Osteosintesi con placca delle fratture dell’epifisi prossimale dell’omero

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01-02-315 Osteosintesi con placca delle fratture dell’epifisi prossimale dell’omero 01-02-315 Osteosintesi con placca delle fratture dell’epifisi prossimale dell’omero M. Nigrisoli G. Bettelli R. Rotini Riassunto. – Le fratture dell’omero prossimale pongono difficoltà e incognite nella definizione diagnostica, nella pianifica- zione e conduzione chirurgica e nella prognosi. Alla luce delle più recenti acquisizioni nelle indagini diagnostiche, nelle tecniche chirurgiche e nell’evoluzione delle placche a stabilità angolare vengono discusse le principali difficoltà e proposte le soluzioni più efficaci. Vengono inoltre presentate e discusse le caratteristiche tecniche dei sistemi più utilizzati. L’obiettivo finale è soddisfare la necessità di una sintesi stabile con il minore danno biologico possibile e applicabile su qualsiasi tipo di frattura, anche nelle fratture a 4 frammenti gravemente scomposte, nelle fratture con separazione della testa omera- le e nelle fratture-lussazioni in pazienti relativamente giovani per una sostituzione protesica. Parole chiave: omero prossimale, frattura, osteosintesi, placca, stabilità angolare. I riferimenti bibliografici a questo capitolo sono: Nigrisoli M., Bettelli G., Rotini R. Osteosintesi con placca delle fratture dell’epifisi prossimale dell’omero. Encyclopédie Médico-Chirurgicale. Trattato di tecniche chirurgiche - Chirurgia ortopedica 01-02-315, 2011, 12 p. Tutti i diritti riservati. si nell’anziano sia le forze deformanti delle strutture muscolari che circondano la spalla. Numerosi lavori in letteratura han- no evidenziato come il trattamento conser- vativo delle fratture scomposte dell’omero prossimale porti quasi sempre a un cattivo risultato per quanto riguarda sia la risolu- zione del dolore sia il recupero funziona- le [1, 6-9] ; il trattamento incruento dovrebbe essere preso in considerazione solo in caso di condizioni generali scadenti che renda- no rischioso l’intervento chirurgico o in presenza di patologie associate che pregiu- dichino il risultato dell’intervento. Le metodiche chirurgiche comprendono la sintesi con placca e viti o con chiodo endo- midollare, la sintesi a minima con fili me- tallici e osteosutura, l’emiartroplastica. L’osteosintesi trova indicazione elettiva nei pazienti giovani e anziani con buona quali- tà ossea, e comunque quando la tipologia della frattura fa ritenere vitale l’epifisi omerale. Tuttavia a oggi non esiste consen- so su un algoritmo decisionale che possa raccogliere un’opinione condivisa dalla maggior parte della comunità ortopedica sulle diverse metodiche di osteosintesi [10] . La necrosi avascolare in fratture a 3 fram- menti è storicamente compresa tra il 12 e il 25%, e in quelle a 4 frammenti tra il 41 e il 59% [11] . L’eccessivo numero di fallimenti con le prime placche utilizzate e le difficol- tà proprie della riduzione e stabilizzazione di queste fratture hanno indotto molti Autori a raccomandare l’emiartroplastica per fratture a 3 e 4 frammenti [12-17] . Tuttavia studi più recenti [18-21] indicano che, con le maggiori conoscenze della va- scolarizzazione della testa omerale e con nuove tecniche di impianto delle placche che permettono la preservazione del perio- stio e della vascolarizzazione epifisaria, l’incidenza della necrosi risulta attualmen- te inferiore a quanto riscontrato in passato. L’introduzione in tempi recenti della plac- ca a stabilità angolare consente una mi- gliore fissazione nell’osso frammentato e osteoporotico, potendo ridurre sensibil- mente l’incidenza delle complicanze. Questo tipo di placca è inoltre fornito di fori o asole per la sutura ossea, contribuen- do ulteriormente a contrastare le forze muscolari deformanti. Si distinguono due tipologie di placche: con viti cefaliche bloccate e con peg, lisci o filettati, sempre bloccati (Fig. 1). I primi risultati dell’uso di questi nuovi sistemi sono incoraggianti e già si è ridotto sensibilmente il numero delle fratture trat- tate con emiartroplastica. Gli studi futuri stabiliranno se lo stesso successo potrà essere ottenuto nell’evitare la sostituzione protesica secondaria. Ai fini di una corretta indicazione è fonda- mentale la conoscenza del decorso del nervo ascellare e della vascolarizzazione della testa e del collo omerale. La compro- Introduzione Le fratture dell’omero prossimale rappre- sentano dal 5% al 9% di tutte le fratture [1-3] con un’incidenza di 105 su 100.000 perso- ne all’anno [4] ; il loro numero è in aumen- to, in relazione al progressivo invecchia- mento della popolazione. Le cause di queste lesioni sono le cadute e l’osteopo- rosi. Rappresentano la terza frattura più frequente nella popolazione anziana dopo la frattura del collo del femore e dell’avam- braccio distale. Più del 70% dei pazienti con frattura dell’omero prossimale ha un’età maggiore di 60 anni e il 75% appar- tiene al sesso femminile [5] . L’80-85% delle fratture dell’omero prossi- male è di tipo composto o minimamente scomposto e, rispondendo favorevolmente al trattamento conservativo, non comporta un problema di scelta terapeutica. Molto problematico è invece il trattamento delle fratture scomposte e pluriframmenta- rie. Esse rappresentano una sfida costante per il chirurgo ortopedico, che deve tenere in dovuto conto sia la frequente osteoporo- M. Nigrisoli, SSD Chirurgia della Spalla e del Gomito. Istituto Ortopedico Rizzoli, via G.C. Pupilli 1, 40136 Bologna. Tel. 051 6366108 Fax 051 6366429 ([email protected]) G. Bettelli, SSD Chirurgia della Spalla e del Gomito. Istituto Ortopedico Rizzoli, via G.C. Pupilli 1, 40136 Bologna. Tel. 051 6366108 Fax 051 6366429 ([email protected]) R. Rotini, Dirigente Responsabile SSD Chirurgia della Spalla e del Gomito. Istituto Ortopedico Rizzoli, via G.C. Pupilli 1, 40136 Bologna. Tel. 051 6366108 Fax 051 6366429 ([email protected])
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Osteosintesi con placca delle fratture dell’epifisi prossimale dell’omero

M. Nigr isol iG . Bettel l iR. Rotini

Riassunto. – Le fratture dell’omero prossimale pongono difficoltà e incognite nella definizione diagnostica, nella pianifica-zione e conduzione chirurgica e nella prognosi. Alla luce delle più recenti acquisizioni nelle indagini diagnostiche, nelle tecniche chirurgiche e nell’evoluzione delle placche a stabilità angolare vengono discusse le principali difficoltà e proposte le soluzioni più efficaci. Vengono inoltre presentate e discusse le caratteristiche tecniche dei sistemi più utilizzati. L’obiettivo finale è soddisfare la necessità di una sintesi stabile con il minore danno biologico possibile e applicabile su qualsiasi tipo di frattura, anche nelle fratture a 4 frammenti gravemente scomposte, nelle fratture con separazione della testa omera-le e nelle fratture-lussazioni in pazienti relativamente giovani per una sostituzione protesica.

