Onda d'urto febbraio2011 - Liceo Porporato di Pinerolo2011/02/03  · Pinerolo Indialogo pag.20...

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ONDA DURTO Periodico degli studenti del Liceo ‘Porporato’ di Pinerolo - Anno XIII, n.3, febbraio 2011 www.liceoporporato.it/studenti/onda/onda_d'urto.htm ins. resp. antonio denanni/joram gabbio Indice: Adottiamo un monumento pag. 2 Jacqueline Saburido pag. 3 Ai miei tempi…? pag. 4 Rapporto genitori-figli pag.5 I vostri figli... pag.6 Le politiche giovanili pag. 7 Identità di genere pag.7 Sogno di un principe pag. 8 L’occupazione del 1821 pag. 9 La mafia è... pag.10 Amnesty Porporato pag.11 Artisti e campioni pag.12 Ex 7 in condotta pag. 13 Detti e massime pag. 13 Splash pag.14 Enigma pag. 15 Porporato music pag.15 Photoforum pag. 16 In Nuova Zelanda pag.17 Cècile pag.18 Billy Elliot pag.19 Pinerolo Indialogo pag.20 Mangiare/non mangiare pag.21 Generazioni

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ONDA D’URTO Periodico degli studenti del Liceo ‘Porporato’ di Pinerolo - Anno XIII, n.3, febbraio 2011

www.liceoporporato.it/studenti/onda/onda_d'urto.htm ins. resp. antonio denanni/joram gabbio

Indice: Adottiamo un monumento pag. 2 Jacqueline Saburido pag. 3 Ai miei tempi…? pag. 4

Rapporto genitori-figli pag.5 I vostri figli... pag.6 Le politiche giovanili pag. 7 Identità di genere pag.7 Sogno di un principe pag. 8

L’occupazione del 1821 pag. 9 La mafia è... pag.10 Amnesty Porporato pag.11 Artisti e campioni pag.12 Ex 7 in condotta pag. 13

Detti e massime pag. 13 Splash pag.14 Enigma pag. 15 Porporato music pag.15 Photoforum pag. 16

In Nuova Zelanda pag.17 Cècile pag.18 Billy Elliot pag.19 Pinerolo Indialogo pag.20 Mangiare/non mangiare pag.21

Generazioni

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Rapporto tra generazioni In questo numero del giornalino abbiamo deciso di confrontarci con un tema impegnativo, quel-lo del rapporto tra generazioni: giovani, adulti, anziani, bambini, uomini, donne… Del protagoni-smo e degli spazi vitali che vi sono per ognuna di queste generazioni. Del passaggio di conoscenze e quindi del patrimonio di sapere e di cultura, per non parlare dello stato del mondo, che le generazioni adulte lasciano alle giovani generazioni.

Questo tema ci è venuto quasi spontaneo dopo il mese di conte-stazione giovanile e di occupazione della scuola in dicembre, do-ve le generazioni giovani hanno contestato le decisioni sulla scuo-la delle generazioni adulte. Passaggio di testimone tra generazioni significa soprattutto passaggio di sapere, di valori e di esperienza… e il luogo dove

questo avviene, oltre che la famiglia, è la scuola. E così tor-niamo a noi, al nostro vivere al Porporato, alle materie da studiare, alla riforma Gelmini (o Tremonti), alla contesta-zione giovanile. Al futuro che ci dicono che non c’è...

Naturalmente nel giornale ci sono anche le solite rubriche più leggere come 7 in condotta, ipse dixit, ecc. che hanno la

funzione di farci fare due risate e di rendere piacevole la vita. La Redazione

P.S. Siamo strafavorevoli all’iniziativa “Adottiamo un monumento. Anzi, sosteniamola!!!!

Perché dal dolore non nasca altro dolore, è questo lo slogan dell’associazione “Ali d’argento”, fondata, in memoria di tutte le persone che hanno perso la vita in incidenti stradali, a Pinero-lo nel marzo 2009, da un gruppo di genitori che in questi incidenti hanno perso i loro figli. Questi genitori hanno deciso di far erigere un monumento in memoria di questi figli e lo hanno commissionato all’artista pinerolese Ciro Cirri, che ha già presentato la miniatura. E’ possibile vedere il progetto della scultura all’interno del sito web dell’associazione, www.alidargento.org. Il nostro Liceo (l’iniziativa è della 4C linguistico e dei rappre-sentanti d’istituto) vuole organizzare una raccolta fondi per sostenere la costruzione del monumento. Che ne direste di partecipare anche voi? Si pensa di raccogliere 1 euro a testa per contribuire alla co-struzione dell’opera. E così farla anche un po’ nostra in ricordo di amici o conoscenti che un po’ noi tutti abbiamo perso. Con l’iniziativa, magari potremmo fermarci a pensare che c’è qual-cosa di più importante di un pacchetto di sigarette o di una rica-rica per il cellulare e che il ricordo delle vittime della strada può contribuire a diminuire questi incidenti. La scultura dovrebbe essere posta nei giardini della stazione (anche se ancora non è stato deciso in modo ufficiale). Perché questi incidenti possano diminuire, un piccolo gesto per un futuro più sicuro!!

Martina Rostagno, 4°B GINN

Adottiamo un monumento

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Jacqueline Saburido La storia di una ragazza di 19 anni che ci ha commosso

Jacqueline Saburido (Caracas, 20 dicembre 1978) è una attivista venezuelana, nota per essere sopravvissuta a un gravissimo incidente d'auto verificatosi nel settembre 1999. La macchina sulla quale viaggiava è stata infatti investita da un ubriaco, che ha ucciso le due amiche di Jacqueline e sfigurato lei a causa delle fiamme provocate dall'incidente stesso. Da quel momento si è battuta per sensibilizzare i giovani a non consumare bevande alcoliche prima di mettersi alla guida. Ha così permesso, tra l'altro, ai vari media di mostrare le drammatiche fotografie scattate nel periodo successivo l'incidente in cui è stata coinvolta. (Cfr, video su youtube) Biografia Nata in Venezuela, si trasferì ad Austin in Texas per studio. Durante la sua permanenza ad Austin studiava in Università, praticava nuoto, andava a corsi di flamenco e si definiva una Chica de Universidad (ragazza universita-ria). Una sera del 1999, all'età di 20 anni, di ritorno da una festa di compleanno con degli amici, la macchina con la quale stava rincasando fu investita da un conducente ubriaco. L'impatto causò la morte di due passeggeri dell'auto; l'incendio scaturito dall'impatto ha investito Jacqueline per 45 secondi, che sono bastati a sfigurarle il volto e a renderla invalida. Ha infatti subito ustioni di terzo grado sul 60% del corpo (faccia, spalle, braccia...). Oggigiorno è calva, ha perso i lineamenti del viso, le dita delle mani le sono state amputate e la colonna vertebrale fatica a sostenerla. Aiutata dai genitori, ha fondato un'associazione che si batte per sensibilizzare i giovani a non bere alcolici, e so-prattutto a non guidare in stato di ebbrezza. Reginald Stephey, il ragazzo che l'ha investita, è stato multato con 20.000 dollari e sette anni di carcere. Trapianto del viso L'operazione, eseguita per la prima volta il 27 novembre 2005 sulla paziente francese Isabelle Dinoire (in precedenza sono stati realizzati ufficialmente solo autotra-pianti), per la mancanza di casistica rappresenta una frontiera inesplorata della medicina. In base alle conoscenze mediche attuali, sono possibili e previste conseguenze sulla qualità della vita dei soggetti trapiantati, tra cui la necessità di assumere farmaci per tutta la vita e il rischio di rigetto dei nuovi tessuti[4]. Il risultato estetico del trapianto richiede lungo tempo per consolidarsi e, sempre per la mancanza di casistica, non ha un esito definitivo prevedibile. Questo impatto si somma al trauma psicologico, spesso estremo, già vissuto dal pa-ziente. Pertanto i pazienti presi in considerazione per interventi di trapianto del viso, tra cui la Saburido, sono estrema-mente selezionati a livello mondiale. http://it.wikipedia.org/wiki/Jacqueline_Saburido

A VOLTE GIOCHIAMO CON IL FUOCO Ripubblichiamo questa mail già pubblicata anni fa e che circola su internet

Riproporla può aiutare i neopatentati a riflettere

Mamma, sono uscita con amici. Sono andata ad una festa e mi sono ricordata quello che mi avevi detto: di non bere alcolici. Mi hai chiesto di non bere visto che dovevo guidare, cosi ho be-vuto una Sprite. Mi son sentita orgogliosa di me stessa, anche per aver ascoltato il modo in cui, dolcemente, mi hai suggerito di non bere se dovevo guidare, al contrario di quello che mi dicono alcuni amici. Ho fatto una scelta sana ed il tuo consiglio è stato giusto. Quando la festa e finita, la gente ha iniziato a guidare senza essere in condizioni di farlo. Io ho preso la mia macchina con la certezza che ero sobria. Non potevo immaginare, mamma, ciò che mi aspettava... Qualco-sa di inaspettato! Ora sono qui sdraiata sull’asfalto e sento un poliziotto che dice: “Il ragazzo che ha provocato l’incidente era ubriaco”. Mamma, la sua voce sembra così lontana... Il mio sangue è spar-so dappertutto e sto cercando, con tutte le mie forze, di non pian-gere. Posso sentire i medici che dicono: “Questa ragazza non ce la farà”. Sono certa che il ragazzo alla guida dell’altra macchina non se lo immaginava neanche, mentre andava a tutta velocità. Alla fine lui ha deciso di bere ed io adesso devo morire... Perchè le persone fanno tutto questo, mamma? Sapendo che di-struggeranno delle vite? Il dolore è come se mi pugnalasse con un centinaio di coltelli contempo-raneamente. Dì a mia sorella di non spaventarsi, mamma, di a pa-pà di essere forte. Qualcuno doveva dire a quel ra-gazzo che non si deve bere e gui-dare... Forse, se i suoi glielo aves-sero detto, io adesso sarei viva... La mia respirazione si fa sempre più debole e incomincio ad avere veramente paura... Questi sono i miei ultimi momenti,e mi sento così disperata... Mi piacerebbe poterti abbracciare mamma, mentre sono sdraiata, qui, morente. Mi piacerebbe dirti che ti voglio bene per questo... Ti voglio bene e.... addio. Queste parole sono state scritte da un giornalista che era presente all’incidente. La ragazza, mentre moriva, sussurrava queste paro-le ed il giornalista scriveva... scioccato. Questo giornalista ha iniziato una campagna contro la guida in stato di ebbrezza. Se questo messaggio è arrivato fino a te e lo cancelli... potresti perdere l'opportunità, anche se non bevi, di far capire a molte persone che la tua stessa vita è in pericolo. Questo piccolo gesto può fare la differenza. Mandalo a tutti quel-li che conosci

Adottiamo il monumento alle vittime della strada! Contribuiamo con 1€ a testa - c/o 4CL

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Soldi x il Bangladesh Quest’anno abbiamo versa-to sul c/c della Rishilpi per

i bambini poveri del sud del Bangladesh € 3.955

Anche questo è il Porporato!!!

