PEREGRINANDO PER LA TERRASANTA ALL’INSEGNA …

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ECHI DI UN PELLEGRINAGGIO IN TERRASANTA Eco dei Barnabiti 2/2017 43 I l Pellegrinaggio prende le mosse dalla Galilea. A di- spetto della convinzione di sacerdoti e farisei dell’epoca, i quali ritenevano che «dalla Galilea non sor- gesse profeta» (Gv 7,52), a Nazaret, una sconosciuta e malfamata cittadi- na di quella regione (la Bibbia non ne parla e si sosteneva che nulla di buono potesse venirne, Gv 2,46), una giovane del posto, Maria, ricevette da un Angelo l’annuncio che avrebbe gene- rato «il Figlio dell’Altissimo», il quale avrebbe «regnato per sempre sulla casa di Giacobbe [ossia il popolo giudaico] e il cui regno non avrebbe avuto fine» (Lc 1,32-33). Scrutatori del linguaggio astrale, i maghi dell’Oriente ne riconobbero l’oroscopo e si recarono «ad adorare … il re dei Giudei» (Mt 2,2) in quella Betlemme posta sotto la signoria di Erode il Grande – mirabile il suo mo- numento funebre recentemente scoperto sulle pendici del pa- lazzo-fortezza dell’Herodion –, la cui spietatezza cominciò a striare di sangue la storia di Gesù e dei suoi seguaci. Impri- gionata nell’implacabile mura- glia, la cittadina che vide la nascita di Gesù vanta la più antica Basilica cristiana di Ter- rasanta, che sta tornando al suo originario splendore. prologo in Galilea In terra di Galilea Gesù Nazareno (sarà questa la sua qualifica che per ebrei e arabi definirà anche i suoi se- guaci) ebbe a dichiarare adempiuti gli antichi vaticini, inaugurando «l’anno di grazia del Signore» (Lc 4,19). Qui egli promulgò il nuovo codice di vita (le Beatitudini) e dichiarò di essere venuto a dare compimento all’antica rivelazio- ne biblica. In terra di Galilea aggreghe- rà a sé coloro che ne avrebbero conti- nuato l’opera, gli apostoli, mentre «c’erano con lui e i Dodici alcune don- ne che … li servivano con i loro beni», a cominciare da Maria, chiama- ta Maddalena (Lc 8,2-3). Stu- pendi gli scavi a Magdala, con il ritrovamento dell’antica Sina- goga! In terra di Galilea, con opere e parole, Cristo darà av- vio, a Cana, ai segni che ne ac- crediteranno la missione quale sposo dell’umanità nuova, e proclamerà l’avvento del Re- gno. In Galilea rivelerà la sua natura divina (la Trasfigurazio- ne) e annuncerà il proprio esito di morte e risurrezione. In Ga- lilea, infine, rivelerà il “misterodi quel pane e di quel vino che avrebbero costituito la sua con- segna testamentaria: «Fate que- sto in memoria di me». Una volta lasciata la Galilea e salito in Giudea, il Nazareno verrà accolto dalle folle con l’acclamazione: «Benedetto il Regno che viene» (Mc 11,10). epilogo in Giudea, a Gerusalemme Lasciamo la Galilea e, per- corsa la valle del Giordano, PEREGRINANDO PER LA TERRASANTA ALL’INSEGNA DELL’I.N.R.I. (24 APRILE-4 MAGGIO) Il Nazareno e la sua regalità messianica «La Terra Santa…! Non pensavo che il suo incontro fosse così dirompente... Terra di pace, di guerra e di mille contraddizioni…! Una terra che riesce a sbalordire e commuovere ma poi, girato l’angolo, in grado di lasciarti sgomento e deprimerti, quasi a riproporre con le sue dinamiche i trambusti dell’animo umano. Insomma... unica; già da desiderare di ritornare...». Questa, una fra le tante testimonianze di chi ha partecipato al pellegrinaggio nelle terre del Nazareno, organizzato e guidato dal p. Antonio Gentili. Dalmanutha - il gruppo

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ECHI DI UN PELLEGRINAGGIO IN TERRASANTA

