Percezionve Visiva

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7/29/2019 Percezionve Visiva http://slidepdf.com/reader/full/percezionve-visiva 1/112  joetex Elementi di teoria della percezione La Gestalpsycologie La Gestalpsycologie Il campo visivo minimo neutro Le linee di forza Fenomeni dinamici e di movimento L'Equilibrio Il Peso Il peso dipende dai rapporti energetici dei segni visivi nel campo Il peso dipende dal posto che il segno occupa nel campo Il peso dipende dalla grandezza relativa e dal contrasto simultaneo L'isolamento determina un aumento del peso La legge dell'unità o totalità gestaltica La vicinanza La semplicità Conclusione 1 Conclusione 2 La somiglianza La quantità minima Le grandezze relative Il principio di evidenza La forma chiusa L'equilibrio e la simmetria Legge della costanza I contorni soggettivi La trasparenza Il principio della forma celata La legge della semplicità e della ridondanza Il contrasto simultaneo ed il contorno L'Antropomorfismo L'esperienza e la forma storica La misurazione ottica e le illusioni della percezione visiva Le correzioni ottiche nell'architettura Percezione di figure a orientazione alterata Multistabilità della percezione Figure impossibili Lettura di testi visivi Lettura di testi visivi basata sulle leggi della psicologia della forma Il punto Il punto come segno Valore espressivo del segno punto Relazioni tra punti uguali Relazioni tra punti diseguali Variazioni di Grandezza, forma e colore Espressioni esterne: il punto in rapporto con il fondo Situazioni intermedie Due punti nel campo Tre punti nel campo Pagina 1 di 112

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Elementi di teoria della percezioneLa Gestalpsycologie

La Gestalpsycologie 

Il campo visivo minimo neutro 

Le linee di forza 

Fenomeni dinamici e di movimento 

L'Equilibrio 

Il Peso 

Il peso dipende dai rapporti energetici dei segni visivi nel

campo 

Il peso dipende dal posto che il segno occupa nel campo 

Il peso dipende dalla grandezza relativa e dal contrasto

simultaneo 

L'isolamento determina un aumento del peso 

La legge dell'unità o totalità gestaltica 

La vicinanza La semplicità 

Conclusione 1

Conclusione 2

La somiglianza 

La quantità minima 

Le grandezze relative 

Il principio di evidenza 

La forma chiusa 

L'equilibrio e la simmetria 

Legge della costanza 

I contorni soggettivi La trasparenza 

Il principio della forma celata 

La legge della semplicità e della ridondanza 

Il contrasto simultaneo ed il contorno 

L'Antropomorfismo 

L'esperienza e la forma storica 

La misurazione ottica e le illusioni della percezione visiva 

Le correzioni ottiche nell'architettura 

Percezione di figure a orientazione alterata 

Multistabilità della percezione 

Figure impossibili Lettura di testi visivi

Lettura di testi visivi basata sulle leggi della psicologia della forma 

Il punto

Il punto come segno 

Valore espressivo del segno punto 

Relazioni tra punti uguali 

Relazioni tra punti diseguali 

Variazioni di Grandezza, forma e colore 

Espressioni esterne: il punto in rapporto con il fondo 

Situazioni intermedie 

Due punti nel campo 

Tre punti nel campo 

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Quattro o più punti 

Il punto nell'arte 

La Linea

Linea concreta ed astratta 

La linea come linea di forza 

Espressioni interne La lunghezza 

La grandezza relativa 

Andamento nel campo 

Esempi tratti dalla storia dell'Arte 

Relazioni di grandezza 

Inspessimento progressivo 

Relazioni energetiche con altri segni nel campo 

La Superficie

Superficie e Texture 

La figura, la forma e la configurazione 

Il quadrato | Il rettangolo 

Il trapezio 

L'Ottagono

Il cerchio 

Il triangolo 

Le forme irregolari 

Espressioni esterne: rapporto figura-fondo 

Ambiguità figura fondo 

Superfici virtuali 

Le curve di Jordan 

Forme e superfici nell'arte 

Movimento e divenire nelle poetiche di Paul Klee e Wassily Kandinsky

Introduzione 

Paul Klee 

Wassily Kandinsky 

Ritmo e Modulo

Introduzione 

Modulazione traslata 

Modulazione gradiente 

Modulazione rotatoria Modulazione speculare o del ribaltamento simmetrico 

Il Colore

La luce

Caratteristiche fondamentali

La Lunghezza d'onda |

La frequenza |

L'intensità della luce |

Lo spettro luminoso 

Come percepiamo i colori |

La Temperatura di colore 

Il ColoreCaratteristiche fondamentali del colore 

Il Cromatismo

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La Luminosità 

La saturazione

Colori primari 

Colori secondari 

Colori ternari 

Colori caldi e freddi Teoria dei complementari 

La sintesi sottrattiva di luce 

La sintesi additiva di luce 

Una cromonomia possibile 

Le scale tonali 

Composti chimici e variazioni percettive 

Bibliografia

Bibliografia 

La GestalpsycologieE' una teoria nata in Germania nei primi decenni del secolo e in parte sviluppatasi in America

quando il nazismo la bandì, insieme alla psicanalisi, come "scienza giudaica". Dovuta agli sforzi

intellettuali di Max WERTHEIMER, Kurt KOFFKA, Wolfgang KOEHELR e di Kurt LEWUIN,

questa teoria viene tradotta come PSICOLOGIA DELLA FORMA. Contiene una sua dialettica

interna, IL DINAMICISMO, che offre sia alcune possibilità di indagine sperimentale, sia un rifiuto

dei vecchi schemi associativo-additivi tipici della psicologia atomistica (1). La contrapposizione tra

gestalt e psicologia atomistica avviene al livello della percezione retinica e di quella del cervello: un

disco bianco su di un tavolo viene visto ovale ma pensato circolare, per cui quando si stabilisce il

conflitto tra conoscenza e pensiero in opposizione all'immagine retinica, allora sorgono

interpretazioni non soltanto di carattere psicologico, ma anche filosofico. Ciò che appare ovale è in

realtà perfettamente circolare, dunque si contrappongono apparenza ed essenza, in quel dualismo

tipico delle filosofie occidentali. Appare importante chiarire che la psicologia della forma non vieneaccettata da tutti gli psicologi perché pone in relazione la visione oculare filtrata dalla mente che

sembra possedere delle forme a priori di interpretazione della realtà, forme che non sono rigide ma

anch'esse legate al divenire costante. Anche le prossime teorie di Rudolf ARNHEIM, noto

 psicologo della gestalt, possono apparire condizionate dalla cultura tipicamente europea o

occidentale. Sotto questo aspetto la psicologia della forma non si configura come scienza così

rigorosa come la scienza matematica. Ciò nonostante risulta molto conveniente tenerla presente

nelle analisi pre-iconografiche dei testi visivi perché, in quanto legata alla teoria della percezione,

 basata su alcuni logici schemi relazionali in divenire, evidenzia risvolti poco chiari delle icone e

suggerisce piani di lettura approfonditi. Per questa istituzione rientra nell'analisi semiologica,

 perché scende sul terreno dell'analisi dei significanti.

Il campo visivo minimo neutro

E' stato più volte detto che nella comunicazione il mezzo utilizzato influisce sul livello semantico

dei segni utilizzati sino al punto di aggiungere significati non richiesti e non voluti, spesso non

facilmente decodificabili e occulti ad occhi non estremamente attenti.

 Nella comunicazione visiva basata sulla codificazione di segni realizzati in funzione della

superficie, ossia su quella parte di comunicazione visiva che utilizza supporti bidimensionali, il

testo visivo ha bisogno di un medium che permetta ai significanti di presentarsi alla nostra

attenzione. Questo medium influisce sensibilmente sulla nostra percezione e sul significato che se

ne può trarre.

Per esempio una parola pronunciata da una voce bassa e tranquilla non produrrebbe lo stessoidentico significato se provenisse dall'altoparlante di un apparecchio televisivo.

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Il canale influisce sul significato globale del segno, perché implica relazioni spazio temporali e

dimensioni di coinvolgimento relazionali completamente differenti. Nella comunicazione visiva in

forma bidimensionale avviene all'incirca la stessa cosa.

Si immagini un dipinto di una natura morta, con determinati colori, con determinato effetto plastico,

ecc. Si immagini invece una fotografia a colori della stessa natura morta, con - approssimativamente

- gli stessi colori, le stesse, luci, lo stesso effetto plastico, ecc.. L'efficacia non può essere la stessa, perché il nostro occhio e il nostro cervello riconoscono immediatamente la differenza. Ma non

 basta. Il dipinto finisce col comunicare qualcosa, al di là del contenuto primario, che è

necessariamente diverso dalla stessa immagine realizzata fotograficamente.

Si può allora affermare che il mezzo di comunicazione utilizzato influisce sul processo di

significazione e sulla decodificazione da parte del fruitore, sino a metterlo nella condizione di

attribuire significati diversi a segni veicolanti il medesimo messaggio.

 Nella comunicazione visiva che utilizza supporti bidimensionali, si fa espresso riferimento alla

figura ed al fondo, intendendo per essi il segno comunicativo e l'impalcatura strutturale sulla quale

il segno viene sovrapposto.

Così come il mezzo di comunicazione influisce sul livello semantico dei segni, così anche il fondo,

ossia il supporto che regge i segni visivi, interagisce suggerendo significati secondari e accessori,comunque non trascurabili.

Il supporto, che possiede a sua volta una forma anch'essa altamente comunicativa, viene definito

anche campo visivo, perché i segni sono tenuti ad agire soltanto al suo interno, come se si trattasse

dell'immagine prodotta sulla retina all'esterno della quale vi è qualcosa che non si vede.

Il fondo diventa campo visivo perché assume il ruolo di costrittore dei segni che non possono

andarne fuori, pena il decadimento dal ruolo di fondo e il suo diventare inevitabilmente figura e

segno. Nelle pagine seguenti il campo visivo sarà quello spazio bidimensionale delimitato da una

linea chiusa, avente una forma determinata, all'interno del quale si sovrapporranno i segni visivi.

Il campo visivo viene definito neutro perché rappresentativo di tutti i supporti. Può rappresentare il

foglio di carta sul quale si disegna, la tela per dipingere e lo schermo televisivo sul quale, però, è

necessario congelare, fermandola, un'immagine tra le migliaia che si muovono luminosamente.

Il campo visivo viene considerato minimo perché ci appare come quello che tende a possedere il

minimo delle tensioni dinamiche e un basso valore simbolico e convenzionale. Tuttavia esso può

essere considerato come una unità gestaltica molto forte, che possiede specifiche energie e

determina leggi percettive. Questo perché

1) tende a delimitare un'area d'azione, stabilisce ciò che è dentro e ciò che è invece fuori della linea

di bordo considerata come linea/frontiera;

2) La conseguenza percettiva immediata è che tutti i segni visivi esterni appaiono come estranei,

non appartenenti al testo in corso di fruizione, come non pertinenti o non degni di attenzione, come

un qualcosa di lontano e distante;

3) All'inverso, il rettangolo di fondo si presenta come centro gravitazionale, come insieme di forzeomogenee che suggeriscono un tale livello di equilibrio e concentrazione armonica, da indurre a

trascurare quelle aggiuntive estranee.

La forma della linea di contorno che racchiude il campo visivo neutro minimo si configura come un

rettangolo, con il lato maggiore posto orizzontalmente.

Il rettangolo è una forma semplice rispetto agli altri poligoni regolari. Anche se appare molto

creativo, non facilmente immaginiamo un fondo, ad esempio, triangolare o pentagonale. Il quadrato

offrirebbe una eccessiva centralità, inchioderebbe i segni interni tra le mura perfette di una prigione

altamente simbolica.

Gli esempi che si utilizzeranno, si dovranno considerare come dei testi visivi che hanno quasi tutti

come supporto il rettangolo.

Le linee di forza

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La parola "Estetica" indica, nella sua origine terminologica, l'immagine che si forma sulla retina

degli occhi. Sappiamo che questa immagine diventa significativa, ossia diventa coscienza di ciò che

si vede, perché viene filtrata dal cervello. La pura percezione retinica non avrebbe senso, infatti, se,

 per esempio, non ci fosse la memoria a consentire la continuità nel tempo di ciò che l'occhio, in

modo puramente certificativo, trascrive. La percezione visiva è dunque legata allo stretto rapporto

tra l'immagine retinica e il suo trasferimento al cervello che registra, elabora e accumula leinformazioni. La parola immagine, allora, comincia ad assumere un significato ambiguo, perché

viene utilizzata sia per indicare ciò che si vede, quindi l'immagine retinica, sia per indicare un

dipinto o una fotografia. Inoltre, in certi ambiti culturali, indica l'avvenuta attribuzione di significato

ad un motivo di un dipinto: quando, cioè, il motivo della figura femminile col bambino viene

interpretato come "Madonna con Bambino Gesù", allora il dipinto presenta un'immagine

significativa. Ma stabilito questo, il problema non è ancora risolto. Edwin Rausch, citato da Rudolf 

Arnheim nel suo celebre testo "Arte e percezione visiva", giustamente specifica che l'immagine

 percepita dall'occhio è di due specie differenti che egli chiama Fenogramma e Ontogramma.

Illusione di Muller - Lyer 

Il fenogramma è quello che l'occhio percepisce in collaborazione col cervello, l'ontogramma,

invece, è l'oggetto nella sua realtà e che la percezione non ricostruisce. Il caso tipico di fenogramma

e ontogramma sono le illusioni ottiche (vedi figura dell'illusione di Muller - Lyer). Le due linee

orizzontali dell'illusione di Muller - Lyer sono di lunghezza identica, ma quella in basso viene

registrata dalla nostra percezione come di lunghezza inferiore alla linea che le sta di sopra. Il

fenogramma è il fenomeno che l'occhio trascrive e ciò che percepiamo, l'ontogramma è l'evento

così come esiste nella realtà. Dovremo sempre ricordare, d'ora in poi, che le immagini che percepiamo non corrispondono sempre alla realtà oggettiva. Spesso nei dipinti ci sono trucchi e

sotterfugi tali da porne in risalto e in disparte porzioni più o meno importanti o tali da ingannare

l'occhio facendo apparire ciò che non è nella realtà. I problemi di comunicare verbalmente avendo

come oggetto segni visivi e loro relazioni psicologiche non sono terminati, e tali resteranno fino a

quando non si troverà una terminologia accettata da tutti. Il rischio di sbagliare spinge lo scrivente

verso una scelta lessicale che pretende di essere propositiva ma non risolutiva.

Ritorniamo alle linee forza. Esse non si possono costituire e non se ne può parlare senza avere

definito prima il loro aspetto fondamentale: suggeriscono movimento e quindi posseggono

intrinseche qualità dinamiche. La distinzione dei significati attribuiti alle parole dinamica e

movimento verrà tra poco illustrata. Il movimento si può definire il cambiamento di posizione

interno a relazioni di distanza tra ente in moto, punti di riferimento ed osservatore. Poniamo che un punto "P" sia equidistante da altri due "A" e "B" posti sulla stessa retta, osservati da un altro punto

"O" ad essa esterno anch'esso posto ad una determinata distanza: il movimento si realizza soltanto

se varia la relazione di distanza tra uno dei punti. E variando la distanza è possibile determinare il

modo con cui si realizza il movimento: in accelerazione, o costantemente uniforme, in

decelerazione o in modo discontinuo. In ragione del tempo, misurato sempre attraverso riferimenti

spaziali, il moto di un ente stabilisce una sua specifica velocità. La velocità è direttamente

 proporzionale allo spazio di spostamento, dato il fattore tempo come costante. Sembra che la

velocità di un ente in moto venga percepita anche in ragione della temperatura del sistema di

riferimento in cui è inserito. Sappiamo che la percezione umana ha la possibilità di percepire il

moto soltanto entro limiti spazio/temporali limitati. Non le è data, per esempio, la possibilità di

registrare il movimento di crescita di un fiore, oppure di un ente a fortissima velocità che non

 permetta lo stabilizzarsi minimo dell'immagine sulla retina. Anche il ritmo, come creazione dello

spirito e registrazione di un moto ordinato, resta subordinato a questi limiti spazio temporali e di

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velocità. Il punto geometrico in movimento determina una linea, ed è per questo che possiamo dire

che una linea possiede un suo intrinseco movimento, determinato da una possibile e infinita

sequenza di punti. Ogni punto di una linea avrà una relazione di distanza diversa rispetto al sistema

di riferimento che può essere lo sfondo sul quale la linea stessa è stata disegnata, dato come in stato

di immobilità l'osservatore.

Il problema, in teoria della percezione, consiste nel fatto che nei testi visivimuti/bidimensionali/immobili alcuni segni sono effettivamente fermi, ma suggeriscono il loro

stesso movimento.

Il disegno mostra una linea inclinata ed un punto inseriti sopra uno sfondo neutro che si può

considerare come un sistema di riferimento spaziale. Se percepiamo il senso di discesa e

rotolamento del punto dalla posizione alta a sinistra verso una possibile bassa a destra, allora

dobbiamo parlare di movimento psicologico. Tale movimento virtuale, non effettivo del punto,

viene generato da una sorta di eccitazione nervosa, da una forza che punto, linea e sfondo si

scambiano in modo da suggerire una tensione di movimento. E' come se si verificasse una specie di

differenza di potenziale tra l'energia del punto e quello della linea, restante in disparte lo sfondo,

che spinge l'osservatore a completare la situazione per dirigerla verso un regime di staticità. In altre

 parole, se immaginiamo una strada in discesa e una palla che sia posta sulla parte alta, siamo indotti

a pensare che la palla scenderà per raggiungere una posizione di immobilità ai piedi della discesa.

Ecco perché in queste pagine i movimenti psicologici, non effettivi ma virtuali degli enti geometrici

su di uno sfondo, considerati segni interni di un campo visivo, vengono definiti Tensioni

Dinamiche. Le tensioni sono dinamiche perché includono, oltre alla forza psicologica che le

determina, anche direzioni di movimento. Le direzioni che queste tensioni/tendenze suggerisconovengono specificate anche come linee forza.

Queste si costituiscono come tensioni suggerite dalla nostra psiche insieme all'occhio ed al cervello.

Spesso si tratta di punti, linee o superfici inesistenti ma che sentiamo come vivi, come

inevitabilmente presenti all'interno del testo visivo soggetto della nostra attenzione. Se

consideriamo due punti nello spazio, sentiamo inevitabilmente l'attrazione lineare che si stabilisce

tra essi.

Questa attrazione è una tensione di contatto che unisce i due elementi visivi in una percezione

indissociabile, permettendo la costituzione di una unità. Anche tre punti non allineati li sentiamo

come attratti da una tensione lineare che stabilisce la percezione della superficie.

 Quelle che sentiamo come linee di tensione e di congiungimento dei tre punti sono linee forza,

determinate dal peculiare approccio percettivo alla realtà che probabilmente non è esclusivo del

rapporto occhio-cervello, ma associato all'emozione e all'intuizione istintiva. Vediamo un nuovo

esempio:

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 Il disco nero appare decentrato, e questo suo manifestarsi in prossimità, ma non proprio

esattamente, del centro del campo di fondo, determina una tensione psicologica che spinge il disco

verso una posizione più statica che è il centro.

Questo perché secondo la teoria della percezione l'esperienza visiva è dinamica, ossia interviene lì

dove appaiono esservi i presupposti per una necessaria correzione o per un adeguato

completamento. Le linee forza esistono nella relazione tra punti, tra punti e linee, tra linee e

superfici, tra superfici e punti, tra superfici, tra superfici che si comportano da figure e superficie di

fondo.

Le linee, possedendo una sola dimensione, la lunghezza, tendono, esse stesse, ad essere lette comelinee forza. Invece anch'esse sono assoggettate alle tensioni della superficie ospitante, ossia il

fondo.

La porzione di retta viene certamente percepita come una linea forza che parte da un punto estremo

 per arrivare all'altro. Le direzioni sono fondamentalmente due. Questo segmento/linea forza tende a

muoversi sia verso destra che verso sinistra, sia verso l'alto che verso il basso. Il fondo, il bianco

della pagina, possiede però controtensioni che tendono a bloccare la linea lì ferma proprio come il

disco nero al centro del fondo precedente.

  Nel caso in cui le tensioni e le controtensioni suscitino energie di uguale potenza, allora il sistema di

linee forza raggiunge una stasi attiva, perché mostra uno stato immobile non privo di latenti

movimenti.

Le controtensioni rappresentate nel disegno col quadrato e col disco sono naturalmente solo

approssimativamente quelle che sentiamo come linee forza. Ne possiamo sentire infinite altre, maquelle indicate sono certamente le più importanti. Il fondo con la sua forma, il suo colore, la sua

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grandezza relativa alla figura ospitata si presenta come un elemento di comunicazione molto

importante in quanto possiede contro-tensioni sue proprie.

 I triangoli neri appaiono molto più compressi nella figura di sinistra che non in quella di destra.

Compressione significa che la linea di contorno dello sfondo agisce con le sue controtensioni sulle

tensioni di movimento del gruppo di triangoli. Il gruppo della figura a destra possiede una maggiore

libertà di movimento e quindi le controtensioni dello sfondo sono meno energetiche di quelle che

compaiono a sinistra. Rudolf Arnheim chiama scheletro strutturale le linee forza più importanti di

una figura, perché riassumono le direzioni dello spazio che si dipartono da un punto chiamato

centro. Ecco alcuni scheletri strutturali:

 Le linee forza di figure irregolari si presentano molto più complesse per via del fatto che non si

 percepisce il centro.

 Le figure la cui configurazione esterna possiede un andamento concavo o convesso, presentano unadifferenza sostanziale al livello delle tensioni dinamiche:

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 Il contorno a configurazione concava mostra punte estroflesse che respingono fortemente il fondo

facendolo arretrare, mentre il disegno a destra mostra soltanto le linee forza del fondo che si

insinuano tra gli archi convessi determinati da docili tensioni. La figura ad andamento convesso si

 presenta più forte e attiva difronte agli attacchi provenienti dalle controtensioni del fondo.Viceversa la figura ad andamento concavo, che reagisce violentemente con grandi punte, soggiace

alle pressioni esterne.

Fenomeni dinamici e di movimento

Un punto concreto in un campo, possiede tensioni di movimento che spingono il punto a dirigersi

verso gli spazi vuoti. Sottintende infiniti movimenti possibili, ma le controtensioni proprie del

campo tendono a smorzare una parte di queste possibilità dinamiche. E' meglio ribadire subito la

differenza tra l'espressione TENSIONE DINAMICA (o movimento virtuale) e la parola

MOVIMENTO (di un segno che appare realmente mobile), così come vengono utilizzate in queste

 pagine.La Tensione Dinamica può essere soltanto il senso del movimento che un segno grafico suggerisce

ma non mostra. La tensione dinamica si presenta quindi sempre in forma dubitativa, ipotetica,

generale, approssimativa, estremamente soggettiva.

Il punto nero in alto a sinistra del primo disegno, mostra le sue tensioni dinamiche in quello

successivo a destra. Qui le linee tratteggiate, per approssimazione, indicano i possibili percorsi del

 punto nel campo. Questi movimenti sono soltanto ipotesi, per cui li definiamo "tensioni dinamiche".

Quando invece il movimento appare realmente, allora si utilizzerà, appunto, la parola "movimento":

 La sequenza di punti non concede alternative: il tracciato visibile s'impone in modo talmente forte

da indicare il percorso obliquo sia discendente che ascendente. Esso può cambiare solo nella sua

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totalità e permettersi di suggerire tensioni dinamiche, come se la sequenza diventasse una linea,

come è possibile vedere nei prossimi due esempi:

 

Similmente nella figura a destra la linea individua un percorso del punto in modo da escludere altre

 possibili dinamiche del punto stesso. In questo caso la linea si percepisce come passato movimento.

Le letture di questo esempio sono le seguenti: 1) Il punto si è spostato da sinistra verso destra, con

movimento libero e ampio che termina nella posizione visibile, suggerendo ulteriori possibilità

dinamiche. 2) Il punto percorrerà al contrario il tracciato indicato dalla linea verso l'estremo

opposto. 3) Con grande difficoltà possiamo leggere la linea disponibile a tensioni dinamiche

estranee a quella visibile orizzontale e ancora meno sentiamo il punto distaccarsi dalla linea, in

modo da costituire entità separate e disponibili a vagare liberamente nello spazio del campo. I due

segni, per vicinanza, posseggono come una specie di destino comune che li lega. Per questo motivo

gli psicologi della gestalt hanno suggerito l'esistenza del "Principio della buona continuazione e

dell'unità" che vedremo meglio.

El greco - Il seppellimento del Conte di Orgaz

Il Dipinto del maestro del '500 El Greco si mostra diviso nettamente in due parti da una linea forza

orizzontale costituita dalla successione ordinata delle teste dei personaggi. Le teste allineate, come

 punti in un campo, per buona continuazione, appartengono ad un'unica sequenza che si converte in

linea attiva.

L'Equilibrio

 In fisica due forze che si bilanciano si definiscono in stato di equilibrio. Se consideriamo gli esempi

 precedenti, quello che si presta al perfetto bilanciamento delle forze è il disegno con il disco nero

centrale sul fondo quadrato.

Equilibro di forze significa considerare tensioni e controtensioni interne ad un testo visivo,

valutandole allo stato di parità. Quando un disco è posto al centro di un campo, indipendentemente

dal fatto che il campo sia molto ristretto al punto di comprimere la figura, o che sia tanto esteso da

 permettere un' ampia libertà di movimento, allora possiamo parlare di una reale parità tra le forze

energetiche in gioco.

 

Comunemente per equilibro s'intende l' uguaglianza speculare di figure lungo un asse immaginario

detto di simmetria. Parlando di equilibrio si pensa immediatamente ad una forma simmetrica. La

simmetria destra/sinistra e alto/basso è la più evidente forma di bilanciamento delle energie in un

campo. La Sacra Conversazione di Raffaello Sanzio mette in evidenza la giustapposizione di figure

interne ad un campo rettangolare con il lato maggiore verticale. La verticalità è ribadita dalla figura

femminile, con bambino, che è centrale e in piedi su una nuvola. In basso la verticalità viene chiusa

da due figure di angeli. Sulla destra e sulla sinistra sono presenti due figure umane, in posizione

 pressoché simmetrica, con un leggero scarto di altezza che suggerisce una linea forza inclinata che

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va dal copricapo della figura maschile, lungo gli angoli dei panneggi di questa e della Madonna,

sino al braccio sinistro e alla testa della figura femminile. In alto in posizione simmetrica due tende

chiudono gli angoli superiori. La tripartizione dello spazio in rettangoli verticali, stretti e lunghi;

l'alternanza dei pieni e dei vuoti, il leggero scarto inclinato delle figure conferiscono una

elevatissima forma di equilibrio.

a Sinistra: Raffaello, - Sacra Conversazione - . Al centro: schema energetico della -Sacra

Conversazione-. A destra: -Un Maciste- 1913

Se sostituiamo alle figure umane figure geometriche nere, ci sarà semplice verificare l'equilibrio

alternato interno al dipinto di Raffaello.

