna Bertolo defini-sce nel suo libro da poco uscito “le eroine invisibili dell’unità d’Italia” (ed. Ananke), non solo ebbero un ruolo rilevante in tale processo, ma furono numerose e di diver-se estrazioni sociali: poetesse e contadine si trovarono insieme, dimostrandosi deter-minate ad ottimizzare il loro quotidiano in una lotta condivisa, per un futuro di cui ben poco potevano immaginare, impe-gnandosi attivamente nelle cospirazioni, ma anche negli scontri veri e propri (per lo più nelle vesti d’infermiere e/o organiz-zatrici).

SoCIETà

Studentesse del Liceo Porporato, maturande 2007

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10 A cura di Emanuele Sacchetto

“cronaca younG” Di Politica

Il terremoto elettorale/2: l’ala destra

I n C i t t à PoLITICA

Squillo di trombe in casa sinistra. Il nemi-co è in vista. Giunge da destra, ben armato, compatto. Soprattutto giovane, il paladino Andrea Chiabrando nel suo viaggio ha pre-so con sé alleati forti. Stra-na ironia che proprio i gran-di secessionisti, quelli del “tutti divisi siamo più forti” abbiano accettato di allear-si, unirsi. Ma certo, quando si tratta di vittorie gli ideali non contano, solo i numeri. E dunque eccoci. Da de-stra stanno arrivando sotto le mura della roccaforte di sinistra. Gli arcieri di Co-vato Magno sono pronti. Anche se tra i Paladini De-mocratici ancora si pensa a una possibile alleanza (pri-marie o non primarie?). Ma non c’è tempo. Il nemico è alle porte. Ha un program-ma chiaro, dettagliato, che cambierà la nostra cittadel-la. Ma prima bisogna far la voce grossa. Bisogna far capire a tutti che loro sono quelli dei “fatti”. Non im-porta che tipo di fatti. Con-ta solo che siano visibili e mirabili da tutti. Dunque ci vuole un po’ di sangue, fuoco e qualche testa mozzata. Solo così gli avversari capiranno che è guerra. Perché è guerra. Un conflitto elettorale. ormai anche i giornali della cittadella lo sanno. E si sono schierati. Lanciano frecce nell’ombra, avve-lenate. Vorrebbero aprire le porte ai “salva-tori”. Senza aver ancora liste definite già la peste elettorale dilaga. E ha già fatto i primi morti, innocenti. Ma attenzione! C’è in vista qualcuno, da sinistra. Arrivano i Grillini, capeggiati dalla

loro giovanissima quinta stella (maestra) Luca Salvai. Attaccano la roccaforte, anche loro, al grido “più trasparenza!”. Si sono dati ben 5 stelle per le loro idee, togliendone una

un po’ da ogni partito. La città è in preda al panico e alla confusione. Nes-suno si schiera per paura di una pugnalata. Per ora si sono viste solo frec-ciatine, dardi vilipendiosi scagliati nell’ombra. Ma ora si aspettano delle idee. Non basta certo la politica politicante delle belle parole. Ma nean-che quella azionista dei fatti senza pensiero. Ci vuole confronto! Ma per questo bisogna essere aperti, saper parlare libe-ramente e senza avvele-nati insulti. Le idee arri-vano solo se sono viste. Spesso sono i più gio-vani a voler innovare. Ma i vecchi, i giovani li mandano a combattere per i loro “ideali”. Non c’è tempo per ascoltarli. Bisogna uccidere il nemi-co. A ogni costo. E se per caso un vecchio si

circonda di giovani per ascoltarne le idee e talvolta pure le realizza, egli viene bolla-to come il bonaccione ‘young’ e i giovani come i soliti raccomandati. Questa è la campagna “elettorale” dei pa-ladini del medioevo. Dove non c’era tempo per confronti diplomatici e al dialogo si pre-feriva la spada.Ma non c’era neanche democrazia. oggi siamo nel 2011. Cosa è rimasto di spade e democrazia?

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Il quadro economico generale appare ancora critico per tutti i comparti e in modo particolare per l’artigiana-to, come testimoniato dall’ultima “Indagine congiuntu-rale sull’artigianato, il commercio e la piccola industria” realizzata dall’Ufficio Studi della CNA Torino che de-nuncia che ben 18 aziende sulle 350 che hanno costi-tuito il campione di indagine nel corso del 2010 hanno cessato l’attività a fine anno. Nessuna per fortuna nel-la zona del pinerolese, dove il campione è diviso equa-mente tra aziende che aumentano il proprio fatturato e aziende che registrano ulteriori cali, ma è ormai eviden-te che i livelli della produzione si stanno assestando stabilmente a una quota inferiore al 30% rispetto alla situazione ante crisi del 2008. La ripresa è ancora lon-tana. Su di essa pesano come un macigno, la questio-ne dei termini di pagamento, sia nei rapporti tra privati che in quelli con le pubbliche amministrazioni, con un aggravarsi del rapporto di sudditanza delle piccole im-prese nei confronti delle grandi. Tutto ciò incide sulla liquidità delle aziende, ne complica la gestione finanzia-ria e le espone al rischio concreto di fallimento. L’Italia è, tra i paesi dell’Unione europea, quello più colpito dai ritardi di pagamento e naturalmente l’attuale crisi non ha fatto che peggiorare questa tendenza. La provincia di Torino, poi, per la presenza delle grandi imprese, da sempre riscontra ritardi superiori ai 90 giorni, cioè alla media nazionale nei pagamenti dei fornitori e dei sub-fornitori. Per risolvere tale problema la CNA ha avan-zato alcuni ipotesi, chiedendo ai parlamentari torinesi di farsene portavoce in Parlamento: l’Iva per Cassa nelle prestazioni di servizio e la revisione del sistema di pagamento tra aziende private. Al fine di evitare di an-ticipare allo Stato le somme delle imposte derivanti da fatture non incassate, chiediamo di rendere obbligato-ria, e non facoltativa, l’applicazione dell’Iva per cassa per le pre-stazioni di servizio, nel cui ambito rientrano tutte le attività di sub-fornitura. Per quanto riguarda i pagamenti tra aziende private, la legge sui termini di pagamento italiana dovrebbe prevedere,

