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www.corpusdominiferrara.wordpress.com PARROCCHIA DEL CORPUS DOMINI Via Torboli, 17 - FERRARA (tel.053291253) MARZO 2015 in questo numero: Lo scandalo dell’amore crocifisso San Pietro e la Madonna L'incanto dell'incontro: Tutte le parole del mondo - Le apparizioni di Maria: XX secolo (1985) - Missioni: Grido di dolore da Barberati - Catechesi per gli adulti: Lettera a Diogneto - La parrocchia e la sua missione Cristo è in ogni cosa EDITORIALE SPIRITUALITA' EVANGELIZZAZIONE DAL MONDO DALLA PARROCCHIA "RAGGI DI LUCE" “Signore, salvaci!”

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PARROCCHIA DEL CORPUS DOMINIVia Torboli, 17 - FERRARA (tel.053291253)

MARZO2015

in questo numero:Lo scandalo dell’amore crocifisso

San Pietro e la Madonna

L'incanto dell'incontro: Tutte le parole del mondo

- Le apparizioni di Maria: XX secolo (1985)

- Missioni: Grido di dolore da Barberati

- Catechesi per gli adulti: Lettera a Diogneto

- La parrocchia e la sua missione

Cristo è in ogni cosa

EDITORIALESPIRITUALITA'EVANGELIZZAZIONEDAL MONDO

DALLA PARROCCHIA

"RAGGI DI LUCE"

“Signore, salvaci!”

EDITORIALE

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Lo scandalo dell’amore crocifisso

Testimoni di una cultura ‘a misura d’uomo’. Solo una cultura che sa dar conto di tutti gli aspetti dell’esistenza è una cultura davvero a misura d’uomo. Insegnando e praticando l’accoglienza del nascituro e del bambino, la cura del malato, il soccorso al povero, l’ospitalità dell’abbandonato, dell’emarginato, dell’immigrato, la visita al carcerato, l’assistenza all’incurabile, la protezione dell’anziano, la Chiesa è davvero “maestra d’umanità”. Ma l’accoglienza della fragilità non riguarda solo le situazioni estreme. Occorre far crescere uno stile di vita verso il proprio essere creatura e nei rapporti con ogni creatura: la propria esistenza è fragile e in ogni relazione umana si viene in contatto con altra fragilità, così come ogni ambiente umano o naturale è frutto di un fragile equilibrio. C’è di mezzo una grande sfida culturale: ripensare le nostre persone e la nostra storia non fuggendo dalla sofferenza o cercando semplicemente di anestetizzarla. E c’è di mezzo necessariamente l’immagine che noi abbiamo di Dio: istintivamente lo pensiamo nella sua onnipotenza muscolare, distante dalla debolezza.

L’onnipotenza povera di Dio. Così scrive Dietrich Bonhoeffer all’amico Bethge nel luglio del 1944 dal carcere di Tegel. «La religiosità umana rinvia l’uomo nella sua tribolazione alla potenza di Dio nel mondo, Dio è il deus ex machina. La Bibbia rinvia l’uomo all’impotenza e alla sofferenza di Dio; solo il Dio sofferente può aiutare. In questo senso si può dire che la descritta evoluzione verso la maggiore età del mondo, con la quale si fa piazza pulita di una falsa immagine di Dio, apra lo sguardo verso il Dio della Bibbia, che ottiene potenza e spazio nel mondo grazie alla sua impotenza». Il teologo tedesco collega il volto biblico del Dio sofferente al «cammino del mondo verso la maggiore età», verso l’emancipazione, verso l’autonomia nei confronti del Dio tutore, del Dio tappabuchi, del deus ex machina. Si tratta di uno degli stimoli più interessanti che Bonhoeffer lascia in eredità alla riflessione teologica successiva: pensare la modernità e tutta la critica alla religione in essa contenuta come un processo di purificazione dell’idea di Dio piuttosto che come un pericolo e una tentazione. E forse anche qualcosa di più: la riscoperta del volto biblico di Dio può contenere anche il germe per un ripensamento delle stesse categorie di potenza/impotenza, di forza/debolezza, di pienezza/fragilità, perché la rivelazione biblica ci mostra come la vera potenza si manifesti proprio nell’impotenza, la vera forza si dia nella debolezza e la pienezza della vita si raggiunga attraverso la fragilità. Cosa significa questo «scandalo» (1Cor 1,18-25)?

Gesù partecipe della nostra fragilità. Dobbiamo guardare il nostro Maestro, Gesù. Come si è posto Gesù di fronte alla fragilità umana? Ha personalmente conosciuto e sperimentato la nostra fragilità! Ha condiviso questa dimensione della nostra esistenza, e senza misura Dio Padre si è implicato nell’esperienza umana del suo Figlio. Leggendo i vangeli, troviamo che

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la singolarità di Gesù Cristo unita alla condivisione reale della condizione umana («in ogni cosa… escluso il peccato»), mentre lo espone personalmente all’esperienza della debolezza umana, gli consente un’efficace azione salvifica, in forza dello Spirito, che rivela il volto inedito del «Dio Padre onnipotente» nella figura dell’«Abbà» fedele nell’amore, che dispiega la sua potenza nella debolezza del Crocifisso-Risorto. È proprio perchè Gesù si è immerso nelle nostre debolezze che si può dire che ci ha salvato. Ciò che non è stato assunto, dicevano i Padri, non è stato redento. Lo afferma con sconcertante chiarezza l’autore della lettera agli Ebrei: «Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote secondo l’ordine di Melchìsedek» (Eb 5,7-9). In Gesù la speranza cristiana. Si apre così una prospettiva di sensata speranza per il credente, che ancora sperimenta la propria debolezza e la fragilità mentre attinge alla risorsa dello Spirito. La speranza cristiana mostra in modo particolare la sua verità proprio nei casi della fragilità: non ha bisogno di nasconderla, ma la sa accogliere con discrezione e tenerezza, restituendola, arricchita di senso, al cammino della vita. La società tecnologica non elimina la sofferenza e la fragilità; talvolta la mette ancor più alla prova, soprattutto tende a emarginarla o al più a risolverla come un problema cui applicare una tecnica appropriata. In tal modo viene nascosta la profondità di significato della debolezza e della vulnerabilità umane e se ne ignora sia il peso di sofferenza sia il valore e la dignità.

Don Michele Zecchin

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San Pietro e la Madonna

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Era un pò di tempo che il Signore non faceva un giro per il Paradiso. Una mattina quindi si

svegliò deciso a controllare se tutto filava per il verso giusto. Con sua grande sorpresa vide, in

mezzo a un gruppetto di persone, un tipo che in vita sua non aveva mai concluso niente di buono:

era stato un gran lazzarone, indolente e poco pio.