Kazimir Malevic, noto artista del '900, ha saputo calibrare con somma maestria i pesi e le tensioni

dinamiche di questo bozzetto teatrale realizzato per lo spettacolo "Vittoria sul sole". La figura

antropomorfica è molto equilibrata perché affatto simmetrica. Infatti i colori, occorre precisare,

sono posti con estrema ponderazione. L'azzurro, per esempio, posto in alto a destra, lo ritroviamo alcentro a sinistra e poi ancora in basso a destra. Lo stesso metodo viene utilizzato per il rosso ed il

nero. Questo "rimbalzo" determina un equilibrio destra-sinistra che conferisce armonia sia dal punto

di vista cromatico che compositivo.

Il Peso

 Così come l'azione della forza gravitazionale attira gli oggetti determinando i pesi, così nei testi

visivi sentiamo e percepiamo gli elementi presenti come possessori di peso. E' un fattore molto

importante della composizione e può determinare equilibrio o disequilibrio.

Il peso dipende dai rapporti energetici dei segni visivi nel campo.

 Alterazioni dello schema energetico della -Sacra Conversazione- di Raffaello.

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Constatiamo come può risultare disequilibrata la composizione di Raffaello della Sacra

Conversazione per assenza o per rimpicciolimento di un elemento sulla destra. Nei due esempi il

 peso è tutto spostato a sinistra, le forze non si bilanciano e la composizione risulta disequilibrata. La

legge che gli artisti, coscientemente o meno, rispettano se vogliono comunicare con forme di

equilibrio, è la giusta distribuzione degli elementi nello spazio del fondo. Il problema consiste non

tanto sulla quantità degli elementi inseriti, quanto nella loro distribuzione energeticamente bilanciata. Infatti prendendo uno degli esempi del disequilibrio della composizione di Raffaello, è

 possibile ripristinare l'equilibrio calibrando i pesi in ragione della distribuzione dello spazio.

Il peso dipende dal posto che il segno occupa nel campo.

 Spesso il peso di un elemento in un campo aumenta allontanandosi dal centro, che sappiamo essere

il luogo in cui tensioni e controtensioni si bilanciano. Ma se una figura si dirige verso la parte bassa

di un fondo, tende a perdere la sua tensione di pesantezza e ad acquistare una solida staticità.

I tre esempi sono emblematici. Sentiamo enormemente il peso del disco posto in alto a sinistra nella

 prima figura. Per questo il disco tende con estrema facilità a muoversi nello spazio a sua

disposizione, con una maggiore energia verso la zona centrale o verso il basso. Il secondo disco

nero appare posto sull'asse centrale ma spostato verso il basso. Considerato che tende a muoversi,

in questo caso esso lo fa preferibilmente verso l'alto e in subordine verso destra e sinistra. In

qualsiasi caso il punto pesa sicuramente meno del precedente, perché appare poggiato su di una

ipotetica linea di terra, in quanto, come tutte le cose pesanti, tende maggiormente a gravare verso il basso. Il terzo disco poggia letteralmente sul bordo del campo di fondo, generando una pesantezza

giacente, statica.

Quindi il peso varia in ragione della sua posizione in alto o in basso rispetto al fondo. Un elemento

che posto in basso tenda ad essere letto come diretto verso l'alto, deve vincere controtensioni del

fondo superiori a quelle di un altro elemento posto in alto che tenda ad essere letto come diretto

verso il basso, che deve vincere controtensioni del fondo decisamente inferiori.

Il peso dipende dalla grandezza relativa e dal contrasto simultaneo.

 Ovviamente una figura grande viene percepita più pesante di una piccola.

 

Il disco nero appare prepotentemente più pesante dell'altro che sembra aggredito e minacciato. Per 

riequilibrare un pochino questa differenza energetica è possibile ricorrere alla diminuzione del

contrasto. Il disco nero appare molto pesante proprio perché è nero, mentre se fosse bianco -

diminuendo il contrasto immediato con il fondo - apparirebbe più leggero.

Questo significa che il peso di un elemento è disposto a variare in relazione sia alla grandezza

relativa che al contrasto immediato. Ma non basta.

L'isolamento determina un aumento del peso.

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 Questo perché la presenza di altri segni visivi sottraggono energia percettiva.

A destra: Stefano da Verona -La Madonna del roseto-

Queste piccole leggi del peso e dell'equilibrio applicate alla grandezza, al contrasto, alla

distribuzione bilanciata ecc., possono, però, essere messe in crisi dall' interesse soggettivo di colui

che percepisce il testo visivo. In buona sostanza, l'interesse personale indirizzato verso taluno o

talaltro elemento può fare delle regole della percezione appena citate, una vuota costruzione

teoretica. Difronte ad una incalzante predisposizione interiore diretta a percepire in un modo

 piuttosto che in un altro, nulla possono fare i principi che si vanno esponendo in queste pagine.

Quello che conta è che, tralasciato il soggettivismo ammissibile e giustificabile, generalmente leleggi della percezione appaiono abbastanza utili alla decodificazione dei testi visivi, perché creano

un terreno fertile per le costruzioni critiche degli storici dell'arte. E' ovvio che non si possa instituire

una legge rigorosa come la matematica nel campo della psicologia della percezione, perché siamo al

livello minimo del conscio e sulla soglia invalicabile dell'inconscio. I vari orientamenti della

 psicanalisi hanno dimostrato che vi possono essere molte costruzioni atte a spiegare i fenomeni

dell'inconscio. Ma la gestalt appare legata ai fenomeni della percezione visiva in senso stretto, con

l'aggiunta del cervello che, di fatto, modifica il modo di vedere le cose. Quindi, ammesse alcune

varianti relative a condizioni soggettive riguardanti l'esperienza e la conoscenza, ci possono essere,

comunque, condizioni generali oggettive mediamente legittimate.

Il dipinto -La Madonna del roseto- di Stefano da Verona, mostra in modo convincente come il

contrasto immediato tra figura scura e sfondo più chiaro, il suo essere collocata nella zona alta deldipinto, le conferiscano una particolare pesantezza.

Lo scivolamento verso il basso della figura della Madonna, collocata in modo da suggerire

 pesantezza, viene accentuato dal piano orizzontale che, a causa di una prospettiva errata, appare

inclinato.

La legge dell'unità o totalità gestalticaDavid KATZ (2) spiega che nella concezione atomistica, un qualsiasi evento veniva considerato

come una somma di elementi. Per esempio un gelato di vaniglia è = al freddo + dolce + odore e

sapore di vaniglia, + molle + giallo; per la psicologia della forma il gelato implica qualcosa di più

 profondo e di diverso dalla somma delle singole parti. E ancora: una bicicletta per la psicologia

atomistica è = due ruote + catena di trasmissione + movimento rotatorio + corona dentata + telaio

con sellino ecc.. Per la gestalt invece la bicicletta è qualcosa di più e di diverso dalla semplice

somma dei singoli elementi che la costituiscono. Infatti mentre tutte tali parti sono state inventate

almeno 500 anni prima, la bicicletta, come veicolo, è stato inventato soltanto nel 1700. Questo sta a

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dimostrare che nell'invenzione è stato aggiunto qualcosa che è disuguale e maggiore della

elementare somma delle singole parti. La teoria della totalità dice che il tutto è maggiore (o

comunque diverso) della semplice somma delle singole parti.

La spiegazione e la conferma della validità di questa teoria avviene mediante quelle che solitamente

si chiamano la teoria della buona forma e del destino comune. I disegni che vengono utilizzati sono

quelli classici della gestalt. Essi contengono segni e sottosegni visivi posti con relazioni spaziali talida predisporre l'occhio ed il cervello ad un tipo di percezione piuttosto che ad un altro.

Cominciamo col descrivere quello che percepiamo. Una tripletta di linee parallele si sovrappone ad

una porzione di retta inclinata. La linea obliqua sembra iniziare in basso a sinistra e dirigersi versola zona in alto a destra passando "dietro" le tre figure aperte. Ma bisogna fare attenzione proprio a

quest'ultima affermazione: le coppie di parallele si leggono come tre figure distinte a causa della

vicinanza delle linee che formano le coppie e a causa della distanza delle varie coppie tra loro.

La vicinanza

Quello che determina la buona forma è, quindi, tra le altre cose, la vicinanza e la distanza. La

vicinanza di linee ci spinge a leggere figura mentre la lontananza ci spinge a leggerli come segni

senza uno stretto legame spaziale.

I segni vicini formano una unità gestaltica, oppure tendono a comportarsi come figura. La figura è,

oltre ad una parte di piano delimitata da una linea chiusa, anche un insieme di relazioni spazialiqualitativamente e quantitativamente determinata.

Anche nel prossimo caso è possibile leggere tre unità gestaltiche distinte:

 

I punti sono sottosegni che allineati e ravvicinati ricordano linee a coppie parallele. Quello checonta non è che i punti siano allineati sulla retta, ma che siano vicini, come dimostra l'andamento

libero dei segni della prossima figura:

 La percezione di un unico gruppo di segni visivi è possibile grazie alla vicinanza.

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In questo caso i gruppi di segni che formano unità sono due, uno in alto a sinistra e uno in basso a

destra.

La semplicità

 Il disegno mostra due linee che si incrociano in un punto.

 In realtà, tranne il buon senso e una percezione primaria, nessuno nega che il disegno potrebbe

essere composto da quattro tratti di linea che si incontrano in un punto:

 

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La legge della totalità, o della unità gestaltica fa riflettere sul fatto che l'occhio e la mente,

coordinatamente, percepiscono due linee che si incontrano, e le due linee sono le seguenti:

 e non queste altre:

 Il cerchio ed il quadrato sovrapposti seguono la stessa sorte:

 La buona forma spiega che è più probabile che si legga cerchio più quadrato in parte sovrapposti,

 piuttosto che quello evidenziato nella disuguaglianza della prossima figura:

 In questo caso non è possibile chiamare in causa la vicinanza per spiegare il fenomeno. Si tratta di

Buona forma determinata dalla forma semplice.

forma semplice forma meno semplice

Il cerchio ed il quadrato sono forme semplici, che facilmente riconosciamo - si potrà pensare -

 perché ne abbiamo una grande conoscenza. Ma non si tratta di semplicità dovuta al riconoscimento

dei poligoni regolari, - per quanto la conoscenza influenzi notevolmente la percezione - e neppure

della semplicità della linea retta a confronto di una ondulata o mista.

La forma semplice dimostra la buona forma che dimostra l'unità gestaltica.

La forma semplice è però un qualcosa di molto complesso come mostra il disegno sotto riprodotto:

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(lettura improbabile)

Le figure hanno linee di contorno ad andamento libero e curvo. Ovviamente siamo indotti a leggere

nel modo riportato in alto a destra e non in basso al centro. Va detto che qui non è la semplicità

della linea retta rispetto a quella curva a determinare la lettura appena accennata, perché in

quest’ultimo disegno vi sono linee ad andamento libero e irregolare che in qualche modo annullano

la semplicità. Se non è la semplicità a rendere il senso della figura, allora la percezione è

determinata da un innato senso chiamato “destino comune” o “buona forma” o “buona

continuazione”.

La teoria dell'unità deve essere comunque posta in relazione alla semplicità. Se osserviamo tre punti

non allineati immediatamente immagineremo un triangolo

 

Il cervello leggendo i tre punti non allineati è immediatamente condizionato a percepire un

triangolo, anche se le linee di contorno non esistono. La semplicità consiste nel risparmio energetico

che la linea retta possiede rispetto alla linea ad andamento libero. Quello che difficilmente può

verificarsi è che il cervello non immagini delle linee di contorno rette bensì ad andamento libero

come nel caso della figura sopra riportata a destra.

Da questa semplice idea possiamo trarre alcune conclusioni che riguardano la percezione e che

riteniamo sufficientemente valide.

conclusione 1

a) La prima ci fa supporre che i vertici siano le parti importanti - pregnanti - delle figure piane.

Questo perché è possibile percepire un triangolo osservando tre punti non allineati ma non è

 possibile fare altrettanto osservando tre linee che ne possano ricordare i lati:

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Dalle linee della figura a sinistra sopra esposte non si percepisce facilmente un triangolo, anche se è

 proprio quello che, sapendolo, stiamo cercando.Conclusione 2

 Se le linee dei lati dell'ipotetico triangolo sono talmente lunghe da apparire vicine in modo da

ricordare la forma del vertice, allora la percezione del triangolo sarà facilitata figura sopra a destra.Sappiamo che un poligono è una parte di piano delimitata da una linea chiusa. Le tre linee del

disegno precedente a causa della loro vicinanza, si configurano come linea unica di contorno. La

linea di contorno non deve essere necessariamente chiusa per suggerire delle figure. Ci pensa il

nostro cervello ad aggiungere gli angoli non del tutto visibili, ma intuibili.

 Nei prossimi esempi le figure si delineano in assenza di contorno:

 Piuttosto che percepire figure disequilibrate, anche in questo caso il cervello trova più semplice

completare visivamente le parti mancanti; probabilmente lo stato di disequilibrio spinge l'uomo alla

riconquista della stabilità bilanciata.

Plausibilmente vi è una forma di affinità tra i fenomeni fisici e quelli psicologici. Sappiamo per 

esempio che la luce viaggia per via retta, il che significa che la luce per raggiungere un punto A

distante dalla sorgente S, impiega la distanza minore. Anche l'entropia in scienza fisica dice che due

gas aventi lo stesso contenitore e aventi temperature diverse tendono a cederla l'uno all'altro per 

raggiungere un equilibrio termico, e che a sua volta questo equilibrio diminuisce di energia sino ad

un probabile punto di assenza totale. Sembra che lo stesso comportamento appartenga al rapporto di percezione stabilito dall'occhio e dal cervello insieme. Secondo un noto principio di economia

formulato da Sigmund Freud, l'uomo tende a consumare il minimo delle energie possibili. E la

logica conseguenziale appare affermare che quando il bambino corre all'impazzata per ore

divertendosi e sudando, non fa altro che raggiungere una forma di equilibrio tra le energie in

sovrappiù stimolate dalla produzione ormonale e quelle necessarie. Anche il lavoro dell'essere

umano può essere visto in quest'ottica di riequilibrio psico-fisico. Il principio di economia di Freud

deve essere letto alla luce di questo equilibrio energetico che va impoverendosi nel tempo.

Semplicità e Principio di Economia Energetica vanno quindi analizzati con attenzione, e non

devono essere condotti in modo riduttivo al semplice risparmio, ma anche ad una spesa notevole

che però comporti una forma di riequilibrio e quindi di semplicità bilanciata.

La somiglianza

 

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La formazione del gruppo come unità si realizza anche attraverso la somiglianza dei segni inseriti

sul rettangolo di fondo.

 Tutto il disegno si configura come gruppo: a) perché i segni circolari occupano tutto lo spazio, ma

in questo caso la vicinanza c'entra poco; b) perché hanno tutti la stessa forma e lo stesso colore,

quindi si somigliano.

La quantità minima

Generalmente la presenza di pochi segni nel campo favoriscono la lettura del testo, confermando la

teoria della semplicità.

 Nella prossima figura la quantità elevata di poligoni, in contrasto con le grandezze ridotte dei

 poligoni presenti, occupano tutta la superficie a disposizione consentendo la lettura di tutta la figura

come unità gestaltica.

 Le grandezze relative

 Il numero delle figure poste sul rettangolo di fondo influisce notevolmente sulla percezione. Quello

che permette con maggiore velocità di ricevere i gruppi della prossima figura consiste nella quantità

limitata e nella grandezza maggiore. Si tratta del rapporto che esiste tra le grandezze/quantità delle

figure diviso lo spazio del fondo.

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La grandezza relativa, la semplicità, le quantità ridotte, la somiglianza e la vicinanza giocano tutte

un ruolo fondamentale nella ricezione dei segni visivi. Molto spesso agiscono tutte insieme comenel disegno appena visto.

La tavoletta eburnea del V secolo, mostra il personaggio principale molto ingrandito rispetto alle

altre figure di astanti. Il senso della prospettiva è decisamente invertito: il Salvatore, seppure posto

su di un piano lontano, giganteggia a causa della sua levatura spirituale.

Cristo tra gli Apostoli o Collegium Sacrum del V sec.

Quello che conta in questa immagine non è tanto il fatto che la prospettiva sia invertita, quanto che

l'applicazione della teoria della grandezza relativa è connessa con quella del principio di evidenza.Il principio di evidenza

 La presenza di segni simili ma sostanzialmente differenti produce immediatamente la percezione di

gruppi o “aree” omogenee, di segni affini. Una fotografia con delle figura umane di pelle bianca o

nera determinano il medesimo effetto, così come i giocatori sparpagliati in un campo di calcio con

le magliette di due soli gruppi contrapposti.

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 I due gruppi gestaltici si formano per evidenziazione, ossia per differenza immediata, nel caso

 precedente cromatica, ma che può essere anche della forma e della grandezza come nei casisuccessivi.

 Differenza per gruppi a causa della grandezza

 

Differenza per gruppi a causa della forma

A destra: Guido Reni "Atalanta e Ippomene"

 Numerosi artisti del '600 hanno utilizzato il principio di evidenza usando un chiaroscuro

assolutamente nuovo. Guido Reni evidenzia i personaggi illuminandoli fortemente e ponendoli in

contrasto simultaneo con un fondo decisamente oscuro.

La forma chiusa

 L'unità viene definita maggiormente se una forma possiede una linea chiusa e non una aperta.

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 La figura 1 mostra due rettangoli con linea chiusa equidistanti all'interno di un possibile spazio

delimitato in modo aperto dalle linee verticali di destra e di sinistra. Nella figura 2 invece mancano

le chiusure sui lati corti dei rettangoli. Questa assenza, associata alla vicinanza per coppie,

determina la lettura di tre unità simili aperte, annullando il fenomeno di percezione dei rettangoli

della figura 1. Attraverso questo esempio si dimostra come sia importante la figura chiusa rispetto a

quella aperta che spesso, ma non sempre, dichiara una buona forma ma di grado inferiore. Nella fig.

1 i rettangoli si leggono figura e lo spazio restante come fondo, mentre nella figura 2 avviene

esattamente il contrario: lo spazio interno alle coppie di linee si comporta come figura e quellointerposto come fondo.

L'equilibrio e la simmetria

Concorrono anch'essi alla determinazione del divenire unità, con qualità specifiche, diversa dalla

semplice somma delle singole parti.

 Nella figura a sopra a sinistra le figure nere a cusa dell'equilibro e della simmetria, nel loro

 procedere orizzontale, creano un rapporto di ambiguità con il fondo perché anch'esso si configura

simmetrico ed equilibrato. Distruggendo equilibrio e simmetria, viene ad essere annullata l'unità

gestaltica del fondo (sopra a destra).

La configurazione irregolare spezza la potente energia di raggruppamento in soli due gruppi

alternativi figura fondo, proponendo quattro figure nere che poggiano su fondi che, soltanto inmodo secondario, diventano figure e maggiormente al centro tra una nera e l'altra.

Legge della costanza

L'abitudine a vedere oggetti da punti di vista differenti, la capacità di calcolare la resa prospettica

delle cose in relazione al punto di osservazione ci porta a creare quella 'illusione' che consiste nel

vedere rotondo un disco che sappiamo rotondo e che ci appare retinicamente ovale. La psicologia

atomistica vede l'immagine retinica assoggettata ad una trasformazione dovuta all'esperienza.

L'illusione che invece si realizza per i gestaltici è basata sull'ipotesi della costanza, che sarebbe una

condizione di adattamento del cervello che porta a considerare l'oggetto sempre uguale pur nelle sue

variazioni apparenti. Il nostro cervello costantemente trasforma le informazioni ricevute dall'occhio

e le organizza sotto forme costanti. Questo viene spiegato anche con un esperimento che riguarda

la luminosità. Se possediamo un disco bianco e lo osserviamo mentre siamo vicini alla finestra di

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giorno, la quantità di luce riflessa sarà molto diversa da quella che si produrrebbe se il disco fosse

allontanato dalla finestra e posto in fondo alla stanza. A voler bene osservare, nel secondo caso il

 bianco diventerebbe grigio. Osserviamo un altro caso per dimostrare che la teoria della costanza

non è soltanto relativa alla forma e alla luminosità, ma anche alla distanza, al tatto, all'udito e alla

velocità di un oggetto che si muove con una velocità più o meno uniforme. Esaminiamo ancora il

disco: posto prima a uno e poi a cinque metri dalla nostra osservazione, fornisce alla nostra retinauna grandezza estremamente diversa, anche se noi lo percepiamo sempre di identiche dimensioni.

Proprio queste illusioni salvano l'uomo dal percepire un mondo estremamente diversificato da un

momento all'altro, un mondo che si presenta pronto a variare in ragione delle relazioni spaziali alle

quali la visione oculare ci spinge. La teoria della costanza spiega come le illusioni impediscano

essenzialmente di percepire il caos della natura e il suo perenne divenire.

I contorni soggettivi

E' interessante riflettere intorno al modo di percepire la realtà da parte dell'uomo. Le teorie della

totalità e della costanza sembrano dimostrate anche dall'apporto che il cervello dà nel percepire e

riconoscere le forme. Mentre prima la linea di contorno del disco ci appariva circolare anche seeffettivamente la retina ce lo mostrava ellittico, ora la mancanza della linea spinge la mente a

vederla anche lì dove non esiste realmente. Lo psicologo Gaetano Kanizsa si è dedicato allo studio

del processo di completamento che viene definito contorno virtuale o amodale. Vediamo due

esempi ormai classici:

 In questi due casi possiamo -vedere- un triangolo più bianco del bianco di fondo (a sinistra) ed uno

nero più nero del fondo (a destra). In realtà è solo la legge del contorno soggettivo che ci induce a

 percepire in questo modo. Il cervello tende a completare la linea di contorno lì dove non c'è o dove

non si vede. Si potrebbe pensare che tale completamento avvenga soltanto per le figure semplici,

mentre è dimostrato dai prossimi disegni, che non sono le figure semplici a determinare il contorno

soggettivo.

A sinistra contorni soggettivi di figure ad andamento lineare retto e curvo. A destra contorni

oggettivi di figura ad andamento lineare spezzato

Il contorno soggettivo è determinato dalla creazione - da parte del cervello - di una soglia di

luminosità che appare come minima differenza tra la zona bianca considerata del triangolo e quella

del fondo.

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 Figura ad andamento curvo concavo/convesso

 

Contorno soggettivo con rettangolo virtuale e illusione di Ponzio attuata con un triangolo

virtuale

Le figure con i contorni soggettivi sono talmente forti come costruzioni della mente, che arrivano a

dimostrare anche l'illusione di Ponzo (sopra a destra). I due tratti verticali sono perfettamente

uguali, ma quello di sinistra si configura più grande di quello di destra.

 I dischi centrali non impediscono la lettura del contorno soggettivo e appaiono sovrapposti al

triangolo amodale.

Le figure dimostrano che non è necessario un forte contrasto tonale per dimostrare il contorno

soggettivo. Quando invece le linee di contorno sono chiuse - figura a destra - l'Unità gestaltica si

ricompone determinando la percezione di figure su di un fondo bianco, quasi del tutto annullando iltriangolo sovrapposto di cui ora non si leggono bene i contorni soggettivi.

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 La croce appare incompleta al centro a causa della sovrapposizione di una figura geometrica di

forma quadrata. Nella figura a destra, invece, La vicinanza delle linee dei bracci, alla quale

corrisponde la lontananza delle stesse dai vertici dell'ipotetico quadrato sovrapposto, determinano

una lettura differenziata. In questo caso non si tratta di un quadrato ma di un cerchio.

 Il contorno discriminatorio si forma anche in presenza di linee parallele, quindi in assenza totale di

figure. La linea ondulata divisoria appare anche in assenza di contrasto simultaneo.

 

 Nella figura sopra a sinistra il quadrato virtuale bianco appare appoggiato sopra i quattro pentagoniirregolari e sopra le due rette perpendicolari. L'esagono virtuale della figura sopra a destra si

 percepisce grazie alle linee che individuano i vertici a destra e a sinistra. Resta ambigua e vaga la

 percezione delle figure nere: appaiono triangoli contrapposti, ma appaiono anche porzioni di figure

nascoste dall'esagono virtuale.

La trasparenza

I cosiddetti fenomeni della trasparenza confermano la teoria dell'unità gestaltica attraverso la buona

forma.

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Quello che si percepisce osservando la figura è che il quadrato appare trasparente sovrapposto al

 bianco ed al nero. Siamo indotti a pensare che la variazione di tono determini l'effetto della

trasparenza. Non è vero. L'esempio sopra a destra dimostra che pur variando i colori sovrapposti al

fondo nero e bianco, percepiamo l'unità figurale, quasi come se fosse come il precedente esempio.

Dalle prossime figure si evince che non è la figura semplice e regolare a determinare l'unità

figurale.

Le forme irregolari sovrapposte al bianco ed al nero pur variando colore nel passaggio da un fondo

all'altro, mantengono inalterata l'unità figurale.

In questi ultimi esempi, infine, i colori sovrapposti, non mostrano una certa idea di trasparenza,

 perché perdono l'unità figurale. Al contrario degli esempi precedenti, qui la soglia che divide il

 bianco dal nero non viene rispettata. Continua sì lungo la variazione di colore o di tono della figura

sovrapposta ma non resta invariata la linea perimetrale. Di quest'ultima non viene rispettato il

destino comune che unirebbe le due parti che hanno effettivamente mostrato cambiamenti.

Il principio della forma celata

Correndo il rischio di azzardare un'ipotesi assurda, si può affermare che probabilmente non esiste

dipinto che non abbia una sua forma di inganno visivo, sotto forma di esagerazione o distorsione o,

comunque, di diversificazione della realtà. Spesso tali inganni visivi, che appaiono naturali e

vengono realizzati proprio con questa intenzione, non vengono percepiti dai fruitori del testo visivo.

In architettura, per esempio, la facciata o la pianta, o altre parti, vengono realizzate utilizzandofigure geometriche regolari semplici, non del tutto visibili poi nella realizzazione concreta.

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Il disegno mostra uno scheletro strutturale della facciata di Santa Maria Novella a Firenze disegnata

da Leon Battista Alberti. Lo schema proporzionale non è certamente percepibile se non attraverso

un'attenta analisi.

