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SITI • anno terzo • numero uno I rischi del “Medioevo prossimo venturo” ~ Valorizzare e rispettare le bellezze del nostro Paese ~ “FAI” la cosa giusta: proteggi l’ambiente! ~ Le città d’arte come hub culturali ~ La cultura dell’arte e dell’ambiente contro la cultura del petrolio ~ Aspetti di tutela del sacro nel paesaggio storico ~ Diciotto nuovi gioielli impreziosiscono il patrimonio Unesco ~ Alicudi, la piccola isola dei mille gradini ~ Virgilio e i Gonzaga spingono Mantova verso l’Unesco ~ Valparaiso, puerto del mundo Associazione Città Italiane Patrimonio Mondiale UNESCO gennaio/marzo 2007 • anno terzo • numero uno SITI – anno terzo numero uno – periodico trimestrale – gen/mar 2007 – Poste Italiane S.P.A. – Spedizione in abbonamento postale – D L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n° 46) Art. 1, comma 1, DCB Ferrara TRIMESTRALE DI ATTUALITÀ E POLITICA CULTURALE SITI GENNAIO/MARZO 2007 • ANNO TERZO • NUMERO UNO

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SITI • anno terzo • numero uno

I rischi del “Medioevo prossimo venturo”~

Valorizzare e rispettare le bellezze del nostro Paese~

“FAI” la cosa giusta: proteggi l’ambiente!~

Le città d’arte come hub culturali~

La cultura dell’arte e dell’ambiente contro la cultura del petrolio~

Aspetti di tutela del sacro nel paesaggio storico~

Diciotto nuovi gioielli impreziosiscono il patrimonio Unesco~

Alicudi, la piccola isola dei mille gradini~

Virgilio e i Gonzaga spingono Mantova verso l’Unesco~

Valparaiso, puerto del mundo

Associazione Città Italiane Patrimonio MondialeUNESCO

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AUTORI E INTERLOCUTORI

Paola Cortese – Laureata in lettere con indirizzo artistico all’Università di Pavia. Ha seguito un corso di specia-lizzazione in Museologia e Museografia a Palazzo Spinelli di Firenze. Collabora alle pagine di cultura e spettacoli della Gazzetta di Mantova. E’ responsabile dell’ufficio stampa del Comune di Suzzara (MN).

Fabio Donato – Professore associato in Economia aziendale presso la Facoltà di Economia dell’Università di Ferrara, dove insegna “Economia delle aziende culturali” e “Management pubblico”. E’ co-direttore del MuSeC – Corso di perfezionamento interfacoltà in Economia e Management dei musei e dei servizi culturali. Ha pubblicato libri ed articoli sul tema del management delle istituzioni culturali tra cui “Il management dei teatri lirici. Ricerca degli equilibri e sistemi di misurazione”, 2004.

Rossella Gotti - Architetta, laureata allo IUAV nel 1998, ha svolto la sua attività professionale in Italia e, per alcuni anni, in Francia, dove si è occupata principalmente di nuovi edifici pubblici. Vive ora a Londra dove collabora alla progettazione di vasti interventi di public housing. Dal 2000 affianca all’attività progettuale quella di ricerca, con la collaborazione alla rivista di architettura Parametro, di cui è parte dello staff editor e per cui cura, tra l’altro, la rubrica websites.

Tatiana Kirova - Ordinario di Restauro presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino. Già Membro permanente per il CIAV (Comitèe Inter national d’Architecture Vernaculaire) e Vice Presidente per il CIVVIH (Comitèe International des Villes et Villages Historiques) presso l’ICOMOS di Parigi (UNESCO) dal 1981 e del TICCIH - Comitato Internazionale Architettura Industriale- ICOMOS (UNESCO) dal 1997. Esperto UNESCO per la valutazione delle candi-dature per l’iscrizione alla Lista del Patrimonio Mondiale dal 1985, ha compiuto numerose missioni all’estero istruendo numerosi dossiers di candidature e procedure per la World Heritage List (Portogallo, Algeria, Montenegro, ecc.)

Vindice Lecis – redattore capo della Gazzetta di Reggio del gruppo Espresso, ha scritto “La resa dei conti. Per fortuna che c’era Togliatti” (Ariostea, 2003), “Togliatti deve morire. Il luglio rosso della democrazia” (Robin edizioni, 2005) e il libro intervista “Una lunga storia della cooperazione ferrarese” (Pres&web, 2005).

Elena Montecchi – Sottosegretario di Stato al Ministero per i Beni e le Attività culturali. Deputata dal 1986 all’aprile del 2006, ha ricoperto l’incarico di Presidente del Collegio dei Questori nella XI Legislatura e di Segretario di Presidenza nella XII Legislatura. Dal 1996 al 2001 è stata Sottosegretario di Stato prima al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale poi alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega ai Rapporti con il Parlamento. Ha scritto diversi saggi sulle politiche del lavoro e, con Tiziano Treu e Massimo Antonello, ha contribuito alla stesura del volume “Mercato e Rapporti di lavoro” curato dal Prof. Marco Biagi (edito da Giuffrè, 1998). E’ autrice del libro “Le bimbe di Kabul” (Aliberti editore, 2005, alla 4° ristampa).

Giulia Maria Mozzoni Crespi – Dopo la sua attività editoriale (era co-proprietaria del Corriere della Sera), nel 1975, insieme a Renato Bazzoni, Alberto Predieri e Franco Russoli, fonda il FAI-Fondo per l’Ambiente Italiano su modello del National Trust inglese e ne diviene Presidente. Ha svolto una lunga attività anche in Italia Nostra come Consigliere Nazionale, come pure nella Sezione di Milano, nella quale ha condotto per 15 anni il Settore Educazione Ambiente. Da trent’anni, coadiuvata dal figlio, guida un’azienda agricola nella Pianura Padana dove si pratica il metodo dell’Agricoltura Biodinamica.

Michele Palumbo – Giornalista de ‘La Gazzetta del Mezzogiorno’ e docente di Filosofia e Storia al Liceo scientifico statale di Andria. Autore di numerosi saggi su tematiche filosofiche e storiche, a Castel del Monte ha dedicato alcune pubblicazioni: “Il nido dell’aquila” (Sveva editrice, Andria 1994), “Il Labirinto di Federico” (Sveva editrice, Andria 1998), il saggio “Castel del Monte: patrimonio dell’umanità, labirinto dell’uomo – metafora di una regione” (in Puglia di ieri Puglia di oggi a cura di M. Girone e F. Ghinatti, Levante editore, Bari 2001), la monografia “Castel del Monte” (assieme a P. Petrarolo, Ufficio Turismo, Andria 2002, l’edizione in inglese nel 2004).

Matteo Putinati - Architetto con Master in Pianificazione Ambientale Urbana Sostenibile organizzato dall’Univer-sità di Ferrara con studi e workshop svolti in diversi paesi dell’America Latina. In Cile ha contribuito a progetti privati e pubblici di recupero urbano della parte storica della città di Valparaiso e ha svolto ricerche presso il Centro de Estudios para el Desarollo Urbano Contemporaneo. Attualmente collabora alla stesura del Piano Urbano del Commercio di Alessandria e si occupa di integrazione tra Piani del Commercio e pianificazione urbana.

Giovanni Tiralongo – Laureato in storia e conservazione dei beni architettonici e ambientali. Responsabile dello studio professionale SiRes che si occupa di valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale. Ha partecipato a varie campagne di rilievo e scavo archeologico. Ha collaborato alla realizzazione del progetto europeo per il Portale informativo culturale delle Alpi occidentali e al cantiere di restauro architettonico di Palazzo Senatorio di Siracusa.

Siti

Trimestrale di attualità e politica culturaledell’Associazione città italiane patrimonio mondiale Unescogennaio/marzo 2007 • anno terzo • numero uno (sette)

Sede: Piazza del Municipio, 244100 Ferraratel. 0532 419452 fax 0532 [email protected]

Direttore responsabileSergio Gessi

Vice direttoreFrancesco Raspa

Coordinatore editorialeFausto Natali

Hanno collaborato a questo numero:Mario Bagnara, Paola Cortese, Fabio Donato, Rossella Gotti,Luca Gufi, Tatiana Kirova, Vindice Lecis, Lella Mazzoli,Claudio Montanaro, Michele Palumbo, Francesca Piccinini,Matteo Putinati, Andrea Tebaldi, Giovanni Tiralongo

Autorizzazione del Tribunale di Ferrara n. 2 del 16/02/05

Progetto grafico e impaginazioneAntonello Stegani

Impianti e stampaTipolitografia Italia Via Maiocchi Plattis, 36 – Ferrara

Si ringraziano Comuni, Province e Regioni per l’invio dei testi e del materiale fotografico.

Crediti fotografici:Andrea Bonfatti, Michele Grande, Rossella Gotti, Maurizio Caselli, Comune di Vicenza (Francesco Dalla Pozza/Colorfoto, Rosario Ardini, Rossana Viola), Comune di Matera Archivio Ufficio Sassi, Crespi d’Adda - Associazione culturale Nema, Giacomo Natali, Archivio Capitolare di Modena, Musei del Duomo di Modena, Comune di Noto

L’editore è a disposizione degli aventi diritto per quanto riguarda eventuali illustrazioni non individuate.

In copertina: Vicenza, Teatro Olimpico

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SITI • SOMMARIO

5 EditorialeI rischi del “Medioevo prossimo venturo”UnsistemaintegratochediaforzaalpatrimonioculturaledelPaesediGaetanoSateriale

8 Valorizzare e rispettare le bellezze del nostro PaeseIntervistaaElenaMontecchi,sottosegretarioalministeroperiBenieleattivitàculturalidiVindiceLecis

12 Primopiano“FAI” la cosa giusta: proteggi l’ambiente!IntervistaaGiuliaMariaMozzoniCrespi,presidentedelFondoperl’ambienteitalianodiFaustoNatali

18 L’analisiLe città d’arte come hub culturaliComeevolveilruolodelleamministrazionipubblichenelsettoreculturalediFabioDonato

24 IlpuntaspilliLa cultura dell’arte e dell’ambientecontro la cultura del petrolioLaValdiNotodavantiadunasceltadeterminantediGiovanniTiralongo

30 DossierAspetti di tutela del sacronel paesaggio storicoIlcasodelPianodiconservazionenell’areastoricadiBetlemmediTatianaK.Kirova

36 Diciotto nuovi gioielli impreziosisconoil patrimonio UnescoGliultimiinserimentinellaWorldHeritageListdiAndreaTebaldi

44 Alicudi, la piccola isola dei mille gradiniLapiùoccidentaledelleEolie,asoledueoredialiscafodaPalermodiRossellaGotti

46 Virgilio e i Gonzaga spingono Mantova verso l’UnescoIsitiitalianicandidatiallaWHLdiPaolaCortese

50 ReportageValparaiso, puerto del mundoLepotenzialitàlatentielepossibilitàdisviluppodiMatteoPutinati

56 BreviNotiziedall’Italiaedalmondo

L’associazione

60 Vicenza•VersolaredazionediunPianodigestioneregionalediMarioBagnara

66 Andria•CasteldelMonte,paradossodipietradiMichelePalumbo

69 Modena•Oreficerieecodiciminiatiall’ombradella“Ghirlandina”diFrancescaPiccinini

73 Tarquinia•Lanecropolietruscafrapassato,presenteefuturodiLucaGufi

76 Matera•IlrecuperodellacittànascostadiClaudioMontinaro

80 Urbino•Unesempioinnovativonellacomunicazionedell’arteedellaculturadiLellaMazzoli

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Torino - Palazzo Madama

EDITORIALE

arlare di rete, quando si ragiona del patrimonio culturale, non sempre spiega interamente la ricchezza dei progetti che abbiamo in testa. La via virtuosa da perseguire sta nella costruzione di un sistema realmente integrato di risorse e intelligenze tra le tante, numerosissime, eccellenze nazionali in campo culturale. L’obiettivo è chiaro; la soluzione, però, appare complicata e di ardua realizza-zione.

Nelle nostre città, infatti, ci stiamo muovendo verso quello che è stato chiamato il “medioevo prossimo venturo”, in cui le corporazioni delle arti e dei mestieri, in questo strano momento di declino della politica come l’abbiamo conosciuta, stanno diven-tando più importanti dei partiti. Io vedo tre rischi possibili, anzi, tre modelli negativi già in atto.

Il primo è quello “medioevale” delle città rivali fra loro: più vicine sono, più rivali sono. Purtroppo questo modello è ben noto e già operante.

C’è poi un altro modello, che è quasi nel nostro dna. E’ quello che induce a muo-versi come “Stati rinascimentali”, per Ducati, per Principati. Siccome in quell’epoca si è avuta, forse, la massima espressione nella storia post-romana di questo Paese, può darsi che non si riesca ad andare oltre. Però, se il nostro Paese adotta un simile modello riesce ad esprimere al massimo un paio di eccellenze di primissimo livello sul mercato mondiale. Io credo invece che per valorizzare il nostro enorme patrimonio artistico, storico e culturale, anche questo modello non funzioni troppo bene.

Infine c’è un altro modello possibile, particolarmente rischioso e che considero regressivo, perché non appartiene alla nostra storia. E’ il modello da “Stato ottocente-sco”: c’è una capitale che mangia tutto e che fa tutto. Le iniziative culturali, tutte quel-le possibili e immaginabili, possono nascere sotto qualsiasi latitudine e longitudine, ma vengono successivamente replicate “a Parigi”, che ne diventa il luogo mondiale di espressione. Questo è un modello che può funzionare in Francia, ma non va

UN SISTEMA INTEGRATO CHE DIA FORZAAL PATRIMONIO CULTURALE DEL PAESE

I RISCHI DEL “MEDIOEVO PROSSIMO VENTURO”

di GAETANO SATERIALEPresidente Associazione Città Italiane Patrimonio Mondiale Unesco

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Ravenna

bene per il nostro Paese. E se ci muoviamo in questa direzione ancora una volta non riuscire-mo ad esprimere tutte le nostre potenzialità.

Allora qual è la quarta ipotesi? È un modello che cerca di costruire un sistema, mettendo insieme le tante facce, più o meno eccellenti, ma davvero molto ricche, che abbiamo e che costituiscono l’unicità del patrimonio storico e culturale italiano. Penso a Torino, a Venezia, a Firenze, a Roma, a Napoli, a Palermo; ma penso anche a tutte le città medie che, sul versante del patrimonio e della possibile offerta di politica culturale, avendo valorizzato il proprio patrimo-nio, sono in grado di esprimere voci originali. Città che costituiscono importanti realtà della vita culturale del Paese: Mantova, Treviso, Vi-cenza, per citarne alcune. Questa è la sfida. Una sfida importantissima, in questo caso davvero strategica, perché il settore di cui ci occupiamo - la valorizzazione del patrimonio culturale e storico di questo Paese, sotto ogni aspetto e forma - se analizzato come un qualsiasi settore economico, è forse l’unico nel quale siamo in grado di produrre un’innovazione competitiva in campo internazionale. Siamo in ritardo, ma ab-biamo potenzialità gigantesche e se ci diamo da fare, se cominciamo a comprendere il carattere della sfida e le strategie più giuste, possiamo affrontarla e vincerla.

La sfida vera e propria, a mio parere, si caratterizza per scelte nette che dobbiamo compiere a livello nazionale centrale e a livello nazionale decentrato. Il problema è noto: svi-luppare il turismo d’arte e di cultura di qualità all’interno del nostro Paese. Succede infatti che perdiamo competitività a livello internazionale in maniera paurosa, trascinati dal turismo tradizio-

nale, che va male in quanto a capacità di attrarre consumatori - ci dicono gli esperti - perché è penalizzato da prezzi troppo alti e da una ecces-siva polverizzazione dell’offerta.

Badate, però: il nostro turismo d’arte e di cultura è trascinato verso il basso da quel turismo tradizionale che invece, in passato, è stato un grande volano di sviluppo economico del Paese. Bisogna allora sganciarsi da vecchie logiche per cercare di impostare politiche spe-cifiche e non commettere gli errori già compiuti a proposito del turismo tradizionale: frammen-tazione dell’offerta e sistema di prezzi fuori mercato. Se persevereremo ancora nello stesso errore, il consumatore straniero si orienterà verso altre località del mondo, perché nessuno detiene il monopolio del settore del turismo d’arte e di cultura.

Questo sta a significare che, nel nostro cam-po, bisogna smettere di pensare esclusivamente a ciò che possediamo in termini di patrimonio (che comunque va recuperato, restaurato, offerto di nuovo, vincolato, tutelato, eccetera), ma si deve cominciare a pensare a come questo patrimonio possa produrre reddito. E’ una cosa leggermente diversa, che richiede necessaria-mente la tutela, il restauro e la conservazione, ma che non può fermarsi alla tutela, al restauro e alla conservazione. Perseverare in un simile errore significherebbe, se fossimo imprenditori industriali, confondere gli impianti con il prodot-to. Non si fa tanta strada sui mercati solo con gli impianti, bisogna cercare di farne venir fuori qualcosa. Oggi, a parte qualche rara eccezione importante, è ancora un obiettivo lontano.

Io la vedo così: si deve partire dal restauro, dalla tutela, dalla conservazione, ma guardando

alla valorizzazione. Se no, convinti di avere la più grande fetta del patrimonio artistico e cul-turale del mondo, ci comportiamo come quel venditore monopolista che aspetta che gli squilli il telefono. Ma se non continuiamo a promuove-re e ad innovare la comunicazione sulla nostra grande ricchezza, il telefono squillerà sempre più di rado. Uno dei problemi da risolvere, quin-di, è proprio quello di migliorare la capacità di comunicare i nostri beni culturali.

Faccio un esempio sulla mia cit tà, così nessuno si offende. Ferrara ha una bella Cat tedrale del 1100. Nel mese di agosto, sulla piazza di quella Cat tedrale ci sono 40 gradi e ovviamente i visitatori sono scarsissimi. Ma l’ultima set timana di agosto, in concomitan-za con il Festival dei musicisti di strada che suonano sot to la Cat tedrale, in quel luogo passano 900mila persone in una set timana. Questo per dire che produrre at tività ed eventi è il giusto modo di investire per dare valore al patrimonio. Io credo che questo rappresenti il problema più impor tante e che sarebbe sba-gliato cercare di risolverlo individualmente. La scelta corret ta consiste nell’affrontare la questione guardando al sistema complessivo e intergrato dell’offer ta, che risulta straordi-nario e senza concorrenza al mondo se agisce di comune accordo.

L’Associazione delle cit tà i taliane patri-monio mondiale Unesco è a disposizione per sostenere questo tipo di polit iche. L’As-sociazione è una piccola rete ed è una rete - elemento impor tante - con nodi di varie dimensioni. È, quindi, una rete variabile, in quanto a robustezza, ma è una rete signi-ficativa poiché possiede un grandissimo

marchio, r iconosciuto a livello nazionale e internazionale. A noi piacerebbe molto farne, in qualche modo, il veicolo di sperimentazio-ne del sistema.

* Tratto dall’intervento tenuto a Firenze il 24 novembre 2006 in occasione del convegno “La città del restauro” .

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Elena Montecchi

lena Montecchi, at tuale sot tosegretario ai Beni e alle at tività culturali, ha una lunga esperienza di governo. Dapprima in quello locale (è stata assessore in una cit tà simbolo del welfare come

Reggio Emilia) poi nel governo nazionale, come sot tosegretaria al Lavoro (1996-1998) e successivamente sot tosegretaria alla Presidenza del consiglio (1999-2001). A lei abbiamo chiesto come l’esecutivo di centro sinistra vuole af frontare le emergenze cul-turali e coniugare tutela e valorizzazione dell’immenso patrimonio italiano.

Uno dei segni maggiormente visibili del-l’attenzione del Governo sui beni culturali è

la rivendicazione da parte italiana degli oggetti d’arte trafugati ed esposti in alcuni musei, come il Paul Getty Museum. Come preserviamo i nostri beni archeologici?

Il patrimonio archeologico, ar tistico e ar-chitet tonico è una grande risorsa per il nostro paese. Le nostre cit tà, i nostri musei rappre-sentano visivamente la storia dell’I talia, sia nelle sue fasi di grande splendore economico, sociale e culturale, sia in quelle di crisi e ab-bandono dello stesso patrimonio.

Il nostro Ministero è nato negli anni ’70 del Novecento per tutelare, preservare e va-lorizzare questa risorsa: una vera e propria “missione” che continuiamo ancora oggi. E lo facciamo puntando alla realizzazione di una serie di proget ti che vanno dal recupero architet tonico, al miglioramento qualitativo

delle of fer te culturali, alla costruzione di percorsi turistico-paesaggistici. La vicenda del confronto con il Get ty Museum è solo un episodio, seppur impor tante, del nostro pro-gramma. In questo caso abbiamo voluto riba-dire che è interesse nazionale ripristinare il dir i t to alla restituzione delle opere trafugate.

I beni culturali rappresentano, insie-me all’ambiente, il principale motivo di attrazione del nostro Paese. Ma non si tratta solo di immagine: come trasformarli ancora di più in una risorsa economica compatibile con le nostre caratteristiche e rispettare l’articolo 9 della nostra Co-stituzione?

