OTTIMISTI & SOMMARIO DEL NUMERO...

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OTTIMISTI & RAZIONALI analisi e le comparazioni il rimedio ai nostri mali. Gigerenger ritiene questo modello molto schematico. Non tutte le euristiche – ci dice – sono inconsce, anzi alcune sono usate coscientemente, e poi le euristiche non sono la fonte primaria dell’errore, in molti casi sono più precise rispetto ai si- stemi logici e statistici. E possono essere imparate e maneggiate con più facilità. Per questo Gigerenger è interessato sia a stu- diare la razionalità e la saggezza contenute nell’euristiche sia a scoprire quando fun- zionano e quando no. Il problema non è l’ottusità di fondo degli esseri umani ma il preoccupante fenome- no di una società non alfabetizzata al ri- schio. Come si fa a imparare un alfabeto veloce grazie al quale possiamo orientarci? Con regole semplici. Esempio: parlando di numeri, chiedere sempre la classe di rife- rimento, a cosa si riferisce quel numero? A cosa si applica una regola così? Vediamo. In UK qualche anno fa fu pubblicato uno studio dove si sosteneva che il rischio di trombosi per le donne che prendono la pil- lola anticoncezionale di terza generazione è cresciuto del 100% rispetto a quello della pillola di seconda generazione. Panico. SOMMARIO DEL NUMERO 1 Infrastrutture. Come stanno cambiando le modalità di trasporto nel mondo (Feletig a pag. 2) Scienza. La decrescita infelice e la paura dei cambiamenti (Simonetti a pag. 2) Ambiente. I limiti allo sviluppo li stabilisce la tecnologia (Testa a pag. 3) Lavoro. L’innovazione tecnologica porterà augmentation (Ichino a pag. 4) Perché conviene imparare a rischiare Che cosa ci guadagniamo a capire come funziona l’universo 8QD GHOOH GRPDQGH FKH XQ DVWURāVLFR VL VHQWH rivolgere più spesso dalle cosiddette persone comuni (a parte quelle di routine sul big bang, i buchi neri, gli alieni e via dicendo) è: d’accordo, tutto bello, ma a che ci serve? Che ce ne viene a noi, di concreto, dal capire come funziona l’uni- verso? E poi: ma questi soldi che spendiamo per costruire telescopi, mandare sonde e astronau- ti nello spazio, esplorare il cosmo, non si po- trebbero dedicare a risolvere i problemi veri, e urgenti, qui sulla Terra? Tipo la fame nel mon- do? Già: la fame nel mondo. Sembra uno scher- zo, ma una quarantina d’anni fa, una suora mis- sionaria scrisse alla NASA: ma vi pare, disse, con i bambini che muoiono di fame, che voi possia- te spendere tutti questi soldi per lo spazio, per andare su Marte, e compagnia bella? Al che OレDOORUD GLUHWWRUH VFLHQWLāFR GHOOレHQWH VSD]LDOH Ernst Stuhlinger, prese carta e penna e rispose con una lunga lettera (è diventata abbastanza celebre, se la cercate si trova anche online), molto argomentata, che si potrebbe riassume- re così: cara suor Maria Gioconda (si chiamava così) io capisco perfettamente le sue preoccu- pazioni e vorrei anch’io che sparisse la fame nel mondo; ma, se noi smettessimo di fare ricerca e usassimo quei soldi per sfamare gli indigenti, alla lunga non avremmo risolto nulla, mentre se continueremo a cercare di capire come funzio- na il mondo, e a innovare, costruiremo un futu- ro in cui sempre meno persone si troveranno a patire la miseria e la carestia. In effetti, uno potrebbe fare l’esercizio storico di chiedersi: da dove deriva lo straordinario benessere ma- teriale di cui gode il mondo occidentale e che, sebbene lentamente e con fatica, continua ad allargarsi, includendo fette sempre più vaste della popolazione mondiale? È un esercizio che fa per esempio lo storico Yuval Noah Harari nel suo libro “Sapiens”, individuando quattro rivo- luzioni nella storia dell’umanità, quattro mo- menti di svolta che hanno cambiato per sem- pre il corso della nostra specie: la rivoluzione cognitiva (70000 anni fa), la nascita dell’agri- FROWXUD DQQL ID OレLQL]LR GHOOレXQLāFD]LRQH dell’umanità (con la scoperta dell’America e la QDVFLWD GHJOL LPSHUL FRORQLDOL H LQāQH OD ULYR- OX]LRQH VFLHQWLāFD 4XHVWレXOWLPD ゥ VHQ]D DOFXQ dubbio, quella a cui dobbiamo in maggior parte lo straordinario potere raggiunto dall’uomo nel controllo, e nel generale miglioramento, delle proprie condizioni di vita. E come è comincia- ta questa rivoluzione? Hanno contribuito tanti IDWWRUL PD YROHQGR VHPSOLāFDUH VL SRWUHEEH dire che tutto è successo perché qualcuno ha iniziato a chiedersi sul serio quale fosse il vero Molte donne smisero di prendere la pillola. Risultato? Molte gravidanze non volute e molti aborti (13 mila in più), anche per cause naturali – gravidanze a aborto per ironia sono asso- ciate a rischio trombosi. È necessaria una sana cultura dell’errore, sapendo che esistono errori buoni che ci insegnano a imparare ed errori irrimediabili che vanno previsti ed evitati Il 100% fa paura, ma è un valore relati- vo, e quindi Gigerenzer si chiede: qual è quello assoluto? Gli studi su cui si basava la notizia mostravano che per la pillola di seconda generazione una donna su sette- mila aveva avuto una trombosi, mentre per quella di terza, due donne su settemila. Il valore relativo è in effetti il 100% ma quel- lo assoluto è 1. Il 100% spaventa (e i media si vanno a nozze), il valore assoluto inve- ce non spaventa. Altra regola semplice: la certezza assoluta, il rischio zero non esi- ste, anzi spesso è pericolosa. Il fatto è che noi desideriamo la certezza e se qualcuno ce la propina siamo disposti a credergli: l’illusione della certezza è l’altra faccia della medaglia, è un ostacolo che si frappone tra noi e la gestione intelligente del rischio. Per esempio l’illusione del ri- schio zero può portare, come in un effetto domino, alle decisioni prudenziali: quelle fatte per timore di sbagliare. Ho due op- zioni, A e B. La decisione è A è quella otti- male ma scelgo la B, meno buona, solo per proteggermi nel caso che qualcosa vada storto. Una sorta di autodifesa preventiva. Le de- cisioni prudenziali sono frequenti nel cam- po della sanità: un medico ordina esami o cure che non hanno un’indicazione clinica, per paura di un’azione giudiziaria. Secon- do uno studio fatto in Pennsylvania, il 59% dei medici ordinava più esami del neces- sario, il 33% prescriveva più medicinali, il 52% mandava i pazienti da altri specialisti senza necessità e il 32% suggeriva proce- dure invasive per confermare una diagno- si. Nessuno viene querelato da un paziente per eccesso di cure, dicono i dottori. Le decisioni prudenziali possono essere Facciamo un test? Avete un debito di 3000 euro, pagate un interesse del 12% nominale DOOレDQQR H YHUVDWH HXUR DO PHVH 4XDQGR avrete pagato il debito per intero? Rispo- ste: fra a) meno di 5 anni; b) da 5 a 10 anni; c) da 11 e 15 anni; d) da 16 a 20 anni; e) mai. 4XHVWR WHVW ゥ VWDWR SURSRVWR D SLコ GL PLOOH tedeschi dai 18 anni in su, ebbene solo il KD IRUQLWR OD ULVSRVWD JLXVWD PDL 4XD- si metà degli intervistati era convinta che il debito sarebbe stato saldato nel giro di R DQQL 4XHVWR ゥ XQR GHL WDQWL HVHPSL illustrati dallo psicologo Gerd Gigergenzer nel suo libro, imparare a rischiare. Perché QRQ VDSSLDPR ULVFKLDUH 6H ゥ GLIāFLOH FDO- colare l’interesse nominale su un debito, come potremmo mai orientarci quando ci avventuriamo in investimenti e scelte più complicate? Succede che improvvisiamo, rischiando grosso, oppure, spaventati, ci chiudiamo a riccio, invochiamo le nostre certezze e rinunciamo ad agire. Nell’uno o nell’altro caso, la conclusione è la stessa: un mondo che rischia troppo o che non sa rischiare affatto è un mondo che prima o poi si ferma. Un mondo fermo è un mon- do che perde coraggio, l’allegria e il gusto dell’innovazione. Come fare? Alcuni pensano che ci sia poco da fare, perché l’essere umano è fonda- mentalmente incapace di rischiare. Gli mancherebbero alcuni requisiti fonda- mentali: prima di tutto non capiamo la probabilità, siamo ciechi nei confronti di questo calcolo. Inoltre il nostro cervello commette errori. La soluzione potrebbe essere rappresentata da uno Stato pater- nalistico, insomma un comitato di esper- ti, vaccinati contro le illusioni cognitive e altro che educhino i cittadini. Tuttavia SDWHUQDOLVWLFR ゥ XQD GHāQL]LRQH SHVDQWH e aspra. Deriva dalla radice latina “pater”, “padre”. Lo Stato paternalistico si com- porrebbe di pochi padri e di tanti bambi- ni. Gerd Gigerenzer invece non la pensa così. Si ritiene ottimista: niente panico, le illusioni cognitive esistono sì, ma possono essere gestite. Con poche e semplici rego- le (euristiche) tutti possono imparare sia a calcolare il semplice tasso di interesse sia orientarsi in scelte molto più complesse, e LQ YDUL FDPSL OD VDOXWH OD āQDQ]D JOL DI- fetti. Come? Prima di raccontare le ipote- si di Gigerenzer breve parentesi: chi cosa parliamo quando parliamo di errori logici? Perché si formano? Per rispondere biso- gna capire come, per ragioni evolutive, sì è strutturato nei millenni il nostro cervello. Lo psicologo cognitivo Daniel Kahneman, per esempio, ipotizza l’esistenza di due si- stemi cognitivi. Il sistema uno, inconscio, associativo, veloce, consuma poco gluco- sio, eco sostenibile insomma. E un sistema due, analitico, comparativo ad alto con- sumo di glucosio. Il sistema uno si è for- mato nel paleolitico, per questo privilegia le decisioni intuitive inconsce: se vedi un leone, invece di calcolare la traiettoria del suo balzo, scappa prima che puoi. Tuttavia il sistema uno, anche perché spinto dalla paura, in un mondo complesso produce spesso errori. Il sistema due privilegiando analisi e comparazioni consce, invece, non commetterebbe errori. Insomma, secon- do Daniel Kahneman le euristiche incon- sce sarebbero causa di errori e la logica, le Per non farsi pungere dallo scorpione basta prenderlo per la coda. Ma sapendo quello che si fa. Occorre indossare i guantoni. Buone notizie? Più che altro intelligenti. Che il mondo che abitiamo sia migliore - ma di gran lunga - rispetto a quello in cui vivevano i nostri padri e nonni, non è una notizia: è un dato che storia, statistica, antropologia e scienze sociali annesse sono in grado ogni giorno di attestare. Così come è un fatto incontestabile l’abissale scarto tra realtà e percezione, che ci impedisce di vedere le grandi opportunità che il futuro sta già riservando a chi vive i nostri tempi. Non è quindi questione di “buone notizie”. Quelle le lasciamo DO &RUULHURQH H DOOD VXD QXRYD IRJOLD GL āFR GHO PDUWHGュ GRYH SLFFROH VWRULH HGLāFDQWL WURYDQR ULIXJLR DO ULSDUR GDO GLOXYLR GL DOODUPLVPL paure e fake news che invadono ogni possibile spazio mediatico, a via Solferino come in qualunque altra tossica redazione. Noi racconteremo, con le nostre piccole forze, storie solide, sorrette dalla scienza, dalla ragione, dai dati e dal buonsenso. Senza negare, del futuro che tanto ci piace, le aporie, le contraddizioni, i problemi irrisolti. Perché siamo ottimisti e razionali. Non fessi. causa di situazioni tragicomiche. Chi scri- ve ha assistito durante una riunione del G7 agricoltura alla seguente discussione. Di fronte alla richiesta di inserire le bio- tecnologie in un panel di lavoro, alcuni rappresentanti europei in omaggio alle decisioni prudenziali ha consigliato di in- serire solo le tecnologie, senza bio. Altri hanno incarato la dose, tecnologie non andava bene, meglio azioni concrete. Mai l’aggettivo era fonte di spavento per altri ed è stato tolto, siccome azioni senza ag- gettivo era molto vago anche azioni è sta- to cassato. Nel panel dedicato ai migranti si parlava di scambi culturali tra Africa ed Europa e sempre in omaggio alle decisio- ni prudenziali, Africa è stato tolo, restano scambi culturali. Con chi, non si sa. Tutti sapevamo che l’opzione A era quella migliore (biotecnologie e Africa) ma abbia- mo scelto la B per paura di errori e criti- che. Tuttavia le decisioni prudenziali pos- sono ridotte se impariamo a praticare una sana cultura dell’errore. In fondo, gli errori buoni ci aiutano a imparare e scoprire, e YDQQR QRWLāFDWL H FRQGLYLVL 4XHOOL FDWWLYL VL EDVDQR VXOOレLOOXVLRQH GHO UL- schio zero, e contribuiscono a formare un sistema chiuso che impara poco e scopre ancora meno. Dunque, alfabetizzazione del rischio con poche euristiche, quasi come alle elementari. È strano, mio nonno contadino aveva la quinta elementare e un solo vestito ele- gante. Negli ultimi anni della sua vita, quando venivano in paese i tecnici agrari, mio nonno si metteva il vestito della fe- sta. La cultura era per lui qualcosa di sa- cro, anche perché insegnava a rischiare e VSLQJHUVL LQ DYDQWL 4XHOOR FKH *LJHUHQ- zer ci propone è dunque un nuovo vestito per affrontare il rischio. Tuttavia questo vestito deve essere cucito e indossato da piccoli, dalle elementari. Un vestito che ri- voluzioni la scuola facendo leva su tre tipi di argomenti e tre tipi di capacità: alfabe- WL]]D]LRQH VDQLWDULD DOIDEHWL]]D]LRQH ā- nanziaria, competenza digitale sul rischio, quindi conoscenza del pensiero statistico (alfabetizzazione alla quantità), delle rego- le del pollice (euristiche) e della psicologia del rischio. Complicato? I bambini ci arrivano? Alcu- ni dicono di no: se alcuni problemi, per esempio quelli relativi alla probabilità, mandano in confusione gli adulti, pensate un bambino. Bene, a 176 bambini berline- si di seconda e quarta elementare è stato proposto un gioco (con un po’ di magia). Ogni 20 allievi della scuola di magia Zam- pa di Corvo, cinque hanno una bacchetta; quattro di questi cinque hanno anche un cappello magico; anche dodici di quindici senza bacchetta hanno cappello magico. Immagina un gruppo di allievi della scuola di magia che portano il cappello magico. Domande: ce ne sono altri con la bacchet- WD" SLコ SUREDELOH GL Vュ R GL QR" 4XDQWL GL quelli con cappello magico hanno anche la bacchetta? Allora, i bambini di Berlino hanno risposto subito, io ancora no, e vorrei tanto tornare in quarta elementare per cucire e indos- sare questo nuovo vestito così da impa- rare a rischiare con intelligenza, assieme alla mia classe. Antonio Pascale posto del nostro pianeta nell’universo, e se esso fosse il centro di tutto oppure no. Se proprio volessimo trovare un momento che riassume tutto, potremmo trovarlo in un gesto semplice e potente: un uomo, Galileo Galilei, che per la prima volta alza al cielo un cannocchiale e ci JXDUGD GHQWUR ( JXDUGDQGR VL FRQYLQFH GHā- nitamente di due cose. La prima è che, no, non ruota tutto attorno a noi. La seconda è che le cose si capiscono davvero solo così, oltre che con il retto ragionamento: ovvero, osservando e sperimentando. Amedeo Balbi continua a pag. 4 La paura di sbagliare impedisce di intraprendere e innovare $QQR ;;,, QXPHUR ,/ )2*/,2 4827,',$12 OXQHGュ RWWREUH 3DJLQH D FXUD GHOOD )RQGD]LRQH 2WWLPLVWL 5D]LRQDOL

