Periodico italiano magazine aprile 2015

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Mensile di informazione e approfondimento. In copertina: la forza delle idee. Non perdetevi gli aggiornamenti settimanali sul nostro sito

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Le idee: la partemigliore di noi stessi

In questo numero di ‘Periodico italiano magazine’ abbiamo deciso dioccuparci delle nuove idee e delle numerose iniziative che stannonascendo nel nostro Paese. Un fenomeno composto da svariate e mol-teplici ‘tendenze’, che pongono in risalto una caratteristica tipicadel nostro popolo: la capacità di crearsi un mestiere per proprioconto, di riuscire a ‘cavarcela’ sempre e comunque, in ogni con-dizione e situazione. Si tratta di un ingegno che si richiamaa un antichissimo pregio: la nostra ‘arte di arrangiarsi’.Siamo famosi in tutto il mondo per tale qualità: in unascena di ‘Intrigo a Stoccolma’, un thriller di grande suc-cesso del 1963 diretto da Mark Robson, un giovaneSergio Fantoni interpreta un medico italiano, CarloFarelli, che salva la vita a un certo professorStratman, vincitore del premio Nobel per laFisica, praticandogli una defibrillazione cardia-ca (una pratica considerata ancora avveniri-stica in quegli anni), tramite un’attrezza-tura assolutamente artigianale, ovveroincrociando i fili elettrici di una norma-lissima lampada da camera, al fine diprovocare una ‘scossa’ da 220 Volt e riav-viare il battito del cuore all’anzianoscienziato. Interrogato in segui-to nel merito di tale singolare‘spunto’, il regista canadeserispose: “Ho voluto fornireun’indicazione specifica intor-no a una qualità ben precisadegli italiani. Un popolo versocui nutro grande rispetto, per lesue incredibili doti di ingegno, astuzia e fantasia…”. Si tratta, dunque, diun nostro aspetto ‘genetico’, identitario. Assai prezioso in tempi in cuisembrano emergere esclusivamente i nostri difetti. Noi italiani sappiamoche la forza delle idee è molto importante, poiché consente al futuro l’op-portunità di non ripetere gli errori del passato e, al contempo, di non alli-nearsi alla ‘dittatura’ del presente. Ingegno e fantasia rappresentano lecondizioni necessarie affinché le idee trovino sempre solide ‘gambe’ percamminare e imporsi. E questa nostra predisposizione innesca, nella‘sfera’ stessa della produzione delle idee, un ulteriore processo evolutivo,in cui le nostre decisioni e preferenze vengono soddisfatte prima ancorache il ‘mercato’ riesca a interrogarsi in tempo sulle loro caratteristiche. Inbuona sostanza, noi italiani siamo consapevoli, da millenni, come la‘ragione’ abbia sempre condotto l’umanità a prendere decisioni che vannonella direzione della verità, della giustizia e della libertà. Ed è esatta-mente questo il nostro ‘lato’ migliore.

VITTORIO LUSSANA

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editoriale [email protected]>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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I maschi italiani troppo vanesi

Gentile redazione,sono la madre di due giovanotti rispettivamente di 31e 28 anni. Ragazzi studiosi e lavoratori, che pur contutte le difficoltà della crisi non sono mai stati con lemani in mano. Entrambi, però, hanno un’attenzioneestrema alla cura dei capelli e del viso fino asembrare più vanesi di tante ragazze che frequentano.Le creme antiage e contorno occhi nel nostro bagnosono tutte for man (io mi curo con tonico, lattedetergente e una buona crema nutriente).Sarà che non hanno avuto il modello del padre (che èmancato dieci anni fa, e che assomigliava molto al belMarcello Mastroianni) ma penso che tutto ciònasconda una grande insicurezza che gli uomini di untempo non avevano. Perché di questo si parla poco?

Rosa Saggese

Risponde Francesca BuffoCara Rosa, ciò che noti nei tuoi figli è tipico di molti ragazzidella loro età. Più che di insicurezza, si tratta di un mododiverso di vedersi che hanno le nuove generazioni attraversola moda e i media. In fondo il mito dell’eterna giovinezza èuno dei mali della nostra società: sessant’enni che dimostranodieci anni di meno e ragazzi che emulano lo stile deifotomodelli. Purtoppo, così come è per molte donne, il temponon si può fermare e prima o poi la forza di gravità vince. Mal’importante è che l’apparire non sostituisca il concetto diessere. E da quello che mi racconti mi sembra di capire che ituoi giovanotti la testa sulle spalle ce l’abbiano ben salda.Diciamo, piuttosto, che sono ancora nella fase giovanile. Dagliqualche anno: nuove responsabilità corrisponderanno ad altrepriorità. E se somigliano al padre, scopriranno che con l’età sipuò diventare ‘naturalmente’ più interessanti.

Francesca Buffo

Femminicidio:avviene anche fra donne

Gentile Direttore,ho letto con quanta attenzione trattate le tematicherelative alla parità di genere e ai diversi orientamentisessuali. Purtoppo quando si parla di coppieomosessuali raramente si fa riferimento alle coppiefemminili. Questa assenza di comunicazione èparticolarmente grave quando si parla di violenzadomestica e femminicidio.Nella mia esperienza dipsicologa ho avuto alcuni casidi donne che hanno subitoviolenze o azioni di stalkingda una ex-compagna.Questi casi sono molto piùfrequenti di quanto si creda e,purtroppo, quando sonodenunciati vengonosottovalutati in quanto ladonna lesbica nella società è ancora un tabù.

Lettera firmataRisponde Vittorio LussanaGentilissima Dottoressa,la ringrazio per questa sua preziosa testimonianza. Purtoppoanche su questi tragici avvenimenti tende a prevalere il luogocomune che vuole la violenza dell’uomo legata a unostereotipo maschilista e a un senso del possesso. Cheevidentemente c’è anche nelle donne. Distinti saluti.

Vittorio Lussana

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Qual è la forza delle idee?Ultimamente, quasi ogni giorno mi capita di leggere di una nuova star-tup creata da giovani, di nuove idee legate al web che, in poco tempo,sono diventate milionarie, o di come qualcuno sia stato capace di rein-ventarsi un nuovo lavoro o una nuova vita. Molte di queste storiehanno alla base percorsi universitari specifici, bandi regionali dedica-ti all’innovazione o fortunate campagne di crowdfunding, se non lapossibilità del neo-imprenditore di se stesso di investire un capitaleeconomico grazie a una liquidazione o all’aiuto della famiglia. Sonostorie di successo che dovrebbero instillare un po’ di fiducia e speran-za in chi il lavoro lo ha perso, oppure non lo ha mai avuto. Eppure, permolti italiani, non sempre è così. Perché nel nostro Paese, di culturaaziendale nelle scuole non se ne parla. E quando si dice startup, sem-bra tutto semplice, mentre invece la gestione burocratico-amministra-tiva di un qualsiasi progetto prescinde dal campo di azione dell’attivi-tà che si vuole avviare. E richiede competenze specifiche ben precise.Avere un’idea e trasformarla in lavoro è (passatemi il termine) unlavoro nel lavoro. Mi è capitato tante volte di incontrare persone chel’idea innovativa e potenzialmente più che vincente ce l’avevano ma,nell’attuarla, si sono persi, convinti che bastasse avere un commercia-lista, un sito e una pagina facebook per ‘essere ok’. Ma il commerciali-sta tiene solo i conti in ordine, non produce un piano marketing, unpiano economico con una strategia di crescita finanziaria dell’azienda,non parla con la tua banca; il sito è una vetrina che se non capisciun’acca di comunicazione non serve a niente, perché bello non vuol

dire niente, ciò che conta è se informa in modo efficace gli utenti; efacebook non è importante per il numero di iscritti alla tua

pagina o di visualizzazioni dei tuoi post, ma per come saitrasformare in entrate finanziarie quei numeri.

Tutto ciò vale per qualsiasi idea, progetto osituazione lavorativa, sia che si voglia diven-

tare un guru del fai da te, sia se si intendeorganizzare eventi o aprire un negozio.

Se manca tutto questo, per quanto sipretenda o si faccia, all’idea manca

la ‘forza’ reale di crescita.

FRANCESCA BUFFO

storiadicopertina>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Per amor di cronaca, la scarpacon i pesciolini è un gioco dimanipolazione fotografica. Loso che siamo abituati a vedereoggetti e accessori decisamentepazzi, ma questo lo sarebbestato proprio troppo. Anche se,probabilmente, qualche fashionvictim (altrettanto pazza) untacco 12 così originale non se lofarebbe sfuggire!

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Dal 2000 a oggi, il numero deifilm dedicati agli eroi dei fumet-ti è aumentato esponenzialmen-te, diventando un vero e propriofenomeno di costume con risul-tati incredibili al botteghino

sommario Anno 4 I numero 11 I Aprile 2015

3 Editoriale

4 Posta

5 Storia di copertina

8 Quando l’idea diventa un lavoroCome si genera quel ‘meccanismo virtuoso’ che consente a un’intuizione di partenza di svilupparsi in progetto e di realizzarsi con profitto nella società?

16 Roberto Esposito:il QI del marketingUn’intelligenza fuori dal comune e una passione per il web. Ecco le ‘armi’ che hanno aiutato questo giovane salernitano a costruire una startup milionaria

18 Sard Wonder alchimista e gentiluomoiDopo l’esperienza da commerciante con un proprio locale a Roma, Giorgio Peis ha reinventato se stesso e la sua specializzazione da barman

22 La sfida dei beni culturaliCosa significa tutelare il patrimonio artistico, culturale e paesaggistico italiano? Quale ruolo avranno Stato e sovrintendenze nella salvaguardia?

26 L’aperitivo archeologicoUn gruppo di giovani studiosi romani aprono ai visitatori le porte di siti spesso poco frequentati, offrendo un vero e proprio viaggio nel tempo tra Storia e gusto

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Inarrestabilecinecomics

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30 Gusto e cultura al bar letterarioLa particolarità del ‘Lol Roma Bar’ è prima di tutto l’alta pasticceria che trae le origini dall’autentica tradizione siciliana

32 Quando l’arte è partecipataIntervista a uno dei 20 artisti provenienti da dieci diversi Paesi del mondo, che hanno lavorato al progetto per la riqualifica di alcune periferie romane

42 Cinema film

44 Ascoltando ColapesceCon il suo ultimo album, ‘Egomostro’, uscito a gennaio 2015, il cantautore siciliano racconta molto di sé, ma anche di noi e delle nostre manìe

46 La follia del mondoPaolo Pallante ci racconta la crescita personale di un uomo che vuole mantenere i piedi saldi nella normalità

48 Basta pasticci nella dieta!Per curare gli squilibri psicologici e fisici arriva SpuntiNO, la compressa che blocca gli impulsi della fame nervosa

50 Il pulmino contadinoPartendo dai principi che animano i Gruppi di acquisto solidale una rete maremmana di produttori e consumatori si coordina per fare la spesa settimanale, con consegna a casa (o quasi)

9 mila l’anno, circa 26 al giorno,più di una ogni ora. È il bilanciodel 2014 relativo alle novità indu-striali depositate dagli italianipresso l’Ufficio Brevetti: quantodevono pagare gli inventori?

Il costodelle idee

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Anno 4 - n. 11 - Aprile 2015

Direttore responsabile: Vittorio LussanaCaporedattore centrale: Francesca Buffo

In redazione: Gaetano Massimo Macrì, Carla De Leo, Serena Di Giovanni , Ilaria Cordì , Silvia Mattina, Clelia Moscariello, Giorgio Morino, Michele Di Muro, Giuseppe Lorin, Michela Zanarella

REDAZIONE CENTRALE: Via A. Pertile, 5 - 00168 Roma - Tel.06.92592703

Progetto grafico: Komunicare.org - Roma

Editore Compact edizioni divisione di Phoenix associa-zione culturale - Periodico italiano magazine è unatestata giornalistica registrata presso il RegistroStampa del Tribunale di Milano, n. 345, il 9.06.2010

PROMOZIONE E SVILUPPO

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primopiano Invenzioni rivoluzionarie poche. Eppure i progetti fortuprimopiano>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Leonardo Da Vinci, Guglielmo Marconi,Alessandro Volta, sono alcuni dei più famosi

‘inventori’ della storia. Le loro intuizioni hannocontribuito all’evoluzione e alla modernità della

nostra società. Adesso, invece, qualcuno sostiene che diinventori simili non se ne trovino più. O, se si preferisce,

che di idee geniali non se ne vedano affatto in giro.L’automobile, l’elettricità, il treno, il vaso da notte,hanno pennellato una limpida rivoluzione copernicana

del nostro vivere quotidiano. A quelle scoperte, oggipotremmo forse paragonare il Web e un po’ tutto ilcomparto dell’ High Tech. Tuttavia non riusciamo a

percepirle allo stesso modo, non ne riconosciamo lastessa radicalità. In passato, le idee di singole menti hannoin molti casi sconvolto la prospettiva, generando teorienuove, prima inesistenti. Fu così con Darwin, per esempio,

che mutò l’approccio della biologia, dimostrando che gli esseriviventi si evolvevano, checché ne dicesse la Bibbia da secoli.Intuizioni come quelle sono state rivoluzionarie nel senso chehanno dimostrato come nulla potesse essere dato per scontato, mache fosse possibile un diverso approccio, quindi un cambiamento diprospettive. In altre parole hanno saputo generare il progresso.Ecco, idee geniali come quelle sembrano mancare da tempo all’ap-puntamento con la nostra storia evolutiva. Può darsi che l’accumu-lo di successi nei secoli, generato dalle invenzioni, lasci adessominor spazio di manovra. Oppure, come sostiene Dean KeithSimonton, psicologo dell’Università della California, che il genio

scientifico si sia estinto, o piuttosto ancora che sia mutato il

Quando l’ideadiventa un lavoro

Come si genera quel ‘meccanismo virtuoso’ che consente a un’intui-

zione di partenza di svilupparsi in progetto e di realizzarsi con profit-

to nella società? Certo non tutte le idee possono tramutarsi in succes-

si milionari, ma ciò non giustifica chi si ferma ai blocchi di partenza

Olivier Bremer ideatore di postoinauto.it, oggi general managerItalia e DACH – Austria, Svizzera e Germania – di Balblacar

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modo in cui si gestiscono le idee. Non si ragiona più da singoli,bensì in gruppo. La crescita esponenziale delle scienze, in effetti,richiede un approccio multidisciplinare. All’interno di questi nuovispazi di manovra, la singola mente geniale da sola non basta piùa far ‘voltare pagina’. Senza contare che tutto debba sempre sfocia-re in un progetto di start up, concetto un po’ difficile da metabo-lizzare da chi di ‘fare azienda’ spesso sa ben poco. E allora, stan-do così le cose, dovremmo forse scoraggiarci? A leggere dei nuoviprogetti - in questo numero ne abbiamo selezionati una picco-lissima parte esemplare – si intuisce che il genio c’è, si muove,produce passando dalla teoria alla pratica. E chissà quante altreidee brevettate attendono di essere trasformate in progetti reali.L’archivio dell’ Ufficio Brevetti lo dimostra. Si parla di oltre 9mila idee industriali depositate e di quasi 8 mila registrate sol-tanto nell’ultimo anno. Numeri che ci consentono di affermaresenza ombra di dubbio che siamo ancora un popolo di inventori.Non possiamo escludere, quindi, che prima o poi salti fuori unagrande e ‘vera’ scoperta.

Come funzionano le idee vincenti?C’è, a questo punto, un altro aspetto legato al mondo delle idee chevale la pena indagare. Parliamo di quel ‘meccanismo virtuoso’ checonsente a un’intuizione di partenza di svilupparsi inprogetto e di realizzarsi con profitto nella socie-tà. La domanda di base in questo caso è: per-ché alcune idee funzionano meglio di altre?Perché qualcuno si ferma ai blocchi di par-tenza? Scriveva Tolstoj nel suo capolavo-ro, Guerra e Pace, che conseguenze enor-mi discendono solo da idee semplici. In‘

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unati non mancano a dimostrazione che siamo ancora un popolo di inventori>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Skype: la fortuna dal nome sbagliato

A volte un imprevisto può rivelarsi fortuito. Pensate al caso dello svedeseNiklas Zennström (49 anni) e del danese Janus Friis (38 anni): gli sviluppato-ri di ‘Skype’, il software proprietario freeware di messaggistica istantanea eVoIP, creato nel 2002 e destinato ad avere un grandissimo successo. Eppureall’inizio, fu mal digerito dai suoi creatori, i quali si trovarono costretti a‘cedere’ al nome ‘Skype’ rispetto a ‘Skyper’: quello da loro desiderato per laloro idea, ma il cui dominio era già stato acquistato. Ma questo piccolo ‘intop-po’ non ha certamente costituito un ostacolo alla grandissima portata e alsuccesso del software che, tra i primi, ha permesso ai vari utenti di tutto ilmondo di chattare, salvare conversazioni, trasferire file ed effettuare telefo-nate, in maniera veloce, sicura e gratuita. Nell’arco di dieci anni il network haregistrato 663 milioni di utenti a livello mondiale. È arrivata quindi senzascatenare troppe sorprese la proposta di eBay, che nel settembre 2005 haacquistato la società per 2,6 miliardi di dollari.Bella ‘fortuna’ per Niklas Zennström e Janus Friis: e pensare che all’inizio ilnome ‘Skype’ proprio non lo digerivano. Carla De Leo

La bicicletta di cartoneA idearla è stato l’israeliano IzharGafni. Costa solo 8 euro ed è rea-lizzata interamente in cartoneondulato, senza l’uso di metallo(anche per la realizzazione deifreni, del telaio e dei perni che col-legano tra loro le varie sezioni.Il carone è trattato con materialiorganici che lo rendono impermea-bile e ignifugo.