“Come ha fatto un individuo del genere a entrare in Paradiso? San Pietro dovrà rendermi conto

di questo!”, si indispettì il Signore.

Continuò il giro di controllo ed ecco che scoprì, tra gli altri beati, una donna che in vita sua ne

aveva combinate di tutti i colori.

“Anche lei qui?”, esclamò sbalordito. “Ma chi controlla l’ingresso delle anime beate? San

Pietro dovrà spiegarmi anche questa!”.

Girando qua e là s’imbatté in altre persone che non si aspettava proprio di incontrare in

Paradiso.

A passi decisi, con un viso che prometteva tempesta, il Signore si avviò verso l’ingresso. Lì, a

fianco del portone, con le chiavi in mano, stava san Pietro.

“Non ci siamo, non ci siamo proprio!”, lo affrontò severamente il Signore. “Ho visto gente, qui

intorno, che del Paradiso non è proprio degna! Che custode sei? Non sarà che ti addormenti

mentre sei in servizio?”.

“Eh no! Io non dormo proprio!”, rispose risentito san Pietro. “Io alla porta ci stò, e con gli occhi

ben aperti anche. È che sopra di me c’è una piccola finestra. Di là, ogni tanto la Madonna fa

scendere una corda e tira su anche quelli che io avevo allontanato. A questo punto è proprio

inutile che io faccia il portinaio! Do le dimissioni”.

Il volto del Signore si distese in un grande sorriso. “Va bene, va bene”, disse bonariamente,

cingendo le spalle di san Pietro con un braccio, come ai vecchi tempi in terra. “Quello che fa la

Madonna è sempre ben fatto. Tu continua a sorvegliare la porta e lasciamo che al finestrino ci

pensi lei”.

Appesa sopra il nostro capo vi è una stella come una finestra. E una madre che farà di tutto per non lasciarci cadere.

(Da “Ci sarà sempre un altro giorno” di Bruno Ferrero)

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L'INCANTO DELL'INCONTRO

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Marzo 2015

Tutte le parole del mondo

Tutte le parole del mondo, messe assieme, non dicono nulla di veramente importante a proposito del dolore. “Di ciò di cui non si può parlare, bisogna tacere” dice un grande filosofo, a conclusione di un suo stupendo libro. E secondo me, di fronte al dolore, solo questo si può fare.

Guardiamo Gesù (è, sempre, l’unica cosa da fare).Quando incontrò i dolori più grandi – la morte di un amico, il tradimento, la propria morte ingiusta e dolorosa – non predicò con le parole, non lasciò grandi discorsi. Accettò la sofferenza (non in modo facile e miracoloso, ma con tutta la fatica che le parole “Allontana da me questo calice” possono esprimere) e non cercò né diede spiegazioni: con forza, ritenne che quel dolore fosse, per lui, l'opportunità di fare la volontà del Padre e lo affrontò a viso aperto.

Tacere e affidarsi al Padre. Non c’è altro che possiamo fare, di fronte al dolore.

Tutte le parole del mondo (le parole della filosofia, della psicologia, della teologia, della letteratura…) non possono aiutarci oltre un certo limite. Quando il dolore si manifesta in tutta la sua terribile potenza, resta solo da tacere e aprire il proprio cuore all’azione – imprevedibile e ogni volta sorprendente – di Dio.

Il dolore, in sé, non ha alcun frutto buono. È solo Dio che può illuminarlo e farlo diventare occasione di incontro e di Grazia.

Al contrario, di grande utilità può essere la riflessione sul dolore.Riflettere sul dolore che abbiamo sperimentato, su quello che ha colpito persone a noi care, o ancora su certe sofferenze assurde e inumane portate in casa nostra dalla televisione.Riflettere su di esse può generare un sentimento tanto delicato quanto rivoluzionario: la consapevolezza della propria fragilità.

Fare i conti con la propria fragilità è cosa che oggi non va di moda: lo sappiamo tutti che dobbiamo essere vincenti, forti, determinati, in corsa per realizzare i nostri progetti.

Lo sappiamo proprio tutti. Forse, un pò, finiamo persino per crederci.

E per questo, ogni qualvolta ci ritroviamo perdenti, deboli, indecisi, incapaci di realizzare

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quello che eravamo prefissi (a me capita dieci / quindici volte al giorno) siamo tentati di pensare che siamo uomini “non all’altezza”.

In quest’ottica, essere fragili significa essere poveri.Poveri perché stanchi, un po’ delusi, scoraggiati.Ma essere fragili significa anche – ed è una cosa bellissima – avere bisogno di aiuto. Dell’aiuto di Dio e degli altri.Solo quando sbatto il naso contro il mio limite abbandono tutte le mie sicurezze, le mie pretese di autonomia, e mi apro alla dolcezza della relazione con l’altro.

Allo stesso modo, quando mi riconosco bisognoso di aiuto, apro una porta a Dio, che non chiede altro che di starmi vicino. È in questo senso che Paolo dice: «Egli (il Signore) mi ha detto: “Ti basta la mia grazia: la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza”» e poi ha aggiunto: «Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo » (seconda lettera ai Corinzi 12, 9).

Del dolore – il mio, quello di chi amo, quello di tutti gli uomini – è troppo difficile e forse, in ultima analisi, nemmeno conveniente parlare. Ma alla fragilità, alla debolezza, è bene dare tante parole e tanto spazio.

È solo quando mi riconosco intimamente fragile che posso accettare un abbraccio.E un abbraccio è così eloquente!Più di tutte le parole del mondo messe assieme.

Giorgio Maghini

Complesse e varie sono le apparizioni che avvengono a Melleray in Irlanda dall’agosto del 1985 al giugno del 1986. Apparizioni uniche nella loro modalità e all’indirizzo di varie persone in circostanze via via diverse. La Madonna chiede prevalentemente la conversione, la pace ed un maggiore impegno nella preghiera.

Melleray (Irlanda) – Nel 1985 in una grotta

consacrata alla Madonna di Lourdes, si

sarebbero manifestati alcuni avvenimenti

soprannaturali di una certa rilevanza. Il 16

agosto si ebbero alcune apparizioni della

Santa Vergine nella grotta. Le apparizioni

durarono fino al 24 agosto e diversi segni

meravigliosi si ebbero ancora nell'anno

successivo. La grotta, sita nell'Irlanda

meridionale, nella contea di Waterford, è

ancor oggi meta devozionale di pellegrini. Il

motivo per cui Maria si è manifestata agli

Irlandesi è stato spiegato dalla Vergine stessa

con queste parole: «Voglio che il popolo

irlandese diffonda il mio messaggio al

mondo! Il mon�do ha dieci anni di tempo per convertirsi».