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Ai miei tempi…?

Chi di noi non ha mai sentito la frase “ai miei tempi…?” Questa espressione è molto usata soprat-tutto dai nostri nonni, ogni volta che vogliono esordire con qualche racconto della loro giovinezza. Al giorno d'oggi c'è chi dice che i rapporti tra le generazioni sono sempre più in crisi. Per capire se que-sta affermazione sia vera o no, bisogna analizzare bene le quattro generazioni che sono presenti nelle nostre società: 1. gli anziani, i quali sono ancora legati per alcuni aspetti a princìpi ed a stili di vita che appartengono

ad un'altra realtà e che sembrerebbero comunque inattuabili nella società moderna;

2. gli adulti, i quali hanno assistito ai vari cambiamenti che la nostra società ha subito nell'arco di venti-trent'anni;

3. i giovani, che sono già nati in una società rivolta allo sviluppo tecnolo-gico (fortemente opposta alla realtà della prima generazione citata);

4. i bambini, i quali si ritrovano a vivere in una società moderna, dinamica e fortemente ba-sata sulla tecnologia, che non può essere neanche confrontata con le altre tre genera-zioni.

Proprio queste diversità contrastanti fanno pensare ad una rottura quasi inevita-bile tra le diverse generazioni. Se si accetta l'idea dello scontro inevitabi-le, si deve individuare il colpevole e anche “la vittima”. Anche su questo fronte le opinioni sono divergenti. C'è chi pensa che la colpa sia dei giovani, spesso considerati troppo irrispettosi nei confronti delle persone con qualche an-no in più di loro e chi, invece, si schiera contro gli anziani, ritenuti troppo chiusi e attaccati alle tradizioni. Nonostante ciò, non si può comun-que negare che almeno tra due di questi livelli generazionali esista ancora una forte complicità: è innegabile il rapporto speciale che si instaura tra i bambini ed i rispettivi nonni, un rapporto dove sembra annullarsi la differenza d'età e dal quale entrambe le parti traggono il meglio. È spesso evi-dente che la generazione che sembra scontrarsi maggiormente con quelle che l'hanno preceduta è quella dei giovani, soprattutto nel periodo adolescenziale. Va però considerato che non tutti gli adole-scenti vivono il rapporto con genitori e nonni in maniera così conflittuale come spesso appare da pellicole cinematografiche e programmi televisivi. È normale comunque che esista un sano conflitto generazionale tenendo anche conto che, per quanto sia minima la differenza d'età tra un genitore e un figlio, in una società moderna come la nostra dove tutto cambia velocemente, è facile che tra i due e-sistano differenze che possono essere alla base di eventuali dissapori. Se lo scontro generazionale non arriva ad un punto di rottura tra le parti, potrebbe anche diventare il primo passo per chiarire le diver-se posizioni e raggiungere magari una miglior convivenza dalla quale ognuno può trarre un insegna-mento grazie alle esperienze altrui.

Francy 4°A/L

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La relazione che osservo nei genitori-figli è una relazione tra virgolette malata proprio sull’aspetto della conquista emozionale, la conquista emotiva. Da una parte ci sono i genitori che danno amore a profusione facendo in modo che passi il messaggio del “ti voglio bene incondizionatamente, puoi farmi di tutto, io continuerò ad amarti!” e quindi sono io che mi devo meritare te!” - Si sono invertiti completamente i ruoli ? “Sì, e quindi ecco lo spadroneggiamento dei figli. I figli sanno che qualunque cosa facciano o non facciano i genitori comunque continueranno ad elargire… “ - però… questo non fa felici i figli… “assolutamente no” - perché abbiamo bisogno di sentire il piacere della conquista … della responsabilizzazione, è una soddisfazione, non è sol-tanto un peso la responsabilità… perché senza responsabilità difficilmente si arriverà a percepirsi liberi, o no ? “Sì, per l’appunto! sono ragazzi … io parlo per quelli che mi arri-vano all’osservazione, ovviamente, sono ragazzi ai quali tutto è stato dato tutto in modo gratuito e non controllato” - che cos’è il controllo in ambito famigliare ? È qualcosa di rigido ? Come puoi definire il controllo ? “Il controllo io lo definisco su una base molto ridotta di richieste genitoriali” - che incanalano in qualche maniera “esattamente! Il genitore dovrebbe chiedere non più di 2 o 3 co-se: il rispetto verso l’adulto, che si traduce in “l’adulto non viene picchiato, non viene insultato”; l’impegno del ragazzo e non ne-cessariamente nello studio … questo significa che il messaggio che deve passare non è: “tu mi fai felice attraverso i risultati che raggiungi” perché solitamente il genitore tende in questo senso “se tu raggiungi un certo risultato … ecco che io ti premio”, in questo modo torniamo al discorso che abbiamo affrontato prima: lo studio viene alienato. In questo caso la persona non studia per-ché vuole studiare, vuole raggiungere un proprio risultato nel fu-turo, ma perché vuole raggiungere il risultato nel presente, cioè il motorino, piuttosto che …” - anche per i genitori diventa un’arma a doppio taglio … “sì, perché poi i genitori entrano nella trappola che essi stessi co-struiscono. Nel momento in cui io mi impegno come genitore per fare in modo che tu possa raggiungere i risultati scolastici, perché questo mi farebbe felice, nel momento in cui tu non li ottieni, io mi impegnerò affinché tu li possa ottenere e quindi … mi prendo il part time, faccio i compiti al posto tuo e via dicendo…” - e parte l’invischiamento, e si crea un figlio ideale, quindi … le aspettative, poi inevitabilmente … i pregiudizi … in quanto nel momento in cui si crea una persona ideale è chiaro che partono tutta una serie di condizionamenti, di situazioni mentali che comunque non sono pulite “a quel punto il genitore mette in gioco la posta di se stesso” - e il figlio ? “Il ragionamento è: <<se mio figlio raggiunge questi risultati io posso ritenermi soddisfatto>> - e il figlio non si sentirà con un cappio al collo ? “Bé, certo, il figlio si sente estraniato da un qualcosa che dovrebbe essere suo e allora lì ci vuole il controllo lucido del genitore. Quindi … quell’attenzione che mi permette di stabilire quali sono i miei compiti e quali sono i suoi compiti. Il

mio compito come genitore (io sono un genitore, oltre che essere un terapeuta) non è quello di fare in modo che mio figlio sia felice, sicuramente è quello di essere felice per ogni cosa che può essere motivo di felicità per lui; il secondo compito è cerca-re di comprendere che l’impegno, la re-sponsabilità non può passare da me, cioè il fatto che mio figlio sia responsabile e si impegni per un qualcosa non può essere qualcosa che viene in-indotto dall’esterno, in altro modo si creerebbe un paradosso. L’impegno e la responsabilizzazione per essere tali devono na-scere nella persona e affinché questo possa avvenire, io, genitore, devo essere in grado di un passo indietro. […] Il rapporto con la scuola ? Cosa ci puoi dire in riferimento ? “In riferimento alla scuola ciò che io noto ultimamente è che, a differenza di un tempo dove il problema scuola era un problema localizzato allo studente, quindi che gravitava intorno allo stu-dente, adesso invece è un problema dei genitori.” - Dei genitori ? In che senso ? “Nel senso che i genitori invadono il campo dei figli perché vo-gliono una serie di risultati che dal loro punto di vista potrebbero non essere raggiunti senza il loro intervento. Quindi … interven-gono affinché i figli studino” - … c’è una sorta di invischiamento ? “Sì, in quanto si è come consolidata una sorta di corsa competiti-va sociale tesa a proclamare il proprio figlio “bravo”, un figlio che riesca a raggiungere sempre e comunque risultati eccellenti…” - ma scusa, questo non deresponsabilizza i ragazzi ? “Assolutamente sì! Aliena loro il rapporto con lo studio perché gli obiettivi non sono più rappresentati da un qualcosa che loro possono raggiungere da soli, e quindi gratificarsi dei risultati po-sitivi eventualmente ottenuti, ma ci sono i genitori di mezzo che il più delle volte non si fermano al rapporto figlio-studio, ma in-tervengono nelle relazioni, nell’ambito dei rapporti che il figlio ha all’interno del gruppo-classe. Sono genitori molto presenti!” - con una forte partecipazione emotiva “che non sempre aiuta, anzi il più delle volte danneggia” - quando vi è troppa partecipazione emotiva cosa succede nel ragazzo ? “Succede che il rapporto che ha con lo studio viene alienato; non è più una sua conquista, ma è qualcosa che gli viene imposto da fuori. Ho lavorato su molti casi di genitori che avevano scelto un part time al lavoro per potere seguire i figli nello studio, finendo col farlo diventare un qualcosa di “altro” per il ragazzo che ad un certo punto sentiva di non possederlo più, deresponsabilizzandosi

completamente.” - e il rapporto tra i genitori e gli insegnanti ? Anche questo è inquinato ? “Anche questo, sì! La partecipazione è qualcosa di positivo, la partecipazio-ne ci vuole” - però modulata … “esattamente, una partecipazione che deve essere rispettosa anche dei ruoli e del contesto” Intervista completa su Mediconadir n.17, sett.-dicembre2010

Il rapporto genitori-figli secondo lo psicologo Dialogo con il dott. Andrea Fiorenza, autore del bestseller “Quando l’amore non basta” Rizzoli

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I vostri figli non sono i vostri figli... Da sempre il rapporto tra adulti e giovani ha affascinato milioni di generazioni. Infatti basta pensare all’alone di mistero dei racconti dei nostri nonni; storie più si-mili ad antiche leggende che ad esperienze reali, così da intrigare da sempre genera-zioni di nipoti. Questo tema è molto presente in una società come la nostra, sempre più soggetta alle nuove tecnologie ed alle innovazioni, che spesso creano un divario tra la vita reale e quella virtuale. I tempi cambiano, così che oggi le richieste fatte dai bambini agli adulti sono incre-mentate dal punto di vista monetario; in questo modo la bambola di pezza dei nostri avi è divenuto l’ultimo I-Phone. I nonni e gli adulti, in generale, hanno dovuto adattarsi ai cambiamenti, per asse-condare i desideri dei ragazzi attraverso l’acquisto di oggetti non così essenziali alla loro felicità. Un tempo bastava poco a rendere gioioso un bambino, oggi non più, visto che stia-mo diventando schiavi delle tecnologie e dei messaggi subliminali che le pubblicità ci inviano. Così facendo, il rapporto intergenerazionale diventa

spesso fonte di divario tra due mondi differenti. Quanti nonni non riescono o non desiderano mettersi al passo con i tempi, perché non si ritrovano in un’epoca in continuo sviluppo! Anche la comunicazione tra giovani ed adulti è un divario. Infatti, secondo Enzo Minissi, il giovane all’inizio si rapporta con l’adulto secondo i canoni scolastici di lezione-interrogazione- premio o punizione. Così non avendo nulla da “guadagnare” in una conversazione, poiché non vi è una valutazione, il giovane evita spesso di esporsi, per non fare “brutta figura”, piuttosto che creare un dibattito, cosa che lo destabilizza dal suo punto di vista, non sempre così fermo e posato. Il rapporto padre e figli era inteso nell’antica Roma come un possesso di quest’ultimo da parte del genitore. Te-renzio si schiererà contro questa ideologia e negli “Adelphoe” ci farà notare che

“Il compito del padre è abituare il figlio a comportarsi secondo la sua volontà e non per timore degli altri, questa è la differenza tra un padre e un padrone”.