Eco dei Barnabiti 2/2017 43

Il Pellegrinaggio prende lemosse dalla Galilea. A di-spetto della convinzione di

sacerdoti e farisei dell’epoca, i qualiritenevano che «dalla Galilea non sor-gesse profeta» (Gv 7,52), a Nazaret,una sconosciuta e malfamata cittadi-na di quella regione (la Bibbia non neparla e si sosteneva che nulladi buono potesse venirne, Gv2,46), una giovane del posto,Maria, ricevette da un Angelol’annuncio che avrebbe gene-rato «il Figlio dell’Altissimo», ilquale avrebbe «regnato persempre sulla casa di Giacobbe[ossia il popolo giudaico] e ilcui regno non avrebbe avutofine» (Lc 1,32-33). Scrutatoridel linguaggio astrale, i maghidell’Oriente ne riconobberol’oroscopo e si recarono «adadorare … il re dei Giudei» (Mt2,2) in quella Betlemme postasotto la signoria di Erode ilGrande – mirabile il suo mo-numento funebre recentementescoperto sulle pendici del pa-lazzo-fortezza dell’Herodion –,la cui spietatezza cominciò astriare di sangue la storia diGesù e dei suoi seguaci. Impri-gionata nell’implacabile mura-glia, la cittadina che vide lanascita di Gesù vanta la piùantica Basilica cristiana di Ter-rasanta, che sta tornando al suooriginario splendore.

prologo in Galilea

In terra di Galilea Gesù Nazareno(sarà questa la sua qualifica che perebrei e arabi definirà anche i suoi se-guaci) ebbe a dichiarare adempiuti gliantichi vaticini, inaugurando «l’anno digrazia del Signore» (Lc 4,19). Qui egli

promulgò il nuovo codice di vita (leBeatitudini) e dichiarò di essere venutoa dare compimento all’antica rivelazio-ne biblica. In terra di Galilea aggreghe-rà a sé coloro che ne avrebbero conti-nuato l’opera, gli apostoli, mentre«c’erano con lui e i Dodici alcune don-ne che … li servivano con i loro beni»,

a cominciare da Maria, chiama-ta Maddalena (Lc 8,2-3). Stu-pendi gli scavi a Magdala, conil ritrovamento dell’antica Sina-goga! In terra di Galilea, conopere e parole, Cristo darà av-vio, a Cana, ai segni che ne ac-crediteranno la missione qualesposo dell’umanità nuova, eproclamerà l’avvento del Re-gno. In Galilea rivelerà la suanatura divina (la Trasfigurazio-ne) e annuncerà il proprio esitodi morte e risurrezione. In Ga-lilea, infine, rivelerà il “mistero”di quel pane e di quel vino cheavrebbero costituito la sua con-segna testamentaria: «Fate que-sto in memoria di me».Una volta lasciata la Galilea

e salito in Giudea, il Nazarenoverrà accolto dalle folle conl’acclamazione: «Benedetto ilRegno che viene» (Mc 11,10).

epilogo in Giudea,a Gerusalemme

Lasciamo la Galilea e, per-corsa la valle del Giordano,

PEREGRINANDO PER LA TERRASANTAALL’INSEGNA DELL’I.N.R.I.(24 APRILE-4 MAGGIO)

Il Nazareno e la sua regalità messianica«La Terra Santa…! Non pensavo che il suo incontro fosse così dirompente... Terra di pace, diguerra e di mille contraddizioni…! Una terra che riesce a sbalordire e commuovere ma poi,girato l’angolo, in grado di lasciarti sgomento e deprimerti, quasi a riproporre con le suedinamiche i trambusti dell’animo umano. Insomma... unica; già da desiderare di ritornare...».Questa, una fra le tante testimonianze di chi ha partecipato al pellegrinaggio nelle terre delNazareno, organizzato e guidato dal p. Antonio Gentili.

Dalmanutha - il gruppo

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raggiungiamo il sito battesimale neipressi di «Betània, al di là del Giorda-no, dove Giovanni battezzava» (Gv1,28). Dopo la sosta a Qumran e sullerive del Mar Morto, saliamo a Gerusa-lemme. Significativamente, i giorni dipermanenza nella Città santa sono ini-ziati con un triduo stanziale al Romi-taggio del Getzemani, da un venerdì a

una domenica. Questo ci ha consenti-to di scandire la nostra meditazione inriferimento alle tre aggregazioni reli-giose presenti nella Città santa: ebrei,cristiani e musulmani. Il triduo ha ilsuo avvio con la celebrazione dellamessa al “Grotto” del Romitaggio,splendidamente restaurato, donde siabbraccia la Città con le relative testi-

monianze dei suoi abitanti. In primopiano le mura portanti del Tempio e lacupola dorata della Moschea.L’incontro si apre con il Salmo

86/87 – «Uno dei vertici universalisti-ci di tutto il Salterio», che ci presentala straordinaria visione di Sion, ma-dre dei popoli riconciliati nel nomedel Dio di Abramo:

Sui monti santi egli l’ha fondata [Geru-salemme];il Signore ama le porte di Sion più ditutte le dimore di Giacobbe.Di te si dicono cose gloriose, città di Dio!Iscriverò Raab [Egitto, a Ovest] e Ba-bilonia [Mesopotamia, a Est]fra quelli che mi riconoscono;ecco Filistea [Palestina, al centro], Tiro[al Nord]ed Etiopia [Kush, al Sud]:là costui [ognuno dei popoli nominati]è nato.Si dirà di [della madre] Sion: «L’unoe l’altro in essa sono natie lui, l’Altissimo, la mantiene salda».Il Signore registrerà nel libro dei popoli:«Là costui è nato».E danzando [la danza dei popoli infesta!] canteranno:«Sono in te tutte le mie sorgenti» [divita: la dimora divina].

