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    Direttore Luca Beltrami Gadola

    numero 24

    28 luglio 2009

    edizione stampabile

    In questo numero

    Sanit- Ileana Alesso - ABORTO: COMUNIONE E LIBERAZIONE AL POLICLINICO

    DallArcipelago - Pier Vito Antoniazzi -CONGRESSO. NON ASPETTIAMO ROMA. SE CERCAS-SIMO LA BONINO?

    Approfondimenti - Mario Cantilena - UN ESAME PER IL MINISTRO GELMINI

    Lettera - Francesco Borella - LO SFREGIO DEL PARCO DELLE CAVE

    Metropoli- Giuseppe Ucciero- SULLA SOLITUDINE DEL POLITICO

    Societ - Franco DAlfonso- LA PAURA FA IL 70%

    Citt - Emanuele Patti - UNA PICCOLA WOODSTOCK

    Mobilit- Guido Martinotti - MARCO PONTI REAZIONARIO? PERCH?

    Ambiente e scienza - Jacopo Gardella - PARCO DELLE CAVE E GIARDINO DI VIA TERRAGGIO

    Economia- Maurizio Mottini - LUSO DEL SUOLO PUBBLICO A MILANO NON PU PI ESSERE

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    SanitABORTO: COMUNIONE E LIBERAZIONE AL POLICLINICO

    Ileana Alesso

    In una citt che in questo scorcio diestate ci ha fatto grazia sotto il profiloatmosferico di una maggiore vivibili-t giunta per la notizia delle nomi-ne ai vertici degli Istituti di ricovero ecura di carattere scientifico di Milanoe Pavia.

    Sono cattolico e quindi anti-abortista ha dichiarato il nuovo Pre-sidente della Fondazione Policlinicodi Milano, Giancarlo Cesana, nomi-nato dal Presidente della Regione

    Lombardia, Roberto Formigoni. Euna dichiarazione che desta preoccu-pazione, non per il legittimo profilopersonale e confessionale di apparte-nenza a Comunione e Liberazione,peraltro noto e tale da rendere super-flua la dichiarazione medesima. Pre-occupa perch una dichiarazioneresa in qualit di neo Presidente delpredetto Istituto che istituzional-mente preposto, quale che sia il con-vincimento intimo e personale di chine ha la rappresentanza, a provvederealle prestazioni sanitarie minime pre-

    viste dalle vigenti leggi dello Stato ivicompresa la legge n. 194 del 1978sullinterruzione, volontaria o tera-peutica comunque sottoposta a limitie condizioni di gravidanza.

    E sotto questo aspetto colpisce il trat-to della comunicazione e lassenzadella distinzione tra sfera personale esfera istituzionale, tra la libert ine-rente la prima e i doveri e la consape-volezza degli stessi conseguenti la

    seconda. Peraltro proprio sulle di-stinzioni che si fondano legalit elaicit che non fanno discendere leregole di condotta di una collettivitdi persone da precetti che riguardanoinvece le comunit di fedeli. Ed inspregio alla laicit e legalit che laRegione Lombardia ha, non pi di unanno fa, tentato di forzare luna e

    laltra modificando con un provvedi-mento regionale la legge nazionale194 apportandovi restrizioni eufemi-sticamente denominate linee guida

    di attuazione della 194. E statafermata dal T.A.R. Lombardia (Sez.III, ordinanza n. 707/08) grazie alricorso di un gruppo di medici e dellaCGIL Lombardia ed stata bocciataancor pi sonoramente dal Consigliodi Stato (Sez. V, ordinanza n.5311/08) cui la Regione si era rivoltain sede di ostinato appello.

    Come componente del collegio didifesa dei medici e della CGIL Lom-bardia, insieme ai colleghi prof.DAmico e Angiolini, voglio sottoli-

    neare che i giudici amministrativi nelribadire che un atto regionale non pumai modificare una legge statale han-no confermato lincompetenza regio-nale nella materia dei diritti civili esociali di esclusiva competenza stata-le e hanno ribadito che la 194 ha uncontenuto costituzionalmente vinco-lato poich il legislatore nazionale

    ha tutelato e bilanciato i diritti fon-damentali sia della donna che del

    concepito come gi a suo tempo rico-nosciuto dalla Corte Costituzionale.

    Quale che sia il convincimento diciascuno, e non necessario esserecattolici per essere personalmentecontrari allaborto, contra legemfrapporre ostacoli alle donne che allecondizioni imposte dalla legge 194esercitano le facolt attribuite dallalegge medesima. Se mai e sempre inconformit alla legge predetta occorrerenderne meno tortuoso il percorso di

    applicazione garantendo la presenzadi personale non obiettore in tutte lestrutture sanitarie come peraltro do-vere della Regione e degli Istituti o-spedalieri da attuare anche attraversola mobilit del personale (art. 9 legge194).

    La questione di fondo la laicit e ladifficolt a metabolizzare che Statoe Chiesa sono, ciascuno nel proprioordine, indipendenti e sovrani (Co-stituzione, art. 7). I presagi perlautunno non sono dei migliori se

    poi si pensa che la ASL Milano conla recente circolare (n. 18443) adotta-ta dopo un articolo pubblicato sul periodico cattolico Tempi, ha di-sposto la cessazione della educazionesessuale nelle scuole milanesi. Edu-cazione che aveva come scopo laprevenzione di ogni comportamento arischio degli adolescenti ivi compresalinterruzione di gravidanza nelle mi-norenni italiane e straniere.

    DallArcipelagoCONGRESSO. NON ASPETTIAMO ROMA. SE CERCASSIMO LA BONINO?Pier Vito Antoniazzi

    Un congresso, specie uno quasi fon-dativo come quello del PD di otto- bre, dovrebbe essere loccasione perchiarire una linea politica, fare dellescelte, definire unidentit che parli alpaese in modo chiaro e comprensibi-le. Non ci sono dubbi che ci arrive-remoma gli inizi sembrano pi le-gati alla personalizzazione del con-fronto, con tanto di coinvolgimentodelle famiglie dorigine, vecchie

    ruggini, simpatie, antipatie, enfatiz-zazione di singoli temi, spettacolariz-zazione. Il rischio reale quello di undibattito tutto interno (auto centratosi dice ), distante dai problemi edal linguaggio della gente, in cui an-che i temi concreti o le proposte spe-cifiche rischiano di apparire strumen-tali e finalizzate a un consenso e un posizionamento sempre interno.Intanto la politica e il paese vanno

    avanti, relegando il PD (specie inLombardia) a un ruolo sempre pimarginale. Dice bene Walter Marossi,a marzo 2010 si vota il Presidentedella Regione Lombardia e il candi-dato del centro-sinistra (oddio homesso il trattino, sar perseguibile ?)non pervenuto.

    Perch non partire da qui nel dibatti-to?

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    Anche perch la diretta conseguenzadella non espressione del partitolocale (il famoso partito chedevessere - per tutti i candidati - le-

    gato al territorio) che la scelta verrfatta a Roma.Ci sono persone che ancora non sisono riprese dalla scelta nazionale dicandidare Diego Masi (allora PattoSegni poi AN, ora non so ...) nel

    1995 dando il via allepoca Formigo-ni .E se la Lombardia non si muove (conquel poco di forza che le rimasta)gli equilibri e il realismo nazionalevedono oggi in pole position comecandidato presidente Antonio Di Pie-tro.Col che la caratterizzazione di oppo-sizione sarebbe garantita (in una Re-gione data per persa), ma lulterioredistanza dalla societ lombarda e an-che da tutto larco politico (centro esinistra, ma anche parte dei nostristessi aderenti) altrettanto.Anche lalleanza con lUDC (coneventuale candidatura Tabacci o Pez-zotta) potrebbe discendere solo da unaccordo nazionale. Partendo infatti

    dalla realt che lUDC oggi in giun-ta con Formigoni e che le chance divincere la corsa sono scarse, solo unaccordo nazionale (con altri candidati

    Presidenti regionali allUDC e soprat-tutto con unintesa su un sistema elet-torale proporzionale non bipartitico)potrebbe convincere un leader di que-sto partito a essere della partita.

    E allora si pu fare una sommessaproposta.Se vero che c unarea di voto lai-co e radicale (specie nelle citt lom-barde), se vero che una sinistra de-finitasi socialista, ambientalista e li-berale ancora esiste, e soprattutto se vero che la maggioranza dei voti sonopersi in astensione perch scarso lappeal del ceto politico .Allora perch non andare a cercareEmma Bonino, donna che in questianni, anche senza particolari carichi,non ha perso credibilit umana e poli-tica, come candidata Presidente inRegione Lombardia?Lo si propone a Martina che, se nonha il merito della discontinuit dicui parlano Bersani, Letta, Penati, hail vantaggio della continuit, cio di

    essere in carica e di dover pensaree praticare una politica per questopartito.A lui si chiede di muoversi, esplici-

    tando il fatto di non candidarsi (costogliendo di mezzo quellidea rigidadello spirito maggioritario per cui,grazie ad una regola statutaria, il se-gretario del partito diviene automati-camente candidato premier), e por-tando in congresso una proposta sucui da subito fare unistruttoria.Infine, in questa congressopoli infini-ta, non si capisce perch non affron-tare subito il problema del partitometropolitano milanese.Dato che un segretario che ha persotutto quello che si poteva perdere nonha avuto il buon senso di dare le di-missioni, cogliamo loccasione diottobre in cui si voteranno assembleee segretario, nazionale e regionale, per costituire unassemblea provin-ciale che elegga un segretario (infondo lo Statuto prevede che sia no-minato con primarie, tali e quali quel-le del 25 ottobre).Cos forse a fine ottobre saremo ingrado di condurre una battaglia poli-tica, senza aspettare la Befana.