Parole chiave: omero prossimale, frattura, osteosintesi, placca, stabilità angolare.

I riferimenti bibliografici a questo capitolo sono: Nigrisoli M., Bettelli G., Rotini R. Osteosintesi con placca delle fratture dell’epifisi prossimale dell’omero. Encyclopédie Médico-Chirurgicale. Trattato di tecniche chirurgiche - Chirurgia ortopedica 01-02-315, 2011, 12 p. Tutti i diritti riservati.

si nell’anziano sia le forze deformanti delle strutture muscolari che circondano la spalla. Numerosi lavori in letteratura han-no evidenziato come il trattamento conser-vativo delle fratture scomposte dell’omero prossimale porti quasi sempre a un cattivo risultato per quanto riguarda sia la risolu-zione del dolore sia il recupero funziona-le [1, 6-9]; il trattamento incruento dovrebbe essere preso in considerazione solo in caso di condizioni generali scadenti che renda-no rischioso l’intervento chirurgico o in presenza di patologie associate che pregiu-dichino il risultato dell’intervento. Le metodiche chirurgiche comprendono la sintesi con placca e viti o con chiodo endo-midollare, la sintesi a minima con fili me-tallici e osteosutura, l’emiartroplastica. L’osteosintesi trova indicazione elettiva nei pazienti giovani e anziani con buona quali-tà ossea, e comunque quando la tipologia della frattura fa ritenere vitale l’epifisi omerale. Tuttavia a oggi non esiste consen-so su un algoritmo decisionale che possa raccogliere un’opinione condivisa dalla maggior parte della comunità ortopedica sulle diverse metodiche di osteosintesi [10].

La necrosi avascolare in fratture a 3 fram-menti è storicamente compresa tra il 12 e il 25%, e in quelle a 4 frammenti tra il 41 e il 59% [11]. L’eccessivo numero di fallimenti con le prime placche utilizzate e le difficol-tà proprie della riduzione e stabilizzazione di queste fratture hanno indotto molti

Autori a raccomandare l’emiartroplastica per fratture a 3 e 4 frammenti [12-17].Tuttavia studi più recenti [18-21] indicano che, con le maggiori conoscenze della va-scolarizzazione della testa omerale e con nuove tecniche di impianto delle placche che permettono la preservazione del perio-stio e della vascolarizzazione epifisaria, l’incidenza della necrosi risulta attualmen-te inferiore a quanto riscontrato in passato. L’introduzione in tempi recenti della plac-ca a stabilità angolare consente una mi-gliore fissazione nell’osso frammentato e osteoporotico, potendo ridurre sensibil-mente l’incidenza delle complicanze. Questo tipo di placca è inoltre fornito di fori o asole per la sutura ossea, contribuen-do ulteriormente a contrastare le forze muscolari deformanti. Si distinguono due tipologie di placche: con viti cefaliche bloccate e con peg, lisci o filettati, sempre bloccati (Fig. 1).I primi risultati dell’uso di questi nuovi sistemi sono incoraggianti e già si è ridotto sensibilmente il numero delle fratture trat-tate con emiartroplastica. Gli studi futuri stabiliranno se lo stesso successo potrà essere ottenuto nell’evitare la sostituzione protesica secondaria.Ai fini di una corretta indicazione è fonda-mentale la conoscenza del decorso del nervo ascellare e della vascolarizzazione della testa e del collo omerale. La compro-

Introduzione

Le fratture dell’omero prossimale rappre-sentano dal 5% al 9% di tutte le fratture [1-3] con un’incidenza di 105 su 100.000 perso-ne all’anno [4]; il loro numero è in aumen-to, in relazione al progressivo invecchia-mento della popolazione. Le cause di queste lesioni sono le cadute e l’osteopo-rosi. Rappresentano la terza frattura più frequente nella popolazione anziana dopo la frattura del collo del femore e dell’avam-braccio distale. Più del 70% dei pazienti con frattura dell’omero prossimale ha un’età maggiore di 60 anni e il 75% appar-tiene al sesso femminile [5].L’80-85% delle fratture dell’omero prossi-male è di tipo composto o minimamente scomposto e, rispondendo favorevolmente al trattamento conservativo, non comporta un problema di scelta terapeutica.Molto problematico è invece il trattamento delle fratture scomposte e pluriframmenta-rie. Esse rappresentano una sfida costante per il chirurgo ortopedico, che deve tenere in dovuto conto sia la frequente osteoporo-

M. Nigrisoli, SSD Chirurgia della Spalla e del Gomito. Istituto Ortopedico Rizzoli, via G.C. Pupilli 1, 40136 Bologna. Tel. 051 6366108 Fax 051 6366429 ([email protected])G. Bettelli, SSD Chirurgia della Spalla e del Gomito. Istituto Ortopedico Rizzoli, via G.C. Pupilli 1, 40136 Bologna. Tel. 051 6366108 Fax 051 6366429 ([email protected])R. Rotini, Dirigente Responsabile SSD Chirurgia della Spalla e del Gomito. Istituto Ortopedico Rizzoli, via G.C. Pupilli 1, 40136 Bologna. Tel. 051 6366108 Fax 051 6366429 ([email protected])

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missione dell’apporto ematico e l’entità della frammentazione devono guidare la scelta della procedura chirurgica e ne con-dizionano il risultato.

