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Marcello Andriola

International Institute

for Humankind Studies

Gruppo di Scienze Cognitive

Università degli Studi di FirenzeVia Del Proconsolo, 12

50122 Firenze

E mail: [email protected]

AbstactNella letteratura greca l’Egitto, con la sua religio-ne, il suo variegato pantheon e il suo sapere enig-matico, esercitò un potente ascino indierentealle barriere del tempo. Apparso nell’Odissea di

Omero, quando Menelao narra a Telemaco il suoritorno a Troia, il patrimonio culturale dell’Egittoattirò anche Pitagora, Erodoto e Platone. Secolidopo sarà Plutarco a riettere sull’antica sapienzaegizia, con un’opera, Iside e Osiride, che intendesvelare la sostanziale concordanza tra la dottrinasacra delle divinità venerate dai araoni, e il mitodegli dei che dimorano nell’Olimpo. Le tradizio-ni culturali cristiani aondano le loro radici nelvariegato mondo degli dei e delle tradizioni siaromaniche, greche ed egizie. La cultura del sa-cro è un “oggetto” che viene cullato dagli uominidalla notte dei tempi. Ogni popolazione che sene appropria ne vorrebbe l’esclusiva e l’origina-lità. Questo è comprensibile, visto le aspettativee l’investimento di risorse che sulla ede vieneatto, ma non è tutta la verità. Scampoli di co-smogonie, credenze, dei, tradizioni religiose, e-ste ecc. nel corso dei millenni, quasi per osmosi,è passato, fltrato o no, da una popolazione adun’altra, conservandone le tracce a volte nontanto evidenti.

Paole chaveil mito di Iside ed Osiride.

SommaoIntroduzione1.1 Il mito di Iside e Osiride1.2 La sorella di Osiride Netys1.3 Il mito di Iside1.4 Arriva Horos1.5 La sepoltura di Osiride1.6 Il culto di Osiride contribuì a dare spunti alla

narrazione biblica2.1 Mitologia greca2.2 Gli dei principali2.3 Culti e credenze2.4 Origini della mitologia greca3.1 Mitologia romana3.2 Gli dei dell’età arcaica3.3 Incorporazione di altre divinità3.4 Culto, cariche e estività religiose3.5 Il declino della religione romana

3.6 La natura delle divinità romane4.1 Dal culto di Iside a quello di Maria4.2 Origine del culto della Vergine Maria4.3 La nozione di vergineBibliografa

OriiNi riiONiTa mtologa egza, geca,omana e cstana.

Marcello Andriola

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Imana .  L’uomo, la natura e il tempo4 .

intoduzonePare che nessun gruppo umano presente sul-la terra possa ar a meno del concetto di sacro,scriveva M. Eliade (1990) “ogni maniestazionedel sacro è importante, ogni rito, ogni mito,ogni credenza, ogni fgura divina riette l’espe-rienza del sacro, e di conseguenza implica lenozioni di essere, di signifcato, di verità.” L’ideadi Elide, abbastanza condivisibile, e che la co-scienza dell’uomo può maniestarsi solo se dasignifcato agli impulsi e alle esperienze che eglivive. Mediante l’esperienza del sacro lo spiritoumano ha colto la dierenza tra ciò che si rivelareale e ciò che è privo di questa qualità. Il sacrodiventa un elemento di struttura della coscien-za, e non uno stadio nella storia della coscienza.“ai livelli più arcaici di cultura vivere da essereumano è in sé e per sé un atto religioso, perchél’alimentazione, la vita sessuale e il lavoro hannovalore sacrale” (M. Eliade, 1990).Gli antropologi pensano che una delle tap-pe ondamentali che hanno portato il genereHomo sapiens al concetto di sacro sia il ritodell’inumazione. Il rito unebre consiste in ceri-monie, riti, usanze e credenze relative al deuntoe alla sua sepoltura, che variano da una culturaall’altra, a seconda delle dierenti concezioni re-ligiose circa la vita, la morte e la speranza dellarinascita. I riti e i costumi unebri svolgono an-che importanti unzioni psicologiche e sociolo-giche nei conronti dei viventi: inuenzano, in-atti, la rete di relazioni sociali attorno ai amiliaridel deunto.Ogni tipo di civiltà ha lasciato tracce e testimo-nianze relative a usanze e rituali unerari. Le più

antica orma conosciuta di sepoltura risale alperiodo dell’Homo sapiens; durante alcuni sca-vi archeologici sono stati rinvenuti corpi tintidi ocra inumati in posizione etale. (B. Chierelli,2003) Alcuni popoli primitivi usavano legare ipiedi del deunto, perché temevano che il suoantasma potesse vagare senza meta. Sin daitempi più antichi i rituali di pulizia e cura del-le salme (come l’uso di indumenti particolari,ornamenti preziosi, oggetti religiosi e amuleti)

urono molto comuni.Gli antropologi ritengono che i diversi metodiutilizzati per seppellire i deunti siano dovuti,

oltre che alle credenze religiose, anche ad altriattori, quali ad esempio il livello culturale delleciviltà e le condizioni climatiche. Il rituale une-bre più complesso è quello dell’imbalsamazi-ne praticata dagli antichi egizi. Ritenendo ne-cessario preservare intatto il corpo del deunto

per consentire alla sua anima il passaggio a unanuova vita, gli egiziani avevano perezionato latecnica della mummifcazione, che impedivail processo di putreazione. Il rito unebre piùdiuso nelle società occidentali è la sepoltura,cerimoniale antichissimo che probabilmentecelebrava in origine un ritorno simbolico alla“madre Terra”, una delle divinità più grandi e po-tenti dei popoli mediterranei. (M. Eliade, 1990)

1.1 il mto d isde e OsdeSi racconta che quando Rea si unì a Crono dinascosto, il Sole, che se n’era accorto, lanciòcontro di lei questa maledizione, di non potergenerare fgli né in un mese né in un anno. MaErmes, innamorato della dea, si unì a lei; e poi,giocando a dama con la luna, riuscì a vincerle lasettantesima parte di ogni lunazione: con que-sta luce mise insieme cinque giorni, e li interca-

lò all’anno di trecentosessanta giorni. Anche ainostri giorni gli Egiziani li chiamano “intercalari”,e li esteggiano come genetliaco degli dei. Il pri-mo giorno nacque Osiride, e insieme a lui uscìdal ventre della madre una voce che diceva:“Ecco, il signore di tutte le cose viene alla luce”.Alcuni, poi, raccontano che a Tebe un certo Pa-mile, mentre attingeva acqua, udì una voce daltempio di Zeus, che gli ordinava di proclamarea gran voce che il grande re beneattore Osiride

era nato. Per questa ragione Crono adò a lui lacura di allevare Osiride, e in seguito venne ce-lebrata in suo onore la esta detta delle Pamilie,simile alle Falloorie.Il secondo giorno nacque Arueris, che alcunichiamano Apollo e altri invece Horos il vecchio.Il terzo giorno nacque Tione, ma la sua nasci-ta non avvenne nel momento dovuto e nem-meno per via naturale: con un colpo squarciòil fanco della madre e saltò uori. Il quarto gior-

no nacque Iside, nella stagione delle piogge; eil quinto Netys, che essi chiamano sia Fine siaArodite, e alcuni anche Vittoria. Osiride nacque

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dal Sole, e anche Arueris; Iside da Ermes, Netyse Tione da Crono: il terzo dei giorni intercalariera considerato neasto, e i re non si occupava-no degli aari pubblici e non curavano la pro-pria persona fno al calar della notte. Diconopoi che Netys sposò Tione; che Iside e Osiride

erano innamorati al punto di unirsi nell’oscuritàdel grembo materno ancor prima di nascere: ealcuni sostengono che Arueris osse il rutto diquesta unione, e u chiamato Horos il vecchiodagli Egiziani, e Apollo dai Greci.Durante il suo regno, Osiride subito ece mutareagli Egiziani il loro genere di vita povera e sel-vatica, li istruì nella coltivazione dei campi, fs-sò delle leggi, e insegnò loro a onorare gli dei.Poi percorse tutta la terra d’Egitto e la civilizzò:e non ebbe bisogno di armi, perché riuscì ad at-tirare quasi tutti con l’incanto della persuasione,con la parola unita al canto e a ogni tipo di mu-sica, tanto che i Greci credettero di identifcarlocon Dioniso.Durante l’assenza di Osiride, Tione non s’arri-schiò ad alcuna novità, dato che Iside stava diguardia e lo sorvegliava con grande attenzione.Ma quando Osiride u di ritorno, egli ordì con-tro di lui un’insidia, raccogliendo settantaduecongiurati e ottenendo la collaborazione dellaregina che governava in quel tempo l’Etiopia,di nome Aso. Tione prese di nascosto le misuredel corpo di Osiride, costruì un’arca di quelle di-mensioni, molto bella e con splendidi ornamen-ti, e poi la portò nella sala del banchetto. Tuttila guardarono ammirati, e allora Tione promi-se, come in un bel gioco, che l’avrebbe data indono a quello che ci stesse dentro sdraiato pro-prio di misura. Uno dopo l’altro provarono tutti,ma nessuno ci entrava davvero esattamente;venne poi il turno di Osiride, e quando si sdra-iò dentro, subito i congiurati si precipitarono achiudere il coperchio, lo saldarono all’esternocon i chiodi e ci versarono sopra piombo uso.Poi trasportarono l’arca al fume, e la abbando-narono alla corrente perché arrivasse al mareattraverso la bocca Tanitica: per questo gli Egi-ziani anche adesso chiamano questa bocca

