Piana, Giovanni - I Problemi Della Fenomenologia

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    Giovanni Piana

    I problemi della fenomenologia

    II edizione

    con integrazioni e aggiornamenti bibliografici

    a cura di

    Vincenzo Costa

    1966/2000

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    Desidero ringraziare vivamente Vincenzo Costa per la curache ha dedicato a questo mio libro. Il suo intervento,

    sia nellaggiornamento bibliografico sia nellarricchimentodella discussione, stato preziosissimo e nello stesso tempo

    rappresenta per me una grande attestazione di amicizia.

    g.p.

    Prima edizione a stampa: Editore Mondadori, CollanaBMM, Milano 1966

    Seconda edizione elettronica con integrazioni e aggiorna-menti bibliografici di Vincenzo Costa : 2000. Di questa secondaedizione non esiste versione a stampa

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    Indice

    Introduzione

    1. Esiste un movimento fenomenologico?2. La formazione del pensiero husserliano3. DalleRicerche logiche alleIdee per una fenomenologia pura

    4. La svolta esistenzialistica5. Il significato della Crisi6. Il linguaggio della fenomenologia

    I. Le argomentazioni scettiche

    1. Una premessa2. Il dubbio scettico3. Assurdit e verit dello scetticismo4. Il dubbio cartesiano

    II. La riduzione fenomenologica e lidea di intenziona-lit

    1. Lesperienza fenomenologica2. Il il significato della riduzione3. Il rapporto intenzionale4. Il concetto fenomenologico della coscienza5. Descrizione e costituzione fenomenologica

    III. Il tema della soggettivit

    1. Impostazione del problema del soggetto2. Il soggetto come centro dei suoi atti3. Il soggetto come facolt di riflessione e il presentarsi delproblema del tempo

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    IV. Lesperienza del tempo

    1. Lidea naturale del tempo2. La teoria di Brentano3. Lanalisi delloggetto temporale4. Soggetto, riflessione, tempo

    V. La concretezza del soggetto

    1. Il soggetto corporeo2. Lesperienza soggettiva del corpo3. Corporeit e percezione

    VI. Il problema di una fenomenologia della percezione

    1. Loggetto culturale e la cosa materiale2. La costituzione della cosa3. Il tema della passivit in Esperienza e giudizio4. Il carattere temporale della percezione5. Percezione e linguaggio

    VII. Il problema di una fenomenologia del bisogno

    1. Il privilegio dellesperienza percettiva e la sua problematicit2. Il soggetto come corpo vivente3. Idea di una fenomenologia del bisogno4. Nota conclusiva

    * Gli aggiornamenti bibliografici di Vincenzo Costa sonodisposti tra i segni e le integrazioni sono contrassegnate dallasigla VC tra parentesi rotonde.

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    Introduzione

    1. Esiste un movimento fenomenologico?2. La formazione del pensiero husserliano3. DalleRicerche logiche alleIdee per una fenomenologia pura4. La svolta esistenzialistica5. Il significato della Crisi6. Il linguaggio della fenomenologia

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    1.

    Se si considerano i principali punti di riferimento della discus-sione filosofica negli ultimi anni, non difficile notare che lafenomenologia uno dei centri intorno ai quali il dibattito pivivo ed interessato. Ci non vero soltanto per la situazione ita-liana: linteresse per la fenomenologia diffuso ed crescenteun po dovunque in Europa, e non soltanto in Europa. La lette-ratura fenomenologica ormai tanto vasta da essere di difficile

    dominio e lambito culturale entro il quale vengono dibattuti iproblemi posti dalla fenomenologia va spesso oltre il terrenopropriamente filosofico, coinvolgendo i campi di indagine pidiversi. |1|

    Tuttavia, sembra che, nella stessa misura in cui si sviluppaquesto interesse in una molteplicit di direzioni, divenga semprepi difficile cogliere ed individuare i nodi problematici reali chesono messi in questione, in modo da raggiungere qualche validocriterio di orientamento e di giudizio. |2|

    Questa circostanza diventata oggi cruciale per il fattoche, in realt, la ripresa degli studi husserliani di questi ultimi

    anni va considerata, pi che una semplice ripresa, come una verae propria riscoperta di Husserl in gran parte determinata dal fattoche, soltanto negli anni cinquanta ed in particolare con liniziodella pubblicazione delle opere complete di Husserl (Husserlia-na)avviata sotto la direzione di H. L. Van Breda si creata lapossibilit effettiva di conoscere alcune opere fondamentali diHusserl e nello stesso tempo di ottenere una migliore interpreta-zione delle opere gi edite ed una loro pi adeguata localizza-zione allinterno del pensiero husserliano. Tuttavia, le ragionidelle difficolt che incontriamo non appena cerchiamo di inter-venire nel dibattito attuale sulla fenomenologia sono da ricercare

    molto pi indietro nel tempo. Quando nel 1950 veniva pubbli-cato il primo volume della Husserliana, leMeditazioni cartesia-ne, mai edite prima nelloriginale tedesco, la fenomenologiaaveva ormai mezzo secolo di storia. E si pu dire che tutti i pro-blemi e tutte le difficolt di orientamento e di valutazione si tro-vino gi allinterno di questa storia allinterno di quel movi-

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    mento fenomenologico che si venuto delineando intorno alpensiero husserliano o nella confluenza di questo pensiero conistanze filosofiche di altra origine. |3|

    Del resto, se non ci si contenta di fare unapologia dellaconcordia discors,le prime difficolt le incontriamo proprio nelriconoscimento di questo movimento e nellaccertamento delsuo significato. Se guardiamo agli altri grandi indirizzi teorici efilosofici che caratterizzano in modo preminente i primi cin-quantanni del nostro secolo, abbastanza riconoscibile un qual-che filo conduttore o quanto meno unevoluzione progressiva

    che non sar certo priva di una sua interna complessit e potressere anche valutata in modo diverso, ma che comunque rendepossibile una considerazione relativamente unitaria. Natural-mente, anche qui non si pu prescindere dallassunzione di uncerto punto di vista: ogni designazione di questo genere, come sisa, estremamente problematica di per se stessa. Questa pro-blematicit si trova decuplicata nel caso della fenomenologia. Sediamo una rapida scorsa allunico volume che tenta di rintraccia-re un movimento fenomenologico e di farne la storia loperadi Herbert Spiegelberg The Phenomenological Movement [1] ci rendiamo conto immediatamente che la molteplicit degliautori presentati in questo volume, la profonda eterogeneitdelle loro filosofie cos grande che non facile comprenderecome essi possano trovarsi insieme in un unico libro e, se ciche consente di riunirli in questo modo la fenomenologia, siintuisce che diventer poi un vero problema stabilire che cosaessa sia. Daltra parte, H. Spiegelberg del tutto consapevole diquesta difficolt e le sue settecentocinquanta pagine peraltro,per molti aspetti, utilissime vengono consapevolmente pre-sentate come un insieme di monografie separate, come una rac-colta di materiale utile per uneventuale storia del movi-

    mento fenomenologico. |4| certo invece che il pensiero di Husserl ha avuto unin-fluenza vastissima su una parte considerevole del pensiero con-temporaneo, e di ci il volume di Spiegelberg una testimo-nianza eloquente. Il problema del movimento fenomenologicosi sposta allora in quello del modo in cui questa influenza si esercitata, del senso che essa ha avuto di volta in volta per que-

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    sto o quel pensatore, per questo o quellindirizzo filosofico.Senza naturalmente voler dare risposte su questo punto, credotuttavia che esaminare in quale contesto si formi il pensiero diHusserl e in quale direzione esso si sviluppi possa presentareutili indicazioni orientative per cogliere almeno alcune delle ra-gioni che hanno determinato la situazione cos caratteristicadella fenomenologia come movimento filosofico. |5|

    2.

    Gi alcuni dati semplicemente cronologici sono, a questo propo-sito, molto significativi. Edmund Husserl giunse alla filosofiadalla matematica. Furono le lezioni di Brentano che egli ascolta Vienna negli anni 18841886 a convincerlo che, anche in fi-losofia, era possibile svolgere un lavoro serio e produttivo. A

    quel tempo egli aveva ormai com-piuto i propri studi matematici aLipsia, Berlino e Vienna. A Berlinoaveva avuto come maestro uno deigrandi nomi della scienza matemati-

    ca dellottocento, Karl Weierstrass,di cui fu anche assistente per un bre-ve periodo, dopo laDoktorarbeitdel1882. Questa prima esperienza dimatematico non fu mai dimenticatadal filosofo Husserl. Ancora nel1930, in occasione della festa per il

    suo settantesimo compleanno, Husserl si compiacque di citareKarl Weierstrass tra i suoi maestri. Allo stesso modo comeWeierstrass aveva definitivamente eliminato ogni residuo dioscurit dai concetti dellinfinitamente piccolo, cos egli, diceva,

    aveva cercato di fare nella filosofia. Il suo ideale era stato ed eradi sostituire alloscurit profonda delle grandi metafisiche tradi-zionali la chiarezza e levidenza di una filosofia come metodointegrale [2]. |6|

    La preparazione matematica e lincontro con Franz Bren-tano determinano il primo orientamento di Husserl verso ricer-

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    che concernenti i fondamenti della matematica. Nel 1887 pre-senta il suo scritto di abilitazione Sul concetto di numero [3]che costituisce il primo nucleo della sua Filosofia dellarit-metica ed abbandona Vienna per giungere allUniversit diHalle con il titolo di Privatdozent. A Halle Husserl si incontracon Stumpf, allievo di Brentano e Lotze, che gli diventa amico everso il quale Husserl manterr sempre un atteggiamento di sti-ma. Linfluenza di Stumpf, di cui Husserl cita spesso le opere

    maggiori, come la Psicologia delsuono (1883), non fu certo estranea

    alla formazione del primo concettohusserliano di fenomenologia, anchese in seguito e soprattutto quandoHusserl venne elaborando la temati-ca della riduzione egli tenne a pre-cisare le differenze tra la propria im-postazione filosofica e quella diStumpf [4]. Se inoltre teniamo pre-sente che allinsegnamento di Stumpfsi ricollega la nuova psicologia dellaforma otteniamo unaltra interessanteindicazione dellambito culturale conil quale Husserl si trova direttamentea contatto in quegli anni. Nel 1890

    usciva, oltre al secondo volume della Psicologia del suono, unsaggio che gli psicologi gestaltisti riconosceranno come decisivoper lelaborazione di questa nuova concezione psicologica. Sitratta dello scritto di Christian von Ehrenfels Sulle qualit for-mali. Von Ehrenfels faceva parte della scuola di Meinong, ope-rante a Graz, e Meinong a sua volta era allievo di Franz Brenta-no. Lindirizzo di ricerca psicologica sviluppato da Benussi, per

    molti aspetti vicino alla psicologia della forma, si ricollega di-rettamente allinsegnamento di Meinong [5].Il nome di Brentanodunque lo si ritrova in rapporto a tre grandi nomi degli studi scien-tifico-filosofici di fine ottocento: Stumpf, Husserl e Meinong.

