Giancarlo Consonni , Politecnico di Milano filenell’ordine del migliaio – del numero di siti a...

23
Giancarlo Consonni, Politecnico di Milano I grandi monumenti del patrimonio archeologico industriale di Sesto San Giovanni. Esercizi di recupero

Transcript of Giancarlo Consonni , Politecnico di Milano filenell’ordine del migliaio – del numero di siti a...

Page 1: Giancarlo Consonni , Politecnico di Milano filenell’ordine del migliaio – del numero di siti a cui l’Unesco assegna il compito di rappresentare sinteticamente la storia dell’umanità).

Giancarlo Consonni, Politecnico di Milano

I grandi monumenti del patrimonio

archeologico industriale di Sesto San

Giovanni. Esercizi di recupero

Page 2: Giancarlo Consonni , Politecnico di Milano filenell’ordine del migliaio – del numero di siti a cui l’Unesco assegna il compito di rappresentare sinteticamente la storia dell’umanità).

L’iniziativa di portare all’attenzione dell’Unesco il patrimonio archeologico industriale di

Sesto San Giovanni è quanto mai opportuna. Si tratta di un’eredità storica di grande

valore per la qualità degli organismi in sé e per le potenzialità che essi offrono sul piano

urbanistico. La loro valorizzazione non potrà che offrire opportunità per un salto di qualità

della città di Sesto e dell’intera area metropolitana milanese.

Sesto ha le carte in regola: deve solo saperle mostrare.

In primo luogo il dossier di candidatura non potrà non fare riferimento al solido entroterra

che consente a questo patrimonio di non essere una semplice sommatoria di oggetti

isolati ma testimonianze di cultura materiale vive, per tre ragioni: a) sono parte di una

memoria collettiva che sa rinnovarsi nel rapporto fra le generazioni; b) si tratta di presenze

architettoniche chiaramente decifrabili nel loro valore storico grazie a una ragguardevole

messe di studi: una conoscenza in continua crescita che può contare su quella

eccezionale miniera di documenti che è la Fondazione Isec, oltre che su quanto è

conservato in altri archivi, privati e non; c) c’è la ferma intenzione da parte

dell’Amministrazione comunale di salvaguardare le costruzioni che si sono salvate dalla

dismissione produttiva e di reinserirle nella vita della città e della metropoli. Oggi gli

strumenti della comunicazione consentono di costruire un ipertesto che è in grado di

rendere percepibile l’estensione delle relazioni culturali e dei legami identitari in cui il

patrimonio materiale al centro di questo Symposium è inserito. Questo ipertesto può

essere costruito nella logica di un grande affresco mobile che si può avvalere anche di

preziosi documenti visivi e sonori: quelli storici, ma anche quelli accumulati dagli studiosi e

dagli artisti (basti ricordare che sulla realtà sestese, hanno lavorato grandi fotografi da

Tranquillo Casiraghi, che qui era di casa, a Gabriele Basilico, a Giovanna Borgese, a

Gianni Berengo Gardin).

In secondo luogo si tratterà di mettere nella giusta evidenza la specificità del caso

sestese, anche in rapporto alle classificazioni tipologiche dei siti Unesco. Sesto non è stata

semplicemente una “città fabbrica” o “la città delle fabbriche”. Se così fosse, il rigetto

della domanda sarebbe quasi automatico, apparendo Sesto come parte di una

compagine già molto affollata (ovviamente se vista nell’ottica del contenimento –

nell’ordine del migliaio – del numero di siti a cui l’Unesco assegna il compito di

rappresentare sinteticamente la storia dell’umanità). Sesto San Giovanni rappresenta una

specificità nel panorama delle concentrazioni industriali: quello di essere una polarità

produttiva della metropoli contemporanea: una stella di prima grandezza che non si

spiega se non la si collega alle risorse di un vasto territorio: la forza lavoro messa a

disposizione da un’area che arrivava fino alle valli prealpine e l’energia fornita dalle

centrali elettriche della Valtellina e dell’Adda (complessi tutt’ora in funzione e di grande

valore, basti per tutti il riferimento a quel capolavoro che è la Centrale Taccani di Trezzo,

opera di Gaetano Moretti). Occorre in altri termini far capire che non si tratta di una

generica città o periferia industriale, ma che con Sesto San Giovanni siamo di fronte a un

importante ed esemplare capitolo di storia della metropoli contemporanea. E che anche

per questo merita di essere attentamente vagliato dall’Unesco.

