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Approccio multidisciplinare al cancro del retto a cura di Mario de Bellis Istituto Nazionale Tumori IRCCS "Fondazione G. Pascale" di Napoli OU ONCOLOGY UPDATE Con la collaborazione del gruppo multidisciplinare per la gestione dei pazienti con cancro del retto dell'Istituto Nazionale Tumori IRCCS "Fondazione G. Pascale" di Napoli coordinato dal Dott. Paolo Delrio INTRODUZIONE Paolo Delrio VALUTAZIONE MULTIDISCIPLINARE PER TRATTAMENTO Daniela Rega, Ugo Pace DIAGNOSI E STADIAZIONE Imaging endoscopico Pietro Marone, Valentina D’Angelo Imaging Radiologico morfologico Orlando Catalano, Antonella Petrillo Imaging funzionale Luigi Aloj, Secondo Lastoria Anatomia patologica Fabiana Tatangelo, Gerardo Botti RADIOTERAPIA NEOADIUVANTE Biagio Pecori, Paolo Muto CHEMIOTERAPIA NEOADIUVANTE ED ADIUVANTE Antonio Avallone RISTADIAZIONE Endoscopica Valentina D’Angelo, Pietro Marone Morfofunzionale Orlando Catalano, Luigi Aloy - Valutazione precoce della risposta al trattamento con la PET - Valutazione precoce della risposta al trattamento con la RM STRATEGIE CHIRURGICHE Paolo Delrio, Daniela Rega ANATOMIA PATOLOGICA Fabiana Tatangelo, Gerardo Botti FOLLOW UP Antonio Avallone, Daniela Rega GESTIONE DELLO STADIO IV Elena Di Girolamo, Giovanni Battista Rossi, Dario Scala CONCLUSIONI il miglioramento delle strategie terapeutiche integrate e delle tecnologie diagnostiche e chirurgiche cui abbia- mo assistito nell’ultimo decennio. L’approccio al cancro del retto costituisce ormai un mo- dello di ricerca e di strutturazione assistenziale nel qua- le, come per le neoplasie della mammella, più si è evo- luto il concetto di multidisciplinarietà. Ciò ha permesso di ottenere risultati straordinari in termini di “cura” della malattia neoplastica ma anche, e soprattutto, di rispetto della “funzione” e della qualità di vita del paziente. È ovvio che tali risultati sono stati raggiunti grazie all’at- tuazione di rigorosi percorsi diagnostico terapeutici, ca- ratterizzati da una progressiva “personalizzazione” della terapia, basata sull’identificazione corretta dello stadio di malattia e dal ricorso ad un trattamento adattato alle caratteristiche del paziente e della neoplasia. Il presen- te articolo vuole riassumere l’attuale orientamento sulla diagnosi e la terapia del cancro del retto, puntualizzan- do gli aspetti principali della strategia multidisciplinare che caratterizza l’approccio a questa neoplasia. VALUTAZIONE MULTIDISCIPLINARE PER IL TRATTAMENTO DEL CANCRO DEL RETTO Il trattamento del cancro del retto (CR) prevede un ap- proccio multidisciplinare che coinvolge tutti gli speciali- sti attivi nel percorso diagnostico terapeutico. Le figure professionali principalmente coinvolte nel team multidi- sciplinare sono le seguenti: oncologo chirurgo addomi- nale, oncologo medico, radioterapista, endoscopista, anatomopatologo, radiologo e medico nucleare. Nell’ambito della discussione multidisciplinare, accerta- ta la diagnosi istologica e definito lo stadio di malattia, può essere impostata la programmazione terapeutica, personalizzata per ogni singolo paziente. Il percorso diagnostico-terapeutico del paziente con CR è così regolamentato: anamnesi e valutazione clinica completa esami di stadiazione (colonscopia con esame istologi- co, ecoendoscopia rettale, TC total body con mezzo di 91 Giorn Ital End Dig 2015;38:91-104 INTRODUZIONE Le neoplasie del retto sono caratterizzate da alcuni pecu- liari aspetti che hanno stimolato l’interesse della comunità scientifica e della popolazione in generale. Tra questi pos- siamo annoverare: l’incremento di incidenza registrato in alcune regioni ita- liane negli ultimi anni la tradizionale preoccupazione degli esiti mutilanti della chirurgia che un tempo veniva proposta come unica op- zione terapeutica l’enorme sviluppo che hanno avuto le conoscenze a no- stra disposizione sulla biologia di questo tumore e delle caratteristiche di evoluzione della malattia

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Approccio multidisciplinare al cancro del retto

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a cura di Mario de Bellis Istituto Nazionale Tumori IRCCS "Fondazione G. Pascale" di Napoli

OUOncOlOgy Update

Con la collaborazione del gruppo multidisciplinare per la gestione dei pazienti con cancro del retto

dell'Istituto Nazionale Tumori IRCCS "Fondazione G. Pascale" di Napolicoordinato dal Dott. Paolo Delrio

INTRODUZIONE Paolo Delrio

VALUTAZIONE MULTIDISCIPLINARE PER TRATTAMENTO Daniela Rega, Ugo Pace

DIAGNOSI E STADIAZIONE Imaging endoscopico Pietro Marone, Valentina D’Angelo Imaging Radiologico morfologico Orlando Catalano, Antonella Petrillo Imaging funzionale Luigi Aloj, Secondo Lastoria Anatomia patologica Fabiana Tatangelo, Gerardo Botti

RADIOTERAPIA NEOADIUVANTE Biagio Pecori, Paolo Muto

CHEMIOTERAPIA NEOADIUVANTE ED ADIUVANTE Antonio Avallone

RISTADIAZIONEEndoscopica Valentina D’Angelo, Pietro Marone Morfofunzionale Orlando Catalano, Luigi Aloy

- Valutazione precoce della risposta al trattamento con la PET - Valutazione precoce della risposta al trattamento con la RM

STRATEGIE CHIRURGICHE Paolo Delrio, Daniela Rega

ANATOMIA PATOLOGICA Fabiana Tatangelo, Gerardo Botti

FOLLOW UP Antonio Avallone, Daniela Rega

GESTIONE DELLO STADIO IV Elena Di Girolamo, Giovanni Battista Rossi, Dario Scala

CONCLUSIONI

• il miglioramento delle strategie terapeutiche integrate e delle tecnologie diagnostiche e chirurgiche cui abbia-mo assistito nell’ultimo decennio. L’approccio al cancro del retto costituisce ormai un mo-dello di ricerca e di strutturazione assistenziale nel qua-le, come per le neoplasie della mammella, più si è evo-luto il concetto di multidisciplinarietà. Ciò ha permesso di ottenere risultati straordinari in termini di “cura” della malattia neoplastica ma anche, e soprattutto, di rispetto della “funzione” e della qualità di vita del paziente. È ovvio che tali risultati sono stati raggiunti grazie all’at-tuazione di rigorosi percorsi diagnostico terapeutici, ca-ratterizzati da una progressiva “personalizzazione” della terapia, basata sull’identificazione corretta dello stadio di malattia e dal ricorso ad un trattamento adattato alle caratteristiche del paziente e della neoplasia. Il presen-te articolo vuole riassumere l’attuale orientamento sulla diagnosi e la terapia del cancro del retto, puntualizzan-do gli aspetti principali della strategia multidisciplinare che caratterizza l’approccio a questa neoplasia.