    Daltra parte, anche vero che non facile stabilire fino ache punto questuomo geniale abbia esercitato sui suoi maggioriallievi uninfluenza veramente decisiva e duratura. Vi qualcu-

    Carl Stumpf

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    no che dubita credo con buone ragioni che si possa vederein Brentano il precursore della fenomenologia husserliana [6].

    Del resto Brentano non riconobbemai come uno sviluppo delle proprieidee le ricerche condotte sia da Hus-serl che da Meinong. In una letteradel marzo 1907 diretta ad HugoBergmann, Brentano riferisce ironi-camente su una visita che Husserl gliaveva fatto in quel tempo: Mi ha

    subissato di assicurazioni della suagratitudine e della sua stima, dicen-do che gli avrei fatto torto se avessicreduto alle malelingue. Ha detto an-che che rassicura sempre la genteche in realt io non sono da annove-

    rare tra gli psicologisti con la qual cosa si direbbe che eglipensi di togliermi di dosso un vergognoso sospetto [7]. Inunaltra lettera allo stesso Bergmann dellottobre 1908 egli trovale teorie di Husserl astruse ed osserva che non in ogni puntogli chiaro che cosa voglia propriamente Husserl [8]. |7|

    Lincontro con Brentano, con Stumpf e con tutta quellaproblematica che doveva condurre alle nuove concezioni dellapsicologia contemporanea non rappresenta una svolta in senso

    proprio negli interessi scientifici diHusserl. Egli ha sempre presente ildibattito, che in quegli anni assumevaunimportanza decisiva per gli svilup-pi futuri, intorno ai problemi della lo-gica formale e dei fondamenti dellamatematica. Lo stesso anno in cui

    viene pubblicato il saggio di vonEhrenfels, usciva il primo volume del-lopera di Schrder Lezioni sullal-gebra della logica che Husserl recen-sir lanno seguente [9]. Nel 1891,che anche lanno di pubblicazionedella Filosofia dellaritmetica, Hus-

    Franz Brentano

    Alexius Meinong

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    serl scrive un saggio sui problemi della logica intitolato Calcolodeduttivo e logica del contenuto [10]. Molti sono poi i mano-scritti che attestano nel decennio successivo un interesse viva-cissimo per questo ambito di ricerca [11]. |8|

    Le posizioni assunte da Husserl in questo periodo sia ver-so i problemi della psicologia sia verso quelli dei fondamentidella matematica e della logica sono decisive per tutta la suaevoluzione futura. Da un lato lassunzione della psicologia coscome si andava elaborando negli ambienti intorno a Brentano lodispone in un atteggiamento critico verso le tendenze psicologi-

    che di chiara impostazione positivistica: dallaltro le prese di po-sizione rispetto al senso di una ricerca sui fondamenti della ma-tematica e la valutazione che egli d della algebrizzazionedella logica predelineano gi il punto di vista generale che vienematurato soltanto pi tardi e che per essere compiutamente svi-luppato richiedeva la delimitazione di una nuova disciplina filo-sofica, la fenomenologia, ed infine una piena riformulazionedel concetto stesso di filosofia e di ricerca filosofica. Ci che quici interessa notare che il pensiero husserliano si viene forman-do non soltanto nello stesso periodo in cui prendono forma i piimportanti indirizzi teorici e filosofici del nostro secolo, ma an-che in un dibattito diretto con essi, in un continuo scambio econfronto di idee. Se si volesse approfondire questo quadro ri-prendendo le discussioni e le letture che Husserl compie in que-sto periodo e che contribuiscono in modo diverso alla sua for-mazione e in particolare allelaborazione di quella metodologiache trover una prima, estesa applicazione nelle Ricerche logi-che, avremmo a che fare con una tematica estremamente fertile,che si trova allorigine dei principali indirizzi della filosofiacontemporanea. Baster qui ricordare ancora qualche nome:come quello di Frege, spesso citato e discusso nella Filosofia

    dellaritmetica e che recensir criticamente questopera nel1894 [12]. Non meno importanti sono i nomi di Mach e Avena-rius [13]. Nel libro di AvenariusIl concetto umano del mondo(1889) viene elaborato un concetto di esperienza pura nel qualesi pu forse scorgere la tematica sviluppata molto pi tardi daHusserl dellesperienza antepredicativa e del mondo della vita[14]. I Contributi per unanalisi delle sensazioni di Mach furono

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    letti da Husserl lanno stesso della loro pubblicazione (1886) ed interessante notare che ad una inconsapevole influenza di

    questo libro Husserl fa risalire lela-borazione del concetto di momento

    figurale nella Filosofia dellaritme-tica che presenta molte analogie conil concetto di qualit formale di vonEhrenfels [15]. Le posizioni di Mache Avenarius vengono ampiamentedibattute da Husserl nei Prolegome-ni alleRicerche logiche, una discus-sione che gener, oltre che una ri-sposta di Mach nella seconda edizio-ne della sua Meccanica, anche unoscambio epistolare fra i due [16].Penetrare nel senso reale di queste

    discussioni ha indubbiamente una certa importanza per coglierealcuni dei punti nodali del dibattito filosofico novecentesco neisuoi momenti pi avanzati. |9|

    Del resto, proprio questo ricco humus di discussione in cuivengono formandosi le linee del discorso husserliano uno deimotivi che spiegano la molteplicit delle direzioni verso le qualipu essere rivolta la ricerca fenomenologica e la sua caratteristi-ca apertura verso la problematica epistemologica e in generaleverso i problemi della psicologia gestaltistica, della filosofiadella scienza, della logica, dei fondamenti della matematica. Percogliere questi aspetti necessario non sottovalutare proprioquel periodo della formazione husserliana che viene talora dettoprefenomenologico e che conduce dalla Filosofia dellaritme-tica alle Ricerche logiche. in quegli anni che in certo sensotutto viene deciso, tutti i problemi sono portati alla luce. Le

    istanze che allora vengono poste riceveranno una diversa for-mulazione, assumeranno una diversa profondit di senso, ma losviluppo successivo sarebbe incomprensibile senza quel con-fronto, quel dibattito che conduce a unopera casi impegnativacome leRicerche logiche. |10|

    Ernst Mach

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    3.

    Nellambito della cultura tedesca dei primi anni del secolo le Ri-cerche logiche rappresentano indubbiamente un momento fon-damentale: questopera contribu in maniera determinante a li-quidare leredit filosofica del passato, a spianare il terreno perun nuovo campo e un nuovo stile di ricerca. Naturalmente ciche allora fu accolto immediatamente fu pi lapars destruens diquesto lavoro che quella costruttiva. Dalla critica di Husserl ve-

    nivano colpiti i maggiori nomi della cultura accademica deltempo o di coloro che avevano esercitato in Germania una in-fluenza che sembrava ormai definitivamente acquisita. Un filo-sofo come Wundt, come Sigwart o come Stuart Mill venivanodirettamente coinvolti nella critica dello psicologismo che Hus-serl sviluppa fino in fondo e con grande dovizia di argomenti neiProlegomeni. La reazione di una parte della giovane cultura te-desca di fronte a questopera pu essere efficacemente esempli-ficata dal modo in cui si viene formando intorno a Husserl, pas-sato nel 1901 da Halle a Gottinga, un primo nucleo di studiosi.Nel momento in cui furono pubblicate le Ricerche logiche,

    alluniversit di Monaco esisteva gi intorno a Theodor Lipps unattivo gruppo di ricerca psicologica che operava in modo orga-nizzato sotto il nome di Akademisch Psychologischer Verein.Ora, la critica di Husserl che coinvolgeva direttamente anchelindirizzo di Lipps, gett lo scompiglio allinterno del gruppo.Lipps fu costretto a difendersi, ma lo fece con scarso successo.Lepisodio cruciale di questa crisi fu il viaggio che JohannesDaubert, uno dei pi promettenti allievi di Lipps, comp da Mo-naco a Gottinga, a quanto pare, in bicicletta. Il colloquio avutocon Husserl in questa occasione fu decisivo per le sorti delgruppo di Monaco: Fu probabilmente in seguito a questo collo-

    quio che Husserl stesso nel luglio 1904 si rec a Monaco, rivol-gendosi al circolo riunito. Da questo momento in poi, con cre-scente disappunto di Lipps, le Ricerche logiche diventarono ilprincipale testo di riferimento del gruppo. Nel 1905 inizilandirivieni di studiosi e di visitatori da Monaco a Gottinga eviceversa. Solo dopo il 1906, Scheler, proveniente da Jena dalla

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    scuola di Rudolf Eucken, si un al gruppo, non limitandosi a su-birne linfluenza, ma anche esercitando uninfluenza sua pro-pria, tanto pi che questi furono per lui gli anni pi formativi.Tra i primi membri si annoverano Adolf Reinach (che si stabilpoi definitivamente a Gottinga, dove divenne il centro del cir-colo che si costitu solo pi tardi), Theodor Conrad, Moritz Gei-ger, Aloys Fischer e August Gallinger, insieme ad altri allievi diLipps meno influenzati dalla fenomenologia, come Ernst vonAster e il positivista Hans Cornelius. Tra i membri pi giovaniche si ispiravano a Scheler, il pi eminente era Dietrich von Hil-

    debrand. Si pu dire che tra i membri del circolo di Monaco fos-se maggiormente vivo il senso della comunit: oltre alle riunionipsicologiche, essi si incontravano spesso, regolarmente o an-che occasionalmente, per compiere discussioni di gruppo.Daltra parte, il circolo di Monaco era caratterizzato dallinteres-se primario verso la psicologia analitica e descrittiva e, in partesotto linflusso del clima artistico di Monaco, da un interesseverso i problemi del valore e dellestetica pi profondo di quelloche fosse dato trovare nella pi austera atmosfera matematica escientifica di Gottinga [17]. |11|