Il nostro Governo punta a sviluppare il turismo culturale e il turismo compatibile con l’ambiente. D’altro canto il nostro pae-saggio e le nostre cit tà sono bellissime, e vanno preservate “utilizzandole” con rispet to, e penso che ormai questa cultura sia ampiamente dif fusa. Si trat ta di conso-lidarla in una prospet tiva che contempli un intreccio vir tuoso tra economia e tutela del patrimonio.

E’ chiaro che i beni non sono da con-siderarsi, pur nell’ambito di una linea di rigorosa tutela e conservazione, dei beni esclusivamente museali. Come giudica la proposta di utilizzarli per iniziative cultu-rali e di spettacolo? L’impatto può

Ferrara Assisi Porto Venere Verona

INTERVISTA A ELENA MONTECCHI,SOTTOSEGRETARIO AL MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI

VALORIZZARE E RISPETTARE LE BELLEZZE DEL NOSTRO PAESE

di VINDICE LECIS

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Firenze

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essere eccessivo e pericoloso per alcuni siti di particolare delicatezza?

Abbiamo già diverse esperienze positive di utilizzazione di musei e spazi architet to-nici o archeologici significativi, che hanno ospitato concer ti di musica classica, rappre-sentazioni teatrali, animazione per ragazzi. Noi incoraggiamo e sosteniamo queste espe-rienze. Tut tavia ci sono manifestazioni, come i grandissimi concer ti, che sono incompati-bili con la stragrande maggioranza dei nostri sit i. Ad esempio, io ho condiviso totalmente la decisione delle Sovrintendenze competenti che, nel set tembre scorso, hanno impedito lo svolgimento del concer to di Bruce Spring-steen presso i giardini della Reggia di Caser-ta. Sono perciò favorevole all’utilizzazione del nostro patrimonio per diverse finali tà culturali, purché venga totalmente rispet tata la “natura” dei luoghi che si utilizzano.

L’Associazione delle città italiane patrimonio mondiale dell’Unesco è una realtà operante da undici anni. Come il Governo intende collaborare per lo svi-luppo e la valorizzazione dei siti scelti dall’Unesco?

Il Ministero considera rilevante la valo-rizzazione e/o lo sviluppo dei sit i Unesco e, in par ticolare, la mia collega, il Sot tosegre-tario Danielle Mazzonis, è molto impegnata in questo senso. L’esperienza dei sit i Une-sco italiani conferma anche le possibili tà di ulteriori e nuove modalità di valorizzazione del nostro patrimonio. Il Governo collabora, naturalmente, sia con l’Associazione, r ico-nosciuta sin dal 2000, sia con le singole

cit tà e i singoli sit i. Non va inoltre dimenti-cato che presso il Ministero è operativo un Gruppo Tecnico e Scientifico che si occupa specificamente del monitoraggio dei sit i Unesco e delle valutazioni delle domande di iscrizione.

Come lo sviluppo economico può con-vivere con la tutela e la valorizzazione dei beni culturali, senza considerarli come fratelli minori, non centrali? Basta cioè declamare la necessità di uno sviluppo compatibile con l’ambiente e la cultura oppure occorre anche drasticamente dire dei no a determinate scelte che appaiono invasive o distruttive?

È ormai cultura scientifica e popolare dif fusa considerare fat tori di sviluppo ci-vile ed economico l’ambiente, il paesaggio e i beni culturali. Questa cultura contraddi-stingue anche larga par te della legislazione nel nostro paese che va rispet tata e fat ta r ispet tare. Il nostro Ministero ha fat to, anche con la legga finanziaria, il proprio mestiere. Innanzitut to ha sbloccato ingenti r isorse non spese, poi ha isti tuito un nuovo fondo sui beni culturali, e ha finanziato il completamento del Museo di Ar te Con-temporanea. Le risorse ci sono e inten-diamo destinarle al meglio per valorizzare e rispet tare le bellezze del nostro Paese. E siamo anche intenzionati, at traverso i nostri strumenti isti tuzionali, a dire anche dei no a scelte tecnicamente non compa-tibili con gli indir izzi programmatici e con la legislazione relativa al r ispet to dei beni ambientali e culturali.

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Tivoli

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Il giardino della Kolymbetra

econdo Puglisi, il presidente della Commissione Nazionale Unesco, l’Italia fa troppo poco per meritarsi lo straor-dinario patrimonio culturale che possiede. È della stessa opinione?

Certamente. L’ Italia ha il patrimonio culturale, monumentale e paesaggistico più importante del mondo ma la speculazione edilizia sta maltrattando il territorio in malo modo. Si stanno costruendo troppe case per poi, magari, lasciarle vuote. Con il solo scopo di sfruttare un mercato, quello delle costruzio-ni, che poco ha a che fare con le necessità abitative della popolazione. Esempi lampanti di questo modo scellerato di gestire il territorio sono le lottizzazioni che stanno cementifican-do due straordinari gioielli paesaggistici come la Val d’Orcia e Mantova. Bisogna intervenire con decisione per scongiurare simili scempi ed evitare che il marchio Unesco funga da pre-testo per bieche operazioni commerciali che nulla di buono recano al territorio. Occorre, perciò, una collaborazione sempre più stretta fra Stato, Regioni e Soprintendenze (che vanno ristrutturate e fornite di personale e di mezzi) per arginare questa sciagurata febbre edilizia che sta infuriando da parte di numerosi specu-latori e così evitare preventivamente ulteriori deturpazioni al paesaggio.

Come risponde a chi vi accusa di voler mettere sotto vetro città e paesaggi trasfor-mandoli in musei?

Rispondo che è una emerita sciocchezza. La gente deve abitare le cit tà d’arte, ristruttu-rando le case vuote o cadenti, potenziando la

vita culturale e i musei. Ampi parcheggi auto vanno creati all’esterno delle mura. Le cit tà non vanno imbalsamate, ma non vanno neppure di-strutte con interventi che ne minino l’integrità storica e culturale come sta succedendo a Milano. Bisogna recuperare e restaurare con rigore, impedendo l’innalzamento di nuovi piani o soffit te nei centri storici. Con lo sguardo rivolto al futuro. Senza trascurare gli aspetti economici, ma badando anche alla qualità della vita. Le cit tà vanno protette innanzitutto da una cappa di smog che le sta divorando e che le rende invivibili. Milano, sotto questo punto di vista, è emblematica e la peggiore. Cit tà minori invece, come Ferrara e Siena ad esempio, han-no dimostrato che è possibile coniugare con successo politiche di tutela, valorizzazione, vivibilità e sviluppo economico.

P R I M O P I A N O

IL PATRIMONIO CULTURALE E NATURALE:UNA GRANDE RISORSA DA TUTELARE E VALORIZZARE

“FAI” LA COSA GIUSTA:PROTEGGI L’AMBIENTE!

Intervista a Giulia Maria Mozzoni Crespi, presidente del Fondo per l’Ambiente Italianodi FAUSTO NATALI

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Abbazia di San Fruttuoso

Lei ritiene che il concetto di tutela am-bientale sia stato sufficientemente assimila-to dalla gente e dalle istituzioni?

La gente non è ancora pienamente con-sapevole di quanto siano preziosi (da molti punti di vista, non ultimo quello economico) i tesori ar tistici, culturali e naturali di cui è disseminata l’Italia. Non si è ancora svilup-pata una adeguata sensibilità verso l’unica, insostituibile “materia prima” di cui dispone il Paese. Questo perché la gente è cieca. Ed è cieca perché non è stata sufficientemente educata. Ai bambini si dovrebbe insegnare ad amare la bellezza e la poesia. Dovrebbero es-sere aiutati a sviluppare fantasia e creatività, prima di insegnare loro l’uso del computer. Bisogna far ritornare nelle scuole italiane la storia dell’ar te, così sciaguratamente abolita dalla riforma Morat ti (assieme alla storia della musica e all’educazione civica). Ma anche il mondo del lavoro ha le sue colpe, sot tovalu-tando, ad esempio, l’impor tanza dell’ar tigia-nato. Un set tore oggi gravato da norme troppo restrit tive che ne stanno soffocando dinamici-tà e competenza. Una volta per lavorare in una bot tega ar tigiana i praticanti pagavano (penso a Michelangelo o a Donatello, per esempio) adesso, invece, l’ar tigianato è sogget to a tas-se eccessive che lo stanno facendo morire. L’ar tigianato è la base del successo del Made in Italy ed andrebbe adeguatamente sostenuto e valorizzato, non ostacolato.

Come valuta le prime iniziative sul patri-monio culturale del nuovo governo?

Il governo Prodi ha ereditato grossi bu-chi nel bilancio dello Stato e temo che per riempire questi buchi stia trascurando il

patrimonio culturale, sot tovalutando il ruolo trainante nello sviluppo economico del nostro Paese che i beni culturali e il paesaggio, se corret tamente tutelati e valorizzati, possono giocare. Noi del FAI abbiamo notato che nelle località nelle quali gestiamo nostre proprietà si aprono ristoranti, si ristrut turano case e nascono negozi di ar tigianato. Un indot to che, potenziando la prolifica filiera del turismo, fa-vorisce tut ta la comunità sulla quale insiste il bene. Ma occorre agire con accor tezza ed at-tenzione. Bisogna organizzare circuiti culturali che permettano di conoscere meglio la storia, l’ar te e la cultura del nostro Paese. Occorre stimolare i tour operator a proporre percorsi turistici diversificati per decongestionare le tradizionali mete turistiche e potenziare i cen-tri minori. Serve più volontà e meno specu-lazione. Occorre promuovere gli agriturismi, disincentivare i mega-alberghi che deturpano il paesaggio e puntare sul turismo sostenibile delle piste ciclabili, del trekking, del turismo equestre, delle mountain bike.

E la ventilata ipotesi di introdurre una tassa sul turismo: balzello o necessità?

Mi spiace che il governo non abbia saputo cogliere questa opportunità. Credo che la rein-troduzione della tassa di soggiorno avrebbe portato grandi benefici alla cultura italiana. Esiste In molti paesi europei e in Italia è stata abolita solo nel 1991. Opporvisi è semplice demagogia populista.

Cosa vuole che impor ti al turista pagare un euro o due quando una pizza ne costa cinque? Ai cit tadini e agli operatori turistici non è stato sufficientemente spiegato che con queste entrate i Comuni potrebbero

finalmente disporre, in un momento così dif ficile per i bilanci degli enti locali, di ri-sorse indispensabili per tutelare il territorio e impedirne il degrado. Sono indignata dalla mancanza di coraggio che ha dimostrato il governo in questa occasione.

Qual è la sua opinione sulle Grandi Opere?A proposito del Ponte sullo Stretto voglio

essere molto chiara: sarebbe un grave errore. Opera faraonica di scarsa utilità che detur-perebbe l’ambiente, non tenendo conto degli effetti sul territorio, sulla fascia costiera, le acque marine e la fauna locale. Sul Mose ho

molti dubbi, forse non ne so abbastanza, ma noto che i pareri contrari sono molti. Venezia ha prosperato mille anni senza il Mose, inter-venendo però drasticamente e severamente nella manutenzione dei canali e fiumi che defluiscono in laguna, per cui forse si potreb-be ripensare alle tecniche passate senza un intervento che costerà una valanga di soldi sia di costruzione che di manutenzione. Un’opera che non garantisce un risultato certo e che, ostacolando il necessario ricambio idrico tra il mare e la laguna, rischia di atrofizzare gli ambienti lagunari.

P R I M O P I A N OP R I M O P I A N O

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CHE COS’È IL FAI

Il Fondo per l’Ambiente Italiano è la principale fondazione italiana no profit per la tutela, la salvaguardia e la cura del patrimonio artisti-

co e naturalistico ed è la terza in Europa dopo i Natio-nal Trust inglese e scozzese. Il Fondo per l’Ambiente Italiano nasce il 28 aprile del 1975 per volontà di Giulia Maria Mozzoni Crespi, Renato Bazzoni, Alberto Pre-dieri e Franco Russoli che, consapevoli dell’immensa vastità del patrimonio italiano e dell’impossibilità che la sua tutela potesse gravare su un solo governo o su un ristretto gruppo di persone, decisero di fondare il FAI ispirandosi al National Trust inglese.

Oggi il FAI può vantare: oltre 70.000 aderenti e ben 36 beni tutelati.

Il fatto che il FAI possieda e gestisca Beni di gran-dissimo valore, fa sì che venga spesso considerato una fondazione ricca: niente di più sbagliato! Basta pensare a quanto costi mantenere una casa per immaginare quali debbano essere i costi di restauro e mantenimento di un castello medievale. Ogni singola adesione, ogni singola donazione che il FAI riceve e ogni singolo volontario che sceglie di regalargli il proprio tempo è determinante per far crescere la Fondazione: senza tutto ciò il lavoro del FAI sarebbe impossibile.

(tratto dal sito www.fondoambiente.it )

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Ferrara - Parco del Delta del Po

In oltre trent’anni di attività il FAI ha realizzato numerosi ed importanti interventi. Quali sono quelli dei quali va più orgogliosa?

I beni attualmente tutelati dal FAI sono 36 ed ognuno di questi è stato recuperato con grande

impegno, generosità ed amore dai soci della nostra fondazione. Sono tutti interventi di grande qualità che restituiscono alla collettività autentici gioielli che rischiavano di scomparire per sempre. Ma, dovendone citare alcuni, sottolineerei il recupero del Giardino della Kolymbetra, nella Valle dei templi di Agrigento: una palude utilizzata come discarica che abbiamo bonificato e che oggi è diventata un fantastico giardino archeologico nel quale fluisce, dagli antichi ipogei scavati nel 300 avanti Cristo dai greci, acqua sorgiva. Straordinario anche il lavoro compiuto per Villa Gregoriana a Tivoli. Un grande parco pubblico voluto da papa Gregorio XVI, tappa di viaggiatori, poeti, artisti, re e impe-ratori per tutto l’800, nel quale spicca il maestoso e spumeggiante spettacolo della Cascata Grande, alta oltre 100 metri. Ma vorrei citare, in questo breve elenco, anche il Castello di Masino, nei pressi Torino: residenza per dieci secoli dei conti Valperga, circondato originariamente da mura e torri, domina dall’alto di una collina il paesaggio miracolosamente intatto del Canavese. Aggiunge-rei anche la bellissima Abbazia di San Fruttuoso a Camogli, un luogo assolutamente unico, dove l’opera dell’uomo si è felicemente integrata con quella della natura e Villa di Balbianello sul lago di Como, che sorge su un romantico promontorio a picco sul lago di Como.

Quali sono i progetti del FAI per il 2007?Stiamo completando i lavori per il restauro

della cinquecentesca Villa dei Vescovi di Luvi-gliano di Torreglia, in provincia di Padova: una delle più belle ville del Veneto, edificata nel Cinquecento su un terrapieno dei Colli Euganei, testimonianza di perfetta armonia tra arte e natura. Contiamo di aprirla al pubblico entro la fine del 2007. Così come vogliono comple-

tare entro l’anno prossimo anche l’intervento per il recupero di Casa Necchi Campiglio, costruita da Portaluppi nel cuore di Milano. Immersa in uno splendido giardino, restituisce fedelmente l’atmosfera di vivace mondanità dell’alta borghesia milanese della prima metà del Novecento.

Come giudica l’azione di salvaguardia del patrimonio culturale svolta dall’Unesco?

Credo che l’Unesco dovrebbe tutelare il patrimonio culturale con maggiore determina-zione. Mi sembra che troppo spesso non inter-venga con la dovuta energia per impedire il de-grado di quei beni minacciati da progetti che ne mettono a repentaglio l’integrità e che sono stati segnalati quali patrimonio dell’umanità. Penso, ad esempio, all’atteggiamento passivo tenuto dall’Unesco sulla questione Parco del Ticino:

uno straordinario corridoio biologico tra le Alpi e il Po, unica riserva di ossigeno e biodiversità in una zona ormai fortemente antropizzata, rico-nosciuto come MAB dall’UNESCO (patrimonio mondiale della biodiversità) e sul quale incom-bono pericolosi progetti legati all’ampliamento dell’aeroporto della Malpensa.

A suo avviso, quale sito italiano meritereb-be di essere inserito nella Lista dell’Unesco?

Metà dell’Italia. È tutta meravigliosa, ma i siti inseriti nella WHL sono già molti e diventa sempre più difficile riuscire ad ottenere il rico-noscimento Unesco. Ma se devo citarne uno, credo che la Sardegna meriti una particolare attenzione per lo straordinario patrimonio cul-turale e paesaggistico che possiede. Una terra bellissima che andrebbe maggiormente tutela-ta e valorizzata.

P R I M O P I A N OP R I M O P I A N O

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Padova

l settore culturale italiano si trova oggi di fronte ad un paradosso: da un lato la cultura viene sempre più av-vertita quale un valore fondamentale per lo sviluppo del Paese, non solo in termini sociali ma anche economici; dall’altro lato la crisi della finanza

pubblica italiana non permette di destinare a tale settore le risorse pubbliche necessarie per investimenti di carattere strutturale.

Facendo riferimento ai dati della Ragioneria Generale dello Stato, come evidenziati nel bilan-cio dello Stato, si può osservare che nel periodo 2002-2004: a) i trasferimenti agli enti territoriali per il settore culturale da parte del Ministero per i beni e le attività culturali siano scesi di circa il 15% in valori assoluti; b) il budget del Ministero è rimasto sostanzialmente invariato, considerando del resto che esso è per larga parte composto da costi del personale, non comprimibili quindi nel breve periodo; c) i finanziamenti settoriali hanno subito rilevanti diminuzioni, come nel caso del fondo unico per lo spettacolo, che, ampliando l’orizzonte temporale al periodo 2001-2005, ha visto una riduzione di oltre il 25% in valori assoluti.

Più recentemente si è assistito ad una prima inversione di tendenza, come è testimoniato dallo

stanziamento aggiuntivo di 50 milioni di euro a favore del Fondo Unico dello Spettacolo, avve-nuto tramite il decreto legge n. 223 del 2006; tuttavia lo scenario complessivo della finanza pubblica non consente illusioni in termini di signi-ficativi aumenti dei finanziamenti pubblici, quanto meno nel breve periodo. Del resto, nel momento in cui si scrive, la manovra finanziaria attesa per fine anno si aggira intorno ai 35 miliardi di euro ed è quindi improbabile immaginare da parte del governo centrale ingenti risorse aggiuntive per il settore.

Dall’altro lato, deve tuttavia essere osservato come negli ultimi anni, a fronte del ridursi dei contributi statali al settore, altre fonti di finan-ziamento siano emerse in modo significativo per le istituzioni culturali. Si fa riferimento sia ai contributi erogati da enti locali, sia alle erogazioni delle fondazioni bancarie al settore culturale che, in base alle elaborazioni Civita su dati ACRI, nel 1993 ammontavano a 24 milioni di euro, e sono progressivamente cresciuti, raggiungendo i 31 mln. di euro nel 1995, i 78 mln. nel 1998, i 183 mln. nel 2000 ed i 338 mln. nel 2003.

Il quadro generale che ne deriva per le istitu-zioni culturali è quindi quello di una progressiva diminuzione delle risorse pubbliche centrali, cui si contrappongono, con effetti più o meno com-

pensativi a seconda delle diverse aree del Paese, contributi pubblici di enti territoriali e di fondazio-ni bancarie locali.

Risulta dunque necessario interrogarsi su quali siano le condizioni che, nell’ambito di una città d’arte, consentano il raggiungimento di ade-guati gradi di economicità, sia a livello di singola istituzione sia a livello di sistema territoriale nel suo complesso, anche facendo leva sul ricono-scimento Unesco.

Per quanto riguarda le singole istituzioni culturali, di fronte ad una tale riduzione dei trasferimenti pubblici, e più in generale delle ri-sorse a disposizione, i percorsi possibili sono tre: scadimento quanti-qualitativo delle attività cultu-

rali realizzate; riduzione dei costi (tipicamente dei costi del personale); ricorso a fonti alternative. Evidentemente, l’ultima delle tre opzioni è quella maggiormente auspicabile. Ciò non significa, naturalmente, non intraprendere percorsi volti alla ottimizzazione nell’utilizzo delle risorse, e più in generale al recupero dell’efficienza, che consentano quindi una riduzione dei costi. Tuttavia, in questo momento non pare possibile che la riduzione dei trasferimenti possa essere completamente compensata solo da recuperi di efficienza nella produzione delle manifestazioni culturali e nella organizzazione interna delle atti-vità, soprattutto se la valutazione viene espressa in una prospettiva di breve termine.

L ’ A N A L I S IL ’ A N A L I S I

COME EVOLVE IL RUOLO DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHENEL SETTORE CULTURALE

LE CITTÀ D’ARTECOME HUB CULTURALI

di FABIO DONATO

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Roma

Appare quindi necessario indirizzarsi verso la ricerca di fonti finanziarie alternative, e questo può essere particolarmente realizzato valorizzan-do il patrimonio intangibile che è proprio delle istituzioni culturali e che talvolta è del tutto sotto-valutato, se non addirittura poco compreso.