VALUTAZIONE MULTIDISCIPLINARE PER IL TRATTAMENTO DEL CANCRO DEL RETTOIl trattamento del cancro del retto (CR) prevede un ap-proccio multidisciplinare che coinvolge tutti gli speciali-sti attivi nel percorso diagnostico terapeutico. Le figure professionali principalmente coinvolte nel team multidi-sciplinare sono le seguenti: oncologo chirurgo addomi-nale, oncologo medico, radioterapista, endoscopista, anatomopatologo, radiologo e medico nucleare. Nell’ambito della discussione multidisciplinare, accerta-ta la diagnosi istologica e definito lo stadio di malattia, può essere impostata la programmazione terapeutica, personalizzata per ogni singolo paziente. Il percorso diagnostico-terapeutico del paziente con CR è così regolamentato:

• anamnesi e valutazione clinica completa

• esami di stadiazione (colonscopia con esame istologi-co, ecoendoscopia rettale, TC total body con mezzo di

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INTRODUZIONELe neoplasie del retto sono caratterizzate da alcuni pecu-liari aspetti che hanno stimolato l’interesse della comunità scientifica e della popolazione in generale. Tra questi pos-siamo annoverare:• l’incremento di incidenza registrato in alcune regioni ita-liane negli ultimi anni• la tradizionale preoccupazione degli esiti mutilanti della chirurgia che un tempo veniva proposta come unica op-zione terapeutica• l’enorme sviluppo che hanno avuto le conoscenze a no-stra disposizione sulla biologia di questo tumore e delle caratteristiche di evoluzione della malattia

contrasto (mdc) e Risonanza Magnetica della pelvi con mdc, eventuale PET/TC)

• riunione del team multidisciplinare con discussione del singolo caso clinico

• comunicazione al paziente della diagnosi e della pro-gnosi della malattia, con contestuale discussione della strategia terapeutica alla luce dello stato di malattia e dei dati della letteratura scientifica

• invio di una relazione di sintesi al medico di medicina generale.

Oltre ai trattamenti standard, per ciascun paziente viene valutata la possibilità di inserimento in studi clinici speri-mentali (mono e multicentrici, nazionali o internazionali), atti a confermare l’efficacia di nuovi farmaci biologici o chemioterapici, nuove combinazioni di trattamenti tera-peutici o trial prettamente chirurgici osservazionali. Tali studi, approvati dai Comitati Etici, vengono proposti a tutti i pazienti arruolabili sulla base delle caratteristiche cliniche e biologiche del CR e del suo stadio.Nei CR localmente avanzati, al termine del trattamento neoadiuvante (chemioradioterapico o solo radioterapi-co), è prevista una successiva ristadiazione con retto-scopia, TC total body con mdc, Risonanza Magnetica della pelvi con mdc, PET/TC, per valutare l’entità della risposta clinica al trattamento eseguito. I risultati della ristadiazione del CR sono fondamentali per la scelta del tipo di intervento chirurgico da adottare finalizzato,

quando possibile e nel rispetto della radicalità onco-logica, alla preservazione degli sfinteri; in quest’ottica l’esperienza del chirurgo, è un requisito indispensabile affinchè il percorso diagnostico-terapeutico del paziente si completi con un’atto chirurgico radicale.

DIAGNOSI E STADIAZIONE La disponibilità di diverse metodiche di imaging diagno-stico per lo studio del CR impone una attenta valutazio-ne dell’appropriatezza dell’utilizzo delle singole metodi-che per risolvere specifici quesiti clinici.

Imaging endoscopicoLa colonscopia è l’esame elettivo per la diagnosi e la stadiazione del CR dal momento che permette di indi-viduare la neoplasia, di descriverne morfologia, dimen-sioni e sede e, soprattutto, di effettuare biopsie per la diagnosi istologica. Il CR può presentarsi prevalen-temente come vegetante, infiltrante e/o ulcerato; può avere un aspetto a placca, o essere rilevato, con area di escavazione centrale ulcerata, talvolta senza eviden-za di massa endoluminale, con crescita di tipo infil-trante simil-linite plastica, o determinare sub-stenosi o stenosi del lume. La prognosi del CR è strettamente correlata allo stadio T ed N e la strategia terapeuti-ca non può prescindere da una accurata stadiazione loco-regionale che si avvale, oltre a metodiche di ima-

Figura 1 Corrispondenza fra istologia della parete ed aspetto all’EUS

M - mucosaMM - muscularis mucosaeSM - sottomucosaMP - muscularis propriaGP - grasso periviscerale

1° strato iperecoico: interfaccia fra la mucosa ed il lume del viscere2° strato ipoecoico: mucosa profonda3° strato iperecoico: sottomucosa4° strato ipoecoico: muscularis propria5° strato iperecoico: interfaccia fra parete e grasso perirettale

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ging radiologico, dell’ecoendoscopia (EUS). Quest’ul-tima si è dimostrata molto accurata nella definizione dello stadio T (80% - 95%) e dello stadio N (64%-83%) del CR e nel definire i rapporti del tumore con le strut-ture adiacenti (prostata, vescichette seminali e vescica nell’uomo; vagina, utero e vescica nella donna). L’EUS rettale viene praticata con sonde ecografiche rigide o flessibili a scansione radiale (5 – 20 MHz) o lineare; queste ultime consentono di praticare un eventuale ago aspirato ecoguidato della lesione e/o dei linfono-di perilesionali (EUS-FNA). All’EUS la parete del retto appare costituita da cinque strati distinti, caratterizzati dall’alternanza di immagini con aspetto iperecoico ed ipoecoico che, dall’interno all’esterno del lume, corri-spondono a: interfaccia fra mucosa e lume del viscere, mucosa profonda, sottomucosa, muscolaris propria, interfaccia fra margine esterno della muscolaris propria e grasso periviscerale (Figura 1). All’EUS il CR si pre-senta come un ispessimento di grado variabile della parete, misurabile, con aspetto di massa prevalente-mente ipo-ecoica, disomogenea di forma e contorni irregolari, che si sostituisce parzialmente o totalmente alla normale stratificazione a cinque strati della parete del retto, sino a non renderla più riconoscibile nei casi localmente avanzati. I linfonodi metastatici appaiono come aree ovalari a margini e contorni regolari, ipoe-coiche e di aspetto omogeneo, con dimensioni supe-riori a 1 cm (Figura 2).