Ricordo anatomico

N e r v o a s c e l l a r e

Per il suo particolare decorso il nervo ascellare è a rischio di lesione sia in caso di accesso deltoideo-pettorale sia per via transdeltoidea. Nel primo caso viene espo-sto al di sotto del bordo inferiore del sotto-scapolare, dove è molto aderente alla cap-sula articolare, la quale deve essere scolla-ta aderendo al bordo osseo glenoideo. Nel caso di accesso transdeltoideo è facilmente visibile in basso a una distanza variabile, ma che prudentemente dovrebbe imporre di non superare la distanza minima descrit-ta, corrispondente a 4,4 cm dall’angolo anterolaterale dell’acromion [22] (Fig. 2A).

v a s c o l a r i z z a z i o N e d e l l a t e s t a o m e r a l e

La conoscenza della vascolarizzazione dell’epifisi prossimale dell’omero è essen-ziale per la decisione terapeutica e per le precauzioni da seguire nell’intervento di osteosintesi. L’arteria circonflessa ante-riore (Fig. 2B), ramo dell’arteria ascellare, contribuisce per gran parte alla vascolariz-zazione della testa omerale. Essa segue il bordo inferiore del sottoscapolare e dà origine a un ramo ascendente anterolate-rale che decorre verticalmente lungo il bordo laterale del solco bicipitale e penetra

la capsula articolare vascolarizzando la testa omerale [23]. Il lavoro di Duparc [24] ha dimostrato recentemente come anche l’arteria circonflessa posteriore, prove-niente dall’arteria ascellare, partecipi all’irrorazione della testa omerale nella sua componente posteroinferiore, tanto da far sperare in un suo ruolo di supplenza in caso di lesione dell’arteria circonflessa

anteriore (Fig. 3). Ciò può spiegare alcune osservazioni di mantenuta vitalità epifisa-ria in presenza di lesione della circonflessa anteriore [8]. Tuttavia è sempre raccoman-dabile l’uso di grande prudenza in caso di frattura a 3 frammenti, con trochine ancora attaccato alla testa omerale, nell’evitare lo scollamento dell’arteria circonflessa ante-riore e del suo ramo ascendente.

Classificazione e criteri predittivi di ischemia cefalica

La classificazione delle fratture dell’ome-ro prossimale è argomento complesso e controverso.Il sistema classificativo ideale dovrebbe consentire, con relativa facilità, di catalo-gare qualunque tipologia di frattura in gruppi con uguale prognosi e trattamento.In realtà la varietà dei tipi di fratture, la difficoltà nel valutare il grado di vascola-rizzazione residua della testa omerale e la non sempre agevole interpretazione delle immagini radiologiche giustificano i limiti che si incontrano nell’impostare un siste-ma classificativo semplice e allo stesso tempo esauriente e riproducibile.I principali sistemi classificativi utilizzati sono quelli di Neer [14], dell’AO [25, 26] e il “binary LEGO description system” propo-sto da Hertel [27].La classificazione di Neer si basa sull’os-servazione di Codman secondo cui tutte le fratture dell’omero prossimale avvengono tra le 4 principali regioni anatomiche: te-sta, grande tuberosità, piccola tuberosità e diafisi. I 4 principali parametri su cui si basa la classificazione di Neer sono:

1) numero dei frammenti;

2) sede dei frammenti;

3) presenza o meno di lussazione (per lus-sazione si intende la fuoriuscita della

2 A. Decorso del nervo ascellare su preparato anato-mico. B. Decorso dell’arteria circonflessa anteriore su preparato anatomico.

1 A. Placca Philos (Synthes). B. Placca S3 (Hand Innovations).

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B

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3 Schema del decorso dell’arteria circonflessa anteriore e posteriore con la distribuzione dei rispettivi rami ascendenti.

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testa dallo spazio articolare attraverso una lacerazione capsulolegamentosa, non una semplice rotazione);

4) presenza di lesioni della superficie arti-colare (fratture da impatto della superfi-cie articolare e fratture per fissurazione della testa: head splitting).

Secondo questa classificazione viene con-siderato frammento di frattura ogni regio-ne che presenti una scomposizione di oltre 1 cm o un’angolazione maggiore di 45° rispetto alla normale posizione anatomica. Una frattura, anche pluriframmentaria, in cui non vengono rispettati tali criteri è da considerare minimamente scomposta o a 1 frammento, e vede nel trattamento conser-vativo il corretto approccio terapeutico.La classificazione di Neer, proposta nel 1970, è senz’altro la più seguita sia nella clinica sia nella ricerca, ma negli ultimi quindici anni numerosi Autori hanno solle-vato critiche [21, 26, 28-30].Nell’ambito delle fratture a 4 frammenti sia Jakob [28] sia Tamai [30] hanno sottoli-neato come non tutte le fratture siano prognosticamente assimilabili e che esi-stono particolari tipologie in cui la vasco-larizzazione dell’epifisi rimane sufficien-temente preservata. Jakob [28] e Resch [21] hanno dimostrato infatti che la frattura a 4 frammenti impattata in valgo (testa ruota-ta posteriormente fra le tuberosità frattu-rate in continuità mediale con la diafisi omerale, cosiddetta a “cono di gelato”) presenta, rispetto alle altre varietà di frat-ture a 4 frammenti, una prognosi migliore ai fini della vitalità dell’epifisi omerale. L’integrità del periostio mediale garanti-sce infatti una sufficiente perfusione ema-tica alla testa. Per tale motivo in questo tipo particolare di frattura è indicata la

sintesi piuttosto che la sostituzione prote-sica. Tamai [30] (Fig. 4) riconosce 5 diversi tipi di scomposizione della testa omerale ri-spetto alla glena: mediale (M), superiore (S), laterale (L), posteriore (P) e superola-terale (SL). L’Autore ritiene che nelle fratture a 4 frammenti, se la testa rimane sovrastante la diafisi e affrontata alla glena (tipo M), vi sono maggiori probabilità di preservazione della vascolarizzazione tra-mite il periostio e la capsula inferiore. Negli altri tipi di dislocazione (S, L, P, SL), anche nel caso di fratture a 3 fram-menti, il rischio di necrosi ischemica è più elevato.Sidor [31] e Siebenrock [29] hanno criticato la classificazione di Neer ritenendola non sufficientemente riproducibile. A queste ultime critiche Neer ha ribattuto sottolinean-do che è possibile evitare errori di interpre-tazione e di scarsa riproducibilità se chi esegue la valutazione radiografica possiede una buona esperienza [31]; nello stesso lavo-ro [32] Neer precisa che la classificazione da lui proposta non va interpretata come una classificazione radiografica, bensì anato-mopatologica, e che pertanto il corretto inquadramento della frattura può avvenire a volte solo durante l’intervento con la vi-sualizzazione diretta dei frammenti (più recentemente, possiamo aggiungere, anche prima dell’intervento con le ricostruzioni bidimensionali e tridimensionali della to-mografia computerizzata).Il sistema classificativo proposto da Hertel [28] non suddivide le fratture dell’omero prossimale in base al numero dei frammenti ossei, ma in base ai piani coinvolti dalle linee di frattura.Accanto a tale classificazione l’Autore propone 7 criteri prognostici di necrosi

ischemica della testa omerale e quindi de-cisivi al fine di orientare il trattamento chirurgico verso l’osteosintesi piuttosto che la sostituzione protesica:

1) lunghezza del calcar o sperone metafi-sario solidale alla testa fratturata (> o < 8 mm);

2) integrità della “cerniera mediale” (mol-to importante anche per ottenere una buona riduzione della frattura in caso di sintesi);

3) grado di scomposizione delle tuberosità;

4) grado di scomposizione angolare della testa omerale (in varo o in valgo);

5) lussazione della testa omerale;

6) presenza di fratture da impatto o head splitting della testa omerale coinvolgenti oltre il 20% della superficie articolare;

7) qualità meccanica dell’osso.