 Disegni proporzionali della facciata di Santa Maria Novella a Firenze, disegnata da Leon Battista

Alberti da BBG. pagg. 198-199

Il principio della forma celata si pone proprio come idea quella di rivelare il -nascosto- interno ai

testi visivi.

Al centro: Salvador Dalì -Il mercato degli schiavi con l'apparizione invisibile del busto di Voltaire-

A destra: La vecchia e la giovane dello psicologo Edwin G. Boring del 1930

L'ottagono regolare viene celato nel disegno affianco riprodotto. La forma viene nascosta molto bene perché il disegno mostra un rettangolo orizzontale al quale viene sovrapposta un'altra figura

con due vertici opposti.

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 Nel dipinto sopra riprodotto Salvador Dali dimostra il suo genio applicando proprio il principio

della forma celata.

Anche il disegno della vecchia e della giovane si presta ad una lettura plurivoca dei referenti

indicati.

La legge della semplicità e della ridondanza

Torniamo alla legge della semplicità legandola al concetto di ridondanza della comunicazione, per 

aggiungere informazioni che non erano di stretta pertinenza del discorso precedente e per elevarla al

rango di una teoria importante quanto le altre. Secondo la legge della semplicità l'occhio ed il

cervello insieme percepiscono prima le forme semplici e poi quelle complesse.

Anche se può sembrare ovvio, è necessario riflettere su cosa è semplice e cosa non lo è. Semplice è

qualcosa che fa riferimento a schemi determinati precostituiti del cervello. Questi schemi sono

relazioni con il mondo e possono essere il riconoscimento della orizzontalità, della verticalità e del

centro.

Un cerchio è una forma più semplice di una figura irregolare come quella che le sta accanto.

Principalmente perché l'immagine semplice sottoposta alla visione per pochi secondi generalmente

viene riprodotta, a memoria, più fedelmente di quanto accadrebbe per un'immagine complessa omolto complessa. Il problema, secondo gli psicologi della gestalt, non risiederebbe nel fatto che il

cerchio è conosciuto e quindi viene ri-conosciuto in fase di visione e riproduzione sperimentale. Il

 problema essenziale è che il cerchio ha un suo centro, percepibile dalla combinazione occhio-

mente. La figura irregolare il centro non lo ha, o al limite non lo si individua facilmente. Quando un

 pittore vuole utilizzare una figura regolare per dipingere, ad esempio, una finestra, deve subito

rendersi conto che tale figura - il rettangolo - viene percepita primariamente rispetto alle figure più

complesse, per cui dovrà considerare il possibile disturbo che può recare alle altre. Spesso una

tenda, che spezzi la regolarità della figura semplice, è sufficiente a mettere in secondo piano un

elemento che può risultare troppo evidente, che si affaccia prepotentemente alla visione. Una figura

troppo forte, perché troppo semplice, può danneggiare le relazioni energetiche interne di un'opera

visiva. La semplicità è una forma di ridondanza della comunicazione e può considerarsi sia comeripetizione - più o meno copiosa - di segni visivi, sia come conformità alla predisposizione

dell'uomo a leggere mediante quegli schemi relazionali di cui si parlava prima. Il grado di

ridondanza, sotto forma sia di ripetizione che di semplicità intrinseca, deve essere considerato

moltissimo perché un eccesso di elementi ripetuti può risolversi in un disturbo energetico agli altri

segni visivi che occupano, di conseguenza, una posizione secondaria all'interno del processo

comunicativo.

La differenza tra scultura e pittura del prossimo esempio dispone la percezione di gruppi separati.

La quantità esagerata delle figure plastiche tridimensionali rispetto alla piccola parte dipinta - che

dovrebbe essere il ritratto della defunta - sposta l'accento sulla scultura ponendo in secondo piano la

 pittura. Ma il piccolo artificio di racchiudere il ritratto in una forma semplice e pregnante, riporta la

condizione di parità percettiva, ristabilisce una certa uguaglianza tra personaggio principale e figureallegoriche accessorie.

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a Sinistra: Pietro Bracci -Monumento a Maria Clementina Sobieski- Roma

Al centro: Giovan Battista Tiepolo -L'investitura del vescovo Harold Von Hochein- 1750-1752

nella Kaisersaal di Wurzburg

A destra: Wassili Kandinsky -Le linee sottili tengono testa alla pesantezza del punto- (da -Punto

Linea e Superficie-)

La quantità degli stucchi, ripetuti specularmente; la presenza di numerosi elementi decorativi

circostanti; la copiosa raffigurazione di personaggi; l'effetto trionfale della scena e la reverenza, più

o meno dignitosa degli astanti, pongono in secondo piano l'azione principale, che è quella

dell'investitura. Per fortuna il Tiepolo, con grande strategia, dispone le figure su assi inclinati

 prospettici che concorrono verso lo spazio libero al centro, riequilibrando la percezione a favore

dell'azione per la quale l'opera stessa è stata, presumibilmente, commissionata. Resta il fatto chel'abbondanza di elementi decorativi figurali, non fa che porre interferenze energetiche tra l'evento

 principale ed il resto. Inoltre la presenza del cane, dipinto con dovizia di particolari e con effetto

tridimensionale eccellente, posto in linea diretta, quasi verticale con il Principe, devia l'attenzione

dal rituale sacro all'apprezzamento della fattura pittorica. Questa lettura del testo visivo realizzato

dal Tiepolo non deve essere considerata come critica astorica che vuole introdurre un qualsiasi

accento a sfavore del grande artista. Si vuole soltanto affermare che la ridondanza di elementi, così

come una eccessiva semplicità, possono creare rapporti energetici comunicativi interni all'opera e

 porre in secondo piano quello che effettivamente vuole essere comunicato.

 Nell'opera di Kandinsky il titolo stesso pone l'attenzione sul rapporto energetico tra elementi molto

diversi: il punto in alto e il gruppo di linee in basso. In questo testo visivo leggiamo due unità

gestaltiche contrapposte, una in alto - che pesa secondo l'artista - e l'altra in basso, composta daelementi uniti a causa della vicinanza e della somiglianza.

Il contrasto simultaneo ed il contorno

Quando superfici adiacenti posseggono contrasti determinati di luminosità, lungo la linea di

contorno che separa le due aree si determinano bande luminose che percepisce soltanto l'occhio, ma

che in realtà non esistono. Si vengono a formare sulla retina per effetto di una relazione,

sufficientemente complessa ed estesa da descriversi, di eccitazione e inibizione dei fotorecettori

della retina.

La tavola della -luminosità dei colori- sotto riportata di Itten è composta da salti tonali graduali di

colore saturo verso il bianco ed il nero. I quadratini dipinti mostrano una banda più scura in prossimità della linea di separazione coll'adiacente tono più chiaro, mentre presentano una fascia

 più scura in prossimità della linea di contorno del precedente a tono più scuro. In questo modo i

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quadratini da una certa distanza appaiono come leggermente concavi. Siffatto risultato si chiama

illusione ottica determinata da contrasto simultaneo.

Già nel 1800 il fisico, filosofo e psicologo austriaco Ernst Mach si era accorto della formazione di

 bande luminose che prendono appunto il suo nome. Le bande di Mach sono visibili al centro

verticalmente nelle prossime figure.

Johannes Itten _tavola della luminosità dei colori- (da -Arte del colore-)

 Disegni illustratori delle bande di Mach (Floyd Ratliff in -Contorno e contrasto-)

Le linee orizzontali nere della figura a sinistra conservano il medesimo spessore sino al centro, poi

si inspessiscono nel loro andamento verso destra. In questo caso è possibile vedere la banda chiara

verticale di Mach da una certa distanza. Nel passaggio da un tono uniforme ad uno più scuro, per 

effetto dell'inspessimento della linea nera orizzontale, la striscia luminosa si stabilisce per effetto

del contrasto simultaneo di aree di luminosità adiacenti. Nella figura a destra le linee orizzontali

nere nel loro andamento da sinistra verso destra si inspessiscono sino a raggiungere il centro, poi

mantengono inalterato il loro spessore. Da una certa distanza è possibile vedere, proprio al centro,una banda di Mach scura. La rapida rotazione del disco di Cornsweet ci fa percepire una superficie

 più scura ed una più chiara, per effetto degli speroni bianco e nero. In particolare lo sperone bianco

determina una banda più luminosa all'interno verso il centro, lo sperone scuro una meno luminosa

verso il bordo della circonferenza . Questo contrasto simultaneo permette di leggere il dico bianco

come se fosse composto di anelli di grigi diversi.

 

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Il disco bianco con gli speroni bianco e nero che determinano l'effetto Cornsweet, riportato nella

figura di destra. Il disco bianco con gli speroni come appare durante la rotazione (Floyd Ratliff in

-Contorno e contrasto-)

I pittori, sempre molto attenti ad analizzare la realtà che li circonda, hanno sempre realizzato questo

effetto per accentuare il contrasto delle figure e per permettere loro di farle risaltare - in una

spettacolare illusione - dal fondo. Probabilmente nell'osservazione attenta della realtà,accorgendosioppure -vedendo- le bande di Mach, e sappiamo non esistere di fatto, le hanno riprodotte sulla tela

forse anche per accentuare il contrasto simultaneo o credendo di imitare la natura realisticamente.

 Numerose aree adiacenti del tondo -Doni- di Michelangelo Buonarroti, sono sottolineate

dall'accentuazione tonale delle linee di contorno, che conferiscono alle figure una straordinaria

forza plastica. Per esempio l'avambraccio destro della Madonna mostra chiaramente un

inscurimento del colore del contorno. Il braccio destro, in prossimità del muscolo tricipite oltre alla

linea di contorno scura, presenta da un lato e dall'altro adiacenti superfici colorate di tono più

chiaro, in un'alternanza chiaroscurale di notevole bellezza. Anche il panno rossastro, che in parte

copre e in parte lascia scoperta la spalla destra mostrandone una porzione di ascella e di pettorale,

 presenta un chiaroscuro simile: panno rossastro della Madonna realizzato a mezza tinta, contorno

scuro, panno altamente luminoso della veste di Giuseppe che trapassa ancora nella mezza tinta.Michelangelo ha voluto, con questo chiaroscuro, porre in evidenza il contrasto simultaneo

intensificando le differenze tra toni.

Michelangelo Buonarroti -Sacra famiglia con san Giovannino- Tondo Doni 1503-1504

Altrove si è detto che un segno può presentare varianti di significato in ragione al contesto in cui si

trova. E' per esempio il caso del principio di evidenza in cui uno stesso poligono inserito o meno tra

altri può essere letto con notevole difficoltà. Un segno varia in rapporto al contesto anche per 

effetto del contrasto simultaneo. Il quadrato bianco su fondo nero appare più grande di quello nero

su fondo bianco.

 

Anche il quadrato grigio, posto su fondi con luminosità differenti, appare molto diverso.

I quadrati grigi interni hanno cioè tutti la stessa intensità luminosa. Eppure, gradualmente,

appaiono diversi passando da quello su fondo bianco a quello su fondo nero. Il contrasto simultaneo

influenza non soltanto il tono, come nel caso esposto, ma anche la tinta.

Un colore secondario appare sovrapposto a due fondi aventi tinte differenti. Ognuno di questi coloridi fondo ha la caratteristica di avere come dominante una delle due tinte che formano il secondario

che è figura. Nella fattispecie, verde insaturo - composto dal giallo più blu ciano ed un pizzico di

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magenta - viene sovrapposto prima ad un fondo verde - colore nel quale domina il il giallo - e poi ad

un colore neutro - all'interno del quale vi è un bilanciamento cromatico specifico. Il secondo colore

è un altro verde insaturo giallastro. Sul verde azzurro fa spiccare la sua componente gialla, sul verde

 più giallastro evidenzia la componente ciano. Questa distinta percezione del medesimo colore su

due tinte diverse è possibile soltanto se la figura è vicina ad entrambi i fondi e soltanto se si

realizzano contorni adiacenti, ossia se si realizza il contrasto simultaneo. Infatti non bisognadimenticare che esiste anche il contrasto consecutivo. Un esempio classico del contrasto

consecutivo si può realizzare osservando il sole per una frazione di secondo e poi guardare altrove

verso una zona, necessariamente, meno luminosa. Il sole, soprattutto ad occhi chiusi, appare di

colore bluastro, che è il colore esattamente opposto - quindi complementare - al giallo arancio.

L'Antropomorfismo

La mente umana, più spesso nell'immaginazione infantile, tende a riconoscere i volti umani anche lì

dove non esistono che pochi segni lontanamente allusivi.

A destra: Movimenti oculari dell'occhio durante l'osservazione di una fotografia

Affinché si realizzi il riconoscimento di un volto umano in pochi tratti sono necessari alcuni

elementi fondamentali: occhi e bocca, oppure occhi e naso. anche un occhio solo e bocca possono

andare bene. Alcuni scienziati hanno dimostrato come, nell'osservare il volto umano, l'interesse del

fruitore si focalizzi sui particolari degli occhi, del naso e della bocca. Soltanto in forma secondaria e

minore vengono osservati le guance, la fronte e gli altri particolari del volto. Non soltanto il volto

viene riconosciuto anche nei segni più vaghi che lo consentano, ma anche il corpo umano in

generale, nei suoi più disparati movimenti.

L'esperienza e la forma storica

 Non possono non essere considerate perché sono una componente talmente importante da

rovesciare leggi o teorie dimostrabili. Esse fanno parte del nostro io interiore e che non conosciamo

e non conosceremo mai approfonditamente. L'inconscio, sulla base delle esperienze vissute,

 produce associazioni, sensazioni, intuizioni ed emozioni che non potranno mai essere assoggettate a

norme comportamentali. Anche se è possibile tracciare una vaga mappa generale delle associazioni psicologiche più frequenti ed in parte prevedere schemi comportamentali e indurre azioni

condizionate, la maggior parte degli impulsi interiori restano ancora misteriosi.

La forma storica è una proiezione della coscienza, che avviene in maniera assolutamente soggettiva,

e che porta alla creazione di altri schemi relazionali con il mondo sulla base di quelli acquisiti. Nella

 percezione di segni visivi vaghi è possibile che alcune forme ricordino un qualcosa che

storicamente è già di appartenenza del fruitore.

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Le linee spezzate ricordano la vocale E profondamente interiorizzata perché vista infinite volte. La

interiorizzazione è talmente profonda da indurre a percepire addirittura un contorno soggettivo

come nei triangoli di Kanizsa. I punti della figura a destra indicano una linea spezzata qualsiasi, ma

ad un astronomo indicano con estrema facilità la disposizione delle stelle dell'orsa maggiore. La

conoscenza profonda permette di lanciare la coscienza verso il segno-oggetto e di interpretarlo, se

 possibile, associandolo ad uno schema conosciuto.L'esperienza e la conoscenza predispongono la percezione in modo veramente particolare.

 La figura mostra un rettangolo con un arco di circonferenza posto superiormente. E' facile pensare

immediatamente al disegno di una valigia. Se visto in sequenza, lo stesso disegno apparecompletamente diverso.

Si tratta di un rettangolo e di un cerchio, e mai più pensiamo alla valigia. Ritornando al primo

disegno, ora sentiamo come vere due cose, sia la valigia che le figure geometriche suggerite dalla

sequenza. In questo caso la conoscenza influenza sensibilmente la percezione.

La misurazione ottica e le illusioni della percezione visiva

L'esperienza e l'abitudine portano l'uomo a stimare e valutare continuamente situazioni e fenomeni,

distinguendo quelli sperimentati e quelli sconosciuti. Con forme di approssimazione inevitabili

siamo in grado di riconoscere pesi, di stimare grandezze spaziali e distanze, valutare fenomeni di

 perpendicolarità e orizzontalità, misurare criticamente il centro. Tutto questo viene fatto milioni di

volte al giorno, senza che ce ne accorgiamo attraverso gli occhi e la mente in un insiemeindissociabile. Non bisogna, però, sottovalutare la visione stereo degli occhi, perché è quella che ci

 permette di riconoscere la terza dimensione e quindi la profondità. La visione monoculare, invece,

insieme allo stato di immobilità della testa, produce un appiattimento bidimensionale dell'immagine

 percepita, che non consente un'adeguata misurazione ottica.

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Percezione del disco nero fuori centro; linea quasi verticale che viene letta, per approssimazione,

come verticale. Anche per vicinanza, la linea quasi verticale viene letta come pseudo ortogonale

rispetto a quella orizzontale.

  Naturalmente non è possibile rintracciare il centro nelle figure irregolari complesse

Quando attraverso la misurazione ottica fornita dall'occhio e dal cervello ci si rende conto che la

 posizione non centrale o non verticale o altro è veramente determinata da uno scarto infimo, allora

il cervello tende a comportarsi in due modi per non subire lo stato di disagio che la minima

differenza crea. Un modo è quello di correggere positivamente -l'errore-, l'altro di esagerarlo per 

chiarire in modo definitivo che si tratta di non centralità o non ortogonalità. In qualsiasi caso si

tratta di una tendenza a dare ordine interno, a definire per costituire un dato certo. La tendenza ad

eliminare lo stato ambiguo, in cui un elemento visivo non chiarisce il suo essere, è una tendenza alla

semplificazione relazionale.Le illusioni ottiche ci suggeriscono quanto possa risultare fallace la misurazione attraverso l'occhio

ed il cervello. In determinati contesti, alcuni segni visivi vengono letti in modo assolutamente falso.

Illusione di Ponzo

I segmenti orizzontali a sinistra sono perfettamente identici tra di loro così come quelli di destra.

Ma quelli a destra, inseriti tra due linee inclinate, appaiono di misure diverse. In particolare il

segmento in alto appare più grande di quello in basso.

 Illusione di Sander 

In questa illusione sopra riportata le diagonali sono assolutamente identiche, anche se la primaappare enormemente più lunga della seconda.

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Illusione di HeringLe linee orizzontali, perfettamente rette, appaiono convesse in prossimità del punto di fuga delle

rette del fondo.

Le illusioni ottiche sono numerose e tutte efficaci. Sembra dimostrato che un grande contenitore di

sabbia appaia più leggero di un contenitore piccolo che ne contenga una uguale quantità e ne sia

colmo all'orlo. Secondo Richard L. Gregory le dimensioni del contenitore influiscono sulla stima

del peso, inducendo a rilevare più pesante il contenitore piccolo che appare totalmente pieno, al

contrario di quello grande quasi vuoto. Quello che appare può essere molto diverso da quello che è.

Questo dualismo classico si può considerare una regola nella produzione artistica. Se non sono le

forme ad essere alterate rispetto al vero, sono il contrasto luminoso, o cromatico, o l'effetto

 prospettico o altro ancora. Sol Lewitt (artista concettuale americano) ha realizzato dei disegni

assonometrici sufficientemente grandi che rappresentano un cubo; a causa dell'abitudine a vedere ilcubo in scorcio prospettico restringersi posteriormente, l'esatto disegno assonometrico - in cui

notoriamente le rette inclinate che alludono alla terza dimensione sono parallele - appare errato o

goffo. Resta il fatto che tutti i pittori disegnando -ad occhio- non fanno che rettificare, più o meno

coscientemente, le figure per farle apparire giuste.

L'inversione del rilievo e della profondità è stato studiato da numerosi scienziati che sono arrivati

alla conclusione tale per cui l'inversione pieno/vuoto è resa maggiore dalla vista monoculare.

Se un cartoncino piegato viene osservato dall'alto da una posizione frontale e con un occhio solo, si

verificherà l'inversione prospettica e la lettura concavo/convesso risulterà ambigua.

A destra : Illusione ottica concavo/convesso

La fotografia del cartone di uova riceve luce da una sola fonte luminosa. La foto di destra si

configura convessa, quella di sinistra concava. In realtà è sempre la stessa fotografia stampata

capovolta. Generalmente le fonti luminose provengono dall'alto, quindi tendiamo a riconoscere

come pieni gli spazi che si trasformano in ambigui grazie a variazioni di posizione della fonte

luminosa dovute al ribaltamento della fotografia. In questo modo le zone chiare appaiono invertite,

ma siccome tendiamo a percepire la luce come proveniente sempre dall'alto, allora siamo indotti a

vedere/pensare un'immagine con un cartone convesso e l'altro concavo piuttosto che vedere

invertita la fonte luminosa.

Una classica illusione ottica è data dall'apparire di punti grigi con contorno sfumato tra le righe

 bianche della figura composta da quadrati neri (figura sotto a sinistra).

Sappiamo che le opere scultoree della Grecia classica che rappresentano il corpo umano, sono di

una bellezza universale perché il corpo atletico raffigurato è composto dalle parti migliori tratte

dalla natura. Sembra certo che dopo avere eseguito attente misurazioni sul gruppo marmoreo del

Laocoonte, sull'Apollo di Belvedere e sulla Venere dei Medici, si sono riscontrate notevoli

sproporzioni al livello degli arti inferiori.

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 A sinistra : Illusione ottica dei puntini grigi nelle righe bianche.

Illusione di Zollner - Hering

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 Illusione di F. Zollner 

 Illusione dei segmenti uguali

 Illusione dei settori di circonferenza

 Illusione di Zollner 

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Illusione del quadrato oblungo

 Illusione dei segmenti verticali

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 Illusione di Poggendorff 

 Illusione di Schroder 

Illusione del quadrato con i lati convessi

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 Illusione dei dischi centrali

 Illusione di Oppel

 Illusione di Muller Lyer A destra : Aghesandro, Polydoro, Athenodoro

-Laocoonte-

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La figura marmorea del Laocoonte ha l'arto inferiore sinistro più lungo di 9/100 di modulo di quello

destro. L'Apollo ha la gamba sinistra più lunga di 17/100 di modulo. la Venere dei Medici ha la

gamba sinistra piegata più lunga della destra addirittura di 28/100 (3). Naturalmente guardando le

opere non ci accorgiamo minimamente delle dismisure. La cosa importante risiede in questo

concetto: molto probabilmente nella visione dal basso di queste opere, gli arti sarebbero apparsi

deformati se fossero stati perfettamente uguali. L'artista che ha modellato queste opere non ha badato al fatto che gli arti fossero di misure diverse, bensì si è preoccupato di fare apparire perfette

le proporzioni corporee.

Le correzioni ottiche nell'architettura

Il rapporto conflittuale tra essere e apparire evidenziato da ciò che viene percepito (il fenogramma)

e ciò che invece è nella realtà, trova la sintesi suprema nell'uso di astuti accorgimenti che

conferiscono al tempio greco un'armonia e una bellezza elevatissime. La curvatura dello stilobate è

sicuramente uno degli stratagemmi utilizzati, per conferire al tempio un leggero ed impercettibile

senso di slancio verso l'alto (fig. ). Un altro ingegnoso trucco che rende i fusti delle colonne più

eleganti e slanciati di quanto non effettivamente esse siano, consiste nel restringimento verso l'alto,chiamato rastremazione (fig. ). La rastremazione accentua le fughe prospettiche delle linee di

contorno della colonna e degli spigoli delle sue scanalature (fig.).

A sinistra: Le linee prospettiche della colonna in scorcio sulla destra, sono maggiormente

accentuate dalla -Rastremazione-

L'entasi è un altro artificio utilizzato dagli artisti greci per bilanciare otticamente i pesi percettivi.

Esso corrisponde ad un leggero rigonfiamento all'altezza del terzo inferiore del fusto della colonna.Mediante questo stratagemma, la pietra di cui è costituito il fusto, appare come compressa sotto il

 peso dell'architrave, suggerendo l'idea dell'allargamento elastico.

Un altro accorgimento tecnico che viene utilizzato in moltissimi casi, consiste nell'inclinare

leggermente l'asse centrale della colonna. Questa inclinazione è leggera ed impercettibile, infatti

essa si dimostra con accurate misurazioni. Di conseguenza la circonferenza dell'imoscapo (la

circonferenza inferiore) non è concentrica con quella del sommoscapo (superiore). La correzione

assiale del fusto della colonna degli antichi greci, è funzionale all'effetto denominato -delle linee

cadenti-. Le grandi strutture architettoniche con spigolo perfettamente perpendicolari al terreno,

suggeriscono talvolta il senso di caduta verso l'esterno. L'impercettibile correzione degli architetti

consiste proprio nel rendere inclinate verso l'interno le colonne, per farle apparire perfettamente

 perpendicolari.Percezione di figure a orientazione alterata

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 Alcuni studiosi hanno dimostrato come sia innato il senso della verticalità e della orizzontalità dello

spazio e della sua percezione. Mostrato ai bambini il disegno di un rettangolo posizionato in modo

inclinato, esso suggerisce loro di inclinare la testa per ristabilire l'ordine della percezione

ortogonale. Tranne la circonferenza e la sfera, che hanno punti tutti equidistanti rispetto al centro equindi non suggeriscono direzioni e vertici, tutte le forme geometriche semplici posseggono una

loro espressione intrinseca di orientamento.

Il rettangolo e tutte le forme aventi lati fra loro ortogonali, suggeriscono posizioni -devianti- se la

loro condizione non appare conforme allo schema cartesiano probabilmente innato e più naturale.

Anche il triangolo sembra possedere orientamenti specifici.

 Il primo triangolo sembra direzionato verso destra, per effetto della verticalità del lato, così come il

secondo invece appare incamminarsi verso l'alto. Non vi è dubbio che il terzo sia quello deviante

rispetto ai due precedenti, perché palesemente inclinato e con il vertice indicatore diretto verso il

 basso e verso sinistra.

L'orientamento di una figura può risolversi verso sensazioni di stabilità, sicurezza e di immobilità,

oppure verso disequilibrio, precarietà, mobilità.

Il triangolo con il vertice verso l'alto appare solidamente ancorato su di un ipotetico piano

orizzontale, mentre l'altro sembra possedere una posizione decisamente precaria. L'orientamento

delle figure viene influenzato dal contesto in cui sono inserite. Con una certa difficoltà riusciamo a

 percepire la perfetta configurazione verticale del segmento della figura sopra a destra.

Molti oggetti e figure che guardiamo quotidianamente e individuiamo come appartenenti alla nostra

esperienza sensibile, non vengono con altrettanta semplicità riconosciute quando varia il loro

ordinario orientamento. Non è facile, per esempio, riconoscere un volto capovolto all'ingiù, e

quando anche ci capiti di farlo non riusciremo a distinguerne l'espressione.

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 Artemisia Gentileschi dipinge il famoso -Giuditta e Oloferne- mettendo a testa all'in giù il

 personaggio maschile. Il volto di Oloferne appare pienamente espressivo soltanto se capovolgiamo

l'immagine.