Pinerolo come la vorrei /4 di Marco Milone

ELEZIONI COMUNALI 2011Le imprese artigiane ancora pessimiste Il ritardo nei tempi di pagamento ne affossa la liquiditàNella prospettiva delle elezioni comunali del 2011 abbiamo messo in campo questa rubrica per riportare le aspettati-ve dei cittadini dai futuri amministratori della nostra città.Interviene Marco Milone, Presidente della CNA di Pinerolo

sulla falsariga della legge francese, un termine massi-mo di 60 giorni, con accordi in deroga, prima dell’en-trata a regime, per un periodo non superiore a due anni. Le Pmi da sole non possono farcela e mancano al momento azioni governative studiate “su misura” per loro. La prossima agenda del Governo ma anche di tutti gli enti di territorio ad iniziare dai comuni deve porre al centro il tema dello sviluppo. Sino ad oggi le ri-sorse straordinarie per affrontare la crisi hanno coperto l’emergenza primaria dell’occupazione, sostenendo i redditi dei lavoratori e delle famiglie, ciò non deve esclu-dere che i prossimi interventi devono essere orientati a sostenere la piccola impresa che produce, esporta e crea occupazione. Solamente la miriade di piccoli imprenditori fortemente legati al proprio territorio può determinare la crescita del Prodotto interno lordo e quindi il riassorbimento di cassaintegrati e disoccupati. Non possiamo dimenticare che dal 2008 ad oggi sono uscite dal mercato per cessazione o fallimento ben 55 mila unità produttive nel solo settore manifatturiero. Altre aziende sono contemporaneamente nate, ma il saldo del manifatturiero resta negativo. Bisogna fer-mare questa emorragia, accompagnando le aziende rimaste e quelle neonate verso nuovi sentieri di svi-luppo. Le Istituzioni del territorio devono intraprendere tutte le iniziative utili a rilanciare l’economia spendendo bene e subito quanto già programmato e stanziato nei bilanci, avviando le opere pubbliche immediatamente cantierabili, le manutenzioni e riparazioni, abbando-nando la dannosa logica degli appalti al massimo ri-basso, evadendo con sollecitudine i pagamenti inevasi e rimuovendo ritardi inammissibili nelle concessioni di licenze edilizie, commerciali e realizzazioni di piani particolareggiati. L’attuale momento economico è già molto difficile: i cittadini e le imprese non possono pa-gare anche le conseguenze derivanti da tensioni am-ministrative, dall’inefficienza della gestione pubblica e da una burocrazia esasperata. Di fronte alla crisi at-

tuale gli artigiani hanno investito e continuano ad investire anche il patrimonio famigliare svolgendo, con grandi sacrifici, la loro parte, ma questa sfida deve essere colta da tutti gli attori economici del territorio.

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M e s e D i f e B B r a i o 2 0 1 1

Delibere della Giunta comunale

A cura di Silvio Ferrero

P i ne ro loAMMINISTRAzIoNE

Delibera 20 del 02.02.2011 Causa Giolitti + Badino ed altri / Comune di Pinerolo. Ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Torino n. 1694/2010.Delibera 21 del 02.02.2011 Introduzione di nuove aree di sosta a pagamento e modificazio-ne della tariffa oraria da Euro 0.80 a Euro 1.00.Delibera 22 del 02.02.2011 Approvazione bozza di convenzione tra il comune di Pinerolo e la Fondazione “C. Feyles” e con l’ENAIP.Delibera 23 del 02.02.2011 A.S.D. Sporting Club di Pinerolo – 3° prova di coppa Italia e dei campionati individuali di Short Track 5 – 6 febbraio 2011., stadio olimpico del Ghiaccio. Concessione patrocinio e contributo.Delibera 24 del 02.02.2011 Modificazioni ed integrazioni alla DGC n. 323 del 29/07/2004 avente ad oggetto “Nomina Agenti Contabili”.Delibera 25 del 02.02.2011 Approvazione tiro-cinio formativo – settore urbanistica.Delibera 26 del 02.02.2011 35° Rassegna dell’Artigianato del Pinerolese. Indirizzo pro-grammatici e progetto della manifestazione.Delibera 27 del 03.02.2011 Approvazione ta-riffe TARSU per l’anno 2011.Delibera 28 del 03.02.2011 Approvazione schema di bilancio di previsione per l’eserci-zio finanziario 2011, del bilancio pluriennale 2011 – 2013 e della relazione previsionale e

programmatica 2011 – 2013.Delibera 29 del 03.02.2011 Circolo Tennis Pinerolo – au-tor izzaz ione alle realizzazio-ne di opere di miglioramen-to energetico, abbattimento barriere archi-t e t t o n i c h e , realizzazione di una piccola area ricreativa e concessione

garanzia fideiussoria.Delibera 30 del 09.02.2011 Sistemazione area esterna con intubazione bealera in via Naziona-le – Abbadia Alpina.Delibera 31 del 09.02.2011 organizzazione manifestazione 8 marzo e dintorni.Delibera 32 del 09.02.2011 Autorizzazione all’avviamento delle procedure di gare per il no-leggio di apparecchiature fisse ed automatiche di rilevazione sanzioni.Delibera 33 del 09.02.2011 Piano nazionale di edilizia abilitativa – Variante al piano regolatore generale ed al piano per l’edilizia economica e popolare – Individuazione dei criteri operativi.Delibera 34 del 09.2011 Approvazione bozza atto di impegno unilaterale per asservimento a pubblico uso area destinata a parcheggio in via San Luca.Delibera 35 del 09.02.2011 Programmazione triennale 2011 – 2013 del fabbisogno di per-sonale.Delibera 36 del 09.02.2011 Adesione all’ini-ziativa “M’illumino di meno” del 18.02.2011.Delibera 37 del 09.02.2011 Carnevale di Pine-rolo 2011 – concessione di patrocinio alla Pro Loco – Provvedimenti.Delibera 38 del 16.02.2011 Destinazione dei proventi vincolati di cui all’art. 208 del D. Lgs. 285/1992 – anno 2011.Delibera 39 del 16.02.2011 Linee di indirizzo per la costituzione del fondo per il finanziamen-to della retribuzione di posizione e di risultato del personale dirigenziale – anno 2011.Delibera 40 del 16.02.2011 Ricognizione degli immobili non strumentali all’esercizio delle fun-zioni istituzionali dell’ente suscettibili di valoriz-zazione ovvero di dismissione ai sensi dell’art. 58 della Legge 13/88 – anno 2011.Delibera 41 del 16.02.2011 Approvazione bozza atto di impegno unilaterale presentato dalla soc. Barrovero impianti per asservimento a pubblico uso area destinata a parcheggio in Abbadia Alpina.Delibera 42 del 16.2.2011 Pagamento all’A.T.C. Differenze morosità 2008 non coperte dal fon-do sociale regionale: determinazioni.