    ApprofondimentiUN ESAME PER IL MINISTRO GELMINI

    Mario Cantilena

    La studentessa allarg le braccia, conuno sguardo che diceva: OK, se vo-gliamo esagerare esageriamo, ma ov-viamente non si aspetter che possarispondere a domande simili. Le a-

    vevo chiesto dove fosse lo stretto diGibilterra. Incredulo davanti alla suareazione, collocandole davanti unacarta del Mediterraneo, la pregai ditentare almeno unindicazione a caso:venne fuori che Gibilterra era in Tur-chia.Poco prima, un suo collega, alla miafrase questo accadeva al tempo dellaRivoluzione francese, aveva aggrot-tato le sopracciglia con unespres-sione interrogativa, e, accostandoallorecchio la mano a guisa di con-chiglia, aveva chiesto rivoluzio-

    ne...?: come dire di che roba sta

    parlando? Balbettai, increduloma francese, la Rivoluzione fran-cese! Mai sentita nominare? Dopoun attimo di silenzio, il giovane, pococonvinto, incurv le labbra, scosse la

    testa, e soggiunse: a scuola nonlabbiamo fatta.Eravamo in unaula universitaria, do-ve studenti del terzo anno di un corsodi laurea umanistico (non dir quale)mi confermavano in una vecchia, ra-dicata, solidissima e reazionarissimaconvinzione. Che la scuola non fun-ziona pi, e non funziona pi perch,da quarantanni, a scuola non si boc-cia. Checch si pensi di questa miaeresia, la questione sembra tornatadattualit: i giornali hanno parlatorecentemente -chi con simpatia, chi

    con ostilit, per la maggior parte con

    prudenza neutrale- di un grande ritor-no delle bocciature a scuola. La ricre-azione finita, insomma, arrivato ilcastigamatti, nei panni della ministraGelmini, e dato che anche lArci-

    pelago s occupato della questione,mi permetto di esprimere qui qualcheopinione in materia.

    1) E una decina di anni, ma forse di

    pi, che a ogni inizio dellestate silegge sui giornali di un incrementodelle bocciature: se ne parla, almeno,a ogni riformina degli esami di matu-rit, dal ministero Berlinguer in poi.E tuttavia, ogni volta, le percentualidegli studenti maturi variano di qual-che punto decimale, dal 98,7% al98,4 %, o simili; e questanno, questo

    catastrofico anno, a quanto ho letto,

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    le promozioni complessivamente su-perano il 95%. Domanda inutile: hasenso mantenere in piedi unisti-tuzione come lesame di maturit,

    con commissari che viaggiano, diarieda pagare, fuga di temi via Internet,telefonini etc., se il risultato si avvi-cina tanto al todos caballeros? Nonsarebbe meglio dare a tutti gli studen-ti un certificato che attestasse an-dato a scuola, come una specie dicongedo militare, senza proclamaresolennemente che lo studente matu-ro per gli studi superiori?

    2) Ho parlato degli esami di maturit:ma la situazione la medesima nellescuole di ogni ordine e grado, come sisuol dire. Magari le percentuali dei bocciati varia un po, ma la filosofiagenerale la medesima: lorrore perla bocciatura, considerata dalle fami-glie un incomprensibile usurpazionedi diritti, e dai presidi una iattura daevitare con ogni sforzo. I ricorsi, re-golarmente presentati e regolarmentevinti dai ricorrenti, e la paura di per-dere iscritti, sono ragioni sufficientiper cui nei consigli di classe si eserci-tino pressioni molto energiche perchi quattro diventino sei, e i tre diventi-no cinque, nella pacifica convinzioneche con i cinque non si boccia (chie-

    do scusa per il lessico arcaico: oggi siparla di debito formativo. [La paro-la formativo non mai stata tantoin voga nella scuola e nel-luniversit].Si comincia dalle elementari e dallemedie, naturalmente, dove les- pressione scuola dellob- bligo intesa comunemente come scuolacon obbligo di promuovere. Ma sifinisce alluniversit, dove, anche sepochi lo sanno, non si boccia mai.Alluniversit non si boccia da de-cenni: se lo studente va male, si

    straccia il verbale, e si fa finta che lostudente non si sia presentato. Non siscrive respinto, ohib, come si fa-ceva una volta, quando lo studente -ame capitato- doveva anche pagareuna tassa per la ripetizione di un e-same. E perfino nei moduli prestam-pati dalle segreterie per i verbali alettura ottica, m capitato di vedereche la casella non promosso o re-spinto non nemmeno prevista. In-somma, anche se allo studente di fat-to capita di ripetere un esame, beneche la cosa avvenga senza visibilit,senza clamori, non ufficialmente.Una scuola e ununiversit sans pei-

    ne. E che rimane ancora sans peine,poich, glorificata o vituperata chesia, la fama della ministra Gelmini ,a me pare, alquanto usurpata. Ha

    ripristinato il cinque in condotta.Perbacco, che misura draconiana!Peccato che -se il cinque pu implica-re la bocciatura- un buon voto incondotta faccia media, ovviamenterialzandola, con i voti delle altre ma-terie. O dunque? Dov questo mo-stro di rigorismo?

    3) Ora, bench nutrito di cultura ar-caica, non sono cos fuori dal mondoda non aver mai sentito dire ci cheda decenni si dice: la scuola fattaper promuovere il sapere, non per bocciare gli studenti; devessere ac-cogliente, non arcigna; delle sue inef-ficienze gli studenti sono vittime, non giusto che siano loro a pagarle; lebocciature non risolvono i problemi;la scuola ha bisogno di altro, devefare tante belle cose etc. etc., riassu-mendosi il tutto nel sublime apofteg-ma una scuola che boccia boccia sestessa. N sono cos fuori dal mondoda pensare che in queste argomenta-zioni non ci sia qualcosa di buono edi vero. Certamente la scuola non hacome missione le bocciature, e questecertamente non risolvono i problemi

    della scuola. E vero, ovviamente,che una scuola che boccia non diper s una scuola buona. Ma sicuroche una scuola che non boccia unascuola cattiva. Esiste infatti un equi-voco di fondo, di cui la societ italia-na oramai intimamente permeata.Che la scuola sia un luogo dove esi-stono gli operatori e i fruitori. I primi- gli insegnanti - devono essere cosbravi da saper mettere in piedi qual-cosa che chiamerei uno spettacolo disuccesso; i secondi, assistendo a que-sto spettacolo, devono imparare. Se

    non imparano, vuol dire che lo spet-tacolo non era buono, non interessavaabbastanza, ed colpa di chi lo hamesso in piedi. Purtroppo, per, que-sta tesi dimentica una verit elemen-tare, che una volta era pacifica, e ap-parteneva al deposito del sapere tra-dizionale, e che oggi a quanto pare siscontra con il senso comune. Checio lo spettacolo -se vogliamo chia-marlo cos- a scuola lo si mette inpiedi insieme, insegnanti e studenti.La preparazione degli alunni non di-pende solo da chi insegna. I ragazzinon sono un juke-box, introducendonel quale la moneta giusta, viene fuo-

    ri la musica richiesta. La scuola unafaccenda in cui si lavora in due. Ilmaestro spiega, ma il ragazzo devestare attento. Il maestro insegna, ma il

    ragazzo si deve esercitare su ci chegli stato insegnato. La lezione puessere ottima, ma poi bisogna studia-re a casa. Insomma, il lavoro si fa indue, anzi in tre. I professori devonoinsegnare bene, i ragazzi devono la-vorare bene, e i genitori devono aloro volta occuparsi del fatto che iragazzi lavorino. Cose vecchie edelementarissime, ma essenziali. Pos-sibile che ci sia bisogno di ripeterleoggi? S, possibile, anzi necessa-rio, perch pi che mai oggi, in cui sichiede che la scuola promuova cultu-ra, abbiamo una scuola che promuovesoprattutto studenti.

    4) Certamente esistono professori chenon sono allaltezza del loro compito:oh, se ce ne sono! E per lo pi sono passati attraverso ununiversit giintaccata dalla filosofia spicciola dicui ricordo benissimo gli slogan e icartelloni: abbasso la meritocrazia, noalla selezione, s alla scuola democra-tica, etc. etc. Quegli studenti, tralaltro, una volta laureati, non sonostati sottoposti ai vecchi, stantii, se-lettivi, esami di abilitazione, ma sono

    passati attraverso una burletta che sichiamava corsi abilitanti, in cui adesempio il candidato concordavaqualche mese prima su che cosa a-vrebbe scritto, a casa, il suo pensum,e su questunico elemento sarebbe

    stato valutato. Esito? Abilitati in mas-sa, che hanno atteso anni e anni dientrare in ruolo per pura anzianit.Maestri e genitori cresciuti in questoclima, salvo uneroica presa di co-scienza individuale, difficilmente sa-ranno allaltezza del loro mestiere, efiguriamoci poi con che sensibilit

    potranno applicare i criteri rigorosi digiudizio che richiede una scuola se-ria. Perch, la scuola, seria deve esse-re: non tetra, non arcigna, ma, appun-to, seria: ossia severa nelle-ducarealla responsabilit. I contenuti disci-plinari possono cambiare, e di solitoil sapere scolastico sempre un poarretrato rispetto alle novit dellascienza e della storia. Ma anche colprogramma pi obsoleto, anche nellascuola meno up to date, se i fonda-mentali sono assicurati, una cosasimpara: a essere responsabili di ciche si fa e di ci che non si fa. Se unbambino, come oggi avviene, impara

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    fin da piccolo (e lo impara, OH se loimpara) che alla fine dell'anno, cheabbia studiato o no, per lui c' il lietofine assicurato, imparer prestissimo

    a non essere responsabile di ci chefa. E per converso, se un ragazzo nonsi abitua fin da piccolo a sapere cheesistono esami, prove da superare,ostacoli che rendono il cammino del-la vita impegnativo, risulter psicolo-gicamente fragilissimo: ed ecco infat-ti la spaventosa realt che vede, tra ipochi non graziati da questa scuolasans peine, ogni tanto qualche ragaz-zo suicidarsi. Come a dirci che nellascuola a promozione di massa, nonriuscire a raggiungere nemmeno quel-la uninfamia insopportabile.Mentre tutti, genitori e presidi, do-centi e studenti, dovrebbero sapereci che a noi studenti di scuola mediaspiegava con semplicit il professoredi lettere: la bocciatura non un mar-chio dinfamia, una constatazione difatto, che va interpretata e vissutaserenamente. Chi sa, va avanti proce-dendo verso un sapere pi complesso.Chi non ancora pronto per questo,aspetta per prepararsi meglio. Questecose, allopposto di quanto si pensa, ibambini le capiscono con naturalez-za, e non un caso se in Francia, adesempio, la percentuale delle boccia-

    ture alta soprattutto nella scuolaprimaria. Ma a una societ da qua-rantanni abituata a una scuola facili-sta far digerire queste elementari ve-rit unoperazione impervia. E in-fatti non la tenta nessuno.