La storia - Nel 1969 fu progettato un luogo

devozionale da dedicare alla Madonna di

Lourdes. A questo scopo fu utilizzata una

grotta del posto. Nel 1980 iniziarono i lavori.

Lo scultore O'Donnell scolpì una statua della

grandezza di un metro e quaranta raffigurante

la Madonna di Lourdes. La grotta preparata

per il culto mariano venne affidata poi al

vicino convento cistercense di Mont

Melleray e fu visitata da molti devoti dei

dintorni, che presero l'abitudine di recitare il

Rosario dinanzi a questa statua.

La sera del 16 agosto 1985 la famiglia

O'Rourke (genitori e quattro figli) si recano a

Melleray per partecipare alla consueta recita

del Rosario. La figlia diciassettenne, Ursula,

nota per prima che la statua della Madonna

inizia a muoversi. I genitori frattanto si sono

avviati verso la macchina mentre le sorelle

più piccole giocano vicino al ruscello che si

trova nei pressi della grotta. La ragazza si

genuflette dinanzi alla Madonna con le

lacrime agli occhi e le mani congiunte in atto

di sincera devozione. Ursula domanda alla

statua perché abbia scelto proprio lei per farsi

vedere vivente e se la Vergine può benedire

la sua famiglia. La lunga veste bianca della

statua ora è mossa dal vento, poi il viso della

Madonna si apre per un istante in un sorriso

benevolo per ritornare immediatamente

come prima. L'apparizione è durata cinque

minuti. Ursula racconta la vicenda alle

sorelle e ai fratelli; tutti tornano indietro

incuriositi per vedere anche loro il fenomeno,

ma restano delusi; adesso tutto è normale,

non vedono nulla. Solo il fratello maggiore,

John, crede di vedere i tratti del volto della

Madonna muoversi leggermente. Tutta la

famiglia ritorna allora a casa, commossa e

non poco toccata dall'episodio.

l 17 agosto la signora Breda Coleman si reca

con due figlie alla grotta. Appena iniziano a

recitare l'Ave Maria vedono che la statua

della SS. Vergine diviene, a poco a poco,

sempre più radiosa. La luce che la statua

emana è intensamente bianca e tutta la grotta

sembra esserne irrorata. Le veggenti con

molta meraviglia vedono che i tratti del volto

della Vergine mutano, lentamente e per

alcuni istanti, in quelli di Gesù Cristo, per

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Le apparizioni di Maria

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ritornare subito come prima. Questa breve

trasformazione, che evidentemente è frutto di

un'energia invisibile e molto sottile, viene

osservata solo dalla madre e dalla figlia

tredicenne, Sandra, mentre l'altra figlia,

Caroline di sei anni, non nota nulla. Molto

emozionate dalla visione, restano ancora

alcuni minuti in preghiera davanti alla statua.

Poi se ne vanno. La donna, attratta dalla

grotta, ritorna con tutti i suoi sei figli alle 17.

Dopo aver pregato fervidamente tutti i

componenti della famiglia hanno delle

visioni. In particolare il figlio 14dicenne,

Liam Coleman. Egli asserirà di aver visto il

viso di sua madre venire irradiato da una luce

nitidissima di provenienza ignota e di averlo

visto mutare per un solo istante in quello di

Maria e di Gesù. La famiglia, stupita, confusa

e fortemente emozionata, rimane in contem-

plazione nella grotta per quasi due ore. Presto

la notizia degli eventi straordinari si diffonde

in tutta la zona circostante e dopo poco

accorrono curiosi e devoti da tutte le parti

senza interruzione, fin nel cuore della notte.

Tra questa gente c'è anche la coppia

O'Rourke. Verso mezzanotte molti fedeli,

che sono rimasti nella grotta assorti in

preghiera, sono certi di aver visto la statua di

Maria aprire le mani leggermente e tenderle

verso la terra. Questo fenomeno dura solo

pochi istanti.

La domenica del 18 agosto, verso mezzogior-

no, le famiglie Cliffe e Lyons si recano alla

grotta. La signora Lyons e sua fi�glia diciot-tenne vedono, al posto della statua di Maria,

Gesù con una veste bianca, una barba folta e

nera e i capelli lunghi sino al collo; ha un

mantello bianco e le mani sono congiunte,

come se fosse in preghiera, le labbra sembra-

no muoversi appena. Gesù è nella penombra

ed è Lui adesso la statua vivente; non appena

esse dimostrano turbamento di fronte a quest'

apparizione, d'incanto tutto torna al suo

posto: la statua della Madonna viene vista di

nuovo come prima. Dopo qualche tempo, un

altro episodio straordinario attesta ulterior-

mente la presenza attiva in questa grotta della

Santa Vergine: l'estasi del contadino Michael

O'Donnell. Costui, in uno stato di smarrimen-

to interiore, cade in estasi e viene trovato così

nella grotta dal signor Cliffe e da suo fratello.

O'Donnell narra di aver visto la statua della

Madonna muoversi e dirigere lo sguardo

verso la moltitudine dei fedeli che si trovava

lì in quel momento, contemporaneamente

aveva sentito sussurrargli nell'orecchio:

«Considera la domenica come giorno dedica-

to alla preghiera».

Le lacrime di Maria e l'ammonimento (19

agosto) - Anche Barry Buckley di undici anni

con suo cugino Tom Cliffe e sua madre si

recano alla grotta verso le ore 17; durante la

preghiera vedono il volto della statua animar-

si e lacrimare, contemporaneamente odono,

per locuzione interiore, pronunciare la racco-

mandazione: «Mantenetevi buoni!». Allora i

ragazzi le domandano perché è triste e

piange: Ella risponde che la causa del suo

pianto risiede nel fatto che si prega molto

poco. La Madonna desidera le preghiere.