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Ali d’Argento, un’associazione di genitori che hanno perso i propri figli in incidenti stradali, de-sidera donare alla città di Pinerolo un monumento per ricordarli. È stato coinvolto il comune di Pine-rolo nella figura del sindaco, l’ideazione e futura realizzazione dell’opera è stata affidata a Ciro Cirri, musicista ed artista pinerolese.Ciro come ti sei sentito quando il Sindaco Paolo Covato ti ha chiesto di occuparti di quest’opera? Immediatamente mi è venuto spontaneo chiede-re di incontrare i genitori dell’Associazione e, una volta davanti ai loro sguardi, ho capito che di fronte al loro dram-ma tutte le parole erano inutili. Nulla può rappresentare un dolo-re così profondo. Siamo rimasti in silenzio e poi abbiamo iniziato a conoscerci e a confrontarci.Qual è il messaggio a cui quest’opera darà voce? L’Associazione Ali d’Argento voleva innanzitutto ricordare, vo-leva un simbolo che diventasse memoria concreta dei loro ra-gazzi. Credo che l’intenzione del ricordo sia fondamentale, ma ser-va soprattutto a chi ha subito il dramma. Volevo qualcosa di più per quest’opera. Vorrei che fosse come piantare un seme, memoria ma anche sti-molo di riflessione per chi rimane, per chi c’è. Aiutaci ad immaginare questo monumento. A quali suggestioni ti sei ispirato? Ho deciso di non utilizzare immagini violente. Ab-biamo tutti paura del dolore, quindi perchè sbatte-re in faccia ancora e ancora scene scomode, dure. Penso che sia ora di riscoprire la delicatezza per affrontare questi temi, con cui è difficile confron-tarsi. Ecco perché ho utilizzato delle metafore per rappresentare la malinconia e il dramma. Mi sono immaginato una struttura morbida e dai colori te-nui, circondata da una fontana a spirale interrotta, acqua che scorre e lava, purifica. La vita che na-sce, diviene, che può essere interrotta, che conti-

nua nonostante tutto, che termina... All’interno di questo abbraccio d’acqua, della terra fresca dove piantare un fiore, ricordo colorato e profumato. Un monolite centrale appoggiato ad un gambo di rosa che lo attraversa fino a sbucare sulla sommità. Su questo blocco si stagliano seduti o in posizione eretta dei bambini, degli adolescenti e dei giovani fermi ad osservare ciò che li circonda. Infine tutta l’opera sarà protetta e sovrastata da una copertu-ra in plexiglass a cui saranno applicati centinaia di frammenti colorati, una pioggia di luce e colore.

Da dove nasce il titolo dell’ope-ra “Isola di mezzo”? L’isola di mezzo è rappre-sentata dal monolite centrale, luogo da cui i ragazzi osserva-no sia il cielo che la terra senza poter raggiungere nessuna del-le due dimensioni. Rimangono sospesi a metà, come le loro vite.Quando e dove potremo veder realizzato questo progetto? Un’opera del genere ha bi-sogno di essere progettata e costruita. Ho scelto materiali giovani, particolari, nuovi: ple-xiglass, acciaio, vetroresina… Per questo mi avvarrò della col-

laborazione di diversi professionisti per la realizza-zione. Tutte queste persone hanno deciso di dare il loro lavoro gratuitamente. Quindi, appena l’Asso-ciazione avrà fondi sufficienti a coprire il costo dei soli materiali, in circa due mesi potremo portare a compimento questo progetto. So che tanti si stan-no mobilitando per aiutare l’Associazione Ali d’Ar-gento, per esempio gli studenti del Liceo Porporato hanno deciso di adottare simbolicamente “Isola di mezzo” anche attraverso una raccolta fondi. Ab-biamo bisogno del sostegno di tutti perché l’ope-ra stessa è di tutti, monito, spunto di riflessione, luogo d’incontro, di ritrovo. È anche per questo che probabilmente verrà realizzata nei giardini della Stazione di Pinerolo

un MonuMento alle vittiMe Della straDa

L’isola di mezzoCiro Cirri, realizzatore dell’opera: «Vorrei che fosse come piantare un seme»

In i z i a t i veA cura di Francesca Costarelli

SoCIETà

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14Tendenze A cura di Massimiliano Malvicini

cultura Giovanile e nuove tecnoloGie

Touch o qwerty? Grossi, miniaturizzati, aggressivi, eleganti, ma anche sempre più funzionali oltre che per tutti i gusti.Di cosa si sta parlando? ovviamente si di-scute dei cellulari di ultima generazione, sempre più potenti computer in miniatura in costante evoluzione tecnologica e com-merciale.

In questo universo tecnologico sono, però, molte le dif-ferenze che caratteriz-zano i diversi modelli telefonici.

In particolare con l’av-vento del touchscreen,

d i f f u s o a livello globale grazie soprattutto all’iPhone, si sta sempre di più delineando una differenza tra i modelli che fanno uso di questa tecnologia e quelli che, invece, utilizzano le cosiddette tastiere qwerty.C’è da dire che quasi tutte le case madri di telefoni cellulare equipaggiano i loro model-li di punta con l’una o l’altra tecnologia in modo tale da coprire un più vasto campo d’utenza, ma in fin dei conti è interessante capire i vantaggi che possono portare l’una o l’altra tecnologia in quanto sono sostan-zialmente diverse l’una dall’altra.In realtà gli schermi touchscreen sono sul mercato da molti anni, ancor prima di qua-lunque versione di iPhone.I cellulari con tecnologia touch sono gene-ralmente belli da vedere, con uno schermo solitamente molto ampio, e possiedono un uso immediato ed intuitivo. Essi sono anche eccellenti per mostrare ad altri utenti quanto avviene sul display.La mancanza, inoltre, di un tastiera fisica si traduce spesso in un minore ingombro e peso inferiore.Naturalmente, però, non è tutto rose e fiori in quanto l’immissione di testi più lunghi dei normali sms è scomoda e macchinosa.La superficie tende facilmente a sporcarsi con grasso, polvere o altri sedimenti e l’atti-

vazione delle singole funzioni richiede movi-menti più o meno ampi di dita o polsi.Per quanto riguarda i cellulari con “tastiera a scomparsa”, tra i pro si identifica sicura-mente la facile digitazione di testi, anche per documenti molto “corposi”, con una mag-giore precisione e velocità. Tale tecnologia permette anche un accesso ad una completa serie di scorciatoie per velocizzare il proprio lavoro anche se è il modello stesso del cel-lulare che si occupa di esplicare in un modo o nell’altro quest’ultimo punto (dipende dal sistema operativo).Per quanto riguarda la pulizia dello schermo, il display è generalmente più pulito dal mo-mento che non entra in contatto con oggetti o, peggio ancora, con i polpastrelli.Come punti negativi del qwerty figurano si-curamente il maggiore ingombro e peso.Il consiglio per gli utenti è, però, quello di non scegliere mai seguendo le mode del mo-mento, ma basandosi esclusivamente sulle proprie esigenze e previsioni sull’uso che si andrà a fare dell’apparecchio. In fondo il cellulare, ora sempre più poten-te, veloce e ricco di funzioni, non dovrebbe essere un altro oggetto della moda, esso do-vrebbe essere piuttosto un importante stru-mento per il lavoro e per le nostre necessità più impellenti, e non un’arma per apparire più “cool”.