Page 3: Giancarlo Consonni , Politecnico di Milano filenell’ordine del migliaio – del numero di siti a cui l’Unesco assegna il compito di rappresentare sinteticamente la storia dell’umanità).

In terzo luogo occorre fare ulteriori sforzi sul terreno delle alleanze e delle sinergie a vari

livelli. Il Symposium costituisce già un grande passo avanti nella giusta direzione, ma non

basta. Occorre, da un lato, che il Ministero per i Beni e le Attività Culturali si esprima sul

valore degli organismi che Sesto intende portare alla candidatura e, dall’altro, che

Regione e Provincia offrano un sostegno meno generico. Questo pone la necessità di un

piano regionale che, indipendentemente dal progetto Unesco ma in coerenza con esso,

indichi i siti da valorizzare: un progetto che abbia l’ambizione di rappresentare la storia

della Lombardia attraverso un esteso e articolato ecomuseo. Già l’identificazione di

questo reticolo, con il relativo configurarsi di itinerari, metterebbe a sistema i siti,

valorizzando gli sforzi che si compiono dal basso, dall’interno di ciascuna realtà. Ma,

conoscendo la lentezza e la scarsità di risorse, occorre almeno che sforzi dal basso, come

quello che Sesto sta compiendo, vengano adeguatamente sostenuti (una volta tanto

l’adozione del tanto conclamato principio di sussidiarietà sarebbe appropriata).

Ma, per fare sostanziali passi avanti, Milano e la Lombardia devono fare sinergia uscendo

dalle mortali spire delle conventicole. In questo, c’è molto da imparare da quelle realtà –

anche nazionali, penso a Torino – che hanno conseguito importanti risultati riuscendo a

mobilitare le forze intellettuali e imprenditoriali in sfide impegnative aventi come obiettivo

la valorizzazione del contesto territoriale. A Milano, ma anche a Sesto, si tocca con mano

la sottoutilizzazione di un sistema universitario che conta sette atenei e che in tema di

valorizzazione del patrimonio materiale potrebbe offrire un formidabile contributo di

conoscenze e di idee.

Ma entriamo nel merito degli indirizzi da dare alla valorizzazione.

Occorre evitare due pericoli: da un lato, la trasformazione di queste straordinarie

testimonianze in ruderi; dall’altro, il loro riuso come semplici contenitori. Il recupero non

può ridursi alla mera conquista di una nuova destinazione funzionale e di una nuova

funzionalità: le potenzialità di senso di cui questi complessi sono depositari sono tali che

essi possono aspirare al ruolo di monumenti, a fianco delle chiese, delle ville, del palazzo

municipale. La loro valorizzazione non può essere ristretta alla dimensione architettonica:

occorre coinvolgere il contesto in una logica di riqualificazione urbana. Il recupero di

questi organismi non può infatti essere scisso dal grande problema che la città di Sesto ha

di fronte: ridisegnare il proprio assetto cercando una sintesi fra l’esistente e la nuova

addizione di proporzioni inusitate che verrà dal riuso delle aree Falck. Una sintesi che

assegna alla memoria un ruolo non trascurabile nel configurare il futuro.