In uno studio prospettico [8] mirato a stabi-lire la perfusione residua dell’epifisi ome-rale in 100 fratture chirurgiche, soprattutto i primi due criteri hanno dimostrato un’ele-vata predittività di ischemia (Fig. 5).

Indicazioni e controindicazioni

La scelta della sintesi rispetto alla sostitu-zione protesica nelle fratture dell’omero prossimale deve tenere conto, oltre che del tipo di frattura (numero dei frammenti, scomposizione, danno articolare), diversi altri elementi nel singolo paziente. Tra questi ricordiamo:

– condizioni generali del paziente (pre-senza di comorbidità e di altre affezioni

4 Classificazione di Tamai.5 A. Lunghezza del calcar metafisario mediale. B. Integrità della “cerniera” mediale.

A

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che condizionano il buon esito della sintesi e della riabilitazione) ed even-tuale presenza di lesioni o traumi asso-ciati;

– dominanza dell’arto affetto e richieste funzionali;

– qualità ossea: più scarsa è la qualità ossea, più difficile risulterà l’osteosin-tesi, ma anche, in caso di protesi, la sintesi delle tuberosità;

– età del paziente (indipendentemente dal tipo di frattura): minore è l’età del pa-ziente maggiore indicazione trova il trattamento con osteosintesi. Anche nei casi con lussazione della testa, e quindi elevata probabilità di necrosi cefalica, l’indicazione all’osteosintesi nel pa-ziente giovane-adulto (età < 60 anni) deve essere sempre presa in considera-zione, riservando l’intervento di prote-sizzazione ai soli casi di sintesi non eseguibile o non sufficiente;

– possibilità da parte del paziente di ese-guire una corretta terapia riabilitativa. Nel caso in cui non vi fosse tale dispo-nibilità la sintesi è da preferire alla protesi.

Schematicamente possiamo affermare che l’indicazione per la sintesi con placca e viti è costituita dalle fratture a 2 fram-menti (collo chirurgico e tuberosità), frat-ture a 3 frammenti senza lussazione e buona qualità ossea e fratture a 4 fram-menti.Una controindicazione è rappresentata da: fratture-lussazioni a 4 frammenti (la testa priva di qualsiasi inserzione di parti molli come un frammento libero); fratture sagit-tali della testa omerale (head splitting); fratture da impatto con affondamento della spongiosa e distruzione di oltre il 40-45% della superficie articolare.Le fratture minimamente scomposte, in-dipendentemente dal numero di rime di frattura (tipo 1 di Neer), costituiscono controindicazione in quanto soggette a trattamento incruento.In presenza di infezione locale o di espo-sizione importante della frattura poten-zialmente infetta, la sintesi stabile con placca dovrebbe essere rinviata al mo-mento della guarigione delle parti molli, limitandosi a una sintesi “a minima” con fili metallici.

Valutazione clinico-strumentale preoperatoria

Nel paziente con frattura dell’omero pros-simale, tanto più nei quadri complessi con importante lussazione e scomposizio-ne dei frammenti, è importante un accer-tamento scrupoloso dei possibili deficit neurologici o vascolari. Il nervo più co-munemente interessato è l’ascellare e, soprattutto nei traumi ad alta energia, possono essere presenti deficit neurologi-ci da lesione del plesso brachiale o del nervo muscolocutaneo.Dopo la valutazione clinica siamo soliti immobilizzare l’arto affetto con spalla ad-dotta e intraruotata. Non riteniamo oppor-tuno applicare trazione transcheletrica. L’intervento di sintesi su frattura dovreb-be essere eseguito da un chirurgo esperto nella patologia della spalla e non deve essere affrontato in urgenza; anzi, ritenia-mo indicato eseguire l’intervento solo dopo un accurato accertamento clinico-radiologico (radiografie in più proiezioni e TC) e uno scrupoloso planning preope-ratorio. La serie ideale di radiografie comprende una vera anteroposteriore dell’articola-zione gleno-omerale (anteroposteriore sul piano della scapola, Fig. 6A), una laterale vera della scapola detta a Y (Fig. 6B) e una proiezione ascellare (Fig. 6C).Tale sequenza consente di visualizzare la frattura su 3 distinti piani perpendicolari e di valutarne la scomposizione.Proiezione anteroposteriore: il versante posteriore della spalla affetta viene posto contro la cassetta radiografica, mentre la spalla opposta viene inclinata in avanti di circa 40°.

Proiezione laterale: il versante anterola-terale del lato affetto viene posto contro la cassetta radiografica e l’altra spalla viene inclinata in avanti di circa 40°. Il tubo radiogeno è posto posteriormente in asse con la scapola.

Proiezione ascellare: la proiezione ascel-lare di Velpeau può essere eseguita anche

senza rimuovere il braccio dal tutore o dal bendaggio e per questo è più facilmente eseguibile nel paziente con frattura.

Nella pratica clinica le proiezioni laterale e ascellare non vengono mai eseguite a causa del dolore del paziente nell’assu-mere le posizioni necessarie.Proiezioni supplementari transtoraciche possono essere utili per valutare la scom-posizione dei frammenti, ma non vengo-no eseguite di routine.

t o m o g r a f i a a s s i a l e c o m p u t e r i z z a t a

In considerazione delle difficoltà classifi-cative sopra esposte, la TC dell’epifisi omerale con ricostruzioni bidimensionali e tridimensionali è di grande aiuto nelle fratture a 3 e 4 frammenti per inquadrare il tipo di frattura, l’entità della scomposi-zione sui piani frontale e assiale e il grado di comminuzione. In particolare essa for-nisce indicazione su:

– numero di frammenti;

– dislocazione delle tuberosità;

– interessamento articolare e rapporti gleno-omerali (in particolare nelle lus-sazioni posteriori);

– difetto osseo epifisario e metafisario con identificazione di frammenti di corticale del collo chirurgico che fungono da “chiave di riduzione” dell’intera frattura (Fig. 7).

La TC consente inoltre di riscontrare la presenza di fratture associate di glena, acromion o clavicola, ed è utile per la pianificazione della via d’accesso chirur-gica.