Si tratta di quel patrimonio costituito dalla qualità delle persone che lavorano nelle istituzio-ni culturali, di quel patrimonio legato al prestigio ed alla reputazione della istituzioni culturali, di quel patrimonio di relazioni con una molteplicità di soggetti, pubblici, non profit e privati, che ne-cessita di essere messo in rete. Si tratta cioè di

mobilitare tutte le forze esistenti, di fare sistema, di aprirsi alla propria comunità, non solo cultu-rale, ma anche territoriale, di dare un contenuto concreto al concetto di partecipazione.

Il recupero delle risorse finanziarie mancanti può quindi essere sì in parte realizzato con mi-glioramenti della efficienza, ma, soprattutto, può essere realizzato dando effettivo inizio a percorsi di progettualità, condivisi con altri soggetti, in una logica di sistema. In questa prospettiva, il fundrai-sing non è più una semplice attività di richiesta di fondi a chi ne ha, ma diviene il momento nel quale si realizza una mappatura di tutti i possibili

interlocutori sociali, pubblici, non profit, privati, e si propongono dei progetti che abbiano un chia-ro e specificato beneficio per entrambe le parti coinvolte, anziché avanzare delle sole richieste di contributi. Ovviamente, l’istituzione culturale deve mantenere la propria piena autonomia di scelta e realizzazione del progetto culturale, ma devono altresì essere reso visibile ai diversi interlocutori i vantaggi che essi possono ottenere in termini di comunicazione, immagine, benefit (es. partecipa-zione ad eventi speciali, posti riservati, visite delle mostre fuori orario, ecc.).

Le stesse attività aggiuntive, di carattere

commerciale, assumono in tale prospettiva un diverso significato. La presenza di servizi di bar, ristorazione, libreria, vendita di gadget ed altro non risultano essere solo attività di reperimento di risorse, ma divengono strumenti per favorire la partecipazione, per favorire l’apertura alla comunità, per ridurre quello scollamento, quella lontananza, che parte della popolazione sente nei confronti delle istituzioni culturali.

Si tratta perciò di intervenire sul proprio spe-cifico patrimonio intangibile: un patrimonio fatto di persone, con le loro conoscenze, competenze, motivazioni, senso di appartenenza; fatto di rela-zioni, sia sul territorio, sia di tipo settoriale nella comunità culturale; fatto di creatività, flessibilità e coesione organizzativa. Fatto cioè di tutte quel-le risorse intangibili che una istituzione culturale tende a dare quasi per scontate, e che talora quasi si dimentica di avere, e che sono invece quelle risorse che la caratterizzano, e che le sono invidiate dalle imprese orientate al profitto.

A partire da tali riflessioni appare dunque op-portuno interrogarsi, in un’ottica macro, su che cosa significhi essere oggi una città d’arte – e particolarmente una città d’arte sede di un sito ri-conosciuto quale patrimonio mondiale dell’uma-nità dall’Unesco - e quali siano i possibili percorsi di sviluppo territoriale. La domanda, cioè, è se una città d’arte necessiti oggi di percorsi di svi-luppo differenti o meno rispetto a quelli intrapresi nel recente passato.

Il modello sino ad ora prevalentemente se-guito dalle città d’arte, nell’ottica di coniugare identità culturale e sviluppo economico del territorio, è stato quello di attivare flussi turistici sul territorio facendo leva sul patrimonio culturale locale o sulla organizzazione di eventi

L ’ A N A L I S IL ’ A N A L I S I

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Aquileia

culturali di rilevante richiamo. Un modello cioè che ha mirato ad attrarre significativi flussi turi-stici nell’area per sviluppare i relativi settori della economia locale.

La riflessione che oggi appare necessario condurre, sia a livello locale che nazionale, è quindi se un modello che ha avuto sino ad oggi un tale successo sia ancora da perseguire nei medesimi termini.

Se è vero che il turismo, ed in particolare il turismo culturale, può essere una importante ri-sorsa per il Paese sia a livello nazionale che loca-le, nondimeno oggi appare necessario prendere consapevolezza di come il settore del turismo sia intrinsecamente un settore economicamente molto volatile, che i fenomeni della globalizzazio-ne ampliano anche il numero di appetibili località turistiche e che le politiche di attrazione turistica di altri paesi appaiono essere oggi particolar-mente aggressive. Si considerino i dati pubbli-cati nel marzo 2006 da Il Giornale dell’Arte, con particolare riferimento alle mostre temporanee. Il numero di visitatori delle mostre del nostro Paese nel 2005 si è fermato a 4.736.000, che rappresenta il peggior risultato dopo i tragici avvenimenti dell’11 settembre 2001, che incisero sensibilmente sui flussi turistici. I dati del 2005 mostrano una riduzione infatti del 31,4% rispetto al 2004 ed una inversione di tendenza rispetto al trend positivo a cui si è assistito nel triennio 2002-2004, laddove i visitatori di mostre erano stati 4.765.000 nel 2002, 5.081.000 nel 2003, 6.225.000 nel 2004.

La presa di coscienza di tali dati non significa naturalmente ridurre lo slancio verso politiche nazionali e locali di attrazione turistica, ma, al con-trario, evidenzia l’esigenza di rafforzarle coniugan-

dole con ulteriori mirate iniziative. Oggi, probabil-mente, essere città d’arte non può più significare solo realizzare mostre ad alta attrazione turistica, ma promuovere l’intero sistema di imprendito-rialità legato al settore culturale, ossia rendere la città un punto di riferimento per chiunque, in qualunque ambito, intenda realizzare a livello nazionale od internazionale delle manifestazioni culturali. Come noto, infatti, la realizzazione di un grande evento culturale, come ad esempio una importante mostra, necessita di una serie di com-petenze molto articolate: l’ideazione del progetto, l’analisi storico-artistica, la progettazione degli allestimenti, la loro realizzazione e montaggio, l’ufficio stampa e le attività di marketing, la gestio-ne e la organizzazione della mostra, i trasporti, la produzione filmica, le attività di prenotazione e di biglietteria, le visite guidate ed i servizi didattici, il sito internet, le produzioni editoriali, i sistemi di sicurezza, i prodotti artigianali, l’illuminazione, ed inoltre le attività legate ad azioni di valorizzazione e restauro, come quelle di comunicazione e pro-mozione, di produzione della conoscenza e di alta formazione, o quelle di restauro in senso stretto, di geo-referenziazione, di monitoraggio, di analisi chimiche e fisiche ed altro ancora.

Si propone dunque una visione nella quale la città d’arte assuma la valenza di un hub1, capace di attrarre risorse, conoscenze e competenze non solo di tipo culturale in senso stretto, ma relative a tutti i settori legati a quello culturale, e da cui poi progettare, realizzare, proporre e diffondere prodotti e servizi su scala locale, nazionale ed internazionale. Appare dunque evidente come in tale ottica si allarghi il numero e la tipologia degli interlocutori interessati: non solo le amministra-zioni pubbliche ed i soggetti del sistema culturale

e turistico locale, ma anche il sistema imprendi-toriale, l’Università e tutti i centri che producono conoscenza, il sistema bancario e le fondazioni bancarie locali, le associazioni di rappresentanza delle varie categorie economiche, i movimenti, le associazioni, tutti i soggetti del terzo settore, i cittadini e la comunità in senso lato.

Ma allora, in tale ottica, lo stesso ruolo delle amministrazioni pubbliche tende a mutare. Non si tratta più di soggetti che producono un servizio che permette di attrarre turisti per l’economia locale. Il ruolo delle amministrazioni pubbliche, in questa prospettiva, si evolve verso un ruolo di regista del sistema e di regolatore dello stesso. L’amministra-zione pubblica si viene cioè a trovare al centro di una rete di soggetti, con lo scopo di mobilitare le risorse, le energie, il pensiero creativo, e, al tempo

stesso, fissando, in modo concertato, le regole di funzionamento del sistema.

In quest’ottica non si tratta più di produzione di valore pubblico o di valore privato, ma di co-produzione del valore da parte di tutti i soggetti appartenenti alla comunità, in un contesto di rafforzamento sia delle condizioni di economicità del territorio sia del senso di appartenenza e di identità locale.

Note

1 Il termine hub deriva dal linguaggio delle reti in-formatiche per indicare un fulcro, un centro nevralgico che funge da attrattore e distributore in una rete orga-nizzata a stella. Una applicazione di tale logica si ha, ad esempio, nei grandi aeroporti, quali Heathrow, che rappresentano un hub di un sistema di trasporti aerei.

L ’ A N A L I S IL ’ A N A L I S I

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IL PUNTASPILLI

Noto - Fontana d’Ercole

embra di tornare indietro nel tem-po, nell’epoca in cui si costruiva il petrolchimico di Priolo, sembra che la coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi sia l’unica via per sostenere la debole economia della regione Sicilia; o forse no.

Sembra che negli ultimi anni, anche se manca un serio piano di sviluppo sostenibile, la direzione intrapresa dal territorio della Sicilia sud orientale sia quella di una economia basata sul turismo culturale e sui prodotti biologici e di qualità; o forse no.

Sicuramente questi due modelli giusti o sbaglia-ti che siano non possono convivere e questo genera lo scontro fra le due culture, arte o petrolio? È que-sto il problema che incombe sul nostro territorio.

Nel 2002 vengono iscritte nella lista dei siti Unesco le città barocche della Val di Noto, nello stesso territorio si trovano anche Siti d’Importanza Comunitaria (S.I.C.), e Zone di Protezione Speciale (Z.P.S.), una fra tutte la riserva naturale di Vendicari, territori con vincolo paesaggistico, idrogeologico e con forte presenza di agricoltura biologica e di qua-lità (nero d’Avola, mandorla Pizzuta d’Avola, ciliegi-no di Pachino, uliveti e carrubeti protetti, ecc.).

Nel 2004 viene data la concessione “Con

decreto n. 16 del 22 marzo 2004 dell’Assessore per l’industria, [...], è stato accordato alla Panther Resources Corporation, [...], il permesso di ricer-ca per idrocarburi liquidi e gassosi convenzional-mente denominato “Fiume Tellaro” ricadente nei territori dei comuni di Caltagirone, Grammichele, Licodia Eubea, Mazzarrone e Vizzini (prov. di Catania), Chiaramonte Gulfi, Comiso, Giarratana, Modica, Monterosso Almo e Ragusa (prov. di Ragusa); Avola, Buscemi, Noto e Rosolini (prov. di Siracusa), dell’estensione di Km 2746,37, per una durata di anni 6 …”. La denominazione permesso di ricerca non deve però tranne in inganno, infatti il disciplinare recita che qualora la ricerca vada a buon fine, la Panther Resources Corporation ha il diritto di “coltivare i giacimenti degli idrocarburi che verranno scoperti a seguito delle ricerche compiute nel periodo di durata del permesso o a seguito delle ricerche compiute in regime di con-cessione”, insomma potrà rimanere ben oltre i sei anni previsti ed avrà “il diritto di costruire, eserci-tare e mantenere un sistema, parziale o completo, di serbatoi e condotte, allo scopo di raccogliere e conservare gli idrocarburi grezzi, e di trasportarli dai campi di produzione ai centri di utilizzazione, raffinazione ed esportazione. Tale

LA VAL DI NOTO DAVANTI AD UNA SCELTA DETERMINANTE

LA CULTURA DELL’ARTEE DELL’AMBIENTE CONTROLA CULTURA DEL PETROLIO

di GIOVANNI TIRALONGO

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Il petrolchimico di Priolo

sistema, può comprendere le stazioni di spinta iniziali o intermedie e relativi serbatoi, i macchinari annessi, le condotte principali e secondarie [...], le stazioni di scarico, terminali di spedizione e i relativi collegamenti”.

Ossia l’assessorato all’industria della Regione Sicilia ha concesso all’impresa americana, traen-done un insignificante vantaggio economico, di trasformare l’intera Val di Noto (circa il 6% del territorio regionale) in un enorme complesso estrattivo gas-petrolifero.

Ad onor di cronaca questa non è l’unica con-cessione di ricerca decretata in quel periodo dalla regione Sicilia, in alcuni comuni in provincia di Ca-tania, Enna e Messina i permessi sono stati con-cessi alla Sarcis Spa; in altri comuni in provincia di Catania e di Enna invece scaverà l’Edison, mentre nella zona di Ragusa a perforare sarà anche l’Eni.

Ma nel Val di Noto non si andava verso uno sviluppo territoriale basato sulla coltivazione biolo-gica e di qualità? Non si puntava sulla cultura del-l’arte confermata dall’importante riconoscimento dell’Unesco? Forse l’assessore regionale all’indu-stria insieme a tutta la giunta regionale siciliana, compresa l’opposizione, non si erano accorti di nulla, ma gli abitanti del vallo ci credevano vera-mente e riappropriandosi dell’originale significato del sostantivo hanno innalzato robuste palizzate per impedire all’impresa statunitense di trivellare il loro suolo per ricercare il petrolio.

Purtroppo, solo dopo i 60 giorni in cui i sindaci dei comuni si limitarono ad affiggere un avviso all’Albo Pretorio per rendere pubblica la questione, iniziarono a settembre del 2004 le prime denunce dei Verdi di Siracusa e nel gennaio 2005 nacque il “Comitato per le energie rinnovabili e contro le tri-vellazioni gas-petrolifere in Sicilia” promosso non

solo dalle Associazioni ambientaliste, ma anche dagli operatori turistici della zona.

Da allora molte iniziative sono state intraprese per revocare la concessione, con contributi politici si era giunti alla sospensione della concessione il 20 maggio 2005 poi revocata dal Tar il 1 dicembre, il 23 gennaio 2006 cinque comuni del Val di Noto (Noto - Caltagirone - Modica - Rosolini e Buscemi), a cui poi si sono aggiunti Avola e chiaramente Gul-fi, votano una mozione in cui si dichiarano contrari al modello di sviluppo prospettato richiedendo alla Regione di tornare indietro sui suoi passi, anche la provincia di Siracusa, ha votato una presa di posizione ferma contro le ricerche gas-petrolifere, incaricando un pool di avvocati per difendere il territorio.

Intanto sul campo opposto a maggio 2006 la Panther ha chiesto ai proprietari di terreni a 4 km da Noto di cedere porzioni di terreni di 0,6 ettari per impiantare i loro cantieri ed avviare le loro attività.

Ma il 3 luglio 2006 finalmente viene richiesta da parte dell’assessorato regionale per il territorio e l’ambiente la Valutazione di Impatto Ambientale e la Valutazione di Incidenza relativa agli interventi previsti. Risulta questo un punto nevralgico dell’in-tera vicenda, infatti secondo le direttive europee, in caso di ricerca di idrocarburi è obbligatorio procedere con la verifica di VIA ed inoltre dispo-ne che particolare attenzione durante la verifica, vada prestata a “zone umide […], zone montuose o forestali, riserve e parchi naturali […] zone di importanza storica, culturale o archeologica”, nonché zone protette dalle leggi degli stati membri o da quelle comunitarie (Sic e Zps); tutto questo è presente nel territorio in questione e quindi rimane un mistero il perchè queste due procedure siano

state richieste solo ora e non quando venne data la concessione per la ricerca e la coltivazione.

Questo ed altri vizi procedurali sono al vaglio del TAR Sicilia ma ancora dopo tanto tempo, mol-teplici manifestazioni, fra interrogazioni ed inter-pellanze parlamentari, ultima delle quali ad opera dell’onorevole Grazia Francescato, non esiste un definitivo vincitore fra le due culture.

Noi abitanti del vallo ci schieriamo a favore della cultura dell’arte, della conservazione delle tradizioni, della tutela dell’ambiente naturale e del paesaggio e della valorizzazione di stratificazioni storiche che sono a nostro avviso non solo una eredità a cui dobbiamo rivolgerci con infinito rispetto, ma soprattutto il futuro, il mezzo ed il fine di un modello di sviluppo che riteniamo realmente sostenibile.

In contrapposizione a questo c’è solo il mi-raggio, l’illusione di una miniera d’oro nero, di un

benessere economico definito nel tempo e senza futuro, e soprattutto non compatibile con la cultura dell’arte.

Penso non ci sia bisogno del parere di un esperto di impianti di estrazione per capire il grosso rischio che questi possono provocare a livello ambientale e paesaggistico, tale da provo-care la paura di rivedere ciò che è avvenuto nella costa nord di Siracusa, con problemi incalcolabili all’ambiente e soprattutto all’uomo (percentuali di malattie e tumori molto superiori alla media).

L’esempio di Megara Hyblea risulta emblemati-co, qui i due sistemi coesistono solo formalmente, risultano infatti emotivamente distrutti ed effetti-vamente privati del loro valore anche economico i pochi resti di una della più importanti colonie greche di epoche classica; in cui è possibile solo evidenziare romanticamente come le ciminiere del vicino petrolchimico e della centrale

I L P U N T A S P I L L II L P U N T A S P I L L I

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Noto - Chiesa dell’Immacolata Venezia

termoelettrica configurano uno skyline, metafora delle rovine di colonne di un antico tempio classico, quasi come ad essere dentro un quadro surrealista di Renè Magritte.

In conclusione sembra veramente di tornare indietro nel tempo, distruggendo purtroppo ciò che di positivo è stato fatto negli ultimi anni; pro-prio mentre il CNI Unesco organizza la Settimana nazionale dell’educazione allo sviluppo sostenibile (nella sua prima edizione, dal 6 al 12 novembre 2006, dedicata all’energia rinnovabile) su uno dei siti italiani incombe il pericolo di una trasforma-zione socio-ambientale che se non contrastata in tempo risulterà irreversibile.

Forse una soluzione sarebbe proprio quella di richiedere all’Unesco di inserire i siti del Val di Noto

e di Siracusa e Pantalica nella lista del “World Heri-tage in Danger”, che, come è successo in tanti altri casi, potrebbe intervenire per salvaguardare anche questo patrimonio dell’umanità1.

Note

1 Cfr. “L’Unesco si vede (anche) nel momento del bi-sogno” di Andrea Tebaldi, anno secondo, numero tre, lug/set 2006 […] interventi hanno caratterizzato le The Giza Pyramids in Egitto, minacciate nel 1995 da un progetto autostradale che avrebbe danneggiato il sito; il Royal Chi-twan National Park in Nepal il cui impatto ambientale era minacciato; il sito archeologico di Delphi in Grecia minac-ciato nel 1987 da uno stabilimento vicino al sito; il Whale Sanctuary di El Vizcaino in Messico nel 1999 minacciato da attività commerciali. http://www.sitiunesco.it/attach/unesco/docs/siti_5_tebaldi.pdf

I L P U N T A S P I L L I

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Chiesa della Natività

colle della Basilica da un avvallamento sul quale correva l’acquedotto romano che portava l’acqua dalle vasche di Salomone fino a Gerusalemme.

Tutta la storia della città è permeata dal filo conduttore della sacralità, intesa come espressio-ne materiale e tangibile della fede dell’uomo. Già nel IV secolo era un importante centro monastico e nel 326 Costantino intraprendeva la costruzione della Basilica di Santa Maria (l’attuale chiesa della Natività) nel luogo venerato già dal 160 d.C. quale luogo della nascita di Cristo. Sembra che allo stes-so Costantino si debba far risalire la costruzione delle prime mura che in parte sembrerebbe siano inglobate nei contrafforti della Basilica. Nel 614 fu conquistata dall’esercito persiano di Cosroe che la distrusse rispettando però la Basilica, così come fecero gli arabi nel 638. Durante il

pericolosi anacronismi, stilemi acquisiti da colte accademie che mal si accordano alle realtà particolari. In poche parole, l’ascolto dei luoghi, piuttosto che la loro distaccata lettura.

Nell’ambito della tutela del paesaggio sacro, un esempio significativo è rappresentato dalla città di Betlemme, fulcro religioso della fede cattolica e riconoscimento d’identità per l’intera comunità mondiale cristiana.

Betlemme sorge pochi chilometri a sud di Ge-rusalemme. E’ costituita da un vasto insediamento stretto tra gli abitati di Beit Sahur e Beit Jala, ma che all’epoca di Cristo doveva essere un piccolo villaggio il cui nucleo era presumibilmente localiz-zato a nord-ovest dell’attuale Piazza della Natività, probabilmente sulla collina distinta dallo sperone roccioso dove oggi sorge il mercato e separato dal

l tema del sacro costituisce un ambito specifico dell’autenticità e dell’intangi-bilità dei luoghi e si configura come argomento di specifica attualità, specie in questo momento in cui le diversità religiose costituiscono prete-sto di attriti internazionali che minano

nel profondo la pace mondiale.Mentre ci si interroga sulla legittimità di un

conflitto che affonda le sue radici nella profondità delle diversità sociali, culturali e religiose, dal mondo della cultura si solleva, forte, l’invito alla riflessione sull’importanza delle differenze culturali tra i popoli, della loro conoscenza, comprensione e valorizzazione.