E' soprattutto una questione di abitudine, di un uso invariato di oggetti e figure all'interno delloschema alto-basso o destra-sinistra. Irvin Rock (4) ha dimostrato, con una serie di esperimenti

sottoposti a numerose persone, che il riconoscimento è inversamente proporzionale all'orientamento

ruotato. Partendo dalla posizione alto basso giusta, più è inclinata una figura fino ad arrivare a

capovolgersi, meno la si riconosce. Pensiamo che già il quadrato, che ruoti di 45°, tenda ad essere

letto come un rombo.

Le forme molto conosciute e quindi profondamente interiorizzate, si prestano ugualmente ad una

facile lettura, come nel caso dell'Italia capovolta:

Quando è invece una forma meno conosciuta ad essere capovolta, allora la teoria di Rock sembramolto valida (figura sopra a destra). L'Australia capovolta non è proprio tra le figure di facile

riconoscimento. Probabilmente per un cartografo non sarebbe stata la stessa cosa. Il riconoscimento

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degli oggetti ad orientazione alterata è inversamente proporzionale al grado di rotazione ma è

direttamente proporzionale al grado di conoscenza dell'oggetto stesso e della sua interiorizzazione

come forma storica.

Multistabilità della percezione

Alcune illusioni ottiche hanno la qualità di possedere -due visioni- in forma alternata. Per capire il

senso di quanto affermato, basta osservare attentamente l'esagono regolare con le sue diagonali.

 

Basta guardarlo per un certo tempo per accorgersi che l'esagono si trasforma in cubo. Adesso per alcuni minuti osserviamo il disegno di un cubo. Il cristallografo Louis Albert Necker (5) affermò

che alcuni disegni da lui realizzati di cristalli, si prestavano all'inversione prospettica. Il cubo

 precedente può essere letto dal basso

oppure visto normalmente dall'alto. Questa inversione prospettica spontanea ha generato una teoria

che vede non la presenza di più stabili visioni, bensì una percezione che non è affatto stabile, ma

relativa, assoggettata all'inversione continua, quindi neanche instabile. La sua caratteristica viene

definita Metastabilità della percezione.

Multistabile può considerarsi anche il gioco ambiguo figura-fondo del classico esempio della coppa

 bianca su fondo nero e dei due profili umani su fondo bianco.

 

Lo psicologo Joseph Jastrow (6) propose, agli inizi del secolo, il coniglio anitra (figura sopra a

destra).

Figure impossibili

Segni vaghi potevano essere quelli che evocano in qualche modo qualcosa, ma nello stesso tempo

ricordando un'altra. Sotto questo aspetto i segni visivi vaghi possono essere plurivoci, ossia evocarediversi referenti. Segni ambigui possono essere considerati i prossimi disegni che sembrano indicare

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qualcosa, ma in realtà non hanno senso, perché gli oggetti che indicano non possono esistere. E' la

geomtria irrazionale dei Penrose (7)

 Il triangolo di L.S. Penrose e R. Penrose, citato da Richard : Gregory in AA.VV. -Illusione e realtà-

Sembra un triangolo costituito da tre bracci a forma di parallelepipedo, ma esaminandolo con

attenzione ci accorgiamo che si tratta di bracci che si dirigono uno in profondità, l'altro si dispone

 parallelo alla nostra visione, l'altro ancora sale inclinato verso l'alto. Fin qui nulla di strano, se non

fosse che l'ultimo braccio andando verso l'alto si ricongiunge irrazionalmente col primo. Con alcuni

artifici prospettici il triangolo impossibile di Penrose è stato realizzato all'incirca come segue:

 

Un altro esempio di figura impossibile

 

I tre cilindri a sinistra diventano due soltanto quando osserviamo il corpo che li unisce. Provando

con lo sguardo a percorrere il percorso dei matooni della figura a destra, ci accorgiamo che

torniamo al punto iniziale. Impossibile anche questo disegno.

Per spiegare la litografia di M. C. Escher intitolata -Cascata- bisogna specificare che in una

rappresentazione bidimensionale con visione dall'alto di un oggetto, quello che appare sul pianovicino si trova in basso nel disegno, mentre ciò che è sul piano lontano è posto in alto.

 Nel disegno della litografia Belvedere di C. M. Escher, la struttura architettonica appare

impossibile. L'acqua casca da una parte alta della struttura architettonica, poi si avvia su piani

 progressivamente lontani. per cui va verso l'alto del foglio. Ecco perché è possibile che torni a

cascare: alludendo alla profondità, si è tornati al punto di partenza.

Maurits Cornelis Escher -Cascata- 1961 (da Bruno Ernst -Lo specchio magico di Escher- ed.

Taschen pag. 89)

Lettura di testi visivi basata sulle leggi della psicologia della forma

Partendo da un esempio di una nostra composizione di elementi geometrici, ci si sposterà versoopere contemporanee di grandi artisti che si prestano facilmente alla lettura basata sulla teoria della

 percezione e sulla teoria della forma.

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 Fig. a

Il testo visivo appare composto prevalentemente da due gruppi, di cui il primo ampio e formato da

due sottogruppi. I due sottogruppi sono la composizione composta da triangolo, cerchio, segmenti,

arco di circonferenza e quadrato. Il secondo gruppo è dato dal punto nero che si distacca dal

 precedente per il principio di evidenza, per distanza, per contrasto simultaneo tonale. Proviamo a

fare dei due gruppi uno solo, spostando soltanto il disco nero e avvicinandolo al primo gruppo.

 

Fig. b

Pur restando il principio dell'evidenza ed il contrasto di tono, il punto, per vicinanza, sembra

appartenere al primo gruppo che diventa l'unico nel campo (fig. b). La composizione appare

leggermente decentrata e spostata verso sinistra.

I prossimi esempi mostrano variazioni minime all'interno della composizione che però creano

notevoli cambiamenti al livello della lettura del testo.

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 Fig. c

Il primo gruppo del testo originario (fig. a) sembra composto da due sotto-unità -o sottogruppi- di

cui una a destra, arco e quadrato, ed una a sinistra, triangolo e cerchio. Le porzioni di retta inclinate

sembrano raccordare i due sottogruppi mediante il terzo rappresentato, appunto, dai segmenti. Il

 ponte energetico di raccordo aumenta se inspessiamo le linee inclinate. Ma mentre nella figura c

sembrano sovrapposte ai due sottogruppi, nel testo originario appaiono fondersi con essi.

 Fig. d

Lo spostamento del quadrato (fig. d) ha determinato un rapporto energetico con il punto stabilendo

una linea forza verticale di caduta. Infatti mentre il sottogruppo -triangolo-cerchio- veniva unito da

linee con andamento inclinato verso l'alto al secondo sottogruppo -arco-quadrato-, ora l'ampio arco

non abbraccia più il quadrato, in quanto questo non appare inserito nell'ipotetica circonferenza che

l'arco, mostrandone una parte, suggerisce. Quindi dopo l'ascesa inclinata dei segmenti notiamo una

leggera discesa verso il quadrato e l'ultima definitiva verso il punto considerato come chiusura

energetica della composizione.

Per dare una ulteriore lettura, diversa dalle precedenti, e per accentuare la discesa verticale finale,

 basta variare di poco la composizione. Nel prossimo testo visivo (fig. e), il quadrato varia soltantodi contrasto simultaneo.

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 Fig. e

Qui il quadrato pesa sensibilmente sul disco nero, schiacciandolo nell'angolo basso a destra, mentre

la prossima figura riequilibria le energie creando un giusto rapporto di grandezze relative.

 Fig. f 

In questo caso i due punti neri sulla destra formano un gruppo non del tutto unito all'altro.

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 Fig. g

Il disco nero ingrandito (fig. g) dispone un rapporto energetico di forte contrasto con il resto della

composizione accentuando il principio di evidenza, ma il suo inevitabile avvicinamento al primo

gruppo permette il suo inserimento armonico. La composizione appare leggermente più pesante

sulla destra.

Riempiendo il cerchio sottoposto al triangolo del primo gruppo (fig. h), si stabilisce un rapporto di

somiglianza di forma e di colore tra i due dischi. Dal punto di vista energetico si evidenzia una linea

forza orizzontale che unisce i due dischi.

La linea forza orizzontale unisce in modo più evidente i due punti neri perché, nella fig. i, il disco

nero appare sovrapposto al triangolo, e quindi trovandosi sul piano vicino al fruitore, facilita la

lettura indicata.

Fig. h

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 Fig. i

 Fig. l

Le figure annerite della fig. l comunicano energie molto superiori al sottogruppo -triangolo-cerchio-

imponendosi all'occhio del ricevente e creando un certo disequilibrio destra sinistra. Altre possibili

variazioni sono ammissibili, tutte pronte a comunicare qualcosa di diverso in ragione delle relazioni

che i segni del testo visivo presentano fra loro e con il fondo.Il dipinto di Kazimir Malevic (7) presenta tre tratti neri, di grandezze diverse, che appaiono

sovrapposti ad una forma ellittica rossa. Si stabiliscono in questo modo due gruppi di segni.

Soltanto la buona forma ed il destino comune ci permettono di leggere come unici i tratti verticale e

orizzontale che formano la croce. Infatti nulla, tranne la succitata teoria gestaltica, ci impedisce di

leggere i segni della croce originati da diverse linee:

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Kazimir Malevic -Suprematismo- 1921 - 1927 e, a destra, schema dei segni

Così anche la forma ellittica:

 

A sinistra: schema del segno ellittico dell'opera di Malevic -Suprematismo- 1921-1927. A sinistra:

Malevic -Costruzione Suprematista- 1916 circa

La misurazione ottica ci permette di riconoscere i tratti verticale e orizzontale leggermente inclinati,

ossia non perfettamente ortogonali rispetto al rettangolo del fondo. Anche il braccio corto, pseudo

orizzontale, appare leggermente ruotato rispetto all'altro braccio. Il tratto sottile in basso presenta

ancora una inclinazione diversa, generando una forte instabilità al segno della croce, riconoscibile

come forma storica, che denuncia un fortissimo senso rotatorio rendendo molto dinamica la

composizione.La composizione suggerisce una unità gestaltica in applicazione della teoria della vicinanza. La

sovrapposizione delle figure determina la percezione dei piani e quindi suggerisce il senso della

 profondità. In alto leggiamo più vicina la croce gialla e su di un secondo piano la linea blu. Poi

ancora in ordine graduale dal più vicino al più lontano i rettangoli verde, nero e grigio. La buona

forma (o destino comune) ci porta a leggere un braccio inclinato giallo come unico e un secondo

come unità gestaltica che determina la forma storica della croce. Dal punto di vista dell'equilibrio, è

 possibile percepire come la figura nera e quella grigia siano molto grandi e poste nella parte alta del

campo, volte a comunicare una forte energia. Tale energia viene però sminuita dalla presenza di una

figura più chiara, gialla, e quindi più luminosa (contrasto simultaneo). Il verde, a sua volta, è più

luminoso del nero e con le figure precedenti crea una progressione di luminosità. Tra primo piano,

 piccolo e luminoso, e secondo piano, visibile solo in parte (perché appare sovrapposta la figuragialla), si realizza una forma di equilibrio. Le forme geometriche semplici diventano segni che si

affiancano, si dispongono e si sovrappongono così come le parole di un discorso incomprensibile.

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Questo perché tale doveva apparire un'opera come questa ai fruitori dell'inizio del secolo. Malevic

certamente sentiva queste relazioni dinamiche e i pesi delle figure dipinte. Ne sentiva la fatale

attrazione dovuta alla forza comunicativa che si sprigiona dalle figure stesse. Ma i suoi scritti

evidenziano anche una forma di coscienza ed una razionalità tipica dei grandi artisti. Ad un grande

artista non serve essere razionalmente cosciente di tutto il proprio modo di operare. Quello che

conta è sentire emozioni e riuscire ad esprimerle con forme nuove, con forme altamentecomunicative, come poi si è dimostrato.

Malevic -Realismo pittorico di una contadina in due dimensioni- 1915

Il livello di astrazione raggiunto in quest'opera è veramente elevato. La relazione tra il segno ed il

referente è puramente arbitraria ed è possibile soltanto grazie al titolo. Con la semplice misurazione

ottica il fruitore è spinto a pensare ad un quadrato, anche se vi è la leggera devianza dei lati che non

sono rigorosamente ortogonali. Si tende a percepire il quadrato perché la figura rimbalza

immediatamente tra la forma semplice e la forma storica gestaltici. Questo evento è determinato dal

cervello che tende a sopperire al disordine riorganizzando i bordi e pensandoli fra loro ortogonali. A

causa di questa irregolarità il rapporto figura - sfondo perde l'ambiguità tipica delle figure semplici

interne ad un campo. Così si viene spinti a percepire figura rossa su fondo bianco.Il punto come segno

Il punto geometrico è una entità adimensionale, ossia non esiste nella realtà, si può soltanto

 pensare. Quando un punto viene reso concreto disegnandolo su di un foglio di carta, acquista una

sua esistenza tridimensionale, ossia possiede un'altezza, una larghezza e una profondità (o spessore,

rilievo). Per Leonardo Da Vinci il punto è l'inizio di tutta la pittura:

• Del principio della scienza della pittura

• Il primo principio della scienza della pittura

• è il punto, il secondo è la linea, il terzo è la superficie

• il quarto è il corpo che si vesta di tal superficie• e questo quanto a quello che si finge, perché invero

• la pittura non si estende più oltre che la superficie

(1 Leonardo Da vinci Il Trattato della Pittura dal codice Urbinate, Vaticano Nochatelle)

 Nel momento in cui il punto si mostra alla nostra esperienza sensibile, allora appartiene alla sfera

dell'estetica, di ciò che appare come fenomeno puro alla percezione visiva. Pensare un punto

concreto come entità adimensionale è un'astrazione che si prende in considerazione per i fini del

discorso che si va facendo. Non è difficile intuire come l'utilizzo del punto nelle arti grafiche,

significhi indicare qualcosa che, pure apparendo come segno tangibile, pure sensibilmente percepito

 perché visibile, indica un mero pensiero. Perché il punto è il nulla significante, lo zero-infinito,

quella dimensione a metà tra il finito e l'infinito. Per Wassily Kandinsky -il punto geometrico è

l'unico legame tra silenzio e parola-(2 Wassily Kandinsky da -Punto linea e superficie- ), mentrealtrove viene definito -il suono del silenzio-(3 Wassily Kandinsky da -Punto linea e superficie-).

Come dice Leonardo da Vinci, esso è l'atto iniziale di tutte le rappresentazioni grafico visive, è un

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generante che non può essere generato, è un pensiero astratto che trasformato in ente concreto perde

la sua natura adimensionale e diventa subito solido tridimensionale. Se si considera la natura

astratta del punto, per le ragioni indicate dalla teoria della percezione e dalla Gestalt, i punti che non

esistono, che non hanno una loro esistenza immediata e sensibile, possono essere ugualmente

 percepiti come punti forza, come punti psicologicamente esistenti. Per esempio nella prospettiva

centrale tutte le linee convergono verso un punto che solitamente non viene evidenziato daidisegnatori, ma che si percepisce ugualmente con approssimazione, attraverso la capacità di

misurare otticamente le linee di fuga.

Fig. a Fig. . b

In generale due segmenti non paralleli tendono a suggerire un punto virtuale come vertice non

accessibile di un angolo (Fig. a - b). Senza l'ausilio di strumenti di misurazione, con una certa

approssimazione, possiamo individuare il luogo in cui l'infinito corrisponde ad un punto. E non è

forse anche l'infinito senza dimensioni? La concezione geometrico spaziale astratta del punto

coincide con la sua rispettiva posizione temporale, perché il punto è la dimensione più breve del

tempo. Allora la dimensione temporale del punto è il Presente che, come dicevano già i greci, è

immediatamente musicale subito passato, irreversibilmente in moto, incessante divenire.

 Nel linguaggio musicale può essere assimilato alla pausa del pentagramma:

 L'assenza del suono è estremamente significativa e caratterizzante delle due frasi musicali. Anche in

 pittura il punto è stato presentato sia sotto forma concreta e visibile che come pausa significativa,

ossia come assenza di qualsiasi forma di segno. Ad esempio Kasimir Malevic nel secondo decennio

di questo secolo ha dipinto una tela ponendovi un grande disco nero, che possiamo interpretare

anche come un enorme punto, o soltanto come un punto microscopico ingrandito. Il dipinto

 presenta un disco nero in posizione decentrata. Noi sappiamo che un punto, posto al centro di un

campo, presenta una situazione statico/dinamica. Anche se questo può risultare soggettivo, è

 proprio il decentramento che evidenzia come il disco (punto nel campo) acquisti il senso

comunicativo di figura e il bianco di sfondo. Il punto viene generalmente percepito come libero di

muoversi nel campo ma, in questo caso, la grandezza del disco e il ridotto spazio di fondo

ostacolano il movimento stesso. Se il disco possiede delle tensioni dinamiche, ossia delle linee forzache gli permettono di muoversi liberamente nel recinto dello sfondo, così lo sfondo possiede

controtensioni che tentano di limitare la libertà di movimento della figura. In questo libero

contrasto, in questo gareggiare di forze interiori risiede la bellezza e la forza comunicativa

dell'opera maleviciana. Nel medesimo periodo, probabilmente dopo alcuni anni dal -Cerchio nero-,

l'artista dipinge una tela di bianco, ossia mette -Bianco su Bianco-. Il significato è evidente: l'opera

si pone come rottura con il passato (la pittura tradizionale) e, nello stesso tempo, in quel bianco

fondo sono presenti infiniti punti, linee e superfici. Il quadro si pone come pausa significativa nella

enorme sinfonia della produzione pittorica di tutti i tempi. Il dipinto di Malevic è un grande spazio

vuoto, ma nello stesso tempo pieno di entità pensabili, concrete solo nella nostra immaginazione,

attive come pulsioni dinamiche interne, ma per questo esclusivamente soggettive. Sulla tela bianca

sono presenti infiniti punti, oppure essa stessa è un punto solo. Se il punto, insieme al dipinto, è

tutto e nulla, se può essere una pausa musicale, una stasi verbale, allora sostituisce tante frasi non

dette, tanti suoni e melodie non emessi, i sogni e i numeri, o qualsiasi cosa possa essere immaginato

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o desiderato. -Bianco su Bianco- di Malevic può essere definito una rappresentazione concreta di

una entità adimensionale, quindi essenzialmente astratta.

Malevic -Cerchio nero- 1923

Altrettanto caratterizzante è il punto anche nelle frasi verbali:

1) Al tramonto provo nostalgia e penso al giorno trascorso.

2) Al tramonto provo nostalgia. E penso al giorno trascorso (.)

Valore espressivo del segno punto

Il punto concreto, in arte o in generale nella comunicazione visiva, può variare per 1) grandezza, 2) per forma, 3) per colore-pieno/vuoto.

1) Le variazioni di grandezza, di forma e di colore/pieno/vuoto del punto sono importantissime per 

il suo valore comunicativo. Vediamo il valore espressivo del punto in funzione della sua grandezza:

Ci si rende subito conto come il punto concreto sia immediatamente ambiguo con la superficie.

Mentre nel disegno in alto a sinistra viene percepito come punto, mano mano che si ingrandisce

diventa sempre più percepito come superficie. Il valore, ossia la forza comunicativa di un punto

concreto varia col variare della sua grandezza relativa in rapporto al campo che lo contiene. Le

forze interne del campo sono inversamente proporzionali alla quantità di segni in esso inseriti edirettamente proporzionali alla grandezza degli elementi geometrici in esso contenuti.

 In questa figura, che ricorda l'opera di Malevic, la grandezza del punto, ormai diventato superficie,

s'impone rispetto al campo che si ritira in disparte, assumendo un ruolo secondario, a causa della

grandezza.

Consideriamo il dipinto di K. Malevic -Bianco su Bianco-. E' ora più semplice comprendere come

la mancanza di qualsiasi segno visivo, disponga il campo ad assumere il ruolo principale della

comunicazione, evidenziando tutte le energie a disposizione, tutte le controtensioni che agiscono

senza entrare in opposizione con quelle che qualsiasi segno, inevitabilmente, possiede. Il quadrato

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che appare vagamente nell'immgine deriva dall'ossidazione differente di un tipo di bianco rispetto

allo sfondo per il quale è stato utilizzato un bianco con una formula chimica diversa.

Valida la norma proporzionale, la massima possibilità espressiva del campo corrisponde all'assenza

totale di segni. Possiamo affermare che la pura essenza delle controtensioni energetiche di un

campo si realizzano nel supremo suo apparire quando scompaiono quegli elementi, segni autonomi,

 puri significanti, che essenzialmente lo riducono, ossia lo sottomettono, a mero supporto del testovisivo. Quando lo umiliano costringendolo a diventare semplice canale. L'assenza estrema delle

energie interne del campo, le sue controtensioni, il loro annientamento, si realizza quando si crea un

tipo di rapporto ambiguo figura fondo, perché ogni parte di piano emerge, anche se in modo

alternato, come figura.

2) In quanto facilmente disponibile a palesarsi ambiguamente come superficie, ogni punto possiede

una sua configurazione esterna:

 Proviamo a realizzare dei minuscoli punti con la penna e a fotografarli con un obiettivo munito di

una forte lente d'ingrandimento. Nella stampa opereremo un forte ingrandimento ed il massimo

contrasto: vedremo, in questo modo, le varie ed infinite configurazioni esterne che questi punti

concreti posseggono. Nel nostro discorso, l'uso della forma circolare è relativa ad una riduzione

energetica, una semplificazione che intende ricordarne l'origine e la natura astratta.

3) Anche il colore del punto, o il suo presentarsi di una tinta contrapposta a quella del fondo

influisce sul processo di significazione realizzato dal ricevente.

La sequenza di punti con colore diverso o opposto a quello del fondo, è certamente più forte della

sequenza di punti delimitati da una semplice linea di contorno.

Relazioni tra punti uguali

I punti sono stati utilizzati nell'arte in modi differenti, tra i quali anche in 1) sequenza ordinata

oppure 2) relazione disordinata.

I punti disposti in sequenza ordinata, possono avere diversi tipi di ordine:

ordine traslatosu linea retta 

su linea spezzata

 su linea curva

su linea mista

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 ordine superficiale

 relazione disordinata.

Relazioni tra punti diseguali

Relazioni ordinate tra punti diseguali per grandezza

 

Relazioni ordinate tra punti diseguali per forma (fig. sopra a destra)

Relazioni ordinate (alterne) tra punti diseguali per colore-pieno/vuoto

 

Relazioni ordinate tra punti diseguali per colore-pieno/vuoto e per grandezza

 Relazioni ordinate tra punti diseguali per colore-pieno/vuoto e per forma (sotto a sinistra)

 

Relazioni ordinate tra punti diseguali per grandezza e per forma (sotto a destra)

 Relazioni disordinate tra punti diseguali per grandezza, per forma e per colore-pieno/vuoto, con

raduno verso il centro (sotto a sinistra).

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Relazioni disordinate tra punti diseguali per grandezza, per forma e per colore-pieno/vuoto e raduno

verso il bordo (sopra a destra).

Variazioni di Grandezza, forma e colore

La variazione della grandezza, del colore o della forma trasformano il significato che i segni/punti

comunicano. La somiglianza dei punti permetteva una fortissima relazione dinamica dicongiunzione. Ora che invece vi è una certa diversità, la linea forza è minore, il gruppo gestaltico

tende più facilmente a scindersi in due.

In tutti e tre i casi sopra esposti si presenta un certo disequilibrio determinato dalla mancanza di

somiglianza e dalla disposizione simmetrica destra sinistra. Si tenga presente la seguente semplice

regola percettiva: con l'aumentare del contrasto cromatico o tonale tra segno e campo, aumenta la

forza del segno, così come il suo distacco lo spinge avanti verso il fruitore. Conseguentemente il

segno cromaticamente o talmente vicino al fondo, tende a restarvi incollato e a mantenere una certa

distanza dall'osservatore.

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 Il segno nero è quello percettivamente più forte, e non a causa della sua posizione, ma soltanto per il

contrasto simultaneo con il fondo.

Fig. a - b - c - d

La situazione segnica del disegno a sinistra (fig. a) si presenta alquanto squilibrata. Il segno più

grande è vagante, soggetto a dinamismi ottusi e goffi causati dalla grandezza. Esso comunque vince

sulle controtensioni del campo, mentre il punto piccolo subisce il grande e appare come schiacciatodalla sua forza comunicativa e dal suo senso di discesa. Il senso di conflittualità tra i due segni è

altissimo, alimentato dalla vicinanza, e questo produce una diminuzione di tensione lineare di

congiunzione al punto di annullarla del tutto. Entrambi sospesi nel vuoto, perché non posizionati in

 basso, tendono a muoversi in modo non del tutto libero, in quanto il segno piccolo tende a gravitare

sempre intorno al grande, e subisce l'influenza dei movimenti virtuali del dominante.

La variante proposta sopra al centro (Fig. b), si differenzia dalla precedente per la distanza tra i

 punti. Il piccolo possiede una maggiore autonomia, e perciò si stabilisce una leggera tensione

dinamica di congiunzione. In qualsiasi caso il punto grande pesa nel campo, suggerendo forti

dinamismi di discesa, mentre il punto piccolo, perché posto in basso a destra, si qualifica come in

una posizione abbastanza statica.

Con il punto grande posto in basso, la composizione della figura sopra a destra riportata (fig. c) si fa più equilibrata. Il peso del punto grande è svanito perché sembra appoggiare su di una ipotetica

linea di terra, e il segno piccolo, in alto, in posizione abbastanza dinamica, possiede abbastanza

spazio per i suoi dinamismi. Si stabilisce una debole linea forza di congiunzione inclinata orientata

da sinistra verso destra e dal basso verso l'alto.

Il caso precedente ribaltato specularmente (figura d), dispone un maggiore senso di riposo, perché il

 punto forte è nella posizione di estrema staticità. La debole linea forza che si stabilisce per unire i

due punti è facilitata dalla direzione che va dall'alto verso il basso, e da sinistra verso destra. Se la

diagonale precedente poteva essere definita drammatica, perché partendo dal basso doveva superare

gli ostacoli che il peso della parte alta del campo propone, questa infonde un senso di libero

scorrimento, di tendenza alla diminuzione energetica propria dell'entropia della scienza fisica.