Per potenzialità intrinseche e dislocazione, i maggiori edifici delle acciaierie che, assai

opportunamente, si è deciso di conservare – il T3 (forno elettrico, con l’annesso Reparto

raffreddamento tondoni), l’Omec (Officina meccanica), il T5 (forno elettrico), il Bliss

(laminatoio a freddo) e persino ciò che rimane della portineria Vulcano – si prestano a

fare da capisaldi del riassetto. In altri termini, in un’epoca che dimostra una grande

difficoltà a produrre nuovi monumenti (nel senso di architetture capaci di farsi interpreti di

valori e di caratteri identitari condivisi), questi organismi possono diventare le pietre

angolari della nuova città: presenze architettoniche che, se opportunamente ‘ascoltate’,

possono dare un apporto prezioso alla configurazione di luoghi pubblici di rilevanza

Page 4: Giancarlo Consonni , Politecnico di Milano filenell’ordine del migliaio – del numero di siti a cui l’Unesco assegna il compito di rappresentare sinteticamente la storia dell’umanità).

urbana e metropolitana. Ad essi infatti potrebbe essere ancorata un’armatura di tramiti

della socialità in grado non solo di strutturare il riassetto delle aree Falck ma anche di

legare fra loro le parti oggi disunite della città esistente, contribuendo allo stesso tempo

alla realizzazione di un rinnovato policentrismo metropolitano.

Si presentano qui una mezza dozzina di progetti fra i molti elaborati nel Laboratorio di

Progetto urbano e di paesaggio di cui sono titolare nella Facoltà di Architettura civile del

Politecnico di Milano. Data la caratteristica del Laboratorio, il cuore del progetto è la

proposta di disegno urbano, mentre gli sviluppi architettonici su singoli edifici vogliono

essere dimostrativi dell’apporto che da essi può venire all’architettura dei luoghi e al

complessivo riassetto della città. Per questo, almeno in taluni casi, non si poteva non dare

le coordinate – ovvero il progetto complessivo – entro cui la proposta di recupero si

colloca.

Quattro progetti si misurano con il problema del recupero del T3, le altre due riguardano il

T5.

L’idea che accomuna queste proposte è quella di un’architettura che contiene

architetture. La ragione non è solo dovuta al fatto che i grandi scheletri del T3 e del T5 non

possono reggere altro che se stessi. È la loro conformazione, insieme maestosa e

trasparente, a suggerire l’idea di un amalgama di vecchio e nuovo. Dove il vecchio viene

valorizzato nella sua magnificenza e il nuovo si pone al servizio della possibilità di fare di

questi grandi complessi degli organismi-soglia: piazze coperte, o se si vuole gallerie

urbane, in grado di infondere vitalità ai luoghi pubblici su cui insistono, sia per le attività

che ospitano sia per il loro farsi crocevia di un articolato sistema di relazioni affidato

soprattutto a potenti tramiti pedonali.

Nel progetto di Eleonora D’Agati e Silvia Pilotti il Museo d’arte contemporanea ospitato

nel T3 si articola in quattro sale sospese su esili pilotis: corpi aerei come sculture melottiane

collegate fra loro da passerelle. Oltre alla visita in successione di quanto esposto

all’interno delle sale, nei tratti all’aperto il percorso si fa promenade architecturale

nell’intento di consentire ai visitatori di partecipare della vita della piazza coperta e

insieme di spaziare sul panorama della nuova città.

Nel progetto di Laura Zamboni e Paolo Molteni il T3 viene circondato da uno specchio d’acqua con due obietti: esaltare la potenza della struttura e fare dell’interno uno spazio sospeso. I diversi corpi vetrati, in cui si articolano il Museo e le attività connesse, interagiscono con la grande fabbrica in un gioco di trasparenze e diafanità, di permeabilità e di soglie, che arricchisce l’esperienza dello spazio di continui mutamenti di prospettiva.

Sempre Molteni e Zamboni propongono per il recupero del T5 l’inserimento di un Centro di ricerca e di strutture per la convivialità. Con i nuovi organismi ospitati, la imponente struttura - dotata di una nuova copertura trasparente - è posta in relazione con una grande piazza, in una stretta relazione fra interno ed esterno, fra chiuso e aperto. Il senso dell’accogliere ne risulta esaltato.