Imaging radiologico morfologicoIl gold-standard per la stadiazione loco-regionale del CR è rappresentato dalla Risonanza Magnetica (RM). La RM non consente una buona valutazione del CR precoce (T1 e T2), avendo una specificità per l’indivi-duazione dello stadio T1-T2 del 65-69%, mentre ha una accuratezza diagnostica del 90% negli stadi avanzati (T3 e T4). La RM è, inoltre, altamente accurata nella de-finizione dello stato linfonodale (92%), oltre a permette-re una migliore valutazione dell’infiltrazione profonda del mesoretto e della fascia mesorettale (94-100% di ac-curatezza), grazie alla visualizzazione nei tre piani dello spazio con un ampio campo di vista (FOV) che permet-te di valutare la pelvi dal promontorio sacrale al pube. Nella stadiazione locale dei CR che infiltrano la tonaca muscolare del retto è di grande importanza la valutazio-ne dell’estensione della lesione nel grasso mesorettale (stadio T3), oltre alla determinazione della distanza del tumore dalla fascia mesorettale (margine circonferenzia-le MCR): tale dato, infatti, rappresenta il migliore indice predittivo di recidiva visto che ad una distanza minore corrisponde una maggiore probabilità di ripresa locale di malattia. Lo studio MERCURY ha dimostrato che la RM ad alta risoluzione può prevedere con elevata precisione (accuratezza del 94%) il coinvolgimento del margine di resezione chirurgica MCR (Figura 3) con lo stesso cut-off dell’anatomia patologica, pari ad 1 mm, oltre che l’invasione tumorale extramurale.

Figura 2 Aspetto della parete del retto alla EUS

Carcinoma del retto T: stadio T3 P: prostata

Carcinoma del rettoN: coinvolgimento linfonodale

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La TC è indicata per la diagnosi di malattia metastatica, ma ha un ruolo marginale nella stadiazione loco regio-nale dei pazienti con CR. Con la TC non è possibile distinguere gli strati parietali del retto e l’accuratezza per gli stadi T2 e T3 è di gran lunga inferiore sia alla RM che all’ecografia. La TC presenta, inoltre, scarsa accuratezza (54-62%) nella valutazione dell’infiltrazione della fascia mesoretta-le, con una percentuale di falsi positivi del 34-46%. TC e RM forniscono indicazioni simili sulla infiltrazione degli organi viciniori o della riflessione peritoneale (stadio T4), ma la RM è più accurata nel diagnosticare l’infiltrazione di utero e vescica.

Imaging funzionaleLe tecniche medico-nucleari, per la loro intrinseca infe-riore risoluzione spaziale, hanno un ruolo limitato nella valutazione della malattia locale e vengono utilizzate prevalentemente per la valutazione di lesioni a distan-za. Negli ultimi anni si è andato definendo il ruolo della tomografia ad emissione di positroni (PET) con fluoro-desossiglucosio (FDG). Questo radio farmaco, analogo del glucosio, viene concentrato in tessuti ad elevato metabolismo glicidico ed è stato dimostrato essere un sensibile indicatore della presenza di malattia in diversi tipi di neoplasie. Più recentemente sono stati introdot-ti tomografi ibridi PET e tomografia computerizzata a raggi-X (PET/TC) che sono oggi considerate lo stato dell’arte.

L’esperienza acquisita negli ultimi 20 anni fa conclu-dere che, in fase di stadiazione, la PET/TC va riservata solo a casi selezionati. Gli studi disponibili in letteratura sull’argomento sono pochi e con casistiche limitate. C’è un generale consenso che, alla diagnosi, lo scarso impatto del risultato di questo esame sulla terapia da adottare non ne giustifica l’utilizzo di routine. Ci sono invece buone evidenze per l’utilizzo della PET/TC con FDG per completare la stadiazione in quei pazienti dove le indagini convenzionali mostrano malattia metastati-ca. In questo scenario l’aggiunta dello studio PET/TC al protocollo diagnostico può modificare l’approccio terapeutico in un numero significativo di pazienti (fino ad 1/3), giustificando l’utilizzo di questa metodica an-che in termini di costo-beneficio. Il ruolo predominante nella stadiazione resta quello della TC con mdc (ceTC) riservando la PET/TC ai dubbi diagnostici o alle docu-mentate lesioni secondarie. In queste situazioni le due tecniche potrebbero avere un ruolo complementare ed infatti alcuni studi hanno suggerito il possibile uti-lizzo combinato della PET con ceTC, descrivendo un aumento della accuratezza diagnostica, in particolare nella valutazione dei linfonodi pelvici.

Anatomia patologicaUna volta accertata la presenza del CR, si impone la conferma della natura della lesione, mediante esame istologico. La diagnosi istologica su campione bioptico deve contenere le informazioni riguardanti l’istotipo (ad

Figura 3 RM con bobina phased array: visualizzazione della distanza della neoplasia dalla fascia mesorettale

a) CRM < 5 (2) mm b) CRM > 5 mm

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es.: adenocarcinoma NAS, adenocarcinoma mucoide, altro) ed ove possibile, l’invasività o meno della lesio-ne, parametro non sempre facilmente individuabile nei frammenti bioptici. Nel caso di un campione bioptico riguardante una lesione adenomatosa con sospetta trasformazione, ovvero, il cosiddetto “adenoma can-cerizzato”, se asportato con tecnica “piece-meal” non è quasi mai possibile certificare la presenza di focolai invasivi a carico della tonaca sottomucosa a causa della frammentazione del campione.Dal campione bioptico possiamo ricavare informazioni inerenti altri parametri significativi che verranno, poi, ulteriormente definiti con l’esame istologico del cam-pione chirurgico. Tra gli altri ricordiamo l’eventuale pre-senza di infiltrazione linfovascolare, la valutazione del Tumor Budding e la presenza di eventuali aberrazioni a carico degli oncogeni della famiglia RAS, di cui il K-RAS è l’esponente maggiormente studiato negli ulti-mi anni. Il Tumor Budding è un parametro importante soprattutto ai fini della identificazione di sub-categorie di diverso valore prognostico-predittivo; quindi, già a partire dal campione bioptico, queste informazioni possono sostenere e guidare la modulazione dell’iter terapeutico successivo.

RADIOTERAPIA NEOADIUVANTE La radioterapia (RT) preoperatoria del CR, da sola o in associazione alla chemioterapia, è utilizzata nella ma-lattia a rischio medio-alto, con le finalità di migliorare la resecabilità chirurgica della malattia, ridurre la proba-bilità di recidive locali dopo chirurgia, incrementare le probabilità di salvataggio dello sfintere e migliorare la sopravvivenza del paziente.