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OTTIMISTI &

RAZIONALI

analisi e le comparazioni il rimedio ai nostri mali. Gigerenger ritiene questo modello molto schematico. Non tutte le euristiche – ci dice – sono inconsce, anzi alcune sono usate coscientemente, e poi le euristiche non sono la fonte primaria dell’errore, in molti casi sono più precise rispetto ai si-stemi logici e statistici. E possono essere imparate e maneggiate con più facilità. Per questo Gigerenger è interessato sia a stu-diare la razionalità e la saggezza contenute nell’euristiche sia a scoprire quando fun-zionano e quando no. Il problema non è l’ottusità di fondo degli esseri umani ma il preoccupante fenome-no di una società non alfabetizzata al ri-schio. Come si fa a imparare un alfabeto veloce grazie al quale possiamo orientarci? Con regole semplici. Esempio: parlando di numeri, chiedere sempre la classe di rife-rimento, a cosa si riferisce quel numero? A cosa si applica una regola così? Vediamo. In UK qualche anno fa fu pubblicato uno studio dove si sosteneva che il rischio di trombosi per le donne che prendono la pil-lola anticoncezionale di terza generazione è cresciuto del 100% rispetto a quello della pillola di seconda generazione. Panico.

SOMMARIO DEL NUMERO 1Infrastrutture. Come stanno cambiando le modalità di trasporto nel mondo (Feletig a pag. 2)

Scienza. La decrescita infelice e la paura dei cambiamenti (Simonetti a pag. 2)

Ambiente. I limiti allo sviluppo li stabilisce la tecnologia (Testa a pag. 3)

Lavoro. L’innovazione tecnologica porterà augmentation (Ichino a pag. 4)

Perché conviene imparare a rischiare

Che cosa ci guadagniamo a capire come funziona l’universorivolgere più spesso dalle cosiddette persone comuni (a parte quelle di routine sul big bang, i buchi neri, gli alieni e via dicendo) è: d’accordo, tutto bello, ma a che ci serve? Che ce ne viene a noi, di concreto, dal capire come funziona l’uni-verso? E poi: ma questi soldi che spendiamo per costruire telescopi, mandare sonde e astronau-ti nello spazio, esplorare il cosmo, non si po-trebbero dedicare a risolvere i problemi veri, e urgenti, qui sulla Terra? Tipo la fame nel mon-do? Già: la fame nel mondo. Sembra uno scher-zo, ma una quarantina d’anni fa, una suora mis-sionaria scrisse alla NASA: ma vi pare, disse, con

i bambini che muoiono di fame, che voi possia-te spendere tutti questi soldi per lo spazio, per andare su Marte, e compagnia bella? Al che

Ernst Stuhlinger, prese carta e penna e rispose con una lunga lettera (è diventata abbastanza celebre, se la cercate si trova anche online), molto argomentata, che si potrebbe riassume-re così: cara suor Maria Gioconda (si chiamava così) io capisco perfettamente le sue preoccu-pazioni e vorrei anch’io che sparisse la fame nel mondo; ma, se noi smettessimo di fare ricerca e usassimo quei soldi per sfamare gli indigenti, alla lunga non avremmo risolto nulla, mentre se

continueremo a cercare di capire come funzio-na il mondo, e a innovare, costruiremo un futu-ro in cui sempre meno persone si troveranno a patire la miseria e la carestia. In effetti, uno potrebbe fare l’esercizio storico di chiedersi: da dove deriva lo straordinario benessere ma-teriale di cui gode il mondo occidentale e che, sebbene lentamente e con fatica, continua ad allargarsi, includendo fette sempre più vaste della popolazione mondiale? È un esercizio che fa per esempio lo storico Yuval Noah Harari nel suo libro “Sapiens”, individuando quattro rivo-luzioni nella storia dell’umanità, quattro mo-menti di svolta che hanno cambiato per sem-

pre il corso della nostra specie: la rivoluzione cognitiva (70000 anni fa), la nascita dell’agri-

dell’umanità (con la scoperta dell’America e la -

dubbio, quella a cui dobbiamo in maggior parte lo straordinario potere raggiunto dall’uomo nel controllo, e nel generale miglioramento, delle proprie condizioni di vita. E come è comincia-ta questa rivoluzione? Hanno contribuito tanti

dire che tutto è successo perché qualcuno ha iniziato a chiedersi sul serio quale fosse il vero

Molte donne smisero di prendere la pillola. Risultato? Molte gravidanze non volute e molti aborti (13 mila in più), anche per cause naturali – gravidanze a aborto per ironia sono asso-ciate a rischio trombosi.