Gabriele Rivolta prospetta per il T5 una destinazione a Museo d’arte contemporanea e Laboratori per il restauro e la conservazione dei beni culturali. Il progetto, alquanto

Page 5: Giancarlo Consonni , Politecnico di Milano filenell’ordine del migliaio – del numero di siti a cui l’Unesco assegna il compito di rappresentare sinteticamente la storia dell’umanità).

articolato, dà vita a una vera e propria cittadella che interagisce e infonde una forte personalità alla grande piazza su cui insiste.

Cristina Borsa e Monya Mierini propongono il recupero del T3 e del Reparto raffreddamento tondoni a Museo e Università delle arti. La maestosità del T3 ha suggerito la trasformazione del suo interno in una grande cavità teatrale. Quanto al lungo corpo del Reparto raffreddamento tondoni, se ne propone il riuso a spazio espositivo per grandi sculture che risulteranno visibili anche dal parco che lo circonda.

Anche nella soluzione messa a punto da Silvia Malavasi e Milena Prada l’architettura del T3 diviene una piazza coperta atta ad ospitare un Museo di arte contemporanea. La propensione teatrale del luogo è enfatizzata da una grande spirale rossa sospesa che genera una promenade da cui ammirare grandi sculture ospitate sotto la copertura ‘a pagoda’ ma anche il paesaggio urbano.

Page 6: Giancarlo Consonni , Politecnico di Milano filenell’ordine del migliaio – del numero di siti a cui l’Unesco assegna il compito di rappresentare sinteticamente la storia dell’umanità).

I grandi monumenti di archeologia industriale di Sesto San Giovanni Esercizi di recupero

Laboratorio di Progetto urbano e del paesaggio. Facoltà di Architettura civile. Politecnico di Milano

Prof. Giancarlo Consonni

Sesto San Giovanni: una storia un futuro un patrimonio industriale per tutto il mondoConvegno internazionale. Sesto San Giovanni 24-25 settembre 2010

Page 7: Giancarlo Consonni , Politecnico di Milano filenell’ordine del migliaio – del numero di siti a cui l’Unesco assegna il compito di rappresentare sinteticamente la storia dell’umanità).

Eleonora D’Agati e Silvia Pilotti, Masterplan per le aree Falck e Progetto per il recupero del T3 a Museo d’arte contemporanea

Page 8: Giancarlo Consonni , Politecnico di Milano filenell’ordine del migliaio – del numero di siti a cui l’Unesco assegna il compito di rappresentare sinteticamente la storia dell’umanità).

Eleonora D’Agati e Silvia Pilotti, Progetto per il recupero del T3 a Museo d’arte contemporanea

Page 9: Giancarlo Consonni , Politecnico di Milano filenell’ordine del migliaio – del numero di siti a cui l’Unesco assegna il compito di rappresentare sinteticamente la storia dell’umanità).

Eleonora D’Agati e Silvia Pilotti, Progetto per il recupero del T3 a Museo d’arte contemporanea

Page 10: Giancarlo Consonni , Politecnico di Milano filenell’ordine del migliaio – del numero di siti a cui l’Unesco assegna il compito di rappresentare sinteticamente la storia dell’umanità).

Laura Molteni e Paolo Zamboni, Masterplan per le aree Falck eProgetto per il recupero del T3 a Museo d’arte contemporanea

Page 11: Giancarlo Consonni , Politecnico di Milano filenell’ordine del migliaio – del numero di siti a cui l’Unesco assegna il compito di rappresentare sinteticamente la storia dell’umanità).

Laura Molteni e Paolo Zamboni, Progetto per il recupero del T3 a Museo d’arte contemporanea

Page 12: Giancarlo Consonni , Politecnico di Milano filenell’ordine del migliaio – del numero di siti a cui l’Unesco assegna il compito di rappresentare sinteticamente la storia dell’umanità).

