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37 PERCEZIONE VISIVA ED AZIONE Naturalmente la vista e gli occhi non sono una prerogativa solo dell’uomo anzi, la capacità di vedere è cosi utile che gli occhi si sono evoluti in periodi distinti e lunghissimi nella storia della natura. Ma nonostante alcune specie abbiano caratteristiche migliori dell’uomo, non c’è creatura al mondo che decodifica gli oggetti come viene fatto dall’uomo, permettendoci di affermare che la vista non avviene nell’occhio ma bensì nel cervello. Agire e vedere sono due azioni strettamente collegate, dove molte azioni motorie sono una risposta ad uno stimolo visivo, come ad esempio schivare un colpo, saltare un ostacolo, imitare, anticipare, agire per sopravvivere o per egoismo, solo in alcuni casi nascono direttamente dalla fantasia, ( ad esempio chiedere ad un allievo un gesto fornendo spiegazioni verbali senza far vedere loro come si esegue ), ma che sia azione o reazione, tutti i gesti scaturiscono grazie alla creazione nella mente in modo nitido del gesto o movimento che si andrà a compiere, creando una mappatura neurale di tale gesto o movimento, come descritto in precedenza in “aspetti neuronali”. A mio avviso, tale meccanismo è sottovalutato soprattutto nel ruolo del portiere, infatti non ci siamo mai chiesti il perché quando siamo in un ambiente aperto spalanchiamo gli occhi per prendere tutti i particolari a 360° ma se invece dobbiamo fare ”centro” prendiamo la mira con un solo occhio. Il collegamento tra azione e percezione visiva è stata resa più chiara negli ultimi decenni grazie alla scoperta di un gruppo di neuroni visuo-motori come i neuroni SPECCHIO e i neuroni CANONICI, Tra gli anni '80 e '90 un gruppo di ricercatori dell'Università di Parma coordinato dal prof. Giacomo Rizzolatti iniziò a dedicarsi allo studio della corteccia premotoria osservando come scaricano i neuroni di una scimmia nel compiere azioni motorie, ma nel mentre che uno sperimentatore prendeva una banana in un cesto di frutta, alcuni neuroni della scimmia reagirono soltanto osservando. Da allora iniziò un periodo di nuovi studi che portarono alla scoperta dei NEURONI SPECCHIO, aprendo la strada a nuove frontiere della neuroscienza. In poche parole i neuroni specchio sono quella classe di neuroni che scaricano,( accendono ),sia quando si compie, sia quando si guarda chi esegue un azione motoria, senza che essa venga imitata, per via dei freni inibitori, ma in alcuni casi capita di non frenare questo riflesso ed accennare o addirittura eseguire il movimento che si osserva. L'esempio più classico risulta essere lo sbadiglio, chi tira un calcio a vuoto guardando un giocatore che calcia una palla, chi tira pugni guardando un incontro di boxe, ecc.