Una triplice Gerusalemme

Innocenzo III (1160-1216), il papadella III Crociata, distingueva tra unaHierusalem superior, che è quella ce-leste, «di lassù» (Gal 4,26); una Hieru-salem inferior che è quella terrestre, aldire di san Paolo «di fatto schiava insie-me ai suoi figli» (Gal 4,25) e una Hie-rusalem interior, che è l’anima cre-dente. «Questa non è una Città – scri-ve Franco Cardini –; questa è la vita diciascuno di noi… La nostra avventurainteriore, il nostro eterno viaggio, lanostra vera crociata, è la conquista diun senso da dare alla vita. Questa è laGerusalemme della quale abbiamo bi-sogno, alla quale aspiriamo».La Gerusalemme biblica assume

via via le sembianze della vergine,della madre e della sposa, ma cono-sce anche, in parallelo e controluce,l’esperienza della prostituta, del-l’adultera e della matrigna. La puni-zione divina, se da un lato la rendeabbandonata, vedova e sterile, dal-l’altro la riabilita così che torna aessere ricercata e amata, risposata,

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Dalmanutha - la Messa sulla riva del lago di Tiberiade

Monte Tabor - lettura del vangelo della Trasfigurazione

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nuovamente feconda. In queste scan-sioni non è difficile cogliere in fili-grana la nostra stessa storia spiritua-le. Una rilettura della storia della Cit-tà può forse illuminarci nella nostrameditazione (vedi box nella pagina).

al Romitaggio del Getzemani

È stato detto che non si è cristianise non si vive in contemporanea conCristo. E poiché «Gesù sarà in agoniafino alla fine del mondo, durante que-sto tempo non si deve dormire» (Blai-se Pascal). Di qui lo spirito con cui vi-viamo le giornate al Romitaggio.L’invito rivolto da Gesù ai discepo-

li, dopo aver lasciato il Cenacolo eraggiunto il podere del Getzemanisulle pendici del Monte degli Ulivi,fu perentorio: «Sostate qui» (Mt26,36). Una sosta indispensabile an-che per noi, nel desiderio di com-prendere – ma sarebbe più appro-priato dire di sperimentare – l’agonia(così si esprime Lc 22,44), la lotta in-teriore che spremette sangue dal cor-po di Gesù. E infatti fu al Getzemaniche egli visse il momento culminantee decisivo della sua missione. Gli av-venimenti successivi non furono cheuna conseguenza, affrontati con in-comparabile dignità.Al Getzemani prese corpo il dise-

gno salvifico concepito dal cuore pa-terno di un Dio che «ha tanto amatoil mondo da dare il Figlio unigenito»(Gv 3,16). Ciò comportava, da partedel Figlio, un incondizionato, estremodono di sé, che nell’avvicinarsi del -l’“ora” fu segnato da un vero traumainteriore (si veda in modo particolareMc 14,33 e Gv 12,27) e pagato alprezzo della vita! Al Getzemani, invirtù dell’accorata preghiera in cui simanifestò a un tempo l’indigenza del-la creatura (Eb 5,7 usa il termine dée-sis che indica bisogno) e la supplicadi chi domanda una grazia (ivi), Gesùvisse una profonda trasformazioneinteriore, transitando dalla «debolez-za della carne» alla «propensione del-lo spirito» (Mt 26,41). Si tratta di quel-lo Spirito santo – vero dono della pre-ghiera (Lc 11,12) – in virtù del qualeil Verbo prese corpo nel grembo diMaria, Spirito che lo accompagnò du-rante l’intera sua vita e che lo avrebbesostenuto nel supremo sacrificio di sé(Eb 9,14), per poi riscattarlo dal domi-nio della morte, quando Gesù fu «co-stituito Figlio di Dio in potenza, se-

condo lo Spirito di santità, in virtùdella risurrezione dai morti» (Rm 1,4).Momenti pregnanti sono stati la pro-

lungata sosta orante alla Roccia del-

l’agonia, nonché la celebrazione eu-caristica nella Grotta dell’Arresto, do-ve il “tradimento” si sarebbe trasfor-mato in volontaria “consegna” a una

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«Il mondo è come l’occhio:

– il mare è il bianco– la terra è l’iride

– Gerusalemme è la pupilla– e l’immagine in essa riflessa è il Tempio»