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‘effetti, le ultime invenzioni di successo sono tutte inquadrabili inquest’ottica. Facebook su tutti, risponde a un’ idea di base talmen-te semplice da sembrare banale. La stessa cosa si potrebbe dire perBlablacar, il sito in cui si incontrano i viaggiatori per offrire o rice-vere un passaggio in auto. Verrebbe da chiedersi, però, perché leidee di Zuckenberg e di Mazzella hanno funzionato e altre similino? Non è semplice tradurre un’idea in realtà. Gli esperti diconoche è buona norma porsi le domande giuste prima di iniziare. Peresempio, mai valutare se la propria idea di partenza sia buona ocattiva. Non ci sono idee buone o cattive, ma solo quelle di cui c’èeffettivo bisogno. In altri termini, serve un business giusto, laconoscenza del mercato, il saper intercettare la domanda. Non siottiene successo a caso. O peggio con un’idea ‘figa’ in testa. Puòanche esserlo, ma quanti riescono a tradurla in realtà? A parte ledifficoltà burocratiche, quanti saprebbero muoversi sul terrenodell’economia, del capitale sociale, di un piano di investimento? Eallora, torniamo al punto precedente: non si valuta un’idea comebuona o cattiva, ma è necessario, nell’ordine, intercettare ladomanda. Se non c’è, a meno che non si sia un guru del marketingo un colosso in grado di generarla strategicamente, meglio sopras-sedere. Se invece esiste, allora la possibilità di trasformare l’intui-zione in realtà è davvero fattibile. A quel punto conviene valutaregli altri due aspetti cruciali: gli eventuali rischi e le incognite. Ilgioco vale la candela? Anche se il mercato ha spazi intercettabili,chi investe finanziariamente vuole sapere di quei due fattori. Sonoproprio quelle voci che potranno attrarre o no i finanziatori. Eccoperché dicevamo che la casualità nella riuscita di un’idea non è dicasa. Chi pensa che il successo virale di Blablacar sia il frutto di

primopiano Conseguenze enormi discendono solo da idee sempliciprimopiano>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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WhatsApp: un’idea da 19 milioni di dollari

Gli statunitensi Jan Koum (oggi 39 anni) e Brian Acton (43 anni) hanno saputo vederci lungo con la loro ‘WhattsApp’. Loro sono due ex impiegatidella società informatica Yahoo! che nel 2009, anno in cui hanno co-fondato la loro società, erano poco più che trentenni. L’applicazione che hannocreato già dalla scelta del nome, con il suo rimando all’unione tra il “Come va?” (in inglese “What’s up?” significa appunto “Come va?”) e ‘App’ (ovve-ro ‘applicazione’), si annunciava come novità intrigante e rivoluzionaria. Pensata per qualsiasi tipo di smartphone, la piattaforma consente l’invioistantaneo di messaggi di testo, immagini, video, musica, file audio e di condividere anche la propria posizione geografica (grazie all’uso di mappeintegrate nel dispositivo). È inoltre possibile la creazione di chat di gruppo, fino ad un numero di 100 partecipanti. Il successo di WhatsApp è statoimmediato. Tant’è che, a soli tre anni di distanza dal suo lancio, la societàannunciava che erano stati superati i 27 miliardi di messaggi scambiati ognigiorno dagli utenti. Ma le cifre erano destinate a continuare a crescere inmaniera esponenziale: basti pensare che se ad aprile 2014 WhatsApp potevacontare su 500 milioni di utenti attivi che si scambiavano, ogni giorno, circa 10miliardi di messaggi di testo e 700 milioni di fotografie (il tutto in soli sei annidalla data di creazione), a fine agosto dello stesso anno, era stata varcata inve-ce la soglia dei 600 milioni di utenti attivi mensilmente facendo registrare, inappena quattro mesi, un incremento del 20%. Ecco i motivi che hanno indot-to, il 19 aprile 2014, Mark Zuckerberg (Chief Executive Officer di Facebook)ad acquisire WhatsApp, per la ‘modica’ cifra di 19 milioni di dollari. E qui cisembra proprio il caso di dirlo: “Jan e Brian, Whatt’s up? Carla De Leo

Molte buone idee riguardano varia-zioni e modifiche di oggetti e acces-sori che siamo abituati a utilizzarenella nostra quotidianità.Come questo cappottino per ilnostro caro ‘fido’, dotato di un cap-puccio impermeabile di emergenza.

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‘un iniziale lento processo di passaparola, accresciutosi nel tempoin modo esponenziale, sbaglia. Sicuramente vi rientra anche quelfattore, ma alle spalle esiste una realtà finanziaria ben consolida-ta. I soldi, si sa, si fanno con altri soldi. Mai sentito parlare di ven-ture capital? Google è nato esattamente così. Ci sono idee di baseche se sviluppate, potenzialmente promettono alti guadagni. È quiche si inserisce il venture capitalist, che col suo fondo finanzia – e nondi poco (non lo farebbero le banche, per intenderci) – il progetto,attendendosi di rifarsi in futuro, con la crescita del progetto suppor-tato. Dietro Blablacar c’è un fondo del genere (Accel Partner, uno deiprincipali fondi di investimento nel mondo digitale, con partecipazio-ni in Facebook, Groupon, Dropbox, Spotify, Rovio), lo stesso che hafinanziato il sito italiano postoinauto.it di Olivier Bremer. Bremer,oggi general manager Italia e DACH – Austria, Svizzera e Germania– di Balblacar, probabilmente, ha avuto la fortuna di trovarsi al postogiusto nel momento giusto. La cronaca ci dice che Bremer, studentein Germania, aveva notato come l’uso dell’auto condivisa fosse uncostume in voga presso gli studenti tedeschi. Il prezzo del treno eratroppo alto. Da lì la creazione di postoinauto.it, un sito in cui farincontrare la domanda e l’offerta di passaggi condivisi. Nata come unpassatempo, la sua piattaforma si è trasformata in poco tempo in unlavoro a tempo pieno. La sua idea ha attratto l’attenzione di finan-ziatori privati che già da alcuni anni avevano sponsorizzatoBlablacar e stavano cercando di lanciare la piattaforma a livellointernazionale. Oggi Blablacar è il principale network di ride sharingin Europa che trasporta oltre 2 milioni di persone al mese e contadieci milioni di iscritti.Ora, al di là della fortunata coincidenza, questo esempio ci dicedue cose: occorre partire dai bisogni della società, piuttosto chemuoversi con un’idea curiosa e anche interessante; bisogna inve-

i. Le ultime invenzioni di successo sono tutte inquadrabili in quest’ottica>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Empatica, la startup salvavita

Il binomio tecnologia-medicina diventa sempre più una realtà concreta. Senza andar troppo indietro negli anni sentirsidiagnosticare una malattia grave ma curabile o gestibile era, comunque, per il neo-malato un colpo tra capo e collo. Oggila musica cambia: controllare il proprio male diventa una sinfonia quasi piacevole con l’alternanza di qualche nota bassa.Tutto grazie a una startup: Empatica. L’idea nasce in Italia, a Milano, nel 2011 grazie a Matteo Lai (32 anni) ingegne-re del Politecnico di Milano e a due suoi colleghi – Simone Tognetti, 33 anni e Maurizio Garbarino, 30 anni – conla cooperazione successiva di una professoressa statunitense del Massachusetts Institute of Technology (MIT),Rosalind Picard. La startup ha come obiettivo primario di monitorare la vita quotidiana delle persone analiz-zando i dati raccolti da un braccialetto elettronico intelligente in grado di misurare lo stress, il battito cardia-co, la conduttività della pelle e la temperatura corporea. Nel 2012 vede la luce il primo prototipo chiamatoE2, ma già l’anno successivo il mercato verrà fornito della nuova versione, E3, che in pochi mesi viene ven-duto in 30 paesi. Nel 2014 grazie alla collaborazione statunitense avviene il lancio della nuova versione E4attraverso una campagna di crownfoundind Indiegogo (sito internazionale di finanziamenti nato nel2007 in California) che porta nelle tasche di Empatica ben 300mila dollari. Empatica non è solo un misu-ratore di stress o temperatura, in alcuni casi diventa un vero salvavita. Come nel caso dell’epilessia:Empatica è capace di individuare l’arrivo di attacchi imminenti con un’accuratezza del 94% inviando unsegnale di allerta sia al paziente stesso che a un familiare. Un dispositivo innovativo già adottato in moltiospedali e centri di ricerca. Ilaria Cordì

Matteo Lai

Il dispositivoEmpaticaun braccialettoelettronicointelligentein grado dimisurarei parametri fisiologicidi chi lo indossa

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‘stirci un po’ di tempo, affinché non resti una buona idea solamen-te sulla carta.

Non contano solo i soldiAltro punto fondamentale da considerare è che chi ha successo hasempre una solida struttura in grado di muoversi nel mercato.Non è soltanto una questione di soldi. In questo i Vc offrono spes-so una mano. Poiché non iniettano soltanto enormi quantità didenaro, ma – è nel loro interesse – offrono anche un supporto perle scelte strategiche da adottare. Non dimentichiamo che queisignori si stanno ‘giocando’ una montagna di quattrini, sulla base diuna scommessa: che in seguito vedranno quintuplicati quelle cifregrazie ai potenziali margini di sviluppo del progetto sostenuto. Se sicapisce questo ragionamento, viene facile rispondere alla domandaposta, ovvero perché alcuni hanno successo più di altri? Perché lestesse idee hanno evidentemente un supporto, finanziario e strategi-co, molto diverso tra di loro. È questo però un motivo per scoraggiar-si? Assolutamente no. Anzi, significa che chi ha le idee (e ce ne sonodavvero tanti) può trovare chi mette i soldi. L’importante, si è capito,è saper individuare il settore di mercato migliore.

Fare le domande giusteAbbiamo già delineato l’importanza di porsi le giuste domande concui generare le idee migliori. Domande che generano altre doman-de possono essere una strategia vincente. Le sessioni di brainstor-ming si basano su ciò. Molte aziende nel mondo ricercano innova-zioni seguendo questa tecnica. Tuttavia non tutte le domandepotrebbero avere un senso. E quelle che hanno un senso, in gradodi imprimere una svolta nei ragionamenti, sono le cosiddette‘domande chiave’. La loro caratteristica è quella di costringere chi

primopiano Chi ha successo ha sempre una solida struttura in gradprimopiano>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Amorino: il gelato artigianale diventato bussiness

Amici sin dai tempi dell’infanzia, i reggini Cristiano Sereni e Paolo Benassi aprono a Parigi, sulla Ile Saint-Louis, ‘Amorino’: la prima delle lorogelaterie. Mossi da un bisogno quasi ‘fisico’ di trovare un gelato di ottima qualità – questione utopica a Parigi – e memori della loro infan-zia, durante la quale almeno un gelato al giorno era ‘obbligatorio’, hanno ‘fiutato’ la possibilità diun investimento che funzionasse. Desiderosi , però, d oltrepassare il ‘semplice’ concetto di gelate-ria: lavorazione artigianale, prodotti naturali, senza coloranti o aromi artificiali e cura di ogni piùpiccolo dettaglio (dalle decorazioni, alla scelta dei punti vendita “posizionati in luoghi dove solita-mente la qualità del cibo è pessima” – dichiara Cristiano Sereni in una sua intervista –) alla quali-tà del servizio.Ad affascinare i parigini, che formano lunghe code davanti al negozio, è stato certamente anche ilsinuoso aspetto dei gelati, serviti in cornetti ia forma di rosa. Per quanto le loro aspettative pun-tassero in alto, Cristiano e Paolo non avrebbero mai immaginato l’enorme successo che da lì inavanti li avrebbe travolti. Riuscendo in quella che possiamo tranquillamente definire una vera epropria impresa. Nel 2005 aprono un centro per la fabbricazione di gelati e in soli 13 anni Amorinoapre 56 gelaterie in Francia, 27 in Spagna, 4 in Inghilterra, 7 in Germania, 7 negli Usa e, attraver-so altri 90 negozi in franchising, è presente anche in altri 13 Paesi del mondo (tra i quali figural’Italia), con un fatturato che si aggira intorno ai 40 milioni di euro l’anno. Carla De Leo

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‘le pone o le ascolta, ad assumere una nuova prospettiva rispetto aun problema. Come si evince, alla fine si tratta di semplici regole,ma dal loro rispetto dipenderà la buona riuscita o meno di un’idea,traducibile in: maggiore o minore appeal per gli investitori, che èquello che conta. Senza tralasciare la norma delle tre F: friends,family and fools (familiari, amici e folli), ma convincere i primi duea sovvenzionare un progetto è relativamente semplice, per gli ulti-mi, i folli, bisogna saperla raccontare con solide argomentazioni.Per concludere e tirare le fila, dunque, avere idee innovative nonbasta. Non sono più i tempi di Galilei o Volta. Oggi chi ha una tro-vata geniale rischia, se non ha un business plan, una strutturaorganizzativa, soldi e un pizzico di fortuna, di essere dimenticatocome la società che inventò il videoregistratore. Già, la conoscequalcuno per caso? Il resto che si racconta, di inventori folgoratimentre attendevano un tram, che in pochi passaggi sono diventa-ti milionari, sono favole per far dormire sugli allori coloro che que-gli allori ancora nemmeno li possiedono. C’è chi le idee le sogna,infatti, e chi le realizza.

GAETANO MASSIMO MACRÌ

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do di muoversi nel mercato>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Musicraiser: la piattaforma di crowfunding Made in Italy a sostegno dei progetti musicali

Il sito creato nell’ottobre del 2012, da un’idea del cantante dei Marta sui Tubi, Giovanni Gulino, edella sua compagna Tania Varuni, si propone come un’ idea di impresa innovatrice che vuol essereuna risposta alla decennale crisi del mercato discografico. La sempre maggiore difficoltà nel porta-re avanti progetti musicali validi può essere così risolta mediante l’intervento del fan stesso. Il fun-zionamento di Musicariser è semplice quanto efficace: gli artisti propongono il proprio progetto alpubblico della rete, ricevendo direttamente da loro il sostegno necessario per portarlo a termine. A cura del sito stesso viene lanciata una campagna di raccolta fondi che prevede, mediante appun-to il coinvolgimento diretto dei sostenitori tramite i social, il raggiungimento di un determinatoobiettivo che varia da progetto a progetto. Gli utenti (i ‘raisers’ )scelgono liberamente in che misu-ra sostenere l’artista. In cambio ricevono benefit di varia natura che vanno dalla copia autografa-ta del disco, fino alla possibilità di accedere al backstage dei concerti. Se l’obiettivo non viene raggiunto le donazioni ricevute vengono restituite.Inizialmente sono stati realizzate campagne per la produzione di dischi, ma successivamente ci si è allargati a raccolte di fondi finalizzate alla rea-lizzazione di tour, videoclip, festival e altre iniziative connesse all’industria musicale. Come nel caso di ‘Casa Bertallot’ (la radio che il dj e speakerAlessio Bertallot ha fondato a casa sua dopo che il programma su Radio2 da lui condotto è stato cancellato) oppure ‘Je suis Outsider’, la campagnaper finanziare la rivista Outsider. Più recentemente è stata data la possibilità ai fan di poter pre-ordinare una copia digitale del disco in produzio-ne direttamente sulla stessa piattaforma.Diversi gli elementi che ad oggi consentono di considerare Musicraiser come un’idea d’impresa di successo, nonostante qualche critica provenientecaso strano, ma non troppo nel nostro paese, dirittamente da alcuni addetti ai lavori. È sufficiente guardare un po’ di numeri: 500 progetti italia-ni e internazionali finanziati; 60 mila utenti attivi sul portale e una percentuale di success rate delle campagne pari al 60%. In questi pochi annisono stati sostenuti progetti di artisti sia emergenti sia di già conclamata fama ed esperienza come nel caso di Meg, Gianni Maroccolo, PierpaoloCapovilla e Federico Fiumani . A fine campagna il sito trattiene per sé circa il 10% del capitale raccolto. L’accesso al crowfunding non è consentito atutti indistintamente, Musicraiser si riserva la possibilità di selezionare attentamente i progetti da sostenere. Viste le richieste provenienti dai paesi stranieri la piattaforma si è allargata al mercato estero. Sono state inaugurate due sedi a Londra e New York. Oggi è possibile creare campagne in 21 valute. Il salto è stato possibile mediante una ricapitalizzazione di 350.000 euro finanziata da B- Ventures,Key Capital e investitori privati. Il fondatore Giovanni Gulino è certo di poter superare la concorrenza dei competitors mediante la specificità dellesoluzioni proposte, nonché la cura e attenzione nel seguire le singole campagne. Michele Di Muro

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Arrivano gratis, ma poicosta mantenerle. Sono

le idee, quelle sotto forma digeniali invenzioni che sivogliono brevettare. Abbiamofatto un po’ di calcoli, sco-prendo l’effettivo costo cui siva incontro, in Italia, per bre-vettare la propria idea.Chiaramente stiamo parlan-

do di invenzioni ‘industriali’.Si tratta di tutte quelle ideeche rappresentano innovazio-ni da applicare in campoindustriale. Devono, quindi,essere oggetto di fabbricazio-ne. Non si brevetta l’idea,infatti, ma il congegno, ilsupporto fisico. La domandadi brevetto può essere deposi-

tata da qualsiasi personafisica o giuridica. Va da séche l’idea non debba esserecontraria al buon costume eche possegga le caratteristi-che di novità e originalità.Secondo i dati fornitidall’Ufficio Brevetti, nel 2014sono state depositate 9.381idee. La città con il maggior

primopiano Tra diritti di deposito di segreteria, più altre tasse, regi>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

14 > > > > > > > > > > > > > > > > > > > Periodico italiano MAGAZINE

9 mila l’anno, circa 26 al giorno, più di una ogni ora. È il bilancio

del 2014 relativo alle novità industriali depositate dagli italiani

presso l’Ufficio Brevetti: quanto devono pagare gli inventori?