Laura Molteni e Paolo Zamboni, Progetto per il recupero del T5 a galleria urbana e centro di ricerca

Page 13: Giancarlo Consonni , Politecnico di Milano filenell’ordine del migliaio – del numero di siti a cui l’Unesco assegna il compito di rappresentare sinteticamente la storia dell’umanità).

Gabriele Rivolta, Masterplan delle aree Falck e Progetto per il recupero del T5 a Museo di arte contemporanea con laboratori per il restauro e la conservazione dei beni culturali

Page 14: Giancarlo Consonni , Politecnico di Milano filenell’ordine del migliaio – del numero di siti a cui l’Unesco assegna il compito di rappresentare sinteticamente la storia dell’umanità).

Gabriele Rivolta, Progetto per il recupero del T5 a Museo di arte contemporaneae Laboratori per il restauro e la conservazione dei beni culturali

Page 15: Giancarlo Consonni , Politecnico di Milano filenell’ordine del migliaio – del numero di siti a cui l’Unesco assegna il compito di rappresentare sinteticamente la storia dell’umanità).

Gabriele Rivolta, Progetto per il recupero del T5 a Museo di arte contemporaneae Laboratori per il restauro e la conservazione dei beni culturali

Page 16: Giancarlo Consonni , Politecnico di Milano filenell’ordine del migliaio – del numero di siti a cui l’Unesco assegna il compito di rappresentare sinteticamente la storia dell’umanità).

Cristina Borsa e Monya Mierini, Progetto per il recupero del T3 a Museo e Università dalle arti

Page 17: Giancarlo Consonni , Politecnico di Milano filenell’ordine del migliaio – del numero di siti a cui l’Unesco assegna il compito di rappresentare sinteticamente la storia dell’umanità).

Cristina Borsa, Monya Mierini, Progetto per il recupero del T3 e del carroponte a Museo e Università dalle arti

Page 18: Giancarlo Consonni , Politecnico di Milano filenell’ordine del migliaio – del numero di siti a cui l’Unesco assegna il compito di rappresentare sinteticamente la storia dell’umanità).

Silvia Malavasi e Milena Prada, Progetto per il recupero dell’Omec a Centro per l’incontro delle culture e del T3 a Museo d’arte contemporanea

Page 19: Giancarlo Consonni , Politecnico di Milano filenell’ordine del migliaio – del numero di siti a cui l’Unesco assegna il compito di rappresentare sinteticamente la storia dell’umanità).

Silvia Malavasi e Milena Prada, Masterplan per le aree Falck

Page 20: Giancarlo Consonni , Politecnico di Milano filenell’ordine del migliaio – del numero di siti a cui l’Unesco assegna il compito di rappresentare sinteticamente la storia dell’umanità).

Silvia Malavasi e Milena Prada, Progetto per il recupero del T3 a Museo d’arte contemporanea

Page 21: Giancarlo Consonni , Politecnico di Milano filenell’ordine del migliaio – del numero di siti a cui l’Unesco assegna il compito di rappresentare sinteticamente la storia dell’umanità).

Silvia Malavasi e Milena Prada, Progetto per il recupero del T3 a Museo d’arte contemporanea

Page 22: Giancarlo Consonni , Politecnico di Milano filenell’ordine del migliaio – del numero di siti a cui l’Unesco assegna il compito di rappresentare sinteticamente la storia dell’umanità).

Silvia Malavasi e Milena Prada, Progetto per il recupero del T3 a Museo d’arte contemporanea

Page 23: Giancarlo Consonni , Politecnico di Milano filenell’ordine del migliaio – del numero di siti a cui l’Unesco assegna il compito di rappresentare sinteticamente la storia dell’umanità).

Silvia Malavasi e Milena Prada, Progetto per il recupero del T3 a Museo d’arte contemporanea