Periodico 481

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www.manitese.it/periodico–manitese DOSSIER Periodico di Mani Tese, organismo contro la fame e per lo sviluppo dei popoli. anno XLVIII | novembre-dicembre 2012 481 Poste Italiane S.P.A. – Spedizione in Abbonamento Postale – D.L. 353/2003 (convertito in Legge 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI in caso di mancato recapito inviare al CMP Roserio per la restituzione al mittente che si impegna a corrispondere i diritti postali. La fame si può misurare? “…chi ha il necessario ma non il superfluo; e la po- vertà non è né la miseria né l'indigenza. È la vita quotidiana conquistata con il lavoro; è una cosa sacra, che bisogna rispettare, stimare e cercare.” A. Tevoedjrè POVERI MA BELLI

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Novembre - Dicembre 2012

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La fame si può misurare?

“…chi ha il necessario ma non il superfluo; e la po-vertà non è né la miseria né l'indigenza. È la vita quotidiana conquistata con il lavoro; è una cosa sacra, che bisogna rispettare, stimare e cercare.” A. Tevoedjrè

POVERI MA BELLI

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Il Natale della crisi economica

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Metti i tuoi

regali sopra

l,albero

Scegli il tuo Natale di giustizia

con Mani Tese!

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manitese 481 | novembre-dicembre 2012 3 di luigi idili, presidente di mani tese

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la nostra impronta ecologica

quotidiana.

redazioneLuigi Idili (dir.)

Luca Manes (dir. resp.)

Chiara Cecotti

Angela Comelli

Alberto Corbino

Giosuè De Salvo

Elias Gerovasi

Elena Iannone

Giovanni Mozzi

Giacomo Petitti

Lucy Tattoli

contributiMatteo Bortolon

Carlo Benzi

Clara Castelucci

Marino Langiu

Fabio Parascandolo

Caterina Santinon

Stefano Squarcina

Annalisa Stagni

stampaStaff S.r.l. -

Buccinasco (MI)

graficaRiccardo Zanzi

sedeP.le Gambara 7/9,

20146 Milano

Tel. 02 40 75 165

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periodico maniteseRegistrazione al ROC (Registro

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n.154 Registrazione al Tribunale di

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1964.

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indice6 Ricordare il futuro

per non essere costretti a subirlo.

8 La democrazia e il fiscal compact

10 Il dopo Forum sulla Cooperazione:

le ONG, una goccia nel mare.

12 Corpo volontario europeo di aiuto

umanitario

14 Bando Sottosopra!

dossier15 La fame si può misurare?

19 30 anni…ma non li dimostriamo

20 L'Africa agli Africani

22 Firenze 10+10, alla ricerca

del démos perduto

24 L'asta della terra. Chi offre di più?

26 Mani Tese pride

progetti28 Sopra l'albero i tuoi regali...

sopra tutto la giustizia nel mondo!

30 Panela, questa sconosciuta

Cari amici,ormai ci siamo al prossimo Natale, ma come si presenterà per chi è in maggiore difficoltà? E cosa riserverà loro il 2013.

Speriamo e lavoriamo come sempre perchè giunga una “ripresa per i poveri”, operiamo inisieme per dare una una spinta verso nuove opportunità di mi-glioramento per quelle fasce sociali che rischiano di andare sotto l'asticella della sopravvivenza. In quest'anno abbiamo parlato di decrescita, beni comuni, povertà, diritto all'acqua e soprattutto di diritto al cibo: non ci stancheremo mai di denunciare quanto cibo manca in troppi luoghi del pianeta, e quanto ne viene prodotto ingiustamente ed inutilmente se non per ottemperare ai numeri che l'agro-business deve produrre per continuare la sua corsa. Attraverso il dossier di questo numero

“La fame di può misurare” proveremo a darvi informazioni chiare e semplificate sul dato fame nel mondo con l'analisi dei due documenti più autorevoli in materia: il GHI - Global Hunger Index (Indice Globale della Fame) calcolato ogni anno dall'Istituto Internazionale di Ricerca sulle Politiche Alimentari (IFPRI) viene sviluppato per misurare e monitorare

in modo complessivo la fame mondiale e approfondire le cause della fame e mettendo in evidenza i successi e gli insuccessi nella lotta per la sua riduzio-ne; ed il Sofi - State of food security in the world redatto dall'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (Fao) insieme a Ifad e Pam che presenta nuove stime di denutri-zione sulla base di una metodologia riveduta e migliorata e mostra che i progressi nella riduzione della fame nel corso degli ultimi 20 anni è stata migliore di quanto precedentemente creduto. Tuttavia, il numero di persone che soffrono di denutrizione cronica è ancora inaccettabilmente alto, e sradi-care la fame rimane una sfida globale ed imponente che a volte sembra lontana ed impossibile combattere. Per questo motivo voglio coinvolgervi ancora una volta, con la nostra petizione SOVRANI-TÀ ALIMENTARE IN EUROPA ORA! una petizione per dire diritto al cibo per tutti, con una firma si può dire basta ad un sistema alimentare che non tutela gli affamati!

FIRMA e coinvolgi amici e parenti, e fai firmare la nostra petizione.

Buon Natale!www.manitese.it

La tua firma per il diritto al cibo!

Luigi Idili, presidente di Mani Tese

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il natale della crisi economica | istantanea4

I NumerI deLLa marcIa moNdIaLe per La sovraNItà aLImeNtare:

13 ⇢ città italiane6 ⇢ città africane37 ⇢ eventi territoriali150 ⇢ volontari9 ⇢ teatri

1500 ⇢ spettatori7 ⇢ scuole400 ⇢ studenti15 ⇢ manifestazioni8 ⇢ incontri pubblici

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il natale della crisi economica | approfondimento6 di fabio parascandolo, università di cagliari, dipartimento di storia, beni culturali e territorio

Per il senso comune propagandato dai mass-media la crisi economica che colpi-sce vari paesi europei, e più in generale, il periodo di affanno vissuto dall'economia globale, sono passeggeri. Le classi dirigenti già vedono “la luce in fondo al tunnel”, dove naturalmente ci attenderebbero le abituali promesse di crescita. Faremmo bene invece a prendere sul serio l'eventua-lità di trovarci di fronte a una vera e propria crisi sistemica, irrisolvibile nel quadro delle coordinate tecniche convenzionali. È or-mai chiaro che le partite non si giocano più solo tra esseri umani, con una doviziosa natura posta a mo' di scenario di cartapesta sullo sfondo delle “gesta” dei gruppi sociali. Il clima planetario cambia e si assottigliano le scorte di risorse fossili su cui la civiltà moderna si è storicamente fondata, mentre i prezzi delle materie prime si impennano. Quando avremo finito di segare i rami su cui siamo seduti non potremo più fingere di trovarci ancora ai tempi in cui il mito dello sviluppo conosceva il suo apogeo.

Il punto è che, via via che la civiltà delle macchine e i poteri economici che la so-stengono si consolidano e si espandono, la crisi sociale va sempre più rispecchiandosi in quella ecologica. Sempre meno giovani di molti paesi, tra cui il nostro, riescono a trovare lavori salariati e redditi monetari che consentano loro di elaborare autonomi progetti di vita e ciò accade perché l'orga-nizzazione sociale imposta dalla globaliz-zazione economica non considera priori-tario assicurare condizioni di vita decenti ai cittadini. I fatti ci stanno raccontando altro rispetto alle affabulazioni dei poteri dominanti. Ci dicono che i limiti fisici della biosfera impediscono il raggiungimento del benessere merceologico-industriale per il genere umano nel suo insieme. Solo

ricordare il futuro per non essere costretti a subirlo.La riabilitazione culturale della sussistenza

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minoranze benestanti –se necessario cir-condate di guardie armate a protezione dei loro ghetti dorati– possono compiutamen-te appropriarsi degli esiti materiali dello sviluppo. In un mondo siffatto la costruzio-ne di un futuro vivibile per tutti e non solo per le ristrette élite globalizzatrici potrà essere affrontata solo con l'affermazione di una cultura della convivenza e della co-evoluzione del vivente planetario che ha ben poco a che fare con le raffigurazioni sviluppiste del mondo ancora insegnate nelle scuole.

Per dare spazio a una cultura di vita dovremmo in primo luogo saper cogliere le interdipendenze e le connessioni sistemi-che che caratterizzano il vigente regime socio-ecologico. Un regime esteso su scala globale ma profondamente occidentale nei suoi miti fondatori, a partire dalla cieca fiducia nella governance centralizzata delle risorse naturali e “umane”. È invece sempre più urgente decolonizzare i rapporti tra società umane e natura. Ricordare il futuro vuol dire costruire le basi di un futuro sostenibile recuperando e riattualizzando modalità “organiche” e microregionali di uso delle risorse, come quelle dell'eco-nomia contadina e artigianale. Esse non producono merci e servizi in funzione della crescita dei mercati ma mirano alla riproduzione della vita, sia pure all'interno di orizzonti materiali e culturali limitati. E queste economie decentrate non compor-tano ingenti distruzioni ecologiche nella misura in cui la responsabilità per il gover-no degli agroecosistemi è posta in capo a comunità locali che sanno di dipendere per la loro sopravvivenza dal buon uso dei beni comuni naturali: acqua, suolo e biodiversi-tà territoriale.

Siamo chiamati a riesaminare criticamente le caratteristiche dell'attuale organiz-zazione sociale per incamminarci verso nuovi modelli di convivenza umana in cui i mercati siano nuovamente regolati dalla politica in cui governi, legislatori e cittadini si attivino per tutelare i beni comuni con un'attenzione almeno pari a quella con cui le classi agiate difendono i loro beni privati. Ma non saranno certo le ideologie partiti-che dell'Occidente a farci vincere questa sfida e in particolare il pensiero “progres-sista”, che tende a sopravvalutare il ruolo positivo assunto dalle scienze tecnologiche nell'organizzazione sociale e supporta con slancio ogni forma di standardizzazione e centralizzazione dei modelli gestione delle risorse. È stato proprio in nome del pro-gresso che –specialmente negli ultimi 60 anni– le istituzioni pubbliche e le agenzie di mercato dell'Europa occidentale hanno smantellato le economie di sussistenza e tutte le forme di sostentamento a mezzo di autoproduzione, autogesione e autogover-no di beni naturali e manufatti vernacolari con cui singoli, famiglie e comunità locali provvedevano ai loro bisogni materiali e spirituali. Solo a mezzo di un serio ripen-samento su questo decisivo snodo della storia sociale potremmo ritrovare in futuro quella dignità perduta e oggi reclamata a gran voce nel mondo intero dagli indigna-dos europei e statunitensi, dai manifestan-ti delle primavere arabe e da tutti coloro che si battono per il rispetto dei diritti umani e civili. Non a caso il circostanzia-to rapporto su Commercio e agricoltura. Dall'efficienza economica alla sostenibilità sociale e ambientale (a cura di W. Sachs e T. Santarius, EMI, Bologna, 2007, trad. it.) auspica un rallentamento dei commerci alimentari transnazionali e, in parallelo, la rigenerazione dell'agricoltura familiare di

piccola scala e quindi la regionalizzazione e democratizzazione delle filiere agroalimen-tari; solo questi ultimi processi e non certo l'espandersi del commercio mondiale del cibo favorirebbero la piena applicazione di diritti solennemente promulgati all'indo-mani della seconda guerra mondiale.

Rivendicare la sovranità alimentare signi-fica perciò tutelare e reinventarsi forme di sostentamento che includano la produ-zione per l'autoconsumo e il rilancio del valore d'uso di produzioni locali indirizzate in primo luogo al conseguimento dell'au-tosufficienza comunitaria. E si tratterebbe di vantaggi multipli, di tipo eco-equo. Una società contadina “modernizzata” potrebbe rappresentare un valido modello alter-nativo a fronte della patente inefficacia della civiltà industriale e finanziarizzata, che riesce solo a offrire lusso per pochi a spese dell'essenziale per tutti. In tempi di corrosione del felicismo merceologico nel quale noi occidentali siamo stati immersi spesso sin dalla nascita il processo culturale di riabilitazione della sussistenza andrebbe incoraggiato con determinazione. Ma è chiaro che a questo scopo occorre superare notevoli resistenze. Questo termine evoca l'assillo della penuria e dello stato di biso-gno, ma tant'è… Sempre meglio guardare la realtà in faccia e riconoscere da noi che il come e il quanto consumiamo non dovreb-bero intaccare il capitale naturale, inducen-doci a rivedere i nostri modi di intendere e trasformare il mondo. L'alternativa com-portamentale è quella di fare gli “struzzi”: nascondere la testa sotto la sabbia ed essere così disposti a pagare qualunque prezzo per non pensare, lasciando che altri lo facciano per noi e agiscano in nostro nome. E con quali esiti rovinosi non è difficile immagi-narlo, basta guardare all'Italia attuale.