Il costodelle idee

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Detto ciò, vediamo dicapire quanto costaun’idea. Di seguito le‘voci di spesa’ da conside-rare. Innanzitutto si devonopagare le tasse per il deposi-to che partono da un minimodi 120,00 fino a 600,00 euro,

numero di ‘inventori’ èMilano (2.708) seguita daTorino (1.133) e Roma checon Bologna chiudono ilpoker metropolitano piùimportante (rispettivamente765 e 735). Il Nord, in gene-rale, guida la classifica conLombardia, Emilia, Veneto ePiemonte. Insieme hannodepositato, sempre nel 2014,il 74,4% delle invenzioni, unavera e propria area ‘marchin-gegnosa’ che sbaraglia neifatti chi per tradizione ne sasempre una più del diavolo.Una grande regione (in sensodi estensione geografica e didensità di abitanti) come laCampania, infatti, patria diun popolo notoriamente ‘fan-tasioso’, si attesta soltantoall’11° posto (93 invenzioni).Mentre Rieti, Vibo Valentia eVercelli le città (si intendeanche la relativa provincia)con una sola idea depositata.

in base al numero di pagineconsegnate.Seguono, quindi, i diritti dimantenimento, a partire peròsolo dal 5° anno fino al 20°. Sidevono pagare a partire dal5° anno del mese in cui èstata depositata la domanda.Siccome passano due o treanni dal deposito all’appro-vazione, quando approvanol’idea, bisogna calcolare il 5°anno dal mese di inizio dideposito. Per esempio: hodepositato l’idea nel 2013.Mi concedono l’ok nel 2015,per cui nel 2018 parte ilperiodo in cui pagherò latassa annuale. Il mancatopagamento del tassa annualefa decadere automaticamentela pratica.

GAETANO MASSIMO MACRÌ

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strare un brevetto costa migliaia di euro>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Tasse per il deposito120,00 euro (fino a 10 pagine di documentazione)160,00 euro (11-20 pagine)400,00 euro (21-50 pagine)600,00 euro (oltre le 50 pagine)

Diritti di mantenimento60,00 euro 5° anno90,00 euro 6° anno

120,00 euro 7° anno170,00 euro 8° anno200,00 euro 9° anno230,00 euro 10° anno310,00 euro 11° anno410,00 euro 12° anno530,00 euro 13° anno600,00 euro 14° anno650,00 euro 15° anno650,00 euro 16° anno650,00 euro 17° anno650,00 euro 18° anno650,00 euro 19° anno650,00 euro 20° anno

Con il minimo delle tasse di deposito (documentazionemassimo10 pagine) il costo totale definitivo per registrare e mantenere i diritti di proprietà del brevetto per vent’anni è di 6.740,00 euro

Lombardia 2.708

Abruzzo 86

Emilia Romagna 1.427

Trentino Alto Adige 83

Veneto 1.294

Sicilia 78

Piemonte 1182

Umbria 72

Lazio 804

Calabria 71

Toscana 506

Sardegna 27

Marche 348

Dep.Postale/Militare 20

Friuli Venezia Giulia 286

Basilicata 13

Liguria 151

Molise 12

Puglia 118

Valle D’Aosta 2

Campania 93

Totale 9.381

I COSTI DEL BREVETTO

Le idee depositate nel 2014regione per regione

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Asoli 21 anni è possibile es-sere inclusi nel 2% delle

persone più intelligenti delpianeta? Ebbene si! SecondoMensa International (associa-zione senza scopo di lucro dicui possono far parte solo colo-ro che hanno un Q.I superio-re a 98) con un quoziente in-tellettivo pari a 148 RobertoEsposito rientra nella classifi-ca. Roberto, oggi trent’enne hainiziato la sua vita da bloggera soli 13 anni. Vi ricordate laserie televisiva sugli ufo,Roswell? Bene, lui è stato ilprimo a creare una delle piùfamose community per gli ap-passionati del telefilm pro-muovendo campagne disuccesso a cui hannopartecipato milionidi fans. Qualcheanno dopo, in oc-casione dell’an-niversario delfilm Ritorno alfuturo, con unabile azione di

guerriglia marketing per lestrade di Napoli, ha chiesto aicittadini di aiutare Jack Will atornare a casa, disegnando lamacchina per i viaggi nel tem-po di Marty. In migliaia hannorisposto all’appello.Nel 2010, lancia sul social net-work Facebook la paginaCinismo, insensibilità, humornero e altre cose che si mangia-no (oltre 57 mila iscritti) trat-tando i problemi del mondo inmaniera schietta, sarcasmo edi certo senza avere peli sullalingua. Quindi, un nerd rivo-luzionario che odia il mondo.Uno smanettone geniale che èriuscito a fare del marketingnon convenzionale il suo vasodi Pandora nell’ambito del bu-

siness. Il 2012 è il punto disvolta: vede nel Wordl WideWeb il suo domani e un ini-zio di cambiamento percoloro che navigano. Nascecosì DeRev, una start up in-

novativa che spalanca leporte a una piattaforma di

crownfounding di progetticulturali, progetti civici,eventi sociali o altre startup. In pochi mesi riesce a

ottenere un investimen-to di 1,25 milioni di eu-ro da un gruppo dipersonaggi riunitinel brand With-founder, grazie allachiusura di un im-portantissima opera-zione di early stage,

ovvero l’acquisizione tempora-nea di quote capitali di una so-cietà per finanziarne la faseiniziale di avvio al fine di rea-lizzarne un guadagno. Un’ideamiliardaria, che ha portato lostartupper a pubblicareCrowfounding Wordl 2013, un

report sui finanziamenti nelnostro paese e nel mondo. Inquello stesso anno ottiene lanomina di Digital DemocracyLeader da parte dellaMicrosoft e del ParlamentoEuropeo durante un evento aBruxelles. Grandi risultati,quasi irreali, per il ragazzocampano che a soli dodici me-si dal lancio della sua star-tup, ha visto classificareDeRev come migliore piatta-forma leader nel campo tec-nologico ed economico, tantoche aziende e operatori dimarketing ‘litigano’ per ac-quistarne le azioni, oggi quo-tate in borsa.Ma di progetti RobertoEsposito sembra averne anco-ra molti. Intanto all’inizio del2015 ha collaborato al GiffoniInnovation Hub, una nuova di-visione del Giffoni FilmFestival che coniuga tecnolo-gia e creatività al fine di ricer-care e sviluppare nuove ideeper lanciare opportunità lavo-rative e imprenditoriali. Nonresta che aspettare per vederecosa altro produrrà il suo ecce-zionale QI.

ILARIA CORDÌ

primopiano Una mente brillante che genera idee>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Un’intelligenza fuori dal comune e una passione per il web. Eccole ‘armi’ che hanno aiutato questo giovane salernitano acostruire una startup milionaria

Roberto Esposito:il QI del marketing

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Immaginatevi un medico del West di fineOttocento, che gira per le strade polverose, pas-

sando da una contea all’altra – che poi in realtà,più che medici erano alchimisti e forse un po’ tut-t’e due le cose –. A caratterizzarli era quella vali-gia piena di meravigliose pozioni, per ringiovani-re, curare i malanni e far innamorare. Adesso,immaginate che un personaggio simile giri ancoraper le strade, incantando la gente con le sue crea-zioni. Ecco, avete trovato il ‘Sardo meraviglioso’.La valigia lui ce l’ha, le pozioni le crea per davve-ro. E la gente lo guarda con meraviglia. Parliamodi Sard Wonder, al secolo Giorgio Peis.L’alchimista e gentiluomo la cui ricetta (di vita) è:“principi attivi e droghe sinergiche”. Non lasciate-vi traviare dai termini. Sard possiede un animonobile e grazie ai suoi ingredienti e alla sua filoso-fia, è riuscito a ricominciare da capo, dopo un ‘inci-dente’ di percorso. La sua storia è fatta di spezie,profumi, spiriti, fantasia e tanta, tanta passione eprofessionalità.Tutto ha inizio qualche anno fa’, nel popolarequartiere di San Lorenzo a Roma, dove Giorgio èimprenditore di se stesso. Gestisce il suo locale, il“Sard Wonder”, in cui ha investito forze e aspetta-tive tipiche di un giovane artista/imprenditore.Poi, dopo circa sei anni, nel 2011, accade qualcosache muta l’ordine degli eventi e per cui deveabbandonare il suo progetto. Un duro colpo per

chiunque, finché “il destino o il caso hanno creatotutte le condizioni giuste per un primo cambia-mento”. La perdita dell’ amico e collega Umberto,vicino di locale, è la miccia che fa detonare il tutto.Gli fa credere che ormai non abbia più nulla daperdere: “Quel locale era stato testimone di tantebelle amicizie e fruttuose esperienze e come tutte lestorie che cercano il proprio destino, ormai dovevocercare oltre” – racconta –. Proprio in quel mentreiniziano a fioccargli le proposte di nuove avventu-re lavorative. A Giorgio sembra incredibile, finchénon giunge puntuale il rovescio della medaglia: sirivelano tutte quante un grande bluff. Si fa sem-pre più chiara in lui la cognizione di quanto il suomestiere, quello del barman, sia spesso sottovalu-tato e sfruttato. “Il problema di questo lavoro e ditutto l’ambiente è l’improvvisazione. Non si riescea capire che invece la figura di un professionista èuna risorsa per un buon business e un sanoambiente di lavoro. Cercano solo di sfruttartisenza comprendere quale sia il valore aggiunto, ecosì annichiliscono la tua voglia di fare. A questomettici un po’ di sfortuna e le bollette da pagare etutto allora diventa molto pesante!”. La ricerca diuna nuova posizione si fa difficile, il terreno su cuiGiorgio cammina è sempre più friabile e all’oriz-zonte non riesce a intravedere alcuna via d’uscita.È solo, senza un lavoro, in una città che si rifiutadi valutarlo per la sua esperienza. E a tutto que-

personaggi La storia di un uomo che ha saputo risalire la china con>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Dopo l’esperienza da com-

merciante con un proprio

locale a Roma, Giorgio Peis ha

reinventato se stesso e la sua specia-

lizzazione da barman, creando l’aperitivo

itinerante e nuove ricette a base di aromi e spezie

Sard Wonderalchimista e ge

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n successo>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

sto si aggiungono alcune mosse errate: “avevodato fiducia a troppe persone non meritevoli.Investivo tutto me stesso ma non avevo poi il giu-sto riscontro. È stato allora che ho deciso di rivol-tare le carte in tavola, rileggere i miei confini, defi-nirne altri e rimettere tutto in gioco”. Si rendeconto che è ancora in grado di trasformare il buioin luce, attutisce il colpo e si rimbocca le manichepiù di prima. Incomincia a studiare, ad accrescerela sua formazione. Si accosta al mondo delle spe-zie e della botanica. “Ho iniziato i miei esperimen-ti per la creazioni di Bitter, sciroppi, disidratazio-ni aromatizzate ed elisir, cercando le buone mae-stranze del settore da cui potessi imparare, comeMarco Sarandrea di Sarandrea Marco & C. (notolaboratorio di fitopreparazioni, piante officinali eloro derivati, liquoreria artigianale. della provin-cia di Frosinone). Quello che mi ha spinto a rimet-termi in gioco, oltre a una mia sana consapevolez-za, è stato il supporto energetico e positivo dellamia compagna, nonché quello dei miei amici ed ex-clienti del Sard Wonder che non hanno mai smes-so di seguirmi e continuavano a distanza di unanno a chiedermi quando e dove avrei mai riaper-

to un locale, diventato ormai per loro un punto diritrovo”. È proprio in quel momento che Giorgiosubisce l’illuminazione e si attiva per realizzareun nuovo progetto. Se il locale non c’era più e luistesso non ne trovava uno dove realizzarsi, perchénon creare il suo Sard Wonder itinerante? “Hodeciso di andare in giro a ricreare le atmosfere delmio locale, mettendo in relazione lo spazio e le per-sone, creando qualcosa di tangibile che facessericonoscere un posto, un sapore, un’emozione!”. Inaltri termini, come quei medici ottocenteschi cui siaccennava, Giorgio inizia a girovagare per le viedi Roma con la sua valigia piena di spezie, aromie sciroppi, come ci racconta: “presentandomi comeSard Wonder ‘Alchemist Gentleman’ e proponendoil mio progetto di ‘Aperitivo Itinerante’ che rispon-deva perfettamente alle mie esigenze di sperimen-tatore e a quelle dei gestori dei locali che volevanodiversificare la loro proposta con un prodotto ori-ginale e di qualità”.Nato per soddisfare le richieste di amici e affezio-nati clienti, quel progetto ha preso piede consen-tendogli di avere una vera e propria agenda diappuntamenti fissi settimanali. Da allora Giorgio

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Giiorgio Peis “Mi piace immaginarmi come un venditore di eli-

sir tra le strade della città con la voglia di scoprire un posto nuovo

dove sentirmi a casa ed affinare il mio naso...voglioso di buono!”

entiluomo

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ha cominciato a girare per ottimi locali, dandoprova della sua ‘arte’ e collaborando con grandiesperti di cucina e non solo. Di fronte agli impegniche crescevano in modo esponenziale, ha dovutometter su una squadra – come li stesso ci raccon-ta – “fatta di gente disposta a mettersi in gioco conumiltà, professionisti e non, accomunati da unsolo scopo: lavorare ricreando una magia, con leenergie giuste. Ciò dovrebbe far capire che questa èuna professione, certamente, ma anche un dono,fatto di fori, spezie ed elisir!”. Il cambiamento diprospettiva è enorme. Da disoccupato a ‘venditoredi elisir’ per le strade cittadine, a contatto e con-fronto con nomi importanti sia della gastronomiache del beverage. Di strada ne ha percorsa davve-ro tanta questo piccolo (per statura) sardo, nato aSan Gavino Monreale, tra Cagliari e Orsistano,classe ‘77. Oltre a giocare al piccolo alchimista,cura da professionista il lancio di molti localiromani. Perché ormai la sua via non è più legataal ‘posto fisso’, ma è alla continua caccia delle giu-ste sinergie da ricreare in un ambiente di lavoro.Un mestiere anche questo, in fondo. Progettato sumisura da e per se stesso. Un esempio per tantiche, catapultati a terra all’improvviso, non riesco-no a rialzarsi e ad andare avanti. Sul luogo dilavoro Giorgio Peis è estremamente professionale,serio, preciso. Poi, scoprendo meglio le carte sicapisce che è un fiume in piena. Ha un’agenda

fitta di impegni, una lunga serie di progetti all’at-tivo. Oltre a quello ‘itinerante’, infatti, sta portan-do avanti ‘Spiriti fragranti’, un connubio tra liquo-ri e profumi, basato sulle spezie e le essenze usatenell’ alta profumeria. Lo studio sui fiori e i profu-mi è ben sintetizzato proprio nello slogan ‘princi-pi attivi, droghe sintetiche’. “Mi riferisco ai princi-pi attivi naturali, – ci spiega – estratti dalle pian-te, usati nella medicina naturale o in fitoterapia.Per droghe si intende la parte della pianta che con-tiene i principi attivi. Io lavoro sulle combinazionidi piante officinali le cui droghe sono complemen-tari e sinergiche tra di loro”.Un’ultima curiosità. Perché questo nome? “È lega-to al mio periodo australiano, quando ero cono-sciuto da tutti come ‘il sardo’. Una mattina, alrisveglio, mi trovai al mio fianco una saponettacon su scritto ‘sard wonder’. Pensai subito a unoscherzo dei coinquilini per ribadire la mia ‘sardi-tà’. Invece, con grande dispiacere, mi resi contosolo dopo che si trattava di una famosa marca didetergenti e saponi per la casa. Un simbolo ricono-scibile per pochi in una terra lontana, così l’ho por-tato con me a Roma!”.Per un personaggio così colorato, il genere lettera-rio preferito, quasi in controtendenza, nemmeno afarlo apposta, è il noir. Anche questo, infondo, cisembra ‘wonder’.