    5) E ora un piccolo discorso politico.Non mi attardo a stabilire chi abbia

    responsabilit nello sfacelo. Celhanno un po tutti: lideologia egua-litaria della sinistra, lindulgentismodemocristiano, il vuoto culturale della

    destra. Ma il momento grave.LItalia non autarchica, e si misuracon gli altri paesi: quanto a lungo pupermettersi di divagare, di fronte aquesta questione capitale: vogliamouna scuola seria s o no?Ora qui devo confessare un mio disa-gio personale, da cittadino e da elet-tore. Non c nulla che io desideri di

    pi della fine dellera berlusconiana,da cui mi sento avvilito e oppressoben pi di quanto mi bastino le paroleper dire. Ma vorrei chiedere alla sini-stra, in cui certi idola tribus(il dirit-to al successo scolastico! La cartadei diritti degli studenti!!!) hannotrovato e trovano i teorici e i cantoripi convinti. Ma non vi accorgetecome la pi radicale, la pi sostanzio-sa, la pi decisiva opposizione al ber-lusconismo e a tutto ci che rappre-senta (strafottenza nei confronti delleregole; apparire invece che essere;successo facile e senza fatica; condo-no delle malefatte; e potrei continua-re), la pi potente arma, nei confrontidellaria mefitica che respiriamo daquindici anni, sia la ricostruzione diuna scuola seria? So quanto poco la

    sinistra sia preparata ad accettarequesto. Ricordo una volta Veltroni,intervistato in TV su questi punti, inun evidente disagio, riconoscere adenti stretti che s, la scuola devepremiare il merito [N. B. NON san-zionare il demerito], ma subito preci-pitarsi ad aggiungere che ci sono tan-te cose di cui si deve tenere conto, le

    abilit artistiche, le facolt creativeetc. etc. Caro Veltroni, si pu tenerconto di tutto: ma alla fine, chi saprocede, chi non sa aspetta. Siamo

    daccordo su questo? Gli studentisomari vanno bocciati: siamodaccordo su questo? I professori so-mari vanno cacciati: siamo daccordosu questo? Ahim no! Gi mi vedostudenti, famiglie, sindacati dellascuola, CIDI, partiti di sinistra, i mil-le e mille fautori della scuola demo-cratica rispondere disgustati che iproblemi della scuola sono ben altri.E invece no. I problemi della scuolasono questi, e questo anche il pro-blema del nostro paese.

    La paura di dire di no il tallonedAchille di questa societ, e se laamassimo abbastanza faremmo ognisforzo per guarirla. La scuola che

    boccia boccia se stessa: belle parole,slogan efficace. Ma ho paura che sia-no soprattutto i responsabili di questodisastro che, recitando questo mantra,vogliano assolvere se stessi. La Gel-mini non va contestata perch vuoleuna scuola severa. Va sfidata a faresul serio. Se lei, la laureata in leggeche and a fare lesame di stato inuna sede facile, e che gi da licealeaveva lasciato il suo glorioso liceo

    statale per maturarsi in una pi ac-comodante sede privata, dimostrerdi aver finalmente capito che la scuo-la una faccenda molto seria, le di-remo brava! E sar questa la primavera alternativa alla cultura berlusco-niana, di cui, come cittadino, io nonpotr che sentirmi soddisfatto

    LetteraLO SFREGIO DEL PARCO DELLE CAVE

    Francesco BorellaQuandho visto su Repubblica, duesettimane fa, il pezzo di Luca Bel-trami Gadola dal titolo Quelli chevogliono la privatizzazione del verde pubblico ho pensato che parlassedella vicenda del Parco delle Cave.Invece no, parlava di altro verde arischio di privatizzazione, quellodellIsola, quello di City Life, verdedi progetto, verde di domani dunque.

    Ma forse la logica sempre la stessa,

    e infatti sotto lo stesso titolo potrem-

    mo parlare appunto anche della vi-cenda del Parco delle Cave, del qualeItalia Nostra ha annunciato di doverrinunciare alla cura e al completa-mento, pressappoco per lo stesso mo-tivo: il Comune si occupa solo dellepiccole, futili richieste delle associa-zioni locali che rappresentano inte-ressi particolari (gli arcieri, i pescato-ri, i giocatori di bocce ecc.), moltoattente tuttavia a presentarsi comepoliticamente affini, e tiene nel cas-

    setto e non da corso ai progetti di Ita-

    lia Nostra, progetti di ampio respiroper il completamento del Parco; e percapire quanto tale completamento siainvece necessario basti ricordare chepi della met del parco ancora darealizzare, e che ad esempio la vastacava Ongari Cerutti tuttora recinta-ta, inagibile, degradata e pericolosa.Per capire cosa significhi per Milanoquesta rinuncia di Italia Nostra, ne-cessario fare un po di storia: una sto-ria che ho seguito da vicino, con

    grande partecipazione anche se mai

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    in prima persona, e che quindi mi fapiacere di richiamare.

    E cominciato nel 74 limpegno con-

    creto di Italia Nostra per il verde mi-lanese: su unarea in concessione dalComune di Milano, inizialmente diqualche decina di ettari, alla CascinaS. Romano, in fondo a via Novara, hacominciato a pensare, a progettare, arealizzare e a gestire il Boscoincit-t, quella che sarebbe presto diven-tata la pi importante e qualificataesperienza di nuova area verdedellarea milanese.Liniziativa, partita un po in sordina,ha ben presto avuto i pi ampi rico-noscimenti, sia da parte dellopinione

    pubblica che dellAmministrazione

    comunale: dal sindaco Tognoli in poi,tutte le amministrazioni che si sonosuccedute a Palazzo Marino hannosempre garantito il massimo appog-gio ed hanno favorito il pi ampiosviluppo dellesperienza di Italia No-stra.

    Infatti, nel corso degli anni non sololarea della Bosco si ampliata finoagli attuali 140 ettari, ma anche e so-prattutto, nel 97, sulla base ovvia-mente di una valutazione pi che po-sitiva dellesperienza,

    lAmministrazione Comunale deci-deva di affidare a Italia Nostra ancheil Parco delle Cave (parco che, nono-stante alcuni primi, rilevanti e onerosiinterventi diretti da partedellAmministrazione, non riusciva adecollare e anzi godeva di una famasinistra, come luogo di degrado e dispaccio). Il risultato straordinario dibonifica, riqualificazione, valorizza-zione, rinascita del parco, nei priminove anni della cura Italia Nostra, sotto gli occhi di tutti ed ha avuto unriconoscimento unanime, anche in

    sede di Consiglio Comunale di Mila-no.

    Il perch lAmministrazione Moratti

    abbia deciso, prima ancora di cono-

    scerlo, di rompere il giocattolo chetutte le precedenti amministrazioni,anche dello stesso colore, avevanoapprezzato (per non parlare

    dellepisodio pi recente, le pubbli-che grida di giubilo dellAssessoreCadeo alla notizia della disdetta delcontratto di Italia Nostra) sono unmistero di difficile comprensione.Sembra che nessuno si renda contodel fatto che si sta buttando alle orti-che un patrimonio di cultura e di e-sperienza del verde prezioso e unicoper la citt di Milano: e di questo ioposso dare testimonianza in primapersona.Infatti, quando nel 74 e negli annisuccessivi prendeva inizio lespe-rienza del Bosco, io ero responsabiledel settore verde e parchi del PIM,il centro studi che pensava allaGrande Milano; e quindi, mentre ilverde lo disegnavo sulla carta, sapevobene che gli unici che in concretofacevano, mettevano a dimora albe-ri, e per di pi in forma partecipata,coinvolgendo ampiamente il lavorovolontario, e quindi con una straordi-naria ricaduta educativa e partecipati-va, erano gli amici del Bosco di ItaliaNostra. E quando, qualche anno do-po, dal verde sulla carta ho potuto passare anchio al progetto e

    allavventura dellattuazione di unnuovo parco (sto parlando del ParcoNord Milano), sperimentando in pri-ma persona il panico del vuoto cultu-rale e del vuoto di esperienza in cui citrovavamo precipitati in quegli anninel nostro paese, soprattutto nel setto-re del verde di grande scala, ho capitoben presto che per imparare qualcosadovevo fare viaggi allestero e guar-dare alle molte e ricche esperienzeoltreconfine, salvo la possibilit diattingere ancora allunica esperienzanostra, la preziosa esperienza mila-

    nese del Bosco (con cui, tra laltro enon a caso, si potevano fare appuntoanche viaggi di studio allestero, suiproblemi del verde di grande scala,sviscerando esperienze di progetta-

    zione, realizzazione, gestione, anima-zione di aree verdi, incontrando tec-nici ed esperti, approfondendo nuovetecniche e metodologie, analizzando

    costi e benefici dei diversi approcciecc. ecc.).E stato "sul campo" dunque che hoimparato, nel corso degli anni, a co-noscere e ad apprezzare il lavoro, lapassione e la competenza del gruppodegli amici del Centro di Forestazio-ne Urbana di Italia Nostra; ed statoper questa continua permeabilit ericchezza di scambio tra le due espe-rienze che, anche senza bisogno digemellaggi ufficiali, il Parco Nord eil Bosco pi Cave sono diventati lepi importanti esperienze di aree ver-di di grande scala di Milano (i luoghidove non solo io, ma chiunque si oc-cupi di verde a Milano, porterebbe ungruppo di amici o esperti, giapponesio scandinavi che siano, intenzionati avedere qualcosa di significativo delverde milanese).

