PERIODICO DELLA MINORANZA CGIL ‘DEMOCRAZIA E...

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M entre abbiamo vissuto il film, foto- gramma per fotogramma, in cui Pierre Plissonnier e Xavier Broseta, rispettivamente direttore generale e vicedi- rettore delle risorse umane di Air France, correvano con le camicie strappate insegui- ti da una folla inferocita di lavoratori, in Italia si continuava e si continua tuttora a derubricare le regole del diritto del lavoro e il rispetto della dignità umana, a colpi di leggi e leggine. Forse anche per noi il ritorno alla lotta e alla ricomposizione sarebbe auspicabile... ma non per riuscire a strappare la camicia al “pa- drone”, bensì perché ormai la distanza e il di- sequilibrio di potere tra le parti datoriali e i lavoratori è diventato talmente insopportabi- le e indefinibile che occorrerebbe una seria ri- flessione quanto meno su come rendere seria- mente sostenibile oggi un ritorno al principio del “favor prastatoris” che nel bene o nel ma- le ha caratterizzato il diritto del lavoro fino all’ultimo decennio circa del secolo scorso ed ha reso soggetto politico e sociale il corpo prima informe dei lavoratori: stiamo infatti parlando di una storia nobile, prima della picchiata libera sui diritti dei lavoratori. Lo dico perché vivo una realtà feroce co- me quella napoletana e campana, nella qua- le le rovinose scelte o meglio le non scelte an- che del sindacato hanno creato danni irre- versibili all’esistenza un po’ di tutti. Volendo soffermarci al solo dato relativo al mondo dei trasporti, in Campania si stan- no susseguendo numerosi guasti nel traspor- to pubblico locale (TPL) dovuti alla cattiva politica e, perché no, all’inerzia dell’azione sindacale. La cattiva politica in Campania ancora racconta di un’inesistente idea di trasporto su grande scala. Ancora i governi regionali che si sono succeduti fino ad ora hanno fat- to fatica a concepire un’idea di TPL integra- to tra ferro e gomma e che abbia nell’area metropolitana il suo fulcro propulsore. An- cora, nonostante le fusioni aziendali a Napo- li e in Campania, si continua a ragionare sui tavoli negoziali per singole aziende, e con la complicità dei sindacati tutti. Noi di ‘Democrazia e Lavoro’ della Filt- CGIL Campania abbiamo sin dallo scorso congresso denunciato questa condizione, tra l’esasperazione dei lavoratori che rischiano il salario e il lavoro se non si metterà mano al- la situazione identificando soluzioni. Vicende analoghe si vivono ovunque nel nostro paese, sia chiaro. Ma accanto a situa- zioni a causa delle quali si incancreniscono la crisi e la disperazione vi sono poi storie biz- zarre che vedono come protagonisti lavora- tori e delegati Rsa, anche della nostra Orga- nizzazione, che da rappresentanti dei lavora- tori e simboli di rivolta si sono trasformati, tra lo stupore di chi era loro più vicino, in ac- coliti fedelissimi del nuovo management I RECENTI FATTI CHE HANNO RIGUARDATO LA DIRIGENZA E I LAVORATORI DI AIR FRANCE INDUCONO RIFLESSIONI AD AMPIO RAGGIO Il ritorno alla lotta ? Magari fosse... PERIODICO DELLA MINORANZA CGIL ‘DEMOCRAZIA E LAVORO’ Anno XVI n. 12 | 27 ottobre 2015 Reg. Trib. di Roma n. 73/2000 del 16/02/2000 - dir. resp. Antonio Morandi La distanza e il disequilibrio di potere tra le parti datoriali e i lavoratori sono diventati insopportabili anche in casa nostra. Il tema dei diritti deve tornare a rivestire un ruolo di primo piano

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M entre abbiamo vissuto il film, foto-gramma per fotogramma, in cuiPierre Plissonnier e Xavier Broseta,

rispettivamente direttore generale e vicedi-rettore delle risorse umane di Air France,correvano con le camicie strappate insegui-ti da una folla inferocita di lavoratori, inItalia si continuava e si continua tuttora aderubricare le regole del diritto del lavoroe il rispetto della dignità umana, a colpi dileggi e leggine.

Forse anche per noi il ritorno alla lotta ealla ricomposizione sarebbe auspicabile... manon per riuscire a strappare la camicia al “pa-drone”, bensì perché ormai la distanza e il di-sequilibrio di potere tra le parti datoriali e ilavoratori è diventato talmente insopportabi-le e indefinibile che occorrerebbe una seria ri-

flessione quanto meno su come rendere seria-mente sostenibile oggi un ritorno al principiodel “favor prastatoris” che nel bene o nel ma-le ha caratterizzato il diritto del lavoro finoall’ultimo decennio circa del secolo scorso edha reso soggetto politico e sociale il corpoprima informe dei lavoratori: stiamo infattiparlando di una storia nobile, prima dellapicchiata libera sui diritti dei lavoratori.

Lo dico perché vivo una realtà feroce co-me quella napoletana e campana, nella qua-le le rovinose scelte o meglio le non scelte an-che del sindacato hanno creato danni irre-versibili all’esistenza un po’ di tutti.

Volendo soffermarci al solo dato relativoal mondo dei trasporti, in Campania si stan-no susseguendo numerosi guasti nel traspor-to pubblico locale (TPL) dovuti alla cattiva

politica e, perché no, all’inerzia dell’azionesindacale.

La cattiva politica in Campania ancoraracconta di un’inesistente idea di trasportosu grande scala. Ancora i governi regionaliche si sono succeduti fino ad ora hanno fat-to fatica a concepire un’idea di TPL integra-to tra ferro e gomma e che abbia nell’areametropolitana il suo fulcro propulsore. An-cora, nonostante le fusioni aziendali a Napo-li e in Campania, si continua a ragionare suitavoli negoziali per singole aziende, e con lacomplicità dei sindacati tutti.

Noi di ‘Democrazia e Lavoro’ della Filt-CGIL Campania abbiamo sin dallo scorsocongresso denunciato questa condizione, tral’esasperazione dei lavoratori che rischiano ilsalario e il lavoro se non si metterà mano al-la situazione identificando soluzioni.