“odiosa” e “abominevole”. Secondo il mito, que-sti atti avvennero il giorno diciassette del mesedi Athyr, quando il Sole attraversa lo Scorpione,

nel ventottesimo anno del regno di Osiride. Maaltri dicono che questo numero indica l’età deldio, non il suo regno. Furono i Pani e i Satiri del-

la regione del Chemmis ad accorgersi per primidella cosa e a dar notizia di ciò che era accadu-to: per questo anche oggi quei turbamenti mo-lesti, quegli improvvisi spaventi sono chiamati“panici”. Quando Iside u inormata, si tagliò unadelle sue trecce e indossò una veste da lutto, làin quel paese che da allora fno a oggi si chia-ma Copto. E alcuni ritengono che questo nomesignifchi “privazione”, perché presso gli Egizia-ni il nostro verbo “privare” di dice koptein. Iside

da quel giorno vagabondò senza meta, senzasaper dove cercare, chiedendo notizie a tuttiquelli che incontrava: persino ai bambini do-

Figura 1. Il dio Horus rappresentato come uomocon testa di alco sormontata dalla doppia coronad’Egitto. (dis. T. Baracchi)

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Imana .  L’uomo, la natura e il tempo6 .

mandava di quella cassa. E urono proprio deibambini che Iside incontrò un giorno a rivelarlela bocca del fume attraverso la quale gli amicidi Tione avevano abbandonato verso il marela bara di Osiride. In ricordo di questo atto gliEgiziani attribuiscono ai anciulli un potere pro-

etico, e in particolare interpretano il uturo ba-sandosi sulle parole lanciate a caso dai bambiniche stanno giocando nei luoghi sacri.

1.2 a soella d Osde NeftysIside poi venne a sapere che una volta Osiride siera unito alla sorella Netys, credendo che os-se la sua sposa Iside: lo provava la ghirlanda dimeliloto che Osiride aveva lasciato da Netys. Simise allora a cercare il bambino nato da loro: in-atti Netys, per paura di Tione, l’aveva espostosubito dopo aver partorito. Dopo una lunga eaticosa ricerca, fnalmente lo trovò, guidata dauna muta di cani: e lo allevò, e il ragazzo diventòla sua guardia e il suo edele compagno. Fu chia-mato col nome di Anubis: e si dice che acciala guardia agli dei come i cani la anno agli uo-mini. Di conseguenza Iside venne a sapere che

la bara, sospinta uori dal mare presso la costadi Byblos, con l’aiuto delle onde era dolcemen-te approdata in un prato di erica; l’erica, poi, inbreve tempo era cresciuta fno a diventare unbellissimo, forente cespuglio, che si abbarbicòalla bara e si avvolse intorno a essa, nascon-dendola completamente al suo interno. Il re diquella regione restò stupeatto dalle dimensio-ni della pianta: ece tagliare il usto che avvol-geva la bara, senza peraltro accorgersi della sua

presenza, e lo pose come colonna per il tettodella sua casa. Iside, raccontano, u inormata diciò per ispirazione demonica della Fama: allorasi recò a Byblos, si sedette presso una ontana,e stava lì a piangere sulle sue miserie, senza maiparlare a nessuno. Solo con le ancelle della regi-na si intratteneva volentieri, e intrecciava loro icapelli, e dal suo corpo spirava un meravigliosoproumo. Quando la regina vide le sue ancelle,u presa dal desiderio della straniera, della sua

arte di are le trecce e dell’ambrosia che spiravadal suo corpo. Così Iside u mandata a chiama-re, e divenuta intima della regina u scelta come

nutrice del principino. Il nome del re diconoche osse Malcandro, quello della regina invecesecondo alcuni Astarte, per altri Saosis, secondoaltri ancora Nemanus, nome che per i Greci cor-risponde a Athenais.

1.3 il mto d isdeIside allevava il bambino dandogli da succhiarela punta del dito al posto del seno; e una not-te bruciò la parte mortale del suo corpo. Poi,trasormatasi in rondine, prese a volare intornoalla colonna, gemendo, fno a che la regina, cheaveva osservato la scena, quando vide il bam-bino in preda alle famme, si mise a gridare,privandolo così dell’immortalità. La dea allorasi rese visibile, e chiese la colonna del tetto: latolse con acilità, srondò i rami di erica che laavvolgevano, e poi la avvolse in una pezza dilino, cospargendola di unguento odoroso. Laadò poi al re e ai suoi successori, e anche oggigli abitanti di Byblos venerano questo tronco,che si trova nel tempio di Iside. La dea si gettòsulla bara, e gridava tanto che il più giovane deifgli del re ne morì. Poi prese con sé il maggio-

re, caricò la bara su una nave e partì. In seguito,poiché il fume Fedro ece nascere allo spuntardel giorno un vento troppo orte, la dea incolle-rita prosciugò la sua corrente.Quando giunse in un posto isolato e u fnal-mente sola, subito aprì la bara, abbandonò ilsuo viso su quello di Osiride e si mise a baciarlo,piangendo. Il anciullo intanto si era avvicinatopiano piano alle sue spalle, e aveva visto tutto.Quando se ne accorse, la dea si voltò piena d’ira,

con uno sguardo terribile. Il anciullo allora nonresse allo spavento, e morì. C’è chi aerma inve-ce che le cose non andarono in questo modo, eche morì cadendo in mare per caso, come si èdetto. Anche adesso gli vengono resi onori, perla sua amiliarità con la dea: quel Maneros, inat-ti, che gli Egiziani cantano nei banchetti, è pro-prio lui. Altri sostengono invece che il anciullo sichiamava Palestino o Pelusio, e che dette il suonome alla città ondata dalla dea, mentre il Ma-

neros che viene cantato altri non sarebbe chel’inventore della musica. Alcuni aermano chequesto nome non vuole designare una persona,

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ma rientra nelle espressioni tipiche di chi a e-sta nei banchetti. “Ti auguro che tutta la tua vitasia elice come adesso”: sarebbe sempre questoper gli Egiziani il valore dell’esclamazione “Ma-neros”. Così, anche l’uso di arsi passare davantiagli occhi la fgurina di un morto dentro la sua

bara non ha proprio niente a che vedere con larievocazione dei patimenti di Osiride, come al-cuni vogliono credere: in realtà, l’immagine delmorto viene introdotta nelle este perché la suacontemplazione sia un invito a godere del pre-sente, dato che presto noi tutti saremo uguali alui. Iside proseguì il suo viaggio per raggiungereil fglio Horos, che veniva allevato a Buto, dopoaver deposto la bara in un luogo uori mano. MaTione, mentre andava a caccia di notte, la sco-prì per caso, illuminata dalla luna; riconosciutoil corpo di Osiride, lo ece in quattordici pezzi elo disperse. Quando lo venne a sapere, Iside simise di nuovo a cercare qua e là, attraversan-do le paludi su una zattera di papiro: ancoraadesso, chi naviga su barche di papiro non vie-ne attaccato dai coccodrilli, perché è questo illoro modo di mostrare alla dea venerazione esottomissione, in ricordo di quel atto. È ancoraquesta leggenda a motivare la presenza in Egit-to di tanti monumenti sepolcrali di Osiride: perogni pezzo del suo corpo che riusciva a trovare,inatti, Iside costruiva una tomba. Altri rifutanotale spiegazione, e sostengono invece che Isi-de aveva donato alle varie città delle immaginidi Osiride da lei modellate, come simbolo delsuo corpo, perché osse onorato da più gente.In questo modo, inoltre, se Tione osse riuscitoa sconfggere Horos e avesse voluto cercare lavera tomba, di ronte a indicazioni così dispa-rate avrebbe dovuto rinunciare al suo intento.L’unica parte del corpo di Osiride che Iside nonriuscì a trovare u il membro virile, perché erastato gettato per primo nel fume, e lì l’avevanomangiato il lepidoto, il agro e l’ossirinco, pro-prio quei pesci, cioè, tanto aborriti dagli Egizia-ni. Al posto del vero membro, Iside ne ece unofnto, e rese sacro il allo, a cui anche ora gli Egi-ziani dedicano molte este.