Infine la situazione visiva sopra riportata si presenta occlusa, povera di possibilità dinamiche. Il

campo è dominato dal punto grande anch'esso, però, costretto all'interno delle linee di bordo. E'

annullata la relazione di congiunzione energetica tra i punti. I due segni vivono in modo quasi del

tutto autonomo. Il piccolo può permettersi un certo movimento virtuale nello spazio ristretto che gli

viene concesso, il grande può soltanto spostarsi sulla destra o, soltanto in modo secondario,

forzando il contenitore e uscendone. Il peso del segno è grande e fastidioso, oppressivo. Al suo

interno si agitano le forze tipiche delle superfici, riassunte secondo uno scheletro strutturale ormainoto. Il punto è diventato talmente grande da possedere linee forza sue proprie interne, cosa che

soltanto in modo marginale possedeva nei casi precedenti. La forza energetica interna del punto è

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direttamente proporzionale alla sua grandezza, ossia al suo entrare, in modo ambiguo, in

competizione con la superficie.

Espressioni esterne: il punto in rapporto con il fondo

Secondo il principio enunciato, per il quale il segno tende a muoversi verso gli spazi vuoti e quindidisponibili del campo, possiamo distinguere tensioni dinamiche forti (indicate con linea continua

doppia) e deboli (indicate con linea continua sottile).

Prima situazione

Le linee forza, o tensioni dinamiche, sono fortissime verso il basso, verso destra e obliquamente

verso il basso a destra

 L'assedio delle controtensioni (le linee tratteggiate nel prossimo disegno) interne al campo, non

riescono a tenere bloccato il punto.

Le controtensioni più forti sono inverse rispetto alle tensioni del punto. E' possibile stabilire la leggeseguente: la potenza di una linea forza è direttamente proporzionale alla lunghezza. In questo caso

nella brevità della linea forza poste in alto e a sinistra consiste la loro bassa energia, che coincide

con alta energia delle controtensioni. Questo perché la linea di bordo del campo funziona come

respingente, come bordo di contenimento che respinge verso l'interno. Il campo si comporta come

una fortissima unità gestaltica, e tutto ciò che vi si trova all'interno tende ad essere letto come

appartenente in modo univoco ad esso, legato al suo destino, ed il punto difficilmente viene

 percepito come tendente a uscirne. Se consideriamo come campo un foglio di carta, appoggiato su

di un tavolo, e usiamo un cartoncino nero circolare come punto, chiedendo a chicchessia di

-posizionarlo liberamente- possiamo facilmente dimostrare quanto sopra. Sarà molto difficile che

qualcuno lo ponga sul bordo, o a metà o del tutto fuori da esso. Le linee di contorno contengono

energie respingenti verso l'interno, che allontanano gli elementi contenuti. In qualsiasi caso sistabilisce sempre una conflittualità tra tensioni dinamiche del segno e controtensioni del fondo. Qui

le forze in conflitto si risolvono a favore del punto, libero di dirigersi - approssimativamente -

lungo le linee forza indicate.

La vittoria del punto appare schiacciate, nelle linee forza che dispongono uguale lunghezza tra

tensioni e controtensioni, perché sembra subentrare la teoria del peso: un segno posto in alto nel

campo viene percepito come -pesante- perché sospeso, disponibile perciò a scendere verso il basso

 per giacere su di una ipotetica linea di terra o su di un ipotetico piano orizzontale. Infatti è possibile

che si verifichi nei disegni infantili, che i segni siano posti come -appoggiati- sul bordo orizzontale

inferiore del foglio di carta.

 Nel disegno di un bambino la linea orizzontale del bordo del foglio da disegno, indica la linea di

terra e nulla si vuole considerare al disotto, perché non si considera uno spazio sottoterra. Il bordo

gestaltico in basso è fortemente conclusivo. Delimita un dentro ed un fuori nel senso di un sopra e

un sotto. Ciò che conta è dentro. Il bordo respinge fuori e annulla ciò che non si vuole disegnare.

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 Nel punto posto nel campo come nel nostro caso, il bordo che funziona da respingente impedisce, in

qualche modo, la lettura del punto che sale verso l'alto, che si diriga verso il vertice alto a sinistra

del campo, oppure che si dirga verso sinistra. Possiamo affermare che in questo caso le contro-

tensioni proprie del bordo sono energeticamente più forti di quelle delle possibili linee forza di

movimento del punto.

 Seconda situazione

Il punto si trova in alto a destra del campo. Non sembra ci siano notevoli differenze rispetto al caso

 precedente, tranne le opposte tensioni e controtensioni. Alcuni psicologi della gestalt vedono questa

 posizione leggermente meno energetica della precedente, perché l'abitudine degli occidentali di

leggere da sinistra verso destra è tale da rendere più energetiche le linee forza che vanno da sinistra

verso destra, che non piuttosto il contrario. Ma questa influenza dell'abitudine sulla nostra

 percezione non può essere considerata che geograficamente limitata. Il possibile posizionarsi del

 punto verso la parte destra e alta del campo, segue la medesima sorte del punto precedente. Questo

 perché il bordo funziona da respingente, e lo spazio è minimo per dare forza alle tensioni

dinamiche. Considerato che le controtensioni sono invece molto forti, il punto viene percepito

tendenzialmente disponibile a rivolgersi verso il basso prima, a causa del -peso-, e orizzontalmente,

 poi, verso sinistra.

Terza situazione

 Il punto nero, in quanto posto in basso nel campo, suggerisce un certo riposo ed una certa staticità

 perché appare giacente su di un ipotetico e psicologico piano orizzontale. Con una certa difficoltà

tende a produrre tensioni dinamiche ascendenti, perché questa volta è lo spazio vuoto del fondo che,

soprastante, gli pesa in modo da confinarlo in basso. In questo caso non si vuole escludergli la

 possibilità dinamica di vagare libero nel campo primariamente seguendo le sue linee forza, si vuole

soltanto dire che le controtensioni del campo, ora, sono più forti delle controtensioni che cercavanodi bloccare il punto fermo nella parte alta come nei casi precedenti. Anche in questo caso il conflitto

tra tensioni e controtensioni dinamiche si risolve a vantaggio del punto, ma la vittoria non è facile

come nei precedenti esempi. La posizione a sinistra del campo gli conferisce un'ascesa obliqua,

verso l'angolo alto a destra, molto forte e dinamica. Direzioni tendenzialmente assenti o del tutto

negate sono quelle verso sinistra e verso il basso.

Quarta situazione

Tra i quattro casi, quest'ultimo appare come il meno dinamico, il più legato alla sua posizione

visibile, quello che suggerisce maggiormente uno stato di riposo. Influenzati dalla lettura della

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scrittura da sinistra verso destra, percepiamo il punto come in posizione tendenzialmente statica,

come se avesse già percorso le linee forza orizzontale da sinistra verso destra o obliqua dall'alto a

sinistra all'attuale posizione in basso a destra. Sembra che sia il punto in chiusura del campo, come

la parola fine di un film o il punto finale di una pagina di romanzo. Soltanto con grande sforzo

tende a tornare verso sinistra, donde sembra, invece, che provenga. E con identico grande sforzo

sembra dirigersi verticalmente verso l'alto e obliquamente verso la zona alta a sinistra.Situazioni intermedie

Prendiamo in considerazione solo i casi più rappresentativi. Se dividiamo lo spazio del fondo in

quattro parti uguali, come nella prossima figura,

 possiamo, per approssimazione, percepire il punto come disponibile a seguire le linee forza indicate

 precedentemente, senza variazioni sostanziali, perché posto all'interno di uno delle quattro zone

delimitate, che possono essere indicate con cerchi o ellissi e che si definiscono cerchi di influenza.

Le aree d'influenza sono parti del campo visivo all'interno delle quali i segni visivi, nel nostro caso

il punto, si comportano approssimativamente nello nello stesso modo. Ciò significa che se i segni si

trovano all'interno della zona circoscritta del campo, ossia all'interno del cerchio di influenza, essi

tendono ad agire - con una certa quanto doverosa approssimazione - in modo simile, come legati da

un medesimo destino comportamentale di forze dinamiche.

Due punti nel campo

Entrambe le posizioni del punto si presentano assimilabili a casi analizzati. Per dimostrarlo basta

inserire le linee dello scheletro strutturale che dividono il campo in quattro zone.

 Il punto tendenzialmente centrale dell'esempio a sinistra tende a dirigersi con maggior forza verso

sinistra e obliquamente verso il basso. In questo modo esso può tendere a raggiungere il centro che

 possiamo definire un forte attrattore di segni in quanto caratterizzato da una fortissima energia.

Inoltre il punto può anche essere letto come disponibile a completare la sua discesa verticale verso il

 basso per guadagnare una posizione maggiormente statica. Il secondo caso presenta un punto

anch'esso assimilabile, per la posizione, ai casi precedenti. Anche in questo caso non va trascuratauna lettura dinamicamente diretta verso la parte destra del fondo, per permettergli di raggiungere la

sua posizione di maggiore stasi.

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Situazioni intermedie importanti del punto sono le seguenti:

 

 Nelle pagine pubblicitarie, il marchio può essere disposto come negli ultimi due esempi.

Il primo suggerisce una priorità rispetto al contenuto della pagina, si evidenzia come -presentatore-

 proprio perché anticipa, nella lettura dall'alto in basso, il messaggio. In alcuni casi viene

accompagnato da un secondo richiamo alla ditta che si pubblicizza:

 

Il caso in cui il marchio, punto in evidenza, sia posto in basso al centro, suggerisce una chiusura

della comunicazione dopo l'invio del messaggio, ed una forma di alto equilibrio destra/sinistra, un

modello di armonica stasi e controllato riposo.

La posizione del punto centrale solitamente viene definita statico/dinamica, in quanto le quantità di

energie delle tensioni e delle controtensioni si possono considerare uguali. Il conflitto fra figura e

fondo in questo caso non si risolve a favore ne dell'uno nè dell'altro, e si possono considerare in

condizione di parità energetica, con quantità di forze dinamiche uguali a controtensioni staticizzanti.Tre punti nel campo

E' implicito che con l'aumentare delle entità geometriche presenti nel campo si rendano più

complesse le energie che entrano in azione, impoverendo di valore il fondo. Tre o più punti non

allineati creano una tensione psicologica che si configura come superficie virtuale.

 Tale figura virtuale risulta molto forte perché aggiunge alle tensioni che determinano la formazione

della superficie triangolare quelle della semplicità, del riconoscimento del triangolo in quanto

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isoscele, dell'equilibrio e della spiccata simmetria. Infatti il punto in alto è centrale e invita a

 percepire un'asse di simmetria che, scendendo verticalmente, finisce col ritrovarsi punto medio

della tensione orizzontale. La carica energetica del triangolo è tanto forte da tendere ad escludere, se

non del tutto certamente in gran parte, altre disponibilità energetiche. Il campo zittisce

 premurosamente, non interviene che in forma secondaria, quasi trascurabile.

Affatto diversa quest'altra situazione. Il triangolo è irregolare, occupa lo spazio centrale ma non

impedisce allo sfondo di contrapporsi in modo rotatorio.

 La disposizione molto particolare dei punti consiglia una duplice lettura: quella ovvia del triangoloirregolare, ma anche quella della linea spezzata. La posizione bassa le conferisce una certa staticità

ma anche un drammatico svolgimento causato proprio dall'angolo ottuso che forma la linea

spezzata.

Altri casi significativi

 

Variazioni di grandezza e tono

Il disegno con i punti posti in modo antropomorfico, in qualche modo conserva ancora il valore di

triangolazione superficiale. Nel disegno a destra, invece, le variazioni di grandezza su tutti e tre i

 punti determina una forte autonomia degli elementi geometrici stessi.

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Quattro o più punti

Quattro o più punti tendono anch'essi a configurarsi come vertici di figure geometriche piane, siano

esse regolari che irregolari. Ciò non toglie che si possano costituire casi ambigui che tendono ad

annullare la percezione della superficie:

 In questi esempi la vicinanza gioca a sfavore della costituzione della lettura superficiale.

 

In questi ultimi, invece, si stabilisce un tipo di dinamismo incrociato a causa della somiglianza, delcontrasto simultaneo e del principio di evidenza. Soltanto in un secondo momento, proprio a causa

di queste tensioni ad incrocio dei segni, si perviene alla lettura della superficie.

 Una molteplicità di punti è stata utilizzata più volte nell'arte e col fine di stabilire un piano di

comunicazione tra emittente e ricevente. Gli ultimi due disegni mettono in evidenza un uso di punti

non disuguali, ordinati, traslati su asse orizzontale e verticale. Si possono leggere facilmente come

 punti che organizzano la superficie e le conferiscono un significato sicuramente diverso dai

 precedenti.

Il punto nell'arte

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 Gli artisti Impressionisti sono rimasti famosi nella storia dell'arte perché, fra le altre cose, hanno

cambiato il modo di stendere il colore sulla tela. Vincent Van Gogh degli ultimi anni ne è un chiaro

esempio. Sviluppa la pennellata sulla tela quasi come un mosaicista incolla una tessera accanto ad

un'altra. Sia le pennellate di Van Gogh che le tessere di un mosaico possono essere considerati puntidi colore calibrati al punto da formare segni visivi rassomiglianti, in qualche modo, al referente.

 

Da sinistra a destra: a) Vincent Van Gogh ; b) Mosaico romano

Con il secondo impressionismo di George Seurat e di Umberto Boccioni, si utilizza una tecnica

 pittorica ancora più parcellizzata. Questa volta non si tratta di pennellate larghe accostate sulla tela,

come quelle di Vam Gogh, bensì di punti realizzati col pennello, a forma pseudocircolare o sotto

forma di piccole virgolette. Altre volte i punti, piccoli tratti ancora di pennello a punta fine,

vengono ammassati per campire il l'area del dipinto.

 Nell'arte contemporanea astratta, invece, possiamo annoverare tra i più famosi artisti Enrico

Castellani che sembra alludere al punto attraverso una tridimensionalità candida. I fori nelle tele e

nella pasta pittorica di Lucio Fontana, invece, sono allusioni all'adimensionalità del punto. Infatticosa può meglio di uno spazio vuoto - il foro - indicare un'entità che non ha dimensioni?

Certamente non è facile comprendere la produzione artistica del '900, ma se ci sforziamo di

inventare dei significati possibili delle opere abbiamo già fatto un passo avanti rispetto alla fredda

staticità del primo impatto che ci spinge verso il rifiuto di capire e di fruire esteticamente. Un

secondo passo consiste nel riuscire a vedere la produzione artistica del '900 come nuova

decorazione e quindi come insieme di opere che possono sollecitare il nostro gusto ed il piacere

ornamentale.

Da sinistra a destra: c) Umberto Boccioni -Citta che sale- (da Briganti Bertelli Giuliano, vol. IV pag

306 ed. Electa Mondadori 1988); d) George Seurat: -Un pomeriggio di domenica al Grande Jatte-,

tratto da La linea Analitica dell'arte moderna, di Filiberto Menna, illustrazione I delle tavole dopo

 pag. 114 Einaudi editore. e) Enrico Castellani

 

A sinistra: Lucio Fontana -Concetto spaziale; a destra: Lucio Fontana -Buchi-

Linea concreta ed astratta

La punta di una penna determina sul foglio un segno grafico che è il punto concreto. Facendo

muovere la penna, ossia muovendo il punto, si ottiene una linea. La linea si può considerare latraccia di un punto in movimento. La linea è un movimento realmente avvenuto, ormai già passato.

E' l'insieme di infiniti punti -congelati- durante il movimento. Essendo composta da punti allineati é

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un'entità geometrica astratta. Anche il segmento, che è una porzione di retta con un punto iniziale

ed uno finale, contiene infiniti punti. Come può uno spazio finito contenere infiniti punti? La

risposta sta nel fatto che il punto è adimensionale. La linea è un elemento geometrico ad una

dimensione: la lunghezza. Ma siamo ancora all'interno di una regione astratta. Come può esistere, se

non nel pensiero, un oggetto che abbia una sola dimensione? Al concetto astratto di segmento si

aggiunge quello di linea retta. Una retta non si può disegnare per due semplici motivi: il primo è cheuna linea concreta fatta, per esempio, con una penna su di un foglio, è già un elemento

tridimensionale; il secondo motivo risiede nel fatto che la retta è per postulato una linea di

lunghezza infinta. E nessuna mano umana potrebbe realizzare una linea che non abbia mai fine.

Piero Manzoni ha realizzato un'opera d'arte che consiste in questo: un oggetto cilindrico, che ricorda

un contenitore, ha impressa sull'etichetta la seguente frase: -Contiene una linea di lunghezza

infinita-.

Piero Manzoni - Contiene una linea di lunghezza infinita-; Umberto Boccioni -Forme uniche nella

continuità dello spazio-

Se il cilindretto fosse uno spazio cavo, se come una lattina di aranciata si potesse aprire e guardare

all'interno, si mostrerebbe vuoto del tutto, ma pronto a riempirsi della linea di lunghezza infinita

indicata dall'etichetta. La lunghezza infinita di una linea non è concretizzabile, per cui il contenitore

vuoto si riempie soltanto se lo si immagina contenente la linea in questione. Se penso alla linea del

 bordo del tavolo rettangolare, se osservo lo spigolo sullo sfondo del pavimento, penso subito ad unalinea di separazione tra spazio pieno, lo spigolo del tavolo, e spazio vuoto, il vuoto che ha per 

fondale il pavimento. Sono indotto ad immaginare, allora, che esiste un punto in cui il legno del

tavolo finisce ed un punto immediatamente successivo che è non legno, ossia il vuoto. Problema: se

il punto non ha dimensioni, come è possibile che esista realmente un punto estremo dello spigolo di

legno e uno immediatamente successivo già irrimediabilmente vuoto? Ossia come posso

immaginare concreta e quantificare questa separazione se il punto per sua natura non ha

dimensioni?

Umberto Boccioni rifletteva su questo dualismo insuperabile dello spazio e del suo rimbalzare

infinto tra astratto e concreto.

Il modellato plastico della scultura si presenta ricco di spazi pieni pesanti che suggeriscono il senso

della massa e del volume. Ma queste masse arrotondante, composte da linee molto agitate, da

superfici che si compenetrano l'una nell'altra, che mostrano il movimento pluridirezionale del

 punto, convergono verso spazi ristretti con punte arrotondate, verso quelle aree di separazione tra

spazio pieno e vuoto che non possono essere, in quanto punti adimensionali, assoggettati

all'esperienza sensibile. Ecco il perché della continuità dello spazio. Si tratta di continuità tra spazio

 pieno e vuoto, evidenziata da linee molto dinamiche e superfici che racchiudono una forma che,

essa soltanto, può indicare sensibilmente il passaggio dalla materia al nulla. La forma viene

considerata come anello di congiunzione tra concreto e astratto, tra materia e spirito, unica

 possibilità della materia di mostrare anche la sua consistenza incorporea.

La linea come linea di forza

Immaginiamo un punto -P- come una palla da biliardo spinta da una forza -F- in una direzione -D-:

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Ogni forza spinge il punto lungo una sola direzione. Se nel movimento di un punto subentra una

seconda forza avente una direzione differente, allora avremo una linea spezzata:

Una serie di forze che subentrano repentinamente l'una nell'altra, si configurano come una spezzatacomplessa.

Questo tipo di linea si può definire aspra, dura, drammatica, perché possiede spigoli vivi,

cambiamenti improvvisi e bruschi di direzione.

In una linea curva ci sono, invece, infinite forze che agiscono sugli infiniti punti, che subentrano

l'una nell'altra con intensità progressiva, con dolcezza, con compromesso. A seconda dell'energia

impressa ad ogni singola forza, si possono presentare diverse ampiezze delle linee curve.

 

Vediamo una rappresentazione -approssimativa- delle forze che concorrono a determinare una

curva, e una linea mista che presenta cambiamenti sia repentini che progressivi di direzione:

 

Espressioni interne

La morte del punto, la sua negazione, consiste nella rottura della stasi a cui soggiace per 

trasformarsi in movimento. Le qualità comunicative della linea scaturiscono dalla sua lunghezza,

dalla sua grandezza relativa e dal suo andamento.

La lunghezza

 Una linea lunga sembra possedere una intensità della forza che spinge il punto iniziale superiore ad

una breve, che sembra scarsamente dotata di carica energetica, di potere comunicativo.

Ossia AB possiede energia sua interna e comunicativa superiore a CD. AB > CD

La grandezza relativa

 

Come spiegato altrove, per effetto del contrasto simultaneo e del principio di evidenza, l'energiacomunicativa è direttamente proporzionale alla grandezza: la forza comunicativa di una linea

concreta varia col variare della sua grandezza relativa in rapporto al campo che la contiene. Le forze

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interne del campo sono inversamente proporzionali alla quantità e alla grandezza degli elementi

geometrici in esso contenuti.

Immaginiamo due rette con spessore differente:

 

In questo caso la retta che ha maggiore forza comunicativa è quella CD, perché lo spessore la

evidenzia con chiarezza sul fondo bianco. La grandezza, come per il punto, mette la linea in

ambiguità con la superficie. Guardiamo le due linee adagiate su due campi neutri minimi e poi

ingrandiamo le figure ottenute. Nel rapporto figura fondo si distinguono enormemente e quella

doppia tende ad entrare in conflitto ambiguo con la supericie.

La linea orizzontale sottile divide il campo in due parti con discrezione, senza manifestazioni

esagerate. La linea ancora più spessa si impone chiassosamente e aumenta la separazione tra figura

e fondo.

Andamento nel campo

Una linea libera di vagare nel campo possiede una energia comunicativa altissima, soprattutto se,

come la precedente, si inspessisce a sottolineare curve, salite conflittuali o discese velocissime.

Una linea retta è meno carica energeticamente di una spezzata, o curva o mista. Ma non per questoviene percepita dopo le altre, perché è molto semplice.

L'andamento può apparire diverso in relazione al campo.

Vediamo alcuni casi:

 Figure: 1 2 3 4

Fig. 1: Andamento inclinato faticoso e appesantito dalla salita, abbastanza scorrevole perché verso

destra. Ad una lettura inversa, meno probabile, la discesa verso sinistra si propone come tentativo diterminare in una situazione in cui il punto mosso gode di una certa staticità. Essa divide lo spazio

del fondo in due porzioni triangolari.

Fig. 2: Andamento velocissimo, facilitato dalla discesa nella dimostrazione principale che va da

sinistra verso destra e dall'alto verso il basso. Il punto che esegue la linea raggiunge una posizione

di staticità e riposo estremi. Lo spazio del fondo anche in questo caso viene frazionato in due parti

quasi triangolari.

Il ritmo di linee scure verticali con andamento sequenziale orizzontale, distrugge la rettangolarità

orizzontalmente allungata del campo. Situazione di antitesi tra segni e campo.

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In questo altro caso l'andamento orizzontale delle linee scure ribadisce e addirittura accentua la

rettangolarità allungata, ordinando un tipico esempio di segni in sintesi direzionale con il fondo.

Esempi tratti dalla storia dell'Arte

 

 Nella cattedrale di Siena del XIII sec. i pilastri - la cui verticalità appare moderata rispetto aicorrispettivi gotici europei - presentano un rivestimento dicromo di fasce orizzontali,

alternativamente una chiara ed una cura.

Cattedrale di Siena, interno; Mosaico -Teoria delle vergini- S: Apollinare Nuovo, Ravenna

Daniel Buren

Questo motivo decorativo smorza la verticalità dei pilastri, contrapponendo una orizzontalità

ascendente, un ritmo ordinato alternato di elementi orizzontali con andamento verticale. A Ravenna

nella basilica di S. Apollinare Nuovo, nello spazio della parete interposto tra la fila in alto delle

finestre e i sottostanti archi a tutto sesto, un mosaico del VI sec. mostra una fila ordinata di vergini

che recano in mano corone.

L'opera musiva della -Teoria delle Vergini- del VI sec. rappresenta chiaramente il rapporto

antitetico tra segni verticali, le figure femminili, e spazio rettangolare fortemente allungato in

orizzontale. Anche in questo esempio, possiamo riscontrare un certo rallentamento dello

scorrimento orizzontale, a causa del lento ma ordinato profilarsi di figure umane in piedi, quindi in

 posizione verticale.Daniel Buren, artista contemporaneo francese, utilizza bande alternate bicrome dipinte in acrilico su

tele di diverse forme, oppure riveste pareti, o porzioni di esse o, ancora, fa realizzare vele per 

 barche. Quando le bande si configurano linearmente rallentano il percorso attuando un ritmo

ordinato alternato:

 

Quando invece la lunghezza dell'andamento ritmico non prevale sulla lunghezza delle bande stesse

(disegno a destra), allora il lineare attivo si trasforma in superficie.Una forma di sintesi tra elementi architettonici e fenomeni di psicologia della percezione, sono

 presenti nelle raccomandazioni di un noto architetto romano del I se. a.C.: Vitruvio. Questi

consiglia l'uso della colonna dorica, dall'aspetto forte e possente, nei piani terreni degli edifici. Per il

 piano successivo, suggerisce l'uso dell'ordine ionico, perché di media robustezza, mentre per il

 piano più alto dovrebbe essere utilizzato l'ordine architettonico corinzio, perché appare il più

leggero e slanciato di tutti. La sintesi tra uso ordinato degli stili e percezione della pesantezza della

 parte alta di un edificio, evidenziano sia la raffinata e attenta sensibilità dell'architetto ai problemi

della teoria della percezione, sia la giustezza del discorso che si va realizzando.

Relazioni di grandezza

 Il rapporto con il fondo varia in ragione della grandezza del segno. La grandezza esagerata del

 punto gli impediva tensioni dinamiche forti. Anche le linee abbiamo presentato erano abbastanza

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lunghe rispetto al campo di fondo. Ora, ingrandendo del doppio diagonale il campo, osserviamo

alcune possibilità dinamiche.

Le tensioni dinamiche della linea nel campo sono superiori a quella compressa in un campo di

dimensioni inferiori. Ora si riscontra anche la tendenza a seguire la sua naturale traiettoria verso

l'alto, cosa che prima le era impedito dalla vicinanza e dalla forza respingente del bordo del campo.

Vediamo una situazione analoga alla precedente (sopra, a destra), con inversione direzionale delle

tensioni dinamiche. La grande discesa inclinata del punto in moto che determina la linea continua la

sua corsa per raggiungere il vertice del campo con maggiore staticità.

Controtensioni di una linea ad andamento libero.

Linea con spessore variabile, tendenzialmente in ascesa nella prima parte e in forte discesa nella

seconda. Si percepisce il senso del movimento realizzato dal punto, la sua grande potenza

comunicativa, la ricchezza energetica del fondo che sembra avere contribuito alla determinazione

attiva del percorso.Inspessimento progressivo

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Queste linee hanno una forza direzionale fortissima perché si comportano un po' come dei triangoli.

La loro peculiare forma appuntita consente che vengano percepite come linee. L'inspessimento

 progressivo, conferisce al segno una carica energetica superiore a quella delle comuni linee che

hanno spessore non variabile.

