OTTOBRE/DICEMBRE 2007 • ANNO TERZO •...

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SITI • anno terzo • numero quattro Per qualche barile in più ~ Barocco e idrocarburi in Val di Noto ~ “La cultura è un settore d’interesse strategico” ~ Il consumo del suolo, un disastro nazionale ~ La tutela del paesaggio rurale ~ La Spagna accorcia le distanze ~ Di “MADRE” ce n’è uno solo ~ Un patrimonio da difendere “fedelmente nei secoli” ~ Souvenir d’Italie ~ La foresta fossile di Dunarobba ~ La “Rievocazione storica” ~ La città museo di Argirocastro Associazione Città e Siti Italiani Patrimonio Mondiale UNESCO ottobre/dicembre 2007 • anno terzo • numero quattro SITI – anno terzo numero quattro – periodico trimestrale – ott/dic 2007 – Poste Italiane S.P.A. – Spedizione in abbonamento postale – D L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n° 46) Art. 1, comma 1, DCB Ferrara TRIMESTRALE DI ATTUALITÀ E POLITICA CULTURALE SITI OTTOBRE/DICEMBRE 2007 • ANNO TERZO • NUMERO QUATTRO

Transcript of OTTOBRE/DICEMBRE 2007 • ANNO TERZO •...

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SITI • anno terzo • numero quattro

Per qualche barile in più~

Barocco e idrocarburi in Val di Noto~

“La cultura è un settore d’interesse strategico”~

Il consumo del suolo, un disastro nazionale~

La tutela del paesaggio rurale~

La Spagna accorcia le distanze~

Di “MADRE” ce n’è uno solo~

Un patrimonio da difendere “fedelmente nei secoli”~

Souvenir d’Italie~

La foresta fossile di Dunarobba~

La “Rievocazione storica”~

La città museo di Argirocastro

Associazione Città e Siti Italiani Patrimonio MondialeUNESCO

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TRIMESTRALE DI ATTUALITÀ E POLITICA CULTURALE

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AUTORI E INTERLOCUTORI

Francesco Bandarin - è dal 2000 il Diret tore del Centro del Patrimonio Mondiale dell’UNE-SCO. Dal 1980 al 1997 è stato Docente di Pianificazione Urbanistica all’Istituto Universitario di Architet tura di Venezia, oltre che consulente di Organizzazioni Internazionali e della Cooperazio-ne Italiana per proget ti edilizi e urbanistici nei Paesi in via di sviluppo. Si è anche occupato dei problemi della salvaguardia di Venezia e della preparazione del Giubileo del 2000 a Roma.

Eduardo Cicelyn - Laureato in filosofia è anche giornalista professionista. Consulente cul-turale di vari enti pubblici, organizzatore e curatore di diverse manifestazioni dedicate all’ar te contemporanea, autore di saggi su numerosi ar tisti contemporanei, è stato curatore generale della rassegna “Annali delle ar ti” promossa dalla regione Campania nel biennio 2003-2005. At-tualmente è diret tore generale della Fondazione Donnaregina e diret tore del Museo per l’ar te contemporanea di Napoli “MADRE’”.

Pio De Giuli - Laureato in giurisprudenza, già dirigente di un Ente Pubblico, ha fat to del gior-nalismo – sua passione giovanile iniziata, ancora studente liceale, nell’anno 1956 – un impegno che lo qualifica tra le più at tendibili “memorie storiche” della cit tà di Assisi, dove vive dal 1952. Cooptato in qualità di socio ordinario dall’Accademia Properziana del Subasio, prestigiosa istitu-zione culturale at tiva in Assisi dal 1516, ne dirige la Rivista trimestrale “Subasio”, giunta al suo XV anno di vita. Collabora con altre testate in posizione di “free lance”, volontario e gratuito, con l’unico scopo di far conoscere le innumerevoli manifestazioni di cultura espresse dal territorio.

Loredana De Petris – Senatrice della Repubblica per il Gruppo Insieme con l’Unione Verdi - Comunisti Italiani. Segretaria alla Presidenza del Senato. Membro della 9ª Commissione per-manente (Agricoltura e produzione agroalimentare) e della 13ª Commissione permanente (Ter-ritorio, ambiente, beni ambientali). Negli anni ’90 è stata assessore alle Politiche Ambientali e Agricole del Comune di Roma. Da quest’anno è presidente dei Verdi del Lazio.

Vittorio Emiliani – Giornalista, inviato del “Giorno” e del “Messaggero” che ha diret to per set te anni. E’ stato deputato e poi consigliere della Rai. Ha pubblicato una quindicina di libri fra i quali “Se crollano le torri” (Rizzoli) dedicato ai beni culturali. Ha curato per il Touring alcuni Libri Bianchi su Musei, Beni ecclesiastici, Beni archeologici e Paesaggio. Per Raidue ha realizzato nel 1989 una inchiesta in set te puntate sui beni culturali. Per alcuni anni ha curato “Bellitalia” (Raitre). A fine 2005 ha curato la pubblicazione del volume “L’Italia rovinata dagli Italiani” (Rcs), scrit ti di Leonardo Borgese (1946-70), con una propria ampia introduzione. Presiede il Comitato per la Bellezza.

Nicoletta Gazzeri - Ricercatrice e responsabile di progetti di formazione nel settore dei musei e dei beni culturali presso Fondazione Fitzcarraldo. Ha organizzato e condotto convegni e incontri sui temi della gestione e della comunicazione museale. Suoi interventi sono disponibili per la let tura o l’ascolto sui siti della Fondazione Fitzcarraldo (www.risorsebeniculturali.it e www.fizz.it).

Tiziana Serra - Archeologa responsabile del laboratorio restauro reper ti archeologici di Ba-rumini dove sono stati restaurati i pezzi provenienti dalle campagne di scavo condot te negli anni ’50 da prof. G. Lilliu a “su Nuraxi” a Barumini ed esposti nel “Polo Museale di Casa Zapata”. Laureata in Archeologia presso l’Università di Cagliari, ha diret to varie campagne di scavo a “Casa Zapata”.

Susanna Tartari - Titolare della Casa Editrice T.&T. Da alcuni anni si occupa di studiare il “fenomeno” della Rievocazione storica, esploso in Italia una quindicina di anni fa. Pubblica un bimestrale dal titolo RIEVOCARE, un guida alle manifestazioni a carat tere rievocativo dal titolo ERMeS e gestisce il por tale internet che por ta lo stesso nome della pubblicazione periodica. Si occupa a tut to tondo dell’ambiente rievocativo, cercando di por tare a galla tut ti gli aspet ti (didat-tici, di ricerca, sperimentali e di spet tacolo). Suo è anche il proget to “Rievocatori per il cinema”, presentato al Festival del cinema in costume nel 2005.

Siti

Trimestrale di attualità e politica culturaledell’Associazione città italiane patrimonio mondiale Unescoottobre/dicembre 2007 • anno terzo • numero quattro (dieci)

Sede: Piazza del Municipio, 244100 Ferraratel. 0532 419452 fax 0532 [email protected] - [email protected]

Direttore responsabileSergio Gessi

Coordinatore editorialeFausto Natali

Hanno collaborato a questo numero:Eduardo Cicelyn, Adriano Cioci, Flavio Cossar, Pio De Giuli, Bruno De Luca, Fabio De Luigi; Loredana De Petris, Vittorio Emiliani, Nicoletta Gazzeri, Ilaria Maggi, Antonello Mennucci, Tiziana Serra, Susanna Tartari, Andrea Tebaldi, Corrado Valvo

Autorizzazione del Tribunale di Ferrara n. 2 del 16/02/05

Progetto grafico e impaginazioneAntonello Stegani

Impianti e stampa

Tipolitografia ItaliaVia Maiocchi Plattis, 36 – Ferrara

Si ringraziano Comuni, Province e Regioni per l’invio dei testi e del materiale fotografico.

Crediti fotografici:Comune di Alberobello, Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria, Andrea Bonfatti, Comune di Ferrara, Luca Signorini, Teodor Bilushi, Ufficio stampa Electa, Susanna Tartari, Adriano Cioci, Comune di Barumini, Giacomo Natali, Flavio Cossar, Comune di San Gimignano, Maurizio Caselli, Enzo Lattanzi

L’editore è a disposizione degli aventi diritto per quanto riguarda eventuali illustrazioni non individuate.

In copertina: Firenze

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SITI • SOMMARIO

5 Editoriale Perqualchebarileinpiù LetrivelleincombonosulValdiNoto diGaetanoSateriale

7 Baroccoeidrocarburi, unmatrimoniochenons’hadafare L’appellodiCorradoValvo SindacodiNoto 8 L’intervista “Laculturaèunsettorediinteresse

strategico” IntervistaaFrancescoBandarin,direttore delCentrodelPatrimonioMondialedell’Unesco diFaustoNatali

12 Ilpuntaspilli Ilconsumodelsuolo,undisastronazionale Lacementificazionedevastailpaesaggio diVittorioEmiliani

16 Primopiano Latuteladelpaesaggiorurale Unpatrimonioinestimabiledistoria,

culturaenaturastasoccombendo diLoredanaDePetris

20 31stWorldHeritageCommitteeSession LaSpagnaaccorcialedistanze Italiaamanivuote,perlaprimavoltadal1992 diAndreaTebaldi

26 Assisi Ipreziosicodicidell’archiviodiSanRufino Unimponentegiacimentodocumentalea

disposizionedellacomunità diPioDeGiuli

30 Museiitaliani Di“MADRE”cen’èunosolo Unmuseofortementeradicatonellastoria

culturalediNapoli diIlariaMaggi

32 Un’opportunitàperincontrarel’arte connaturalezza IldirettoreEduardoCicelynpresentail

Museod’ArteContemporaneaDonnaregina

36 Alberobello Ditrullointrulloallascopertadi“ArborBelli” IlriconoscimentoUnesco, unpuntodiarrivomaanchedipartenza diBrunoDeLuca

40 Istituzioni Unpatrimoniodadifendere “fedelmenteneisecoli” Gli“angelicustodi”deibeniculturali acuradelComandoCCTutelaPatrimonio

Culturale

44 Barumini CasaZapata, unmuseoche“poggia”sullastoria Unodeglispaziespositivipiùvisitatidella

Sardegna diTizianaSerra

48 L’analisi Souvenird’Italie Ilmerchandisingperimuseieibeni

culturali diNicolettaGazzeri

54 SanGimignano Calceecocciopestoperunintonaco aregolad’arte IrestaurinelcortiledelPalazzoComunale diAntonelloMennucci

58 Italiadascoprire LaforestafossilediDunarobba IlterritoriodiAviglianoUmbrocustodisce

unluogodieccezionaleinteresse diAdrianoCioci

62 Inevidenza Riscoprireilpassatopercapireilpresente Ilvaloreculturaleedeconomicodella

“Rievocazionestorica” diSusannaTartari

68 Reportage Undiamantedipietranelsuddell’Albania LacittàmuseodiArgirocastro diFabioDeLuigi

72 Aquileia ImosaicignosticidellaBasilicadiAquileia LeprimetraccedelCristianesimofriulano diFlavioCossar

76 Associazione Conilventoinpoppa LareteitalianadellecittàUnescocambia

nomeecontinuaacrescere

78 Brevi Notiziedall’Italiaedalmondo

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Noto

EDITORIALE

videntemente le lunghe bat taglie cul turali contro l’abusivismo e gli scempi paesaggist ici non hanno proprio insegnato nien-te. Non sono stat i suf f icient i decenni di devastanti aggressio-ni al terr i tor io, in nome di modernizzazione e progresso, per far assimilare la consapevolezza che il patr imonio ar t ist ico, cul turale e naturale è la r isorsa più preziosa del nostro Pae-se, la pr incipale “mater ia pr ima” di cui disponiamo. Le grandi

potenziali tà economiche dei beni cul turali possono essere dispiegate solo investendo su di essi, coniugando tutela e promozione, valor izzando il ca-rat tere molecolare del sistema terr i tor iale, non cer tamente disseminando il Val di Noto di pozzi petroli fer i. La notizia del parziale via l ibera del Tar di Palermo alle tr ivellazioni in questo straordinar io angolo di Sicil ia, quando sembrava che il per icolo fosse scongiurato, ci ammonisce a non abbassare la guardia e a non farci cadere vi t t ime dell’i l lusione che basti abbat tere un paio di “eco-mostr i”, cosa peral tro pregevolissima, per r i tenere di aver sconfi t to la cul tura dell’abusivismo legalizzato, autor izzato o tollerato che sia. In un per iodo di gravi dif f icol tà per i bilanci degli ent i locali, la ten-tazione di incamerare qualche milione di euro in royal t ies è molto for te, ma non giust i f ica la svendita di un patr imonio dell’umanità. Alle comunità locali, una vol ta che le società petroli fere hanno terminato la “spremitura” del terr i tor io, al terandone irrevocabilmente le carat ter ist iche ambientali e sociali, r imane davvero poca cosa. Investire tante r isorse, umane ed eco-nomiche, nello sviluppo petroli fero signif ica impoverire quelle at t ivi tà che stor icamente, hanno costi tui to l’asse por tante di tut ta l’economia sicil iana per abbracciare improbabili nuovi “miracoli i taliani”. Un evidente anacroni-smo che non meri terebbe neppure un commento, se le tr ivelle non incom-bessero sul Val di Noto. Occorre r ibadire con forza che il “ tur ismo petro-li fero” è un set tore che non ci interessa e che l’energia posi t iva che deve zampillare dai nostr i terr i tor i è quella delle test imonianze stor ico-ar t ist iche e dei paesaggi, non quella degli idrocarburi. Pensare di barat tare

LE TRIVELLE INCOMBONO SUL VAL DI NOTO

PER QUALCHE BARILE IN PIÙdi GAETANO SATERIALE

Presidente Associazione Città e Siti Italiani Patrimonio Mondiale Unesco

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Siracusa

i l tardo barocco sicil iano con qualche bar ile di greggio è un’operazione strate-gicamente sciagurata. Significa non aver capito il valore di un patrimonio culturale e naturale ben tutelato e ben gestito. Gli esempi positivi non mancano, pensiamo agli sforzi che sta compiendo Siracusa per r ipopolare un centro storico svuota-to dall’industrializzazione di Priolo e di Augusta. E quanto sta frut tando, anche economicamente, la promozione turisti-ca di quel sito Unesco. L’impor tante è non commet tere gli stessi errori del pas-sato. Gli strumenti per impedire che que-sto dissennato proget to prosegua nella sua corsa devastatrice esistono, ma

serve una chiara e precisa volontà po-li t ica, a livello locale e nazionale, che si faccia interprete dello sdegno di tut ti gli i taliani. Questo è ciò che intende fare la nostra Associazione, schierandosi com-pat ta a fianco del sindaco Corrado Valvo nella difesa del Val di Noto e contro ogni tentativo di inseguire miraggi economici del tut to estranei alla naturale vocazione di un territorio che l’Unesco ha inserito nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Quella per la salvaguardia dell’integrità del Val di Noto è una bat taglia culturale contro un modello di sviluppo che non ci appar tiene. Una bat taglia che ci r iguarda tut ti, nessuno escluso.

L’APPELLO DEL SINDACO DI NOTO

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Paestum

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i è da poco conclusa la 31esi-ma sessione del World Heritage Committee ed abbiamo voluto chiedere a Francesco Bandarin, da sette anni al vertice del Centro del Patrimonio Mondiale dell’Une-sco, di tracciare un breve bilancio

di questo importante appuntamento. Ovviamente, non potevamo farci sfuggire l’occasione per sot-toporgli anche alcune domande di carattere gene-rale ed affrontare questioni di più stretta attualità, come le trivellazioni in Val di Noto e l’inquinamento dei centro storici.

Quest’anno la riunione del Comitato del Pa-trimonio Mondiale si è svolta a Christchurch in Nuova Zelanda. Com’è andata?

La 31esima Sessione ha mostrato, ancora una volta, la forza della Convenzione del Patrimonio Mondiale. Erano presenti oltre 130 delegazioni nazionali (si noti che il Comitato é composto da 21 Paesi), senza contare le organizzazioni non governative che operano per la protezione del Pa-trimonio culturale e naturale. Sono stati iscritti 22 nuovi siti nella Lista del Patrimonio Mondiale, ed esaminati 161 rapporti sullo stato di conservazio-ne dei siti iscritti. Per la prima volta, un sito è stato cancellato dalla Lista: si tratta del santuario del-

l’Orice Arabo, un sito naturale dell’Oman, privato del suo valore eccezionale da un decreto che ha ri-dotto del 90% il territorio protetto, e dalla caccia e dal bracconaggio che hanno ridotto la popolazione dell’Orice a poche unità. È un caso grave sul quale occorrerà riflettere per evitare che si ripeta. Sono state affrontate, infine, numerose questioni di po-litica generale e di gestione della Convenzione, tra cui i rapporti con le altre Convenzioni Unesco, il miglioramento dell’assistenza tecnica, l’organizza-zione del Secretariato.

L’Italia, a suo avviso, si impegna a sufficien-za nella difesa del proprio patrimonio culturale?

Direi proprio di sí, anche se nessuno é perfetto!In Italia la conservazione del patrimonio ha

una grande importanza politica ed economica, e nonostante le sue imperfezioni il nostro sistema di tutela resta un modello a scala internazionale.

Semmai é da chiedersi quanto l’Italia si stia preparando alle sfide future, dalla crescita del turismo mondiale al cambiamento climatico, che avranno un grande impatto sul patrimonio.

Parliamo di un caso di attualità: il Val di Noto. Le trivellazioni possono mettere a rischio il riconoscimento Unesco?

Le trivellazioni, non le prime davvero, poiché l’ENI ne ha già fatte molte in quel territorio, indi-cano una direzione di sviluppo. Ed è un

L ’ I N T E R V I S T A

INTERVISTA A FRANCESCO BANDARIN,DIRETTORE DEL CENTRO DEL PATRIMONIO MONDIALE DELL’UNESCO

“LA CULTURA È UN SETTORE D’INTERESSE STRATEGICO”

di FAUSTO NATALI

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Venezia

modello esattamente contrario a quello che il Val di Noto ha scelto da alcuni anni, basato sul pa-trimonio, sul turismo culturale, sulle produzioni di qualità. Che cosa c’entra il petrolio?

Se si dovesse iniziare una vera e propria ope-razione estrattiva ci sarebbero gravi impatti e l’Unesco non potrebbe non intervenire.

La cultura può veramente ricoprire un ruolo importante nell’economia di un Paese?

Sí, la cultura - nel senso lato del termine - é un settore economico di interesse strategico. Dob-biamo naturalmente includere nella definizione non solo la fruizione culturale, ma anche la produzione. In alcuni paesi questo é diventato uno dei settori di maggiore importanza economica.

Il finanziamento della cultura è una questio-ne complessa che comporta, a volte, qualche rischio. Che ne pensa?

Non vedo rischi se il finanziamento alla cultura é legato a obiettivi strategici di valorizzazione delle risorse umane e del patrimonio culturale. I rischi - di spreco e di inefficienza - ci sono quando manca una visione del futuro. E poi bisogna sempre più pensare al finanziamento in modo complementare tra settore pubblico e privato.

Quali sono i progetti Unesco che ritiene più riusciti?

L’Unesco ha un ruolo fondamentale nelle situa-zioni di crisi, di conflitto, quando i governi non sono in grado di garantire la protezione del patrimonio. I nostri successi principali negli anni recenti sono stati la conservazione del Minareto di Jam in Af-ganistan, la ricostruzione del ponte di Mostar (con l’Italia e altri partner). Tra quelli in corso, citerei la ri-erezione dell’Obelisco di Axum e il Piano di con-servazione della Città Vecchia di Gerusalemme.

nei centri storici. Bisogna convincere la gente (con le buone o le cattive) a utilizzare i contesti storici in modi compatibili con la loro struttura, la loro storia e la loro qualità. Ci sono ottimi esempi in Italia in questo campo (Siena, Perugia, ecc.), ma anche molte situazioni insufficienti (Roma, Napoli, ecc.).

Qual è il suo giudizio su iniziative media-tico-spettacolari come le “Nuove sette mera-viglie”?

L’Unesco ha espresso chiaramente la sua criti-ca a questa iniziativa di stampo puramente media-tico, che volgarizza il tema del Patrimonio e lo ridu-ce a oggetto di una gara di bellezza, un concorso a punti! Veramente abbiamo bisogno di meglio!

Speriamo che queste iniziative muoiano con la stessa velocità delle pubblicità televisive e che si torni a un discorso serio sui valori del patrimonio e della sua conservazione.

Ora una domanda difficile, almeno per il Di-rettore del Centro del Patrimonio Mondiale del-l’UNESCO. Secondo lei, quale sito meriterebbe di essere inserito nella WHL, ma non è ancora riuscito nell’intento?

É difficile rispondere, perché un sito deve es-sere esaminato in dettaglio prima di poter dire se merita o no. L’Italia ha già iscritto quasi tutte le principali città storiche e i siti archeologici mag-giori. Mancano invece i paesaggi culturali, di cui é ricchissima. Punterei su quelli.

Addizionali, tasse di scopo, pedaggi, ticket d’ingresso, supplementi, pollution charge, road pricing… è questa la strada giusta per difendere le città da traffico e smog?

Io sono veneziano e sono abituato a cammi-nare per andare a casa mia. Non posso quindi non condividere una lotta a fondo contro l’automobile

L ’ I N T E R V I S T A L ’ I N T E R V I S T A

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ualunque viaggiatore del Grand Tour, ma anche di mezzo seco-lo fa soltanto, si metterebbe le mani nei capelli al vedere come è stata ridotta tanta parte dei paesaggi italiani. E pensare che Wolfgang Goethe parlava, rapi-

to, del nostro paesaggio come di una “seconda natura” che, per mano di autentici artisti, aveva arricchito la natura originaria. Goethe riprende-va un’espressione folgorante, se ben ricordo, di Averroè il quale parla, rispettivamente, di una na-tura naturans, quella primordiale, e di una natura naturata, modificata dall’uomo.