1.4 Ava HoosTempo dopo, Osiride venne dall’Ade per prepa-rare Horos alla battaglia. Quando ebbe fnito diesercitarlo, gli domandò quale osse, secondoil suo parere, la cosa in assoluto più bella; e il f-glio rispose: “Vendicare l’oesa subita dal padree dalla madre”. Allora gli ece un’altra domanda,ossia quale animale ritenesse più utile per chi vain battaglia; e Horos rispose: “Il cavallo”. Osiriderestò stupeatto, e gli chiese perché mai aves-se scelto il cavallo e non il leone. Horos rispose:“Il leone è utile solo a chi ha bisogno di aiuto,mentre con il cavallo si può tagliare la strada alnemico in uga e distruggerlo completamente”.Osiride u molto contento di queste parole, per-ché dimostravano che Horos era ormai prontoper la battaglia. Dice il racconto che quelli chepassavano dalla parte di Horos erano sempredi più, e che andò da lui persino la concubinadi Tione, Tueris. Furono proprio Horos e i suoicompagni a are a pezzi un serpente che la in-seguiva, e in ricordo di questa tradizione ancheora c’è l’usanza di gettare per terra una corda earla a pezzi. La battaglia durò molti giorni, e allafne vinse Horos. Tione u consegnato a Isidein catene; la dea, però, non solo non lo mise amorte, ma lo lasciò addirittura libero. Horos nonseppe accettare questa decisione: alzò le manisulla madre e le strappò dalla testa la corona re-gale. Allora Ermes pose sul suo capo un elmo aorma di testa di bue. Horos u accusato di ille-gittimità da Tione, ma Ermes sostenne i dirittidel giovane e gli dei sentenziarono in suo avo-re. Tione, poi, u battuto in altre due battaglie.Iside si unì a Osiride anche dopo la sua morte,

e partorì un fglio prematuro e rachitico negliarti ineriori, Arpocrate. È questa, più o meno, lasintesi ondamentale del mito. Ho tralasciato iparticolari più scabrosi, come l’amputazione diHoros e la decapitazione di Iside, e credo di nondovertene certo spiegare il perché. Se gli Egizia-ni attribuiscono realtà a questi atti e ne parlanocome di azioni veramente compiute o subiteda una natura beata e incorruttibile, quella cioèche noi rieriamo unanimemente al concetto di

divinità, allora davvero, seguendo le parole diEschilo, bisogna sputare e pulirsi la bocca. Sobene inatti che anche tu disprezzi quelli che

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Imana .  L’uomo, la natura e il tempo8 .

hanno degli dei un’opinione così assurda e pri-mitiva. Penso però che tu capisca da sola cometali concezioni non somiglino aatto a quelleantastiche invenzioni, tanto vuote e inconsi-stenti, che poeti e scrittori, producendo da sestessi, proprio come i ragni, delle novità prive di

sostanza, continuano a tessere e ad allungare:perché all’interno dei miti è racchiuso invece untentativo di spiegare i propri dubbi e le proprieesperienze. I fsici dicono che l’arcobaleno è do-vuto a un enomeno di riessione del sole, e chei suoi colori si rivelano solo se noi lo osserviamocontro uno sondo nuvoloso: così per noi mor-tali il mito non è altro che il riesso di una realtàtrascendente, che obbliga la nostra intelligenzaa rivolgersi verso altri oggetti. È questo che vuolsignifcare il riesso triste e luttuoso che carat-terizza i sacrifci egiziani, e anche l’architetturastessa dei templi, che ora si alzano verso il cieloin passaggi aperti e luminosi, ora invece si ina-bissano in sacrestie nascoste e piene di tenebra,simili a tane o a celle unerarie.

1.5 a sepoltua d OsdeNon diversa è la superstizione circolante sui

templi di Osiride, il cui corpo, si dice, giacerebbesepolto in diversi luoghi. Vi è una cittadina, adesempio, che chiamano Diochite, perché sololì si troverebbe la sua vera tomba; gli Egizianipiù ricchi e potenti, invece, si anno seppelliredi preerenza ad Abido, per il grande onore diessere vicini nella tomba al corpo di Osiride. AMenf, poi, viene allevato e custodito il bue Apis,

che è immagine dell’anima di Osiride, e si sup-pone che anche il suo corpo si trovi lì: il nomedella città signifcherebbe, a seconda delle in-terpretazioni, sia “Porto degli onesti”, sia appun-to “Tomba di Osiride”. All’isoletta sacra vicino aFile, invece, non si può mai accedere, perché è

sacrilegio anche solo avvicinarsi: nemmeno gliuccelli vi si posano, e i pesci stanno lontani dal-le sue rive. Ma una volta all’anno i sacerdoti visbarcano, per compiere sacrifci unebri e percingere di corone la tomba, che giace all’ombradi una medithe, pianta che supera in grandez-za tutti gli olivi. Secondo Eudosso, invece, no-nostante tutte le pretese tombe del dio spar-se per l’Egitto, il suo corpo si troverebbe soloa Busiride, sua patria natale. Non mette contoparlare di Taosiride, perché il suo stesso nomela indica come “Tomba di Osiride”. Voglio accen-nare invece ai riti che comportano il taglio di untronco, la lacerazione di una pezza di lino e lospargimento di libagioni, perché essi compaio-no in molte cerimonie misteriche. Non solo diquesti, ma anche di tutti gli altri dei, salvo ovvia-mente quelli non generati e quindi immortali, isacerdoti dicono che le loro spoglie si trovanosulla terra, dove vengono venerate, mentre leloro anime splendono nel cielo sotto orma dicostellazioni. L’anima di Iside, per esempio, vie-ne chiamata Cane dai Greci, e dagli Egiziani So-this; l’anima di Horos viene chiamata Orione equella di Tione Orsa. Per le tombe degli animalisacri tutti gli Egiziani pagano la tassa stabilita,tranne gli abitanti della Tebaide, perché questi

Figura 2. Scena dal Tempio di Luxor a Tebe, Egitto, datata intorno al 1600 a.C. e ragurante l’Annuncia-

zione dal Dio Tath, il verbo, alla Vergine Regina , della sua generazione del fglio che verrà; l’ImmacolataConcezione da Kneph, lo Spirito Santo; la Nascita del Bambino Solare, l’Adorazione del Bambino e lapresentazione di doni da tre uomini.

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non venerano alcun dio che sia mortale, masolo quello che essi chiamano Kneph, in quan-to non generato e quindi eterno. Nonostantetutte queste leggende e queste dimostrazioni,c’è chi ritiene si tratti di casi accaduti a re e ti-ranni: per la superiorità del loro valore e della

loro potenza, essi urono elevati a dignità divi-na, e in seguito urono loro attribuiti i casi stessidegli dei. In tal modo, il mito tramanderebbela memoria delle straordinarie vicende da essicompiute o subite. Questo modo di suggirealle dicoltà della tradizione mitica e di trase-rire, non senza ragione, dagli dei agli uomini idati più scabrosi, è molto acile: dalla loro par-te, inatti, costoro hanno alcune testimonianzeoerte dal mito stesso. Gli Egiziani raccontano,ad esempio, che Ermes era corto di braccia, cheTione aveva la pelle rossa, Horos bianca e Osiri-de nera, come se il loro aspetto corrispondessea quello umano. Inoltre chiamano Osiride capodi eserciti, e timoniere Canopo, che si trasor-mò, dicono, nella stella che porta il suo nome.La nave che i Greci chiamano Argo viene con-siderata come immagine della nave di Osiride,e posta ra le costellazioni in suo onore. Il suopercorso è poco distante da quello di Orione eda quello del Cane, che gli Egiziani ritengonorispettivamente sacri a Horos e a Iside. Ma io an-drei molto cauto con questa concezione, per-ché essa comporta il rischio di “muovere le coseimmobili” e di “ar guerra”, come dice Simonide,non solo “al lungo tempo passato”, ma anche“a molte razze di uomini” e a molti popoli chesono ispirati dalla devozione verso questi dei. Viè il pericolo, insomma, di ar scendere dal cieloalla terra nomi tanto grandi senza più riuscirea ermarsi, e basterebbe poco per alterare e di-struggere quel senso di ede e di venerazioneche tutti gli uomini hanno da sempre dentro disé. In questo modo fniremmo per aprire gran-di porte alla massa degli atei e per umanizzarele cose divine, dando inoltre srenata libertà diparola alle imposture di Evemero di Messene,quello che inventò di sua antasia certi scrittimitologici irreali e privi di ondamento, e riuscì