GAETANO MASSIMO MACRÌ

personaggi Da disoccupato a ‘venditore di elisir’>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Sulla tutela o senza tutela?È in grado l’amministra-

zione di tutela di svolgere ilruolo di garante perché i citta-dini possano continuare a con-frontarsi con il proprio passa-to? La cultura può ‘auto-soste-nersi’ e creare reali posti dilavoro? E, qualora la rispostafosse negativa, che sensoavrebbe per l’Università (e

cultura L’Italia è un Paese dove, anziché concepire piani organici di conservazione

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Cosa significa tutelare il patrimonio artistico, culturale e paesaggi-

stico italiano? Quale ruolo avranno Stato e sovrintendenze nella

salvaguardia? A queste e altre domande ha cercato di dare risposta

la raccolta di saggi ‘De-Tutela’, edito da ETS

ancora più per i cittadini) con-tinuare a formare storici del-l’arte, archeologi, archivisti,bibliotecari se le loro posizioniprofessionali saranno occupa-te a titolo gratuito da soggettidiversi attraverso forme divolontariato?I quesiti posti da ‘De-tutela.Idee a confronto per la salva-guardia del patrimonio cultu-

rale e paesaggistico’, edito daETS, sono molti, forse troppi.Il volume, curato da LorenzoCarletti e Cristiano Giometti,è il risultato degli interventidi Paolo Berdini, GiorgioBonsanti, Fulvio Cervini,Michele Dantini, VittorioEmiliani, Fabrizio Federici,Maria Teresa Filieri,Alessandro Furiesi, Davide

La sfidadei beni culturali

Pisa, chiesa di Santa Maria della Spina. L’edificioè chiuso dalla primavera 2013 per problemi altetto; il restauro è partito nel settembre 2014.

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che, purtroppo, sembra essereterribilmente distante dall’at-tuale scenario culturale italia-no, il quale fa emergere unaprogressiva ‘perdita dicoscienza’ in materia, con unaricaduta diretta sulla tutela

del nostro patrimonio artisticoe ambientale. Tutela che,secondo gli articoli 1 e 4 del‘‘Codice dei beni culturali e delpaesaggio’ (DLgs 22 gennaio2004, n. 42), in attuazionedegli articoli 9 e 118 dellaCostituzione, spetterebbe allaRepubblica italiana, attraver-

so il Ministero dei Beni e delleAttività Culturali e delTurismo (Mibact), e mediantela collaborazione delle regioni(art. 5, commi 3 e 4) e dei sog-getti privati. Eppure, nono-stante la normativa dica

diversamente, l’assenza diuna politica di tutela unificatae coerente da parte delloStato, il solo in grado di avereuna visione generale comple-ta, rappresenta un rischio tan-gibile e reale, connesso in par-ticolar modo, per dirla conSalvatore Settis, al “patriotti-smo for profit di chi investe inbeni culturali solo per averneun rientro economico”. Pernon parlare del notevole ritar-do culturale in cui oggi il set-tore dei beni culturali eambientali si trova, e le cuicause vengono evidenziate, inparticolare, dal contributo diBruno Zanardi, ‘La tutela delpatrimonio artistico in Italia’.‘De-Tutela’ affronta, altresì, ilproblema della salvaguardiadel ‘paesaggio’ in Italia, dove,per citare ancora SalvatoreSettis, “ogni disastro [ambien-tale] è opera del fato avverso odi congiunture astrali”. UnPaese dove, anziché analizza-re le fragilità del territorio econcepire piani organici diconservazione preventivaattraverso ‘mappe del rischio’,si preferisce ‘mettere unapezza’ quando sopraggiungeun’emergenza. Dove gli inve-stimenti per la messa in sicu-rezza del territorio, nell’ulti-mo vent’ennio, sono diminuitidel 50% e nel quale i costidella mancata manutenzione

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e preventiva, si preferisce mettere una ‘pezza’quando sopraggiunge un’emergenza>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Gasparotto, Denise LaMonica, Tomaso Montanari,Sara Nocentini, AdrianoProsperi, Salvatore Settis,Bruno Toscano, Giuliano Volpee Bruno Zanardi. Il testo èarticolato in cinque sezioni,introdotte dal contributo deidue curatori, Lorenzo Carlettie Cristiano Giometti, dal titolo‘Tutela a pezzi. Un recentecaso pisano e le prospettivenazionali’, nel quale vengonopresi in considerazione alcunicasi emblematici di mancatatutela, come quelli ‘pisani’della basilica di San Paolo aRipa d’Arno e della chiesa diSanta Maria della Spina.All’introduzione fanno seguitoi cinque fondamentali temiaffrontati nel volume:‘Territorio e paesaggio’;‘Volontariato e beni culturali’;‘Tutela e valorizzazione’, ‘Web,formazione e ricerca’, ‘Favole eutopie’.“Per salvaguardare l’onorepubblico della Città di Roma,la Colonna non dovrà maiessere danneggiata o demolitama restare così com’è, per tuttal’eternità, intatta e inalteratafino alla fine del mondo. Sequalcuno attenterà alla suaintegrità, sarà condannato amorte e i suoi beni sarannoconfiscati dal fisco”, recita ladelibera della municipalità diRoma sulla Colonna Traianadel 1162. Del resto, che l’Italiasia stato il primo paese almondo a dotarsi di regole eistituzioni pubbliche nel setto-re dei beni culturali è datoormai acclarato. Già in epocaromana i monumenti costitui-vano un indissolubile princi-pio di identità civica. In altreparole, ‘bellezza’ e ‘decoro’ diuna città andavano di paripasso con ‘dignità’ e ‘pubblicoonore’ dei cittadini. Qualcosa

De-tutela Idee a confronto per la salvaguardia

del patrimonio culturale e paesaggistico

AA.VV.

A cura di:

Lorenzo Carletti, Cristiano Giometti

Edizioni ETS, Collana microstorie d’arte

Formato: cm.14x21

Pagine: 176

Anno: 2014

Prezzo: 15,00 Euro

Salvatore Settis: “Nel nostro Paese, i costi della mancata

manutenzione sono stati valutati in 3,5 miliardi di euro l’anno”

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cultura Affinché la collettività riconosca nel patrimonio un reale valore, occorre ch>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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sono stati valutati in 3,5miliardi di euro l’anno.Il libro non tralascia neanchela grande questione del‘volontariato’ nei beni cultu-rali, tema spinoso soprattut-to per i giovani laureati nelsettore che si affacciano sulmondo del lavoro, spessosaturo o bloccato da discuti-bili politiche culturali. Inparticolare, si corrobora l’as-sunto, di per sé scontato (manon in Italia), di come, perintervenire sul bene, sianonecessarie precise e solidecompetenze: il restauro diun’opera, uno scavo archeolo-gico, la riorganizzazione diun archivio non possono cheessere condotti da personecompetenti e appositamenteformate. Inoltre, come sugge-risce Antonella Gioli, affin-ché la collettività riconoscanel patrimonio un reale valo-re, occorre che questo vengaspiegato, illustrato e mediatoal pubblico. Nel caso delsistema museale, ad esempio,affinché il museo diventi una‘macchina culturale’ comples-sa e accessibile, non è piùsufficiente la semplice osten-

sione delle opere, ma la lorotraduzione e comunicazioneal pubblico. Diversamente,gli oggetti rimangono muti echiusi in se stessi. Questa èperò un’operazione cherichiede competenze specifi-che maturate attraversoappositi corsi di laurea, spe-

cializzazione o master, daretribuire adeguatamente.La pubblicazione di ‘De-tute-la’, a dicembre 2014, è avvenu-ta in corrispondenza di unaimportante riorganizzazionedel Mibact (Ministero dei benie e delle attività culturali e delturismo), che ha riguardato inparticolar modo le Direzioniregionali, le Direzioni generalicentrali, la Direzione generaleTurismo e la linea di comandotra amministrazione centralee Soprintendenze. Una ‘rivolu-

zione’ (per citare lo stessoministro dei beni culturali,Dario Franceschini) accompa-gnata da numerose protesteda parte di un gruppo diaddetti ai lavori, i quali hannoespresso gravi perplessità epreoccupazioni circa, in parti-colare, la progressiva diminu-zione dei funzionari e del per-sonale tecnico scientifico e la‘Norma Giusta’. Quest’ultima,allo scopo di evitare ‘soprusi’da parte dei Soprintendenti (iveri ‘capri espiatori’ di unsistema di per sé fallace e fal-limentare), prevede il ricorso auna commissione costituita dapersonale dirigente delMibact, già in difficoltà perl’esiguità di strumentazione eorganico preposto. Tali per-plessità emergono, in buonaparte, all’interno del volume,che in questo senso si dimo-stra essere estremamente‘lungimirante’: ne costituisceun esempio l’intervento diSalvatore Settis, intitolato ‘Il

nostro patrimonio artistico inbilico tra pubblico e privato’,dove l’autore pone il problemadello svuotamento di risorsedegli uffici di tutela e delleconseguenti disfunzioni, non-ché del ruolo delleSoprintendenze, giudicateassolutamente fondamentalinel sistema di tutela italiano,ma ‘devastate’ dai dimezza-menti di bilanci operate daigoverni dell’ultimo vent’ennio.

SERENA DI GIOVANNI

Pisa, basilica di San Paolo a Ripa d’Arno. Dal gennaio 2012 pre-senta gravissimi problemi strutturali.

Antonella Gioli: “Possono fare interventi di educazione,

comunicazione, promozione, divulgazione, esposizione, acco-

glienza, sorveglianza, persone non competenti che si offrono

come volontari per passione, tempo libero, interesse? Li ringrazio,

ma assolutamente no, per il bene dell’opera e della collettività”.

Page 25: Periodico italiano magazine aprile 2015

25 > > > > > > > > > > > > > > > > > > > Periodico italiano MAGAZINE

he questo venga spiegato, illustrato e mediato al pubblico>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

“Una nazione più coltadiventa indirettamente

anche più ricca: ma questonon ha nulla a che fare con lamessa a reddito (e a redditoprivato) del patrimonio pub-blico”. In modo molto eloquen-te, nel suo saggio pubblicatoall’interno del libro’“De-tute-la’, lo storico dell’arte fiorenti-no critica il tentativo italianodi messa a rendita del patri-monio culturale. Un assuntoche denota un errore storico-teorico, perché nella storiaoccidentale la cultura è sem-pre stata il dividendo di uninvestimento economico: mai èaccaduto il contrario. Un testoavvincente nel quale vengonoelencate senza mezzi terminile responsabilità e le cifre delsuicidio culturale italiano.D’altronde la passione diTomaso Montanari per la suaprofessione e per il patrimonioculturale italiano si evince giàda quanto scrive nel suo blog:“sono convinto che gli storicidell’arte servano a fare entra-re le opere d’arte nella vitaintellettuale ed emotiva di chisi occupa di tutt’altro. Penso

anche che l’amore per la storiadell’arte non debba essere unfatto privato (o peggio un’eva-sione, o un modo per non pen-sare), ma pubblico e ‘politico’.L’articolo 9 della Costituzioneha, infatti, mutato irreversi-bilmente il ruolo del patrimo-nio storico e artistico italiano,facendone un segno visibiledella sovranità dei cittadini,dell’unità nazionale, e del-l’eguaglianza costituzionale,perché ciascuno di noi (poveroo ricco, uomo o donna, cattoli-co o musulmano, colto o incol-to) ne è egualmente proprieta-rio. Ma tutto questo è assaidifficile da capire, perché oggila storia dell’arte non è più unsapere critico, ma un’industriadell’intrattenimento ‘cultura-le’ (e dunque fattore di aliena-zione, di regressione intellet-tuale e di programmaticoottundimento del senso criti-co). Strumentalizzata dalpotere politico e religioso,banalizzata dai media e sfrut-tata dall’università, la storiadell’arte è ormai una escort dilusso della vita culturale”.

Tomaso Montanari, in ‘De-tutela’ lei sostiene che imusei – e più in generale lacultura - non generano ‘red-dito’, ma “civilizzazione,umanità e coesione socia-le”. Sulla base di ciò, un eco-nomista senza scrupolipotrebbe definire ‘cattivo’ o‘poco produttivo’ un inve-stimento economico nelcampo dei beni culturali.

Cosa gli risponderebbe? “Un economista senza scrupo-li dovrebbe innanzitutto spie-garci come la scienza economi-ca ci abbia ridotto nello statoin cui siamo. Lo Stato deveprodurre coesione sociale:pena la sua dissoluzione. Ilpatrimonio è una delle miglio-ri leve per farlo”.

Secondo il suo parere la cul-tura, se non può ‘fare cassa’,può comunque ‘auto-soste-nersi’ e creare reali posti dilavoro, o deve ‘arrendersi’al volontariato?“Né l’uno né l’altro: lo Statodeve tornare a fare la suaparte. Siamo sotto la metàdella media europea di spesapubblica in cultura. È ora dicambiare. Le civiltà muoiono:dipende solo da noi”.

Allo stato attuale, che sensohanno le facoltà di conser-vazione dei beni culturali,storia dell’arte, archeologiaecc. dalle quali ogni annoescono orde di laureati conil massimo dei voti speran-zosi di trovare un impiegonel settore? “Ho più volte definito i corsi inbeni culturali delle vere e pro-prie truffe. Vanno chiusi.Abbiamo bisogno di storicidell’arte, non di operatori deibeni culturali. Non troppi emolto bravi”.

Cosa pensa, veramente,della riorganizzazione delMibact operata da DarioFranceschini? “Mi piace al 30% in teoria. Inpratica, per come viene appli-cata, mi piace al 10%. A spesainvariata rischia di essere lapietra tombale sul patrimonioitaliano”.

SERENA DI GIOVANNI

Tomaso Montanari:“Lo Stato deve tornare

a fare la sua parte”

Page 26: Periodico italiano magazine aprile 2015

Bere la birra dei longobardi, mangiare il

savillum e al contempo visitare luoghi con

tanto di guida al seguito: è l’Ancient Aperitif.

Un gruppo di giovani studiosi romani aprono

ai visitatori le porte di siti spesso poco fre-

quentati, offrendo un vero e proprio viaggio

nel tempo tra Storia e gusto

lavoro L’idea innovativa di alcuni giovani archeologi: mentre una guida spiega, un c>>>>>>>>>><<<<<<<<<<<<<>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>><<<

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L’aperitivoarcheologico

Page 27: Periodico italiano magazine aprile 2015

La storia che vi raccontiamo appartiene a quelle di successo. A quelparticolare successo che nasce quando la buona volontà e l’inventiva

si mescolano per trovare una fuoriuscita dal pantano immobilista delmondo del lavoro. Lo sanno bene i laureati. Figurarsi quelli in archeolo-gia che vivono nel paese più ‘ricco’ di storia e siti da visitare, poco e malsfruttati. Come dice il proverbio: il Signore dà il pane a chi non ha i denti.E chissà che i nostri giovani archeologi, di cui vi vogliamo parlare, non sisiano ispirati proprio a quel detto per dar vita al loro ‘Ancient Aperitif ’.Un modo per coniugare la cultura in senso elevato con il divertimento ela scoperta culinaria attraverso i secoli. L’idea l’ha avuta l’archeologo CiroMarra, durante una visita alle Case Romane del Celio. “Facevo l’organiz-zatore a partita iva. – ci racconta – Quando andai lì, pensai: ‘questo è unbel posto. Potrei riempirlo di stranieri. Sarebbe l’ideale per un ‘aperitivoarcheologico’. Usai proprio quella espressione”. Probabilmente alle frottedi stranieri non ci credeva nemmeno lui, ma tant’è. L’arte di sapersirivendere, in tempi di magra, è più preziosa dell’oro. Gli amici a suppor-to di questa brillante idea e un programma di marketing hanno fatto ilresto. Poi il successo, tramite il passa parola e la pubblicità sui social net-work. Per avere una vaga idea di cosa stiamo parlando, solo nel mese didicembre, confida Marra, “abbiamo mosso 800 persone e 600 sono nuove”.Significa che ben 400 nuovi visitatori sono stati sottratti dal letargo. Allafaccia di chi sostiene che la cultura in Italia non può essere un modello dibusiness. “Esatto, – conferma Marra – sono persone che probabilmentenon si sarebbero mai mosse. Oltretutto appartengono a diverse fasce dietà, questa è la cosa che mi rende contento”. Cos’è però esattamente un‘aperitivo archeologico’? È una visita guidata all’interno di un sito, che siconclude con un momento culinario, durante il quale ai visitatori vengo-no offerti cibo e vivande preparati secondo i criteri dell’epoca, in tema conil periodo storico del caso. Prima dell’assaggio viene anche fornita unaspiegazione ‘archeologica’ legata alle portate. Interessante, si dirà. Anchese a prima vista parrebbe offrire, rispetto alle normali visite guidate, soloalcuni piatti e bevande ricercati (fatto che comunque già di per sé sareb-be una novità).

È così dottor Marra? Le vostre sono soltanto normali visite,rivedute e corrette da un menu ben studiato nel finale?“No, assolutamente. Dietro al nostro aperitivo archeologico c’è unavera e propria regia curata nei minimi dettagli, insieme agli altri col-

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cuoco prepara un banchetto con cibi e bevande del passato<<<<<<<<<<>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>><<<<<<<<<<<<<>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Un progetto di archeologia sperimentale

basato sulla cucina. Ma quali sono i piatti

dell’antica Roma? “Sicuramente va citato

il libum”, dice Ciro Marra, “un dolce di farina

di farro, formaggio e alloro. Nei momenti di

festa si libava agli dei e il libum veniva offer-

to a Giove Capitolino in ricordo degli antichi

sacrifici di animali e forse anche persone. A

Roma c’erano diverse tipologie di matrimo-

nio. “Nel matrimonio privato era usanza pre-

parare un dolce simile al libum, la torta di

confarreatio a base di farina di farro che

veniva divisa tra gli sposi patrizi”.

E la birra? – chiediamo. “Fino al XII secolo

non aveva il gusto amaro tipico del luppolo.

Stiamo studiando con un produttore la pos-

sibilità di riprodurne una seguendo perfet-

tamente una ricetta di una volta”.