    Questo mio punto di vista forse po-co obiettivo, o parziale, o partigiano? Non mi pare; tra laltro, non c in-chiesta giornalistica sul verde milane-se che, da molti anni a questa parte,non assegni ai parchi sopra nominati iprimissimi posti in classifica; e mi

    pare che ci corrisponda a un comunesentire tra i cittadini.No. Il vero motivo per cui la nostracitt possa e voglia privarsi, da ungiorno allaltro, dellesperienza e del-la professionalit del Centro di Fore-stazione Urbana di Italia Nostra einterrompere unesperienza eccezio-nale e positiva per Milano, mi deltutto incomprensibile.Anche se, allinizio, c stato da partedellAmministrazione lerrore dellospezzatino: ma questo un discor-so troppo lungo, che ci costringereb-

    be a richiamare perfino la storia delParco di Monza.

    Ne parleremo una prossima volta.

    MetropoliSULLA SOLITUDINE DEL POLITICO

    Giuseppe Ucciero

    Antoniazzi, tempo fa nel commentare

    lesito delle Provinciali di Milano, ha

    puntato il dito sulla solitudine del

    politico.

    Una doppia solitudine in realt, la

    prima subta, la seconda cercata: la

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    prima segna la distanza tra popoloe politica, la seconda segna il profilodi una specifica strategia.Sulla prima si gi detto tanto,

    quindi propongo qualche pensierosulla seconda.

    Antoniazzi addebita, sostanzialmente,alla strategia veltroniana del se po fda soli, la massima responsabilit

    delle attuali difficolt del PD.Certamente si pu convenire in gene-rale che non c politica senza media-zione, senza compromesso, senzaegemonia, intesa come capacit dicontemperare sul proprio disegnostrategico differenze tattiche ancherilevanti: per questo chi va da solosembra pi che altro confessare la suaincapacit di porsi in relazione posi-tiva con altri e di avere effettivamentecapacit strategica effettiva.Nel campo del centrodestra, Berlu-sconi ha dato e d tuttora chiara di-mostrazione di capacit egemonica,unendo dietro di s, in una articolatascomposizione e ri-composizione diinteressi, entit sociali, culturali epolitiche assai distanti tra loro.Tra lega ed an, tra garantiti statali epiccoli imprenditori, tra nord e sud,tra Lombardo e Boniver, passa benpi di una frattura, eppure il campo

    del centrodestra tuttora compatto.

    Di questa capacit egemonica il cen-tro sinistra non ha saputo dare altret-tanta dimostrazione sul proprio cam-po: prima e pi che il solipsismo vel-troniano, per si dovrebbe riconosce-re che la debacle elettoraledellUnione venuta da unazione digoverno letteralmente divorata daicontrasti interni e guidata da una vi-sione tecnocratica che gli ha alienatouna gran parte del consenso popolare.Di qui partita londa lunga di un

    distacco diffuso dal centrosinistra(ricordiamo il 25% di consenso alGoverno Prodi a ridosso delle elezio-ni?) che non si dovrebbe mettere inconto a Veltroni.Non che questi non abbia compiutogravi errori.A Veltroni andrebbe addebitato primadi tutto un peccato di ingenuit, cheforse il pi grave per un politico:laver dato credito ad una qualsiasiforma di agreement con Berlusconi(come il suo gemello Massimo diecianni prima al tempo della bicamera-le..), non comprendendo il doppiosuicidio tattico determinato dalla sua

    opzione secca verso il bipartitismo(discorso di Foligno): Berlusconi sene fulmineamente avvantaggiatoper ricompattare il proprio schiera-

    mento (discorso del predellino), men-tre il centrosinistra, gi ormai implo-so, si disgregato senza rimedio.

    Il solipsismo veltroniano in realt stata la reazione ingenua ed identita-ria di un gruppo dirigente di frontealla conclamata ed apparentementeirrecuperabile crisi di rapporti con lealtre componenti del centrosinistra,ormai non pi gestibile nelle condi-zioni date: laver dato credito orgo-gliosamente alla possibilit del fac-ciamo da soli ha soltanto cercato dinascondere a s stessi il problemaineludibile del nuovo profilo del cen-trosinistra, la questione chiave di unanuova sintesi politica.

    La crisi della politica delle alleanze,ed il dissidio circa quali ricercare,nasce esattamente da qui, dalla ina-deguatezza e dalla scarsit di consen-so relativo su di un disegno politicoallaltezza delle condizioni del nostroPaese.Laver unito due grandi tradizioni,quella comunista e quella cattolica,non sembra aver prodotto ad oggi

    quella sostanziale innovazione attesada molti, e forse il perimetro di que-sta innovazione non pare essere com-patibile con quello definito dalla lororeciproca e faticosa mediazione.Intendo dire che il grande assentenella cultura del PD un maggiorita-rio filone di cultura laica e riformatri-ce, in sintonia con tempi in cui lacultura solidaristico-statale apparesempre pi inadeguata a rappresenta-re il dinamismo e la domanda di li-bert, e responsabilit, espressa dallasociet e dai suoi fermenti, a partire

    dalla diffusione delle imprenditoriali-t come forma di produzione del va-lore ed affermazione di libert perso-nale e sociale.

    Tornando per al punto specifico,senza dimenticare quanto appena det-to, ben visibile ora una doppia op-zione: la prima vede la relazione conlUDC come perno della strategiafutura, la seconda punta su di unaripresa del colloquio a sinistra, stimo-lando e favorendo una riaggregazioneche renda maggiormente omogenea alPD una realt di opposizione s radi-cale ma non infantile ed ideologica.

    In questultima direzione, apparepossibile anche avvicinare Di Pietro,la cui distanza dal PD non certa-mente superiore di quanto non fosse,

    e forse ancora , tra Lega e Partitodella Libert.

    Penati, chiaramente, ha puntato sullaprima opzione e, sotto questo strettoprofilo, non gli dovrebbe essere con-testata la solitudine del politico:una scelta di alleanze lha fatta, e lhacondotta quasi al successo. Ma si de-ve anche convenire con Antoniazziche le percentuali di astensionismodevono indurci a non fondare su que-sto esito elettorale, apparentementemeno disastroso del previsto,unaspettativa di recupero di consensi

    in realt al di l da venire.

    E allora, e di nuovo, se si deve condi-videre lo stimolo a fare politica, acercare alleanze, a mediare obiettivied interessi, non si pu evitare dimettere sul tavolo la prima e pi im-portante delle questioni.Quale Politica? Quale Programma?Quale Visione?

    Cosa punta ad essere il PD nello sce-nario della crisi del 2009-2010?A chi si rivolge per chiedere mandato

    di rappresentanza?Quale visione intende dare del futurodel nostro Paese?

    Senza affrontare questi nodi, qualsia-si ricerca di alleanze pur doverosaapparirebbe di corto respiro, si ridur-rebbe inevitabilmente ad un affanno-so, e sempre pi contraddittorio, agi-tarsi alla ricerca di qualche conve-nienza momentanea priva di realeprospettiva.Oppure, come ha ben dimostrato LoSchiavo con la sua raffinata analisi da

    entomologo della politica, tutto ri-schia di ridursi ad una frammentazio-ne esasperata il cui unico senso co-mune la prevalenza di interessi per-sonali su quelli generali.Daltra parte anche vero che se ap-plicassimo lo stesso microscopioallUltima Cena vedremmo soloincrostazioni di colore, muffe e altri batteri e ci convinceremmo chequella crosta proprio da buttare.E allora appare essenziale ri-collocarsi alla giusta altezza, e conquesta ri-collocare dissidi e conflittinel contesto complessivo di una ri-

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    cerca di sintesi politica ancora inedi-ta.

    Ben venga allora il 1 Congresso del

    PD, occasione a cui rivolgersi per

    sciogliere questi duri nodi consegnatidalla storia, ed ultima occasione perquel tentativo politico di essere pro-tagonista dellinnovazione politica

    italiana.

    E se i nodi non si sciolgono .. chesi taglino, come il nodo gordiano(sempre sperando in un AlessandroMagno).

    SocietLA PAURA FA IL 70%

    Franco DAlfonso

    Il movimento xenofobo e fascista diLe Pen ha ottenuto il suo risultato inassoluto pi alto alle elezioni ammi-nistrative di quindici anni fa, in unpaese del Massiccio Centrale in Fran-cia, dove ha raggiunto il 73% dei vo-ti, sullonda di una campagna basatasulla Francia ai francesi e sulla pa-ura dello stupratore e ladro nordafri-cano. La particolarit maggiore pe-r data dal fatto che in questo tran-quillo Comune della douce Francenon era avvenuto un furto (non par-liamo di stupri o altro) negli ultimiventi anni, non si era mai visto unimmigrato e nemmeno un francese dicolore se non in televisione e la mag-

    gioranza era saldamente nelle manidella sinistra dal dopoguerra, conMitterrand, abituale vacanziero dellazona, che resta ancora oggi il perso-naggio della politica francese pi po-polare.

    Si tratta di una clamorosa e lampantedimostrazione di come certe pauresiano quasi ancestrali e basti tuttosommato poco per ottenere un con-senso popolare ed elettorale caval-candole mediaticamente: i tranquilliabitanti della campagna francese, in-

    fatti, sono stati indotti a rifugiarsi die-tro le parolacce dordine di un perso-naggio come Le Pen attraverso parolee immagini diffuse dalla televisione edal quotidiano locale che, grazie a unopportuno un cambio di propriet, diventato fiancheggiatore della destraxenofoba.

