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P. A . T . I .

REGIONE VENETO

2012

PROVINCIADI BELLUNO

“ C O N C A A G O R D I N A ”COMUNI DI

GOSALDO - LA VALLE AGORDINA - RIVAMONTE AGORDINO

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COMUNE DI GOSALDO

COMUNE DI LA VALLEAGORDINA

Norme Tecniche - Allegato 4bCentri Storici

Il SindacoNatale Da Ronch

COMUNE DI RIVAMONTEAGORDINO

Gennaio 2012ConcaAgordina_NT_Allegato4b.doc

COORDINAMENTOp.i. Mariagrazia Viel

IL PROGETTISTA dott. urb. Mauro De Conz

COLLABORAZIONEdott. urb. Erica Fogliatadott. urb. Vanessa Da Col

Elaborato n 6 .

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PATI "Conca Agordina" - Comuni di La Valle Agordina, Gosaldo, Rivamonte Agordino Norme Tecniche - Allegato 4b "Centri storici"

Ai sensi della l. 22.4.1941, n. 633 e s.m.i. recante "Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio" si comunica che autore del P.A.T.I. “Conca Agordina” è lo studio “Planning”, via Anta 14 - 32100 Belluno (BL). Ogni violazione delle norme sul diritto d'autore sarà perseguita a norma di legge.

Il paese di Gosaldo, sede del Comune omonimo, è identificato dalle frazioni di Villa S. Andrea e Don, lungo la S.P. n.347 "del Passo Cereda e Passo Duran". Le due frazioni sono situate tra le quote 1140m (Don) e 1270m circa (Villa), tra la Val de Nagher e la Valle dei Molini, da cui scende il torrente Gosalda, imbrigliato nella zona più prossima all’abitato di Don al fine di scongiurare il rischio esondazione. Don si sviluppa su terreni pianeggianti, prossimi all’alveo del torrente, mentre la frazione di Villa si sviluppa circa 500m a monte sul versante destro della Val de Nagher, su terreni in pendenza verso quest’ultima e verso Don. Importante per lo sviluppo del Comune di Gosaldo è stata, in epoca storica, l’apertura delle miniere di Vallalta, i cui primi giacimenti furono scoperti nel 1723. Le miniere permisero alle popolazioni di mantenersi stabili nella vallata, altrimenti scarsa dal punto di vista del reddito e delle possibilità lavorative. L’etimologia di Gosaldo deriva da un nome proprio germanico, verosimilmente di un longobardo, che trova riscontro anche in Gausaldo (TN), derivato del longobardo Gauzo, con vari derivati nell’Italia settentrionale. La toponomastica conferma dunque la presenza di popolazioni longobarde nella conca agordina.

Gosaldo

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Ai sensi della l. 22.4.1941, n. 633 e s.m.i. recante "Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio" si comunica che autore del P.A.T.I. “Conca Agordina” è lo studio “Planning”, via Anta 14 - 32100 Belluno (BL). Ogni violazione delle norme sul diritto d'autore sarà perseguita a norma di legge.

Il centro storico di Gosaldo nella Carta Tecnica Regionale del Veneto TerrraItalyTM it 2007 – Ortofoto digitale

a colori Compagnia Generale Ripreseaeree S.p.A. - Parma

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PATI "Conca Agordina" - Comuni di La Valle Agordina, Gosaldo, Rivamonte Agordino Norme Tecniche - Allegato 4b "Centri storici"

Ai sensi della l. 22.4.1941, n. 633 e s.m.i. recante "Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio" si comunica che autore del P.A.T.I. “Conca Agordina” è lo studio “Planning”, via Anta 14 - 32100 Belluno (BL). Ogni violazione delle norme sul diritto d'autore sarà perseguita a norma di legge.

Storia

Come desumibile dalla toponomastica del paese, le origini del paese di Gosaldo si possono riferire all’epoca longobarda. Come per i vicini centri di La Valle e Voltago, nei quali sono stati ritrovati siti archeologici di certa derivazione longobarda, si può desumere che tale popolazione diede origine anche alle frazioni centrali di Gosaldo. Si ricorda inoltre che il sistema delle Regole qui in vigore derivava dal diritto germanico che non riconosceva la proprietà privata; da qui la gestione delle Regole dei territori comuni, al fine di garantire alla comunità il diritto di erbatico (pascolo), legnatico (legna da fuoco) e il rifabbrico (legname da costruzione). Sulle terre comuni era vietata la semina o la costruzione di fabbricati al fine di evitare che una famiglia si stabilizzasse sul territorio e tendesse con il tempo a privatizzarlo. L’assetto giuridico delle Regole venne interrotto nel 1806 con l’arrivo di Napoleone e la formazione dei Comuni, e in quell'occasione il Comune di Gosaldo venne creato dall’unione delle Regole di Gosaldo e Tiser. Il nuovo assetto normativo del territorio influì notevolmente sulla vita delle popolazioni residenti, limitando la capacità di sopravvivenza delle fasce più deboli ed incentivando il fenomeno dell’emigrazione. La presenza delle miniere di Vallata, in funzione dal XVIII secolo con un picco di produzione tra il 1850 e il 1880 circa, ha di certo contribuito a ridurre tale fenomeno migratorio, costituendo una integrazione fissa al reddito agricolo. Se però da un lato veniva garantito il lavoro alle popolazioni locali (con priorità ai cittadini di Gosaldo) dall’altro furono le stesse miniere a costringere all’emigrazione sistematica i “seggiolai” nei periodi invernali. Nei periodi più freddi, infatti, a causa della scarsità d’acqua per garantire il funzionamento dei macchinari della miniera, le lavorazioni di estrazione dei materiali divenivano scarse, costringendo la manodopera maschile all’emigrazione. L’inquinamento derivante dalle lavorazioni dei minerali comportava inoltre la scarsa produttività agricola dei terreni comunali, limitando l’integrazione al reddito famigliare da lavoro agricolo. I "Konze" rappresentano quindi una parte importante della storia dell'emigrazione comunale, caratterizzandone la specializzazione produttiva dal '700 fino alla metà del 1900. Gli uomini ed i bambini emigravano in tutto il mondo portando con se gli attrezzi del mestiere (la "craz", la "caora", ecc.). Per comunicare tra loro senza lasciarsi comprendere dalle persone estranee usavano un particolare gergo detto "patuà" altrimenti detto lo "sgabelament del conza". A questo antico mestiere, rappresentativo della storia della comunità locale, è stato reso onore nella piazza di Don grazie alla inaugurazione del 1995 del monumento al seggiolaio, raffigurante il "caregheta" intento nel proprio lavoro e lo strumento della "caora" posto ai piedi della statua, celebrando al contempo la nascita del museo dedicato, ospitato nella sede comunale, in cui si possono osservare gli stili di vita e gli utensili del mestiere. Nel settembre del 1920, l’arrivo della strada del Canal del Mis che collega i centri di Gosaldo e Tiser con Belluno diede nuove prospettive lavorative ai valligiani e nuovo vigore all’estrazione mineraria di Val Imperina.

Gosaldo

Gosaldo oggi

Museo etnografico e del seggiolaio di Gosaldo

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Ai sensi della l. 22.4.1941, n. 633 e s.m.i. recante "Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio" si comunica che autore del P.A.T.I. “Conca Agordina” è lo studio “Planning”, via Anta 14 - 32100 Belluno (BL). Ogni violazione delle norme sul diritto d'autore sarà perseguita a norma di legge.

Permanenze e trasformazioni Come si osserva dalle cartografie riportate, il centro di Gosaldo può essere considerato come l’insieme delle frazioni di Villa e Don, dove nella prima ha sede il nucleo storico del Comune, mentre nella seconda si è concentrato lo sviluppo recente ed hanno trovato sede i servizi comunali del municipio e delle scuole. Il catasto Austro-Italiano del 1843, mostra come i centri di Villa e Don fossero ben definiti e separati gli uni dagli altri a formare tre nuclei distinti tra loro.

Nell’osservazione del nuovo catasto si può vedere come i due centri costitutivi della frazione di Villa si siano densificati e abbiano ridotto gli spazi comuni rinvenibili nel catasto storico. I due nuclei della frazione di Villa, pur rimanendo riconoscibili, si sono progressivamente saldati a causa dell’edificazione in linea di abitazioni unifamiliari lungo l’asse stradale, com’è ben osservabile anche dall’ortofoto riportata nelle pagine precedenti.

Una nuova frangia urbana si è inoltre costituita lungo la strada che conduce al torrente Gosalda, riducendo la percezione della trama urbanistica storica della frazione. Tra i centri di Villa e Don si è inoltre venuto a formare un nuovo nucleo costituito da abitazioni unifamiliari poste al centro del lotto di pertinenza e ben distanziate le une dalle altre, a formare un agglomerato di abitazioni a bassa densità, sviluppo imputabile al richiamo turistico della zona e delle vincine piste di Forcella Aurine. Anche la frazione di Don ha subìto sostanziali mutamenti rispetto al secolo precedente. Qui si è infatti concentrato lo sviluppo frazionale recente, con lottizzazioni di case unifamiliari edificate distanti dal centro storico. Tale frammentazione comporta una difficile lettura della trama urbanistica della frazione, che sembra mancare di unitarietà. Rimangono invece ben distinguibili la piazza di Don e quella antistante la chiesa dedicata alla Vergine Addolorata.

Catasto Austro-Italiano

Catasto attuale

1111 2222

3333

4444

5555

6666

7777

8888 9999

10101010

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Ai sensi della l. 22.4.1941, n. 633 e s.m.i. recante "Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio" si comunica che autore del P.A.T.I. “Conca Agordina” è lo studio “Planning”, via Anta 14 - 32100 Belluno (BL). Ogni violazione delle norme sul diritto d'autore sarà perseguita a norma di legge.