L’italiano di oggi è riuscito nella bella impresa di divorare, nell’ultimo mezzo secolo, coprendola di cemento e di asfalto, una superficie libera, cioè un tempo a bosco, a prato, a pascolo, a coltivo, grande quanto l’intera Italia Settentrionale, oltre

12 milioni di ettari. E nell’ultimo quindicennio questo “sprawl”, questo generale disordine edili-zio, ha accelerato la propria corsa, con villettopoli e fabbricopoli (a cui si aggiunge ora commercio-poli), per cui nelle maggiori aree metropolitane è sparita ogni discontinuità fra città e campagna. Chi scende in aereo su Venezia, si rende conto, raggelato, che la verde campagna veneta è stata quasi completamente inghiottita fra Padova, Me-stre e Treviso. Per non parlar sempre e soltanto di Napoli. O di Palermo.

Nell’ultimo quindicennio poi il consumo di suolo, e quindi di paesaggio, ha viaggiato in Italia al ritmo di 244.000 ettari all’anno. A quale regio-ne va il triste primato? Sembra incredibile, ma va alla già tanto costruita e cementificata Liguria per la quale negli anni ’60 Giorgio Bocca parlò di “Lambrate sul Tigullio”. Essa ha consumato quasi la metà dei suoli ancora liberi da costruzioni e

infrastrutture: il 45,55 per cento. Seguita a gran-de distanza dalla derelitta Calabria col 26,13 per cento (più i suoli “mangiati” dall’edilizia abusiva). Al terzo posto l’Emilia-Romagna dove si sta co-struendo tanto e non solo sulla costa. A pari de-merito con la Sicilia, dove, come Calabria e Cam-pania, a questo già drammatico bilancio vanno aggiunte le aree occupate da case abusive, co-struite persino sulle spiagge. Ma non scherzano neppure Lazio, cioè Roma, Piemonte, Lombardia, tutte sul 18 per cento, e i verdeggianti Abruzzo e Molise (entrambi oltre il 17 per cento). Le meno peggio? Basilicata con le Province autonome di Bolzano e di Trento. Montagne aiutando. Ma pure lì si moltiplicano gli allarmi per gli alpeggi distrutti o manomessi.

L’andamento della popolazione non giustifica un simile delirio edificatorio. Gli italiani aumen-tano di poco e soltanto per effetto dell’immigra-

zione. E tuttavia la casa è una emergenza. Segno che questa marea di gru alzate ovunque non va a soddisfare i bisogni primari di chi, giovane ita-liano e/o immigrato, cerca un alloggio, magari in affitto. I nove decimi di questa edilizia ammaz-za-paesaggi formano una edilizia di speculazio-ne, sono seconde e terze case. Non prime case, per lo più. Con un caro-prezzi rovente. Del resto, l’edilizia sociale è riprecipitata in Italia al 4 per cento di antica memoria contro percentuali supe-riori al 20-30 di Paesi altamente sviluppati e civili quali Olanda, Francia, Gran Bretagna o Svezia. In questo quadro risulta quasi azzerata nel nostro Paese l’offerta di case in affitto, importante, al contrario, in tutta l’Europa avanzata dove si pri-vilegia la mobilità e non si costringono le giovani coppie a tirare la cinghia per decenni al fine di ac-quistare un appartamento concentrando in esso ogni possibile risparmio e sacrificando

IL PUNTASPILLI

LA CEMENTIFICAZIONE DEVASTA IL PAESAGGIO,LIGURIA E CALABRIA GUIDANO LA CLASSIFICA DEI VIZIOSIE L’ITALIA RETROCEDE NELLE GRADUATORIE INTERNAZIONALI

IL CONSUMO DEL SUOLO,UN DISASTRO NAZIONALE

di VITTORIO EMILIANI

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Veduta sul golfo di Napoli

altri consumi, a partire da quelli culturali.Inoltre, mentre i Comuni investono, soprattut-

to quelli maggiori, nel trasporto pubblico, in par-ticolare su quello che viaggia su ferro, gli stessi Comuni – con qualche resipiscenza a livello re-gionale – largheggiano nella politica urbanistica a favore dei centri commerciali e delle multisala cinematografiche. Una contraddizione costosa e paradossale. Da una parte si invitano i cittadini a lasciare a casa l’auto privata per avvalersi del mezzo pubblico, ma dall’altra li si spinge ad usare la stessa auto per andare a fare grosse spese o a vedere film nella fascia metropolitana. Da una parte si dice di voler salvare un tessuto, qualifica-to s’intende, di negozi e di piccoli supermercati, di autentiche boutiques alimentari, di cinema, nel cuore delle città servendo così una clientela spesso anziana, dall’altra, a forza di centri com-merciali e di multisala, si concorre a far chiudere i piccoli esercizi e i cinema dei quartieri centrali.

Anche in questo caso la politica del territorio ne viene scassata in maniera brutale accelerando il consumo di suolo ai bordi delle aree già urba-nizzate e cancellando sempre più la campagna. Un autentico cappio attorno al collo. In Gran Bre-tagna la lotta allo sprawl, al consumo di suolo, è in corso addirittura dalla fine degli anni ’30. Là, afferma il famoso architetto sir Richard Rogers (di famiglia triestina e nato a Firenze), che è stato il gran consulente di Tony Blair, il 70 per cento delle nuove costruzioni avviene, per legge, in quel Paese all’interno di aree già edificate, di aree ex industriali per esempio. Nella sottopopolata Fran-cia il dibattito è pure molto vivo. In Germania esi-stono già leggi per economizzare il consumo di suolo evitando il dilagare insensato e suicida di cemento & asfalto. Basta seguire qualche tappa

del Giro d’Italia di ciclismo e poi del Tour de Fran-ce per vedere, dagli elicotteri di servizio, quanto siano ordinate le campagna francesi o belghe e quanto siano ormai invase dall’edilizia quelle ita-liane. Un autentico disastro nazionale.

Come porre rimedio a questo laissez faire che dissipa, oltre tutto, la “materia prima” fondamen-tale di una attività ormai primaria come il turismo internazionale? Non cito dunque a sostegno ra-gioni culturali, ma soprattutto ragioni economi-che. Si può e si deve rimediare con una buona, rigorosa, saggia politica urbanistica. La quale, nella perdurante assenza di una legge-quadro na-zionale, è affidata essenzialmente alle Regioni le quali dovrebbero combinare politica del territorio e tutela paesaggistica e ambientale. Ne hanno in-fatti le competenze.

Purtroppo alcune Regioni, la Toscana nel modo più rigido, hanno sub-delegato i Comuni nella tutela paesaggistica. Un errore grave. In-tanto perché, come ancora prescrive l’articolo 9 della Costituzione, è “la Repubblica”, cioè Stato, Comuni ed Enti locali armonicamente, a tutelare il paesaggio. Poi perché i Comuni vivono un forte conflitto di interessi essendo da una parte portati (anche dalle restrizioni nei trasferimenti erariali) a favorire l’attività edilizia la quale porta nelle loro casse dei bei soldi e dall’altra dovrebbero invece essere - a ciò sub-delegati dalle Regioni - i ri-gorosi tutori di quella medesima, lucrosa attività. Conflitto di interessi in cui prevalgono quelli edili-zi. E’ chiaro come il sole che ci vuole una autorità superiore a vigilare sulla salvaguardia di territo-rio e paesaggio. In parte c’è, avendo il Ministero per i Beni e le Attività culturali ancora poteri di intervento, preventivo e successivo, con le pro-prie Direzioni regionali e con le Soprintendenze

territoriali di settore. Ma tali interventi dovreb-bero essere inquadrati in un contesto di piani paesaggistici che, per lo più, non ci sono o non ci sono ancora. Nel senso che la bella legge Ga-lasso del 1985 la quale prescriveva alle Regioni di redigere piani paesaggistici di dettaglio è sta-ta assai largamente disattesa ed elusa. La Sicilia non l’ha proprio considerata per niente, e si vede dal massacro in atto da decenni. Ora il Codice per il Paesaggio, varato da Urbani e migliorato, va detto, da Buttiglione, prevede che le Regioni italiane “possono”, non devono (e questo è un punto assai debole), redigere piani paesaggisti-ci assieme ai Ministeri dei Beni culturali e della Tutela dell’Ambiente. Entro il maggio 2008. Ot-tima occasione per dimostrare al mondo (anche a quello del turismo internazionale preoccupato dai nostri regressi e imbruttimenti) che siamo

ancora un Paese saggio che ama e cura il pa-trimonio strepitoso, pur se intaccato, dei propri paesaggi. I primi sintomi però non sono incorag-gianti. La Regione Toscana, anziché dar corso ad un piano paesaggistico prescrittivo, ha votato, con alcuni aperti dissensi, un Piano di Indirizzo Territoriale (PIT) fatto essenzialmente soltanto di “buoni consigli”. In una regione straordinaria, tanto amata anche all’estero ed ora minacciata da varie lottizzazioni, a cominciare da quella tri-stemente celebre di Monticchiello in Comune di Pienza. La grande agenzia turistica Future Brand ci assegna ancora il primo posto nel mondo per le città d’arte, ma ci ha già retrocessi dopo il decimo per il paesaggio e dopo il quindicesimo per le spiagge. Continuiamo così e la retroces-sione sarà più grave e più penalizzante, anche sul piano economico.

I L P U N T A S P I L L I

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Val D’Orcia

esigenza di un intervento legislativo per la tutela e la valorizzazione del paesaggio rurale italiano1 nasce dalla constatazione che il proces-so di consumo e di abban-dono del territorio agricolo

nazionale non si arresta ed ha anzi conosciuto nel decennio trascorso una ulteriore e preoccupante accelerazione. I dati diffusi dall’Associazione nazio-nale bonifiche e irrigazione (ANBI) relativi all’evolu-zione nazionale della superficie agricola utilizzata (SAU) è particolarmente illuminante: nel periodo intercorso fra il 1990 ed il 2003 la SAU si è ridotta del 20,4% passando da oltre 15 milioni di ettari a poco più 12, con 3 milioni di ettari (10% del territorio nazionale) conquistati dalla cementificazione o dai processi di abbandono e desertificazione. Un analisi su base regionale dei dati del ‘bollettino di guerra’ aiuta ad interpretare le tendenze in atto: impressio-nante il calo della SAU nel Lazio (dal 48% al 35% della sup. regionale), nell’Abruzzo (dal 48%al 27%), nella Liguria (dal 17% all’8%), nella Campania (dal 48% al 36%), nella Sardegna (dal 56% al 42%) con un trend che interessa peraltro, anche se in modo disomogeneo, l’intero territorio nazionale. Ad agire sono spinte all’urbanizzazione diffusa, che interes-sano le aree periurbane ma anche comprensori di

grande pregio agricolo, una politica delle infrastrut-ture disordinata e con crescente impatto territoriale, e il procedere di fenomeni di marginalizzazione di aree agricole periferiche, dove le difficili condizioni di redditività e il forte tasso di invecchiamento dei conduttori accelerano l’abbandono dell’attività.

A soccombere è un patrimonio di storia, cultu-ra e natura di importanza inestimabile per il nostro Paese. Una secolare evoluzione che ha incontrato condizioni particolarmente favorevoli nella diversità geografica, litologica, climatica e biologica della pe-nisola, dando sostanza a quelle ‘cento agricolture’ e a quella pluralità e qualità dei paesaggi rurali am-mirata dai viaggiatori di tutto il mondo fin dal secolo XVIII, arricchita dalla varietà delle tipologie dell’ar-chitettura rurale regionale. Non si può non sottoli-neare in questo contesto il ruolo insostituibile degli agricoltori nel determinare la straordinaria ricchezza di forme del ‘Bel Paese’, laddove è stato l’ingegno e la capacità di adattamento dell’attività produttiva ad ambienti naturali a volte ostili a consentire la strut-turazione del mosaico delle campagne italiane. Un mosaico ancora vivo nel quale si leggono però i se-gni di una riduzione delle caratteristiche identitarie, della tendenza all’impoverimento delle componenti arboree, arbustive ed erbacee, dell’abbandono del pascolo brado e delle colture promiscue.

L’urgenza di agire per la conservazio-

P R I M O P I A N O

UN PATRIMONIO INESTIMABILE DI STORIA,CULTURA E NATURA STA SOCCOMBENDO

LA TUTELADEL PAESAGGIO RURALE

di LOREDANA DE PETRIS

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Paesaggio rurale presso Pienza

ne di questo patrimonio nasce dalla consapevolezza del suo carattere multifunzionale che travalica la dimensione, pure di eccezionale rilevanza, con-cernente il valore estetico e di identità nazionale, riconosciuto dal dettato costituzionale. Il manteni-mento del paesaggio rurale e delle attività che lo supportano è la più efficace forma di contrasto del dissesto idrogeologico, che interessa attualmente il territorio di 5.500 Comuni, e di prevenzione dei processi indotti dal cambiamento climatico ed in particolare della tendenza alla desertificazione, già così evidente in alcune regioni. Il territorio rurale svolge inoltre un ruolo ambientale insostituibile a partire dai cicli biogechimici, con il mantenimento di superfici fotosinteticamente attive che metaboliz-zano l’anidride carbonica e contribuiscono ad am-mortizzare l’effetto serra e con il ruolo di ‘serbatoio’ della diversità genetica rappresentato dalle varietà vegetali agricole e dalle razze animali autoctone, un patrimonio ancora ricco nel nostro Paese che meri-ta una politica mirata di protezione.

Ma il paesaggio rurale può essere anche il volano di un nuovo sviluppo economico-ter-ritoriale, duraturo e sostenibile, che si va affermando in alcune aree del Paese. Il riferimento è a quella offerta integrata di prodotti agricoli tipici e dell’ar-tigianato alimentare con ser-vizi culturali e di fruizione del paesaggio che conosce, con l’agriturismo e il turismo eno-gastronomico, una importante fase di crescita nell’attenzione degli utenti. L’offerta integrata di risorse del territorio, che si

incentra sulla conservazione attiva e non sul consu-mo irreversibile, rappresenta oggi l’unica alternativa effettivamente praticabile in molte realtà del nostro Paese, altrimenti destinate al degrado urbanistico o all’abbandono. Le stesse produzioni alimentari di qualità si identificano oggi con sempre maggiore frequenza con il territorio dal quale provengono, in tutto il mondo la qualità dei sapori italiani, purtroppo anche quando è contraffatta, si accompagna con le immagini-simbolo dei paesaggi di pregio ed è que-sta una grande opportunità di crescita per il nostro comparto agroalimentare.

Una nuova prospettiva nelle politiche di tutela e valorizzazione del paesaggio rurale si è del resto già manifestata a partire dal contesto internaziona-le. L’UNESCO, con l’adozione e l’applicazione della World Heritage Convention, ratificata in Italia con legge 6 aprile 1977, n.184, ha avviato il riconosci-mento, quali parti integranti del patrimonio culturale dell’umanità, di sistemi di paesaggio profondamen-te modellati dall’attività umana, con i primi esempi

in Italia costituiti dai comprensori delle Cinque Terre (1997), della costiera amalfitana (1997) e della Val d’Orcia (2004). La FAO ha riscoperto il valore per il futuro dell’alimentazione umana di pratiche agricole tradizionali che vengono studiate e salvaguardate con il progetto GIIAHS (Globally Important Ingenious Agricultural Heritage Systems). L’Unione europea ha aperto alla firma dei Paesi membri nell’ottobre del 2000 la Convenzione europea sul Paesaggio, quale strumento di indirizzo per le politiche comuni in ma-teria di salvaguardia, gestione e pianificazione dei paesaggi, ratificato dall’Italia con legge 9 gennaio 2006, n.14, ed ha adottato nel corso del 2003, nel quadro della riforma di medio termine della politica agricola comune, importanti orientamenti innovativi finalizzati a promuovere il carattere multifunzionale dell’agricoltura. La scelta di adottare il disaccoppia-mento totale degli aiuti e l’ecocondizionalità, nonché di incrementare progressivamente le risorse per il ‘secondo pilastro’ dello sviluppo rurale, ha aperto la strada ad un orientamento ormai irreversibile nella politica agricola europea che pone al centro dell’at-tenzione la qualità delle produzioni e l’integrazione con le politiche di sostenibilità ambientale.

Le politiche italiane per il paesaggio rurale nascono nel segno della separatezza fra la piani-ficazione urbanistica e gli interventi di sostegno del mercato agricolo. Una incomunicabilità che ha coniugato per tutta una fase storica normative di conservazione statica, peraltro inefficaci, con interventi prevalentemente rivolti alla politica dei prezzi, alla specializzazione intensiva e alla stan-dardizzazione delle colture. Più recente è il tentati-vo di sistematizzare il quadro giuridico in materia, condotto con l’approvazione del Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.42), e l’avvio di esperienze innova-

tive di integrazione riconducibili alla pianificazione paesaggistica regionale e ad alcuni piani di assetto delle aree naturali protette, in un quadro generale comunque inadeguato a fronteggiare le dinamiche di erosione del paesaggio rurale. Di notevole inte-resse in questo campo anche alcune iniziative di regolazione concertata, avviate in collaborazione fra enti locali e categorie rappresentative del mon-do agricolo, fra le quali si segnala in particolare la “Carta per l’uso sostenibile del territorio rurale del Chianti”, recentemente ufficializzata, e il “piano regolatore delle Città del Vino”, un compendio di linee metodologiche per la pianificazione nei Co-muni a forte vocazione viticola, promosso dall’As-sociazione “Città del Vino”.

Il disegno di legge che ho presentato nel mag-gio scorso muove dall’assunto che la storicità del paesaggio rurale debba essere considerata una risorsa preziosa per il futuro e che occorra dedica-re maggiore attenzione alle condizioni concrete di esercizio di quelle attività di conduzione agricola a cui tuttora è affidata la manutenzione del 40% del territorio nazionale e la sopravvivenza di alcuni dei contesti ambientali più rappresentativi del Paese. Un obiettivo che si può perseguire solo determinando la convergenza delle politiche urbanistiche, agricole e fiscali verso una strategia comune e avviando una più proficua sinergia nell’azione dei molteplici attori istituzionali competenti, in grado di determinare un salto di qualità nelle politiche nazionali e locali per la tutela del paesaggio.

Note

1 La senatrice De Petris ha presentato nel maggio scorso il disegno di legge n. 1600 “Disposizioni per la tutela e la valorizzazione del paesaggio rurale”, NdR

P R I M O P I A N O P R I M O P I A N O

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L’Opera House di Sydney

entidue. Sono i nuovi siti iscritti nella World Heritage List nel corso della 31esima sessione del Comitato del Patrimonio mondiale riunitosi recentemen-te a Christchurch in Nuova Ze-landa. Ventidue nuovi ingressi

(16 culturali, 5 naturali e 1 misto), distribuiti tra i 5 con-tinenti, che vanno ad arricchire una Lista Unesco che ora comprende 851 siti: 660 culturali, 166 naturali e 25 misti, situati in 184 paesi.

Nella riunione è stata presa anche una decisione storica: per la prima volta un sito è stato rimosso dal-la lista. Si tratta dell’Arabian Oryx Sanctuary1 in Oman poiché “non se ne è salvaguardato il patrimonio univer-sale eccezionale”. Il Sultanato della penisola arabica ha infatti ridotto del 90% la dimensione dell’area protetta, violando, in questo modo, le Direttive Operative della Convenzione.

Il Comitato ha provveduto, inoltre, ad iscrivere tre

nuovi siti nella Danger List (beni in pericolo): le Isole Galapagos (Ecuador), il Parco Nazionale Niokolo-Koba (Senegal) e la città archeologica di Samarra (Iraq) che, parallelamente all’ingresso in lista, è stata immediata-mente inserita tra i beni a rischio. E’ stata anche appro-vata l’estensione per il sito naturale “Jungfrau-Aletsch Bietschhorn” (Svizzera), iscritto nel 2001, la cui superfi-cie passa a 82.400 ettari dai 53.900 precedenti.

Da notare che le due candidature italiane non sono andate a buon fine e che, pertanto, il vantaggio sulla Spagna si è ormai ridotto ad una sola lunghezza (41 a 40). Le Dolomiti, come sito naturale, e la Valnerina e le Cascate delle Marmore, come sito misto, non sono riuscite, infatti, a superare i rigidi vincoli imposti dai meccanismi Unesco. La cascata, in particolare, è stata bocciata dagli ispettori in quanto alimenta una centrale idroelettrica ed è spesso chiusa per azionare gli impianti energetici.

Andiamo ora a conoscere, nel dettaglio, i 22 nuovi ingressi nella famiglia Unesco iniziando dai sedici siti

culturali, per passare poi ai cinque naturali fino al sito “misto” del Gabon.

1) Il Porto della Luna di Bordeaux - FRANCIA (criteri2 2,4) Il centro storico della città portuale situata nel Sud-Ovest della Francia rappresenta un insieme urbano e architetturale di eccezionale valore di epoca iiluminsitica. La città vede ricono-sciuto il proprio ruolo storico di millenario centro di scambio, caratterizzato dai profondi legami con Gran Bretagna e Paesi Bassi. I piani urbani a partire dall’inizio del XVIII secolo fanno della città un esempio peculiare delle tendenze classiche e neo-classiche e le danno unità e coerenza urbana.