Ma gli antichi romani facevano l’aperi-

tivo? “Bisogna dividere la cena in tre

momenti distinti. C’era la gustatio, l’aperiti-

vo, l’antipasto vero e proprio; la cena pro-

priamente detta; la commissatio, ovvero la

fase delle bevute finali”. Dunque, quello che

oggi è il nostro aperitivo in definitiva è una

sintesi tra i due estremi di una tradizione

molto antica.

Un menu speciale della Roma antica. Ecco alcune ricette tipiche che venivano preparate nell’antichità in occa-

sione delle ricorrenze importanti.

Ciro Marra,archeologo e ideatoredell’AncientAperitif

Page 28: Periodico italiano magazine aprile 2015

laboratori. Tutti archeologi, si intende. Noi preferiamo raccontare unastoria. Non offriamo solo una visita a un museo o a un sito archeologico,ma cerchiamo, attraverso il ‘viaggio narrato’, di non annoiare la persona.Sintetizzando, potremmo dire: cultura uguale intrattenimento. Abbiamola presunzione di volerla vestire bene, la cultura, è come se le mettessi-mo un tacco alto e un abito da sera”.

Quindi, dovremmo rinnovare il modo di proporre l’arte e la cul-tura in generale in Italia?“Bisogna scendere dal piedistallo e stare a contatto con la gente. Le per-sone vogliono divertirsi e noi possiamo far capire che la cultura può esse-re un piacere. In fondo l’idea dell’aperitivo è l’esca per attrarre il pubbli-co a partecipare a visite ben curate. La ‘lezione universitaria’ rischia diessere edonistica, quasi autoreferenziale. Quando ho iniziato a fare laguida, avevo un’idea in testa: ‘deve essere divertente’, mi dicevo. Notavoche nella maggioranza dei casi le visite erano lezioni universitarie e que-sto lo dico pur avendo fatto parte di quel mondo”.

A giudicare dai numeri, avete ragione voi. Cosa si nasconde die-tro questo successo?“Siamo tutti archeologi. Questo progetto nasce avendo alla base la pas-sione proprio per l’archeologia. E vorremmo anche sfatare un tabù, quel-

lo per cui con la cultura non si fanno i soldi e non si offre lavoro. Con leidee giuste e un minimo di voglia di provare a sfondare qualche porta chesolitamente è chiusa, le possibilità si possono creare. Abbiamo avuto dif-ficoltà iniziali, certo. Non è stato facile trovare i siti, la nostra burocraziarappresenta in tal senso un forte ostacolo. Però girando, piano piano neabbiamo trovati. Ora ne abbiamo 5 su cui ruotiamo”.

A proposito di siti, vi muovete spesso tra quelli meno ricercatidella Capitale. C’è ancora molto da scoprire a Roma o mostrareal pubblico?“Le parlo da archeologo e come tale le dico che non finisco mai di stupir-mi. L’altro giorno mi sono ritrovato a visitare una biblioteca rinascimen-tale dentro la chiesa di Santa Croce in Gerusalemme. Pochissimi ne sonoa conoscenza. Un luogo davvero spettacolare. Poi è ovvio che, ora checominciamo a muovere un folto numero di persone, potremmo trovarerealtà più importanti che vogliano ospitarci”.

Parliamo dell’ aperitivo vero e proprio. Nei vostri viaggi archeo-culinari spaziate lungo tre epoche: antica Roma, Medioevo eRinascimento. Come costruite il menu?“La parte che mi diverte di più è proprio lo studio delle ricette. Per esem-pio in quello barbarico, che è stato un evento ‘speciale’, ma pur sempre

lavoro Una visita a un museo o a un sito archeologico attraverso un ‘viaggio narr>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Intrattenere facendo cultura La visita archeologica deve essere una lezione universi-

taria, bensì un viaggio piacevole e divertente

Page 29: Periodico italiano magazine aprile 2015

una sotto branca di quello romano, ho ricercato le fonti nei manoscritti, -in questo caso è stato il Codex Parisinus Latinus. Dopodiché faccio unaselezione pensando sia a cosa potrebbe piacere alla gente, sia a proporrepietanze fattibili, riproducibili che però abbiano un senso. I piatti devonoessere un sunto del periodo in questione. Per esempio, nel caso dell’ape-ritivo romano, è importante inserire il miele. A volte può essere semplice.Per l’antica Roma abbiamo molte fonti, come Apicio, Columella. In altricasi, come per i medievali che sono più difficili, si procede con uno studioapprofondito dei manoscritti”.

Ci spieghi come si passa all’atto pratico, da una fonte al piattovero e proprio. Chi cucina?“Abbiamo un team di esperti per il catering. Sottopongo a loro la ricettee chiedo quali siano i punti critici, ne parliamo insieme, proviamo. È unaparte molto divertente, dove nasce proprio un dialogo tra ‘antico’ e‘moderno’. Alcune volte siamo molto filologici, altre meno. Prepariamo deipiatti che già sappiamo che potranno non piacere. Fa parte del gioco,della visita. In ogni caso si tratta di un modo per viaggiare nel tempo”.

Cosa gradisce soprattutto la gente dei vostri menu a tema?“I dolci, direi, come i globula dell’antica Roma e i vini speziati, romani emedioevali”.

Visto l’ampio riscontro, vi ‘espanderete’ in altre epoche?“No. A parte eventi speciali come quello barbarico, per esempio, checomunque rientra in una delle tre epoche, in futuro stiamo pensando difarne uno sempre nell’antica Roma, di taglio però ‘militare’, al Museodelle Mura. È al vaglio anche l’Egitto e gli Etruschi”.

La fantasia e le conoscenze non sembrano mancare a questo gruppo diragazzi. Il materiale con cui lavorare, come si sa, abbonda. Non resta cheaspettare i prossimi appuntamenti per soddisfare la sete di sapere. Anzi,sarebbe il caso di dire per ‘saziarsi’ di conoscenza. Per ironia, forse ci vole-va proprio un gruppo di amanti del passato per svecchiare questo Paesee insegnare che la cultura può e deve essere intrattenimento. Perché infondo, vista così, non è mai stata così bella e ‘buona’.Per saperne di più sugli aperitivi archeologici, i menu del passato e isiti che ospitano le visite guidate, potete andare sul sito www.aperiti-voarcheologico.it

GAETANO MASSIMO MACRÌ

29 > > > > > > > > > > > > > > > > > > > Periodico italiano MAGAZINE

rato’: come mettere alla cultura un tacco alto e un abito da sera>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Lo studio delle ricette Tutte le pietanze

proposte nell’Ancient Aperitif sono il frutto di

accurate ricerche attraverso gli antichi mano-

scritti di Apicio, Catone, Columella. Ricette in

latino scritte tra il I e il IV secolo a.C.

Page 30: Periodico italiano magazine aprile 2015

La Sicilia è la terra di Filippo Borrello e ilprofumo delle zagare si avverte nelle sue

ricette: pasticcini al limone, gelato artigianale,cassatine, gli immancabili cannoli, nonché nelletorte cremose al pistacchio di Bronte. Ma il fioreall’occhiello di questo nuovo e fresco spazio èl’offerta culturale. Il “Lol Roma Bar eLetteratura” è un piccolo spazio situato nellaCirconvallazione Gianicolense al numero civico182, che la domenica pomeriggio dalle 17,00 alle20,00 si trasforma in una pedana per gli autoriche vogliono presentare i propri libri a una cer-chia ristretta di amici. Poi, dalle ore 20,00 alle21,00 si da la possibilità a tutti gli avventori difarsi leggere da attori professionisti, le poesieamate o i brani di romanzi da loro stessi prefe-riti. La gestione è curata fin nei minimi dettaglida Filippo e Silvia. Perché la cultura deve esse-re gustata come un buon dolce.

Chiediamo a Filippo Borrello, perché LolRoma Bar e Letteratura?“Lol, queste tre lettere sottintendono l’estrositàdelle situazioni pazze e irresistibili che la vita cipropone quotidianamente, così come queglisketch televisivi divertenti; Roma, perché lacapitale è la città più bella del mondo e, vista altramonto, è un vero spettacolo specialmente altramonto! Bar e Letteratura, perché è semprestato il sogno e della nostra famiglia”.

La tradizione siciliana nella tua pasticce-ria da quale città dell’isola proviene?“Da Messina, con la sua dimensione storica eculturale, ricca della sua misteriosa e complessaidentità. Vi ricordo che abbiamo avuto le inva-sioni arabe e gli insediamenti greci; però a pen-

sarci bene anche ora abbiamo queste invasioni,la storia non cambia. L’arte di preparare il ciboe di mangiarlo diventa allora, in questo conte-sto, soggetto e prodotto culturale a tutti gli effet-ti. Il dolce, addirittura, si ritaglia un ambitoesclusivo, ricco di significati simbolici, perchésganciato sin dalle origine dalla sua funzionenaturale di alimento e legato invece all’universopiù complesso e più profondo della naturaumana”.

Non solo Pasticceria ma anche gastrono-mia. Anche questi piatti così diversi traloro sono preparati da te?“Diciamo che in parte, a questa domanda, horisposto precedentemente ma devo dire che per

lavoro Cultura letteraria e gastronomica, per nutrire il cervello, l’anima e il corpo>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Gusto e culturaal bar letterario

La particolarità del ‘Lol Roma Bar e Letteratura’ inaugurato a marzo

nella capitale è prima di tutto l’alta pasticceria che trae le origini dal-

l’autentica tradizione siciliana

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me è un piacere impastare gli ingredienti secon-do le regole della tradizione culinaria, ed eccoche sforno torte ai vegetali, sfoglie naturali, sup-plì e arancini unici secondo la tradizione sicilia-na vera, autentica, poiché la creatività non mimanca ed è la creatività e il buon gusto che dif-ferenziano la mia gastronomia dalle offertedegli altri bar, o ristoranti, addirittura”.

Lol Roma Bar per la cultura, quale rappor-to avete con l’arte in genere?“L’arte ci scorre nelle vene: mio suocero, che hail mio stesso nome, viene dall’Accademia diBelle Arti, dipinge, e mantiene le tradizioni diArquata del Tronto nelle Marche dove è nato edove è in ottimo stato di conservazione la Rocca,il castello turrito; Silvia la mia ragazza, amal’arte in genere, i fiori, gli animali; la mamma,Rita trasteverina autentica, è un’appassionatadi letture, sta sempre con i libri in mano, di nar-rativa, di poesia e di cucina, logicamente. Spessoè qui al banco con noi. Mia madre, Caterina, è diMessina e spesso ci viene a trovare e mi aggior-na sugli antichi piatti della cucina messinese.Io, oltre a cucinare – mi chiamano “maestro” – ead allestire con arte i piatti, che devono ancheaffascinare l’occhio, nutrire con sapienza spe-cialmente in questo periodo scombinato delmordi e fuggi, scriv e non è detto che un giornonon pubblichi qualche libro, magari di ricette”.

Due giovani, Filippo e Silvia, che lasciano ipropri lavori per intraprendere i rischi diuna nuova iniziativa; quanta fiducia avetein voi stessi?“Lasciare il proprio lavoro certo per intrapren-dere un nuovo lavoro con tutti i rischi d’impresaci ha sottoposto a critiche spesso severe ma cheabbiamo insieme, di comune accordo, superato.Come si dice: l’unione fa la forza e comprendia-mo quanto dai nostri amici e conoscenti ci èstato detto! Prima di tutto la fiducia in se stes-si, nelle proprie capacità da mettere in gioco, ilcoraggio che ci viene dalla nostra giovane età, ilsupporto dei genitori e l’amore! Questi sono gliingredienti base almeno per iniziare!”.

Come pensate di organizzare le presenta-zioni di novità letterarie?“Prevediamo di iniziare con la presentazione dilibri sia di narrativa sia di poesia e, perché no,

anche di qualche saggio e non disdegniamoneanche i dibattiti su argomenti culturali, dicostume di… cartoni animati; siamo Lol, e quin-di imprevedibili e irresistibili! Abbiamo giàpreso contatti con un’associazione culturale, LeRagunanze, che ci supporterà per l’organizzazio-ne dei primi eventi. Lo spazio può contenere almassimo 25 persone ma questo non ci impediscedi diffondere cultura, letteraria e gastronomica,per nutrire il cervello, l’anima e il corpo”.

GIUSEPPE LORIN

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arte Il quartiere romano di Tor Marancia trasformato in ‘museo a cielo aperto’da un proget>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Quando l’arte è partecipata

Roma. Tor Marancia. Street art. NostraSignora di Shanghai by Mr.Klevra, vedutad’insieme (Foto R. Restifo).

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tto di riqualificazione urbana, culturale e sociale >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Lui si chiama Mr.Klevra e, nella capitale, èuno degli artisti del momento. Ha collabora-

to, infatti, al noto progetto di arte pubblicapartecipata ‘Big city life’, volto alla riqualifica-zione urbana, culturale e sociale di alcuneperiferie della città di Roma, che ha coinvoltola storica zona urbanistica di ‘Tor Marancia’,in Via Annio Felice.Avviato l’8 gennaio 2015 per concludersi agliinizi di marzo, ‘Big city life’ è stato ideato dallagalleria romana ‘999Contemporary’ e organizza-to da Francesca Mezzano, con la curatela diStefano S. Antonelli e Gianluca Marziani.Realizzato con il sostegno di Roma Capitale,Assessorato alla Cultura, Creatività,Promozione artistica e Turismo, dellaFondazione Roma-Arte-Musei e dalla stessal’associazione culturale 999Contemporary, conla partnership dell’Ater del Comune di Roma ein collaborazione con Atac, il progetto è statosponsorizzato dalla ditta Sikkens, che ha fornitoi materiali per realizzare le opere. Con esso,oltre cinquecento abitanti delle case popolaridello storico lotto 1 di Tor Marancia di proprietàAter del Comune di Roma hanno incontratoventi artisti (tra i quali gli italiani Diamond,Mr.Kleva e Moneyless, i francesi Seth e PhilipBaudelocque e l’argentino Jaz), approdati aRoma da dieci diversi Paesi del mondo. Nellospecifico: Italia, Francia, Germania, Portogallo,Hong Kong, Gran Bretagna, Stati Uniti,Argentina, Australia e Cile. E da questo incon-tro è nato un vero e proprio museo a ‘cielo aaperto’, una sorta di Louvre liberamente acces-sibile.Mr.Klevra, artista di fama internazionale coin-volto nel progetto, ha voluto raccontarci cosa èaccaduto a Tor Marancia e la sua personale

visione dell’arte urbana. Senza tralasciare, però,qualche critica a d alcuni suoi colleghi, al siste-ma artistico capitolino e ad alcuni progettiromani paralleli.

Mr.Klevra, insieme con altri 20 artisti (enon 18 come riportato da molti giornali)stai collaborando al progetto ‘Big CityLife’, curato da Francesca Mezzano,Stefano Antonelli e Gianluca Marziani,fondatori della galleria romana ‘urban art999 Contemporary’. Di cosa si tratta esatta-mente?“‘Big city life’ è un progetto impegnativo perchésta concentrando 20 artisti per 20 facciate alte14 metri, per un totale di oltre 2500mq di opere:un accorpamento notevole all’interno di un sololotto. Ogni artista doveva realizzare un pezzoesplicitamente ispirato a Tor Marancia. Nelfarlo, tutti ci siamo interfacciati con la realtà e

Intervista a uno dei 20 artisti

provenienti da dieci diversi Paesi

del mondo, che hanno lavorato

al progetto di arte pubblica par-

tecipata ‘Big City Life’, per la

riqualifica di alcune periferie

romane

Mr. KevlarNato a Roma nel 1978, dove vive e lavora,

Mr. Klevra (in ebraico ‘cane rabbioso) è

laureato in ingegneria civile. Ha sempre

coltivato la passione per l’arte: ricorda di

aver disegnato fin dalla tenera età.

Approdato alla Street art nel 1994, inizia

a dipingere per strada come writer e,

rimanendone affascinato, coltiva l’urban

art parallelamente alla sua produzione di

artista ‘classico’. Usa la strada come se

fosse una galleria d’arte: ogni opera deve avere la giusta location. Come

un bel quadro, che risalta perfettamente se abbinato alla cornice adat-

ta, o sotto una luce particolare, così i suoi poster devono avere spazi,

ombre e contorni architettonici che nel loro insieme mettano in risalto

le opere. Le sue creazioni hanno l’ obbiettivo di colpire l’ osservatore,

cercando di rapire l’ attenzione del passante distratto da altro. Ogni sua

produzione subisce lo stesso meticoloso ed elaborato processo di prepa-

razione. Durante la sua carriera, grazie a un corso di iconografia bizan-

tina, è passato dal modellismo alle più raffinate tecniche pittoriche:

dall’aerografo alla customizzazione di auto e moto, fino alla progetta-

zione grafica come freelance. Tutto ciò gli ha permesso di potersi man-

tenere gli studi e di accettare gli incarichi proposti sempre come una

nuove sfide. Con l’esperienza acquisita col tempo, alla produzione su

commissione, si è affiancata la realizzazione di opere altamente elabo-

rate, frutto della sua vulcanica creatività. Prediligendo superfici come

tele, skateboard e poster in carta velina. Ultimamente, la carta velina è

la sua superficie prediletta; la sua capacità di manipolarla lo porta a

creare anche poster di enormi dimensioni, fino a 10 metri quadri.