È necessaria una sana cultura dell’errore, sapendo che esistono errori buoni che ci insegnano a imparare ed errori irrimediabili che vanno previsti ed evitati

Il 100% fa paura, ma è un valore relati-vo, e quindi Gigerenzer si chiede: qual è quello assoluto? Gli studi su cui si basava la notizia mostravano che per la pillola di seconda generazione una donna su sette-mila aveva avuto una trombosi, mentre per quella di terza, due donne su settemila. Il valore relativo è in effetti il 100% ma quel-lo assoluto è 1. Il 100% spaventa (e i media si vanno a nozze), il valore assoluto inve-ce non spaventa. Altra regola semplice: la certezza assoluta, il rischio zero non esi-

ste, anzi spesso è pericolosa. Il fatto è che noi desideriamo la certezza e se qualcuno ce la propina siamo disposti a credergli: l’illusione della certezza è l’altra faccia della medaglia, è un ostacolo che si frappone tra noi e la gestione intelligente del rischio. Per esempio l’illusione del ri-schio zero può portare, come in un effetto domino, alle decisioni prudenziali: quelle fatte per timore di sbagliare. Ho due op-zioni, A e B. La decisione è A è quella otti-male ma scelgo la B, meno buona, solo per proteggermi nel caso che qualcosa vada storto. Una sorta di autodifesa preventiva. Le de-cisioni prudenziali sono frequenti nel cam-po della sanità: un medico ordina esami o cure che non hanno un’indicazione clinica, per paura di un’azione giudiziaria. Secon-do uno studio fatto in Pennsylvania, il 59% dei medici ordinava più esami del neces-sario, il 33% prescriveva più medicinali, il 52% mandava i pazienti da altri specialisti senza necessità e il 32% suggeriva proce-dure invasive per confermare una diagno-si. Nessuno viene querelato da un paziente per eccesso di cure, dicono i dottori. Le decisioni prudenziali possono essere

Facciamo un test? Avete un debito di 3000 euro, pagate un interesse del 12% nominale

avrete pagato il debito per intero? Rispo-ste: fra a) meno di 5 anni; b) da 5 a 10 anni; c) da 11 e 15 anni; d) da 16 a 20 anni; e) mai.

tedeschi dai 18 anni in su, ebbene solo il -

si metà degli intervistati era convinta che il debito sarebbe stato saldato nel giro di

illustrati dallo psicologo Gerd Gigergenzer nel suo libro, imparare a rischiare. Perché

-colare l’interesse nominale su un debito, come potremmo mai orientarci quando ci avventuriamo in investimenti e scelte più complicate? Succede che improvvisiamo, rischiando grosso, oppure, spaventati, ci chiudiamo a riccio, invochiamo le nostre certezze e rinunciamo ad agire. Nell’uno o nell’altro caso, la conclusione è la stessa: un mondo che rischia troppo o che non sa rischiare affatto è un mondo che prima o poi si ferma. Un mondo fermo è un mon-do che perde coraggio, l’allegria e il gusto dell’innovazione. Come fare? Alcuni pensano che ci sia poco da fare, perché l’essere umano è fonda-mentalmente incapace di rischiare. Gli mancherebbero alcuni requisiti fonda-mentali: prima di tutto non capiamo la probabilità, siamo ciechi nei confronti di questo calcolo. Inoltre il nostro cervello commette errori. La soluzione potrebbe essere rappresentata da uno Stato pater-nalistico, insomma un comitato di esper-ti, vaccinati contro le illusioni cognitive e altro che educhino i cittadini. Tuttavia

e aspra. Deriva dalla radice latina “pater”, “padre”. Lo Stato paternalistico si com-porrebbe di pochi padri e di tanti bambi-ni. Gerd Gigerenzer invece non la pensa così. Si ritiene ottimista: niente panico, le illusioni cognitive esistono sì, ma possono essere gestite. Con poche e semplici rego-le (euristiche) tutti possono imparare sia a calcolare il semplice tasso di interesse sia orientarsi in scelte molto più complesse, e

-fetti. Come? Prima di raccontare le ipote-si di Gigerenzer breve parentesi: chi cosa parliamo quando parliamo di errori logici? Perché si formano? Per rispondere biso-gna capire come, per ragioni evolutive, sì è strutturato nei millenni il nostro cervello. Lo psicologo cognitivo Daniel Kahneman, per esempio, ipotizza l’esistenza di due si-stemi cognitivi. Il sistema uno, inconscio, associativo, veloce, consuma poco gluco-sio, eco sostenibile insomma. E un sistema due, analitico, comparativo ad alto con-sumo di glucosio. Il sistema uno si è for-mato nel paleolitico, per questo privilegia le decisioni intuitive inconsce: se vedi un leone, invece di calcolare la traiettoria del suo balzo, scappa prima che puoi. Tuttavia il sistema uno, anche perché spinto dalla paura, in un mondo complesso produce spesso errori. Il sistema due privilegiando analisi e comparazioni consce, invece, non commetterebbe errori. Insomma, secon-do Daniel Kahneman le euristiche incon-sce sarebbero causa di errori e la logica, le

Per non farsi pungere dallo

scorpione basta prenderlo

per la coda.

Ma sapendo quello che si fa.

Occorre indossare i guantoni.

Buone notizie?Più che altro intelligenti.Che il mondo che abitiamo sia migliore - ma di gran lunga - rispetto a quello in cui vivevano i nostri padri e nonni, non è una notizia: è un dato che storia, statistica, antropologia e scienze sociali annesse sono in grado ogni giorno di attestare. Così come è un fatto incontestabile l’abissale scarto tra realtà e percezione, che ci impedisce di vedere le grandi opportunità che il futuro sta già riservando a chi vive i nostri tempi. Non è quindi questione di “buone notizie”. Quelle le lasciamo

paure e fake news che invadono ogni possibile spazio mediatico, a via Solferino come in qualunque altra tossica redazione. Noi racconteremo, con le nostre piccole forze, storie solide, sorrette dalla scienza, dalla ragione, dai dati e dal buonsenso. Senza negare, del futuro che tanto ci piace, le aporie, le contraddizioni, i problemi irrisolti. Perché siamo ottimisti e razionali. Non fessi.

causa di situazioni tragicomiche. Chi scri-ve ha assistito durante una riunione del G7 agricoltura alla seguente discussione. Di fronte alla richiesta di inserire le bio-tecnologie in un panel di lavoro, alcuni rappresentanti europei in omaggio alle decisioni prudenziali ha consigliato di in-serire solo le tecnologie, senza bio. Altri hanno incarato la dose, tecnologie non andava bene, meglio azioni concrete. Mai l’aggettivo era fonte di spavento per altri ed è stato tolto, siccome azioni senza ag-gettivo era molto vago anche azioni è sta-to cassato. Nel panel dedicato ai migranti si parlava di scambi culturali tra Africa ed Europa e sempre in omaggio alle decisio-ni prudenziali, Africa è stato tolo, restano scambi culturali. Con chi, non si sa. Tutti sapevamo che l’opzione A era quella migliore (biotecnologie e Africa) ma abbia-mo scelto la B per paura di errori e criti-che. Tuttavia le decisioni prudenziali pos-sono ridotte se impariamo a praticare una sana cultura dell’errore. In fondo, gli errori buoni ci aiutano a imparare e scoprire, e

-schio zero, e contribuiscono a formare un sistema chiuso che impara poco e scopre ancora meno. Dunque, alfabetizzazione del rischio con poche euristiche, quasi come alle elementari. È strano, mio nonno contadino aveva la quinta elementare e un solo vestito ele-gante. Negli ultimi anni della sua vita, quando venivano in paese i tecnici agrari, mio nonno si metteva il vestito della fe-sta. La cultura era per lui qualcosa di sa-cro, anche perché insegnava a rischiare e

-zer ci propone è dunque un nuovo vestito per affrontare il rischio. Tuttavia questo vestito deve essere cucito e indossato da piccoli, dalle elementari. Un vestito che ri-voluzioni la scuola facendo leva su tre tipi di argomenti e tre tipi di capacità: alfabe-

-nanziaria, competenza digitale sul rischio, quindi conoscenza del pensiero statistico (alfabetizzazione alla quantità), delle rego-le del pollice (euristiche) e della psicologia del rischio. Complicato? I bambini ci arrivano? Alcu-ni dicono di no: se alcuni problemi, per esempio quelli relativi alla probabilità, mandano in confusione gli adulti, pensate un bambino. Bene, a 176 bambini berline-si di seconda e quarta elementare è stato proposto un gioco (con un po’ di magia). Ogni 20 allievi della scuola di magia Zam-pa di Corvo, cinque hanno una bacchetta; quattro di questi cinque hanno anche un cappello magico; anche dodici di quindici senza bacchetta hanno cappello magico. Immagina un gruppo di allievi della scuola di magia che portano il cappello magico. Domande: ce ne sono altri con la bacchet-

quelli con cappello magico hanno anche la bacchetta? Allora, i bambini di Berlino hanno risposto subito, io ancora no, e vorrei tanto tornare in quarta elementare per cucire e indos-sare questo nuovo vestito così da impa-rare a rischiare con intelligenza, assieme alla mia classe.

Antonio Pascale

posto del nostro pianeta nell’universo, e se esso fosse il centro di tutto oppure no. Se proprio volessimo trovare un momento che riassume tutto, potremmo trovarlo in un gesto semplice e potente: un uomo, Galileo Galilei, che per la prima volta alza al cielo un cannocchiale e ci

-nitamente di due cose. La prima è che, no, non ruota tutto attorno a noi. La seconda è che le cose si capiscono davvero solo così, oltre che con il retto ragionamento: ovvero, osservando e sperimentando.

Amedeo Balbi continua a pag. 4

La paura di sbagliare impedisce di intraprendere e innovare

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Abundance di James Suzman e Against the Grain di James C. Scott, ripropongono un argo-

è egregiamente servito a rivestire di una ver--

ti. Si tratta dell’idea che, prima dell’invenzione dell’agricoltura, la vita dell’Homo Sapiens fosse assai più appagante, più sana e più completa di quella dei contadini delle epoche successi-ve. È, con qualche aggiornamento, nient’altro che quanto avevano già sostenuto sia Jared Diamond (per il quale, come si sa, la rivoluzio-ne agricola è stata “il più grande errore della storia dell’umanità”) sia e soprattutto, ancor prima, Marshall Sahlins, che aveva esaltato la vita libera e felice dei cacciatori-raccoglitori confrontandola con lo stress, la schiavitù e la penuria sofferte dall’uomo moderno.