2) Il campus centrale della città universitaria dell’Uni-versità Nazionale Autonoma del Messico (UNAM) - MESSI-CO (criteri 1,2,4) Il campus centrale dell’Università, costruito tra il 1949 e il 1952, rappresenta un esempio del modernismo del XX secolo. Illustra alla perfezione l’integrazione di urbani-smo, architettura, ingegneria, architettura del paesaggio, belle arti ed è uno dei più grandi simboli della modernità in America Latina, pur conservando i propri legami con le tradizioni locali. Il campus, costituito da edifici, impianti sportivi e spazi aperti

è stato realizzato da oltre 60 persone tra architetti, ingegneri e artisti.

3) Il Palazzo di Galerio a Gamzigrad-Romuliana - SER-BIA (criteri 3,4) Questo palazzo fortificato della tarda epoca Romana e il “Memorial complex” nell’Est della Serbia rappre-sentano una testimonianza unica della costruzione romana nel periodo della Seconda Tetrarchia. Fu edificato tra III e IV secolo su ordine dell’imperatore Caius Valerius Galerius Ma-ximianus ed è conosciuto con il nome di Felix Romuliana dal nome della madre. Il sito è costituito da fortificazioni, dal pa-lazzo, da basiliche, templi, terme e dal memorial. E’ un esem-pio di straordinario valore dei tradizionali edifici romani.

4) Il paesaggio culturale di arte rupestre di Gobustan - AZERBAIJAN (criterio 3) Il paesaggio culturale di arte rupestre di Gobustan è stato iscritto per le sue sei mila incisioni e per le vestigia delle popolazioni e dei siti funerari che testimoniano un’intensa attività dei luoghi dal Paleolitico superiore sino al Medioevo. Il sito si colloca su un altopiano roccioso che si eleva nella regione semidesertica del centro dell’Azerbaijan. Occupa, nel suo complesso, un totale di 537 ettari

31ST WORLD HERITAGE COMMITTEE SESSION

ITALIA A MANI VUOTE, PER LA PRIMA VOLTA DAL 1992

LA SPAGNA ACCORCIA LE DISTANZEdi ANDREA TEBALDI

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La collocazione geografica dei nuovi siti Unesco

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Il Parco del Teide

e si inserisce nella riserva protetta del Gobustan.5) Le miniera d’argento di Iwami Ginzan e il paesaggio

culturale - GIAPPONE (criteri 2,3,5) Il sito è formato da un gruppo di montagne ricche di minerali d’argento, che si ele-vano a circa 600 metri di altitudine nel Sud-Ovest dell’isola di Honshu, inframmezzate da vallate fluviali. In questo terri-torio si rintracciano le vestigia archeologiche di miniere, siti di fusione e raffinazione e villaggi minerari. Grazie alle tecniche avanzate il sito riusciva a produrre “argento” di alta qualità e in grandi quantità contribuendo allo sviluppo del Sud Est asiatico nel XVI e XVII secolo.

6) I diaolou (torri fortificate) e i villaggi di Kaiping - CINA (criteri 2,3,4) I “diaolou”, case fortificate dei villaggi di Kaiping (Guangdong) costruite su più piani, testimoniano una straordinaria fusione di forme strutturali e decorative cinesi e occidentali, riflesso del ruolo significativo degli emigrati nello

sviluppo di vari paesi dell’area alla fine del XIX secolo e all’inizio del XX secolo. Armoniosamente inseriti nel paesaggio agri-colo che li circonda, i “diaolou” sono l’apice della tradizione locale in materia di costruzioni da difesa.

7) I vigneti a terrazza di Lavaux - SVIZZERA (criteri 3,4,5) Estendendosi su trenta chilometri lungo il versante orientato a Sud delle rive del lago Lemano, le strette terrazze-vigneto risalgono all’XI secolo, quando i monasteri benedettini e cistercensi controllavano la zona. Il paesaggio viticolo di Lavaux presenta uno sviluppo e un’evoluzione millenaria in un paesaggio rispettoso delle tradizioni culturali della regione. Il sito è un esempio di un’interazione plurisecolare tra uomini e ambiente che riesce ad “ottimizzare” le risorse locali al fine di produrre un vino molto prestigioso.

8) Il ponte del Gran Visir Mehmed Sokolović di Višegrad - BOSNIA-ERZEGOVINA (criteri 2,4) Costruito sul fiume Drina alla fine del XVI secolo, il ponte è stato commissionato dal

Grand Visir Mehmed Pacha Sokolovic. E’ un caratteristico esempio dell’apogeo dell’architettura monumentale e del ge-nio civile ottomano. Contemporaneo al Rinascimento, il pon-te, lungo 179,5 metri e con 11 archi, è una delle più importanti realizzazioni di Mimar Koca Sinan, uno dei più grandi architetti dell’Impero ottomano. Notevoli la tradizione letteraria e artisti-ca ispirate nel tempo dal ponte.

9) La città vecchia di Corfù - GRECIA (criterio 4) La vec-chia città sull’isola di Corfù, al largo delle coste occidentali di Albania e Grecia, occupa una strategica posizione nel mare Adriatico. L’inizio della sua storia risale all’VIII secolo a.C. Le tre fortezze sono servite per quattro secoli a difendere gli interessi del commercio marittimo della Repubblica di Venezia contro l’impero Ottomano. Oltre ai forti sono presenti anche costru-zioni di stile neoclassico. Corfù rappresenta una città portuale fortificata del Mediterraneo ed è un esempio eccezionale di integrità ed autenticità.

10) La fortezza dei Parti di Nisa - TURKMENISTAN (cri-teri 2,3) Con le fortezze di Nisa entra in “lista” una delle più antiche e importanti città di quella che fu una grande potenza tra il III secolo a.C e il III d.C., l’Impero dei Parti. Relativamen-

te poco esplorata, l’area fa emergere nelle sue vestigia una potente civilizzazione che mescolò la sua cultura tradizionale a elementi occidentali ellenistici e romani. Situata all’incrocio di importanti traffici commerciali, Nisa testimonia la forza del potere imperiale, la sua ricchezza e cultura.

11) Il comprensorio del Forte Rosso - INDIA (criteri 2,3,6) Il complesso, che deve il suo nome al colore dei muri di cinta, è stato costruito come il palazzo Fortezza di Shahjahanabad, la nuova capitale del Shah Jahan (1628-1658). L’imponente edificio fu costruito ad immagine del paradiso esattamente così come il Corano lo descrive e costituisce l’apogeo della creatività mogol. La disposizione del palazzo è di ispirazione islamica, ma accoglie anche molti elementi di tradizione per-siana. La struttura riveste un ruolo di primo piano nella storia dell’India.

12) Il paesaggio culturale e botanico del Richtersveld - SUD AFRICA (criteri 4,5) La zona di conservazione della co-munità del Richtersveld copre una superficie di 160 mila ettari di deserti montagnosi nel Nord Ovest del Sud Africa. E’ un paesaggio culturale di proprietà e gestione comunale. Il po-polo Nama conduce uno stile di vita pastorale semi-nomade trasportando le proprie case di giunco durante le

31ST WORLD HERITAGE COMMITTEE SESSION

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I dialou di Kaiping

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fosse legata al sistema di credenze dei cacciatori che domina-vano la regione. Il sito testimonia le pratiche rituali-economi-che delle comunità per circa due millenni. E’ il primo sito della Namibia iscritto nella World Heritage List.

17) L’isola vulcanica e i cunicoli lavici di Jeju - COREA DEL SUD (criteri 7,8) Le isole vulcaniche e i tunnel di lava di Jeju occupano circa 18.846 ettari, ossia il 10,3% della super-ficie dell’isola di Jeju, il territorio più meridionale della Corea. Include il Geomunoreum, il più grande esempio di reticolo di tunnel incavati, il cono di tufo del Seongsan Ilchulbong che si eleva come una fortezza sul mare in un paesaggio da sogno e il Mont Halla, vetta più alta della Corea con le sue strepitose cadute d’acqua. Il sito è una testimonianza della storia e del-l’evoluzione geologica della zona.

18) Le foreste primordiali di faggi dei Carpazi - SLO-VACCHIA-UCRAINA (criterio 9) Queste foreste sono un bene transnazionale, comprendente dieci unità separate, che si estende su un asse di 185 chilometri tra Ucraina e Slovacchia. Costituiscono straordinari esempi di foreste in un clima tem-perato e contengono un prezioso serbatoio genetico di nume-rose altre specie, associate e dipendenti da questo habitat.

19) Le foreste tropicali dell’Atsinanana - MADAGA-SCAR (criteri 9, 10) Queste foreste tropicali comprendono sei parchi nazionali collocati lungo il confine orientale dell’isola e sono di fondamentale importanza per il mantenimento dei processi ecologici necessari alla sopravvivenza della biodi-versità dell’isola. Il Madagascar, grazie ad una storia evolutiva molto particolare, è un territorio che riveste uno straordinario valore per quanto riguarda la flora e la fauna. Ospita infatti il 5% delle specie animali e vegetali del mondo, l’80% delle quali si trovano solo in Madagascar.

20) I Carsi della Cina meridionale - CINA (criteri 7,8) La regione carsica nel sud della Cina si estende su una superficie di mezzo milione di chilometri quadrati principalmente nelle province di Yunnan, Guizhou e Guangxi. Il sito rappresenta uno dei più spettacolari esempi di paesaggio carsico umi-do, tropicale e subtropicale. Tre gruppi costituiscono il sito:

loro migrazioni stagionali. Esiste una forte tradizione orale as-sociata a luoghi e caratteristiche del paesaggio.

13) Il canale Rideau - CANADA (criteri 1,4) Il canale monumentale che risale all’inizio del XIX secolo si estende su 202 chilometri lungo i fiumi Rideau e Cataraqui, fra Ottawa e il lago Ontario. Il canale, associato ad un grande sistema di fortificazioni, è stato costruito a scopi militari nell’epoca in cui Gran Bretagna e Stati Uniti si contendevano il controllo del Nord America. Si tratta di uno dei canali meglio conservati ed è il solo, costruito a quei tempi, ancora operativo oggi.

14) La città archeologica di Samarra - IRAQ (criteri 2,3,4) Samarra, iscritta contemporaneamente nella Lista del patrimonio mondiale e n ella Danger list, è stata sede di una importante capitale islamica che regnò sulle provin-ce dell’impero Abbasida e che si estendeva dalla Tunisia all’Asia centrale. La città, situata sulle rive del Tigri, 130 chilometri a nord di Baghdad, rappresenta una testimo-nianza di innovazioni architetturali ed artistiche sviluppa-tesi nell’area e diffuse in altre regioni del mondo islamico e non solo. La grande moschea (IX secolo) è solo uno dei numerosi monumenti di grande valore del sito.

15) L’Opera House di Sydney - AUSTRALIA (criterio 1) Inaugurata nel 1973, l’Opera House di Sydney fa parte delle principali opere architettoniche del XX secolo. Unisce diverse correnti innovative sia per forma architettonica che per con-cezione strutturale, integrandosi in un bellissimo paesaggio costiero nella punta della penisola del porto di Sydney. L’Opera è composta da tre gruppi di conchiglie “coperte con un soffito a volta e intrecciate”. L’edificio, accessibile a tutti, è stato pro-gettato dal danese Jorn Utzon e ha avuto una grande influenza sull’architettura mondiale.

16) Le incisioni rupestri della regione di Twyfelfontein - NAMIBIA (criteri 3,5) Il sito si caratterizza per le sue straordi-narie concentrazioni di sculture su rocce. Più di duemila figure sono state ritrovate fino ad oggi. La maggior parte delle opere ritrae rinoceronti, elefanti, struzzi, giraffe e impronte di passi di uomini e animali. L’iconografia suggerisce che l’arte rupestre

il Carso di Libo, di Shilin e Wulong. Tra i fenomeni naturali eccezionali le foreste di pietra di Shilin, la foresta di Naigu e di Suyishan. I paesaggi sono assolutamente peculiari nel loro genere e incantevoli.

21) Il Parco Nazionale della Teide - SPAGNA (criteri 7,8) Situato nell’isola di Tenerife, il parco di Teide è stato iscritto come testimonianza dei processi geologici che hanno caratterizzato l’evoluzione delle isole oceaniche. Il sito si estende per 18.990 ettari e comprende lo strato-vulcano del Teide-PicoViejo, punto culminante della Spagna. Alzandosi a circa 7.500 metri dal fon-do oceanico, è la terza struttura vulcanica più alta del mondo. L’eccezionale paesaggio e le peculiari condizioni atmosferiche danno al paesaggio colori in perpetuo cambiamento.

22) L’ecosistema e paesaggio culturale di Lopé-Ogan-

da - GABON (criteri 3,4,9,10) Il sito è stato iscritto come misto “culturale-naturale” ed è il primo del Gabon. L’area presenta una inusuale interfaccia tra una foresta tropicale densa e ben con-servata e un ambiente di savana che accoglie un largo ventaglio di specie tra cui mammiferi in via d’estinzione. Presenti nel sito anche tracce di passaggi di diversi popoli che hanno lasciato residui di villaggi, di attività e di vestigia di arte rupestre.

Note

1 Iscritto nella WHL nel 19942 Per una descrizione dettagliata dei criteri Unesco si

veda l’articolo di A. Tebaldi “Dieci criteri per quaranta mera-viglie” in «Siti», anno I, numero 2, ott/dic 2005

31ST WORLD HERITAGE COMMITTEE SESSION31ST WORLD HERITAGE COMMITTEE SESSION

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Tra i 5.786 beni storico artistici della Diocesi di

Assisi, finora schedati nel-l’ambito di un progetto di in-ventariazione informatizzata

quanto mai opportuno, as-sommano a ben 1.742 quel-

li che risultano appartenenti alla Parrocchia e al Capitolo della Cattedrale di San Ru-fino martire (+ nell’anno 235 dopo Cristo), primo

vescovo, evangelizzatore e patrono della città.

Si tratta di un patrimonio veramente prezioso che attira, anche dall’estero, stu-diosi di storia, specialisti di paleografia, uni-

versitari impegnati nella stesura delle proprie tesi di laurea che trovano in questo imponen-te giacimento documentale (pergamene ultramillenarie, codici liturgici, catasti, edi-

zioni rare) le notizie che loro interessano. Spesso lo stato di

conservazione appare degradato e, malgrado un recente quanto provvidenziale intervento di accurata spolveratura, per al-cuni esemplari si rischia un danneggiamento irreversibile connesso all’usura del tempo e alle variazioni termoigrometriche, difficil-mente evitabili in locali vetusti, ancorché at-tualmente ben arieggiati e dotati di moderna impiantistica di sicurezza.

Si giustifica quindi l’impiego di risorse pubbliche specificamente finalizzate alla conservazione e tutela di questi beni; ma gli interventi necessari sono talmente numero-si da richiedere la collaborazione di privati (soggetti singoli o collettivi) che includono nelle rispettive finalità questo nobile sco-po. In questa ottica si colloca una recente iniziativa del Rotary che, in occasione della

sua visita ufficiale al Club di Assisi , ha vi-sto il cav. Luciano Pierini, Governatore del Distretto Rotary (2090) – che comprende Abruzzo, Marche,Molise, Umbria e Albania – riconsegnare alla cattedrale di Assisi, e per essa al Priore del Capitolo mons. Oscar Bat-taglia, due preziosi “codici” membranacei restaurati dalla Ditta SAM Restauro di Fiano Romano secondo il progetto avviato con-giuntamente da Gino Costanzi (Prefetto del Club) e da Francesco Santucci, responsabile dell’Archivio, ed approvato e verificato dalla Sovrintendenza Archivistica dell’Umbria.

L’evento ha assunto particolare solenni-tà per la prestigiosa cornice della Sala della Conciliazione, sede protocollare del Palazzo Municipale, e per la presenza dell’Arcivesco-vo mons. Domenico Sorrentino e del Sinda-co Claudio Ricci i quali, dai rispettivi punti di vista, hanno manifestato vivo apprezzamen-to per l’iniziativa assunta, che si configura come confortante segno di sensibilità rivolto al patrimonio storico della comunità.

Infatti, con questo ulteriore segno di at-tenzione verso l’ingente giacimento cultura-le ed artistico della città serafica, il Rotary conferma la sua vocazione al “servizio” nei

confronti della comunità che, per merito di questo evoluto mecenatismo, recupera la piena fruibilità di due esemplari unici di arte libraria minuziosamente elencati dal canoni-co Don Mariano Dionigi (1880 – 1962) nel suo inventario manoscritto redatto nel 1955 -1956, rispettivamente ai numeri 1 e 13.

Il primo testo è un “Antifonario” di grandi dimensioni (cm 57 x 39) databile al secolo XIV, composto da 544 pagine impreziosite da eleganti iniziali in rosso e blu (i colori di Assisi) con arabeschi e da 19 codici miniati (di probabile attribuzione alla Scuola di Ode-risi da Gubbio e alla Scuola senese di San Gemignano) tra i quali spiccano la Natività, la Strage degli Innocenti, il Giudizio Uni-versale. La legatura con tavolette di cuoio nero e borchie di ferro è datata “adì, 11 di maggio 1613 – Io, Marco Guiducci, romano, relegai”. Il possesso del libro da parte del Capitolo di San Rufino può essere attestato almeno dal 1643, anno in cui era Maestro di Cappella don Timotello Timotelli da Gubbio che ha lasciato una sua traccia ben visibile sulla prima carta di guardia posteriore. La datazione risale invece ad un periodo com-preso tra la seconda metà del XIV

A S S I S I

UN IMPONENTE GIACIMENTO DOCUMENTALEA DISPOSIZIONE DELLA COMUNITÀ

I PREZIOSI CODICI DELL’ARCHIVIO DI SAN RUFINO

di PIO DE GIULI

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La Basilica Superiore

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Un carticolo

secolo e l’inizio del XV quando le grafie te-stuale e musicale (gotica rotunda italiana e notazione quadrata su tetragramma rosso) erano ormai standardizzate.

Attingendo a questo prezioso manufatto il padre Maurizio Verde, Ofm (Direttore del Coro dei Cantori di Assisi) ha cantato in purissimo “gregoriano”, insieme ad un confratello del suo Ordine, alcuni brani liturgici molto apprezzati dall’affollato uditorio che ha potuto rendersi meglio conto della finalità del testo e del modo in cui veniva utilizzato nelle celebrazioni comu-nitarie dai Canonici di San Rufino.

Il secondo volume è un “Messale a due colonne in rosso e nero, con iniziali sempli-ci, privo di miniature”, che risulta acquistato nell’anno 1338 per la Confraternita di Santo Stefano per interessamento di fr. Simone

d’Arquata – Visitatore – per il prezzo di 7 fiorini d’oro e 40 soldi, raccolto tra i con-fratelli e con il concorso di molti oblatori esterni, tutti elencati in un foglio aggiunto anteposto ai testi liturgici che occupano 247 fogli (per un totale di 494 facciate) in per-gamena del formato di cm. 22 x 30 tenuti insieme da una legatura in pelle con impres-sioni a secco. Erano appena sorte anche in Assisi (1316) fraternite di “Verberati”, cioè di persone che praticavano la flagellazione, volendo unire alla preghiera la mortificazio-ne e l’espiazione. Alla metà

del sec. XIV nel territorio urbano se ne conta-vano 11 e di queste la più antica era appunto la Confraternita di Santo Stefano, che si era dotata di “lectiones” per l’anno liturgico e di raccolte di preghiere in volgare assisano.

Nel corso della cerimonia di riconse-gna dei codici restaurati, è stato presen-tato dallo storico Attilio Bartoli Langeli un “quaderno” esplicativo di 60 pagine, contenente scrit ti di Mario Squadroni (So-vrintendente Archivistico dell’Umbria), di Rosella Martinelli (curatrice del restauro), di Fabrizio Mastroianni (musicologo) e di Francesco Santucci i quali hanno messo in luce l’importanza dell’intervento. Dalla pubblicazione, per gentile concessione degli editori, sono tratte le illustrazioni che corredano questo scrit to.

A S S I S I

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L’opera Climb at your own risk di Claude Closky nel cortile interno

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l MADRE di Napoli, all’anagrafe Museo d’ar te contemporanea Donnaregina, è uno straordina-rio esempio di spazio ar tistico pubblico che, per il contesto urbano in cui è inserito, diven-ta possibile luogo di riqualifi-cazione territoriale. Nasce nel

giugno 2005 secondo un proget to di re-cupero del palazzo Donnaregina firmato da Alvazo Siza. L’edificio, risultato delle stratificazioni storiche che hanno interes-sato tut to il quar tiere tra la fine del XVI ed il XVII sec., è costituito da due par ti: una costruita intorno al 1862, l’altra, di impianto probabilmente seicentesco, for-temente trasformata alla fine del XIX sec. Il complesso presenta una composizione formale elegante e molto carat teristica dell’edilizia napoletana della seconda metà dell’Ot tocento. 8.000 mq su cui il maestro por toghese ha operato tramite un lavoro di “sot trazione”, di sensibile rispet to degli ambienti e dei materiali originari da godere però con nuove interpretazioni. All’interno, per tut ti i piani, è stata ripristinata la se-quenza - ideale per un percorso espositi-vo - di stanze regolari disposte intorno al cor tile. Al piano terra è stata realizzata una grande sala polifunzionale per esposizioni o at tività culturali varie, nascosta alla vi-

sta esterna perché ricavata al di sot to del cor tile assecondando i dislivelli esistenti e scavando in una piccola porzione di super-ficie. Una grande cura è stata posta nello studio dell’illuminazione, degli impianti e delle soluzioni di det taglio dove l’architet-to, cerca di scomparire il più possibile alla vista in modo da lasciare visibilità solo alle opere degli ar tisti. Con l’estate 2007 sono infine stati aper ti al pubblico gli ultimi spa-zi del Museo: il ristorante, il wine bar e gli ambienti espositivi del secondo cor tile e nell’adiacente Chiesa Donnaregina appena restaurata.