Vicende analoghe si vivono ovunque nelnostro paese, sia chiaro. Ma accanto a situa-zioni a causa delle quali si incancreniscono lacrisi e la disperazione vi sono poi storie biz-zarre che vedono come protagonisti lavora-tori e delegati Rsa, anche della nostra Orga-nizzazione, che da rappresentanti dei lavora-tori e simboli di rivolta si sono trasformati,tra lo stupore di chi era loro più vicino, in ac-coliti fedelissimi del nuovo management

I RECENTI FATTI CHE HANNO RIGUARDATO LA DIRIGENZA E I LAVORATORI DI AIR FRANCE INDUCONO RIFLESSIONI AD AMPIO RAGGIO

Il ritorno alla lotta? Magari fosse...

P E R I O D I C O D E L L A M I N O R A N Z A C G I L ‘ D E M O C R A Z I A E L A V O R O ’Anno XVI n. 12 | 27 ottobre 2015 Reg. Trib. di Roma n. 73/2000 del 16/02/2000 - dir. resp. Antonio Morandi

La distanza e il disequilibrio di potere tra le partidatoriali e i lavoratori sono diventati insopportabili

anche in casa nostra. Il tema dei diritti devetornare a rivestire un ruolo di primo piano

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aziendale. Ciò è per esempio accaduto inTirrenia/CIN, dove alcuni rappresentanti deilavoratori, col passaggio di timone del-l’azienda, sono stati riassunti come dirigentie quadri... sicuramente vanificando una lot-ta o la rappresentazione di essa.

E mentre accade tutto ciò, viene alimen-tato un po’ in tutte le aziende il clima veleno-so contro il diritto di assemblea e addiritturadi parola dei lavoratori e dei rappresentantisindacali.

Emblematico è quanto accaduto in Anma Napoli (L’azienda napoletana mobilità) di

recente: un lavoratore rischia il licenziamen-to perché nelle scorse settimane ha pubblica-to un video-denuncia sulle condizioni di de-grado degli autobus che circolano in città.

L’Anm infatti ha inviato una lettera dicontestazione all’autista colpevole di averdiffuso via facebook un video “lesivo del-l’immagine dell’azienda”. Ecco, insomma,che tra i fatti accaduti attorno ad Air Francee la vicende italiana c’è un abisso.

Ho l’impressione che nell’Europa occi-dentale la tenuta della classe datoriale ed im-prenditoriale italiana sui diritti e l’esistenza

della parte dei lavoratori sia lungamente lapiù violenta, oltre ad essere quella più mala-mente ed impropriamente osteggiata. Ed èdunque chiamato in causa il sindacato tradi-zionale, che non consente di sperimentare ofar sperimentare nuove forme di resistenza edi lotta e di rivendicazione ai lavoratori; for-me che non necessariamente dovranno pas-sare per la messa in fuga dei “padroni” inbraghe di tela.

Cinzia Quattrocchi Coordinatrice ‘Democrazia e Lavoro’

CGIL Campania

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I l 15 ottobre è stato siglato il contratto deichimici in un solo incontro non stop sen-za nemmeno aver messo in campo inizia-

tive a sostegno della trattativa secondo quan-to approvato dalla assemblee dei lavoratori.

Non possiamo che dare un giudizio ne-gativo sia sulla modalità sia sul merito.

Seguirà una nota tecnica dettagliata mafin da ora possiamo evidenziare alcuniaspetti:1) rinuncia dell’ultimo aumento previsto

dal CCNL in scadenza e trasformazionedello stesso come EDR fino al31/12/2016 e poi viene definitivamentecancellato;

2) aumento dei minimi solo a partire dal2017 - di fatto una moratoria contrat-

tuale di un anno;3) annullamento del pagamento della Pa-

squa a partire dal 1 marzo 2017 e con-temporaneo aumento dell’aliquota con-tributiva Fonchim a carico impresadell’0,25% e aumento dell’indennità diturno notturno di 2 euro – di fatto un in-cremento del welfare pagato con i soldidei lavoratori;

4) inserimento di procedure di raffredda-mento in caso di sciopero;

5) formazione delle RSU su temi aziendalifatta dalle aziende;

6) elevazione inasprimento delle sanzionidisciplinari;

7) verifica ogni anno a consuntivo dell’in-flazione con possibile adeguamento delle

tranche – di fatto gli aumenti previsti so-no ipotetici.A fronte di questo riteniamo che andare

al tavolo delle trattative senza avere un mo-dello contrattuale e una strategia rivendicati-va sostenuta dai lavoratori sia un errore.

Non pensiamo che per scongiurare leprese di posizione di Confindustria sulla mi-naccia di non rinnovare i CCNL si debba ac-cettare qualsiasi mediazione perchè si rischiadi avere solo un contratto nazionale svuota-to del suo ruolo.

Questo di fatto segna la storia prossimadei rinnovi contrattuali e rischia di essere ilnuovo modello.

Ugo CherubiniArea ‘Democrazia e Lavoro’ in Filctem-CGIL

Contratto dei chimici, il giudizionegativo di ‘Democrazia e Lavoro’

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I l Coordinamento nazionale Slc-CGIL‘Democrazia e Lavoro’, dopo attenta va-lutazione dell’Ipotesi di Accordo su PCL

del 25 settembre u.s., ritiene di dover fare leseguenti considerazioni:1. l’accordo sottoscritto non è rispettoso e

coerente con il documento del coordina-mento nazionale del 24-25 luglio u.s.; inparticolare sulle insufficienti garanziecirca l’unitarietà aziendale, che non ven-gono citate neanche in premessa.

2. Non c’è un progetto concreto e validorispetto allo sviluppo del segmento logis-tico.

3. La nuova organizzazione proposta avràcertamente una ricaduta sul piano socia-le e vedrà uno scadimento dei servizi, te-nuto conto che Poste Italiane sarà benoltre al 2020 il vettore del servizio pub-blico universale. Tale riorganizzazioneprodurrà cittadini di serie A e cittadini diserie B.

4. L’accordo avrà forti ripercussioni sullatenuta occupazionale. Non sono previsti,per ora, licenziamenti, ma la perdita diposti di lavoro è già determinata e bendelineata (basti solo pensare ai tagli del-le zone di recapito). Tra il 2015 e il 2017si perderanno ben 15.000 posti di lavoroin una società che ha bilanci in attivo.