(Aforisma rabbinico)

Il nome di Gerusalemme è attestato sin dal 3000 a.C. e indica la cittàdei Gebusei posta sulla collina dell’Ofel (monte Sion) tra le vallate delCedron e del Tyropeion. La Bibbia parla per la prima volta di Gerusalemmein riferimento al suo sacerdote-re Melchisedek (XIX sec. a.C.) che benedisseAbramo. David (1010-970 a.C.) stabilì la capitale dei due regni di Israelee di Giuda in questa città, posta tra il Nord e il Sud. A Nord era dominatada un’altura sulla quale venne eretto il Tempio all’epoca di Salomone(970-931 a.C.). Nabucodonosor distrusse la città nel 587 a.C. (inizio dellaschiavitù in Babilonia, che terminerà nel 538 a.C.). Il Secondo Tempiovenne riedificato nel 520-515 a.C. e le mura nel 445. Nel 63 a.C. Pompeooccupò Gerusalemme e profanò il Tempio. Erode il Grande (37 a.C.-4 d.C.)ricostruì il Tempio nel 19-20. La città, con circa 120 mila abitanti, fu rasaal suolo dai Romani nel 70 d.C. e gli Ebrei dispersi. Riedificata da Adrianonel 135, con la caduta dell’Impero romano passò sotto il dominio islamico,esclusa la parentesi crociata (1099-1291). Nel 1948 gli Ebrei riacquisironola loro terra con la nascita dello Stato di Israele. In sintesi, in 4000 anniGerusalemme (citata più di 600 volte nella Bibbia) registrò 118 conflitti:assediata 23, attaccata 52, 20 volte teatro di rivolte, distrutta almeno 2 volte,conquistata e riconquistata 44 volte, passata di mano in modo pacificosoltanto 2 volte (cf P. Mieli, Gerusalemme senza tregua, “Il Corriere dellaSera”, 7/2/2017).

Gerusalemme personifica il popolo di Israele; è il futuro luogo di incontrodei popoli della Terra e l’immagine del Regno: la Gerusalemme celeste.Ne segue che Gerusalemme può essere considerata un “locus theologicus”,ossia un punto di riferimento che ha una valenza spirituale/teologica, benoltre il dato storico-geografico. La desinenza plurale del nome in ebraicorimanda alla natura a un tempo terrestre e celeste della Città. Gli aspettiche più la qualificano sono:

– dimora divina: Sal 72/73,2– rifugio; protezione: Sal 83/84,5.11– inespugnabile (in prospettiva escatologica): Sal 75/76,4– meta di pellegrinaggi: vedi i Canti delle salite o Salmi graduali (Salmi

119/120-133/134)– patria spirituale dei popoli: Sal 86/87– tra i 70 nomi che le attribuisce la tradizione biblica, spicca quello di

Città di pace: Sal 119/120,7: «Io [sono] pace» (assonanza tra “Jerushalajim”e “shalom”).

Sion è per antonomasia il “Monte di Dio” (dopo il Sinai, al tempo diMosè), dove venne eretto il Tempio, distrutto irrimediabilmente nel 70 d.C.Davide, dopo aver unificato i regni del Nord/Israele e del Sud/Giuda (circail 1000 a.C.), pose la sua dimora nella rocca di Sion e la chiamò “Città diDavide” (2 Sam 5,9). I Salmi – seguiamo la numerazione ebraica – sonodetti per antonomasia «Canti di Sion» (Sal 137). In particolare i sette Salmi:46, 48, 76, 84, 87, 123, 137.

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sorte profeticamente annuncia-ta nelle Scritture sacre. Che lavicenda umana di Cristo com-portasse questo esito drammati-co è racchiuso in quel “dove-va” più volte ripreso nei Vange-li (cf nota della Bibbia diGerusalemme a Lc 18,31).Lasciando risuonare l’affer-

mazione di Paolo: «Ha amatome e ha consegnato se stessoper me» (Gal 2,20), ci interro-ghiamo, con sant’Ignazio diLoyola: «Cosa ho fatto per Cri-sto, cosa faccio per Cristo, co-sa devo fare per Cristo?» (Eser-cizi spirituali, 53). In questocontesto si è iscritto il triduotrascorso sulle pendici delMonte degli Ulivi, dove ab-biamo privilegiato il silenzio ela preghiera profonda finaliz-zata a radicarci nel nostro“puro essere”. Ci sono stati di guida ipensieri raccolti da suor Maria dellaTrinità (1901-1942) clarissa a Be-tlemme, testimone eccezionale dicome la grazia operi cose straordina-rie in chi si abbandona alla sua azio-ne (cf Colloquio interiore, FranciscanPrinting Press, Jerusalem 2004. Tra

parentesi il numero dei pensieri). Vedibox sottostante.