Quando operare

Al di fuori delle indicazioni di urgenza (esposizione cutanea, lesioni vascolari o articolari come la lussazione), il tratta-mento di una frattura del collo omerale non è urgente. Cionondimeno l’interven-to di osteosintesi non dovrebbe essere eseguito oltre le 2 settimane. In questo

Punto essenzialeQuattro elementi importanti per l’analisi della frattura sulle radiografie preoperatorie:

• qualità della cerniera mediale;• lunghezza dello sperone metafisario mediale;• importanza della comminuzione mediale;• configurazione della frattura “impattata in

valgo” o scomposta “in varo”. 6 A. Proiezione anteroposteriore. B. Proiezione laterale. C. Proiezione ascellare.A B C

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arco di tempo dovrebbero essere risolti i problemi di ordine generale, dovrebbe ri-dursi l’edema perilesionale e deve essere condotta una completa valutazione clini-ca e strumentale della frattura.

Tecnica operatoria

La scelta di una particolare placca a stabi-lità angolare rispetto ad altre è molto spes-so dettata dall’esperienza del chirurgo più che dalle caratteristiche morfologiche del-la frattura. È anche opportuno affermare che nell’ambito del concetto di stabilità angolare esistono per ciascuna placca va-riazioni anche importanti in termini di nu-mero, direzione, posizione e orientamento delle viti o dei peg cefalici, per cui la scel-ta deve essere guidata dalla capacità di sfruttare le caratteristiche di ciascun mo-dello quanto a riduzione e tenuta sui fram-menti, sfruttamento dell’osteosutura, pre-servazione della vascolarizzazione dei frammenti e minima invasività dello spazio sottoacromiale. La buona riuscita di una sintesi di queste fratture è soprattutto con-dizionata da un’adeguata riduzione, prima ancora che dalla stabilizzazione. La diffi-coltà di una corretta valutazione dei fram-menti di frattura in proiezione ascellare intraoperatoria nei casi di lussazione po-steriore della testa (Fig. 8) oppure nei casi di più semplice retroversione dell’epifisi omerale per instabilità dei frammenti ren-de spesso ardua la verifica di una riduzio-ne. Questa deve spesso avvenire “alla cie-ca”, per evitare l’eccessivo scollamento delle parti molli. È quindi essenziale una corretta pianificazione preoperatoria con esecuzione di TC e ricostruzioni bi- e tridi-mensionali, seguendo i singoli passaggi per la riduzione e ricordando alcuni “truc-chi” indicati oltre. Infine, è sempre pruden-te lasciarsi aperta la possibilità di cambiare la scelta chirurgica, da riduzione e sintesi a protesi, anche durante l’intervento.

p o s i z i o N e d e l p a z i e N t e

Si utilizza letto articolato con “caschetto” di appoggio della testa del paziente e ade-guata deviazione del collo per interferire al

per le proiezioni in anteroposteriore e in ascellare. È sempre necessario un sostegno verticale imbottito sul fianco omolaterale per consentire le manovre in trazione sen-za spostare il corpo del paziente.

a c c e s s o c h i r u r g i c o

Si utilizza un accesso standard deltoideo-pettorale per esporre l’omero prossimale, la vena cefalica tenuta lateralmente evitan-

minimo con le manovre di riduzione e con il controllo radiografico in proiezione as-siale. La posizione del paziente è tipica-mente in beach-chair, con schiena inclina-ta a 30° e supporto di appoggio della spalla asportabile per poter eseguire il con-trollo amplioscopico in posteroanteriore (Fig. 9). La posizione più comoda dell’ap-parecchio ampliscopico è quella rappre-sentata in Figura 10 con l’apparecchio accanto alla testa del paziente e ruotabile

7 A. Ricostruzione 3D sul piano coronale anteriore. B. Ricostruzione 3D sul piano sagittale. C. Ricostruzione 3D sul piano coronale posteriore.A B C

8 A. Radiografia di frattura del collo dell’omero e lussazione posteriore della testa. La sola radiografia della frattura in ap non permette di apprezzare la lussazione. B. Controllo TC dopo esecuzione di sinte-si con placca a stabilità angolare senza riduzione della testa, che rimane lussata posteriormente.A

B

9 Posizione del paziente sul letto operatorio con supporto della spalla asportabile (freccia).

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01-02-315 Osteosintesi con placca delle fratture dell’epifisi prossimale dell’omero

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do possibili lesioni durante il posiziona-mento dei divaricatori. La posizione late-rale della vena cefalica è preferibile per la scarsità di rami collaterali mediali, ma es-sa rimane compressa anche a lungo al di sotto dei divaricatori e può subire una le-sione. Pertanto è necessario controllarla a fine intervento dopo aver riportato la pres-sione diastolica a valori normali ed even-tualmente eseguire legatura per evitare ematomi postchirurgici. Si procede con l’esposizione dello spazio sottodeltoideo e con il posizionamento di un divaricatore sotto il muscolo deltoide; per limitare al minimo la tensione di quest’ultimo musco-lo l’arto viene posto in abduzione. Viene raggiunto poi lo spazio sottocoracoideo e si identifica il nervo ascellare tramite leg-gera palpazione al livello del margine infe-riore del muscolo sottoscapolare.Per non incorrere in lesioni del nervo mu-scolocutaneo si dovrebbero evitare trazio-ni al di sotto del tendine congiunto. Profondamente al muscolo grande pettora-le è possibile palpare il tendine del capo lungo del bicipite, frequentemente interpo-sto tra i frammenti di frattura (Fig. 8). Occorre inoltre fare molta attenzione a non provocare un eccessivo scollamento o cau-terizzazione al livello del solco bicipitale, in modo da preservare il più possibile la branca ascendente dell’arteria circonflessa anteriore, localizzata sul bordo laterale di tale solco. Taluni hanno ipotizzato una nuova via di accesso transdeltoidea o superolaterale per una sintesi “mini-invasiva”, che riteniamo interessante per uno sviluppo futuro ma ancora pericolosa per l’uso corrente in re-lazione alla vicinanza del nervo ascellare e da riservare alla sintesi delle sole fratture a 2 frammenti [28, 29]. Oltre nel testo verrà illustrata una tecnica di sintesi con placca e accesso minimamente invasivo.

sollevata senza doverla disinserire dal-l’omero. La posizione ideale della placca è infatti subito posteriormente al bordo laterale della doccia bicipitale (Fig. 11). Questa posizione richiede sempre una rotazione interna dell’omero di circa 45° (Fig. 12).