5. Non leggiamo nell’accordo una vera in-versione di rotta nella costruzione di per-corsi relazionali, soprattutto a livello de-centrato, territoriale. L’Azienda continuaa dettare tempi e modi.

6. L’accordo del 25 settembre 2015 cancellatutti gli accordi in materia precedenti(accordi del 15 settembre 2006, del 27luglio 2010 e del 28 febbraio 2013). No-nostante questo non è assolutamenteconsiderato il periodo “transitorio”, cioètra zone che partono e zone che sono an-cora organizzate col vecchio sistema. Ciòsta già creando confusione ed imbaraz-zo, richiamando alla responsabilità an-che le OO.SS. per la mancata chiarezzache si trasforma in “unilateralità” azien-dale.

7. L’accordo è scritto a maglie larghe. Ciòvuol dire che l’azienda certamente sapràriempire a suo vantaggio tutti queglispunti che l’accordo medesimo offre, mache non è chiaro per nulla come lo farà(es. sul capitolo azioni per il corretto di-mensionamento delle risorse e per la ge-stione delle ricadute occupazionali), co-me nel caso della maggiore idoneità.

8. Per troppe materie si demanda a prossi-mi successivi incontri, che , dalle slide,fanno già prevedere enormi ricadute suicarichi di lavoro e sulla tenuta occupa-zionale.

Si tratta di un accordo “work inprogress” con Poste Italiane che decideràcome e quando intervenire e senza che sipossa entrare nel merito dell’organizzazionedel lavoro.

Entrando nel merito: - per quello che riguarda il recapito viene

confermata la titolarità di zona, tenendoconto che diventerà una macrozona sud-divisa in due subzone che il portaletterecoprirà alternativamente in gran partedel territorio italiano;

- vale la pena ricordare che per noi la ti-tolarità non è un diritto, ma uno stru-mento per avere prestazioni lavorativequalitativamente e quantitativamentemigliori;

- la scorta scende al 10% costituita da per-sonale a tempo determinato e indetermi-nato (negli accordi precedenti era solopersonale strutturale) senza peraltrospecificare la percentuale di CTD e/otempi indeterminati. E sarà la RAM chestabilirà l’assegnazione.Il nuovo accordo prevede l’utilizzo dei

CTD solo per tre settimane di ferie all’an-no 2 estive ed una invernale, per le restantiviene impiegata la scorta e in subordine sifarà ricorso alla flessibilità operativa ma, aparte le lunghe assenze, che scendono da20 a 15 giorni, non si è affrontato il nodocruciale della flessibilità operativa, deman-dando ad un prossimo incontro la materia,col chiaro intento aziendale di aumentarla.

In più, il pagamento della flessibilitàsarà ora vincolato all’espletamento daparte del portalettere “della sua attività or-dinaria, il sostanziale azzeramento delle at-tività del corriere frazionato e dello stesso,la totale lavorazione della posta j+1, dellaposta internazionale e dei pacchi”. Sappi-amo bene come questo meccanismo è

La firma da partedi Slc-CGIL è

logicamente conseguentecon la scelta di nonopporsi realmente allaprivatizzazione, allatrasformazione di unservizio da pubblico euniversale acommerciale-finanziario

Poste, un accordo da contrastare

TRA IL 2015 E IL 2017 SI PERDERANNO 15MILA POSTI DI LAVORO IN UNA SOCIETÀ CHE HA BILANCI IN ATTIVO

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stato utilizzato finora dall’azienda e or-ganizzato in questo modo assomiglieràsempre di più ad un cottimo.

Per il CMP e le lavorazioni interne èprevista una nuova “deleteria” concen-trazione delle lavorazioni su un numerominore di strutture col futuro declassamen-to e conseguente riduzione di organico.

Temiamo che ciò possa aprire la stradaa mobilità coatta ed a ulteriore svilimentoproduttivo e depotenziamento dei territoridecentrati. Nulla si è detto delle ricadutedei lavoratori degli appalti postali. Per orasi è sottoscritta una cambiale in bianco!

Verranno creati tre modelli: aree met-ropolitane, dove si proseguirà col recapitogiornaliero, con le c.d. aree non regolate(praticamente quasi tutti i capoluoghi diregione e di “provincia”) e aree extraur-bane, dove vi sarà una consegna a giornialterni con creazione di una linea PLUS perla consegna del j+1 (presumibilmentemolto snella in quanto si prevede un fortecalo di questi oggetti per il già avvenutoaumento tariffario); terzo, le c.d. “aree re-golate” e cioè aree extraurbane come pre-visto da AGCOM (il recapito verrà assicu-rato a giorni alterni in 5.267 comuni coin-volti, attraverso tre fasi che si articoleran-no dal 2015 al 2017).

In poche parole, ma con un esempio ef-ficace, il cittadino di Milano e quello diPescara pagheranno lo stesso importo delfrancobollo ma il primo sarà servito con il

j+1 mentre l’altro, se va bene, con il j+2.Tutto ciò a fronte di nulla in cambio,

come sviluppo, innovazione, per ora soloenunciati nell’accordo, ma senza garanzie.Ormai conosciamo bene le promesse azien-dali!

A questo proposito, al contrario,guardiamo con preoccupazione al “rinno-vo delle tecnologie”, come i nuovi palmari,con il rischio che le nuove funzionalitàcomportino un controllo a distanza ed es-sere usati per eventuali contestazioni e rel-ativi provvedimenti disciplinari (vedi ac-cordo Postel).

Tutto ciò porterà ad eccedenze di orga-nico: Poste Italiane le ha quantificate per ilsolo 2015 in 2000 unità, ma a conti fatti siparlerà di una riduzione di circa 15000unità per l’intero progetto.

Siamo consapevoli che l’attacco alle la-voratrici e ai lavoratori che porta avantiPoste Italiane è strettamente legato a quel-lo che porta avanti il governo sullo statosociale facendone pagare i costi ai lavora-tori.