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PERCEZIONE VISIVA ED AZIONE Naturalmente la vista e gli occhi non sono una prerogativa solo dell’uomo anzi, la capacità di vedere è cosi utile che gli occhi si sono evoluti in periodi distinti e lunghissimi nella storia della natura. Ma nonostante alcune specie abbiano caratteristiche migliori dell’uomo, non c’è creatura al mondo che decodifica gli oggetti come viene fatto dall’uomo, permettendoci di affermare che la vista non avviene nell’occhio ma bensì nel cervello. Agire e vedere sono due azioni strettamente collegate, dove molte azioni motorie sono una risposta ad uno stimolo visivo, come ad esempio schivare un colpo, saltare un ostacolo, imitare, anticipare, agire per sopravvivere o per egoismo, solo in alcuni casi nascono direttamente dalla fantasia, ( ad esempio chiedere ad un allievo un gesto fornendo spiegazioni verbali senza far vedere loro come si esegue ), ma che sia azione o reazione, tutti i gesti scaturiscono grazie alla creazione nella mente in modo nitido del gesto o movimento che si andrà a compiere, creando una mappatura neurale di tale gesto o movimento, come descritto in precedenza in “aspetti neuronali”. A mio avviso, tale meccanismo è sottovalutato soprattutto nel ruolo del portiere, infatti non ci siamo mai chiesti il perché quando siamo in un ambiente aperto spalanchiamo gli occhi per prendere tutti i particolari a 360° ma se invece dobbiamo fare ”centro” prendiamo la mira con un solo occhio. Il collegamento tra azione e percezione visiva è stata resa più chiara negli ultimi decenni grazie alla scoperta di un gruppo di neuroni visuo-motori come i neuroni SPECCHIO e i neuroni CANONICI, Tra gli anni '80 e '90 un gruppo di ricercatori dell'Università di Parma coordinato dal prof. Giacomo Rizzolatti iniziò a dedicarsi allo studio della corteccia premotoria osservando come scaricano i neuroni di una scimmia nel compiere azioni motorie, ma nel mentre che uno sperimentatore prendeva una banana in un cesto di frutta, alcuni neuroni della scimmia reagirono soltanto osservando. Da allora iniziò un periodo di nuovi studi che portarono alla scoperta dei NEURONI SPECCHIO, aprendo la strada a nuove frontiere della neuroscienza. In poche parole i neuroni specchio sono quella classe di neuroni che scaricano,( accendono ),sia quando si compie, sia quando si guarda chi esegue un azione motoria, senza che essa venga imitata, per via dei freni inibitori, ma in alcuni casi capita di non frenare questo riflesso ed accennare o addirittura eseguire il movimento che si osserva. L'esempio più classico risulta essere lo sbadiglio, chi tira un calcio a vuoto guardando un giocatore che calcia una palla, chi tira pugni guardando un incontro di boxe, ecc.

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Da questa reazione possiamo affermare che i neuroni specchio servono ad apprendere visivamente per imitazione ma anche a “leggere nella mente” ovvero leggere le intenzioni altrui mediante i movimenti creando così una sorta di reazione ad una ipotesi ossia quello che è meglio conosciuta come: ANTICIPAZIONE MOTORIA. Poniamo un esempio : osservando un uomo che tiene in mano un bastone e ci viene incontro con un espressione aggrottata e minacciosa possiamo ipotizzare la futura azione aggressiva nei nostri confronti. Questo è reso possibile dal fatto che scaricando i stessi neuroni, pur non compiendo l'azione motoria, possiamo capire le emozioni altrui ( empatia ), e di conseguenza prepararci ad una reazione come scappare, schivare il colpo o aggredire per prima, ecc. Su questi concetti si dovrà costruire la base di un portiere di calcio in quanto soggetto a tempi d'intervento brevi dove l'unica possibilità che ha di riuscire è cercare di giocare d'anticipo sull'avversario sapendo "leggere le intenzioni altrui". Certo ci si potrebbe sbagliare nella lettura delle ipotesi, o l’avversario essere più veloce nel cambiare schema motorio ma generalmente il corpo non mente mai. È logico che se non siamo in possesso delle conoscenze che regolano le rappresentazioni motorie coinvolte non potremmo mai arrivare a leggere le intenzioni o il comportamento e immaginare le conseguenze, ed è per questo che risulta di fondamentale importanza costruire un bagaglio ampio di esperienze motorie e cognitive creando un vero e proprio alfabeto personale delle proprie possibilità e del mondo che ci circonda. E’ forse questa la spiegazione razionale del famoso aggettivo “INTUITO DA PORTIERE” ? “l’attivazione di questi neuroni permette la comprensione immediata del significato intenzionale delle azioni degli altri senza la necessità di ogni esplicita o deliberata mentalizzazione” Prof G. Rizzolatti.1 1) – Giacomo Rizzolatti nato nell'allora Unione Sovietica, nel 1961 si è laureato in Medicina all'Università degli Studi di Padova ed ha ottenuto nel 1964 la specializzazione in Neurologia.