A sinistra:Commercio e agricoltura. Dall'efficienza economica alla sostenibilità sociale e ambientale (a cura di W. Sachs e T. Santarius, EMI, Bologna, 2007, trad. it.)

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8 il natale della crisi economica | rubriche

di matteo bortolon, socio e volontario di mani tese

FINAN

zA E POlItICA

Abbiamo avuto poco tempo per festeggiare. Circa un mese. Poi le cose sono cambiate con rapidità. A giugno 2011 la vittoria referendaria aveva generato un'atmosfera di gioiosa soddisfazione per lo straordina-rio risultato conseguito. Era viva presso la società civile la sensazione di poter finalmente girare pagina. Si respirava una soddisfazione piena, quasi entusiasmo. Poi ad agosto si sono scatenati gli assalti speculativi alle borse di mezza Europa. La svolta c'è stata, ma non nella direzione da noi auspicata.

In dodici mesi lo spazio politico europeo si è modificato in modo drastico. In Italia la cacciata di Berlusconi si è trascinata dietro gli scandali del bunga-bunga e ha spostato il dibattito sul versante pretta-mente economico, anzi finanziario. Tanto il discorso politico quanto la conversazione quotidiana si sono popolati di espressioni inconsuete o addirittura inedite: spread, pareggio di bilancio, rigore, austerità, spen-ding review, ecc. Soprattutto si è parlato di debito, debito pubblico, debito sovrano.

Sorge una spiacevole sensazione di dejà vu: si ripropone la stessa logica dei famosi

“programmi di aggiustamento strutturale” conosciuta da Mani Tese e dai suoi partner nel contesto del debito dei paesi impoveriti. Da un lato, si vuole garantire ai creditori (nel caso della Grecia, soprattutto banche francesi e tedesche) di recuperare il più possibile traendo il massimo dagli strati meno abbienti della popolazione; dall'altro, si sfrutta la posizione di potere che deriva dal ruolo di “salvatori” per imporre politiche conservatrici. Al raggiungimento del primo obiettivo provvedono l'imposizione del pareggio di bilancio e il fiscal compact; il secondo obiettivo è demandato al fondo

“salva-stati” che, imponendo condizioni capestro, diventa una sorta di “Fondo Monetario europeo”.Insomma, invece di regolamentare la finanza privata, non si è trovata miglior soluzione che imbrigliare i bilanci pub-blici! Con l'aggravante di produrre benefici

a quei poteri finanziari che la crisi l'hanno generata!Pareggio di bilancio e fiscal compact sono gli ultimi ingredienti in ordine di tempo per meglio servire la ricetta, indigesta, dell'economista Milton Friedman, padre del neoliberismo: tagliare, privatizzare, de-regolamentare. La spesa pubblica è il primo e più immediato fortino da espugnare; già l'ultima finanziaria del governo Berlusconi ha potentemente messo in questione im-portanti diritti sociali, la successiva “austeri-tà” continua a comprimere i beni comuni e il lavoro. L'Italia non è isolata: in tutta Europa compaiono misure di tagli ai salari, a istru-zione e sanità, diminuzione delle pensioni, aumento delle tasse universitarie ecc.

Il fiscal compact è un testo che vincola i parlamenti nazionali a seguire tali politiche senza sgarrare, costituendo un alibi per l'ap-provazione di misure impopolari. Vediamo come. Ufficialmente si chiama “Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e mone-taria”, più familiarmente “Patto di bilan-cio”, approvato il 2 marzo 2012 da 25 paesi membri dell'Unione Europea (tutti tranne La Repubblica Ceca e la Gran Bretagna). Si compone di un preambolo e 16 articoli, ma le disposizioni centrali si trovano agli artt. 3-4. In essi si stabilisce che i bilanci degli Stati devono essere sempre in pareggio o in avanzo, e che tutti gli Stati che hanno un debito superiore al 60% del PIL debbono ridurne la parte eccedente di un vente-simo all'anno. Di fatto si mettono i bilanci pubblici degli Stati sotto osservazione e tutela per accertarsi che sia prevalente il pagamento degli interessi e dell'ammontare del debito. Nel caso dell'Italia, con più di 1.900 miliardi di debito, corrispondente a circa il 120% del Pil significa restituirne la metà –per scendere al 60%. Stiamo quindi parlando di 950 miliardi in venti rate ovvero di 47 miliardi all'anno!Un onere pesante per il bilancio, che garan-tito da un vincolo così forte (si prevedono sanzioni pecuniarie per gli inadempienti), a prescindere dal ciclo economico, farà

La democrazia e il fiscal compact

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9manitese 481 | novembre-dicembre 2012

sì che se mancheranno i soldi saranno la spesa sociale e ambientale a venire pena-lizzate. Già tra il 2011 e il 2012 si sono avuti tagli severissimi: enti locali dissanguati, fondi per difesa del territorio e assetto idrogeologico praticamente spariti, meno 21 miliardi per le prestazioni assistenziali, sono solo alcuni esempi. È quindi ragione-vole presumere che lì cadrà la mannaia. Se si considera che la spesa pubblica si colloca intorno ai 700 miliardi annui –di cui 40 per l'istruzione e 25 per i diritti d'inclusione sociale– si vede come l'azione combinata di questa serie di tagli e rimodulazioni indichino cifre che significano amputare funzioni essenziali per il welfare state e dei diritti sanciti dalla costituzione repubbli-cana. Un ulteriore innalzamento della tas-sazione (che, analogamente, è gravata su tutta la popolazione senza colpire i ricchi con particolare vigore), già incrementata dal governo tecnico di Mario Monti, pare essere politicamente improbabile.

In tanti paesi ci sono state mobilitazioni e manifestazioni di protesta. Parallelamente allo sviluppo dell'austerità si sono formati movimenti e gruppi per opporsi a tale fenomeno.Al Forum di Firenze 10+10 (8-11 novembre) si sono incontrati alcuni dei gruppi europei che si stanno attrezzando. La rete ICAN si è riunita per la prima volta pochi mesi fa e raccoglie gruppi spagnoli, portoghesi, belgi, greci, italiani, polacchi, britannici, francesi, tedeschi, egiziani e tunisini. Alcuni sono molto navigati (ruolo chiave ha il CADTM, attivo sul debito dagli anni Ottanta), altri nati da pochissimo (come mi ha detto un'attivista spagnola: “mi occupavo soprat-tutto di ambiente, di debito non sapevo

niente, ma ora…”). Le realtà italiane coin-volte convergono in due campagne Rivolta il debito e Smonta il debito, che si muovono verso una ulteriore convergenza. Ne fanno parte anche alcune vecchie conoscenze di Mani Tese: Re:Common, Attac, Centro Nuovo Modello di Sviluppo fra gli altri.Sui temi finanziari è difficile agire. Ma alcune proposte stanno maturando: è noto per esempio che l'Ecuador ha avviato un processo di indagine e verifica dal basso per capire chi ha contratto il debito, se le condizioni sono legittime, a favore di chi sono andati i soldi; iniziative del genere servirebbero a capire se e quanto dob-biamo pagare; altrimenti è doverosa la posizione di sospendere unilateralmente il pagamento quanto meno degli interessi. Una cosa che spaventerebbe a morte i co-siddetti poteri forti. Un processo del genere, chiamato audit o auditoria (che rimarca il primato latinoamericano) può anche essere fatto a livello locale per far tornare in mano al cittadino il processo decisionale in merito al denaro pubblico. In America Latina ci sono voluti decen-ni per sollevare le masse impoverite su banche e debito. Speriamo di non dover attendere tanto.

Sito di RID www.rivoltaildebito.orgSito SIDwww.smontaildebito.orgLeggi il kit sul debito del Centro Nuovo Modello di Sviluppo:www.cnms.it/sites/default/files/Kit_debito_pubblico_basso.pdfSito di Re:Commonwww.recommon.org/category/finanza

l'Ecuador ha avviato un processo di indagine e verifica dal basso per capire chi ha contratto il debito, se le condizioni sono

legittime, a favore di chi sono andati i soldi

A destra:La localizzazione dell'Ecuador in una proiezione ortografica.

Sotto:L'economista Milton Friedman, padre del neoliberismo

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10 il natale della crisi economica | rubriche

di elias gerovasi, responsabile area cooperazione internazionale di mani tese

Per due giorni si è sentito parlare di una cooperazione che dovrebbe aiutare l'Italia

ad uscire dalla crisi e rilanciarla nel panorama internazionale, di una cooperazione come

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zioni coinvolte nella cooperazione e solidarietà inter-nazionale si aspettava dal Forum della Cooperazione italiana un dibattito sul ruolo dell'Italia nella lotta con-tro la povertà e sul futuro della cooperazione interna-zionale davanti alle sfide globali è rimasto sicuramente deluso dalla due giorni milanese che ha richiamato un folto pubblico e prodotto un discreto ritorno mediatico. I numeri parlano chiaro: oltre duemila iscritti e più di mille partecipanti, la maggioranza rappresentanti di ONG, associazioni e società civile. Sono quasi tremila infatti le realtà associative di diverse dimensioni, dalle ONG alle Onlus alle coope-rative, fino a gruppi spontanei e destrutturati che in Italia ruotano intorno alla cooperazione internazionale. Parliamo di un tessuto di attivazione che mobilita decine di migliaia di persone e tanti soldi, oltre 500 milioni di euro all'anno, da privati e imprese, a fronte di meno di 100 milioni di euro messi a disposizione dal Ministero degli Affari Esteri come assistenza pubblica

allo sviluppo. Sarà questo che ci fa percepire di essere il cuore pulsante della cooperazione italiana. Questa società civile la cooperazione la opera e la racconta quotidianamente tra volontariato e professionalità con tutti i suoi successi e i suoi limiti e rappresenta in giro per il mondo la solidarietà italiana fatta da migliaia di persone e progetti.Eppure al Forum di Milano tutta questa consapevolez-za è sembrata svanire, questa società civile è apparsa come una goccia nel mare, uno degli invitati tra tanti altri. Abbiamo visto, o meglio così hanno cercato di farci vedere, che il sistema Italia della cooperazione è ben più ampio, è composto da tanti attori che sono destinati a crescere nella varietà e nel numero.Il parterre del Forum e gli interventi ascoltati nelle plenarie parlano da soli e ci mostrano in maniera impietosa la marginalità della cooperazione non governativa, almeno agli occhi delle nostre istituzioni. Intervengono il Presidente della Repubblica (in video), il Premier, tre Ministri, un Commissario Europeo, Il

Presidente del Burkina Faso, il vice Presidente del Senato, Presidenti di Regioni e Province, Sindaci e gli amministratori delegati dell'Eni ed Expo Spa di cui lo Stato è il maggiore azionista. Per sottrazione si può dire che la così detta società civile è stata rappresenta-ta dagli interventi del segretario del sindacato Cisl, dal Presidente della Fondazione Cariplo, e dal direttore di CISP in qualità di rappresentante unitario delle ONG italiane. Possiamo annoverare nella categoria società civile anche l'intermezzo comico dalla show girl Geppi Cucciari e le testimonianze della cooperante Rossella

Il dopo Forum sulla cooperazione: le oNG, una goccia nel mare.

A sinistra:Il Ministro della Cooperazione e Integrazione Andrea Riccardi nel suo intervento durante il Forum di Milano.