La lunga storia di un pensiero

negativo per il quale la scienza

è futile e materiale

Di per sé, questa teoria non è molto convin-cente e si presta a varie critiche: alcune le ho esposte in un libro del 2014 (Contro la decre-scita). Naturalmente, coloro che auspicano

(anche se non mancano i seguaci delle pa-leo-diete). Ma l’atteggiamento sottostante è lo stesso che informa gran parte di quelle cri-tiche alla vita moderna che invece sentiamo e leggiamo di continuo. Ora, quando Vandana Shiva evoca una mitica comunità contadina in perfetto equilibrio ecologico con l’ambien-te, o Carlo Petrini idealizza i contadini pove-ri (“Guarda quanta dignità hanno… Ci fanno sentire ridicoli… brutti, rumorosi, avvelenati dall’inutile, curvi sui cellulari”), o Luca Mercal-li deride il “parco buoi gaudente che non leg-ge, che non ha capacità critica, intontito dalla pubblicità, dal gossip, dal luccichìo della trash tv”, non esprimono solo vanità, e neanche una scusabile nostalgia per le buone cose di una volta. Ciò che fa capolino dietro tutti costoro è una vera e propria ideologia; che non è affatto nuo-va, e anzi viene da lontano. È nata infatti assie-me alle grandi rivoluzioni del Settecento, e da allora non ci ha più abbandonato, anche se ha cambiato più volte pelle e colore politico.La ricerca della fusione panica fra uomo e natura e l’ostilità per la ragione che separa e

La decrescita? È sciocca e tristeUn narcisismo autarchico che lascia ben poco a tutti gli altri

ogni tipo, riscaldamento a raggi infrarossi, la-vastoviglie a ultrasuoni, schermi televisivi su cui leggere le ricette fornite da un elaboratore Ibm (ma dove si potevano seguire anche i pro-

ordinare le provviste. E sebbene la stampa sovietica ironizzasse che quello era l’ambiente tipico dei lavoratori ame-ricani come lo era il Taj Mahal per gli operai di Delhi, fu presto evidente che il capitalismo

giardino dei desideri comuni. Un sogno a oc-chi aperti.Avvenne qui il ruvido scambio di battute tra Chruscev e Nixon, il vice di Eisenhower, che sarebbe passato alla storia (ovviamente) come The Kitchen Debate. Chruscev parlò da leader di un gigante politico irrequieto, mescolando bonomia e arroganza. Nixon invece sottolineò

le meraviglie della tv a colori e poi si fermò -

ghouse: “qualsiasi cosa renda meno gravoso il lavoro delle donne è positiva”, disse. “Voi vo-lete tenere le donne in cucina”, rispose Chru-scev. “Noi non pensiamo alle donne in que-sti termini, abbiamo un’opinione migliore di loro”, aggiunse col sorriso furbo del contadino. Nixon si fece serio e scandì le parole: “noi non vi imporremo il nostro stile di vita, ma i vostri nipoti lo vedranno”. Aveva una visione.

dell’Urss, la femminista croata Slavenka Dra-kulic avrebbe ricordato come a lei e alle donne sovietiche, più della politica, importasse dopo tutto “un nuovo frigorifero, una nuova auto-mobile, una nuova stufa”.

Paolo Macry

-quiste prometeiche della scienza e della tec-nica (de Maistre: “la scienza ben rinchiusa è un bene; troppo diffusa, è un veleno”); la critica al primato dell’economia e dell’industria nella so-cietà moderna (il cash nexus di Carlyle, i dark satanic mills di Blake) e l’esaltazione dell’arti-gianato, dell’autoproduzione, del piccolo com-mercio; la nostalgia per le comunità piccole, organiche, dove ognuno aveva il suo posto assegnato dalla tradizione, contrapposte alla perdita del legame sociale, all’anonimità e all’a-nomìa delle città contemporanee; tutto questo è sempre stato, nell’età moderna, politicamen-te associato alla reazione. Così, nei rigurgiti irrazionalistici e antide-mocratici dei primi trent’anni del Novecento, pensatori grandi e piccoli (da Croce a Gentile,

hanno diffuso la convinzione che la scienza si dedichi a questioni futili e materialistiche, di nessuna importanza: la scienza è “morta co-gnizione di cose morte”, ha “degradato e de-mocratizzato la nozione stessa del sapere sta-bilendo il criterio uniformistico del vero e del certo basato sul mondo disanimato dei numeri e sulla superstizione del metodo positivo, in-differente verso tutto ciò che nell’esperienza ha carattere qualitativo”, e ha “distrutto pro-gressivamente e oggettivamente ogni possi-bilità di rapporto sottile con le forze segrete delle cose”, sicché l’unica via d’uscita resta la rivolta contro modernità “materialistica, scientistica, democratica, profana e individua-listica” (Julius Evola).

La chiamata alla rivolta contro

il benessere e la modernità

da parte di alcuni intellettuali

Nel secondo dopoguerra, per una ventina d’an-ni, sembrò che queste posizioni fossero ormai

-parsa: e del resto, tra un Calvino (“l’uscita da una condizione di minorità è avvenuta per noi quando abbiamo capito che di scacchi alla ra-gione continueranno ad essercene uno ogni dieci minuti, ma il bello è vedere ogni volta quale ponte sei capace di costruire per passa-re dall’altra parte e continuare la tua strada”) e un Eco (“discorsi a volte affrettati sulla natura

-

pensiero borghese… Di fronte a questo attacco

bisogna rivendicare una cultura, una idea del--

che se apparsa, né poteva essere altrimenti, in seno alla cultura borghese - è patrimonio della classe operaia e delle classi subalterne, perché costituisce un mezzo per la liberazione dell’uo-mo”), non mancava certo chi sapesse demisti-

certo punto queste posizioni hanno cambiato forma (pur mantenendo la stessa sostanza): e quando Adorno e Horkheimer hanno per primi saldato la critica del capitalismo con la critica di Scienza, Ragione, Progresso e Illuminismo, tutti i punti di riferimento tradizionali sono saltati uno dopo l’altro.

“La ridiscesa sul piano arcaico

dell’esperienza magica,

l’esaltazione del primitivismo”

Era ancora facile accorgersi che le critiche alla modernità di Zolla erano di matrice reazionaria: ma Illich? Marcuse? I vari Pasolini, Maccacaro, Perlini, Cini, e tutti gli altri? È stato allora che anche a sinistra gli intellettuali hanno abbrac-ciato “la ridiscesa sul piano arcaico dell’espe-rienza magica, il ritorno alla verginità naturale, l’esaltazione del primitivismo e dell’immedia-

possibilità di controllo sulla natura, il rimpianto per il passato come paradiso perduto di un’u-manità non repressa, la nostalgia per il comune rustico medievale”; è stato allora che vecchie e già screditate tesi sono state non “discusse, ma semplicemente ripresentate… come l’ulti-ma, scottante novità”; è stato allora che, nella discussione di problemi assolutamente reali ed attuali (inquinamento, esaurimento delle risor-se non rinnovabili, eccetera), si sono “inseriti una serie di temi venerandi: la natura armonio-sa e ‘amica’ violentata dalla prometeica sopraf-fazione umana, la scienza come peccato e come violazione dell’ordine armonioso, la incompati-

(…), le teorie e le astrazioni come nascondi-

È stato, insomma, quando la sinistra ha dimen-ticato che non sono la scienza, il progresso e l’industria, ma semmai il loro uso capitalistico, a impoverire, asservire e alienare l’uomo, che si sono rotte le dighe e l’alluvione è cominciata. Ricostruire, temo, non sarà facile.

Luca Simonetti

sotterranee. Il diametro del tubo permetteva anche il trasporto di volumi più ingombranti, tant’è che il viaggio inaugurale venne compiuto dall’intrepido Duca di Buckingham.

treno supersonico di Musk ed essere propulsati

tratta autorizzata dal governo federale secondo quanto afferma la società, la sperimentazione avanza speditamente. Lo scorso aprile sono ini-ziati i test nella galleria perforata sotto i terreni di proprietà di Space X nel deserto del Nevada e ad agosto Hyperloop Technologies ha ottenuto il nullaosta del consiglio comunale della citta-dina californiana di Hawthorne per scavare a 44 metri di profondità un tunnel che allunga il percorso esistente di altri 3km e inserisce una curva a 90 gradi. Sarà il nuovo circuito di prova. Per ora si viaggia a un terzo della velocità at-tesa. Il progetto, al quale partecipa anche una startup italiana, Ales Tech, per lo sviluppo delle sospensioni, combina tutti i tratti desiderabili della mobilità futura: accorcia all’inverosimile le distanze, non consuma suolo utile, non inquina. Fondamentale visto che il 14% delle emissioni mondiali di C02 è imputabile ai trasporti. Senza innovazioni dirompenti, la sostenibilità nei tra-sporti è illusoria su un pianeta con 9 miliardi di abitanti dal destino segnato, se come pre-vede l’Agenzia per l’Energia IEA, entro il 2050, triplicheranno le automobili private in circola-zione, raddoppieranno i veicoli per il trasporto su gomma e il trasporto aereo aumenterà di 4 volte.Le infrastrutture sono anche una formidabi-le leva per il dominio mondiale al posto della forza militare. Lo avevano capito gli antichi romani e lo riformulano i cinesi nell’ottica di

Prima di essere il tormentone di Games of Thrones, “l’inverno sta arrivando” è la minaccia che incombe sull’esercito francese in marcia verso Mosca. L’incubo di trovarsi a migliaia di chilometri da casa, senza cibo e con una tempe-ratura che al confronto Parigi doveva sembrar loro una spiaggia caraibica. E così, Napoleone è costretto a rinunciare all’impresa folle, deter-minata dal suo narcisismo e dalla disattenta va-lutazione dell’avversario (le due sciagure sono quasi inseparabili). Partito con 450.000 uomini, torna con 6.000. Perde anche 175.000 cavalli,

Non è la prima volta che un disastro è causato dal credersi imbattibili: la prima guerra mon-diale, il Vietnam, l’invasione dell’Iraq 2003 sono

vedere. Per tutti, ma per i narcisisti si raggiun-

il delirio, tra la valutazione corretta dei propri mezzi e l’allucinazione. Alla scomparsa della soglia contribuiscono i successi precedenti, veri o falsi – o meglio,

male ora?”, che è la stessa farneticazione che conduce il giocatore alla bancarotta. Siccome non impariamo mai, eccoci ancora oggi alle prese con i narcisisti al potere. Ma con armi ben più pericolose che in passato.