a diondere nel mondo ogni orma di ateismo.Evemero ha degradato tutti gli dei riconosciu-ti, senza eccezione, a nomi di comandanti e di

ammiragli e di re, che sarebbero appartenuti aepoche lontane, e che si troverebbero elencatia Panchea incisi a lettere d’oro. Nessuno, né gre-co né barbaro, ha mai visto questi nomi, tranneil solo Evemero: probabilmente si è imbattutoin essi quando ece rotta verso i Pancheiti e i Tri-

flli, popoli che non ci sono mai stati in nessunaparte della terra e che non esistono.È pur vero che presso gli Assiri si celebrano legrandi imprese di Semiramide, e in Egitto quelledi Sesostri; e i Frigi ancora adesso danno il nomedi manicà alle azioni più illustri e stupeacen-ti, riacendosi a Manes, uno dei loro antichi re,chiamato anche Masde, che u uomo di grandevalore e potenza. Anche Ciro e Alessandro conle loro vittorie portarono i Persiani e i Macedonifn quasi ai limiti estremi della terra: ma essi ven-gono nominati e ricordati solo come re valorosi,e nient’altro. “Se poi qualcuno,” come dice Plato-ne “esaltato e gonfo di sé, con l’anima ardentedi gioventù e di sconsideratezza miste a super-bia” accettò di venir chiamato dio e di veder in-nalzati templi in suo onore, la sua gloria ebbebreve foritura; e venne poi accusato di alsità edi impostura, piene di sacrilega empietà.Qual umo svanirono emeri a volo nell’aria, edora sono strappati via dai templi e dagli altaricome proscritti in uga, e di loro non restano piùche le tombe e le lapidi commemorative. È perquesto che Antigono il Vecchio, quando un taleErmodoto nei suoi versi disse di lui “fglio del Solee dio”, ebbe a esclamare: “Non è certo questoche pensa di me l’addetto al mio vaso da notte!”.Ebbe ragione anche Lisippo, lo scultore, a biasi-mare il pittore Apelle perché aveva ritratto Ales-sandro col ulmine in mano: l’aveva raguratosolo con la lancia, lui, perché lì risiedeva la veragloria della sua persona, quella che nessun’epo-ca mai gli avrebbe potuto levare. Ritengo sia piùesatta, allora, l’opinione di quanti identifcano levicende narrate su Tione, Osiride e Iside non giàcon le peripezie di dei o di uomini, bensì di gran-di demoni. Anche Platone, Pitagora, Senocrate eCrisippo, seguendo in questo gli antichi teologi,sostengono che i demoni possiedono una orza

superiore a quella umana, e che ci sorpassanodecisamente per la potenza della loro natura: mal’elemento divino che è in loro non si presenta

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Imana .  L’uomo, la natura e il tempo10 .

mai puro e omogeneo, bensì determinato siadalle caratteristiche intrinseche dello spirito, siadalle attitudini sensoriali del corpo, e come talepassibile di percezioni piacevoli o dolorose. Glielementi di disordine connessi con tale ibridismointervengono a limitare con intensità diverse leacoltà dei singoli demoni. Esistono, inatti, anchetra loro, come tra gli uomini, proonde dierenzedi qualità. Le storie dei Giganti e dei Titani che sicantano in Grecia, per esempio, e certe empietàcompiute da Crono, oppure la lotta di Pitone conApollo, gli esilii di Dioniso o le peregrinazioni diDemetra, non sono certo diversi da quei raccontisu Osiride, Tione e altri ancora, che a tutti è con-cesso conoscere liberamente. Ma anche quantorimane nascosto all’interno dei riti misterici e sucui le cerimonie iniziatiche mantengono il piùassoluto riserbo, perché non si può rivelare allagente, è determinato dalle medesime ragioni.Anche Omero distingue sempre gli eroi dallagente comune chiamandoli con epiteti come“deiormi”, oppure “simili agli dei”, e ancora “dotatidi senno divino”, e usa invece l’attributo che de-

riva da “demone” per defnire indierentementesia gli uomini di valore sia gli inetti:Demonico uomo, ti accosta: perché tanto temigli Argivi?Oppure e quando serrò il quarto attacco, di undemone al pari, e poi ancora…

O donna demonica, dimmi, qual torto ti ece rePriamo e i fgli, che tanto t’inuria la brama didare rovina alla solida rocca di Troia?E ciò vuol signifcare che i demoni hanno unanatura composita e incostante, che determinaanche le loro azioni. Per questo Platone a cor-rispondere agli dei olimpi la destra e il dispari,e ai demoni il contrario. Senocrate1 ritiene inol-tre che i giorni neasti e quelle este in cui ci siserza e ci si batte il petto nelle lamentazioni,oppure si digiuna e si pronunciano maledizionie scurrilità, non siano volti ad onorare dei o de-moni buoni; ci sarebbero invece, nell’atmosera,degli esseri enormi e dotati di grande orza, ma

1 Senocrate succedette a Speusippo nella conduzione dell’Ac-cademia, si dice a seguito di un’elezione. Ma u votato da unamaggioranza risicata, dopo un probabile scontro politico-ideologico di cui possiamo immaginare i contorni, ma del

quale non abbiamo versioni realmente attendibili. C’entravaanche la politica, ovviamente, e l’oggetto del contendere eral’atteggiamento degli ateniesi nei conronti dell’espansionemacedone. Come Speusippo era stato compagno di Aristote-le, e lo aveva seguito anche nella permanenza ad Asso. Con lostagirita, quindi, condivise molte vicessitudini, studi, ricercheed infnite discussioni. I due si separarono quando Aristotelevenne chiamato alla corte di Filippo per educare l’allora tredi-cenne Alessandro Magno. Tornato ad Atene, Senocrate dires-se l’istituzione per 25 anni, dal 339 al 314 a.C.. Fu stimato dagliateniesi, a dierenza di Aristotele flomacedone, per avere re-sistito alla tentazione di accettare un cospicuo fnanziamen-

to da parte di Alessandro Magno. La onte della notizia è inCicerone (Tusc. 5. 32). «Senocrate, dopo che i legati gli ave-vano portato, da parte di Alessandro, cinquanta talenti, checostituivano una cospicua somma di denaro per quei tempi,soprattutto ad Atene, condusse i legati a cena nell’Accademia.» Ed accettò solo una piccola parte della donazione, più perprobità che per orgoglio personale o nazionale. Non ritenevache l’Accademia necessitasse di tanto denaro e non credevache i regali ossero realmente a ondo perduto. Senocrate, in-somma, sospettava che dietro alla generosità di Alessandrosi nascondesse qualche disegno politico di strumentalizzazio-ne dell’Accademia. Basta questo per accreditare l’immaginedi uno Senocrate onestissimo e tutto d’un pezzo? Forse no,

ma la saggezza del comportamento è uori questione. Nonrifutando del tutto, non si ece nemici astiosi. Non accettandodel tutto, evitò di avere grossi debiti di riconoscenza, salvandoquindi l’autonomia dell’istituzione.

Figura 3. Col. James Churchward.

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oscuri e malevoli, che godono di queste cose, euna volta che abbiano ricevuto tali tristi onorinon pensano più a are altro male. Quelli utilie buoni, invece, sono chiamati da Esiodo “santidemoni” e “protettori degli uomini”: ricchezzaessi danno, ed è questo un onore da re.

Queste nature, che stanno ra dei e uomini,Platone le chiama “interpreti e ministri”, perchéhanno il compito di rierire lassù le preghiere ele richieste degli uomini, e di portare sulla terragli oracoli e le grazie degli dei. Empedocle, poi,aerma che anche i demoni devono scontaregli errori e le colpe di cui si siano macchiati:il cielo li insegue pur anche nel mare,e il mare li sputa alla terra, e nei raggi del sole mai stanco la terra li getta,e il sole di nuovo nei gorghi del cielo:l’un l’altro li cedono, sempre aborriti;quando poi hanno avuto la giusta punizione esi sono purifcati, allora possono riprendere ilposto e il grado che a loro assegna la natura.