Elementi di interesse storico-testimoniale

Le due antiche chiese di san Giacomo e di Sant’Andrea possono essere riferite al XIII secolo. La nuova chiesa, dedicata alla Beata Vergine addolorata, fu invece consacrata nell’agosto del 1863. Nella piazza principale del capoluogo si trova l’ex-chiesa di San Giacomo, costruita in stile gotico verso il 1630 e consacrata il 2 agosto 1635, e soggetta ad un restauro recente a cura del Comune di Gosaldo In fronte ad essa si trova la chiesa principale del Comune, dedicata alla Vergine Addolorata, la cui costruzione ebbe inizio il 16 agosto 1858 e fu consacrata il 17 agosto 1863. Sulla piazza di San Giacomo si trova inoltre il monumento realizzato in onore del mestiere tipico del paese e della vallata agordina, ovvero il "caregheta" (seggiolaio), cui è stato dedicato un museo a Rivamonte Agordino. Nei centri storici di Don e di Villa, nonostante i recenti mutamenti di assetto urbanistico costituiti dall’edificazione di nuove lottizzazioni e case sparse, si possono ancora ritrovare numerosi esempi di architettura civile di interesse storico e testimoniale. Si tratta di edifici residenziali a tre piani, con tetto spiovente, di consistente volumetria, edificati principalmente in adiacenza gli uni agli altri per evitare lo spreco di territorio coltivabile.

Edificio n.7 - Ex chiesa di San Giacomo

Edificio n.9

Edificio n.6 - Chiesa della Vergine Addolorata

Edificio n.8

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Ai sensi della l. 22.4.1941, n. 633 e s.m.i. recante "Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio" si comunica che autore del P.A.T.I. “Conca Agordina” è lo studio “Planning”, via Anta 14 - 32100 Belluno (BL). Ogni violazione delle norme sul diritto d'autore sarà perseguita a norma di legge.

Le miniere di Vallalta

Lo stabilimento è collocato all’estremità Sud-Ovest della Valle del Mis. A inizio 1700 affiorature di Cinabro (solfuro di mercurio) indussero due patrizi veneziani (Nani e Pisani) a intraprendere i lavori di scavo, e ad essi succedettero gli Zanchi, i Schena, i Fusina, i Nogarolo e i di Bosio. Solo nel 1852 la Società Veneta Montanistica scavò la galleria O’Connor e, dopo 196 metri, trovò il giacimento di mercurio. La scoperta del massiccio quantitativo del prezioso materiale riuscì ad arrestare l’emorragia di forza lavoro che insisteva sulla vallata, in quanto le famiglie trovarono nelle miniere una fonte di reddito regolare che stabilizzava quella derivante dall’agricoltura e dal bosco. Nel 1855 furono così costruiti i primi forni in loco per la distillazione del mercurio, dando ulteriore spinta economica alla zona. Tra gli il 1860 e il 1879 le frazioni della vallata risentirono della presenza della nuova prospettiva di lavoro offerta dalle miniere, che offriva lavoro a circa 140 operai, tanto che nacquero osterie e spacci alimentari nella neonata frazione di California, sul greto del Gosalda, centro frazionale il cui nome derivava dal significato di augurio del territorio d’oltre oceano. E proprio nel decennio 1860-1870 Vallalta risultò essere la sesta miniera in europa per la produzione di mercurio. Fu così che edifici per la lavorazione dei materiali di estrazione della miniera, altrimenti trasportati fino a Venezia per la successiva raffinazione, vennero eretti nella valle. Tra il 1860 e il 1868 si susseguirono tuttavia diversi incidenti all’interno delle gallerie, causati principalmente da nubifragi ed incendi, che provocarono rallentamenti e blocchi nell’estrazione. Nella seconda metà del secolo vi furono ripetuti tentativi di riapertura delle miniere, ma la diminuzione di valore del mercurio, unita alle difficoltà sempre maggiori per l’estrazione del materiale, portarono gradualmente verso la cessazione dell’attività, più volte ceduta e rimaneggiata da diversi proprietari. L’ultimo periodo di attività delle miniere di Vallata si ebbe alla fine degli anni ‘50, in cui si registrarono ulteriori tentativi di qualificare il materiale presente. Nel 1962 un nubifragio investì le gallerie della miniera, provocando la morte di 6 persone. I lavori ripresero l’anno successivo, ma cessarono immediatamente per la mancanza di materiale industrialmente interessante. Nel 1966, la tragica alluvione che colpì l'Italia, non risparmiò neppure le borgate, sorte lungo il Mis, distruggendo e rendendo del tutto inutilizzabile l'intero centro frazionale di California.

Le “scudele” per la raccolta del mercurio

I forni di Vallalta a fine 1800

Imbocco galleria O’Connor

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Ai sensi della l. 22.4.1941, n. 633 e s.m.i. recante "Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio" si comunica che autore del P.A.T.I. “Conca Agordina” è lo studio “Planning”, via Anta 14 - 32100 Belluno (BL). Ogni violazione delle norme sul diritto d'autore sarà perseguita a norma di legge.

La frazione di Ren sorge su un pendio prativo ad una quota media di 665m s.l.m., lungo il versante destro della Val Paganin, a valle della strada comunale che si dirama verso Sud dalla S.P. n.2 "della Valle del Mis" e che vede il suo termine a Coltamai. Il limite Sud-Ovest del centro è dato dal solco costituito dalla rio che percorre la Valle Col di Toni, che poco più a Sud si getta nella Val Paganin. Per il controllo del territorio, di natura geologicamente instabile, essendo il versante di una valle di origine fluviale, sono state costruite sequenze di muri a secco e terrazzamenti.

RenRenRenRen

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Il centro storico di Ren nella Carta Tecnica Regionale del Veneto TerrraItalyTM it 2007 – Ortofoto digitale

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Ai sensi della l. 22.4.1941, n. 633 e s.m.i. recante "Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio" si comunica che autore del P.A.T.I. “Conca Agordina” è lo studio “Planning”, via Anta 14 - 32100 Belluno (BL). Ogni violazione delle norme sul diritto d'autore sarà perseguita a norma di legge.

Permanenze e trasformazioni Il nucleo principale del centro di Ren era già presente così come si ripropone oggi nelle mappe del catasto Austro-Italiano realizzate nella prima metà del 1800. In particolare, si tratta di un nucelo di modeste dimensioni, stretto attorno alla piccola piazza principale, dalla quale si dipartono le strade dirette a Sud-Est verso Costoro e Coltamai e a Nord in direzione della strada comunale principale. Gli edifici sono prevalentemente costituiti p erl amaggior parte da fabbricati rurali in pietra dalla forma bassa e allungata (due piani al massimo) posizionati lungo le curve di livello, e con i fronti principali rivolti verso Sud-Est e Nord-Ovest.

Attualmente è ancora ben riconoscibile la struttura originaria del villaggio con la sua piazza principale e la viabilità di attraversamento. Qualche edificio di nuova fattura compare tra gli edifici storici di pregio, ma in numero molto limitato. Sostanzialmente si può dunque affermare che per tutto il corso dell’Ottocento e fino a metà Novecento, il nucleo è rimasto praticamente intatto. Data la marginalità del nucleo rispetto ai centri maggiori e alle viabilità principale, l’espansione edilizia avutasi negli ultimi 150 anni è stata quasi nulla, eccezion fatta per alcuni fabbricati edificati lungo le strade che si dirigono a Sud-Ovest verso Coltamai e Costoro.

Catasto Austro-Italiano

Catasto attuale

1111

2222 3333

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Elementi di interesse storico-testimoniale

Il mantenimento della struttura storica del paese e gli scarsi interventi sulla frazione hanno permesso di conservare le peculiarità dell’abitato. I fabbricati sono in maggior parte delle seconde case, abitate per lo più nel periodo estivo. Questo ha in parte stravolto la tipologia abitativa del Comune, permettendo però la conservazione degli edifici, altrimenti destinati a un progressivo degrado. La prevalente tipologia architettonica è di piccole cubature e residenze, con piccoli volumi rustici: al fine di sfruttare un muro in comune tra le case nascono forme edilizie urbane di allineamento. Il materiale usato prioritariamente è la pietra locale.

Edificio n.1

Edificio n.2

Edificio n.3

Edificio n.3

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La frazione di Tiser si trova 6 km a Sud di Don, a ridosso del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi. Essa sorge a circa a 940m di quota s.l.m., sul versante destro della Val Paganin, a breve distanza dall'incrocio tra la S.P. n.3 "della Val Imperina", proveniente da Rivamonte e diretta a Gosaldo, e la S.P. n.2 "della Valle del Mis". Si tratta di un aggregato rurale di modeste dimensioni, costituito da una quarantina di case edificate su terreni in leggera pendenza a formare un nucleo abitato gradonato. Le facciate delle abitazioni sono tutte rivolte a Sud, al fine di ottenere il massimo irraggiamento solare e disposte in modo da non creare ombre sulle edificazioni vicine. Tiser rappresenta il centro di riferimento per tutti gli insediamenti formati in Val Paganin, dove la struttura insediativa si è andata sempre più organizzando; Tiser è divenuto la testa della “piramide” costituta dalla serie di borgate edificate sul versante, avendo la chiesa, la canonica e la scuola. Lo sviluppo del versante è comunque recente, in gran parte ottocentesco, come testimoniano le dati incise sulle travi di colmo delle facciate delle abitazioni.