Il potere non aiuta a tenere a

bada gli eccessi di un faraonico

senso di sé

Il potere non aiuta a tenere a bada un faraonico senso del sé. E se già vi credevate i più belli di tutti, se diventate presidenti degli Stati Uniti, dovrete pur avere meriti eccezionali! Consi-derarsi generosamente è una vecchia abitu-dine. Più vecchia del linguaggio, come scrive Robert Trivers ne La follia degli stolti. La lo-gica dell’inganno e dell’autoinganno nella vita umana (2013, Einaudi). E proprio attraverso il linguaggio, che è una delle nostre risorse più

-stro autoinganno.I narcisisti sono particolarmente inclini a pen-

offri loro una dimostrazione che non c’è nes-sun piano per avvelenarci, quella sarà la prova

-

Sin dagli albori della civiltà, muovere persone e merci è stato linfa di sviluppo. Per cogliere l’ac-celerazione della domanda di trasporto si pen-si che negli ultimi 50 anni sono state costruite più strade di quante ne siano state realizzate durante tutta la storia dell’umanità. Così come l’evoluzione dei mezzi di trasporto ha cambia-to gli stili di vita, la storia delle infrastrutture trainate dall’industrializzazione prima, e dalla globalizzazione in seguito, hanno trasformato l’assetto del territorio e l’urbanistica.

sull’acqua, sospese o sotterranee, tra le infra-strutture per la mobilità quella più avveniristica è indubbiamente Hyperloop. È il treno proiet-tile capace di viaggiare a oltre 1000 chilome-tri orari che promette di rivoluzionare il modo di muoverci ed anche l’economia dei trasporti. L’analogo della banda ultra-larga applicato al

mezzo trasporto. È stato ideato da Elon Musk, il visionario imprenditore produttore della ber-lina elettrica di lusso Tesla e di Space X, il ser-vizio di trasporto cargo nello spazio low cost

vuoto per consentire alle capsule di scivolare su un cuscino d’aria riproducendo l’effetto simile allo sfrecciare dei dischetti su un tavolo da gio-co di hockey. Per quanto visionario, Musk non è il primo ad averci pensato. Il trasporto ad aria compressa risale al XVIII secolo con l’invenzio-

-mi di transito rapido sotterranei in tunnel con densità dell’aria inferiore a quella dell’atmosfe-ra. La posta pneumatica è l’esempio a noi più fa-miliare. London Pneumatic Despatch Company società operativa tra il 1863 e 1874 faceva viag-giare pacchi in ermetiche condotte sottovuoto

una “nuova era della globalizzazione”, secondo quanto è scritto nel Belt and Road Action Plan annunciato 4 anni fa. La Cina ha programma-to investimenti pluriennali per 8 mila miliardi di dollari in una rete di collegamenti terrestri e marittimi per saldare il continente euroasiatico

-merciali. Anche se il sospetto che l’equivalente moderno della Via della Seta per materie prime

-tica di Pechino di impostare un ordine mondia-le sino-centrico. L’infrastruttura Belt and Road prevede l’attraversamento delle ex-repubbliche sovietiche dell’Asia Minore toccando Mosca per

-giungersi allo stretto di Suez con la tratta ma-rittima che solca l’Oceano Indiano. Attraverso queste titaniche opere di calce-struzzo e acciaio che interessano 68 paesi, 65% della popolazione e 2/3 della ricchez-za mondiale, le imprese cinesi contano rida-re impulso alla campagna acquisti di società straniere rallentata quest’anno dalla manovra

da Bank of China per sostenere lo yuan. Scom-

-le case farmaceutiche e plutocratiche. Se osi criticare un vestito o un’opera del narcisista, rimarrai incastrato nelle sue strategie di difesa e di negazione: sei invidioso, non capisci nulla, non hai gusto, sei ignorante, non esci abba-stanza e, soprattutto, non fai abbastanza sesso.Un effetto collaterale del piacersi tantissimo è che rimane ben poco per gli altri. Un’autar-chia individuale, che non ha bisogno di niente e nessuno per essere funzionante. Da fuori ve-diamo che il sistema – statale o personale – è inevitabilmente destinato a fallire, ma il narci-sista ci considererà delle fastidiose Cassandre. L’ipocrisia morale che ci caratterizza – giudi-care cioè più duramente gli altri per qualco-sa che siamo pronti a perdonarci abbastanza facilmente – nel narcisista raggiunge livelli di allerta.I narcisisti di oggi al potere, dicevo, con i co-dici nucleari. Narcisisti eletti, cioè scelti da un

meccanismi elettorali), quindi confermati nel-la loro convinzione di essere meritevoli – non che ne avessero bisogno, loro. Non è una sto-ria nuovissima, perché anche Adolf Hitler era stato eletto e, come lui, molti altri dittatori sono stati acclamati e amati prima di essere detestati e rinnegati. Insomma, i narcisisti ci piacciono e ci seducono, ma quanto durano? La campagna e poi l’elezione di Donald Trump (narcissist-in-chief) hanno rianimato il dibat-tito sul disturbo narcisistico e sui rischi di una personalità infantile e mitomane. Il narcisismo è solo una delle rogne con cui deve vedersela la democrazia. Trump è riuscito a sfruttare benissimo tutte le falle del sistema di governo meno imperfetto (forse) che abbia-mo escogitato. La rabbia di sentirsi defraudati di alcuni privilegi, la paura dell’invasione, il raz-zismo, l’antipolitica (non si capisce cosa possa

contro i politici di professione), il risentimento per le regole e le leggi e, di conseguenza, per lo stato e le istituzioni.Non importa mica se queste percezioni siano

il sentirsi in pericolo. E le percezioni, come il complottismo e i narcisismi, sono imperme-abili all’analisi razionale. Lo scenario diventa preoccupante quando un presidente non cerca nemmeno di contrastare quell’onda irrazionale e primitiva – come dovrebbe fare una buona po-litica – ma la usa per arrivare più in alto.

Chiara Lalli

Treni a 1000 all’ora, tunnel, ponti semoventi e smart container

Storia. Le cucine magiche di Nixon

messa riuscita: secondo Thomson Reuters, nei soli primi 8 mesi del 2017, le acquisizioni cine-si nei paesi che hanno aderito al programma Belt and Road totalizzano 33 miliardi di dollari superando di 2 miliardi gli investimenti cinesi esteri dell’intero 2016. L’avanguardia è spesso cifra stessa d’identità delle costruzioni di grande impatto architet-

-dotto di Millau in Francia, ponte strallato che attraversa per circa 2,5 chilometri la valle del Tarn a 342 metri di altezza, il più alto al mondo. Altro record stabilito in Svizzera con la galleria del Gottardo il tunnel ferroviario più lungo e

--

missionato dalla municipalità di Ordos in Mon-golia. Verrà progettata una struttura in grado

spinta da vele e trascinata da rimorchiatori per essere collocata dove serve, adattandosi alla

-

costituita da tre braccia movimentate con un meccanismo idraulico alimentato da celle foto-voltaiche è appoggiata su una base galleggiante ed evoca una gigantesca libellula. Nell’affascinante libro Stuff Maters, Mark Mio-downik individua alcune trascurate invenzioni a bassa tecnologia, economiche ma con alto impatto in contesti impensabili. Per esempio, il

-

Joseph Glidden brevettata nel 1874, i coloni po-tevano recintare velocemente e a basso costo

-vazioni da bisonti e dalle mandrie spostate da un pascolo all’altro dai cowboy. Fu un incentivo

a investire e migliorare le proprietà.È invece il container un parallelepipedo di ac-ciaio corrugato di dimensioni standard a cam-biare il mondo dei trasporti merce. Nato nel 1956 dall’intuizione di un piccolo trasportatore il quale, durante l’attesa per il carico a bordo della nave della merce del suo camion, realiz-zò che trasbordare l’intero corpo del veicolo sarebbe stato molto più semplice che stivarne il carico. Da quando i container si sono diffusi, l’import/export è passato dal 10% al 20% del PIL mondiale. Grazie a questa versatile scatola,

merci diverse. Oltre a favorire il trasporto intermodale ha inciso sull’assetto dei porti. L’ultimo in ordine temporale è l’investimento di 4 miliardi di dolla-ri sborsato dall’autorità portuale newyorchese per l’ammodernamento delle banchine adatte a gestire dell’handling di maxi navi container. Il battesimo si è svolto il 7 settembre scorso con l’attracco del Theodore Roosvelt un bastimento pari all’altezza della Statua della Libertà all’om-bra della quale lavorano nel porto della Grande mela oltre 190mila addetti.

-ma, che non si giocherà soltanto sulle strade. La prima nave elettrica senza equipaggio sarà norvegese e verrà impiegata per consegnare a partire dal 2018 dei fertilizzanti attraccando nei

e sostenibile si pensa a degli aero-taxi: la start

con Dubai per iniziare a breve una sperimenta-zione di un servizio di taxi elettrici, utilizzando un super drone a due posti con pilota automa-tico e decollo verticale.

Patrizia Feletig

Nel 1959, Usa e Urss organizzarono due grandi

capaci. Al New York Coliseum, i sovietici por-tarono macchine agricole, strumenti per l’in-dustria, modelli di navi a propulsione nucleare e soprattutto lo Sputnik, il simbolo della loro conclamata superiorità astronautica. Due mesi dopo, a Mosca, la risposta ameri-cana fu un’esposizione glamour. Glamour già nella grande cupola a ventaglio del padiglione

moda, automobili con le pinne sulla coda. -

Electric. Spaziose, eleganti, colorate, una -

te delle massaie. Mescolando innovazioni già diffuse sul mercato e prospettive futuribili, le cucine magiche presentavano automatismi di

Infrastrutture. Come stanno cambiando le modalità di trasporto delle persone e delle merci nel mondo

2

Page 3: OTTIMISTI & SOMMARIO DEL NUMERO 1ottimistierazionali.it/.../11/OttimistiRazionali-Il-Mensile-di-ottobre.pdf · costruire telescopi, mandare sonde e astronau-ti nello spazio, esplorare

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e,anzo che non lascia spererso ad un futurvvatot i). Il suo è un pessimismo non tanGalimbero,vo alliet ivtomba, e ad un suo ceideggere, Hr-essocdeeprdiscut ibile to quane illustrsuo un

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toiae agtareno vuole divervolui che da poome ctetamentesadella scienza, tà ter ialiome maa c-do ea alt rcerza alcuna e quindi ctezera cvor

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-omono d’t iche fuori dal ct iche climata le poli-olta: pora svercio SSP è una vocappr’essivi. LLpr-t i distorsivi e deteffed elimina effft i eonte le ffotut

dao. Riguart icgeampo eneresso in cogrdel pria, è la via normalecnologazione e la tevl’inno

ersovatrt), atàt ivioduto (prt icgeto enerodotdi pr

i quelle-mmini

e noniva.nomic--sono r i

iadologChange

-amic P-2 emiseopeeur-ondi ffo

io. Uno

mai

nca tea l

esta. Ma qci la ffea fare are arr ivsemprpuò

te almentertta leenve octa i preterpreinr

t i d on, fa, ITobot icrnanoa (iccnologteli inizi di una solo age cevin

tarelemensensor iale to. Lo è solo tata è limipiane

te insuperzione di un limito tuttacie. Soprspe

e una quaa esserbre qualsiasi cinarmag

enari un or izscmiei e a sono semprturna

e e che cr isi arlinepuò ata non escila cr

te. È di buon senso se daabbiamo a che omunque cche

to è di buon senso ago. Certo assai vcie a alla spevimputa

di lunanza manca Ltà della popolazione sia oggsi

liaia di morcine di migdei e vionalluquando

vee di pralle misuremi è per il momenestr

to di ft’impae. LL’t inuarto se il ftamentdi adavi sarobabile che pr

ta, qualunque del pianetesso dtabili. Stecac

onduessar i a r iccneliorte migto adeguadi

paesi ra mano quest i cee vnuopaesi delle

chi e sviluppapaesi r icmodo la siosso siche. Gr

to a a andamenmostro ambiRimane un terz

ca teore è ancvchiaono mtuisct ici sost ia penur ia. Mt ivtd oggete e

ri e art irvuto dobia zi, ma non vi è seezpr

te, ci sono e ci sarviamenvoo. Pt r icte eletortseia rgt i di enerondi f

diosa non ha impect i pr ima assai ciacimennibili g

shale gas e shale oil) hanno rUSA (ctenelle te odott rina dem per cmanda. I

erso il basso e l’tendono vclino della disponibiliale deer

te unonorno. E

o deiccesciute.