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I NEURONI CANONICI sono simili ai neuroni specchio e si trovano nella corteccia premotoria del lobo frontale. Sono quei tipi di neuroni che si attivano anche alla sola vista di un oggetto che ha come proprietà intrinseca l'afferrabilità, creando cosi una mappatura neuronale di tale gesto pur non compiendo l'azione stessa di afferrare, come avviene ad esempio, quando guardiamo un frutto su un albero. Tale gesto probabilmente è motivato dalla sopravvivenza quindi da un bisogno primario come la fame. Se invece parliamo di sport ed esaminiamo le proprietà intrinseche di una palla tutti noi ci rivediamo da piccoli che la prendiamo a calci oppure la afferriamo. La differenza tra questi due gesti è che il gesto di afferrare la palla molto probabilmente è motivato dal possesso e dall'ego, mentre il gesto di calciare è praticamente indotto dal fatto che il calcio è lo sport più visto e praticato. Per un portiere di calcio in teoria, tali neuroni dovrebbero accendersi già soltanto alla vista della palla ipotizzando di afferrarla, preparando cosi nella mente una sorta di azione visuo-ideo-motoria prima ancora che avvenga. E’ forse questa la spiegazione razionale della famosa frase "ISTINTO ALLA PARATA" ?

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APPARATO VISIVO, ( nozioni base ) Per capire la percezione bisogna prima di tutto liberarsi dall’idea che l’immagine appena visualizzata venga ritrasmessa al cervello come una proiezione sullo schermo di un cinema, ma considerare che non appena le radiazioni luminose,( input esterni ), sono convertite in impulsi neurali, creano descrizioni simboliche che nascono da un alfabeto creato dalla personalissima interpretazione e opinione del mondo. Una parte notevole del cervello, costituita da almeno 30 aree visive,( lobi occipitali e da parte dei lobi parietali e temporali ), contengono una mappa completa o parziale del mondo visivo, creando cosi aree adibite al riconoscimento del colore, della forma, profondità, ecc. passando attraverso almeno 3 vie fondamentali : Ø via Recente Ø via Arcaica Ø via Emozionale o dei Riflessi. La via Recente risiede nei lobi parietali e si occupa degli aspetti spaziali della visione, stabilisce dov’è un oggetto ma non cos’è. Se danneggiata sviluppa una visione a tunnel. La via Arcaica si divide in 2 flussi : Ø il "flusso del come" Ø il "flusso del cosa". Il "flusso del come" risiede nei lobi parietali e presiede al rapporto tra oggetti visivi nello spazio. Ha forti legami con il sistema motorio ( schivare, scavalcare, afferrare, parare, ecc.) Il "flusso del cosa" risiede nei lobi temporali e presiede alla correlazione delle caratteristiche all’interno degli oggetti visivi, consente l’identificazione e la classificazione degli oggetti con precisione ( distingue una P da una Q ), ma non assegna nessun significato. Il "flusso del cosa" a sua volta si divide in una nuova via in quanto al fatto che i segnali neuronali quando superano il giro fusiforme, prima di arrivare ai lobi temporali, evocano la parte semantica degli oggetti visivi ( la semantica è la scienza dei significati ), per poi di seguito attivando i neuroni dei lobi temporali si attiva nell’area di Wernike la parte del linguaggio ( leggere, scrivere, ecc. ) per poi, una volta estratto il significato, i messaggi arriveranno all’amigdala evocando sentimenti. Questa sottovia prende il nome di via Emozionale o dei Riflessi e si occupa di stimoli animati tipo andature e movimenti del corpo, espressioni facciali, ecc Da aggiungere

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CINGOLO ANTERIORE : parte dove vengono elaborati i pericoli ed i problemi cui un individuo è soggetto nel normale decorrere delle proprie esperienze. Può essere considerata come una sorta di sistema di allarme silenzioso. Riconosce il conflitto in essere quando la risposta del soggetto è inadeguata rispetto alla situazione. INSULA : adibita a diverse funzioni spesso legate all'emotività oppure alla regolazione dell'omeostasi corporea. Queste funzioni includono la percezione, il controllo motorio, l'auto-consapevolezza, le funzioni cognitive, e l'esperienza interpersonale. Dal libro : “l’uomo che credeva di essere morto” di Vilayanur S. Ramachandran.