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11manitese 481 | novembre-dicembre 2012

investimento che torna indietro in termini economici all'Italia stessa, quella che vede il partenariato pubblico-privato, la cooperazione che ci libera dall'introversione depressiva dell'ultimo decennio…

Urru e della fondatrice di Maison Shalom Margherite Barankitse.E dire che il percorso preparatorio organizzato dal Ministero della Cooperazione e Integrazione verso il Forum era stato partecipato in maniera entusiasta da tutti gli attori coinvolti, in particolare proprio quelli della società civile. Dieci tavoli di lavoro tematici, tre mesi di riunioni che hanno generato documenti e spunti interessanti che parlano un linguaggio sicura-mente più vicino al nostro e soprattutto più concreto. Purtroppo il Forum non è riuscito a rappresentare ade-guatamente questo lavoro relegandolo ad una sessione pomeridiana organizzata in gruppi che di fatto li ha fatti sparire dalla scena.Ma il problema non è tanto legato alle personalità intervenute e al risalto che a queste è stato dato dagli organizzatori, quanto al linguaggio che hanno parlato. Per due giorni si è sentito parlare di una cooperazio-ne che dovrebbe aiutare l'Italia ad uscire dalla crisi e rilanciarla nel panorama internazionale, di una

cooperazione come investimento che torna indietro in termini economici all'Italia stessa, quella che vede il partenariato pubblico-privato, la cooperazione che ci libera dall'introversione depressiva dell'ultimo decennio, così l'ha chiamata il Ministro Riccardi. Per un momento sembra che l'Italia sia diventata bene-ficiaria della cooperazione e infatti al Forum i grandi assenti sono proprio i così detti “beneficiari” degli aiuti, quelli che per noi sono i partner e le comunità locali dei paesi del sud del mondo. Eppure co-operare vuol dire operare con qualcuno, due parti, un partnerariato.

Ma al Forum ci siamo solo noi, italiani che dovrebbero rilanciare la cooperazione per beneficiarne. Una narrazione che pochi anni fa avrebbe fatto gridare allo scandalo, gli anni in cui la società civile ha lottato per il concetto di aiuto slegato (da convenienze, inte-ressi economici e condizionalità). Oggi invece davanti alla crisi economica e ai PIL con il segno meno dire che ogni euro speso in cooperazione tornerà indietro in in-vestimenti non sconvolge nessuno anzi fa guadagnare applausi e apprezzamento anche da parte delle ONG.Ma da questo Forum credo sia utile cogliere la sfida e non voltare le spalle offesi per la poca considerazione riservata alla cooperazione non governativa. È vero che le ONG non sono detentrici del ruolo da prota-goniste nella cooperazione ed è anche vero che sono abituate ad esercitare l'autoreferenzialità, a parlare a se stesse più che all'opinione pubblica. Questa sfida però è aperta e deve interpellare in primis quelle ONG, come Mani Tese, che vogliono giocare un ruolo nella costruzione della cooperazione futura, quella che an-

drà oltre gli obiettivi del millennio e che porterà forse al superamento definitivo del termine “cooperazione” come lo intendiamo oggi.Una cooperazione lontana dalla beneficenza e dall'as-sistenza che guarda invece all'obiettivo della giustizia sociale sempre più pregiudicata da decenni di politiche finanziarie e economiche orientate esclusivamente al profitto. Politiche sbagliate di cui oggi vediamo i risultati fallimentari anche nel nostro mondo opulento e che dovremo continuare a contrastare attraverso alleanze e movimenti nord-sud.

Sopra:Un'immagine del video sulla Cooperazione proiettato al Forum della Cooperazione Internazionale (MIlano 1-2 ottobre 2012), visibile sul canale YouTube del Ministero della Cooperazione e Integrazione (http://youtu.be/4V-WHA47Qu4).

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12 il natale della crisi economica | rubriche

OssERvAtO

RIO EU

ROPEO

di stefano squarcina, gruppo gue/ngl del parlamento europeo

A fianco, in alto:Poster della Commissione Europea per promuovere

l'UE Humanitarian Aid and Civil ProtectionSotto:

Alcune immagini dei progetti di cooperazione dell'Unione Europea. (foto di EU Humanitarian Aid and Civil Protection)

Istituire un “Corpo volontario europeo di aiuto umanitario” che possa mobilitare nel periodo 2014/20 almeno diecimila giovani europei in azioni di aiuto umanitario nei paesi terzi. È l'obiettivo della proposta legislativa presentata a novembre dalla Commissione Europea di Bruxelles, che propone di creare un “EU Aid Volunteers Corp per fornire un'assistenza di emergenza volta a tutelare la vita, a prevenire e alleviare la sofferenza e mantenere la dignità umana in situazioni di crisi provocate dall'uomo o da catastrofi naturali”, che è poi la defini-zione di aiuto umanitario. La proposta è aperta a tutti i cittadini europei, o residenti di lunga data nell'Unione, che intendano impegnarsi in attività di aiuto diretto d'ur-genza a popolazioni stremate, ad esempio, dalla violenza dei conflitti e/o dalla fame. L'obiettivo perseguito è l'espressione “dei valori umani e della solidarietà con le po-polazioni in stato di necessità attraverso la promozione di un efficace e visibile iniziativa dell'Unione, che contribuisca al consolida-mento delle capacità europee di rispondere alle crisi umanitarie”. Le organizzazioni, governative o non, che saranno autorizzate a mandare sul campo i futuri volontari europei dovranno sottostare alle condi-zioni di una “certificazione europea” che ne stabilirà l'efficacia operativa. I volontari selezionati, che dovranno partecipare a dei corsi di formazione, saranno inseriti in una “lista d'idoneità” cui si farà appello in caso di necessità e d'invio in situazioni di emergenza. Da molti anni le ONG internazionali chie-

devano all'Europa un maggior impegno sul terreno del soccorso d'emergenza alle popolazioni in difficoltà, tanto che la creazione del “Corpo volontario europeo di aiuto umanitario” è stata inserita nel Trattato di Lisbona che regola il funziona-mento dell'Unione Europea. La proposta della Commissione ne dà ora attuazione pratica: è previsto che Parlamento europeo e Consiglio diano rapidamente il loro nul-laosta, confermando anche una dotazione finanziaria di circa 240 milioni di Euro per sei anni. In questo momento sono solo 230 i volontari europei dispiegati in azioni umanitarie dall'agenzia ECHO, con sede a Bruxelles, che svolge anche compiti di protezione civile: le crisi umanitarie nel mondo sono in costante aumento, sia in termini numerici sia in gravità ed esten-sione. Le agenzie d'intervento chiedono maggiori risorse umane e finanziarie per far fronte alla situazione. Tenendo conto dei tempi tecnici per rendere operativa la proposta, dal gennaio 2014 l'Unione Euro-pea aumenterà dunque progressivamente il suo impegno umanitario, creando anche una “rete on-line” di volontari pronti a dare una mano al ”Corpo europeo”, anche se solo dal computer di casa, rendendosi disponi-bili, ad esempio, per traduzioni, elabora-zione di documenti o progetti, ecc…

corpo volontario europeo di aiuto umanitario

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13manitese 481 | novembre-dicembre 2012

La proposta è più che benvenuta, ma ci sono alcuni elementi nel testo che lasciano perplessi. Innanzitutto, l'accento posto più volte sul fatto che il “Corpo” ha tra i suoi compiti fondamentali quello di promuove-re “la visibilità della presenza dell'UE” nelle zone di crisi, attraverso “l'elaborazione da parte della Commissione di un piano d'azione d'informazione e comunicazione” sulle azioni degli “EU Aid Volunteers”. Un conto, infatti, sono le legittime campagne d'informazione sull'impegno europeo nelle zone di emergenza, un altro sarebbero costose operazioni politiche d'immagine con protagonisti inconsapevoli dei volon-tari che con la loro azione umanitaria si troverebbero a ridorare il blasone europeo per coprire altre responsabilità –economi-che, commerciali, finanziarie, di politica estera e di cooperazione allo sviluppo– che contribuiscono alla povertà del Sud del mondo e di cui, guarda caso, si parla ben poco. Forse sarebbe meglio seguire il detto biblico “Non vantarti del bene che fai, parla piuttosto del bene che ti viene fatto”: il rischio è che il “Corpo volontario” venga usato per una “guerra di immagine” con altre mega-agenzie governative umanitarie, a cominciare da “US Aid” che comunica molto in termini di informazione politica,

“oscurando in tal modo le azioni di ECHO”, come sovente ripetono alla Commissione Europea.

Una preoccupazione ulteriore deriva dal fatto che quella sul “Corpo volontario euro-

peo” viene concepita come “una proposta che può contribuire agli obiettivi di politica estera dell'Unione”, e ciò è in netto contra-sto con i principi di umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza che devono regolare l'azione umanitaria. Un intervento di emergenza si giustifica in sé e per la sua gravità, non può sottostare a considerazio-ni di politica estera o di alleanze regionali. Non si può transigere sul principio della non-discriminazione, tutti gli esseri umani sono uguali per dignità e diritti, soprattutto nella sofferenza. La tendenza, invece, è quella di fare delle agenzie umanitarie degli strumenti “d'influenza politica”, a volte addirittura sotto la protezione armata di forze militari che ne stravolgono la neu-tralità operativa, e di conseguenza –molto spesso– anche la credibilità politica.

Andrà poi verificato che la dotazione finanziaria assegnata al “Corpo umanitario” non vada a scapito della politica europea di cooperazione allo sviluppo, che ha già subìto molti tagli in questi ultimi anni. L'a-zione di emergenza non può essere anche scollegata da un ragionamento politico più ampio: l'aiuto umanitario è troppo spesso la conseguenza del fallimento della politica, che si trova a tamponare problemi che lei stesso ha creato con la sua inazione. Si guardi al dramma dei rifugiati siriani e più in generale del popolo siriano, per non parlare del Darfur sudanese, del Kivu congolese o del Corno d'Africa. Andrebbero messe più volontà politica e risorse umane

nella soluzione dei conflitti, che da soli pro-ducono 44 milioni di rifugiati, da quindici anni non si vedevano tali cifre.

L'aiuto umanitario, insomma, solleva le nostre coscienze e produce autocompia-cimento, ma non per questo diminuisce il peso delle nostre responsabilità nel divario Nord-Sud. Il miglior modo per combattere la povertà e trovare soluzioni definitive all'emergenza è rendere più equa, ad esem-pio, la nostra politica commerciale verso i Paesi in Via di Sviluppo, impedire che la speculazione finanziaria alteri al ribasso i prezzi delle materie prime del Sud o che la globalizzazione si alimenti del dumping sociale ed ecologico, fare del rispetto dei diritti umani e della soluzione dei conflitti una priorità nelle relazioni internazionali. Al contrario, complice anche la crisi, l'Unio-ne Europea si sta sempre più “sganciando” dal Sud del mondo sostituendo politiche di solidarietà con accordi commerciali di libero scambio guidati dal mercato. E resta debolissima la sua voce nelle aree di conflitto: l'Unione Europea come tale non è ancora in grado di “pesare” nella politica internazionale. È più facile, insomma, farsi accettare ed intervenire nella fase “più consensuale” del conflitto (quella dell'e-mergenza e della distribuzione dell'aiuto umanitario) che in quella “più controversa” (della mediazione o del negoziato tra le parti). Nessun “Corpo umanitario” potrà mai cancellare o attenuare le nostre re-sponsabilità verso il Sud del mondo.

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il natale della crisi economica | approfondimento14 di annalisa stagni, area advocacy di mani tese

campaGNa ecoFeste: pIù Feste sosteNIbILI, meNo Impatto ambIeNtaLedi Associazione Circolo Legambiente Fagiani nel Mondo  – VeronaL'obiettivo è quello di migliorare l'efficien-za delle feste pubbliche dal punto di vista ambientale, riducendo la produzione dei rifiuti lungo tutta la filiera fino ad una cor-retta raccolta differenziata finale incenti-vando l'utilizzo di stoviglie lavabili o, dove non fosse possibile, biodegradabili e com-postabili in alternativa a piatti e posate di plastica, con l'intento finale di promuovere una raccolta firme a livello nazionale per la messa al bando delle stoviglie in plastica usa e getta.

proGetto per IL recupero dI FarmacIdi Fondazione ANT Italia Onlus  – Bolognala Fondazione ANt assiste i sofferenti on-cologici, portando al domicilio del paziente tutte le cure, i farmaci e i presidi necessari. Il Progetto di Recupero Farmaci ha l'obiet-tivo di raccogliere e mettere nuovamente a disposizione di nuovi Sofferenti oncologici farmaci e medicinali in perfetto stato di conservazione e non più utili alle famiglie che sono state assistite da ANt per un proprio parente.