    La signora Moratti, in chiara crisi diconsenso personale al punto da dover

    tornare a essere una fedele militan-te del Partito Pdl che aveva ostenta-tamente snobbato nei primi anni dellasua sindacatura, ha molto chiaro que-sto come altri esempi di recupero difacile consenso: restava finora ine-guagliato capolavoro demagogico populista la sua marcia per la sicu-rezza effettuata essendo al governo

    di tutti, diconsi tutti, i livelli di poterecompetenti in materia o al pi classi-co dei repertori spagnoleschi, quellodella grida di manzoniana memo-ria, lanciate con il supporto dei mega-foni mediatici sempre disponibili afarsi guidare dallindexing di PalazzoMarino: cos ha rispolverato

    lennesima raffica di divieti,dallalcool per i minori di sedici anniallinasprimento delle pene per gliimbrattamuri, provocando un bel di-battito tra favorevoli e contrari che,come purtroppo sempre pi spessosuccede, ha visto partecipare e schie-rarsi, chi pensando di essere modernoe originale chi semplicemente peravere un titolino sul giornale, anchemembri dellopposizione o presuntatale. Insomma ancora una voltaunenfatizzazione di un problemareale ma non cos urgente, il solito

    slogan Legge e ordine che rapida-mente resta solo legge e si trasfor-ma infine in scrive norme poco onulla applicabili e per lo pi inutilialla bisogna, accompagnate per dasanzioni pesantissime che resteran-no prive di destinatari concreti.

    In una citt nella quale il divieto divendita di alcolici alle tifoserie dicalcio nel giorno della partita o nella

    quale la sporcizia nelle strade inaumento tale da provocare persino unrimbrotto pubblico di Berlusconi, cheha speso milioni di euro in cancellatee profluvio di fanali che hanno au-mentato linquinamento luminososenza diminuire sostanzialmente ifenomeni che avrebbe voluto combat-tere, dove non si riesce a impedireche i venditori abusivi vendano lemaglie taroccate di Kak e Ibrahimo-vic davanti allo stadio di S Siro senon vendendo i suddetti campioniallestero dove sanno gestire meglioil problema, quante speranze esistonoche le ammende alle famiglie di qual-che giovane schiamazzatore risolvano

    il problema, posto che le multe sianola soluzione ?

    La prima cittadina delfare avravuto ancora qualche titolo sul gior-nale, qualche altro anziano che comecantava De Andr non potendo pipeccare d buoni consigli per evitareil peccato si sentir rassicurato almeno fino a che non dovr nuova-mente passare da qualche via dellamovida alcolica e i sondaggi risali-ranno per un po allins.

    Donna Letizia andr in vacanza, co-me la maggior parte degli schiamaz-zatori alcolici, e a settembre se neriparler, magari per una nuova ver-sione del classico la sinistra e i sin-dacati dei vigili urbani non mi hannolasciato applicare le brillanti idee chetutta Europa ci copia. In particolare,anzi, c un paesino del MassiccioCentrale francese che ha deciso diapplicare le nostre stesse norme .

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    CittUNA PICCOLA WOODSTOCK

    Emanuele Patti

    Perch uno dei luoghi pi incante-voli di Milano, e con la stagione dei

    concerti diventava la nostra piccola

    Woodstock! (che dite, avr esagera-

    to?) E perch vero che a Monlu ci

    si innamorava...

    Perch ci ho fatto l'addio al celibato,

    suonavano i Figli di madre ignota e

    nella calca ho perso pure un amico.

    Poi ritrovato.

    Perch uno dei pochi spazi stori-

    camente e artisticamente dignitosi

    della nostra citt!!!

    Cascina Monlu, nel corso degli ul-timi 15 anni, diventato un luogoimportante delle vita culturale di Mi-lano. La sua programmazione pro-gressivamente sempre pi ricca e di-versificata ha rappresentato il cresce-re ed il raffinarsi del gusto e dellacultura musicale di tantissimi giovanimilanesi sia come pubblico sia comeartisti. I suoi festival dalla Notte diSan Lorenzo a Mediterranea, La festadella Musica , Show Case, East is

    West , i suoi concorsi per giovaniband e giovani artisti come PagellaRock, Cantautori e Scorribande han-no segnato l'epoca della ripresa dellamusica a Milano e della crescita diuna grande generazione di nuovi arti-sti e tendenze . Un laboratorio vivo disocialit, di conoscenze, di musica edi coesione culturale e sociale.Non abbiamo perso le speranze direstituire questo spazio concreto esimbolico ai suoi frequentatori.La nostra associazione rappresenta

    una delle reti pi vissute e partecipatenella metropoli milanese con le sueesperienze di autoorganizzazione so-ciale e culturale e la sua estesa rami-ficazione diffusa soprattutto nei terri-tori sensibili della citt ( vedi sito:www.arcimilano.it) assume una par-ticolare funzione di animazione cultu-rale della comunit che integra e ri-solve la non sempre presente attivitistituzionale.

    Maggiormente in Monlu questa no-stra vocazione e competenza ha sem-pre assunto un significato di servizioe di dono che arricchiva l'estate mila-nese di presenze artistiche di alto li-vello e di variegate tendenze, acces-sibili ad un grande pubblico e bassocosto, rianimando una localit prezio-sa altrimenti destinata al lento e inar-restabile degrado, rei inventandolacome luogo vivo di socialit, di con-vivenza e di cultura transgeneraziona-le e transculturale.La Cascina Monlu come Bene Co-mune, della collettivit, come spaziodi utilit sociale, rimedio spesso alla

    solitudine e al degrado personale ecollettivo. Noi non rinunciamo allavisione di una citt aperta, colta edumana, progressiva e responsabileche sa vivere il proprio tempo e leopportunit che esso propone arric-chendole e moltiplicandole per lacomunit intera.

    Per questo il 17 Luglio abbiamo pre-sentato a Palazzo Marino, due propo-ste per provare a riaprire di fatto laCascina l'Estate prossima.

    La prima un progetto di messa insicurezza acustica degli abitanti delborgo (qualche decina), facilmenteattuabile, relativamente poco costoso,circa 60 mila euro, che possa mante-nere alta la qualit dell'ascolto deiconcerti e nello stesso tempo rispetta-re i limiti imposti dalla Asl. Una pro-posta capace di tenere in equilibrio ildiritto di pochi al riposo con quello ditanti alla fruizione culturale e all'ag-gregazione.

    La seconda invece una proposta piambiziosa, molto pi costosa, unprogetto di ristrutturazione della Ca-scina ( che oramai lasciata al degradosta rovinosamente crollando in alcunesue parti), che nel rispetto della suastoria la trasformi in un Centro di Ri-cerca e Documentazione sulle culturemusicali del Mondo. Un progettocomplesso, ma che renderebbe giusti-zia ad una citt come Milano, capitaledella Musica almeno in Italia, privadi un centro del genere, a differenzadi molte altre citt europee e mondia-

    li. C' l'Expo in arrivo c' un dibattitosul lascito, sull'eredit che questoevento dovrebbe lasciare alla Citt enoi abbiamo provato a mettere incampo un'idea. E' il compito anche diun'associazione di promozione socia-le e culturale quale noi siamo.

    E le oltre mille persone che hannopartecipato al Monlu Social Party, lasera stessa del 17, ci dicono che leproposte vanno nella direzione giusta.Vedremo.....

    MobilitMARCO PONTI REAZIONARIO? PERCH?

    Guido Martinotti

    Reazionario, perch? No, direi, maacuto provocatore delle idee correntisi. Marco Ponti ha ragione, ma il suoragionamento limitato. Intanto vero che le aree agricole erose sonosoprattutto coltivi, ma perch do-vrebbe essere diversamente? In cittsi deve mangiare no? E se non nella

    citt a fianco i prodotti saranno per

    unaltra citt. Anche da un punto divista strettamente ambientalistico lecitt lasciano unimpronta che com-prende anche la necessit di produrreintensivamente, da qualche parte.Nella vulgata corrente prevale ancorala visione ottocentesca della contrap-posizione tra citt e campagna, anche

    se questa distinzione oggi fittizia e

    si basa su concezioni obsolete, ben-ch tuttora ampiamente diffusenellopinione pubblica, anche quellacolta. Il geografo svedese StaffanHelmfrid nota che "gli abitanti dellecitt pretenderebbero di trovare nelpaesaggio il prodotto di una societrurale che vive in armonia con se

    stessa e con la natura, immutabile e

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    per sempre congelata in una miticaEt dell'Oro" e accusano gli agricol-tori di contaminare questa natura conle loro pratiche sempre pi meccaniz-

    zate, dipendenti dall'impiego di pro-dotti chimici e distruttive del tessutorurale tradizionale. Ma proprio lacrescita impetuosa delle citt ad avercambiato quella che ci si ostina anco-ra a chiamare campagna.