tàt iquanci sono

-la stesni dopo,81% del

ossili,fo allaic

talimen-temae

enorme. to di tpa

mano a ta tsidde-ella se

, bicitamili ctnemaibmaC

t i i it i hi t d ll lii l’i-e turato delle tempertenimenono di ct ivtail ten

to delle tenimenonesso di cocta il prtomeomprcana cisione americdela che è te alenveprdenza

--erivgt i hanno, a lungo, tert i Unitaopa. Gli SEur

te, in tamente e, segnaonomie sviluppacgole e-ta, nelle sinte assunalmenterta, unilaeoncrc

Cgdev

pdè almmu

ll ditIlt i i”t i libiit-one e ciarteggonlobale per frdo gorcacdi un “o t ivtae il ten7) nascoto (199yollo di KKyotocil Pr

on cto, tuttae poi, soprdi Rio (1992) enza erConffte Change della k on ClimaorwameFrma. Con il

-oluzione del clivesull’t ivi (IPCC) ernavgoterint i di esperde Onu, di un Gruppo tuzione, in sest i-oon la cto è il 1988 c’inizio di tutarming. LL’wt ian

t iche t i di 30 anni di polite i r isultaddamenefr

t ismo look al climaool ebbe tempo di un cSar

e teqchdnpdmagtepcr5dS

to ionamenagIl rersa. vezabili. E vicut iliztar i -te è una funzione delle r isorse alimenenne viv-za di una popolazione, qualsiasi popolaziodez-anali la gre la fame, ma in termini generfrfffso

e chi è obeso è chi ’coi Pta non è possibile. vite la sua emenalor ie semplicto di co adeguamer

-e di un nudisporrsenza poter to che til faper cie animali, ma non e speose dalle alt rmolte c

’ uomo si dist ingue peressar ia. LL’cdi cibo netà li-la disponibita osse stai se non ci fo70 ad ogg19

e dal addoppiarrebbe mai potuto vrnon aumana te che la popolazione videne quello. È esempr

ta sia pianete il ), nonostanquistoace d’d potertà a par i(ta odotprza chezla popolazione e la r icta addoppiato. È raddoppiaso modo il mondo è r-osampo. Diciamo che grce in zandezle grnabili

gpp

li e il mondo degtarononfrolesse cchi vché icSe. erescto a crt inuaonha c

il mondo tempo tato. Ma nel fracchie di mernice vché no, anche di nuoali e, permode, t ic cultur

di t ici, ma anche t i polivimentr ici di moaispire ideenute divsono e arcespre, non arvonserce, hissimo. Risparmiarebbe lungespiazione sar

a di una facile cerct i e dei gruppi in vimenmoo dei elencto a modo suo e l’clinate, lo ha de

-almenturnavut i. Ciascuno, non ci siamo più r iacui da olpa, senso di co tescigangun tale ciden

-sul mondo oca anche valamodo cn questo Ia. ster

-ud apiù frugale eezione una dirin personali,

-to octao di tempo limice in un arollassarpuò c,pp

tisnteni’e lrrudia rtsab

io ditagganossili a vt i ffoone delle ffot ivastrzazioni amt i e penalizt i, diviesono più limi

t iemisst iche aners delle polin SSP i dr ivIoncta eescit i per la crzano e penalizsiv

) ai modelli IPCC che si sSSPa (t ivalternatooposto una meaio 2017), ha prebbrffe(teCeClimaturato in Na) - pubblicysawth

onomcd SocioeeShaross the SSP (sion acrd long term CO2tecojef pry ott ivi- Sensi

tà eersia e univcertut i di r icdazioni, ist ito gruppo to di un nutr iiunongstudio c

ciocale di appradicambio re un cvSer

ai classici modelli IPCC

avanzati in alternativa

Nuovi scenari vengono orm

abili. vossili e r innoffo

danno insieme ilchezi domest ici (li ut iliznegt i asport rnei omibile omprta incelaè r ivsi ossili t i onione delle ftuze la sost it rene. Merarboniffet i ond uso delle foduzione emodelli di prei

dall’IPCC, ta auspicaormazione, asft rla ta zaz-aee rte ma non si è neppuron sono diminui

emissioni Le t ivi dell’IPCC. tli obieazione deg-apovassoluta ee. E l’t iemissivampagne ane c-deltà inut ilitest imonia la totale te che esolan

to . È un r isultatons nel 2017/iga990 a 36,4 gtons nel /igag22 da estabile: e inarrta otterrnin

t inua, oncta escidi crto staè a ertmosffin aCO2 di end di emissioni al 1990 il t ronomist i. Dcli e-t icismo deteono i numeri. E non solo lo scic

Lo della CO2. appola t re dalla e uscirorrcce. O-t iche emissilobale sulle polido gorcer un ac

lio ogo scera. È questo il vonomiccta eescicreambio di in ce emissioni ambiarto a sconpr

e: nessun paese turata delle temperescilla crte t r ibuitengono ae di quelle che vt ivmeno nega

non e sociali onseguenzebbe cerocurt iche prma-t iche clivuta alle polita doescita crana manc

ozor izde all’eé si ve. Neresct inua a croncio7 milioni di bar ili per gon 9onsumi cc

to il piciunaggolio ha rt rel 2016 il peNete crte sono enormemenzatotali ut iliz

t i di più del 70% e quindi le qtaumenat icgeonsumi enertempo i ctael frsa. N

te ltamenttuale è esaencnel 2015, la perannt ’enro totale. Tt icgefabbisogno ener

ano l’8vaolio e gas, assicurt rarbone, pecombust ibili el 1985 i ccie umana. Nspe

tgeto enerornimenano il r ifche assicurondame da quelle fominciarr ie pr ime. A c

leper to tfae esserpuò orso disctesso S. tecnologiae è vola chiaa parL

à eto sarambiamenie il ccnologtequeste ali all’impt i culturlimiano i mano si super

g

a ore ancebbe esserpotra, t icl’ingegner ia geneie cnologormazione, le bioteie dell’infcnologe

e le olart ico millennio, e in parvnuodel uelle ie, cnologdi tet o sevnuoun e ervaebbe potrhe to t’impano. LLte ? Assolutamentaescii questa crto tt i al teaiamo arr ivesempio. Stalia per n Ie. I-oduzioto della prumente ad un aamenaneor-temonte e caolt ive cdelle terrestensione ell’

una diminuzione to ad mondo abbiamo assist idel t i parmolte Anzi, in te. zaut ilizonomiche gr

cniche e tevzazione e alle nuoanizcce alla me-onseguenoli ceni agr icdei terrtà t iviodutr

to della umenato all’tuttaazie sopre. Grerescrta a t inuaontà di cibo è c0 anni la disponibili

ult imi lita popolazione. E negterminai una deta escite la cronsentà di cibo colo la disponibili

q,

noChe . PCOt iche poli

rdi un azione onsidercale modest). T2050il lobali (+ 0die ge mer

tenon) ctoesunmo (prce e diocrmeto r isulta

ogre dei prt iemissivano essivto deprteffeun eff

e, in luchanno messo o è quello certo vpun

nodo dolet i è il guente e dttoscr isotzioni

e tortalcuni o al fadi e impuoppo semplicrT

te e olanlobale, vincgelasi r ivché era. Ppic

zazione delle penalizt it iche climadelle poli

ioso bilancio, caggorcto sul climat itdel diba

de di molto le deeceprome uniman made c

onsistenza dcia e l’inc

sa e Ua t rte, olarment iconomie e, parcar ie ele va t i sul pil t rtefftà e di effft ivit iompedi cazioni plic-onde imfoper le pro, t ivtlobale su tale obieg

do orcun acvio oso e impert icr isultando faPur t iche. t iche climaa delle polit rman2012. È il o il t r

-del 1990 enoni tà di emissit imeno della quanin e, almeno, al 5% tarer ici), da r iportmosffedei gas a

totale del ,3% 0inciso lo (per CO2 di made man te omponendi gas della cto delle emissioni men-) to al 1850tr ispeadi (t igrenadi c2 grmassimo di +

lobale, ad un dia ga meturata della temperescicre la teneronco IPCC: t ivtobiet i del mondo sull’

-tadi 196 Sdo orcacl’te, osament ice, fazaralizerorse per c) sono oce 2016embrvnoesh (aka Marr

ult ima ), l’t iesarf Pe oencerConffeP (t idue COenVVta. lobali del pianee gturadio delle tempermeto umenaarming: l’lobal we il gon cui spiegarca to serrteffee un effft r ibuirta si possa aertmosffea

e un analogo: isolare lo schema oducr iprl’IPCC clima, ul So. er ictmosffeono adi ozto adello st r

to liament igassotesponsabili dell’tenut i rto r i--oprdella out o il phase ciserdete zioni sviluppa-nale in cui (1987) al et ronollo di MotocPrdel

te, il modello tenzionalmene, inoducoto r ipryKKyollo di otocIl pr. t ici .t i climaambiamene i ctener

tesa) inytsi

t i alenvepra altealist ic

o: lemissiv

todologmet i sul ctpa

iecnologte), disponyt

- popolazioamque parsea (tegrin

abilivr innoe det ivastr

che to til faano onsidern c

-oronffoscoppo t rto apporre alla to inducia di r isulta

o t radi ent igrenadi c,3 gr-tuato delle tempernimen-t issitalimitenuto: un onc

di un te onfra P ammi COrt iche to delle polidiaimme

-ot icun arte, in ence di rsa Uonomist i che alcuni e

ammi ogrprt i i tutte di en-onsenazionali ccisioni de-tena inrump. Il gap t rT

egoismo olpa all’e la cutar? te, sul climaonseguenc

do orcun aca impossibile -ot rdi CO2 anemissioni a te alla esclusiviche r idot

to, tt i di fato su daondotcto onesto e eoncra, è un c

ane.cisioni americete, ane climaltertorto faic

-t iemissit iche andelle poli

e che, alla lunga, t ive normaztezerzi e incezprtà dei t iliolao di vto un quadre è r isultae. Narcle