Kafka, invece, ci farà constatare il grande divario tra la sua persona e quella del padre, molto autoritario e severo, fino a raffigurarsi in Gregor Samsa, nelle “Metamorfosi”, un impiegato che una mattina si trova trasformato in blatta. Possiamo dunque notare la versatilità di questo tema che fu ripreso ed elaborato continuamente, sempre però in una nuova versione, di cui la più moderna è quella di Kahlil Gibran, che afferma nel “Profeta”:

“I vostri figli non sono i vostri figli (…) voi siete gli archi da cui i figli, le vostre frecce vive, sono scoccati lontano.” Francesca Serravalle 5B Linguistico

“Madre e figlio” di Picasso

Rapporto tra generazioni Secondo l’Istat i cosiddetti “bamboccioni” sono 5,5 milioni

A proposito di rapporto tra generazioni. Stando ai dati diffusi dall'Istat, i "bamboccioni", per definirli alla maniera adottata dal ministro dell'Economia Tommaso Padoa-Schioppa, in Italia sono circa 5,5 milioni. ll riferimento è ai giovani di età compresa tra i 20 e i 30 anni che vivono ancora in casa con i genitori. Essi rappresenterebbero il 69,7% del totale dei giovani della fascia di età presa come riferimento, mentre la quota di quanti riescono ad uscire di casa per crearsi una vita più o meno indipendente ammon-terebbero al 30,3%, rappresentando così 2 milioni e 432 mila giovani. Questi dati, comunicati dal presidente dell'Istat Luigi Big-geri, nel corso di un'audizione sulla Finanziaria in Senato, si riferiscono al 2005. Il rapporto presentato dall'istituto di statistica non ha mancato di porre l'accento sulle oggettive difficoltà che impediscono ai giovani di affrancarsi dall'aiuto di mamma e papà, difficoltà tra le quali, neanche a dirlo, svetta la mancanza di lavoro, anche se il dato più interessante è che sono in 2 milioni e 900 mila quelli che, pur avendo un impiego, continuano a vivere con i genitori perché non riuscirebbero, dovendo magari pagare un affitto, arrivare all'ultima settimana del mese.Di questi poco meno di 3 milioni di cittadini, circa 2 milioni percepiscono stipendi che non arrivano a 1000 euro, mentre il restante milione deve accontentarsi di cifre nell'ordine dei 500 euro mensili.Il problema degli affitti, in realtà, è di più ampio respiro, riguardando il 32,4% delle famiglie con un figlio sotto i 30 anni a carico, contro un valore medio nazionale del 18,4%. In ogni caso l'incidenza media del costo dell'abitazione incide sul nucleo famigliare per un terzo della spesa mensile, dato particolarmente gravoso nelle aree metropolitane.

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Identità di genere Nel pensare agli articoli sulle generazioni ci siamo imbattuti anche sull’”identità di genere”, termine che è stato introdotto negli ultimi decenni per descrivere l’identità della persona umana. È un argomento sul quale ci sarebbe molto da dire a da riflettere e che ci ripromettiamo di riprendere in uno dei prossimi numeri di “Onda d’urto”. Per ora vi lasciamo la definizione che ne dà Wikipedia.

“Il concetto di identità di genere, in alcune correnti della sociologia sviluppatesi negli Stati Uniti d'America a parti-re dagli anni 70 del Novecento, viene utilizzato per descrivere il genere in cui una persona si identifica (cioè, se si percepisce uomo, donna, o in qualcosa di diverso da queste due polarità). L'identità di genere non deriva necessaria-mente dalla biologia, e non riguarda l'orientamento sessuale. Attualmente non si è giunti ad una piena comprensione dello sviluppo dell'identità di genere, sono stati suggeriti molti fattori che potrebbero avere un ruolo nella sua formazione. I fattori biologici che possono influenzare l'identità di genere includono i livelli ormonali sia in fase prenatale che successivamente, e la loro regolazione da un punto di vista genetico. Mentre i fattori sociali che posso-no influenzare l'identità di genere includono le informazioni relative al genere portate da famiglia, mass media, e le altre istituzioni. Non si è definita con precisione l'età entro la quale l'identità di genere si sia definitivamente formata e risulta molto variabile anche l'età in cui potrebbero sorgere eventuali problemi legati all'identità di genere Nella maggioranza della popolazione, l'identità, il ruolo di genere e il sesso biologico corrispondono (persone "cisgender"). Ad esempio, una donna cisgender: * ho gli attributi femminili (sesso) * mi sento donna (identità) * gli altri mi percepiscono donna (ruolo) Idem nel caso di un uomo cisgender, dove però ovviamente sesso, identità e ruolo di genere saranno al maschile. L'identità di genere è il modo in cui un individuo percepisce il proprio genere: questa consapevolezza interiore porta a dire "io sono uomo" o "io sono donna". 7

“I giovani sono il futuro!” si dice...

Ma le politiche giovanili non si vedono “I giovani sono il futuro”, quante volte abbiamo senti-to dire questa frase, ma in realtà il governo cosa fa per aiutarci a costruire il nostro futuro e per migliorare la nostra esistenza? Cosa sono le politiche giovanili di cui sentiamo tanto parlare? Cerchiamo di dare una defini-zione di “politiche giovanili”: esse sono l’insieme di regole/provvedimenti legislativi, dettate da precise scelte politiche, che uno stato pone in essere per “aiutare” i giovani a vivere la propria esistenza quotidiana e ad inserirsi nel mondo del lavoro, insomma a crescere come uomini e come cittadini. Per cominciare, il governo italiano, solamente nel 2006 ha defini-to un quadro di politiche giovanile a livello centrale, prevedendo cioè che si occupasse di problemi giovanili un ministro a tempo pieno; prima infatti la mancanza di un quadro legislativo di riferimento ha fatto sì che i pochi interventi avvenissero frazionati e poco raccordati tra loro. Ma nel 2006 è stato costituito il ministero alla gioventù, che è, cito, incaricato “ad esercitare le fun-zioni e i compiti, ivi compresi quelli di indirizzo e co-ordinamento, di tutte le iniziative, anche normative, nelle materie concernenti le politiche giovanili”. Dun-que si occupa di tutto ciò che riguarda la situazione giovanile, come evidenziare i disagi, coordinare le a-zioni da mettere in atto per aiutare i giovani, etc. A tale riguardo bisogna ricordare che prima di costruire gran-di progetti in questo settore, bisogna investire su due

importanti realtà: la famiglia che è il primo luogo in cui i giovani si rispecchiano e che condizionerà il loro comportamento futuro; la scuola perché è dove i giova-ni si formano sia culturalmente sia come cittadini e persone. Il disinteressamento e il disinvestimento verso questi due ambiti hanno amplificato alcune problemati-c h e che si sono abbattute principalmente sui

giovani. Questi ultimi essendo in una fase dell’esistenza in divenire, rappre-

sentano una grande potenzialità, ma contengono anche un forte rischio se non

sostenuti in modo adeguato. Anche quando si raggiungono dei risultati importanti il perico-lo di disperdere delle risorse è in agguato,

basti pensare alla fin troppo conosciuta “fuga di cervelli”: un esodo continuo di giovani dotati che, non venendo incentiva-

ti o non trovando lavoro, si trasferiscono in altri paesi come l’Inghilterra, gli Stati Uniti e, ulti-

mamente, la Cina. Inoltre, la disoccupazione giovanile, ora al 28,9%, rappresenta una piaga gravissima, possibile origine di criminalità, insoddisfa-zione e reazioni violente. Anche il crescente disinteres-se dei giovani verso tutto ciò che li circonda può mette-re in discussione la capacità critica e di autodetermina-zione di un popolo. In conclusione in questo periodo le politiche giovanili devono essere ancor più considerate per la costruzione di una società, anche se in rapido cambiamento e sempre più competitiva, basata su saldi valori democratici condivisi.

Matteo Villosio, 4C Ginn

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Sogno di un principe bambino/1 Inizia una piccola storiella a puntate, nella speranza di inaugurare una nuova

tradizione, ispiratami da tre persone speciali: Eleonora, Federica e Lucrezia. Grazie della fiducia. Giulia Centrone.