    Sappiamo da H. Spiegelberg, al quale debbono essere bennote le vicende di quegli anni dal momento che egli compi i suoistudi con Pfnder a Monaco, che solo dopo il 1907 si pu parla-re di un vero e proprio circolo di Gottinga. Il primo impulsovenne da Monaco. Solo pi tardi intorno a Husserl si forma ungruppo di studiosi provenienti da varie parti, come Koyr, He-ring, Ingarden, Fritz Kaufmann e Edith Stein, che appunto intor-no al 1907 cominciano a riunirsi regolarmente, spesso in assenzadi Husserl e in ultima analisi con la sua disapprovazione. Lo spi-rito di indipendenza che il circolo di Monaco aveva dimostratoverso Lipps e pi tardi verso Husserl stesso, anche una delle

    caratteristiche del circolo di Gottinga, e daltra parte, come ab-biamo visto, quanto pi il numero dei fenomenologi di Monacoe di Gottinga si allarga, tanto pi viene meno il carattere dellascuola. Accanto e insieme allorientamento husserliano, ritro-viamo, allinterno dei circoli di Monaco e di Gottinga, imposta-zioni sostanzialmente diverse, influenze eterogenee (come quel-la di Max Scheler), tendenze di sviluppo dellidea della fenome-

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    nologia tracciata nelle Ricerche logiche che implicavano unapresa di posizione critica verso lo sviluppo propriamente hus-serliano. |12|

    su questo terreno comunque che prese forma lidea di unmovimento fenomenologico e di una rivista che in qualchemodo ne fosse lespressione. Nasce cos nel 1913 lo Jahrbuchfr Philosophie und phnomenologische Forschung (Annuariodi filosofia e di ricerca fenomenologica) [18]. interessantenotare che proprio nel primo volume dello Jahrbuch venivapubblicata lopera di HusserlIdee per una fenomenologia pura e

    per una filosofia fenomenologica (Ideen I)che era, dopo la Filo-sofia dellaritmetica e le Ricerche logiche,la terza opera di va-sto impegno pubblicata da Husserl. Proprio su questo volume siaccese un vivace dibattito e anche se allora tutti i dissensi nonvennero alla luce nella loro realt di fondo, Ideen Irappresentindubbiamente un banco di prova, che diede un risultato negati-vo, delleffettiva convergenza sullimpostazione husserliana de-gli studiosi di Monaco e di Gottinga. Se nel fondare lo Jahr-buch si era pensato in qualche modo ad un movimento, perci che concerne la fenomenologia cos come la intendeva Hus-serl, questo movimento si pu dire finisca nello stesso momentoin cui si iniziato. Oggi, quando abbiamo la possibilit di co-gliere retrospettivamente lintero sviluppo del pensiero husser-liano e di mettere a confronto i vari aspetti della sua ricerca, nonsolo edita ma anche inedita, possiamo affermare che, per ci cheriguardaIdeen I, non possibile parlare di alcun mutamento diindirizzo della ricerca husserliana. Del resto, anche per coloroche si trovavano a pi diretto contatto con Husserl, Ideen I fusoltanto lespressione pi matura di uno sviluppo iniziato moltotempo prima, fin dal 1907. E sino a quel tempo deve essere fattorisalire il dissenso interno della scuola husserliana. La mag-

    gior parte degli studiosi di Gottinga disapprovavano quellap-profondimento dellidea dellanalisi intenzionale nel corso dellaquale Husserl doveva imbattersi nel problema del soggetto edincontrarsi cos con la tematica trascendentalistica. Per noi que-sto fu uno sviluppo coerente, necessario e ricco di significato.Ma il destino del movimento fenomenologico, iniziato tra Mo-naco e Gottinga in seguito alla pubblicazione delle Ricerche lo-

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    giche, non si pu comprendere se non si tiene conto di questogiudizio nettamente critico nei confronti di Husserl che ebbemodo di esprimersi soprattutto in occasione della pubblicazionediIdeen Isullo Jahrbuch [19]. Ci vero anche per la storiadellinfluenza di Husserl. Anche da questo punto di vista lanno1913 un anno cruciale. Parve allora che il pensiero di Husserlraggiungesse la sua massima influenza e notoriet. Pi diventanni pi tardi, Jean-Paul Sartre non esiter a definire lapubblicazione di Ideen Isullo Jahrbuch il fatto pi salientenella filosofia dellanteguerra [20]. Ma in realt proprio in

    quellanno comincia il lungo periodo al termine del quale Hus-serl si ritrova come una voce estranea ed isolata allinterno diquel movimento filosofico di cui egli sembrava allinizio essereil centro. |13|

    4.

    Quando Husserl, nel 1916, passa da Gottinga a Friburgo, vieneseguito soltanto da Edith Stein e la situazione che egli trova difronte a s completamente diversa. Gi in quellanno vi fu

    probabilmente il primo incontro di Husserl con Martin Heideg-ger, che aveva compiuto i suoi studi a Friburgo con Rickert eche era gi attivo presso luniversit come Privatdozent. Ma unrapporto vero e proprio tra Husserl e Heidegger si stabilir sol-tanto con il 1919, con la fine della guerra ed il congedo di Hei-degger dal servizio militare [21]. |14|

    I tempi erano allora molto mutati anche per il clima delleuniversit tedesche rispetto ai primi quindici anni del secolo.Ed il nome di Martin Heidegger d a questo mutamentounimpronta che sar duratura. Lopera Essere e tempo fu pub-blicata sullo Jahrbuch solo nel 1927, ma la lira heideggeriana

    aveva cominciato ad affascinare molto tempo prima. Nulla picaratteristico a questo proposito della testimonianza di KarlLwith, che si riferisce proprio allanno 1919: Quando nellaprimavera del 1919, per consiglio dei miei insegnanti M. Geigere A. Pfnder, passai da Monaco a Friburgo per compiere la miaformazione con Husserl, feci conoscenza del suo assistente M.

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    Heidegger. Se ora, dopo quattro decenni, mi chiedo che cosa hoimparato da Husserl durantequei tre anni friburghesi, larisposta lo soddisferebbe an-cora meno di quanto soddisfime stesso. Ricordo che egligi allora mi chiese un gior-no per quali ragioni avessifatto nei primi semestri tantiprogressi, mentre ero giun-

    to ora ad un punto morto. Ilmotivo di ci un motivoche non poteva che sfuggirealla semplicit della sua in-dole era che io, come moltimiei coetanei, mi sentivo at-tirato molto pi fortemente

    dal giovane Heidegger. La teoria di Husserl della riduzionealla coscienza pura aveva per noi perduto dinteresse nella stessamisura in cui sempre pi ci affascinavano i problemi con i quali

    ci stimolava il pi giovane edattuale Heidegger [22]. Allaluce di questa testimonianza,assumono ancora pi risaltole parole che Husserl scriveallo stesso Lwith inviando-gli la prima parte della Crisinel febbraio del 1937: ForseLei comprender che Sche-ler, Heidegger e cos tutti gliallievi di una volta, non

    hanno compreso il senso ve-ro e profondo della fenome-nologia il suo senso tra-scendentale che lunicopossibile e tutto ci che es-so implica. Certo, non fa-

    cile impossessarsi di questo significato, ma io credo che valga la

    Edmund Husserl

    H. Wimmer:Maschera di Martin Heide er

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    pena di tentare. Forse Lei riuscir a comprendere che io, non perostinazione, ma seguendo unintima necessit, ho percorso dasolo il mio cammino per cos tanti anni un cammino che io so-stengo in una nuova dimensione di domande e di risposte e perquale motivo abbia ritenuto che loscuro misticismo della filoso-fia esistenziale alla moda e del relativismo storicistico, con lasua pretesa superiorit, sono il fiacco fallimento di unumanitdivenuta priva di forze, che si sottratta allenorme compito cheil crollo dell et moderna nella sua totalit poneva ad essa eche ancora pone: a noi tutti! [23]. |15|

    In realt, i rapporti tra Husserl e Heidegger si mantennerobuoni per molti anni, anche quando Heidegger nel 1923 ebbelordinariato e pass allUniversit di Marburgo. Vi fu certa-mente un tempo in cui Husserl pens ad Heidegger come al pro-prio pi degno successore. Solo pi tardi si rese conto che conHeidegger nasceva una filosofia del tutto nuova, che gi nellesue prese di posizioni di principio si opponeva radicalmente aquella impostazione della ricerca filosofica che per Husserl eraindicata dal termine di fenomenologia. Ancora una volta si ri-peteva in forma nuova, ma in modo ormai decisivo per la culturatedesca fra le due guerre e fino ai nostri giorni, ci che era acca-duto negli anni di Gottinga. Ma mentre allora alla polemica an-tihusserliana corrispondeva per cos dire la moltiplicazione delletendenze fenomenologiche, fra loro non sempre compatibili, laforte personalit di Heidegger in grado di determinareunatmosfera filosofica nella quale si riconosce immediatamenteuna intera schiera di studiosi. |16|

    Dobbiamo tuttavia giungere alla pubblicazione di Essere etempo nel 1927 ed al tentativo di collaborazione per larticolosulla fenomenologia per lEnciclopedia Britannica, che risaleallo stesso anno, per trovare il primo reale confronto di opinioni

    tra Husserl ed Heidegger [24]. Fu in quellanno che Husserl ri-pet ci che aveva gi detto anche nei confronti dei suoi antichiallievi di Gottinga: Heidegger non ha afferrato lintero signifi-cato della riduzione fenomenologica [25]. Dietro questa osser-vazione, per Husserl non vi soltanto il rilievo dellincom-prensione di un aspetto della fenomenologia. Vi piuttosto ilfraintendimento radicale di tutto il discorso filosofico che egli

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    aveva cercato di sviluppare dal 1907 in poi. Nella stessa misurain cui Heidegger rifiuta come problema centrale e fondamentaleper la fenomenologia la questione della soggettivit costituenteo trascendentale, riproponendo invece sia pure in termini nuo-vi il problema di una dottrina dellessere o di un ontologia

    fondamentale, non soltanto esce completamente al di fuori di unorizzonte fenomenologico, ma ripropone una impostazione filo-sofica che la fenomenologia aveva inteso superare e criticare fi-no in fondo e fin dallinizio. Perci, dinanzi alla nuova filosofiache vede sorgere, in fondo inaspettatamente, di fronte ai propri

    occhi, Husserl ne sottolinea immediatamente larretratezza. Inultima analisi, lesistenzialismo ricade in quelle posizioni antro-pologistiche e psicologistiche che egli aveva criticato nelle Ri-cerche logiche [26]. |17|

    Nel 1928, Husserl si ritira dallinsegnamento e nello stessoanno alluniversit di Friburgo gli succede Heidegger. Da questomomento in poi, nei suoi ultimi dieci anni di vita gli anni incui matura la Crisi lattivit filosofica di Husserl si svolge inuna atmosfera di incomprensione: ci spiega gli accenti spessoamari che risuonano in alcune sue pagine di quegli anni, sempreaccompagnati dal rifiuto di scendere in una polemica diretta edalla ribadita convinzione della giustezza della propria prospet-tiva filosofica. |18|