Tiser

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Storia Tiser è ricordato per la prima volta in un documento del 1148. Al tempo della Serenissima formava una Regola, unita in molti punti civili a quella di Riva. Con l’arrivo di Napoleone nel 1800 la Regola è stata unita a quella di Gosaldo a formare il Comune di Gosaldo. La frazione di Tiser è stata da secoli caratterizzata dal fenomeno dell’emigrazione, in quanto la posizioni in zona montana non permetteva di raggiungere il sostentamento dall’attività contadina. Si dice che i primi “caregheta” (impagliatori di seggiole) siano partiti dal paese alla fine del 1700. Nemmeno la presenza delle miniere di Vallalta e di Rivamonte erano sufficienti a garantire lavoro a tutta la popolazione. I seggiolai si distinsero particolarmente in Francia e Germania e per difendere i segreti della propria attività inventarono un loro gergo, detto "scapelamènt del contha", utile per comunicare senza essere capiti. Anche nella frazione di Tiser l’influenza delle miniere e del minerale presenti sul territorio fu comunque fondamentale nell’evoluzione della storia cittadina: nel villaggio di Tiser si trovarono resti di due varietà di ferro, a conferma delle possibilità di estrazione mineraria presente in gran parte della vallata agordina, e in particolare nei Comuni di Gosaldo e Rivamonte. Sin dal XV secolo si hanno infatti notizie di ricerche minerarie ad opera di operai tedeschi. La diffusione delle miniere, soprattutto dalla metà del 1800, comportò notevoli cambiamenti negli assetti geografici della valle, portando alla formazione di famiglie borghesi che andarono progressivamente abbandonando i lavori agricoli per favorire quelli legati alle miniere e alla trasformazione dei minerali. L’immigrazione in valle di boscaioli, minatori e operai, portò ad un aumento di popolazione con esigenze diverse, specialmente nell’insediamento e nella necessità di ritrovare fonti di rendita indipendenti. Nei paesi di Gosaldo e Tiser, Riva, ecc., nacquero così casolari sparsi anche su terreni impervi per riuscire a dissodare e ridurre a coltivazione intensiva appezzamenti di pascolo e boschi comunali, al fine di dare ai nuovi nuclei famigliari un’occupazione ed una rendita. Questa pratica portò però allo sfruttamento dei territori comunali, non considerati come terreni propri da mantenere nel tempo ma come zone di sfruttamento intensivo. Inoltre, l’edificazione di nuovi casolari in aree demaniali portò alla privatizzazione di parti di esse, trasgredendo alla legge delle Regole che provvedeva alla gestione dei territori pubblici comuni al fine di garantire l’economia della montagna agordina.

Borgo in località Tiser

Cartolina di Tiser del 1900

Cartolina della Piazza di Tiser con l’osteria della Clelia, inizio secolo XX

Veduta di Tiser nel 1960

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Ai sensi della l. 22.4.1941, n. 633 e s.m.i. recante "Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio" si comunica che autore del P.A.T.I. “Conca Agordina” è lo studio “Planning”, via Anta 14 - 32100 Belluno (BL). Ogni violazione delle norme sul diritto d'autore sarà perseguita a norma di legge.

Permanenze e trasformazioni Il centro di Tiser nel 1843 era caratterizzato da una consistente presenza di spazi pubblici e slarghi degli assi viari, che sembravano prevalere sullo spazio destinato all’edificazione. Tutte le abitazioni erano edificate in affaccio su tali ampi spazi stradali, che venivano probabilmente utilizzati come cortili comuni. La volontà di sfruttare un unico muro per due abitazioni ha comportato nel tempo la costituzione di forme edilizie di allineamento, non presenti in altri esempi nel territorio agordino.

Dal confronto tra l'immagine catastale storica e quella attuale, è possibile notare come il centro di Tiser abbia sostanzialmente mutato la propria struttura nel tempo. L’edificazione degli ultimi 150 anni ha comportato la densificazione del nucleo cittadino, riducendo gli spazi pubblici e le pertinenze stradali tipici del nucleo di metà Ottocento. La Strada Provinciale n.2 di collegamento tra la valle del Mis e il centro di Rivamonte, nella struttura odierna prevale in modo netto sulla rete viaria locale, mutando l’equilibrio osservabile nell’estratto catastale del periodo Austro-Italiano. La densificazione dell’abitato frazionale si è avuta dopo gli anni ’60, ed è coincisa con il boom economico e l’arrivo della fabbrica della Luxottica ad Agordo, che han garantito un maggior benessere economico alle popolazioni valligiane, dopo le distruzioni e le difficoltà causate dai conflitti mondiali e dalla chiusura definitiva delle estrazioni minerarie.

Catasto Austro-Italiano

Catasto attuale

1111

2222

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Elementi di interesse storico-testimoniale

Il centro di Tiser, nonostante lo sviluppo del paese abbia modificato i caratteri urbanistici legati al sistema delle piazze e della rete viaria, conserva elementi dell’architettura tipica. Le abitazioni sono alte e a tre piani, per sfruttare la conformazione del territorio, in cui la scarsa presenza di terreno pianeggiante induce a sviluppi in altezza per garantire gli spazi sufficienti ai numerosi gruppi famigliari. Si nota come la presenza dei ballatoi si riduca per la mancanza di appezzamenti pianeggianti adatti alla coltivazione del granturco. La chiesa di Tiser, documentata sin dal 1414, si può far risalire al XIV secolo. Essa fu la prima chiesa del territorio ad essere eretta formalmente parrocchia nel 1662 dopo il Concilio di Trento, prima ancora di Rivamonte e Gosaldo. Dedicata a San Bartolomeo Apostolo, è stata più volte oggetto di restauri ed ampliamenti. Si presenta con ripidi spioventi ed un campanile a punta slanciata, secondo l’architettura tipica. L’altare maggiore è impreziosito da due sculture di San Pietro e Paolo, opere di Valentino Besarel. Le campane della chiesa, portano con loro un passato tormentato: vennero benedette nel 1906, ma nel primo conflitto mondiale vennero confiscate e fuse dai tedeschi per farne cannoni. Terminata la guerra, Tiser riuscì a rifondere le sue campane dai cannoni austriaci per inaugurarle nuovamente nel 1923.

Edificio n.1 - Chiesa di Tiser

Edificio n.1 - Chiesa di Tiser

Edificio n.2

Edificio n.2

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Il centro di Conaggia sorge a Nord-Est dell’abitato di La Valle e ne costituisce una delle frazioni storiche di fondazione. Diversi sono stati i ritrovamenti nel corso degli anni, soprattutto con l’espansione edilizia del dopoguerra, che hanno portato alla luce oggetti e testimonianze di popoli celtici e di monete romane risalenti circa al 300 d.C. (fonte: Ritrovamenti archeologici in territorio di La Valle Agordina, Tiziano De Col). In epoca Medioevale le notizie storiche indicano che qui sorgesse un castello, detto Castel Canàola, appartenete alla famiglia dei Della Valle. Del castello oggi non v’è più traccia e la testimonianza della sua presenza è giunta sino a noi grazie all’affresco presente sopra la porta laterale destra della chiesa di La Valle, in cui si trova raffigurato il santo San Michele con alle spalle il Castello medioevale. Il nucleo del paese si trova nella piana tra i torrenti Missiaga e Bordina, le cui valli si fondono dopo la frazione ed i cui terreni di natura alluvionale (di epoca postglaciale) ben si prestano alla coltivazione di granoturco e patate: lo sviluppo dell’edificato si è appoggiato all’antico asse stradale, cercando così di risparmiare nella misura maggiore possibile i terreni destinati all’agricoltura per la coltivazione di queste due specie vegetazionali.

Conaggia

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Il centro storico di Conaggia nella Carta Tecnica Regionale del Veneto TerrraItalyTM it 2000 – Ortofoto digitale

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Permanenze e trasformazioni La mappa del catasto Austro-Italiano evidenzia la forma del centro al 1843. Si nota come il nucleo manchi di una piazza riconoscibile e si sviluppi invece in senso longitudinale in appoggio alla maglia stradale e alla riva destra del torrente Bordina. Molte sono le abitazioni direttamente in affaccio sul torrente, per il probabile sfruttamento dell’acqua per il funzionamento dei mulini (considerata la coltivazione del granturco) e per il trasporto del legname dalle vallate vicine. All’interno del reticolo stradale i lotti non sono saturati dall’edificazione ma adibiti a broli ed orti.

Nel 1910 circa il centro di Conaggia, oltre a quello di Cugnago, venne distrutto a seguito di un violento incendio. La ricostruzione dell’edificato è avventa per la maggior parte sulle macerie del vecchio paese ed in parte dando origine alla frazione di Chiesa. Come si osserva dall’immagine del catasto attuale, il nucleo di Conaggia non ha avuto un ulteriore sviluppo nel corso dell’ultimo secolo. In alcune zone è addirittura possibile notare come la ricostruzione dei fabbricati sia mancata dopo l’incendio, probabilmente preferendo la località di Chiesa. L’affaccio dell’abitato verso il fiume si è notevolmente ridotto, sia a causa delle variate condizioni economiche che non richiedono più l’utilizzo dell’acqua a scopi produttivi, sia per la fisica riduzione dell’alveo e delle portate d’acqua del torrente. Lo sviluppo del paese si è mantenuto lineare, in affaccio lungo gli immutati assi stradali, senza costituire un nucleo principale identificabile come piazza o fulcro cittadino, probabilmente anche per l’accrescersi del centro di Chiesa. Purtroppo, nonostante alcuni edifici risalgano alla costruzione post-incendio ed abbiano quindi una storia centenaria, non è possibile rilevare nel centro di Conaggia elementi di interesse storico-testimoniale.

Catasto Austro Italiano

Catasto attuale

Cugnago dopo l’incendio del 1910

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Cugnago si trova a Nord del centro di La Valle e ne rappresenta con Conaggia uno dei nuclei frazionali più popolosi e di più antica fondazione. Il paese sorge in destra orografica del torrente Missiaga, ad una quota media di 860 m s.l.m., in posizione rialzata rispetto all’alveo fluviale, ai piedi delle pendici meridionali del Coi di Cugnago (1049 m), tangente alla Strada Provinciale n.347 diretta al passo Duran. La particolare posizione permette, come testimoniano gli scritti ottocenteschi di Ottone Brentari, la coltivazione della vite, nonostante l’altitudine.