Nei primi due anni di at tività, con il pas-saggio di 53.000 visitatori nel solo 2006, il MADRE gestito dalla SCABEC S.p.A., so-cietà campana per i Beni Culturali, ha pro-posto un programma espositivo molto in-tenso. Mostre personali dedicate ad ar tisti italiani e internazionali - Jannis Kounellis, Bruce Nauman in collaborazione con la Tate di Liverpool, Vedovamazzei, Rachel White-read trasferita in seguito al CAC di Malaga, Marisa Merz, Piero Manzoni, – così come omaggi ad ar tisti emergenti, nel panorama italiano, come Claude Closky o affermati quali Antony Gormley e Mimmo Paladino i quali sono stati invitati a proporre instal-lazioni site-specific per l’imponente cor tile interno del MADRE.

M U S E I I T A L I A N I

UN MUSEO FORTEMENTE RADICATONELLA STORIA CULTURALE DI NAPOLI

DI “MADRE” CE N’È UNO SOLOdi ILARIA MAGGI

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UN’OPPORTUNITÀPERINCONTRAREL’ARTECONNATURALEZZA

di EDUARDO CICELYN • Direttore del MADRE

Non volevamo un museo bello e impossibile in periferia. Donnaregi-na è fondato sulle mura greche. E’ a 50 metri dalla stazione della metropolitana di piazza Cavour. A 100 metri dal Duomo. A 200 dal

Museo Nazionale. E’ nell’itinerario del turismo internazionale. E intorno c’è la vita vera della città. Alvaro Siza ha dato anima e corpo a un palazzo storico, tormentato dal degrado e dagli abusi perpetrati nei secoli e nei decenni scorsi. Il tocco discreto del grande maestro è visibile a chi sa leggere l’architettura, e infatti ciò che veramente conta nel Museo Madre è la perfetta distribuzione dei percorsi attraverso i quali il pubblico è condotto con semplicità a incontrare le opere senza alcun inciampo visivo, con perfetta naturalezza. Che cos’è il MADRE? Uno spazio molto grande per l’arte contemporanea, articolato e flessibile, tecnologicamente adeguato alle attuali esigenze espositive. I contenuti del Madre sono già piuttosto noti. Nasce con un’idea dell’arte contemporanea fortemente radicata nella storia culturale di Napoli. La vocazione del Madre è di fornire un supporto di conoscenza serio e rigoroso alle giovani generazioni, ai collezionisti e a tutti gli appassionati di arte contemporanea. La politica espositiva del MADRE non intende spettacolizzare gli eventi, cerca invece di cogliere gli elementi di continuità e di sviluppo e anche i conflitti che muovono il mondo dell’arte contemporanea, seguendo una logica di studio e di confronto tra proposte diverse, anche le più innovative e giovanili.

La sala di Mimmo Paladino

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UNMUSEOCONDEINUMERI

8000 mq di superficie complessiva (aree espositive, cortili, ser-vizi biglietteria, didattica, bookshop, ristorante, bar, uffici,

depositi e locali tecnici); 500 mq di cortile per l’esposizione di grandi instal-lazioni; 400 mq di cortile occupato da un servizio bar; 4500 mq di spazi espositivi su 4 livelli; 11 sale al primo piano (opere permanenti di France-sco Clemente, Luciano Fabro, Jeff Koons, Anish Kapoor, Mimmo Paladino, Jannis Kounellis, Rebecca Horn, Giulio Paolini, Richard Serra, Sol Lewitt, Richard Long); 18 sale al secondo piano con oltre 100 opere in prestito a tempo indeterminato concesse dai maggiori collezionisti italiani e stranieri (opere di Carl Andre, Carlo Alfano, Giovanni Anselmo, John Baldessari, Georg Baselitz, Bernd & Illa Becher, Joseph Beuys, Domenico Bian-chi, Ashley Bickerton, Alighiero Boetti, Alberto Burri, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Hanne Darboven, Gino de Dominicis, Luciano Fabro, Dan Flavin, Lucio Fontana, Gilbert & George, Dou-glas Gordon, Andreas Gursky, Peter Halley, Richard Hamilton, Damien Hirst, Donald Judd, Anish Kapoor, Anselm Kiefer, Yves Klein, Jeff Koons, Joseph Kosuth, Jannis Kounellis, Sol LeWitt, Roy Lichtenstein, Richard Long, Nino Longobardi, Piero Manzoni, Robert Mapplethorpe, Mario Merz, Marisa Merz, Robert Morris, Bruce Nauman, Claes Oldenburg, Luigi Ontani, Mimmo Paladino, Giulio Paolini, Giuseppe Penone, Gianni Pisani, Michelangelo Pistoletto, Robert Rauschenberg, Gerhard Richter, Thomas Ruff, Mario Schifano, Richard Serra, Julian Schnabel, Cindy Sherman, Haim Steinbach, Thomas Struth, Antoni Tapies, Ernesto Tatafiore, Cy Twombly, Bill Viola, Jeff Wall, Andy Warhol e Gilberto Zorio).

Le opere di Anish Kapoor e Francesco Clemente

Le opere di Damien Hirst, Douglas Gordon e Gilbert&George

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Il Museo MADRE ha inoltre aderito a diverse iniziative in collaborazioni con enti territoriali quali il Comune, gli Asses-sorati, le Soprintendenze, le gallerie e le istituzioni par tenopee. Ha par tecipato ad appuntamenti cit tadini quali la notte bian-ca, ha ospitato in accordo con il Teatro Mercadante il debut to in anteprima asso-luta dell’operazione teatrale Good Body di Eve Ensler, ha organizzato, in occasione della manifestazione “Civiltà delle donne”, patrocinata dall’Assessorato regionale alle Pari Oppor tunità, la let tura delle poesie di

Patrizia Cavalli e l’esposizione di un nucleo delle celebri sculture Madri Di Capua pre-state dalla Soprintendenza Archeologica delle Province di Napoli e Caser ta. Non da ultimo il Museo at tualmente è diventato set ting per la riprese di un film di Marinella Senatore con la collaborazione, per le sce-nografie, degli studenti dell’Accademia di Belle Ar ti di Napoli. Un ruolo at tivo, quello del MADRE, di contenitore di eventi grazie ai suoi eleganti e molteplici spazi, ma an-che di istituzione par tecipe e propositiva per l’at tività culturale della cit tà.

M U S E I I T A L I A N I

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lberobello, una città sin-golare, ormai famosa in tutto il mondo per i suoi trulli, ha una storia, al tempo stesso, relativa-mente recente, quanto alla sua nascita, che ri-

sale alla seconda metà del XV secolo, eppu-re antichissima riguardo alle origini delle sue caratteristiche costruzioni a trullo. Se è vero infatti che fu il Conte di Conversano Andrea Matteo D’Acquaviva, feudatario di questo ter-ritorio della Murgia sud-orientale, ad inviare i primi coloni intorno al 1487 in quella che in al-cuni documenti medievali era definita ”Silva aut nemus arboris belli” allo scopo di disboscare, dissodare e rendere coltivabili terre all’epoca completamente boschive, e che questi originari abitanti/contadini, utilizzando la pietra calcarea locale, cominciarono a costruire i primi trulli in pietra a secco, direttamente sulla roccia, senza fondamenta, con la base tondeggiante o squa-drata e con il tetto a forma di cono ricoperto dalle ”chiacarelle” giustapposte una sull’altra fino alla chiusura del cono sormontato dal “pinnacolo”, è altrettanto vero che questi primi coltivatori, artigiani, ma anche architetti senza laurea, si ispirarono, per realizzare le loro abi-tazioni/ricovero, ad un modello costruttivo che ha origini antichissime in tutta l’area del Medi-terraneo. La più antica costruzione a forma di cono è certamente la tomba di Atreo a Micene XII sec a.C., detta appunto “Tholos” (cupola),

che secondo alcuni linguisti è anche l’etimo originario da cui si parte per arrivare al termine attuale “trullo”, secondo un processo di evolu-zione linguistica che dal greco antico “tholos”, al tardo greco “torullos”, al latino “trullus”, si conclude con l’italiano “trullo”. Conosciuti poi, sono i famosi trulli della Cappadoccia in Tur-chia, ed abitazioni, o comunque, costruzioni abbastanza simili ai nostri trulli sono presen-ti in diverse aree del Mediterraneo dall’Africa settentrionale alla Spagna e Francia meridio-nale per non parlare delle tipiche “specchie” salentine. I trulli, d’altra parte, nella Murgia sud-orientale sono diffusissimi sotto forma di insediamenti sparsi rurali, mentre l’unico agglomerato urbano completamente a trulli nacque e si sviluppò tra il XVI ed il XVIII secolo soltanto sul doppio crinale della selva di Albe-robello nel Rione Monti e nell’Aia piccola, dove sono conservati ancora oggi circa 1400 trulli, tutelati dall’UNESCO quali Patrimonio mondiale dell’umanità. Fino al Maggio del 1797, essen-do questo borgo rurale di proprietà feudale dei Conti di Conversano, fu possibile costruire so-lamente abitazioni a forma di trullo in pietra a secco, facili da demolire e ricostruire, anche e soprattutto per evitare che il feudatario si as-soggettasse alla “Prammatica de Baronibus”, legge fiscale del Regno di Napoli. In questi due secoli di dominio feudale la comunità selvese,

sia pure in condizioni di estrema oppressione politica e socio-economica crebbe fino a rag-giungere i circa 3200 abitanti.

Il 27 Maggio del 1797 finalmente ottenne la liberazione dalla servitù feudale e fu procla-mata città libera a tutti gli effetti con Decreto del Re Ferdinado IV di Borbone. Fu costruita la prima civile abitazione non più a secco e non solo a trullo, la “Casa D’Amore” prima sede del Consiglio Comunale, si avviò la discussione sul nome della nuova città e tra “Ferdinandi-na”, in onore del Re ed Alberobello dal topo-nimo originario latino “arbor belli”, si scelse quest’ultimo, si liberarono le energie sociali e produttive della comunità che soprattutto nel secolo successivo vide un notevole sviluppo demografico, socio-economico, culturale, re-ligioso, intorno al culto dei S.S. Medici Cosma e Damiano, territoriale, con l’annessione dei circa 2000 ettari della Coreggia e del versan-te sud del Canale delle Pile, meglio noto come Canale di Pirro.

Il 1900 è stato prevalentemente il secolo della scoperta da parte degli esperti, dei viag-giatori, dei letterati e quindi delle Autorità sta-tali del pregio e dell’inestimabile valore storico artistico monumentale e culturale dei trulli di Alberobello. Già nel 1915 e poi nel 1930 furono decretati i primi vincoli di tutela, nel 1939 infine i trulli del rione monti e dell’Aia pic-

A L B E R O B E L L O

IL RICONOSCIMENTO UNESCO,UN PUNTO DI ARRIVO,MA ANCHE DI PARTENZA

DI TRULLO IN TRULLO,ALLA SCOPERTA DI ARBOR BELLI

di BRUNO DE LUCASindaco di Alberobello

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cola furono vincolati dalla legge sulle bellezze monumentali, la gran parte del centro urbano fu perimetrato dal vinco-lo paesaggistico. Nel secondo dopo-guerra anche Alberobello, come tutte le città dell’Italia meridionale subì un processo di forte emigrazione verso il Nord, l’Europa, le Americhe, che inizial-mente impoverì l’economia, prevalen-temente agricola del paese, negli anni 60 e 70 determinò, grazie alle rimesse degli emigranti, da un lato una ripresa dei vari settori produttivi, dall’altro un progressivo e disordinato sviluppo edi-lizio a danno dei trulli e della loro tutela. Negli anni ‘80 l’approvazione del Piano regolatore generale, del prontuario del Restauro, di una serie di Piani di Re-cupero, ma sopratutto una lenta, ma

definitiva maturazione nella coscien-za collettiva degli alberobellesi, della necessità oltre che dell’opportunità di considerare i trulli una inestimabile risorsa storica, artistica e culturale, hanno consentito alla città di proget-tare e realizzare una strategia di tute-la e valorizzazione del suo patrimonio anche ai fini dello sviluppo turistico. Il riconoscimento UNESCO del 1996 è nel contempo un punto di arrivo, ma an-che di partenza per una città che offre qualità della vita, cultura, bellezze mo-numentali e paesaggistiche, prodotti tradizionali della terra e dell’artigianato, infrastrutture turistiche adeguate per le centinaia di migliaia di visitatori, il 20% stranieri, che ogni anno scelgono Albe-robello e la magia dei suoi trulli.

A L B E R O B E L L O A L B E R O B E L L O

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Resti di colonne a Torre Melissa

Reperti archeologici recuperati

l Comando Carabinieri Tutela Pa-trimonio Culturale è stato istituito nel 1969, precedendo in tal modo di un anno la Convenzione UNESCO di Parigi del 1970, con la quale si invitavano tra l’altro gli Stati Mem-bri ad adottare le opportune misure

per impedire l’acquisizione di beni illecitamente esportati e favorire il recupero di quelli trafuga-ti, nonché a istituire uno specifico servizio a ciò finalizzato.

Inserito funzionalmente nell’ambito del Mi-nistero per i Beni e le Attività Culturali, svolge compiti concernenti la sicurezza e la salvaguar-dia del patrimonio culturale nazionale, attraver-so la prevenzione e la repressione delle molte-plici attività delittuose in materia.

Il particolare settore è un comparto di spe-cialità che è stato affidato all’Arma, a conferma di un ruolo-guida già assunto da tempo, con De-creto del Ministero dell’Interno del 12 febbraio 1992; con successivo Decreto del 26 aprile 2006, il medesimo Dicastero ha confermato il ruolo di preminenza attribuito all’Arma, a con-ferma di un ruolo-guida già assunto da tempo, con ciò individuando il Comando CC T.P.C. qua-le polo di gravitazione informativa e di analisi a favore di tutte le Forze di Polizia.

Articolato a livello centrale in un Ufficio Co-mando, organo di staff, e in un Reparto Opera-

tivo e a livello territoriale in 12 Nuclei con com-petenza regionale o interregionale, nel tempo si è costantemente aggiornato per contrastare le aggressioni criminali e si è dotato, fin dagli anni ’80, di un potente strumento di ausilio alle indagini di polizia giudiziaria: la “Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti”, prevista anche dall’art. 85 del Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, che contiene informazioni sui beni da ricercare di provenienza sia italiana sia estera ed informazioni circa gli eventi delit-tuosi collegati.

Oggi, tale efficace strumento è stato im-plementato per consentirne un più versatile utilizzo, sia sotto il profilo operativo e di analisi investigativa sia sotto quello della interoperabi-lità con altri istituti, quali le Soprintendenze e gli Uffici Esportazione, che potranno consultare

alcuni campi del database e pertanto usufruire di un più ampio e specifico servizio.

L’implementazione sarà altresì funzionale a una migliore fruibilità da parte dei cittadini e della associazioni di categoria. Del resto, già adesso, nelle pagine web del sito internet istitu-zionale, www.carabinieri.it, raggiungibile anche attraverso il sito del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, oltre a una cospicua raccolta dei beni culturali da ricercare, sono anche pre-senti alcuni “consigli” per orientare i cittadini, in particolare che cosa fare per evitare di in-correre nell’acquisto di opere rubate o falsifi-cate, ovvero in caso di ritrovamento di reperti archeologici o di subito furto. Inoltre, attraverso un link delle pagine web dedicate al Comando, è possibile “scaricare” l’Object ID, un sempli-ce modulo che, opportunamente compilato dai

singoli possessori con la dettagliata descrizio-ne di beni d’arte, può essere estremamente utile in caso di furto, poiché permette l’agevole in-formatizzazione del bene sottratto nella Banca Dati, in modo da favorire la costante compara-zione con quanto giornalmente sia oggetto di controllo.

Con specifico riguardo alle attività di natura preventiva, il Comando Carabinieri Tutela Patri-monio Culturale, con la collaborazione di perso-nale dell’Arma territoriale e, secondo le caratte-ristiche geografiche delle zone, del Reggimento a Cavallo, del Raggruppamento Aeromobili Carabinieri e del Servizio Navale dell’Arma, pia-nifica e coordina periodiche attività di monito-raggio in tutto il territorio nazionale, nelle aree caratterizzate da insediamenti archeologici ove risulta una maggiore presenza di scavi

I S T I T U Z I O N I

GLI “ANGELI CUSTODI” DEI BENI CULTURALI DEL NOSTRO PAESE

UN PATRIMONIO DA DIFENDERE “FEDELMENTE NEI SECOLI”

A cura del Comando CC Tutela Patrimonio Culturale

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Il cantiere edile di Torre Melissa

Il “bottino” di una recente operazione

clandestini. Nel tempo il monitoraggio ha permesso di

individuare località particolarmente sensibili allo scavo illecito, consentendo di contener-ne il fenomeno. Inoltre, la collaborazione con funzionari delle competenti Soprintendenze del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Consiglio Nazionale delle Ricerche, che par-tecipa con continuità con proprio personale a bordo di velivoli e mezzi dell’Arma, consente lo sviluppo di studi di valore scientifico nei settori archeologico, cartografico e topografico, attra-verso l’acquisizione dei dati riscontrati.

L’efficacia di tali attività preventive si è evi-denziata ad esempio nel corso di una recente operazione dei Carabinieri per la Tutela del Pa-trimonio Culturale che, nel corso dell’anno, ha portato alla scoperta di un tempio dorico-ioni-co di età ellenistica nella provincia di Crotone. Venuti a conoscenza del fatto che un’impresa edile, che stava realizzando un complesso tu-ristico-residenziale, aveva casualmente rinve-nuto nel corso degli scavi di cantiere resti di

una testimonianza della civiltà magnogreca, fino ad allora sco-nosciuta, senza interrompere i lavori di sbancamento e coper-tura, i militari del Nucleo TPC di Cosenza ponevano la loro attenzione ai cantieri di quella provincia, che, con metodo, ve-nivano sorvolati nell’intento di localizzare il sito.

Nel mese di giugno 2007, in Torre Melissa (Crotone), du-rante uno dei servizi di controllo svolti in collaborazione con mi-

litari dell’Arma territoriale e con la cooperazione aerea del personale dell’8° Nucleo Elicotteri di Vibo Valentia, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Crotone, venivano indi-viduati in un locale villaggio turistico oltre 50 reperti di varia natura (colonne, capitelli, mo-saici e frammenti vari) risalenti al IV - III secolo a.C., successivamente sottoposti a sequestro, e, a seguito di ulteriori servizi disposti nel-l’immediatezza, era infine possibile individuare l’area nella quale insisteva il cantiere edile da cui provenivano i reperti. In loco i Carabinieri, unitamente agli archeologi della Soprintenden-za della Calabria, rilevavano il sito archeologi-co, rinvenendovi anche frammenti di ceramica dipinta, e, nelle adiacenze, una discarica nella quale cospicuo materiale lapideo (anche di grandi dimensioni) era stato depositato dopo lo scavo, per essere successivamente utilizzato in altri contesti.

I primi accertamenti sul luogo permettevano agli archeologi di riconoscere “… una struttura templare probabilmente di tipo dorico-ionico di

eccezionale interesse storico-artistico”.La scoperta è stata giudicata estremamen-

te importante, in ragione della rarità in quella zona degli edifici di epoca Brettea, soprattutto sacri, anche perché le ragguardevoli dimensioni dello scavo fanno presupporre che la struttura in evidenza possa essere solo una parte di un più ampio sito archeologico, per l’esatta deter-minazione del quale dovranno essere compiuti specifici sondaggi.

Due persone sono state segnalate in stato di libertà all’Autorità Giudiziaria per i reati di danneggiamento e illecito impossessamento di beni archeologici e per omessa segnalazio-ne del rinvenimento, mentre il cantiere edile è stato sottoposto a sequestro, con l’immediato

fermo dei lavori, che, se ulteriormente protratti, avrebbero causato la definitiva distruzione del-l’intero sito.

Quanto precede è solo un esempio, fra i tanti possibili, di quanto sia importante il lavoro diutur-namente svolto da questi Carabinieri specializzati, d’intesa con le altre articolazioni dell’Arma, e, per altro verso, di quanto sia importante la stretta collaborazione con le strutture Centrali e territo-riali del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, laddove la competenza professionale degli uni e delle altre convive con la passione e l’impegno dei singoli, nella comune consapevolezza che la salvaguardia del patrimonio culturale rappresen-ta, in ultima istanza, la salvaguardia della nostra identità storica.

I S T I T U Z I O N I I S T I T U Z I O N I

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Vetrina della sezione archeologica

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Esterno di Casa Zapata

arumini è un piccolo paese della Sardegna ricco di un immenso patrimonio culturale, basti pensa-re al complesso nuragico di “Su Nuraxi” che dal 1997 è entrato a far parte del patrimonio mondiale dell’UNESCO.

Il 29 luglio del 2006 è stato inoltre inaugurato il “Polo Museale di Casa Zapata” costituito da tre sezioni: archeologica, etnografica e storica.

La particolarità di “Casa Zapata” consiste nella

presenza di un edificio secentesco che poggia sui ruderi di un nuraghe complesso chiamato “Nuraxi ‘e Cresia”, ciò crea uno spettacolo unico e un immenso stupore nel visitatore che rimane affascinato da tale bellezza.

In seguito agli scavi condotti negli anni ’50 dal prof. Giovanni Lilliu a “Su Nuraxi”, a Barumini è sempre ri-masto vivo il desiderio di creare un luogo che potesse ospitare i materiali rinvenuti, e “Casa Zapata” doveva quindi ricoprire la funzione di custodire, far conoscere e valorizzare tali beni.

Nel 1990, ignari del tesoro che “Casa Zapata”

custodiva al suo interno, si iniziarono i lavori finalizzati alla realizzazione del progetto di musealizzazione, lavori che furono subito interrotti in quanto sotto le strutture del palazzo vennero alla luce le vestigia di un imponente nuraghe.