    La fine dello Jahrbuch nel 1930 non viene ostacolata danessuno. Ma significativo che, proprio in questultimo numero,lundicesimo, venga pubblicata quella Postilla alle Idee, daHusserl scritta per la traduzione inglese di quellopera, che as-sume un significato esemplare per il giudizio che egli dsullintero movimento filosofico che si era formato intorno aquella rivista. |19|

    In questa sede scrive Husserl non posso diffondermi in

    una discussione con le correnti avverse, correnti che sono in uncontrasto estremo con la mia fenomenologia, e che distinguonotra scienza rigorosa e filosofia. Vorrei soltanto affermare espres-samente che non ritengo affatto fondate le obiezioni che da essemi sono state mosse obiezioni di intellettualismo, di unilate-rale astrattezza del mio procedimento metodico, di incapacit diraggiungere, per principio, la soggettivit pratica e attiva ed i

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    problemi della cosiddetta esistenza, oltre che i problemi metafi-sici [27]. In realt, anche la tematica concernente la praticit ela concretezza pu essere efficacemente sviluppata ed indagatada un punto di vista fenomenologico, e questo punto di vista,quando sia conseguentemente elaborato in tutte le sue implica-zioni metodologiche e filosofiche, non pu non condurre al ter-reno della soggettivit trascendentale ed alla problematica dellacostituzione. Perci, per Husserl, la fenomenologia reinter-pretata nel senso di Heidegger non ha saputo compiere questo

    passo decisivo e nel riproporre il problema del soggetto di fatto,

    della concretezza e dellesistenza, ricaduta in una posizionepsicologistica, proiettando sulla fenomenologia trascendentaleun insieme di critiche ingiustificate. |20|

    Il problema di una filosofia che proceda sistematicamentee rigorosamente e che al tempo stesso non si presenti come unsistema dottrinario chiuso viene ripreso e sottolineato di frontealla scepsi scientifica del nostro tempo. Ma questa idea nonpu essere separata dalla problematica della riduzione fenome-nologica e dalla conseguente impostazione della trascendentalitdelle operazioni soggettive. I fraintendimenti di unopera come

    Ideen Ivengono spiegati da Husserl anche con la sua incomple-tezza. Non si vide che la soggettivit di cui in essa si trattavanon era affatto la soggettivit del vecchio idealismo psicologi-stico: che essa era da intendere come una soggettivit trascen-dentale concreta, corporea-sociale per essenza. E di conseguenzanon si comprese che la terza parte di Ideen I, nella quale si in-troduce la questione della costituzione, determinante per com-prendere il senso nuovo nel quale il termine di trascendentalecompare allinterno del discorso fenomenologico. Tutto ci, os-serva Husserl, sarebbe apparso pi chiaro se fosse stato possibilepubblicare le ricerche successive sulla costituzione, nelle quali il

    carattere costitutivo dellidealismo fenomenologico appare intutta la sua chiarezza. A maggior ragione Husserl ribadisce lavalidit dellimpostazione data in Ideen I, la quale inattacca-bile in tutto ci che essenziale [28], e sottolinea che possiamoparlare di idealismo fenomenologico proprio e soltanto nellamisura in cui la fenomenologia lunica reale risposta al pro-blema storico dellidealismo [29]; ma nello stesso tempo si op-

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    pone un netto rifiuto a una interpretazione di questo idealismoche riproponga i termini della disputa infeconda e non filosofi-ca [30] tra lidealismo ed il realismo. per necessario chiari-re la fondamentale ed essenziale differenza tra lidealismo fe-nomenologico trascendentale e quellidealismo che viene com-battuto, quale proprio opposto esclusivo, dal realismo. In parti-colare: lidealismo fenomenologico non nega lesistenza realedel mondo (e innanzitutto della natura) quasi pensando trattarsidi una mera apparenza a cui, anche se inavvertitamente, il pen-siero naturale e scientifico positivo soggiaccia. Il suo unico

    compito, il suo unico merito, quello di chiarire il senso di que-sto mondo, precisamente quel senso secondo cui vale per chiun-que, conformemente a una reale legittimit, come realmente es-sente. Che il mondo esista, che sia dato come un universo es-sente nellesperienza che di continuo converge verso la concor-danza, perfettamente indubbio. Una cosa completamente di-versa cercare di capire questa indubitabilit, che sostiene lavita e le scienze positive, e di chiarirne il fondamento di legitti-mit [31]. |21|

    Lultimo scritto di Husserl pubblicato sullo Jahrbuch siricollega cos agli inizi dellattivit di questa rivista, respingendole critiche alla propria posizione filosofica che erano diventateesplicite con la pubblicazione di Ideen I. Ma, come abbiamonotato, Husserl rifiuta la polemica diretta. Anche se lallusionealla filosofia della vita che lotta per il predominio, con la suanuova antropologia, con la sua filosofia dellesistenza [32]non poteva essere pi trasparente, gli esponenti maggiori di que-sti indirizzi filosofici che s trovano in un contrasto estremo conla fenomenologia, non vengono nominati; e neppure si prendonoin considerazione in modo particolareggiato e approfondito leobiezioni e le critiche che da questa parte venivano rivolte alla

    fenomenologia. Una reale risposta da Husserl affidata intera-mente al lavoro di ricerca, poich nelle faccende della scienza,non tanto la critica importa quanto il lavoro compiuto, quel lavo-ro che in definitiva resiste sempre, per quanto possa esserefrainteso e per quanto le argomentazioni che lo concernono pos-sano eluderne il senso [33]. Chi, per decenni, non stato aspeculare su una nuova Atlantide, ma si mosso realmente nelle

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    foreste ancora impraticate di un nuovo continente, chi si ac-cinto alle prime coltivazioni, non si lascer confondere dalleobiezioni dei geografi che ne giudicano i resoconti secondo leloro abitudini di esperienza e di pensiero, senza addossarsi la fa-tica di intraprendere un viaggio nelle nuove terre [34]. |22|

    5.

    Fu destino di Husserl di iniziare la propria attivit con unopera

    come le Ricerche logiche che metteva in questione la filosofiauniversitaria del tempo e di ritrovarsi negli ultimi anni della suavita in una polemica, forse meno appariscente, ma non meno te-nace, verso quella filosofia che stava ormai negli anni trenta perassumere il crisma dellufficialit. Nel 1933 Heidegger diventa-va rettore delluniversit di Friburgo e pronunciava il suo famo-so discorso inaugurale di adesione al regime. Ma a parte il giu-dizio che possibile dare di questa adesione, del resto non privadi ambiguit, quel che pi ci interessa osservare che Husserl sirende conto con sempre maggiore evidenza che il riapparire diquelle istanze filosofiche che egli aveva combattuto molti anni

    prima ha un suo preciso significato di ordine sociale in generalee in diretto rapporto con lo sviluppo storico dagli ultimi ven-tanni del secolo sino ai giorni dellascesa del nazismo. QuandoHusserl riporta la filosofia dellesistenza allo psicologismo edallantropologismo da lui criticato nelleRicerche logiche inten-de dare una precisa interpretazione dellintero sviluppo ideolo-gico di quei primi trentanni del secolo di cui egli era stato, an-che se spesso in modo paradossale, uno dei principali protagoni-sti. Per questo ritornano nella Crisi delle scienze europee tutti iclassici temi del suo discorso filosofico, ma proiettati su unosfondo per molti aspetti nuovo. |23|

    Come noto, il nucleo della Crisi costituito da una con-ferenza tenuta nel maggio del 1935 a Vienna e ripetuta a Praganel novembre dello stesso anno. Husserl elabor in seguito que-sta tematica e nel 1936 pot pubblicare la prima e la secondaparte del libro nella rivista Philosophia di Belgrado. Il testoche venne edito nel 1954 dalla Husserliana a cura di Walter

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    Biemel comprende, oltreLa conferenza di Vienna, la prima e laseconda parte dellopera, anche il materiale elaborato per la ter-za parte e linsieme di manoscritti relativi a questopera in formadi appendici ai singoli paragrafi. |24|

    Nella Crisi, il problema originario che si trova alla basedella ricerca filosofica husserliana quello di una fondazione ri-gorosa del sapere scientifico viene ancora una volta ripropo-sto, ma sotto una luce completamente nuova. Al centro del di-scorso husserliano vi infatti la crisi dellumanit europea, ladisperazione per la missione delloccidente. Erano gli anni in cui

    lottimismo nello sviluppo progressivo e benefico della societ,gi scosso dai catastrofici eventi della prima guerra mondiale, siera ormai dimostrato illusorio e menzognero, si era anzi rove-sciato nel buio di un futuro senza speranza. Allidea di un gra-duale e progressivo benessere si sostituisce lidea di un precipi-tare sempre pi a fondo e senza scampo nella crisi. Ma la vocedi Husserl della Conferenza di Vienna non la voce di questaillusione perduta. Egli non laveva mai condivisa. Per Husserlquesta presa di coscienza non fa altro che aggiungere un anelloessenziale al lavoro iniziato molto tempo prima, quando la crisipareva tanto lontana da non poter essere ancora neppure perce-pita. La discussione che Husserl conduce nelleRicerche logichecontro la riduzione della logica alla psicologia, cio contro la ri-duzione di una scienza delle idee ad una scienza di fatti, tutta compiuta ancora sul terreno delle istanze puramente filoso-fiche. Lo psicologismo sviluppato coerentemente non pu checondurre a una posizione scettica. E lo scetticismo va contestatosul terreno teorico come una assurdit teorica. Per lo Husserldelle Ricerche logiche la questione dello psicologismo non haancora uno sfondo sociale, non concerne ancora il problemadelluomo stesso e del suo destino. Molto pi tardi, nel 1935,

    Husserl sa che non si tratta pi soltanto di muoversi sul terrenodella contestazione dellidea positivistica come idea che, svilup-pata coerentemente, porta allassurdo. Ora, lassurdit entratanella vita stessa e lo scetticismo si e manifestato in ci che es-so era in realt sin dallinizio: non una semplice posizione teori-ca, ma crisi delluomo stesso nella sua stessa vita. |25|