r i d u z i o N e d e l l a f r a t t u r a

La testa omerale, che solitamente tende a posizionarsi in varo e retroversione, viene portata e allineata in posizione anatomica. Questa fase è molto delicata e decisiva per il successo della sintesi. Pur evitando di deperiostare i frammenti, può essere utile raggiungere il profilo mediale del collo omerale passando al di sotto del sottosca-polare per via smussa e verificando il rial-lineamento del profilo mediale, eseguendo poi un controllo amplioscopico in proie-zione assiale. Possono essere utili divari-catori di piccole dimensioni e la spinta della testa omerale da posteriore ad ante-riore, posizionando contemporaneamente uno spessore, come un bicchiere metallico, nella cavità ascellare al fine di ottenere spazio per la riduzione della testa dislocata o lussata posteriormente.Spesso l’allineamento dei frammenti non risulta uniforme, lasciando dei vuoti nell’osso metafisario. Si utilizza in questi casi un innesto osseo di spongiosa omo-plastica morcellizzata o liofilizzata all’in-terno della testa omerale. Tale innesto ha lo scopo di ridurre le ampie lacune ossee e minimizzare quindi i rischi di perdita di riduzione nel postoperatorio. Una volta che la testa è ben posizionata, si procede con il collocare le tuberosità al di sotto di essa. I fili di osteosutura posti davanti e dietro la cuffia dei rotatori vengono utiliz-zati per aiutare la riduzione delle tuberosi-tà. Si utilizza filo non assorbibile ad alta resistenza n. 2 che viene passato sulle tu-berosità prima della sintesi con la placca e fissato su questa attraverso i fori o gli oc-chielli predisposti.

L’intervallo dei muscoli rotatori può essere aperto seguendo il decorso del tendine del bicipite fino al punto in cui esso si inseri-sce sul margine anteriore. Inizialmente si può tentare di preservare tale tendine per utilizzarlo come punto di riferimento per il posizionamento della placca; tuttavia, se risulta lesionato o a ri-schio di rottura, una tenodesi può essere tentata dopo la riduzione o anche prima di essa nel caso in cui la sua tensione costitui-sca un ostacolo al corretto posizionamento dei frammenti.Il deltoide deve essere accuratamente scollato dalla cuffia dei rotatori e dalla borsa, che risulta infiltrata da liquido emorragico e deve essere asportata. Cura particolare deve essere usata per mante-nere il periostio delle tuberosità soprattut-to nei casi, assai frequenti, in cui sia ne-cessario eseguire una tenotomia della cuffia dei rotatori per controllare diretta-mente la riduzione dei frammenti. L’in-serzione del grande pettorale può essere

B

10 Posizione dell’apparecchio ampliscopico per la registrazione delle immagini in anteroposteriore (A) e ascellare (B).A

11 Reperi anatomici in rapporto alla posizione della placca.

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Osteosintesi con placca delle fratture dell’epifisi prossimale dell’omero 01-02-315

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a p p l i c a z i o N e d e l l a p l a c c a e s i N t e s i

Una volta che la frattura è stata ridotta, sotto controllo amplioscopico si procede con la sintesi. L’osteosintesi con placche a stabilità angolare presenta evidenti vantag-gi rispetto ad altri mezzi di sintesi e alle placche precedenti: maggiori opzioni di riduzione, incremento della stabilità di ri-duzione, riabilitazione precoce, minore danno sulla cuffia dei rotatori.

Le placche di nuova generazione presenta-no importanti caratteristiche strutturali: un basso profilo, che consente di minimizzare l’impatto al di sopra della testa, viti prossi-mali con filettatura nell’interfaccia vite-placca e angolazione divergente per mi-gliorare la fissazione della placca e ridurre i rischi di mobilizzazione, in particolare sulla testa, fori o asole per osteosutura. Negli ultimi anni il loro disegno, il nume-ro, la posizione e l’orientamento delle viti cefaliche hanno subito un’evoluzione che è ben rappresentata dal confronto delle placche da noi utilizzate (Fig. 13). In par-ticolare, le maggiori differenze si sono rea lizzate nell’incremento di spessore del-la placca e nel sistema di fissazione cervi-codiafisario che ora affianca l’utilizzo di perni (o peg) con teste bloccate accanto alle viti e un’angolazione viti-placca (o peg-placca) più favorevole per la riduzione della testa omerale.

caso in cui essa presenti un frammento di dimensioni importanti. Successivamente viene perforata la corticale della testa at-traverso i fori prossimali della placca, e si inseriscono viti o peg a stabilità angolare; infine si procede con il posizionamento delle restanti viti diafisarie.La successiva fissazione delle tuberosità contrasta la trazione esercitata dalla cuffia dei rotatori, una delle principali cause del-la perdita di riduzione della frattura. Le suture applicate precedentemente ai mu-scoli sottoscapolare, sovraspinato e infra-spinato vengono fissate alle asole o ai fori presenti sulla parte superiore della placca.

Molte placche presentano un foro diafisa-rio di forma ellittica, lungo circa 28 mm. Esso viene utilizzato per primo per fissar-la all’omero prima di bloccare la testa, allo scopo di comprimere la placca alla corticale. La corretta altezza si ottiene dopo aver inserito un filo di Kirschner da 2 mm provvisorio passante per il centro della testa omerale (placca S3) o al di so-pra della placca attraverso un foro della maschera per la perforazione delle viti cefaliche (Fig. 14).Altri fili di Kirschner da 2 mm possono servire per fissare la placca alla diafisi o per stabilizzarla alla grande tuberosità nel

12 Posizione di rotazione neutra per la riduzione dei frammenti. A destra: rotazione interna della spalla per l’applicazione della placca dopo la riduzione dei frammen-ti di frattura.

Punto essenzialeVantaggi della placca a stabilità angolare:

• maggiori opzioni di riduzione;• incremento della stabilità di sintesi;• riabilitazione precoce;• minore danno sulla cuffia dei rotatori.

13 A. A sinistra: placca a stabilità angolare in titanio di prima generazione (Synthes). A destra: placca Philos in titanio (Synthes). B. A sinistra: placca Philos. A destra: placca S3 (Hand Innovations).

A B

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Dopo aver completato la sintesi della frat-tura è utile valutare la stabilità dei fram-menti per programmare i tempi del recupe-ro funzionale postoperatorio.

t r a t t a m e N t o p o s t o p e r a t o r i o

Se la sintesi è stabile e il paziente è colla-borante, sin dalle prime ore dopo l’inter-vento inizia la mobilizzazione della spalla autoassistita in associazione alla mobiliz-zazione libera del gomito e della mano. Nelle prime 4 settimane il paziente viene stimolato a proseguire movimenti autoas-sistiti, in flessione e abduzione fino a 50° circa 2 o 3 volte al dì per 15 minuti. Nel tempo restante la spalla viene mantenuta a riposo e protetta con bendaggio ortopedico in intrarotazione. Le comuni attività quotidiane come l’ali-mentazione e l’afferramento di piccoli oggetti vengono incoraggiate già in questo periodo. Dopo 4 settimane è possibile pro-seguire la riabilitazione assistita sia passi-va sia attiva, preferibilmente in acqua e in seguito a secco. A 8 settimane sono con-cessi il movimento con carico graduale e il nuoto.