-nua, quella non emissiva baseload t icgeenerazione te di generona funic) dell’tualeenc(in per

a tut ivo, sost ialt ruspici e, peralie ager iorta inffe-

te spesso in modi at ivenabili, incvt i r innoonle ffote adossalmenaronsumi. P81%) sul totale dei c(

tuale encta alla stessa peresta inchiodart ivi, ta-utor it i aa, limit ivae per via amminist rt ivt ipe-omt ivi, distorsioni cendisencda ta avagrpur ), arbone, gasolio, c(ossili t i fona da ft icgeener

oduzione t i: la prencdistorse non t i nulli r isultaon ia. Ma, anche qui, cgazione di enerla generte, tamenoduzione e, segnate la pramenesclusiv

danno, insieme, il che zi domest ici (li ut ilize negoffoac

n lizn a r

le d19 inC

liinopomberto MU

e.odurrt rintà daviorse, la noo è, fft icambio climae il csubir

tarsi e nontia per adacnologsullo sviluppo e la te

-aoppo cupo pessimismo ca. E un t rt ivzaalizeralisito di stagnazionismo e partete diffedisarman

tano unesente, pralenvea prormulazione sinorft iche è che, nellat iche climaoblema delle polipr

oernsomma: il v). Iloterminartar ia di deelleine v-non illusioto al clima (tamentche è stor ia di ada

t i. Che poi è la sostanza della stor ia umanamen-ambiat i cesunto ai prtamente un adazaralizee reenirveolte a pr) vccosta ee di ciche, lineologge-ot iche idrt ivi, politat i abie, adeguamenturstrut-ae (infrt ivtt iche aassenza di polit ici, ma l’clima

ambienomeni ai ctà e dei numeri di tali ffetensi

tàosto per uniome r iduzione del ca c--onzazione delle ffoa nella penalizsinor

arbonie no- ctodologa alle met iverna-

a e la r iduzioneonomiccta eescila cr

-r isultor i tfadue che ge emerSSP ia gallato delle emissioni. Dtenimenonc

-li imandone garbon - misurw ce lotà diossili, disponibilit i ffoontà di ffonibili

-onomicceto (ddiea del rone, dinamic

oonomiccto socioetr i di andamenme-enari di cinli sc) gysisy analtt iviensi

oposto dallo studioy prawthi. Il paio di quelletagganossili a vt i ffoonelle ffo

Page 4: OTTIMISTI & SOMMARIO DEL NUMERO 1ottimistierazionali.it/.../11/OttimistiRazionali-Il-Mensile-di-ottobre.pdf · costruire telescopi, mandare sonde e astronau-ti nello spazio, esplorare

Ci sarà sempre bisogno di lavoro umano

Ferri del mestiere.Pedalare e sognare

Lungo l’Alzaia del Naviglio Grande, a Milano, si vedono ancora i piani inclinati di cemen-to o di pietra dietro i quali nell’800 e ancora

si inginocchiavano per svolgere il loro lavoro durissimo, con le mani nell’acqua gelida pro-veniente direttamente dal Ticino. Nei decenni successivi l’avvento delle lavatrici, intese come elettrodomestici, spazzò via tutte quelle lavandaie; ma esse si riconvertirono ab-bastanza rapidamente in operaie di fabbrica, dattilografe, cameriere o altro. Dall’inizio della rivoluzione industriale l’inno-vazione tecnologica ha continuamente rivo-luzionato il modo di essere del lavoro, ren-dendolo al tempo stesso meno faticoso, meno pericoloso e più produttivo. Come le lavanda-ie, anche i tagliaghiaccio, gli addetti ad accen-dere i lampioni o a bussare alle porte per sve-gliare i lavoratori di mattina, gli spaccapietre

più da tempo; ma da allora il tasso complessi-vo di occupazione è dovunque aumentato, non diminuito. Sono portato a dar credito, più che

J. Rifkin dodici anni or sono, a quella proposta dagli economisti statunitensi D. Acemoglu e P. Restrepo, della “corsa tra automazione e crea-zione di nuovi mestieri” come un fenomeno ci-clico: ogni ventata di innovazione tecnologica determina una riduzione del costo del lavoro che a sua volta incentiva l’invenzione di nuove funzioni da attribuire al lavoro umano: donde un freno ai nuovi investimenti in innovazione tecnologica.

Lo sviluppo tecnologico

comporterà grandi

cambiamenti nel mercato

del lavoroCerto, non si può ignorare la differenza assai rilevante tra la sostituzione di lavoro umano mediante macchine cui si è assistito in passato e quella a cui probabilmente assisteremo nel prossimo futuro. Il telaio meccanico, il bul-ldozer, la lavatrice e il sistema di video-scrit-tura hanno sostituito lavoro umano di conte-nuto professionale medio-basso, obbligando a riconvertirsi a nuovi mestieri persone che avevano investito relativamente poco nella

Una serie di bolle, giganti e minuscole, disse-minate sui tronchi di quella che sembra essere una foresta - sono sfere trasparenti, con mac-chie violacee qui e là, che si muovono con il vento, virando verso il blu appena cala il sole. Sul fogliame una specie di lumaca ondulata, lunga, con il dorso pieno di pulsanti e i bordi iridescenti, immobile, come in posa. A terra striscia lento un incrocio fra un pelu-che e un riccio, lasciando dietro di sé una scia luminosa, che si vede al buio. L’inizio del sequel di Alien? Stati di esistenza sconosciuti, mondi paralleli dove le alghe vengono allevate sui cor-pi e i piccioni profumano di sapone? No. Sono le creazioni di Alexandra Daisy Ginsberg che, dopo aver studiato architettura a Cambridge e arti varie ad Harvard, già nel 2010, scriveva in un paper che il design poteva e doveva vivere insieme alla scienza, in particolare insieme alla biologia sintetica. Da una parte il design che, dalla rivoluzione industriale in poi, è stato parte integrante del processo di realizzazione delle cose, di tra-duzione - da idee tecniche ancora nebulose in massa di oggetti utili che hanno segnato i progressi nella nostra vita quotidiana come il motore a combustione interna nelle auto, la molla nelle lampade regolabili, o il transistor nel pc. Dall’altra, la biologia sintetica, materia complessa che comprende varie discipline (la biologia molecolare, la chimica, l’ingegneria,

-do la quale si potrebbero trasformare (modello Chassis) o costruire (modello lego) organismi viventi in maniera controllata e mirata. Dio non c’entra, nessuna creazione dal nulla, si parte sempre da qualcosa di esistente, da mo-lecole già presenti in natura. Prima di dilettarsi con bolle, peluche e lumache giganti la Ginsberg si è esercitata con il cibo. Ha preparato tartine

propria professionalità; oggi, invece, i robot

a sostituire anche lavoro umano di contenuto professionale molto elevato, come per esem-pio quello del pilota di aereo, o del neuro-chi-rurgo.

Tassare il lavoro dei robot

farebbe soltanto rallentare

lo sviluppo

La rivoluzione cui stiamo assistendo oggi (per la verità più oltr’Alpe e oltre Atlantico che in casa nostra) è fatta anche dell’Internet of thin-gs, che ha reso gli oggetti capaci di inviare e ricevere dati; dell’industria 4.0, cioè dell’auto-mazione alimentata dallo scambio di dati negli ambienti produttivi (dove industria va intesa nel senso lato che comprende tutte le attività produttive non solo di beni, ma anche di servi-zi); e delle macchine intelligenti, cioè che pos-sono prendere decisioni sulla base di dati via via appresi. Le mansioni che oggi si possono automatizzare non sono più solo quelle ma-nuali, e neppure solo quelle delle tre D (dull, dirty and dangerous), ma anche alcune man-sioni di concetto, come quelle di un impiega-to bancario, e anche alcune di quelle svolte

Sono suscettibili di automazione tutti i lavori in cui ci siano molti dati da processare, regole chiare da applicare e la necessità di un pro-dotto standardizzato. La possibilità di tradurre le immagini e i suoni in informazioni digitalizzate al servizio di un pilota automatico, poi, consentirà presto di mietere vittime tra i medici, i radiologi, i re-visori contabili, gli agenti assicurativi, i com-mercialisti, i capitani di nave, i piloti di aereo.

come queste verso altri mestieri di pari livello

quanto non sia insegnare a una ex-lavandaia il mestiere della cameriera o della magazziniera.

-tenza. Certo, in alcuni casi la soluzione più ragionevole consisterà in un puro e semplice indennizzo dei losers, mediante un prepen-sionamento; ma nella maggior parte dei casi sarà invece possibile puntare a una riconver-sione capace di valorizzare le conoscenze e

componibili per astronauti, programmato una colonia di ostriche che produceva solo perle nere, prodotto formaggi personalizzati pro-curandosi gli ingredienti direttamente fra le dita dei piedi dei suoi clienti (perché, in fondo, produciamo gli stessi batteri che fanno matu-rare il limburger). Il salto l’ha fatto iniziando a fabbricare veri e propri organismi modellati su funghi, lieviti, invertebrati, destinati a modi-

industria, creatore e prodotto. Con lei la tec-nologia smette di sembrare fredda, spigolosa, e diventa calda, quasi sensuale. Le sue invenzioni hanno forme curve, sinuose, si muovono a ral-lentatore, e non sono solo meravigliose, sono anche utili. Uno dei progetti della Ginsberg si chiama Designing for the Sixth Extinction, l’ar-tista prende spunto dai dati sulle forme di vita

l’esperienza anche del pilota e del chirurgo. Per esempio, il robot-chirurgo oggi rende possibile un grande aumento delle operazioni

-chissimi ospedali molto specializzati e pochis-simi chirurghi di alto livello; ne consegue un aumento dei chirurgi di livello medio richiesti per svolgerle anche a grande distanza dall’o-spedale specializzato, con corrispondente aumento della domanda di formazione in cui sono impegnati i chirurghi di alto livello, ma anche della domanda di aiuti e di personale paramedico per l’assistenza al maggior nume-ro di persone che possono essere operate.Proprio questa visione ottimistica, comunque, implica la consapevolezza del fatto che l’evo-luzione delle tecniche applicate pone – sul piano occupazionale – un problema di transi-zione dal vecchio al nuovo che è oggi e sarà nel prossimo futuro probabilmente più impe-gnativo, per diversi aspetti, sia sul piano quan-titativo sia su quello qualitativo, di quanto non lo sia stato in passato. Donde forse anche una maggior durata della transizione stessa.In considerazione di questa prospettiva, Bill Gates – il quale ne sa qualcosa, avendo trat-

dall’innovazione tecnologica – ha recentemen-te sostenuto che i robot dovrebbero pagare un ammontare di tasse equivalente al gettito di tasse e contributi relativi alle persone da essi rimpiazzate. Ma è davvero questa la soluzio-

accertare e misurare la quantità di sostituzio-ne dell’uomo da parte della macchina, e fosse possibile gravare il progresso tecnologico di un’imposta applicabile in modo uguale in tutti i Paesi del mondo, questo gioverebbe poco al genere umano. Se negli anni ’50 fosse stata messa un’imposta sulle lavatrici, essa non avrebbe giovato alle la-vandaie chine sui lavatoi del Naviglio Grande: avrebbe solo ritardato il loro passaggio a lavori meno faticosi e più produttivi.Il problema non è di ritardare il progresso tec-