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Da questo riassunto si evince quanto un semplice atto visivo comporti un alto giudizio ed una complicata interpretazione dove la percezione finale è dettata dall’alfabetizzazione personale e dall’opinione che ci facciamo del mondo attivo e non una reazione passiva a un input sensoriale proveniente da quel mondo. L’esempio più classico è dato dall’illusione che crea il cubo di Necker che può apparire in due forme diverse, con una visuale dall’alto oppure dal basso, testimoniando che a cambiare non è la forma ma bensì la nostra percezione. In questa immagine tutti riconosceranno il simbolo della R.A.I. come una farfalla, ma se si osserva bene sono anche due volti che si guardano.

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Nel corso degli anni gli scienziati hanno ideato abilmente centinaia di “illusioni” ottiche per aiutare a comprendere le ipotesi alla base della percezione visiva e usando semplici luci colorate, arrivarono a capire le leggi della visione cromatica, scoprendo che nell'occhio abbiamo unicamente 3 classi di fotorecettori per il colore, anche se ne distinguiamo diversi e con relative graduazioni : § Recettore per luce rossa § Recettore per luce verde § Recettore per luce blu. Qualsiasi colore osserveremo si andrà ad attivare tali recettori e soltanto dopo i centri corticali superiori interpreteranno ciascun rapporto come un colore diverso. Ad esempio il colore giallo nello spettrogramma dei colori è posto tra rosso e verde, e quando lo si osserva i recettori che si attiveranno saranno appunto il rosso e il verde portando il cervello a riconoscere le varie sfumature per poi accettare ciò che si vede come colore giallo. Descrivere nei dettagli come avviene tale processo è un argomento che meriterebbe essere approfondito ma potrei divulgarmi troppo uscendo dal tema, quindi mi basta far comprendere il perché spesso con le sfumature colorate si è in disaccordo evidenziando come molte persone abbiano problemi di natura fotocromatica come ad esempio il daltonismo,( che porta a percepire solo con scale di grigio che vanno dal bianco al nero ), la acromatopsia,( la totale incapacità di riconoscere un colore ), La sinestesia,( quando gli stimoli percettivi non vengono percepiti come distinti ma connette due parti cerebrali diverse. la più diffusa è la sinestesia grafema, che associa un numero con un colore portando a vedere realmente tale numero del colore associato ). Nel ruolo del portiere di calcio riconoscere i colori in modo rapido, è un aspetto sottovalutato e ritenuto di poca valenza ma basti pensare che il portiere non perdendo mai di vista la palla, quindi utilizzando la visione centrale, dovrà riconoscere chi lo circonda mediante la visuale periferica e distinguere chi è avversario o compagno di squadra solamente attraverso i colori. Si provi ad immaginare la situazione di un uscita di porta in mischia e la vista del portiere è concentrata sulla palla,( quindi la sua testa è inclinata verso l'alto ), e dovrà afferrarla nel momento esatto con il tempo esatto nello spazio e in più dovrà capire se nelle sue vicinanze vi sono compagni che difenderanno la sua azione o avversari che lo disturberanno utilizzando esclusivamente la visione periferica.

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Un’altra situazione importante si riscontra nel caso di una respinta corta o una palla vacante nelle sue vicinanze ed il portiere si appresta ad un attacco in tuffo per afferrare la palla,( oppure è già in terra ),ma la sua visuale è obbligata verso il basso e l’unico modo per capire se i piedi di un giocatore nelle sue vicinanze è amico o avversario rimarrà il riconoscimento del colore dei calzettoni. Per avere un riscontro veloce basta far eseguire al portiere dei tuffi in sequenza e ripetuti chiedendo di toccare dei cinesi colorati al vostro comando. Si noterà che, raggiunto uno stato di affaticamento sarà soggetto a sbagliare colori. In una fase di gioco concitata e confusa dal numero di giocatori vicini ed in movimento, il portiere potrebbe facilmente incappare in decodifiche errate anche se dotato di buona vista, per il fatto che le situazioni spesso creano illusioni legate alla dinamica, stress del momento ed anche per un giochi di luci ed ombre. Va ricordato che la frase "quando perdi la pazienza non ci vedi più" è di una estrema esattezza in quanto l'ira restringe il capo visivo a tutti gli effetti provocando una visione ristretta.