Che tu lo voglia o no, corpo e anima vivono insieme e non si è solo l’uno o l’altro: alla fine si scontrano. La bellezza esteriore farà i conti con l’interiorità. Tanto da spingere una ricca signora, scelta come moglie di un altolocato uomo d’affari per la sua bellezza, a raccontare i segreti di un viaggio in Grecia e in fondo all’anima. D’altronde, non ho di meglio da fare in questo posto. Diciotto mesi fa non avrei nemmeno saputo che esistono sentimenti capaci di spingerti a inforcare la penna. Diciotto mesi fa ero Lady Osgood. Oggi sono Case Parker. Per lui ero Kassandra. Ero una persona cattiva al tempo in cui conobbi Lord Robert Osgood: un uomo sulla cinquantina, stempiato, con un accenno di pancia che sbucava sgradevolmente dallo spazio dei bottoni di una camicia ocra troppo stretta. Il mio primo pensiero riguardò quella camicia: siccome sapevo di chi si trattava, mi sembrò assurdo che un uomo tanto ricco non si fosse fatto fare una camicia su misura. Poi notai la cravatta: non l’aveva chi si occupasse del suo guardaroba? Lo etichettai, come facevo con tutti: sciatto. Ma uno sciatto da leccare. Sì, perché certe persone, nonostante tutto, sono da leccare per ciò che ti possono offrire se lo fai. E Lord Osgood aveva una sola cosa da offrirmi: soldi. E quindi tutto. Lo credevo, almeno. Portarlo verso di me, giocare con lui, farmi desiderare e infine quasi costringerlo a mettermi l’anello al dito divenne il mio lavoro. E mi ci dedicavo con tutta me stessa, perché ero consapevole di quanto la mia bellezza fosse peritura. Avevo già trent’anni e le chiamate del mio manager si erano affievolite: una modella vecchia deve avere qualcos’altro da offrire. Sfruttai così quelli che consideravo gli ultimi sprazzi del mio dono: sposai Lord Osgood ed ebbi un nome da esibire. Vissi con lui per cinque anni; al secondo anno di matrimonio si ammalò e lo ricoverarono. Tornò a casa forse tre, quattro volte negli anni successivi e io non andai mai a trovarlo. Gli ospedali puzzavano di morte. Il puzzo mi contagiava, mi storpiava. Ero una persona cattiva. Nel frattempo mi di- vertii con i suoi soldi, organizzando feste e viaggi. Lo tradii davvero con troppi uo- mini, ma nessuno di essi valeva la pena di la-sciare il palazzo di giada in cui vivevo. Quando Robert morì credo di aver annuito. Me lo disse il suo notaio, con aria grave. Lui era: viscido. Voleva solo i suoi sporchi soldi. Fu ciò che mi chiese subito dopo avermi detto di mio marito. Firmai un assegno. Annuii ancora. “Ai funerali, una volta riunita la fami-glia di Lord Osgood, vi leggerò il suo testamento”. Annuii. Mi chiesi so-lo, andando a dormire, se qualco- sa sarebbe cambiato. Ho una definizio-ne per me: illusa puttana. Cambiò, eccome. “A mia moglie voglio dire solo alcune parole. Ti ho lasciato giocare con me per noia. E’ un brutto male, il tedio. Avevo bisogno di qualcosa che riempisse i miei giorni e ammetto che la tua bellezza era tanto fiammeggiante da spingermi a ricercare ciò in te. Forse credi che avrai ciò per cui mi hai cercato; mi dispia-ce deluderti. Sappi solo che non si tratta di una questione personale: avevo deciso, ancor prima di conoscerti, che avrei trovato una bella compagnia per questi anni. La malattia ha stravolto i miei piani. Ti lascio con l’augurio di un futuro migliore. Vali più di quel che pensi”. Annuii. Era finita. Mi alzai. Uscii. Non tornai. C’era un solo posto dove io potessi andare. Giunsi al parco a piedi e mi avvicinai ad una cabina telefonica. “Va’ da tuo padre”, fu la fredda risposta. “Padre?”, chiesi, stordita. “Alan Parker”. La linea cadde. Subito ho notato la differenza tra le loro mani. Mio padre -per quanto mi risultasse difficile credere che fosse lì davanti a me dopo tutti gli anni in cui avevo creduto alla sua morte- aveva le mani eccessivamente grandi, le dita gonfie e ruvide, il palmo pieno di calli; la sua compagna - una donnetta bassa con gli occhi da rana - aveva piccole mani tozze; la sua era l’unica il cui contatto fu piacevole. Non lo scorge-vo appieno nella penombra del portico; per un po’ fu solo una mano, una mano calda, liscia, con la linea delle vene in rilievo sul dorso. “Alec”, disse. Era una mano e un nome. Dopo seppi che si chiamava Alexandros. Mi raccontarono una vecchia storia su un giovane convocato da tre dee per decidere della loro bellezza. Sorri-si. La mano mi lasciò e un’altra, più pesante, mi spinse verso la porta. Alec non ci seguì in casa: ci augurò la buona notte e sparì nel buio. Al mattino mano e nome divennero bocca e occhi. Mi sorrise, vedendomi scende-re in cucina. La Rana disse qualcosa mentre mescolava dei cereali in una tazza di yogurt. Giunse anche mio padre. Ripeté quello che aveva detto la sua compagna; poi si rivolse a me e in inglese mi diede il buongiorno. Annuii e mi sedetti di fronte ad Alec: smeraldi catturarono la luce mentre denti di perla si mostravano tra le labbra. Fu occhi: occhi del colore dei prati confusi tra i campi di grano. Era primavera su quel volto. (continua.1) Giulia Centrone, 3BCL

Sopra i diciotto

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150 anni dall’unità d’Italia Già allora gli studenti occupavano...

Siamo nel 1821, anno di fermenti e di moti rivoluzionari per avere in Italia una costituzione e un regime più liberale. A queste spinte di cam-biamento contribuirono anche le agitazioni studentesche di Torino e il rigore veramente feroce di come furono represse. “La sera dell'11 gennaio del 1821 quattro studenti universitari si presentarono al teatro d'Augermes con berretti rossi adorni di un fiocchetto nero, secondo l'uso di parecchie università italiane. La polizia, sospettando chi sa che cosa, alla fine dello spettacolo arrestò uno degli studenti, dopo una colluttazione con altri universitari; gli altri tre riuscirono a fuggire approfittando del parapiglia, ma durante la notte fu-rono tratti pure loro in arresto. Il giorno dopo, il 12 gennaio, il Ministro di polizia, violando la legislazione scolastica, la quale prescriveva che, salvo casi gravissimi, gli studenti dovevano es-sere sottoposti al giudizio del magistrato degli studi, mandò invece gli arrestati nella fortezza per sottoporli al Magistrato ordinario. Questo fatto riempì di sdegno gli studenti, i quali, riunitisi in parecchie centinaia nel palazzo dell'Università, si diedero a tumultuare protestando contro la violazione degli antichi privilegi. Dai comizianti fu proposto di mandare una commissione al governo per chiedere la liberazione dei compagni, ma proprio allora giunse il conte PROSPERO BALBO, ministro dell'interno ma anche rettore dell'Università, che intimò agli studenti di sgombrare il palazzo. Gli studenti si rifiutarono e il disordine aumentò; un drappello di carabinieri a cavallo, che si trovava a passare molto vicino, fu fatto segno a grida e a sassi. Allora le autorità ricorsero alla forza e, verso il tramonto, sopraggiunse sul posto il governatore di Torino, conte THAON DI REVEL, alla testa di quattro compagnie di granatieri con i fucili e le baionette innestate.

Accadde quello che si po- teva e si doveva evitare: essendosi gli studenti rifiutati di sciogliersi, il portone fu forzato, i granatieri e la polizia irruppero dentro l'Universi- tà con le armi in pugno e caricarono i tumultuanti, che si difesero a sassate, quindi si diedero a fuggire per le aule incalzati dalla truppa e sciabolati da alcu- ni ufficiali. Il bilancio di quella repres- sione fu doloroso: non vi furono per fortuna morti, come poi si disse per accrescere la pubblica indi- gnazione aggiungendo che i corpi degli uccisi erano stati trafugati; ma i feriti più o meno gravi non furono pochi: cinque o sei soldati e più di una trentina di studenti. L'impulsività e l'eccesso con cui le autorità aveva-no agito non sembrò alla pubblica opinione, né giusto né opportuno e con ragione fu commentato malignamente l'elogio mandato dal re ai soldati. Viceversa i reazionari si lamentarono che si era lasciato per alcune ore sul portone dell'Università un cartello con la scritta "Macello Reale", e che non erano stati arrestati coloro che, dopo i fatti, sparsero per le vie foglietti con i nomi di quelli che più degli altri si erano distinti nella feroce repressione. Apprezzato invece fu il contegno del principe Carlo Alberto, il quale sospese un ufficiale perché senza per-messo si era unito ai granatieri e fornì inoltre prova della sua simpatia verso gli studenti andando a visitare i feriti.

La repressione dei tumulti studenteschi fu naturalmente sfruttata dai liberali piemontesi, che intensificarono la campagna costituzionale. Furono diffusi clandestinamente manifesti stampati in Francia e in Svizzera; in que-sti si rendevano note le mire austriache; le pretese trame della austriaca regina; si mostravano i danni della cat-tiva amministrazione finanziaria; circolarono altri manifestini indirizzati al re in cui si chiedeva la costituzione spagnola; si sparsero proclami con i quali s'incitavano i Piemontesi a prender le armi promettendo loro l'aiuto della popolazione di Lombardia.

da http://cronologia.leonardo.it/storia/a1821b.htm

Università di Torino - Palazzo Nuovo

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Iniziativa di pregio quella che il 5 febbraio scorso ha interessato il no-stro liceo: apprezziamo questo modo

di fare scuola a cui ci hanno e ci siamo abituati. La conferenza tenutasi presso l’auditorium Baralis le ultime tre ore della mattinata ha offerto la testimo-nianza di due uomini scesi in campo contro la cri-minalità organizzata, armati di penna e codice pe-nale. Arcangelo Badolati, caposervizio del quotidiano “Gazzetta del Sud” e autore di varie pubblicazioni sul fenomeno mafioso, ha illustrato lo scenario storico dell’organizzazione nel suo Meridione natio: l’origine delle mafie nostrane dall’associazione per delinquere di epoca medievale presente in Spagna col nome di “garduña”, le ramificazioni di ‘ndrangheta, cosa nostra, camorra e sacra corona unita, i dettami fa-miliaristici che vincolano le unioni tra clan, la re-sponsabilità della Chiesa, la stagione terroristica degli anni ’90. Ma attenzione, ammonisce Badolati, a relegare il discorso mafioso tra le insolute proble-matiche che il Mezzogiorno si trascina dietro a par-tire dalla “questione meridionale” postunitaria. La mafia ha perso le sembianze de “Il padrino”. I boss oggi parlano tre lingue, volano da un meeting all’altro intorno al mondo in giacca e cravatta. L’anticultura mafiosa ha esportato nel mondo l’assioma della violenza, fisica e intellettuale: non è un problema del Sud, è un’emergenza di tutti. Se il Palazzo di Giustizia di Torino è intitolato a Bruno Caccia, è perché nel 1983 un magistrato che porta-va quel nome fu assassinato su mandato dei Belfio-re, la cosca ‘ndranghetista di punta impiantata qui, in Piemonte. La metamorfosi delle forme cui la criminalità orga-nizzata si adegua per conservare le proprie tradizioni ha intaccato dal di dentro le stesse istitu-

zioni, fa eco il sostituto procuratore del tribunale di Pinerolo, Ciro Santoriello. Per sconfiggere il siste-ma mafioso, è la tesi sostenuta, occorre innanzitutto sconfiggere un modello culturale, il quale si annida nelle pieghe e negli accomodamenti della società civile. E’ il prototipo del “grande fratello”: vendere la propria coscienza critica pur di affermarsi, quale che sia l’ambito. Infine, come non toccare il proble-

ma, ancora tutto da risolvere, della collusione tra mafia e Stato. Al giorno d’oggi l’infiltrazione criminale negli organismi di rappresentanza della collettività non si regge più sul binomio Stato-antistato, ma è dentro lo Stato che tale marcescenza va sanata. Certo, battere le mani a tante belle parole può met-mettere la coscienza a posto, o suscitare un proble-matico senso di mediocrità. Tuttavia, nella lotta quotidiana e silenziosa contro l’illegalità, alcune persone sono state colpite, sono morte. “Beato quel popolo che non ha bisogno di eroi” soleva dire Ber-tolt Brecht. Al di là delle categorie della narrazione epica, quella che si avverte nella coscienza di oggi è una necessità estrema di modelli di responsabilità collettiva, in grado di superare il particolarismo degli interessi. Questo, in nome di un’idea condivisa di società senza alcun colore.