Pur comprendendo di stare in una fasedifensiva (ma con una nuova crescita del-l’attivo di bilancio nella semestrale del2015, attivo che dura ormai da 14 anni) ilCoordinamento Nazionale Area ServiziPostali ‘Democrazia e Lavoro’ ritiene sia s-tato un grave errore accettare una cosìforte perdita di posti di lavoro senza averavviato un’azione di contrasto contro

questo progetto che così fortemente riduceil dato occupazionale.

La firma da parte di Slc-CGIL è chiarae logica conseguenza con la scelta di nonopporsi realmente alla privatizzazione, allatrasformazione di un servizio da pubblico euniversale a commerciale-finanziario. Ab-biamo assistito ad una vera e propria gen-uflessione sindacale di tutte le OO.SS. fir-matarie dell’accordo verso l’Azienda.

Sembra che tutto ciò risponda all’inte-resse aziendale e del governo di quotare inBorsa Poste Italiane che da oggi comincia avendere le azioni, invitando proprio i lavo-ratori di Poste ad investire persino il loroTFR, senza che nessuna OO.SS. abbia det-to qualcosa in proposito!

Infine riteniamo che il voto delle lavo-ratrici e dei lavoratori dovrebbe esseresempre vincolante per Slc-CGIL.

Le assemblee, programmate unitaria-mente, rivolte a tutto il personale PCL, se-gnano solo l’intenzione di facciata di farpartecipare le lavoratrici e i lavoratori alloro futuro, perché sappiamo bene quantoconterà il loro parere, dal momento chePoste Italiane è già partita!

Visto lo scenario che abbiamo di fron-te, il Coordinamento nazionale Slc-CGIL‘Democrazia e Lavoro’ ritiene doverosocontrastare questo accordo e organizzareiniziative in questa direzione.

Coordinamento nazionale Slc-CGIL, Area Servizi Posta, ‘Democrazia e Lavoro’

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Anno XVI n. 12 | 27 ottobre 2015

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CONFEDERALE

Anno XVI n. 12 | 27 ottobre 2015

N elle scorse settimane Ilvo Diamanti,sul cui rigore scientifico, coerenza eti-ca, sensibilità politica non è possibile

avere dubbi, ha pubblicato l’esito di una ri-cerca condotta da Demos Coop sul sindaca-to italiano e in particolare sulla CGIL.

Il quadro che ne è venuto fuori è desolan-te al punto che lo stesso Diamanti ha parlatocon rammarico di solitudine del sindacato.

Il declino di credibilità e di fiducia è inar-restabile e in continua, progressiva accelera-zione.

La CGIL ha perso negli ultimi anni il13% del consenso passando dal 37 al 24% eregistrando proprio nella sua base naturale ilclima di opinioni peggiori, infatti tra gli ope-rai la fiducia è scesa al 21,3%.

Nel 2004 il 30% della popolazione indi-cava la CGIL come primo soggetto di difesadei lavoratori, oggi il dato è di un rattristan-te 16%.

La convinzione diffusa ed equamente di-stribuita tra fasce di popolazione e territori èche il sindacato abbia tutelato chi ci lavora e,soprattutto, i suoi dirigenti.

Dinanzi ad un simile tracollo, non conte-stabile nella sua certezza scientifica e nell’evi-denza empirica, qualunque persona di buonsenso si sarebbe aspettato una risposta im-mediata, una analisi accurata, una revisioneradicale del modus operandi, una verificapuntigliosa sulle strutture, un cambiamentototale dei gruppi dirigenti, l’avvio di politi-che innovative, finalizzate a ricostruire con-senso, partecipazione ed a garantire la de-mocrazia.

La nostra risposta è stata la Conferenzad’Organizzazione, una stanca e demotivantecelebrazione, una convinta difesa dell’esi-

stente, un tentativo, nemmeno troppo nasco-sto, attraverso burocratiche alchimie orga-nizzative, di garantire e rafforzare leadershiplogore, autoreferenziali, molto lontane daiproblemi delle persone.

Chi si attendeva una discussione libera,senza steccati e pregiudizi, si è trovato dinan-zi ad un dibattito precostituito nel numerodegli interventi, rigidamente predefinito neinominativi, misurato con farmaceutico bi-lanciamento tra le varie aree e sensibilità.

Chi auspicava un’elaborazione appro-fondita, oggettiva, capace di fornire dati direalismo e nello stesso tempo di indicare i fi-loni trainanti di un cambiamento ormai nonpiù rinviabile si è trovato dinanzi a ciò cheMarx definiva “Scrivere ricette per le osteriedell’avvenire “.

Un decennio vissuto con una totale per-dita di autonomia, con la costante subalter-nità al quadro politico ed al partito “amico”,con l’esclusiva logica della concertazione,mentre il ceto padronale scatenava il più vi-rulento attacco di classe degli ultimi secoli adiritti, tutele e reddito; un decennio nel qua-le abbiamo inseguito la mistica secondo laquale i contratti sono un valore in sé e

Cgil, la “solitudine del sindacato”ILVO DIAMANTI HA PUBBLICATO RECENTEMENTE L’ESITO POCO INCORAGGIANTE DI UNA RICERCA CONDOTTA DA DEMOS COOP

Il declino dicredibilità e di

fiducia è inarrestabile e in continua,progressivaaccelerazione

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per sé a prescindere dai contenuti, sacri-ficando a questo feticcio la difesa degli inte-ressi dei lavoratori, la democrazia, la parte-cipazione, la dialettica, hanno prodotto il di-sastro che Diamanti ha registrato con ogget-tiva scientificità.

Il pensiero critico, quello che mette in di-scussione la rappresentazione della realtà so-ciale propinata dal sistema politico, dai do-minus dell’economia, dal dogmatismo degliambienti culturali, dai media e dall’accade-mia è letteralmente scomparso dal nostro di-battito e dalla nostra azione, trasformandocida soggetto protagonista della trasformazio-ne in uno sterile cronista dell’esistente.