In questa ottica, si ripone in discussione il concetto stesso di patrimonio culturale che, lasciando il campo della pura materialità, investe domini sempre più ampi, riconoscendosi non più nel singolo oggetto, ma nel profondo significato del processo che ha portato alla sua nascita, alla sua identità culturale, appunto.

L’evoluzione delle teorie del restauro moderno trova in questa recente conquista una delle più alte motivazioni alla conservazione dell’integrità dei luoghi attraverso la conservazione dello spirito che li pervade e che li ha generati.

Ma se l’autenticità è stata più volte definita

come la ricerca della verità in ambito culturale, possiamo definire la sacralità come parte di questa autenticità, l’essenza spirituale di un popolo che si trasfonde sul territorio e sulla vita all’interno di esso, realizzando un filo conduttore della sua evoluzione storica e culturale. Rimane comunque ancora aperto il dibattito su che cosa sia effetti-vamente la identità di un luogo, la sua dimensione anche immateriale.

La risposta va ricercata nei percorsi, nei suoni e nei colori di un luogo che giocano un ruolo im-portantissimo nella percezione della dimensione dell’intangibilità, fondendo la dimensione materiale della realtà architettonica con quella spirituale delle tradizioni dove il valore esiste oltre l’aspetto materi-co. E’ quello che capita nelle processioni religiose, legate per esempio a punti urbani ben identificati connessi da percorsi devozionali che si ripetono sempre uguali a se stessi, spesso da diversi secoli. Sono una realtà urbana conosciuta anche in Italia, soprattutto nei centri storici del Meridione, come gli altari devozionali distribuiti lungo le strade, spesso nei crocevia, e conservati da secoli inalterati nel tempo. Anche nei casi in cui sono stati modificati, ciò che non cambia è la devozione del fedele che identifica nel luogo l’ambiente della preghiera.

Capire un paesaggio storico e un paesaggio sacro significa evitare gli sfalsamenti temporali,

D O S S I E RD O S S I E R

IL CASO DEL PIANO DI CONSERVAZIONENELL’AREA STORICA DI BETLEMME

ASPETTI DI TUTELA DEL SACRO NEL PAESAGGIO STORICO

di TATIANA K. KIROVA

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D O S S I E R

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Betlemme

Chiesa della Natività

senziali. Le stampe del XIX secolo rappresentano la città come piccoli gruppi di case addossate alle possenti mura dei conventi.

Le costruzioni di Betlemme sono quindi abbastanza recenti, ma il tracciato e le tipologie architettoniche sono molto antichi.

Le celebrazioni per il Giubileo del 2000, hanno richiamato l’attenzione internazionale sulla città storica di Betlemme. Diverse nazioni hanno finan-ziato e predisposto studi e progetti che interessa-no, pur nella loro frammentazione, tutto il tessuto urbano della città. L’analisi del Dossier preparato dall’UNESCO e dal Comitato “Bethlehem 2000” ha portato alla luce una notevole massa di lavori da realizzarsi ed in parte già finanziati da diversi Stati, che tuttavia rischiano di ignorarsi l’un l’altro, a spese di un tessuto urbano già molto degradato e sofferente.

Gli interventi, completamente privi di un piano di coordinamento generale se non di tipo finanzia-rio, nella maggior parte dei casi esaminati, risultano non prevedere alcuna verifica in merito alla compa-tibilità e possibilità di coesistenza armonica, con il tessuto urbano e l’edificato storico preesistente. Infatti, i progetti donati, nella quasi totalità dei casi studiati, sono fortemente legati alla cultura e al modo di progettare dei paesi donatori con al più marginali richiami estetici all’architettura tradizio-nale locale. Così ritroviamo piazze e strade ricche di fontane, in un paese dove la mancanza dell’ac-qua è occasione di insanabili attriti e belligeranze; ampi e nuovi viali a quattro corsie, con quattro filari di alberi dalle ampie chiome, intervallati da ferree panchine, in una città che si trova nel deserto di Giuda, con un verde urbano caratterizzato da isolati palmizi e olivi e qualche nespolo o albicocco e con temperature che tutti conosciamo.

Anche il paesaggio naturale si fonde con il tema del sacro, rievocando le descrizioni bibliche con facili richiami all’iconografia storica. L’ambien-te naturale intorno alla città si articola in diversi livelli di scenari naturalistici. Immediatamente al di fuori della cinta muraria della città di Betlemme è presente il “paesaggio delle coltivazioni dell’ulivo” disposto concentricamente intorno all’abitato, ca-ratterizzato da terrazzamenti in pietra a causa dei forti dislivelli, di muri e muretti a secco in pietra locale costruiti per consentire la coltivazione su terreni piani e trattenere le rare acque meteoriche.

Il segno umano emerge attraverso rustici rurali, costruzioni sparse di forma elementare, prevalentemente di pianta quadrangolare e coper-tura a cupola, isolate o in aggregazioni semplici, a destinazione rurale, costruite con la stessa pietra dei terrazzamenti lasciata a vista.

Ad esso si affianca il paesaggio agrario tradi-zionale, dove la presenza dell’acqua, estremamente localizzata, ha consentito la presenza di orti e cam-pi coltivati opportunamente delimitati e frutteti svi-luppati su terrazzamenti o nelle piccole pianure di fondovalle. Si tratta di un paesaggio notevolmente articolato e presenta varietà di elementi armoniz-zati tra loro. Il senso del tempo, rimasto

dominio crociato divenne un centro religioso molto importante che vide nel 1100 la consacrazione di Baldovino I re di Gerusalemme. Quando nel 1187 il Regno Latino di Gerusalemme cadde sotto gli attacchi del Saladino, anche Betlemme fu presa, ma la Basilica rimase ancora una volta illesa. Da quest’anno in poi Betlemme conobbe un declino inarrestabile che la ridusse, nel XVI e XVII seco-lo, ad un villaggio di poche centinaia di abitanti. Soltanto nell’Ottocento si ritrovano i segni della ripresa, soprattutto in seguito al crescente numero di cristiani che vi si insediarono. Occupata per un breve periodo dall’Egitto (1831-1841), passò sotto la dominazione Turca. Con il crollo dell’impero Ottomano nella prima guerra mondiale divenne protettorato Britannico e quindi seguì la sorte di tutta la Cisgiordania.

Accanto alla storia epica della città, ben co-nosciuta e resa nota dai brani della Bibbia o della storia della Cristianità, dalla nascita di re Davide,

a quella del Cristo, alla conquista del Saladino, Betlemme ha vissuto fasi storiche alterne di svi-luppo e declino anche urbano. Recenti studi, in particolare dell’équipe francese dell’Università di Belleville, e specificatamente di Catherine Weill-Rochant, hanno affrontato le problematiche di uno sviluppo urbano storicamente complesso, caratterizzato da cicli alterni di espansione e con-trazione, concentrati su uno schema statico di assi viari e nuclei conclusi delimitati dai quartieri storici (haras).

La città è stata più volte demolita e ricostruita è si è finalmente costituita con i suoi caratteri salienti nel periodo ottomano. Le costruzioni più antiche sembrano risalire al XVI o al XVII secolo. Immagini del XVII secolo mostrano un villaggio disposto sul colle antistante la Basilica e separato da questa dall’avvallamento dell’acquedotto, con una struttura insediativa che si manterrà inalterata e che é possibile leggere ancora oggi nei tratti es-

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unesco•associazionecittàitalianepatrimoniomondiale 35

La Porta dell’Umiltà

nienti da Oriente per raggiungere il luogo della nascita di Cristo.

Il 25 novembre, il Custode dei Luoghi Santi, una delle massime autorità dell’Ordine France-scano, proveniente anch’egli da Gerusalemme sosta alla Tomba di Rachele dove, accolto dai confratelli, procede lungo l’antica via di Hebron, fino alla via Paolo VI che percorre interamente, attraversando gli antichi quartieri di Farahieh e Nadjajreh, fino alla Piazza dei Magi e quindi alla Chiesa della Natività.

Il 25 dicembre, in memoria dell’apparizione dell’angelo che annunciava la nascita di Cristo ai pastori, la popolazione si reca in processione lungo le antiche vie per i campi e le coltivazioni di olivo in direzione dell’abitato di Beit Sahour (paese a est di Betlemme) giungendo al Campo dei Pastori, luogo in cui tradizionalmente, almeno da epoca bizantina, viene custodita la memoria della presenza della comunità pastorale ai tempi della Natività.

Si sono così potuti valorizzare gli antichi percorsi inserendoli anche in una logica pro-grammatoria degli interventi di salvaguardia e va-lorizzazione, che consentono una riqualificazione contestuale delle emergenze monumentali e del tessuto urbano attraverso il legame esistente tra le tradizioni pervenuteci di carattere storico-culturale e le realtà residuali delle emergenze materiali.

Mai come in questi territori della Terra Santa i monumenti oltre ad essere importanti testimonianze dei diversi popoli insediati, sono essi stessi elementi imprescindibili di coesione etnica e religiosa, in grado ancora, dopo millenni, di ricordare all’uomo la sua comune radice, anche se professata e declinata secondo le diverse fedi religiose.

immutabile, è evidente nelle colture condotte con le stesse procedure del passato e con gli stessi strumenti manuali della tradizione, senza nessuna concessione alla meccanizzazione.

Il paesaggio urbano della città è segnato dalle dimore tradizionali, cinte tra le antiche porte della città con passaggi coperti verso i campi e svettanti campanili a segnare di sacro l’intero scenario. Pur se occasionalmente disuniforme e con evidenti e offensivi recenti squilibri, il paesaggio della città si presenta notevolmente unitario e fortemente ca-ratterizzato sia dalle emergenze monumentali, sia dal tessuto compatto della sua preminente edilizia residenziale. L’omogeneità è data dalla comune matrice della loro veste materiale, la pietra calca-rea lasciata a vista, che crea un insieme omogeneo di indubbio valore.

Nel Piano di Conservazione (da me coordinato come progetto Unesco (2000-2002)), all’interno dell’analisi dell’area urbana ci sono sembrati me-ritevoli di essere segnalati e schedati anche alcuni percorsi che, legati tradizionalmente a celebrazioni ed avvenimenti di carattere religioso, permettono di cogliere sia la pluralità delle tradizioni religio-se e culturali nel contesto sociale plurietnico di Betlemme, che, al tempo stesso, di realizzare significativi collegamenti col tessuto monumentale e storico della città.

In particolare l’ingresso dei Patriarchi, l’inse-diamento del Custode dei Luoghi Santi, la proces-sione al Campo dei Pastori seguono tracciati che coincidono con le direttrici di sviluppo urbano e con le antiche vie d’accesso alla città, o, nell’ultimo caso, con camminamenti legati alle culture della produzione agricola tradizionale:

Il Percorso del Patriarca è storicamente considerato quello effettuato dai Magi prove-

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Breslavia - Sala del Centenario

a “famiglia” Unesco si è allarga-ta. Nei mesi scorsi1, infatti, sono entrati a fare parte della World Heritage List, diciotto nuovi siti che portano il totale a 830 (644 culturali, 62 naturali, 24 misti). Dalla Cina al Messico passando

per Oman, Siria ed Etiopia; dalla Polonia al Senegal transitando per Germania, Spagna e Italia, la lista del patrimonio mondiale non conosce confini. Tra i nuovi siti palazzi, zone di arte rupestre, paesaggi naturali, città minerarie, santuari e altro ancora.

Dopo aver presentato nel numero precedente Genova, con un intervento del sindaco Giuseppe Pericu, ora compiremo un excursus completo per conoscere ognuna delle diciotto nuove straordina-rie “perle” Unesco.

Sistemi di irrigazione “Aflaj”– OMAN (criterio 52)

I cinque sistemi d’irrigazione iscritti rappre-sentano un esempio degli oltre 3.000 di questo tipo che sono ancora in utilizzo in Oman. La costruzione risale al 500 d.C. ma prove archeolo-giche suggeriscono che erano esistenti dal 2.500 a.C. Una spartizione equilibrata di una risorsa rara

come l’acqua è la peculiarità del sistema. L’acqua è condotta dalle sorgenti sotterranee per chilometri e chilometri a supporto dell’agricoltura e per usi domestici.

Aapravasi Ghat – ISOLE MAURITIUS (criterio 6)

Il sito di 1.640 metri quadrati situato nel di-stretto di Port Louis, è il luogo in cui nel 1834 il governo britannico decise di effettuare «il grande esperimento» e per la prima volta si utilizzarono lavoratori liberi al posto degli schiavi. Fino al 1920 mezzo milione di persone arrivarono dall’India all’Aapravasi Ghat per lavorare nelle piantagioni di zucchero. Le costruzioni sono uno dei primi esempi di quello che sarebbe divenuto un sistema economico mondiale e furono al centro di una delle più grandi ondate migratorie della storia.

Paesaggio d’agave e antiche installazioni in-dustriali di Tequila – MESSICO (criteri 2, 4, 5, 6)

Il sito di 34.658 ettari si estende dai piedi del vulcano Tequila sino al canyon del Rio Grande e comprende vasti paesaggi d’agave blu, pianta utilizzata dal XVI secolo per produrre la tequila. La zona include campi, distillerie, fabbriche, tabernas (distillerie illegali) e i siti archeologici di Teuchitlan. Ci sono numerose aziende che risalgono

GLI ULTIMI INSERIMENTI NELLA WORLD HERITAGE LIST

DICIOTTO NUOVI GIOIELLI IMPREZIOSISCONOIL PATRIMONIO UNESCO

di ANDREA TEBALDI

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Bilbao - Ponte Vizcaya

costruite per le famiglie aristocratiche più ricche e potenti della Repubblica di Genova. Il sito include un insieme di palazzi di Rinascimento e Barocco costeggianti le “strade nuove” che offrono una straordinaria varietà di soluzioni diverse.

Harar Jugol, la città storica fortificata – ETIOPIA (criteri 2, 3, 4, 5)

La città fortificata di Harar si trova nella parte orientale del paese in un altopiano circondato dal deserto e dalla savana. I muri che cingono questa città sacra musulmana sono stati costruiti tra il XIII e il XVI secolo. Harar Jugol, conosciuta come la quarta città santa dell’Islam, conta 82 moschee di cui tre del X secolo e 102 santuari. Harar è una città caratterizzata da un labirinto di strette vie. L’impatto delle tradizioni africane e islamiche sullo

sviluppo delle costruzioni e dei suoi piani urbani costituisce il suo carattere unico.

Siti di arte rupestre di Kondoa – TANZANIA (criteri 3, 6)

Nella zona di 2.336 chilometri quadrati situata sul versante che costeggia la Great Rift Valley, si trovano rifugi naturali che strapiombano sulle pietre delle rocce. Lì si stagliano pitture rupestri bi-millenarie. La collezione spettacolare di imma-gini di grande valore artistico costituiscono una testimonianza unica dell’evoluzione socio-econo-mica della regione e dei cacciatori delle società agro-pastorali.

Vecchia città di Ratisbona e Stadtamhof – GERMANIA (criteri 2, 3, 4)

Situata sul Danubio la città medie-

al XVIII secolo. La zona risente degli stili architet-turali autoctoni e spagnoli e ci sono testimonianze della cultura Teuchitlan.

Bisotun – IRAN (criteri 2, 3)Bisotun si trova sulle antiche strade com-

merciali che legano l’alta pianura iraniana con la Mesopotamia. Il principale monumento di questo sito archeologico è il bassorilievo con iscrizione cuneiforme ordinato da Dario I Il Grande quando salì al trono dell’impero persiano nel 521 a.C. Il bassorilievo rappresenta Dario che tiene un arco, simbolo della sovranità. Questa è l’unica iscrizione monumentale achemenide conosciuta sulla rifondazione dell’impero. E costituisce una testimonianza unica dello sviluppo della scrittura nella regione dell’impero persiano.

La Sala del Centenario a Breslavia – POLO-NIA (criteri 1, 2, 4)

La Sala del centenario (Hala Ludowa in polac-co) è un punto fondamentale della storia dell’ar-chitettura in cemento armato. E’ stata costruita tra il 1911 e il 1913 da Max Berg. La hall ha un vasto spazio circolare al centro (65 metri di diametro e 42 di altezza) e può contenere 6.000 persone a sedere. Per migliorare l’acustica i muri sono co-perti da uno strato isolante di cemento mescolato a legno o sughero. E’ un esempio precursore della moderna architettura e ingegneria.

Arte rupestre di Chongoni – MALAWI (criteri 3, 6)

Situata su un gruppo di colline la riserva di Chongoni occupa un’area di 126,4 chilometri quadrati nell’altopiano centrale del Malawi. L’area rappresenta la più densa concentrazione di arte rupestre della regione. L’insieme di Chongoni riflette la tradizione - relativamente rara - dell’arte rupestre degli agricoltori ma anche le pitture e i

dipinti dei cacciatori che abitarono la zona dalla tarda età della pietra. I simboli dell’arte rupestre sono sempre associati alle cerimonie e ai rituali che hanno avuto luogo nelle zone.

Paesaggio minerario di Cornovaglia e del West Devon – GRAN BRETAGNA (criteri 2, 3, 4)

Il paesaggio di Cornovaglia e del West Devon, in gran parte, è stato trasformato nel XVIII e all’ini-zio del XIX secolo sulla scia dello sviluppo dello sfruttamento minerario del rame e dello stagno. Le profonde miniere sotterranee, la costruzione di macchine, le fonderie, le nuove città, i porti e le industrie riflettono lo spirito di innovazione motore dello sviluppo industriale. L’area ha dato un enorme contributo alla rivoluzione industriale e la regione ha influenzato lo sviluppo del mondo minerario.

Crac des Chevaliers e Qal’at Salah El-Din – SIRIA (criteri 2, 4)

I due castelli rappresentano l’esempio più significativo dei cambiamenti di influenze culturali e lo sviluppo dell’architettura militare nel vicino Oriente ai tempi delle Crociate dell’XI e XIII secolo. Il Crac des Chevaliers è stato costruito dall’Ordi-ne des Hospitaliers de Saint Jean de Jerusalem dal 1142 al 1271 ed è un archetipo del castello medievale fortificato. Il Qal’at Salah El-Din è un altro esempio di questo tipo di fortificazioni per la qualità della costruzione. E ha elementi dell’epoca bizantina.

Genova: Le Strade Nuove e il sistema dei Palazzi dei Rolli – ITALIA (criteri 2, 4)

Le Strade Nuove e il sistema dei Palazzi dei Rolli nel centro storico di Genova (fine XVI e inizio XVII secolo) rappresentano il primo esempio in Europa di un progetto di sviluppo urbano in un quadro unitario. I Palazzi dei Rolli erano residenze

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gono più del 30% della popolazione mondiale di panda giganti. Situati nelle montagne Qionglai et Jiajin, i santuari si estendono su 924.500 ettari e comprendono sette riserve naturali e nove parchi. I santuari ospitano anche specie in pericolo come il piccolo panda. Sul piano botanico si tratta di uno dei siti più ricchi del mondo con la flora che conta tra le 5.000 e le 6.000 specie appartenenti a più di 1.000 generi.

Questa breve descrizione dei diciotto nuovi gioielli Unesco ci permette di ammirare, ancora una volta, lo straordinario patrimonio di bellezze naturali e culturali che la Terra ci offre. Inestimabili testimonianze di civiltà, luoghi, territori, saperi e culture che abbiamo il dovere di riconsegnare intatte alle generazioni future.

Note

1 Nell’ambito della trentesima sessione del Comita-to del Patrimonio Mondiale tenutasi a Vilnius in Lituania il 16 luglio 2006.

2 Per una descrizione dettagliata dei criteri Unesco si veda l’articolo di A. Tebaldi “Dieci criteri per quaranta meraviglie” in «Siti», anno I, numero 2, ott/dic 2005

vale della Baviera offre numerosi esempi di co-struzioni che testimoniano il suo passato di centro mercantile e la propria influenza nella regione nel IX secolo. Strutture storiche del periodo dell’antica Roma, edifici romani e gotici, l’architettura del XI e XIII secolo conferiscono a Ratisbona un carattere particolare con alti edifici, strade strette e scure. Le vestigia testimoniano la ricca storia istituziona-le e religiosa di uno dei centri che poi passò verso il Protestantesimo.

Città mineraria di Sewell – CILE (criterio 2)Situata 85 chilometri a sud di Santiago, a più di

2.000 metri nelle Ande, la città mineraria di Sewell è stata costruita all’inizio del XX secolo per dare al-loggi ai minatori che lavoravano in quella che era la più grande miniera sotterranea di rame del mondo, El Teniente. Al suo apice Sewell ha contato 15.000 abitanti. Gli immobili costruiti lungo le strade sono in legno e dipinti di toni vivi di verde, giallo, rosso e blu. Sewell è la sola installazione mineraria in-dustriale di montagna, di taglia importante, dal XX secolo costruita per un utilizzo permanente.

“Stone Circles” of Senegambia – GAMBIA-SENEGAL (criteri 1, 3)

Sono quattro grandi gruppi di cerchi megali-

tici che costituiscono una concentrazione di oltre mille monumenti in una area di cento chilometri di larghezza in una lunghezza di 350 chilometri lun-go il fiume Gambia. I quattro gruppi Sine Ngayène, Wanar, Wassu e Kerbatch raccolgono 93 “stone circles”. I cerchi rappresentano un paesaggio sacro e rendono conto di una società prospera e organizzata. Il sito è rappresentativo di una zona megalitica molto estesa e che rappresenta il più grande complesso conosciuto al mondo.