SITO INTERNET: http://www.klevra.com

Page 34: Periodico italiano magazine aprile 2015

la storia del luogo. ‘Big city life’ vuole essereanche un progetto di riqualificazione urbana, unregalo ai residenti. Tutte le spese sono statedestinate alla realizzazione delle opere, nono-stante i costi siano molto elevati. La stessa ‘999Contemporary’ ha sponsorizzato l’evento e ifondi sono stati reperiti da vari enti capitolini,pubblici e privati. Tutti i materiali utilizzati,inoltre, sono di ottima qualità”.

Come hanno reagito i residenti del quar-tiere ‘Tor Marancia’ all’avvio del progetto? “In un primo momento è stata ‘dura’, perchégiungi ad operare in un territorio ostile: loro, difondo, si devono difendere da qualcosa che nonconoscono. Inizialmente, i residenti si sonomostrati ‘titubanti’. Però, col passare del tempo,abbiamo cominciato a conoscerci. E ci siamoreciprocamente affezionati. Ognuno di noi haricevuto la consueta tazzina di caffè dalla fine-stra. E si sono verificati aneddoti simpatici. Sai,a Tor Marancia può accadere di tutto. C’è l’arti-sta americano (che non parla una parola di ita-liano) che riesce in qualche modo a comunicarecon la signora che si affaccia alla finestra e chegli dice: ‘Ao, viè qua, piate er caffè’. Insomma,cose belle. A interessarsi al progetto sono statisoprattutto i giovani che sostavano nell’adiacen-

te parchetto: il fatto di vederci lì e di poter inte-ragire liberamente con noi è stato qualcosa diforte. Cominci a entrare nel loro mondo. Adapprezzarne le storie. Hai l’occasione di conosce-re Andrea, ad esempio, un ragazzo tetraplegicoche vive al quinto piano di un palazzo, senzaascensore, e il fratello ogni volta lo porta su egiù dalle scale, con un enorme sforzo fisico.Oppure hai modo di relazionarti con le signoreanziane del lotto, chiuse in casa perché non pos-sono uscire. Le stesse che si affacciano alla fine-stra e gridando ‘ao, te saluta mi nipote, quelloche sta in America!’. E alle quali rispondi: ‘gra-zie, signora!!!’. È la bellezza del popolo dellaperiferia. E te lo dice uno che viene da Ostia.Forse è per questo che mi trovo molto bene indeterminati contesti. Probabilmente, se avessi-mo avviato lo stesso progetto nel quartiere Pratidi Roma, avremmo ottenuto tutto un altroriscontro. Chissà”.

Per la scelta del soggetto, che comunqueha una forte connotazione religiosa, haichiesto il parere dei residenti del quartie-re, o hai fatto di ‘testa tua’?“ Per ogni opera sono stati realizzati tre bozzet-ti, sottoposti al parere dei residenti nel palazzocome a quello dei curatori e della Fondazione

arte A interessarsi al progetto sono stati soprattutto i giovani: il fatto di vedere e di poter in>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Roma. Tor Marancia. ‘Il bambino redentore’ di Seth Roma. Tor Marancia. ‘Assolo’ di Danilo Bucchi.

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Roma, tra i finanziatori del progetto”.

Durante la tua formazione hai effettuatoun corso di iconografia bizantina, che ineffetti, a ben vedere, ha permeato non pocoil tuo stile. Come nasce questa passioneper l’arte orientale ?“Il corso di iconografia bizantina è l’unico che hofatto in tutta la mia vita. Ed è durato cinquegiorni. Per il resto, sono un autodidatta. Conesso, volevo approfondire l’aspetto storico-teolo-gico dell’arte sacra. Premesso che dipingo fin dabambino, e che con l’arte ho finanziato gli studid’ingegneria, inizialmente ero particolarmenteinteressato alla sperimentazione tecnica. Coltempo, mi sono provato in diversi ‘stili’ e tecni-che, perché a mio avviso l’artista ‘vero’ deveessere poliedrico. Ho spaziato dalla scultura altatuaggio, affinando la mia tecnica. Allo stessotempo, però, dal punto di vista contenutistico eiconografico, stavo cercando una sintesi del miobagaglio tecnico, qualcosa che potesse esprimer-lo al meglio. E considerato che sono cristiano, misono avvicinato all’arte bizantina e ne sonorimasto affascinato. A questo ‘innamoramento’hanno contribuito anche i viaggi in Israele e aIstanbul. Pensa che una volta, all’interno diSanta Sofia a Istanbul, ci fu l’illuminazione.Pensai: “è tutto qui dentro”. Lì, infatti, c’eraquello che stavo facendo e cercando: creare ilmio ‘font’ e sposarlo con le icone che rappresen-tavo. Alla fine, portare l’iconografia bizantinaper strada è venuto quasi spontaneo. Ma non èsempre tutto ‘rosa e fiori’. Rispetto a quello chefaccio, perfino alcuni uomini di chiesa si sonolamentati. Perché non hanno compreso che ilmio tentativo non è quello di fare proselitismo.Relativamente a ‘Big City Life’, ad esempio, hoavuto un confronto interessante con il parroco diTor Marancia, Don Mauro, che di fronte alla miaMadonna col Bambino inizialmente è rimastoperplesso. Questo perché ho voluto denominarla‘Nostra Signora di Shanghai’, in omaggio agli‘shanghaini’, ovvero agli abitanti di TorMarancia, che in passato si chiamavano così.Lui è rimasto male, inizialmente, perché la chie-sa che amministra è denominata ‘Nostra signo-ra di Lourdes’. In questo caso l’ho voluto incon-trare per spiegargli il senso dell’opera. LaMadonna rappresenta Roma, ed è l’icona dellatenerezza, mentre Gesù incarna il Bambinoche chiede, appunto, tenerezza alla madre.Maria soffre perché sa benissimo che Cristo

soffrirà. Ho pensato l’opera in stretto rapportocon la zona alla quale è destinata. È un donoal popolo di Tor Marancia, agli shanghaini chetrovano rifugio e tenerezza nella Madonna,simbolo dell’Urbe. Don Mauro, a quel punto,ha capito. E non abbiamo avuto più problemi.Certo, a volte può capitare che le persone,osservando le mie opere, le commentino inmaniera del tutto superficiale. Spesso ho sen-tito esclamare: ‘ao, guarda, ‘na Madonna, chepalle!’. Non ti nascondo che sarebbe più sem-plice scegliere soggetti prosaici e ad appan-naggio di tutti, tipo donnine tatuate o in atteg-giamenti lascivi. Tuttavia, la mia è una ricer-ca più profonda. Che però, anche se ricca dicontenuti, può arrivare a tutti, indistintamen-te. Perché, anche solo nel momento in cui tifermi, guardi e dici “ecco, guarda quello, fa le

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nteragire liberamente con gli artisti è stato qualcosa di forte>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Roma. Tor Marancia. Street art. Nostra Signora diShanghai by Mr.Klevra, particolare volti (Foto R.Restifo).

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Madonne’, significa che hai osservato l’opera.E io ho raggiunto il mio obiettivo”.

Secondo te, la Street art o l’Urban artpotrebbero essere una forma di risposta‘positiva’ all’esigenza di tornare a darevita, colore e bellezza allo spazio che cicirconda?“Sono dell’idea che l’artista dipinga perchénon deve parlare. Tutto quello che devi capirein un’opera lo percepisci dall’opera stessa. Cheè in grado di suscitare delle sensazioni nelfruitore, anche in quello che non ne conosce ilcontenuto. Di fronte a un’opera d’arte si puòreagire in diverso modo: ci si può rilassare, cisi può innervosire, la si può apprezzare; inogni caso, ne deve scaturire un’emozione. LaStreet art per me è l’esatto contrario dell’arteconcettuale contemporanea, il cui significatoresta chiuso in se stesso. Le opere di Streetart, invece, devono essere monumentali edevono colpire ‘come una fucilata’. Nel momen-to in cui ci riescono, inevitabilmente catturanol’occhio dell’osservatore, che non è più attrat-to dal degrado che lo circonda. L’Urban Art èancora diversa. Essa riguarda edifici monu-mentali, di grande entità, e avviene spesso sucommissione. Senza le dovute autorizzazioni,fare Street art su intere facciate, come avvenu-to a Tor Marancia, sarebbe illegale. Penso,comunque, che molti artisti siano interessatisolamente al marketing. Altro che rovine emonumenti: a molti interessa solamente il‘like’ su facebook o sul social network di turno.

Conosco molti artisti, ma pochi sono quellifedeli alle proprie idee e che fanno arte insenso puro: per loro, massimo rispetto”.

Oltre a Tor Marancia, al momento nellaCapitale sono attivi altri tre importantiprogetti di arte pubblica urbana. Da arti-sta e cittadino romano, come ti spieghiquesto rinnovato interesse per l’arteurbana da parte dei vari enti capitolini,pubblici e privati? “Sulla questione nutro parecchie perplessità.A mio parere, certi progetti, spesso, vengonofatti per un ‘tornaconto’ del singolo artista odell’ente di turno. Raramente si tratta di verafilantropia. Nell’ambiente c’è molta rivalità ecompetizione. Con molti artisti, poi, è impossi-bile collaborare o confrontarsi. Hanno unamentalità un po’ provinciale, che all’estero,dove ho lavorato, non mi è mai capitato diriscontrare. Io la chiamo ‘mentalità del rosico-ne’. Qualsiasi cosa fai, viene criticata. Secondoil pensiero comune, la fai per i soldi o per leconoscenze. Non si guarda mai al risultatofinale. Che è comunque qualcosa di bello, aprescindere da chi l’abbia realizzato. Non esi-ste un clima collaborativo. Ci si pesta i piedi avicenda. Ci si fa causa per nulla. E non esisteoggettività. Io, personalmente, sono disposto alavorare ore e ore su un progetto, anche gra-tuitamente, purché si faccia qualcosa di stu-pendo. Roma, poi, è la mia città”.

SERENA DI GIOVANNI

arte La street art colpisce ‘come una fucilata’ l’occhio dell’osservatore>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Roma. Tor Marancia. Le facciate realizzate nel progetto ‘Big city life’.

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Ifumetti hanno invasoHollywood. Inutile nascon-

derlo o ignorarlo: le sale cine-matografiche si sono lentamen-te popolate negli ultimi quindi-ci anni di eroi in costume inten-ti a salvare il mondo dall’enne-sima catastrofe o gestire la lorovita sentimentale e il peso dellaresponsabilità. Il tutto accom-pagnato da abilissime manovredi marketing, tecnologieall’avanguardia ed effetti spe-ciali mozzafiato; personaggi giàiconici nel mondo del fumetto,

facilmente riconoscibili dagrandi e piccoli. un vero affarein grado far girare miliardi didollari in tutto, mobilitare i fansempre in attesa della nuovapellicola e delle ultime indiscre-zioni. Un vero ‘fenomeno’.Il 22 aprile uscirà nelle sale ita-liane l’attesissimo Avenger:Age of Ultron (stranamentecon ben otto giorni di anticiporispetto alla release america-na), il super film dei MarvelStudios nel quale CapitanAmerica, Iron Man, Hulk, Thor,

Vedova Nera e Occhio di Falcosi uniranno per salvare la razzaumana dai piani del maleficorobot senziente Ultron. Dopotre anni dagli oltre1.518.600.000 di dollari incas-sati in tutto il mondo del primofilm (il terzo incasso più elevatodella storia del cinema senzacontare l’inflazione), la Marveltenta di bissare e superare que-sto successo. In fondo squadrache vince non si cambia.Il successo del “cinefumetto”(cinecomics in inglese) è ormai

cinema L’interesse di Hollywood per i supereroi non conosce crisi >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Inarrestabilecinecomics

Dal 2000 a oggi, il numero dei film dedicati agli eroi dei fumetti è

aumentato esponenzialmente, diventando un vero e proprio fenome-

no di costume che attira in sala una larghissima fetta di pubblico, con

risultati incredibili al botteghino. Un segmento che il nostro cinema èancora restìo ad affrontare seriamente

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planetario ed è impossibilenegare che il calendario delleuscite delle grandi case distri-butrici viene annualmenteregolato in base alle date diuscita di questi titoli. Quelloche vediamo oggi in sala è soloil punto di arrivo di un lunghis-simo percorso che ha accompa-gnato lo sviluppo dell’industriae che, almeno in parte, ha con-tribuito a ‘ridisegnarne’ il volto.

I primi passi in televisioneDa dove nasce il successo diquesti film? I primi passi deglieroi dei fumetti fuori dagli albicolorati non sono stati su gran-de schermo, ma in televisione:nel 1952, dopo una lunga seriedi cortometraggi, nelle caseamericane approdò TheAdventures of Superman,con George Reeves ad interpre-tare l’iconico Uomo d’Acciaiodella DC Comics provenienteda Krypton, il primo vero supe-reroe moderno. La serie diven-ne molto popolare e nell’arco disei stagioni fino al 1958 feceintuire per la prima volta lepotenzialità di questo genere diintrattenimento. Va ricordatocomunque che per molti anni ifumetti sono stati consideratiin America come un intratteni-mento frivolo e superficiale,

addirittura dannoso comeebbe a teo-

rizzareFredric

Wertham nel suo libro del 1954Seduction of Innocent: sitrattava di un analisi sul com-portamento dei bambini cheveniva, secondo l’opinione dell’psichiatra di origine tedesca,essere alterato dalle rappresen-tazioni violente dei fumetti. Leteorie di Wertham sono stateaccantonate e ritenute inesattenel corso degli anni, ma perlungo tempo l’opinione pubbli-ca americana vide nei comicsun divertimento nocivo e dise-ducativo, una visione estesaquindi a tutti i prodotti ad essilegati. A cambiare questa ten-denza contribuì una serie tele-visiva del 1966 divenuta un

classico irrinunciabile:Batman con AdamWest nel ruolo del pro-tettore di Gotham City.

Ancora una serie televisi-va, ancora un personaggio

iconico della DC Comics che sidimostra pioniera nello sfrutta-mento dei suoi personaggi.

Queste serie in particolare,caratterizzate da un tono scan-zonato e scene coloratissime(forse non del tutto in linea conil personaggio originale macomunque ben realizzate) con-tribuirono a sdoganare ilfumetto e a renderlo accessibi-le, facile e allegro, allontanandoi toni foschi delle critiche insen-sate. Il passo successivo sareb-be stato il grande schermo.

You’ll believe a man can flyNegli anni ’70 la DC Comics,sempre in anticipo sui rivalidella Marvel Comics (che pro-

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prio in quegli anni stavaattuando una profonda ristrut-turazione delle proprie testate)portò per la prima volta sulloschermo il proprio eroe simbo-lo: Superman. L’anno era il1978 e un indimenticabile (eindimenticato) ChristopherReeve convinse tutto il mondoche un uomo era in grado dilibrarsi in aria e salvare ilgenere umano. Superman,diretto da Richard Donner, è ilprimo vero cinefumetto dellastoria, una pellicola che godet-te di uno straordinario succes-so planetario (300 milioni didollari) che portò alla realizza-zione di quattro sequel, cheperò non ebbero lo stessoimpatto, e ancora oggi risultaun film godibilissimo, con unasceneggiatura ben organizza-ta e in grado di mescolaresapientemente humor (con unimmenso Gene Hackman nelruolo dell’antagonista LexLuthor) azione e drammatici-tà. Purtroppo la chimica rag-giunta in questo film non riu-scì a essere replicata neiseguiti, realizzati frettolosa-mente ed eccessivamentecomici, facendo diminuire l’in-teresse del pubblico per unfilm sull’ultimo figlio diKrypton. Si deve pensareanche che proprio in queglianni la Marvel Comics, storicarivale della DC, portò sul pic-colo schermo alcuni dei suoieroi con risulti in molti casinotevoli (basti pensare aL’Incredibile Hulk con BillBixby e Lou Ferrigno) indu-cendo molti a credere che forseil binomio fumetto-televisionefosse più adeguato nel raccon-tare le storie dei tantissimialbi rispetto ad un unico lun-gometraggio. Tutte questeconvinzioni crollarono misera-mente nel 1989.

Batman: la gallina dalle uova d’oroQuando la Warner Bros.annunciò che Tim Burton erastato ingaggiato per dirigere unfilm sull’uomo pipistrello conprotagonista il semi-sconosciu-to Michael Keaton, dire chemolti fossero scettici è un gar-bato eufemismo. All’uscitaBatman mise a tacere tutti gliscettici e alla fine del periodo diprogrammazione arrivò adincassare ben 411 milioni didollari, superando il precedenterecord di Superman. L’appealdi Batman, un uomo con unagrave tragedia familiare allespalle che decide di fare giusti-zia nella propria città, è sicura-mente più facile da assimilareper chiunque rispetto all’Uomod’Acciaio (una figura eccessiva-mente onnipotente, quasi ‘divi-na’, e quindi lontana dallo spet-tatore). Lo stile cupo di Burtonrisultò perfetto per il film, unostraordinario Jack Nicholsonmostrò al mondo la follia delJoker supportato da uno stupe-facente e inaspettato Keaton.Un vero trionfo.Al primo film fecero seguito nelcorso degli anni tre film: nel1993 Batman il Ritorno,sempre diretto da Tim Burton eMichael Keaton cui si aggiun-sero Danny De Vito nel ruolodel Pinguino e Michelle Pfeifferin quello di Catwoman; nel1996 Batman Forever inau-gura un nuovo corso con ValKilmer nel ruolo dell’eroe e JoelSchumacher alla regia per unfilm molto differente dai prece-denti, più colorato e ‘leggero’rispetto ai primi due, macomunque godibile; nel 1997sempre Schumacher con ilnuovo Batman & Robin, cheottenne risultati disastrosi albotteghino a causa di un’ecces-sivo allontanamento da quella

che è l’immagine iconica diBatman, distrusse quanto dibuono era stato costruito neglianni, mandando in naftalinaqualunque piano per nuovi.Almeno fino al 2005. In quel-l’anno il regista ChristopherNolan riprende il personaggioadottando un approccio ‘reali-stico’ in quella che, a detta dimolti critici, è la miglior trilogiadedicata ad un eroe dei fumet-ti: Batman Begins, IlCavaliere Oscuro e IlCavaliere Oscuro - IlRitorno.