Per quanto riguarda il materiale di osteo-sintesi, la principale innovazione che acco-muna tutte le placche di ultima generazione è costituita dalla filettatura nell’interfaccia vite-placca, che consente un bloccaggio della vite con angolo prestabilito ma so-prattutto conferisce maggiore stabilità.Seide et al. [35] hanno dimostrato mediante prove sperimentali la superiorità delle placche a stabilità angolare ai test statici e dinamici per la maggiore resistenza del complesso placca-vite bloccata. Questi test sono stati effettuati su omeri di cadavere con prove statiche e dinamiche. Nei test statici la placca a stabilità angola-re ha dimostrato resistenza alla dislocazio-ne superiore del 74% rispetto alla placca con viti non bloccate. Come nei test statici, anche nei test dinamici la differenza in termini di resistenza alla deformazione plastica è stata statisticamente superiore.Seide et al. concludono sull’utilità di que-sto accoppiamento placca-vite non solo nell’anticipare il recupero funzionale della spalla ma anche, grazie alla buona stabilità dell’impianto, nel favorire la rivascolariz-zazione epifisaria con minore rischio di una sostituzione protesica secondaria.Tra le numerose placche a stabilità angolare disponibili sul mercato analizziamo le carat-teristiche che differenziano le due placche da noi maggiormente utilizzate: la placca S3 (Spatial Subchondral Support) [Hand-Innovations] e la placca Philos (Synthes).La prima è in acciaio mentre la placca Philos è in titanio. Già a un primo esame è evidente il numero maggiore di fori per la testa omerale della seconda (9 fori) rispetto alla S3 (6 fori). Tuttavia, mentre la placca Philos utilizza viti in titanio autofilettanti di diametro 3,5 mm, la placca S3 sfrutta perni lisci di 4 mm (peg) in acciaio con punta smussa che possono essere anche parzial-mente filettati. Inoltre l’angolo peg-placca corrisponde all’angolo cervicodiafisario del collo omerale (circa 125°) oltre ad avere un più alto grado di divergenza (Figg. 15, 16). La placca Philos conferisce la sensazione di maggiore stabilità per il più alto numero delle viti cefaliche e per un design più av-volgente in presenza di fratture plurifram-mentarie delle tuberosità. In realtà, la neces-sità di un posizionamento alto (8 mm al di sotto dell’apice del trochite rispetto a 2,5 cm della S3), un angolo viti-placca più varo, la necessità di ridurre di circa 1 cm la lunghez-za misurata per le viti al fine di evitare il danno della superficie cartilaginea con la punta acuminata delle viti sono tutti elemen-ti che comportano il rischio di un’insuffi-ciente tenuta, di una riduzione in varo e di una scomposizione secondaria (Fig. 17).La placca S3 presenta una forma anatomi-ca con lato destro e sinistro, due lunghezze con 4 o 6 fori diafisari (le versioni lunghe per estensione diafisaria hanno 8, 11 e 14 fori). Le viti diafisarie hanno diametro di

Discussione

In passato l’osteosintesi dell’omero pros-simale ha comportato frequenti compli-canze: ischemia della testa, insufficiente tenuta delle viti in osso osteoporotico, ri-duzione precaria delle tuberosità con ri-schio secondario di necrosi dei frammenti, pseudartrosi o viziosa consolidazione.Il miglioramento della tecnica di riduzione della stabilizzazione dei frammenti, il maggiore rispetto della vitalità dei tessuti e l’introduzione delle placche a stabilità angolare hanno ridotto notevolmente la frequenza di questi eventi. Prendiamo quindi in considerazione le mo-difiche sulle placche e gli accorgimenti necessari per ridurre i rischi di insuccesso.

14 A sinistra: placca S3 con filo di Kirschner 2 mm passante per il centro della testa omerale; la distanza tra bordo superiore della placca e apice della testa omerale è di circa 2,5 cm. A destra: maschera su placca Philos con filo di Kirschner tangente alla superficie superiore della testa omerale per calcolo della corretta altezza.

Punto essenzialeScelta della via d’accesso

• Via deltoideo-pettorale: permette di trattare anche le fratture a estensione diafisaria, comporta minori rischi di danno del nervo ascellare, consente di “cavarsela” in tutte le situazioni.

• Via transdeltoidea o superolaterale: mini-inva-siva, offre buon accesso alle tuberosità anche posteriormente, ma implica un maggiore ri-schio per il nervo ascellare.

Pericoli della chirurgia

• Errata indicazione: talvolta un trattamento ortopedico è preferibile a un cattivo tratta-mento chirurgico.

• Scelta dello strumentario: considerare l’osso porotico e la precaria tenuta del materiale di fissazione.

• Esecuzione scorretta della tecnica chirurgica (compresa la posizione del paziente, che può ostacolare la prosecuzione dell’intervento).

• Attenzione ai nervi, soprattutto l’ascellare.• Attenzione ai vasi: arteria circonflessa ante-

riore e suo ramo ascendente per vascolariz-zazione della testa omerale, vena cefalica, e corretta emostasi con pressione su valori normali.

• Attenzione alle viti o peg che sporgono in articolazione (verifica continua con amplifica-tore di brillanza).

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Osteosintesi con placca delle fratture dell’epifisi prossimale dell’omero 01-02-315

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3,8 mm (perforatore di 2,8 mm) ad angolo fisso di 90° rispetto alla placca.La placca S3 è dotata prossimalmente di 6 fori per l’utilizzo di altrettanti perni o di viti parzialmente filettate (per fratture comminu-te) di 4 mm di diametro, paralleli all’angolo cervicodiafisario e con marcata divergenza per conferire un appoggio subcondrale in tutti i settori della testa omerale (Fig. 18).Recenti studi su teste omerali di cadave-re [36] e mediante valutazione quantitativa densitometrica alla tomografia computeriz-zata [37] hanno dimostrato che nell’epifisi

omerale si ottiene nella metà superiore del-la testa omerale e nella porzione intermedia e posteriore del trochite. Sebbene nella sintesi delle fratture la posizione possa es-sere condizionata da altri elementi come la posizione delle linee di frattura, il numero di frammenti e l’estensione della comminu-zione [38], la disposizione e l’orientamento dei perni nella placca S3 attraversano le zone di maggiore densità ossea.Un altro elemento che differenzia le due placche è la possibilità di eseguire il pas-saggio dei fili di sutura delle tuberosità dopo aver completato la fissazione della placca alla testa omerale [39]. Le asole di cui è dotata la placca S3 sono infatti lungo il suo profilo e permettono di poter passare il filo di sutura già impostato sulla cuffia dei rotatori (ogni frammento di frattura do-vrebbe avere almeno una osteosutura) in varie direzioni dopo la fissazione della placca all’omero (Fig. 19). Particolare at-tenzione deve essere rivolta a questa fase della sintesi perché i fili non riassorbibili ad

omerale la maggiore densità ossea trabeco-lare è concentrata nella metà prossimale e che la corticale ossea del trochite è più densa nella porzione intermedia prossimal-mente e anteriore distalmente. Ciò significa che la migliore fissazione interna della testa

15 Da notare, tra le varie differenze, la maggiore divergenza dei peg rispetto alle viti della placca Philos.

16 A sinistra: vite per placca Philos. A destra: perno avvitato per placca S3.

17 A sinistra: controllo radiografico della placca Philos. A destra: controllo radiografico della placca S3. Si notino la differente altezza e l’orientamento dei mezzi di sintesi epifisari.