-scono, in modo che esse possano dedicarsi ai molti altri lavori richiesti ma vacanti già oggi,

-ranno richiesti domani e che le macchine non potranno svolgere. Oggi in Italia c’è almeno mezzo milione di posti di lavoro che rimango-

scomparse per plasmare macchine ecologiche in grado di riempire il vuoto che hanno lascia-to e offrire una nuova protezione contro specie invasive dannose, malattie, inquinamento. Le bolle trasparenti e violacee, ad esempio, servo-no per trattare l’infezione che causa la morte improvvisa di certe querce - un sensore bio-chimico rileva l’agente patogeno, una pompa a

che rilascia immediatamente l’antidoto.

lottano contro molte malattie

delle piante

Il secondo esserino (la lumaca mutante) è un’u-nità di rilevazione del pH (cambia colore, dal giallo al blu, a seconda del suolo) programmata per spostarsi verso le zone a pH acido e neu-

di 28 giorni. L’ultimo, il peluche, è un dispositi-vo autonomo che disperde semi per aumentare la biodiversità di specie vegetali locali - le sue

-camente liberano i semi pressandoli nel terreno che, dopo qualche mese, diventa parco talmen-te perfetto che sembra essere stato disegnato

-prodursi per 5 e vivere 600 giorni. Crescono, si moltiplicano, e, appena hanno assolto il ruolo per il quale sono stati creati, si autodistruggo-no. Nessun altro essere vivente può danneg-giarli, il loro codice DNA ampliato che produce proteine non biodegradabili li rende talmente

-datori più selvaggi - che non si sono ancora evoluti per digerirli.

Valeria Montebello

no permanentemente scoperti per mancanza di persone competenti: tecnici informatici, elettricisti, falegnami, infermieri, artigiani dei mestieri più vari. Domani ci sarà comunque – se gli consentire-mo di esprimersi – un bisogno senza limiti di lavoro umano non sostituibile dalle macchine nei settori dell’assistenza medica e paramedi-ca alle persone, dell’istruzione, della diffusio-

famiglie e alle comunità locali, della ricerca in tutti i campi, e l’elenco potrebbe continuare a lungo: certo, tutte funzioni nelle quali l’alfabe-tizzazione digitale sarà sempre più indispen-sabile.

Non soltanto automazione,

avremo accrescimento della

qualità del lavoro

Per altro verso, davanti a noi non c’è solo la prospettiva dell’automazione, ma anche quella dell’accrescimento (augmentation), per cui la tecnologia supporta il lavoro umano: non lo sostituisce, ma lo arricchisce e lo rende più

macchine sono tra loro complementari: dalla telemedicina all’analisi di big data, dai control-li che assistono un pilota d’aereo o di auto, al computer che sto usando per scrivere questa relazione. Sono altrettanto numerosi i casi di disabilità gravi che possono essere neutraliz-zate con l’uso delle nuove tecnologie, consen-tendo di entrare nel mondo del lavoro a chi altrimenti ne sarebbe escluso: tra le soluzio-ni d’avanguardia oggi disponibili per i terapi-sti della riabilitazione si annoverano i sistemi capaci di creare una realtà virtuale con cui il

-ta da robot già oggi attiva in Italia in nume-rosi centri, dalla Lombardia alla Basilicata, e le piattaforme per la teleriabilitazione domi-ciliare. E qui il progresso tecnologico, lungi

al contrario essere incentivato.Pietro Ichino

[Estratto della relazione su Le conseguenze dell’innovazione tecnologica sul diritto del la-voro, svolta al congresso dell’Associazione Giu-slavoristi Italiani a Torino il 15 settembre 2017]

Ora la biologia diventa sintetica

La bicicletta è un oggetto antico e utile. Cia-scuno interpreta il concetto di utilità della bici

d’immagine o di vanto. Noi oggi ci avvicinere-mo a quest’oggetto ritornato tanto importan-te ai nostri giorni, pensando ad un utente per così dire medio, cioè colui che guarda la bici-cletta con un fare e un’espressione piuttosto circospetta: lo si riconosce poiché con il viso aggrottato cerca di comprendere se è il caso o no di provare ad approcciare di nuovo questa

abbandonata oramai diversi anni addietro, ne ha avuta sicuramente una perché era l’unica maniera per assaggiare la libertà, ma il tempo passa e gli ormoni del sedicenne incallito fan-no sì che lo scooter di turno prenda il posto

L’utente medio pensa che le bici siano tutte uguali e raramente si accorge di differenze sostanziali: le bici possono essere cittadine, single speed, trekking, mountain, full, front...; mi fermo qui per non generare confusione. Colui che consiglia non ha una una risposta assoluta ma può avanzare le domande utili per individuare le soluzioni. Di solito il nostro utente ha due scelte: essere convinto del tipo di utilizzo che farà della bici o escludere di far-ne un utilizzo vero e proprio – e la bici rimar-rà in cantina. Prenderemo come esempio due città emblematiche: Roma e Milano, la prima costellata di imprevisti come se fosse un rac-conto di avventura estremamente ben riusci-to, la seconda con un’apparente scorrevolezza. Il milanese di mezza età deve andare al la-

pragmatica: una city bike leggera, dalle for-me moderne, in alluminio, con ruote da 28 pollici, non eccessivamente appariscente, in alcuni casi anche elettrica per non arri-vare al lavoro sudati. Il giovane milanese, invece, cerca delle emozioni più forti: a lui

frenata a pedale) magari tutta colorata con le più disparate possibilità di personalizzazione. Di sicuro all’utente milanese verranno consi-gliate delle bici scorrevoli, ma con una discre-ta sezione delle ruote per affrontare pavè sci-volosi e insidiosi binari dei tram.Il romano deve affrontare una città piena di sali scendi, dove il rapporto con la pianura è pressoché inesistente. L’utente che deve an-dare al lavoro può scegliere tra una bici da city/trekking, fornita di cambio anteriore e

posteriore, sempre in alluminio, con una for-cella davanti che gli permetta di assorbire urti

come nel caso del milanese, è consigliabile una bici elettrica. Nel caso del giovane romano, sicuramente si opterà per una mountain bike di tipo cross country, con una discreta ammortizzazione anteriore, ruote più grandi e la possibilità di farne un uso più svariato.Insomma, ognuno dei nostri aspiranti ciclisti ha il suo terreno di battaglia e in base ad esso deve poter adeguare il mezzo alla realtà in cui lo utilizza. L’importante è che anche dopo tan-to tempo che non utilizzate la bici vi torni la

voglia di pedalare. Per tornare un po’ bambini.

Daniele Vastano

Cosa saremo in futurodalla prima pagina

-do per porre domande alla natura e per far sì che essa ci svelasse i suoi segreti, è quella che

-vamente all’umanità le chiavi del mondo. Scien-tia est potentia, nel bene e nel male. Soprattutto nel bene, però, nonostante l’imma-ginario di molti sia colonizzato dall’idea che la scienza e la tecnica abbiano avvelenato e reso più tetra la nostra esistenza, e siano la causa di

-diani domina la visione distopica – non a caso: le neuroscienze ci insegnano che la paura è tra le emozioni più forti, e le emozioni fanno vendere – e, quasi sempre, è proprio la scienza ad averci messo nei casini. Con una notevole eccezione, che a molti sembra essere sfuggita, forse pro-prio perché ormai siamo condizionati a leggere tutto attraverso la lente del pessimismo.

Interstellar, di qualche anno fa, inizia

sta morendo, non c’è quasi più scampo, bisogna che qualcuno capisca come possiamo salvarci. Solo che – e qui sta il punto di divergenza rispet-

viene dallo scienziato pazzo, ma da un’umanità che si è ripiegata su se stessa, più preoccupata di preservare e custodire che di innovare, più rivolta a recuperare il passato che a immaginare il futuro. Tra le righe della narrazione, si coglie che non è stata la scienza a mettere a rischio la sopravvivenza del pianeta ma la stagnazione, l’incapacità di trovare una cura ai problemi che non fosse il ritorno tremebondo alla casella di partenza. “Ricordo quando inventavamo una cosa nuova ogni giorno”, dice il protagonista (che ha perso sua moglie perché non ci sono più “quelle macchine inutili che facevamo una volta” e che avrebbero potuto salvarle la vita). Il mondo distopico di Interstellar somiglia mol-to a quello auspicato da alcune ricette politiche odierne: un mondo in cui la NASA è stata sman-tellata (perché non si esplora lo spazio mentre la gente muore di fame), in cui i complottismi anti-scienza hanno trionfato (e in cui a scuola si insegna che non siamo mai stati sulla Luna), in cui vince l’isolazionismo e la tutela dell’inte-resse locale. Ma noi siamo esploratori, ci ricor-

hybris, ma l’imponderabile. Così, ci dice Interstellar (con un escamotage che trasforma la metafora in fatto reale, come solo la buona fantascienza può per-mettersi), la via d’uscita non può che arrivarci da ciò che noi stessi riusciremo a essere in futuro.

-so solo ripercorrere il cammino di conoscenza iniziato con Galileo e il suo cannocchiale, per provare a intuire dove ci porterà. In questi quat-tro secoli, non solo abbiamo capito che la Terra non è il centro dell’universo, ma non lo è nean-che la stella attorno a cui orbita il nostro pia-neta, il Sole, il quale si trova alla periferia di una galassia, la Via Lattea, che contiene centinaia di miliardi di altre stelle. La Via Lattea, a sua volta, è solo una tra centinaia di miliardi di altre galas-sie che esistono nell’universo osservabile, che è smisurato, senza centro, e in continua espan-sione da quando è iniziato tutto quanto, circa 13.8 miliardi di anni fa. Da una ventina d’anni sappiamo con certezza che esistono altri piane-ti intorno alle altre stelle della nostra galassia,

-mente, miliardi di pianeti che potrebbero esse-re adatti alla vita. E questo è importante, non tanto perché potremo mai raggiungere uno di questi pianeti e farne la nostra nuova casa. Ma perché mette il dramma umano in un contesto più ampio, ci aiuta a capire il legame tra la no-stra specie, il suo pianeta e le sue risorse, e tra la vita e il resto dell’universo. E ci ricorda che c’è una sola cosa certa davanti a noi: la necessità di continuare a esplorare, come abbiamo sempre fatto da quando la nostra specie ha lasciato la sua culla, l’Africa. Smettere di farlo non signi-

ma anche soccombere materialmente.

Amedeo Balbi

La tecnologia smette di essere spigolosa e assume forme sinuose

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