ImproNtedi Associazione Progetto Zattera – Malnate (VA)Il progetto si rivolge agli alunni della scuo-la primaria di sei comuni, ai loro genitori e insegnanti, attraverso la realizzazione di percorsi formativi extracurricolari. Si userà il teatro per coinvolgere i bambini nella sensibilizzazione e nella pratica concreta della riduzione di rifiuti, del riuso e riciclo, e nella promozione dell'adozione di com-portamenti virtuosi.

Foot prINt – FamIGLIa proambIeNtedi Associazione Campi Flegrei – NapoliAttraverso l'uso dell'immagine, nello specifico con la realizzazione di un video documentario, si racconteranno stili di vita e abitudini delle famiglie napoleta-ne, nonché l'impatto ambientale che tali comportamenti implicano in termini di impronta ecologica.

prevIeNI I rIFIutI, cambIa La vIta!di Associazione Postribù  – Rieti Il progetto coinvolge 16 Comuni del terri-torio della Provincia di Rieti con l'obiettivo di cambiare radicalmente il paradigma del-la gestione dei rifiuti, mostrando come si possa arrivare a ridurre i rifiuti a poche de-cine di chili l'anno. Si agirà attraverso una

“scuola di formazione degli amministratori” per la gestione responsabile di risorse e servizi e, parallelamente, con azioni di sen-sibilizzazione delle cittadinanza.

rIusI-amodi GRISS (Gruppo di Ricerca sullo Sviluppo Sostenibile)  – Milano Il progetto di ricerca intende valutare il beneficio ambientale del riuso, con la quantificazione dei benefici generati dal riuso di oggetti di seconda mano in alternativa all'acquisto di nuovi prodotti e valorizzando le esperienze esistenti di raccolta e vendita di oggetti usati. La valutazione sarà effettuata utilizzando la metodologia LCA o Analisi del Ciclo di Vita per quantificare gli impatti evitati grazie all'attività dei mercatini del riuso.

bandoconosciamo i vincitori?

GRABBING DEVELOPMENT. Towards new models of North/South relations for a fair exploitation of natural resources. DCI NSA-ED/2011/239-451. Questo bando è realizzato con il contributo finanziario dell'Unione Europea. I suoi contenuti sono unicamente responsabilità di Mani Tese e in nessun caso si può considerare che riflettano la posizione dell'Unione Europea.

I progetti arrivati al Bando Sottosopra, che Mani Tese ha lanciato lo scorso maggio in collaborazione con la Fondazione Culturale Responsabilità Etica, sono stati tantissimi: circa 120! Gianni Tamino (membro del Co-mitato scientifico di Mani Tese, professore di Biologia all'Università di Padova, membro dell'Associazione per la Decrescita), Pietro Raitano (direttore di Altrecono-mia), Andrea Segrè (promotore di Last Minute Market), Irene Palmisano (Fondazione Culturale Responsabilità

Etica) ed Elias Gerovasi (responsabile area cooperazio-ne, Mani Tese), cioè la nostra giuria qualificata, hanno avuto il difficile compito di sceglierne solo sei.

Ed eccoli qui, i progetti che Mani Tese finanzierà in tutto il territorio italiano e che si concluderanno fra un anno. Noi li seguiremo passo passo, e iniziamo auguran-do buon lavoro ai nostri nuovi compagni di viaggio!

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manitese 481 | novembre-dicembre 2012 15D

OSSIER

di giovanni mozzi, consigliere di mani tese - elias gerovasi, responsabile area cooperazione internazionale di mani tese

La fame si può misurare?Certamente! La fame si può misurare, è questo il

tentativo di due rapporti internazionali che ogni

anno provano a mettere insieme i numeri della fame

e a tirare le somme. Il primo è L'Indice Globale

della Fame (GHI) elaborato dall'IFPRI (Istituto

Internazionale di Ricerca sulla Politiche Agricole), il

secondo è il Sofi (State of food security in the world)

redatto dall'Organizzazione delle Nazioni Unite

per l'alimentazione e l'agricoltura (Fao) insieme a

Ifad e Pam. In questi documenti si scoprono realtà

angosciose, ma al tempo stesso semi di speranza

che la sfida alla fame, pur in un contesto di scarsità

di terra, acqua ed energia, possa essere vinta con

l'intelligente sforzo di tutti (o almeno di molti).

Riportiamo in queste pagine un estratto liberamente

tratto dai due rapporti presentati in occasione della

Giornata Mondiale dell'Alimentazione (16 ottobre).

Il GHI

Come funzIonaL'Indice Globale della Fame (GHI) è uno strumento sviluppato dell'IFPRI (edizione italiana curata da Cesvi) per misurare e monitorare in modo complessivo la fame mondiale e di regioni e nazioni. Esso per-mette di approfondire le cause della fame e mette in evidenza i successi e gli insuccessi nella lotta per la sua riduzione. Per riflette-re la natura multidimensionale della fame, il GHI riunisce in un unico indice numerico tre indicatori:1. Denutrizione: la percentuale di denutriti (o sottonutriti) sul totale della popolazione (che corrisponde alla quota di popolazione con assunzione calorica insufficiente).2. Insufficienza di peso infantile: la percen-tuale di bambini di età inferiore ai cinque anni sottopeso, indice di denutrizione infantile (un peso inferiore a quello previ-sto a una data età denota deperimento e/o ritardo nella crescita).3. Mortalita infantile: il tasso di mortalità tra i bambini al di sotto dei cinque anni (che riflette in parte la fatale sinergia tra in-sufficienti assunzioni caloriche e ambienti insalubri).Tutti e tre i componenti dell'indice sono espressi in percentuale e hanno uguale ponderazione. Valori di GHI più alti indica-no livelli maggiori di denutrizione. L'indice va da un minimo di 0 a un massimo di 100, ma questi due estremi nella pratica non si verificano. Il valore massimo di 100 sarebbe infatti raggiunto solo se tutti i bambini morissero prima del compimento del quinto anno d'età, l'intera popolazione fosse denutrita e tutti i bambini sotto i cinque anni fossero sottopeso. Il valore minimo significherebbe invece che non ci sono denutriti nella popolazione, nessun bambino con meno di cinque anni è sotto-peso e nessun bambino muore prima del compimento dei cinque anni.

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il natale della crisi economica | dossier16

do

ssier

30

20

10

‘90 ‘00 ‘1000

anno

indice GHI

30,3

22,6

24,2

22,9

IL caso INdIaNonostante la forte crescita economica, l'India non ha fatto grossi miglioramenti nel suo punteggio di GHI. Dopo un piccolo aumento tra il 1996 e il 2001, il punteggio di GHI dell'India è calato solo leggermente, e l'ultimo GHI è ritornato all'incirca ai livelli del 1996, come mostra il grafico. Questa sta-gnazione del punteggio si è verificata in un periodo in cui il reddito nazionale lordo pro capite dell'India è praticamente raddoppiato, passando da circa 1.460 a 2.850 dollari in-ternazionali costanti tra 1995-97 e 2008-10.Ciò è sorprendente perché la norma sarebbe che a redditi più alti si accompagni una riduzione della fame. Come si spiega quindi il caso India?La conclusione a cui sono giunti i ricerca-tori per spiegare questa anomalia è che la bassa posizione sociale delle donne in India contribuisce agli scarsi risultati per quanto riguarda l'alimentazione dei bambini nella

regione, perché lo sviluppo infantile e il be-nessere materno sono strettamente connessi: la bassa condizione nutrizionale, educativa e sociale delle donne mette a rischio la loro capacità di generare neonati ben nutriti e di sfamare e prendersi adeguatamente cura dei propri figli. Secondo alcune indagini svolte tra il 2000 ed il 2006, il 36% delle donne indiane in età di procreare era sottopeso, in confronto al solo 16% di 23 paesi dell'Africa subsahariana.Sotto: L'indice GHI dell'India dal '90 ad oggi

Le coNseGueNze deL LaNd GrabbINGSi definisce come land grabbing il fenomeno di cessione internazionale di terre coltivabili, generalmente da parte di un Paese ricco di terre ad un altro che ne ha minor quantità. È un fenomeno relativamente recente che però nel 2012 ha raggiunto i 57 milioni di ettari di terreni agricoli (l'1,2% dell'area agricola mondiale), destinati per il 55% alla produzione di biocarburanti e per il 19% alla produzione di legname (e quindi non di cibo).Generalmente sono proprio i Paesi con il PIL più basso e con un alto livello di fame a cedere le proprie terre, fino a casi eclatanti come quello di 7 Paesi (Cambogia, Etiopia, Indonesia, Laos, Liberia, Filippine e Sierra Leone) che hanno ceduto più del 10% delle proprie aree agricole. È lecito pensare che questo comportamento non abbia conseguenze future sulla carenza di cibo in questi Paesi?

le sfIde futureÈ scontato che in futuro il mondo dovrà produrre più cibo con minori risorse, eliminando al contempo pratiche e politiche inefficienti. I mutamenti demografici, la crescita del reddito, il cambiamento climatico e politiche e istituzioni poco lungimiranti stanno esacerbando la scarsità di risorse naturali, mettendo così a repentaglio la produzione alimentare e l'ambiente da cui essa dipende. La sicurezza alimentare è ormai inestricabilmente connessa agli sviluppi nei settori idrico, energetico ed agricolo. L'aumento dei prezzi dell'energia si ripercuote sui costi di carburante e ferti-lizzanti per gli agricoltori, accresce la domanda di colture per la produzione di biocarburanti e incrementa i prezzi per l'uso dell'ac-qua. L'agricoltura si svolge già in un contesto di scarsità di suolo in termini quantitativi e qualitativi: i migliori terreni arabili del pianeta sono già coltivati e delle pratiche agricole non sostenibili hanno condotto a un significativo degrado del suolo. La scarsità di terra coltivabile unita a politiche bioenergetiche miopi ha portato a un aumento degli investimenti esteri in terreni agricoli in svariati Paesi in via di sviluppo, mettendo a repentaglio i diritti al suolo delle popolazioni locali. Inoltre l'acqua scarseggia e la situazione è probabilmente destinata ad aggravarsi a causa del cambiamento climatico.

tendenze mondIalI, reGIonalI e nazIonalIIl GHI, che misura la fame relativa ovvero la percen-tuale di persone che soffrono la fame, mostra nel tempo una tendenza moderatamente favorevole. Il GHI mondiale 2012 è diminuito infatti del 26% rispet-to al GHI mondiale 1990, passando da un punteggio di 19,8 a 14,7.Le medie mondiali nascondono notevoli differenze a livello di regioni e nazioni. Il GHI 2012, rispetto al 1990, è sceso del 16% in Africa subsahariana (da 24,6 a 20,7), del 26% in Asia meridionale (da 30,3 a 22,5) e del 35% in Vicino Oriente e Africa del Nord (da 8,2 a 5,3). Pro-gressi particolarmente significativi sono stati registrati nel Sudest asiatico (da 14,5 a 7,9) e in America Latina e Caraibi (da 8,8 a 4,9), con una diminuzione del pun-teggio di GHI rispettivamente del 46% e del 44%.Fra le nazioni la maglia nera l'indossano Corea del Nord (aumento del 21% del GHI dal 1990 al 2012), Swaziland e Burundi (aumento del 17%), mentre i migliori risultati nella riduzione della fame li hanno ottenuti Turchia (riduzione del 74% del GHI dal 1990 al 2012), Kuwait (riduzione del 71%) e Messico (ridu-zione del 62%).

La scaLa deL GHIinferiore a 5 � bassoda 5 a 9,9 � moderatoda 10 a 19,9 � graveda 20 a 29,9 � allarmante30 e oltre � estremamente allarmante

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manitese 481 | novembre-dicembre 2012 17

L'acqua NeL 2050Il margine di crescita delle forniture idriche è limitato, ma la domanda domestica e indu-striale di acqua sta aumentando rapidamente. Il risultato è un trasferimento dell'acqua dall'agricoltura agli usi domestici e industria-li. Questo trasferimento aggraverà la scarsità di acqua per l'irrigazione nei Paesi meno sviluppati in rapida crescita e soprattutto in Cina e in alcuni Paesi di Vicino Oriente e Afri-ca del Nord. Entro il 2050 solo il 66% della domanda di acqua per l'irrigazione potrà probabilmente essere soddisfatto, rispetto al 78% del 2000. Entro il 2050 si prevede che, stando così le cose, il 52% della popolazione mondiale (4,8 miliardi di persone), il 49% della produ-zione cerealicola mondiale e il 45% del PIL mondiale saranno a rischio a causa dello stress idrico.