Ponte Vizcaya – SPAGNA (criteri 1, 2)Questo ponte trasbordatore monumentale at-

traversa la foce dell’estuario dell’Ibazal ad ovest di Bilbao. Progettato dall’architetto basco Alberto de Palacio è stato terminato nel 1893. Alto 45 metri associa la tradizione delle costruzioni metalliche del XIX secolo e le nuove tecnologie. E’ stato il pri-mo ponte al mondo in grado di trasportare persone e traffico su una gondola sospesa al di sopra del movimento delle navi. L’utilizzazione dei cavi di ac-ciaio a torsione alternativa è uno dei più importanti esempi di questo tipo di innovazione.

Yin Xu – CINA (criteri 2, 3,4,6)Yin Xu si trova 500 chilometri a sud di Pechino

e fu l’ultima capitale dell’antica dinastia Shang

(1300-1046 a.C.). Il sito archeologico rappresenta una testimonianza dell’età d’oro dell’artigianato e delle scienze della Cina antica e di un periodo di grande prosperità. Il sito include l’area del palazzo e i santuari ancestrali reali dove sono raccolte più di 80 fondazioni di case e le tombe di membri della famiglia reale. Il gran numero di oggetti funerari porta la chiara testimonianza di un livello avanzato dell’artigianato del periodo.

“Santuario” di fauna e flora di Malpelo – CO-LOMBIA (criteri 7, 9)

Il santuario si trova in Colombia e comprende la zona marina e l’isola di Malpelo. Il vasto parco marino, che è la più grande zona nel Pacifico tropi-cale orientale in cui la pesca è vietata, è un habitat di importanza fondamentale per un gran numero di specie marine minacciate. E’ una zona importante d’aggregazione della biodiversità marina che vede la presenza anche di squali e cernie giganti. La zona sottomarina è uno dei siti di immersione più suggestivi del mondo vista la bellezza della natura e delle grotte.

“Santuario” del grande Panda di Sichuan – CINA (criterio 10)

I santuari del Grande Panda di Sichuan accol-

Ratisbona Crac des Chevaliers Tequila Sewell

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Val d’Orcia

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Roma

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l mito di un luogo incontamina-to, facilmente raggiungibile ed accogliente, per quanto incre-dibile, ha una realtà sulla terra: Alicudi, la più occidentale delle Isole Eolie. Un cono roccioso circondato dal Mediterraneo,

che insieme a Filicudi è anche la più an-tica delle sette isole, nata da un’eruzione vulcanica avvenuta qualcosa come un mi-lione di anni fa. Il riconoscimento di Bene dell’Umanità che l’Unesco ha conferito all’Arcipelago nel 2000, deve sicuramente molto anche alla piccola isola dei mille gradini, dove non esistono il traffico auto-mobilistico e l’inquinamento atmosferico. La quiete che regna ad Alicudi non si rom-pe neanche quando nei mesi estivi il nu-mero degli abitanti passa da 100 a 1500... una comunità di turisti amanti del mare, del silenzio e degli immensi cieli stellati, che si aggiungono alle famiglie residenti senza alterare lo spirito della semplice vita isolana. In cambio di faticose ascese sotto il sole, l’isola ripaga con i magnifici colori della sua flora spontanea, con le viste del mare e delle altre isole e, nei giorni più sereni, di gran parte della costa siciliana

fin’anche alla cima dell’Etna. La fauna, si-mile a quella delle altre Eolie, si distingue per la presenza della lumaca Oxychilus ali-curensis, che vive solo ad Alicudi. I fondali sono pescosi – ricciole, aragoste, cernie - e interessanti per la presenza di numero-si specie, che entreranno ben presto a far parte della Riserva Marina delle Eolie, in fase di creazione.

Oltre alla natura, anche l’opera del-l’uomo è straordinaria nell’antica Ericu-sa, che così veniva chiamata per la fit ta vegetazione di erica che la ricopriva. Nei secoli gli abitanti, che nell’Ottocento sono arrivati ad essere più di 800, hanno realizzato semplici e bellissime abitazioni in stile eoliano e scalinate in pietra lavica di perfetta fattura. La semplicità degli elementi architettonici che compongono le case, si arricchisce di pergolati che si affacciano sul mare, di bisuoli - le panche in murature che collegano i tozzi pilastri tondi dei pergolati, di incredibili soffioni di aria fredda in estate e calda d’inverno - an-tesignani dei moderni frigoriferi, ancora in uso in alcune abitazioni - e di sorprendenti volte a secco che coprivano i ricoveri degli animali.

Dal punto di vista paesaggistico, l’isola è carat terizzata dalle lenze, i tra-dizionali terrazzamenti che marcano la sezione dell’ex-vulcano, un tempo col-tivate, ed ora ricoper te di vegetazione spontanea o usate come giardini. I muri di contenimento erano originariamente in pietra lavica montata a secco, mentre molti ora hanno, a monte, un rinforzo in cemento. Infat ti i grandi cambiamenti che hanno interessato l’isola dopo gli anni cinquanta – spopolamento a causa dell’emigrazione, soprat tut to verso l’Au-stralia, e nascita dell’economia legata al turismo – hanno por tato anche un cam-biamento nell’uso dei materiali da costru-zione: sull’isola sono apparsi asini e muli

che traspor tano mattoni forati e sacchi di cemento, sostitendo la pietra lavica e la malta di calce locale. Il maggior agio co-strut tivo, ha por tato pur troppo anche in-terventi speculativi ed alcuni abusi edilizi, che non hanno per ora stravolto l’armonia di Alicudi. Solo da circa quindici anni sul-l’isola sono arrivate anche elet tricità ed acqua corrente, che non hanno però rag-giunto, per scelta di chi le possiede, tut te le case: il desiderio di una vita semplice e frugale ha vinto, per alcuni, sull’arrivo della comodità.

Queste alcune delle ragioni per cui Ali-cudi è detta da molti “l’isola che c’è”, che incredibilmente esiste... a sole due ore di aliscafo da Palermo.

LA PIÙ OCCIDENTALE DELLE EOLIE,A DUE ORE DI ALISCAFO DA PALERMO

ALICUDI, LA PICCOLA ISOLA DEI MILLE GRADINI

di ROSSELLA GOTTI

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Comincia con la città di Virgilio, la guida per antonomasia, un suggestivo itinerario che ci porterà idealmente a visitare, uno alla volta, i siti italiani candidati ad entrare nella Lista del patrimonio mondiale dell’Unesco (WHL). Luoghi straor-dinari, città meravigliose, capolavori dell’arte e dell’architettura che potrebbero quanto prima, a buon diritto, essere

inseriti fra i beni dell’umanità da preservare e da lasciare in eredità alle generazioni future.

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Gonzaga a Mantova si sono estinti, non proprio gloriosamente, almeno trecento anni fa. Ma tante e, so-prattutto, tali, sono state le tracce lasciate dal loro nobile casato che, ancora oggi, girando per le vie del centro, sono una presenza quanto

mai vitale. Certo è che ai tempi del loro governo della cit tà si potevano incontrare a corte artisti come Pisanello, Leon Battista Alberti, Andrea Mantegna o Giulio Romano, musicisti del va-lore di Monteverdi e letterati come Vit torino da Feltre e Baldassarre Castiglione tra gli altri. E più chiaro ora comprendere come mai questi signori, Corradi in origine, da Gonzaga, borgo del contado mantovano, non si possono scor-dare tanto facilmente visto quello che hanno potuto lasciare ai posteri. Nei quasi quattro secoli di permanenza a Mantova, dopo aver conquistato il potere con una sorta di colpo di stato ai danni del Bonacolsi, la notte del 16 agosto 1328, i Gonzaga costruirono infatti chiese e palazzi, ospitarono i più diversi uomi-ni d’ingegno, acquistarono opere d’arte, furono grandi mecenati della cultura tanto da farne il vessillo della loro potenza e gloria quando, da

un piccolo marchesato sperduto tra le nebbie padane, divennero una tra le più celebri e flori-de corti d’Europa.

La Mantova di oggi si presenta ancora con un volto rinascimentale. Di quel che è stato prima dei Gonzaga non resta infatti molto. Di Virgilio ad esempio, il celebre poeta di epoca romana, nato sulle rive del Mincio (Mantua me genuit come scrisse lui stesso), sono rimaste solo le pagine dei suoi libri e, davvero poche tracce di quel locus amenus di cui tanto anda-

va fiero. Le vestigia dell’impero di Roma a Mantova non hanno resistito alle ingiurie del tempo. Tanto meno le presunte origini

etrusche, dovute all’indovina Manto, cui la leggenda attribuisce la fondazione della cit tà. Sono rimaste anche poche tracce medievali. In una piazza di respiro decisamente rinascimen-tale, come è piazza Erbe, fa bella mostra di sé, solo da un centinaio di anni, la rotonda di San Lorenzo, una chiesa di epoca matildica, eretta nel 1082, una delle poche al mondo ad avere una pianta centrale come il Santo Sepolcro di Gerusalemme. Fino al 1906 l’edificio religioso era addirit tura rimasto nascosto dai palazzi che gli erano stati edificati intorno nascondendolo completamente alla vista. Qualche segno più forte lo hanno lasciato piuttosto le dominazioni straniere successive, quella degli austriaci soprattutto durante il cui governo è stato an-

che eretto il teatro Bibiena, raro esempio di sala a campana, in cui si esibì Mozart tredi-

cenne durante uno dei suoi

viaggi in Italia. I francesi contribuirono invece a spogliare la cit tà dei suoi beni e a sopprimere gli ordini religiosi provocando il decadimento di conventi e chiese. Un esempio per tutti è quello della celebre pala della Madonna della Vittoria, dipinta da Mantegna per l’omonima chiesa votiva, solo recentemente recuperata grazie al contributo degli Amici dei Musei, che doveva ricordare il successo in battaglia di Francesco II Gonzaga contro i francesi a Fornovo nel 1495. Per una beffa del destino il dipinto oggi è al Louvre e sembra non poter fare ritorno nella terra che fu dei Gonzaga nemmeno per una mo-stra temporanea. Quel che non fecero i domi-natori stranieri, i Lanzichenecchi in primis, con il sacco della cit tà del 1630, fece comunque la

famiglia regnante. Dopo aver accumulato per secoli tanti tesori dovette liberarsene per coprire i debiti di una gestione sem-pre meno oculata. L’ultimo dei Gonzaga,

Francesco Ferdinando, detto il Fellone perché sorpreso a scappare verso V e n e z i a ,

I SITI ITALIANI CANDIDATI ALLA WORLD HERITAGE LIST

VIRGILIO E I GONZAGA SPINGONO MANTOVA

VERSO L’UNESCOdi PAOLA CORTESE

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Torre dell’Orologio

Castel San Giorgio

venne accusato di essere venuto meno agli obblighi di vassallaggio verso l’imperatore ed era pressato dai creditori. Molto insomma è stato venduto per monetizzare quel che si poteva. A distanza di qualche secolo secolo, con la celebre mostra Celeste galeria, i cura-tori Andrea Emiliani e Raffaella Morselli hanno cercato di riportare a Mantova tutto quel che era appartenuto a Gonzaga e che, per le varie vicende, oggi provvede a dar lustro alle mag-giori collezioni museali del mondo occidentale. L’evento espositivo si è presto trasformato in evento mediatico proprio per la capacità, si

diceva, che ancora oggi, i Gonzaga hanno di essere considerati un tutt’uno con la loro cit tà. La mostra era stata allestita nelle Fruttiere della residenza suburbana dei principi, palazzo Te, dove venne ricevuto l’imperatore Carlo V. Il cuore battagliero di Mantova, dopo la deca-denza della dinastia regnante, tornò a palpitare durante il Risorgimento. Molte battaglie si combatterono nei dintorni della cit tà, e molti furono i patrioti di cui sono rimaste tracce im-portanti soprattutto nella toponomastica cit ta-dina e nell’intitolazione di luoghi pubblici (Pier Fortunato Calvi, Attilio Mori, Achille Sacchi e Carlo Poma tra gli altri).

Storia e arti a parte Mantova è un unicum anche dal punto di vista ambientale. Se molte sono infatti le cit tà edificate sui fiumi pochis-sime, se non nessuna, sorgono circondate da tre laghi, seppur artificiali, nel caso specifico creati dallo sbarramento del Mincio. Una sorta di isola dunque che per tre lati confina con l’acqua e con un lungo lago tanto pit toresco da far sentire i mantovani in vacanza anche se si stanno solo concedendo una breve passeggia-ta durante una pausa di lavoro. E proprio grazie alla presenza dei laghi i Gonzaga potevano stu-pire i loro ospiti illustri organizzando sul lago inferiore delle battaglie navali, una sorta di reality show ante lit teram cui si poteva assiste-re stando comodamente sistemati all’interno o nelle logge di palazzo Ducale. Lo spettacolo dello sky line visto dal ponte che fronteggia il Castello di San Giorgio lascia senza fiato chi arriva a Mantova per la prima volta: la cit tà sembra emergere dall’acqua e l’effetto è anco-ra più enfatizzato se la nebbia si rende un po’ complice. E’ forse anche grazie a questo che

la cit tà si è meritata l’epiteto moderno e non proprio lusinghiero di Bella Addormentata.

Arte, natura, sì, ma Mantova è anche una bel-la scoperta a tavola. Fin dal tempo dei Gonzaga, chi poteva permetterselo amava la buona cucina. La corte dei principi era all’avanguardia anche in questo. I Gonzaga infatti non esitarono a servirsi dei migliori cuochi dell’epoca. Il bolognese Ste-fani è un esempio per tutti. In questo campo poi anche le dominazioni lasciarono le loro buone tracce. La pasticceria ad esempio risente molto degli influssi austriaci come pure il gusto per le contaminazioni di gusti dolci e salati.

A Mantova insomma le sorprese sembrano non venire mai meno. Anche per chi ci vive le scoperte sono incessanti. Non manca occa-sione in cui spostando lo sguardo dalla strada al cielo non si scopra una ghiera murata, una finestrella dalla forma inusuale, un comignolo bizzarro realizzato da chissà quale architetto o capomastro.

Come accade in molte cit tà padane il modo migliore per muoversi nelle vie del centro o sul-le ciclabili che lo circondano è la bicicletta.

Almeno la bicicletta, questo è sicuro, non è un’eredità dei Gonzaga.

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ontagne che degradano ra-pidamente verso il mare, case arroccate sui pendii in costante lotta con il terreno e un porto mer-cantile e per la pesca tra i più importanti della costa cilena. I tanti liguri giunti

in queste remote terre del nuovo mondo negli anni ‘20 del secolo scorso dopo un viaggio di mesi attraverso il canale di Panama da poco inaugurato scoprirono probabilmente con gioia di avere scelto una destinazione affine geograficamente alla loro terra d’origine.

La città portuale, strategicamente inse-rita in un golfo rivolto verso nord al riparo della fredda corrente oceanica di Humboldt, veniva da un periodo di crescita economica, commerciale e urbana di quasi un secolo, come porta di accesso sud occidentale al continente americano. Lo stesso canale panamense però, che aveva concesso ai migranti la possibilità di arrivare, avrebbe concorso a causare nel XX secolo il lento declino del porto come fulcro dei commerci del sud Pacifico, portando con se l’economia cittadina.

Oggi “Gran Valparaiso”, una regione metropolitana che abbraccia cinque comuni e 850.000 abitanti, vive principalmente della sua vocazione universitaria, attirando giova-ni di tutto il paese nelle numerose università pubbliche e private. Ha perso quindi la sto-rica preponderanza del porto, che solo negli ultimi anni ha accresciuto e intensificato gli scambi grazie alla crescita economica del paese.

R E P O R T A G ER E P O R T A G E

LE POTENZIALITÀ LATENTI E LE POSSIBILITÀ DI SVILUPPO

VALPARAISO,PUERTO DEL MUNDO

di MATTEO PUTINATI

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Il quartiere centrale storico della città, dopo essere stato rigettato ad un primo tentativo, grazie all’integrazione nella creazione di programmi volti al recupero architettonico patrimoniale, è stato inserito nel 2003 nella Lista del Patrimonio del-l’Umanità Unesco. La parte selezionata abbraccia los cerros di prima urbanizzazione che si sviluppa-no lungo il margine del porto, parzialmente incluso, e comprende anche alcuni dei tipici ascensori funicolari di risalita, tutti comunque dichiarati dal Governo del Cile Patrimonio Nazionale. Una fascia di ammortamento perimetra la zona e dovrebbe consentire un’integrazione al contesto urbano circostante. La commissione esaminatrice interna-zionale ha verificato, nel contesto storico, sociale e urbano, i requisiti unici di cui è dotata l’area, valorizzando l’aspetto della civilizzazione più che quello meramente architettonico. Le caratteristiche costruttive sono infatti semplici, benché creino un congiunto peculiare che si adatta alla scoscesa morfologia del terreno. Il legno è utilizzato nella struttura portante e nelle finiture interne, però lo scenario è arricchito dal colore sgargiante delle lamiere di rivestimento delle facciate, usate come protezione dall’umidità marina. In questo modo la città diventa quasi un’entità unica con il porto, dove sono stoccati decine di container provenienti da tutto il mondo, in particolare dall’Europa.

La vera peculiarità di Valparaiso è il complesso di vie tortuose e scale ripide che risalgono come dita di una mano i versanti della zona collinare, nella stessa direzione in cui aumentano gli inse-diamenti più precari della città. Smarrendosi in questo dedalo si scoprono gli angoli più caratteri-stici della città, i piccoli incroci trasformati in punti di aggregazione, le viste panoramiche sul mare incanalate nella ragnatela di edifici abbarbicati

sulle colline e le decine di cavi che attraversano il cielo, i passaggi angusti, magari con un ascensore funicolare che ti passa sopra la testa e una gatto che uscendo dal niente ti passa tra le gambe.

La componente sociale che tanto caratterizza la città risalta subito: la strada, molto spesso pedonale data la morfologia del luogo, è inter-pretata come una estensione della casa. La vita della comunità nei quartieri, disposti sulle colline da cui prendono il nome e per questo quasi auto-nomi tra loro, si esprime tramite l’appropriazione consensuale degli spazi pubblici, scendendo in strada e preparando una grigliata con gli amici o incontrandosi per far volare un aquilone seduti sopra le lamiere ossidate del tetto di un vivienda, passatempo nazionale durante la Festa Patria di settembre.

Nonostante questa vitalità lo stato di manu-tenzione in cui si incontrano molti degli edifici della città è altamente precario, a causa dell’usura del tempo e del lento abbandono a cui sono lasciati. Per molti anni infatti la zona è stata trascurata e soggetta ad esodo: la popolazione preferiva trasfe-rirsi in quartieri di nuova edificazione alla ricerca di una residenza migliore, un processo comune a molti paesi in via di sviluppo.

Lo Stato è intervenuto promuovendo incontri pubblici e creando fondazioni culturali per ac-crescere la consapevolezza degli abitanti sopra il patrimonio comune. Ciò è stato favorito dalla crescita economica che attraversa la nazione e la città stessa e che ha permesso piani di recupero settoriali dell’area patrimoniale e della città nel suo complesso, alcuni con finanziamento completa-mente pubblico, molti con investimento privato. L’alta domanda abitativa da parte degli studenti ha permesso il recupero delle residenze disabitate e

grazie a un finanziamento a fondo perduto emesso dallo Governo anche la ristrutturazione integrale della prima casa è stata agevolata. Prosegue però la sostituzione della popolazione residente, in quanto molti edifici sono riconvertiti in albergo per i sempre più numerosi turisti stranieri o diventano seconde case dei Santiaghini.