1.6 il culto d Osde contbuìa dae spunt alla naazonebblca

Le leggende di Osiride/Horus vanno indietro dimigliaia di anni, e molti durante i millenni han-no creduto che Osiride osse una persona reale;alcuni sostenevano che egli osse vissuto fno a22.000 anni a. Il culto di Osiride, Iside e Horusera diuso nel mondo antico, inclusa Roma. Nelmito Egizio, Horus ed il suo Padre di una volta –e – uturo, Osiride, sono requentemente inter-cambiabili, come in “Io e mio Padre siamo unosolo”. Riguardo ad Osiride , Walker dice:

Di tutti gli dei salvatori adorati all’inizio dell’eraCristiana, Osiride può aver contribuito più det-tagli di qualsiasi altro alla fgura di Cristo inevoluzione. Già molto antico in Egitto, Osirideu identifcato con quasi ogni altro dio Egizioed era in procinto di assorbirli tutti. Egli avevaben più di 200 nomi divini. Egli era chiamatoil Signore dei Signori, Re dei Re, Dio degli Dei.Egli era la Resurrezione e la Vita, il Buon Pastore,Eternità e Immortalità, il dio che ece “rinascere

gli uomini e le donne”. Budge dice, “Per gli Egizi,dal primo all’ultimo, Osiride era il dio-uomo chesorì, e morì, e risorse, e regnava eternamente

in cielo. Essi credevano che avrebbero ereditatola vita eterna, proprio come aveva atto lui….”La venuta di Osiride u annunciata da Tre Uomi-ni Saggi: le tre stelle Mintaka, Anilam, e Alnitak nella ascia di Orione, che punta direttamentealla stella di Osiride all’est, Sirio (Sothis), indica-

tore della sua nascita….Certamente Osiride u un Messia proto-tipico,come anche un Hostia divorata. La sua carneveniva mangiata nella orma di cialde di granodella comunione, la “pianta della Verità”…Il culto di Osiride contribuì con un certo nu-mero di idee e rasi alla Bibbia. Il 23° Salmo hacopiato un testo Egizio che invocava Osiride ilBuon Pastore per condurre il morto ai “verdi pa-scoli” e “calme acque”della terra neer-neer, perrestituire l’anima al corpo, e per dare protezionenella valle delle ombre della morte (la Tuat).La Preghiera del Signore u prefgurata da uninno Egizio ad Osiride-Amen che iniziava: “OAmen, O Amen, che sei in cielo”. Amen venivainvocato anche alla fne di ogni preghiera.Come esclama ingenuamente Col. James Chur-chward, “Gli insegnamenti di Osiride e di Gesùsono meravigliosamente simili. Molti passi sonocompletamente identici, parola per parola”Massey ornisce i dettagli riguardo alla somi-glianza tra l’Osirianesimo ed il Cristianesimo:Per esempio, in uno dei molti titoli di Osiride intutte le sue orme e luoghi egli viene chiamato“Osiride nell’ostensorio”… Nel rituale Romanol’ostensorio è un contenitore trasparente nelquale viene esibita l’ostia o vittima… Osiridenell’ostensorio da solo dovrebbe essere sucien-te a mostrare che l’Egizio Karast (Krst) è il Cristooriginale, e che i misteri Egizi urono continua-ti in Roma dagli Gnostici e Cristianizzati. Osirideera anche il dio della vite ed un grande maestroitinerante che civilizzò il mondo. Egli era il gover-natore ed il giudice dei morti. Nella sua passione,Osiride u vittima di complotto ed ucciso da Sete “i 72”. Come quella di Gesù, la resurrezione diOsiride servì a ornire speranza a tutti perché po-tessero are altrettanto e diventare eterni.Il “fglio” di Osiride o incarnazione rinnovata,

Horus, condivide in comune con Gesù quantosegue:• Horus era nato dalla vergine Isis-Meri il 25 Di-

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Imana .  L’uomo, la natura e il tempo12 .

cembre in una grotta/mangiatoia con la suanascita annunciata da una stella all’Est e con lapresenza di tre saggi.• Il suo padre terrestre era chiamato “Seb” (“Jo-seph”).• Egli era di discendenza regale.

• All’età di 12 anni, egli u un insegnante bambi-no nel tempio, e a 30, egli u battezzato, dopoessere scomparso per 18 anni.• Horus u battezzato nel fume Eridano o Iaru-tana (Giordano) da “Anup il Battista” (Giovanni ilBattista), che u decapitato.• Egli ebbe 12 discepoli, due dei quali urono i

suoi “testimoni” ed erano chiamati “Anup” e “Aan”(i due “Giovanni”).• Egli ece miracoli, esorcizzò i demoni e resusci-tò El-Azarus (“El-Osiris”), dai morti.• Horus camminò sull’acqua.• Il suo epiteto personale era “Iusa”, “colui che

diventa sempre fglio” di “Ptha”, il “Padre”. Egli ucosì chiamato il “Santo Bambino”.• Egli pronunciò un “Sermone della Montagna”ed i suoi seguaci raccontarono i “Detti di Iusa”.• Horus u trasfgurato sul Monte.• Egli u crocifsso tra due ladri, sepolto per tregiorni in una tomba, e risorto.• Egli era anche la “Via, la Verità, la Luce”, il “Mes-sia”, “L’Unto Figlio di Dio”, il “Figlio dell’Uomo”, il“Buon Pastore”, l ’”Agnello di Dio”, “La Parola (Ver-bo) atta carne”, la “Parola della Verità”, ecc.• Egli era “il Pescatore” ed era associato col Pesce(“Ichthys”), l’Agnello ed il Leone.• Egli venne per portare a compimento la legge.• Horus era chiamato “il KRST”, o “l’Unto”.• Come Gesù, “si riteneva che Horus avrebbe re-gnato mille anni”.In aggiunta, scritte circa 3.500 anni a, sui muridel Tempio a Luxor c’erano immagini dell’An-nunciazione, Immacolata Concezione, Nascitaed Adorazione di Horus, con Thoth che annun-cia alla Vergine Iside che lei concepirà Horus; conKneph, lo “Spirito Santo” che impregna la vergine;e con l’inante e la presenza di tre re, o magi, cheportavano doni. In aggiunta, nelle catacombe aRoma ci sono pitture del bebè Horus che vienetenuto dalla vergine madre Iside – la “Madonnacon Bambino” originale. Come dice Massey:“Fu l’arte gnostica che riprodusse l’Hathor-Meri ed Horus dell’Egitto come la Vergine ed ilbambino-Cristo di Roma… Voi poveri idioti, di-cevano gli Gnostici [ai primi Cristiani], voi aveteconuso i misteri antichi per la storia moderna, eavete accettato alla lettera tutto quello che erasolo inteso in modo mistico.”Inoltre, A. Churchward rierisce un altro aspettodella religione Egizia trovato nel Cattolicesimo:Noi vediamo nelle antiche chiese Cattoliche,sopra l’altare principale, un triangolo equilatero,

e dentro di esso un occhio. L’aggiunta dell’oc-chio al triangolo ebbe origine in Egitto, “l’occhioche tutto vede di Osiride”.-

Figura 4. Busto di Zeus. Descritto a volte come giu-dice imparziale, a volte come dio scostante e ven-dicativo, nella mitologia greca Zeus era la massimadivinità dell’Olimpo, signore del cielo e del ulmine,

padre degli dei e dominatore degli uomini. Questoantico busto greco in marmo è esposto al Museoarcheologico nazionale di Napoli.

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Figura 5. Genealogia degli dei greci. Il pantheon greco si è costituito in epoca omerica ma i greci sentironoil bisogno di stabilire la genealogia dei loro dei nell’VIII secolo a.C. Nel poema Teogonia, Esiodo a la primaclassifcazione degli dei, stabilisce le paternità, addirittura la creazione dell’universo.