La RT preoperatoria del CR localmente avanzato, pre-vede generalmente due modalità di irradiazione, en-trambe realizzate mediante l’utilizzo di fotoni X di alta energia, emessi da un acceleratore lineare (LINAC). Esse si differenziano per le dosi erogate per singola frazione di trattamento e per la durata complessiva dei trattamenti, non essendovi, però, sostanziale differen-za in termini di efficacia radiobiologica tra le due opzio-ni terapeutiche. Entrambe consistono in una irradiazio-ne focalizzata sul target tumorale con tecniche di tipo conformazionale (3D-CRT) o a modulazione d’intensità (IMRT), erogata sulla base di un attento planning, rea-lizzato con sistemi che garantiscono ridotte probabilità di induzione di effetti collaterali. La prima modalità di RT neoadiuvante che prevede l’erogazione giornaliera di 180 cGy fino alla dose totale di 45-50,4 Gy (25-28

sedute complessive, erogate mediante 5 frazioni set-timanali), è nota come schema di trattamento “long-course”. Essa è generalmente associata a chemiote-rapia con fluoropirimidine (LCRTCT) ed è seguita da intervento chirurgico dopo 6-8 settimane dal termine della RT. La seconda modalità, definita RT “short-course” o ipofrazionata (SCRT), prevede, invece, l’erogazione di frazioni giornaliere da 500 cGy (500cGy/ die), fino alla dose totale di 25 Gy (in 5 sedute complessive erogate in una settimana), senza l’associazione con chemiote-rapia concomitante ed è seguita, preferibilmente, dall’ intervento chirurgico entro 2-3 giorni dal termine della RT. La RT short-course ha una variante, affermatasi negli ultimi anni, definita RT “short course-delayed sur-gery” (SCRTDS), che prevede una chirurgia posticipa-ta di 6-8 settimane dopo il termine della RT. Quest’ulti-ma offre i vantaggi della minore durata, della maggiore economicità del trattamento e del minore impegno di risorse, tipici della RT short-course (una sola settimana di trattamento contro le 5 e più dei trattamenti long-course), con la possibilità di una riduzione volumetrica del CR, grazie all’ intervallo temporale maggiore fra RT e chirurgia, necessario perché si estrinsechino gli effet-ti tumoricidi della RT sul CR. La scelta del tipo di RT è frutto di una attenta valuta-zione multidisciplinare dello stadio del CR e del rischio clinico correlato alle condizioni del paziente. In caso di malattia cT3,N0-2,M0, con predizione negativa di in-teressamento della fascia mesorettale (MRF-) sulla ba-se della RM, è possibile utilizzare la SCRT, seguita da chirurgia immediata, entro 2-3 giorni, in alternativa alla LCRTCT con chirurgia dopo 6-8 settimane, secondo la Consensus Conference Eurecca. Non risultano, infatti, chiaramente dimostrabili, differenze significative fra le due modalità di RT in termini di tassi di recidiva locale, di sopravvivenza globale e di tossicità a lungo termine. Tuttavia, questa possibile indicazione non è prevista né dalle linee guida statunitensi, che considerano la LCRTCT il trattamento di scelta nella malattia in stadio cT3-cT4N+, né dalle linee guida nazionali, che racco-mandano l’utilizzo della LCRTCT in caso di malattia T3N+, riservando l’uso della SCRT esclusivamente per i pazienti con stato linfonodale N+ e controindicazioni assolute alla chemioterapia concomitante e per i pa-zienti N0 con malattia localizzata al retto medio-alto.Nei casi, invece, di RC localmente avanzato (cT3,N0-2), ma con evidenza di segni predittivi di interessamen-to della fascia mesorettale (MRF+), è raccomandato, per unanime indicazione internazionale, l’utilizzo della LCRTCT, al fine di garantire una riduzione del volume

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tumorale prima dell’intervento chirurgico. Laddove, invece, tali pazienti non risultino candidabili alla che-mioterapia (per presenza di comorbidità, di condizioni cliniche o di altri motivi che ne impediscano o con-troindichino l’utilizzo), la SCRT con chirurgia differita di 6-8 settimane dal termine della RT neoadiuvante, può rappresentare una valida alternativa. Tale trattamen-to è infatti in grado di produrre, seppure con minore frequenza rispetto alla LCRTCT, una apprezzabile ri-duzione del volume tumorale ed un certo numero di risposte patologiche complete. In caso, infine, di malattia con stadio preoperatorio cT4,N0-2,M0, vi è generalmente consenso sul fatto che un trattamento LCRTCT rappresenti, invece, la scelta da prediligere.

CHEMIOTERAPIA NEOADIUVANTE Con l’ottimizzazione del trattamento locale, ottenuto in questi ultimi anni, grazie al miglioramento dell’ap-proccio chirurgico e il passaggio dal trattamento po-stoperatorio a quello preoperatorio, la comparsa di metastasi è divenuta il modo predominante di ripresa di malattia del CR localmente avanzato. Per tale ra-gione l’intensificazione del trattamento chemioterapico appare essenziale per migliorare il controllo a distanza e la sopravvivenza del paziente con CR. L’integrazione dei nuovi chemioterapici e dei co-siddetti farmaci “target” nel trattamento combinato radio-chemioterapico (CRT) basato sulle fluoropirimi-dine è stata la strategia d’intensificazione più attiva-mente perseguita. Tuttavia, i risultati degli studi clinici randomizzati di fa-se III che hanno valutato l’efficacia dell’aggiunta di un chemioterapico di nuova generazione, come l’Oxali-platino, al trattamento standard di CRT basato su fluo-ropirimidine, non hanno dimostrato un miglioramento sia delle risposte patologiche complete (pCR), sia della sopravvivenza. Inoltre, l’integrazione dei farmaci target nel trattamen-to CRT preoperatorio, sebbene attrattivo, ha prodotto bassi tassi di pCR quando è stato usato l’anticorpo anti-EGFR Cetuximab e tassi di pCR non particolar-mente significativi con preoccupanti percentuali di morbidità chirurgica, quando ad essere utilizzato è stato l’anticorpo anti-VEGF Bevacizumab. Pertanto, sono state sviluppate alcune nuove strate-gie caratterizzate da differenze nella sequenza dei vari componenti del trattamento multimodale. Tra queste sembrano essere particolarmente promettenti la tera-pia chemioterapica d’induzione, praticata a dosi siste-

miche prima del trattamento CRT, e quella praticata a dosi intense durante il periodo intercorrente tra la fine del trattamento radioterapico e la chirurgia, nel cosiddetto “waiting period”. Un’altra strategia tera-peutica in corso di valutazione è rappresentata dal trattamento chemioterapico a dosi sistemiche senza radioterapia nei pazienti con CR localmente avanzato resecabile. Tuttavia, in questi ultimi anni l’evidenza che il CR rap-presenti un eterogeneo gruppo di tumori con differenti implicazioni prognostiche, ha indicato quanto la valu-tazione del rischio rivesta un ruolo centrale nel tratta-mento di tale patologia tumorale. Allo stesso tempo, la diversità di risposta al trattamento preoperatorio e la scarsa aderenza al trattamento postoperatorio dopo trattamento neoadiuvante, indicano quanto una stra-tegia adattata al rischio dovrebbe essere perseguita anche nel periodo postoperatorio. Su tali basi appare chiaro che in futuro soltanto la sele-zione dei pazienti, per le diverse strategie terapeutiche multidisciplinari, basata sulle caratteristiche clinico-pa-tologiche piuttosto che sull’attuale approccio “one size fits all”, permetterà di minimizzare i trattamenti e allo stesso tempo massimizzare i risultati del trattamento del CR localmente avanzato.