Così, quando i veggenti comunicano il desi-

derio della Vergine ai fedeli, tutti iniziano a

recitare il santo Rosario. Alcuni vedono

anche la Madonna pregare, notano però che

Ella non pronuncia nella preghiera il suo

nome. La grotta si riempie d'un tratto di luce

armoniosa. Mentre gli altri recitano il Rosa-

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rio, Barry e Tom hanno due chiare visioni. Nella prima vedono la Madonna con i dodici apostoli, sei per ogni lato. Nella seconda vedono Gesù seduto a un lungo tavolo in una grande sala che rimprovera e ammonisce qualcuno seduto vicino a lui. Appena Tom comprende che si trattava di lui scoppia in un forte pianto. Poi sente la voce della Madonna consolarlo. La Madre di Dio appare adesso indistinta e lontana, solo la testa e le spalle sono chiara-mente visibili. Ursula O'Rourke, che si trova anch'essa in quel luogo, prega i due veggenti di domanda-re alla Madonna quanto tempo sarebbe rima-sta in quel luogo; a questa domanda la Vergi-ne risponde: «Per un po'». Frattanto giungono alla grotta moltissime persone che si uniscono alle altre nella recita del Rosario. I due giovani restano assorti anch'essi in preghiera, poi hanno un'altra visione: la Santa Vergine in cima a una scala. Ella, rivolgendosi a loro, dice: «Ho un mes-saggio», così dicendo scende alcuni scalini per avvicinarsi ai giovani. La Vergine ha una veste bianca con una larga cintura celeste e sandali marroni. I suoi capelli luccicano come se fossero d'oro, vi ha puntata una bellissima rosa. Ai lati della scalinata fiori-scono rose di diversi colori. Maria allora li precede al ruscello fuori della grotta e infine dice: «Il mio messaggio è pace e preghiera. Comunicate alla gente che quest'acqua è benedetta». Quando Tom fa per toccarla, esclama: «No!» e sale in cima alle scale in un istante. Si rivol-ge allora di nuovo ai due con un ammoni-mento: «Dio è in collera verso il mondo. Gli

uomini devono convertirsi e pregare. Il mio messaggio è valido per tutto il popolo di Dio e la sua Chiesa. L'umanità ha tempo ancora dieci anni per migliorare e pregare, in caso contrario l'ira di Dio non potrà essere evita-ta». Dopo quest'avvertimento la Vergine scompa-re e i due fanciulli vedono scorrere dinanzi ai loro occhi un'altra visione: il ruscello di prima si muta in un grosso fiume, la recinzio-ne in una diga di sbarramento. Più lontano vedono degli uomini occupati nella costru-zione di una nave rudimentale a tre piani, nella quale riconoscono l'Arca di Noè. Inizia a piovere e molti animali entrano nell'Arca. Noè e i suoi sono già dentro. Molta gente lavora da molto tempo per erigere la diga quando improvvisamente una grande massa d'acqua la infrange e in un istante travolge gli uomini e l'Arca. Poi hanno una visione della dolorosa passione di nostro Signore Gesù Cristo e un'altra su Maria. Infine cadono in ginocchio e pregano tremanti di commozio-ne. Appello alla fede: visioni bibliche dei veggenti (20 agosto) - Verso le ore 20, Barry, Tom e Ursula si incontrano per caso vicino alla grotta. La Santa Vergine appare di nuovo ai due fanciulli prescelti e inizia a pregare con la massa dei fedeli nella grotta. I veggen-ti sentono la Madre di Dio pronunciare delle parole in irlandese. Dopo la recita di alcuni Rosari la Madonna dice: «Io amo il popolo irlandese. Perciò insieme con questi fedeli supplico il Padre celeste di perdonare i peccati di questo popolo. Io desidero che il popolo di questa terra diffonda il mio mes-saggio al mondo. Il mondo deve convertirsi;

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se la gente si converte e prega, Dio salverà il mondo e l'Irlanda. Io desidero che la gente apprenda il mio messaggio da voi. Si deve pregare di più. Si deve andare più spesso alla santa Messa e ricevere il Corpo di mio Figlio più spesso nella santa comunione. Io mi auguro che gli uomini ritrovino la fede. Il mondo ha ancora dieci anni per migliorare e salvarsi nella redenzione. Desidero anche che la gente la smetta di parlare male e di pren-dersi gioco di me». Il messaggio della Madonna è sempre inter-vallato dalle preghiere e dai canti di lode dei fedeli ai quali Ella prende parte. I fanciulli ricevono ancora estatiche visioni su avveni-menti biblici, in particolare vedono Gesù mostrare le sue piaghe a Tommaso invitando-lo a toccarle. Infine le visioni cessano e riprendono a pregare. Al termine la Madre di Gesù appare loro ancora un istante e li invita ad andare a casa: «Domani vi rivedrò ancora!». L'inno mariano e i nuovi messaggi (21 agosto) - Alcune migliaia di persone si sono radunate nella grotta e fuori, il mercoledì sera del 21 agosto. La massa che è rimasta fuori dalla grotta preme per entrare. Maria SS., per mezzo dei veggenti, prega i fedeli di intonare tutti insieme un inno mariano: “Peace is flowing like a river” (La pace scorre come un fiume). I veggenti intonano l'inno pur senza conoscerlo, mentre Ursula, che lo conosce abbastanza bene, lo canta euforica. Più tardi la gente passa perfino un altoparlante ai veggenti per fare in modo che tutti possano udire la volontà della Vergine (sempre che i veggenti siano nelle condizioni fisiche per farlo e non cadano in estasi profonde).

Dopo che tutti hanno cantato questa melodia, i due veggenti si preparano a ricevere, in un'estasi profonda, queste parole di Maria: «Io vi ringrazio per il canto, adesso desidero che si continui a pregare. Dio è contento dell'Irlanda. L'Irlanda sarà salvata. Il mio desiderio è che questo popolo diffonda il mio messaggio nel mondo. Io prego per i malati e li benedico. Vorrei che Ursula vi potesse essere d'aiuto, sono contenta di voi tre. Fate in modo che la gente abbia fede in voi. Il mondo deve prendervi in considerazione. Io desidero che il mondo mi sia devoto e metta in giusta pratica i miei messaggi. Trasmette-te nel modo corretto le mie parole all'umani-tà! Il mio messaggio è pace e preghiera, ponete fine a ogni guerra e disastrosa lotta nel mondo!». Appena la Madonna termina il suo messag-gio, i fanciulli vedono l'arrivo dei Magi che seguono una grande stella fino alla grotta di Betlemme; hanno anche altre visioni bibli-che. Mentre sono ancora in estasi profonda, la Madonna si rende visibile ai presenti in una veste dal colore scuro rosso-bruno con il Bambino Gesù tra le braccia. Quest'appari-zione è la più importante perché la Madonna appare a un gruppo di persone per circa mezz'ora. Poi scompare agli occhi degli astanti, lasciandoli commossi e assorti in fervida preghiera. Parla allora interiormente ai veggenti: «Molte di queste persone presen-ti mi hanno visto, spero che molti mi credano e restino fermi nella loro fede. Non abbiate timore, farò in modo che non abbiate a patire. Il mondo si deve svegliare da solo alla fede. Io desidero che anche la gente che è fuori, sulla strada, entri nella grotta, farò in modo che mi vedano in molti affinché credano!».