Caos

Nyx

Genealogia degli dei greci

Temi Crono Febe

Teti Tia MnemosineCeoReaCrio

Elio Selene Eos

Pleione Meti Asia Muse

OCEANINELetoGLI DEI

DemetraZeus

Persefone Atena AtlanteEpimeteo

Pleiadi Iadi Prometeo Pandora

GLI UOMINI

PirraDeucalione

Era

Apollo

Ade

EbeEfesto

AresArtemide

Ilizia

Coronis ErmesSemele

PoseidoneEstia

IperioneGiapetoOceano

ErosGigantiCiclopi

TITANI Meliadi AfroditeEcatonchiri Erinni

EmeraEtereUranoGeaErebo

Asclepio PanDioniso

Design Edizioni Altravista

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2.1 Mtologa gecaInsieme delle credenze e delle pratiche ritualidei greci antichi, la cui civiltà si ormò intornoal 2000 a.C. La mitologia greca, che compren-de principalmente un corpus di narrazioni eleggende riguardanti gli dei, si sviluppò piena-mente tra il IX e l’VIII secolo a.C., nel periodo incui comparvero l’Iliade e l’Odissea di Omero ela Teogonia di Esiodo. Gli antichi greci, nel lorotentativo di spiegare e capire l’universo e la na-

tura, inventarono storie, note come miti. Que-ste avole spiegavano tutto sulle storie degli deiche erano incarnazioni di potenze della naturao altri aspetti di vita sociale. Questi dei aveva-no dietti umani (avidità, gelosia, collera, ecc...)come anche orze sovrumane. Erano sia corretti

tra di loro e con gli esseri umani e sia estrema-mente trasgressori e imprevedibili. Gli dei grecierano archetipi che rappresentavano aspettiidealizzati del complicato spirito umano. Que-ste sono alcune delle principali e piú amosefgure mitiche, nel tentativo di spiegare il passa-to mitico della Grecia, che é molto interessanteper ogni visitatore che vuole visitare e capire iluoghi antichi.La mitologia greca presenta alcune caratteri-stiche distintive: gli dei mostrano sembianze esentimenti umani e, diversamente da religioniantiche quali l’induismo o l’ebraismo, non con-tiene rivelazioni o dottrine spirituali; anche lepratiche e le credenze erano molto varie, pri-ve di un testo sacro e di sovrastrutture ormalicome il clero.

2.2 l de pncpal

Secondo la tradizione, gli dei greci dimoravanosul monte Olimpo, in Tessaglia, dove ormavanouna società gerarchizzata conormemente allaloro autorità e ai loro poteri; potevano tuttaviamuoversi liberamente nel mondo, e alcuni sin-goli dei vennero associati a tre domini principa-li: il cielo, il mare e la terra.I dodici dei principali, generalmente detti ‘Olim-pi’, erano Zeus, Era, Eesto, Atena, Apollo, Arte-mide, Ares, Arodite, Estia, Ermes, Demetra e

Poseidone. Ade generalmente non era consi-derato appartenente all’Olimpo, poiché gover-nava gli ineri, dove viveva con la sposa Perse-one. Dioniso, dio del vino e della vita naturale,spesso era accompagnato da divinità minoricome satiri, centauri e nine; a lui erano dedica-te numerose este, e in alcune regioni divenneimportante quanto Zeus.

2.3 Cult e cedenze

La mitologia greca sottolineava la debolezzaumana in contrasto con le grandiose e terribiliorze della natura. I greci consideravano immor-

Figura 6. Era. Era. Divinità suprema della mitolo-gia greca, Era è la sorella e sposa del padre deglidei, Zeus. Dea del matrimonio e della maternità,rappresentava una visione idealizzata della donna,ed era venerata in molte città della Grecia, soprat-tutto a Creta, dove sorgeva un grande tempio alei dedicato, che la leggenda vuole osse costrui-

to dagli Argonauti. La statua di Era qui riprodotta,che risale al 470 a.C., si trova al Museo archeologi-co nazionale di Paestum.

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tali i propri dei e ritenevano sia le loro stesse vitesia le maniestazioni naturali interamente di-pendenti dal volere divino; generalmente, i rap-porti tra dei e uomini erano amichevoli, ma glidei riservavano severe punizioni ai mortali cheesibivano comportamenti inaccettabili come

autocompiacimento o soverchia ambizione,oppure soggiavano eccessive ricchezze.In Grecia la mitologia si intrecciava con tutti gliaspetti della vita: ogni città era consacrata a undio o a un gruppo di dei, per i quali i cittadini co-struivano templi; durante le este regolarmentededicate agli dei, che si tenevano sotto la super-visione dei governanti della città, i poeti recitava-no o cantavano leggende e storie di argomentomitologico; infne diverse parti della casa eranodedicate ad alcuni dei in particolare: poteva es-serci, ad esempio, un altare di Zeus nel cortile,mentre Estia veniva onorata presso il ocolare.Pur non avendo un’organizzazione religiosa u-fciale, i greci veneravano alcuniluoghi sacri: Delf era sede di unimportante santuario dedicato adApollo, che ospitava il celebre ora-colo che i viaggiatori interrogava-no per conoscere il uturo. Ciascunluogo sacro era rappresentato daun gruppo di sacerdoti che pote-vano essere anche autorità dellecomunità e che interpretavano leparole degli dei, ma non avevanoconoscenze o poteri particolari.Oltre alle preghiere i greci oriva-no spesso sacrifci agli dei, in ge-nere animali come i montoni.

2.4 Ogn dellamtologa gecaLa mitologia greca si sviluppòprobabilmente dalle religioni pri-mitive degli abitanti di Creta. Nelcorso del tempo, da un inizialeanimismo queste credenze si ar-ticolarono in una serie di leggen-de riguardanti oggetti naturali,

animali e dei dall’aspetto uma-no, alcune delle quali conuiro-no nella mitologia greca clas-

sica. Gli stessi greci antichi ornirono qualchespiegazione sullo sviluppo della loro mitologia:nella Storia sacra, Euemero, mitograo vissutointorno al 300 a.C., registrò la credenza diusasecondo cui i miti erano distorsioni della storiae gli dei erano eroi glorifcati oltre misura. Nel V 

secolo a.C. il flosoo Prodico di Ceo insegnavache gli dei erano personifcazioni di enomeninaturali come il Sole, la Luna, i venti e le acque;Erodoto, storico greco anch’egli vissuto nel V se-colo a.C., credeva invece che molti rituali greciossero stati ereditati dagli egizi. Con l’evolu-zione della civiltà greca, soprattutto durante ilperiodo dell’ellenismo, che iniziò intorno al 323a.C., anche la mitologia subì mutamenti. Le nuo-ve flosofe e l’inuenza delle civiltà confnantiprovocarono una modifcazione graduale dellecredenze religiose, lasciando tuttavia intatte lecaratteristiche essenziali e le leggende delle di-vinità greche.

Figura 7. Gregorio de Ferrari - Giunone e Argo. Giunone, sposa diGiove e regina degli dei, era considerata la protettrice delle donnee della maternità. In questo dipinto, opera del Tintoretto, Giove a-fda a Giunone Ercole neonato.

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Imana .  L’uomo, la natura e il tempo16 .

3.1 Mtologa omanaInsieme degli elementi mitologici che costitui-rono il patrimonio culturale degli antichi roma-ni dalla ondazione di Roma fno alla diusionedel cristianesimo. In realtà le attestazioni mito-logiche nella cultura latina sono perlopiù tardee tutte letterarie, mentre la religiosità romanaera strettamente connessa più con l’aspettocultuale, privato e pubblico, del sacro che conla sua rappresentazione narrativa, al punto daar defnire la religione romana una religione‘demitizzata’.Formalmente, la religione nell’antica Roma erail rutto della combinazione di tradizioni prero-mane, proprie delle genti italiche ed etrusche,sulle quali si innestarono credenze eterogenee

e molti elementi della mitologia greca e, in se-guito, ad esempio al tempo delle Metamorfosi  di Ovidio, temi sviluppati dai mitograf ellenisti-ci. Ma anche quando la mitologia greca si ecestrada trovando equivalenze e corrispondenzericonoscibili nell’ambito della cultura romana,

al suo interno poterono essere fltrati soltantoquegli elementi che esulavano dalla mentali-tà speculativa greca e dalla impostazione so-ciale della polis. Poiché inatti la storia romanaera quella della progressiva aermazione diuna potenza orte sulle altre, e la religiosità la-tina identifcava il sacro con lo stato, le fguree i miti che si aermarono urono quelli chemeglio rappresentavano e legittimavano taliatteggiamenti. Pertanto Roma non conobbemiti cosmogonici o teogonie che giustifcasse-ro l’ordine universale e sociale, ma miti civili estorici che rappresentavano le origini della ci-viltà latina, come il mito di Enea o i racconti suMuzio Scevola, Orazio Coclite, il ratto delle sabi-ne e le oche del Campidoglio. Le stesse fguredei primi re di Roma, dal ondatore Romolo edal legislatore Numa Pompilio fno a Tarquinioil Superbo, si collocano nello spazio intermediora storia e mito, e paiono ad alcuni piuttostomaschere unzionali che fgure reali.

3.2 l de dell’età acacaLa religione romana arcaica distingueva duetipologie di dei, detti di indigetes e di novensi-les; gli indigetes erano gli dei romani autoctoni,trenta dei quali venivano onorati con estivitàspeciali, mentre i novensiles erano divinità assi-milate in epoche successive.