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Per aiutare a comprendere tale problema riporto di seguito esempi di figure con illusioni ottiche che lasciano intendere la particolarità della visione legata alle sorgenti di luce. Nella figura sottostante osservando i cerchi con diverse sfumature che partono dal nero al grigio per finire con il bianco, si può scegliere di osservare che la luce venga da sinistra e quindi vedremo delle palle illuminate, ma se decidiamo di vedere la luce da destra vedremo delle concavità , ma mai vedremo le due cose simultanee. Nel caso seguente si simula che la luce venga dall’alto e metà dei cerchi sia decodificata come concavità e l’altra metà come rilievo. Rovesciando il disegno le cavità e i rilievi si cambieranno di posto.

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La domanda nasce spontanea, perché avviene tutto questo? Un famoso neuro scienziato Vilayanur S. Ramachandran1, ci fornisce un ipotesi molto convincente nel suo libro “ L’uomo che credeva di essere morto” ipotizzando che l’uomo, essendosi evoluto in un ambiente in cui la sorgente luminosa,( il sole ), illumina sempre gli oggetti dall’alto verso il basso, abbia negli anni sviluppato una tendenza a percepire un mondo in cui gli oggetti sono illuminati appunto, dall’alto verso il basso, ed è per questo motivo, probabilmente che si hanno molti problemi nel calcolo spazio-tempo quando si è in situazione di luce artificiale. Tutto ciò si deve alla plasticità neurale, che permette alle strutture cerebrali di variare le reti di comunicazione tra i neuroni,( sinapsi ), per adattarsi alle condizioni esterne, confermando comunque che non vediamo il mondo come è ma per come lo percepisce il nostro cervello. E proprio a testimoniare questa frase è il punto cieco che abbiamo nell’occhio. Scoperta solo nel XVII secolo dal fisico francese Edme Mariotte, risulta essere una piccola area della retina che non contiene recettori per la luce, ed è quindi cieca per il fatto che i fasci nervosi provenienti dalle varie zone della retina si riuniscono a formare il nervo ottico, e vengono incanalati verso il cervello interrompendo la retina. Questo buco non viene notato consciamente, per due ragioni: ü L'altro occhio fornisce al cervello informazioni ü Se l'altro occhio viene chiuso, il cervello riempie il buco usando informazioni provenienti dalle zone immediatamente circostanti creando una supposizione che potrebbe anche essere sbagliata. Per scoprire tale buco si può eseguire un piccolo test : Osservando l'immagine di seguito, copriamo l'occhio sinistro e ponendoci ad una distanza di circa 30 cm, fissare con l'occhio destro la croce senza muovere gli occhi. Muovendo avanti e indietro la testa, dovremmo notare che il pallino a destra scompare e riappare alternativamente. Questo perché, quando il pallino passa attraverso il punto cieco dell'occhio destro, il cervello usa l'area circostante (completamente bianca) per riempire il pezzo mancante; funziona anche coprendosi l'occhio destro e fissando il pallino.