    Questa crisi, che ormai venuta alla luce allinterno della

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    scienza e della filosofia, ha le sue radici nellesclusivit concui, nella seconda met del XIX secolo, la visione del mondocomplessiva delluomo moderno accett di venire determinatadalle scienze positive e con cui si lasci abbagliare dalla pro-sperity che ne derivava [35] La rivendicazione di un concettodella scientificit non modellata sullidea della positivit, laf-fermazione della priorit di principio della ricerca filosofica edel suo carattere fondante, e lo stesso configurarsi di questa ideadella filosofia come scienza della soggettivit costituente chesono stati i temi costanti della ricerca husserliana vengono qui

    ricompresi come una denuncia della disumanizzazione scientifi-ca della societ borghese. |26|

    Per questo Husserl sente il proprio atteggiamento come unatteggiamento di opposizione e di protesta e dichiara in modoappassionato il proprio radicalismo: Sono convinto che io, ilpresunto reazionario, sono molto pi radicale e molto pi rivo-luzionario di coloro che oggi si bardano di un radicalismo pura-mente verbale [36]. |27|

    Su questo radicalismo si sono pi appuntate le criticheverso Husserl e la fenomenologia nel suo insieme, soprattuttoquelle provenienti da parte marxista. Non difficile infatti rile-vare questo limite, che appare anzi del tutto evidente. Quantopi Husserl si rende conto della situazione sociale del suo pre-sente storico, tanto pi egli si appella alla filosofia stessa, ad unaragione divenuta eroica e che assume su di s il compito dellaliberazione dalloggettivazione sociale. La coscienza che Hus-serl ha del suo tempo non passa mai direttamente attraverso levicende della lotta sociale. Bench non sia facile rilevare presedi posizioni esplicite sul terreno di una filosofia della storia, gilimpostazione generale della critica delloggettivazione nellaCrisi offre indicazioni del tutto chiare dei limiti di coscienza nei

    quali questa critica necessariamente si mantiene. Solo in alcunimanoscritti pi tardi si fa strada lidea che la realt dellogget-tivazione lo sfruttamento materiale delluomo da parte delluo-mo. E nonostante leccezionale significato che questi accennipossono assumere per noi, in generale il problema dellog-gettivazione viene costantemente riproposto essenzialmente co-me un problema giuridico e morale: Trattare gli uomini e gli

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    animali come mere cose: una simile espressione ha, certo, unduplice senso: giuridico e morale da un lato e scientificodallaltro. Ma c un elemento comune ai due casi. Da un puntodi vista pratico-morale, io tratto un uomo come una mera cosaquando non lo prendo come una persona morale, come membrodellassociazione morale delle persone, di quellassociazione incui si costituisce il mondo morale. Cos io tratto un uomo noncome soggetto giuridico, quando non lo considero membro dellacomunit giuridica di cui entrambi facciamo parte, bens comeuna mera cosa, agiuridica, come un semplice oggetto [37]. |28|

    Tuttavia la consapevolezza di questi limiti, non togliecertamente che si possa guardare a questi esiti husserliani congrande interesse. opportuno rammentare, a questo proposito,che lo storico che considerasse lerrata coscienza come un fe-nomeno accessorio o casuale, o che la eliminasse come menzo-gna e falsit che non ha nulla a che fare con la storia, altererebbela storia stessa [38]. Per ci che concerne in particolare la Cri-si, la sua ricchezza tematica, la possibilit di una ripresa dei pro-blemi che essa pone in un nuovo contesto di discorso, diventapi evidente quanto pi s e saputo localizzarla storicamenteallinterno dellideologia complessiva del particolare momentostorico nella quale essa fu scritta. Laccento posto sulla Crisi,che uno degli aspetti che possono essere indicati per caratte-rizzare la ripresa degli studi fenomenologici in Italia, dunqueun fatto ricco di implicazioni. A questo proposito bisogna tutta-via aggiungere subito che questa particolare attenzione rivolta aquestopera di Husserl non ha affatto il senso, come si sarebbeinclini a pensare, di un privilegio dato allultimo Husserl rispettoal primo o al secondo o eventualmente alla fase prefenomenolo-gica. Si potrebbe fino ad un certo punto tracciare a grandi lineelo sviluppo delle varie tendenze fenomenologiche e delle varie

    interpretazioni della fenomenologia proprio sulla base del privi-legio accordato a questa o a quellopera husserliana, a questo o aquel periodo del pensiero di Husserl. Ma quanto pi procedonogli studi sulla fenomenologia e sulle opere husserliane, tanto piappare evidente lillegittimit delle periodizzazioni che sonostate finora seguite, al punto che esse, anzich servire unica-mente a fini puramente espositivi, finiscono con lessere vere e

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    proprie interpretazioni, per lo pi non sufficientemente fondate.Per questo motivo, la Crisi non deve essere considerata comelopera caratteristica di un certo periodo dellevoluzione hus-serliana, nettamente distinto dai precedenti, quanto piuttostocome lopera pi matura nella quale confluisce lintero comples-so di temi e di problemi sviluppati da Husserl nel corso della suaattivit filosofica. |29|

    Abbiamo ricordato or ora un punto di vista a partire dalquale diventa visibile una stretta connessione tra la posizione delproblema della scientificit filosofica cos come si presenta nellaCrisi e la critica dello psicologismo nella logica sviluppata neiProlegomeni alleRicerche logiche. Ma vi un altro aspetto peril quale la Crisi si ricongiunge idealmente con linizio delloperahusserliana. In rapporto alla logica si and sempre pi assicu-rando, nello sviluppo del pensiero husserliano, lidea della ne-cessit di mostrare in che modo la sfera logica e in genere ogniformazione ideale di senso si costituisce nella sua idealit apartire dallesperienza che precede la sfera stessa delle idea-lizzazioni. Questa direzione di ricerca culmina, per ci che con-cerne la logica, nellopera Esperienza e giudizio, mentre la tro-viamo generalizzata nella Crisi sotto il titolo di mondo della vi-ta. Tuttavia, questa tematica, che richiedeva unadeguata elabo-razione metodologica la teoria della riduzione e la chiarifica-zione del senso della soggettivit in realt anteriore alle stes-seRicerche logiche, e pu essere fatta risalire sino alla Filosofiadellaritmetica. In questopera non vi ancora alcun consape-vole accenno alla tematica della riduzione e della soggettivit,ma vi gi lidea che per fondare il concetto di numero dobbia-mo prescindere metodologicamente dalle varie teorizzazioni (leanalisi contenute in essa vengono presentate da Husserl comeindipendenti da tutte le teorie e utili per tutte) e risalire alle-

    sperienza del fenomeno concreto dellinsieme di cose. Questaricerca, incerta nel suo significato metodologico, viene caratte-rizzata da Husserl come ricerca psicologica e logica e gi con le

    Ricerche logiche essa verr da Husserl criticata per la presenzain essa di elementi psicologistici. Eppure questopera di Husserlcontinua a mantenere in tutta la sua ricerca futura un significatoesemplare. La preoccupazione che trova espressione nella Filo-

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    sofia dellaritmetica non solo non sparir dallampliamento del-lorizzonte filosofico di Husserl, ma rester in modo permanentealle sue radici. Tra la Filosofia dellaritmetica e la Crisi cuno sviluppo innegabile. Il pensiero di Husserl ha avuto, nellalunga ricerca, il modo di dirigersi verso vie molteplici e diversee di trasformarsi in forme imprevedibili. A prima vista, tra leforme imprevedibili, saremmo tentati di porre i rapporti tra fe-nomenologia e psicologia. Nella Filosofia dellaritmetica Hus-serl sembra gettare i fondamenti psicologici dellaritmetica ma,di fatto, anche se crede il contrario, indaga proprio le operazioni

    precategoriali e soggettive come, in forma completa, far nellaLogica, in Esperienza e giudizio e nella Crisi. Nella Filosofiadellaritmetica si parla di un osservatore unificante e di espe-rienza interna. Husserl ignora ancora tutto il cammino che do-vr percorrere ma la sua analisi partir proprio dalla scoperta,gi presente nella Filosofia dellaritmetica, delle operazionisoggettive [39]. |30|

    Porre laccento sulla Crisi significa dunque tentare una ri-costruzione e una ricomprensione unitaria del pensiero husser-liano, cogliendo essenzialmente il suo sviluppo e la sua evolu-zione, prima ancora di ipotizzare inesplicabili fratture. Si tratta,certamente, di un tentativo non facile, che si scontra ancora conla struttura degli scritti huserliani e con le complicazioni legatealla loro stesura. |31|

    Come noto, Husserl non aveva il pregio della sistemati-cit. Di rado lesecuzione di una certa opera corrispondeva alleintenzioni originarie. I suoi libri hanno quasi sempre il caratteredi un primo volume che difficilmente conoscer un secondo,oppure quello ancora pi disarmante di introduzioni. La Filo-sofia dellaritmetica reca in frontespizio la scritta Erster Bandela Crisi era stata progettata come unintroduzione alla filosofia

    fenomenologica. Lopera pubblicata sullo Jahrbuch nel 1913era stata pensata in tre volumi: il volume pubblicato avrebbe do-vuto essere soltanto unintroduzione generale alla fenomenolo-gia. Ma il piano dellopera muta con il passare degli anni ed ilsecondo e terzo volume pubblicati dalla Husserliana nel 1952, aparte la loro incompiutezza, sono qualcosa di completamentedifferente dal progetto originario. Neppure le Ricerche logiche

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    riescono ad essere unopera scritta una volta per tutte. Nel 1913,nel dare alle stampe la seconda edizione, non solo Husserl viapporta diverse correzioni, ma promette una redazione comple-tamente nuova della sesta ricerca, affermando che essa era ginelle mani del tipografo. Ma sette anni dopo, questa nuova reda-zione diventata sempre pi problematica, ed alla fine Husserldecide di ripubblicare la prima versione, migliorandone soltantoalcuni passi: Ancora una volta commenta Husserl in questaoccasione si conferma il vecchio detto: i libri hanno il loro de-stino [40]. |32|

    Questa caratteristica incapacit di Husserl di giungereallopera finita ha del resto uno stretto legame con la sua posi-zione filosofica. Per Husserl, la filosofia esiste solo come ricercapermanente del filosofo ed il filosofo stesso si definisce soltantoin ed attraverso questa ricerca. Perci, in Husserl, la forma dellibro filosofico entra in crisi: il libro stesso non ha pi un iniziosicuro e nemmeno una fine, i risultati della ricerca di volta involta avviata rimangono sospesi in una sfera di incertezza per illoro sviluppo e il loro senso. Ci che permane la ricerca attivasu un tema, una ricerca presentata nella sua immediatezza, coscome viene eseguita sul momento con tutte le sue possibili di-ramazioni, alcune delle quali restano implicite o oscure. |33|