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L'apparizione del demonio (22. agosto) - La notizia degli eventi miracolosi si diffonde sempre più: una massa crescente di pellegri-ni, curiosi, devoti e religiosi accorre da ogni angolo del paese e anche dall'estero per essere partecipe dei miracoli e vedere la Madre di Dio. Molti si convertono alla vita devota. Il 22 agosto infatti è presente, nella grotta e fuori, una moltitudine di persone oranti in attesa di un'eventuale apparizione di Maria. Dopo che i fedeli hanno pregato per lungo tempo, appare loro, vicino alla statua di Lourdes, una colonna luminosissima di luce dove si distingue la figura della SS. Vergine. Viene vista da alcuni astanti e dai veggenti; la Madre di Dio porta un lungo velo nero, una profonda tristezza è ben visibile sul suo volto. Rivolta ai fanciulli dice: «Io sono profondamente triste, desidero preghiere! Il mondo si deve convertire alla fede cristiana. Se il mondo non si converte presto, Satana prenderà tutto in suo possesso e la Chiesa cadrà vittima della sua violenza. Avete dieci anni di tempo!». Tom e Barry vedono improvvisamente com-parire Satana mentre ride sarcastico: è alla sinistra di Maria che piange. Immediatamente i veggenti vengono aggre-diti da attacchi convulsivi. Tom sente le sue orecchie come trapanate dal pungiglione di un grosso insetto; Barry si sente la gola bloc-care da una sostanza compatta e pastosa, amara come il fiele. Dopo alcuni istanti tutto ritorna alla normalità, il demonio non è più vicino alla Madonna e le convulsioni e i dolori cessano. Sul volto della SS. Vergine appare di nuovo la letizia. I ragazzi rimango-no profondamente turbati dall'apparizione

del demonio. Più tardi così descriveranno la figura del demonio: la bocca era grandissima e portentosa, gli occhi penetranti e i denti grandissimi, il naso appuntito, le orecchie grandi e a punta, i piedi grandissimi con unghie animalesche, aveva due piccole corna, la parte inferiore del corpo ricoperta da peli rosso-bruni come quelli di un capro-ne. Era una figura ributtante e spaventosa! La Madre di Dio (23 agosto) - La Madonna appare ai veggenti nella grotta anche in questa sera. Come poi diranno i due ragazzi, la Vergine non fu chiaramente visibile nei tratti, ma indistintamente. Esorta i ragazzi a comunicare ai fedeli la necessità di recitare molti Rosari e di pregare sempre più costan-temente e fervidamente per vincere il demo-nio. Dopo che i fedeli e gli astanti hanno pregato a lungo, dice: «Io voglio apparire in altri luoghi ancora a molte persone». Il 24 agosto, alle ore 15, Tom ha un'altra apparizione del�la SS. Vergine. Per incarico di una suora, il veggente le domanda: «Siete la Madre di Dio?». Ella rispose affermativa-mente. I prodigi solari - Nelle settimane che segui-rono gli avvenimenti mistici menzionati molte persone rimasero invano in attesa di altre rivelazioni e apparizioni della Madonna nella grotta. Dal 24 agosto non si manifestò nessun'altra apparizione. Tuttavia molte persone continuavano a recarsi alla grotta. Tempo dopo alcuni affermarono ancora di aver visto mutare il volto della statua di Maria in quello di Gesù o padre Pio e di aver visto figure di santi. Nessuno potrà mai

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sapere se queste affermazioni siano state sincere, cioè autentici fenomeni soprannatu-rali o solo il frutto della fantasia, influenzata dagli avvenimenti miracolosi dei giorni precedenti. Il 4 maggio 1986 una processione con una Madonna di Fatima pellegrina raggiunse la grotta; allora le nuvole si dileguarono e com-parve un sole meraviglioso, ma con la forma di un disco o di una grande ostia. Dal cielo calò lentamente fin sopra la grotta e vi rimase librante. Tutti videro il sole avvicinarsi, ma non accusarono intenso calore o altro. Tutti i presenti, a quel prodigio, caddero in ginoc-chio e si misero a pregare con fervore, altri piansero dall'emozione e dalla paura. Infine il disco solare si rigirò intorno al suo asse rapi-damente e tornò indietro, a zig-zag, come per ripararsi dietro le nuvole. Il prodigio si ripeté più volte, a distanza di pochi istanti, dinanzi agli occhi quasi accecati dei pellegrini. Dopo questi prodigi la grotta si illuminò improvvi-samente di una luce arancione-dorata; così restò per circa dieci minuti. Dopo alcuni giorni furono notati altri feno-meni simili, ma di minore intensità. Il 15 giugno 1986 il sole compì un altro prodigio: molti lo videro con la forma di un cuore e tutto l'orizzonte era terso di una luce rosa-rossa.

L'ultima apparizione - A fine giugno Mai-read Mc Carthy e Judith Dorgan, entrambe ventenni, erano nella grotta e improvvisa-mente ebbero l’impressione di vedere il volto della SS. Vergine mutare in quello di Gesù Cristo che, con lunghi capelli e una barba nera, le guardava fisso negli occhi. A quell'apparizione le ragazze si prostrarono in

ginocchio e si fecero il segno della croce, il volto di Gesù si fece radioso e lo sguardo divenne sorridente. Egli le benedisse con tutta la massa dei fedeli che era intenta a pregare nella grotta. Dopo pochi secondi la statua tornò come prima. Il volto della Madonna sembrava esprimere letizia ed era pieno di speranza. Da allora non si è più ripetuto nessun feno-meno miracoloso in questa grotta, anche se di tanto in tanto qualche pellegrino asserisce il contrario.

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Grido di dolore da Barberati 

Da Berberati, nella Repubblica Centrafrica-na, circa 650 km dalla capitale Bangui, suor Elvira Tutolo, da 21 anni in Africa, racconta la sua missione.

Nata a Termoli nel 1949, a ventuno anni Elvira Tutolo entra nella congregazione delle Suore della carità di Santa Giovanna Antida Thouret. Dopo gli studi in pedagogia, teologia e infermieristica, suor Elvira ha insegnato per diverso tempo. Per otto anni, a partire dal 1990, è stata in Ciad, ai confini con il deserto del Sahara, come coordinatri-ce pastorale per la formazione di catechisti e animatori. Dopo due anni in Camerun, dai primi di settembre 2001 si trova nella Repub-blica Centrafricana. «Sono suora da più di vent’anni, suora per colpa del mare e dello sport», ci ha raccontato. «Da piccola, com-presi che il mare e lo sport mi stavano indi-rizzando a intraprendere questa strada. Il

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mare sulla spiaggia di Sant’Antonio e la linea dell’orizzonte mi rivelavano un’ esigenza d’infinito mentre lo sport, che a scuola praticavo molto, mi suggeriva di mettermi alla prova e di combattere. Poi giunse la scelta, una sorta di bivio che mi si apriva davanti. Decisi di abbracciare la fede per l’intera vita e ciò creò uno strappo, ricu-cito solo con il passare del tempo, con la mia famiglia. Avevo ventuno anni».