SoCIETà

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Arcangelo Badolati, caposervizio del quoti-diano “Gazzetta del Sud” e autore di varie pub-blicazioni sulla criminalità organizzata, incontra gli studenti del liceo Porporato il 5 febbraio scorso.Per iniziare, qual è la sua definizio-ne del fenomeno mafioso? La mafia è un’organizzazione di più persone che si vota alla contami-nazione delle strutture economico-sociali delle regioni meridionali, in particolare, e dell’istituzione statale nel suo complesso. Tre componen-ti ne sono alla base: i servizi e la giustizia (pri-vata) che elargisce in alternativa allo Stato e il consenso omertoso che rafforza la sua azione.L’Istat stima al 29% la disoccupazione giovanile in Italia: c’è il rischio che sia terreno fertile per la mafia? Questo è un problema serio. In tali circostan-ze il rischio per i cittadini è l’insubordinazione a un potere politico che talvolta non ha interes-se a lavorare nella direzione che gli è richiesta, soprattutto se si fa i suoi, di interessi. D’altro canto, l’attrattiva del “colpo grosso” attraver-so l’affiliazione impedisce di affrancarsi da quel grande potentato che elargisce denaro qual è l’organizzazione mafiosa.A suo avviso la collusione tra Stato e mafia si risolve con gli arresti? L’emergenza di cui la politica deve farsi cari-co è sbarrare le porte alle persone sospette di collusione, a chiunque sia “in odor di mafia”. Gli arresti, poi, sono merito dei poliziotti e non dei politici che sugli arresti tengono conferenze. L’impegno delle istituzioni nella tutela della col-lettività deve essere senza riserve e, soprattutto,

non appannaggio di una parte, ma lotta comune di tutte le forze in campo. Combattere l’istituzio-nalizzazione della violenza, dunque, per la piena

affermazione delle libertà democratiche.Qual è l’importanza dei movimenti im-pegnati nella lotta alla mafia? Associazioni di questo tipo rivesto-no un ruolo significativo, e la loro è una missione da sostenere. Una missione, appunto, che non deve decadere nel carrierismo: “i professionisti dell’antima-fia”, come Leonardo Sciascia definisce in un articolo del 1987 del Corriere della

Sera chi si serve della battaglia contro la mafia come titolo di merito per fini personali, non pos-sono ispirare quella frattura culturale necessaria per debellare la mentalità mafiosa dalla società civile. La scuola si impegna a sufficienza nel combatte-re il pensiero mafioso? Io credo che la scuola sia il veicolo universale attra-verso il quale trasmettere il senso del Bello che vive nella cultura, strumento imprescindibile nella lotta alla mafia. Innamorarsi di una pagina di letteratura può fare la differenza, e non è retorica. In tal senso la scuola di oggi fa molto di più rispetto al passato: la stessa stagione di attentati degli anni Novanta ha in-dotto l’opinione pubblica ad una coscienza più critica del fenomeno. Se Saviano scrive che “capire diviene una necessità. L’unica possibile per considerarsi an-cora uomini degni di respirare” significa che testimo-niare l’illegalità è, prima che coscienza di un diritto, esigenza per sopravvivere laddove l’ingerenza mafio-sa impedisce di sognare il proprio futuro. E che un ragazzo a Gioia Tauro non possa avere lo stesso so-gno di uno a Pinerolo, questo non ha giustificazione.

SoCIETà Giovan i@Scuo la A cura di Nadia Fenoglio

Intervista ad Arcangelo Badolati, testimone antimafia

Lotta alla mafia a suon di cultura

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stuDiare e anche GuaDaGnare

Fare la “ragazza alla pari”

Giovani, Scuola&Lavoro A cura di Silvia Biasiol

PINERoLESE

Se dovete completare gli studi e non avete ancora un lavoro stabile e volete arricchire il vostro bagaglio culturale imparando una lin-gua straniera direttamente sul posto senza sbancarvi con un soggiorno studio... Come fare? Vi racconto la mia esperienza. Io ho trovato la risposta nell’organizzazione Aupair: studio, lavoro e per un periodo entro a fa parte di una nuova famiglia, conoscen-done usanze e tradizioni. Cosa serve? Beh… voglia di viaggiare, di conoscere nuove persone, un po’ di respon-sabilità e di spirito d’avventura. Tutto ha avuto inizio con un sito internet www.aupair-world.it . È semplicissimo, ba-sta iscriversi, compilare una scheda con le proprie generalità, i propri hobbies e interes-si. Si deve indicare il luogo in cui si vorreb-

be soggiornare: essendo un’organizzazione internazionale sono disponibili praticamente tutti i paesi. L’esperienza ha durata da un mi-nimo di tre mesi a un massimo di ventiquat-tro. La persona deve avere un’ età compresa tra i diciotto e i quarant’anni, oppure a se-conda del paese, solo fino ai trenta. In alcuni casi si accettano anche diciassettenni.Da questo stesso sito le famiglie che voglio-no ospitare una ragazza alla pari possono ri-chiedere la disponibilità a quella più adatta alle loro esigenze. La ragazza nel complesso

delle varie offerte sceglierà la più opportuna.Così anch’io ho espresso preferenza per una delle famiglie che si sono proposte e l’ho contattata. Ho parlato al telefono con la si-gnora, perché fondamentale per un lavoro del genere è sapere un minimo della lingua in questione. Lei è stata subito gentile e molto disponibile. Tramite l’organizzazione abbia-mo sbrigato un po’ di faccende burocratiche, tra assicurazioni e contratti, e ora sono pron-ta a partire! Trascorrerò sei mesi in Germania, a casa di una famiglia costituita da genitori e tre bambini di anni compresi tra i due e i sei. Il mio lavoro sarà quello di occuparmi di loro da quando tornano da scuola (h 12.30) fino a quando non arrivano i genitori (h 17.30). Dovrò preparare loro da mangiare, farli gio-

care ed accudirli. Potrà capitare che debba fare dei piccoli lavori di casa per loro, come il bucato, pulire i piatti, mettere a posto la stanza, ma solitamente della casa si occupa qualcun altro. Avrò inol-tre una camera mia e un bagno.Al mattino potrò partecipare a un corso di lingua, che però non deve interferire con le mie ore la-vorative.Avrò diritto a un giorno libero a settimana, più due al mese, che la famiglia deve obbligatoriamen-te concedermi. Questi giorni sono accumulabili: se per esempio da agosto a dicembre non ne avrò usufruito, potrò tornare in Italia e

trascorrere qui l’intero periodo delle vacanze.Sarò retribuita con 300 euro al mese (la som-ma cambia in base alla nazione che si sce-glie) e avrò vitto e alloggio gratuiti, dunque l’unica spesa a mio carico sarà il viaggio. Vi-vrò 24 ore su 24 con la famiglia, compresi i giorni festivi e le vacanze.Penso che questo sia il modo migliore per imparare veramente una lingua, in più si vi-sitano posti nuovi, si guadagna un po’. Sarà una esperienza fantastica, sicuramente indi-menticabile, spero…