    Di qui limportanza che va attribuita alleredit husserlia-na manoscritta. A parte gli aspetti realmente nuovi che emergo-no, anche se frammentariamente, in alcune ricerche pi tarde, sipu dire tuttavia che limportanza del materiale inedito husser-liano consiste essenzialmente nel fatto che esso presenta nelmodo pi esplicito e al di l di qualsiasi preoccupazione formaleil fondamento di ricerca, di analisi effettive su cui si sostienelelaborazione che egli poi presenta in forma pi accurata, maquasi sempre unilaterale, nelle opere edite. In questa riflessione

    costante e immediata, che si svolge senza preoccupazione alcuna talora anche con pieno disprezzo delle categorie sintattiche deldiscorso spesso pi facile cogliere i nessi effettivi della ri-cerca, i punti in cui lo svolgimento di un tema conduce a un te-ma nuovo. Cosicch si potrebbe quasi dire che laddove Husserlcompie il tentativo di facilitare la strada al lettore presentandogliunesposizione graduale e ordinata, questi ancora pi esposto

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    agli equivoci e alle oscurit che di fronte allopera manoscritta,dove, senza aiuti di sorta, dovr trovare da s il bandolo peruscire dal labirinto. |34|

    Il tentativo di ricomprendere la tematica husserliana nellasua interezza e lidea della fenomenologia cos come stata ela-borata da Husserl stesso, e quindi indipendentemente dalle stra-tificazioni di giudizio che sono maturate nel corso della forma-zione e della dissoluzione del movimento fenomenologico,pu essere indicato come uno degli elementi che contraddistin-guono la ripresa degli studi fenomenologici in Italia. Ma questa

    ripresa, proprio perch viene consapevolmente condotta comeun ritorno alla tematica husserliana originaria, strettamenteconnessa con una precisa presa di posizione rispetto ad alcuninodi realmente critici del discorso husserliano. E anche da que-sto punto di vista laccento cade sulla Crisi, che si presenta nonsolo come lopera che porta al massimo approfondimento i prin-cipali temi fenomenologici, ma anche e per la stessa ragione come lopera in cui limpostazione husserliana rivela alcuni deisuoi limiti cruciali. Per questo motivo acquista particolare signi-ficato il fatto che lopera fenomenologica pi impegnativa pub-blicata finora in Italia, Funzione delle scienze e significatodelluomo di Enzo Paci, sia nata come commento alla Crisi eabbia poi preso la forma di una estesa discussione con il marxi-smo. Se da un lato infatti la Crisi consente una complessiva ri-comprensione del pensiero husserliano e nello stesso tempo rap-presenta il livello massimo della presa di coscienza del filosofoHusserl, dallaltro la vera realt dei problemi posti in quello-pera si coglie soltanto se si compie rispetto ad essa un nuovo

    passo decisivo:se ci si dispone consapevolmente sul terreno delmarxismo. |35|

    6.Vorremmo concludere questa esposizione introduttiva con alcu-ne considerazioni su un aspetto molto discusso della fenomeno-logia: il suo linguaggio. Ogni libro che tratti problemi fenome-nologici presenta una immediata difficolt per la terminologia

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    che esso usa. Le difficolt non diminuiscono quando il lettoreincontra in esso termini ben noti della tradizione filosofica. In talcaso accade molto spesso che il reale significato che quei termi-ni ricevono in un contesto fenomenologico venga equivocato ofrainteso. necessario perci tentare di illustrare brevementequali siano le caratteristiche di questo linguaggio e per qualimotivi esso presenti alcuni elementi del tutto particolari. |36|

    Le difficolt di unadeguata traduzione linguistica deicontenuti della ricerca fenomenologica sottolineata findallinizio da Husserl e sembra essere una delle preoccupazioni

    di fondo che accompagnano in modo costante lo sviluppo delsuo pensiero. Il primo problema quello di ritrovare un linguag-gio che sia realmente in grado di riprodurre le cose stesse eche sia il pi possibile privo dellequivocit che caratterizza ildiscorso comune. Tuttavia, questo linguaggio intende esprimeresituazioni descrittive e deve perci essere esso stesso descrittivo:questo problema non pu essere semplicemente risolto attraver-so lintroduzione puramente convenzionale e definitoria di ter-mini nuovi. Anche in questo caso infatti ci che veramenteimportante per il fenomenologo il linguaggio usato nella defi-nizione, il quale deve descrivere la situazione che il nuovo ter-mine deve semplicemente indicare. Tutte le difficolt relativeallistituzione di un linguaggio fenomenologico hanno origineda questo carattere descrittivo, dal fatto cio che esso deve ri-produrre e rispecchiare situazioni materiali, che spesso sono peressenza relativamente indeterminate e che comunque si presen-tano in primo luogo in questa relativa indeterminatezza. Ci chein ogni caso non possiamo fare stabilire le norme di rigorositdel nostro linguaggio prima ancora di impegnarci in una ricerca,cos come non possiamo stabilire alcun criterio di rigorosit ingenerale al di fuori e indipendentemente dai contenuti descritti-

    vi, dalla peculiarit degli oggetti tematici. Potremmo esprimercidicendo che il linguaggio fenomenologico e per Husserl illinguaggio filosofico tout courtha un carattere necessariamentemateriale, proprio perch un linguaggio descrittivo. Ma ci si-gnifica anche che esso, almeno nelle situazioni iniziali della ri-cerca, non pu prescindere da una dimensione storica e cio dalvincolo con il discorso comune e con il linguaggio elaborato

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    nella tradizione scientifico-filosofica. Di qui il rifiuto della for-malizzazione del linguaggio filosofico, che non deve essere inte-so come un rifiuto dei linguaggi formali in generale cosa chesarebbe palesemente priva di senso. I fondamenti della filoso-fia scrive Husserl in Ideen I non possono essere fissati permezzo di concetti stabili e controllabili intuitivamente in qua-lunque momento, ch anzi lunghe ricerche devono generalmenteprecedere la loro chiarificazione e fissazione; daltra parte, nonsi pu ricorrere a espressioni artificiose ed estranee al linguaggiofilosofico storico; pertanto si rendono spesso inevitabili locuzio-

    ni combinate, che riuniscono parecchi termini del discorso co-mune, usati ciascuno secondo una particolare determinazioneterminologica. In filosofia non si pu definire come in matema-tica; qualsiasi imitazione del procedimento matematico a questoriguardo non soltanto infruttuosa ma anche assurda e conducealle peggiori conseguenze [41]. |37|

    Poich il procedere della ricerca che definisce con preci-sione sempre maggiore i concetti tematici e corrispondente-mente i termini che li indicano, la situazione nella quale il fe-nomenologo inizialmente si muove relativamente fluida. Delresto va osservato in linea generale che agli inizi della fenome-nologia tutti i concetti, e quindi tutti i termini, devono rimanerein certo modo fluidi, sempre pronti a differenziarsi secondo iprogressi dellanalisi di coscienza e della scoperta di nuove stra-tificazioni fenomenologiche nellambito di ci che inizialmente intuito in indistinta unit. Tutti i termini che si possono sce-gliere hanno le loro tendenze di connessione, accennano a diver-se direzioni di rapporti, che poi risultano spesso non avere la lo-ro origine in un solo strato essenziale; onde lopportunit di de-limitare meglio o comunque di modificare la terminologia. Per-tanto, solamente in un grado di sviluppo molto avanzato della

    scienza si pu fare assegnamento su terminologie definitive.Applicare le misure esteriori e formali di una logica della termi-nologia ad esposizioni scientifiche in piena elaborazione e pre-tendere sin dallinizio terminologie della specie in cui si fissanosoltanto i risultati conclusivi dei grandi sviluppi scientifici, as-surdit gravida di errori. Per cominciare, ogni espressione buona, specialmente se unespressione immaginosa opportu-

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    namente scelta, che sappia dirigere il nostro sguardo su di un ac-cadimento fenomenologico chiaramente afferrabile. La chiarez-za non esclude un certo alone di indeterminatezza [42]. |38|

    Di tutto ci occorre essere chiaramente consapevoli, siaper evitare giudizi di antiscientificit semplicisticamente attri-buiti al linguaggio fenomenologico, sia per sbarazzare il terrenodal manierismo linguistico di quei fenomenologi che fanno i sa-puti verso le scienze con quattro parole male apprese. A questoproposito Husserl molto esplicito e si esprime con insolita du-rezza: Coloro che, non soddisfatti delle indicazioni intuitive

    che loro si offrono, esigono definizioni come nelle scienzeesatte, oppure credono, con concetti fenomenologici ricavaticon una presunzione di solidit da un paio di rozze analisi diesempi, di poter liberamente fare alto e basso in un pensieroastrattamente scientifico e di dare con ci incremento alla feno-menologia, sono tanto principianti che non hanno ancora affer-rato lessenza della fenomenologia e la metodica che essa perprincipio esige [43]. |39|

    La questione del linguaggio fenomenologico si complicaancor pi se prendiamo in considerazione aspetti metodologicipi determinati della ricerca fenomenologica ai suoi vari livelli.Di particolare importanza, come vedremo, la ricerca effettuatain una finzione solipsistica nella quale io stesso che compio laricerca mi comporto come se non esistesse nessun altroallinfuori di me. Avremo modo di accennare in seguito alle ra-gioni di questa impostazione metodologica. Rileviamo qui sol-tanto il fatto che questa finzione, possibile per principio, ci con-duce in una situazione paradossale, non appena ci disponiamosul piano della traduzione linguistica dei dati descrittivi. Il lin-guaggio infatti sociale per essenza. Di fronte a questa difficoltHusserl si trova ben presto, prima ancora di avere elaborato la

    tematica della riduzione, nelle Ricerche logiche. Pi tardi, inEsperienza e giudizio troviamo scritto che nella descrizione delmondo puramente percettivo che deve essere compiuta nellafinzione solipsistica e che deve porre in luce una sfera anterioread ogni idealizzazione sorgono certamente delle difficolt peril fatto che le espressioni del nostro linguaggio hanno un sensogenerale, comunicativo, in modo tale che, usando qualsiasi desi-

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    gnazione di oggetto, viene gi comunque proposta una primaidealizzazione quella della validit per una comunit linguisti-ca e sono necessari sempre nuovi sforzi per tener lontano questosenso comunicativo, che necessariamente si impone, delleespressioni. Si tratta di una difficolt che inerisce per essenza adogni ricerca sul soggettivo nel senso pi radicale, nella misura incui essa ricorre ad espressioni che hanno senso mondano e signi-ficato comunicativo-mondano [44]. |40|

    Vi infine la questione dellinvenzione di termini nuovi,che talvolta cos ricca da sconcertare e scoraggiare il lettore.