Cugnago

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Il centro storico di Cugnago nella Carta Tecnica Regionale del Veneto TerrraItalyTM it 2000 – Ortofoto digitale

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Permanenze e trasformazioni La mappa catastale redatta in periodo di governo Austro-Italiano rappresenta la forma del centro nella prima metà del XIX secolo. In essa è facile notare la mancanza di un fulcro, a vantaggio di una forma scomposta che occupa senza lesinare il territorio a disposizione. Tale conformazione apparentemente disordinata (in quanto non strutturata attorno alla piazza o allineata lungo i principali assi stradali) è probabilmente da imputare alla morfologia pianeggiante del territorio, che ha permesso all’edificazione di distribuirsi secondo le esigenze della popolazione piuttosto che ordinata da vincoli di scarsità della risorsa. Il nucleo edificato si presentava così isolato e ben riconoscibile, limitato nel suo sviluppo verso Est dalla presenza del torrente Missiaga. La piazza del paese occupava una posizione non baricentrica rispetto all’edificato, ponendosi a Nord della maggior parte delle abitazioni presenti. Al contrario del centro di Conaggia, il paese non si interfacciava con il torrente Missiaga, ma con una sua derivazione, portata a quota dell’abitato e probabilmente di più facile gestione in termini di sicurezza del territorio.

Dall’estratto del catasto attuale si può notare come il centro di Cugnago abbia superato il secolo passato senza sostanziali mutamenti. L’assetto viabilistico ha mantenuto i suoi assi principali invariati, con il potenziamento della Strada Provinciale n.347 in direzione del Passo Duran. La piazza della frazione è stata spostata rispetto all’originale, ed è stata delimitata con un perimetro edificato che meglio la identifica. Si nota inoltre come il torrente Missiaga abbia notevolmente ridotto le proprie dimensioni, portando alla scomparsa della derivazione che attraversava l’abitato nel secolo antecedente. Il ritrarsi dell’ambito fluviale ha permesso l’utilizzo da parte della popolazione di nuovi territori, sui cui si evidenzia l’edificazione di numerose nuove abitazioni. Si sottolinea come, nonostante vi sia stato un visibile aumento dell’edificazione, questa non abbia compromesso la struttura della frazione, mantenendola riconoscibile e separata dal resto del centro di La Valle ed evitando così la saldatura dei due centri, causa inevitabile di una perdita di leggibilità storica del paesaggio.

Catasto Austro Italiano

Catasto attuale

1111

2222

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Elementi di interesse storico-testimoniale Nonostante il sostanziale mantenimento della forma del nucleo storico, si possono rilevare solo due edifici di pregio storico, entrambi localizzati nella zona Nord del nucleo. Si tratta in entrambi i casi di fabbricati rurali cui il Comune ha ritenuto di assegnare il massimo grado di protezione nel Piano Regolatore Generale per conservarne i caratteri tipici. Le caratteristiche architettoniche da essi presentate sono infatti quelle tipiche dell'edilizia rurale di questa parte di Agordino, costituite da un piano terra in pietra, nel quale era ospitata la stalla per il bestiame, da un primo piano in pietra (edificio n.1) o legno (edificio n.2) e da un ultimo piano caratterizzato da un tamponamento ligneo, corrispondente al fienile. In alcuni casi al primo piano si accedeva tramite una scala ed una rampa, affiancate o costituenti un unico corpo, necessarie per facilitare l'entrata e l'uscita dei materiali e degli attrezzi. Nel territorio frazionale si trovano inoltre due esempi di edifici tipici, riprodotti nel museo di La Valle alla sezione architettura. Si tratta del “Casàl”, la cui trave di colmo riporta la data 1436, ma che, nella sua parte più antica, risale probabilemnte al XII secolo, e del “Talvadon”, dalla struttura risalente al XVII secolo e costruita parte in sassi e calce e parte in travatura posta a blockbau. Numerosi sono inoltre gli esempi in questa “Vila” di fienili costruiti a travi incrociate.

Edificio n.1

Edificio n.1

Edificio n.2

Edificio n.2

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Il nucleo di Fades si sviluppa a Ovest del centro di La Valle, in sinistra orografica del torrente Missiaga, lungo la strada comunale che collega Lantrago e Cugnago, in posizione baricetrnica tra questi due centri frazionali. L'abitato si è sviluppato in modo compatto attorno la piazza, ad una quota pressoché costante compresa tra 815 e 825 m s.l.m., in un pianoro prativo che, proprio alle spalle dell'abitato e fino al cambio di pendenza, è ancora oggi interessato da numerose coltivazioni agricole. Oltre all'asse viario Est-Ovest, alla piazza principale giunge, immediatamente dopo aver attraversato lo stretto ponte sul Missiaga, anche la strada proveniente da La Valle.

Fades

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Permanenze e trasformazioni

Dall’estratto del catasto Austro-italiano che fotografa la situazione dello sviluppo edilizio del paese al 1843, si può notare come la presenza di spazi pubblici (strade e piccoli slarghi), su cui poggiava l’edificato, fosse una delle caratteristiche peculiari del centro frazionale di Fades. Il collegamento con la vicina frazione di La Valle era già allora garantito dalla presenza di un ponte sul torrente Missiaga. Una volta attraversato l'intero centro abitato, l'asse viario portante del paese, si dirigeva poi verso Sud-Est, permettendo il collegamento con la vicina Lantrago, mentre l'unico modo per dirigersi a Cugnago era attraversare il ponte e proseguire sulla strada diretta al passo Duran. I fabbricati erano posizionati a formare una struttura planimetrica compatta attorno alla piazza principale ed erano costituiti per lo più da residenze unifamiliari o rustici addossati gli uni agli altri al fine di risparmiare quanto più spazio possibile per l'agricoltura.

Dall’estratto del catasto attuale si può osservare come la struttura di Fades si sia mantenuta simile nel corso del tempo, con l’aggiunta di qualche abitazione a densificare la maglia dell’edificato e ad "allungarlo" leggermente in direzione Sud-Est, verso la vicinadi Lantrago. Oltre all’aggiunta di piccole porzioni stradali a servizio dei lotti e delle abitazioni presenti, si nota la costruzione di una nuova strada di collegamento interfrazionale con il nucleo di Cugnago, strada lungo la quale, in tempi recenti si sono attestate numerose abitazioni, con il pericolo di creare col tempo la saldatura dei due centri, così come sta avvenendo verso Lantrago. Tale edificazione lineare in appoggio agli assi stradali, se non ben governata, rischia infatti di far diminuire la percezione delle singole unità - le “Vile” - di cui si compone il Comune di La Valle Agordina.

Catasto Austro Italiano

Catasto attuale

1111

2222

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Elementi di interesse storico-testimoniale

Grazie al mantenimento quasi inalterato dell’edificato di Fades, è possibile apprezzare due edifici di civile abitazione di valore storico-testimoniale, che rappresentano due esempi ben conservati di architettura tipica della vallata agordina. La prima abitazione (edificio n.1) si trova in affaccio sulla piazza frazionale, e rappresenta uno splendido esempio di architettura a blockbau. L’edificio è infatti costruito in parte in sassi e calce e per la parte superiore con travatura ad incrocio, posta appunto a blockbau. In esso si evidenzia la presenza dell’ampio patio. Interessante è anche osservare la struttura dell’antica piazza: lastre in pietra uniformavano il fondo e la tipica "brenta" (fotana) è ancora presente al centro della scena. Il secondo rustico (edificio n.2) è un fabbricato in pietra e legno in cui è possibile osservare la doppia fila di ballatoi mantenuta sia sulla facciata principale che su quella laterale. In origine, tale ampia superficie veniva utilizzata per l’essicatura del granoturco, che rimaneva appeso ai terrazzi sui quali poteva arieggiarsi ed asciugarsi al sole evitando le intemperie.

Edificio n.2

Edificio n.2

Edificio n.1

Edificio n.1

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La frazione di Gaidon sorge a Sud dell’abitato di Torsas, in un'area pianeggiante leggermente degradante verso Sud-Ovest stretta tra i torrenti Missiaga e Bordina, con una quota sul livello del mare compresa tra 750 e 765 m. Il nucleo storico, posizionato a ridosso della scarpata boschiva del torrente Bordina e della strada comunale diretta a Ronche, è costituito da un numero esiguo di abitazioni ed appare molto compatto. Il rapporto con il corso d'acqua adiacente ha di certo segnato la vita della frazione, perlomeno per il facile e vicino accesso ad esso garantito dalla strada frazionale. Lo sviluppo recente del centro è avventuo a ridosso della vicina strada comunale diretta a Torsas da un lato e a Ronche e a Crostolin (Comune di Agordo) dall'altro.

Gaidon

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Il centro storico di Gaidon nella Carta Tecnica Regionale del Veneto TerrraItalyTM it 2000 – Ortofoto digitale

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PATI "Conca Agordina" - Comuni di La Valle Agordina, Gosaldo, Rivamonte Agordino Norme Tecniche - Allegato 4b "Centri storici"

Ai sensi della l. 22.4.1941, n. 633 e s.m.i. recante "Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio" si comunica che autore del P.A.T.I. “Conca Agordina” è lo studio “Planning”, via Anta 14 - 32100 Belluno (BL). Ogni violazione delle norme sul diritto d'autore sarà perseguita a norma di legge.

Permanenze e trasformazioni

Nel Catasto Austro Italiano appare ancora più intuitivo il rapporto di Gaidon con il torrente Bordina cui si accennava sopra. Il doppio accesso alle rive del fiume, quello più a Sud dei quali sfociante in un ponte, e lo slargo presente proprio a ridosso dell'imbocco del ponte stesso permettono di ipotizzare un antico utilizzo della risorsa acqua per scopi produttivi, forse collegato ai lavori boschivi e al trasporto di legname. Dal punto di vista della struttura urbanistica della frazione, si può notare come essa costituisse un nucleo ben compatto di una ventina di edifici, leggermente allungato verso la campagna a Sud-Est. La viabilità principale era costituita dalla strada che, distaccatasi dal collegamento Torsas-Crostolin, si dirigeva verso Sud perpendicolarmente al torrente, per poi proseguire lungo sponda sinistra verso Calncellade e Noach. Nel nucleo erano poi presenti alcune strade di disribuzione, quasi tutte parallele o perpendicolari all'asse portante.