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stuDiare e anche GuaDaGnare

Fare la “ragazza alla pari”

Soc ia l e&Vo lon ta r i a to A cura di Valentina Voglino

stefania rayMonDo e JoraM GaBBio

In Africa con “Frutti di baobab” “La storia di ognuno di noi è un mistero pro-fondo, traboccante, ricchissimo. Figuriamoci quando si incontrano e si intrec-ciano due storie […].” Le storie si intessono quotidianamente e i misteri profondi si svelano e si arricchiscono di volta in volta di punti di vista nuovi. Capita in-contrando persone nuove che ti conducono ad ampliare il tuo orizzonte di pensiero e ad andare oltre il già noto. E poi, ci sono i li-bri. Volumi a volte piccoli, magari sconosciuti ai più, che racconta-no storie di vita vissuta, aneddoti sentiti e partecipati. Capita così se si affronta l’in-tenso “Frutti di Baobab”, scritto da due giovani sposi pinerolesi, Stefania Ray-mondo e Joram Gabbio, (pubblicato da Impre-mix a fine 2010, euro 13) il cui ricavato andrà in Africa attraverso le missioni salesiane. Il lettore che affronta queste pagine confon-de il suo sguardo con quello degli autori, fino a sentire con le proprie orecchie la storia raccon-tata da Stefano e si commuove quando sente parlare di Balamuca, un bambino di 12 anni, che vive per strada e sniffa benzina per soppor-tare il peso di vivere. Dopo varie insistenze, Ba-lamuca si ferma nel centro gestito da Stefano: studia, si impegna e presto raggiunge il livello degli altri bambini. L’infanzia, in Angola, come in molti altri paesi dimenticati da chi problemi non ha, è difficile, ma la speranza è alimentata dal vedere che le storie dei bambini che si fer-mano nel centro, cambiano davvero. Il viaggio dura poco meno di un centinaio di pagine e alla fine ci si accorge di aver vi-sto la scuola gestita da padre Thiago, salesiano dell’Uruguay, e di aver rivalutato quella italiana; di aver capito che in posti come questi, l’urgen-za primaria non è l’educazione, bensì l’incolumi-tà dei bambini. Si chiude il libro e negli occhi rimangono im-

pressi i colori di questo quadro intenso, viva-ce e ricco delle sfumature degli abiti sgargianti

degli abitanti vestiti a festa per la messa della domenica; del blu sulle mani di Stefania che scrive su un’insegna di legno; degli oc-chi neri e dei capelli d’ebano di Suzana. Si incontrano persone coraggiose, ricche di amore per la vita e per il prossimo, umili e volenterose. Si abbracciano bao-bab millenari e se ne assaggiano i frutti, e si cammina per la lixeira, la discarica, in cui l’infanzia scal-pita e trionfa la dignità,si sente in bocca il gusto dell’ospitalità e della manioca; si ammirano i dan-zatori di capoeira e si sente il pul-

sare del cuore dell’Angola. Alla fine senti l’urgenza di ringraziare chi ha vissuto e poi ha voluto condividere la sua sto-ria, dal matrimonio alla scelta di destinarne tutti i regali all’Africa, dal resoconto del viaggio a quello delle emozioni provate, ma soprattutto: “Forse ci dimentichiamo che quando la cicogna ha posato il nostro fardello in Europa ci ha re-galato libri, giocattoli e migliaia di stimoli per crescere nell’intelligenza. E soprattutto ci scor-diamo di ringraziare di tutto questo”.

SoCIETà

Associazione Valore e laicità A.BarberoMercoledì 9 marzo inizia l’attività di sportello dell’Associazione Valore laicità Alberto Barbero per promuovere una campagna di compilazione e di registrazione del testamento biologico. Rappre-sentanti dell’associazione forniranno informazioni, distribuiranno modelli di testamento biologico, fa-ranno da testimoni alla firma dell’interessato/a e provvederanno a conservare una copia ed a tene-re un registro di deposito dei testamenti biologici.Lo sportello è aperto il secondo e quarto mer-coledì del mese con orario 17.00-19.00 presso un locale annesso al Tempio Valdese di Pinero-lo in via dei Mille, 1

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M i c h e l a P a s c h e t t o

In Afghanistan con Emergency

Pe rsonagg i A cura di Michele Barbero

PINERoLESE

Michela Paschetto, infermiera originaria di Prarostino, lavora con Emergency in Afgha-nistan.Quante strutture di Emergency ci sono in Af-ghanistan e in quali hai lavorato? I centri principali sono tre: il primo è stato realizzato nel ‘99 ad Anabah, in Panshir, se-guito da altri due ospedali a Kabul e nell’Hel-mand, a Lashkar-gah. C’è poi una rete di punti di primo soccorso. Io sono stata per un certo periodo nell’Helmand, mentre ora sono responsabile medico dell’ospedale di Anabah.Cosa ci puoi dire del conflitto che si sta svol-gendo laggiù? Nell’Helmand, dove sono in corso i principali scontri tra anglo-ameri-cani e le forze talebane, quella cui ho assistito è una guerra nel pieno senso della parola. Una guerra feroce, che col-pisce in primo luogo i civili: il 50% dei feriti che vengono ricoverati a Lashkar-gah sono bam-bini. Vittime delle vio-lenze dall’una e dall’altra parte, e soprattutto dei bombardamenti. È davvero incredibile vede-re arrivare così tante persone in condizioni così disastrose. La domanda che sorge spon-tanea è: com’è possibile che vengano fatte loro queste cose? In Panshir le cose vanno diversamente, la situazione è tranquilla. Ma lì si ha la possibilità di osservare più a freddo le conseguenze della guerra: i mutilati, la mi-seria, la malnutrizione, l’assenza dei servizi più elementari.Come si svolge la tua vita quotidiana in Af-ghanistan? A Lashkar-gah, per motivi di sicurezza, non frequentavo luoghi diversi dall’ospeda-le e dagli alloggiamenti a poche centinaia di metri. Non mi sono mai sentita veramente in pericolo, anche perché il paese e l’ospedale