Carissimi, le mie giornate sono diventate

davvero anormali e alla sera sono distrutta.

Da due giorni ho deciso di chiudermi in casa

e di far dire la bugia che sto male e a qualcu-

no che insiste faccio dire che sono morta!La

situazione è davvero grave qui a Berberati,

centro della Repubblica Centroafricana,

Paese in cui la ricchezza fatta di diamanti,

oro e legname pregiato costituisce una fortu-

na enorme per imprenditori stranieri e qual-

che piccolo gruppo di ricchi africani, ma

lascia nella povertà la gran parte della popo-

lazione locale. La situazione è grave e la cosa

che mi fa più rabbia è che le autorità procla-

mano alto e forte che a Berberati non ci sono

problemi come a Bangui e nelle altre città e

villaggi del Paese. Io con i papà Kizito, a

nome della nostra ong Kizito — fraternità

nata nel 2002 e ora riconosciuta come ong

(organizzazione non governativa) a scopo

sociale che accoglie bambini, molti dei quali

accusati di essere stregoni — facciamo di

tutto per scrivere e dichiarare la verità dei

fatti. Omicidi, torture, stupri, anche sulle

minorenni, matrimoni forzati. E ancora,

saccheggi di chiese, missioni, uffici, case e

delle poche imprese che c’erano. Anche il

nostro centro culturale, che — tra le altre

cose — ci permette la connessione a internet

e il contatto con il mondo, è stato peesante-

mente preso di mira.A causa di questa situa-

zione di insicurezza e imprevedibilità la

banca Ecobank è rimasta chiusa per mesi

creando grandissimo disagio nella popolazio-

ne. Noi della ong Kizito, in collaborazione

con la lega dei diritti umani, abbiamo orga-

nizzato una marcia pacifica per chiedere di

riaprire la banca. Purtroppo poche persone

hanno partecipato perché, nonostante la

scorta della polizia, avevano paura. Un

memorandum è stato comunque inviato a

Bangui e dopo un mese la banca aveva

riaperto. Sono andata due volte a Bangui per

denunciare i fatti, e chiedere aiuti.Sono mol-

tissimi i feriti, tantissimi i giovani rimasti

disabili per sempre, amputazioni di gambe o

di braccia; tantissimi i bambini traumatizzati,

fuggiti nella foresta per dieci giorni, da cui

sono tornati con forme gravissime di paludi-

smo e anemie. A causa di queste, nell’aprile

dello scorso anno, abbiamo registrato una

percentuale di cinque-sei bambini che mori-

vano ogni giorno. L’anno scolastico (2013-

2014) non è esistito. A seguito delle violenze

e degli scontri che ormai si susseguono da

mesi tra musulmani e cristiani, Berberati si è

svuotata, siamo rimaste solo noi suore e l’ong

Kizito a occuparci di morti e feriti. Dopo

dodici anni qui a Berberati — dove sono

arrivata chiamata dal vescovo per lavorare

con i giovani locali (tra le altre cose, ad esem-

pio, accogliamo i bambini destinati al carce-

re, formandoli e dando loro una famiglia;

abbiamo creato il Centreculturel catholique,

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struttura della diocesi) — mi ero permessa di

segnalare qualcosa, ma quello che dicevo

non è stato preso in considerazione. Davanti

alle violenze continue di questi mesi, abbia-

mo cercato di lavorare con i giovani, acco-

gliendoli in un centro di formazione

agricola-pastorale che si trova a otto chilo-

metri da Berberati. Ora però, che è passato

del tempo, non riusciamo più a portare avanti

questa impresa. Non sappiamo come fare per

non deludere questi ragazzi che hanno fatto e

subito tanta violenza e che desiderano dal

profondo del loro cuore ricostruire la loro

vita.La situazione economica è ridotta ormai

alla sopravvivenza. Le famiglie, anche quelle

di coloro che sono venuti da lontano per

trovare rifugio a Berberati, non hanno di che

vivere. Non si trova più né carne né latte, né

petrolio né carburante. Non ci sono più mezzi

di trasporto. La Ecobank ha nuovamente

chiuso.Sono venuti i Medici Senza Frontiere

che si occupano solo in parte dell’ospedale.

La ong Première urgence ha distribuito un

po’ di riso e delle arachidi: ma non è la

soluzione.Dovendo affrontare e sostenere

questa situazione di enorme tensione dal

dicembre 2012 e poi, soprattutto, dal marzo

2013, non vi nascondo che sono un po’

stanca. Per questo chiedo scusa se non sono

stata più efficace nella descrizione dei fatti.

Condividere la sofferenza della gente di qui

senza poter fare di più e meglio, logora

tantissimo, anche se nel fondo del cuore sono

serena. Insieme alle mie consorelle (siamo

due italiane e tre centroafricane) cerchiamo

di fare del nostro meglio, le famiglie Kizito

— che fanno parte della omonima ong —

continuano con coraggio a testimoniare

l’amore e l’accoglienza. La morte è venuta a

visitarci, abbiamo perduto tante persone care,

abbiamo ancora negli occhi immagini e situa-

zioni che ci fanno gridare. Ma non disperia-

mo: Maboko na maboko, espressione della

lingua locale che vuol dire mano nella mano,

cuore nel cuore, tutto passa, solo l’amore

resta.

Vi abbraccio, suor Elvira

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Ormai da qualche settimana, la catechesi degli adulti è incentrata su un documento

chiamato “Lettera a Diogneto”. L'opera in quanto tale non esprime né l'identità dell'autore

e neppure il luogo di composizione, tuttavia generalmente condivisa è la datazione, tra la

fine del II e l’inizio del III secolo, e la collocazione nell’ambiente alessandrino.

Una lettura estremamente interessante che ci porta inevitabilmente alla riflessione

personale ed interpersonale. Don Michele, con molta saggezza e competenza, ci guida

alla corretta comprensione del testo ed in particolare ci evidenzia la sua attualità nel

nostro tempo per la personale crescita di ciascuno di noi.