La GestIoNe INteGrata deLLa FertILItà deL suoLoIn una gestione integrata della fertilità del suolo rientrano l'applicazione di fertilizzanti organici e inorganici, la riduzione dell'aratu-ra e il maggior utilizzo dei residui di raccolto, pratiche che aiutano a proteggere il suolo e ad aggiungere nutrienti. Vari studi in Africa subsahariana hanno dimostrato che la gestio-ne integrata della fertilità del suolo accresce il tenore di umidità dei terreni, migliora l'efficienza energetica e aumenta il raccolto degli agricoltori.Analogamente la sommersione alternata del-le risaie, la semina diretta del riso e la colti-vazione in asciutta sono tutte tecnologie che possono, in appropriate condizioni, ridurre l'uso di acqua e di energia e le emissioni di gas a effetto serra, mantenendo o aumentan-do le rese dei raccolti.

l'unICo sCenarIo sostenIbIleLo scenario mondiale sostenibile, l'unico che ci possiamo permettere, si incen-tra su un aumento delle spese per la ricerca e lo sviluppo in ambito agricolo nei Paesi in via di sviluppo, congiuntamente a una crescita degli investimenti sociali e ad un uso più equilibrato delle risorse naturali per migliorare in modo sostenibile i redditi e il sostentamento rurali.In particolare questo scenario prevede una maggior attenzione alla conser-vazione delle risorse idriche, territoriali ed energetiche tramite un maggior investimento in tecnologie e un uso più efficiente delle risorse. Si concentra su quegli investimenti che riducono la fame e la malnutrizione, come un miglioramento delle rese delle coltivazioni e dell'allevamento di bestiame e un aumento degli investimenti nelle strutture igienico-sanitarie e nell'istruzione secondaria femminile. Altri fattori cruciali per migliorare la situazione dei po-veri e dell'ambiente saranno ad esempio un miglioramento della governance, una riduzione delle disuguaglianze e una maggior inclusione dei gruppi sociali emarginati.Lo scenario sostenibile ridurrà il numero di bambini malnutriti a 50 milioni entro il 2050, in confronto ai 115 milioni dello scenario convenzionale (quello su cui ci stiamo avviando senza interventi correttivi). In India, per esempio, che è la patria del maggior numero di bambini malnutriti, la percentuale scen-derebbe al 27% entro il 2050 nello scenario sostenibile, in confronto al 39% dello scenario convenzionale.

A sinistra: Il rapporto sull'indice globale della fame (GHI). Il testo integrale è scaricabile dal sito www.cesvi.org oppure dal sito www.link2007.org.

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il natale della crisi economica | dossier18

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Il rapporto fao sull'InsICurezza alImentare nel mondoUn altro documento ufficiale che ogni anno ci consente di guardare lo stato dell'arte della fame e della mal-nutrizione nel mondo è il rapporto Sofi (State of food security in the world), redatto dall'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (Fao) insieme a Ifad e Pam.Dall'edizione 2012 si evince che la tendenza all'au-mento dei prezzi alimentari iniziata nel 2002, insieme alla volatilità dei mercati, durerà ancora, continuando a minacciare la food security delle fasce povere della popolazione mondiale. Il documento ricorda inoltre l'importanza degli investimenti in agricoltura, che tra l'altro, dati i prezzi di rialzo, possono essere molto remunerativi. Oltre a queste minacce per la food security, il rapporto Sofi 2012 espone anche i dettagli sul fenomeno “fame nel mondo”. Sarebbero infatti 870 milioni le persone denutrite nel mondo, diminuite di 132 milioni negli ultimi 20 anni.

La maggior parte di chi non ha abbastanza cibo, 852 milioni di persone, vive nei Paesi in via di sviluppo. Il loro numero è aumentato in Africa, dove soffre la fame una persona su quattro, ma anche nei Paesi sviluppati. Nel biennio 2004-2006 la Fao aveva registrato 13 mi-lioni di sottonutriti negli Stati più ricchi; gli anni della grande crisi tra il 2010 e il 2012 hanno spinto verso l'insicurezza alimentare altri tre milioni di persone. Per quanto concerne la distribuzione regionale, in Asia il numero delle persone che soffrono la fame negli ultimi vent'anni è diminuito, passando da 739 milioni a 563 milioni, un calo dovuto in larga misura allo svi-luppo socio-economico di alcuni paesi della regione.Anche in America Latina e Caraibi si sono fatti dei passi avanti, con il numero dei sottonutriti passato dai 65 milioni del 1990-92 a 49 milioni nel 2010-12, e con una percentuale scesa dal 14,6% all'8%. Il rapporto rileva tuttavia che il tasso di avanzamento è di recente rallentato. L'Africa è la sola regione dove, nello stesso periodo, il numero delle persone che soffrono la fame è cresciuto, passando da 175 milioni a 239, con circa 20 milioni che si sono aggiunti negli ultimi quattro anni. La percentuale, sebbene sia calata nell'arco del periodo considerato, è leggermente aumentata nel corso degli ultimi tre anni, passando da 22,6% a 22,9% della popo-lazione totale, vale a dire soffre la fame una persona su quattro. E nell'Africa subsahariana i modesti progressi

registrati sino al 2007 sono stati ribaltati, e la sottonu-trizione da allora è aumentata del 2% l'anno.

Certo, molto dipende anche da come si fanno i conti. Con quest'ultimo rapporto Sofi la Fao ha rivisto il modo di calcolare le stime sulla fame, usando come parametro la distribuzione delle calorie. È vero che dal 1990 i miglioramenti ci sono stati ma diventano più marcati con questo nuovo metodo di calcolo. I nuovi calcoli implicano che l'obiettivo di dimezzare la fame entro il 2015 è a portata di mano, a patto di rovesciare il rallentamento degli ultimi cinque anni. Peccato che le previsioni sui prezzi alimentari 2013 lascino immagi-nare il contrario.

www.fao.org/docrep/016/i2845e/i2845e00.pdf

A destra:Copertina del rapporto Fao sull'insicurezza alimentare nel mondo.Il documento è scaricabile in pdf dal sito Fao (vedi l'indirizzo sotto la copertina).

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19manitese 481 | novembre-dicembre 2012

di carlo benzi, volontario del gruppo mani tese di verbania

vOlO

NtARIAtO

mani tese a verbania dal 1982

30 anni…ma non li dimostriamo!

Nel 1982 alcuni giovani cresciuti all'interno della spiritualità francescana decidono di

“fare qualcosa per i poveri del terzo mondo”: nasce così il gruppo Mani Tese di Verba-nia. I padri francescani di S. Rita offrono subito generosa ospitalità, garantendo la disponibilità delle strutture necessarie per realizzare le attività.

Da allora il gruppo ha una sede fissa, presso il Centro Pastorale S. Francesco, ove ha se-de anche il mercatino dell'usato che, oltre ad essere fonte di entrate a sostegno dei nostri progetti, è anche esempio concreto di una filosofia che sostiene il riciclaggio, il riutilizzo dei beni e un uso più consapevole delle risorse.

Con il nostro lavoro di volontari abbiamo raccolto finora oltre 1 milione di euro, destinati a progetti in Africa, Asia, America Latina e Italia. Alcuni di noi hanno visitato questi progetti: Chiara in Brasile e Carlo in Burkina Faso hanno vissuto un'esperienza che ha permesso loro di incontrare e cono-scere popoli del sud del mondo, apprezzar-ne la volontà di impegno e di riscatto dalla propria situazione di miseria.

Dal 1983 organizziamo ogni estate un cam-po di lavoro e studio: sono ormai quasi un migliaio i giovani che hanno sperimentato con noi l'esperienza intensa e coinvolgente dei 29 campi fin qui fatti a Verbania!

Importante è il lavoro sul territorio di testi-monianza, di informazione e di sensibiliz-zazione della popolazione, con iniziative di formazione rivolte in particolare alle scuole.

Essenziale per noi di Mani Tese Verbania è il continuo e martellante stimolo alle istituzioni, al fine di diffondere una cultura antispreco e scelte individuali, sociali e politiche di semplicità, di sobrietà e di solidarietà coi popoli affamati. Non c'è am-ministratore che non ci riconosca come dei gran “rompiscatole”, al quale noi diciamo che vogliamo soltanto essere “la voce di chi non ha voce”.

Ma Mani Tese a Verbania dalla gente viene immediatamente riconosciuta e identificata in quel furgone scassato che gira per le strade: è l'attività quotidiana dei volontari, che recuperano tutto ciò che viene considerato superfluo, ma che invece ancora può servire ad altri: mobili, giochi, elettrodomestici, vestiti: è questo ormai un servizio importante che offriamo alla città, soprattutto ai più bisognosi.Tale servizio si è consolidato negli anni, fino alla costituzione della sede di Verbania della Cooperativa Mani Tese, con l'apertu-ra della bottega dell'usato nell'ottobre 2009.Ma vogliamo per un attimo tornare a quel 1982 e a quei giovani che intendevano “fare qualcosa per i poveri”. In quello stesso anno usciva in Italia il libro di A. Tevoedjrè

“La povertà ricchezza dei popoli”; oggi pos-siamo dire che quel libro è stato ed ancora è una o dei motivi ispiratori della nostra azione.

È la povertà la vera ricchezza dei popoli! E –parafrasando– è la ricchezza la vera povertà dei popoli! Per povero intendiamo

“chi ha il necessario ma non il superfluo; e la povertà non è né la miseria né l'indigenza. È

la vita quotidiana conquistata con il lavoro; è una cosa sacra, che bisogna rispettare, stimare e cercare”.

Allora con il tempo abbiamo compreso che il nostro impegno in Mani Tese non è tanto quello di combattere contro la povertà, ma piuttosto di combattere contro la miseria, che toglie dignità alle persone e le rende schiave. E di combattere contro la ricchez-za ingiusta e le sue illusioni. Abbiamo ben compreso che i popoli affamati non devono diventare “sviluppati” come noi, mangiare come noi, consumare come noi, vestire come noi…

E con il nostro lavoro in Mani Tese vor-remmo testimoniare che è indispensabile cambiare il nostro stile di vita di popoli dell'opulenza: diventare tutti un po' più poveri, per sconfiggere miseria e sfrutta-mento.

Sopra:Carlo Benzi con la coordinatrice di Mani Tese Angela Comelli e Don Egidio Borella.Sotto:Il gruppo dei campisti del 1985.

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il natale della crisi economica | approfondimento20 di marino langiu, amministrazione progetti pvs di mani tese

INtERvIstA

L'africa agli africaniLa grande lezione del presidente sankara.

Venticinque anni dopo la morte di Sankara, cosa resta delle sue idee?

Thomas Sankara ha inculcato nei giovani Burkina bè e in generale alla giovinezza africana dei valori quali il lavoro, l'integrità, l'onestà il patriottismo, l'autodetermina-zione e soprattutto ha suscitato la speranza in un futuro migliore!

L'assassinio del presidente Sankara è stato accettato dalla popolazione o attende ancora giustizia?

Le dinamiche dell'assassinio del presidente Sankara non sono ad oggi state chiarite e l'opinione pubblica attende ancora che il caso sia risolto. Ci sono delle lamentele contro sconosciuti che sono deposte sia in Burkina che all'estero, in particolare in Francia, in modo che si conducano delle in-chieste per determinarne le responsabilità.

Le idee di Sankara sono applicate oggi nel Paese?