venerdì

Il venerdì – giorno festivo per i se-guaci di Maometto – esordiamo con laclassica preghiera islamica tratta dalla

I Sura del Corano, l’Aprente,recitata dai fedeli non meno diventi volte al giorno: «In nomedi Allah, il Clemente, il Miseri-cordioso. / La lode [appartiene]ad Allah, Signore dei mondi, / ilClemente, il Misericordioso, /Re del Giorno del Giudizio. /Te noi adoriamo e a Te chiedia-mo aiuto. / Guidaci sulla rettavia, / la via di coloro che haicolmato di grazia, non di colo-ro che [sono incorsi] nella [Tua]ira, né degli sviati», ossia inquanti vagano nell’errore.Tristemente, coloro con i

quali si ritiene che Dio sia iratosono gli ebrei, e quanti vaganosviati nell’errore sono i cristia-ni!… Anche se non si nega aentrambi la possibilità di salvar-si! (Sura II, 62). Il fatto poi che iseguaci di Maometto, conside-

rato il “sigillo dei profeti” (Corano, Su-ra XXXIII,40) che si auto-presenta qua-le compimento della Rivelazione divi-na, abbiano occupato, con le celebrimoschee, la spianata del distruttoTempio ebraico e luogo sovra ogni al-tro sacro, ci interroga sul senso che ri-veste l’Islam nei disegni divini, una re-ligione – seconda al mondo! – che si èper così dire incuneata tra ebrei e cri-stiani, auto-ponendosi come correzio-ne e perfezione dell’eredità biblica eevangelica (peraltro attinta a fonti perlo più gnostiche e conosciuta moltoimperfettamente da Maometto, comemostra il fraintendimento della Trinità).È indubbio che, storicamente par-

lando, l’Islam si è presentato – e inparte si presenta tuttora – come unaspina nel fianco del mondo cristiano,costituendo, al dire dei santi, un pun-golo finalizzato alla nostra incessan-te conversione. Sant’Antonio Maria(1502-1539), il fondatore dei barnabi-ti, il quale ben conosceva quello cheallora era detto il “pericolo turco”, pe-ricolo che sarebbe esploso trent’annidopo la sua morte nella battaglia diLepanto (7 ottobre 1571), scrive, in ri-ferimento agli ebrei, ma vale ancheper i cristiani, che «Dio dette ai fi-gliuoli di Israele nella terra di promis-sione [la Terra promessa, la Filistea/Pa-lestina] quei suoi nemici, che semprevinceva e sempre aveva da combatte-re, affinché in quelli [ossia attraverso inemici] si conoscessero se erano os-servatori dei precetti di Dio o no»(Sermoni). Su Una lettura sapienziale

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“BASTA ESSERE” (282)

Fa’ silenzio attorno a te e in te. Che importa tutto il resto? Non sono io conte? Allora tu mi ascolterai, allora tu mi consolerai, allora noi ci parleremo,allora tu mi amerai (20). Per vivere la mia vita, rimani in me silenziosa-mente (55). Più sarai sola, più sarai con me (493)

Io sono la Sorgente. Vieni alla Sorgente. Essa è inesauribile. – Con qualemezzo? – Mediante il silenzio (521). È nel silenzio che io ti parlo (173).È necessario fare un silenzio profondo, perché la mia voce è dolce (33).Fate silenzio nel più profondo di voi stessi: capirete la mia voce (610).Per capire la mia voce è necessario far tacere tutte le altre voci nella vostraanima (221). Silenzio, per ascoltare meglio (317).

Dio ci attende nel silenzio dell’anima (176). Scopriamo la presenza diDio nel cuore attraverso il silenzio (247). Ascolta il mio silenzio; è cosìche bisogna adorare Dio (433)

Seguire Cristo nella via del silenzio (438)

[Alla Comunione] Io trovo nella maggioranza delle anime il tumulto.Conflitti di desideri opposti alle preghiere che le labbra formulano… Tumultodi ambizioni, di interessi personali… Tumulto di affezioni esclusive, digiudizi… Tumulto di inquietudini e di preoccupazioni… Io desiderotrovare nelle vostre anime un silenzio immenso come l’oceano, doveaffondano tutte le cose passeggere; un silenzio immenso come la Maestàdi Dio. Allora dal più profondo delle vostre anime voi sentirete salire unadolce voce: sono io. Sono io che desidero rivivere in voi… Prestatemi lavostra umanità (444).