Lo scritto non era conosciuto fino al XV secolo. Attorno al 1436 Tommaso d'Arezzo, un

giovane chierico latino che era a Costantinopoli per studiare il greco, trovò per caso tra la

carta usata da un pescivendolo per avvolgere il pesce un manoscritto. Entrò in possesso

del codice, il quale poi passò alle mani del domenicano Giovanni di Ragusa, che era

legato del concilio di Basilea a Costantinopoli. Questi lo portò con sé a Basilea. Lo

ottenne poi l'umanista Giovanni Reuchlin. In seguito nel 1560 o nel 1580 si trovò

nell'abbazia di Marmoutier in Alsazia, da cui, tra il 1793 e il 1795, fu trasferito alla

Biblioteca municipale di Strasburgo. Il 24 agosto 1870, durante la guerra

franco-prussiana, il fuoco dell'artiglieria prussiana incendiò la biblioteca, in quell’incen-

dio andò distrutto anche il manoscritto della lettera.

Nonostante la perdita, il testo è noto in maniera abbastanza sicura, perché nel XVI secolo

ne furono fatte tre copie:

− una di esse si trova ancora oggi nella Biblioteca universitaria di Tubinga;

− la seconda si trova a Leida;

− la terza si è perduta.

La lettera, strutturalmente, è divisa in dodici capitoli:

I. Esordio;

II. L'idolatria;

III. Il culto giudaico;

IV. Il ritualismo giudaico;

V. Il mistero cristiano;

VI. L'anima del mondo;

VII. Dio e il Verbo;

VIII. L'incarnazione;

IX. L'economia divina;

X. La carità;

XI. Il loro maestro;

XII. La vera scienza.

Catechesi per gli adulti: Lettera a Diogneto

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Diogneto è quindi un pagano, al quale la lettera è diretta. L'esordio precisa le domande di Diogneto ed il contenuto della lettera: «Vedo, ottimo Diogneto, che tu ti accingi ad apprendere la religione dei cristiani e con

molta saggezza e cura cerchi di sapere di loro. A quale Dio essi credono e come lo

venerano, perché tutti disdegnano il mondo e disprezzano la morte, non considerano

quelli che i greci ritengono dèi, non osservano la superstizione degli ebrei, quale amore

si portano tra loro, e perché questa nuova stirpe e maniera di vivere siano comparsi al

mondo ora e non prima. » (I, 1)

La risposta dell'autore è una dura critica al paganesimo del quale contesta il politeismo e la pratica sacrificale, e al giudaismo del quale contesta il culto fatto con sacrifici dei quali Dio non ha bisogno e che dipendono da un eccessivo attaccamento alla Legge; quanto ai cristiani, dichiara, la loro religione non può essere stata insegnata da un uomo: «Non credere di poter imparare dall'uomo il mistero della religione dei cristiani. » (IV, 6)

Illustra quindi, con un testo molto denso, la condizione dei cristiani nel mondo con una serie di paradossi e paragonandola a quella dell'anima nel corpo: «I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri

uomini. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né

conducono un genere di vita speciale. La loro dottrina non è nella scoperta del pensiero

di uomini multiformi, né essi aderiscono ad una corrente filosofica umana, come fanno

gli altri. Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai

costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale

mirabile e indubbiamente paradossale. Vivono nella loro patria, ma come forestieri;

partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria

straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. Si sposano come tutti e generano figli,

ma non gettano i neonati. Mettono in comune la mensa, ma non il letto. Sono nella carne,

ma non vivono secondo la carne. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel

cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi. Amano tutti, e

da tutti vengono perseguitati. Non sono conosciuti, e vengono condannati. Sono uccisi, e

riprendono a vivere. Sono poveri, e fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto

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abbondano. Sono disprezzati, e nei disprezzi hanno gloria. Sono oltraggiati e proclamati giusti. Sono ingiuriati e benedicono; sono maltrattati ed onorano. Facendo del bene vengono puniti come malfattori; condannati gioiscono come se ricevessero la vita. Dai giudei sono combattuti come stranieri, e dai greci perseguitati, e coloro che li odiano non saprebbero dire il motivo dell'odio. A dirla in breve, come è l'anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani. » (V, 1-VI, 1)

La lettera continua le sue argomentazioni riprendendo l'idea che il cristianesimo non è frutto d'invenzione umana, ma è la rivelazione dell'amore di Dio, che inviando il suo Figlio ha riscattato gli uomini dall'abisso in cui la loro incapacità di compiere il bene li aveva gettati. Dio non ha preteso che fossero loro a uscirne, ma il suo stesso apparente ritardo nell'intervenire ha permesso loro di sperimentare più a fondo la sua bontà; il suo amore rende possibile l'amore praticato dai cristiani in questo mondo ed anche il loro martirio, con lo sguardo fisso alla loro cittadinanza celeste.

L'ultima parte della lettera, che ancvora non abbiamo affrontata con il dovuto approfondi-mento (capitoli XI e XII), cambia improvvisamente stile e contenuto e sembra adatta alla lettura in un contesto liturgico-missionario. Contiene riflessioni sulla rivelazione dei misteri divini, rivelazione trasmessa dal Logos (Gesù Cristo) agli apostoli e da questi alla Chiesa che li amministra e li svela:«Per amore delle cose rivelateci vi facciamo partecipi di tutto quanto.» (XI, 8)

In queste poche pagine il lettore moderno trova una genuina risposta alla domanda «che cosa è mai Dio», e le ragioni che fanno dell’evento cristiano un annuncio di gioia e di libertà interiore, un appello alla coscienza personale, un fermento attivo nella storia, qual-cosa di inconfondibile con tutto ciò che pure lo ha preparato. Anche noi, come Diogneto, abbiamo bisogno di una testimonianza vissuta, capace di proporre una libera e degna forma di esistenza. La risposta ai quesiti posti da Diogneto offre una prospettiva anche per l’uomo del nostro tempo. Questo piccolo scritto è pieno di finezza, di eleganza, di decisio-ne, di sentimento ed è una testimonianza insigne della fede e della mentalità del cristiane-simo delle origini. Sono convinto che ben pochi messaggi parlino così direttamente all’uomo come quello che ci viene dalla Lettera a Diogneto. Essa è uno dei documenti più suggestivi (e per me emozionanti) dell’ antica letteratura cristiana.