Anche nella stessa CGIL il pensiero criti-co è stato osteggiato, combattuto, considera-to pericoloso come gli untori di manzonianamemoria. La chiusura autoreferenziale e laprogressiva gerarchizzazione hanno fatto siche fedeltà, supina subordinazione, imme-diata disponibilità allo schierarsi a prescin-dere dal merito dei problemi, siano gli uniciparametri in grado di garantire collocazioninei gruppi dirigenti ed è così che il conformi-smo oltre che essere una prassi è stato intro-iettato come dato psichico. Basta pensare al-la raggelante omogeneità dei voti nel comita-to direttivo oppure alla desolazione delletante riunioni dello stesso senza che nessunointervenisse dopo la relazione introduttiva.

In tal modo i primi articoli dello Statuto,quelli della natura programmatica, laica, de-mocratica della CGIL , del diritto a concor-rere alla formazione delle decisioni del sinda-cato e di esprimere la propria critica senzache questo comporti ostacolo o pregiudiziosi sono trasformati in una pratica di orwel-liana memoria per cui nella fattoria deglianimali “tutti gli animali sono uguali, ma al-cuni sono più uguali degli altri”.

E’ indispensabile, se si intende evitare iltracollo e arginare il nostro declino, avviare,anche con il concorso di soggetti esterni edesperienze diverse, una discussione strategicain grado di definire quale sia il nostro ruoloin un mondo che è cambiato e continua amutare con impressionante velocità.

Dobbiamo dare delle risposte definitive erisolutive a interrogativi del tipo: quale mo-dello di rappresentanza e di legittimazionedemocratica intendiamo realizzare nel futu-ro; quale rapporto con la politica vogliamoagire; quale relazione tra la dimensione dellarappresentanza collettiva e quella della tutelaindividuale proponiamo; per quale sistema didemocrazia economica, di contrattazione, direlazioni industriali solleciteremo il protago-nismo di lavoratrici e lavoratori e li chiame-remo ad esprimersi, decidere e lottare.

Proprio quando governo e parti datoria-li esprimono il massimo della concertazionenell’attaccare la contrattazione nazionale de-rubricandola esclusivamente alla dimensioneaziendale o di gruppo, limitando il diritto disciopero e vincolandolo a normative inaccet-tabili, legando gli aumenti salariali esclusiva-

mente agli incrementi di produttività, esten-dendo i controlli sulle persone, riducendo glispazi di democrazia nei luoghi di lavoro, laCGIL manifesta la sua incapacità ad orga-nizzare risposte mobilitanti, a costruire unconsenso esteso, ramificato che metta insie-me giovani, precari, partite IVA, disoccupati,pensionati, dipendenti e tutta l’area del ma-lessere sociale che cerca con insistita doman-da di trovare un rappresentante autorevole,forte, pronto a battersi.

Ormai abbiamo introiettato il primatodell’economia come motore della storia, ilprimato del capitale nella struttura dell’eco-nomia, il primato del mercato e trasformatole compatibilità in imperativo categorico.Tutto ciò ha comportato una crisi che si tra-scina da tempo e si è trasformata in struttu-rale. Lo testimoniano il crollo della fidelizza-zione, sono svariate centinaia di migliaia gliiscritti che non rinnovano la propria adesio-ne, mentre più della metà del tesseramentoproviene da servizi erogati a singoli; i pen-sionati che hanno superato di gran lunga ilnumero degli attivi; la grave crisi finanziaria;la totale ininfluenza verso politica, istituzio-ni, parti datoriali.

Mentre l’iscrizione alla CGIL non vienepiù vissuta come strumento di rappresentan-za, segno identitario, ma come polizza indi-viduale, le nostre proposte cadono nel vuotopneumatico, nel disinteresse generale, a vol-te nell’irrisione dei media e degli eventuali in-terlocutori. Non occorre fare un lungo sfor-

zo di memoria per ricordare che campagne,parole d’ordine, mobilitazioni, manifestazio-ni avviate nei territori hanno registrato as-senza di partecipazione, insuccessi, quandonon sono state ignorate dai dirigenti locali.Parliamo a noi stessi e molto spesso non riu-sciamo nemmeno ad ascoltarci.

Occorre cambiare, cambiare per soprav-vivere, cambiare per riuscire a gestire il pre-sente e immaginare il futuro, cambiare peroffrire alle persone uno strumento nel qualeriporre fiducia, al quale chiedere e otteneretutele, protezioni, rappresentanza.

E’ tempo di una nuova consapevolezza:non è possibile spostare i rapporti di forza senon ci sono in campo culture e soggetti conun progetto politico e sociale alternativo.

E’ tempo che la CGIL si riappropri delproprio mestiere, che si impegni a costruire epraticare una risposta adeguata, forte, impe-gnata per realizzare un nuovo modello eco-nomico, di sviluppo, di consumo e di welfa-re fondato sulla centralità del lavoro, sul-l’estensione dei diritti, su una più equa distri-buzione del reddito, sull’espansione dell’oc-cupazione sottratta all’arbitrio dei cicli pro-duttivi e non più mortificata da intollerabiliprecarietà e frustranti flessibilità.

E’ tempo di rompere gli indugi, di ab-bandonare tatticismi e tartufismi, di ripren-dersi lo scettro della rappresentanza, di ridi-ventare autorevoli e rispettati protagonistinella società.

Mimmo Moccia

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CONFEDERALE

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L a Segreteria provinciale aveva indet-to una riunione con le Segreterie del-le Categorie, i Responsabili provin-

ciali dei Servizi, estendendo l’invito ai Ca-pilega SPI della Versilia ed ai funzionariche operano nella zona, l’odg era sullariorganizzazione della Zona ed il raffor-zamento della CDL di Viareggio; eravamoconoscenza che si stava preparando unamanifestazione di contestazione contro laSegreteria Provinciale, organizzata conriunioni esterne alle sedi CGIL, messaggi

su facebook, sms, articoli di stampa, dicui siete stati messi a conoscenza nei gior-ni scorsi. Non conoscendo chi e in cheforma avrebbe partecipato e temendo peruna degenerazione di quella iniziativa, atutela di chi frequenta e lavora nella sede,abbiamo informato le Sedi competenti; cisiamo recati in sede, poco prima dell’ini-zio della riunione, sono arrivate delle per-sone, alcune delle quali completamentesconosciute e non identificabili comeiscritti alla CGIL.