    Questa invenzione, presente costantemente nelle opere edite, as-sume talora un ritmo vertiginoso soprattutto nei manoscritti pitardi e in particolare in quelli dedicati allanalisi del tempo. Ora, necessario notare che questa invenzione raramente superfluao arbitraria. Pi spesso si tratta di una costante ricerca di un ter-mine pi adeguato. Come abbiamo visto, per cominciare, ogniespressione buona, ma il perfezionamento della ricerca ri-chiede una sempre maggiore aderenza del linguaggio alla situa-zione descritta. Vi sono casi in cui n il linguaggio comune, n illinguaggio scientifico-filosofico gi disponibile possono venirciin aiuto, neppure quando siano opportunamente reinterpretati.Quando gi nelle Lezioni sulla fenomenologia della coscienzainterna del tempo Husserl perviene al problema della connessio-ne tra soggettivit e tempo, osserva che per tutto ci ci manca-no i nomi. Ci non significa che, a questo punto, siamo riuscitia gettare unocchiata sullineffabile, ma molto pi semplice-mente, appunto, che ci mancano i nomi, e perci dobbiamoinventarli. |41|

    Tuttavia, come si sa, nulla pi facile che scambiare inomi con le cose e trasformare luso puramente strumentale dellinguaggio in un feticcio. Questo del resto non rischio che cor-

    ra soltanto il fenomenologo. Sembra anzi che questo sia il desti-no di molte delle discussioni odierne tra le filosofie, quandolunico problema sembra essere quello di controllare se unacerta filosofia abbia le carte in regola con unaltra filosofia. Sarquesta, nel caso migliore, una verifica tra principi veri o presun-ti, ma per lo pi, quando si resta sul piano delle filosofie e non siscende sul terreno dei loro problemi reali, si tratter di una veri-

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    fica di linguaggi e di terminologie. Si finisce cos di parlaredelle parole delle filosofie, invece che di ci di cui parlano lefilosofie. Va da s che si tratta, quasi sempre, di parole al vento.|42|

    $QQRWD]LRQL

    1.

    Per indicazioni relative al movimento fenomenologico, oltreal volume citato di H. Spiegelberg, The phenomenological Mo-vement, LAia 1960, si pu vedere larticolo di G. Gadamer, Die

    phnomenologische Bewegung, in Philosophische Rundschau,1963-64 (11), pp. 1-45.

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    2.

    Il senso della ripresa degli studi husserliani in Italia, la sua dire-zione, lampiezza della discussione che essa apre verso i princi-pali indirizzi filosofici del nostro tempo vengono chiaramentesintetizzati nel saggio di E. Paci,Attualit di Husserl, pubblicatonella Revue internationale de Philosophie, n. 71-72, 1965,Fasc. 1-2. Viene qui messa in luce anzitutto limportanza dellapubblicazione della Husserliana e il significato centrale della

    Crisi e diIdeen II: Ci non vuol dire che debba essere in qual-che modo svalutato il contributo di Husserl alleidetica ed allalogica. Logische Untersuchungen e Formale und transzenden-tale Logik restano, con Ideen I, testi fondamentali (p. 7).Lattualit della fenomenologia infatti legata a un modo nuo-vo e finalmente autentico di leggere Husserl, un modo che nonisoli Husserl nelle tematizzazioni prevalenti in questo o quel pe-riodo della sua opera e che, cogliendo lo svolgimento del suopensiero, possa, nello stesso tempo, cogliere lunita dei metodofenomenologico (p. 12). Per ci che concerne il terreno di di-scussione della fenomenologia si indicano essenzialmente il

    neopositivismo, la Oxford Philosophy, lo strutturalismo ed ilmarxismo. Questo arco tematico, qui naturalmente soltanto indi-cato di scorcio, ampiamente sviluppato nellopera gi ricordataFunzione delle scienze e significato delluomo, Milano 1963. Glistudi husserliani anteriori di Paci sono raccolti nel volume Tem-

    po e verit nella fenomenologia di Husserl, Bari 1961.Di particolare importanza, per un approfondimento del

    tema fenomenologia in Italia, sono i saggi di Antonio Banfi sulpensiero di Husserl che si trovano ora raccolti in |50|

    A. Banfi, Filosofi contemporanei, a cura di R. Cantoni,Milano 1961. Su Banfi e Husserl si veda G. D. Neri, Nota su

    Banfi e Husserl, in Aut Aut, 1959 (54), pp. 373-377.

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    glia, Neuere Interpretationen der Phnomenologie Husserls inItalien (1986-1992), in Philosophische Rundschau1995 (18),pp. 597-613.

    3.

    Sul rapporto tra Husserl e Heidegger e, in generale, tra fenome-nologia ed esistenzialismo, si veda: F. Garin, E. Paci, P. Prini,

    Bilancio dellesistenzialismo e della fenomenologia, Padova

    1960; P. Chiodi, Esistenzialismo e fenomenologia, Milano 1963e E. Filippini,Nota su Husserl e Heidegger, in Rivista di Filo-sofia, 1961 (52), pp. 212-216.

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    4.

    Tra gli studi italiani di carattere complessivo sul pensiero diHusserl si segnalano G. Pedroli, La fenomenologia di Husserl,Torino 1958; E. Melandri, Logica ed esperienza in Husserl,Bologna 1960; S. Catucci,La filosofia critica di Husserl, Mila-no 1995; R. Lanfredini, Husserl. La teoria dellintenzionalit,Bari 1994 Come letteratura introduttiva alla tematica fenome-nologica si pu vedere C. Sini, Introduzione alla fenomenologia

    come scienza, Milano 1965 e dello stesso autore la raccolta an-tologica La fenomenologia,Milano 1965.

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    5.

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    Note allIntroduzione

    [1] LAia, 1960.[2] E. Melandri,I paradossi dellinfinito nellorizzonte fe-

    nomenologico, in Omaggio a Husserl, Milano 1960, p. 89.

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    Anzeigen, 1891, pp. 243-278, si pu leggere in E. Husserl, Auf-stze und Rezensionen (1890-1910), Husserliana, vol. XXII, acura di B. Rang, Nijhoff 1979, pp. 3-43.

    [10]

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    [18]

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    sere, cade, in realt, nellantropologismo naturalistico, lo stessoda cui Heidegger cerca invano di liberarsi con le Letteresullumanesimo. Luomo non pi, in Heidegger, in prima per-sona. Questa posizione di Husserl di fronte a Heidegger ha forseorigine nei testi oggi pubblicati col titolo Fenomenologia psi-cologica (1962), opera che deve essere studiata secondo il puntodi vista indicato. E. Paci, op. cit., p. 141.

    [27] E. Husserl, Postilla alle Idee, trad. it. in Idee peruna fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica, To-rino 1965, p. 916.

    [28] ivi, p. 925.[29] ivi, p. 927.[30] ivi, p. 929.[31] ivi, p. 928.[32] ivi, p. 915.[33] ivi, p. 917.[34] ivi, p. 930.[35] E. Husserl, La crisi delle scienze europee e la feno-

    menologia trascendentale, trad. it. a cura di E. Filippini, I ed.,Milano 1961, p. 35.

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    I. Le argomentazioni scettiche

    1. Una premessa2. Il dubbio scettico3. Assurdit e verit dello scetticismo4. Il dubbio cartesiano

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    1.

    In un passo delleRicerche logiche, Husserl osserva che la filo-sofia pu essere definita come scienza delle verit pi ovvie ebanali. E proprio da una verit ovvia e banale possiamo prenderele mosse per delineare alcuni dei motivi di fondo del discorsofenomenologico. Si tratta di una verit che non ha bisogno di es-sere insegnata dalla filosofia perch ben nota ad ognuno:ognuno sa che il mondo nel quale vive non una illusione od un

    sogno, ma ha unesistenza concreta e reale. |1|Pu invece sembrare strano che questa verit abbia biso-gno di essere enunciata. Lovviet simile a un dato di fatto cheva semplicemente e tacitamente ammesso: se una cosa ovvia,perch affermarla, perch dichiararla e comunicarla? Ma que-sto ovvio!, si dice. Una frase che equivale ad una richiesta disilenzio. Le ovviet non amano venire alla luce. Dichiarareesplicitamente queste verit banali, universalmente ammesse,sembra renderle in certo senso malsicure. |2|

    caratteristico che lovviet sia veramente ovvia soltantofintantoch continua a restare latente. Non appena diventa og-

    getto di attenzione, essa perde improvvisamente quel suo carat-tere di ammissione pacifica che la contraddistingue. Tutti hannolimpressione che quando si dice: Ma questo ovvio! ci sivoglia un poco sbarazzare del problema. Anzi: dire questo, cosespressamente, a piena voce, sembra sancire definitivamente esolennemente la non ovviet della cosa. |3|

    Questo vale anche per la semplice verit che il mondoesiste; anchessa una credenza a tutti comune, tanto ovvia chenessuno penser di enunciarla espressamente in una proposizio-ne. Si tratta in certo senso di una tesi che vive in ogni atto dellamia vita normale e quotidiana anche se non rifletto esplicita-

    mente su di essa e quindi se non sento alcun bisogno di enun-ciarla. Ci potremmo esprimere anche dicendo che essa la tesigenerale dellatteggiamento naturale, intendendo riferirci conci al nostro comportamento normale, di ogni giorno, fra le cosee le persone che ci circondano. |4|

    importante tuttavia notare che questa tesi mantiene il ca-

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    rattere di una semplice credenza, di unovvia ammissione sol-tanto finche non diventa oggetto della nostra attenzione e nonviene perci enunciata in un giudizio esplicito. facile infattirendersi conto che quando ci avviene, questa tesi assumeimmediatamente il carattere di una proposizione che racchiudein s una teoria. Baster a questo proposito interrogare il sensocomune per sapere che cosa esso propriamente intende nel mo-mento in cui compie questa affermazione. Verranno allora im-mediatamente alla luce alcune implicazioni molto semplici, chehanno per gi il carattere di una filosofia che, se allinizio

    appare ingenua e immediata una filosofia del senso comuneappunto pu per raggiungere piani molto elevati e moltoastratti di elaborazione ed assumere forme ed aspetti molto dif-ferenti tra loro. |5|