E la Marvel?Dopo un iniziale ‘gap’ nei con-fronti della rivale storica DCComics, la Marvel riesce final-mente a sfruttare i propri eroinel miglior modo possibile, ven-dendo i diritti di sfruttamento avari studios di Hollywood chegarantiranno in sette anni (dal2000 al 2007) ben quindici film,tra i quali successi figuranoveri campioni d’incassi come ledue trilogie dedicate agli X-Men e a Spiderman. Nel 2008le strategie in casa Marvelcambiano totalmente e ha ini-zio una vera rivoluzione checambierà l’intera industria.Dopo aver fondato un propriostudio di produzione (i Marvel

cinema Le storie sono sempre le stesse, ma gli effetti speciali fanno la differenza a>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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al botteghino>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Studios appunto) viene varatoun piano pluriennale cheattualmente prevede film finoal 2028 collegati tra loro. Inaltri termini, i Marvel Studioshanno trasportato il “metodo”del fumetto sul grande scher-mo, con storie che possono esse-re viste singolarmente, ma chehanno un filo conduttore comu-ne, un po’ come i film della serie007, in grado però di portare adun grande film corale (Avengerappunto). Questa rivoluzioneha colto impreparati i concor-renti, DC Comics compresa, eche solo ora stanno adottandola stessa strategia a lunghissi-

mo termine. Una mossa che hagià portato nelle casse deiMarvel Studios (che dal 2012 èstata acquistata dalla Disneyper la cifra record di quattromiliardi di dollari) complessi-vamente circa cinque miliardidi dollari. Cifre che fanno gira-re la testa.

Nel frattempo in Italia…Se in America il genere fumet-tistico al cinema si è evolutodiventando una delle basi por-tanti di Hollywood, l’Italia nonè mai stata in grado di sfrutta-re quello che sarebbe uno stra-ordinario patrimonio. Tex,

Dylan Dog e Diabolik sononomi illustri del nostro fumettonazionale che sul grande scher-mo non sono stati mai sfruttati.Diabolik è stato portato sulloschermo da Mario Bava nel1968 in una pellicola che neglianni è diventata un piccolo cultper gli appassionati, ma chedefinire trash è un eufemismo,lontano anni luce dal tono delfumetto. Anche Tex ha avutouna sua trasposizione cinema-tografica nel 1985 e DylanDog è stato indegnamente por-tato sullo schermo nel 2011 inun film su cui non vale la penaspendere neanche una parola.Forse in Italia non esistono eroifamosi e conosciuti in tutti ilmondo come quelli americani,ma provare a realizzare un pro-dotto valido che possa accon-tentare critica e pubblico non èdi certo un impresa ardua:Claudio di Biagio, un giovaneyoutuber romano, grazie a unaraccolta di fondi online è riusci-to a realizzare un godibilissimomediometraggio dedicato all’in-dagatore dell’incubo, intitolatoVittima degli eventi. Dellaserie: quando si vuole, le coseper bene si fanno. Un mantrache in questo paese dovremmotenerci ben fisso nella mente.

GIORGIO MORINO

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Che cos’è l’amore? Fino ache punto siamo disposti a

mettere in discussione lanostra essenza per amore?Quanto siamo disposti a lottareper esso o a riconoscerne il fal-limento? Che conseguenze puòavere questo dentro di noi, edentro l’altro? La questionesembra riguardare la relazioneamorosa uomo donna, invece sitratta dell’amore che lega ungenitore al proprio figlio.Con questa pellicola, che si èaggiudicata nel 2014 il premiodella giuria al 67esimoFestival di Cannes, il giova-nissimo regista canadeseXavier Dolan (classe 1989)esplora il viscerale, contorto,ambiguo rapporto d’amore traDiane Depres (l’attrice AnneDorval) e il figlio Steve(Antoine- Olivier Pilon), ana-lizzando la vita di queste dueanime ‘stanche’.Steve è un ragazzo difficile,vive in un centro di recuperoda cui la madre è costretta aprelevarlo per i gravi danni,irreversibili che lo stesso pro-cura a un compagno, dando

fuoco alla mensa scolastica.Inizia così una convivenza for-zata fra i due, impossibile dagestire per Diane che devecontinuare a lavorare. Poiquasi miracolosamente arrive-rà nella loro vita Kila(Suzanne Clement), la stranavicina di casa, un’insegnante

liceale che si sta curando unamomentanea balbuzie. La vitadei tre, in sinergia completa,sembra migliorare. Lo scam-bio emotivo rafforza i loroanimi fino quasi a farcidimenticare le problematicheiniziali. Steve è sereno e gioio-so, Kila riprende lentamente aparlare e Diane respira final-mente speranza.Ma l’arrivo di una lettera dirichiesta risarcimento danni di250.000 dollari condurrà tuttoin un baratro senza uscita.Xavier Dolan scandaglia concura gli animi di tutti i suoipersonaggi, alla ricerca diun’idea di speranza che inquesto mondo scarseggia:“siamo in un mondo senzasperanza,ma pieno di personeche sperano” dice lui stesso inun’intervista sul film. Anchela scelta stilistica rafforza ilsuo sentire: la pellicola è total-mente girata in 4:3 e soltantoper un secondo, quando il pro-tagonista sente di essere libe-ro davvero, solo per quelsecondo lo schermo si apre,per richiudersi inesorabilmen-te subito dopo. Neanche l’amo-re ci salva. Resta solo la mortela tragedia, la fine. Steve vole-rà via dalla sua gabbia comeun cardellino che ha bisognodi regalare al mondo il suocanto soffocato, lasciandociatterriti, sgomenti, addolorati,profondamente feriti nellaconsapevolezza che la realtà ela bellezza a volte prendonostrade differenti.

MommyRegia: Xavier DolanAttori: Anne Dorval, AntoineOlivier Pilon, Suzanne Clé-mentFotografia: André TurpinPaese: Canada, Francia (2014)Durata: 140 minuti

Cinema film a cura di Adele Perna>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Mommy

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Il cinema racconta, confronta,parla di noi, di quello che

siamo, dicome viviamo, del per-corso che stiamo facendo e delletappe che ci siamo prefissi.Fare cinema è un’esigenza: unracconto singolare che diventauniversale. Il nostro decennio èl’epoca della comunicazionemassificata per eccellenza:internet, social network e appli-cazioni telefoniche ci mettonoin contatto con gente in ogniangolo del pianeta, con untweet siamo ovunque in unistante. Ma prima di tutto que-sto ‘rumore’ come eravamocostretti ad arrangiarci perpoter dire qualcosa in più? Per poter avere l’opportunità diessere ascoltati bisognavaavere inventiva, essere diver-tenti, convincenti, trsversali. Leradio indipendenti erano tuttoquesto: regalavano alla genteun’alternativa alla comunica-zione pubblica, si spingevanooltre, denunciavano e urlavanoil loro dolore e l’esigenza di direla verità; lanciavano mode estili, e permettevano ai giovanidi conoscersi e di conoscere

tutta la musica d’oltre oceanoche altrimenti non avrebbeavuto orecchie e animi curiosipronti a recepirla.Onde road è un viaggio surrea-le all’indietro nel tempo, scaval-ca i confini della realtà narrati-va e con un salto temporale econcettuale ci riporta a viveregli anni ‘80, delle radio indipen-denti con i suoi diretti protago-nisti dell’epoca.Difficile dire se siamo davanti aun ‘docufilm’ o a un ‘filmdocu’.Sì, perché in questo lavoro leregole sono ribaltate: non è laverità che supporta la finzionescenica, ma è la finzione sceni-ca, costruita ad hoc, che fa da

architrave per raccontare lanascita delle radio indipenden-ti che, in quegli anni, nel terri-torio calabrese erano diventatenumerosissime in poco tempo.Molti i personaggi intervistati.Primo fra tutti Federico l’olan-dese volante che fingendosi ilcapo della censura futuribileracconta la sua storia: dagliesordi a radio Montecarlo finoai nostri giorni. Tanti sono iracconti, tante sono le radiocalabresi libere, tanti i cronistiche vincevano sull’ipocrisia deltempo e sulla perdita dicoscienza, che ancora adessovincola e contamina l’informa-zione. E se una voce oggi, magi-camente si appropriasse ditutte le frequenze radiofonicheconosciute e le usasse per gri-dare di libertà, saremmo ingrado di ascoltare con orecchielimpide il suo richiamo? Massimo Ivan Falsetta, registacalabrese, cresciuto accanto aun fratello radiofonico auspicauna tale rivalsa. È da questoche nasce questa pellicola: dalbisogno di tornare a una lim-pidezza espressiva orma per-duta. Grazie alla sua regioned’origine e alle giuste sinergieMassimo Ivan Falsetta scrivee dirige questo film che verra’distribuito in 15 copie daDistributori Indipendenti esarà proiettato nelle maggioricittà italiane, a cui si affian-cherà un tour di presentazio-ne per parlare di radio con chila radio la fa.

Onde RoadRegia: Massimo FalsettaAttori: Barbara Cambrea,Francesca Zavettieri, FriedrickVan Stegeren, Awana Gana,Fabrice Quagliotti Fotografia: André TurpinPaese: Italia (2014)Durata: 100 minuti

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Onde road

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Il siciliano Lorenzo Urciullo Ë Colapesce. Giàmembro degli Albanopower, The Last

Merendina, Tempestine e Santiago decide nel2010 di intraprendere un percorso da solista.Il debutto, dopo l’omonimo Ep del 2010, avvienecol disco ‘Un meraviglioso declino’. Pubblicatodallìetichetta indipendente 42 Records, ottieneottimi riscontri e riconoscimenti quali la TargaTenco come migliore opera prima e il premio‘Fuori dal Mucchio’ per il miglior esordio.Ingiustamente, secondo chi scrive, scartatodalla giuria di Sanremo 2013 per il quale si erapresentato con la bellissima ‘Anche oggi sidorme domani’, un brano che, parole sue, rac-conta “della mia generazione, quella dei trenten-ni, senza cadere in facili giustificazioni”.Avrebbe voluto “cantare un pezzo sull’assenza difuturo di fronte a chi quel futuro ce l’ha tolto”. Equanto sarebbe stato bello! Sarebbe potuto esse-re il segno di un cambiamento necessario, mache in realtà a tutt’oggi non pare sia richiesto ericercato.Il brano inoltre si distingueva per un raffinatis-simo arrangiamento con una sezione ritmicaparticolare e affatto banale.Diverse le collaborazioni di Lorenzo con altriartisti, tra cui quella con Alessandro Raina(Amor Fou) e Meg (Ex 99 Posse). Insieme allacantante napoletana incide la sua Satellite.Segue un tour nei più grandi club italiani, insie-me a Mario Conte (musicista napoletano distanza a Torino, già membro degli Epo e ormaistorico produttore della stessa Meg) e al bassi-sta Alessandro Quintavalle, e una ristampa deldisco in versione Deluxe. Un lungo tour consen-te al musicista, concerto dopo concerto, di accre-scere l’interesse del pubblico nei suoi confronti.Riduttivo definire Colapesce un cantautore.Certo, la tradizione italiana si sente eccome, ma

musica Un disco lungo, complesso e ricco di sfaccettature sonore in cui l’element>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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AscoltandoColapesce

Con il suo ultimo album,

‘Egomostro’, uscito a gennaio

2015, il cantautore siciliano

racconta molto di sé, ma anche

di noi e delle nostre manìe

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si avverte la volontà di far propri elementi dicontemporaneità e internazionalità.Per questo è difficilmente accostabile al nuovocantautorato italiano dei vari Dente, Le lucidella centrale elettrica e Di Martino invero giàmolto diversi tra loro.Lo dimostra ancora di più il nuovissimoEgomostro, uscito ancora per 42 Records lo scor-so 7 di gennaio.Un disco in cui è evidente la voglia di sperimen-tare e di proporre coraggiosamente qualcosa dinuovo, evitando di ritornare su stilemi e soluzio-ni già utilizzate. Un meraviglioso declino, era undisco più ‘classico’ e aveva nel set acustico il suonaturale mood di ascolto e ricezione. Egomostroè un lavoro molto più elettrico ed elettronico, peril quale Lorenzo si è valso, in fase di produzio-ne, della collaborazione di Mario Conte.È un disco lungo, complesso e ricco di sfaccetta-ture sonore in cui l’elemento puramente musica-le è tutt’altro che secondario; anzi, è accentuatoin modo sorprendente. Di gran classe gli arran-giamenti in cui si fondono chitarre acustiche edelettriche, bassi, synth, beat e batteria.A metà strada tra un prodotto mainstream eindipendente, il disco racconta molto dell’autorema anche di noi, delle nostre manie, fisse e ridi-cole abitudini (si veda il riferimento nella titletrack, all’ossessione per la condivisione suInstagram dei piatti appena cucinati che mietecosì tante vittime).Più vario nelle liriche e negli arrangiamentirispetto al primo album, Egomostro è un disco

to puramente musicale è tutt’altro che secondario>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Egomostro“Negli ultimi tre anni sono stato in giro con lo Zaino Protonico a raccoglie-re i mostri come i protagonisti di Ghostbusters. Li ho imprigionati dentro ilmio hard disk, proprio come un vero acchiappafantasmi, ma a un certopunto ho deciso di liberarli tutti insieme e non Ë stato per niente facilegestirli” (Colapesce)

Tracklist1. Entra pure0:352. Dopo il diluvio 4:503. Reale 3:234. Sottocoperta 3:325. Egomostro3:136. Le vacanze intelligenti 3:587. L’altra guancia 4:258. Copperfield 3:479. Brezsny 2:4510. Sold Out 4:0111. Mai vista 3:3712. Maledetti italiani 4:1113. Passami il pane 3:2114. Vai pure 0:38

Produzione: 42 Records

da ascoltare a più riprese per poterne coglieretutti gli aspetti. I brani hanno quella strutturainterna, quell’evoluzione dei dischi italiani diuna volta in cui si faceva ricerca sia sulle paro-le quanto sulla musica, come avviene ad esem-pio in ‘Copperfieldî’ e ‘Mai vista’.Il 16 Marzo è stato pubblicato il secondo singolodel disco, ‘Reale’, il cui video realizzato secondola regia di Zavvo Nicolosi (Gound Orangeís) esui disegni animati da Michele Bernardi, vede ilcantante protagonista e spettatore di alcunescene dei più celebri film cult degli ultimi 30anni da ‘la Storia infinita’ fino a ‘Le avventureacquatiche di Steve Zissou’.Colapesce fa pop, ma a modo suo, non scrive allaricerca di un facile successo. Non sembra inte-ressato alle logiche delle multinazionali.Egomostro è uno di quei lavori che fanno benealla musica nel Belpaese, assieme per fortuna atanti altri.È forse utopistico aspirare che lavori di questotipo possano avere riscontri universali e che lo siascolti anche al fuori della ristretta cerchia deisocial network e della stampa di settore. Forse èancora presto perché questo possa succedere, oforse è solo troppo tardi.