I presenti alla contestazione, circa uncentinaio di persone, hanno affisso manifestisui muri esterni della CDL ed in parte sonoentrati nella CDL ed hanno impedito che sitenesse la riunione nelle modalità della con-vocazione, gridando, rumoreggiando col-pendo con violenza sulle pareti e le porte,lanciando insulti, affiggendo in tutta la CDLmanifesti offensivi.

La Segreteria Provinciale, non avendo al-cuna intenzione di andarsene, lasciandocampo libero a questo grave atto, ha quinditenuto la riunione in un costante clima di in-tidimidazione, provando a riportare al meri-to ed alle regole democratiche la discussione,con molta difficoltà si è riuscito a chiuderlasenza incidenti.

Franco ChiriacoSegreterio Generale CGIL Lucca

“Occupata la Camera del lavoro di Viareggio”

CONFEDERALE

7Anno XVI n. 12 | 27 ottobre 2015

Pubblichiamo la lettera indirizzata lo scorso 7 ottobre dal Segretariogenerale della CGIL di Lucca, Franco Chiriaco, al presidente deldirettivo provinciale della CGIL di Lucca e al Direttivo provinciale

Pubblichiamo la replica di Massimiliano Bindocci eLamberto Pocai (‘Democrazia e Lavoro’ di Lucca)rivolta al Segretario Generale della CGIL di Lucca,alla segreteria, ai membri del direttivo della CGIL diLucca, al presidente del Comitato Direttivo e aisegretari delle categorie della CGIL di Lucca

Il segretario generale della Cgil ha diramato un comunicato grave e offensivo nelquale parla di occupazione della CdL della Versilia, mentre si trattava solo di par-tecipazione pacifica.Le oltre cento persone presenti, tra cui i firmatari di queste poche righe, posso-no confermare e testimoniare che la discussione è stata serrata, ma civile: nes-suna offesa, nessun fatto oltre le righe, il locale era inidoneo, molti sono rimastiper le scale e molti erano seduti per terra, ma tutti i servizi hanno continuato adoperare regolarmente.Intrusi non ne abbiamo visti, c’erano tanti delegati, diversi iscritti e qualche gior-nalista.La cosa da segnalare è il fatto che i delegati e i funzionari che hanno presenzia-to e che se sono intervenuti in modo pressoché unanime, contestando aspra-mente la segreteria provinciale, appartengono a diverse anime, sensibilità e ca-tegorie, e sono uniti solo dalla convinzione che su alcune questioni si stia pas-sando il segno.Capiamo che chi è abituato a decidere in riunioni ristrette veda nella partecipa-zione un problema, ma crediamo che le scelte importanti vadano fatte propriocon i delegati e gli iscritti.Il fatto che la segreteria provinciale non riconosca i delegati delle aziende piùrappresentative della Versilia è sintomatico, tra l’altro parte delle persone allon-tanate inizialmente erano proprio delegati delle società partecipate del Comunedi Viareggio, della cui vertenza la CGIL confederale di Lucca ha in qualche modointerferito, in modo a nostro parere negativo, e vorremmo capire sulla base diquale mandato visto che non conosce nemmeno i rappresentanti sindacali.

Detto ciò, le uniche cose intimidatorie che abbiamo visto fino ad ora compaionoinvece nel comunicato della CGIL provinciale dove si parla di informare le “auto-rità competenti” per far capire che potrebbero seguire provvedimenti disciplina-ri. Forse si intende gestire il dissenso interno con ispezioni o con lettere di diffi-da di qualche legale di fiducia? Ma davvero si vogliono mandare via oltre centorappresentanti sindacali perché volevano partecipare pacificamente ad una riu-nione e perché non sono d’accordo con la segreteria provinciale?Crediamo che di fronte ad un dissenso diffuso in CGIL si dovrebbe aprire il con-fronto e non la repressione.Il problema di metodo riguarda come è stato gestito l’avvicendamento, cioè revo-cando l’incarico al responsabile di zona senza alcun preavviso, impedendo, conappigli formali, una discussione e la votazione di un ordine del giorno specifico sucui il direttivo confederale doveva avere diritto di parola, ma soprattutto senza avernemmeno cominciato una discussione su cosa fare della zona e con chi.Mentre è il problema di merito è quello della riorganizzazione della CGIL e dellezone, in particolare la Versilia in chiave dell’unificazione con Massa.E’ per il timore dello svuotamento della zona che volevano discutere i delegativenuti alla Camera del Lavoro, altro che intimidazione. E come risposta non puòessere sufficiente una dichiarazione di intenti, visto anche quello che è succes-so, ma occorre un percorso chiaro, condiviso e partecipato che coinvolga gliiscritti ed i delegati.La discussione è ancora più importante e necessaria visto che contemporanea-mente in Garfagnana il responsabile di zona si è dimesso perché non è stato mes-so in condizione di lavorare rifiutandosi di fare solo da paravento alla Segreteria.Dunque se qualcuno ritiene che l’immagine della CGIL sia danneggiata la re-sponsabilità è da attribuire a chi ha assunto scelte sbagliate nel metodo e nelmerito, e non certo a chi le ha subite, a chi si è dimesso, nè tantomeno agli iscrit-ti e ai delegati che sono venuti per cercare di capire e dire la loro.E la credibilità di questo gruppo dirigente si mina ulteriormente raccontando checome passatempo si guida la Formula 1, perché si accentua la distanza con ilnostro mondo del lavoro ed i bisogni della gente.Non si confonda quindi l’occupazione con la partecipazione.

Massimiliano Bindocci e Lamberto Pocai(due dei compagni che si sono sentiti offesi dai toni della comunicazione del Segretario generale)

“NESSUNA OCCUPAZIONE, BENSÌ RICHIESTA DI PARTECIPAZIONE”

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APPROFONDIMENTI

8 Anno XVI n. 12 | 27 ottobre 2015

I l tasso di disoccupazione giovanile, cheriguarda individui di età compresa fra i15 e i 24 anni, ha raggiunto, nell’ultima

rilevazione ISTAT di giugno, il 44,2%, in au-mento di 1,9% rispetto al mese precedente,raggiungendo il livello più alto dal primo an-no di stima (il 1977). La rilevazione escludei giovani inattivi, ovvero coloro che non cer-cano lavoro. L’ISTAT rileva che nell’ultimoanno, il tasso di disoccupazione complessivoè aumentato di 0.3 punti percentuali.