Nadia Fenoglio 3B Cl

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Sopra i diciotto

La mafia è cosa nostra Intervento del giornalista A.Badolati e del

sostituto procuratore di Pinerolo C.Santoriello

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Dalla Tunisia all'Egitto, non si ferma la richiesta di libertà

Da Tunisi al Cairo, da Sana'a a Khartoum, centinaia di migliaia di persone hanno riempito le piazze e le strade, e continuano a farlo, sfidando il coprifuoco e la violenza delle forze di sicurezza per chiedere riforme politiche, sociali ed economiche, per vedersi finalmente riconosciuti quei diritti umani troppo spesso negati e calpestati.

Le manifestazioni di massa scoppiate in diversi paesi del Medio Oriente e del Nord Africa stanno facendo pressione su governi repressivi affinché adottino riforme politiche, economiche e sociali. Molti manifestanti sono stati uccisi, al-tri picchiati e arrestati dalle forze di sicurezza nel tentativo di reprimere le pro-teste. Anche gli attivisti per i diritti umani sono stati colpiti dalla repressione delle autorità.

La libertà di espressione viene limitata attraverso la sospensione di molti servizi Internet ma anche l'arresto di giornalisti locali e stranieri per impedire il libero flusso di informazioni sulle violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di sicurezza nel tentativo di reprimere le proteste Amnesty International chiede ai governi di quest'ampia regio-ne di rispettare i diritti umani di chi sta manifestando, di indagare sulle violazioni dei diritti umani commesse nel tentativo di reprimere le violenze e di riconoscere e rispettare le libertà fonda-mentali troppo a lungo negate.

Amnesty International sta riscontrando che in paesi non direttamente colpiti dalla manife-stazioni , come la Libia, gli Emirati Arabi Uniti e l'Azerbaigian, le forze di sicurezza stanno procedendo ad arrestare persone che esprimono solidarietà con le proteste in corso.

SUPPLEMENTO D’ANIMA Il gruppo di Amnesty International del Porporato

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Diritti Umani (a non essere molestati) anche per i primini

SAN VALENTINO – CACCIA AL PRIMINO Il 14 febbraio è, notoriamente, la festa degli innamorati. Celebrata in gran parte del mondo (Europa, Americhe ed Estremo Oriente), è una ricorrenza interessante dal punto di vista commerciale. I media ci massacrano con suggerimenti per non sfigurare con il nostro amato/a nel giorno dedicato all’amore. Mete per viaggi romantici, leccornie per addolcire anche i più ritrosi, cene a lume di candela per due, soggiorni in spazi da sogno e gioielli, perché un diamante è …per sempre. Per non parlare delle vetrine, di rosso vestite (si sa, il rosso è il colore della passione), che ci fanno l’occhiolino con cuscini, borse, orologi e cioccolatini a forma di cuore, catenine “matrimoniali” con ciondoli sdoppiabili, ro-se rosse pronte all’uso ed improbabili peluches che, se solleticati, sussurrano: “I love you!”. Insomma, il festival della “chicceria”! Inoltre, si calcola che il 14 febbraio vengano spedite circa un miliardo di “valentine”, biglietti-ni spesso sagomati nella forma di cuori stilizzati, colombe o cupidi. Fa sorridere vedere ragazzi che si aggirano tra il disperato e l’impacciato alla ricerca del gadget perfetto per la ragazza. E fa tenerezza scorgere mamme, mandate in trasferta dai figli, acquistare pensieri per le fidanzate dei pargoli. Perché, ammettiamolo, siamo noi ragazze ad investire di più in questa festa. E, ciò che è peggio, è che quasi sempre, nonostante l’impegno profuso, rimaniamo deluse. Non ci rimane che avere aspettative più basse e mai dimenticare che…ciò che conta è il pensiero. Da qualche anno, purtroppo per noi di prima, San Valentino è diventato anche la giornata della caccia al primi-no. Perché? Non ho trovato notizie sull’origine di quest’infausta usanza. Bullismo addomesticato o più semplice-mente nomi in rima? Tutto sommato, è andata meglio di quanto temessi. Volti siglati PR, occhi circondati da finti occhiali, barbe posticce su visi femminili. Il tutto ovviamente eseguito con pennarelli indelebili. Quest’anno è passato ed il prossimo toccherà a noi dare il benvenuto ai nuovi primini…

Beatrice Roux 4CG P.S. Il colmo però si è verificato con l’arrivo in classe dei primini, ai quali un insegnante particolarmente zelan-te, ma extraterrestre, ha messo la nota per i visi imbrattati (ndr).

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Artisti e campioni tra noi Veronica Zappone, 2A Cl, campionessa europea di curling

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Per la sezione dei nostri campioni questo mese abbiamo scelto Veronica Zappone, 2A Cl, che con la sua squadra di curling è arri-vata terza agli Europei di Praga, allenata dallo stesso coach che ha portato la Cina alle Olimpiadi di Vancouver!

Come ti sei avvicinata al curling? Ho iniziato grazie al gruppo sportivo promosso dal liceo. Anche se all’inizio lo facevo solo per avere qualche punto in più sulla media di educazione fisica, mi sono subito appas-sionata a questa disciplina, ho iniziato a frequentare anche gli allenamenti serali e sono entrata nell’ambiente. Il curling è di solito visto come uno sport noioso: cosa rispondi? Chi lo vede così dovrebbe provare a praticarlo, perché ef-fettivamente se non lo si conosce dall’esterno può apparire monotono, ma chi lo pratica si rende conto che sono presenti una forte pressione e tensione psicologica, che lo rendono divertente. Quanto ti impegna questo sport? Mi occupa sei ore alla settimana, ma grazie all’abitudine ormai riesco a conciliare bene lo sport con la scuola e a stu-diare in qualsiasi occasione. Anche se le partite in posti lontani mi fanno perdere in assenze. Comunque se si vuole rendere a scuola si impara anche a studiare in aereo mentre si torna da Cortina per la verifica del giorno dopo.

Un pregio e un difetto del curling? Il pregio è di sicuro che stimola la concentrazione e aiuta a mantenerla a lungo, mentre il difetto è forse che bisogna avere un’attenzione altissima anche nei confronti dei parti-colari più piccoli. E’ uno sport difficile dal punto di vista tecnico? Una partita di curling non è per niente facile, anche solo l’equilibrio è molto difficile da mantenere, poi lanciare una stone di marmo pesante venti chili in un preciso punto del campo può creare molte difficoltà: ogni piccolo movimento può influenzare la traiettoria. Parlaci dell’esperienza a Praga: com’è l’ambiente degli Europei? C’è tanta competizione? Sì, la competizione è molta. L’ottenere dei buoni risultati nelle prime partite ci ha dato una grande carica per continuare, tanto che poi siamo arrivate terze. Però è uno sport molto corretto e abbiamo anche legato con le altre squadre. Parlaci dell’allenatore: si nota la differenza lavorando con professionisti a questo livello? La differenza si nota, soprattutto nelle prospettive: l’allenamento mirato a conseguire risultati importanti a livel-lo mondiale dà grandi stimoli. Inoltre, proprio perché la pro-spettiva è così ambiziosa l’allenatore ti aiuta a portare la tec-nica a livelli altissimi.

Stefano e Lorenzo, I A Cl

Come artista abbiamo invece Tommaso Camarotto, grande pianista jazz della 5 A Ginn… Molto simpatico, ma non chiamatelo Allevi! Come hai iniziato a suonare? E’ una passione che mi è stata trasmessa da mia madre: pur non suonando, è sempre stata molto interessata alla musica e dunque all’età di cinque

anni mi ha proposto di iscrivermi ad un corso polistrumentale Cosa ti ha spinto a scegliere proprio il pianoforte? E’ stata una scelta dettata dall’istinto: è lo strumento più complesso melodicamente e armonicamente parlando, ma è anche quello a mio avviso più completo. Come/dove studi? Prima studiavo da un insegnante privato, il professor Demichelis e da quando lui ha aperto la scuola “Avanguardia Musicale” a Rivoli ho continuato a studiare lì. Ti impegna molto studiare pianoforte? Diciamo che essendo un’attività piacevole non parlerei di impegno vero e proprio, certo il pianoforte mi richiede molto tempo tutti i giorni, ma per me si tratta più che altro di un divertimento. Che cos’è la musica per te? E’ un modo di comunicare, un’espressione comunque universale che può essere capita da tutti gli uomini, indipen-dentemente dalla cultura o dalla lingua parlata.

Riesci a conciliare bene scuola e pianoforte? Direi di sì, soprattutto per il fatto che studio decisamente più il piano che le materie scolastiche… Pensi che la musica sia importante per la crescita dell’individuo? A parer mio la musica è indispensabile per la crescita co-me persona. Una cosa che ad esempio si nota nelle società antiche più progredite è che erano anche le più sviluppate dal punto di vista musicale: ad esempio la società greca che noi studiamo ha creato il sistema musicale che è alla base di quello odierno, ed è studiata oggi anche da quel punto di vista. (A questo punto è presente una digressione su discuti-bili pratiche greche che è meglio non trascrivere, per i “classicisti” basti dire che ci siamo soffermati sul verbo “rafanidòo”… ). Nella quotidianità in cosa ti aiuta il saper suonare? Diciamo che aiuta molto a saper comunicare con le perso-ne… e anche a provarci con le ragazze, ma non in questo momento perché ho una fidanzata fissa a cui non mancherei mai di rispetto… Sentito Irene?? Dicci qual è il più grande difetto del piano. Il difetto a parer mio non è tanto nel piano, quanto nei luo-ghi in cui si studia: essendo infatti già il piano molto complesso, è difficile che sia incoraggiato anche lo studio di altri strumenti, che invece potrebbero aiutare l’individuo a crescere. Stefano e Lorenzo, I A Cl

Tommaso Camarotto, 5A Ginn, pianista jazz

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Ex 7 in condotta La parte più divertente della scuola!