Palestina - cartello di divieto di accesso

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del conflitto tra l’Oriente islamico el’Occidente cristiano, si veda “Eco deiBarnabiti”, 1/2015, pp. 42-45.

sabato

Al tramonto del venerdì, l’iniziodella festività giudaica del sabato (inebraico è al femminile) comporta daparte della donna, portatrice di lu-ce/vita, l’accensione di due candeleche recano il nome di osservare e ri-cordare, termini in cui si riassumetutta la religiosità biblica. La stessadonna offre una coppa di vino, men-tre recita Leka dodì; Vieni mio caro:«Vieni, mio caro, incontro alla sposa./ Volgiamoci a ricevere il Sabato… /Vieni in pace, o corona del riposo, /e in gioia, in canti e in allegria, / inmezzo ai fedeli del tuo popolo predi-letto. / Vieni o sposa, vieni o sposa. /In mezzo ai fedeli del tuo popoloprediletto, / vieni o sposa, Sabato re-gina». Nel giorno di sabato si riceveun’anima supplementare, poiché inesso si incontrano due mondi, quellopresente e quello futuro… È il finecui converge l’intera creazione!Compiamo anche noi questo rito,

non dimenticando che, se i singolinuclei familiari e le Sinagoghe costi-tuiscono gli ambiti in cui si esprime laritualità ebraica, essa risulta privatadel luogo di culto per eccellenza: ilTempio, anche se, come sostiene latradizione, la Presenza divina (Sheki-nah) non ha mai abbandonato il suopopolo: essa è dietro il celebre Muro!Si legge del Cantico dei Cantici (2,9):«L’amato mio… eccolo, egli sta dietroil nostro muro», non del tutto impro-priamente detto “Muro del pianto”.Lacrime di amarezza? di nostalgia? dipentimento? di inattesa consolazione?In ogni caso lacrime in cui rivive ilpianto di Gesù dinanzi a queste stessemura (Lc 19,41-44). Ne conserva me-moria il santuario del Dominus Flevitche incombe sul nostro Romitaggio.

il “mistero” del Tempio

Nella storia del Tempio (e del suo“mistero”) si riflette l’intera storia delpopolo ebraico. Eretto da Salomone(970-931 a.C.), era il luogo per eccel-lenza della Presenza divina, accessibi-le soltanto in esso, e una sola voltaall’anno e dal solo Sommo Sacerdote!Distrutto nel 586 a.C. dalla superpo-tenza babilonese, verrà riedificato nel

515 a.C. in seguito all’editto di Ciro(538 a.C.). Erode il Grande ne intra-prenderà una vera e propria ricostru-zione nel 19 a.C., creando un com-plesso monumentale: vi lavorarono

ben 100.000 operai e 1000 sacerdotidestinati alle aree sacre! Nel 70 d.C.venne inesorabilmente distrutto daiRomani e ciò accadde nonostante lavolontà contraria di Tito che maiavrebbe dato alle fiamme e raso alsuolo un edificio così maestoso. Ne è

testimone Giuseppe Flavio (37/38-100) nella sua Guerra giudaica, là do-ve scrive che il Tempio «già da parec-chio tempo era stato da Dio condan-nato alle fiamme e, con il volgere delle

età, ritornò il giorno fatale, quello incui una volta esso era già stato incen-diato dal re babilonese». E aggiungeche ciò avvenne «per una sorta di fata-lità, di impulso divino, soprannaturale»(in greco: daimonío ormé tini). I cri-stiani ricordano le sofferte prole di Cri-

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battesimo nei pressi di Betania giordana

Romitaggio - Cristo orante nell’Orto degli Ulivi

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sto registrate dall’evangelista: «Men-tre alcuni parlavano del Tempio, cheera ornato di belle pietre e di doni vo-tivi, disse: “Verranno giorni nei quali,di quello che vedete, non sarà lascia-ta pietra su pietra che non sarà di-strutta”» (Lc 21,5-6).Il Tempio costituiva la prova tangi-

bile e sorprendente che «Dio abitasulla terra» (così la celebre preghieradi Salomone quando lo inaugurò, 1Re 8,27). Gesù vi fu presentato allanascita e ogni anno saliva con i geni-tori a farne visita. Dopo la solenneaccoglienza a Gerusalemme il gior-no delle Palme, egli «entrò nel Tem-pio e osservò attentamente ognicosa», come attesta l’evangelista (Mc11,11). La mattina seguente – avràdormito la notte?! – compì il gestoclamoroso con cui ne rivendicò lasacralità, scacciando coloro che loprofanavano. Fu il gesto che segnòun’irreparabile rottura con la classesacerdotale, gesto che lo avrebbecondotto alla morte.Attraverso questo gesto provocato-

rio dalla portata profetica, Cristo sipone con il suo corpo come il veroTempio (cf Gv 2,21: «Parlava delTempio del suo corpo». Cf Ap 21,22)e alla sua stregua ogni cristiano di-venta “Tempio di Dio” (1 Cor 6,19-20), “luogo” dell’autentica adorazio-ne (Gv 4,21) e mistico altare in cuivengono offerti «sacrifici spirituali»(Rm 12,1).