si trovano all’interno di una sorta di “cordo-ne” formato dalle forze internazionali; ma co-munque si conviveva giorno dopo giorno con la guerra: il brusio costante delle scariche di armi da fuoco e dei bombardamenti diventa, alla lunga, tristemente familiare. Ad Anabah abbiamo più libertà di movimen-to. Ma, beninteso, non ci sono grandi posti dove andare: dalle sei del pomeriggio va via l’elettricità!Ti trovavi a Lashkar-gah quando i tre ope-ratori italiani sono stati arrestati dai militari

afghani, nell’aprile 2010? Sì. A seguito di un allar-me tutto il personale non locale era stato evacuato dall’ospedale. A un cer-to punto ci è stato detto che nella struttura c’erano membri delle forze di sicu-rezza, che perquisivano e facevano domande. È a quel punto che i tre operatori sono tornati sul posto per vedere cosa stava succe-dendo, e sono stati arresta-ti. È chiaro che l’accusa di voler organizzare un atten-tato contro il governatore della provincia non ha alcun senso. Quanto alle armi che

sono state trovate all’interno dell’edificio, non dev’essere stato difficile introdurle ad hoc: non abbiamo alcun tipo di sorveglianza armata che controlli chi entra ed esce. Evi-dentemente la nostra attività, in particolare il fatto che cerchiamo di far sapere quello che si sta verificando nelle zone in cui opera Emergency, ha dato fastidio a qualcuno. Qual è il vostro rapporto con la gente? ottimo. Gli afghani si fidano di noi, ci ri-spettano per quello che facciamo. Inoltre, sono un popolo davvero affascinante: nono-stante la tragedia di cui sono vittime, riesco-no ad essere molto più allegri e divertenti de-gli italiani. Ma decenni di guerra ininterrotta li hanno portati a ragionare giorno per giorno, senza alcuna prospettiva di lungo periodo.

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M i c h e l a P a s c h e t t o

In Afghanistan con Emergencyla lotta contro i taGli va in scena

“18mila giorni o il pitone”

Tea t ro A cura di Maurizio Allasia

Fotografie M.A.

ARTE&SPETTACoLo

La lotta trasversale contro i tagli (di un po-sto di lavoro, di un finanziamento, di un’op-portunità di vita) prende la scena anche a teatro. A settembre scrivemmo della chiusu-ra dell’Ente Teatrale Italiano e formulammo l’ovvia previsione che per il mondo teatra-le non sarebbe stata una stagione facile. Il grido e le proteste del mondo della cultura sono andate avanti e non si fermano, per resistere all’impoverimento e non rimanere in un silenzio accondiscendente. È notizia di

questi giorni che l’Agis (Associazione Gene-rale Italiana Spettacolo) ha deciso di cancel-lare la neonata (per l’Italia) Giornata Mondia-le del Teatro: con il Fus, il Fondo unico per lo spettacolo ridotto a 268 milioni di euro, non c’è niente da festeggiare, il Teatro non ci sta. “La decisione di non celebrare quest’an-no la Giornata Mondiale del Teatro è la più recente e più evidente ammissione della di-sastrosa condizione in cui il governo ha ab-bandonato l’intero settore della cultura ed in particolare quello dello spettacolo a cui ha riservato un taglio dei contributi pubblici che non ha precedenti nella storia repubblicana e che sarà foriero di danni enormi e irrecu-perabili” - ha scritto Paolo Protti, presidente dell’Agis, nel comunicato letto alla stampa - “gli uomini che fanno, producono, promuo-vono il Teatro, e tutti con grande passione,

si sentono mortificati e assistono increduli a quanto avviene”.Un segnale forte, che ci mostra sofferenti agli occhi del mondo anche nella gestione del nostro patrimonio culturale. Un gesto che però verrà probabilmente ignorato e che avrebbe più rilevanza se si facesse davve-ro capire alla gente perché è necessario fe-steggiare il Teatro, dimostrare perché con la cultura non solo si mangia ma soprattutto si vive meglio, perché il Teatro (non solo

quello professionista) riguarda e coinvolge più persone di quanto si pensi. E perché ci siamo stu-fati di ripetere che la cultura non si taglia per fare cassa ma si so-stiene per migliorare la Nazione, per continuare a farla crescere anche nei prossimi 150 anni.Chi meglio di un attore solitario può rendere meglio l’idea della precarietà? Giuseppe Battiston è il protagonista di “18mila giorni o Il pitone”, monologo scritto da

Andrea Bajani e sostenuto e arricchito dalla musica “parlante” e profonda di Gianmaria Testa, realizzato con il patrocinio delle sigle sindacali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl. Battiston (che finalmente non è più solo un bravo ca-ratterista ma un attore straordinariamente eclettico) dà il volto e il corpo alla rapida discesa nella disperazione di chi a 50 anni (18000 giorni, appunto) perde in un pome-riggio lavoro, moglie e figlio e soprattutto l’identità all’interno della società che lo con-teneva e lo rassicurava. La disgrazia muta in farsa, tra mucchi di vestiti e lampade sulla scena, dove la morte (civile, sociale, fisica) è una presenza inquietante e silenziosa, stri-sciante, come quel pitone che pensavi si coricasse accanto a te per affetto e stava invece prendendo le misure per divorarti. E per rubarti il posto.

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20Ar te&Arch i t e t tu ra A cura di Michele F. Barale

Fotografia di M.F. Barale

le rievocazioni risorGiMentali non arrivano fino a caPrilli

Destino ancora incerto per la Cavallerizza

ARTE

Giugno 1981: nel cuore della notte il pri-mo ministro Giovanni Spadolini telefona al giornalista Lucio Lami per avere informa-zioni su un certo Caprilli e sulla Scuola di Cavalleria di Pinerolo, di cui il presidente degli USA Ronald Reagan gli ha più vol-te domandato senza ottenere risposte. Celebre fuori dall’Italia, per il suo meto-do adottato dalle più importanti cavallerie del mondo, ai nostri occhi Caprilli appare quasi uno sconosciuto, e poco nota è l’im-portanza della Scuola di Cavalleria a Pine-rolo. A tal punto da far sfuggire che, per insegnare il nuovo metodo agli ufficiali di 35 diverse Nazioni qui riuniti, Pinerolo fu dotata del più grande galoppatoio coperto d’Italia e tra i primi in Europa: la Cavalle-rizza Caprilli. Progettata dal Genio Militare nel 1909, alla sua costruzione concorse-ro le officine Ferroviarie di Savigliano, le stesse che realizzarono le coperture delle Stazioni a Milano e a Torino: nove travi reticolari curve in metallo a coprire una luce di 35 metri, per un’estensione di qua-si 80, sorreggono l’orditura secondaria a travi su cui appoggiano l’impalcato ligneo e quindi la copertura metallica. Pochi gli interventi subiti: l’aspetto esterno le è sta-to restituito dal recente restauro, di cui necessiterebbe anche la parte interna. Ma