Nel corso degli anni si sono susseguite numero-se campagne di scavo, tuttora in corso, e si è portato avanti un progetto museale che ha cercato di salva-guardare e di non snaturare l’edilizia del palazzo e allo stesso tempo di rendere fruibile la visione del comples-so nuragico dall’alto, tramite un sistema di passerelle sospese e di pavimenti trasparenti.

“Casa Zapata” prende la sua denominazione dalla nobile famiglia aragonese degli Zapata, che giunse in Sardegna al seguito dell’Infante Alfonso.

Nel 1541 gli Zapata ricevettero in concessione la baronia di Las Plassas, Barumini e Villanovafranca e la amministrarono fino alla soppressione del regime feudale.

Gli Zapata istituirono a Barumini la loro sede baro-nale e tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo rea-

lizzarono il loro palazzo, cioè “Casa Zapata”, che venne costruita secondo il modello classicista imposto da Filippo II e con forma e stile imitanti l’altro palazzo degli Zapata ubicato a Cagliari.

La costruzione presenta una planimetria ad L ed è articolata su due piani, si accede al piano superiore tramite una scala esterna.

All’interno del timpano del portale è scolpito lo stemma degli Zapata: tre o cinque calzari, di antica fog-gia spagnola, a scacchi dorati e neri, rappresentati in uno scudo su campo vermiglio.

Il corpo architettonico principale ospita la sezione archeologica e ad esso si addossano gli ambienti di pertinenza agricola, che ospitano la sezione etnografica e la sezione storica.

Innanzi a “Casa Zapata” è ubicata la Parrocchia della Beata Vergine Immacolata, che rivela forma tar-do-gotica semplificata e al cui interno è presente lo stemma degli Zapata.

Il complesso nuragico, utilizzato come fondamen-ta del palazzo secentesco, a causa della sua

B A R U M I N I

DOPO UN SOLO ANNO DI APERTURAÈ GIÀ UNO DEGLI SPAZI ESPOSITIVI PIÙ VISITATI DELLA SARDEGNA

CASA ZAPATA, UN MUSEOCHE “POGGIA” SULLA STORIA

di TIZIANA SERRA

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Veduta Nuraxi ‘e Cresia

vicinanza con la Parrocchia e per questo è stato battez-zato dal prof. Giovanni Lilliu “Nuraxi ‘e Cresia”.

“Nuraxi ‘e Cresia” è un nuraghe complesso triloba-to, costituito da una torre centrale attorno alla quale si dispongono tre torri perimetrali raccordate da cortine rettilinee.

Per la sua costruzione vennero impiegati blocchi poligonali, in marna locale, di grandi dimensioni, dispo-sti secondo filari orizzontali.

Essendo tuttora gli scavi in corso si possono solo ipotizzare le tappe dell’articolazione cronologica del monumento: ad un primo momento si colloca la co-struzione del mastio, nella seconda fase delle due torri e della cortina di raccordo, e infine nella terza fase della torre di perimetro ad ovest.

Sono inoltre ancora ben visibili le tracce dell’ante-murale e del villaggio nuragico.

Si pensa quindi che la fase di vita più intensa che ha coinvolto il complesso nuragico si possa collocare tra il 1200 e il 1000 a.C.

Nella sezione archeologica del “Polo Museale” oltre al nuraghe si possono ammirare le vetrine contenenti i manufatti della civiltà nuragica.

Sono presenti oltre 180 pezzi, la maggior parte dei quali sono stati restaurati nel laboratorio di restauro di reperti archeologici, aperto due anni fa a Barumini per iniziativa dell’amministrazione comunale.

In origine all’interno del “Polo Museale” era presen-te un percorso didattico legato al restauro dei reperti ar-cheologici che a breve verrà ripristinato nella struttura.

Nella teca della sala d’ingresso del primo piano compaiono dei manufatti ceramici di “Nuraxi ‘e Cresia” che testimoniano la lunga frequentazione dell’edificio dall’epoca nuragica a quella romana ed alto-medieva-le, fino ad arrivare al periodo giudicale e infine a quello aragonese.

Gli altri materiali presenti invece sono stati rinve-

nuti a “Su Nuraxi” in seguito agli scavi condotti dal prof. Giovanni Lilliu, e dopo essere stati studiati e restaurati sono stati collocati anch’essi a “Casa Za-pata”.

In un’altra sala del primo piano i materiali sono presentati seguendo un criterio tipologico, mentre nella prima sala del secondo piano le cinque vetrine offrono una sintesi diacronica della storia di “Su Nu-raxi” articolata nelle cinque fasi cronologiche identifi-cate dal prof. Giovanni Lilliu.

Infine nella seconda e nella terza sala del secon-do piano sono riproposti alcuni contesti significativi di capanne del villaggio di “Su Nuraxi”; dalla “curia 80” proviene il modellino di un nuraghe monotorre in calcare.

Alle pareti sono posti dei pannelli che offrono un quadro generale delle risorse archeologiche, della ci-viltà nuragica, presenti in Sardegna e che permettono al visitatore di avere una visione più completa.

La sezione storica del “Polo Museale” narra la storia vissuta dalla famiglia Zapata e i suoi rapporti con la popolazione di Barumini.

Si deve a Lorenzo Ingarao Zapata di Las Plassas la cospicua documentazione riguardante la parte più antica e rilevante dell’archivio di famiglia, che l’ammi-nistrazione di Barumini ha provveduto a digitalizzare.

All’interno di questa sezione sono presenti docu-menti in originale, riproduzioni, vecchie fotografie ed oggetti, suddivisi in settori tematici, che fanno riemer-gere la storia di questo casato fin dai primi anni in cui giunsero in Sardegna.

Nei documenti esposti sono presenti notizie re-lative al cursus honorum dei primi baroni, all’eredita-rietà delle cariche, agli stipendi e ai privilegi ad essi connessi, alla vita quotidiana dei baroni a Cagliari e a Barumini, alla comunidad de Baruminy, ai suoi rap-porti col feudatario e alle controversie dovute all’in-

sostenibile fiscalismo che rendeva molto difficile la misera vita dei contadini e dei pastori.

Di particolare rilevo sono i documenti relativi al momento del riscatto del feudo, avvenuto nel 1839, e quelli riguardanti i ricordi di famiglia degli ultimi baroni Lorenzo e Concettina.

Nella sezione etnografica sono riproposti utensili, molti dei quali utilizzati fino a non molti anni fa, e al-cuni impiegati ancora oggi nella vita quotidiana e in quella lavorativa.

Sono oggetti prodotti artigianalmente con mate-riali poveri come il legno, il ferro, la pelle, la stoffa, il giunco, il fieno, la terracotta e il vetro.

La produzione di tali oggetti richiedeva una ma-nualità tramandata di generazione in generazione che rischia di essere dimenticata, pertanto questa sezione

vuole preservare tali saperi almeno in forma di me-moria.

La sezione etnografica ospita al suo interno uno spazio riservato alle launeddas, tipico strumento musi-cale sardo realizzato con le canne.

Dopo un solo anno di apertura “Casa Zapata” risul-ta uno dei musei più visitati della Sardegna, ciò è una grande fonte d’orgoglio per l’intera popolazione e per l’amministrazione che ha fortemente creduto in questo progetto.

Il “Polo Museale” e “Su Nuraxi” sono gestiti dalla “Fondazione Barumini Sistema Cultura” dove lavorano oltre 30 ragazzi del posto, questo è un dato molto si-gnificativo per un paesino di 1400 abitanti che sta cer-cando di investire le proprie risorse sul suo patrimonio culturale.

B A R U M I N IB A R U M I N I

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Roma, Musei Capitolini

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uando si affronta il tema della produ-zione di oggettistica per i musei ed i beni culturali - come ha fatto Fonda-zione Fitzcarraldo, in collaborazione con la Regione Piemonte, dedicando al tema anche un convegno nell’otto-bre 20061 - ci si confronta con un in-sieme di esperienze di segno positivo

o negativo, che formano nel nostro Paese un quadro già piuttosto consolidato. Peraltro i dati conoscitivi disponi-bili sono, come noto, pochi.

I dati raccolti dal Ministero BAC circa il fatturato dei negozi-librerie nei musei

statali sono aggregati, senza di-stinguere tra og-

gettistica e produzioni editoriali e ancor meno tra diverse tipologie di oggetti. Non è, quindi, possibile confrontare le vendite delle diverse categorie merceologiche ed avere un quadro definito degli articoli più graditi e smerciati2.

Le testimo- nianze più utili in proposi-to le forniscono i concessionari, che testimoniano, salvo eccezioni3, andamenti

non fatti eseguire appositamente a rischio d’impresa.A fronte dell’esperienza decennale che data dal-

l’attivazione dei servizi aggiuntivi nei musei statali e dalla paral-lela diffusione dei punti vendita negli altri musei pubblici e privati, sembra che per quanto riguarda la produzione e la

commer-cializza-

zione

medi nettamente favorevoli ai prodotti editoriali. Questi ultimi concorrono a produrre, in generale, oltre il 50% del fatturato del negozio, attestandosi più spesso intorno al 60 - 70%, mentre l’oggettistica concorre per circa un terzo.

Le ragioni sono, chiaramente, molte, prima fra tutte la responsabilità del punto vendita, che di nor-ma, nelle ATI aggiudicatarie delle concessioni sta-tali, spetta all’editore, più interessato e attrezzato per la produzione e la vendita di prodotti librari che di altre tipologie di oggetti. Questi ultimi non fan-no, inizialmente, parte del magazzi-no del libraio-editore e devono essere reperiti sul merca-

to, se

L ’ A N A L I S I L ’ A N A L I S I

IL MERCHANDISING PER I MUSEI ED I BENI CULTURALI

Souvenir d’Italiedi NICOLETTA GAZZERI

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Pisa

50 annoterzo•numeroquattro•ott/dic2007www.sitiunesco.it

di oggettistica le visioni si siano diversificate e divaricate fino ad esiti singolarmente contraddittori.

Le performance migliori, italiane ed estere, hanno fatto parlare da più parti di potenzialità di sviluppo e di crescita per questo settore, anche consistenti, che trai-nerebbero un positivo rinnovamento e rafforzamento di settori afferenti, come l’artigianato artistico di qualità4.

D’altronde si hanno invece, da più parti, testimo-nianze di criticità, di una fatica a rientrare dei costi di investimento per produttori e venditori e, in definitiva, di un’inadeguatezza e insufficienza dell’offerta rispetto alle attese del mercato, dovuta alla difficoltà di garantire un equilibrio di costi e ricavi lungo tutta la filiera di produzio-ne e vendita. E non sono mancati gli insuccessi: fallite iniziative imprenditoriali, ridimensionati gli assortimenti nei negozi, soprattutto a svantaggio dell’originalità e del-la qualità di esecuzione artigianale degli oggetti.

In particolare, sono soprattutto i concessionari dei punti vendita a testimoniare una diffusa frustrazione in merito e la necessità, magari a fronte di investimenti compiuti, di fare dei passi indietro.

Tra le lamentele ricorrenti compaiono il fatto che ci si confronta con un mercato poco noto e poco prevedi-bile; la necessità per i concessionari di farsi committenti di oggetti appositamente prodotti per un dato museo e, talvolta, di doverne curare direttamente la progettazione a totale rischio d’impresa, cosa che implica l’acquisto dai fornitori di forti stock di oggetti, spesso apposita-mente realizzati in tiratura limitata e perciò ad alto costo di produzione; infine il meccanismo delle royalty sulle vendite, che configura oneri più alti di quelli richiesti per la libera riproduzione di oggetti delle collezioni museali e, ovviamente, penalizza doppiamente i concessionari regolari rispetto ai venditori abusivi, spesso presenti al-l’uscita stessa del museo, che non pagano nessun tipo di royalty e sui quali si lamenta unanimemente un’assen-za di controllo. Tutti elementi che gravano sulla possi-

bilità di una remunerazione dell’impresa concessionaria e, in definitiva, sull’approvvigionamento e l’assortimento medio degli oggetti in vendita.

Per iniziare a dipanare questo nodo tra potenzialità ipotetiche e criticità effettive è utile entrare nel merito di quei passaggi che, alla luce delle esperienze note, risul-tano particolarmente cruciali per l’efficacia delle inizia-tive in questo ambito. In essi, dunque, si concentrano le criticità, ma anche potenziali elementi di valore e di successo.

La progettazione di oggetti destinati alla vendita nei musei deve tenere conto di una pluralità di elementi criti-ci e, in sostanza, mediare tra diversi ordini di esigenze e di vincoli: tra gli interessi del museo - di identificazione, riconoscibilità, correttezza dei riferimenti culturali - la disponibilità di competenze (saperi artigianali, versatilità tecnica) e volontà imprenditoriali dal mondo produttivo, infine le esigenze di una domanda molto segmentata, che a seconda dei casi è sensibile alla qualità ma alme-no altrettanto al prezzo - punto questo non abbastanza ribadito.

Le esperienze compiute in un decennio hanno di-mostrato in più casi che soltanto una mediazione tra queste diverse prospettive può aprire possibilità di suc-cesso. Laddove ci si è mossi con una visione parziale, corrispondente ad uno soltanto degli attori in gioco, si sono mancati degli obiettivi. I prototipi proposti auto-nomamente dalle ditte artigiane non hanno, di norma, superato l’esame del museo o della Soprintendenza. D’altronde, la messa a punto di riproduzioni filologiche, di raffinata fattura, dà vita ad oggetti di fascia di prezzo alta, che coprono una parte minoritaria della domanda. Infine, l’orientamento alla domanda, dove si tratti di musei o mostre che hanno un pubblico di massa, può tradursi in un ingresso nel museo di oggetti di qualità scadente, poco o nulla evocativi delle specificità formali, materiche e culturali degli oggetti in collezione.

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La Fondazione Fitzcarraldo (www.fitzcarraldo.it) è un centro indipendente di progettazione, ricerca, formazione e documentazione sul management, l’economia e le politiche della cultura, delle arti e dei media al servizio di chi crea, pratica, partecipa, produce, promuove e sostiene le arti e le culture.

Fitzcarraldo si propone di contribuire allo sviluppo, alla diffusione ed alla promozione dell’innovazione e della sperimentazione nei citati campi di attività, anche mediante la ricerca sistematica di collaborazioni e sinergie con enti e organismi locali, regionali, nazionali ed internazionali. Fitzcarraldo promuove e realizza programmi di formazione in management culturale per gli operatori culturali dal 1993, e dal 2002 è il principale referente per la formazione e l’aggiornamento del personale dei musei e dei beni culturali del Piemonte, in regime di convenzione pluriennale con Regione Piemonte. Dal 1998 è il centro operativo e scientifico dell’Osservatorio Culturale del Piemonte.

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L’ideazione di prodotto e il conseguente contatto con le ditte produttrici si configurano, quindi, come una fase decisiva per centrare le multiple esigenze cui si orienta l’oggettistica museale, una fase in cui devono convergere la conoscenza della particolare committen-za museale, del mercato e, qualora si voglia valorizza-re il rapporto tra il museo e le tradizioni artigiane, del comparto artigiano locale e delle capacità produttive delle singole aziende, per corrispondere ai requisiti del prodotto.

La varietà delle esperienze ad oggi prodotte, alcune delle quali illustrate nel corso del convegno, induce a domandarsi a chi è meglio che spetti questo passag-gio. E’ bene lasciarlo interamente al mercato, quindi agli investimenti di ditte specializzate, come ne esistono da alcuni anni, che in genere puntano ad una tematizzazio-ne a maglie larghe, per rivolgersi ad un numero ampio di enti? Ai gestori dei punti vendita museali, per i quali rappresenta spesso un consistente rischio d’impresa, a fronte di una remunerazione spesso limitata nel tempo (corrispondente alla durata della concessione)? O la si può pensare come un’attività a sé, affidata a professio-nalità e progettualità specifiche, risorse ed investimenti

specifici, che magari nasca da un’iniziativa diretta dei musei, soli o associati?

E come conoscere e selezionare le ditte produttrici? Se la qualità dell’oggetto è un fattore decisivo per ac-creditarlo per gli scopi promozionali del museo, come individuare i produttori più adatti a corrispondervi? E’ evidente, infatti, che c’è un problema di competenze produttive: i progetti del Consorzio Civita per la Provincia di Roma e i progetti presentati nel corso del convegno dimostrano che c’è un’esigenza di riconoscimento e se-lezione delle imprese artigiane più qualificate per questo tipo di forniture.

Se è vero, come risulta, che gran parte della do-manda è rivolta a oggetti nella fascia di prezzo bassa o medio-bassa (al 70% rappresentati dalla cartotecnica e solo per il restante 30% dall’oggettistica5, il criterio della qualità progettuale o produttiva non è sufficiente: può portare ad avere oggetti i cui costi di produzione, e quin-di i prezzi alla vendita sono troppo alti per incontrare le richieste del mercato.

Le dimensioni della commessa, la serialità dei pro-cedimenti produttivi, il costo della manodopera, quindi anche la natura dei fornitori sono elementi decisivi in

questo senso.Infine, c’è un aspetto su cui si sono tentati pochi

esperimenti nel nostro paese, ovvero la possibile diver-sificazione dei canali di distribuzione e di vendita, che oggi si limitano essenzialmente al negozio interno al museo.

La remuneratività di quest’ultimo è d’altra parte, com’è noto6, condizionata pesantemente dalla natura e dall’ubicazione gli spazi di vendita (collocazione, superfi-cie, accessibilità, visibilità sono spesso vincolate, stanti le caratteristiche degli edifici storici in cui sono ospitati i musei).

Secondo alcuni osservatori, una diversificazione dei canali di vendita potrebbe contribuire alla visibilità e alla penetrazione dei prodotti nel mercato, alla promo-zione dell’immagine del museo, ad un incremento delle entrate del museo.

Potrebbe quindi pensarsi, ad esempio, un allarga-mento delle concessioni per la vendita a più soggetti, o l’estensione della licenza di vendita al di fuori dei negozi museali, come già previsto in alcuni bandi di gara.

D’altronde, qualunque scelta si valuti, si apre al pro-posito il problema delle royalty sulle riproduzioni e sulla vendita, che vanno spesso a sommarsi; queste ultime sono anche molto forti (sopra il 20, e talvolta il 30%) nei punti vendita dei musei statali, in funzione dell’esclusività della concessione dei servizi interni al museo.

Se un allargamento all’esterno può pensarsi ed esse-re remunerativo sia per i musei, sia per i licenziatari, sem-bra difficile che abbia luogo col pagamento delle stesse royalty sulla vendita; quindi configura o l’ingresso in gioco di soggetti diversi - ad esempio, una titolarità diretta dei diritti sugli oggetti da parte dei musei, che eliminerebbe le royalty sulla riproduzione e consentirebbe di negoziare le licenze di vendita al di fuori degli impegni spettanti al con-cessionario del negozio museale - o una diversa negozia-zione degli spazi di azione dei concessionari dei servizi.

Ci sono, inoltre, alcune (poche) esperienze di vendi-ta on line da parte dei musei italiani, sulla cui redditività però non si possiedono dati. Il commercio online rappre-senta certamente un’opportunità, ma anche un vincolo: si tratta infatti di un canale sul quale è assai costoso e difficile mantenere un posizionamento redditizio.

Il caso del progetto Museomuseo offre uno dei po-chi esempi italiani di negozi di oggettistica d’ispirazione museale esterni ai musei, nato peraltro con un brand distinto da quello dei musei di riferimento: l’Art Store “Mandragora Museomuseo”, nel centro di Firenze. I rischi di questa operazione sono, in parte, legati agli stessi fattori che condizionano gli andamenti del negozio museale: ubicazione, visibilità, progettazione degli spazi. L’assenza di un brand museale indebolisce, d’altronde, il legame diretto con il museo e la sua aura, legame che nel negozio museale è dato dalla consequenzialità tra visita e acquisto.

Note

1 La registrazione dell’intero convegno può essere ascoltata dal sito del Centro Risorse Beni Culturali www.risor-sebeniculturali.it, alla sezione “Esperienze”.

2 Cfr. Primo rapporto Nomisma sull’applicazione delle Legge Ronchey, 2000

3 Tra queste va ricordato il negozio del Museo di Antichità Egizie di Torino, nel quale è l’oggettistica la voce trainante, con circa il 60% del fatturato (fonte: Artefatto S.a.s.). Il target trai-nante è, d’altronde, il pubblico infantile, e ciò ha comportato specifiche scelte in merito a tipologia e prezzo degli articoli.

4 Primo rapporto Nomisma sull’applicazione delle Legge Ronchey, 2000. Cfr. anche le stime prodotte dal Consorzio Ci-vita nell’indagine condotta per conto della Provincia di Roma, 2001, scaturita nel progetto “Artigianato Artistico per il Mer-chandising Museale”, 2003

5 Fonte: Artex, Centro per l’Artigianato Artistico e Tradi-zionale della Toscana

6 Cfr. in proposito L. Solima, A. Bollo, “I musei e le impre-se. Indagine sui servizi di accoglienza”, Napoli, Electa, 2002

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ra la fine dell’estate 2006 ed i primi mesi del 2007, nel conte-sto degli interventi di ristruttura-zione della sala del Consiglio Co-munale (primo piano dell’antico Palazzo del Capitano), del par-ziale rifacimento dei tetti della

scala che attualmente consente l’uscita dal museo (comprendente il Palazzo Comunale, la Pinacoteca e la Torre Grossa), è stata condotta a compimento un’importante opera di restauro che ha interessato i lati meridionale ed occidentale del cortile.

La corte, porticata e dotata di loggiati, con le pareti in gran parte rivestite da affreschi per lo più raffiguranti i blasoni dei podestà succedutisi fra il XIV ed il XVI secolo, si sviluppa sul retro del palazzo che, con la sua facciata principale, occupa quasi per intero un lato della centrale Piazza del Duomo.