Le grandi idee di Sankara sono state riprese attualmente. Possiamo ricordare la costru-zione di alloggi sociali (Cité du 4 août), la battaglia delle rotaie per portare i minerali verso le unità di trasformazione, la lotta contro gli incendi della brousse, il taglio abusivo degli alberi, il rimboschimento. Sankara, infatti, chiedeva che ogni avve-nimento familiare sia felice o infelice fosse accompagnato dalla messa a dimora di un albero, così diceva il Burkina tornerà verde. Ha anche rivendicato il diritto alle cure elementari per tutti i Burkina bè tramite programmi allargati di vaccinazione e dei centri di salute in tutti i villaggi. Lo slogan era: un villaggio, un centro per le cure di base (CSP, oggi CSPS). Era convinto che lo sviluppo del Burkina dipendeva solo dalla volontà dei Burkina bè. Nella sua lotta per l'autosufficienza alimentare spinge-va i Burkina bè a consumare quello che producevano, in particolare a trasformare i cereali locali. Per questo organizzava dei concorsi di cucina a basa di prodotti locali e delle fiere alla fine dei raccolti per

Sono passati 25 anni dalla morte di Thomas Sankara, il primo presidente del Burkina Faso. Oggi a Ouagadougou si respira una ventata giovane, come se le sue idee continuassero a germogliare e dare i suoi frutti.Nonostante il tempo, la presenza del “Che africano” non è scemata, ma sembra avere molta presa sui Burkina bè.A metà degli anni '80, quando iniziava il suo percorso rivoluzionario, il sogno di sankara appariva solo uno slogan. Nei sui anni da presidente quel “dare l'Africa agli africani” si rivelò invece una promessa poi mantenuta.In quattro anni Sankara riuscì a rendere il Burkina Faso, il Paese più povero dell'Africa Subsahariana, autosufficiente dal punto di vista alimentare, mise sotto scacco la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale e sviluppò un sistema bancario interno che erano l'appoggio per quello sviluppo alimentare.

“Produrre Burkina bè e consumare Burkina bè” fu la grande lezione che portò all'Africa intera: ciò che era possibile in uno dei Paesi più poveri, lo era anche per tutti gli altri Stati del continente. L'impresa fu subito evidente agli occhi del mondo, quel mondo che oggi scopre l'attualità delle scelte coraggiose del Presidente Sankara.A 25 anni dal suo assassinio, Thomas Sankara, il presidente del Burkina Faso considerato il “Che Guevara africano”, rivive ancora nelle idee dell'Africa e dell'Europa che lotta.Intervista alla collaboratrice di Mani Tese Mariam Compaore, testimone in prima linea dell'attuale situazione in Burkina Faso.

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manitese 481 | novembre-dicembre 2012 21

incoraggiare il consumo e la produzione di prodotti locali. Questa idea è stata adottata anche da altri paesi dopo la svalutazione del Franco CFA, in seguito alla quale i costi dei prodotti importati sono duplicati e tri-plicati. Questa idea sopravvive ancora oggi ed è riassunta nello slogan : produciamo quello che consumiamo. Il concetto di so-vranità alimentare è un concetto migliorato di autosufficienza alimentare nel senso che dà il diritto ai coltivatori di scegliere cosa produrre e quindi cosa consumare. Si è anche battuto per l'emancipazione delle donne e delle ragazze sensibilizzando i genitori sull'importanza di inviarle a scuola. Era infatti convinto che la donna potesse occupare dei ruoli di responsabilità e allo stesso tempo gestire la famiglia. Tra le donne della brousse ha diffuso l'utilizzo di forni migliorati, specialmente in argilla, più accessibili finanziariamente.

Il progetto di Mani Tese “Lotta alla desertificazione e rafforzamento della sicurezza alimentare” è conforme alle idee di Thomas Sankara?

Questo progetto è perfettamente conforme alle idee difese dal Presidente Sankara e tutte le attività del progetto sono in linea con le sue idee: la lotta alla desertificazione, le campagne di rimboschimento durante la stagione delle piogge, l'utilizzo di barriere anti erosive, l'utilizzo dei forni migliorati per ridurre il lavoro delle donne, l'utilizzo del compost come fertilizzante del terreno.

Sono passati 25 anni dal suo assassinio. Oggi il messaggio di Sankara tuona forte nella nuova generazione Burkina bè. Se lui in quattro anni ha fatto diventare la realtà più povera dell'Africa subsahariana più stabile economicamente e libero dal dominio occidentale, allora è possibile anche per tutti gli altri Paesi. Una lezione per un intero mondo che Sankara ha lasciato a queste generazioni che sperano nel suo messaggio di unità e coesione africana come risposta alle sfide di oggi.

tHomas IsIdore NoëL saNkara21 dicembre 1949-15 ottobre 1987Il Capitano Thomas Sankara è stato un leader molto carismatico per tutta l'Africa Occidentale sub-sahariana e fu il 1° Presidente del Burkina Faso. Si impegnò molto in favore di riforme radicali per eliminare la povertà e per questo fu soprannominato “il Che Guevara africano”.Nato in una famiglia cattolica nel 1949, iniziò la carriera militare a 19 anni, venne formato come ufficiale dell'esercito in Madagascar, dove assistette ad alcune rivolte nel 1971 e 1972.Dopo un colpo di stato nel novembre 1982, che portò al potere Jean-Baptiste Ouedraogo, Sankara divenne Primo Ministro. Venne presto destituito dal suo incarico e messo agli arresti domiciliari. Il suo arresto causò una rivolta popolare, che sfociò in una vera e propria rivoluzione guidata da egli stesso nel 1983, quando divenne presidente dell'Alto Volta, il cui nome fu da lui cambiato in Burkina Faso, ovvero “la terra degli uomini integri”.L'obiettivo di Sankara era la cancellazione del debito internazio-nale: cancellazione ottenibile soltanto se richiesta all'unisono da tutte le nazioni africane. Non ebbe successo. Ma gli riuscì invece l'obiettivo di dare due pasti e 10 litri di acqua al giorno a ciascun abitante.Sankara venne ucciso il 15 ottobre 1987 insieme a dodici ufficiali, in un colpo di stato organizzato da un suo ex compagno d'armi (e poi suo braccio destro), l'attuale presidente del Burkina Faso, Blaise Compaoré con l'appoggio di Francia e stati Uniti d'America.Alla sua morte il Burkina Faso ripiombò nel dramma della povertà.

Mariam COMPAORE nata KOALA, sposata con due figli, di professione contabile. Dal dicembre 2010 è responsabile amministrativo del progetto di Mani Tese di lotta alla desertificazione in Burkina Faso.

Prima di lavorare per Mani Tese era responsabile amministrativa e finanziari di ICOdEv, ONG di sviluppo, e successivamente assistente amministrativa e finanziaria in un progetto canadese (PARSEP) nel ruolo di monitoraggio e valutazione

delle strategie di riduzione della povertà nei 5 paesi dell'UEMOA.

Nella pagina accanto:Marino Langiu, Mani Tese, ritratto durante una missione in Burkina Faso insieme ad alcuni sostenitori di Thomas Sankara

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di giosuè de salvo, responsabile area advocacy di mani tese

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Firenze 10+10, alla ricerca del démos perduto

Probabilmente forti di questa convinzione, 4000 persone, in rappresentanza di 300 reti e organizzazioni di 28 paesi, si sono date appuntamento a Firenze dall'8 all'11 novembre scorso nell'ambito dell'incontro

“Firenze 10+10. Unire le forze per un'altra Europa”.

C'erano i “vecchi” movimenti altermondia-listi e i “nuovi” movimenti sociali: acqua e beni comuni, occupy e indignados. C'erano gli ecologisti e le femministe, i No Tav e i loro “gemelli” europei che si battono contro le grandi opere inutili, i sindacati di base e quelli confederali, gli studenti e i migranti, le reti per una nuova finanza pubblica, il mondo delle Ong e del volontariato. Fra loro anche Mani Tese.

Più che un forum sociale è stata una grande riunione di lavoro che ha raccolto il testimone dell'incontro di Bruxelles “Eu-ropa in crisi: analisi, resistenza e proposta” promosso dal Transnational Institute e dal Corporate Europe Observatory il 5 e il 6 maggio 2012 e che verrà seguita dalla riunione preparatoria della manifestazione europea programmata in occasione del Consiglio dell'Unione Europea di marzo 2013, detto anche “summit di primavera”.

Il fine ultimo era ed è quello di tirare un filo rosso che unisca tutte le iniziative di resistenza e proposta in corso e dimostrare che esiste ancora un démos europeo più forte dell'Europa dei mercati e delle derive della Banca Centrale Europea.

“Più democrazia, meno austerità”, queste le parole chiave che hanno attraversato gli oltre 100 dibattiti in programma che, a loro volta, hanno consentito di condividere 4 grandi blocchi di considerazioni.

Se c'è una cosa buona della crisi è che anche il più sprovveduto degli attivisti europei ha ormai compreso che la dimensione continentale è l'unica praticabile nel tentativo di resistere allo smantellamento dello stato sociale, alla privatizzazione dei beni comuni, alla

progressiva neutralizzazione della sovranità popolare e di costruire, finalmente, un'Europa di popoli, federalista, democratica e campione del diritto internazionale.

Dati in %

Dati in %

Dati tratti da La Repubblica del 15/11/2012

Lo shock sul pil…

…e sulla disoccupazione

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Se ti metti a dieta quando sei ammalato, è molto probabile che starai ancora peggio, quindi non è una buona idea

La stragrande maggioranza dei politici e degli opinion makers hanno imputato la crisi al deficit dei bilanci statali, soste-nendo che il taglio della spesa pubblica fosse l'unica soluzione possibile. Ciò è avvenuto dopo aver stravolto l'evidenza dei fatti del 2008, sminuito l'effetto devastante dei mutui subprime e investito 4.500 miliardi di euro (pari al 37 per cento del Pil dell'Unione Europea) in aiuti di stato destinati al salvataggio delle banche. Il tutto senza chiedere nulla in cambio!

Le misure di austerità però non hanno funzionato e hanno invece determinato il crollo della crescita in tutta l'Unione Europea (dimostrandosi quindi inefficaci anche all'interno del paradigma neoliberista) e il drastico peggioramento delle condizioni di vita dei suoi cittadini. Secondo il Fondo Monetario Internazionale nel 2013 l'economia in frantumi della Grecia entrerà nel sesto anno consecutivo di recessione, con un tasso di disoccupazione che toccherà il 25 per cento. In Spagna il Pil nel 2012 e nel 2013, sarà in caduta dell'1,4 per cento all'anno, con una disoccupazio-ne rispettivamente al 25,1 e al 26,1 per cento. In Italia

le stime parlano di un -2,3 per cento del Pil nel 2012 e un -0,5 nel 2013 con la disoccupazione che dal 2010 al 2013 sarà pas-sata dall'8,4 per cento al dato record del 11,5 per cento. Sopra la linea del Mediterraneo, le cose non vanno meglio. Dopo l'Olanda, anche la Francia comincia ad avere il fiato corto e quello che è più significativo è che l'ombra lunga della sta-gnazione economica si allunga sulla Germania.

Se a perderci sono i soliti noti, c'è sempre qualcuno che ci guadagna

La classe media e le fasce più povere della popolazione hanno visto ridursi il reddito disponibile, i loro diritti costi-tuzionali e l'accesso ai servizi essenziali. Ma per molti la crisi si è rivelata una grande oppor-tunità di guadagno. Secondo il Transnational Institute, il numero di europei ricchi con più di 1 milione di dollari in contanti (pari a 772.000 euro) è passato dai 2,6 milioni del 2008 ai 3,2 milioni del 2011. E sempre nel 2011, le cinque mag-giori banche europee hanno re-gistrato profitti per 34 miliardi di euro mentre gli stipendi dei direttori generali delle 100 so-cietà più importanti della borsa di Londra sono aumentati del 49 per cento nel 2010 rispetto al 2,7 per cento dello stipendio di un dipendente medio.

Il sogno europeo rischia di rimanere tale

Quello a cui assistiamo è quindi un intollerabile peggioramento degli indici sulla distribuzione della ricchezza e sulla disugua-glianza sociale. Una involu-zione silenziosa, dall'alto, che mina le basi della democrazia europea. Anche perché dietro lo sfaldamento delle vecchie istituzioni rappresentative nazionali, non si intravvede nessuna forma di nascente democrazia sovranazionale, di Unione politica Europea. Come ci ricordava Stefano Squarci-na nel suo articolo “Unione Europea, siamo davvero a una svolta?” del numero 479 di questa rivista: “I padri fondatori dell'Unione Europea –da Altiero Spinelli a Robert Schuman, da Konrad Adenauer a Jean Monnet– avevano un sogno: gli Stati Uniti d'Europa intesi come un'alleanza tra i popoli del continente fondata sulla so-lidarietà ed il lavoro. Quella che hanno in testa Angela Merkel o David Cameron ha più a che fare con un'Europa alla carta dove ognuno pensa per sé”.