Inoltre il regolamento edilizio comunale vigen-te si presta a iniziative pericolose per la morfologia della città, consentendo edificazioni multipiano, in maniera completamente indipendente dalle caratteristiche dell’ambito circostante e in aree a

ridosso della fascia di rispetto patrimoniale. Il va-lore primario che viene attribuito a una residenza è la vista panoramica che consente in direzione del mare e questo, legato all’alto valore del suolo, por-ta alla creazione di edifici che possono raggiun-gere anche i 25 piani, producendo un contrasto irrimediabile con le abitazioni che compongono la struttura della città. Nuovi progetti sono in corso di programmazione, grazie a forti investimenti privati, per il riuso del fronte mare dismesso dal porto, però esigono volumi e dimensioni non com-pletamente compatibili con le necessità

R E P O R T A G ER E P O R T A G E

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I SITI UNESCO DEL CILE

• Rapa Nui National Park, V Regione (C, criteri I, III, V ) 1995.Sperduta nell’Oceano Pacifico l’isola di Pasqua è la testimonianza di un percorso culturale e sociale florido e scomparso. Il fascino espresso dalle enormi statue di pietra conosciute come Moai non ha confini nel mondo.• Chiese di Chiloè, X Regione (C, criteri II, III ) 2000.Esempi unici in America Latina di una alta espressione dell’architettura ecclesiastica in legno, fusione, a partire del 17° secolo, delle missioni Gesuitiche e della cultura indigena locale, giunta indenne ai giorni nostri.• Quartiere storico della città porto di Valparaiso, V Regione (C, criterio III ) 2003.Eccezionale testimonianza della prima fase della globalizzazione del tardo 19° secolo, quando la città era il porto principale nelle rotte marittime della costa Pacifica del Sud America.• Fabbriche di salnitro di Humberstone e Santa Laura, I Regione (C, criteri II, III, IV) 2005. (List in danger 2005)Rappresentano lo sviluppo delle conoscenze dell’industria, la creazione di una cultura caratteristica della zona e le tra-sformazioni subite dal paesaggio, e in maniera indiretta dall’agricoltura locale, per la presenza dei depositi di salnitro più grandi del mondo.• Città mineraria di Sewell, VI Regione (C, criterio II) 2006.Costruita nei primi anni del secolo XX per ospitare le famiglie e i minatori che lavoravano nella miniera di rame sotterranea più grande del mondo, El Teniente, si snoda a 2.200 metri di altura. Abbandonata progressivamente a partire dagli anni ’70 è stata oggetto di recenti restauri e progetti turistici.

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di mantenimento delle caratteristiche urbane della città.

Il forte impulso economico degli ultimi anni, l’alta domanda di nuovi appartamenti e la sempli-ficazione burocratica legata all’edificazione hanno quindi aiutato a recuperare l’architettura del centro storico, però se non condotti e indirizzati possono portare al depauperamento del valore urbano del contesto in cui si inserisce la zona patrimoniale e a una gestione clientelare dei permessi edilizi.

Il primo passo dopo l’ambìto inserimento nella lista Unesco era aumentare la consapevolezza e la partecipazione delle persone alla gestione del patri-monio materiale architettonico, ed il compito è stato svolto efficacemente, anche se ancora parzialmen-te. La nuova sfida ora dovrebbe essere sviluppare la definizione di tale patrimonio e ampliare il panorama

di interventi. Non più solo recuperi puntuali delle ar-chitetture, ma considerazioni di carattere più gene-rale sullo sviluppo della città e dell’assetto che vuole darsi. La conservazione del patrimonio materiale caratteristico della città può essere conseguito con interventi singoli e isolati, ma il controllo del patri-monio immateriale diviene di importanza primaria. Gli elementi distintivi urbani e sociali della popola-zione residente vanno perdendo le caratteristiche di spontaneità che hanno permesso la creazione della struttura attuale. L’eredità culturale da preservare è questo insieme di comportamenti che hanno gene-rato spazi di socialità e vitalità del quartiere. Non si tratterebbe di impedire sviluppo e investimenti, ma di agevolarli in un ottica di valorizzazione delle ca-ratteristiche originali, le tangibili urbane e le astratte della collettività.

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SIBIU E LUSSEMBURGOCITTÀ EUROPEE DELLA CULTURA 2007

Saranno Sibiu, il capoluogo della Transilvania in Romania, e Lussem-

burgo, l’ultimo granducato del mondo, le capitali europee della cultura per il 2007. Il riconoscimento, at tribuito dall’Unione Europea per il periodo di un anno, con-sente di far conoscere a tut to il mondo ed approfondire la vita e lo sviluppo culturale delle cit tà. Diverse realtà europee hanno sfrut tato questo periodo per trasformare completamente la loro base culturale, e facendo ciò, la loro visibilità internazionale. Concepito come un mezzo per avvicinare i vari cit tadini europei, la “Cit tà europea della cultura” venne lanciata nel 1985 dal Consiglio dei Mini-stri su iniziativa di Melina Mercuri. Nel 2008 il testimone passerà a Liverpool (Regno Unito) e a Stavanger (Norvegia).

RIAPRE LA GALLERIADI PALAZZO BARBERINI

D opo 50 anni di at tesa, alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio

Napoletano, ha r iaper to nel dicembre scorso a Roma la Galler ia Nazionale d’Ar te Antica di Palazzo Barberini. Per il momento sono state inaugurate solo le prime ot to sale che ospitano il Cinquecento, da Raf faello a El Greco, ma i responsabili contano di f inire i lavori di restauro dell’intero palazzo, ideato da Maderno e Bernini, entro il 2009. Il proget to prevede anche il tra-sloco del Circolo Uf ficiali che si trova al piano terra per far posto ai servizi per l’accoglienza e alle sale dedicate alle opere del XIII, XIV e XV secolo.

SEI GRANDI CIVILTÀALLE OLIMPIADI DI PECHINO

Sono giunte in Cina le 190 opere che saran-no esposte al Beijing World Ar t Museum

di Pechino e che costituiranno il nucleo fonda-mentale dell’esposizione permanente “Grandi Civiltà”. La mostra proseguirà per tut ta la durata delle manifestazioni olimpiche previste nel mese di agosto 2008. Il percorso espositivo intende descrivere sei grandi civiltà mondiali (romana, greca, egizia, maya, mesopotamica ed indiana) at traverso l’alternarsi di aree espositive e aree multimediali, realizzate quest’ultime at traverso l’utilizzo di sofisticate tecnologie multimediali che permet teranno un’immediata e suggestiva contestualizzazione culturale e paesaggistica dei reper ti espositivi con par ticolare riguardo alle sezioni romana e greca.

HERITAGE ALIVE!

S i è svolto nel novembre scorso a Gorlice, in Polonia, il meeting transnazionale del

progetto europeo “Heritage Alive!” che vede protagoniste sei regioni europee che vantano sul proprio territorio importanti Siti Unesco. L’Italia era rappresentata dal Comune di Urbino. Durante l’incontro i par tner hanno presentato le rispettive azioni pilota previste dal progetto Heritage Alive per la divulgazione e protezione dei Siti “Patrimonio dell’Umanità”. Il Comune di Urbino sta realizzando il proprio progetto in stret ta collaborazione con l’Istituto Statale d’Arte con l’obiet tivo di creare maggiore interesse e coinvolgimento per la promozione della cit tà e allo stesso tempo incoraggiare i giovani studenti a prendere coscienza del significato che essa riveste per il patrimonio dell’umanità.

I KLITSCHKO CAMPIONI UNESCO

I fratelli Vitali e Vladimir Klitschko, star dei pesi massimi, sono stati nominati campioni dell’Une-

sco per lo sport. I due pugili ucraini sono stati insigniti del riconoscimento dal direttore generale dell’Unesco Koichiro Matsuura per quanto fatto, fin dal 2002, a favore dell’educazione dei bambini bisognosi.

APERTO AL PUBBLICOPALAZZO PICCOLOMINI DI PIENZA

L’Amministrazione comunale di Pienza in ac-cordo con la proprietà, la Società di Esecutori

di Pie Disposizioni di Siena, ha deciso di tenere aperto al pubblico Palazzo Piccolomini anche al termine della mostra ‘’Pio II. La città, le arti’’. L’apertura permetterà al pubblico di continuare a visitare gli ambienti recuperati grazie agli interventi di restauro realizzati in occasione della mostra. Palazzo Piccolomini fu costruito a metà del Quattrocento su committenza di Enea Silvio Pic-colomini, divenuto Papa Pio II, che lo concepì come propria residenza in un più ampio progetto di trasfor-mazione dell’antico borgo di Corsignano, che da lui prese il nome di Pienza.

UN PROGETTO CONTRO LA FUGADI CERVELLI DALLE UNIVERSITÀ AFRICANE

Unesco e Hewlett Packard hanno siglato un accordo per un progetto di lotta contro la fuga

dei cervelli dai paesi africani, dotando alcune università in Algeria, Ghana, Nigeria, Senegal e Zimbabwe della tecnologia “grid computing”. L’iniziativa mira a stabilire legami tra i ricercatori che sono rimasti nei loro paesi e quelli che hanno scelto di emigrare, a mettere in colle-gamento gli scienziati ai loro colleghi in altre regioni del mondo e a reti di ricerca e organizzazioni che possano contribuire a reperire finanziamenti. Hewlett Packard fornirà alle università dei paesi africani gli strumenti

tecnologici necessari e un’assistenza tecnica attraverso specifici corsi di formazione.

IL RECUPERO DEI BUDDHA DI BAMIYAN

Il Gruppo Trevi ha concluso la seconda fase di consolidamento delle nicchie che contenevano

i Buddha di Bamiyan, dichiarati patrimonio mondiale dell’Umanità dall’Unesco e distrutti nel 2000 dalla furia talebana. Le grandi statue scolpite su una parete rocciosa calcarea nell’Afghanistan centrale risalivano ad un periodo fra il V ed il IX Secolo d.C. e si ergevano per più di 50 m d’altezza (Big Buddha) e 35 m (Small Buddha). L’importante intervento è stato effettuato su incarico dell’ONU ed ha usufruito di finanziamenti del governo giapponese.

DALLA GRANDE MURAGLIAALLE CINQUE TERRE

Si è svolto lo scorso 30 novembre, presso il ca-stello di Riomaggiore, il convegno dedicato alla

“Tutela dei siti del patrimonio mondiale e lo sviluppo di un turismo sostenibile”. Nel corso dell’iniziativa Franco Bo-nanini, Presidente del Parco Nazionale delle Cinque Terre e Dong Yaohui, Vice Presidente e Segretario Generale della Società della Grande Muraglia Cinese, hanno confer-mato il reciproco impegno, preso a Pechino in luglio con la sigla di uno specifico protocollo d’intesa, ad individuare univoci indirizzi per la protezione dei rispettivi patrimoni e la promozione di uno sviluppo sostenibile da ottenersi anche attraverso una cooperazione ed uno scambio di idee connesse ad esperienze ben riuscite.

LA “DIVINA” MURGIA

È stata inaugurata a Castel del Monte (Andria) nel dicembre scorso la mostra

fotografica “Murgia territorio divino”. Cinquanta-cinque scatti per descrivere la bellezza

Notiz ie dal l ’ I tal ia e dal mondo * B R E V IB R E V I * Not iz ie dal l ’ I tal ia e dal mondo

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5� annoterzo•numerouno•gen/mar2007www.sitiunesco.it unesco•associazionecittàitalianepatrimoniomondiale 5�

della Murgia e celebrare i dieci anni dell’ingresso della più famosa for tezza federiciana nel patrimo-nio dell’umanità. Le opere fotografiche sono state realizzate da Angelo Antelmi, con la collaborazio-ne del fotografo e stampatore Francesco Bosso. L’esposizione, promossa dal Ministero per i beni e le at tività culturali, dalla Soprintendenza per i Beni Architet tonici e Paesaggistici delle province di Bari e Foggia, dall’Unesco e dal Comune di Andria, con la collaborazione delle Cantine Carpentiere, rimarrà aperta fino al 3 febbraio.

UN SITO UNESCOPER CONOSCERE IL SOFTWARE LIBERO

L ’Unesco ha deciso di dar vita ad un por tale per migliorare la conoscenza del

movimento del sof tware libero e a codice aper to. Il por tale fornisce una vasta raccolta di link a siti che sono punto di riferimento costante per il movimento del Free Sof tware / Open Source Tech-nology, oltre a costituire un ponte tra gli utenti e le risorse disponibili nel web sul Free Sof tware. Gli utenti di questo por tale, che rappresenta un nuovo riconoscimento internazionale per il r ilievo sociale e culturale del sof tware libero e dell’Open Source, hanno la possibilità di accedere a documentazione, ar ticoli e news di set tore, relative ad esempio al-l’adozione del sof tware a codice aper to nel mondo, di visionare una bibliografia e di approfondire temi di grande rilievo come la sicurezza.

PRESERVARE IL PATRIMONIO CONGOLESE NEL CONFLITTO ARMATO

Il sei novembre scorso, in occasione della giorna-ta internazionale delle Nazioni Unite per prevenire

lo sfruttamento dell’ambiente nelle guerre e nei conflitti armati, il Centro del Patrimonio Mondiale ha voluto ri-

chiamare l’attenzione sul progetto “Conservazione della Biodiversità in regioni di conflitto armato: proteggere il patrimonio mondiale nella Repubblica Democratica del Congo”. Iniziato nel 2000, il progetto prosegue con il supporto dei governi del Belgio e dell’Italia, delle Fon-dazione Nazioni Unite e in collaborazione con l’Istituto Congolese per la Conservazione della Natura (ICCN) e di Organizzazioni Non Governative specializzate nella conservazione.

AD AYAS UNA CAVA DI PIETRA OLLAREDEL 440 D.C.

È stata scoperta nell’alta valle di Ayas, a 2400 metri di quota, la prima cava a

sfrut tamento industriale di pietra ollare in Europa. La cava si trova nei pressi della frazione Saint Jacques, l’ ultimo centro abitato della valle ai piedi del massiccio del Monte Rosa. La cava, risalente al 400 dopo Cristo, è stata scoperta da alcune guardie forestali. La pietra ollare o steatite e’ una varietà di talco, dal colore grigio verdastro, formata dalla composizione mineraria di magnesite e talco. Pre-senta molte interessanti caratteristiche: resiste al fuoco e al freddo, oltre che agli acidi e alle liscive e non teme sbalzi di temperatura. La pietra ollare nel passato veniva adoperata per produrre armi (lance, coltelli, punte) in quanto facilmente lavorabile. Oggi viene utilizzata per realizzare utensili per la casa, rivestimento di interni o come pietra ornamentale e da scultura.

INDAGINE DI FEDERALBERGHISUL TURISMO 2006

Sono ben 242 milioni i pernottamenti alber-ghieri in Italia nel 2006: questo il risultato

più evidente dell’indagine dell’Osservatorio di Federalberghi. Spiccano i dati delle località marine,

con il 39% delle presenze italiane, il 25% di quelle straniere ed il 33% di quelle complessive, e delle cit tà d’ar te. che hanno ospitato il 15% delle pre-senze italiane, il 32% di quelle straniere ed il 22% di quelle totali. Importante è anche l’analisi delle nazionalità dei turisti: nel periodo giugno-ottobre 2006 i tedeschi hanno rappresentato il 29% della domanda straniera e gli statunitensi il 10%.

LANGHE, ROERO E MONFERRATOVERSO L’UNESCO

Tre province unite per vedersi riconosciuta l’unicità e l’integrità del loro paesaggio

vitivinicolo come patrimonio dell’umanità. Questo è il progetto al quale stanno lavorando, nel sud del Piemonte, le province di Cuneo, Asti e Alessandria. L’inserimento di Langhe, Roero e Monferrato tra il Patrimonio mondiale dell’Unesco aumenterebbe la visibilità mondiale dei territori e, al contempo, rappre-senterebbe un’occasione per meglio salvaguardare il paesaggio e l’ambiente collinare.

ANCHE LA CULTURA WALSERAMBISCE AL RICONOSCIMENTO UNESCO

L a r eg ione Va l l e d ’Aos ta è in p roc in to d i ch iedere l ’ inser imen to ne l la L i -

s t a de l pa t r imon io mond ia le de l la l i ngua e de l l e popo la z ion i Wa lser de l la Va l l e de l Lys (Gressoney Sa in t Jean, Gressoney La Tr in i t é , Gaby e Iss ime). I Wa lser sono popo la z ion i d i o r ig ine german ica migra te da l la Sv i z ze ra t r a i seco l i X e X I I I i n cerca d i pasco l i e d i t e r r e da co l t i va re. La lo ro cu l t u ra è cara t te r i z za t a da un pecu l ia re d ia le t to germanofono e da ed i f ic i r u ra l i i n l egno, che pogg iano su cor te co lonne in p ie t r a , con un t ip ico logg ia to a l is ton i in l egno or i z zon ta le .

BIT 2007

S i svolgerà a Milano, dal 22 al 25 febbraio, presso il polo esposit ivo di Fieramilano a

Rho, la 27ma edizione della Borsa Internazionale del Turismo, la più grande rassegna esposit iva del prodot to tur ist ico i taliano e della migliore of fer ta internazionale. Questi gli impressionanti numeri della rassegna: 5.000 espositori, 150.000 visitatori, 105.000 operatori professionali, 3.400 giornalist i

CONFERENZA ANTIDOPING A PARIGI

S i terrà dal 5 al 7 febbraio nella sede Une-sco di Par igi, la pr ima conferenza sulla

Convenzione internazionale ant idoping. Adot tata al l’unanimità i l 19 ot tobre 2005, la Convenzione entrerà in vigore i l pr imo febbraio 2007. Alla sessione di aper tura saranno present i i l presi-dente del Comitato paraolimpico, Phil ip Craven, e i l ministro francese dello spor t, Jean-Francois Lamour, ol t re ai rappresentant i dei 38 Stat i che hanno rat i f icato la convenzione.

SAN QUIRICO D’ORCIA CONTRO LA MONSANTO

I l comune di San Quir ico d’Orcia, in Tosca-na, ha intrapreso un’azione di tutela contro

la Monsanto, azienda americana leader nella pro-duzione di organismi geneticamente modificati. Il sindaco Marileno Franci ha chiesto alla Monsanto di togliere immediatamente l’immagine dei celebri cipressi della Val d’Orcia dalla home page del loro por tale internet. “In Val d’Orcia la quali tà della vita è ai massimi livelli - spiega il pr imo cit tadino -, l’immagine del nostro terr i tor io non può essere associata e sfrut tata da chi fa delle scelte che non vanno nella direzione di un’etica ambientale assoluta”.

Notiz ie dal l ’ I tal ia e dal mondo * B R E V IB R E V I * Not iz ie dal l ’ I tal ia e dal mondo

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Palazzo Chiericati

H a colpi to molto anche me la not izia, apparsa

sull’ul t imo numero di questa nostra r ivista, della scom-parsa improvvisa di Gianpiero De Sant is, zelante e simpa-t ico Assessore al la Cul tura e al Tur ismo di Alberobello, uno dei sei si t i i tal iani che nel 1997 accet tarono subi to con entusiasmo la proposta di Vicenza di fondare l’As-sociazione “Ci t tà i tal iane patr imonio mondiale Unesco”; entusiasmo che la ci t tà dei t rul l i, sempre presente al le var ie iniziat ive, ha sempre espresso con generosi tà, ospi tando anche una tornata assembleare.

I l dolore sincero per la perdi ta di un amico e di un validissimo collaboratore ha ravvivato in me i l r icordo di un’esper ienza pionier ist ica che per quat tro anni mi ha por tato a guidare un’Asso-ciazione che in poco tempo è divenuta un punto di r i fer i-mento per i Minister i ai Beni

e al le At t ivi tà Cul tural i e agli Ester i, nonché della Com-missione Nazionale I tal iana Unesco e della Direzione par i-gina del Centro del Patr imonio Mondiale; r isul tat i che dal 2003, con l’ef f icient issima presidenza di Ferrara, si sono ul ter iormente intensif icat i e quali f icat i, grazie al coinvol-gimento della maggior par te dei si t i i tal iani.

Volendo sintet izzare al massimo l’intensa at t ivi tà svol ta dall’Associazione dagli inizi del 1999 f ino al-l’apr i le del 2003, quando, in occasione dell’inaugurazione del X Salone del Restauro, è avvenuto i l passaggio del test imone, ol tre a tut te le iniziat ive di approfondimen-to delle problematiche e di promozione dei si t i i tal iani in I tal ia e in Europa at traverso pubblicazioni e par tecipazioni a convegni ed esposizioni a Roma, Ferrara, Urbino, Ma-tera, Tivoli,Venezia, Tor ino, Catania, Firenze, Noto e a Ci t-tà di Lussemburgo, tre sono i

pr incipali obiet t ivi persegui t i e ora fel icemente raggiunt i dall’Associazione:• la solleci tazione al lo Stato I tal iano (f in dal 2001) del r i-spet to degli impegni assunt i con la sot toscr izione della “Convenzione internazionale per la protezione del patr i-monio mondiale cul turale”, approvata a Par igi i l 16 no-vembre 1972 e sot toscr i t ta in segui to anche dall’I tal ia i l 23 giugno 1978 (gli ar t t . 4 e 5 sanciscono l’obbligo di garant ire l’ident i f icazione, la protezione, la conservazione, la valor izzazione e la trasmis-sione al le generazioni future del patr imonio cul turale e naturale del terr i tor io);• predisposizione di una con-seguente proposta di legge in favore dei si t i i tal iani (decisa in una memorabile Assemblea di ot tobre 2002, tenutasi ad Assisi), approvata def ini t iva-mente la scorsa pr imavera);• avvio dei piani di gest io-ne, studiat i già a par t ire dal 2002.

Un’esper ienza quest ’ul t i-ma del tut to par t icolare e mol-to impegnat iva per Vicenza i l cui duplice r iconoscimento comprende l’intera regione Veneto.