Ecco l’ultima lista di note e giustificazioni dell’anno! Ne leggerete delle belle!

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Mirjam, 5BL

D. dice di andare in bagno: va a fumare e torna con cappucino e brioches a fare colazione in classe! Oggi in classe è presente solo un banco. Gli alunni, invece, ci sono tutti. L’alunna E. dopo aver dato fuoco al quaderno degli appun-ti di biologia con un accendino e aver provocato paura per la nuova di fumo formatasi, viene mandata in presidenza Francesco D. C. si tira gli schiaffi Gli alunni B., G. e S. con a capofila F. fanno il trenino nel tentativo di travolgermi. L’alunno P. ha strappato il compito in classe davanti alla sottoscritta definendolo “troppo difficile Durante l’odierna ora di supplenza, gli alunni D. e V. si concedono il lusso di sfidarsi ad una gara di rutti; tutto questo mentre B., l’organazzatore, riprendeva con il cellulere. Chiedo severi provvedimenti A. G.si diverte provocando odori nauseabondi dando fuoco ai propri capelli durante l’ora di chimica L’alunno G.A. lancia pezzi di frutta sui capelli della sotto-scritta L’alunna F.C. è salita sul banco e ha ballato la macarena R.L. giustifica l’assenza per: Intrappolamento all’interno dell’uovo di Pasqua confezionato per la nonna L’alunno C.G. mi fa i complimenti per la mia bella dentie-ra A.T. si diverte facendo svolazzare per l’aula quello che sembra un’elicottero telecomandato. Trovo il fatto riprove-vole e ne riferirò in consiglio di classe L’alunno M.A. giustifica l’assenza. Motivo : Scontro con Rambo “L’alunno M.M., dopo aver preso visione del compito in classe accusa la professoressa di discriminare fra racco-mandati e non, sperando che in futuro ques’ultima si ritro-vi sotto i ferri di questi incompetenti.” “L’alunno D.A. mi porge dei soldi durante il compito in classe,tentando di corrompermi. Inoltre si permette di chiedermi se volessi entare nella loro banda con il grado di Novellina! Chiedo la convocazione dei genitori” “L’alunno F.R. si nasconde nell’armadietto di classe facen-do spaventare la sottoscritta e poi sostenendo che si era nascosto lì perchè un serial killer gli dava la caccia. Chiedo seri provvedimenti.” “Gli alunni S.A. e P.R. tolgono dal muro il planisfero poli-tico e lo sostituiscono con il vessillo dell’Atalanta rifiutan-dosi di rimuoverlo.” “Gli alunni G.S. e R.D. goicano alle ombre cinesi con la tenda. Sgridati dalla sotto scritta imprecano e mi ordinano di tacere.

”“Durante la lezione di matematica la classe inscena il mio funerale, chiedendomi le misure per la bara” “L’alunno V si rifiuta di uscire interrogato nell’ora di fran-cese sostenendo che lui il francesce non lo studierà mai perchè “gli fanno schifo Zidane e tutti francesi” e tanto anche se si prende una nota suo padre approva questa sua scelta” “B.L. colpisce la professoressa in fronte con una cerbottana!” “L’alunno E.P. prende a sediate l’alunno M.G. facendolo piangere.” “Ore 13.30: la situazione sta degenerando, C.V. e M.F. spruzzano deodorante per tutta l’aula, si soffoca!” “L’alunno R.N. lancia la scolorina in faccia ad un compa-gno colpendolo simultaneamente con un pugno” “L’alunno R.N. lancia la scolorina in faccia ad un compa-gno colpendolo simultaneamente con un pugno”

Detti & Massime A volte basta un attimo per scordare una vita ma a volte non basta una vita per scordare un attimo. (Jim Morrison) A volte e' meglio tacere e sembrare stupidi che aprir boc-ca e togliere ogni dubbio! (Oscar Wilde) Fino a quando il colore della pelle non sarà considerato come il colore degli occhi noi continueremo a lottare. (Ernesto Che Guevara) Nessuno muore oggi per una terribile verità: ci sono trop-pi antidoti ad essa. (Friedrich Nietzsche) Mai pensare che la guerra, anche se giustificata, non sia un crimine. (Ernest Hemingway) Non si potrebbe così bene intendere una cosa e renderla propria quando la si impara da un altro, come quando la si scopre da sé. (René Descartes) La morte si sconta vivendo. (Giuseppe Ungaretti) Se la musica è il nutrimento dell'amore, continuate a suo-nare. (William Shakespear) Il cammino si fa da soli: in due è una scampagnata. (Fabio Volo) Nelle fiabe non si insegna ai bambini che esistono i dra-ghi, quello lo sanno già... Si insegna ai bambini che i dra-ghi si possono sconfiggere. Ed è quello che fanno scrittori come Saviano. Non dicono che la mafia c'è, ma dicono che la mafia può essere sconfitta. (Roberto Beni-gni) Chi più si ama meno può amare. (Giacomo Leopardi)

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Ipse Dixit - I proff. che ci piacciono… Durante la verifica di tedesco l’allieva in difficoltà chiede aiuto all’insegnante. Questi per evitare di suggerire in modo troppo plateale, scrive l’aiutino sul banco. - Alunna, un’esercizio sulle parole composte, tutta se-ria: “Prof… quindi, cacciatori… è una parola compo-sta formata da caccia + tori?” Prof. “Non fare la sciocchina…” - Durante l’interrogazione di geografia. “In Italia la popolazione non aumenta, perché c’è la fuga di cer-velli…” Prof, alla consegna delle verifiche andate male: “Ti sei fatta di coca quel giorno?” Cardonatti durante l’interrogazione: “Puoi parlare mentre scrivo, eh! Sono una donna, riesco a fare due cose contemporaneamente!” Prof: “Io faccio il mercatino delle pulci sotto casa mia… perché c’è il mio cane che va lì!” Prof: “Napoleone ha preso Bonaparte delle nostre opere d’arte” Caredio: “Posto che qualcuno abbia fatto qualcosa, perché la maggior parte di voi passerebbe il suo tempo a parlare del sesso degli angeli” Prof, dovendosi interrompere durante la spiegazione: “ è come se tu interrompessi Dio al secondo giorno, mentre crea gli animali e gli chiedessi un procione! Sto finendo di spiegare!”

“Humour Art” Nuovo Dizionario

Inglese-piemontese COUNT-TOUCH!: esclamazione di meraviglia GROUP: nodo HE CORN: le corna JEW-AN-HOT: giovanotto LEAN-OUT: eccone lì un altro LOVE-TREES: lavatrice LOVER: labbra POOH-LAST: pollo POOH’S-THIN: postino SCOOP-US: schiaffo US-US-IN: assassino VAN-COOL-POST: va’ a quel paese WHO-SPEED-ALL: ospedale

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Enigma Quiz e test di cultura divertenti 1. Come si chiama il sistema antibloccaggio di frenata? a) EBS b) ABS c) SRS 2. Qual è il nome della cantante/presentatrice Lear? a) Amanda b) Susanna c) Agata 3. Come si traduce in latino la parola "uccello" ? a) Uccellus b) Volatilis c) Avium 4. In quale racconto mitologico viene narrato l'episodio del cavallo di Troia?

a) Iliade b) Odissea c) Eneide 5. Cos’è lo “gnu”? a) Un gatto b) Un insetto c) Un animale

6. Come si chiamava il dio romano del mare?

a) Nettuno b) Tritone

c) Poseidone 7. Come vengono chiamate le cellule che unendosi formano l’embrione? a) Gameti b) Zigoti c) Oveti 8. Come si chiamavano i vasi nei quali gli Etru-schi conservavano le ceneri dei defunti? a) Anfore b) Canopi c) Kouroi 9. In quale anno, secondo la leggenda, avvenne la fondazione di Roma? a) 753 a.C. b) 735 a.C. c) 745 a.C. 10. Cosa significa in latino l’espressione “habere dilectus”? a) Impegnarsi b) Divertirsi c) Reclutare soldati

Rispos

te: 1b

-2a-3

b-4c

-5c-6

b-7c

-8a-9

b-10

c.

Salve ragazzi! Eccoci di nuovo con la playlist del giornalino, ma que-sta volta è particolare: si tratta di una playlist riguar-dante l’occupazione(ovvero bra-ni ascoltati durante l’occupazione e non), realizzata grazie alla collaborazione di un mio amico, Stefano Francia di 3°/SPP. I brani sono i seguenti: System Of A Down – Chop Suey! System Of A Down – B.Y.O.B. Articolo 31 – Domani Smetto Articolo 31 – Noi, Gente Che Spera Articolo 31 – Noi No J-ax – Immorale Modena City Ramblers – 40 anni

Modena City Ramblers – Contessa Luca Carboni – Alzando Gli Occhi Al Cielo (per Roc-co xD)

Alborosie – Kingston Town Spero vi piacciano i brani, e con ciò vi saluto. E ricordate: PRESI BENE? NO, BENISSIMO! Aaron Matarazzo 2C/Ling Stefano Francia 3°/SPP

PORPORATO MUSIC Rubrica musicale By Aaron

Special Guest: Stefano Francia 3A/SPP

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PhotoForum by Irene Lo Bianco

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Adesso vi racconto... I miei tre mesi in Nuova Zelanda