    Comunque il problema non soloeconomico, la domanda di abita-zioni o la comodit di avere una casacon il box, il giardino per i bambini eun ottimo supermall a dieci minutidauto. Tutte cose vere, ma MarcoPonti sa bene che un conto sono gliinteressi e i bisogni individuali, che ilsistema di mercato bravissimo asoddisfare (dammi un desiderio anzi te lo propongo io e ti sollever

    il mondo) ma gli interessi e i pro-blemi collettivi che il mercato non particolarmente bravo a risolvere,anzi. La sprawl una di queste situa-

    zioni:

    Otto volte lItalia: la nostra im-pronta ecologica. Un deficit che anche indicatore di sprechi. Che sonoda limitare modificando il nostro stiledi vita ( Il Corriere della Sera, 10luglio 2009).Otto volte Italia. Ci vor-rebbe la superficie di otto Italie perprodurre ci che in un anno i 60 mi-lioni ditaliani consumano. Invece lasuperficie quella che (301 milachilometri quadrati), i consumi sonoda Paese - cicala (soprattutto in fattodi energia) e il deficit ecologico rile-vante.. Ma il problema non soloambientale e politico, ma sociale, cul-turale e politico in senso ampio. Ro-

    bert Beauregard ha scritto un bellis-simo libro spigando in modo convin-cente come i sobborghi americaniabbiamo cambiato la natura del si-

    stema politico e sociale americano(Beauregard Robert A., When Ameri-ca Became Suburban, University ofMinnesota Press, Minneapolis 2006).Il famoso box, com ben spiegato in questa illustrazione, ha mangiato la

    citt. Ma non solo la tecnologia del-la mobilit ad avere effetti negativi:senza le tecnologie a rete, dallacqua

    allinformazione e soprattutto a quel

    gran rubinetto dinformazione che la televisione, non avremmo losprawl in cui lagor stata assorbitadal tinello lasciando quella societdella rappresentazione edellimbonimento e del cittadino sud-dito

    Ambiente e scienzaPARCO DELLE CAVE E GIARDINO DI VIA TERRAGGIO

    Jacopo Gardella

    Il verde non piace al Comune di Mi-lano. Nonostante le roboanti dichia-razioni del Sindaco e degli Assessori,il verde viene sadicamente osteggiatodove gi esiste e prospera, viene sub-dolamente ostacolato dove potrebbeesistere e lussureggiare.Due casi emblematici: il Parco delleCave, nella periferia occidentale diMilano; e il Giardino di via Terrag-gio, nel pieno centro di Milano. Levicende di questi due esempi di ver-de, sebbene lontani e diversi tra loro,sia per dimensione che per utilizzo,

    sono molto simili nel loro amaro de-stino.

    Il Parco delle Cave dieci anni fa nonera un parco, ma soltanto il relitto dialcune cave di sabbia e ghiaia, datempo abbandonate: una landa deso-lata e mal frequentata. Il Comune diMilano, proprietario delle cave, neaffida la coltivazione e la rigenera-zione alla Associazione Italia Nostra,che da terra abbandonata la trasformain splendido Parco, quotidianamentee felicemente frequentato dalla popo-

    lazione dei dintorni.

    Il Comune dovrebbe esserne felice eorgoglioso: la scelta della gestioneera stata giusta; i risultati pi chesoddisfacenti. Ma il Comune fattodi amministratori, spesso spregiudica-ti calcolatori, solo preoccupati deiloro personali interessi di carriera.Occorre appropriarsi di ogni opportu-nit per rafforzare e perpetuare ilproprio potere. Italia Nostra unassociazione apartitica, non facileda manovrare n da dirottare verso unvoto politico che assicuri una sicura

    vittoria elettorale. Meglio sostituirla

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    C infine una terza ragione che ci fatornare al tema della politica dei tra-sporti e della circolazione. Negli anniscorsi, in parte per iniziativa

    dellAssessore comunale Goggi stata avanzata lidea di introdurre un

    ticket dingresso alla citt, per limita-re lafflusso di auto e quindi, indiret-tamente, favorire luso del mezzopubblico. Con la Giunta Morattiquellipotesi diventata lECOPASSed stata motivata con il temadellinquinamento atmosferico. I ri-sultati sono assai controversi. Forselingente costo del sistema di control-lo degli ingressi nellambito del re-cinto delle Mura Spagnole potrebbe

    essere usato pi proficuamente per ilcontrollo dellabolizione ormai ne-cessaria della circolazione privata(tranne che per i residenti) dentro le

    Mura Spagnole. C un illustre pre-cedente: una consultazione popolarenel 1985 determin a larga maggio-ranza il blocco della circolazione pri-vata entro la cerchia dei Navigli. Poipurtroppo abbandonato dalla primaGiunta Albertini.Tuttavia se il blocco della circolazio-ne privata dentro le Mura Spagnole sicuramente una scelta opportuna dalpunto di vista ambientale forse non risolutiva per linsieme della citt. Ame pare che sia necessario introdurre

    il principio di far pagare luso delsuolo a tutti, residenti o forestieri,anzich solo a quelli che arrivano alcentro di Milano (che di solito ci

    vengono o per portare il loro lavoro oper portare i loro soldi per diverti-menti o per acquisti). Il suolo pubbli-co ormai troppo scarso. E come tut-te le risorse scarse non pu essereusato gratuitamente, a libero piaci-mento. Sulle modalit e sullentit diquesto pagamento delluso del suolopubblico non sono ancora in grado diformulare proposte: limportante perora credo sia iniziare a discuteredellopportunit di introdurre il prin-cipio che per usare bisogna pagare.

    RUBRICHE

    ARTE

    Questa rubrica curata da Silvia DellOrso

    Artisti di ieri e di oggi, ma generositdi sempre. La raccolta darte dellaPermanente il frutto delle donazionieffettuate negli anni dai soci - mece-nati, collezionisti e artisti milanesi oltre che dei premi attribuiti nellevarie Biennali di Milano, succedutesidal dopoguerra, eredi delle storicheBiennali di Brera. Sono quasi 400 leopere oggi custodite in via Turati.Non tutte esposte, salvo la selezionedi dipinti e sculture presentata inquestoccasione, concentrata soprat-tutto sulla parte storica della raccolta.Il nucleo centrale si sviluppa attornoa Gola, Alciati, Carr, Casorati, Ro-sai, Sironi e ancora Fontana, Milani,Cassinari, Chighine, Fabbri, Reggia-ni, Turcato, Scanavino e Cavaliere,

    ma non mancano, in una sezione a sstante, le acquisizioni pi recenti euna trentina di opere di collezioniprivate milanesi da Sironi a Funi, DePisis, Morlotti, Marini, Melotti, Fau-trier, Christo e altri.Il Museo e gli amici. Artisti e colle-zionisti. Permanente, via Turati 34 -orario: marted-domenica 10/13 e14.30/18, chiuso tutti i luned e il 15agosto.Fino al 13 settembre.

    dedicata alla lunga stagione tra-

    scorsa da Monet a Giverny la mostra

    di Palazzo Reale. Una rassegna cheallinea 20 grandi tele dellartista pro-venienti dal Museo Marmottan di Pa-rigi, dipinte tra il 1887 e il 1923quando la costruzione del giardino diGiverny, con i salici piangenti, i sen-tieri delimitati dai roseti, lo stagnocon le ninfee, il ponte giapponese, ifiori di ciliegio e gli iris trova pienocorrispettivo nella tavolozza multico-lore di Monet, portando alle estremeconseguenze quellattitudine innatache lo induceva, ancora ragazzino, adisegnare dal vivo il porto di Le Ha-vre, piuttosto che seguire in studio lelezioni dei maestri.

    Il tempo della magnifica ossessionedi Giverny - una piccola citt sulle

    rive della Senna dove Monet spese lamaggior parte del suo tempo e dovecostru il suo pi volte immortalatogiardino - le cui immagini si possonoconfrontare con una serie di fotogra-fie ottocentesche di giardini giappo-nesi. Non senza percepirne la familia-rit con la tradizione giapponesedellukiyo-e, rappresentata da 56stampe di Hokusai e Hiroshige, pre-state dal Museo Guimet di Parigi edesposte a rotazione per ragioni con-servative. Sono in arrivo a breve dalGuimet 28 nuove opere di Hiroshige

    e Hokusai che saranno esposte da

    luned 27 luglio, sostituendo i fogliattualmente in mostra.Monet. Il tempo delle ninfee.Palazzo Reale orario: luned14.30/19.30, marted-domenica9.30/19.30, gioved 9.30/22.30.Fino al 27 settembre.

    Milano culla della Scapigliatura. Mo-vimento artistico e letterario cui dedicata lampia rassegna a cura diAnnie-Paule Quinsac e di un variega-to comitato scientifico costituito daesperti di musica, letteratura, teatro earchitettura. Una denominazione cherinviando a chiome disordinate, allu-de in realt a vite dissolute e scape-

    strate. Ribelli, appunto, come i prota-gonisti del romanzo di Cletto Arrighi La Scapigliatura e il 6 febbraio(1861-62) che ha dato il nome aquesto mix di fermento intellettuale,impegno socio-politico e arte, desti-nato a scompigliare come un pan-demonio la Milano tardo ottocente-sca. La mostra documenta lintera

    stagione, a partire dagli anni 60dell800 fino allinizio del 900. 250opere, tra dipinti, sculture e lavorigrafici, dalla pittura sfumata del Pic-cio allintensit coloristica di Faruffi-

    ni, alle innovazioni di Carcano, fino

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    Ranzoni, Cremona, Grandi che se-gnano il momento doro della Scapi-gliatura, ma anche Paolo Troube-tzkoy, Leonardo Bistolfi, Medardo

    Rosso, Eugenio Pellini, Camillo Ra-petti. Una sezione della mostra rico-struisce la vicenda del travagliatoprogetto del Monumento alle CinqueGiornate di Giuseppe Grandi, gessicompresi. Ulteriori approfondimenti,in ambito letterario e giornalistico, sitrovano alla Biblioteca di via Senatoche espone il Fondo delleditore An-gelo Sommaruga, ricco di lettere, bi-glietti postali, cartoline, volumi e ri-viste, oltre una sezione dedicata allacaricatura e ad alcune opere di artistifra cui Ranzoni, Troubetzkoy e Con-coni.Scapigliatura. Un pandemonioper cambiare larte.

    Palazzo Reale, piazza Duomo 12 orario: luned 14.30/19.30; marted-domenica 9.30/19.30; gioved9.30/22.30.La Scapigliatura e Angelo Somma-ruga. Dalla bohme milanese allaRoma bizantina. Fondazione Biblio-teca di via Senato, via Senato 14 orario: marted- domenica: 10/18.Fino al 22 novembre.