Dall’analisi del catasto attuale è evidente come la conformazione del centro storico di Gaidon sia rimasta sostanzialmente inalterata nel tempo, in quanto la costruzione delle nuove abitazioni ha interessato esclusivamente i lotti vicini alla strada comunale. Tale fattore unito alla relativa distanza della frazione rispetto alle altre “Vile” di La Valle Agordina, ha permesso all’abitato di mantenere i propri caratteri paesaggistici tipici; ciò nonostante non è possibile rilevare degli elementi di particolare rilievo o interesse storico-architettonico nella frazione, come probabile conseguenza della ristrutturazione delle abitazioni presenti nella frazione. La novità più rilevante riguarda la viabilità, in particolar modo per quanto riguarda quella diretta al torrente Bordina, che vede lo spostamento del ponte più a monte, uno spostamento probabilmente causato dalla distruzione del manufatto storico provocata dalle numerose "brentane" che interessano i torrenti della zona.

Catasto Austro Italiano

Catasto attuale

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La frazione di Lantrago sorge in un'area pressoché pianeggiante in destra orografica del torrente Missiaga, a ridosso del ponte sul medesimo torrente realizzato lungo la S.P. n.347 "del Passo Cereda e del Passo Duran". La quota media a cui è situato è compresa tra 800 m e 780 m s.l.m. e le abitazioni terminano, verso Nord-Ovest, in corrispondenza del cambio di pendenza, dovuto alla presenza, qualche centinaio di metri più su, del Coi di Fades e del Coi di Lantrago. Il nucleo appare compatto, con una maglia stradale complessa costituita da vie strette sulle quali si affacciano i numerosi edifici residenziali e rustici che ancora oggi conservano i caratteri tipi dell'edilizia storica agordina. Nel 1910 la frazione ha visto ampliare il proprio perimetro con l’edificazione di nuove abitazioni, ma lo sviluppo della rete viaria interfrazionale è avventuo solamente nel dopoguerra.

Lantrago

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Permanenze e trasformazioni Come si può notare dall’osservazione del catasto del 1843, la frazione di Lantrago si mostrava già allora ben strutturata e compatta, con uno sviluppo radiale della maglia viaria, al fine di consentire a ciascuna abitazione di poter usufruire della stessa. La morfologia dell'ambito, caratterizzata da una lieve pendenza in direzione Sud-Ovest ha fatto sì che le abitazioni, nel loro insediarsi, non abbiano dovuto sottostare a rigide regole localizzative, cosicché la conformazione del nucleo risultava essere "a macchia d'olio", sia pur compatta. La stessa viabilità non appariva seguire uno schema ben preciso, se non quello dovuto alla necessità di servire tutti i fabbricati esistenti. L'asse principale e in qualche modo strutturante era costituito dalla via che, proveniente dal ponte sul torrente Missiaga, volgeva poi verso Sud-Ovest correndo parallela al corso d'acqua e attrevarsando la campagna prima di ricollegarsi, più a valle, con l'attuale S.P. n.347. Lo stesso asse, al culmine, giunto al culmine Nord del centro abitato, si biforcava verso Nord-Est, giungendo così a Fades.

Dal confronto con il catasto attuale è evidente come il centro frazionale sia rimasto sostanzialmente invariato nel tempo, consentendo il permanere della percezione paesaggistica storica dei luoghi. Non si notano infatti, se non nella piana situata a Nord-Est del nucleo e lungo la strada per Fades, nuove abitazioni, e anche la viabilità realizzata ex-novo è praticamente nulla. La ristrutturazione delle abitazioni avuta principalmente negli anni ’60-’70 ha tuttavia ridotto il pregio storico-architettonico del luogo, mantenendo invece la tipologia tipica delle abitazioni: edifici perlopiù sviluppati in altezza, su tre piani, con lunghi ballatoi in legno.

Catasto Austro Italiano

Catasto attuale

1111

2222

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Elementi di interesse storico-testimoniale Nonostante le ristrutturazioni subìte abbiano reso meno interessanti dal punto di vista storico-architettonico i fabbricati componenti il centro di Lantrago, è possibile ancora rinvenire alcuni elementi di notevole interesse, rappresentativi dell’architettura tipica e degli usi dedicati. Nelle prime due foto è infatti possibile apprezzare un edificio dalla destinazione d'uso certamente agricola (edificio n.1), nel quale si sono ben conservati alcuni caratteri quali la muratura realizzata in pietrame locale a vista, gli ampi portoni lignei necessari al passaggio delle attrezzature, dei materiali e degli animali, e le strutture portanti (es. architravi) in legno. Le due foto seguenti raffigurano invece un ex-mulino che, localizzato all'ingresso del paese sulle rive del torrente Missiaga, a ridosso del ponte che collega Lantrago a Chiesa, ben rappresenta lo stile architettonico tipico delle case di un tempo. Sorto agli inizi del ‘900, il fabbricato ha in parte perso i lunghi ballatoi in legno che lo caratterizzavano e che sono stati oggi sostituti da terrazze più contenute, avendo col tempo perso la funzione originaria di essiccatoi. Nella foto riportata a lato è ancora visibile la presenza della "brenta", ovvero della fontana da cui attingevano l’acqua le genti dell’intorno, costruita anch’essa nei primi anni del secolo scorso e ancora caratteristica del borgo.

Edificio n.2 - Ex Mulino

Edificio n.1

Edificio n.2 - Ex Mulino, 1914 (fonte: Un viaggio nel passato)

Edificio n.1

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Il centro di La Valle sorge a circa 825 metri di quota, eretto su di un terrazzo prativo alla congiunzione delle valli del torrente Missiaga e del torrente Bordina, in posizione rialzata rispetto gli stessi per evitare il pericolo di esondazioni, accadimenti che hanno più volte scosso la vita cittadina nel corso della propria storia (dall’alluvione de “la Boa” a quella del 1966). Anticamente conosciuto con il nome di San Michele in Valle in onore della chiesa del paese dedicata all’Arcangelo, il nome del Comune variò poi in La Valle fino a che nel 1964 si compose il nome odierno di La Valle Agordina. Il nucleo cittadino viene attualmente identificato con la frazione di Chiesa, fondata nel 1910 dopo che un incendio distrusse il centro di Conaggia. Chiesa è divenuto il luogo in cui sono stati edificati gli edifici simbolo della vita cittadina, ovvero il Municipio, l’edificio scolastico e della canonica e la Chiesa.

La Valle

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Storia

Il centro di La Valle risale al VI-VII secolo dopo Cristo, come testimoniano i reperti di probabile origine celtica ritrovati in zona ed attualmente custoditi nel “Museo La Valle” situato presso l’edificio comunale ove ha sede il Municipio. In seguito, circa nel secolo XIII, prese corpo nel paese un potente casato chiamato i Della Valle il quale gestì la vita paesana fino al 1404; dopodichè la “Regola de la Val” prese in mano la gestione completa del paese fino al 1797, anno della caduta della Serenissima Repubblica di San Marco. Nel 1800 il paese si presentava come “un bel tipo di villaggio alpino, con torrente sassoso che lo attraversa, il ponticello di pietra, la sega, la verde valle circondata da alte cime, i broli tra le case, ecc.” (Fonte: Guida Storico Alpina da Feltre a Belluno, di Ottone Brentari). Tale armonia di paesaggio si tradusse in richiamo per le prime forme di villeggiatura, tanto che già nel 1905 viene riportato il centro di La Valle all’interno di una “Guida delle villeggiature italiane” stampata a Roma, in cui si descrive il paese come “Clima salubre, acqua buonissima ed abbondante, Chiesa pulita, caccia abbondante e in località vicine al paese”. (Fonte: Un viaggio nel passato, Vecchie immagini di La Valle e lavallesi). La componente agricola era in primo piano nell’economia del paese, circondato da campi di granoturco e di patate, vasti frutteti ed estesi territori a pascolo per il sostentamento del bestiame. La ricchezza di boschi della vallata rappresentava comunque la quota più importante dell’economia paesana; il legno veniva infatti richiesto per costruzione delle abitazioni, di attrezzi da lavoro, di fienili, armature in legno per le miniere, oltre che per il riscaldamento domestico e per la produzione di carbone per le fucine dei lavori del ferro zoldani. Scarsi erano i commerci, ma in compenso fiorivano i baratti con i Comuni vicini, in particolar modo con la Val di Zoldo, con i quali venivano scambiati prodotti agricoli in cambio di lavorazioni in ferro. Tali baratti continuarono fino alla metà del secolo scorso. Nel 1922 venne inaugurato l’edificio della “Sala Don Bosco”, destinata a canonica e ad edificio scolastico, che divenne il centro culturale di ritrovo del paese e delle frazioni limitrofe, segnando in modo netto il limite spaziale Nord della piazza del paese. Il paese ha registrato il proprio picco demografico tra il 1900 e il 1930.

1910: Frazione di Chiesa

Al centro dell’immagine il bianco edificio scolastico; a sinistra la Chiesa di San Michele

1926: Piazza di La Valle con l’edificio scolastico

1926: Piazza di La Valle con l’edificio scolastico

Immagini tratte da "Un viaggio nel passato"

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Permanenze e trasformazioni

La carta del Catasto Austro-Italiano mostra una forma di nuovo impianto per il centro di La Valle, dove alla forma sinuosa della strada principale che si immette nella piazza del paese, si innesta una maglia regolare ed ortogonale, di secondo impianto rispetto alla prima formazione spontanea del paese, e derivante dalla ricostruzione di parte del paese di Conaggia, distrutto con l’incendio del 1910. Si nota inoltre la regolarità dei mappali presenti sul catasto, principalmente nell’area in affaccio sugli assi stradali, tale da far ipotizzare una sorta di lottizzazione del territorio per la sua successiva ordinata edificazione, a differenza dei lotti irregolari e di forma allungata riscontrabile nei territori circostanti adibiti all’agricoltura. Dalla cartografia è ben visibile la Chiesa di San Michele Arcangelo, sorta in alto su di un colle in posizione dominante rispetto alla piazza del paese, su cui si affaccia l’edificio della canonica. Nella parte alta alto dell’immagine si distingue la sagoma dell’edificio municipale.