domenica

La domenica, il giorno festivo deicristiani, ci porta a rivivere gli eventiconclusivi della vita di Gesù: morte erisurrezione. La meditazione prendele mosse dal titolo o iscrizione affissosulla croce: «Pilato compose l’iscrizio-ne e la fece porre sulla croce; vi erascritto: “Gesù il Nazareno, il re deiGiudei”. Molti Giudei lessero questaiscrizione, perché il luogo dove Gesùfu crocifisso era vicino alla città; erascritta in ebraico, in latino e in greco. Icapi dei sacerdoti dei Giudei dissero

allora a Pilato: “Non scrivere: Il re deiGiudei, ma: Costui ha detto: Io sonoil re dei Giudei”. Rispose Pilato:“Quel che ho scritto, ho scritto”(Gv19,19-22). … Gesù disse: “È compiu-to!”. E, chinato il capo, consegnò lospirito (Gv 19,29). … La Scrittura di-ce: Volgeranno lo sguardo a colui chehanno trafitto» (Gv 19,36).

il Calvario

Il titolo racchiude una molteplicitàdi significati. È il più antico docu-mento scritto sulla vicenda di Gesùe inconfutabilmente il primo testodel Nuovo Testamento, per di più re-datto in contemporanea nelle tre lin-gue bibliche e, come ogni Scrittura,irreformabile: «Quel che ho scrittoho scritto» (Gv 19,22. Cf Gv 10,35:«La Scrittura non può essere annulla-ta»). È la traccia primordiale dellacroce in quanto rivelazione di Gesùre/messia crocifisso. Conferma quin-di, con la regalità, la prerogativamessianica di Cristo. Mentre per leautorità giudaiche il vero motivodella condanna era dovuto alla pre-tesa di Gesù di «farsi Figlio di Dio»(Gv 1,7), per l’autorità romana sitrattava tutt’al più di lesa maestà, co-me sostennero gli stessi giudei, for-zando la mano a Pilato perché man-dasse a morte Gesù: «Chiunque si fare si mette contro Cesare» (Gv19,12). Ma proprio questo titolo, ol-tre a identificare il crocifisso, moti-verà la sua sepoltura regale. A diffe-renza dei crocifissi, i cui cadaveri

ECHI DI UN PELLEGRINAGGIO IN TERRASANTA

Eco dei Barnabiti 2/201748

Romitaggio - panoramica con gli eremi

Romitaggio -visione di Gerusalemme dal “Grotto”

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venivano gettati nudi in una discari-ca in attesa del loro disfacimento, ilcorpo di Gesù venne avvolto in telidi lino e la sua tumulazione, in unsepolcro nuovo e incontaminato,comportò l’impiego di trenta chilidi una mistura di mirra e di aloe(Gv 19,38-40). Come è stato scritto,l’evangelista «Giovanni prolunga fi-no al momento della sepoltura il te-ma della regalità di Cristo che domi-na il racconto della Passione».Il titolo, infine, ci ricorda profetica-

mente che l’identità regale/messiani-ca di Gesù ha il suo compimentonella morte in croce: «Io, quando sa-rò innalzato da terra, attirerò tutti ame» (Gv 12,32). Di qui la classicaespressione: «Regnavit a ligno Deus;Dio regna dal legno» della croce.Del titolo si conserva un preziosoframmento nella basilica romana diSanta Croce in Jerusalem.

il Sepolcro o l’Anastasis

Quello che i Latini chiamano “Se-polcro” per i Greci è l’“Anastasis”, la“Risurrezione”. Come ai primissimi te-stimoni, anche a noi si offre la stessavisione: un sepolcro vuoto! È il chia-ro-scuro della fede, tanto caro a Pa-scal. Di fronte al Sepolcro vogliamorivivere il processo che portò i primis-simi testimoni a credere nel Risorto,dopo averlo seguito durante la sua vi-ta pubblica. Il cui inizio può essereriassunto nelle tre parole dell’evange-lista, il quale «venne-vide-rimase» (Gv1,39) e la cui fine può essere ripresain altre tre parole: «venne-vide-cre-dette» (Gv 20,8). Lo spettacolo che sioffrì alla vista di Giovanni, quandoentrò nel Sepolcro, è stato tradotto inquesti termini da un celebre biblista,Francesco Spadafora: «Vide i pannilini(fasce e lenzuolo) giacenti (appiattiti,afflosciati) e il sudario – che era statosul capo di Gesù – giacente (anch’es-so), non con i pannilini, ma a sé stan-te, avvolto com’era stato avvolto, nellastessa posizione (di prima)». In realtàquel “vide” è preceduto da due altriverbi: all’iniziale “portare lo sguar-do” e al successivo “osservare” piùattento, segue l’esperienza di Giovan-ni, il quale “si fece l’idea”, come suo-na il termine greco éiden; noi direm-mo “realizzò” quanto era accaduto.Un’idea che avrebbe dovuto sfiorare lasua mente se – come egli riconosce –avesse «compreso la Scrittura, che