Relazioni energetiche con altri segni nel campo

I tratti verticali inscrivono entrambi uno spazio interno che rimbalza da destra a sinistra, moderando

le forze antitetiche del fondo, che nel primo caso oltre che ruotare intorno, si insinuano in quello

che possiamo definire lo spazio interno, quello che separa i due segni. Il disegno a destra si legge

maggiormente come figura per effetto della vicinanza, per cui le controtensioni tendono a restare

esterne e a comprimere ortogonalmente. Equilibro perfettamente simmetrico.

 

Disegno a destra: doppia ascesa inclinata, con possibile rotazione di entrambi i segmenti che fanno

unità gestaltica per vicinanza, scorrimento verticale o curvo verso il basso. Disegno a sinistra:

disequilibrio notevole, con caduta o tendenziale ripristino della verticalità. Bisogna notare che il

disequilibrio distrugge la buona forma, ossia impedisce la percezione dell'unità che invece era

 possibile leggere nelle rette parallele del disegno già descritto.

Disegno a sinistra: divisione razionale dello spazio del fondo. Conflitto in atto tra le due rette.

Quella verticale tende a scorrere esclusivamente verso sinistra, quella orizzontale maggiormente

verso il basso. Poco energetiche le rotazioni con perno su uno dei due estremi.

Disegno a destra: disequilibrio con caduta verso destra o ripristino della verticalità.

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Disegno a sinistra: schiacciamento con dominio. Dinamismo della verticale ridotto al minimo.

L'orizzontale che potrebbe scorrere verticalmente, appare troppo intesa a inchiodare l'altra nella

zona di chiusura del campo.

Disegno a destra: forte dinamismo della verticale nel suo percorso verso destra, o rotazione verso il

 basso con perno sull'estremità bassa. La linea orizzontale possiede scarse possibilità dinamiche di

risalita.

 La linea orizzontale tende a restare compressa in alto, perché sostenuta dalla verticale. Può ruotare

sulla destra o sulla sinistra con fulcro nel punto di vicinanza con la verticale, che è anche il punto

medio. Il percorso della verticale è tendenzialmente verso destra e verso sinistra, ma può ruotare

con fulcro sulle estremità.

Scontro di forze nella zona alta e sinistra del campo, con movimento interno fortissimo inclinato e

discendente. Le tensioni dinamiche invece si presentano subordinate al conflitto in atto.

1 2 3 4 5

1) Distruzione della centralità mediante sovrapposizione conflittuale di segno inclinato con forte

accento ascendente verso destra.2) Conflittualità energetica che distrugge in parte la percezione del centro, con formazione di spazi

triangolari aperti contrapposti.

3) Chiusura superficiale, con vertice fortemente direzionale.

4) Disequilibrio di grandezze contrapposte, con superficie triangolare direzionata verso destra.

5) Cuspide ascendente verso sinistra.

6 6 7 8 96) Illusioni tridimensionali.

7) Scorcio prospettico

8) Doppia caduta: in atto ed avvenuta.

9) Apertura centrale con scorrimento delle controtensioni.

 

10 11 12 13 14

10) Alternanza con controtensioni a doppia curva.11) Enunciato e conclusione. Pressione sul punto.

12) Partenza con percorso.

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13) Tensione dinamica del punto verso la retta, giacente in posizione assolutamente statica.

Triangolo virtuale.

14) Tensione dinamica della retta verso il punto. Configurazione virtuale di un triangolo rettangolo.

Il ritmo di linee scure verticali con andamento sequenziale orizzontale, distrugge la rettangolarità

orizzontalmente allungata del campo. Situazione di antitesi tra segni e campo.

15) Forte tensione dinamica discendente.

16) Bassa relazione apparente. Forte autonomia e dinamicità di entrambi.

 Gli ultimi tre casi sono apparentemente simili, ma presentano differenze minime che producono

significati alquanto differenti. Essi possiedono sia la retta obliqua con forza discendente da sinistra

verso destra, sia il punto in posizione di estrema staticità. Ciò che diversifica i tre esempi è il

rapporto tra punto e linea. Nel primo caso esso si trova in perfetta continuazione della traiettoria

della retta. Per questo motivo il punto sembra appartenere alla retta, presentandosi come il puntofinale che ha prodotto la traccia visibile col movimento discendente. La conseguenza logica è lo

schiacciamento da parte della retta sul punto nell'angolo. Il secondo caso, anche se presenta entità

segniche autonome, mostra il punto fortemente dinamicizzato da una linea forza discendente, sino

allo stato visibile attuale, come se fosse scivolato lungo una parallela invisibile. In qualsiasi caso i

due segni sembrano legati da una sorta di vita in comune, da una comunione di movimento e

dinamismo. Nel terzo disegno il punto è posto sotto la retta inclinata e non suggerisce dinamiche di

rimonta che lo dirigano sopra, perché lo spazio disponibile al passaggio è fortemente limitato. La

linea forza discendente sottostante la retta è quasi da escludere, e allora vuole dire che il dinamismo

del punto ha differenti provenienze. I due segni non appaiono legati da nessuna forza e quindi

risultano più liberi.Questi ultimi esempi sono stati creati per dimostrare che vi sono infinite possibilità comunicative

dei segni visivi che nessun libro potrà mai racchiudere in modo totale. Gli esempi esplicitati in

queste pagine sono soltanto alcuni tra quelli che sono esplicativi delle regole della percezione. Essi

non hanno un valore di raccolta enciclopedica, perché ciò sarebbe impossibile. Un libro di

grammatica si limita a esporre le regole e a fare alcuni esempi che concorrono a chiarire il modo in

cui si costruiscono i discorsi. Queste pagine hanno la funzione di stimolare la capacità di

decodificazione dei testi visivi, suggerendo possibili regole che nell'insieme possono produrre

anche livelli interpretativi differenti, non univoci e talvolta addirittura contrapposti.

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 I Concetti spaziali di Lucio Fontana sono tra le esperienze più significative e concettuali del nostro

secolo. La linea della prossima foto non deve essere percepita come interamente giacente su di un

 piano, ma libera nello spazio tridimensionale.

 Lucio Fontana -Concetto spaziale-

Schema lineare imitativo tratto da Lucio Fontana -Concetto spaziale- 1946

In questo -Concetto spaziale- del 1949 si nota subito l'uso simbolico di punti, linee e superfici. La

linea che appare come di contorno, posta quasi centralmente nel campo, leggermente spostata in

alto, pur essendo una linea aperta si comporta come una chiusa. Per questo si trasforma in una parte

di piano delimitata che possiede una sua forma. La linea realizzata a mano libera, quindi carica di

quei movimenti tipici che soltanto questa può esprimere, appare quasi quadrata, con i lati

leggermente curvi e gli angoli arrotondati. Al suo interno trovano posto, centralmente, tre linee

composte da punti distanziati con andamento orizzontale. I punti hanno forme e dimensioni

differenti.

Lo schema grafico del disegno non rende la bellezza del -Concetto spaziale- dell'artista. La manolibera traccia verticali e orizzontali agitate, rese ondulate da leggerissime curve che arricchiscono di

sensibilità e di forze le linee stesse. Nel complesso però il tracciato lineare si configura come linea

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spezzata, quindi con una velocità eccezionale nel passaggio da una direzione all'altra. Ad ogni

cambiamento di direzione del punto in movimento, corrisponde un punto evidente di stasi, come di

riflessione. Il lungo percorso della -Biro bleu- sembra avere inizio all'incirca al centro sulla estrema

sinistra. Sale, compie un angolo di 90° e si dirige verso destra. Ma questo tragitto è alquanto breve,

 perché un nuovo angolo retto spinge il punto verso una discesa libera, velocissima, verticale, che

attraversa tutto il campo e si arresta, con un ulteriore angolo retto, nella parte bassa. Qui sembradirigersi verso destra, ma un ennesimo cambiamento di rotta ortogonale riporta velocemente il

 punto ad attraversare il campo, verticalmente, questa volta verso l'alto. Il ritmo che si stabilisce a

questo punto è abbastanza regolare: tratto orizzontale breve verso destra (A), discesa libera (B),

tratto orizzontale breve verso destra (C), salita incontrastata (D). Schema A B C D - A B C D sino a

 percorre quasi tutto il campo verso destra, lì dove la risalita appare contrastata da ripensamenti con

tratti orizzontali alternativamente verso destra e poi, dopo breve tratto ancora in salita, verso

sinistra. Quando il punto raggiunge la zona alta destra del campo, contraddicendo l'andamento

ordinato, rompendo la sequenza ritmica, distruggendo le direzioni cartesiane, con un grande

ripensamento, lungo una contrastatissima discesa all'indietro, raggiunge la zona opposta, in basso a

sinistra. Questo ultimo tratto della linea spezzata, pervade il campo, crea fortissime tensioni

conflittuali tra ordine e sua rottura, tra andamento verso destra e ripensamento all'incontrario,incrocia e si sovrappone ai tratti precedenti. Ma qui subentra il dubbio che il titolo insinua: questo

tratto inclinato giace anch'esso sul piano, così come appaiono gli altri precedenti, oppure essendo

una linea inclinata vuole suggerire una terza dimensione, ossia si allontana e si dirige verso un al di

qua o verso un al di là? Di certo il punto che raggiunge la zona più bassa a sinistra comincia a

dirigersi verso l'alto, così come aveva già fatto sulla parte destra, alternando le brevi risalite con

tratti orizzontali verso destra e verso sinistra. Il punto non trova riposo, perché arrivato nella parte

alta sinistra del campo, quella che ci appare la più disponibile a tensioni dinamiche, realizza proprio

un tratto inclinato discendente pseudo/diagonale diretto verso destra. Qui ancora una volta riparte

orizzontalmente verso sinistra, compie una breve impennata verticale verso l'alto ma torna presto

indietro, riparte inclinato verso l'alto e verso destra, poi ancora orizzontalmente verso sinistra. Il

gran finale, che termina con un punto di dimensioni superiori agli altri, è preceduto dalle ultime due

inclinate: una in alto verso destra e l'ultima sempre verso destra ma verso il basso, per terminare in

una zona del campo decentrata, a destra, come se fosse pronto a percorre altri movimenti. La

 bellezza, il grande ritmo e le contraddizioni interne di questa opera di Fontana si possono fruire

soltanto guardando e ridisegnando il tutto.

Altri artisti hanno realizzato opere d'arte con linee:

Piero Manzoni, -Linea m. 1000, 1960-

Piero Manzoni, nel 1961, ha disegnato una linea di 1140 metri su di una balla di carta e l'ha

inscatolata in un contenitore metallico.

Superficie e Texture

La superficie è una entità a due dimensioni, lunghezza e larghezza. E' la prima che si può

considerare come concreta, perché assoggettata almeno ad una delle percezioni sensibili. Vi è una

relazione di vicinanza tra il concetto di superficie e quello di materia. La superficie non è

necessariamente piatta come il piano, ed è sempre superficie di qualcosa. Superficie di legno, di

marmo ecc. La parola che si utilizza per riconoscere la materia attraverso la mera percezione visiva,

è Testura o Texture. Di origine latina, la parola indica anche le relazioni di spazio di una

composizione visiva, le qualità strutturali di un'opera o di un oggetto. L'uomo attraverso l'uso

dell'occhio e del cervello, riesce spesso a percepire, senza l'ausilio di altre possibilità organolettiche,

le qualità della materia. Riusciamo a distinguere una superficie smaltata da una dipinta a tempera,una lucida da una semimatta o matta. Riconosciamo un fiore vero da uno di plastica imitato alla

 perfezione. La testura è la percezione visiva della materia. Nelle arti visive le testure sono finzioni

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grafiche o pittoriche di caratteristiche della superficie, evidenziazioni strutturali di elementi

Architettonici. La parola ricorda un po' la trama e l'ordito di una tela. Quando Tiziano Vecellio

dipinse su tela di sacco abbastanza grezza invece di utilizzare una tela con una trama e un ordito

molto più sottili, lo fece forse per dare vibrazione luminosa alla superficie pittorica. Nell'arte del

mosaico nelle basiliche ravennate, la tessera non ha sempre la stessa dimensione, e non viene

applicata con una fattura particolarmente uniforme, ma in modo che i riflessi sulla pasta vitrea producano un luccichio di colori e luce tale da definire lo spazio architettonico stesso. La testura del

mosaico assolve la doppia funzione di produrre riflessi di bellezza decorativa e nello stesso tempo

di definire, proprio attraverso questa luce policroma, lo spazio, di modellarlo in modo

assolutamente nuovo e originale. In pittura un effetto di testura è dato dall'imitazione della materia,

con il cosiddetto effetto Trompe L'oeil. Il pittore dipinge oggetti che sembrano veramente marmi,

finge realisticamente il legno, imita gli sbalzi decorativi degli stucchi d'interni, simula

 bidimensionalmente il marmo delle statue.

Vediamo alcuni esempi di testure

Testure di elementi architettonici

 

Testure grafiche

Testure a trompe l'oeil

La figura, la forma e la configurazione

Una figura geometrica è una parte di piano delimitata da una linea chiusa. Per questa sua

caratteristica lineare non è difficile comprendere i movimenti interni e le tensioni dinamiche delle

figure, che si trasformano in forme.

Una importante distinzione è necessaria per chiarire alcune peculiarità della forma. Sappiamo che le

figure delineate da un contorno lineare chiuso posseggono sempre una forma che viene percepitaneutra se non viene posta in relazione all'ambiente circostante e all'osservatore.

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 Le due figure hanno la medesima forma ma configurazione diversa. Entrambe hanno forma

rettangolare, ma quella di sinistra mostra una configurazione esterna rettangolare con il lato lungo

 posto verticalmente, mentre il disegno a destra presenta una configurazione esterna rettangolare con

andamento orizzontale, perché il lato lungo è orientato in quell'altra direzione. Si leggono poste

rispettivamente -in piedi- e -coricata- in correlazione con la pagina e con il modo di guardare

dell'osservatore. Vedremo meglio che la configurazione di una figura è importantissima, a

differenza della neutralità di orientamento della forma. Nella lettura dei testi visivi è molto

importante prendere coscienza della configurazione esterna del campo, perché essa è già un primo

atto dell'aspetto comunicativo generale. Spesso la configurazione dei campi viene realizzata in

funzione del luogo in cui l'opera è destinata. Consideriamo come testo visivo il mosaico posto nellalunetta interna sovrastante l'ingresso del Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna, datato circa V

secolo. La configurazione esterna è una semicirconferenza. Lo spazio predefinito influisce sulla

rappresentazione e, a lode dell'ideatore del disegno, possiamo percepire una relazione sintattica tra

figure e fondo.

-Cristo Buon Pastore- Ravenna, Mausoleo di Galla Placidia

Le figure geometriche regolari sono quelle che tendenzialmente appaiono più semplici perché legate

ad alcune leggi della percezione.Il quadrato

 E' tra le figure, quella che possiede maggiormente una forma semplice, nello stesso tempo

altamente simbolica. Guardandolo bene e grazie alla nostra capacità di misurare otticamente

attraverso l'occhio ed il cervello, percepiamo il senso di ortogonalità dei lati fra di loro e parimenti

di uguaglianza. Per questa sua disposizione centrale, che impedisce disequilibri verso destra e verso

sinistra, che arresta il peso della parte alta armonizzandola con la parte bassa, si presenta con

movimenti lineari ordinati, determinati dal procedere del punto lungo il perimetro in tutte le

direzioni cardinali. Il suo procedere minimo, perché retto e quindi spinto da

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una forza sola, viene bruscamente deviato al termine di un lato, lì dove comincia un altro

determinato da una simile forza che procede in direzione differente. La linea chiusa spezzata che

configura il quadrato gode delle proprietà delle parallele: tutti i punti sono, sulle coppie di parallele,

equidistanti e gli angoli interni sono tutti retti, ulteriore conferma di un rapporto comunicativo

statico/dinamico.

 

Lo scheletro strutturale evidenzia le linee forza interne, che si costituiscono a causa della natura

 bidimensionale della figura. Il centro del quadrato è il punto interno che esprime una forza attrattiva

superlativa.

Il rettangolo

 I lati si riconoscono immediatamente ortogonali, denunciando con franchezza la caratteristica di

avere gli angoli interni tutti di 90° e quindi tendenzialmente statico/dinamici. Similmente al

quadrato, il rettangolo conferma il movimento minimo del punto in quanto retto lungo i lati, i quali

seguono il parallelismo della figura precedente. Ribadita la linea spezzata chiusa, la differenza

consiste nel possedere forze che spingono il punto alternativamente a coppie uguali. Percorrendo il

 perimetro, in qualsiasi punto estremo del segmento si cominci, lo schema alternato dei lati è simile

a quello della rima poetica alternata: A B A B. Inoltre questa caratteristica lo spinge verso un

 possibile movimento orizzontale, se i lati lunghi sono disposti in questo modo, oppure verticale.

Il rettangolo orientato verticalmente possiede la linee forza diagonale discendente molto ripida ma

 più breve nello spostamento da sinistra verso destra. All'inverso quella del rettangolo posto

orizzontalmente, ossia la linea forza è meno veloce nella discesa ma più disponibile ad allontanarsi

dalla zona sinistra. Il movimento del punto è più o meno veloce, la discesa più o meno ripida,

l'allontanamento più o meno apprezzabile, tanto che possiamo definire questa figura in posizionetendenzialmente statica, nel caso del lato lungo disposto orizzontalmente, e tendenzialmente

dinamica, nel caso inverso.

Il trapezio

Ulteriore variante dei casi precedenti è data dalla figura del trapezio isoscele. I lati paralleli sono

soltanto due, così come quelli di lunghezza eguale. Gli angoli appaiono sensibilmente non retti,

alternativamente acuti e ottusi.

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Quelli ottusi posti in alto danno un senso di maggiore stabilità Quando il trapezio isoscele è invece

all'ingiù, la parte alta del campo grava e, insieme agli angoli acuti, suggerisce un certo senso di

dinamicità. Non è un caso che, probabilmente, in architettura tale forma non è mai stata utilizzata

 per le facciate degli edifici.

L'Ottagono

E' una delle forme molto utilizzate nelle piante delle opere architettoniche. L'aumento del numero

dei lati dei poligoni regolari, corrispondente al rimpicciolirsi della loro lunghezza, trasforma il

 poligono stesso in una specie di cerchio.

Il cerchio

Affatto diversa appare la forma del cerchio. Qui non vi è una sola forza ma infinite, che subentrano

 punto dopo punto con direzioni diverse, tali da spingere il punto a tracciare una curva perfetta: la

circonferenza. Tranne che non vi siano altri segni e che l'osservazione non sia in scorcio, la forma e

la configurazione sono identiche come nel caso del quadrato. Il tempo ed il ritmo del punto inmovimento è diverso dai casi con la linea spezzata. Infatti l'armonia qui è di gran lunga superiore,

 per mancanza di scatti repentini con differenti direzioni che sono i lati. Per questo il cerchio

 propone una continuità temporale che appare annullare il valore di ritmo il quale, a sua volta,

necessita di almeno due unità strutturali. Se la rima poetica del quadrato poteva essere A B C D per 

 poi ricominciare da capo, qui l'assenza dei lati impone l'attribuzione del valore della rima ai singoli

 punti, ottenendo qualcosa del genere: AAAAAAAAAAAA... Il suono si prolunga senza trovare

fine.

Battistero di San Giovanni Firenze

Il punto centrale in questa figura assume addirittura un potere quasi magico, perché ogni punto della

circonferenza è perfettamente equidistante. Ogni tangente ad essa trova il suo corrispettivo parallelo

in un diametro.

Osserviamo alcune differenze tra i Battisteri di Firenze e di Pisa, che mettono in evidenza le

differenze sostanziali determinate dalla scelta delle forme delle piante. Quello fiorentino presenta

un chiaroscuro dato dalle tarsie marmoree, con utilizzo di marmi bianchi, gialli e verde-scuri.

Quello pisano, invece, è un chiaroscuro reale di pieni e di vuoti, di piani in luce (spazio pieno che

riflette la luce) e di piani in ombra. Nel caso fiorentino la luce, determinata dalla copertura

 policroma, è finzione geometrica, razionalismo astratto, mentre il pisano assoggetta il ritmo

geometrico regolare alla disposizione ordinata dei colonnati, degli archi incrociati e di quelli ciechi,

delle finestrelle e delle cornici decorative. Ma per essere in tema con il discorso della forma che

assume la pianta delle strutture architettoniche aventi identica funzione religiosa, bisogna ricordare

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che la pianta del San Giovanni di Firenze è ottagonale, mentre quella pisana è circolare. La pianta

ottagonale, pur essendo una forma che determina la pianta centrale e che permette la fruizione

sincronica dell'intera struttura entrando da una delle quattro importanti porte, suggerisce un senso

del tempo e dello spazio che è relativo alla ripetizione dell'unità di misura che è il lato. La

 percezione che se ne ricava è quella di una struttura che ha per perimetro masse murarie che si

ripetono determinando una scansione ritmico-melodica simile al ripetersi di una nota di frequenzadiversa, ma simile nella durata nel tempo. Se ad ogni lato corrisponde una nota di 4/4, se la sua

frequenza è determinata dalla distanza da una ipotetica nota iniziale che coincide al lato con il

 portone d'ingresso, allora la sequenza ritmico-melodica potrebbe essere la seguente:

 La pianta del battistero di Pisa è circolare e non possiede una unità ripetuta seppure piccola che non

sia il punto, perché questa equivarrebbe ad una corda della circonferenza. Il punto, in quanto entità

astratta adimensionale, lascia scorrere la fruizione lungo il percorso perimetrale senza interruzioni,

annullando la memoria e impedendo la percezione dell'allontanamento dal punto iniziale. La

sequenza ritmico-melodica potrebbe essere la seguente:

 Il triangolo

E' anch'esso tra le figure più importanti. La sua forza comunicativa risiede nei vertici che

 posseggono una forza di spinta elevatissima, una tendenza a incunearsi nello spazio circostante, un

 potere di penetrazione simile a quelle di una cuspide di un'arma. Tra i più importanti troviamo

quelli resi facilmente percepibili da alcune caratteristiche: il triangolo rettangolo ha un angolo che

mette due cateti tra loro in posizione ortogonale. Questa caratteristica viene più facilmente percepita

se l'angolo giace su di un ipotetico piano orizzontale. Scompare parzialmente se rovesciato e

orientato differentemente rispetto agli assi cartesiani.

 I triangoli isoscele ed equilatero, hanno qualcosa che facilita la lettura: la ripetizione. La lunghezza

di un cateto identico all'altro o agli altri due si ripete determinando simboliche forme molto usate

nelle arti visive. Le varianti del triangolo, del trapezio, dei rombi, e delle ovoidali, sono figure

geometriche semplici delle quali appare intuitivo cogliere le differenze. Quando un artista sceglie

una forma tra le tante possibili, anche se spesso non ne è del tutto cosciente, resta attratto propriodai movimenti interni delle linee che formano la figura, sentendo in modo rilevante le differenze

che si sono appena accennate.

Le forme irregolari

Le superfici aventi forme irregolari posseggono scheletri strutturali irregolari e complessi. Il

 principio di approssimazione, in questo caso è ancora maggiore.

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Espressioni esterne: rapporto figura-fondo

La configurazione esterna della figura interagisce con lo spazio creando un rapporto conflittuale di

tensioni e controtensioni specifico.

Ambiguità figura fondo

La grandezza e la centralità di una figura talvolta possono influire sulla percezione e ribaltare il

senso della figura e del fondo.

 Il rettangolo nero può essere letto fondo di una cornice bianca. Quando sia la figura che il fondo si

 possono percepire multistabilmente come figure, allora possiamo dire che viene annullato il valore

energetico del fondo, lasciando le due figure porsi in conflitto.

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 Superfici virtuali

Per ottenere una figura non è indispensabile utilizzare la linee chiusa. La quantità e la vicinanza si

 possono sostituire e configurarsi come superficie:

 

A sinistra: disegno con illusione tridimensionale privo di linee continue chiuse. A destra: libera

interpretazione di Paul Klee (tipo legno)

 

Imitazione di Paul Klee -Acqua agitata- 1934

Imitazione di Paul Klee -Cascata- 1927

Le curve di Jordan

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Tratto dal noto testo di Attilio Marcolli -Teoria del Campo-, questa strana idea di linea continua

chiusa, che non può possedere altre linee chiuse al suo interno, risulta utile per comprendere bene il

rapporto tra figura e fondo e alcuni casi di conflittualità accentuata. Vediamo le curve di Jordan

(Fig. 1):

 

Fig. 1 Fig. 2

 Non sono invece curve di Jordan quelle linee chiuse che contengono altre linee chiuse (Fig. 2)

La linea di Jordan separa soltanto due spazi: uno interno ed uno esterno. Una doppia linea si

trasforma in linea di Jordan attraverso le connessioni (Fig. 3).

Fig. 3 Fig. 4

Le connessioni stabiliscono una relazione di unione tra interno ed esterno, avvicinando il rapporto

figura fondo. Vediamone un'applicazione pratica (Fig. 4):

Forme e superfici nell'arte

Lucio Fontana nel 1959 ha realizzato opere con figure geometriche aventi forme particolari.

Vediamone un esempio:

 Lucio Fontana -Concetto spaziale, Attese- 1959 imitazione

La configurazione esterna è altamente comunicativa, al livello stesso dei segni inseriti al suo

interno. Nel conflitto tra figura e fondo, l'energia comunicativa si presenta elevatissima in entrambi.

La linea di contorno suggerisce un forte senso di staticità dovuto al lungo lato orizzontale posto in basso. Dall'alto una forza esterna comprime quella linea che altrimenti avrebbe potuto essere

 parallela a quella sottostante. La compressione proveniente dall'esterno riverbera sulla struttura

creando un allargamento in senso orizzontale, un movimento che investe le linee laterali che si

scindono entrambe in due porzioni. In questo modo i due lati formano angoli ottusi che spingono

ognuno verso il proprio fianco. La linea forza inclinata, che li attraversa tendendo all'espansione

verso destra e verso sinistra, suggerisce un certo senso rotatorio.

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Fig. 5 Fig. 6

La figura, le cui linee forza sono evidenti (Fig. 5), si presenta come composta da due unità

gestaltiche unificate. Le masse sono state evidenziate dai cerchi di influenza (Fig. 6) che

comprimono fortemente il centro. I tagli riempiono lo spazio interno, ponendosi all'incirca al centro

dei centri d'influenza in senso quasi verticale il primo, a sinistra, e più inclinato e direzionato verso

l'angolo in alto l'altro.