Attualmente è ancora ben riconoscibile la struttura originaria del villaggio, caratterizzata dalla piazza storica e della chiesa. Qualche edificio di nuova fattura compare inframezzato tra gli edifici storici ma, trattandosi di un numero limitato, rimane ancora disponibilità di lotti edificabili. A differenza delle altre "Vile" del Comune, la frazione di La Valle risulta disorganica dal punto di vista urbanistico: la presenza di edifici simbolici per la vita cittadina non è stata sufficiente a creare un centro urbano compatto in grado di identificare in termini fisici uno spazio qualificabile come piazza o centro del nucleo urbano. La nuova edificazione, risalente principalmente al secondo dopo guerra, non ha seguito una occupazione razionale del territorio, distribuendosi in modo sparso sul territorio a disposizione.

Catasto Austro Italiano

Catasto attuale

1111

2222

3333

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Elementi di interesse storico-testimoniale

La presenza di edifici di forte carattere simbolico edificati nella frazione fa sì che ancora oggi si possano ritrovare elementi di interesse storico e testimoniale nonostante la costruzione recente del paese. Di rilievo appare la chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo, la cui primitiva origine pare risalire al XII secolo, quando il luogo di culto si componeva di un piccolo oratorio a pianta quadrangolare, come di consuetudine per tali edifici nell’area alpina dell’epoca medioevale. Sul suo sedime sarebbe poi sorta nel XV secolo il secondo tempio, rimaneggiato un secolo più tardi per far spazio all’aumento di popolazione del paese. La chiesa, nella notte tra il 27 e il 28 aprile del 1701, come riportato in una lapide murata all’interno dell’attuale navata, fu completamente distrutta da una frana, dalla quale venne recuperato solo l’altar maggiore, opera dello scultore Valentino Panciera Besarel, realizzato nella seconda metà del secolo XIX, con inserito un tabernacolo del Brustolon. L’edificio fu ricostruito l’anno successivo, ma le opere di rifinitura si protrassero per qualche anno. A lato della Chiesa, sulla piazza, il campanile del paese venne innalzato tra il 1719-1920; le campane, poste su due piani, sono in tutto cinque. L’edificio è stato nel corso degli anni interessato da diversi rinnovi: nel 1862 uno di notevole interesse fu realizzato dall’architetto Giuseppe Segusini; nel 1942-44 venne affrescato il soffitto da parte di Teodoro Licini; nel 2005 è stato realizzato un accurato restauro. La Chiesa è stata da poco inserita nel circuito “Tesori d’Arte nelle Chiese dell’Agordino”. In affaccio sulla piazza del paese si pone l’edifico della canonica, ricostruito anch’esso dopo la frana del 1700. Nelle prime due immagini è raffigurato il municipio comunale, edificato nei primi anni del ‘900 e un tempo destinato a scuola maschile e femminile ed a edificio comunale. Sul suo lato destro si erge il monumento ai giovani lavallesi deceduti nel primo conflitto mondiale inaugurato nel 1922.

Edificio n.1- Municipio del Comune di La Valle

Edificio n.2

Edificio n.1- 1926 (fonte: Un viaggio nel passato)

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Edificio n.2

Edificio n.2

Edificio n.3 - Chiesa di La Valle

Edificio n.3 - Campanile

Edificio n.3 - Chiesa di S. Michele Arcangelo

Edificio n.3 - Chiesa di S. Michele Arcangelo

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La frazione di Torsas sorge a Sud della frazione di Chiesa, stretta tra i torrenti Missiaga e Bordina, ad una quota sul livello del mare compresa tra di 795 e 780 m. L'asse viario principale che attraversa il centro corrisponde alla strada che, distaccatasi dalla S.P. n.347 in corrispondenza del ponte sul torrente Missiaga, si dirige verso Sud, raggiungendo le località di Ronche e Noach. Il centro è sorto in tempi antichi in piena campagna, in una posizione baricentrica rispetto alla chiesa principale del Comune, dedicata a San Michele Arcangelo, e all'abitato di Gaidon. Lo sviluppo recente di Torsas è avvenuto interamente a Nord/Nord-Est, lungo i due assi stradali che si dirigono verso l'abitato di Chiesa.

Torsas

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Il centro storico di Torsas nella Carta Tecnica Regionale del Veneto TerrraItalyTM it 2000 – Ortofoto digitale

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Permanenze e trasformazioni

La mappa del catasto Austro-Italiano, realizzata nella prima metà del XIXI secolo, mette in rilievo come la struttura urbana di Torsas fosse già allora caratterizzata da una forma compatta ma allungata verso Sud lungo la strada diretta al ponte sul torrente Bordina, un tempo fonte insostituibile di energia. La rete viaria del nucleo era sostanzialmente costituita da due assi principali provenienti da Nord, convergenti in un unico percorso proprio al centro dell'abitato. Al termine della parte compatta del centro, tale percorso si biforcava nuovamente, proseguendo parte verso il ponte sul Bordina e parte verso Ovest e l'abitato di Gaidon. I fabbricati, dalla forma allungata, erano in prevalenza disposti con il fronte più stretto rivolto sulla viabilità.

Il catasto attuale mette in luce la corrispondenza tra la struttura odierna del centro e quella già esistente a metà Ottocento. Sia per quanto riguarda le infrastrutture viarie che l'edificato, infatti, il nucleo frazionale ha mantenuto intatta la conformazione planimetrica, costituita da due assi viari in entrata e due in uscita dall'abitato e da una forma leggermente allungata verso Sud. Le nuove edificazioni, in prevalenza di tipologia unifamiliare, sorte a settentrione nella campagna attorno al centro, hanno tuttavia snaturato in parte la sua compattezza originaria, allungandone ulteriormente la struttura e facendo sì che Torsas sia divenuto quasi un tutt'uno con la frazione di Chiesa. Permane invece, almeno per ora, la separazione con la vicina Gaidon.

Catasto Austro Italiano

Catasto attuale

1111

2222

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Elementi di interesse storico-testimoniale

La vicinanza di Torsas al centro amministrativo e sociale del Comune di La Valle Agordina ha fatto sì che negli ultimi anni siano sorte nei suoi dintorni un numero consistente di nuove edificazioni, ma anche che numerosi siano stati gli interventi di ristrutturazione che hanno interessato gli edifici storici della frazione, cosicché non sono molti gli edifici che hanno mantenuto, fino ai giorni nostri, gli elementi particolari caratteristici dell'edificato agordino. Sono comunque rintracciabili alcuni esempi notevoli di edilizia tipica. In particolare si tratta di un fabbricato residenziale localizzato nella parte Nord del centro, dalla pianta regolare e del tutto privo di aggetti e ornamenti sulle facciate, ad eccezione del "larìn" ben conservato e della bordatura bianca rimasta su alcune finestre. La particolarità è data, oltre che dalla rispondenza ai canoni tipici dell'abitazione povera della vallata agordina, dalla presenza di parti sulle quali si può ancora scorgere una decorazione ad affresco. Il secondo fabbricato corrisponde ad un rustico ben restaurato, composto da un piano terra in muratura a sassi, un primo piano con strutture portanti in pietra a vista e legno e un ultimo piano interamente realizzato con materiale ligeno. Le murature in assi di legno posizionate verticalmente, le capriate lignee del tetto e il piccolo ballatoio interamente chiuso da un graticciato ligneo, sono elementi caratteristici dell'edilizia rurale del basso agordino. Ad essi va aggiunta l'esistenza di un'antica abitazione signorile con inciso sul portale d'ingresso il monogramma di Cristo IHS ed una data: 1715.

Edificio n.1

Edificio n.1

Edificio n.1 - particolare

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Edificio n.1

Edificio n.2

Edificio n.2

Edificio n.2

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Il paese di Rivamonte, capoluogo comunale, è formato da una lunga contrada allineata sui versanti occidentali della Val Imperina, ad una quota che varia dai 950 ai 970 m circa s.l.m.. A questa quota, nei secoli di attività delle miniere di Valle Imperina, era possibile praticare le attività primarie necessarie al reddito familiare, rese altrimenti impossibili a quote inferiori della valle a causa dei gas prodotti dai lavori dell’attività estrattiva. Fin dal 1209 in nucleo capoluogo era conosciuto con il nome di Riva, tramutatosi in Rivamonte nel 1867 e in Rivamonte Agordino nel 1964. L’abitato si struttura longitudinalmente seguendo l’andamento delle curve di livello che in questa porzione di territorio si fanno meno acclivi, permettendo l’edificazione e la coltivazione dei prati circostanti. Attualmente il centro di Rivamonte è composto dalla saldatura dei tre nuclei di Villagrande, Rosson e Canop.