RISTADIAZIONEEndoscopicaL’osservazione endoscopica del CR localmente avan-zato dopo RT e chemioterapia neoadiuvanti deve de-scrivere il “down sizing” (caratteristiche morfologiche) e il “down staging” (T ed N) del CR, confrontando tutti i parametri della neoplasia pre-trattamento con quelli post-trattamento, oppure le caratteristiche delle even-tuali cicatrici e/o residui tumorali. L’accuratezza dell’EUS nella stadiazione del CR local-mente avanzato dopo terapia neoadiuvante decresce per la flogosi, la fibrosi e la necrosi; prevale la sovra-stadiazione dello stadio T, con incidenza variabile dal 40 al 50%. Nella nostra esperienza, in accordo con i dati della lette-ratura, l’accuratezza della EUS nella ristadiazione è del 61% e del 59% rispettivamente per gli stadi T ed N, a fronte di un’accuratezza dell’86% e del 58% rispettiva-mente per gli stadi T ed N nel gruppo di controllo non sottoposto a terapia neoadiuvante. Pertanto, l’EUS non sembra sufficientemente accura-ta nella ristadiazione del CR localmente avanzato dopo trattamento neoadiuvante.

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MorfofunzionaleValutazione precoce della risposta al trattamento con la PETVi è un crescente interesse per l’utilizzo della PET come indicatore di risposta alla terapia. Il livello di captazione del FDG cambia molto rapidamente in risposta al trat-tamento e può essere utilizzato come indicatore surro-gato precoce. La validazione di questo concetto è stata ottenuta in pazienti con CR localmente avanzato sotto-posti a trattamento neoadiuvante prima della resezio-ne chirurgica dove si è potuto correlare il risultato degli esami preoperatori con i dati dell’anatomia patologica o altri endpoint. Vi sono forti indicazioni che la riduzione precoce del livello di SUV (standardized uptake value) della lesione a 12 giorni dall’inizio del trattamento neo-adiuvante, correla con la risposta patologica completa. I pazienti con CR localmente avanzato sottoposti a ra-dio-chemioterapia neoadiuvante nei quali si ottiene una regressione completa o subtotale del tumore (Tumor Regression Grade 1-2), vengono identificati con estre-ma accuratezza dalla valutazione della variazione pre-coce del SUVmedio del tumore primitivo (ΔSUVmedio, variazione percentuale tra il valore basale e quello a

12 giorni dall'inizio del trattamento) (Figura 4). Questi stessi dati PET correlano anche con la sopravvivenza libera da malattia e un'analisi multivariata dimostra che la variazione del SUV medio a 12 giorni dall’inizio del trattamento è l'unico parametro preoperatorio correlato al rischio di ricaduta (p <0.05). Il monitoraggio della ri-sposta al trattamento tramite la PET/TC potrebbe avere un ruolo importante nella gestione multidisciplinare di pazienti con CR localmente avanzato, dal momento che la PET con FDG non è solo un buon predittore precoce di risposta patologica, ma anche un importante stru-mento prognostico.

Valutazione della risposta al trattamento con la RMAl fine di differenziare i pazienti responsivi da quelli non responsivi al trattamento neoadiuvante del CR local-mente avanzato, allo studio morfologico di RM deve essere aggiunto uno studio di tipo funzionale, visto che criteri puramente morfologici (RECIST) hanno una bas-sa accuratezza diagnostica (55-85%), con sensibilità del 32-50% e specificità del 58-88%; non sempre ad una risposta positiva dopo terapia neoadiuvante corri-sponde una riduzione della dimensione del tumore, co-

Figura 4 Paziente con neoplasia del retto localmente avanzato sottoposto a trattamento neoadiuvante chemio-radioterapico (durata 5 settimane)

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La significativa riduzione del SUV medio dopo soli 11 giorni dall’inizio del trattamento indica una buona risposta. Un nuovo studio PET eseguito circa tre mesi dopo documenta ulteriore riduzione della captazione.

Questo paziente ha ottenuto una risposta patologica completa (TRG 1) sul campione operatorio. L’utilizzo della valutazione precoce (gg11) consente di avere indicazione sulla risposta con circa 11 settimane di anticipo. La capacità di predire la risposta offre la possibilità di

modificare la strategia terapeutica se ritenuto necessario.

avanzati al fine di orientare la strategia terapeutica, puntan-do a terapie personalizzate.

STRATEGIE CHIRURGICHELa chirurgia è l’opzione terapeutica principale per il CR. La strategia chirurgica si fonda sul principio, introdotto da Heald nel 1982, della escissione totale del mesoretto (TME). Essa prevede l’exeresi del retto e dell’involucro cellulo adiposo contenuto all’interno della fascia meso-rettale, che deve essere integra, a protezione del tessuto contenente la neoplasia ed i linfonodi tributari. L’introdu-zione di tale approccio ha permesso una netta riduzione delle recidive locali nei pazienti affetti da neoplasie del retto medio e distale. Proprio la valutazione dell’integrità della fascia mesorettale costituisce un importante con-trollo di qualità dell’exeresi chirurgica, attualmente valu-tata dal patologo: insieme alla descrizione macrosco-

si come risulta difficile differenziare il residuo tumorale dalla fibrosi. Studi recenti, riportati in letteratura, hanno evidenziato i vantaggi raggiunti dagli studi funzionali in RM con somministrazione in dinamica di mezzo di contrasto paramagnetico (DCE-MRI), in seguito ai quali è possibile elaborare curve intensità tempo (I/T) ottenute da una re-gione di interesse posizionata sulla lesione tumorale, da un radiologo esperto (Figura 5). L’analisi puramente visiva della curva I/T permette di valutare la risposta patologica completa (pT0) con una accuratezza diagnostica del 84%, che si abbassa al 78% in caso di risposta parziale (pT2). Mediante lo Standardized Index of Shape (SIS), è possibile determinare il valore di cut-off ottimale (3%) che consente di discriminare i pazienti responsivi da quelli non responsivi al trattamento neoadiuvante con una accuratezza diagno-stica del 95% (sensibilità 94%; specificità 82%). Il SIS della RM può essere considerato complementare al SUV, utiliz-zato in Medicina Nucleare con la PET, per la valutazione della risposta alla terapia neo-adiuvante nei CR localmente

Figura 5 RM assiale T1 pesata: ispezione visiva delle curve TIC ottenute prima (c) e dopo (d) il trattamento neoadiuvante. La TIC conferma l’infiltrazione perirettale visibile sulle immagini di RM prima del trattamento (a) mentre dopo il trattamento la TIC suggerisce che l’area di enhancement visibile sulle immagini di RM (b) è assimilabile a fibrosi indotta da radio e chemioterapia

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pica del campione operatorio (mesoretto completo od incompleto) si definisce la distanza della neoplasia o di un linfonodo metastatico dal margine circonferenziale di resezione (CRM), che rappresenta un fattore fondamen-tale, sia per la prognosi, sia per la decisione terapeutica successiva di un trattamento adiuvante.Il planning chirurgico si fonda su elementi derivati dall’i-maging radiologico, in particolare dalla RM, che defini-sce parametri anatomici fondamentali per la esatta de-finizione del tipo di procedura chirurgica da effettuare:

Le procedure chirurgiche sono quindi “stage tailored” ed adattate alle necessità del paziente, nel rispetto di una resezione oncologicamente radicale (R0). Nelle neoplasie del retto medio-distale, a meno di in-filtrazioni evidenti dello sfintere e/o del piano degli ele-vatori, è possibile resecare l’organo con un intervento conservativo della funzione sfinteriale: si procede quindi ad una resezione anteriore o, in caso di interessamen-to dello sfintere interno, ad una resezione intersfinteri-ca. In entrambi i casi è possibile ricostituire la continuità intestinale con un’anastomosi meccanica colo-rettale o colo-anale manuale. Il confezionamento di una sto-mia temporanea di protezione, preferenzialmente un’ile-ostomia loop, contribuisce a controllare le conseguenze cliniche di una eventuale fistola anastomotica. Indicata in tutti i pazienti sottoposti a radioterapia neoadiuvan-te e nelle anastomosi ultrabasse, essa potrà essere riconvertita, a guarigione anastomotica avvenuta, o do-po l’eventuale chemioterapia adiuvante. La resezione addomino-perineale sec. Miles con colostomia defi-nitiva, che prevede la completa escissione del retto e dell’ano, è indicata in caso di franca infiltrazione del pia-no sfinteriale e nei pazienti in cui la conservazione dello sfintere sarebbe possibile, ma la funzione dello stesso è già insufficiente. È ormai dimostrato che la qualità di vita di un paziente portatore di stomia può essere migliore di quella offerta da una cattiva ricostruzione. L’intervento di Miles è un intervento ancora attuale e rappresenta circa il 15% delle procedure di resezione rettale in Italia. Attualmente è in corso di validazione una procedura chirurgica definita dagli autori anglosassoni “extralevator abdominoperineal resection”, variante del-

la procedura descritta da Miles nel 1908: essa prevede una più ampia exeresi dei muscoli elevatori dell’ano ed offrirebbe un migliore controllo locale nelle neoplasie che interessano lo sfintere. Più ampie resezioni perineali necessitano, ovviamente, di strategie di ricostruzione che vanno dall’utilizzo di lembi miocutanei alle prote-sizzazioni biologiche. In caso di malattia localmente avanzata e di infiltrazione di organi adiacenti (neoplasie T4) è assolutamente necessaria una exeresi “en bloc” delle strutture anatomiche interessate o sospette per infiltrazione (o parte di esse, ove possibile), in una chi-rurgia multiviscerale che mantenga come obiettivo la resezione R0. In caso di estensione della malattia al-le stazioni linfonodali laterali della pelvi è possibile una estesa linfoadenectomia. Tale approccio aggressivo, in combinazione con la terapia neoadiuvante ed adiuvan-te, permette di ottenere brillanti risultati di sopravvivenza libera da malattia e globale, riducendo il rischio di reci-dive locali. Tutte le procedure di exeresi rettali, anche quelle che coinvolgano altri organi intraaddominali, possono esse-re condotte con approccio miniinvasivo, mediante videolaparoscopia. Come per le neoplasie del colon, studi come il COLOR II dimostrano che l’approccio la-paroscopico non differisce, in termini di radicalità onco-logica, dall’approccio open. In termini clinici il vantaggio della laparoscopia è dato da una riduzione del dolore postoperatorio, una ridotta necessità di farmaci analge-sici e una più breve degenza ospedaliera. L’eventuale positivo impatto sulla prognosi, descritto in alcune serie monocentriche, è in corso di valutazione in trial rando-mizzati multicentrici in corso. La chirurgia robotica sembra offrire vantaggi in termi-ni di risparmio della funzione nervosa e della radicalità oncologica, grazie alla aumentata capacità di fine disse-zione offerta dalla visione magnificata e tridimensionale e dalla riduzione del tremore della mano umana; alcu-ni studi attualmente in corso potranno eventualmente confermare la superiorità dell’approccio robotico rispet-to alla laparoscopia tradizionale ed alla tecnica open. Il problema dei costi elevati e della diffusione delle pro-cedure robotiche è oggetto di ampia discussione nella comunità scientifica: è da considerare in ogni caso che, a fronte di un maggiore impatto economico in termini di sala operatoria, la più rapida ripresa funzionale ed il miglioramento della qualità di vita sono da tenere in considerazione nella valutazione globale. Tra le principali innovazioni chirurgiche vi è l’approccio transanale al mesoretto (taTME alternativa al tradizio-nale approccio transaddominale (open o laparoscopi-co). Rispetto all’approccio tradizionale per via addomi-nale, open o laparoscopico, la exeresi del mesoretto per

• la relazione del tumore con il complesso sfinteriale e la misurazione della distanza dal margine anale

• la relazione con le strutture anatomiche adiacenti e la presenza di linfoadenopatie regionali ed extraregionali

• le dimensioni della neoplasia ed il suo rapporto con la fascia mesorettale (MRF).

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via transanale permette di effettuare una dissezione più accurata soprattutto nelle zone anatomiche più distali ed anteriori nelle quali la chirurgia transaddominale ha obiettivamente dei limiti. Esperienze iniziali pubblicate da centri di riferimento mostrano un miglioramento della integrità della fascia mesorettale asportata e del margi-ne distale, soprattutto in pazienti obesi, di sesso ma-schile e con pelvi stretta. Affianco ai tradizionali interven-ti di resezione d’organo (resezione anteriore, resezione addominoperineale) per le neoplasie rettali di piccole dimensioni è possibile effettuare una escissione lo-cale. Attualmente essa è indicata solo nei pazienti con neoplasia in stadio iniziale (cTis-cT1). È ipotesi al vaglio in numerosi trials, nei pazienti con risposta completa dopo terapia neoadiuvante, l’escissione del residuo lo-cale di malattia. Essa potrebbe permettere il salvataggio dell’organo e della sua funzione. L’escissione locale può essere effettuata mediante tradizionale approccio open o metodiche miniinvasive quali la TEM (Transanal Endoscopic Microsurgery) o la TAMIS (TransAnal Mini-mally Invasive Surgery), che permettono l’asportazione di lesioni di maggiori dimensioni ed a sede più alta nel retto.Le strategie chirurgiche per il controllo locale delle neo-plasie del retto sono quindi varie ed in continua evolu-zione, grazie anche alle innovazioni tecnologiche ed alla maggiore conoscenza dell’evoluzione biologica della malattia. La conservazione d’organo, obiettivo princi-pale del trattamento multidisciplinare, e soprattutto lo sviluppo di tecniche miniinvasive, costituiscono il futuro dell’approccio chirurgico alle neoplasie del retto.