Il -Quadro I - di Mondrian presenta delle figure geometriche inscritte in spesse linee nere. Il lineare

 passivo si trasforma spesso in superficiale attivo, in quanto tendiamo a leggere maggiormente lefigure che prevalgono sui segmenti. Notiamo che non vi sono linee inclinate ad alludere alla terza

dimensione, ma molte parallele causate dall'andamento cartesiano/ortogonale. La scelta del

verticale e del suo opposto orizzontale corrisponde alla proposta sicuramente filosofica di eliminare

le forme intermedie, di porre in modo affiancato tesi ed antitesi evidenziando il dualismo della

superficie. Lo spazio, allora, sicuramente piano, si comprime sotto l'azione dei bordi dei rettangoli

in esso inseriti, al punto che possiamo percepire una forma di staticità costretta, come i mattoni di

un muro che non hanno lo spazio sufficiente per esortare tensioni dinamiche nel fruitore.

Piet Mondrian -Quadro I- 1921

Il fondo appare completamente ricoperto da figure affiancate che profferiscono forti energie

comunicative. Il bordo della tela appare come una limitazione del visibile che allude a conclusioni

figurali, ad esso esterne, invisibili. I colori prescelti sono i primari della pittura: il rosso, il giallo, il

 blu, il nero ed il bianco.

Movimento e divenire nelle poetiche di Paul Klee e Wassily KandinskyDue grandi artisti Paul Klee e Wassily Kandinsky, e nello stesso tempo due grandi teorici che hanno

inventato nuovi codici pittorici, che hanno sovvertito le leggi della rappresentazione e agevolato il

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costituirsi della semiotica dell'arte permettendo una più profonda analisi pre-iconografica. Entrambi

vicini, per effetto del loro essere immersi nel profondo della cultura del primo novecento, a quelle

teorie della psicologia della forma e della teoria della percezione.

I suggerimenti dati dai due artisti sono talvolta mere sollecitazioni alla formulazione di poetiche

delle quali i giovani possono fare prezioso tesoro. Alla base del loro pensiero sta il divenire

continuo del segno pittorico, del suo trasformarsi continuamente in ragione del contesto in cui sitrova. I suggerimenti non devono, perciò, essere presi alla lettera, ossia in modo rigido e

 pedissequo. Anzi, questo sarebbe sicuramente contrario alle loro volontà e ai loro desideri, perché

contraddice in modo vistoso il divenire nella storia di cui loro sono artefici e certamente

 propugnatori. In queste pagine sono presenti quelle informazioni che sono apparse meno oggettive,

 più legate ad una poetica soggettiva e quindi meno valide al fine di costituire un contributo utile alla

lettura pre-iconografica dei testi pittorici.

Paul KleeLe idee di Paul Klee non si possono ridurre ad un solo schema logico rigido. Certo l'idea di partenza

è il dualismo classico che sottende il contrapporsi di tesi e antitesi. Ma le dimensioni contrapposte

approdano sempre ad una sintesi che è un qualcosa di diverso dalla semplice somma della tesi e del

suo opposto, e le sue opere visive lo dimostrano abbondantemente. Non è certo difficile vederecome sia stata ampia e fantasiosa l'applicazione delle formulazioni teoretiche. Il perché risiede nel

fatto che ad ogni sintesi immaginata, corrisponde un'altra antitesi delle quali risulta necessario

trovare una nuova e più organica seconda sintesi. Il processo logico, in questo modo, non produce

stasi e si dialettizza autonomamente. Può risultare utile al nostro discorso capire che la ricerca di

Paul Klee della strutture primaria, quella originaria di tutte le altre, è certamente un suggerimento

che ci consente ora di decodificare testi visivi di qualsiasi periodo storico. Questo perché l'artista

c'insegna a trasportare concetti e idee astratte su possibili modelli strutturali rappresentativi. Innanzi

tutto è interessante considerare alcuni aspetti della logica dualistica visiva dell'artista. Inizialmente

Klee contrappone il Cosmo al Caos, affibbiando al primo il giudizio di ordinato e al secondo

l'opposto.

Cosmo Caos

Ordine Disordine

La sintesi è il grigio, perché non sta né sopra né sotto, non è né bianco né nero (Fig. 1) .

Fig. 1 Fig. 2

Se una dimensione ha un suo valore, un suo spazio, allora la sua scomparsa è il suo annullamento,

che trova posto nel suo contrario, nell'antitesi (Fig. 2).

 

I triangoli che si compenetrano mostrano chiaramente la crescita e decrescita di un ente. Questo

movimento da un polo verso il suo opposto è vita naturale (se la progressione è affidata ad un enteincommensurabile come un punto), o artificiale (se il passaggio da una fase all'altra è determinato

da unità misurabili, fig. 3). Altrove aumento e diminuzione vengono rappresentati come nella fig. 4.

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Impossibile non vedere nella struttura verticistica della scala musicale un chiaro riferimento alla

crescita/decrescita naturale e al disegno architettonico:

 

Anche le strutture delle foglie e di alcuni tronchi di alberi sono assimilabili allo schema musicale

già visto.

Il nostro artista vede nell'ordine naturale, le strutture primarie delle elaborazioni pittoriche e delle

costruzioni architettoniche. Così come la natura si trasforma costantemente e muta nello spazio enel tempo, così la sua dialettica lo spinge a considerare le strutture naturali primarie della pittura

come strutture in divenire.

Paul Klee -Base nel mezzo: pagode sull'acqua- 1927 imitazione

Ogni segno visivo inserito in un suo dipinto soggiace alla legge dello statico o del dinamico,

dell'aumento e della diminuzione, dell'approssimarsi all'ordine o al disordine. Tutta l'arte è sentitacome un incessante divenire, un trasformarsi continuo, un diversificarsi in funzione dei numerosi

approcci che è possibile concepire. E' la dialettica di tesi e antitesi che da superficiale (del suo

essere superficie triangolare) si trasforma continuamente in nuova sintesi e antitesi

 

Il punto è l'ente primario, astratto, generatore di tutti i visibili enti della pittura.

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Il punto in movimento genera la linea (fig. 5):

La linea in -movimento/crescita- genera una superficie (Fig. 6), mentre la superficie in

movimento/crescita genera quello che egli definisce un corpo (fig. 7).

 

Fig. 6 fig. 7

Questa teorizzazione che può apparire, in fondo, abbastanza semplice, è vincolata ad un modo di

sentire lo scorrere inarrestabile della natura e del tempo. E' la poetica dell'artista diventata esempio

teoretico del fare creativo all'interno di una scuola, la Bauhaus, che si prefigge di proporre modelli

di artisti che hanno inventato nuovi linguaggi. (La scuola del Bauhaus è nata in Germania nel 1919

ed è stata chiusa dai nazisti nel 1933. E' stata portatrice di nuove idee in tutte le arti. Fondata da

Walter Gropius, vi hanno insegnato grandi artisti come Johannes Itten, Josef Albers, Laszlo

Moholy-Nagy, Paulk Klee, Wassily Kandinsky, Osckar Schlemmer, Lyonel Feininger e altriancora. Il Bauhaus resta nella storia dell'arte per avere unito un nuovo stile decorativo alla

immediata funzionalità dell''oggetto).

 Nell'immaginare l'originarsi dei segni geometrici, descrive il triangolo creato dal punto in

movimento simultaneo verso due direzioni (fig. 8):

 

fig 9

Altrove lo definisce una mezza porzione di tetragono (Fig. 9). La circonferenza deriverebbe, invece,

dalla rotazione di una linea sul suo punto medio (fig. 10).

 Fig. 10

La dialettica del divenire spinge Klee a considerare i principi attivi e passivi della percezione, non

escludendo, naturalmente, quelli intermedi (le sintesi).

Il punto (invisibile e astratto) è passivo e nel suo movimento si trasforma in lineare attivo. Il lineare

attivo nel suo movimento si trasforma in lineare medio se la linea stessa diventa contorno chiuso diun poligono. Ancora: se il poligono si presenta come una figura piena, allora il lineare medio si

trasforma in passivo, perché si percepisce maggiormente un poligono che non la linea del bordo che

lo distacca dal fondo, e il superficiale medio in superficiale attivo.

Fig. 11 Fig. 12

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Fig. 13 Fig. 14

Klee si occupa anche1) di spazi interni ed esterni,

Fig. 15

 Fig. 16 Fig. 17

2) di zone chiare e scure seguendo la logica che di fianco ad un'area inscurita si debba metterne una

 più scura o più chiara.

 

Fig. 18

3) di addensamenti e rarefazioni,

Fig. 19

4) di resistenza/opposizione di una linea (Fig. 20)

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Fig. 20 Fig. 21

5) di movimenti centrifughi e centripeti (Fig. 21),

6) di trasparenze (Fig. 22)

Fig. 22

7) di compenetrazioni lineari

 

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Fig. 23

8) di compenetrazioni spaziali corporee Fig. 24 e 25

 Fig. 24 Fig. 25 Fig. 26

P: Klee -Compenetrazione plastico-spaziale- 1934 (da -teoria della forma e della figurazione- ed.

Feltrinelli pag xxv) e Paul Klee -Gemelli- 1930 (da teoria della forma e della figurazione- ed

Feltrinelli pag 118)

9) di compenetrazioni spaziali corporee trasparenti polifoniche (fig. 26)

10) di sintesi di movimento e contromovimento superficiali (Fig. 27)

Fig. 27

La ripetizione ed il ritmo sono uno degli elementi base su cui poggiano le esercitazioni estetiche del

nostro. Anche la ripetizione ordinata, base del ritmo, viene ricavata dagli eventi naturali. Le squame

del pesce sono l'unità modulare che fanno da esempio:

Quando il reticolo modulare si trasforma in superficie, allora si qualifica come testura. Altre

strutture modulari:

 

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 Paul Klee, disegni (disegni dell’autore)

Paul Klee, disegni (disegni dell’autore)

 Paul Klee “flutti” 1929

Wassily KandinskyIl testo teorico fondamentale è -Punto linea e superficie- dal quale sono già stati estrapolati concetti

 presenti nelle pagine precedenti. Il nostro piuttosto che attivare una terminologia di attivo passivo e

medio, spesso utilizza le parole freddo, caldo, e freddo-caldo. Gli angoli determinati dalle lineespezzate, per esempio, possono essere, secondo la geometria, acuti, ottusi e retti. Vediamo una

 prima distinzione: L'angolo retto proviene dalla sovrapposizione di due rette di cui una verticale,

calda, e l'altra orizzontale fredda.

Quando l'angolo ottuso e acuto si avvicinano all'orizzontale allora sono tendenzialmente freddi,

quando si avvicinano alla verticale sono, invece, caldi (Fig. 31)

Dalla distinzione tra gli angoli, derivano le relative superfici:

• dall'angolo acuto si ottiene il triangolo

• dall'angolo retto si ottiene il quadrato

• dall'angolo ottusosi ottiene il cerchio

Allora se i colori sono rispettivamente

• il giallo il più chiaro

• il rosso il medio

• il blu il più scuro

l'associazione tra i vari elementi è la seguente:

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 Lo schema sopra esposto, viene ricordato dall'autore, non deve essere utilizzato in modo

automatico. Esso è semplicemente utile ad una crescita della sensibilità del giovane artista nei

confronti dei segni visivi che si trasformano in segni pittorici.

Ritmo e Modulo

 La nostra vita è scandita dall'alternarsi del giorno e della notte. dei fine settimana, dei mesi e delle

stagioni. Al caldo estivo si sostituisce il freddo invernale, e poi ancora si procede verso il caldo

attraverso la stagione intermedia. L'uomo vive una trasformazione quotidiana scandita dal

metabolismo delle cellule, vive in sincronia col battito del cuore, con la velocità di esecuzione del

 proprio lavoro, ascolta musica e realizza infinite altre cose che sono basate sul ritmo. Proprio perché

egli vive la sua vita ritmicamente, si pensa che sia facile delineare con precisione il concetto di

ritmo. Se si prova a darne una definizione completa e corretta, il concetto si allarga a tal punto da

rendere molto difficile il tentativo. Secondo noi il ritmo è la ripetizione ordinata nello spazio e neltempo di strutture positive e negative percepite come unità di misura di base. Che il ritmo preveda

una ripetizione sembra scontato e facile. Il giorno si alterna alla notte, e poi nuovamente il giorno

con successione ordinata. Che il ritmo riguardi lo spazio ed il tempo è fondamentale, perché lo

spazio comprende oggetti fisici, siano essi anche le onde sonore, ed il tempo sotto forma di

relazione di distanza tra un evento ed un altro. Le strutture di base sono, quindi, necessariamente

unità di misura che contengono sottomultipli e che producono multipli. Il problema forse più

importante risiede nel fatto di comprendere il concetto di unità strutturali di base che siano positive

e negative. Osserviamo questo ritmo di tratti inclinati

/ / / / / / / / / / / / / / / /

 Non dobbiamo lasciarci ingannare da questo ritmo semplice. Qui le strutture unitarie di base sono

due, e non una soltanto come si può pensare. La prima è una unità strutturale visibile, il trattoinclinato. La seconda è lo spazio intercorrente tra un tratto e l'altro. Questa seconda unità strutturale

di base è forse meno visibile, comunque misurabile e certamente diversa dalla precedente. Una nota

che si prolunga senza diminuire di intensità e di volume, che resti perfettamente identica nel tempo,

non propone nessun ritmo.

 

Questa nota senza variazioni alcune, non suggerisce nessun ritmo. Affinché vi sia ritmo è necessario

un rapporto di almeno due unità di base tra loro antitetiche. Se al giorno non succedesse la notte, e

 poi il giorno e poi ancora la notte, un ritmo non vi sarebbe, perché mancherebbe il requisito

necessario del ritmo che è quello di essere un'alternanza di unità di base antitetiche.

Per Archita di Taranto (contemporaneo di Platone) il ritmo è la regola del movimento. Non può

esistere ritmo senza movimento nello e dello spazio, nel tempo. Infatti la parola deriva dal grecoRITHMOS la cui radice è RHEO che significa scorrere.

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Per Aristosseno, discepolo di Aristotele, il ritmo è ordine. E non è possibile che sia altrimenti. Non

è ammissibile un ritmo che non venga percepito con ordine spazio-temporale.

// / / / //// / // / / / /

L'unità di misura positiva, il tratto inclinato, non appare antitetico a nessuna unità negativa, gli spazi

interposti. In questo caso quello che ricorda molto il ritmo, ma non lo è affatto, è la ripetizione che

non possiede relazioni ordinate. Le uniche possibilità di trasformare in ritmo la sequenza di trattiinclinati posti in modo disordinato, consiste nel variare gli interspazi e ordinarli in qualche modo,

oppure ripetere il tutto un certo numero di volte, ma in questo caso l'unità di misura diventa la

sequenza stessa, che possiede sottomultipli visibili - i tratti inclinati - e misurabili - gli spazi

intercorrenti-. Per ritmo irregolare generalmente si intende un ritmo sincopato, complesso, difficile,

ma non dobbiamo dare alla parola irregolare il significato di disordinato, pena la non ritmicità

dell'evento. Se diamo ordine all'ultima sequenza di tratti inclinati, allora possiamo dire che lo

rendiamo -regolare-, ma se ripetiamo la sequenza stessa numerose volte in modo tale che sia

 percepito come ritmo, certamente la sua complessità ce lo farebbe apparire -irregolare-. La durata

degli intervalli e la bassa frequenza delle unità positive, possono impedire la percezione psicologica

del ritmo. Affinché questo si avverta, è importante che vi sia la memoria del fenomeno positivo,

mediante una adeguata distanza sotto forma di unità negativa. Una distribuzione di unità positive inuno spazio tempo estremamente dilatato, non facilita la memoria che soltanto dopo molto tempo e

numerose ripetizioni, riesce a dare senso al ritmo. Infatti è proprio l'essere umano che inventa il

ritmo, accoglie favorevolmente la successione, la ritiene ordinata, la memorizza in una sequenza

sensata, la percepisce come bellezza e come piacere. Il ritmo non è soltanto un qualcosa di innato,

ma una continua creazione dello spirito. E' probabilmente attraverso la coscienza che procede

intuitivamente al riconoscimento delle strutture unitarie di base. Il senso del bello sta nella

regolarità, nell'armonia, nel ritorno del fenomeno, nel gusto della percezione dello schema già

definito e quindi riconosciuto. L'arte del nostro secolo, che appare così spoglia di elementi

decorativi e priva di ritmi e sequenze classiche, non si discosta dalle sue costituenti fondamentali.

Sono i segni che sono cambiati, ed il ritmo viene difficilmente riconosciuto proprio a causa di

questa non dimestichezza al nuovo modo di leggerli.

Il modulo è un ritmo di elementi visivi, organizzato secondo le leggi che sono del tutto identiche a

quelle già viste. Nel modulo vi sono, dunque, Ripetizione, Alternanza, Ordine, Movimento.

Modulazione traslata

E' composta dalla ripetizione dell'unità modulare lungo un asse (Fig. 1). Modulazione traslata lungo

un asse retto inclinato (Fig. 2)

Fig. 1 Fig. 2

Traslazione modulare con assi multipli orizzontale, verticale ed inclinato (Fig. 3)

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Fig. 3 Fig. 4

 Nella prossima modulazione traslate il cerchio nero lascia apparire una unità negativa quadrata (Fig.

4).

Modulazione traslata ondulata uniforme (Fig. 5)

Fig. 5 Fig. 6

Modularità a traslazione orizzontale e verticale, ordinata, di triangoli alternativamente valenti come

figura e fondo. I triangoli si dispongono orizzontalmente e lungo un asse inclinato, con vertici forti

neri verso sinistra e bianchi verso destra.Il prossimo esempio (Fig. 7) mostra una traslazione pseudo-modulare con aritmia di elementi lineari

 positivi e negativi. Nel pattern l'aritmia, al limite dell'essere percepita come ordinata, è suggerita

dalla presenza di numerosissime linee nere e bianche. La semplicità e la ridondanza sopperiscono al

disordine delle unità positive e negative, al punto di spingere la percezione verso un ritmo alternato.

L'ambiguità figura fondo si costituisce per il fatto che è possibile leggere come figure le linee

verticali bianche su fondo nero, così come è possibile leggere linee nere su fondo bianco. La lettura

è semplificata dal parallelismo evidente, dalla ripetizione di unità non del tutto difformi e variate

soltanto nelle larghezza. La configurazione esterna è un rettangolo, privo di linea di contorno, con il

lato lungo in sintesi con la lunghezza delle unità modulari.

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Fig. 7 Fig. 8

Traslazione pseudo modulare al limite di aritmia quasi ordinata, di linee verticali ad andamento

orizzontale, con configurazione esterna rettangolare disposta verticalmente (Fig. 8).

Il pattern precedente non si presenta proprio come un insieme del tutto ordinato di unità modulari.

Ma se esso stesso diventa unità che può essere ripetuta, allora si presta a diventare traslazione

ordinata (Fig. 9). In questo caso conta la legge della semplicità perché un insieme di unità molto

complesse può non essere del tutto percepito, come nell'esempio prossimo.

Fig.9 Fig.10

La variazione tonale dello sfondo (Fig,. 10), che semplifica ed evidenzia le unità modulari,

 permette, questa volta, la netta percezione dell'ordine e quindi del ritmo.

Modulazione gradiente

Per gradiente s'intende il procedere per -gradi- di figure o altri elementi visivi. Per essere gradiente,

la modulazione deve possedere il requisito della regolarità. Un quadrato che aumenta di grandezzasenza procedere attraverso una sequenza ordinata, per gradini regolari, non si presta ad essere letto

come ritmo.

Qui sotto è rappresentata una modulazione gradiente di linee verticali positive e negative ad

andamento orizzontale (Fig. 11). La sequenza appare ordinata, con aumento progressivo di spessore

delle unità lette come figure e come fondo. Con l'aumentare dello spessore delle linee nere

diminuisce quello di quelle bianche e viceversa.

Fig. 11 Fig. 12 Fig. 13

Vediamo ora altri esempi. La prossima figura 12 mostra una modulazione pseudo-gradiente di unità

simili sovrapposte e concentriche ma di diverse grandezze e con toni differenti. La grandezza

dimostra la percezione della terza dimensione.Modulazione gradiente di unità triangolari con vertice alternativamente verso il basso e verso l'alto

(Fig. 13). Ogni sottomultiplo divide il suo diretto multiplo in quattro moduli di cui quello centrale

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cromaticamente diverso e con i lati adiacenti ai restanti. Si rintracciano parvenze di rotazione

scandite dall'alternanza vertice in alto e vertice in basso.

Pseudo modulazione irregolare di unità quadrate (Fig. 14), non concentriche, con dimensioni e

crome differenti. I quadrati sembrano giacere su di un immaginario piano terreno, confermando

l'anisotropia dei corpi e delle figure e suggerendo un senso di solida pesantezza, statica positura,

energetico riposo. Nelle prossime figure è possibile vedere alcune modulazioni gradienti, tra quali una è traslata

orizzontale e verticale (fig. 15), mentre l’altra si presenta come modulazione gradiente con

suddivisione progressiva di ogni lato del triangolo originario in altri sempre più piccoli (fig. 15 a) .

La matematica frattale (figura in basso a destra) evidenzia il rapporto esistente tra numero e

modulo. Nelle figure che riportiamo si evince cime il contorno grande sia simile a quelle più piccole

e ciclicamente uguale poi a quelle ancora più piccole.

Fig. 14 Fig. 15 Fig. 15 a

Prima figura da destra frattale ottenuto mediante programma freesoftwareModulazione rotatoria

M.C. Escher mostra come sia possibile prendere una particolare figura e, facendola ruotare intorno

ad un invisibile centro, ottenere rapporti spaziali di ambiguità figura fondo.

Escher imitazione Fig. 16

Modulazione ruotata di circonferenze che si sovrappongono creando un effetto plastico (Fig. 16).

Modulazione gradiente ruotata di triangoli retti, che fanno perno sul vertice che il cateto maggiore

fa

con l'ipotenusa (fig. 17).

Fig. 17 Fig. 18 fig. 19

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Modulazione ruotata di unità triangolari (Fig. 18).

Modulazione ruotata di doppie unità quadrate sovrapposte, alternativamente inclinate e rette (Fig.

19).

Fig. 22

Fig. 22: Mosaico della cupola del Mausoleo di Galla Placidia a RavennaRotazione di quadrati con produzione di stella ambigua figura fondo (Fig. 20).

Modulazione ruotata gradiente di unità quadrate positive e negative alternativamente posizionate in

modo retto ed inclinato (fig. 21).

Il Mausoleo di Galla Placidia di Ravenna offre un esempio di rara bellezza di arte la cui

composizione è basata sul ritmo rotatorio (Fig. 22). Partendo dal centro osserviamo che la croce

centrale sfugge alla logica modulare, ma subito dopo gli elementi decorativi (a forma di stelle) si

dispongono in cerchio ribadendo la forma della struttura architettonica. Si tratta di modulazione

ruotata, di elementi diversi e alternati e disposti con regolarità rigorosa.

Modulazione speculare o del ribaltamento simmetrico

Una unità modulare si trova affiancata ad un'altra simile ma invertita nello schema destra sinistra,

come se si trovasse davanti allo specchio. La linea immaginaria è l'asse che li separa, denominata

asse di simmetria. Nel ribaltamento speculare quello che nella prima unità si trova a destra finisce a

sinistra e viceversa.

 Nel disegno della fig. 23 l'asse di simmetria è verticale, producendo il classico effetto di perfetta

simmetria. Lo stesso disegno può ribaltare specularmente con asse orizzontale, come nella prossima

figura 24. Il gioco molto semplice al quale si presta questo tipo di modulazione, è quello di

 permettere il ribaltamento simmetrico infinite volte. Il disegno della fig. 25 mostra soltanto un

ulteriore ripetizione speculare con asse verticale e orizzontale. L'assetto simmetrico offre alla

 percezione umana un forte senso di centralità e di stabilità. Sotto certi aspetti la semplicità e l'abuso

che si è fatto di questa struttura modulare, sino dai tempi più antichi, determina una certa stanchezzada parte del fruitore, che si sente invaso da una statica quanto estrema ridondanza. Il fascino che

 però possiede ancora la modulazione speculare , risiede nella complicità con la matematica e la

 poesia. Ossia la struttura visiva assomiglia in qualche modo ad alcune strutture poetiche e

matematiche. Si provi a sostituire l'unità modulare di base con la lettera A.

A B A B A B A B

C D C D C D C D

A B A B A B A B

C D C D C D C D

Sequenza -S-

La lettera B coinciderà, invece, al ribaltamento di A lungo l'asse verticale, mentre C e D saranno

rispettivamente i ribaltamenti di A e di B lungo l'asse di simmetria orizzontale. Moltiplicando per 

un certo numero di volte lo schema spaziale A B C D avremo il pattern della lettere alfabetiche

riportate nelle sequenza -S-.

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Con la ripetizione della struttura precedente si costituisce la rima poetica alternata A B A, oppure

quella A C A o ancora A D A e C B C verticalmente, orizzontalmente e diagonalmente. La

struttura visiva evidenzia anche una relazione matematica:

A : B = AB : ABCD

La proporzione applicata alla pittura diventa talmente irresistibile da essere utilizzata praticamente

in tutte le epoche artistiche, compreso la moderna.

Fig. 26

Fig. 26 Piero Della Francesca -Pala di Brera- Fig. 27: Imitazione da -Superficie 76 bis- di

Giuseppe Capogrossi

Per esempio Piero della Francesca, pittore e matematico del '400, sembra applicare questa

 proporzione matematica, che ha un sapore decisamente simmetrico e modulare, ai valori luminosi e

temporali che inserisce in modo latente nella scena e sui personaggi del dipinto conservato a Brera

(Fig. 26). La luce diffusa della scena, misteriosa e immobilizzante, affascina al punto da spingere a

riflettere sulle parole di Giulio Carlo Argan (1 Giulio Carlo Argan -Storia dell'arte italiana- ed.

Sansoni ) che definisce il dipinto basato sul rapporto medio proporzionale.

Le alte luci, le mezze ombre e le ombre piene, rese così poco contrastate, ricordano proprio la proporzione in analisi. Le alte luci stanno alle mezze ombre, come queste stanno alle ombre. Il

numero viene applicato alla luminanza, con un margine di libertà tipicamente artistico. Considerato

il modulo luminoso come una unità di misura , se ne possono ricavare alte luci e profonde ombre.