Quanti di voi sanno esattamente dove si trova la Nuova Zelanda sulla cartina? Non lo sapevo nemmeno io con precisione, prima ancora di pensare a un viaggio, il viaggio che mi ha cambiata, che mi ha fatta crescere e che mi ha regalato tante emozioni, parole e sguardi, diversi da quelli che incontriamo nella vita, che potremmo definire “di tutti i giorni”, proprio perchè ricchi di curiosità e soprattutto di novità. Quest'estate ho trascorso tre mesi in un'isola che pochi conoscono davvero, l'isola che i Maori chiamano Aotearoa, famosa per i kiwi, il rugby e i paesaggi mozzafiato. Ma c'è molto di più, ancora di più se ti trovi ad essere uno studente internazionale che vive in una famiglia locale, che frequenta una scuola enorme e colorata di verde, piena di gonnelline scozzesi, pantaloncini grigi, sandali e scarpette rigorosamente uguali, che trascorre le sue giornate in mezzo a ragazzi,giunti da ogni parte del mondo, con il tuo stesso obiettivo. All'inizio la timidezza gioca la sua parte e si hanno molte aspettative, paura di non saper gestire la nuova vita, anche se ci si rende poi conto che ogni singolo momento è stato speciale, anche quelli di difficoltà, perchè rendono più forti, soprattutto se bisogna contare solo su se stessi per superarli. La ricchezza immensa che mi ha dato questa esperienza non è tanto la conoscenza dell'inglese, che è sicuramente migliorato, ma la consapevolezza del mondo in cui vivo attraverso la conoscenza di ragazzi e ragazze, nella mia stessa condizione, che sono riusciti a lasciare un segno nella mia vita. Il rapporto di amicizia che si è creato fra noi è unico, difficile da spiegare, perché laggiù, non conoscendo la nostra storia, i nostri parenti, amici e culture, ci siamo accettati per ciò che siamo e anche se so che non rivedrò mai più tante persone, con le quali ho condiviso intere giornate, saranno per sempre amici veri, quelli di cui non ci si dimentica. Da loro e dalla famiglia che mi ha ospitata ho imparato tanto, ad apprezzare i piccoli gesti, ad essere consapevole dei miei limiti e a guardare il mondo con occhi totalmente diversi: Pinerolo era così piccola quando sono tornata! Soltanto quando si torna a casa ci si rende davvero conto di che cosa si è vissuto, di essere davvero andati e tornati dall'altra parte del Globo e di avercela fatta. Ed è proprio in quel momento che si apprezzano tutti i momenti di quanto vissuto, che si piange e che si inizia a pensare di tornare, ma quando si riabbracciano le persone care, che aspettano con ansia all'aereoporto, gli amici e i compagni di scuola, si ha davvero voglia di ricominciare la vita di tutti i giorni, perchè in fin dei conti, è mancata. Sono sicura che prima o poi tornerò in quell'isoletta felice, dove sono stata così bene, e anche se ogni tanto vorrei scappare laggiù, sono contenta di essere tornata, perché come dice la mia mamma ospitante “It's not over, but everything starts again”.

Alessia Moroni, 2A CL

Le lingue più parlate Cinese mandarino 1 miliardo Inglese 512 milioni Hindi 501 milioni Spagnolo 399 milioni Russo 285 Arabo 265 Bengali 245 Portoghese 196 Malaisiano-Indonesiano 140 Giapponese 125 Tedesco 100 Coreano 78 Francese 77 Cinese Wu 77 Giavanese 75 Cinese Yue 71

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Cecile è una giovane timorosa, quasi insignificante, ma ha sempre desiderato diventare una maestra, e suo padre le aveva promesso che lo sarebbe stata, da gran-de, se fosse stata un’alunna “seria ed applicata”. Ora suo padre non c’è più, Cecile è diventata davvero maestra e si trova ad affrontare la prima prova della sua vita: la scuola elementare Louis- Gailloux, scuola del centro città (con temutissimi genitori del centro città!) che ha sfiorato la chiusura solo l’anno prima, salvata fortunatamente dall’iscrizione di dodici fratelli africani, i Baoulè. A Cecile viene assegnata una classe prima, tra la diffidenza dei colleghi e la preoccupazione del direttore, che si chiede se una ragazza tanto fragile e piccola sarà in grado di resistere per un anno intero. Ma se Cecile è terribilmente spaventata dal complicato mondo degli adulti, invece comprende a meraviglia quello dei bambini: a scuola si trasforma in una fata, grazie alla sua delicatezza e alla sua capacità di inventare storie in cui gli alunni si rispecchiano. Si interessa totalmente dei suoi piccoli allievi e grazie al-la sua sensibilità è la prima ad occuparsi dei problemi economici e burocratici della famiglia Baoulè: la fami-glia richiede asilo politico in Francia, perché persegui-tata in Costa d’Avorio. Però, dodici bambini, tre adulti e una neonata sono costretti a vivere in una stazione abbandonata, lontanissima dalla scuola, senza alcuna risorsa. Nonostante il sostegno di Cecile, qualcuno cercherà di espellere dal paese i rifugiati politici. Non sarebbe – non è - legale, ma ignoti hanno fatto sparire tutta la do-cumentazione che testimonia la loro necessità di essere accettati. Ci sono secondi fini dietro a questa operazione? Assolutamente sì. Fini puramente economici. Ci sono persone che la pensano come Labril: “E noi la tolleriamo? Gente che aiuta i clandestini? E’ pazzesco, quella gente ha tutti i diritti del mondo…! Noi ci

sbattiamo, ci sforziamo per lo-ro. Sono tutti profittatori… schiavisti! In fin dei conti è co-sì, siamo noi gli schiavi di quel-la gente!”. Per contro, comunque, ci sono anche persone come Eloi e Na-thalie. Eloi ha rotto tutti i lega-mi con la sua famiglia, fin trop-po ricca, e ha scelto di essere povero. Per questo però non può definirsi un vero povero, perché ha scelto: è solamente precario, come un uccello su un ramo, quando il ramo si spezze-rà, sarà pronto a volare per trovarne un altro. Vive forse di ideali, è un rivoluzionario, un esibizionista, lascia la sua vita al caso, fa più che mai cose assurde, ma è affascinante. Peccato che in realtà non sia davve-ro cambiato e non abbia ancora realmente deciso cosa fare della propria vita oltre ad aver fondato il GAP (Gang Anti-Pubblicità o Gruppo Assolutamente Poli-valente, a seconda delle occasioni) e a collaborare con un’associazione che aiuta gli stranieri, assieme Natha-lie, ragazza con la quale egli vive per convenienza, ge-nerosa, combattente, scorbutica e impossibile da amare. Vale la pena battersi per i diritti di tutti coloro che sembrano non averne. Qualche volta, una piccola vittoria si ottiene, come quella dei Baoulè. Piccola, in un mondo dove sono an-cora troppe le persone che la notte non hanno un tetto, di giorno né cibo né istruzione: non hanno futuro. Questo libro ce lo fa capire, con i toni delicati e freschi di Cecile, con quelli battaglieri e decisi di Nathalie, con quelli rivoluzionari e casuali di Eloi, e con quelli di Gil, fratello di Cecile, ancora troppo piccolo per pensar seriamente al futuro. Elisa Garis, 1A CL

CÈCILE. Il futuro è per tutti

Marie Aude Murail, Cecile, il futuro è per tutti, Giunti Editore

Libri

Nonnismo al Porporato?

Al Porporato, come in tutti i licei, esistono ragazzi di poca differenza d’età. Sì, sono cinque anni, sembrano pochi, ma in realtà sono tantissimi. Detto proprio da me, che sono una primina, sembra un po’ buffo, ma pensate ai primini che sghignazzano nei banchi ad ogni battutina e ai più grandi che si domandano perché debbono fare più ore di coloro che sono appena entrati. Ed ancora, i primini che sono an-cora disorientati in questa scuola, mentre i ragazzi di quinta si stanno già preparando alla maturità (in bocca al lupo!). Non siamo al nonnismo, ma si sente forte il modo diverso di pensare e di agire a secon-

do dell’età. I più “vecchi”, se così possiamo definirli, sono più maturi e son maturati proprio qui, al Porporato, invece i più giovani stanno iniziando questo percorso, sperando di crescere nel miglior modo. Quindi, di un rapporto tra generazioni malato tra primini e quasi maturandi, appunto di nonnismo vero e pro-prio, qui al Porporato non si avverte, a parte... la “caccia al primino” del giorno di San Valentino. Ma è solo una volta in tutto l’arco di studi e poi… non è così terribile.

Michela Petrazzuolo, 1C L 18

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Il lago dei cigni

Il 2000 vede arrivare nei cinema di tutto il mondo quello che viene definito uno tra i migliori film inglesi di tutti i tempi: Billy Elliot. Protagonista della pellicola è il dodicenne Billy, inter-pretato da Jamie Bell (che molti ricorderanno come protagonista del video Wake me up when september ends dei Green Day), che, malgrado la umile condizione sociale in cui si trova la sua famiglia e i pregiudizi dei suoi compaesani, dopo aver scoperto il suo amore per la danza decide di inseguirlo con tutto se stesso. Il suo amore per l’arte di Tersicore verrà ostacolato dal padre, dalla povertà, accentuata dallo sciopero dei minatori che coinvolge anche il padre e il fratello Tony, ma soprattutto dalla mentalità retrograda che ve-de nella danza una pratica per ragazze e omosessuali. Gli unici dalla sua parte paiono essere Mrs. Wilkinson, la frustrata insegnante di ballo (interpretata da una realistica Julie Walters), e il migliore amico Mi-chael, segretamente gay. Ma l’amore per il ballo, per quella scossa elettrica che gli percorre le vene quando danza, la leggerezza che solo il tiptap gli riesce a dare, spronano Billy a mentire al padre, a ingannarlo, e alla fine a stupirlo, al punto ch’egli sarà disposto a impegnare i gioielli della moglie

morta anni prima per permettere al ragazzino di raggiungere Londra per un’audizione. Il film si conclude mostrando un padre de-cisamente invecchiato e spaesato, un fratello già uomo che insieme si re-cano all'esibizione di Billy. Nella sala concer-ti si ritrovano seduti ac-canto a Michael, che è lì assieme al suo fidanzato per vedere Billy impegnato come primo ballerino del Lago dei cigni. Il film termi-na con l'entrata sul palco di Billy, interpretato per pochi secondi dal ballerino Adam Cooper. La trama così brevemente riportata non riesce nemme-no utopisticamente a riportare l’aria che si respira guardando questo film, guardando la lotta di un ragazzino in cerca della sua strada, che si interseca con la lotta dei minatori per i loro diritti, con la muffa del vecchio che impedisce alla novità di brillare, con il freddo e la miseria, una lotta che si genera e si placa in una giravolta. Lara 2b cl

Billy Elliot

Per una volta vorrei parlare di musica classica, anche se non lo fa-rò in maniera tecni-ca e forbita, anche per il semplice mo-tivo che non ne so-no molto in grado e rischierei quindi di scrivere delle stu-pidaggini abissali, ma mi accontente-rò di elogiare uno dei balletti più fa-

mosi della storia, giusto per essere innovativa! La musica porta la firma di Pyotr Ilyich Tchai-kovsky (è possibile che lo troviate scritto in modo diverso perché la traslitterazione dal cirillico non è sicuramente univoca), e le prime coreografie furono di Julius Wenzel Reisinger. Il libretto di Vladimir Petrovic Begicev, direttore dei teatri imperiali di Mosca insieme al ballerino Vasil Fedorovic, è basato su un'antica fiaba tedesca, Der geraubte Schleier (Il velo rubato), seguendo il racconto di Jophann Karl August Musäus. Probabil-

mente questi nomi non vi diranno nulla, ma non mi sento in dovere di condannarvi! La storia è familiare soprattutto alle ragazze grazie al cartone animato L’incantesimo del lago, anche se la storia è stata molto romanzata in classico stile Di-sney e le musiche sostituite da canzoncine per bam-bambini (di cui comunque una fu nominata ai Gol-den Globe); per i maschietti che non hanno mai visto la videocassetta, centrale è la storia d’amore tra Siegfried e Odette lui valoroso principe, lei princi-pessa costretta da un incantesimo a vivere come cigno di giorno e come donna di notte, amore distrutto dall’inganno del mago Rothbart (che fece a Odette l’incantesimo) e della figlia Odile (il cigno nero). I finali possibili sono due: il più frequente contempla una celeste ascesa dei due innamorati, il secondo invece un lieto fine. L’ultima cosa che vorrei fare, oltre all’intimarvi di guardare questo fantastico balletto, è citare la versio-ne di Matthew Bourne, che sostituì le ballerine cigno con ballerini cigno, come ad inneggiare l’omosessualità maschile. Altra ultima cosa che vorrei fare è ricordare ai miei affezionati lettori la prossima uscita de Il cigno nero con Natalie Portman, che pare essere un film ama-zing.