cioè [Cristo] doveva risor-gere dai morti» (Gv 20,9).E il «secondo le Scritture»costituirà il richiamo cheautentica nei secoli l’even-to che porta il nome diGesù Nazareno croci-fisso e risorto, eventoche estende il suo influs-so attraverso i secoli, finoalla sua venuta! Che èquanto acclamiamo allamessa, dove egli rinnovala sua presenza e la suaazione.Celebrare la messa nel

sacello dell’Anastasis, re-stituito al suo splendoredopo un grande restauro,costituisce il sigillo delnostro peregrinare neiLuoghi Santi. Lì è l’appro-do! E ogni mensa eucari-stica non fa che dilatareall’infinito quella lastradel Sepolcro, che accolseil corpo esanime di Cristoed è perenne indizio del-la sua risurrezione!

Testimonianze

– «La Terra Santa…! Non pensavoche il suo incontro fosse così dirom-pente... Terra di pace, di guerra e di

mille contraddizioni…! Una terra cheriesce a sbalordire e commuoverema poi, girato l’angolo, in grado dilasciarti sgomento e deprimerti, qua-si a riproporre con le sue dinamiche

ECHI DI UN PELLEGRINAGGIO IN TERRASANTA

Eco dei Barnabiti 2/2017 49

moschea di Omar - è vietato entrarvi per pregare!

Santo Sepolcro - porta con lo sportello dal qualeviene calata e ritirata da scaletta

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i trambusti dell’animo umano. In-somma... unica; già da desiderare diritornare...».– «L’esperienza del viaggio in Ter-

rasanta mi ha fatto molto pensare, ri-flettere, meditare, su temi semprepresenti nella mia vita, ma ai quali fi-nisco sempre per dedicare pocotempo, poche energie, poche atten-zioni, in rapporto alla loro importan-za e al coinvolgimento di tutto mestesso sul piano emotivo, razionaleed esistenziale». – «Il mio cuore si è riempito di

amore nuovo verso Gesù, ho sentitola forza della fede crescere dentrodi me. Ho potuto ripulire il miocuore con forti emozioni e con ilpianto, mi sono sentita una donnarinnovata nella pratica della religio-ne cristiana».– «In questo pellegrinaggio, anco-

ra una volta, ho visto, ho sentito, hotoccato, ho gustato, ciò che chiamia-mo “mistero”: quale mistero è il Van-gelo! Ed è un mistero anche l’uomofatto a Immagine e Somiglianza diDio, che però persevera nella suamalvagità. Al Getsemani l’incontrocon le profondità del nostro essereha fatto emergere la consapevolezzache possiamo sempre confidarenell’aiuto di Gesù, nella sua com-prensione e nella sua infinita com-

passione: dobbiamo solo ricordarce-lo costantemente, siamo esseri cheinciampano facilmente».– «L’esperienza in Terra Santa è

stata tanto intensa quanto siamo staticondotti in profondità! È stato unviaggio dentro me stessa: ogni luogo

ha avuto una risonanza in me, ha su-scitato un’emozione acuta e distinta.Sono così entrata in intimità con Ge-sù e Maria, potendo “sentire” nelprofondo il loro Essere Umani e il lo-ro Essere Divini! Rimanere in “ascol-to” della presenza di Cristo in ogni

luogo di quella Santa Terra, ha risve-gliato il Cuore».– «Il pellegrinaggio ha avviato in

me, un lento processo di “pigra con-versione”; ha trovato materia per ali-mentarsi, radicarsi e consolidarsi».– «Ho avvertito contraddizioni,

emozioni intense e struggenti e senti-menti di aderenza totale con tutto etutti. C’è stata una comunione cre-scente e una crescita spirituale eumana che non mi aspettavo».– «Custodirò gelosamente, ma non

solo per me, tutto quello che ho vis-suto. Ho vissuto e vivo questa oppor-tunità come un grande dono».– «Riassumo la mia esperienza in

Terrasanta con una parola: PREGNAN-TE. La sento viva e feconda in me».– «Al Romitaggio si realizzano con-

dizioni ottimali di dialogo interiore: ilmio viaggio interiore è iniziato qui!Ci sono stati momenti in cui il cuoresi è ridestato e riscaldato!».

Antonio Gentili

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Eco dei Barnabiti 2/201750

Santo Sepolcro - celebrazione della Messa

Santo Sepolcro - celebrazione della Messa