Grazie alla sinergia attivata tra funzionari delle competenti Soprintendenze, progettisti, Direzione dei Musei Civici e restauratori, le attività di ristrut-turazione e di restauro sono state precedute ed accompagnate da una serie di osservazioni dia-gnostiche, condotte sia sulle strutture in muratura sia sulle parti affrescate che, oltre ad improntare le scelte progettuali ed operative, hanno concorso a

rivedere l’intera storia del complesso nel suo inces-sante processo di stratificazione.

Le evidenze materiali ed i documenti attestano che il corpo principale del Palazzo Comunale ven-ne realizzato fra il 1287 ed il 1288, probabilmente modificando ed adattando un edificio in pietra pree-sistente, morfologicamente corrispondente ad un chasamentum di tipologia pisana.

A seguito di una permuta di terreni, nel 1289, anno in cui era podestà Messer Guccio di Guido de Malavolti di Siena, il Comune si assicurò la pro-prietà dell’area su cui si svilupperanno il cortile e gli edifici su esso prospicienti. Il primo tratto di recinzione potrebbe esser fatto risalire proprio a questi anni.

La fabbrica sembra progredire senza sosta; fra il 1291 ed il 1298 il corpo principale viene rial-zato fino al terzo piano ed internamente affresca-to dal pittore fiorentino Azzo di Masetto, autore del ciclo cortese con scene di caccia e di torneo che orna le pareti della cosiddetta Sala di Dante, l’antica sala del Consiglio Generale. Fra il 1300 ed il 1311 venne costruita la Torre Grossa, acco-stata al corpo più antico del palazzo ed al cortile. Era il campanile del Comune e, allo stesso tem-po, la torre più alta e l’ultima costruita.

S A N G I M I G N A N O

I RESTAURI NEL CORTILE DEL PALAZZO COMUNALE

CALCE E COCCIOPESTOPER UN INTONACOA REGOLA D’ARTE

di ANTONELLO MENNUCCIDirettore dei Musei Civici di San Gimignano

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rapetti e su porzioni della loggia.Come i pilastri, i parapetti e le colonne della

scala, anche numerosi prospetti delle strutture che nel tempo avevano completato il Palazzo Comuna-le, definendone la corte, erano probabilmente stati completati da superfici intonacate. Sul prospetto settentrionale del Palazzo del Capitano, in partico-lare, oltre alla complessa successione delle parti affrescate, si sono registrate almeno due fasi di rivestimento da mettersi in stretta relazione con le pitture murali. Limitatamente a questa parete, nel tentativo di calibrare gli interventi, di migliorare lo stato di conservazione dei lacerti dipinti e di ridare unità ad un fronte che la aveva perduta, si è deciso di riproporre l’intonaco.

In considerazione della natura dell’edificio e de-

gli antichi strati di rivestimento, dell’esposizione agli agenti atmosferici e da quanto recentemente rece-pito in fase di predisposizione del regolamento ur-banistico comunale, si è optato per la realizzazione di un intonaco in grassello di calce e cocciopesto, materiali ampiamente usati in ambito sangimigna-nese soprattutto durante il Medioevo.

E’ dunque evidente che la programmazione e l’attuazione di un corretto impianto diagnostico, propedeutico alle scelte di restauro, diviene il requi-sito fondamentale qualora si vogliano integrare le acquisizioni scientifiche, le scelte progettuali e sa-peri artigianali che oggi debbono tornare ad essere impiegati in virtù della qualità e della compatibilità di certi materiali con le esigenze di intervento sull’edi-lizia storica.

miero in forma fallica, di Messer Zanobi di Giovanni Marignolli, in carica il primo semestre del 1374.

Nel 1361, al tempo di Messer Iacopo di Caroccio degli Alberti, era stata realizzata la cisterna, come mostrano l’iscrizione ed il blasone scolpiti sulla vera.

Con il 1461 si completarono invece gli amplia-menti al corpo più antico del palazzo che vide final-mente delineato il fonte prospiciente il cortile; la rea-lizzazione della scala e del camminamento sorretto dalle grandi arcate impostate su pilastri quadran-golari e sormontato dal tetto poggiante su leggere quanto imprecise colonne, probabilmente rivestite di intonaco fin dal momento della loro costruzione, risulta invece un po’ più tarda, e comunque riferibile ad interventi compresi fra il 1486 ed il 1513, almeno stando alla successione degli stemmi dipinti sui pa-

Fra il 1322 ed il 1323 si realizzano il Palazzo del Capitano, che chiude buona parte del lato meridio-nale del cortile ed altri tratti di recinzione. Al 1325 risale, invece, un primo ampliamento sul cortile del corpo originario del palazzo. Tale struttura, intera-mente realizzata in mattoni, si impostava su due arcate separate da un pilastro. A questo intervento segue la stesura, sulla recinzione occidentale in pie-tra della corte, di tutta una serie di stemmi podesta-rili come quello di Messere Filippo Bastari di Firen-ze, podestà il secondo semestre del 1351, quello di Messer Niccolò Giugni, ancora di Firenze, podestà il secondo semestre del 1365, quello di Messer Piero di Dato Canigiani, anch’esso fiorentino, podestà il primo semestre del 1366 e quello, a quanto pare privo di confronti, col suo elmo sormontato da ci-

S A N G I M I G N A N O S A N G I M I G N A N O

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Panoramica della foresta fossile

olti studiosi non hanno dif ficoltà ad affermare che il sito paleontologico di Du-narobba è tra i più in-teressanti dell’intero pianeta e, sot to alcuni

aspet ti, unico al mondo. La foresta fossile in esso contenuta, infat ti, non custodisce resti di piante pietrificate, come è possibile riscontrare in alcuni luoghi della terra, ma veri e propri tronchi ancora allo stato legnoso. Questo è stato possi-bile grazie alla grande quanti-tà di argilla di cui la zona, nel comune di Avigliano Umbro, in provincia di Terni, è ricca.

Nel Pliocene superiore, in-torno a 2-2,5 milioni di anni fa, questa par te dell’Umbria era occupata dal lago Tiberino, in-torno al quale si era sviluppata un’estesa foresta di conifere, del genere Taxodion, ricondu-cibile ai grandi alberi (glypto-strobus) at tualmente visibili in America Set tentrionale. Il

clima caldo-umido aveva favorito la crescita di questi giganti, alti sino a 100 metri e di ragguardevole diametro. Le mutate condizio-ni climatiche, il raffreddamento del pianeta, l’innalzamento delle colline, con conseguente scivolamento delle acque verso il mare, han-no sconvolto l’ambiente decretando la fine della stessa foresta, una par te della quale ha subìto con il tempo l’interramento ed una sor-

ta di mummificazione dei tronchi superstiti.Questa è la storia geologica della Foresta

fossile di Dunarobba, “ritrovata” soltanto a par tire dagli anni ’70, durante l’estrazione di argilla nella vicina cava utilizzata per alimen-tare la fornace di laterizi. “Dal 1987 la So-printendenza per i Beni Archeologici dell’Um-bria – ricordano la dot t.ssa Maria Cristina De Angelis e il geom. Sergio Vergoni, funzionari della stessa Soprintendenza – ha dato avvio alle operazioni di tutela con rilevamento gra-fico, fotografico e topografico dell’area, po-nendo l’anno successivo il vincolo di divieto di estrazione e realizzando coper ture provvi-sorie al fine di proteggere i tronchi dagli agen-ti atmosferici. E’ stato at tivato un sistema di monitoraggio, tut tora in funzione, che rivela lo stato di salute dei tronchi e non sono man-cate le sperimentazioni per preservarli”. Tra queste vi è quella di ricoprire i “monumenti” fossili con un manto di resina a base naturale trasparente reversibile.

L’area, accessibile al pubblico (per infor-

mazioni www.forestafossile.it), è piut tosto estesa (circa 8 et tari); su di essa si aprono delle vere e proprie “capanne” a custodia dei tronchi, 42 dei quali sono visibili. Le dimen-sioni sono diverse, ma l’esemplare più grande misura oggi 5 metri di altezza (ciò che emer-ge dall’at tuale piano di campagna) e quello più largo ha un diametro di 4,5 metri. La loro posizione è ver ticale, o meglio parzialmente inclinata di 23°, a causa dello spostamento del piano del terreno in tempi assai lontani. Solo questo può bastare per capire che ci tro-viamo di fronte ad antenati di veri e propri giganti.

Ciò che emerge tra gli studiosi e tra chi ha la responsabilità del luogo è la preoccupazio-ne per il mantenimento di questo bene (n.d.c. altri 21 tronchi sono stati individuati ma ri-marranno per il momento sepolti). “Il Co-mune – dice l’architet to Giuseppe Chianella, sindaco di Avigliano Umbro – si sta interes-sando alla valorizzazione turistica del luogo, fornendo gli strumenti necessari ai

I T A L I A D A S C O P R I R E

IL TERRITORIO DI AVIGLIANO UMBROCUSTODISCE UN LUOGO DI ECCEZIONALE INTERESSE

LA FORESTA FOSSILEDI DUNAROBBA

di ADRIANO CIOCI

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Particolare di un tronco

Un gigante in cura

visitatori, molti dei quali sono stranieri. Tut-te le nostre azioni sul territorio, compresa la predisposizione del piano regolatore generale devono fare i conti con questa straordinaria presenza. Occorre, però, trovare una strate-gia che conduca alla loro conservazione, al-trimenti si rischia una seconda estinzione per questa foresta unica al mondo”. Il rischio che deriva dall’esposizione all’aria, infat ti, è quel-lo di uno sfaldamento lentissimo e costante del legno.

Nel frat tempo, nelle adiacenze del sito, è nato il centro di Paleontologia Vegetale, allo scopo di creare una sede fissa di ricerca e di studio, fornendo un suppor to di carat tere in-formativo e didat tico al servizio principalmen-

te delle scuole. Qui, personale specializzato è a disposizione per approfondimenti di carat-tere ambientale, geologico e paleontologico, anche at traverso l’at tivazione di laboratori didat tici formativi. I visitatori hanno toccato 9.000 unità nel corso del 2006 (ma il trend è in crescita), quota suddivisa tra scolaresche, turisti occasionali, appassionati e specialisti. Questi ultimi provengono per una buona metà dall’estero, in primo luogo dalla Germania, dai Paesi Bassi e da quelli scandinavi, dove il “culto” per la foresta è par ticolarmente svi-luppato.

Il prof. Zefferino Cerquaglia, assessore alla cultura del Comune di Avigliano Umbro, cre-de fermamente nello sviluppo di un progetto:

“Quello – dice – legato all’unicità del luogo, per approfondire la conoscenza della forma-zione del nostro pianeta, e di questo lembo di terra in particolare, per avviare azioni di tutela dell’ambiente dell’intero globo. Per questo i nostri interlocutori sono il mondo scientifico e la scuola nelle diverse componenti. Lavorere-mo sui tempi lunghi, oltre che sull’immediato che può avere un effetto turistico-economico a nostro giudizio importante ma non esaustivo”.

In questi mesi, appena alle spalle della palazzina d’ingresso, è stata ricavata un’area con destinazione arboreto, dove si tenta di ricostruire, con la piantumazione di specie il più possibile simili a quelle della foresta, una testimonianza oggi visiva di quell’ambiente vi-vente.

La moderna storia della foresta può esse-re datata agli inizi del ‘600 quando la zona di Casaccia, appunto a poca distanza da Aviglia-no, fu oggetto di studi da parte del principe Federico Cesi e di Francesco Stelluti, parten-do proprio dal ritrovamento di alcune parti di materiale legnoso affioranti nel terreno. Senza effettuare scavi sistematici, si intuì comun-que la presenza di materiale fossile in grande quantità.

A pochi chilometri dalla Foresta fossile si trova la Grotta Bella, particolarmente ricca di concrezioni e di ambienti assai suggestivi. Nel luogo è testimoniata la presenza dell’uomo, come dimostrano alcuni ritrovamenti risalenti al neolitico, all’età del bronzo e in epoca ro-mana.

I T A L I A D A S C O P R I R E

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Italia possiede un patrimonio artisti-co-culturale che non ha eguali nel mondo. Molti di questi tesori, purtroppo, non sono neppure menzionati

nelle guide turistiche perché considera-ti minori. Proprio per le mete estranee ai grandi flussi turistici, la Rievocazione Storica può assumere un ruolo di grande importanza, attraverso la realizzazione di spaccati di storia vivente con i quali può essere possibile restituire evidenza anche alle realtà locali, per ora consi-derate periferiche. Potremmo dire che la rievocazione storica è uno spettacolo

al pari del cinema o del teatro, con un valore aggiunto e cioè, quello di dare al pubblico spettatore la quasi completa veridicità di quanto sta osservando (le regole del buon senso e della sicurez-za impongono dei freni anche in questa disciplina) e di sentirsi coinvolto nella storia che sta osservando, in quanto può formulare domande al quale riceve sempre delle risposte. A differenza del-le materie sopra menzionate, attraverso la rievocazione, il pubblico spettatore diventa a sua volta attore, perché entra direttamente nella scena.

La rievocazione storica è un’attivi-tà culturale con cui una persona od un gruppo di persone cercano di riprodur-

re, con la maggior fedeltà possibile, at-tività, ambienti o situazioni del passato e non più esistenti. Negli ultimi anni questo fenomeno è stato sempre più oggetto di attenzioni per il sempre mag-giore numero di persone che ne sono interessate. Tale attività, cui sottendo-no inevitabilmente la ricerca e lo stu-dio filologico, non deve essere confusa con un’attività meramente folcloristica o con le ambientazioni o gli spettacoli che, più soventemente, è possibile ve-dere in occasione delle feste paesane o nelle sagre.

La rievocazione storica può essere definita anche come “Archeologia Ri-costruttiva”, il cui scopo non è la spet-

tacolarizzazione approssimativa o “ad effetto”, ma, attraverso la riproduzione dettagliata, autentica – tutt’altro che banale – del passato, la riscoperta e la valorizzazione e la diffusione della co-noscenza delle tradizioni storiche e cul-turali di una comunità – non solo locale ma pure nazionale ed internazionale – e del cammino che essa ha percorso nel tempo anche insieme alle comunità col-laterali.

Ciò che muove chi si appassiona e chi si dedica a questa at tività – è bene specificarlo – non sono fini celebrativi o nostalgici, ma l’amore e l’interesse della conoscenza e la voglia di preser-vare le testimonianze di una

I N E V I D E N Z A I N E V I D E N Z A

IL VALORE CULTURALE ED ECONOMICODELLA “RIEVOCAZIONE STORICA”

RISCOPRIRE IL PASSATO PER CAPIRE IL PRESENTE di SUSANNA TARTARI

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LA“STORIA”DELLARIEVOCAZIONESTORICA

Alcune voci ci raccontano che la prima rievocazione storica, nasce proprio dal desiderio di Napoleone di celebrare la sua vittoria a Marengo che venne rifatta grazie a prigionieri austriaci. A metà del-l’ottocento poi, i nostri primi giovani romantici, presi essenzialmente dalla febbre del Risorgimento,

indirizzarono la loro attività letteraria in favore della “Causa”, privilegiando del Romanticismo lo storicismo, il nazionalismo e la rievocazione del Medio Evo. Alfredo D’Andrade progeeta e fa costruire il “Borgo del Valentino” a Torino, primo esempio di Architettura rievocativa del periodo medievale. Non dimentichiamo poi i giochi d’arme rinascimentali, influenzati da Tito Livio, della Compagnia de’ Bardotti, di cui si ha notizia a Siena. Una cosa è certa, fin dall’antica Roma abbiamo documenti che ci parlano di rievocazione, questi signori amavano rievocare le loro stesse battaglie, inscenando attraverso le famose Naumachie (battaglie navali riproposte all’interno degli anfiteatri debitamente riempiti d’acqua) o mettendo in scena testi classici portati dall’antica Grecia. Ma la cosa certa è, che il rievocare esiste da quando esiste l’uomo, quasi si trattasse di un ricercare il nostro passato per vivere meglio il presente.

In Italia vediamo nascere le prime rievocazioni storiche come le conosciamo oggi, attorno ai primi del ‘900 – La Quintana di Ascoli Piceno, il Palio del Saracino ad Arezzo, Il Palio di Siena, il Palio Estense a Ferrara, ecc. ecc. - che verranno interrotti solo negli anni della II Guerra Mondiale, per ovvi motivi di sicurezza, già all’epoca avevano un forte richiamo sul pubblico muovendo migliaia di spettatori. Attorno al 1980, a Torino nasce il primo “gruppo di ricostruzione storica” per rievocare l’assedio della città subito da parte delle truppe francesi, il “Pietro Micca”, oggi composto da un centinaio di partecipanti, ma è negli anni novanta che, affascinati dalle notizie provenienti dall’Inghilterra, dalla Germania, dalla Francia, dalla Spagna e dall’America, esplode il fenomeno della ricostruzione storica (gli anglosassoni la chiamano Living History o Reenactment) e si formano i Gruppi Storici o Gruppi di ricostruzione storica, gruppi formati da poche unità fino ad arrivare a decine di persone, che pro-pongono la storia al pubblico applicando prima di tutto la ricerca, la sperimentazione, lo studio riportando alla luce aspetti anche tecnici della vita dell’uomo vissuto centinaia o migliaia di anni fa. Ed è così che in Italia oltre ai cortei storici, si cominciano a vedere accampamenti medievali o di altre epoche, dove al loro interno si vedono fanti, artigiani, massaie, musici ed altro ancora fedelmente riprodotti. Ma l’Italia non è solo medioevo, è antica Roma, rinascimento, periodo napoleonico, risorgimento, primi del novecento fino ad arrivare agli anni che hanno visto il secondo conflitto.

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Il Palio di Siena

un’autentica at t ivi tà cul turale.A questo punto viene spontaneo far-

si una domanda: Può la Rievocazione stor ica essere anche mezzo promozio-nale del nostro patr imonio stor ico/cul-turale?

Più volte ho avuto occasione di veri-ficare la sua ef ficacia in ambito didat tico – alcuni Gruppi Storici lavorano diret ta-mente nelle scuole – ma prima di tut to ho potuto appurare come questa materia sia interessante per aumentare il flusso turi-stico e quindi produrre economia. Lo di-mostrano le centinaia di eventi a carat tere rievocativo nate negli ult imi cinque anni e, lo dimostrano ancor di più gli alberghi prenotati in concomitanza degli eventi.

Se in precedenza si faceva menzione solo ai Palii, alle giostre e ai tornei, ora si parla sempre più spesso di r ievocazio-

memoria stor ica condivisa, of frendo inol tre occasioni di confronto con l’at-tuali tà sociale, economica, ist i tuzionale di un Paese.

Il r icostruire la vi ta dei nostr i ante-nati però, non è cosa semplice o banale come può sembrare. Essa soprat tut to, non è frut to di improvvisazione. Contra-r iamente a quanto spesso avviene nel mondo del cinema di terz’ordine o del teatro approssimativo la Rievocazione stor ica prevede la realizzazione di uno spaccato di vi ta at tuato con il r igore del metodo scienti f ico e della r icerca f i lolo-gica. E’ infat t i indispensabile analizzare la si tuazione che si intende r icreare in tut t i i suoi aspet t i: stor ici, terr i tor ia-li, sociali, tecnologici e antropologici. Ecco spiegato perché quando si par la di “Rievocazione Stor ica” si par la di

ni di fat ti realmente avvenuti, a r icostru-zioni di momenti di vita civile (vedi ad esempio la “Ricostruzione della casa di un mercante” a cura di gruppi medievali, alla realizzazione di un castrum romano a cura di alcuni gruppi che si occupa-no di epoca romana. La rievocazione è sempre di più lo strumento principale di promozione delle nostre cit tà, dei nostri

prodot ti eno/gastronomici, delle nostre tradizioni e del nostro ar tigianato e rap-presenta uno dei mezzi più immediati per la trasformazione in r isorsa del patrimo-nio in par te dimenticato.

Anche il modo di fare cul tura ha su-bi to una metamor fosi, se pr ima aveva-mo il cinema, il teatro, la lirica, ora abbia-mo anche la rievocazione storica,

I N E V I D E N Z A

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LACASAEDITRICET.&T.ERIEVOCARE

Rievocare nasce nel 2005, congiuntamente alla casa editrice T.&T. e al portale www.rievocare.it, grazie all’infaticabile opera di Susanna Tartari. La rivista cartacea raccoglie e pubblica le varie esperienze dei Gruppi Storici, si occupa di Storia, di archeologia e di ogni altro argomento che si coniughi con

la materia principale. Il portale web invece, realizza un censimento dei gruppi storici presenti sul territorio na-zionale (circa 600 per il momento) e degli eventi o delle manifestazioni a carattere rievocativo (se ne contano almeno uno ogni cinque comuni d’Italia, tra più o meno importanti, ma ad ora quelli pubblicati sul sito internet sono circa 300). Dal censimento degli eventi, è nata E.R.M.eS. (Eventi, Rievocazioni, Manifestazioni e Storia), la prima guida alle rievocazioni storiche edita in Italia uscita in edicola a dicembre 2006. Da allora molte cose sono state fatte, come presentare un progetto dal titolo “Rievocatori per il cinema”, presentato presso il festival del cinema in costume che si tiene da una decina di anni in provincia di Benevento. La realizzazione di una fiera della Rievocazione storica nella città di Torino.