Le più antiche divinità romane comprendeva-no, oltre agli indigetes, una serie di divinità spe-cifche, o numina, designabili genericamentecome “divinità custodi” o “ausiliarie”, i cui nomiriettevano le parole indicanti le attività duran-te le quali venivano invocati; il culto che venivaloro tributato era accomunato a quello rivoltoalle divinità maggiori. Essendo queste divinitàprive di una identità personale defnita, più cheuna orma di politeismo, la religione latina anti-

ca è stata defnita come “polidemonismo”.Gli dei rappresentavano distintamente le ne-cessità pratiche della vita quotidiana, secondo

Figura 8. Aresco: Marte e Venere. Marte e Vene-re in un aresco di Pompei conservato pressoil Museo Archeologico di Napoli. I romani attri-buirono a queste due divinità il corredo mitolo-

gico degli dei greci Ares e Arodite, inseparabiliamanti. Di qui, il tema della loro unione che tan-ta ortuna ebbe nell’arte romana.

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le esigenze della comunità alla quale apparte-nevano: a loro venivano scrupolosamente o-erti sacrifci rituali e le loro immagini venivanoesposte intorno a tavole imbandite, in simbolicibanchetti detti lectisternia, cui venivano ‘invi-tate’ di volta in volta le divinità che si volevano

maggiormente vicine alla comunità nel ran-gente specifco. Così, Giano veniva chiamato avegliare sulle porte e i passaggi, Vesta sul oco-lare, i Lari proteggevano i campi e la casa, Pale ipascoli, Saturno la semina, Cerere la crescita delgrano, Pomona la rutta, Conso e Opi il raccolto.Anche Giove, re degli dei, veniva onorato perl’aiuto che le sue piogge dispensavano a colti-vazioni e vigneti. Importanti fn dai tempi piùantichi erano gli dei Marte e Quirino, spessoaancati: Marte era dio della gioventù e dellaguerra, mentre Quirino, che veniva identifcatocon Romolo, era probabilmente il patrono del-la comunità armata nei periodi di pace. Figuraprincipale del pantheon primitivo era la triadeormata da Giove, Marte e Quirino (i cui tre sa-cerdoti, o amines, possedevano la massimaautorità), assieme a Giano e a Vesta.La tradizione ascrive alla stirpe reale dei Tarquinila successiva instaurazione della Triade Capito-lina, composta da Giove, Giunone e Minerva, lacostruzione sul colle Aventino di un tempio de-dicato a Diana e l’introduzione dei Libri Sibillini,che contenevano proezie sulla storia del mon-do; secondo la leggenda, Tarquinio il Superboacquisì i Libri Sibillini alla fne del VI secolo a.C.dalla Sibilla cumana.

3.3 incopoazone d alte

dvntàL’assimilazione degli dei onorati dai popo-li confnanti avvenne contemporaneamenteall’espansione della potenza romana: i romanigeneralmente tributavano alle divinità dei ter-ritori conquistati i medesimi onori riservati alledivinità romane native, invitando ormalmentele divinità a prendere dimora nei nuovi santuariromani e permettendo agli stranieri di conti-nuare a osservare i propri culti. Oltre a Castore

e Polluce, i territori conquistati arricchirono ilpantheon romano con Diana, Minerva, Ercole,Venere e altre divinità minori, alcune delle quali

italiche, altre originariamente greche. In segui-to, le principali divinità romane vennero identi-fcate con quelle del pantheon greco, dalla cuitradizione assimilarono anche le caratteristicheunzionali e le narrazioni mitiche.Anche nella tipologia dei templi l’architettura

romana riette la ricettività della città verso tut-te le religioni del mondo conosciuto. Il tempiodi Iside e Serapide nel Campo Marzio, costrui-to in stile egizio per ospitare il culto ellenizzatodella divinità egizia Iside, riette l’eterogeneitàdei monumenti religiosi romani.

3.4 Culto, cache e festvtàelgose

L’identifcazione tra la gestione dello stato e lapratica del culto era tale, per i romani, che lecariche religiose assunsero fn dalle origini unavalenza giuridica e politica: dai collegi auguralie pontifcali, preposti rispettivamente alla divi-nazione e all’esecuzione dei riti, al rex sacrorum e al pontifex maximus, le due massime unzionidella Roma monarchica e della Roma imperiale,identifcati rispettivamente con il re e l’impe-ratore. Tra le più importanti estività religiose

romane vi erano i saturnalia, i lupercalia, gliequiria e i ludi saeculares. In epoca imperialei Saturnali, che in precedenza erano celebratidal 17 al 19 dicembre, si celebravano per set-te giorni, dal 17 al 23 dicembre: tutte le attivitàs’interrompevano, agli schiavi veniva concessauna temporanea libertà, si scambiavano donie l’allegria regnava ovunque. I lupercalia eranoun’antica estività originariamente in onore diLuperco, dio pastorale degli italici. Si celebra-

va il 15 ebbraio nella grotta del Lupercale, sulcolle Palatino, dove si credeva che i leggendariondatori di Roma, i gemelli Romolo e Remo,ossero stati allattati da una lupa. Gli equiria, ce-lebrati in onore di Marte il 27 ebbraio e il 14marzo, erano caratterizzati soprattutto da corsedi cavalli nel Campo Marzio. I Ludi o giochi se-colari, che comprendevano spettacoli atletici esacrifci, si tenevano a intervalli irregolari, tradi-zionalmente ogni cento anni circa, per indicare

l’inizio di un nuovo saeculum, o era; la tradizio-ne, tuttavia, venne spesso disattesa.

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Imana .  L’uomo, la natura e il tempo18 .

3.5 il declno della elgoneomanaL’inuenza della mitografa ellenistica sulla let-teratura latina e la diusione della flosofa gre-ca tra i romani di buona cultura condusseroal declino progressivo degli antichi riti civili, apartire dal I secolo a.C. Una riorma del sistemareligioso venne condotta dall’imperatore Au-gusto, egli stesso pontifex maximus e membrodi tutti gli ordini sacerdotali, il quale promosseun recupero dell’antica religione a salvaguardiadella stabilità sociale; durante questo periodoacquistò importanza il mito, cantato nell’Eneide di Virgilio, che aceva risalire le origini di Romaall’eroe Enea, superstite della guerra di Troia.

Con l’impero si accentuò ulteriormente la ten-denza a identifcare il divino con lo stato, per-sonifcato nella fgura dell’imperatore: comegià Giulio Cesare, ancor prima della ondazionedell’impero, urono divinizzati Augusto, Claudio,Vespasiano e Tito; dopo Nerva, soltanto a po-chi imperatori non u concesso questo omag-gio. Durante l’impero acquisirono popolarità ediusione culti stranieri, come l’adorazione deldio persiano Mitra; infne, nonostante le perse-

cuzioni che si estesero dal regno di Nerone aquello di Diocleziano, il cristianesimo riuscì adaermarsi e venne persino incoraggiato u-cialmente sotto Costantino il Grande (324-337).Tutti i culti pagani vennero infne proibiti nel392 con il cosiddetto editto di Costantinopoli,promulgato dall’imperatore Teodosio I.

3.6 a natua delle dvntàomaneNella sua monumentale Storia di Roma (1854-1856) l’insigne storico tedesco Theodor Momm-sen analizza le origini e le caratteristiche dellareligione romana. Alla base di essa, secondo lostudioso, vi sono concetti di personifcazione eastrazione, ma anche il bisogno di un ordine e diuna classifcazione ispirati alla divisione di per-sone e cose secondo le linee del diritto privato.Tra le più antiche divinità romane si annoveranoquelle della semente, del lavoro dei campi, del

suolo, del confne: tra queste il più “speciale eproprio dei romani” è il Giano bironte, il dio cheveglia sulle porte e i passaggi. La sostanza della

mitologia romana, come dell’ellenica, è l’astra-zione e la personifcazione; anche il nume degliElleni è il riesso di un enomeno della natura,o la concretizzazione di un’idea; e anche al Ro-mano come al Greco ogni nume appare sottoorma di persona, come prova il concetto che