I l si to “La ci t tà di Vicenza e le vi l le palladiane nel Vene-to” infat t i cost i tuisce nel suo insieme un sistema comples-so e mult i forme, i l cui inse-r imento nella Lista del Patr i-monio Mondiale dell’Unesco è l’esi to di due r iconosciment i:

i l pr imo, nel 1994, ha indi-viduato i l si to “Vicenza ci t tà del Palladio”, evidenziando vent i t ré edi f ici palladiani del centro stor ico e tre vi l le su-burbane; i l secondo, nel 1996, vi ha aggiunto le al t re ventuno vi l le palladiane del terr i tor io veneto, ubicate in al t r i vent i Comuni, dodici dei quali della Provincia di Vicenza e gli al t r i ot to suddivisi in cinque ambit i provincial i (t re a Treviso, due a Padova e uno ciascuno a Ve-

nezia, Verona e Rovigo).Tale complessa ar t icola-

zione, nel pr imo decennio di iscr izione del si to nella Lista del Patr imonio Mondiale, ha impedi to la conduzione di una poli t ica uni tar ia e coordinata di gest ione e valor izzazione, anche se non sono mancat i, nel frat tempo, intervent i di restauro e azioni di valor izza-zione di singoli beni, ad opera sia di ent i pubblici propr ietar i che di pr ivat i.

L ’ A S S O C I A Z I O N E L ’ A S S O C I A Z I O N E

VICENZAVERSO LA REDAZIONEDI UN PIANO DI GESTIONE REGIONALE

di Mario BagnaraPresidentedell’AssociazionecittàitalianepatrimonioUNESCOfinoal2003

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Basilica del Palladio

I l lavoro di r icognizione e di analisi dello stato di fat to e le at t ivi tà di concer tazione e di dibat t i to f inalizzate al la predisposizione del Rappor to Per iodico e al l’elaborazione del Piano di Gest ione sono stat i avviat i, per iniziat iva della ci t tà di Vicenza, al la f ine del 2003.

A tale scopo i l Comune di Vicenza ha cost i tui to, nell’ambito del Dipar t imento per lo Sviluppo del Terr i tor io, un apposi to Uf f icio Unesco, af f idato agli archi tet t i Ros-sana Viola e Rosar io Ardini e

diret to dall’archi tet to Lorella Bressanello.

E’ stato inol tre def ini to un rappor to di collaborazio-ne tra lo stesso Comune e la Sopr intendenza per i Beni Archi tet tonici e i l Paesaggio di Verona, Vicenza e Rovigo per la redazione del Rappor-to Per iodico, at t ivi tà che nel corso del 2004 ha por tato al la r icognizione dello stato di conservazione e di fruizione dei vent isei monumenti palla-diani ci t tadini di cui solo ot to sono di propr ietà comunale. Tale collaborazione ha favo-

r i to anche la proget tazione e l’avvio di impor tant i intervent i di recupero su Palazzo Chie-r icat i, Basil ica Palladiana e Loggia del Capi taniato.

Contemporaneamente, su iniziat iva concordata con la Sopr intendenza di Verona, è stata avviata una pr ima azione di coinvolgimento degli al t r i ent i locali e delle Sopr inten-denze nei cui ambit i terr i to-r ial i r icadono le ventuno vi l le palladiane: in tale fase solo per quat tro si sono ot tenute r isposte di collaborazione.

Sulla base di quest i dat i,

a f ine 2004, è stato redat to i l Rappor to Per iodico secondo la traccia del Format predi-sposto dall’Unesco, Sezione II e, corredato delle relat ive schede di r icognizione, è stato trasmesso al Ministero nell’apr i le del 2005.

Nel frat tempo, valor izzando i dat i del Rappor to Per iodico e sulla base delle successive indicazioni forni te dagli uf f ici competent i e approfondi te nel corso dei per iodici incontr i promossi dalla nostra Associa-zione, sot to la guida dell’arch. Manuel Guido, responsabile dell’Uf f icio Lista del Patr imo-nio Mondiale dell’Unesco ist i-tui to al l’interno del Ministero per i Beni e le At t ivi tà Cul tural i, i l Comune di Vicenza ha av-viato l’elaborazione del Piano di Gest ione vero e propr io, sobbarcandosi però l’onere del coinvolgimento anche di tut t i i possibil i inter locutor i ist i tuzionali del terr i tor io pro-vinciale e regionale; a tale sco-po determinante è stata ed è la collaborazione, della Regione Veneto (unica regione socia dell’Associazione), della Pro-vincia di Vicenza., delle al t re Sopr intendenze terr i tor ial i, del CISA, dell’Ist i tuto Regionale Vil le Venete e dell’Associazio-

ne che r iunisce i propr ietar i pr ivat i delle Vil le Venete.

Per la redazione di Piano di Gest ione uni tar io è stato predisposto un Protocollo d’Intesa, sot toscr i t to presso la sede del Comune di Vicenza dalla maggior par te degli ent i interessat i i l 19/07/05.

La posi t iva conclusione di tale delicata fase di concer ta-zione si è tradot ta, successi-vamente, nell’avvio di una fase operat iva di più prof icua col-laborazione con la gran par te delle Amministrazioni interes-sate. In questo modo è stato possibile raccogliere i dat i, le informazioni e la documenta-zione necessar i per completare i l Quest ionar io relat ivo al Rap-por to Per iodico, i cui contenut i sono stat i integrat i, includen-do, r ispet to al la pr ima versione del 2004, tut te le vi l le del si to. Conseguentemente, sempre a cura del Comune di Vicenza, è stato ef fet tuato l’inser imen-to del Quest ionar io stesso all’interno del si to del WHC dell’Unesco entro i l termine di ot tobre f issato dal Ministero, e sono stat i predispost i tut t i gl i al legat i car tograf ici, fotograf i-ci e amministrat ivi che erano stat i r ichiest i a corredo del Rappor to Per iodico.

Si può così r i tenere conclusa la fase di analisi e di comprensione dello stato at tuale del si to nel suo complesso, condizione indispensabile per l’elabora-zione anche regionale delle strategie di conservazione e valor izzazione.

Nel contempo ha preso avvio i l lavoro di def inizione degli obiet t ivi strategici del Piano di Gest ione, al la cui programmazione sono ora impegnat i tut t i gl i ent i che hanno deciso di collaborare per la promozione del si to. Nello scorso ot tobre si è inse-diato i l Comitato di Pilotaggio che ha f issato gli indir izzi e programmato i tempi delle at t ivi tà dei due gruppi di la-voro, uno dedicato al la ci t tà di Vicenza, l’al t ro al le vi l le palladiane, r ispet t ivamente coordinat i dal Comune e dalla Provincia di Vicenza.

I l lavoro sin qui svol to ha già por tato al l’approfon-dimento dei percorsi e delle strategie che le Amministra-zioni interessate intendono intraprendere, nel r ispet to delle competenze ist i tuzionali di ciascun ente coinvol to, ma in piena sinergia di intent i e di at t ivi tà.

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Crespi d’Adda

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Castel del Monte ha un ruolo ben diverso da quello che veniva riser-vato ai castelli. Chiusura, difesa, isolamento: questo significava un castello. Invece, oggi Castel del Monte è un luogo di idee che circolano, di modi di pensare che si confrontano. Castel del Monte, infat ti, fa anhe parte di quel ristret to numero di monumenti in-dividuati, pure dall’Unesco, come ‘messaggeri di pace’. Dentro il ca-stello dell’imperatore svevo viene

assegnato da alcuni anni il premio internazionale ‘Federico II per la Pace’, riservato a chi si batte o si è battuto per migliorare i rapporti tra gli uomini (prima edizione a Patch Adams; la seconda a Gino Strada; la terza alla memoria di Ni-cola Calipari). Ancora: Castel del Monte è stato l’ispiratore di una festival internazionale che da dieci anni si tiene ad Andria, ‘Castel dei Mondi’. Un festival che vede confrontarsi le diverse culture.

Per un castello, dunque, con torri e feritoie, un bel paradosso: luogo di incontro, ot tagono di pace.

I due paradossi, quindi, si intrecciano. Mentre si cont i-nua, tant issimo, a scr ivere sul perché del castel lo, Castel del Monte ha invece assunto un ruolo chiaro e cer to. Come dire: forse non sappiamo perché venne costrui to, sappiamo però sicuramente cos’è oggi: Tempio della Tolleranza.

D ieci anni fa, nel dicembre 1996, du-rante la X X sessione

del Comitato del patr imonio mondiale Unesco, a Merida, in Messico, il suggestivo Castel del Monte (nei pressi di Andria, in Puglia), venne inseri to nella pre-stigiosa lista dei beni patr imonio dell’umanità.

In quest i dieci anni, Ca-stel del Monte è stato, ancora più di pr ima, un paradosso. Innanzi tut to un paradosso di scr i t tura. La stor ia di Castel del Monte, infat t i, prende i l via da un unico, scarno documento: una let tera inviata da Feder ico II di Svevia, l’imperatore che volle costruire i l castel lo, al giust i-ziere di Capi tanata, Riccardo di Montefuscolo: era i l 1240. Cosa diceva quella let tera? Conte-neva una r ichiesta: “Cum pro castro apud S. Mar ia de Monte f ier i volumus per te…”. Feder ico II, cioè, si r ivolge a Riccardo di Montefuscolo e chiede di predisporre qualcosa poiché “per i l castel lo, che abbiamo intenzione di costruire vicino a

Santa Mar ia del Monte, voglia-mo che venga subi to esegui to tuo tramite…”. Questo è quello che sappiamo del rappor to tra Feder ico II e Castel del Monte, poche frasi, una sua r ichiesta. I l paradosso, invece, sta nel fat to che su Castel del Monte, poi è stato scr i t to tanto, tant is-simo. Soprat tut to per chiar ire i l perché della sua costruzione. E’ stato analizzato tut to del castel lo: strut ture, misure, posizione, simbolismo. E sono emerse numerose teor ie. Un im-probabile castel lo di caccia. Un luogo di delizie, dove r i f let tere e pur i f icarsi. Una cat tedrale laica, con un percorso da iniziat i dove cogliere i segret i del pensiero, fondare una f i losofia universale. Un simbolo f isico: una colossa-le corona di pietra per r icordare i l potere imper iale, quasi una sor ta di monoscopio ‘ televisivo’ capace di r imandare i l ‘segnale’ del potere. Una universi tà dove poter contenere e di f fondere i l sapere. Un tempio innalzato per celebrare la tol leranza al di là delle diversi tà esistent i t ra

le rel igioni. Un gigantesco l ibro di pietra dove poter incidere e r i t rovare teor ie matematiche, proporzioni auree, le leggi cele-st i, i r i tmi astronomici, la danza delle ombre intrecciate al la luce, una maestoso calendar io, la segnalazione di al t re costru-zioni da esplorare, i l nome di Dio. La cassafor te del Graal. Un singolare labir into. Una biblioteca, anzi la Biblioteca. Tante teor ie che hanno fat to diventare i l castel lo l’ogget to di una contesa tra chi crede in un eccessivo simbolismo (a vol te senza prove) e chi, al contra-r io, si r i t rova in uno spietato realismo (che però sorvola su alcuni simboli). Paradossale per un castel lo la cui or igine è racchiusa solo in poche frasi che nulla dicono sul perché lo si volesse costruire.

Ma c’è un secondo paradosso che riguarda Castel del Monte, collegabile naturalmente anche al primo. E cioè: se anche dovessi-mo dire che la costruzione voluta da Federico II è semplicemente un castello, c’è da far notare che oggi

L ’ A S S O C I A Z I O N EL ’ A S S O C I A Z I O N E

ANDRIACASTEL DEL MONTE,PARADOSSO DI PIETRA

di Michele Palumbo

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Miniatura della Relatio de innovatione ecclesie sancti Geminiani

N el dicembre 1997 la 21ª Sessione del Co-mitato Internazionale

Unesco riunita a Napoli ha dichia-rato sito Unesco il complesso costituito dalla Cattedrale, con la Torre “Ghirlandina” e Piazza Gran-de a Modena, includendolo nella lista del Patrimonio mondiale del-l’umanità. Il valore universale del complesso è così riassunto nel documento ufficiale della World heritage list:

“La creazione comune di Lanfranco e Wiligelmo è un capo-lavoro del genio creatore umano nel quale si impone una nuova dialet tica dei rapporti tra architet-tura e scultura nell’ar te romanica. Il complesso di Modena è una testimonianza eccezionale della tradizione culturale del XII secolo e uno degli esempi eminenti di complesso architet tonico in cui i valori religiosi e civici si trovano coniugati in una cit tà cristiana del Medioevo”.

Una così calzante ed efficace definizione merita forse qualche spiegazione più dettagliata. In effet ti la Cattedrale di Modena,

con la sua strut tura architet tonica dovuta all’architet to Lanfranco e lo straordinario apparato scul-toreo legato al nome del grande scultore Wiligelmo, offre una testimonianza eccellente del genio creatore umano. Agli esordi del secolo XII, inoltre, essa appare come uno dei principali luoghi di elaborazione di un nuovo linguag-gio figurativo, destinato a influen-zare tut to il romanico padano, mentre nel contesto europeo la Cattedrale modenese costituisce una testimonianza privilegiata del fenomeno della rinascita della scultura monumentale in pietra; la sua costruzione, coincidente con la nascita dell’istituzione comu-nale, è inoltre una delle testimo-nianze più importanti della società urbana dell’Italia Settentrionale dei secoli XII – XIII. Tutto il com-plesso monumentale offre, infine, un esempio di sviluppo urbano stret tamente connesso ai valori civici, in par ticolare at traverso le relazioni tra l’economia, la religio-ne, la vita socio-politica della cit tà che esso mette in luce.

Nel 2007 ricorre per Modena

il decennale Unesco, al quale la cit tà desidera dare l’opportuno rilievo. Anche per questo, oltre che per celebrare il IX centenario della traslazione del corpo del patrono san Geminiano nella cattedrale romanica, gli enti più diret tamente coinvolti nella ge-stione del sito hanno organizzato la mostra dal titolo “Romanica: ar te e liturgia nelle terre di San Geminiano e Matilde di Canossa”. Opere di oreficeria prodotte per la cattedrale di Modena, come l’altare portatile di san Geminiano, manoscrit ti, iscrizioni e preziosi manufatti legati al culto, riferibili ai secoli XI-XIII, saranno esposti all’interno dei Musei del Duomo, situati a fianco della cattedrale e inaugurati in occasione del Giubi-leo dell’anno 20001. Promossa dal Museo Civico d’Arte, dai Musei del Duomo e dalla Soprintendenza al Patrimonio Storico Artistico e Etnoantropologico di Modena e Reggio Emilia e finanziata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, l’eposizione nasce dal desiderio di realizzare un’iniziativa comune nella quale

L ’ A S S O C I A Z I O N E

MODENAOREFICERIE E CODICI MINIATIALL’OMBRA DELLA “GHIRLANDINA”

di Francesca PiccininiDirettricedelMuseoCivicod’ArtediModena

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La Ghirlandina

Formella del Duomo

trovi concreta espressione quella sinergia di forze e di intenti che risulta essenziale alla valorizza-zione del sito. L’iniziativa diviene quindi occasione per promuovere il significato dell’appartenenza all’Unesco e per riflet tere sui valori universali di civiltà e cultura da esso tutelati, focalizzando l’at-

tenzione non tanto sul patrimonio monumentale, bensì su quei pic-coli oggetti antichi e preziosi che nel Medievo accompagnavano la celebrazione dei riti, esprimendo l’intensa spiritualità di un’epoca il cui fascino non è diminuito, ma accentuato, dalla lontananza temporale.

Per quanto riguarda, invece, la tutela e conservazione del patri-monio, va segnalata l’importante campagna di restauri, at tualmente in corso, che riguardano la Catte-drale e la Torre “Ghirlandina”. Gra-zie a un concorso di forze che vede impegnati sia gli enti proprietari, Capitolo Metropolitano e Comune

di Modena, sia la Soprintendenza per i Beni Architet tonici e per il Paesaggio di Bologna Modena e Reggio Emilia e la Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, si sta infat ti provvedendo al rifacimento delle coperture del Duomo, al restauro della facciata e in particolare del grande rosone campionese in pietra arenaria, le cui condizioni conservative appa-rivano gravemente compromesse, e a una serie di interventi preli-minari sulla Torre “Ghirlandina”, l’elemento strut turalmente più fragile del complesso.

Simbolo della cit tà, la “Ghir-landina” è una delle più alte (circa 90 metri) e antiche torri medievali italiane (fine XI - inizi XII secolo), da sempre carat terizzata da una significativa pendenza verso sud-ovest e giunta fino a noi in precario stato di conservazione. Per questo, l’Amministrazione comunale – che ne è proprietaria – ha avviato dal 2002 una serie di interventi volti a conoscere lo stato di fat to del monumento per poterne gestire la tutela. Tali in-terventi rientrano nel quadro uni-tario di un proget to complessivo di monitoraggio integrato che si vorrebbe estendere in seguito a tut to il sito Unesco. Grazie anche ad apposite convenzioni con le Università di Modena e Reggio

Emilia e di Parma è stata eseguita una serie ar ticolata di indagini: nel 2002 e nel 2006 monitoraggi visivi diret ti, con tecnica alpini-stica, che hanno evidenziato e documentato un aumento signifi-cativo dei punti in cui è evidente il degrado del materiale, con-sentendo di rimuovere numerosi frammenti di piccole dimensioni; nel 2006 il r ilievo metrico e fo-togrammetrico, grazie al quale si è potuto evidenziare lo stato di conservazione delle lastre di rivestimento e che costituirà l’indispensabile presupposto per la catalogazione degli elementi; ancora nel 2006, la mappatura del paramento lapideo e la ca-talogazione del degrado, estesa anche alla Cat tedrale. La map-patura consente di conoscere esat tamente il tipo di materiale lapideo impiegato per ogni concio e la tipologia del degrado di ogni elemento, contribuendo a datare le fasi costrut tive e le modalità di riuso del materiale, soprat tut to se è accompagnata, come nel nostro caso, da analisi di labo-ratorio dei campioni prelevati. Nel frat tempo sono stati eseguiti gli interventi di manutenzione più urgenti, evidenziati dalle indagini ora descrit te ed è proseguito il monitoraggio strumentale del Duomo e della Ghirlandina - en-

trato in funzione nel 2003 grazie ad una convenzione tra Comune di Modena, Fondazione Cassa di Risparmio di Modena e Soprin-tendenza per i Beni Architet tonici e per il Paesaggio di Bologna Modena e Reggio Emilia - che consente di seguirne nel tempo il compor tamento statico in tut ti i suoi aspet ti. La let tura dei dati del monitoraggio ha evidenziato nell’ultimo triennio una modesta, ma progressiva inclinazione della torre verso il Duomo e la Sagre-stia. Si è quindi ritenuto oppor-tuno condurre un’indagine statica più completa at traverso

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Altarolo portalile di San Geminiano

La necropoli tarquiniese

I l sito “Necropoli etrusche di Cerveteri e Tarquinia” è stato iscrit to nella Lista

del Patrimonio Mondiale dell’Une-sco durante la 28° sessione del Comitato tenutasi a Suzhou in Cina nel luglio del 2004.

Le motivazioni che hanno portato a questo riconoscimento, in particolare per Tarquinia, sono da ricercare nella peculiarità delle tombe dipinte della necropoli di Monterozzi: si trat ta infat ti del complesso di sepolture ipogee decorato con pit ture parietali più esteso dell’area tirrenica. Sempre secondo i criteri Unesco, le tom-be tarquiniesi, oltre a costituire la sola grande testimonianza di pit tura classica di età - prero-mana esistente nel bacino del Mediterraneo e a rappresentare una diret ta prova della pit tura greca, sono eccezionali sia per la qualità della loro esecuzione, sia per il loro contenuto, che rivela aspetti della vita, della morte e del credo religioso dell’antico popolo etrusco.

La necropoli tarquiniese occupa un area piut tosto vasta:

infat ti, quella che tecnicamente viene denominata come area “tampone” del sito di Monterozzi, ossia la zona di rispetto diret ta-mente tutelata, si estende su circa 3108 ettari e al suo interno sono state individuate più di seimila sepolture, delle quali duecento dipinte.

Nelle valutazioni che han-no portato al riconoscimento, par ticolari menzioni sono state at tribuite alla tomba delle Leones-se, a quella della Caccia e della Pesca e a quella dei Giocolieri, ed un’importante encomio è stato assegnato alla Soprintendenza

archeologica per l’ot tima opera di tutela e conservazione svolta negli anni.

Il titolo di Patrimonio del-l’umanità, sospirato e a lungo agognato dalle istituzioni pub-bliche interessate, costituisce oggi il principale trampolino di lancio per un territorio che deve fare della qualità della vita, dell’offer ta turistico-culturale e della salvaguardia ambientale le tre linee cardine di uno sviluppo non solo economico, ma anche sociale. In questo senso bisogna chiarire che l’area interessata alla perimetrazione di terzo

l’analisi comparata dei dati stru-mentali forniti dal monitoraggio, di quelli storici, disponibili a par tire dal secolo XIX, e degli indicatori relativi alla por tata del terreno e all’andamento della falda, per comprendere la natura dell’instabilità ed avanzare previ-sioni di sviluppo dei fenomeni in at to. E’ stata avviata anche una approfondita indagine di carat-tere storico-archivistico volta a conoscere in modo più sistema-tico la storia dell’edificio, delle

sue fasi costrut tive e dei restauri, indagine alla quale si af fianca uno studio archeologico e delle tecniche costrut tive, che con-tribuisce a completare il quadro storico della fase più antica della torre, non documentabile diver-samente per la totale perdita dei documenti di epoca medievale. L’enorme messe di dati che si sta raccogliendo sarà, infine, inserita in un archivio informatico delle documentazioni che consentirà di registrare immagini, tecniche e

modalità d’intervento e consenti-rà di realizzare una car tografia te-matica e di interrogare il sistema per singoli elementi.