Rivamonte

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Il centro storico di Rivamonte nella Carta Tecnica Regionale del Veneto TerrraItalyTM it 2003 – Ortofoto digitale

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Storia Ricostruire la storia del paese di Rivamonte è abbastanza complesso, in quanto numerose vicende si sono susseguite in modo alterno durante il corso dei secoli. Già nel 1148 venivano riportati in un documento i nomi di Zenich e Montas e la presenza, sulla vetta del colle San Martino, del Castello omonimo, a testimonianza di una presenza stabile sul territorio. La popolazione del paese crebbe notevolmente nei secoli successivi al XV in concomitanza con l’impulso delle miniere di Valle Imperina, grazie anche ad una considerevole immigrazione di manodopera tedesca esperta in estrazioni minerarie. La presenza straniera era così cospicua verso la metà del XVI secolo che il Vescovo fu tenuto ad occuparsi dei “canop tedeschi” immigrati e protestanti. L’emigrazione dei seggiolai (i cosiddetti "caregheta" o "conthe") divenne indispensabile per coprire il vuoto lavorativo dei mesi invernali, dovuto alla pausa del lavoro nelle miniere che non potevano funzionare a causa della scarsità dell’acqua per la produzione dell’energia idraulica necessaria ad azionare le macchine della miniera. A Rivamonte tale problema era particolarmente sentito a causa della priorità di impiego della manodopera locale nelle miniere di Valle Imperina, e dunque della scarsità di manodopera utilizzabile nei periodi estivi in agricoltura per integrare il reddito famigliare. A ciò si aggiungeva il problema legato all’inquinamento del territorio comunale, derivante dai fumi e dalle piogge acide causati dalle lavorazioni della miniera. I seggiolai emigranti percorrevano l'Italia e osavano spingersi sino in Francia per vendere i loro prodotti che realizzavano sul posto: sedie, seggioline, seggioloni di diverse forme e impagliati con varie tecniche, di cui si conserva testimonianza nel museo Museo dei Seggiolai presente nelle ex scuole elementari della frazione Tos e nel Centro Visitatori del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi a Valle Imperina.

Vista di Rivamonte, anni ‘60

Veduta dalla Chiesa di San Floriano a Rivamonte

Veduta di Virane

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Permanenze e trasformazioni L’estratto del catasto Austro-Italiano fotografa la situazione dello sviluppo edilizio del paese al 1843. In quel periodo Riva appariva ancora costituita da due nuclei piuttosto compatti e ben distinti tra loro, oggi denominati Villanova e Rosson, ben collegati tra loro grazie alla presenza di due strade parallele alle curve di livello, che seguivano la direzione Nord-Sud. Il nucleo maggiormente edificato appariva quello più a Sud, dove l’abitato si strutturava attorno a due considerevoli spazi pubblici, strettamente connessi tra loro, al centro dei quali era situata la chiesa principale. L’edificazione verso Sud era limitata dalla presenza dei torrenti della Val della Riegola e della Val Anzian, mentre a Nord i fabbricati terminavano con la Villa Fadigà.

Dall’estratto del catasto attuale si osserva come la struttura complessiva del centro capoluogo si sia mantenuta simile nel corso del tempo, con l’aggiunta di qualche abitazione e densificare la maglia dell’edificato, soprattutto nella zona di Rosson, e a riempire lo spazio libero tra i due nuclei. A Sud, poi, è stata aggiunta una nuova viabilità di collegamento verso forcella Aurine con un nuovo ponte sulla Val Anzian, mentre verso Nord, lungo la S.P. n.3 "della Val Imperina" si è sviluppata un'edificazione lineare fino a giungere alla località in cui sono situati l'oderna chiesa maggiore, cimitero ed il campo sportivo.

Catasto Austro Italiano

Catasto attuale

1111

2222

3333

4444

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Elementi di interesse storico-testimoniale La Chiesa principale, dedicata a San Floriano e Sant'Antonio, è stata eretta dopo il 1850 in sostituzione di due chiese più antiche preesistenti. All’interno si trova una pala di Tommaso da Rin, raffigurante la Trinità con i Santi Floriano e Sisto e un olio su tela di Achille Beltrame. L’altare maggiore è un tabernacolo sostenuto da colonnine di marmo e dietro ad esso un vecchio altare in legno dorato. Gli edifici n.3 e 4, così come molti altri situati nel nucleo residenziale di Rivamonte, presentano le caratteristiche tipiche dell’abitato agordino: edifici dalla pianta regolare e sviluppati in altezza, con regolare apertura forometrica di modeste dimensioni, rigidamente incolonnata.

Chiesa di Rivamonte

Edificio n.1 - Scuole elementari

Edificio n.2

Edificio n.3

Edificio n.4

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Le miniere di Valle Imperina Il primo dato ufficiale della presenza delle miniere di rame in Valle Imperina risale al 1409, in corrispondenza della prima investitura concessa ad Enrico Heslinger. Nel 1500, vista la ricchezza dei giacimenti, la zona era in mano alle grandi famiglie agordine, ognuna delle quali possedeva una “busa” di estrazione. Il XVI secolo si rivelò però ricco di eventi sfavorevoli per le attività di estrazione: terremoti ed alluvioni verso la metà del secolo provocarono danni e morti. Inoltre il sopravvento della Repubblica di Venezia e la lotta per ottenere il dominio sulle miniere, fino ad allora detenuto dagli estrattori tedeschi per la loro esperienza sul campo, determinò un vuoto tecnico che per lungo tempo condizionò il pieno sfruttamento dei filoni di rame. Il sito minerario fu comunque il più importante per la vallata agordina tra i secoli XVI e XX. Nel 1600 l’attività riprese con nuovo fulgore grazie all’introduzione dell’esplosivo per l’estrazione mineraria e all’arrivo della famiglia Crotta. Francesco Crotta, di origine lombarda ed esperto conoscitore dell’arte mineraria appresa in Germania, giunse ad Agordo in un periodo di crisi finanziaria delle famiglie locali. La sua disponibilità finanziaria gli permise di rilevare le concessioni e di orientare grazie alla sua esperienza le estrazioni verso i filoni più produttivi. A metà del ‘600 la Repubblica di Venezia, conscia delle ricchezze della miniera, fondò il Magistrato alle Miniere, che nel 1669 edificò un'azienda pubblica accanto a quella della famiglia Crotta, origine del totale controllo della miniera. Nel 1700, quando iniziarono a scarseggiare le riserve di carbone della zona, il consiglio dei Dieci che governava su Agordo impose la chiusura delle miniere del Fursil a Colle Santa Lucia e di Vallalta a Gosaldo pur di garantire l’energia necessaria al funzionamento dei forni di Valle Imperina. Fu così che su questa miniera non gravitò più solamente il Comune di Rivamonte, ma gran parte della vallata agordina, in una sorta di “monocultura” del rame. Una parte del salario dei minatori era costituito da derrate alimentari, per sopperire al danno ambientale provocato dai fumi e dalle piogge acide causate dalle miniere sul territorio comunale. Un’alluvione nel 1730 circa, causò danni e distruzione nellarea interessata dalle miniere distruggendo diverse officine e comportando un rallentamento dei lavori per diversi anni. Nel 1737 la miniera passa completamente sotto il controllo veneziano, divenendo la più importante per la Serenissima, la quale nominò Giuseppe Zanchi per la riorganizzazione del giacimento. Egli riuscì nell'intento, organizzando ed accentrando la produzione del rame, costruendo anche i grandi forni tutt’oggi visibili e regolarizzando il lavoro di scavo. Nel 1813, con l’avvento degli Asburgo e la costituzione del Regno Lombardo-Veneto, la miniera vide un nuovo momento di splendore, dopo la crisi registrata a causa delle guerre Napoleoniche. Numerose innovazioni sia tecniche che sociali (cassa malattie e pensione) donarono nuovo vigore all’economia agordina. Con l’annessione al Regno d’Italia e l’importazione di rame a più basso costo dal Sud America, la miniera di Valle Imperina vide tuttavia un nuovo declino, con un drastico ridimensionamento della forza lavoro, costretta così ad emigrare. Alla fine del XIX secolo la ditta Magni riconvertì la produzione, utilizzando la pirite, il minerale di cui erano tanto ricchi i giacimenti della valle, per l’industria chimica e ricavando solfato di rame per l’agricoltura. Il materiale estratto a tali fini non veniva più lavorato sul posto, bensì trasportato in altri luoghi. Nel 1910 la gestione della miniera passò alla società Montecatini, che avviò una nuova trasformazione tecnica della miniera, costruendovi un nuovo impianto di frantumazione e separazione del minerale ed una centrale idroelettrica sul Cordevole al limite Sud dell'area edificata. L’arrivo della ferrovia Agordo-Bribano dette nuovo

Veduta della Val Imperina

Ingresso della galleria Santa Barbara

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impulso alle estrazioni, che continuarono fino al 1962, anno della chiusura a causa della ormai scarsa domanda della pirite estratta. L’idea di un recupero a scopi turistico-culturali del sito di valle Imperina nacque negli anni ’80 da una tesi di laurea in architettura. All’oggi sono stati recuperati l’ex magazzino, che è stato trasformato in Ostello della Gioventù, il complesso degli “ex forni fusori”, destinato a museo, il fabbricato delle ex scuderie, anch’esso destinato a museo. L’edificio ex Cral è stato destinato a sede di associazioni culturali e mostra permanente mentre la centrale idroelettrica è divenuta il Cento Visitatori del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi.

Edificio n.4 - Ex forni fusori

Edificio n.3 - Ex scuderie

Edificio n.2

Edificio n.1 - Ex centrale idroelettrica

Localizzazione edifici di pregio

1111 2222 3333 4444

5555

6666

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Edificio n.6 - Ex magazzino Edificio n.5 - Ex Cral

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Il centro frazionale di Tos si trova immediatamente a Sud del capoluogo Rivamonte, sviluppato in senso lineare lungo le curve di livella, parallelamente alla S.P. n.3 "della Val Imperina". Esso si trova su un pendio degradante verso la valle percorsa dal torrente Imperina, a quote comprese tra i 970 m della Strada Provinciale e i 940 m s.l.m. dell'edificio posto più a Oriente. All'estremità Nord del paese si trova l'edificio delle ex-scuole elementari, oggi adibito a biblioteca e Museo dei Seggiolai, lavoro di tradizione storica per il Comune di Rivamonte. Tos è collegato con Forcella Franche grazie ad una strada comunale che corre parallela alla Provinciale, lungo il suo lato sinistro, attraversando anche il centro di Valchesina.