    Il British Council possiede una colle-zione darte decisamente cospicua.Circa 8mila opere acquisite a partiredalla met degli anni 30. Per festeg-giare i suoi 75 anni di attivit e altret-tanti di acquisizioni di opere di pittu-ra, scultura, fotografia e di installa-zioni, il British Council ha organizza-to dapprima una mostra alla White-chapel di Londra e adesso una rasse-gna a Milano, nella quale presentauna selezione dei lavori raccolti inquesti anni. Lattenzione puntatasullarte britannica del XX e XXI

    secolo, esponendo le opere corredatedi passaporto: il che non significasolo sapere in quali musei e galleriesono state ospitate negli anni, ma an-che il prezzo pagato per esse dal Bri-tish Council. Si noter la differenza!Nel 1948, 158 sterline bastavano perun quadro di Lucien Freud, oggi unodei pi quotati artisti viventi. Nel ca-so specifico si tratta di un ritratto diKitty, la prima moglie dellartista, undipinto che ha viaggiato in pi di 25paesi ed stato esposto in oltre 80mostre da che nelle mani del BritishCouncil. Ma ci sono anche opere diHenry Moore, Anish Kapoor, David

    Hockney, Gilbert & George, RichardLong, Steve McQueen, Sean Scully,Damien Hirst e non solo.Passports. In viaggio con larte. 75

    anni di pittura, scultura, fotografiae installazioni dalla collezione delBritish Council.Padiglione dArte Contemporanea,via Palestro 16 - orario: luned14.30/19.30; marted-domenica9.30/19.30; gioved 9.30/22.30.Fino al 13 settembre.

    Una mostra che si pu visitare ancheon-line sul sito della galleria(www.galleriaforni.it), ma che sempre consigliabile vedere di perso-na. A confronto le opere di due artistiche, in modo diverso, ma con nondissimile intensit, hanno cercato dicatturare atmosfere assolute e statidanimo. Oggetti senza apparentesignificato, ma che suggeriscono leemozioni di una vita. Per Ferroni livornese, morto a Bergamo nel 2001 gli strumenti del mestiere, dallematite al cavalletto, ordinati su untavolino, coperto da un drappobianco: composizioni essenziali emetafiisiche, sprofondate nel silenzio.Per Sesiaartista cinquataquattrenneoriginario di Magentaoggetti ormai

    in disuso che richiamano il passato,riscattandolo dallo-blio. GianfrancoFerroni si servito con grandemaestria, nellarco della sua vicendacreativa, di acquaforte e litografia,media impiegati anche nelle operegrafiche in mostra. Sono tecnichemiste su base fotografica quelleadottate da Sesia; entrambi esploranoil tema della natura morta e la poeticadellog-getto.Gianfranco Ferroni e GiovanniSesia. Silenzi.Studio Forni, via Fatebenefratelli 13

    orario: 10/13 e 16/19.30, chiusodomenica e luned.Fino al 31 luglio.

    Un nuovo appuntamento nellambitodelle celebrazioni per il bicentenariodella fondazione della Pinacoteca diBrera. Loccasione sta suggerendo unmodus operandi che si vorrebbe ap-partenere alla quotidianit di un mu-seo, tra scavo e ricerca sul propriopatrimonio, ma anche capacit di dareconto dei risultati con attitudine di-vulgativa. Lattenzione si sposta que-sta volta su Giuseppe Bossi, figurachiave della storia braidense, uno dei

    primi segretari dellAccademia diBelle Arti succeduto a Carlo Bian-coni, sospettato di sentimenti filo au-striacicui si deve, fra laltro, la pre-

    senza nelle collezioni di Brera delCristo morto del Mantegna e delloSposalizio della Vergine di Raffaello,al cui acquisto partecip attivamente.La rassegna ricostruisce la raccolta diritratti e autoritratti di artisti che Bos-si concep come incentivo alla rico-gnizione storica degli antichi maestridella scuola milanese per gli allievidellAccademia. In tutto 34 ritratti,25 dei quali raffiguravano infatti ma-estri lombardi o loro familiari, deiquali si presto persa memoria, se vero che gi nel catalogo della Pina-coteca del 1816 non sono pi regi-strati come nucleo autonomo. Le cu-ratrici della mostra, Simonetta Coppae Mariolina Olivari, li hanno rintrac-ciati, spesso dimenticati in ufficipubblici e ne presentano 24, restauratiper loccasione, oltre a unAutoritrat-to di Giuseppe Bossi.Il Gabinetto dei ritratti dei pitto-ri di Giuseppe Bossi.Pinacoteca di Brera, via Brera 28,Sala XV orario: 8.30/19.15, chiusoluned (la biglietteria chiude 45 minu-ti prima).Fino al 20 settembre.

    A cura di Philippe Daverio con ElenaAgudio e Jean Blanchaert, la rassegnapropone tuttaltro che una lettura uni-voca e compiuta dellarte sudameri-cana; semmai un ritratto dautoreche ricorda artisti di ieri e protagoni-sti delle ultime generazioni, insisten-do su alcuni temi condivisi: sangue,morte, anima, natura, citt. E sempree comunque con grande passione so-ciale e attenzione per la storia. Nonununica America Latina, ma tante

    Americhe Latine, cos come moltodiversificato e variegato il panoramaartistico del continente sudamericano.Arrivano dal Brasile, da Cuba, dallaColombia, dal Cile, dal Venezuela edal Messico le oltre cento opere espo-ste. Una cinquantina gli artisti rappre-sentati, concettuali, astratti, figurativinel senso pi tradizionale del termine,pittori, scultori, fotografi o amantidelle sperimentazioni linguistiche.Ecco, dunque, la cubana Tania Bru-guera, largentina Nicola Costantino,la brasiliana Adriana Varejo fino aBeatriz Milhares, Vik Muniz, al foto-grafo guatemalteco Louis Gonzales

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    Palma, al cileno Demian Schopf. Canche Alessandro Kokocinsky, cre-sciuto in Argentina, ma nato in Italiadove tuttora vive e lavora, che trasfe-

    risce nelle sue opere dolenti i tormen-ti vissuti in prima persona. Nella salacinematografica dello Spazio Ober-dan la sezione video curata da PazA. Guevara e Elena Agudio.Americas Latinas. Las fatigas delquerce.Spazio Oberdan, via Vittorio Veneto2 - orario: 10/19.30, marted e giove-d fino alle 22, chiuso luned.Fino al 4 ottobre.

    Si fa sempre pi fitto il dialogo traarte antica e moderna, almeno quantoa iniziative che vedono a confrontotradizione e modernit. Come la mo-stra allestita in questi giorniallAccademia Tadini di Lovere. Unarassegna nata dalla collaborazione trail museo lombardo, aperto nel 1828da un collezionista di allora, il conteLuigi Tadini, e tre galleri-sti/collezionisti di oggi, Claudia GianFerrari, Massimo Minini e LucianoBilinelli. Ecco dunque che le opere diAntonio Canova, Francesco Hayez,Jacopo Bellini, Fra Galgario, il Pi-tocchetto, Francesco Benaglio e Paris

    Bordon, conservate in permanenzaallAccademia Tadini, si trovano perqualche mese faccia a faccia conquelle di Giulio Paolini, Carla Accar-di, Lucio Fontana, Luigi Ontani, Ar-turo Martini, Sol LeWitt e molti altrimaestri del XX e XXI secolo.Accademia Tadini. Quattro colle-zionisti a confrontoLovere (Bergamo), Accademia diBelle Arti Tadini, Palazzo dell'Acca-demia, via Tadini 40 (Lungolago) -orario: marted-sabato 15/19, dome-nica 10/12 e 15/19.

    Fino al 4 ottobre.

    I suoi celebri Bleu hanno addiritturarichiesto una tonalit di blu creata adhoc, che porta a tuttoggi il suo nome(International Klein Blue).Laspirazione alla purezza e

    allassoluto hanno contraddistinto

    lintera e brevissima vicenda creativadi Yves Klein, suggerendo pi diunaffinit con Piero Manzoni, e nonsoltanto perch sono morti, quasi coe-

    tanei, a un anno di distanza lunodallaltro: nel 62, a Parigi, iltrentaquattrenne Klein; nel 63, a Mi-lano, Manzoni appena ventinovenne.A Yves Klein, capofila del NouveauRalisme, sebbene ne sia uscito unanno dopo la fondazione e antesigna-no della pittura monocroma, dedica-ta unampia retrospettiva che oltre apresentare un centinaio di opere delmaestro francese, provenienti dal-lArchivio Yves Klein di Parigi e dacollezioni internazionali, affiancaloro, nelle piazze e nei giardini dellacitt, una selezione di sculture metal-liche della moglie Rotraut Uecker checon Klein condivise anche lavocazione artistica e immaginifica.

    Sui tre piani del museo, le opere diKlein sono presentate per nuclei te-matici: i Monochrome realizzati conpigmenti puri fino ad arrivare al solo blu, alternato con loro in foglia; iquadri realizzati con il fuoco a contat-to diretto con la tela; le Anthropom-trie, tele su cui sono impressi i corpidelle modelle cosparse di coloredallartista durante veri e propri

    happening; e ancora iRelief plantai-re, le Sculpture ponge, insieme afilmati e fotografie a documentarne leazioni, mentre un ricco apparato do-cumentario permetter di seguire letappe del percorso artistico e persona-le di Klein.Yves Klein & RotrautLugano, Museo dArte, Riva Caccia5 orario: marted-domenica 10/18,luned chiuso. Fino al 13 settembre.

    E ancora a Milano:

    Robert Wilson. Voom Portraits.Fino al 4 ottobre.Giorgio. Forattini. Coraggio libertsberleffo. Fino al 27 settembre.Palazzo Reale, orario: marted-domenica 9.30/20; luned 14.30/20;gioved 9.30/22.30.

    Dodo Arslan. Le attrazioni dellamateria. Fino al 30 agosto.Triennale. viale Alemagna 6orario:10.30/20.30, gioved fino alle 23,

    chiuso luned.

    Woodstock. The After Party. Finoal 20 settembre.Triennale Bovisa, via R. Lambru-schini 31 orario: marted-domenica11/21, gioved 11/23.