A ben vedere, l’attuazione di politiche dicontrasto alla drammatica crescita della di-soccupazione giovanile, in particolare nelMezzogiorno, non sembra essere oggi fra lepriorità di questo Governo. La propagandagovernativa è prevalentemente concentratanel vantare il merito di aver contribuito, tra-mite il Jobs Act, alla trasformazione di con-tratti precari in contratti a tempo indetermi-nato. Ma anche se ciò è accaduto, si fa rife-rimento a lavoratori già occupati e, dunque,prevalentemente adulti. Molti commentatorifanno osservare che la trasformazione dicontratti precari in contratti a tempo indeter-minato è semmai da imputare agli sgravi fi-scali attribuiti alle imprese, non alla “rifor-ma” in quanto tale. E, seguendo questa in-terpretazione, è prevedibile che alla scadenzadel periodo durante il quale le imprese po-tranno godere di decontribuzioni, molti con-tratti verranno ri-trasformati in contratti atempo determinato. Ma soprattutto la pro-paganda governativa è impegnata in una te-nace battaglia volta a dipingere il sindacatocome una forza reazionaria, la cui azione fre-na la crescita.

L’aumento della disoccupazione giovani-le è imputabile al fatto che, come registratoda Banca d’Italia, fin dal 2010, la riduzionedell’occupazione si è manifestata più sottoforma di riduzione delle assunzioni che diaumento dei licenziamenti. Il fenomeno vie-ne imputato a effetti di labour hoarding, ov-vero alla convenienza – da parte delle impre-se – a non licenziare lavoratori altamentespecializzati in fasi recessive, dal momentoche, se dovessero farlo, nelle successive fasiespansive si troverebbero costrette ad assu-mere individui da formare, con i conseguen-ti costi (monetari e di tempo) connessi allaspecializzazione dei nuovi assunti.

A ciò si associa il fatto che la (relativa)tenuta dell’occupazione di lavoratori in etàadulta è anche dipendente da fenomeni di di-soccupazione nascosta, ovvero dal fatto che– in imprese di piccole dimensioni, spesso aconduzione familiare – il livello di occupa-

zione viene mantenuto stabile per il semplicefatto che i lavoratori dipendenti appartengo-no al nucleo familiare. In altri termini, il co-sto del licenziamento, in questi casi, è siaeconomico (per la perdita di reddito dell’uni-tà familiare) sia psicologico, ed è indipen-dente dalla specializzazione degli occupati.Non dovrebbe essere trascurato il fatto chel’aumento della disoccupazione giovanile siregistra in un contesto di drastica riduzione

del potere contrattuale dei sindacati e dellasostanziale assenza, almeno in Italia, di nuo-ve forme di conflittualità.

Il punto in discussione riguarda il fatto,ben noto, che le giovani generazioni non per-cepiscono il sindacato come un soggetto chepossa rappresentarle e, al tempo stesso, ilsindacato incontra difficoltà nel reclutarle.Le politiche di precarizzazione del lavoromesse in atto negli ultimi anni, ponendo

Renzi, la disoccupazione giovanilee il sindacato

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APPROFONDIMENTI

9Anno XVI n. 12 | 27 ottobre 2015

i lavoratori in competizione fra loro,hanno esercitato un effetto rilevante nellospezzare i legami di solidarietà fra lavoratoriche sono alla base dell’azione sindacale. Inquesta dinamica, ha buon gioco il Governonel suo obiettivo di delegittimare il sindaca-to: la proposta di un sindacato unico e l’in-troduzione di nuovi vincoli al diritto di scio-pero rientrano in questa strategia.

Uno studio recente del Fondo MonetarioInternazionale (http://www.imf.org/exter-nal/pubs/ft/sdn/2015/sdn1514.pdf) mostrache la riduzione della union density nel cor-so degli ultimi decenni è stata la principalecausa delle crescenti diseguaglianze distribu-tive. E aggiunge che le crescenti disegua-glianze distributive, a loro volta, sono allabase dei bassi tassi di crescita registrati daiPaesi industrializzati negli ultimi decenni(http://www.oecd.org/els/soc/Focus-Inequali-ty-and-Growth-2014.pdf). La spirale perver-sa che si è così generata è quindi riassumibi-le nella sequenza riduzione del potere con-trattuale dei sindacati – aumento delle dise-guaglianze – riduzione del tasso di crescita –aumento del tasso di disoccupazione, in par-ticolare giovanile. Schematicamente, e conriferimento all’Italia, il rallentamento del tas-so di crescita (a sua volta imputabile al decli-no della produttività del lavoro) è imputabi-le ai seguenti fattori. 1) Le imprese italiane, nella gran parte dei

casi, sono poco propense a innovare, an-che a ragione del fatto che, essendo dipiccole dimensioni, non possono sfrutta-

re economie di scala e in più sono forte-mente dipendenti dal settore bancario. Inuna fase, come questa, di restrizione delcredito, gli investimenti si riducono e, aseguire, si riduce il tasso di crescita dellaproduttività del lavoro.

2) L’invecchiamento della popolazione, peralcune mansioni, costituisce un fattore difreno alla crescita della produttività. Ingenerale, economie nelle quali il bacinodegli occupati è formato prevalentemen-te da individui giovani sono economiecon elevato tasso di crescita: ciò a ragio-ne dell’obsolescenza intellettuale che ri-guarda lavoratori con età più elevata,della maggiore propensione al consumodei giovani (e dunque della più alta do-manda interna), della maggiore ‘creativi-tà’ (e, dunque, della maggiore propensio-ne a innovare). Gli annunciati tagli allasanità non potranno che esercitare ulte-riori effetti di segno negativo sul tasso dicrescita della produttività del lavoro, dalmomento che incideranno negativamen-te sul potenziale produttivo della forza-lavoro[1].