finché non sarà chiaro il suo destino, diffi-cili saranno gli interventi. Troppo poco, in-fatti, lo spazio all’esterno per le operazioni legate ai Concorsi Ippici, troppo abitato il tessuto urbano circostante per bloccarlo anche solo per alcuni giorni. Toglierle i cavalli? «Mai», replica ancora una volta il generale Distaso, come ave-va già fermamente dichiarato nel 1982, in occasione della mostra su Francesco Baracca da lui allestita nel galoppatoio: «Togliere l’equitazione dalla Cavallerizza equivale a privarla della sua essenza, del-la sua dignità». Non hanno infatti avuto successo l’ipotesi comunale negli Anni 70 di farne un mercato ortofrutticolo, né la possibilità di farne una patinoire durante le olimpiadi, e neanche la proposta del docente Grado Merlo di trasformarla in Biblioteca. E quando, legati allo sviluppo dei concorsi ippici, furono presentati due diversi progetti per realizzare palchi dove alloggiare il pubblico, mancarono i fondi necessari per dare il via ai lavori.In attesa di sapere la risposta, la Caval-lerizza continua ad ospitare concorsi ip-pici minori e si prepara al grande evento, quando il 20 luglio diverrà la base opera-tiva di tutti i giornalisti al seguito del Tour de France. E poi?

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serate Di laurea

All’insegna delle Lettere Moderne

Le t te re a l g i o rna l e A cura di F.B.

La sede in Via Grandi di Alzani Editore, ha ospitato ancora una volta, lo scorso 25 febbraio, l’iniziativa patrocinata dall’Asso-ciazione culturale onda d’Urto e dal Comu-ne di Pinerolo, che permette ad ex allievi pinerolesi di presentare le proprie tesi uni-versitarie. Protagoniste della serata sono state que-sta volta Ruchika Tosel e Fiammetta Ber-totto. Entrambe laureate presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Torino, hanno pre-sentato ricerche pertinenti all’ambito uma-nistico, eppure tra loro molto diverse. Ruchika, infat-ti, si è occupata di Letteratura e psicanalisi in Elio Gioanola, men-tre Fiammetta ha raccontato dei Letterati di “So-laria” al cinema. Se la prima, dun-que, aveva come oggetto uno spe-cifico personag-gio della cultura contemporanea e l’impatto da lui esercitato sulla critica let-teraria soprattutto italiana, la seconda si è occupata di un tema più generale che ab-braccia numerosi intellettuali e questioni. Ruchika ha aperto la serata, introdotta dalla prof.ssa Enrica Marino, sua docen-te al Liceo Porporato, che ha lodato con affetto il lavoro della ex allieva, compli-mentandosi, in particolare, per l’attenta e curata analisi dedicata a Giacomo Leopar-di, letto da Ruchika attraverso gli occhi di Gioanola, illuminato lettore del poeta mar-chigiano. Ruchika ha poi iniziato la sua presentazio-ne, impreziosita da alcune immagini pro-iettate sullo sfondo della sala, raccontan-doci brevemente la biografia di Gioanola e soffermandosi poi specificatamente su

una parte della propria dissertazione, ov-vero sugli studi che il critico ha condotto sull’opera di Cesare Pavese, nonché sull’in-tervista da lei fatta allo stesso Gioanola. I meritati applausi hanno poi lasciato spa-zio ad un breve intermezzo musicale offer-to da Stefania Del Sette, anche lei giovane allieva del Liceo Porporato, che ha deliziato il pubblico cantando “A natural woman” di Aretha Franklin. È poi stato il turno di Fiammetta, anche lei gentilmente introdotta da una sua ex docente, la prof.ssa Elisa Strumia.

F i a m m e t t a ha dedicato la propria tesi al cinema ed alla letteratura italiana con-temporanea, focalizzandosi sul fascicolo monografico che la rivi-sta fiorentina “Solaria” ha dedicato per

l’appunto al ci-nematografo nel marzo del 1927. Scopo della ricerca era dare un’idea di come gli intellettuali italiani si ponessero, nella pri-ma metà del Novecento, nei confronti del rivoluzionario linguaggio filmico, inaugura-to in Francia solo nel 1895. Dopo un secondo intervento musicale di Stefania che ha cantato un brano di Gior-gia, è stato dato spazio alle domande dei presenti, che hanno permesso di approfon-dire meglio alcuni punti delle rispettive ri-cerche e sfogare qualche curiosità. Insomma, l’iniziativa Serate di Laurea si è rivelata ancora una volta un succes-so, arricchendo le possibilità, altrimenti purtroppo misere, dei neolaureati d’oggi di far conoscere e divulgare le loro fatiche e i loro successi accademici.

SoCIETà

Fiammetta Bertotto e Ruchika Tosel

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il vivaio Del Pinerolo

Pulcini Pinerolo, classe 2002

Ca lc i o g iovan i l e A cura di Andrea obiso

SPoRT

Dopo una breve pa-rentesi, durante la qua-le ci siamo occupati di pallacanestro e rugby, questo mese torniamo a parlare di calcio ed in particolare della squa-dra più rappresentativa di tutto il pinerolese: il Pinerolo F.C. Durante la prepara-zione dell’argomento di questo numero, però, ci siamo accorti che il Pinerolo F.C. ha nel proprio orga-nico troppe squadre e quindi parlarne in generale sarebbe stato riduttivo, nonchè ingeneroso.Abbiamo così deciso di focalizzarci su uno solo dei progetti della società, e la nostra scelta è ricaduta sulla categoria dei Pulci-ni, in particolare la fascia d’età 2002.Abbiamo incontrato ed intervistato uno degli allenatori Mauro zummo.