    Camera Work. L'opera fotograficadi Stieglitz, Steichen e Strand traEuropa e America. Fino al 13 set-tembre.Palazzo della Ragione, piazza Mer-canti 1 orario: luned 14.30/19.30,marted-domenica 9.30/19.30, giove-d 9.30-22.30.

    Disegni neoclassici e romantici dal-la Collezione di Riccardo Lampu-gnani. Fino al 18 ottobre. MuseoPoldi Pezzoli, via Manzoni 12 - ora-rio: marted-domenica 10/18.

    Sei secoli di legature. Mostra di le-gature storiche e di pregio dallecollezioni della Biblioteca Trivul-ziana orario: marted-domenica9/13 e 14/17.30. Fino al 18 ottobre.Castello Sforzesco, Biblioteca Tri-

    vulziana, Sala del Tesoro.

    Giuliano Collina. Il corpo sacro.Fino al 5 settembre.Museo Diocesano, corso di Porta Ti-cinese 95 - orario: marted-sabato19/24.

    Milano 1947-2007. Idee per unacasa della storia. Fino al 15 novem-bre.Charles De Gaulle a Milano. 23giugno 1959. Fino al 15 novembre.Museo di Storia Contemporanea,

    via Sant'Andrea 6 orario: marted-domenica 9/13 e 14/17.30

    Darwin 1809-2009. Fino al 25 otto-bre.Rotonda di Via Besana, orario: lu-ned 14.30/19.30, marted-domenica9.30/19.30, gioved 9.30/22.30.

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    MUSICA

    Questa rubrica curata da Paolo Viola

    Musica nel chiostro

    Fino al 25 agosto tutti i marted alle21 nel bel chiostro di SantEustorgio(ancora mutilato dalla guerra e in at-tesa di essere recuperato: c stato unconcorso, da tempo conclusosi con lavittoria di un bravo architetto catala-no, ora bloccato da mille incertezze!)si tiene un concertino di musica dacamera: giovani artisti, scelti con curainsieme al Conservatorio, offronoprogrammi ben selezionati ed impa-

    ginati per un pubblico colto ma nonpaludato. Vi anche la possibilit diun happy hour(in questo caso il ter-mine proprio esatto) primadellinizio del concerto, e magari an-che di una visita alladiacente Museo.

    Il chiostro infatti si trova nel cuoredel Museo Diocesano (www.museo-diocesano.it), oramai semplicementeMuDi), un ambiente magico e inso-spettato, nascosto fra il milanesissimoCorso di Porta Ticinese e il bel Parcodelle Basiliche: una vera chicca cheancora pochi conoscono perch molti ingannati dal nome pensano siaun museo religioso, magari votato apratiche devozionali, mentre soloun luogo darte di straordinaria quali-t (il suo direttore, lo storico dellartePaolo Biscottini, divide con DavideRampello - presidente della Triennale- il non piccolo merito di essere fra irarissimi promotori di attivit cultura-li di assoluta eccellenza nel desolatopanorama milanese che i nostri letto-ri, anche grazie ai servizi di questogiornale, conoscono assai bene).

    Laltra sera, 21 luglio, suonavanoquattro clarinettisti che insieme supe-ravano a stento gli ottanta anni: com-pagni di conservatorio, non tutti an-cora diplomati, allievi di Sergio delMastro, questi bravi musicisti hannomesso insieme un programma godibi-le da giovani e vecchi, dai cultori dimusica classica e dagli amanti del jazz, un programma insieme serio eleggero che ha lietamente accompa-gnato gli ascoltatori fino allultimobis, e cio fino a un ardito e deliziosoTango scritto dal pi giovane fra

    loro (diciannove anni!).

    Diciamo i loro nomi perch dobbia-mo tenerli docchio: sono EdoardoLega, Francesca Gelfi, Arturo Gar-ra e Adriano Sangineto, il pi vec-chio fra loro (ventitre anni!), che hapresentato i singoli pezzi con grandegarbo trasmettendo al pubblico tuttala passione sua e dei colleghi. Il quar-tetto si chiama, con le iniziali dei loronomi, Quartetto AFEA, eil tema del

    Tango del giovanissimo Lega eracostruito sulle note corrispondenti aquelle quattro lettere: la, fa, mi, la.

    Dobbiamo sottolineare, oltre alla raf-finatezza dellesecuzione , la singola-rit della compagine: quattro clari-netti (con qualche alternanza con ilclarinetto piccolo, quello basso, e conil magnifico corno di bassetto) devo-no fatalmente confrontarsi con lascarsit di partiture originarie (qual-cosa c, ma assai poco) e dunquecon la necessit di servirsi di trascri-zioni che laltra sera, curate daglistessi esecutori, ci sono parse miglioridegli originali.

    Ecco dunque come con pochi mezzi,molta professionalit e fantasia, so-pratutto con un serio lavoro di prepa-razione, dai pi giovani (ma da chi,se no?) ci arriva un messaggio di fi-ducia e una grande lezione di grandecoraggio. Complimenti e grazie.

    Congedo per lestate

    Nel congedarmi dai lettori per la pau-sa estiva, vorrei ragionare di alcunitemi che mi hanno accompagnato - neiprimi sei mesi del giornale nel giro-vagare tra musica e musicisti.

    I giovani musicisti

    E una vera tragedia quella dei giovani

    strumentisti (ma la stessa cosa ancheper i giovani cantanti o direttoridorchestra) che escono dai conserva-tori e dalle scuole di musica, spessocon una preparazione formidabile e un

    grande talento, e non trovano nulla da

    fare. Non vi paragone con le altreprofessioni, che bene o male offronoqualche speranza di trovare un bando-lo da cui cominciare, magari con moltisacrifici ma con una lucina di speran-za sul fondo.

    Per i musicisti non cos: le orchestrechiudono e quando ci sono offronostipendi troppo modesti, le societ diconcerti fanno sempre pi fatica a so-

    stenersi e i cachet sono sempre piridotti, le iniziative estemporanee so-no sempre pi rare, e i ragazzi passanogli anni suonando gratuitamente qua el per farsi conoscere .... e ovviamentec sempre chi ne approfitta!

    Orchestrali o solisti

    E il dilemma che prende alla gola igiovani musicisti. Sognano lorchestraperch incontrano i grandi maestri,perch vivono fra colleghi in una sortadi full immersion artistica, e per quelbenedetto stipendio che in qualchemodo permette loro di (soprav)vivere;ma sanno anche che stando a lungo inorchestra perdono facilmente la capa-cit di diventare bravi solisti perch inorchestra gli interpreti veri sono i di-rettori, non loro. Ed allora restano slegati allorchestra, una volta entrati,ma per arrotondare si impegnanoqua e l in recital o in gruppi da ca-mera o in piccoli ensemble, con il ri-sultato che fanno male tutte e due lecose, perch non riescono a concen-trarsi e a dare il massimo n in orche-stra n come solisti.

    I vecchi maestri

    Per loro, grandi solisti o grandi can-tanti (per i direttori dorchestra un po diverso, ma non tanto) si pone ilproblema opposto, se smettere o con-tinuare o quando smettere. Problemacomplesso, perch molto difficilesottrarsi alla pressione dei fan e resi-stere alla passione, alla vanit, al ri-conoscimento dei propri meriti, inuna parola al successo.Ma non crediate che questi mitici

    personaggi dai capelli bianchi non si

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    accorgano che le loro stanche mani la loro voce, anche la loro testanonfunzionino pi tanto bene, e che dun-que devono contare sulla benevolenza

    e sullindulgenza del pubblico.Uno di loro mi confessava recente-mente di essere ogni volta attanaglia-to dal panico prima del concerto,schiacciato dalla mortificazione du-rante lesecuzione e finalmente ria-nimato dagli applausi del pubblico ilcui calore, alla fine, rimuove ogniombra. Ne vale la pena?

    Interpreti e virtuosi, fama e pregiudi-

    zi

    Non vorrei sconcertare (curiosalantinomia fra concerto e sconcerto!)

    i miei lettori dicendo loro che in que-sti anni mi capitato assai frequen-temente di essere incantato da giova-ni, giovanissimi e ancora sconosciutimusicisti, e di essere invece moltospesso deluso da conclamati artistiche richiamano folle ai loro concerti.

    La tecnica oramai patrimonio dimolti, giovani e meno giovani, equando le si d troppa importanza - e

    la si esibisce come fosse un valore ins - si finisce fatalmente per caderenel virtuosismo. E dei virtuosi cre-do di poter dire che ... non se ne puproprio pi!

    La qualit del suono, la profondit dipensiero, la raffinatezza dellinter-pretazione, il controllo dellemotivite dellarchitettura complessiva di unaesecuzione, in una parola una veracultura musicale, sono doti nella di-sponibilit di pochi, pochissimi, e adifferenza della tecnica non si impa-rano pi di tanto nei conservatori, macaso mai dal carisma di rari, veri ma-estri.

    Non mai dato di sapere in anticipose lesecuzione cui stiamo per assiste-re sar toccata dalla grazia e se faremergere vere capacit interpretative;

    potr mostrare di possederle un gio-vane che impegna tutto ci che ha nelcuore e nella mente, cos come puaverle perse il grande artista per quel-

    la sorta di superallenamento, o ecces-siva assuefazione al successo, che faallentare la tensione e contando sulpregiudizio favorevole del pubblicoappiattisce lesecuzione; come sannoi pi attenti frequentatori dei concerti,sono due situazioni in cui ci si imbat-te sempre pi sovente.

    Andiamo dunque a sentir musica sen-za pregiudizi, con lanimo aperto ariconoscere e ad apprezzare nuovitalenti e ad essere meno benevoli neiconfronti di chi il talento se lo ri-sparmia trattandoci da pubblico diserie B!

    Buon agosto a tutti.

    28 luglio

    gallery

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    YuoTube

    LAQUILA. NON SONO VACANZE IN TENDA

    http://www.youtube.com/watch?v=v5bYiSrNhjE