18 Dimostrazione su modello sintetico della posizio-ne dei peg della placca S3 rispetto alla superficie arti-colare omerale. 19 Passaggio del filo di osteosutura di fianco (a sinistra) o ortogonalmente (a destra) alla placca S3.

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alta resistenza impostati attraverso i fram-menti di frattura permettono di manipolarli e di facilitare la riduzione in contempora-nea al riallineamento della diafisi e al ripo-sizionamento della testa omerale [40].Nei casi in cui abbiamo eseguito la rimo-zione dei mezzi di sintesi, a consolidazione avvenuta, abbiamo potuto verificare la no-tevole facilità nell’asportare placca e viti S3 senza il rischio di un blocco delle teste nei fori, avvenuto in alcuni casi con placca Philos, grazie al particolare sistema di bloc-co con una microvite che risulta facilmente asportabile. Inoltre, il tratto di osso cortica-le sottostante alla placca si è presentato vascolarizzato e vitale (Fig. 20).

Novità per le placche da omero prossimale

Le più recenti tecniche di sintesi delle frat-ture dell’omero prossimale prestano grande attenzione alla vitalità dei frammenti ossei e delle parti molli. Recentemente la placca Philos è stata dotata di un sistema di appli-cazione per via percutanea in modo da ri-durre notevolmente la devascolarizzazione dell’omero prossimale (Fig. 21) con una via d’accesso anterolaterale mini-invasiva.Negli ultimi anni gli studi sul materiale di osteosintesi si sono concentrati su sostanze leggere, biocompatibili e radiotrasparenti.

p l a c c a p e r o m e r o p r o s s i m a l e d i p h o s c f r - p e e K

( c a r b o N f i b e r r e i N f o r c e d -p o l y e t h e r e t h e r K e t o N e )

Elementi caratterizzanti sono:

1) un’assoluta radiotrasparenza, che permet-te di controllare l’evoluzione radiografica della sintesi. Nella placca definitiva ver-ranno inseriti dei marker lungo il profilo della placca per la sua identificazione al controllo radiografico (Figg. 22, 23);

rimozione a distanza di tempo per as-senza di corrosione galvanica;

2) la possibilità di inserire viti in Ti6AL4V con testa filettata 3,5 mm da corticale per la diafisi e 4 mm da spongiosa per l’epifisi, che creano il filetto nel foro della placca con l’orientamento deside-rato dal chirurgo (Fig. 24), e l’agevole

20 A sinistra: posizione della microvite di blocco angolare della vite diafisaria nella placca S3. Questa solu-zione evita l’incarceramento della testa avvitata che può avvenire in altri sistemi. A destra: asportazione della placca e buona vitalità della corticale ossea sottostante.

21 A, B. Sistema di posizionamento della placca Philos per via percutanea.

A B

22 Placca Diphos CFR-PEEK e viti da spongiosa 4 mm a stabilità angolare, da corticale 3,5 mm a stabilità angolare e a orientamento libero.

23 Immagine fluoroscopica di una placca Diphos impiantata su osso artificiale (Sawbone®) con i reperi radio-opachi lungo il suo perimetro.

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Osteosintesi con placca delle fratture dell’epifisi prossimale dell’omero 01-02-315

11

Conclusione

La sintesi dell’omero prossimale con plac-che richiede prima di tutto il rispetto dell’integrità del tessuto vascolare e della vitalità dei frammenti fratturati. Il danno è sempre primariamente delle parti molli (vascolarizzazione prima di tutto) e queste ultime devono essere salvaguardate al fine di ridurre il rischio ischemico. La rico-struzione anatomica spesso non è raggiun-gibile ed è necessario accettare un giusto compromesso con la stabilità per ottenere il migliore risultato funzionale [41]. La ri-duzione e la fissazione con mezzi di sintesi sono spesso difficili e talvolta il risultato postoperatorio può non soddisfare il chi-rurgo. La tentazione di cambiare indica-zione a favore di una più agevole emiar-troplastica può essere forte anche in pa-zienti relativamente giovani e con buona consistenza ossea. Tuttavia riteniamo che, soprattutto con il progresso delle tecniche di osteosintesi, sia più appropriato e favo-revole per il paziente percorrere la strada della ricostruzione dell’omero prossimale. Spesso è possibile ottenere un buon risul-tato con la preservazione della vitalità ossea anche in casi molto gravi come quello rappresentato in Figura 27.L’utilizzo di nuovi sistemi di applicazione della placca per via mini-invasiva e di materiali innovativi consentirà di rendere sempre più efficace la sintesi di queste complesse fratture.

3) la possibilità di cambiare orientamento delle viti e quindi anche del filetto nel foro epifisario della placca fino a 3 vol-te senza perdere la tenuta del filetto, mediante cacciavite dinamometrico che previene lo snervamento del materiale (Fig. 25).

La procedura chirurgica nelle fasi di ridu-zione della frattura e di stabilizzazione con la placca Diphos CFR-PEEK rispecchia quella già conosciuta per altre placche dedi-cate all’omero prossimale. Le prime appli-cazioni sono attualmente in corso e i risul-tati verranno riportati in seguito (Fig. 26).

24 A. Viti da spongiosa 4 mm a stabilità angolare per i fori epifisari. B. Viti da corticale 3,5 mm a stabilità angolare per i fori diafisari. Entrambe le viti permettono di modificare l’orientamento di +/–10°.

A B

26 A, B. Frattura a 4 frammenti in valgo del collo omerale sinistro. Studio TC 3D. C, D. Controllo radiogra-fico a 1 mese dopo osteosintesi con placca Diphos.

A B

C D

25 Uso del cacciavite dinamometrico per l’avvitamento delle viti da spongiosa a stabilità angolare.

27 A. Frattura della testa omerale con incarcera-mento del frammento anteriore sul bordo glenoideo. B. Il controllo TC a 2 anni dall’osteosintesi dimostra buona vitalità dell’osso epifisario.

A

B

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Indice bibliografico