Del resto la scena stessa è dominata da una disposizione rigorosamente simmetrica degli astanti e

dello spazio architettonico. L'asse di simmetria viene in parte evidenziato dal filo che sospende

l'uovo in un ambiguo spazio metafisico e metastorico. Spazio storico ambiguo significa che

 probabilmente anche il tempo è assoggettato alla logica medio proporzionale. Sulla scena ci sono

 personaggi del passato (i santi, la Madonna e il Bambino), attualizzati nel presente dal duca di

Montefeltro, e con una proiezione nel futuro attraverso lo sguardo corrucciato della Madonna che

 presagisce la morte del figlio. E' il passato del vangelo che viene reso presente attraverso la

raffigurazione del duca di Montefeltro; è il presente della scena che indica un futuro tragico chedeterminerà la morte del Salvatore. In buona sostanza è come se il passato stesse al presente e

questo stesse al futuro. L'unità astratta modulare centrale, o media, è in relazione proporzionale alle

altre due dimensioni del tempo.

Ma per tornare a qualcosa di più concretamente visibile, è possibile riscontrare anche negli artisti

del nostro secolo elementi di modularità speculare. In un'opera di Giuseppe Capogrossi del 1963, la

superficie appare ritmata da unità modulari che si ripetono nello spazio e nel tempo secondo schemi

di ribaltamento simmetrico. In questa stessa opera si notano modulazioni traslate su assi retti e

curvi, spazi pieni e vuoti, rotazioni e accostamenti.

Il ribaltamento simmetrico può essere attuato anche su asse inclinato. Vediamo due sempi:

modulazione simmetrica su asse inclinato esterno al disegno (Fig. 28) e modulazione simmetrica su

asse inclinato interno al disegno (Fig. 29).

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Fig. 28

Fig. 29

La luce - caratteristiche fondamentaliE' composta di piccolissime particelle chiamate fotoni che viaggiano a velocità eccezionalmente

alta. La propagazione della luce avviene mediante onde luminose che sono magnetiche ed

elettriche. Le onde hanno due caratteristiche:

1) La lunghezza d'onda

Fig. 1as

Come è possibile vedere dal disegno la lunghezza si calcola dalla sommità di una cresta di un'onda

all'altra. La lunghezza di un'onda può essere di qualche chilometro oppure di un millesimo di

millimetro.

La lunghezza d'onda si misura in (lambda).

2) La frequenza

E' determinata dal tempo, ossia è il numero di onde che passano per un punto in un secondo.

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Da ciò deriva che la velocità della luce è determinata dalla lunghezza d'onda moltiplicato la sua

frequenza:

 L'intensità della luce

si calcola in candele (cd). Una cd è uguale all'intensità di luce emessa da un corpo nero, il platino

ricoperto di una sostanza opaca, che raggiunge i 2046 °K (gradi Kelvin) alla pressione di una

atmosfera e che lascia passare luce soltanto da una superficie di estensione uguale ad un

seicentomillesimo di metro quadrato.

Lo spettro luminoso

I raggi luminosi emessi dal sole hanno molte lunghezze d'onda, vediamone alcune:

 Fig. 2

Lo spettro luminoso visibile della luce solare è scomponibile mediante il passaggio di un raggio

luminoso attraverso un prisma di cristallo. La scomposizione rappresentata nei due schemi grafici è

approssimativa e puramente illustrativa. Serve soltanto a comprendere la teoria dei colori. Se

mettiamo sulla ascissa di un diagramma le lunghezze d'onda espresse in millimicron e sulla ordinata

l'energia che determina l'intensità, possiamo ottenere gli schemi grafici delle fig. Nella teoria dei

colori lultimo diagramma indica la luce bianca perché sono presenti i tre colori fondamentali. Si

tratta di pura teoria, perché sappiamo che la luce possiede bande spettrali simili a quelle del disegno precedente, lì dove sono presenti anche giallo e ciano.

 

Fig. 3 Fig. 4 Fig. 5

Come percepiamo il colore degli oggetti

La luce solare colpisce gli oggetti e riflettendo arriva nei nostri occhi, che percepiscono appunto i

colori. Se un oggetto è bianco riflette tutto lo spettro luminoso (Fig. 6). Un oggetto si deve

considerare nero quando non riflette alcun raggio luminoso (Fig. 7). Un oggetto di colore rosso,

invece, assorbe le radiazioni blu e verdi, facendo riflettere soltanto quelle rosse (Fig. 8)

 

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Fig. 6 Fig. 7 Fig. 8

Una cosa simile accade per gli altri oggetti colorati.

 

Fig. 9

Dalla fig. 7 dobbiamo dedurre che un oggetto di colore nero non lo dovremmo neanche vedere, in

quanto non riflette nessuna onda luminosa e quindi nessuno stimolo colpisce i nostri coni e

 bastoncelli. Se nella realtà noi vediamo il colore nero, allora dobbiamo distinguere tra teoria pura e

realtà percepita. A questo punto è necessario affermare che la teoria dei colori opera una sorta di

astrazione che consente la formulazione di una teoria basata su calcoli matematici. In realtà un

oggetto di colore magenta, così come l'abbiamo visto precedentemente, soltanto in teoria riflette le

radiazioni luminose blu e rosse. Nella realtà esso riflette anche una parte del terzo colore

fondamentale, ossia riflette un po' di verde (Fig. 10). Quindi la teoria è spesso composta da unadeterminata dose di approssimazione. Del resto in fisica il principio di approssimazione è

fondamentale ed inevitabile.

 

Fig. 10

Vediamo altri colori riflessi da altri oggetti

 

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Fig. 11

La temperatura di colore della luce

Sappiamo che i metalli quando raggiungono una certa temperatura diventano incandescenti edemanano luce. Questa luce ha un colore che è relativo al grado termico raggiunto. Vi è quindi una

relazione tra temperatura dei metalli e colore della luce emessa per incandescenza. Misurando in

gradi Kelvin (°K) la temperatura di una sfera di acciaio incandescente, è possibile realizzare una

corrispondenza tra temperatura e colore.

A 1000 °K circa la luce emessa è di un colore rossastro.

A 2000 °K circa la luce emessa è di un colore arancio.

A 3000 °K circa la luce emessa è di un colore arancio-gialla.

A 4000 °K circa la luce emessa è di un colore giallastro.

Da 5000 a 6000 °K circa la luce emessa è considerata bianca.

Da 7000 a 24000 °K circa la luce emessa è di un che va dall'azzurro al blu del cielo intenso.

Un sistema di misurazione del colore

La Commission International d'Eclarage (C.I.E. significa Commissione Internazionale

d'Illuminazione) ha stabilito alcune regole per determinare il valore dei colori in modo che si

 possano individuare, senza tema d'errore, in tutto il mondo. Il prossimo disegno mostra un

diagramma al quale è stato aggiunto un asse inclinato.

Fig. 12 Fig. 13

La somma dei valori dei tre assi è stata stabilita uguale a uno: x + y + z = 1

Per ogni colore viene individuato un riferimento cartesiano. Per esempio un determinato rosso

 potrebbe avere i seguenti parametri: x = 0,58; y = 0,29; z = 0,21.La somma dei tre valori danno come risultato uno.

Con indicazioni del genere in tutto il mondo è possibile parlare e intendere il medesimo colore.

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Lungo il bordo della linea di contorno si trovano le tinte che trapassano dall'una all'altra, seguendo

l'ordine stabilito dalle lunghezze d'onda. Soltanto la linea è invenzione teorica, perché nello

spettro luminoso non esiste il colore magenta. Andando verso il centro, che nella prossima figura è

individuato con una w (bianco), ogni singolo valore è tendenzialmente più chiaro di quelli del

 bordo. Il limite di questa misurazione consiste nel non considerare nel triangolo anche la tendenza

verso il nero, la quale viene misurata attraverso un asse verticale che parte dalla superficietriangolare e si alza verso le tinte più scure e verso il nero. Per questo motivo il triangolo CIE è

soltanto uno dei sistemi di codificazione del colore. Ve ne sono altri, tra i quali uno che utilizza la

sfera e l'altro il cubo.

Il ColoreCaratteristiche fondamentali

Da quanto è stato detto possiamo dedurre che il colore è la sensazione ottica prodotta sulla retina

dal vario riflettersi dei raggi luminosi. Per approssimazione, la teoria dei colori afferma che i colori

fondamentali della luce solare, che d'ora in poi chiameremo luce bianca, sono soltanto tre:il blu, il verde ed il rosso. La somma di queste tre onde luminose è uguale alla luce bianca.

Fig. 14 Fig. 15

Il colore è soggetto a variare nel TEMPO e nello SPAZIO in relazione a mutabili condizioni di

CROMATISMO, LUMINOSITA' E SATURAZIONE.Il Cromatismo

 Il Cromatismo è la qualità del colore.

Crome sono il giallo, il verde, il rosso ecc. Sono, praticamente, le tinte che percepiamo

quotidianamente.

Una scala cromatica in pittura è la successione dei colori ordinata da intervalli regolari lungo il

 passaggio da una croma ad un'altra (Fig. 15)

La Luminosità

 La Luminosità di un colore è la sua tendenza ad essere letto in contrasto con il bianco e con il nero.

La croma può mostrarsi, allora, "chiara", "scura" o "intermedia". La brillanza è una qualità della

luminosità e corrisponde alla freschezza, alla "gioia" contenuta nel colore stesso.

Fig. 16 Fig. 17Per effetto del contrasto simultaneo tra giallo e nero possiamo definire questo colore come un

colore chiaro, con maggiore contrasto col nero e minimo col bianco.

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 Nella fig. 17, invece, è semplicissimo osservare come il blu sia molto più scuro del giallo in quanto

il contrasto simultaneo è maggiore col bianco che non col nero.

La saturazione

La saturazione. un colore si può definire saturo quando non possiede che se stesso, ossia quandonon reca la minima traccia di grigio. Secondo Jacob Back un colore tanto più è saturo quanto più si

allontana da suo corrispettivo luminoso neutro (ossia quanto più si allontana dal grigio).

Fig. 18

 Nelle prossime figure la scala cromatica si sviluppa diagonalmente, mostrando anche undici tinte

diverse. Il cerchio cromatico della prossima figura mostra crome ordinate da salti regolari nel passaggio da un colore ad un altro.

Fig. 19) Cerchio cromatico

Colori primari

Fin'ora abbiamo detto che è la luce e il suo vario riflettersi a determinare la percezione dei colori. Se

consideriamo lo spettro luminoso, affermiamo che i colori primari, o fondamentali, sono:

il blu, il rosso ed il verde. Abbiamo visto che per percepire il colore giallo, l'occhio deve ricevere leonde luminose rosse e verdi. Il motivo per cui il giallo non viene considerato un colore primario

consiste nel fatto che si può ottenere addizionando gli altri due. In pittura la cosa è molto differente:

 per Primari intendiamo quei colori che non contengono la minima traccia di altri, mentre con essi è

 possibile ottenere tutte le tinte della scala cromatica.

Essi sono:

 

GIALLO MAGENTA CIANO

Fig. 20Colori secondari

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 Si dicono secondari quei colori formati dalla somma di due primari. Esempio: Magenta + Giallo =

Arancio. Il colore Arancio è, appunto, un secondario composto dalla somma dei due primari.

Risulta necessario considerare le quantità dei rispettivi primari che intervengono a determinare la

croma. Ad esempio 10 parti di magenta e una parte di giallo danno un secondario che è un Rossocaldo, fiammante, appena aranciato, che assomiglia al cosiddetto rosso di cadmio.

10 Magenta + 1 Giallo = Rosso

Fig. 21 Fig. 22 Fig.23 Fig. 24 Fig. 25 Fig. 26

Invece 5 parti di Magenta sommate a 5 parti di Giallo danno l'Arancio secondario intermedio fIg.

22. Per questo: 5 M + 5 G = A (Arancio).Un giallo appena aranciato è invece costituito da 1 parte

di Magenta e 10 di Giallo. Naturalmente nella scala cromatica questo secondario resta proprio nelle

immediate vicinanze del Giallo. Gli altri secondari sono dati dalla somma di Magenta e Ciano e da

Ciano e giallo. Il Blu leggermente viola della fig. 24 è dato dalla somma di 10 parti di Ciano e 1 di

Magenta mentre nella fig. 25 il viola è determinato dalla somma di parti uguali dei due secondari.

Un violetto molto rosso, definito commercialmente "violetto Parma" è composto da 10 parti di

Magenta e 1 di ciano (fig. 26). L'ultima gamma di secondari possibile è composto dalle tinte verdi,

ottenute dalla somma di Ciano + Giallo. Verde molto cianico è dato dalla somma di numerose parti

di ciano ed una minima di giallo (fig. 27).

 Fig. 27 Fig. 28 Fig. 29

Il verde intermedio è equidistante dai primari che lo compongono. Il giallo appena un po' verde (fig.

29) è dato dalla somma di numerose parti di giallo e una appena percettibile di ciano.

Colori ternari

Appare chiaro ora come i colori ternari siano composti da tutti e tre i colori primari sommati

secondo quantità specifiche. In generale sono ternari i colori come: Le terre (in generale i colori

marroni) composte da quantità di magenta, giallo e ciano.

 

fig. 30

Dobbiamo specificare che tutte le crome ternarie sono INSATURE perché tendono un pochino al

grigio o al nero. Questo loro contenere l' equivalente luminoso neutro (il grigio), oltre che rendere

insature le tinte ternarie, ci spinge a riflettere che la somma dei tre colori primari porta verso il

grigio o verso il nero. Molti dipinti della cosiddetta "Pittura classica" presentano crome insature e

tendenzialmente ternarie. Le crome ternarie sono generalmente più calde delle altre, questo anche

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quando si tratta di tinte verdi o bluastre. Infatti i colori ternari contengono sempre il giallo ed il

magenta, almeno in minima parte, e quindi tendono a "riscaldare" i cosiddetti "colori freddi".

Le opere pittoriche dei secoli scorsi, sia a causa dell'invecchiamento di alcune vernici protettive, sia

 per l'ingiallimento degli oli utilizzati, sia a causa di un gusto tendente all'uso di ternari, sono spesso

ricche di colori ma controbilanciate da leggera insaturazione, che rende omogenei gli accostamenti,

elimina eventuali "stridori" di crome molto forti.Colori caldi e freddi

Secondo una ormai classica distinzione di origine psicologica, i colori si dividono in:

COLORI CALDI :I Rossi, gli Aranci, il Giallo ed il Magenta

COLORI FREDDI: I Verdi, i Viola ed il Ciano (fig. 31).

Sono poi tendenzialmente caldi, abbiamo detto, i colori insaturi, perché contengono sempre una

 parte - anche se minima - di crome calde.

Fig. 32

Teoria dei complementari

Due colori pittorici si dicono complementari quando sommati danno il grigio o il nero.

Le coppie di colori complementari più frequenti sono:

Blu/viola < ------------------------- >GialloVerde < ---------------------------- > Magenta

Ciano < ------------------------------ > Arancio

 Fig. 33 Fig. 34 Fig. 35

E' necessario specificare che soltanto una determinata quantità di giallo sommata ad un'altra

determinata del suo complementare (il blu/viola) danno un grigio scuro molto simile al nero.

 Nel disco cromatico di Newton - il disco composto dai tre primari e dai tre secondari intermedi Fig.36)- i colori complementari si mostrano opposti al loro vertice, ossia seguono la via diametrale.

Fig. 36 Fig. 37 Wassily Kandinsky: Ambasciata Fig. 38 (libera interpretazione a macchie)

I colori complementari, essendo diametralmente opposti e lontani anche nel cerchio cromatico, sevengono utilizzati nei dipinti creano un forte contrasto, suggeriscono vivacità, comunicano energia

esplosiva ed esuberante fuoriuscita di forza interiore.

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Se non si utilizzano le quantità esatte il risultato sarà sempre un ternario altamente insaturo. E' per 

questo che non è sufficiente accostare un qualsiasi blu ad un qualsiasi giallo per ottenere una coppia

di complementari.

Chiamiamo X e Y le quantità necessarie, che si possono ottenere con la sperimentazione diretta,

ossia per via del mescolamento concreto, ed otterremo la seguente formula: X parti di GIALLO +

Y parti di BLU/VIOLA = NERO (fig. 39)

 

Fig. 39 Fig. 40

Dal punto di vista della percezione, però, non è necessario sommare i complementari. Tale somma

va effettuata solo per dimostrare che i due colori sono effettivamente complementari.

Spesso si riconoscono anche se soltanto accostati, perché il loro contrasto percettivo è immediato, il

suono prodotto è squillante e violento. Talvolta generano un effetto ottico particolare che è quello difare vedere linee luminose bianche lungo il bordo dei colori adiacenti. La stampa fotografica ci

 permette di riconoscere facilmente il complementare effettivo (fig. 40). Nella fotografia si

 percepisce come il chiaro sia diventato scuro e viceversa. Si tratta dell'inversione tipica determinata

dal passaggio della luce attraverso il supporto trasparente del negativo. Nella stampa fotografica a

colori i complementari corrispondono all'apposizione negativo - positivo. L'azzurro della metà

sinistra della foto coincide, nella parte destra, col suo complementare arancio più o meno chiaro.

La sintesi sottrattiva di luce

Anche se molte delle cose fin qua dette riguardano i fenomeni cromatici della pittura, è anche vero

che riguardano i fenomeni della illuminotecnica, ad eccezione fatta per la teoria dei complementari.Per esempio la somma di un pigmento pittorico giallo più uno cianico danno il verde. Ma questo è

vero anche se proiettiamo su di una medesima superficie una luce gialla ed una cianica. Così la

teoria dei primari, dei secondari e dei ternari vale anche per l'illuminotecnica. Quello che varia è la

teoria dei complementari. In Pittura la somma di due colori complementari danno come risultato il

colore grigio scuro simile al nero. L'unione di due colori complementari in illuminotecnica dà una

luce bianca o di un grigio molto chiaro. La sintesi cromatica pittorica è una sintesi sottrattiva di

luce, diminutiva di luminosità, che si dirige verso il nero (Fig. 41).

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Fig. 41 Fig. 42

Ttre rettangoli di colori primari (giallo, magenta e ciano) si sovrappongono determinando i

secondari (arancio, viola e verde) ed il nero al centro.

La sintesi additiva di luce

Si mostra possibile soltanto in illuminotecnica, utilizzando le luci colorate. La sintesi cromatica

additiva fa virare i tre colori primari verso la luce bianca (Fig. 42). Naturalmente questo non è

 possibile in pittura. Il fenomeno particolare della sintesi additiva è il seguente: anche la semplicesomma dei colori secondari dà come risultato il bianco.

Ricapitolando: Luce rossa + luce verde + luce viola = luce bianca

oppure: Luce magenta + luce gialla + luce ciano = luce bianca

Praticamente in illuminotecnica così come è possibile ottenere un secondario dalla somma di due

 primari, così è possibile ottenere un primario dalla somma di due secondari. Questo sempre se le

quantità addizionate sono determinate, non casuali.

Esempio: Luce verde con densità X + luce rossa con densità Y = luce gialla con densità K 

In sintesi sottrattiva questo risulterebbe impossibile, perché il pigmento pittorico darebbe un colore

altamente insaturo. Ora vogliamo dimostrare perché luce rossa + luce verde danno luce gialla. La

luce rossa è composta da (Magenta+Giallo); La luce verde è composta da (Ciano+Giallo) quindi si

sommano: (Magenta + Giallo) + (Ciano + Giallo) = Bianco + Giallo ossia Giallo intenso. Questofenomeno ottico avviene perché sappiamo che in sintesi additiva Gx + Cz + My = Bianco

Questo avviene per tutti i colori che presentano determinati gradi di intensità luminosa e

saturazione. Vediamo, allora, perché il viola più il verde produce una luce cianica:

Mz + Gy + Cx + Gy = Bh +G

in cui "z", "y", "x" e "h" sono densità determinate. Un altro esempio:

Luce verde (con determinata intensità) +

Luce Viola ( " " " ) =

-----------------------------------------------------------

Luce Bianca + Ciano

 perché la luce verde è composta da Giallo + Ciano; la luce viola è composta da Magenta + Ciano.

La somma dei singoli colori produce la seguente equazione:Gx + Cz + My + Cz = Bh + C

L'ultimo esempio è il seguente:

Luce Viola +

Luce arancio =

-----------------------------

luce bianca + Magenta

 perché la luce viola è composta da: Magenta + Ciano e la luce arancio da: Giallo + Magenta.

Dalla semplice somma dei due colori secondari si ottiene un primario: My + Cz + Gx + My = Bh

Una cromonomia possibile

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I nomi attribuiti ai vari secondari presenti nella scala cromatica variano a seconda della casa

 produttrice e sovente sono relativi a fenomeni commerciali di moda. Ecco perché l'attribuzione dei

nomi che segue tenta una possibile generica chiarificazione.

Osserviamo una parte della scala cromatica:

M 6y = Magenta intenso 6y

M 5y + Gx = Rosso 5y + xM 4y + G 2x = Rosso Arancio 4y + 2x

M 3y + G 3x = Arancio 3y + 3x

M 2y + G 4x = Arancio giallo 2y + 4x

M y + G 5x = Giallo Arancio y + 5x

G 6x = Giallo Intenso 6x

Anche se comprende soltanto cinque secondari, la scala cromatica si può trasformare in ragione del

numero dei secondari presenti. Se per esempio tra il Rosso ed il Rosso Arancio vi sono ancora due

secondari, la nominazione si può attuare raddoppiando il nome in apertura, nel seguente modo:

Rosso - Rosso Rosso Arancio - Rosso Arancio Rosso - Rosso Arancio.

Le scale tonali

In Pittura i tre colori primari vengono spesso utilizzati con l'aggiunta dei colori Bianco, per 

 permettere di fingere la sintesi additiva e indicare le alte luci. Il Nero si utilizza per raggiungere

ombre profondissime. Vediamo alcune scale dei tre colori primari che si dirigono verso il nero e

verso il bianco.

Fig. 43 Fig. 44

In Pittura i colori primari quando sono addizionati al colore bianco, tendono a rimanere luminosi e

"puliti", quindi saturi perché non appaiono contenere il corrispettivo luminoso neutro (il grigio). La

stessa cosa succede quando sono i colori secondari ad essere mescolati col bianco. Vicevesa accade

nell'aggiunta del colore nero. Sia i primari che i secondari tendono ad apparire come insaturi,

grigiastri, sporchi. Spesso secondari e primari coll'aggiunta del nero appaiono come colori ternari.

La tavola della Luminosità (fig. 44) mostra alcune scale tonali di primari e secondari.

Composti chimici e variazioni percettive

I colori che normalmente si usano in Pittura sono ottenuti da manipolazioni più o meno complessedi elementi della natura. Oggi è facile trovare in commercio colori sintetici e naturali. Sono sempre

 prodotti da combinazioni chimiche.

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Per esempio l' Azzurro Oltremare, utilizzato anche per lavare la biancheria, è un "Allumina-

carbonato di soda e zolfo". Si vende in polvere e ha la qualità di essere molto saturo e brillante. Il

cosiddetto Blu di Prussia è invece un cianuro di ferro (Fig. ). L'Azzurro di Cobalto è uno zincato di

cobalto (Fig. )

 blu oltremare Blu di Prussi Azzurro di Cobalto

La trattazione chimica dei singoli colori è estranea al nostro discorso. Ci basti sapere che in

commercio esistono libri che specificano tutti i composti chimici dei colori. Le composizioni

chimiche possono reagire, nel tempo, in modi diversi in ragione di tanti fattori, determinando

colorazioni diverse e percezioni visive affatto diverse. Le variazioni che ci portano a percepire in

modi diversi i colori, oltre che essere determinate dai composti chimici, sono anche relative a

diversi fenomeni fisici:

1) variazione in funzione della luce che li illumina. Se per esempio la fonte luminosa emette tutte leonde elettromagnetiche dello spettro luminoso, allora la luce è chiamata luce bianca. La luce bianca

 permette di percepire il colore nella sua interezza, senza distorsioni di sorta. La percezione della

medesima croma risulterebbe diversa se colpita da una luce che a noi appare bianca, ma che in

realtà ha delle dominanze cromatiche non facilmente percepibili. Infatti scattando due fotografie

spesso restiamo sorpresi dai risultati cromatici, non affatto previsti. La stessa foto scattata a

mezzogiorno possiede una luce ed un colore diversi da quella fatta al tramonto (la luce del tramonto

è notoriamente giallo-arancio). La Teoria della costanza gestaltica ci porta ad adeguare la

 percezione in rapporto alla luce esistente, ed è per questo che non ci rendiamo conto della

variazione graduale che va dalla luce bianca del mezzogiorno a quella giallo-arancio del tramonto.

La differenza di colore della luce è quantificata attraverso i gradi Kelvin della TEMPERATURA DI

COLORE.

La Temperatura di colore varia col variare del sistema che produce la luce. Abbiamo energia

luminosa dovuta alla combustione (luce solare, del fuoco, di gas), alla incandescenza dei metalli

(luce di un colore variabile in rapporto al metallo e alla temperatura raggiunta durante

l'incandescenza); ai fenomeni quali la fosforescenza e la fluorescenza. Oltre alla qualità cromatica

della luce, variazioni percettive del colore sono da imputarsi anche alla quantità. Generalmente una

 bassa quantità di luce produce una percezione tendente a colorazioni insature.

2) Variazioni in rapporto allo spessore del colore posto sul supporto che lo ospita. In Pittura la

campitura a corpo equivale ad una stesura di colore denso, opaco e con notevole spessore.

Viceversa la campitura a velatura si ottiene utilizzando pasta pittorica colorata trasparente e diluita,

in modo da far vedere il fondo/supporto.3) Variazione in relazione al "Medium" utilizzato. Il medium è la sostanza collante che serve per 

fermare il colore sul supporto. Se trattasi di colore ad olio il Medium utilizzato è generalmente olio

di lino. Una tempera può avere come sostanza collante una colla animale. La tempera "Guazzo" ha

 per colla la Gomma Arabica. La struttura molecolare del Medium è importantissima perché

 permette variazioni cromatiche e percettive notevoli.

4) Variazione in ragione del tipo di superficie ospitante. Se il supporto è tela o legno, o tela

 preparata o metallo, se carta o intonaco ecc. Anche Il colore del supporto influisce certamente sulla

qualità del colore campito. Ancora di più influisce sul colore il tipo di superficie del supporto. Se si

tratta di superficie liscia, semiruvida o ruvida, se il materiale è poroso e assorbente o compatto e

idrorepellente.

Bibliografia

 

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- Massimo Astrua "Principi di Fotocromia" editoriale A - Z

- Josef Albers "Interazione del colore" Pratiche ed.

- Johannes Itten "Arte del colore" Il saggiatore

- J. Wolfgang Goethe "La teoria dei colori" Il Saggiatore1978

- Gino Piva "La tecnica della pittura ad olio" Hoepli

- Cennino Cennini "Trattato della pittura"- Paul Klee "Teoria della forma e della figurazione" Feltrinelli

- Wassily Kandinsky "Punto linea e superficie" Adelphi