Note

1 Via Lanfranco 6; da mar-tedì a domenica dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 18.30, chiuso il lunedì; per informazioni IAT tel. 059 2032660 o Museo Civico d’Arte tel. 059 2033100-101; www.comune.modena.it /museoarte.

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TARQUINIALA NECROPOLI ETRUSCA FRA PASSATO PRESENTE E FUTURO

di Luca GufiResponsabileBibliotecaCivicadiTarquinia

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Tomba dei leopardi

Tarquinia

rendere fruibile per via multime-diale il patrimonio archeologico etrusco, tramite la costruzione di un data base che raccolga i dati forniti da tut te le nazioni par teci-panti (Italia, Germania, Francia, Grecia, Irlanda e Polonia). I risul-tati di questo lavoro verranno poi resi accessibili al pubblico tramite una serie di punti informatici pre-senti nei principali musei europei, dove saranno visibili i materiali presenti all’interno del Museo Nazionale Tarquiniense.

La ricerca e la conoscenza del patrimonio tarquiniese stan-

ambito prevista dal piano di ge-stione, ovvero la superficie più ampia sulla quale è possibile non solo svolgere at tività di ricerca e di conservazione, ma anche pro-gettare uno sviluppo coordinato delle at tività ar tigianali e delle produzioni locali, fino ad arrivare alla creazione di un marchio di qualità territoriale, non è ancora stata definita con certezza, anche se dovrebbe coincidere con l’inte-ro territorio comunale.

Stiamo parlando di un comprensorio molto vasto, che abbraccia altri luoghi di notevole interesse archeologico e cultura-le, quale è quello della cit tà al-tomedievale di Leopoli-Cencelle, che, grazie al lavoro di ricerca e scavo delle Università di Roma e di Chieti, è ormai in buona misura “leggibile”, oppure il sito dell’an-tico porto di Gravisca, oggetto

delle decennali ricerche compiute da parte dell’Università di Perugia e dal Professor Mario Torelli. In ultimo va citata anche l’area del-l’antica Tarquinia, sulla quale insi-stono i resti di uno dei maggiori templi preromani, quello della co-sìddetta “Ara della Regina”, oltre alla zona di Pian di Civita e Porta Romanelli, entrambe oggetto di scavo da molti anni a questa parte dell’Università di Milano e della Sovrintendenza Archeologica dell’Etruria Meridionale.

Proprio la costante presenza delle at tività di ricerca di varie Università italiane e straniere costituisce un punto di sviluppo dell’area, non solo per quanto concerne l’analisi scientifica, ma anche per ciò che riguarda la pro-mozione, la conoscibilità e la valo-rizzazione del territorio. In questo senso sono due i casi da citare: il

primo è l’at tivazione, da parte del-la Facoltà di Lingue dell’Università degli Studi della Tuscia di Viterbo, in collaborazione con il Comune di Tarquinia, del corso di laurea in “Tecniche per il turismo e il terri-torio”, la cui strut turazione in loco coincide con l’obiet tivo, presente nel Piano di gestione del Sito, di formare il futuro personale at to a rispondere alle esigenze di pro-mozione ed accoglienza proprie di un’area Unesco.

Il secondo caso riguarda più da vicino la promozione culturale del patrimonio tarquiniese: si tratta del progetto T.A.R.C.N.A (Towards Archeological Heritage New Acces-sibility), acronimo identico al nome etrusco di Tarquinia. Il progetto è stato attivato con i fondi europei di “Culture 2000” ed è coordinato dall’Università di Milano, in colla-borazione con la Soprintendenza dell’Etruria Meridionale e con il Comune di Tarquinia. Conta sulla preziosa consulenza scientifica delle docenti di etruscologia del Dipartimento di Scienze del Mondo Antico dell’Università meneghina, le Professoresse Maria Borghi Jo-vino e Giovanna Bagnasco Gianni, attive da molti anni nelle ricerche sull’area dove sorgeva l’antica città etrusca.

Il primo obiet tivo di questo ambizioso programma è quello di

no quindi facendo passi avanti, grazie all’opera degli istituti uni-versitari, sostenuti annualmente dal Comune di Tarquinia; tut to questo però non basta per favorire lo sviluppo turistico del sito. Nei prossimi mesi le at tenzioni delle amministrazioni pubbliche do-vranno essere rivolte al sistema di infrastrut ture che potranno essere realizzate per rendere più acces-sibile la necropoli etrusca: dalla definitiva risoluzione di problemi antichi quali i parcheggi in prossi-mità del sito, all’incremento delle strut ture ricettwive; dai sistemi

di informazione e documentazio-ne, all’ampliamento dei percorsi turistici.

La posizione geografica di Tarquinia, la sua vicinanza a Roma, l’espansione turistica del porto di Civitavecchia, rendono ormai ine-ludibile la risoluzione dei problemi di accoglienza che hanno sempre osteggiato la crescita di questo territorio. Le possibilità di realiz-zare un sistema turistico-culturale vasto ed articolato, ben indicate nel piano di gestione, sono, allo stato attuale, tutte da esplorare e da percorrere.

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La cava ipogea

M atera è una cit tà pa r t i co l a r i ss ima . Nel suo nucleo

antico, che fino agli anni venti del novecento costi tuiva l’intero abitato, sono concentrati i tanti carat ter i che la rendono unica e che vengono r iscoper ti e studiati parallelamente al progredire dei lavori di recupero e conserva-zione. Pochi giorni fa r icorreva l’anniversario dell’emanazione della Legge 771/1986 che ha sancito il preminente interesse nazionale per la conservazione, il recupero e la salvaguardia dei Rioni Sassi e del prospiciente Alt ipiano Murgico dando l’avvio alla tutela di un terr i tor io che raccoglie impor tantissime te-stimonianze delle at t ivi tà umane protrat tesi in un arco cronologi-co sorprendentemente lungo. Di fat to i r i trovamenti archeologici, che dal paleoli t ico infer iore si susseguono fino all’età roma-na, coprono in modo appena discontinuo l’evoluzione storica della cit tà e si può azzardare con buona approssimazione che Matera sia ogget to di fenomeni insediativi ed abitativi che at-traverso diverse migliaia di anni

giungono fino ai giorni nostr i. I lavori di recupero della cit tà an-tica consentono la r icostruzione archeologica delle par t i man-canti del continuum insediativo. E’ quanto si è verif icato con il recente r ifacimento delle reti dei servizi di via San Biagio, storica ar ter ia su cui af faccia il com-plesso conventuale della chiesa di San Giovanni Bat t ista - Santa Maria la Nova. Durante i lavori di sistemazione del sagrato, grazie alla sinergia fra Soprintendenza ai Beni Archeologici della Basili-cata, Scuola di Specializzazione in Archeologia dell’Università di Basilicata e Amministrazione Comunale, sono venute alla luce una set tantina di sepolture, stratif icate su tre livelli, di cui si sta completando l’indagine e lo studio. Gli esit i di questa campagna di scavi si annuncia-no interessantissimi sia sot to il profilo archeologico che per quanto at t iene alla r icostruzione della vicenda urbanistica della cit tà, che potrebbe arr icchirsi di testimonianze r isalenti al VII secolo a.C., ubicate a r idosso di un’area che già vede la pre-senza di alcuni foggiali di epoca

romana ma il cui edificato di super ficie è “relativamente re-cente” (posteriore al XIII sec.). Strut ture sot terranee di una cit-tà che ha nei Rioni Sassi la par te più evidente e nota ai più ma che nasconde alla vista un tessuto ipogeo complesso ed ar t icolato di grandissima r ilevanza. Si può dire, infat t i, che ogni edificio dei Sassi includa almeno una porzione ipogea: cripte rupestr i, frantoi, forni e cantine, cisterne, palombari, neviere, foggiali, cave di materiale da costruzione (il tufo calcarenit ico). Una cit tà sot terranea, più vasta di quella visibile, fat ta di architet ture in negativo, di volumi sot trat t i alla roccia fr iabile, scavata con regole precise det tate dall’esi-genza di sfrut tare al meglio l’i l luminazione e il soleggiamen-to nel corso dell’anno. Capita, così, che da una piccola casa a cor te, un minuscolo vano al pr imo piano e un altro un po’ più grande e parzialmente scavato al piano terra, si acceda a due ipogei uno dei quali potrebbe essere la chiesa rupestre di San Placido di cui da decenni si è persa ogni traccia; l’ipotesi è

confor tata dalla presenza, in un ambiente adiacente, dei segni di una probabile sepoltura, semidi-strut ta dal plurisecolare uso abi-tativo. Da questi andit i si accede ad una coppia di piccole cave di tufo che fanno da anticamera ad una grandiosa cava a pozzo dal-la inconsueta forma a campana. Un insoli to “corpo cavernoso” dall’acustica incredibile, per il quale si è ipotizzata la resti-tuzione all’uso collet t ivo quale piccolo auditorium (90 posti)

e spazi esposit ivi, inserendovi strut ture amovibili in legno e metallo e la indispensabile dota-zione di impianti e servizi acces-sori, allocati nei vani contigui. O ancora il recente r i trovamento di un grande palombaro nella zona di Via Purgatorio Vecchio. Durante i lavori di recupero di quella che fu la Chiesa del Purgatorio Vecchio, pur troppo appena r iconoscibile per il lungo uso abitativo, è stata r invenuta una grande r iserva idr ica comu-

ne (il palombaro) interamente scavato nella roccia tufacea, sormontato da una bocca circo-lare che consentiva di at t ingere l’acqua dalla strada soprastante. Una strut tura simile a quella più grande, det ta Palombaro Lungo di cui sono r ipor tate notizie in un documento del 1595, r invenuta nel corso dei lavori di r iquali-ficazione della centralissima Piazza Vit tor io Veneto. Vere e proprie r iserve comuni di acqua da utilizzare nei lunghi

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MATERAIL RECUPERO DELLA CITTÀ NASCOSTA

di Claudio MontinaroUfficioSassiComunediMatera

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L’imboccatura del pozzo del palombaro

Sezione trasversale della cavae della probabile Chiesa Rupestre di San Placido

Sezione trasversale del tessuto ediliziodei Rioni Sassi

e frequenti periodi di siccità che carat ter izzano l’agro Materano; serbatoi interconnessi mediante reti di canalizzazione e vasche di decantazione all’intr icato siste-ma di raccolta e distr ibuzione dell’acqua, che è un altro degli elementi dell’unicità di Matera. Ogni casa, cantina, bot tega, grot ta, aveva almeno una ci-sterna per la raccolta dell’acqua per usi domestici, mentre quella

potabile veniva prelevata alla

fontana pubblica che, per oltre seicento anni ai piedi del colle del Lapillo (collina del castello Tramontano) ha distr ibuito l’acqua intercet tata dalla falda freatica. Tant’è che per secoli uno dei maggiori impegni de-mandati all’amministrazione cit-

tadina r iguardava la pedissequa manutenzione della condot ta (antecedente al 1351) e della fontana più volte r imaneggiata.

Un sistema

di raccolta distr ibuzione che è entrato in crisi, f ino al lento ma inesorabile abbandono, con l’inaugurazione del ramo di acquedot to che nel 1926, alla vigilia della elevazione di Matera a seconda provincia della Basi-licata, por tò in cit tà l’acqua del

Sele. Fino al completo degrado, legato allo sfollamento dei Sassi iniziato nel 1953, culminato nel r iempimento con detr i t i di molte delle cisterne esistenti e con

l’occultamento di

buona par te delle canalizzazioni che le collegavano. Un sistema che ora r iemerge in par te e si valorizza grazie al restauro dei Sassi, a testimoniare l’evolversi del sapiente operato di intere generazioni di uomini.

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U rb ino e la comuni -caz ione. Binomio inscindib i le per

promuovere l ’ iden t i t à ar t is t i -ca, cul tura le e paesaggis t ica de l la seconda ci t t à idea le ne l l ’ immaginar io co l le t t ivo. Dopo Assis i e pr ima d i Siena, in fa t t i , Urb ino è sul secondo gradino d i un podio pres t ig io -so, que l lo deciso da l la s tampa in ternaz iona le che ha vo lu to premiare le c i t t à che p iù co l -p iscono e ca t turano fan tasia e ammiraz ione. Nominata anche capi ta le mondia le de l l ’u top ia , Urb ino s ta raccogl iendo i f ru t-

t i d i un lavoro mira to a l l ’a f fer-mazione de l la propr ia “marca”. Un lavoro che s i basa su una s t ra teg ia d i comunicaz ione ben precisa, vo lu ta e messa in pra t ica da l l ’Assessora to che presiedo e che s ta operando per raggiungere un t raguardo è ambiz ioso: far d iven tare Urb ino un esempio innovat ivo ne l campo de l la comunicaz io -ne. E i l percorso in t rapreso, v is t i i r isu l t a t i o t tenu t i , è s icuramente que l lo g ius to. A d imost rar lo la presenza d i Urb ino (unica ci t t à i t a l iana a essere ospi te a l t avo lo de i re -

la tor i con una rappresen tanza de l l ’Assessora to a l la Cul tura e a l Tur ismo) a l convegno naz io -na le de i pubbl ic i t ar i svo l tosi a Siena l ’11 novembre scorso. A l la conven t ion senese Urb ino ha a f fermato e sot to l inea to le propr ie rad ici che a f fondano ne l la sua secolare aurea d i c i t t à idea le. L’ I t a l ia ha r isorse s t raord inar ie ne l la cul tura , ne l l ’a r te e ne l tur ismo ma è ind ie t ro ne l la s t ra teg ia de l -la comunicaz ione. Ciò che s i dovrebbe far passare è i l conce t to d i “marca I t a l ia” così come s t iamo cercando d i fare a Urb ino e per cui c i s t iamo a t t rezzando. La comunica-z ione è e lemento essenz ia le per ra f for zare e t ramandare l ’ immaginar io d i ques ta ci t t à e, a l lo s tesso tempo, conci -l ia re l ’ idea d i iden t i t à cul tura le con la connotaz ione e le forme con temporanee de i luoghi . La concre t iz zaz ione de l l ’u top ia d i Urb ino passa a t t raverso proge t t i promoziona l i de l ter-r i tor io e la sper imentaz ione

d i un p iano d i comunicaz io -ne cos t ru i to su p iù l i ve l l i . Come i l proge t to, per cui c i sono f inanz iament i in a t to, denominato “I l grande l ibro Urb ino, c i t t à de l l ’u top ia”. I l te r r i tor io sarà le t to a t t raver-so una segnale t ica e f f icace e comple ta , pensata in armonia co l pa t r imonio urbano, e a t-t raverso un percorso innova-t ivo e a l terna t ivo. Un s is tema in tegra to d i comunicaz ione che promuove la “ le t tura” d i Urb ino e fa da cana le pubbl ic i -tar io. A conferma d i c iò anche i l proge t to “Paro le in g ioco”, g iun to a l la sua seconda edi -z ione è uno de i f ior i a l l ’oc-

chie l lo de l l ’Assessora to a l la Cul tura e a l Tur ismo. Per t re g iorn i a l l ’anno, ne l la seconda se t t imana d i o t tobre, Urb ino fa da s fondo a torne i , pro iez ion i c inematograf iche, le t ture, re -ci t a l e labora tor i tu t t i dedica t i a l la paro la e a i suoi mis ter i . Ne i v ico l i de l la c i t t à idea le, residen t i e tur is t i sono s ta t i co invol t i d i re t tamente per scopr i re neologismi e g iocare con le paro le. Paro le in g ioco, de l cui comi ta to scien t i f ico fa par te Umber to Eco, è s ta to idea to da S te fano Bar tezzaghi . Ar te e cul tura va lor iz za te, dunque, graz ie a una grande a t tenz ione a l la comunicaz ione

che conci l ia g loba le e loca le, che permet te d i a t t ingere a r isorse che sono d i tu t t i ( immagin i , s imbol i , ogge t t i ) ma che, ne l momento in cui vengono u t i l i z za te, acquis tano una va lenza loca le. Quel lo che occor re fare per promuovere una ci t t à , ma forse l ’ I t a l ia , è rendere un luogo accogl ien te sempre, perciò occor re avere s ì grandi even t i ma anche p iccole “chicche”, p iccol i doni da of f r i re a i v is i t a tor i e ag l i ab i tan t i . Perché se in una ci t t à co loro che la v ivono s tanno bene, co loro che la v is i t ano godono d i ques to sen t imento.

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URBINOUN ESEMPIO INNOVATIVONELLA COMUNICAZIONEDELL’ARTE E DELLA CULTURA

di Lella MazzoliAssessoreallaCulturaeTurismodiUrbino

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Barumini

�2 annoterzo•numerouno•gen/mar2007www.sitiunesco.it

F ondata nel 1997 dai Comuni di Alberobello, Andria, Capriate S. Gervasio, Ferrara, Matera, Ravenna e Vicenza, ha saputo diventare, in

meno di un decennio, un impor tante punto di r iferimento per tut te le località italiane sui cui territori sono presenti beni culturali e naturali inseriti nella World Heritage List. Il sodalizio, del quale fanno par te 43 soci fra Comuni, Province, Regioni, Comunità Montane e Parchi in rap-presentanza di 38 dei 41 siti i taliani, svolge una intensa at tività di sostegno alle polit iche di tutela e di promozio-ne dei territori insigniti del prestigioso riconoscimento internazionale. La rete delle cit tà Unesco, in un’ot tica di superamento della frammentazione dell’of fer ta cultura-le, si pone come par te at tiva di un processo dinamico che crede nel valore strategico di alleanze integrate e funzionali e che persegue con tenacia gli obiet tivi di salvaguardia e di valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico italiano.

I principali obiet tivi statutari:• L’organizzazione di iniziative per la tutela del patrimo-nio culturale e naturale dichiarato patrimonio dell’uma-nità e la realizzazione di proget ti e proposte comuni da presentare alle amministrazioni pubbliche italiane e alle istituzioni internazionali;• L’elaborazione di polit iche di scambio di esperienze in relazione ai problemi presentati e alle soluzioni adot tate dalle varie comunità; la promozione di iniziative di edu-cazione in collaborazione con le autorità scolastiche; • La promozione, in collaborazione con le Università e gli Istituti di Ricerca pubblici e privati, di iniziative fina-lizzate alla formazione professionale del personale delle pubbliche amministrazioni e non, impiegato nella gestio-ne del patrimonio culturale delle cit tà d’ar te;

• La programmazione di una polit ica turistica e

di dif fusione del-

l’immagine che corrisponda agli interessi della comunità in cui si trovano i beni patrimonio dell’umanità;• La promozione di rappor ti di collaborazione e coope-razione con analoghe associazioni che dovessero costi-tuirsi in Italia e con l’Anci., nonché con le associazioni internazionali che hanno medesime finalità, in par ticolar modo con l’Unesco.

Il presidente dell’Associazione è Gaetano Sateriale - sindaco di Ferrara. Il comitato diret tivo è composto dai rappresentanti dei comuni di Assisi, Andria, Firenze, Por tovenere, Tivoli, Urbino, Verona e Vicenza. La pre-sidenza e la segreteria hanno sede presso il Comune di Ferrara - Piazza Municipale n. 2 - tel. 0532-419930 - fax 0532-418336 - e-mail: [email protected]. Sito internet: www.sitiunesco.it.

L’elenco completo dei soci:Comune di Alberobello, Comune di Amalfi,

Comune di Andria, Comune di Aquileia, Comune di Assisi, Comune di Barumini, Comune di Capriate San Gervasio, Comune di Caser ta, Comune di Cerveter i, Comune di Ercolano, Comune di Ferrara, Comune di Firenze, Comune di Lipar i, Comune di Matera, Comune di Modena, Comune di Montalcino, Comune di Napoli, Comune di Noto Comune di Padova, Comune di Pa-lazzolo Acreide, Comune di Piazza Armerina, Comune di Pienza, Comune di Pisa, Comune di Por to Venere, Comune di Ravenna, Comune di Roma, Comune di San Gimignano, Comune di Siena, Comune di Sor t ino, Comune di Tarquinia, Comune di Tivoli, Comune di To-r ino, Comune di Torre Annunziata, Comune di Urbino, Comune di Venezia, Comune di Verona, Comune di Vicenza, Comunità Montana di Valle Camonica, Parco del Delta del Po, Ente Parco archeologico e paesag-gist ico della Valle dei Templi, Provincia di Ferrara, Provincia di Salerno e Regione Veneto.

L’ASSOCIAZIONE CITTÀ ITALIANE PATRIMONIO MONDIALE UNESCO