Quando giocavo nei Pulcini, se non ricor-do male, eravamo un’unica categoria sen-

za distinzione di età.Voi invece vi occupa-te dei Pulcini 2002, la distinzione con i Pulcini 2000 e 2001 è una semplice suddi-visione in fasce d’età o vi sono cambiamen-ti anche a livello di competizione? Certamente oltre alla

semplice componente anagrafica, sugge-rita dal nome della categoria, variano le tipologie di competizione, infatti i campio-nati ufficiali sono riservati agli atleti che hanno compiuto l’ottavo anno d’età, per quanto riguarda i nostri ragazzi vengono organizzati dei piccoli tornei. Questi tornei, anche se non ufficiali, prevedono una classifica? Che punti di contatto hanno questi tornei con i cam-pionati a cui siamo abituati? I nostri tornei, oltre a non prevedere una classifica, vengono disputati con for-mazioni da cinque giocatori in campo per

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ogni squadra.Non vi sono forti punti in comune con i campionati ufficiali anche perché la loro funzione principale è quella di far giocare i bambini ed abituarli così a confrontarsi con altre squadre.Qualche tempo fa ci siamo occupati di una piccola società calcistica del pinerolese, il Roletto Val Noce. Durante l’intervista i di-rigenti ci avevano confessato il loro disap-punto riguardo al fatto che molti bambini lasciavano le squadre più “piccole” del pi-nerolese per andare a giocare nel Pinerolo.A tale proposito le chiedo: i vostri ragazzi provengono da diversi paesi del pinerolese? Noi alleniamo diciannove ragazzi e sono tutti residenti in Pinerolo quindi non riscon-triamo questo fenomeno.Siccome i vostri giocatori sono bambini, quanti allenatori siete e che metodo usate per allenarli? Siamo due allenatori, io e Marcos Gar-getti. Durante l’allenamento suddividiamo i ragazzi in due gruppi seguiti ciascuno da un allenatore.In diversi casi un giocatore, se molto dota-to, viene promosso nella rappresentativa di fascia d’età superiore alla sua. Voi applica-te questa abitudine? Di norma questo avviene ma non è il no-stro caso. Questo perché l’età impedirebbe al ragazzo di partecipare ad un campionato

ufficiale ed è quindi inutile farlo allenare con una squadra con cui non può giocare. Per questo motivo preferiamo tenere separate le fasce d’età almeno quando i ragazzi sono così giovani.Per permettere ai nostri lettori di farsi un’idea più precisa sul vostro lavoro dove possono venire a vedere i vostri allenamenti e partite? Sia gli allenamenti, che vanno dalle sei fino alle sette e mezza, che le partite si svolgono al campo Barbieri in Pinerolo.

Grazie per la disponibilità ed in bocca al lupo!

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GruPPi eMerGenti - raPuzi hiP hoP teaM italia

Neg e Giallo

A cura di Mario RivoiroBlind Luck Records

MUSICA

Come nasce e quando nasce la passione dell’hip hop? Pensiamo che oltre alla passione, si tratti di attitudine, in quanto ci troviamo, da sempre, con-dizionati con naturalezza da un certo tipo di stile, di suono e di gusto. Quindi possiamo dire che la nostra passione per l’Hip Hop nasce praticamente nello stesso momento in cui nasciamo noi.Qual é la differenza tra hip hop ed il rap? Poiché molti non la sanno... Citando Pete Rock: L’Hip Hop è energia, e l’energia non muore mai.L’Hip Hop nasce nei bassifondi di New York fon-damentalmente come cultura che permette ai ragazzi di esprimersi in maniera creativa, permet-tendogli disfogarsi e tenendoli lontano dai guai,

rappresentandosi a livello artistico e umano. Il Rap fa parte della cultura Hip Hop, rappresen-tandone l’aspetto musicale, si prefigge di diffon-dere determinati valori come la pace, il rispetto per le donne, l’unione e l’amore verso la vita in sé.L’Hip Hop permette ad ognuno di esprimersi se-condo le proprie inclinazioni personali, lo possia-mo notare nel Writing, l’arte di esprimersi attra-verso il disegno, nel Breaking, l’arte di esprimersi attraverso la danza, nel Rap l’arte di esprimersi attraverso la voce e nel Dj’ing, l’arte di esprimersi attraverso l’intrattenimento. Ed è per questo che lo amiamo.Cosa manca nella scena hip hop italiana? Manca un approfondimento della cultura Hip Hop da parte di chi si avvicina ad essa. In Italia manca molta informazione a riguardo di questa cultura, spesso travisata, a causa dei media che propon-

gono artisti ben lontani dalle fondamenta. Solo perché c’è una persona che fa una pseudo rap-pata viene già chiamato Hip Hop (SBAGLIATo!). Manca la voglia di studiare, la voglia di frater-nizzare senza farsi la guerra superando le invidie personali. Manca il livello sia da parte di chi dà, ma soprattutto da parte di chi riceve, l’ascoltatore medio non è interessato ad evolversi culturalmente.Ciò nonostante siamo molto legati alla nostra ter-ra, al nostro modo di essere Italiani e in Italia ci sono le situazioni e le persone più che valide a rappresentare la cultura Hip Hop. Dobbiamo co-munque considerare che stiamo parlando di una cultura che non è nata in Italia e che quindi non è di facile divulgazione perchè l’Hip Hop non si spiega, ma si capisce e si vive.La sinergia che avete, alcune volte è intervallata da tensioni o opinioni artistiche differenti? Ti potrà sembrare strano ma no, naturalmente quando abbiamo qualche progetto ne parliamo a fondo e chiariamo quali sono i punti da sviluppare. Il nostro fine comune, da principio, è sempre sta-to quello di diffondere la cultura Hip Hop. Cosa pensate del rap futuristico? …preferiamo quello classico, come Gangstar, M.o.p., Krs one. Niente da togliere a chi sperimenta se ha le qualità per farlo. Abbiamo validi esempi come X-zibit, Busta Rhymes e in Italia Fabri Fibra, che pur sperimentando si mantengono alla radice pura. Quali sono i progetti in cantiere e cosa possiamo trovare in giro? Attualmente abbiamo fuori il Cd di Neg “KISS MY CAVALLo BASSo” e il Cd di Giallo “GIALLo TV” entrambi in free-download che potrete tro-vare sulle nostre pagina facebook: NEG RAP-UzI, GIALLo RAP-UzI. E’ possibile visualizzare il no-stro primo video su Youtube estratto da “Giallo Tv” :\giallo_mi piace. Tra le prossime uscite ci sarà il nuovo Cd di Neg disponibile a breve e il Cd di Neg e Giallo in cui rapperanno insieme.Abbiamo riunito un collettivo di rapper sotto il nome RAP-UzI HIP HoP TEAM ITALIA e stiamo preparando tutti insieme un album. Sperando di risentirci presto, potete ascoltarci ogni sabato pomeriggio dalle 14.00 alle 15.00 sulle frequenze di RBE 96.55 e sullo streaming www.rbe.it con “HIP HoP MoST WANTED” pro-gramma che conduciamo in diretta con il nostro socio e amico Don Calo.

o f f i c i ne de l suono

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25Sono amici di Pinerolo InDialogo