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Nella figura sottostante vediamo tre cerchi a cui manca uno spicchio perfettamente uguale e posizionati con la parte mancante verso il centro. In questo caso l’apparato visivo trova il modo di spiegare la coincidenza elaborando una supposizione: quante probabilità ci sono che questi 3 cerchi siano cosi posizionati per casualità ? La risposta crea addirittura per alcuni, l’illusione di vedere i lati del triangolo. Esercitarsi con un occhio bendato è un ottimo espediente a finche’ si attivi a livello neuronale, la creazione di nuove connessioni sinaptiche che porteranno l’allievo in primo momento ad abituarsi a tale visuale e quindi adeguarsi nelle risposte motorie e di seguito ad essere in grado con l’utilizzo della vista bifocale ad analizzare molti più particolari del mondo che lo circonda. Si provi ad effettuare una serie di cross dal fondo con l’allievo bendato di un occhio, sarà evidente come inizialmente sceglierà risposte motorie inadeguate, andando fuori tempo o addirittura mancando clamorosamente la palla, ma di seguito troverà l’adeguamento creando nuove connessioni sinaptiche fino al raggiungimento del gesto esatto. Un esempio incredibile è la storia del portiere inglese Gordon Banks il quale dovette ritirarsi dal calcio a seguito di un incidente stradale nel 1972 che gli fece perdere un occhio, ma dopo un anno di inattività, fece una stagione nella Lega calcio nord-americana nelle file del Lauderdale’s Strikers, conquistando il premio come miglior portiere del campionato nonostante giocò con un occhio solo.

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Lo scopo della visione non è quello di percepire le cose in maniera perfetta ma di percepirle bene, abbastanza spesso e in fretta da permetterci di sopravvivere il più a lungo possibile. Certo una simile scorciatoia ci espone anche ad alcuni giudizi sbagliati nella decodifica, come avviene ad esempio quando inclinando la testa varia totalmente l’esposizione dell’oggetto visivo. In effetti succede quando si è sdraiati su un letto a guardare la tv su un fianco e sentiamo il bisogno di sollevare la testa per vedere meglio la scena altrimenti tutto ci appare confuso e non riusciamo a decodificare i dettagli. Da questo esempio non posso non pensare ad un portiere impegnato nell’atto del tuffo che si trova ad afferrare la palla con il corpo in posizione orizzontale, e a quanti problemi potrebbe avere nella decodifica dei segnali visivi, a maggior ragione se il portiere è in giovane età e quindi non ha ancora accresciuto il suo livello cognitivo ne tantomeno quello fisico ma neanche ha avuto ancora modo di creare la sua alfabetizzazione del se' come persona, come atleta e del mondo che lo circonda. Si pensi a tutto ciò che un portiere deve analizzare e decodificare e di conseguenza scegliere la sua futura azione a seconda di : v Età anagrafica v Età biologica v Esperienze vissute v Analisi dei movimenti dei compagni di squadra v Analisi dei movimenti degli avversari v Analisi della traiettoria, velocità, altezza e profondità della palla v Luce naturale o artificiale v Aspetti ambientali v Associazione motorie Sicuramente qualcosa mi sfuggirà da questo elenco ma spero che questo mio assunto sia utile a comprendere la difficoltà di un portiere special modo se giovane ed in fase adolescenziale con tutti i problemi che l’età comporta, e quanto sia fondamentale una figura competente che sia capace di accompagnare nelle esperienze portandolo a FARE e CAPIRE, perché per abituare a decodificare la vista a tante informazioni a cui sarà sottoposto ci vogliono anni di lavoro intenso e ripetuto per permettere alla mente di creare connessioni e mappature neuronali funzionali. In poche parole per abituare un giovane allievo a decodificare tale visuale non c’è metodo migliore che tuffarsi, certo questo è un gesto che si compie da anni, ma almeno ora si è a conoscenza del perché.