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Eventi Pinerolo e i 150 anni dell'unità d'Italia

Sono stati ricostruiti gli eventi pinerolesi più importanti dell’epoca del Risorgimento riprendendo le fonti storiche, iconografiche e monumen-tali. Queste evidenziano come Pinerolo abbia avuto un ruolo di primo piano negli avvenimenti scatenanti i moti unitari. di Francesca Noardo

Primo Piano Educatori per professione e per passione

Il mestiere dell’educatore passa dal lavoro in asilo, al lavoro con minori in forti difficoltà familiari e sociali; dalla comunità di recupero per tossicodipendenti; alle strutture manicomiali; dalla disabilità alla senilità. È un lavoro che ha a che fare sia con l’agio che con il disagio di Valentina Voglino

Politica in città - Elezioni 2011 Pinerolo come la vorrei - opinione 3

Per il futuro del pinerolese serve che i nostri giovani vivano e sperimentino il mondo, stabiliscano legami più lunghi in Europa ed oltre, esplorino possibilità inedite. di Bruno Manghi

Politica in città Il terremoto elettorale/1: la sinistra

Elezioni in vista anche per Pinerolo, quella piccola ma imponente roccaforte, assediata negli ultimi mesi da continue scosse di terremoto, incendiata da focosi piromani, avvelenata da una politicante mela bella lucida e succosa… di Emanuele Sacchetto

Buone News Il 2011 Anno internazionale delle foreste

L’obiettivo dell’ONU, appoggiato fortemente anche dal governo italiano, è quello di valorizzare le risorse boschive fon-damentali per l’equilibrio ambientale di Gabriella Bruzzone

Lettere al giornale Celebrare i 150 anni riscoprendo il patriottismo costituzionale

Se questo 2011 può ricostruire un embrione di unità, deve essere quella di un patriottismo costituzionale. Riscoprire il senso della soli-darietà, e saper accettare qualche sacrificio per essa. Riportare al centro la tutela della persona di Elvio Fassone

Tendenze L'ombra degli e-book

lntorno all'e-book il dibattito è all’ordine del giorno e sul tema ormai si confrontano non solo gli appassionati di nuove tecnologie, ma anche intellettuali e scrittori di Massimiliano Malvicini

Giovani@Scuola Orientamento alle superiori

Febbraio, mese di preiscrizioni e di orientamento. Insegnanti e studenti di terza media al confronto per presentare le nuove superiori di Nadia Fenoglio

Appunti di viaggio La fortezza di Luxor

Splendente di luce e di storia, Luxor, era "la fortezza" per i primi invasori arabi, Tebe per gli storici greci, Waset per gli egiziani; noi l’abbiamo percorsa tutta e con ogni mezzo, persino su un carretto di legname. di Angelica Pons

Sociale & Volontariato Amnesty International

L’associazione agisce per "prevenire e porre fine a gravi abusi dei diritti all’integrità fisica e mentale, alla libertà di coscienza e di espressione e alla libertà dalla discriminazione, nell’ambito della propria opera di promozione di tutti i diritti umani". di Valentina Voglino

Visibili & Invisibili Diritti Umani e una tonnellata di lingotti d'oro

Clamore ha creato la notizia della partenza precipitosa di Ben Alì e della moglie per l'esilio. L'ex premier dame della Tunisia, prima di partire per Gedda è passata in banca... per ritirare una tonnellata e mezza di lingotti d'oro... (valore 45 milioni di euro) di Massimiliano Granero

Arte & Architettura L'archivio storico di Pinerolo

L’archivio raccoglie una gran quantità di documenti, di notevole importanza, risalenti fino al XIV secolo, frutto dell’aggregazione di importanti archivi privati. In primis, risalente al 1868, vi è la donazione di Alliaudi, composta da circa 4000 libri. di Francesca Noardo

Arte & Spettacolo "La signorina Julie" e "Un finale per Sam"

Il 2011 del Teatro Sociale è iniziato con l’anteprima nazionale de "La signorina Julie" di August Strindberg,. Al Mulino di Piossasco, invece, "Un finale per Sam", un aggiornamento postumo e futuro del "Finale di partita" di Beckett di Maurizio Allasia

Personaggi Una giovane pinerolese alla Scala - Chiara Percivati

Per entrare in un’orchestra, certo, ciò che conta è sì disporre di un diploma (il voto è tutt’altro che fondamentale), ma so-prattutto suonare bene al momento dell’audizione. di Michele Barbero

Gruppi emergenti Gli Infranti Muri

Gli Infranti Muri nascono nell’agosto del 2009 e sono formati da Claudio Luisi (voce e chitarra), Francesco Damonte (batteria), Giaco-mo Langella (chitarra) e Lee Boyes (Basso). Iniziano a comporre brani di stampo post-grunge. Molto presto, pero’, danno una svolta alla propria musica fondendo rock con innesti elettronici trance e techno. di Mario Rivoiro

Sport - Rugby Il downhill Giampiero Gioia

Il downhill è uno sport che si pratica nei boschi, dove bisogna completare un particolare percorso di circa 3-4 chilometri in bicletta, attraversando una moltitudine di ostacoli, sia naturali, ad esempio rocce, radici; che artificiali creati appositamente di Andrea Obiso

Pinerolo Indialogo, gli articoli di Febbraio Giornale di cultura locale per il dialogo tra generazioni

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In classe c'è stato richiesto di sviluppare il tema relati-vo al rapporto agli adolescenti con il cibo. Ho scelto di scrivere un articolo su questo tema, perché credo sia un argomento che riguarda e interessa molti adole-scenti. Sono svariati motivi che inducono i giovani a sentirsi a disagio davanti al cibo o davanti a delle situazioni, talvolta il disagio diventa malattia, anoressia o bulimia Ad esempio ho potuto notare che molte ragazze si fanno influenzare dalla televisione e sopratutto dalla moda, sul modo di essere e di apparire. Mi sono informata sull' argomento leggendo il libro: “Wintergirls”di Laurie Halse Anderson e cercando su internet. Mentre giravo sul web, sono rimasta colpita dall' aiuto che chiedono queste ragazze anoressiche, per scappare dal quel tunnel, scrivendo e condividendo le loro sensazioni e la loro vita da anoressiche. Vi faccio il riassunto di un diario trovato in rete. Una ragazza di 17 anni pesava 60kg ed era invidiosa del bel corpo dell' amica della sua amica. Quest' ulti-ma un giorno decise di iniziare a vomitare per diventare magra. La ragazza, terminate le vacanze natalizie, inizia ca-sualmente a perdere peso. Inizialmente è piacevole ma poi si rende conto che dimagrire è una pazzia, e allora smette. Una sera uscendo con il suo ragazzo, scatta in lei la

scintilla per il digiuno; perché aveva visto la pizza mangiata andare sui fianchi, così che inizia a prender-sela a morte con se stessa. Da qui inizia la discesa: passa da 60 kg a 56kg, arrivando sino ai 48 kg; la dieta consisteva nell' ingeri-re tantissima acqua, thé verde e limonata e non cibi solidi. Escogita il modo per non mangiare durante le vacanze estive, per non farsi vedere dai propri genito-ri, ma il padre intuisce il problema della figlia. Ad og-gi lei mangia solo frutta e verdura e pesa 48 kg. Oggi lei è fiera di essere anoressica, perché ha solo uno scopo, raggiungere i 45 kg e poi i 35 kg come quelli di un'altra ragazza ricoverata in ospedale. La protagonista del libro che ho letto ha una storia si-mile a questa. Anch'essa si sente sola e si allea con un' amica che condivide il suo stesso disagio. Insieme cer-cano di risolvere i problemi eliminando il cibo, ma so-lo la perdita della sua migliore amica le farà capire che l'anoressia è un gioco pericoloso e può portare alla morte. Riportare la testimonianza di una ragazza simile a noi credo sia la strada migliore per non cadere nel vicolo cieco di questa orrenda malattia mentale che può esse-re prevenuta attraverso da una giusta informazione e con l' aiuto di amici che sanno ascoltare. Grazie e alla prossima.

Neri Maria Giorgia 1°C S.U. e.s

Mangiare o non mangiare… Questo è il problema! Lettere alla redazione

Eventi

Se non ora quando? Adesso! Domenica, ore 11: i binari della stazione di Pinerolo sono eccezionalmente affollati da uomini e soprattutto don-ne di diverse età e convinzione politica. Ci siamo anche noi, studentesse del Porporato, per gridare la tutta la no-stra indignazione nei confronti dell’immagine della donna-oggetto umiliata da una società sempre più maschilista. Dopo un viaggio trascorso in piedi (i vagoni erano banane), arrivati a Torino ci siamo diretti verso piazza San Carlo, luogo designato per la partenza del corteo. Alle ore 15, in 100000, armate di ombrelli (per ripararci dal “fango” gettato dai media) e gomitoli, abbiamo intrecciato una rete di fili colorati per unirci contro un’unica causa e all’unisono abbiamo gridato lo slogan: “Se non ora quando? Adesso!”. Lasciata la piazza, abbiamo sfilato per le vie del centro fino a raggiungere piazza Vittorio Veneto. Attraverso una manifestazione del tutto pacifica, non abbiamo solo manifestato il nostro dissenso, ma abbiamo potuto confrontarci con nonne e mamme che non smettono di sognare, esattamente come noi giovani, un futuro migliore. Donne che non si piegano, convinte che solo unendosi si raggiunga il cambiamento di cui ha bisogno questo paese. La sera siamo tornate a casa con una certezza in più: non siamo sole e insieme possiamo fare la differenza.

Anna e Elena, IV C/L

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