Tos

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Il centro storico di Tos nella Carta Tecnica Regionale del Veneto

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Permanenze e trasformazioni

L’estratto del catasto Austro-Italiano mette in evidenza la struttura allungata del centro di Tos, costituito da una quarantina di edifici localizzati a ridosso della strada comunale diretta a Nord verso Rivamonte e a Sud verso Valchesina e Forcella Franche. L'edificato, così come la viabilità, era disposto su tre livelli altimetrici paralleli alle curve di livello, così da sfruttare al massimo l'irraggiamento solare. Le facciate principali dei fabbricati erano rivolte verso il pendio o verso gli spazi pubblici e la viabilità. La compattezza del nucleo era dovuta alla ristrettezza della quantità di terreni idonei all'edificazione, ma anche alla necessità di lasciare libere più aree possibili per le attività agricole, fondamentali per la sopravvivenza delle popolazioni locali.

Osservando la mappa catastale attuale è evidente come la struttura originaria della frazione si sia mantenuta simile nel corso del tempo: la forma stretta e allungata a seguire l'andamento di curve di livello e viabilità è ancora quella di un tempo. L'edifici delle scuole elementari, situato all'estremo Nord del nucleo funge ancora aggi da "chiusura" dell'abitato, a Nord del quale è presente solo l'ampio parcheggio a servizio dello stesso. La novità più evidente è costituita dall'attuale Strada Provinciale n.3 "della Valle Imperina" che, non ancora presente a metà 1800 in quanto realizzata negli anni 30' del Novecento, corre parallela alla viabilità di attraversamento di Tos, più alta sul versante. Le uniche costruzioni realizzate ex-novo si sono attestate nello spazio interstiziale tra tale asse viario e l'edificato storico più a Ovest.

Catasto Austro Italiano

Catasto attuale

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Elementi di interesse storico-testimoniale

L'unico edificio individuato come vincolato nel centro di Tos è quello delle ex-scuole elementari, oggi sede del Museo del Seggiolaio. Si tratta di un fabbricato sobrio, dalla pianta non simmetrica, con tetto a quattro spioventi. Le finestre, disposte simmetricamente su tutte e quattro le facciate, sono stette e allungate, ad eccezione di quelle del piano sottotetto, e sono contornate da una bordatura in pietra grigia. Sul fronte principale, rivolto verso la strada, campeggia la scritta "scuole elementari", a memoria dell'utilizzo originario del fabbricato. Per quanto riguarda il centro di Tos, l'edificato non presenta un particolare valore architettonico, ma piuttosto un valore testimoniale, in quanto numerosi organismi edilizi hanno mantenuto sino ad oggi le caratteristiche tipiche dell'edificato agordino, sia per quanto riguarda le abitazioni che gli edifici rurali. Si notano dunque caratteri quali l'utilizzo del legno e della pietra, ma anche la permanenza dell'orientamento dei sedimi e dell'altezza delle sagome.

Edificio n.1 - Ex-scuole elementari

Edificio n.1 - Ex-scuole elementari

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L'abitato di Zenich si trova a ridosso di un tornante della S.P. n.3 "della Valle Imperina", racchiuso tra le quote 830m e 795m s.l.m., sul pendio erboso posto a circa 200 m di quota dalla sponda occidentale del torrente Imperina. Il limite Sud del nucleo è dato dal solco vallivo della Valle dei Fossen, mentre a Nord esso si estende per circa 300 metri fino a ricomprendere al suo interno il suddetto tornante. I fabbricati più antichi sono raggruppati nell'area più a Sud, attorno alla vecchia chiesetta della B.V. della Salute, costruiti in modo compatto a seguire l'andamento latitudinale delle curve di livello, mentre lo sviluppo più recente è avvenuto attorno alla Strada Provinciale. Si tratta, per dimensioni e poplazione, del secondo nucleo frazionale del Comune, secondo solo al capoluogo Rivamonte.

Zenich

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Ai sensi della l. 22.4.1941, n. 633 e s.m.i. recante "Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio" si comunica che autore del P.A.T.I. “Conca Agordina” è lo studio “Planning”, via Anta 14 - 32100 Belluno (BL). Ogni violazione delle norme sul diritto d'autore sarà perseguita a norma di legge.

Permanenze e trasformazioni

La mappa realizzata nella prima metà del 1800 ci restituisce un centro frazionale di dimensioni ragguardevoli, che vede come elemento baricentrico la piccola chiesa dedicata alla Beata Vergine della Salute. La struttura planimetrica del nucleo non sembrava seguire un andamento regolare, probabilmente a causa della conformazione morfologica del terreno, costituito da un pendio abbastanza dolce, ma degradante sia verso Est e la Valle Imperina, che verso Sud e la Valle dei Fossen. La viabilità portante, costituita da una diramazione dell'allora strada principale diretta a Rivamonte, proveniva da Nord e attraversava l'intero centro, per poi dirigersi verso le frazioni di Mottes e Montas e lì terminare il suo corso. Alcune diramazioni della stessa fungevano da strade di servizio per accedere all'edificato posto su differenti livelli altimetrci.

Il catasto attuale ci mostra come la parte storica del nucleo di Zenich sia rimasta, nella struttura complessiva e nel numero e posizionamento dei fabbricati, quasi del tutto invariata nel corso del tempo, ad eccezione di qualche abitazione posta sul margine Est del centro e a Sud, oltre la Valle dei Fossen. Lo sviluppo recente dell'abitato si è dunque avuto verso Nord e la Strada Provinciale, realizzata negli anni '30 del Novecento. Si tratta di un edificato meno compatto e ordinato rispetto a quello storico che segue, nell'andamento generale, quello del tornante della strada stessa, proponendo come nuovo fulcro, oltre alla suddetta viaiblità, anche la nuova chiesa dedicata alla Beata Vergine della Salute, realizzata nel 1966. Gli edifici appaiono dunque di dimensioni maggiori rispetto a quelli antichi e con spazi di ampiezza maggiore tra loro e sono collegati al nucleo storico attraverso due assi viari di distribuzione che circondano il tornante, consentendo alle abitazioni di avere un accesso più sicuro rispetto a quello che potrebbero avere sulla Provinciale.

Catasto Austro Italiano

Catasto Austro Italiano

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PATI "Conca Agordina" - Comuni di La Valle Agordina, Gosaldo, Rivamonte Agordino Norme Tecniche - Allegato 4b "Centri storici"

Ai sensi della l. 22.4.1941, n. 633 e s.m.i. recante "Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio" si comunica che autore del P.A.T.I. “Conca Agordina” è lo studio “Planning”, via Anta 14 - 32100 Belluno (BL). Ogni violazione delle norme sul diritto d'autore sarà perseguita a norma di legge.

Elementi di interesse storico-testimoniale

I due edifici maggiormente degni di nota presenti a Zenich corrispondono alle chiese che realizzate in tempi diversi, sono entrambe dedicate alla Beata Vergine della Salute. La prima e più antica è situata al centro del nucelo storico del paese e ancora oggi costituisce un punto di riferimento importante per la popolazione locale, tanto da prevederne in tempi recenti un significativo intervento di restauro. Si tratta di un piccolo fabbricato risalente al XVII secolo realizzato in onore della Vergine affinché vegliasse sui numerosi incidenti e infortuni che colpivano i minatori, e proprio in esso venivano celebrati i funerali dei minatori di Valle Imperina. La struttura dell'edificio è semplice, con un'unica navata a cupola adornata con affreschi e un tetto con copertura a scandole lignee. Di pregio è il piccolo altare ligneo conservato all'interno. Il secondo edificio sacro, realizzato nel 1966, è di fattura notevolmente differente, sia per dimensioni - quasi tre volte quelle della chiesa più antica - che per tipologia architettonica. Si tratta infatti di un fabbricato in cemento armato dalla forma stretta e allungata, ad una navata, coperto da un tetto a due spioventi dalla pendenza piuttosto marcata, con una facciata principale costituita da un ampio portone ligneo e numerose parture vetrate. Per quanto riguarda il rimanente edificato, nella parte storica di Zenich sono ancora presenti numerosi esempi di architettura tipica agordina, con fienili in pietra e legno e residenze con strutture in muratura, mentre nelle zone di sviluppo più recente non si riscontra la presenza di elementi degni di nota.

Edificio n.1 - Nuova chiesa della B.V. della Salute

Edificio n.1 - Nuova chiesa della B.V. della Salute

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BibliografiaBibliografiaBibliografiaBibliografia

Libri

- Fiorello Zangrando, Belluno e la sua provincia, Nuove edizioni Dolomiti 1991

- Giorgio Fontanile, C'era una volta... California, mostra fotografica comune di Gosaldo, 1996

- Ottone Brentari, Guida storico-alpina di Belluno Feltre, Primiero-Agordo-Zoldo, Bassano, Ottone Brentari

Editore, 1887

- Giuliano Dal Mas, La conca agordina cuore delle Dolomiti, Agordo, Pro Loco, 2007

- Associazione Erma, Murer nelle miniere : disegni inediti dalla Valle Imperina, Falcade, 2005

- G. Antonio De Manzoni, Note sullo stabilimento montanistico di Vallalta, Venezia, Tip. del commercio

Visentini, 1871

- Notizie di Vallalta e della sua miniera di mercurio, Belluno, tipografia Deliberali, 1856

- Chiara Renon, Vallalta e il mercurio. La miniera dimenticata, Auser "Col Bèl" di Tisèr, 2006

- Luigi Caneve, Storia delle miniere e della distillazione del mercurio a Vallalta (Agordino), 1991

- Commento Corrado Da Roit, fotografia Adelio Da Ronch, Un viaggio nel passato : vecchie immagini di La

Valle e lavallesi, 1890-1930, Belluno 1984

- Costantino Da Roit, Usanze agordine : vita quotidiana e cultura materiale a La Valle nella prima meta del

novecento, Sommacampagna, Cierre, 2007

Siti web

www.rivamonteagordino.blogspot.com

www.dolomitipark.it