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SUGGERIMENTI Test : un portiere al centro della porta dovrà essere impegnato focalizzando la vista centralmente altezza viso mentre l’istruttore collocato all’altezza di un palo su area piccola mostrerà in sequenza dei cinesini colorati man mano che scenderà verso il palo. L’allievo dovrà riconoscere i colori senza mai girare gli occhi verso l’istruttore. Si può ripetere effettuando dei tuffi nel mentre l’istruttore solleva o addirittura lancia un cinesino colorato costringendo l’allievo a riconoscere il colore durante la fase di volo, ossia con il corpo in orizzontale. Esercitazione : 1) un portiere in porta con 1 compagno davanti posto centralmente a breve distanza che tiene impegnata la sua visione centrale con dei semplici scambi variabili ma centrali. 2 compagni posti al limite dell’area piccola in corrispondenza dei pali su una postazione con cinesino colorato con una palla in mano, e l’istruttore che si collocherà dietro la porta con in mano due cinesini di colore corrispondente alle postazioni. All’atto di alzare un cinesino senza usare stimoli uditivi, per non dare segnali preparatori, l’allievo corrispondente al colore lancerà la palla verso porta sul suo lato corrispondente. Il portiere sarà costretto a mettere a fuoco la visuale periferica.

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Varianti : gli allievi che lanciano, pian piano si apriranno sempre di più aumentando il raggio periferico, arrivando anche a calciare, ma questo dipenderà dal grado di bravura degli allievi. 2) il portiere in porta e i compagni posti, uno centralmente sul quale si dovrà focalizzare lo sguardo ed altri in posizioni lateralmente. Al via tutti effettueranno una rincorsa tali da arrivare sulla palla in contemporanea ma solo uno calcerà in porta mentre gli altri scavalcheranno la palla con un salto. Questi sono soltanto 2 esercitazioni ma in realtà se ne possono fare tanti quante azioni avvengono in una partita. L’importante è la creatività dell’istruttore. 1) – Vilayanur Subramanian Ramachandran (1951) è un neuroscienziato indiano meglio conosciuto per il suo lavoro nei campi delle neuroscienze del comportamento e della psicofisica. Si laurea in medicina allo Stanley Medical College a Madras, in India, e al Trinity College dell'Università di Cambridge. Attualmente è professore di neuroscienze e psicologia presso l'Università della California a San Diego, direttore del Center for Brain and Cognition, e professore aggiunto di Biologia al Salk Institute for Biological Studies. Inoltre è autore di oltre 120 pubblicazioni scientifiche. Scrive per Scientific American ed è apparso nei documentari PBS. La rivista Newsweek lo ha definito una delle "cento persone più importanti del nostro secolo.

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IL TALENTO Cos'è il talento ? Per definizione colta dalle enciclopedie si definisce Il talento come l'inclinazione naturale di una persona a far bene una certa attività. Nell’immaginario collettivo si sente spesso esclamare “Che talento!”...“Fin da bambino era un talento”, ma la maggior parte delle volte queste affermazioni vengono collegate solo a casi di successo che di sicuro sono esempi incoraggianti, ma in realtà tutti noi abbiamo un talento nascosto e quindi da sviluppare, specialmente un bambino che deve ancora conoscere il mondo che lo circonda, portandoci ad affermare che ognuno di noi saprà fare almeno una cosa al mondo meglio di chiunque altro. Si trovano in rete immagini di giovani calciatori capaci di numeri che lasciano a bocca aperta, ma anche video di giocatori come Maradona, Messi, Totti, Cristiano Ronaldo, ecc in giovane età, che già erano abili nel loro mestiere, o addirittura di bambini che già a 6-8 anni suonano la batteria o un altro strumento alla perfezione. Un bambino che vuole fare calcio, inizia all'età di 6 anni, così come in tanti altri sport e se dimostra abilità nel saper fare, si afferma con troppa fretta che si è davanti ad un "talento puro" dove si crede che sia nato con queste abilità commettendo un grave errore,( anche se poi tale pensiero in ogni caso sarà psicologicamente positivo, vedi effetto Pigmalione ), perché non ci si pongono domande importanti : "Cosa ha fatto questo bambino prima dei 6 anni? Come ha sviluppato tali abilità? Quale la sua storia personale? “ in un unica domanda “ come e quando ha appreso tali abilità ?” in questa domanda si evidenziano due aspetti : 1. Apprendimento. 2. Abilità. L’apprendimento è l’acquisizione di informazioni che possono essere comportamenti, abilità, valori, ecc portando l’individuo ad un cambiamento seguendo il rapporto dato tra il tempo necessario e le informazioni correttamente apprese. In sostanza è un cambiamento/adattamento più o meno permanente, che deriva dalle esperienze che provocano un cambiamento soprattutto nella struttura cerebrale creando nuove connessioni sinaptiche.