MICHELE DI MURO

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tempo è davvero interessante’. Oggi, a distanza disette anni ritorna sulla scena musicale con l’al-bum ‘Ufficialmente pazzi’ (uscito il 20 marzo2015). È l’esigenza di comunicare la sua visionedel mondo il fulcro di questo secondo lavoro, in cuiil musicista si distacca dalla sua vita per sbircia-re le storie degli altri.L’universo di ‘Ufficialmente pazzi’ è vario e affron-ta diverse tematiche sociali, dalla ricchezza deipochi e sicuri di sé alla povertà dei tanti ‘senzatetto’ e del lavoro sommerso. Un percorso persona-le nel quale ha radicalizzato alcune convinzioni

musica Uscito il 20 di marzo, il secondo album del cantautore romano è un disco>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Chitarrista tiburtino, cresciuto tra la musicaclassica e l’amore per il jazz, Paolo Pallante è

un talento poco noto, frequenta la cerchia dei clubromani dove entra in contatto con Alex Britti. Trai due inizia un sodalizio musicale molto stretto, aunirli è la passione per la musica blues e jazz e iltalento nel suonare la chitarra.Raffinato ed elegante cantautore, Paolo Pallanteha collaborato con musicisti italiani e internazio-nali. Il suo primo disco ‘Da piccolo giocavo a bocce’,del 2008, era stato definito da Vincenzo Mollica:‘un ottimo esordio perché il suo sguardo sul nostro

La folliadel mondo

Paolo Pallante presenta il suo nuovo album e ci racconta il suo

impegno sul fronte dell’antispecismo e la crescita personale di un

uomo che vuole mantenere i piedi ben saldi nella normalità

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esistenziali, tra le quali l’essere principalmenteun cantautore, o meglio un paroliere.L’importanza dei testi si unisce “a un grande lavo-ro sulle metriche e sui ritmi”, ci tiene a sottolinea-re, e aggiunge: “io scrivo insieme musica e parolefacendomi guidare dal suono della parola”.Del singolo ‘Tutto quel che resta (del perdutoamore) lui, ‘prolisso sognatore’, ne aveva scrittouna precedente versione della durata di setteminuti (intitolata ‘La calamita da frigo’). In segui-to lo stesso brano ascoltato dall’amico Britti vienetagliato, arrangiato e portato allo stato attuale.Quello che nasce è un inno all’amore, di chi si èinnamorato due volte nella vita e ne racconta l’en-tusiasmo e l’emozione con un ritmo sudamerica-no, ironico, travolgente e mai scontato. Altra bal-lata dal sapore latino si ritrova in ‘Che ci impor-ta’, in cui l’autore mostra la sua vena da ‘messica-no retrò’ come lo ha definito il suo amico Alex.Di intonazione diversa è il singolo che dà il titoloall’album, ‘Ufficialmente pazzi’, in cui il pianofor-te e l’intensa voce del cantautore riducono le sono-rità all’essenziale. La riflessione su questo temanasce da una poesia regalata al cantautore daHelena, una cara amica, che ha vissuto l’esperien-za molto drammatica e dolorosa del manicomio.Pallante ci chiarisce la motivazione di questo tito-lo e l’importanza del brano in apertura: “perchéfosse chiaro che l’energia vitale di questo disco èrappresentata proprio da questa canzone e da que-sto concetto. Il genere umano sembra folle, impaz-zito. L’uomo è l’unico essere vivente sulla terra chesi autodistrugge e distrugge il mondo bellissimonel quale potrebbe vivere” .Tra il concetto di normalità e quello di follia,anche lo stesso Pallante si è sentito spesso anor-male per il solo fatto di essere vegano. Etica eapproccio scientifico sono indispensabili, per luiche di professione è farmacista, per parlare seria-mente del movimento filosofico del veganesimo. Ilsuo impegno sul fronte dell’antispecismo gli èvalsa la prima certificazione al mondo di un discocon il marchio ‘Vegan ok’. Gli abbiamo chiesto cosasignifica. “Io non sono un cantautore vegano” – espiega – “io sono vegano, ho una alimentazione eun comportamento del tutto vegano quindi tuttoquello che faccio è legato a questo se realmenterispetto il mio pensiero”. Che Pallante è un vega-no convinto e coerente lo dimostra anche la sceltadi stampare la copertina dell’album su carta rici-clata e certificata e di utilizzare prossimamenteuno specifico tipo di vinile senza traccia di albu-mina. L’album è stato autoprodotto dallo stesso

Pallante che ha richiesto l’ausilio di Manuel DeCarli per illustrare con i suoi disegni i testi dellesue canzoni in un libretto di 24 pagine. Da questolungo confronto è nato l’uomo stilizzato che ricor-re per tutto l’album e ha come modello le operedello scultore e pittore svizzero AlbertoGiacometti. “Un omino ridotto all’osso, quasi unsegno unico che mi rappresenta” – è questa l’affer-mazione che ci fa capire quanto sia importanteper Paolo l’espressione sia verbale che visuale –.Una contaminazione che rispecchia l’eclettismo diquesto musicista, bravo con la chitarra e abile conla parola, che cresce tra la musica classica e sognadi essere Wes Montgomery.

SILVIA MATTINA

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o elegante, perfettamente equilibrato tra swing, canzone popolare e ballata >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

L’albumPaolo Pallante è cantautore, musicista, farmacista, Ambasciatore diAssociazione Vegani Italiani Onlus e responsabile del progetto FarmacieVeganOK. Perfetto equilibrio tra swing, canzone popolare e ballata ren-dono questo disco unico e favoloso. Uscito da poche settimane,Ufficialmente pazzi (certificato VeganOK), sta raccogliendo recensionipiù che positive. Un disco che merita di essere ascoltato.

Tracklist1.Ufficialmente pazzi2.Io sono il massimo3.Andiamo in pace4.King, un nome da re5.Sono le parole6.Tutto quello che resta (del perdu-to amor)7.Líegoista8.La Caroppa e Carmelo casalingo9.Fino alle ossa10.Per sempre11.Che ci importa12.A night in Manduria

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Salute Tre studenti di Udine hanno inventato la pillola che aiuta a non ‘spiluccar

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Per curare gli squilibri psicologici e fisici arriva SpuntiNO, la

compressa che dona un senso di sazietà e blocca gli impulsi

della fame nervosa

Basta pasticcinella dieta!

Una pillola contro la fame nervosa, ma nonpensate a un farmaco anoressizante. Si

tratta invece di una compressa tutta naturale,orodispersibile che riduce lo stress e lo stimolodella fame. Un prodotto che nasce da una idea ditre giovani studenti udinesi, Alessio Mazzetto,Alberto Agnoletti e Alessandra Motisi.Nel 2013, il loro progetto prende forma trai banchi di chimica e biologia dell’istitu-to Isis A. Malignani di Udine, sotto laguida dei docenti Eliana Ginevra eGiuseppe Motisi, e nel 2014 partecipaall’Intel Isef (International Scienceand Engineering Fair) di Los Angeles.L’intuizione nasce durante la parteci-pazione dei tre ragazzi alla con-ferenza sui disturbi del com-portamento alimentarelegati all’obesità, quali labinge eating disorder ela night eating syn-drome.Entrambe le patologieentrano stretta-mente a contattocon lo studio e lacura della sindromemetabolica e implicanonel soggetto atteggiamenti di disinibizione ali-mentare. Il disturbo è caratterizzato da episo-di ricorrenti in cui l’individuo mangia compul-sivamente quantità elevate di cibo, pertrovarvi una temporanea soddisfazione. Neisoggetti con disturbo da alimentazione incon-

trollata vi è una generale alterazione del sis-tema nervoso centrale, dovuto a cambiamentidi umore quali rabbia, ansia, noia che costituis-cono una forte spinta verso l’irrefrenabile assun-zione di cibo.Per combattere l’aumento di peso e ritrovare il

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controllo di sè, la soluzionepiù comune è intrapren-dere una dieta restrittiva.L’effetto della dieta faentrare il soggetto in uncircolo vizioso: avverte laprivazione fisicamente conansia e rabbia e quindi sirifugia nell’abbuffata.Una delle soluzioni a ques-ta malattia arriva propriodalla compressaSpuntiNO, il merito diquesti ragazzi è quello diaver creato una compo-sizione naturale e piacev-ole al gusto, ma che allostesso non va a intaccare ilcervello, creando ulterioridipendenze.Il principio attivo presente in SpuntiNO è lagriffonia simplicifolia, il cui estratto secco con-tiene l’amminoacido 5-idrossitriptofano (HTP)che aumenta la produzione della serotonina.Quest’ultimo neurotrasmettitore è il princi-pale responsabile dei processi biologici e neu-rologici, quali rabbia e appetito, e la sua assen-za conduce spesso al consumo di alcuni psico-farmaci antidepressivi (Dropaxin e Prozac). Lasospensione del trattamento da psicofarmaciindurebbe il soggetto a sintomi di astinenza (alivello gastrointestinale e neurologico), mentrenumerosi studi scientifici internazionalihanno dimostrato che l’estratto di griffoniasimplicifolia, adeguatamente assorbito, stimo-la ed aumenta la sensazione di sazietà portan-do, in soggetti in sovrappeso, al calo ponderale.Oltre la griffonia, gli studenti hanno analizza-

to nel laboratorio dell’istituto I.S.I.S diversitipi di piante, alla ricerca di proprietà antios-sidanti e dall’alto valore energetico. Il risulta-to è un mix di erbe officinali: theobroma cacao,radice di rhodiola rosea e di ashwaganda. Glieffetti di queste piante sono già note e larga-mente impiegate nell’ambiente fisioterapicoper la cura delle più svariate patologie.L’iniziativa, tutta nostrana, ha ora l’obiettivodi far riconoscere SpuntiNo in tutto il mondo,dove secondo i dati dell’OMS, 1,9 miliardi diadulti sono in sovrappeso e di questi oltre 600milioni sono obesi.Nell’attesa di questo ambizioso progetto, i tregiovani si godono gli ottimi risultati del testconfermati da una seconda sperimentazioneeffettuata all’Università degli studi di Pavia.

SILVIA MATTINA

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re’ senza controllo>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Tra le ‘idee innovative’ e ‘buo-ne pratiche’ per Expo 2015

merita di essere messo in evi-denza il progetto PulminoContadino, risultato tra i vinci-tori del concorso “Nutrire il pia-neta, Energia per la vita”, bandi-to dalla Regione Toscana per se-lezionare idee innovative appli-cabili e buone pratiche del setto-re agricolo e agroalimentare. Ilprogetto scelto tra le 20 miglioriproposte (10 buone pratiche e 10idee innovative), sarà portato aMilano e riceverà un premio indenaro di 5000 euro. L’idea è na-ta nel gennaio 2012 da una retedi economia solidale di produtto-ri e consumatori costituitasi inassociazione di promozione so-ciale denominata appunto‘Pulmino Contadino’.Rappresentante della realtà as-sociativa di Massa Marittima,nell’alta Maremma, è il docenteSauro Pareschi, che ha aderitoper dare il suo supporto alla dif-fusione dei prodotti cosiddetti‘puliti’.Ispirandosi a una realtà già con-solidata in Svizzera, si è cercatodi portare l’iniziativa inMaremma, consapevoli dei limi-ti legati all’urbanistica e allascarsa densità di popolazione.La start-up ha incluso diversi

ostacoli gestionali, era necessa-rio stabilire a chi rivolgersi, secoinvolgere i gruppi di acquistopopolare, come scegliere i pro-duttori, la necessità o meno diavere un magazzino.La tranquillità di mettersi a ta-vola conoscendo cosa si mangianon solo migliora la salute, ma ilrapporto con l’ambiente e con lacomunità.L’ idea di scambiare beni e servi-zi, di intrecciare valori ed espe-rienze è sicuramente la base diquesto progetto collettivo chefunziona: le migliori sinergie na-scono proprio da relazioni ambi-ziose.La particolarità che caratterizzail progetto Pulmino Contadino èche, comodamente da casa, at-traverso il sito internetwww.pulminocontadino.it, si

possono ordinare prodotti delproprio territorio, sapendone laprovenienza (occorre registrarsie accedere diventando socio so-stenitore dell’iniziativa).L’associazione mette a disposi-zione un pulmino per il serviziocollettivo di consegne a domici-lio, anche nei punti più isolatidel territorio toscano. L’ordineha una cadenza settimanale viaweb a partire da un listino co-stantemente aggiornato con iprodotti disponibili. I singoli or-dini sono poi raggruppati perpunti di consegna.Tra tradizionee innovazione il pulmino conta-dino rappresenta una formula diassociazionismo solidale voltanon solo al mangiar bene, maanche a valorizzare l’ambiente,la natura e i rapporti umani.

MICHELA ZANARELLA

lifestyle Le buone pratiche del settore agricolo e agroalimentare>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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Partendo dai principi che animano i Gruppi diacquisto solidale una rete maremmana di pro-duttori e consumatori si coordina per fare laspesa settimanale, con consegna a casa (o quasi)

Il pulminocontadino

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In Italia, la carenza di pisteattrezzate è purtroppo una

triste realtà per gli appassiona-ti dello skateboard che sonocostretti a praticarlo principal-mente in strada, adeguandol’assetto urbano alle proprieesigenze anche a rischio disanzioni da parte dei vigiliurbani.La Bunker Skate School (inViale Kant 205, a Roma) èl’unica struttura in grado dipreparare bambini e adolescen-ti al contatto con lo skate e allasua filosofia. Il metodo di inse-gnamento, di Nicolò MattiaCimini e di Stefano Sac-comanni, consiste nel trasmet-tere i fondamenti dello snowbo-ard insieme allo skateboard.

L’approccio, messo in campo daidue istruttori, è di tipo olistico:il processo di apprendimentodell’allievo procede secondouna sapiente progressione, stepby step, da semplici movimentisi arriva a padroneggiare tecni-che più complesse.Dopo aver preso fiducia del pro-prio corpo, il giovane inizia ainteragire con la struttura equindi inizia a testare la pro-pria sensibilità a contatto conle discese e i bump, termineinglese per indicare un dosso, econ rampe in legno di difficoltàdifferenti.Il Bunker Skate Parker copreuna vasta area di 1000 mq, deiquali la maggior parte sonodestinati all’area street carat-

terizzata da strutture che cer-cano di simulare ostacoli earchitetture del contesto urba-no, i metri quadri che rimango-no sono suddivisi tra l’areamini half-pipe e quella vert-half pipe. L’half-pipe (termineinglese che significa ‘mezzotubo’) è una rampa a sezionesemicircolare destinato a diver-si tipi di sport: snowboard, scifreestyle, Bmx freestyle e patti-naggio estremo. La particolari-tà di questo skate parker stanella duplice natura dell’offer-ta, sia in termini di didattica(unica ad avvicinare i giovaniallo skate) sia di aggiornamen-ti strutturali, come la half-pipevert una rampa in legno (l’uni-ca nella capitale e la terza inItalia dopo quella di Molfetta eil Park di Zattoni di Ravenna).Il variegato mondo di questopark è gestito dall’associazioneEnjoy More che svolge quoti-dianamente un grande lavoronel fornire un servizio educati-vo di socializzazione, con parti-colare attenzione ai più piccoli.Il park diventa un momento diaggregazione e di confronto tradiverse culture e tra le genera-

Bunker skatepark, nel cuore di Montesacro, è l’unica scuola aRoma dedicata all’insegnamento dello skateboard per i giovanidai 4 ai 14 anni. Non solo sport, ma vera filosofia affiancata apresentazioni di libri, incontri ed esibizioni

Lo ‘skate’ insegnatoai bambini

Sport & tempo libero / A scuola di skateboard nella capitale

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zioni, i giovani apprendono conlo svago e il gioco li rende dav-vero liberi in tutta sicurezza.L’associazione cerca di avvici-nare i genitori ai bambini orga-nizzando spesso situazioni edeventi in cui lo skate è il temaprincipale come ad esempio ilKidZ Project.Il Bunker infonde fiducia esicurezza ai giovani aiutandolia trovare la propria espressio-ne, affinché mente e corpo si

immergano completamentenella filosofia dello skate.

SILVIA MATTINA

Bunker Skate SchoolTra rampe, salti e divertimento,l’associazione Enjoy More viaspetta dal martedì al venerdìdalle ore 15:00 alle 19:00 (orarioestivo 16:00 – 20:00), sabato edomenica dalle ore 11:00 alle ore13:00 (esclusi i mesi di giugno,luglio e agosto).

lifestyle Lo sport infonde fiducia e sicurezza ai giovanissimi >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

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responsabile Giovani imprese diColdiretti. Alla base di questainversione di tendenza ci sono lecaratteristiche anticicliche delsettore in tempi di crisi e lalegge di orientamento 228/2001,fortemente sostenuta daColdiretti, che ha rivoluzionatol’impresa nelle campagne,aprendo nuove opportunitàoccupazionali. Se si considera laformazione degli agricoltoriunder 30 emerge che una per-centuale alta (36,5%) ha unascolarità elevata segno che ilritorno alla terra è anche carat-terizzato da una forte compo-nente di innovazione.

imprese gestite da giovani . Ingenerale, tra tutti gli italiani il28% scambierebbe il propriolavoro con quello dell’agricolto-re. Il motivo? Una vita più sana(lo dice un cittadino su due) epiù libertà (17%). “La campagnaoffre la possibilità di vivere benecon la giusta attenzione al reddi-to”, dice Vittorio Sangiorgio,

Aumentano le imprese agri-cole “junior” (+4,2%), gli

occupati (+10,1%) e gli iscrittiagli istituti agrari (+11%).Insomma: i giovani stanno tor-nando alla terra. A dirlo sono inumeri di un’indagine diColdiretti/Swg, da cui emergeche, per la prima volta da alme-no dieci anni, aumentano le

Meglio un agriturismo che un posto in banca: la pensano così,secondo Coldiretti, il 50 per cento degli under 35 italiani

I giovanitornano alla terra

Vivere green / In aumento il numero degli iscritti agli istituti agrari

Bolt: il mini skateboard elettrico ideato da un italiano

È il più piccolo veicolo elettrico al mondo ed èstato progettato da Lorenzo Cella, un ragazzodi 21 anni proveniente da Bergamo nonchéstudente in Ingegneria Robotica al Politecnicodi Milano. Bolt è lungo 60 cm, largo 25 cm espesso 10 cm. Il suo peso è pari a 24 chili.Abbiamo quindi davanti il veicolo elettricopiù piccolo del mondo: infatti può essere tra-sportato senza fatica. Il cuore di un motore da2000 W con una batteria da 5000 mAh e con-sente allo skateboard di percorrere 10 km conuna velocità massima di 21 km/h. Come seciò non bastasse, questo skateboard del tuttoinsolito sarebbe anche in grado di spingereuna persona in salita. Il tutto in un pacchetto

molto sobrio coperto da una tavola di legno.Per il momento ne esiste un solo esemplare,ma il progetto è stato presentato sulla piatta-forma di crownfunding Indiegogo (il totaleda raggiungere è di 50.000 dollari). Pensate-ci se desiderate avere le ali ai piedi.

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