ANATOMIA PATOLOGICAL’esame anatomo-patologico del campione chirurgico rappresenta un importante indicatore dell’ andamento clinico successivo (prognosi) e può anche contenere informazioni di tipo predittivo. Tuttavia, ancora oggi, no-nostante siano state emanate apposite linee guida da autorevoli associazioni quali il CAP (College of American Pathologists), spesso i referti sono sub-ottimali, privi delle informazioni fondamentali non solo per il chirurgo, ma soprattutto per l’oncologo medico. Si impone, quin-di, la necessità della standardizzazione del referto ana-tomo-patologico, finalizzata a fornire dati riguardanti le caratteristiche intrinseche alla neoplasia, morfologiche e molecolari, e la reale estensione anatomica della stessa, confrontandola con i dati formulati in precedenza dalle metodiche di imaging.I seguenti criteri diagnostici minimi di tipo morfologico devono obbligatoriamente essere contenuti nel referto: istotipo, grado di differenziazione, presenza di Tumor

Budding, presenza di invasione vascolare extramurale, livello di invasione neoplastica, stato dei margini di rese-zione (prossimale, distale, margine circonferenziale del mesoretto), numero totale dei linfonodi repertati (alme-no 30 e non 12 come fino a pochi anni orsono veniva indicato in tutte le casistiche), numero degli eventuali linfonodi metastatici. Di tutti questi criteri, sicuramente il Tumor Budding è destinato a definire meglio le intera-zioni tra neoplasia e microambiente. Infatti, tale parame-tro rappresenta una modalità di “dialogo” fra alcuni cloni cellulari maggiormente aggressivi ed il microambiente. Questi cloni sono in grado di riacquisire caratteristiche molecolari di tipo “staminale” e di attuare il meccanismo di “transizione epitelio-mesenchima” che conferirebbe alla proliferazione neoplastica una maggiore attitudine di tipo angioinvasivo e, dunque, metastatico. I dati oggi a nostra disposizione confermano che questo parametro è correlato alla possibilità di insorgenza di recidive locali o di metastasi a distanza. Ancora non è del tutto chiaro il significato di parametri quali la presenza di invasione vascolare linfatica e/o venosa intramurale e di invasio-ne perineurale, che quindi non sono determinanti nel referto.Lo strumento del quale il patologo si avvale e che rap-presenta tutt’oggi l’indicatore prognostico più attendi-bile è lo staging patologico. Per anni è stato utilizzato il sistema di staging Dukes, modificato da Astler e Coller, che è ormai da considerarsi obsoleto. Per la stadiazio-ne patologica è consigliabile utilizzare la classificazione TNM sec. AJCC/UICC, 2009 (2010), in base alla quale le caratteristiche più importanti da evidenziare sono le seguenti:

• l’istituzione di due sub-categorie nell’ambito dei lin-fonodi metastatici (pN1a - b e pN2a - b)

• l’introduzione del parametro V, per indicare la pre-senza o meno di invasione vascolare extramurale

• l’introduzione del parametro R, per indicare l’ef-fettiva radicalità chirurgica attraverso la valutazione dello stato dei margini di resezione con particolare riguardo al margine circonferenziale del mesoret-to

• l’introduzione della categoria TD (Tumor Depo-sits) per indicare la presenza, nello spessore del tessuto adiposo periviscerale, di focolai neopla-stici discontinui rispetto alla neoplasia, non di natura linfonodale

• la presenza del prefisso y davanti al prefisso p nel-la classificazione dei tumori sottoposti a terapia neoadiuvante

• la presenza del prefisso r nei tumori recidivati dopo un intervallo libero da malattia.

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Nei pazienti affetti da CR localmente avanzato, sotto-posti a terapia neoadiuvante, la valutazione patologica deve necessariamente comprendere, nel referto, il co-siddetto TRG (Tumor Regression Grade), parametro non ancora del tutto standardizzato, che andrebbe espresso mediante una classificazione di validato si-gnificato prognostico, quale quella di Mandard (1994) o quella di Ryan modificata da Rodel (AJCC/UICC 2009/10), attualmente preferibile.

Per quanto riguarda le caratteristiche molecolari del CR, l’unico test molecolare attualmente validato a scopo predittivo, è rappresentato dalla determinazione dello stato mutazionale degli oncogeni del gruppo RAS (All-RAS), il cui capostipite è il K-RAS. In corso di studio è l’effettiva utilità della determina-zione della MSI (Instabilità dei micro satelliti), il cui impatto clinico è riconosciuto soprattutto nel cancro del colon, e della presenza di eterozigosi del cromo-soma 18.

FOLLOW-UPConcluso il trattamento chirurgico e/o chemioterapico adiuvante per il CR, il paziente è sottoposto a controlli periodici che comprendono visite cliniche ed esami stru-mentali (radiografie, TC, RMN, ecografia, colonscopia). L’obiettivo primario della sorveglianza dopo intervento chirurgico radicale per CR è diagnosticare precocemen-te recidive locali o a distanza suscettibili di trattamento, in fase asintomatica e/o porre diagnosi precoce di neo-plasie intestinali metacrone. Obiettivi secondari sono la prevenzione precoce di secondi tumori e la risoluzione di problematiche legate alla malattia, alle sequele dei trat-tamenti antineoplastici, alle turbe fisiche e psicosociali sviluppate mesi-anni dopo la fine delle terapie.Lo stadio della malattia al momento dell’intervento è tra i più importanti indicatori prognostici. La maggior parte delle recidive tumorali sono rilevate entro i primi due anni dall’ l'intervento chirurgico. A tal proposito è opportuno sottolineare come il follow-up endoscopico dei pazienti

Figura 6 Algoritmo per una sorveglianza endoscopica personalizzata dei pazienti sottoposti a chirurgia per cancro del retto localmente avanzato

* La diagnosi di recidiva anastomotica precoce è indicazione immediata alla chirurgia

Diagnosi Di CanCro Del retto loCalmente avanzato

Chirurgia Standard senza chemioradioterapia neoadiuvante

Chemioradioterapia neoadiuvante escissione completa del mesoretto

Follow-up endoscopico standard

Sigmoidoscopia ± EUS a 3-6 mesi

Anastomosi colorettale indenne

Sigmoidoscopia ± EUS ogni 3-6 mesi per i primi 3 anni postoperatori

*Recidiva anastomotica precoce

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con CR debba essere personalizzato basandosi sul tipo di chirurgia effettuata e sulla somministrazione o meno di terapia neoadiuvante. Infatti i pazienti con CR local-mente avanzato che sono stati sottoposti a chemio-radioterapia neoadiuvante ed escissione completa del mesoretto durante l’intervento chirurgico sono a basso rischio di recidiva locale e sono sottoposti al follow-up endoscopico standard con colonscopie di sorveglianza a 1, 3, 5 anni dopo la chirurgia e poi ogni 5 anni. Al contrario, uno stringente follow-up endoscopico, con sigmoidoscopia ed EUS ogni 3-6 mesi per i primi 3 anni è raccomandato per quei pazienti con CR operati sen-za escissione del mesoretto e senza preventiva terapia neoadiuvante, perchè in questi pazienti l’incidenza di recidiva locale oscilla tra il 2% e il 30% dei casi nei primi 30 mesi dall’intervento (Figura 6).Comunque il follow-up dei pazienti operati per CR si basa inizialmente su controlli clinici e di laboratorio/imaging ad una frequenza ravvicinata (tre-sei mesi), che si dirada nel tempo (una volta all'anno), dopo il primo biennio. Il follow-up dopo cinque anni ha lo sco-po principale di individuare quei pazienti che svilup-pano nuovi polipi o lesioni pre-cancerose, o seconde neoplasie.La prevenzione di seconde neoplasie deve concen-trarsi sia nell’attuare i riconosciuti programmi di scre-ening (tumore della mammella, tumore della cervice e tumore del colon), sia nel valutare tumori secondari ai trattamenti effettuati per guarire la neoplasia iniziale.Grazie alla collaborazione di tutti gli specialisti si può così offrire al paziente una completa sorveglianza del-la malattia oncologica e delle problematiche ad essa connesse.