Unire le forze per un'altra Europa

Il contesto richiede una rispo-sta sociale forte su scala conti-nentale. Le analisi e le proposte abbondano ma rischiano l'auto frustrazione se non si tramuta-no in capacità di incidere sulle politiche che determinano la qualità della nostra vita e sui presupposti culturali e antropologici di quello che Lu-ciano Gallino ha definito come finanzcapitalismo: “una mega-macchina creata con lo scopo di massimizzare il valore estraibile sia dagli esseri umani sia dagli ecosistemi”. Se ogni rete o mo-vimento resta confinato nello spazio nazionale e nella difesa del suo interesse specifico, dif-ficilmente ne verremo a capo, mentre populismo e xenofobia si rafforzeranno sempre più, con esiti facilmente prevedibili. Firenze 10+10, con tutti i limiti organizzativi e metodologici sofferti da chi vi ha partecipa-to in prima persona, è stato, in ultima analisi, un passo giusto nella giusta direzione. Nell'urgenza di rispondere all'emergenza in cui ci ha calato il mantra dell'austerità, ha rappresentato una tappa importante nella costruzione di una mobilitazione paneuropea coordinata ed efficace in grado di proporre, inevitabilmente nel breve termine, un processo costituente dal basso di un'Al-tra Europa Possibile.

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NdIAlItà

di caterina santinon, animatrice ecm di mani tese

Totò riuscì a vendere la Fontana di Trevi per 10 milioni di vecchie lire. E voi cosa riuscireste a fare?

Con il concorso “L'asta della terra” Ma-ni Tese sfida gli studenti più creativi in

una Social Poster Competition, ovvero nella creazione di un manifesto pub-blicitario che convinca compratori senza scrupoli ad acquistare pezzi

di foresta, mari e oceani, fertili terreni e ghiacciai incontaminati. In gioco c'è lo sviluppo e il benessere della popolazione mondiale, chi si accaparra al miglior prez-zo le ricchezze di Madre Terra può fare un

sacco di soldi! Vi sembra assurdo che si possa com-

prare l'aria? Purtroppo non è una cosa così strana. Viviamo in un sistema dove gli elementi naturali, essenziali ed

insostituibili per la sopravvivenza dell'uomo sono considerati mere risorse

da sfruttare, vendere o quotare in borsa.

PETROLIO, GAS, METALLI PREzIOSI, TERRA, AcqUA E ARIADalla Nigeria al Sudan, passando per il Con-go, l'Amazzonia e il Kazakistan non è un

mistero che le multinazionali petrolifere controllino intere riserve mondiali e fac-ciano affari d'oro alla faccia delle popola-zioni locali. Nel delta del Niger da anni Eni, Shell e Total sfruttano indisturbate le ingenti riserve petrolifere che, a parti-

re dal 1960, hanno generato un guadagno stimato intorno ai 600 miliardi di dollari.

Inutile dire che di tutto questo oro colato i nigeriani non hanno visto neppure l'ombra. I dati parlano chiaro: nonostante il paese sia il più grande esportatore di petrolio del continente africano e il detentore della più vasta riserva di gas naturali, il 64.4% della popolazione vive con meno di $1.25. Anzi, oltre al danno la gente subisce anche la bef-fa perché dopo aver subito l'espropriazione dei terreni deve fare i conti con gli “effetti collaterali” dello sfruttamento intensivo: piogge acide, emissioni di tossine inqui-nanti, alti livelli di CO2, deforestazione, inquinamento del bacino idrico, riduzione della biodiversità e ambiente naturale altamente compromesso.

Dal petrolio alla terra, perché l'oro nero si sta esaurendo e gli affari non potran-no andare avanti ancora per molto…e allora via alla conquista di fertili terreni, il nuovo business di frontiera. D'altronde la popolazione mondiale continua a crescere, il fabbisogno energetico sale e la produ-zione deve aumentare. Dal 2007 il 9% del territorio del Sud Sudan, neo stato africano, è passato nelle mani di investitori privati attraverso contratti di compra-vendita o di affitto di lungo periodo (tra i 19 e i 99 anni) a prezzi medi che rasentano i 3 centesimi di euro all'ettaro. Poco importa se queste terre, tradizionalmente gestite e coltivate in modo comunitario, sono l'unica fonte di sostentamento per le comunità locali e se i suoi leader non hanno avuto nessuna voce nei processi di negoziazione e nella firma degli accordi finali.

Al via il concorso di idee per giovani creativi

GRABBING DEVELOPMENT. Towards new models of North/South relations for a fair exploitation of natural resources. DCI NSA-ED/2011/239-451. Questo bando è realizzato con il contributo finanziario dell'Unione Europea. I suoi contenuti sono unicamente responsabilità di Mani Tese e in nessun caso si può considerare che riflettano la posizione dell'Unione Europea.

Disegno dal Nordisk familjebok della statua romana di Atlante (sec II d.C.). Già nella Collezione Farnese, oggi al Museo Archeologico Nazionale di Napoli

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FuocoAriaAcqua Terra

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Scegliete uno dei quattro elementi naturali, acqua, terra, aria e fuoco

(simbolo dell'energia), create il vostro manifesto pubblicitario e

inviate tutto a [email protected] entro il 17 marzo 2013.

L'asta della terra è cominciata, vince chi offre di più!

E perché tralasciare un bene prezioso come l'acqua? È essenziale per lo sviluppo agri-colo, mette in moto i processi industriali, produce energia e non si può farne a meno. Anche qui gli esempi di accaparramento potrebbero occupare pagine intere. Dalle grandi opere indiane, come la diga Pola-varam e i progetti idroelettrici sul fiume Narmada, alla battaglia per il controllo delle acque del Nilo, da tempo al centro di conflitti locali e tensioni regionali.

L'ultimissima trovata è il business dei car-bon credit: dobbiamo dimostrare il nostro impegno per ridurre le emissioni di CO2 perché ormai stiamo soffocando. Quale migliore soluzione se non comprare pezzi di foresta e venderli ai paesi o alle aziende che inquinano di più in modo da compen-sare le sostanze inquinanti emesse? Così anche l'aria rischia di diventare merce di scambio.

Oro nero, blu, verde o trasparente… non importa di che colore sia, l'importante è guadagnarci e più la risorsa è strategica per

la sopravvivenza, lo sviluppo, il benessere dell'uomo più si può far leva per un gua-dagno maggiore. La sfacciataggine umana non ha davvero limite.

Mani Tese crede fermamente che questo sistema di compravendita e controllo, da parte di pochi, di beni fondamentali per la vita di tutti sia alla base degli squilibri tra nord e sud del mondo e contribuisca a perpetrare i grossi problemi mondiali: fame, povertà, sottosviluppo. È necessario sottrarli alla logica di mercato e ridefinire le forme di sovranità e i relativi meccanismi di accesso, gestione e controllo, garanten-do una reale e consapevole partecipazione delle comunità locali ai processi decisio-nali. Sono beni comuni che, proprio per la loro fondamentale importanza, “apparten-gono a tutti e a nessuno, nel senso che tutti devono poter accedere ad essi e nessuno può vantare pretese esclusive”, come scritto da Stefano Rodotà

Il concorso “L'asta della terra” è una delle iniziative attraverso le quali Mani Tese vuole ribadire il proprio impegno per la realizzazione della giustizia ambientale e l'affermazione di un più equo sistema di gestione e uso delle risorse naturali. Si rivolge agli studenti del triennio della scuola superiore e agli studenti universitari a livello nazionale. Pronti?Scegliete uno dei quattro elementi naturali, acqua, terra, aria e fuoco (simbolo dell'e-nergia), create il vostro manifesto pubbli-citario e inviate tutto a [email protected] entro il 17 marzo 2013.L'asta della terra è cominciata, vince chi offre di più!

MAGGIORI INFORMAzIONIPer i dettagli sul regolamento e le modalità di adesione al concorso vai al link: www.manitese/blog-educazione o scrivi all'indirizzo mail [email protected]

Totò tratta la vendita della Fontana di Trevi a Roma. Fotogramma tratto dal film Totòtruffa (1962).

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di clara castellucci, socia e operatrice di mani tese

mani tese prideun momento di riscoperta di identità associativa

Queste le parole del nostro partner dal Benin, Achille Tepa, che ha partecipato attivamente alla Marcia Mondiale per la Sovranità Alimentare appena conclusa. Dal 4 al 16 ottobre un gruppo di persone molto diverse –operatori, volontari, partner, musicisti, attori– hanno “marciato” insieme da Catania a Milano per portare un progetto innovativo: lo spettacolo “Quando Mangio mi Sento un Re!”.

Cinzia Tedesco e la sua band sulle note del-le canzoni più celebri di Bob Dylan, Rosalba Falzone con le sue “tele musicate” e Diego Parassole con la sua “impegnata” comicità, hanno portato il messaggio di Mani Tese a favore della Sovranità Alimentare in 9 importanti teatri d'Italia conquistando il pubblico, facendo riflettere sul diritto al cibo, coinvolgendo i volontari sul territorio e atti-rando i più “curiosi”. Era la prima volta che

Mani Tese affrontava un progetto di questo tipo: composito, complesso, forse un po' al di fuori dai “canoni”: musica, arte e comicità insieme per diffondere il messaggio della Sovranità Alimentare e attirare attenzione sul tema, ma i risultati sono stati da subito visibili: una grande curiosità da parte di un pubblico “nuovo”, un importante coin-volgimento di operatori e volontari, un sentimento di orgoglio e identificazione generato in coloro che si sono sentiti parte del gruppo di “marciatori” e tanta visibilità sui principali mass media comprese le televisioni nazionali. TG1 nazionale, Rai-News24, Rai Radio 1, Rai Radio 2, Rai Radio 3, La Repubblica, Il Corriere della Sera, La Stampa, ecco i principali mezzi di comuni-cazione che hanno parlato di noi e del nostro progetto realizzando a pieno l'obiettivo di diffusione tra i consumatori. Nove tra le più importanti città d'Italia ci hanno dato il

“Caro Giosuè, mi rallegro che abbiate avuto legittima soddisfazione dal successo della marcia sulla sovranità alimentare. Dopo tutto il lavoro che posso immaginare e dopo tutte le tappe della marcia che ho potuto seguire con voi, posso dire che i sentimenti di gioia sono assolutamente condivisi. Vorrei trasmettere i miei ringraziamenti e la mia amicizia agli artisti che non si sono limitati a fare il loro lavoro, ma  che al contrario si sono fusi con noi nella lotta giusta e audace per la pace e i diritti umani fondamentali”.

loro patrocinio accogliendo l'iniziativa con entusiasmo e sono stati prodotti e diffusio-ni diversi materiali di approfondimento sensibilizzando non soltanto la cittadi-nanza ma anche le Istituzioni locali e, in particolare, le giunte comunali, un esempio tra tutti, l'Assessorato all'agricoltura della città di Milano che ha espresso ampia soddi-sfazione nell'appoggio all'evento presentato-gli. Tanti sono stati i momenti importanti ed emozionanti come quando l'Assessore alla Cultura Boeri è arrivato a sorpresa al Piccolo Teatro Studio introducendo la serata e salutando i presenti, come quando in piazza Duomo, sempre a Milano, abbiamo incontrato il Sindaco Pisapia, come quando i nostri partner africani Achille e Samuel han-no parlato ai microfoni delle ACLI davanti ad una piazza gremita di ciclisti per portare il loro messaggio di pace, come quando il gruppo di Verbania ha marciato per le strade del paese nonostante la pioggia e ha portato il Vescovo di Novara Franco Giulio Brambilla ad assistere agli eventi legati alla marcia o quando in una sala della splendida Ara Pacis di Roma l'Ambasciatore della Macedonia si è seduto tra il pubblico complimentandosi per la serata.

L'evento teatrale rappresentava il culmine di una escalation di eventi organizzati sul territorio e che hanno costruito la Marcia Mondiale per la Sovranità Alimentare nel-la sua complessità. Siamo partiti a giugno dal Villagio di Gralo in Burkina Faso dove è stata organizzata una Giornata di sensibi-

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lizzazione per gli agricoltori sul diritto alla Sovranità Alimentare per poi proseguire con la Giornata del pescatore in Guinea Bissau, occasione per sottolineare l'im-portanza del loro contributo nella tutela dell'ambiente marino e della biodiversità. In Benin è stata festeggiata la Giornata delle donne dell'Atacorà con danze ed eventi in loco organizzati dalle donne protagoniste dei progetti sostenuti da Mani Tese. La mar-cia è proseguita in 13 città italiane grazie al sostegno dei gruppi locali che hanno portato la marcia a scuola e in piazza creando diversi eventi, dalle street parade alla partecipazio-ne ai mercati contadini.