Il 2008 sarà un anno molto importante per la casa editrice T.&T.. Sarà, infatti, presente alla fiera della rievo-cazione storica di Ferrara e, dal 6 all’8 giugno, promuoverà a Pordenone l’ “Appuntamento per la Memoria”, una manifestazione che cercherà di far conoscere ai giovani il valore della storia e di come si è evoluta la figura del-l’uomo soldato nei secoli. Nel programma, oltre alle ricostruzioni storiche a cura dei Gruppi Storici e alla presenza di collezioni di mezzi storici di altissimo valore – tra cui anche velivoli - sono previsti un convegno, una mostra, performance di arte contemporanea, un lavoro svolto con le scolaresche dal titolo “La Pace si fa a scuola”. Tra le finalità dell’evento vi è anche la raccolta fondi da devolvere alla ricerca sulle malattie rare infantili.

Ricostruzione storica di epoca romana

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Gruppo storico medioevale in pellegrinaggio alla Sacra di San Michele

un valore aggiunto e quindi va esportato, promosso e tutelato al pari delle altre ma-terie. A tal proposito la Provincia di Tori-no, ha presentato un progetto pilota che dovrebbe venire realizzato entro il 2008, dove i Gruppi Storici, animeranno palazzi, castelli, ville, giardini ecc. Non a caso le regioni Piemonte e Toscana hanno presen-tato delle proposte di legge inerenti alla materia e che vertono al riconoscimento della materia e alla tutela dei Gruppi stori-ci, dando a loro la possibilità di accrescere il loro bagaglio di conoscenza e di accre-scere i loro corredi (abiti, armature, stru-menti musicali, ecc.), in Emilia Romagna a luglio è diventata effettiva la legge sulla

rievocazione grazie al lavoro svolto dall’A.E.R.R.S. (Associazione Emilia Romagna Rievocazioni Storiche), legge che sosterrà le cit tà iscrit te all’associazione che produ-cono manifestazioni ed eventi a carattere rievocativo. Lo stesso vale per il Veneto e molte altre regioni che stanno muoven-do i primi passi per nuove giuridiche con un’attenzione particolare a quello che sta accadendo nel mondo della rievocazione.

Conoscendo queste realtà, ma anco-ra meglio e nel det taglio la Rievocazione storica in Italia, sono fermamente convin-ta che questa materia debba essere rico-nosciuta dal Ministero dei Beni Culturali, al pari di teatro, lirica, ecc.

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“Gjirokastra non si accontenta di faci l i vi t torie. Essa disarma coloro che non sono in grado di stupirsi, coloro che del l ’indif ferenza hanno fat to una seconda natura”

Ismail Kadarè, “La ci t tà di Piet ra”

Panoramica

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La torre dell’orologio

trisce orizzontali di pietre bian-che e nere sulle strade, sem-brano gradini, salgono su fino a confondersi con i rugosi tetti di pietra scura delle case più vec-chie, negli edifici meglio con-servati come Zekate così come

in quelli più fatiscenti come Babameto. Prima le si intravede appena, poi si stagliano sempre più nitide risalendo dal basso, nella luce me-diterranea di un mezzogiorno d’agosto, dalla strada che da Tirana e Fier prosegue poi fin giù verso la Grecia, lungo la valle del fiume Dri-nos. Siamo a Gjirokastra, nel sud dell’Albania, trenta chilometri dal confine greco e due ore di auto da Igoumenitsa, scalo quasi obbligato per chi dall’Italia traghetta verso la Grecia.

Gjirokastra città museo, Gjirokastra ora città patrimonio dell’umanità, Gjirokastra culla delle gioie e dei dolori dell’Albania contempo-ranea. Qui è nato Enver Hoxha, il dittatore che per 40 anni ha tenuto il paese sotto un tacco di ferro, qui è pure nato Ismail Kadarè, poeta e scrittore, pluricandidato al premio Nobel che ha fatto della sua città il soggetto di gran par-te della sua opera e che tanto si è prodigato perché venisse inserita nella lista dei siti Patri-monio dell’Umanità e qui è nata anche la quasi

totalità dei presidenti del consiglio.Presente nella documentazione bizantina

dal 1336 col nome di “Argyrocastro”, viene occupata dai turchi nel 1419 che la fanno capi-tale del sangiaccato d’Albania, una delle circo-scrizioni dell’impero e resta tale fino al 1812, per poi ritornarvi nel 1821 dopo la sconfitta di Alì Pascià da Tepelena. Lo sviluppo della città prosegue costante attraverso i secoli (le cronache turche del 1583 la identificano come Sanxhak con 434 edifici), attorno a un castello di cui si hanno notizie fin dal V seco-lo. Nel 1672 il cronista Elvia Celebi racconta

di una guarnigione, di una moschea e di varie chiese classificate secondo i diversi culti, oltre che della sede amministrativa turca. Verso la fine del XVII secolo il Bazar diventa un centro amministrativo e commerciale, mentre poco dopo viene completato l’acquedotto che dalle montagne riempie le cisterne del castello.

Sono però le case d’abitazione, costruite attraverso i secoli, a delineare la fisionomia fondamentale della città. Si tratta di case a struttura verticale (dette kule in turco) con il primo piano utilizzato d’inverno e il secondo durante la stagione calda, con inter-

R E P O R T A G E R E P O R T A G E

LA CITTÀ MUSEO DI ARGIROCASTRO,TORTUOSE VIUZZE LASTRICATE IN UN MARE DI TETTI DI ARDESIA

UN DIAMANTE DI PIETRANEL SUD DELL’ALBANIA

di FABIO DE LUIGI

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Un tipico edificio del centro storico

I tetti di ardesia

Direzione Regionale dei Monumenti e della Cultu-ra, racconta di come qui anche gli interventi edilizi successivi sono stati im-magine della loro epoca, dallo stile neoclassico de-gli anni ‘30 e’ 40 della do-minazione italiana fino al realismo dell’era comuni-sta. Insomma secondo Qi-rjaqi “Gjirokastra è un vero e proprio museo di forme architettoniche”. Un mu-seo che purtroppo, oggi, vive diverse difficoltà. La legislazione nazionale nominò infatti Gjirokastra “città museo” nel 1961 e questo, assieme al regola-mento di tutela del centro storico del 1975, ha fatto sì che la città godesse di particolari tutele e finan-ziamenti. Ma nel 1990, con la transizione dal regime comunista all’economia di

mercato, una gran parte delle case storiche sono tornate ai precedenti proprietari (quan-do si è riusciti a individuarli, visto che il ca-tasto delle proprietà è in pessime condizioni) i quali però molto spesso non dispongono di fondi adeguati. Non è diversa la condizione per le proprietà pubbliche; le difficoltà econo-miche sono tali che, tanto per fare un esem-pio, il personale della Direzione Regionale dei Monumenti e della Cultura è passato da 200

ni riccamente decorati con temi floreali, spe-cialmente nella zona dedicata agli ospiti. Un esempio eccezionale, come recita il criterio di iscrizione della città, di uno stile di vita influen-zato dalla cultura e dalla tradizione dell’Islam del periodo Ottomano.

È in una serata fresca, al tavolino di un bar sopra la vallata che dalla Gjirokastra vec-chia scivola nella parte nuova e poi fin giù al fiume, che il prof. Vladimir Qirjaqi, della

è che questa città in futuro non solo manten-ga le caratteristiche che l’hanno resa unica, ma possa diventare un esempio di tutela, conservazione e promozione del patrimonio culturale per l’Albania e per tutti i Balcani del sud. Senz’altro ne ha le possibilità, sarebbe una grande opportunità.

Desidero ringraziare il prof. Teodor Bilushi, dell’Uni-versità di Gjirokastra, punto di riferimento per la visita al sito e anche per la redazione di questo articolo. Tutte le informazioni urbanistiche e tecniche, e molta passione, le ho trovate nelle parole del prof. Vladimir Qirjaqi, della Direzione Regionale dei Monumenti e della Cultura, men-tre una serata ricca e davvero piacevole è stata quella tra-scorsa con il prof. Adriano Ciani dell’Ambasciata d’Italia a Tirana, con la dr.ssa Flavia Tibaldi e con la dr.ssa Roberta Alberotanza dell’Istituto Italiano di Cultura di Tirana e con tutto il gruppo di studi archeologici.

unità a 20, senza contare le enormi difficoltà burocratiche che anche un semplice inter-vento di recupero incontra, a causa di una amministrazione ancora molto centralistica. Non è pessimista però il professore, in fondo dal 2000 la legislazione guarda con attenzio-ne all’Europa e soprattutto sono attivi molti progetti di cooperazione a vari livelli, dalle università per progetti di studio a organismi internazionali (ONU, UNDP) fino a rapporti bilaterali, come ad esempio la redazione del piano urbanistico effettuata in collaborazione con la regione Marche, la Provincia di Ascoli Piceno e il Comune di Grottammare.

Lasciare Gjirokastra è lasciare un’isola di bellezza e armonia; la speranza, per il viaggia-tore che ha avuto l’opportunità di conoscerla,

R E P O R T A G E

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La campata IV con le Costellazioni e il Pleromaa basilica di Aquileia, nel suo in-sieme, è un compendio di varie ri-costruzioni resesi indispensabili a seguito di terremoti oppure anche per necessità religiose e politiche. La struttura a “croce latina” risale comunque all’epoca del patriarca

Massenzio (sec. IX) con ulteriori rifacimenti risalenti ai secoli XI e XIV (colonnato interno, soffitto a carena di nave, absidi con relative pitture); il pavimento mosai-cato è quello dell’Aula Sud Teodoriana, risalente alla prima metà del sec. IV. Al patriarca Popone è attribuita la costruzione dell’imponente torre campanaria (inizi sec. XI), eretta proprio sopra l’Aula Nord Teodoriana, i cui mosaici più antichi sono afferenti ad una comunità gnostica presente in Aquileia verso il II- III s.d.C.

Ci si chiedeva: “E’ mai possibile che il cristiane-simo in Friuli non abbia avuto una sua organizzazione prima del 250 d.C.?”-. Ora, grazie agli studi dell’aqui-leiese Renato Iacumin, possiamo dire di essere final-mente pervenuti a dare conferma di documentazione archeologica e letteraria di una comunità cristiana (el-lenistico- alessandrina) con una cultura greco-giudaica precedente a tale data. L’orientamento del gruppo era gnostico. Tale identificazione l’abbiamo grazie ai mo-saici rinvenuti nella cosiddetta Aula Nord Teodoriana, con il loro riferimento soprattutto al testo copto - di de-rivazione alessandrina del II secolo - “Pistis Sophia”1.

Nelle campiture più ad oriente dell’Aula Nord Teo-doriana, gli gnostici avevano rappresentato i cieli pla-netari e quello delle costellazioni. Il vescovo Teodoro, agli inizi del IV secolo, in parte fece rifare alcuni simboli

musivi cosmologici (costellazione del Dra-go), ampliò la sala gnostica e la colle-gò ad un’altra, parallela e uguale nelle dimensioni, appositamente costruita a meridione (Aula Sud, ora pavimenta-zione dell’attuale basilica), mediante un vasto atrio in cocciopesto e mosaico.

I mosaici rappresentano simbolo-gicamente il “percorso” dell’anima gno-stica che per riuscire a ritornare al Padre (la parte più ad Est dell’Aula, il Pleroma) deve attraversare il sistema cosmologico formato dai cieli planetari (Kerasmos) e

dallo Sterèoma (le costellazioni). Un’ascesi, quella gnostica, carat-terizzata dall’influenza dei pianeti e dalle loro congiunzioni. Dunque una salvezza o meno della propria ani-ma, determinata a priori.

IL PLEROMALa parte Est dell’Aula Nord,

prima dell’intervento del vescovo Teodoro, era riservata dagli gnostici al Pleroma, cioè lo spazio riservato a Dio, al Padre, oltre le costellazioni, attorniato dalle stelle, inscritte in rombi. Qui troviamo la potenza e la virtù generatrice dell’ariete con la scritta CYRIACEVIBAS “O uomo-signore, che tu viva in Dio”, la costellazione della bilancia, rappresentata dalla lotta tra il bene ed il male (gallo-tartaruga), il Limite (hòros) rappresentato da un doppio filare di tessere che inter-rompe bruscamente la zona del Pleroma.

Il Padre, secondo gli gnostici, generò il Figlio “si-lenzioso in lui”, primogenito ed unico. “Esso è la Chie-sa che consta di molte persone” e che è per gli gnostici del II e III secolo quella dei “pneumatici”, dei “santi spi-riti imperituri” che, grazie all’illuminazione della gnosi, sono parte della sostanza del Padre.

Una delle correnti gnostiche più seguite, quella dei Sethiani, postula tre principi originari ad ogni forma esistente: la luce, le tenebre, lo spirito (o pneuma). Il significato dell’ottagono con il segno zodiacale della bilancia è dunque il seguente: La luce è rappresentata dal gallo (padre-figlio-chiesa-uomo del Signore), le tenebre dalla tartaruga (natura- materia-acque oscu-re-uomo corporeo), lo Spirito o pneuma o”rugiada” o “aroma” o “profumo” dall’anforetta sulla colonnina centrale che divide i due contendenti.

La passione di Sophia consisteva nel tentativo di comprendere la grandezza del Padre, “ma tale sforzo l’aveva condotta nell’Abisso... senonchè si era scon-

trata col potere che rende stabile tutto... Questo potere è chiamato Limite (Hòros): da lui essa fu trattenuta, consolidata, ricondotta in sè e convinta che il Padre è incomprensibile”. Gli gnostici chiamavano questo limi-te anche “ventilabro” (strumento agricolo che serviva a separare la pula dal frumento) e doveva separare la parte materiale dell’uomo da quella spirituale. Per l’uomo gnostico questo mondo terreno era imperfetto, dunque non poteva essere stato creato da Dio ma da un Demiurgo: il Vero creatore era perfetto e dunque dovevano esserlo anche le opere sue.

I CIELI PLANETARI Anche il ritorno dell’anima al Padre, come la

sua discesa in questo mondo terreno, è condiziona-ta dall’influsso dei pianeti che contraddistinguono la terza campata: Zeus (cavallo infuocato); asino Tifone (Afrodite); Ecate trifronte (Mercurio); caprone (Ares); torello (Cronos Saturno). Questa serie, e le influenze di ciascun cielo sulla vita e sull’anima duplicata (le cop-pie di uccelli), si trovano non solo nel IV libro di Pistis Sophia ma anche nell’Apocrifo di Giovanni, in Basilide e Isidoro (130-160 d.C.).

In Pistis Sophia ciascuno dei cinque cieli planetari racchiude al suo interno le sfere degli altri cieli inferiori ed è avvolto da quelli superiori, di modo che la Terra, che è la più interna, sarà contenuta entro il cielo del-la Luna ed entro le altre sfere del nostro mosaico più quella del Sole. Oltre i cieli planetari ci sono

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LE PRIME TRACCE DEL CRISTIANESIMO FRIULANO

I MOSAICI GNOSTICIDELLA BASILICA DI AQUILEIA

di FLAVIO COSSARVicesindaco di Aquileia

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I cieli planetari di Saturno e di Marte

Le costellazioni del Drago e del Gambero

le stelle fisse (costellazioni), poi, oltre un Limite, c’è il Plèroma o Pienezza di Dio.

Questo era il percorso delle anime gnostiche per arrivare a Dio.

Le raffigurazioni planetarie di Saturno e Marte. Il cielo più alto è quello di Cronos (Saturno) contraddi-stinto dai simboli tipici dell’iconografia classica: il to-rello con la falce messoria (le fondazioni del campanile hanno in parte rovinato l’animale). Alla sua sinistra la coppia di porfirioni che rappresentano l’anima duplica-ta, la contrapposizione tra la tendenza al bene e quella al male. Sotto c’è il cielo di Ares (Marte) governato dall’arconte Ariuth, l’etiope, il quale, secondo Pistis Sophia, ha forme di capra scura. Su di essa si nota-no il drappo rosso, il corno d’attacco della battaglia, il bastone, tutte insegne del comando. Ariuth solleva guerre, causa omicidi, indurisce il cuore e lo istiga alla collera. alla sua destra l’anima contrapposta in forma di due averle (anch’esse rovinate dalle fondazioni della torre campanaria).

“Il terzo ordine è chiamato Ecate triforme. Sotto di lei si trovano altri 27 demoni: sono quelli che en-trano negli uomini e li inducono a falsi giuramenti,

a menzogne e ai desideri di ciò che non è loro..Le anime trascorrono 105 anni e 6 mesi, durante i quali sono punite con severi castighi..” Così si dice in Pistis Sophia del cielo planetario di Mercurio.

Sotto c’è Afrodite in sembianze di un asino scal-pitante: “Il quarto cielo planetario... è guardato dall’ar-conte Parhedron Typhon. E’ un arconte violento sotto il cui potere si trovano 32 demoni: sono quelli che entra-no negli uomini e li inducono alla concupiscenza, alla prostituzione, all’adulterio...le anime... trascorreranno 138 anni nei suoi luoghi.”

“Il quinto ordine, il cui arconte è chiamato Yachthanabas, è un arconte violento sotto il quale è posta una gran quantità di demoni”, soprattutto cor-ruttori della giustizia, della legalità. Ospita le anime che qui dovranno sostare per 150 anni e 8 mesi e saranno torturate con la fiamma del fuoco e con il fumo oscuro. Questo supplizio cesserà allorchè Zeus entra in Acqua-rio e Afrodite in Leone.

LE COSTELLAZIONI Una volta attraversati i cieli planetari le anime, or-

mai purificate dalla loro parte negativa, giungono nel cielo delle stelle fisse o “sfera del destino”, in quanto il destino degli uomini si credeva condizionato dalle stelle (eimarmène). Al di qua della pienezza divina (Plèroma) tutto un mondo di luce viva: le costella-zioni, luminose (le tessere musive infatti sono molto più chiare di quelle adoperate per le altre zone), entro finestre a forma di croce arcuata, sostenuta da un’os-satura di stelle, tutte diverse, attorno ad una parte cen-trale di ottagono sferico al cui interno c’è un volatile. Complessivamente in questo comparto c’erano le do-dici costellazioni zodiacali (nove se consideriamo che l’ariete, in quanto simbolo dell’inizio del tempo, è stato identificato come segno divino dell’inizio delle cose nel Plèroma e se consideriamo la bilancia, divenuta luogo dello Spirito nel Pleroma, così come, probabilmente, i

Pesci (G.Cristo). Ma non mancano altre costellazioni (visibile quella del drago). La costruzione del campani-le ha purtroppo cancellato il resto.

Nella costellazione del Drago e del Gambero, si nota in alto a destra il Drago con un cesto conte-nente i dodici “resti ilici” degli apostoli che, grazie a sofferenze, sacrifici e rinunce sono riusciti a salire al Plèroma. Questa rappresentazione è stata modifica-ta perchè ritenuta non consona dalla Grande Chiesa di Teodoro: il drago (con tanto di spire che ancora in parte si intravedono) è stato camuffato in capretto. A sinistra una colomba-pappagallo che rappresenta “il Padre” , come dice Pistis Sophia. La costellazione inferiore è quella del Gambero e rappresenta Giosuè (colui che fece fermare il sole): sopra un albero (uno dei cinque citati da Pistis Sophia e che rappresentano ognuno mille anni di creazione del mondo) c’è appunto un gambero (il suo cammino è retrogado come il sole a tratti nel corso del solstizio d’estate).

Le Pleiadi, in forma di pernici, sono raccoglitrici dello spirito dei cieli (in assiro kum “legare, ricevere, raccogliere”), aiutanti di Melchisedech., ricevitore del-la luce dalla regione delle stelle e dei cieli planetari... Nell’opera gnostica si citano le sette vergini di luce che collaborano con Melchisedech .

La costellazione del Capricorno sta a significare Mosè (il legislatore degli ebrei come Zeus lo era per i Greci, Zeus salvato dalla capra Amaltea come Mosè fu salvato dalle acque). Va detto che già nella tradizione giudaica i profeti ed i santi dell’Antico Testamento era-no immaginati e creduti viventi tra le costellazioni; gli gnostici aggiungono la combinazione di questi nomi con quella dei dodici apostoli, di Maria, di Giovanni Battista, ecc.

In epoca costantiniana, la comunità gnostica fu definitivamente sostituita da quella cristiana capeggia-ta dal vescovo Teodoro. In pochi decenni sopra questi primi insediamenti religiosi si costruì un imponente complesso religioso cristiano costituito da una chiesa a due aule parallele senza abside, battistero e quadri-portico sul fronte occidentale, che durerà sino alla ca-lata longobarda: una delle più importanti sedi vescovile e /o patriarcale di tutto l’impero romano, che lascerà un forte segno storico-religioso in tutta l’ Europa. La diocesi aquileiese verrà soppressa per motivi politici a metà del secolo XVIII, con l’erezione di quella di Udine per il territorio soggetto alla Serenissima e quella di Gorizia per quello austriaco.

Note

1 Nel 1946 fu scoperta a Nag Hammadi, in Egitto, una biblioteca di testi gnostici. Tra questi c’erano anche i testi Jeu I e Jeu II, grazie ai quali si potè finalmente comprendere il significato di Pistis Sophia, opera in parte già conosciuta attraverso il Codex Askewianus. L’insigne prof. Luigi Moraldi la tradusse in italiano nel 1982).

Bibliografia di riferimento:

Renato Iacumin, “Le porte della salvezza – Guida alla lettura dei mosaici della basilica di Aquileia” – Gaspari editore – 2000 – (con presentazione di Luigi Moraldi);Renato Iacumin, “Le Tessere e il Mosaico”- Gaspari Editore- 2004.

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A nome di tutti i soci, la redazione di Siti vuole esprimere un sincero ed affettuoso ringraziamento a Francesco Raspa, il nostro vicedirettore, che lascia la rivista per assumere altri incarichi all’interno della struttura organizzativa del suo ente di ap-

partenenza. Grande è la nostra riconoscenza, come amico e collega, per l’impegno e la pas-sione con i quali ha collaborato alla ideazione e alla realizzazione di questo nuovo prodotto editoriale. Il merito dell’apprezzamento e della considerazione di cui gode Siti va ascritto, infatti, anche alle sue capacità ed alla sua intelligenza. Speriamo sinceramente che le nostre strade possano nuovamente incrociarsi e che Francesco possa ottenere nel suo nuovo lavoro altre importanti affermazioni personali, almeno pari alle sue indubbie qualità.