3) I salari percepiti dai lavoratori italianisono al di sotto della media europea afronte di un numero di ore lavorate supe-riore alla media europea. Vi è ampia evi-denza empirica a sostegno della tesi se-condo la quale laddove i salari sonomaggiori è maggiore la produttività dellavoro. Ciò accade fondamentalmenteper l’operare di due meccanismi. Sul pia-

no microeconomico, l’aumento dei sala-ri, combinato con minore flessibilità inuscita, incentiva le imprese a introdurreinnovazioni per non perdere quote dimercato[2]. Sul piano macroeconomico,l’aumento dei salari incentiva l’aumentodegli investimenti netti, con un dupliceeffetto di segno positivo, dal lato delladomanda (essendo gli investimenti unacomponente della domanda) e dal latodell’offerta, dal momento che l’ammo-dernamento degli impianti è una fonda-mentale pre-condizione per l’aumentodella produttività del lavoro.

4) La precarizzazione del lavoro è un frenoalla crescita della produttività, sia perchéincentiva le imprese a competere ridu-cendo i costi di produzione (e dunquenon innovando)[3] sia perché, accrescen-do la concorrenza fra lavoratori, rendenecessario un maggior impegno del ma-nagement in attività di controllo e sorve-glianza, per loro natura improduttive, di-sincentivando l’impegno per la produ-zione di innovazioni[4]. I Governi che si sono succeduti negli ul-

timi anni hanno provato a contrastare il con-tinuo aumento della disoccupazione giovani-le con queste misure: a) L’alternanza scuola-lavoro. Si tratta di una

misura che risponde all’esigenza di de-qualificare la forza-lavoro, assecondan-do la domanda di lavoro poco qualifica-to espressa dalla gran parte delle nostreimprese: imprese, salvo rare eccezio-

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10 Anno XVI n. 12 | 27 ottobre 2015

Progetto LavoroPeriodico della minoranza Cgil ‘Democrazia e Lavoro’

Collettivo redazionaleBahram Asghari, Vasco Cajarelli, Marigia Maulucci, Oscar Monaco, AntonioMorandi, Nicola Nicolosi, Paolo Repetto, Gianni Rinaldini, Nicoletta Rocchi,Fulvio Rubino

Notizie, articoli e iniziative vanno inviati alla seguente e-mail:[email protected]

Allo stesso indirizzo è possibile indicare gli indirizzi e i recapiti ai quali si desidera venga inviata la newsletter.

twitter: @Pro_Lavoro_Cgil

ni (soprattutto nel comparto dei macchi-nari), di piccole dimensioni, poco inno-vative che operano in settori “maturi”(agroalimentare e Made in Italy in pri-mis)[5]. Peraltro i programmi di apprendi-stato già sperimentati hanno prodotto ef-fetti pressoché nulli.

b) Le incentivazioni offerte alle imprese cheassumono giovani. E’ bene chiarire che,anche in questo caso, non si tratta di unostrumento efficace per incentivare le im-prese ad assumere e, soprattutto, non èuno strumento efficace per accrescerel’occupazione giovanile. Ciò a ragionedel fatto che le imprese assumono se leloro aspettative in ordine alla realizza-

zione di profitti sono ottimistiche e ciò,di norma, accade quando ci si aspetta unaumento della domanda.

c) La promozione dell’auto-imprenditoria-lità. In questo caso, è possibile riscontra-re un duplice problema: la difficoltà diaccesso a finanziamenti per l’avvio del-l’impresa (pure a fronte di incentivi pub-blici nella fase iniziale) e verosimilmentei bassi profitti che una nuova impresapuò aspettarsi di ottenere in una fase diintensa e prolungata recessione[6].

Si tratta di provvedimenti la cui ratio ri-siede, in ultima analisi, nel dequalificare laforza-lavoro e renderla disponibile a bassi

salari. Affinché ciò si renda pienamente pos-sibile, è necessario ridurre ulteriormente ilpotere contrattuale del sindacato. La figura1 stabilisce che la riduzione della union den-sity e dunque del potere contrattuale del sin-dacato si è tradotta, nei Paesi OCSE, in un si-gnificativo aumento dei redditi percepiti dal10% delle famiglie con più alto reddito.L’Italia è ovviamente all’interno di questa di-namica, ma con una propria specificità, ov-vero il fatto che, rispetto alla media europea,il numero di iscritti al sindacato è ancora re-lativamente elevato. Letto in questa chiave, ilfondamentale compito del Governo Renziconsiste nell’impedire qualunque forma diconflittualità sociale e di resistenza organiz-zata, incentivando i giovani disoccupati al-l’autoimprenditorialità e passando a un si-stema di relazioni industriali di tipo ‘atomi-stico’, vincolando l’intermediazione del sin-dacato.

In tal senso, è un compito che deve ac-centuare, per l’economia italiana, il processodi redistribuzione del reddito a vantaggio deipiù ricchi (percettori di rendite finanziarie edi redditi da capitale) già intensamente in at-to in altri Paesi[7]. Un processo di redistribu-zione della ricchezza che sembra prioritariorispetto all’obiettivo della crescita e che sirende possibile per l’accresciuto potere poli-tico delle nuove classi agiate.

Guglielmo Forges Davanzati (da Micromega)

NOTE

[1] L’ISTAT, a riguardo, calcola che oltre il 10% della popolazione

italiana non ha effettuato spese, nell’ultilo anno, per cure

sanitarie.

[2] V., fra gli altri, G. Forges Davanzati e A. Pacella, Minimum wage

Minimum wage, credit rationing and unemployment in a

monetary economy, “European Journal of Economic and Social

Systems”, vol.XXII, n.1, pp.179-194.

[3] V. P.Pini, Più precari, meno produttivi, Micromega on-line, 31

marzo 2014

[4] Sul tema si rinvia a A.Kleinknecht, Z.Kwee and L.Budyanto,

Rigidities trough flexibility: flexible labour and the rise of

management bureaucracy, “Cambridge Journal of Economics”,

2015, pp.1-11.

[5] Sul tema si rinvia a G.Forges Davanzati, La scuola che piace a

Confindustria, Micromega on-line, 22 maggio 2015.

[6] Un importante contributo sul “mito” dell’autoimprenditorialità è

stato offerto da M.E.Gerber, The E Mith, HarperCollins Publisher,

2001.

[7] V. http://blog-

micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/09/28/carlo-

formenti-%E2%80%9Cbasta-sindacati%E2%80%9D-il-

manifesto-neoliberista-del-%E2%80%9Ccorriere%E2%80%9D/