La Marcia per la Sovranità Alimentare ha coinvolto anche insegnanti e studenti attraverso percorsi didattici, incontri e laboratori. In particolare, alcune scuole hanno partecipato allo spettacolo “Chi mangia solo...si strozza!” realizzato insieme all'associazione A.P.E. Arte Per Educare. Un viaggio alla scoperta di un mondo dove ogni terra nutre la propria gente con i frutti delle diverse stagioni, in armonia con il territorio e nel rispetto dell'ambiente. Dove ogni comunità può decidere autonomamente cosa produrre e come vendere, nel rispetto delle tradizioni locali. Insieme agli studenti abbiamo scoperto la stagione giusta di frutti e ortaggi, quanti KM fanno per arrivare nel nostro piatto e quanta spazzatura producia-mo nel consumarli. Lo spettacolo-lezione-ha trasformato le scuole in un teatro i cui attori protagonisti sono stati i bambini stessi, oltre

400 studenti in 5 città: Milano, Genova, Firenze, Roma e Verbania.

Grazie alla presenza dei nostri volontari sul territorio e alla promozione dello spettacolo teatrale, molte persone si sono avvicinate alle tematiche di Mani Tese e in alcuni casi si sono rafforzati partenariati e collabora-zioni a livello locale e si sono create nuove sinergie. Abbiamo sempre pensato che per concretizzare il passaggio di paradigma da sicurezza alimentare a sovranità alimentare fosse necessario il coinvol-gimento e la partecipazione di diversi soggetti, primi tra tutti i consumatori del Nord del mondo. È per questo motivo che con questo spettacolo abbiamo voluto aggiungere un nuovo tassello nell'opera di

“educazione al consumatore”. Per raggiun-gere questo obiettivo avevamo anche un importante strumento: la petizione

“Sovranità Alimentare in Europa, ora!” ispirata alla Dichiarazione di Nyeleni 2011 e sottoscritta al Forum Europeo per la Sovra-nità Alimentare tenutosi in Austria lo scorso agosto. A Catania, Napoli, Roma, Firenze, Bologna, Mestre, Genova, Verbania e Milano abbiamo promosso tra i cittadini la volontà di raccogliere 10.000 firme da portare all'attenzione dei principali decisori politici come conclusione di un percorso che è iniziato 3 anni fa e che ci ha portato al dibattito più istituzionale con gli esperti che si sono confrontati al Convegno Internazio-nale di Firenze e a contatto con produttori e consumatori locali con le “100 piazze”. Come

dichiarato nella prefazione del documento: “Siamo convinti che un cambiamento del no-stro sistema alimentare sia un primo passo verso un cambiamento più ampi della nostra società” ed è per questo che i volontari, gli operatori e gli artisti che hanno collaborato con noi nei mesi di settembre e ottobre, si sono uniti per portare un messaggio di cam-biamento delle politiche del cibo. Portare questo messaggio attraverso un spettacolo di musica, arte e cabaret è stata una sfida che può dirsi superata a pieni voti. Ancora oggi riceviamo richieste di replica dello spet-tacolo e messaggi di sostegno e supporto alle nostre attività da diversi soggetti che sono stati coinvolti durante le tappe della marcia e che vorrebbero portare lo “spettacolo di Mani Tese” nel loro territorio.

Continuiamo a marciare e a diffondere il messaggio per la Sovranità Alimentare, perché crediamo che possa davvero rap-presentare un caposaldo per tutti coloro che si sentono parte dell'associazione, che ci identifica verso l'esterno e che ci unisce verso una lotta comune che speriamo possa proseguire anche al di fuori della cornice del Progetto Europeo. Fondamen-tale è la consapevole e convinta adesione di tutto il “mondo Mani Tese” al messaggio con la volontà e il fine ultimo di condivisione e diffusione dei principi che vengono declinati come buone pratiche per la costruzione della Sovranità Alimentare nel nord del Mondo. Nel Sud, i nostri partener, la stanno già mettendo in pratica.

A sinistra:Mani Tese in marcia contro la fame già negli '70.A destra:Il momento di chiusura della serata di Milano al Piccolo Teatro.Pagina a fianco:Un gruppo di studenti partecipanti allo spettacolo “Chi mangia solo…si strozza”.

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Fai la diFFerenza

il natale della crisi economica | progetti – «campagna natale»28

Mani Tese dal 2006 è socio aderente dell’Istituto Italiano della Donazione.

Sopra l,albero i tuoi regali... sopra tutto la giustizia nel mondo!Questo catalogo è dedicato a te, è un catalogo di regali che raccontano il tuo impegno di giustizia e di concreta solidarietà destinato ai bambini, alle famiglie e ai popoli delle terre più povere del mondo. Scegli i tuoi regali di Natale con Mani tese! Compila e inviaci via posta, fax o e-mail il modulo d'ordine che trovi unito alla lettera o collegati al sito www.manitese.it e ordina i tuoi regali. Per ogni tuo dono riceverai un biglietto personalizzato per i tuoi cari che spiega il valore della tua scelta solidale a sostegno dei progetti di Mani Tese!

Africa

America Latin

a

Regala sicurezza alimentare ai bambini del Burkina Faso

Regala 2 kg di sementiCon 30 Euro offri 2 kg di sementi a una famiglia che potrà coltivare un vivaio e nutrirsi così dei frutti del proprio raccolto.

Regala acqua sicuraCon 80 Euro contribuisci alla realiz-zazione di un pozzo per garantire acqua sicura ai bambini e alle famiglie dei villaggi rurali.

Regala un futuro ai bimbi di strada di Brasile e Guatemala

Regala istruzione e speranzaCon 25 Euro garantisci libri e materiale scolastico per 1 anno a un bambino di strada brasiliano che potrà sperare in un avvenire migliore.

Regala una borsa di studioCon 50 Euro sostieni il costo mensile di una borsa di studio per un ex ragazzo di strada in Guatemala che gli garantirà un domani di libertà.

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manitese 481 | novembre-dicembre 2012 29

Sopra l,albero i tuoi regali... sopra tutto la giustizia nel mondo!

Asia

Emilia Romagna

Regala protezione ai bambini vittime di trafficking

Regala nutrizioneCon 100 Euro assicuri cibo per 4 mesi a un bambino denutrito, salvato dalla tratta degli esseri umani in Cambogia.

Regala un campo medicoCon 140 Euro realizzi un campo medico per garantire vaccini e assistenza nutri-zionale ai bambini vittime di trafficking in Bangladesh.

Regala sorrisi e speranza ai bambinie ai giovani colpiti dal terremoto in Emilia.

Regala laboratori didattici e ricreativi destinati ai bambini e ai ragazziCon 15 Euro partecipi all'acquisto di tanti materiali didattici e ricreativi destinati alle attività e ai laboratori di Mani Tese allestiti a Finale Emilia, per offrire nuovi spazi di gioco, educazione, svago e sostegno a tanti bambini e giovani.

Per ogni quota selezionata dal catalogo di Mani Tese riceverai un biglietto persona-lizzato da offrire in dono ai tuoi cari, che spiega il valore della tua scelta solidale e descrive i progetti che hai deciso di soste-nere. I biglietti sono disponibili anche in formato elettronico!

insieme a te è una vera festa per tutti!

sostIeNI L'ImpeGNo dI GIustIzIa dI maNI tese!

• carta di credito sul sito www.manitese.it

• conto corrente Postale n° 291278 intestato a Mani Tese P.le Gambara 7/9, 20146 Milano

• Bonifico Bancario Banca Popolare Etica, codice IBAN: IT 58 W 05018 01600 000000000040

• Assegno bancario intestato a Mani Tese• Il tuo 5x1000 a Mani Tese

codice fiscale 02343800153

Ricordati di indicare nella causale: 081_002 campagna Natale 2012

beNeFIcI FIscaLITutte le donazioni effettuate a favore di Mani Tese godono dei benefici fiscali previsti dalla legge. conserva la ricevuta di versamento!

Il Natale

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il natale della crisi economica | progetti30

Mani Tese dal 2006 è socio aderente dell’Istituto Italiano della Donazione.

Panela, questa sconosciutaNon è una particolare specie arborea, non è l'acronimo di un'associazione di pro-duttori e non è neppure il nome di una famosa cantante sudamericana. La panela è un derivato della canna da zucchero, che si ottiene per ebollizione ed evapo-razione del succo della canna non raffinato. È prodotta normalmente da piccoli-medi produttori e viene utilizzata nell'industria di preparazione delle conserve e della frutta, nell'industria delle bevande gassose, nella fabbricazione di dolci a livello industriale, oltre che nella cucina locale.

GLI OBIETTIVI DEL PROGETTOL'intervento mira ad aumentare la produzione e a migliorare la qualità della panela prodotta, nonché ad attivare nuovi canali di commercializzazione, con un incremento del reddito familiare per 22 famiglie nelle comunità di Palo Quemado e Las Palmas.

A cHE PUNTO SIAMOIl progetto prevede la ricostruzione di 12 forni per la produzione della panela. I nuovi forni si caratterizzano per una maggior capacità di combustione, consen-tendo di sostituire la legna con il materiale di scarto della canna da zucchero. Tre di questi forni già sono stati realizzati, sei sono in fase di realizzazione e tre erano ancora da iniziare alla data del rapporto di avanzamento ricevuto.Il succo della canna da zucchero, una volta scaldato e trasformato in un materia-le della consistenza del miele, deve essere travasato in un recipiente e lasciato raffreddare sotto agitazione costante fino a totale evaporazione dell'acqua. Questo tipo di lavorazione normalmente si effettua a mano con pale di legno. Con l'introduzione di una mescolatrice industriale (ancora da acquistare) diminui-ranno radicalmente le perdite di prodotto, che con l'agitazione manuale arrivano fino al 15%. Inoltre, trattandosi di un macchinario facilmente trasportabile, sarà utilizzato a rotazione, cosi che tutti i produttori possano trarne beneficio.

LA qUALITÀSono state già realizzate due formazioni sul tema della lavorazione e del controllo di qualità della panela per eliminare gli inconvenienti tecnici ed incrementarne la purezza. E i frutti si vedono: mentre un anno fa solo il 25% della panela prodotta era di prima qualità (l'altra conteneva residui oleosi e terra) ora il 100% è di prima qualità.

LA cOMMERcIALIzzAzIONEPer quanto riguarda la commercializzazione si realizzeranno due fiere per la promozione della panela. In occasione delle fiere si acquisterà e consegnerà alle comunità una bilancia e una macchina per sigillare i sacchetti, cosi da poter prov-vedere direttamente sul posto al confezionamento secondo le quantità richieste dagli acquirenti. E per finire MCCH (che in quechua, l'antica lingua degli Incas, significa “Diamoci la mano commerciando come fratelli”) garantirà una quota di mercato per la panela prodotta dai beneficiari del progetto: attraverso una cooperativa, parte integrante della propria struttura, acquisterà la panela che verrà poi rivenduta nell'ambito del canale commerciale internazionale di Ctm-Altromercato. Nei primi sei mesi già 13.142 kg di panela hanno preso questa strada per un valore di 12.340 USD. Insomma il progetto sta già funzionando.

a cura di giovanni mozzi, consigliere di mani tese progetto 2267, ecuador rapporto intermedio

LocalitàCantone di Sigchos, provincia di CotopaxiPartnerMCCHImporto€ 25.300

Cosa puoi fare tu

Con 35 Euro partecipi all'acquisto della mescolatrice industriale (costo totale 3.500 Euro).Con 90 Euro contribuisci alla rico-struzione di uno dei 12 forni (costo per ogni forno 900 Euro).

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MOLTO PIÙDI UN PACCHETTO

REGALO!

Dai un valore al tuo regalo e fai realizzarei tuoi pacchetti dai volontari Mani Tese!

Lasciando un piccolo contributopuoi partecipare alla realizzazione della campagna

“DALLA STRADA ALLA SCUOLA”in Bangladesh, Brasile, Cambogia e India.