GESTIONE DELLO STADIO IVLo stadio IV di malattia comprende pazienti, con qual-siasi T ed N, con metastasi in un singolo organo (fe-gato, polmone, ovaio, linfonodi extraregionali, stadio M1a) o in due o più organi o nel peritoneo (stadio M1b). In caso di malattia metastatica resecabile la strategia terapeutica prevede diverse possibili opzioni. In prima linea una chemioterapia con diverse combinazioni di antitumorali (FOLFOX, FOLFIRI, CapeOX), con l’ag-giunta o meno di anticorpi monoclonali anti-VEGF (Be-vacizumab) o anti-EGF (Cetuximab, Panitumumab), secondo le indicazioni emerse dall’esame di K-RAS, (più di recente anche di N-RAS e B-RAF), che deve sempre essere eseguito nei pazienti metastatici. Suc-

cessivamente alla chemioterapia di prima linea si può procedere alla chirurgia con intento curativo sul tumo-re primitivo e sulla/e lesione/i secondaria/e in uno o più stadi, oppure si può eseguire un trattamento combina-to neoadiuvante con radio-chemioterapia prima della chirurgia stessa. Alternativamente il trattamento neoa-diuvante con radio-chemioterapia può essere effettua-to in prima linea con successivo approccio chirurgico in uno o più stadi. In tutti i casi, va valutata l’opportu-nità di continuare un trattamento con chemioterapia, successivamente alla chirurgia, anche in caso di rese-zione curativa R0. Nel caso di malattia metastatica non resecabile l’ap-proccio può cambiare a secondo che il tumore pri-mitivo sia sintomatico (occlusione, sanguinamento) o meno. Se la malattia metastatica non resecabile non è sintomatica la chemioterapia gioca un ruolo prepon-derante. I diversi schemi terapeutici (FOLFOX, FOLFI-RI, CapeOx, ed altri), con l’aggiunta dei vari anticorpi monoclonali quando indicato, sono progressivamente impiegati nelle linee successive di trattamento secon-do la progressione di malattia. Se invece il tumore pri-mitivo è sintomatico, questo può esser controllato da chemioterapia sistemica e dalla radio-chemioterapia palliativa. Altrimenti, può essere necessario ricorrere ad una chirurgia con intento palliativo, quale la rese-zione colorettale o la semplice colostomia, oppure a procedure endoscopiche quali lo stenting o il tratta-mento con laser. L’impiego delle procedure endoscopiche in alternativa alla decompressione chirurgica è cresciuto nel tempo; esso si avvale soprattutto del posizionamento di stent auto-espandibili (SEMS) e in misura sempre minore di trattamenti ablativi. L’impiego dei SEMS, ancorchè sia difficile ricavare dalla letteratura dati riferiti seletti-vamente al retto, ottengono nelle neoplasie colorettali una percentuale di successo tecnico del 96% e clinico del 92%. Il 75% dei pazienti con ostruzione evita la colostomia e il 90% di quelli protesizzati muore con uno stent ancora funzionante. In presenza di segni pe-ritoneali e nel sospetto di perforazione la procedura è controindicata. Gli stent presentano essi stessi com-plicanze, la più temibile delle quali è la perforazione, immediata o tardiva, che si verifica nel 4-6 % circa dei casi ed è stata considerata più frequente in corso di chemioterapia e di impiego del Bevacizumab, ben-chè la questione abbia aspetti controversi. La recidiva dell’ostruzione si ha nel 29% dei casi, per migrazio-ne dello stent e “ingrowth” o “overgrowth” tumorale.

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Take home message• Il trattamento dei pazienti con cancro del retto deve

essere multidisciplinare e personalizzato per il singolo paziente sulla scorta del suo stato di malattia

• Ecoendoscopia e Risonanza Magnetica sono esami fondamentali per la stadiazione loco-regionale

• La radio-chemioterapia neoadiuvante è utilizzata nella malattia localmente avanzata, per migliorare la rese-cabilità chirurgica, ridurre la probabilità di recidive locali, incrementare le probabilità di salvataggio dello sfintere e migliorare la sopravvivenza del paziente

• La valutazione precoce della risposta al trattamento mediante PET è predittiva di risposta alla terapia neoa-diuvante e della prognosi della malattia

• La strategia chirurgica è basata sul principio dell’escissio-ne totale del mesoretto e tiene conto dello stadio della malattia e dell’efficacia della terapia neoadiuvante

• Il follow-up dopo chirurgia dei pazienti con cancro del retto è personalizzato in base alla escissione o meno del mesoretto e alla somministrazione o meno di terapia neoadiuvante

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Per contrastare l’invasione tumorale delle maglie della protesi sono disponibili degli stent rivestiti: essi tutta-via sono soggetti a un maggior rischio di migrazione, inconveniente che rende il successo clinico nel man-tenere la pervietà del lume simile a quello degli stent non rivestiti. I SEMS sono impiegati sia come terapia definitiva con intento palliativo, sia come bridge to sur-gery nei casi di occlusione da tumore resecabile; in questo caso si può praticare successivamente un in-tervento chirurgico in un sol tempo, non preceduto da colostomia e in condizioni di compenso metabolico. Il 6-7% dei casi inizialmente trattati con intento palliativo, grazie ai migliori risultati delle terapie mediche oncolo-giche viene secondariamente ricondotto all'operabilità. In tal caso, la protesizzazione da palliativa si trasforma in bridge to surgery.

CONCLUSIONIIl management delle neoplasie rettali è complesso e prevede l’integrazione multidisciplinare in tutte le fasi, diagnostica, terapeutica e di follow-up. Il trattamento integrato in centri ad alto volume offre l’opportunità di ottenere la “cura” della malattia in una elevata per-centuale di casi. La chirurgia da sola è opportuna solo nei casi iniziali, il trattamento della malattia localmente avanzata e metastatica presuppone una profonda co-noscenza delle strategie multidisciplinari. Tale concetto andrebbe promulgato sia nella comunità medica, fa-cilitando il riferimento del paziente a centri di provata esperienza e con certificata attività multispecialistica, sia nella popolazione generale. L’innovazione tecnologica e lo sviluppo di nuovi farmaci ed approcci terapeutici, ha permesso, ed in un prossimo futuro lo farà ulteriormen-te, di migliorare i risultati in termini di sopravvivenza e di qualità di vita.

CoRRISpoNDENzA MARIO DE BELLISDipartimento di Anestesia, Endoscopia e Cardiologia Struttura Complessa Endoscopia Diagnostica ed Operativa Istituto Nazionale Tumori IRCCS "Fondazione G. Pascale" Via Mariano Semmola - 80131 Napoli Tel. + 39 081 5903228Fax + 39 0815903824E-mail: [email protected]

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