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Per abilità intendo la capacità di un individuo, in questo caso atleta, di saper fare determinati gesti coordinativi dal più semplice al più complesso e di conseguenza la possibilità di ampliare tale capacità determinata soltanto dal numero di esperienze a cui sarà sottoposto. Se facciamo riferimento agli studi di Jean Piaget sullo sviluppo dei processi cognitivi in età evolutiva dove traccia una linea guida delle tappe di apprendimento dei bambini da 0 a 16 anni, si evidenzia come tutto verrà appreso creando nel tempo idee, ipotesi, deduzioni ecc, cosi come vengono appresi le abilità motorie Step-by-Step che porteranno un bambino dal gattonare al camminare al correre e cosi via, convalidando le tesi che dapprima faceva riferimento Freud dove affermava che tutto si crea i primi 6 anni di vita, e che ora la neuroscienza, afferma che sono fondamentali i primi 3/4 anni di vita. Una teoria che ha trovato molti riscontri positivi afferma che le emozioni non fanno parte del DNA, ma si apprendono attraverso la trasmissione di valori da parte della famiglia, dalla letteratura nelle scuole, ecc, creando cosi lo sviluppo dell’empatia, una grande capacità di immaginazione ( neuroimagery ), e quindi lo sviluppo della fantasia. Da tutto questo come riferimento, affermo che il “talentuoso” non è nient’altro che un bambino che ha avuto un processo sia fisico che cognitivo significativo portandolo ad usufruire di tutti i sensi che ha sviluppato, udito, vista e tatto in particolare modo, ma anche emotivo e quindi un alto grado di empatia, fondamentale per l’anticipazione motoria,( per approfondimenti vedi “percezione visiva ed azione motoria”), per raggiungere un grado eccelso in ciò che ha scelto di fare, che sia per sua libera scelta o tramandato, portando il livello mentale a sviluppare una tale passione che lo porta a superare qualsiasi tipo di difficoltà che si presenterà arrivando cosi a dire “ sono abile in questo”. Il talento è quindi capacità, apprendimento ma anche impegno legato al grado di motivazione che porterà il bambino da ragazzo a adulto senza mai mollare ciò che ha deciso di fare con una volontà incrollabile, in un continuo miglioramento nel tempo. Cos’è che rende un talento Leo Messi ? Leo Messi è l’esempio perfetto di talento in quanto ha cominciato a toccare il pallone con i piedi fin dal momento che il suo corpo si manteneva in posizione eretta continuando nel tempo per tante ore al giorno a perfezionare sempre di più il controllo della palla giocando.

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Ma la sua vera caratteristica ritengo che sia la capacità di anticipazione motoria nei confronti dell’avversario legata ad un‘alta decodificazione degli aspetti visivi portandolo ad analizzare senza perdere di vista la palla e ciò che succede davanti, ma anche tutto ciò che capita ai sui lati, elaborando risposte motorie in tempi notevolmente bassi usufruendo della visuale periferica. Si nota in effetti con che facilità evita chi cerca di commettere fallo arrivando da posizione laterale.

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CONCLUSIONI In conclusione sembra che da questo assunto sia facile creare talenti nello sport ma in realtà cosi non è perché tutti questi fattori potranno essere influenzati da un numero infinito di cause che porteranno a un percorso diverso o addirittura interrompersi, ma sinceramente stento a credere che un bambino appena nato conosca il calcio, la musica, il ballo ecc portandomi ad affermare con profonda convinzione che il talento sicuramente si è cominciato a formare nel tempo, iniziando proprio dal momento in cui cerca di conoscere il mondo che lo circonda attraverso il tatto, ossia fin dai primi giorni di vita.