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e assoc ia z ion i rendono l ’uomo p iù for te e met-tono in r isa l to le dot i mig l ior i de l -le s ingole per-sone e danno la

g io ia che raramente s’ha restando per propr io conto, d i vedere quanta gente onesta e brava e capace e per cu i va le la pena d i vo lere cose buone” - ques ta l ’appassiona ta descr i z ione de l le comu-n i t à che Ca lv ino forn isce ne l suo “Baro -ne rampan te”. Una descr i z ione che t rova p iena con ferma ne l decenna le impegno de l l ’Associa z ione Ci t t à e S i t i I t a l ian i Pa-t r imonio Mondia le Unesco. D iec i ann i d i in tenso lavoro, in un crescendo d i p ro -pos te, p roge t t i e in i z ia t i ve che hanno fa t to assumere ad un or ig inar io p icco lo nucleo d i “vo len teros i” un ruo lo d i p r imo p iano ne l l ’ in te ro mov imen to Unesco i t a -l iano. Se t te, in fa t t i , i soci fonda tor i : A l -berobe l lo, Andr ia , Capr ia te S. Ger vas io, Fer ra ra , Ma tera , Ravenna e V icenza ( in s t re t to ord ine a l fabe t ico). Se t te come i con t inen t i , l e merav ig l ie de l mondo, i sagg i f i losof i g reci , i co lor i de l l ’a rcoba-leno e le no te musica l i – qua lche emble -mat ico accos tamen to, g ius to per cond i -

re la lo ro “ impresa” con un p iz z ico d i ep ic i t à . Se t te “magni f iche” c i t t à che ne l 1997 hanno da to concre tez za ad un’in -tu iz ione che s i è r i ve la t a par t ico la rmen-te fe l ice: un i re le ecce l lenze de l Paese per tu te la re e promuovere i l pa t r imonio cu l tura le e paesagg is t ico dando v i t a ad una coeren te po l i t ica de l la co l labora-z ione, de l c i rcu i to, de l la conoscenza . In s in tes i , “ fa re s is tema”.

Un’associa z ione le cu i f i la s i s t an-no rap idamen te ingrossando: 7 soci ne l 1997, 25 ne l 2003, 32 ne l 2005, 49 ne l 2007. L’assemblea svo l t as i a Comacchio i l 27 g iugno scorso ha , in fa t t i , r a t i f ica-to l ’ iscr i z ione d i c inque nuov i soci: i l Comune d i R iomaggiore, la Prov incia d i Roma, la Prov incia d i Pesaro e Urb ino, la Reg ione Toscana e la Reg ione Laz io. Last but not least, la r ecen t iss ima ade-s ione de l Comune d i S i r acusa.

Ne l la s tessa occasione sono s ta te assun te a l t r e impor tan t i decis ion i . F ra le p iù s ign i f ica t i ve cer t amen te que l le re la t i ve ag l i o rgan i d i r igen t i : i l s inda-co d i Fer ra ra Gae tano Sa ter ia le è s t a to r icon fermato a l l ’unan imi t à pres iden te de l l ’associa z ione per a l t r i due ann i; v ice pres iden t i sono s ta t i e le t t i i s indaci d i Ass is i , Claud io Ricci (anche per lu i una

mer i t a t a r icon ferma) e d i T ivo l i , Mar-co V incenz i . I l Consig l io D i re t t i vo sarà invece compos to da i r appresen tan t i de i Comuni d i Andr ia (a P ina Marmo, che lascia la v icepres idenza , un s ince-ro r ingra z iamen to per l ’o t t imo lavoro svo l to), F i r enze, No to, Urb ino, Verona e V icenza . Sempre ne l corso de l l ’assem-b lea comacchiese a l l ’a rch i te t to Claud io Fedozz i è s t a t a a f f ida ta la responsab i -l i t à d i Coord ina tore de l Comi ta to tec-n ico scien t i f ico de l l ’Associa z ione, con i l compi to speci f ico d i “svo lgere, ne l -l ’ambi to de l l ’a t tua z ione de l la Legge 20 febbra io 2006, n. 77 e de l la Ci rco la re de l Segre ta r io Genera le de l MIBAC pro t . 24098 de l 30 maggio 2007, a t t i v i t à con-su l t i va e proposi t i va a favore de i soci e

deg l i o rgan i de l l ’Associa z ione”.L’assemblea ha ino l t r e deciso, per

adeguare anche i l nome ad una rea l t à associa t i va che inc lude mol t i sogge t-t i d ivers i (comuni , p rov ince, r eg ion i , comuni t à mon tane ed en t i parco), d i ado t t a re la seguen te denominaz ione u f f ic ia le: Associa z ione Ci t t à e S i t i I t a-l ian i Pa t r imonio Mondia le Unesco.

Cambia i l nome, ma non la sos tanza: la consapevo lez za d i dover inves t i r e in un comune percorso d i qua l i t à e d i ec-ce l lenza che va lor i z z i e me t t a a pro f i t to le pecul ia r i t à de i te r r i to r i . Un messag-g io for te e ch ia ro che ha sapu to f inora in te rpre ta re a l megl io le aspe t t a t i ve de l mov imen to Unesco i t a l iano e che s ia-mo cer t i con t inuerà a raccog l ie re mol t i consensi . ( f.n .)

Note

1 Elenco completo dei soci a pag. 822 Ar t icolo 12 comma 4 del lo Statu to del-

l ’Associazione

A S S O C I A Z I O N E A S S O C I A Z I O N E

LA RETE ITALIANA DELLE CITTÀ UNESCO CAMBIA NOMEE CONTINUA A CRESCERE

CON IL VENTO IN POPPA

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BEIRUT“CAPITALEMONDIALEDELLIBRO2009”

L’Unesco ha designato Beirut come Capitale mondiale del Libro per il 2009. La capitale libanese è stata scelta “per la sua importan-

za in materia di diversità culturale, di dialogo e di tolleranza così come per la varietà e il carattere dinamico del suo programma”. Il Direttore Genera-le Koïchiro Matsuura, ha espresso il proprio com-piacimento nel “vedere che la città di Beirut, posta

a confronto con sfide immense in materia di pace e di coesistenza pacifica, sia rico-nosciuta per il suo impegno a favore di un dialogo più che mai necessa-rio nella regione e che il libro possa

contribuirvi attivamente”. Beirut è la nona città ad essere stata designata “Capitale mondiale del libro” dopo Madrid (2001), Alessandria (2002), Nuova Delhi (2003), Anversa (2004), Montreal (2005), Torino (2006), Bogotà (2007) ed Amster-dam (2008)

ALLASCOPERTADEILUOGHIDELL’ANIMA

Secondo un’indagine di Trademark Italia il tu-rismo religioso nel nostro Paese coinvolge 40 milioni di visitatori l’anno, per un giro

d’affari che si aggira attorno ai 4 miliardi di euro. I luoghi prediletti da questo settore turistico sono le 30mila basiliche e chiese, i 700 musei dioce-sani e i 220 fra santuari, monasteri e conventi della Chiesa Cattolica. Un fenomeno in continua

crescita alimentato da chi ha interessi prevalen-temente culturali (circa il 70%) e da pellegrini (per

il 20%), e che pri-vilegia le località m a g g i o r m e n t e legate al culto, come Roma, Assisi e San Gio-vanni Rotondo. D a l l ’ i n d a g i n e

emerge la figura di un turista di cultura elevata, che organizza il proprio viaggio facendo ricorso ad Internet e che va alla ricerca di quella parti-colare atmosfera di pace e di silenzio che solo i luoghi di fede sono in grado di creare.

NUDIA2.300METRIDIALTEZZA

Seicento volontari hanno posato nudi ai pie-di del ghiacciaio svizzero Aletsch per una campagna dell’organizzazione ecologista

Greenpeace volta alla sensibilizzazione dell’opinio-ne pubblica sul tema del surriscaldamento globale. Uomini e donne di ogni età hanno affrontato ore di cammino prima di togliersi gli indumenti e posare a dieci gradi centigradi per il celebre fotografo sta-tunitense Spencer Tunick. Secondo Greenpeace,

i ghiacciai alpini hanno perso circa un terzo della lun-ghezza e metà del volume negli ultimi 150 anni e quello di Aletsch, patri-monio mondiale

dell’Unesco dal 2001, si e’ ristretto di 115 metri in due anni. Se le temperature non scenderanno - avvertono gli ambientalisti - la maggior parte dei ghiacciai scomparirà entro il 2080. Spencer Tuni-

ck, famoso per le sue fotografie di folle nude in luo-ghi pubblici, non e’ nuovo a operazioni artistiche di questo tipo. Ha, infatti, realizzato quelle che defi-nisce “sculture viventi” o “paesaggi corporei” alla Biennale di Lione, su un ponte di Cleveland in Ohio, in una stazione della metropolitana di New York e, nel maggio scorso, ha fatto posare nude 18.000 persone sulla piazza Zocalo di Mexico City.

STONEHENGE:CHEDELUSIONE!

Un sondaggio effettuato in Gran Bre-tagna dalla Virgin Travel Insurance su oltre tremila persone, alle quali è

stato chiesto di indicare i luoghi turistici che meno hanno rispettato le loro aspettative, ha fornito risultati veramente sorprendenti. Molte località importanti, visitate ogni anno da centi-naia di migliaia di persone, sono state ritenute un’autentica delusione. Stonehenge, il circolo di megaliti che risale al 3500 avanti Cristo e attrae 755mila visitatori ogni anno, viene definito dagli interpellati “un isolato mucchio di rocce in un campo fangoso” e la Tour Eiffel, “terribilmente affollata e costosa”. Stessa sorte è toccata ad altre “meraviglie” di livello planetario: la Statua della Libertà a New York, le piramidi egiziane

e la scalinata di Piazza di Spagna, a Roma. Molti al-tri luoghi, invece, secondo il son-daggio, manten-gano inalterato il proprio fascino

anche dopo la visita. Fra questi: il Canal Grande a Venezia, il parco Masai Mara in Kenya e il Sid-ney Harbour Bridge in Australia.

ILSEGRETARIATOUNESCOPERL’ACQUASCEGLIEL’UMBRIA

Si è insediato lo scorso settembre a Peru-gia il Segretariato del Wwap, il Program-ma delle Nazioni Unite per la valutazione

dell’acqua. Un risultato importante che premia l’impegno della Regione Umbria e del Ministero per l’Ambiente e che mette il nostro Paese al cen-tro delle politiche globali sull’acqua. Il World Water Assessment Programme, ospitato fino ad oggi presso la sede parigina dell’Unesco, coordina l’at-tività delle Nazioni unite sul problema delle risorse idriche ed è il principale punto di riferimento mon-

diale del settore. I suoi obiettivi prin-cipali consistono n e l l ’e f f e t t u a r e un monitoraggio dello stato delle risorse d’acqua dolce, nel valutare gli ecosistemi del

mondo e identificarne le criticità, nello sviluppare gli indicatori e misurare il progresso delle azioni e nell’operare per un uso sostenibile delle risorse idriche. Nel marzo 2009 il Wwap presenterà, al Fo-rum mondiale dell’Acqua di Istambul, la terza edi-zione del Rapporto mondiale sullo stato dell’acqua, che sarà redatto proprio a Perugia.

ISTRUZIONEARISCHIONELMONDO

Truffe e corruzione mettono a repentaglio l’istruzione scolastica e universitaria in tutto il mondo. Questo il preoccupante

responso di un recente rapporto Unesco. False università private che offrono titoli di studio a pa-gamento, scuole fittizie e corsi scadenti

B R E V I * Not iz ie dal l ’ I tal ia e dal mondo Notiz ie dal l ’ I tal ia e dal mondo * B R E V I

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e/o fasulli stanno seriamente minacciando l’istru-zione dei giovani, sia nei paesi ricchi che in quelli in via di sviluppo. Un fenomeno, favorito dalla crescente diffusione di internet, che vede l’Ucrai-na (con 175 università private) fra le realtà più critiche. Secondo i curatori del rapporto, Jacques Hallak e Mueriel Poisson, la causa di questa diffi-cile situazione va ricercata nella proliferazione di scuole e università fittizie e nella grave crisi delle strutture pubbliche: “Nella maggior parte delle società, il settore dell’educazione deve fronteg-giare gravissime difficoltà e crisi di varia natura:

limiti finanziari, management de-bole o inadeguato, bassa efficienza e spreco di risorse, bassa qualità dei servizi e crescen-te mancanza di rilevanza sociale, come dimostrato dall’alto tasso di d isoccupaz ione

tra i laureati e i diplomati”. Nel dibattito è inter-venuto anche il direttore generale dell’Unesco, Koichiro Matsuura, sottolineando come il rappor-to vada interpretato come una sollecitazione ai governi affinché intervengano per limitare questo allarmante fenomeno.

QUANDOTURISMOFARIMACONVANDALISMO

Il World Monuments Fund, che da anni raccoglie fondi per la tutela del patri-monio culturale mondiale, ha dif fuso

l’edizione 2008 della World Monuments Wa-tch (www.worldmonumentswatch.org), la lista dei cento monumenti più a rischio per

at ti vandalici, incuria o incapacità dei gover-ni. Un elenco che, fra l’altro, non tiene conto dei danni derivanti dalle guerre, dall’estremi-smo religioso e dalla criminalità specializza-ta in fur ti di opere d’ar te. Anche l’Italia, con quat tro siti, è stata inserita in questa lista nera: i “trat turi”, la via della transumanza molisana, minacciata da industrializzazione e speculazione immobiliare; il Ninfeo degli Or ti Farnesiani sul Palatino a Roma, il For te di Fenestrelle in Piemonte e il “ponte-diga” fat to costruire a Valeggio sul Mincio da Gian Galeazzo Visconti per inondare Mantova. A livello mondiale l’elenco include monumen-

ti molto celebri ed altri quasi sconosciuti: la capanna rifugio di Scot t in An-tar tide, le mura di Famagosta a Cipro, la chiesa

della Natività di Betlemme, le chiese di Le-sbo in Grecia, le incisioni rocciose del Wadi Mathendush in Libia, il palazzo del municipio di Sarajevo, Machu Picchu in Perù, il santua-rio della Madonna di Teplovo in Russia, la cappella dei templari di Epailly nella Cote-d’Or in Francia, la Moschea Blu del Cairo, la Route 66 (il simbolo della gioventù america-na degli anni ‘70).

UNADIETADAUNESCO

La dieta mediterranea Patrimonio del-l’Umanità: questa la richiesta che il governo spagnolo ha deciso di inoltra-

re all’Unesco. Il ministro spagnolo dell’Agricol-tura, Pesca e Alimentazione, Elena Espinosa, nel presentare la candidatura ha sottolineato

come il modello alimentare me-diterraneo - un mix equilibrato di frutta, verdura, olio d’oliva, pa-sta, pane, pesce e carni magre, il

tutto bagnato dal vino – possa a buon dirit to considerarsi un “bene” da tutelare e valorizza-re. La dieta mediterranea è infatti basata sul consumo di alimenti ricchi di fibre, di olio d’oli-va e di pesce ed è unanimemente riconosciuta come dieta sana e nutriente, utile per contra-stare l’invecchiamento cellulare e le malattie cardiovascolari. Una buona notizia anche per l’Italia, culla, quanto la Spagna, della cultura e della dieta tipica di quello che i Romani chia-mavano Mare Nostrum.

LALOTTAAICANCELLIABUSIVIDIERCOLANO

Dopo trenta anni, è finalmente stato abbat tuto uno dei numerosi cancel-li abusivi che ostruiscono strade e

spazi pubblici e compromettono la fruizione del complesso archeologico di Ercolano. La rimozione della strut tura, messa in opera ne-

gli anni ’70 da alcuni privati, permetterà di accedere al pri-mo trat to della strada del Set te-cento ed affac-ciarsi sugli sca-vi. «La riaper tura di via Cor tili – ha

affermato l’assessore all’urbanistica Emma Buondonno - segna la nuova fruizione della strada del centro storico, in cui il cancello ne occultava la presenza. L’ampio proget to di riqualificazione urbanistica mira anche a ricomporre i tracciati viari originari». La de-molizione del cancello ha suscitato molto cla-more fra la gente che da tempo richiedeva di poter usufruire della strada.

ILTUNNELSOTTOILBOSFORO

Dal 2011 le due sponde dello stretto di Istanbul, quella europea e quel-la asiatica, si avvicineranno grazie

ad un tunnel sotterraneo che le collegherà. Il governo turco ha infatti presentato un proget-to, chiamato Marmaray, per la realizzazione di una linea ferroviaria sotterranea che potrà tra-sportare 70 mila passeggeri all’ora in un tunnel lungo quasi 1400 metri. Il progetto prevede la posa, alla profondità di 50 metri, di un gran-

de tubo contente due rotaie, una per ogni senso di marcia. Oggi lo stretto è attra-versato solamen-te da due ponti autostradali: il

ponte di Bogaz, lungo 1074 metri, e il ponte Fatih Sultan Mehmed, lungo 1090 metri, circa cinque chilometri a nord del primo. Il lavori ini-zialmente avrebbero dovuto terminare entro il 2009, ma sono stati rallentati dal ritrovamento di numerosi reperti archeologici. Il tunnel sotto il Bosforo viene letto dagli esperti di politica in-ternazionale come un ulteriore passo in avanti della Turchia nella sua faticosa marcia di avvi-cinamento all’Occidente.

B R E V I * Not iz ie dal l ’ I tal ia e dal mondo Notiz ie dal l ’ I tal ia e dal mondo * B R E V I

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La necropoli di Pantalica

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F ondata nel 1997 dai Comuni di Alberobello, Andria, Capriate S. Gervasio, Ferrara, Matera, Ravenna e Vicenza, ha saputo diventare, in

meno di un decennio, un impor tante punto di r iferimento per tut te le località italiane sui cui territori sono presenti beni culturali e naturali inseriti nella World Heritage List. Il sodalizio, del quale fanno par te 49 soci fra Comuni, Province, Regioni, Comunità Montane e Parchi in rap-presentanza di 38 dei 41 siti i taliani, svolge una intensa at tività di sostegno alle polit iche di tutela e di promozio-ne dei territori insigniti del prestigioso riconoscimento internazionale. La rete delle cit tà Unesco, in un’ot tica di superamento della frammentazione dell’of fer ta cultura-le, si pone come par te at tiva di un processo dinamico che crede nel valore strategico di alleanze integrate e funzionali e che persegue con tenacia gli obiet tivi di sal-vaguardia e di valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico italiano.

I principali obiet tivi statutari:• L’organizzazione di iniziative per la tutela del patrimo-nio culturale e naturale dichiarato patrimonio dell’uma-nità e la realizzazione di proget ti e proposte comuni da presentare alle amministrazioni pubbliche italiane e alle istituzioni internazionali;• L’elaborazione di polit iche di scambio di esperienze in relazione ai problemi presentati e alle soluzioni adot tate dalle varie comunità; la promozione di iniziative di edu-cazione in collaborazione con le autorità scolastiche; • La promozione, in collaborazione con le Università e gli Istituti di Ricerca pubblici e privati, di iniziative fi-nalizzate alla formazione professionale del personale delle pubbliche amministrazioni e non, impiegato nella

gestione del patrimonio culturale delle cit tà d’ar te;

• La programma-zione di una

polit ica turistica e di dif fusione dell’immagine che cor-risponda agli interessi della comunità in cui si trovano i beni patrimonio dell’umanità;• La promozione di rappor ti di collaborazione e coope-razione con analoghe associazioni che dovessero costi-tuirsi in Italia e con l’Anci., nonché con le associazioni internazionali che hanno medesime finalità, in par ticolar modo con l’Unesco.

Il presidente dell’Associazione è Gaetano Sateriale - sindaco di Ferrara. Il comitato diret tivo è composto dai rappresentanti dei comuni di Assisi, Andria, Firenze, Por tovenere, Tivoli, Urbino, Verona e Vicenza. La pre-sidenza e la segreteria hanno sede presso il Comune di Ferrara - Piazza Municipale n. 2 - tel. 0532-419917 - fax 0532-418331 - e-mail: [email protected]. Sito internet: www.sitiunesco.it.

L’elenco completo dei soci:Comune di Alberobello, Comune di Amalfi, Co-

mune di Andria, Comune di Aquileia, Comune di As-sisi, Comune di Barumini, Comune di Capriate San Gervasio, Comune di Caser ta, Comune di Cerveter i, Comune di Ercolano, Comune di Ferrara, Comune di Firenze, Comune di Lipar i, Comune di Matera, Comune di Modena, Comune di Montalcino, Comune di Napoli, Comune di Noto Comune di Padova, Comune di Pa-lazzolo Acreide, Comune di Piazza Armerina, Comune di Pienza, Comune di Pisa, Comune di Por to Venere, Comune di Ravenna, Comune di Riomaggiore, Comune di Roma, Comune di San Gimignano, Comune di Siena, Comune di Siracusa, Comune di Sor t ino, Comune di Tarquinia, Comune di Tivoli, Comune di Torino, Comu-ne di Torre Annunziata, Comune di Urbino, Comune di Venezia, Comune di Verona, Comune di Vicenza, Comunità Montana di Valle Camonica, Parco del Delta del Po, Ente Parco archeologico e paesaggist ico della Valle dei Templi, Provincia di Ferrara, Provincia di Pe-saro e Urbino, Provincia di Salerno e Regione Veneto.

L’ASSOCIAZIONE CITTÀ E SITI ITALIANI PATRIMONIO MONDIALE UNESCO