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Il tema pastorale di quest’anno, come ormai noto, è la missionarietà della parrocchia.La parrocchia è missionaria per sua natura, anche se forse occorre riscoprire alcuni elementi di missionarietà dimenticati o fare scelte pastorali che li evidenzino, soprattutto in questi tempi, in cui molti elementi del quadro socio-culturale sono cambiati.Importante è quindi parlare del “volto missionario” della parrocchia.Il futuro della Chiesa in Italia, e non solo, ha bisogno della parrocchia. È una certezza basata sulla convinzione che la parrocchia è un bene prezioso per la vitalità dell’annuncio e della trasmissione del Vangelo, per una Chiesa radicata in un luogo, diffusa tra la gente e dal carattere popolare. Essa è l’immagine concreta del desiderio di Dio di prendere dimora tra gli uomini. Un desiderio che si è fatto realtà: il Figlio di Dio ha posto la sua tenda fra noi (Gv 1,14). Per questo Gesù è l’«Emmanuele, che significa Dio con noi» (Mt 1,23). Questa convinzione deve alimentare un’ampia corrente di fiducia e un corale slancio di tutta la parrocchia. Anche nelle trasformazioni odierne la Chiesa ha bisogno della parrocchia, come luogo dov’è possibile comunicare e vivere il Vangelo dentro le forme della vita quotidiana. Ma perché questo possa realizzarsi, è necessario disegnare con più cura il suo volto missionario, rivedendone l’agire pastorale, per concentrarsi sulla scelta fondamentale dell’evangelizzazione. Ciò significa valutare, valorizzare e sviluppare le potenzialità missionarie già presenti, anche se spesso in forma latente nella pastorale ordinaria. È ingiustificato e controproducente concepire la “svolta missionaria” quasi in alternativa alla pastorale ordinaria e sottostimare quest’ultima, come se fosse, di sua natura, soltanto statica gestione dell’esistente. Ma occorre anche avere il coraggio della novità che lo Spirito oggi ci chiede. Non mancano punti di riferimento per il discernimento pastorale e per far emergere e accrescere la forza missionaria della parrocchia.Quando parliamo di missione, poi, non dobbiamo dimenticare che questa non è cosa a parte dalla comunione.“Comunione” e “missione” non sono che due aspetti inscindibili dell’amore trinitario di Dio, che si dona a noi, e del nostro entrare nel cuore del suo santo mistero. Non c’è prima la comunione e poi la missione. Questa è la cosa più bella e più necessaria da dire oggi. La comunione con Dio e la comunione con e nella Chiesa sono il modo storico e concreto con cui gli uomini arrivano a Dio: non si incontra il Dio Amore se non in una comunità fraterna e, a propria volta, la comunità fraterna ha la missione di far approdare l’uomo sulle sponde del mistero del Dio. La Chiesa esiste proprio per questo: per far incontrare gli uomini con Dio e con colui che ce lo comunica, il Figlio suo Gesù. L’incontro con Dio è dall’inizio alla fine un “evento spirituale”, ossia generato, animato e ricreato dallo Spirito di Gesù. In questo modo, la Chiesa è l’icona vivente della Trinità. Tutto ciò avverrà non con un cambiamento radicale, ma attraverso piccoli passi profetici.La casa, il lavoro, gli affetti sono caratteristiche proprie dei laici e delle famiglie. Cominciamo da quelle e rendiamole strumenti di annuncio missionario, con

La parrocchia e la sua missione

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creatività e libertà. Ma sempre con spirito ecclesiale!Occorre ri�lettere su quanto la parrocchia viva “solo” o prevalentemente nei suoi locali. E il quartiere, le case, le strade, i luoghi informali?Nei nostri quartieri ci sono ormai molti cristiani non italiani. Che spazio hanno nei consigli pastorali, nelle decisioni, nell’in�luenzare lo stile della parrocchia? Facciamo un conto numerico e ci accorgeremo di quanto poco sono integrati proprio nelle nostre parrocchie!Concludendo, le parrocchie devono essere dimore che sanno accogliere e ascoltare paure e speranze della gente, domande e attese, anche inespresse, e che sanno offrire una coraggiosa testimonianza e un annuncio credibile della verità che è Cristo. L’iniziazione cristiana, che come dicevo ha il suo insostituibile grembo nella parrocchia, deve ritrovare unità attorno all’Eucaristia; bisogna rinnovare l’iniziazione dei fanciulli coinvolgendo maggiormente le famiglie; per i giovani e gli adulti vanno proposti nuovi e praticabili itinerari per l’iniziazione o la ripresa della vita cristiana. La domenica, giorno del Signore, della Chiesa e dell’uomo, sta alla sorgente, al cuore e al vertice della vita parrocchiale: il valore che la domenica ha per l’uomo e lo slancio missionario che da essa si genera prendono forma solo in una celebrazione Eucaristica curata secondo verità e bellezza. Una parrocchia missionaria è al servizio della fede delle persone, soprattutto degli adulti, da raggiungere nelle dimensioni degli affetti, del lavoro e del riposo; occorre in particolare riconoscere il ruolo germinale che per la società e per la comunità cristiana hanno le famiglie, sostenendole nella preparazione al matrimonio, nell’attesa dei figli, nella responsabilità educativa, nei momenti di sofferenza. Le parrocchie devono continuare ad assicurare la dimensione popolare della Chiesa, rinnovandone il legame con il territorio nelle sue concrete e molteplici dimensioni sociali e culturali: c’è bisogno di parrocchie che siano case aperte a tutti, si prendano cura dei poveri, collaborino con altri soggetti sociali e con le istituzioni, promuovano cultura in questo tempo della comunicazione. Le parrocchie non possono agire da sole: ci vuole una “pastorale integrata” in cui, nell’unità della diocesi, abbandonando ogni pretesa di autosufficienza, le parrocchie si collegano tra loro, con forme diverse a seconda delle situazioni, valorizzando la vita consacrata e i nuovi movimenti. Infine, una parrocchia missionaria ha bisogno di “nuovi” protagonisti: una comunità che si sente tutta responsabile del Vangelo, preti più pronti alla collaborazione e più attenti a promuovere carismi e ministeri, sostenendo la formazione dei laici e creando spazi di reale partecipazione.

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Grande è la fragilità umana. Specie se, accecati dal nostro orgoglio, pretendessimo di superare le difficoltà della vita da soli o, peggio ancora, confidando negli idoli (denaro, potere, maghi e maghetti di ogni specie, falsi dei, ecc.). L’unica àncora sicura a cui aggrapparci è Gesù, mandato sulla terra dal Padre per esserci fratello e guida nelle avversità che inevitabilmente incontreremo.

Cristo è in ogni cosa

Nel dolore è la nostra consolazione. Nella solitudine è il nostro amico.Nella debolezza è la nostra forza. Nel turbamento è la nostra pace.Nella tristezza è la nostra gioia. Nella malattia è il nostro medico.Nel dubbio è il nostro consigliere. Nel pericolo è il nostro rifugio.Nella tempesta è il nostro riparo. Nel combattimento è la nostra difesa.Nel bisogno è il nostro sostegno. Nel deserto è il nostro pastore.Nel calore del giorno è la nostra nuvola. Nella notte è la nostra luce.Nella vita è la nostra speranza.

Anonimo