    Che cosa voglio dire, dunque, quando affermo che il mon-do esiste? Anzitutto che esso indipendente da me, che io nonlo posso dominare come una mia immagine. Esso sempre l, difronte a me, sia che io lo voglia o no, con i suoi oggetti, le suecose, il suo aspetto. Io stesso esisto soltanto per cos dire come parte di questa realt che, nella sua esistenza, contieneogni esistenza. Lelemento determinante che caratterizza lesi-stenza del mondo sembra essere proprio questa sua indipenden-za o, come potremmo anche dire, questo suo esistere di per sestesso, in s. Nel linguaggio comune, loggettivit esprimeproprio questo essere in s, e perci potremmo presentare la tesidellesistenza del mondo pi esplicitamente come tesi della suaoggettivit. La realt esiste ed oggettiva sono espressioni cheappaiono immediatamente come equivalenti. |6|

    Correlativamente, si chiarisce anche che cosa si intenda disolito quando si parla di fatti soggettivi: soggettivo ci che di-pende da me, un mio affare privato, che pu essere o non essere

    proprio di altri. Soggettivo quindi anche ci che vero per me,e in linea di principio solo per me: loggettivit invece deve es-sere necessariamente validaper tutti; se da qualcuno non rico-nosciuta in questa sua validit, ci dipende dal fatto che egli ca-de in errore, e gli errori sono sempre soggettivi. |7|

    Costretto a riflettere su queste implicazioni, il senso co-mune non esiter ad accettarle come adeguate. Non esiter cio

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    a riconoscere nellesistenza lattributo necessario dellogget-tivit e la corrispondente separazione di questa da ci che ap-partiene a me stesso o agli altri come individui singoli. Il sensocomune accetter anche lidea che la validit per tutti cheloggettivit detiene sia un carattere intrinseco delloggettivitstessa: in quanto oggettivo, cio esistente in se stesso nella suaindipendenza, il mondo necessariamente valido e identico pertutti. Cos come ogni cosa: ogni cosa quella che , nella suaidentit, proprio perch ha unesistenza in s, proprio perch adifferenza di ogni immagine della mia mente esiste oggettiva-

    mente e non pu non essere da tutti riconosciuta in questa suaoggettivit. |8|

    interessante tuttavia notare che se da un lato queste for-mulazioni derivano da un semplice sviluppo della tesidellatteggiamento naturale, esse non si propongono ora cometali, ma come un insieme di verit in grado di spiegare in ter-mini razionali la credenza immediata e latente nellesistenzadel mondo e nelloggettivit della realt.Poich vero che vi una realt oggettiva, per questo noi crediamo in essa; poich ilmondo esiste, per questo ogni nostro atto implica questa tesi.Cos, mentre la concezione che abbiamo or ora abbozzata non altro che la traduzione teorica di una credenza immediata, essaci si presenta in realt come una teoria che spiega la legittimitdella credenza stessa. Ci troviamo dunque di fronte a un primonodo di ambiguit che in seguito dovremo approfondire. Natu-ralmente, ambigua non la credenza nellesistenza del mondo:lambiguit nasce sul terreno della teorizzazione di questa cer-tezza e nello svolgimento delle sue implicazioni. |9|

    2.

    Abbiamo osservato che la tesi dellatteggiamento naturale im-plicitamente operante in ogni nostro atto quotidiano, qualunquesia il carattere che lo contraddistingue, gli scopi che lo motivanoe cos via. Ma noi vogliamo ora precisare meglio i limiti del no-stro discorso e rivolgere la nostra attenzione, per il momento,soltanto ad un certo complesso di atti per i quali il senso della

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    tesi e le sue implicazioni appaiono pi direttamente evidenti.Allinterno della molteplicit degli atti che io posso compierenella mia vita quotidiana in modo occasionale o permanente soffermiamo la nostra attenzione anzitutto su quelli che sonocompiuti nellinteresse della conoscenza. Loggetto che ho difronte non mi interessa perch lo posso utilizzare per questo oquello scopo oppure come oggetto di godimento estetico o dialtro genere: esso e per me soltanto qualcosa di imperfettamenteconosciuto che io voglio conoscere ancora e meglio nella suanatura, nei suoi caratteri peculiari, nella sua struttura. |10|

    qui che il nostro problema riceve una ulteriore precisa-zione. Per chi opera nellinteresse della conoscenza sono tacita-mente presenti questi presupposti: che il problema sia quello dicogliere la realt stessa come oggettivamente ed in se stessa,che questa realt sia di fronte a me e separata da me, in parte co-nosciuta, in parte sconosciuta o conosciuta in modo falso. E chedunque sia necessario mettere in atto tutto ci di cui possiamodisporre per mostrare la realt, per scoprirla ed indicarla. |11|

    Ma per far questo debbo togliere di mezzo qualsiasiaspetto soggettivo, perch la soggettivit la fonte dellerrore eil fine quello di carpire, oltre il velo dellapparenza, il nucleodi realt effettiva e permanente. Ci che ricerchiamo la cono-scenza vera delle cose; e la verit qui non altro che la realtstessa in quanto conosciuta. |12|

    Perci, nellatteggiamento conoscitivo, la questione delrapporto tra i miei atti di conoscenza e gli oggetti che io voglioconoscere assume una forma molto semplice: da un lato vi larealt, che esiste oggettivamente di fronte a me, nella moltepli-cit e nella ricchezza dei suoi aspetti particolari, dallaltro vi tutta una sfera di operazioni che io compio per penetrare pi afondo nella conoscenza della sua struttura. In questo processo

    del conoscere, io debbo anche acquisire criteri per evitare di ca-dere in errore, di accettare come realt apparenze ingannevoli, dieffettuare valutazioni completamente arbitrarie. La mia unicapreoccupazione sar quella di avvicinarmi sempre pi alla veritdelle cose, e quindi eventualmente di procacciarmi strumenti cheagevolino questa mia attivit; di effettuare osservazioni accura-te, di condurre verifiche e prendere precauzioni per ridurre al

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    minimo le possibilit di errore. Certo, io posso essere consape-vole che tutto ci non basta: nonostante tutto, posso scambiarelapparenza con la realt. Ma al tempo stesso so che questo mioerrore pu essere a sua volta corretto da me stesso nel futuro op-pure da altri che sottoporranno a sempre nuovi controlli le no-zioni che io ho acquisito, sulla base di nozioni nuove, nel frat-tempo emerse, oppure utilizzando pi raffinati strumenti di os-servazione. Resta certo comunque che tutto questo lavoro di ri-cerca ha senso,cio che il fine che ci si propone di raggiungere la conoscenza pi completa possibile della realt non appar-

    tiene alla sfera degli scopi assurdi ed improponibili. In altri ter-mini, la convinzione di fondo che sostiene tutta questa ricerca ,ovviamente, che la conoscenza della realt sia possibile: ancheammettendo che non si giunger mai a una conoscenza totale edesaustiva una conoscenza tutta dispiegata, nella quale nessunaspetto, per quanto minimo, della realt che ci sta di fronte con-servi per noi qualche mistero anche in questo caso, si presup-pone che ogni passo ulteriore sulla via di questa ricerca rappre-senti una reale acquisizione di sapere, in modo tale che il quadrodelle nostre conoscenze sulla realt si ampli sempre pi, divengasempre pi articolato e cresca corrispondentemente, in modo co-stante, la sua capacit di spiegazione. |13|

    Ora chiaro che laffermazione della possibilit della co-noscenza poggia sulla tesi generale dellatteggiamento naturale,, per cos dire, una sua diretta conseguenza. Poich esiste unarealt oggettiva, indipendente da noi e valida per tutti, possi-bile una conoscenza rigorosa di questa realt. possibile alla fi-ne la distinzione del vero dal falso, del reale dallimmaginario.Perci questa tesi enuncia anche la condizione generale di pos-sibilit di ogni sapere ed da questo punto di vista tanto im-portante da essere, non soltanto un presupposto implicito e ov-

    vio, ma addirittura il fondamento di validit di ogni conoscenzain generale. |14|Sembra dunque lecito, per quanto innaturale, chiedere se

    questa credenza nellesistenza del mondo e la convinzione adessa inerente della possibilit della conoscenza siano assunzioniben fondate oppure completamente arbitrarie. Naturalmentequesto interrogativo riguarda non tanto il procedere immediato

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    dellattivit conoscitiva, quanto la sua giustificazione teorica.Cisi interroga sul senso di validit delle premesse, sulla verit deipresupposti di fondo, non sulla validit di questa o quella cono-scenza singola. Con maggiore o minore consapevolezza dei finiche si vogliono raggiungere con questa messa in questione delleverit pi elementari, le argomentazioni che il filosofo scetticorivolge contro la possibilit della conoscenza si muovono suquesto terreno dei principi ed hanno oscuramente di mira il pro-blema della validit della tesi dellatteggiamento naturale, nellamisura in cui, una volta resa esplicita, essa d luogo a una teoria

    vera e propria, al realismo come teoria filosofica. Per questa ra-gione, alle argomentazioni scettiche non possiamo sfuggiresemplicemente esibendo i risultati concreti della nostra ricerca,mostrando cio come nel suo interno si sia sempre verificata econtinui a verificarsi la possibilit di distinguere il vero dal fal-so, il reale dallimmaginario. Accade nel processo conoscitivo lastessa cosa che nei nostri atti di esperienza pi comuni. Nellasemioscurit posso anche credere di vedere di lontano una per-sona agitare le braccia, mentre poi quando mi avvicino mirendo conto che si trattava soltanto di un albero mosso dal ven-to. La prima era unimmagine della mia mente: avvicinandomi,cercando di vedere meglio nel buio, scopro che ci che parevauna persona, era in realt un albero. Cos, ho distinto, compien-do un atto o una serie di atti di verifica, il vero dal falso, il realedallillusorio. Cos anche procedo nella ricerca conoscitiva ingenerale: sempre pi mi arricchisco di strumenti che mi con-sentono di vedere meglio le cose, di penetrare pi a fondo nelbuio. |15|

    Ma chiaro che questa risposta possibile solo non met-tendo in discussione quella tesi delloggettivit della realt chelo scetticismo ha di mira. E il problema pu essere quindi ripro-

    posto: perch mai la nuova conoscenza secondo la quale ci cheho di fronte non una persona ma un albero non potrebbe essereancora, a sua volta, unillusione? Perch mai questo passaggionon potrebbe essere quello da una immagine illusoria ad unaltraimmagine illusoria? La prima immagine non mi sembrava forsereale quanto la seconda? Si pu ammettere che entrambe sianoimmagini e che la prima sia meno intensa e pi debole rispetto

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    alla seconda: e a questa differenza di intensit si potrebbe attri-buire leffetto di realt della seconda immagine. Ma che cosa migarantisce che a una ulteriore verifica questa stessa immagine siriveli a sua volt