ogni deità è maschio o emmina, e l’invocazio-ne al nume ignoto “Sei tu dio o dea, maschio oemmina?”. Quindi la proonda convinzione chesi debba gelosamente serbare segreto il nomedel vero genio tutelare del comune, anchénon lo apprenda il nemico, e chiamando il diocon il suo nome, non l’attiri di là dai confni. Unresiduo di questo potente concetto è partico-larmente unito alla più antica e più nazionaledelle divinità, cioè a Marte. Se poi si considerache l’astrazione, ondamento di ogni religione,cerca sempre d’innalzarsi a sere più elevate e dipenetrare sempre più proondamente nell’inti-ma natura delle cose, si deve riconoscere chele immagini della ede romana uttuano in unaplaga incredibilmente vicina alla terra, e in unaspecie di crepuscolo dell’intuizione e dell’idea.Se per il Greco ogni enomeno espressivo siallarga rapidamente e si vivifca in un gruppod’immagini, – quindi in un cielo di leggende e diidee – per il Romano invece si arresta al concet-to ondamentale nella sua originaria e limitataimmutabilità. La religione romana non ha, nel-le sue scarse e aride creazioni, nulla che anchelontanamente possa contrapporsi al culto apol-lineo, trasfgurazione di ogni bellezza corporeae morale, né alla divina ebbrezza dionisiaca, néai proondi ed arcani riti etonici, né al simboli-smo dei misteri. Essa ha anche l’idea di un “diocattivo” (Vediovis), della divinità della malaria,della ebbre, dei morbi e orse anche del urto(laverna), e la coscienza di apparizioni di anta-smi (lemures), ma tutto ciò non vale a produrrequel sacro orrore del terribile e dell’ignoto, a cuitende l’anima umana, né a spingere il pensie-ro verso l’incomprensibile, o personifcarlo conil male, che si trova nella natura e nell’uomo, eche è pure un aspetto che non deve manca-re nella religione, se in essa deve interamente

estrinsecarsi e maniestarsi tutto l’uomo.Nella religione romana non vi sono segreti eccet-tuato il nome degli dei della città, dei Penati; e

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23.04.2010 . Origini delle religioni - Marcello Andriola . 19

anche la natura di queste divinità era del restonota a tutti. La teologia nazionale romana a-ceva ogni sorzo per intendere e ridurre a acilecomprensione tutti i enomeni e i loro caratteri;ordinarli secondo una propria terminologia, eclassifcarli schematicamente secondo la divi-

sione di persone e di cose che era alla base deldiritto privato, anché ciascuno potesse da séinvocare con esattezza gli dei secondo la classee la serie a cui appartenevano, o indicarne (indi-gitare) la giusta invocazione alla moltitudine. Daquesti concetti derivati dalla più ingenua sempli-cità, che sta tra il venerando e il ridicolo, nacque,in sostanza, la teologia romana. Alle più antichee più sante divinità di Roma appartengono leastrazioni rappresentative della semente (sae-turnus), del lavoro dei campi (ops), del suolo (tel-lus), del confne (terminus). La fgura divina piùspeciale e propria dei Romani, anzi l’unica orseper cui u inventata una statua nazionale italica,è il bironte Giano; e tuttavia non c’è in questaimmagine che l’idea indicante la scrupolosa re-ligiosità dei Romani, che prima di iniziare qua-lunque azione dovevano, prima di ogni altro dio,invocare “lo spirito dell’apertura”, e nello stessotempo la proonda consapevolezza che, primadi tutto era necessario procedere per ordine eper serie nell’idealismo divino dei Romani, men-tre invece gli dei degli Elleni, strettamente per-sonali, esistevano necessariamente ciascuno perse stesso. Forse il più intimo e il più devoto cultodella religione romana è quello che si consacra-va ai geni protettori che vigilavano sulla casa, sulocolare e sulla camera, cioè nel culto pubblicoquello di Vesta e dei Penati, nel culto delle casegentilizie, quello degli dei dei boschi e dei cam-pi, dei Silvani, e più ancora quello delle divinitàdomestiche, dei Lasi o Lari, a cui regolarmenteveniva oerta una porzione del cibo, e davanti aiquali, fno ai tempi di Catone il Maggiore, il padredi amiglia, non appena rimesso il piede in casa,prima di ogni altra cosa, soleva compiere le suedevozioni. Ma questi numi domestici e campe-stri occupavano nella gerarchia degli dei l’ultimoposto anziché il primo. Non era la più vasta e più

generale astrazione, ma la più semplice e la piùindividuale, quella in cui lo spirito di devozionetrovava il suo più vivo nutrimento. Su questo non

elevato concetto degli elementi ideali si onda-vano la tendenza pratica e quella utilitaria dellareligione romana, come si rileva dal calendariodelle este già accennate. Il Romano altro non

chiede ai suoi dei che l’aumento del patrimonio,l’abbondanza del raccolto e la prosperità nellapastorizia, nella navigazione e nel commercio; èper questo che presso i Romani sono onorati ildio della ede serbata (deus dius), la dea dellasorte e della ortuna (fors, fortuna), il dio del com-mercio (Mercurio), tutte divinità sorte dai bisognielementari dell’uomo.La rigorosa parsimonia e laspeculazione commerciale erano troppo proon-damente radicate nello spirito romano, perché la

loro rappresentazione divina non dovesse riet-tersi nelle sere più intime della religiosità.

Figura 10. Krishna danza sulla sottomessa KaliyaNaag nel fume Yamuna, mentre le mogli stannopregano per la sua misericordia.

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Imana .  L’uomo, la natura e il tempo20 .

4.1 al culto d isde a quello dMaaLa vera immacolata concezione è stata quella diIside e non di Maria, ed ecco un resoconto delledue cose: la prima riguarda il “mito” di Iside ed Osi-ride, con Osiride ucciso da Seth ed Iside che con-cepisce Horus congiungendosi ad Osiride (chetuttavia manca di genitali). La seconda è l’usanzain vigore presso gli ebrei 2000 anni or sono, chespiega il concetto di “immacolata concezione”.Mito di Iside ed Osiride e nascita di Horus: Osi-ride portò la civiltà agli uomini, insegnò lorocome coltivare la terra e produrre il vino e umolto amato dal popolo. Seth, invidioso del ra-tello, cospirò per ucciderlo. Egli costruì in segre-

to una bara preziosa atta appositamente peril ratello e poi tenne un banchetto, nel qualeannunciò che ne avrebbe atto dono a coluial quale si osse adattata. Dopo che alcuni eb-bero provato senza successo, Seth incoraggiòil ratello a provarla. Appena Osiride vi si ada-giò dentro il coperchio venne chiuso e sigillato.Seth e i suoi amici gettarono la bara nel Nilo,acendo annegare Osiride.Questo atto simboleggerebbe l’annuale inon-

dazione del Nilo. Iside con l’aiuto della sorellaNeti riportò Osiride alla vita usando i suoi po-teri magici. Prima che si potesse vendicare, Sethuccise Osiride, ece a pezzi il suo corpo e na-scose le quattordici (secondo alcune onti: tre-dici o quindici) parti in vari luoghi. Iside e Netitrovarono i pezzi (eccetto i genitali, che eranostati mangiati dal pesce Ossirinco). Ra mandòAnubi e Thot ad imbalsamare Osiride, ma Isidelo riportò in vita. Successivamente Osiride andò

negli ineri per giudicare le anime dei morti, ecosì venne chiamato Neb-er-tcher (“il signoredel limite estremo”). Il fglio che Osiride ebbe daIside, Horus, quando u abbastanza grande a-rontò Seth in battaglia, per vendicare la mortedel padre. Il combattimento u lungo e cruen-to, Horus perse un occhio nella battaglia e Sethun testicolo. Il conitto u interrotto dagli altridei, che decisero in avore di Horus e diedero alui la sovranità del paese. Seth u condannato e

bandito dalla regione. In altre versioni le due di-vinità si riconciliarono, rappresentando l’unionedell’Alto e Basso Egitto.

4.2 Ogne del culto dellaVegne MaaStoria della “vergine” Maria: secondo la leggen-da, un messaggero angelico avvertì Giuseppee Maria del parto prodigioso. La storia, invece,vede le cose diversamente. Dal tempo di re Da-vide, in Palestina, la dinastia di Abiatar era inse-diata nell’alta gerarchia ecclesiastica. La stirpe diSadoc era al primo posto nella scala gerarchicaereditaria e quella di Abiatar al secondo. Oltre aitradizionali titoli sacerdotali gli Esseni (la settaalla quale apparteneva anche Gesù) conserva-vano anche i nomi degli arcangeli del vecchiotestamento nella loro struttura governativa, percui il sacerdote Sadoc, o Zadok, era anche l’ar-

cangelo (arcangelo signifca capo degli angeli,dove angelo è il messaggero) Michele, mentreil sacerdote Abiatar (che all’epoca era Simeo-ne l’esseno) era anche l’arcangelo Gabriele (inebraico “uomo di Dio”), colui che dette la suaapprovazione al parto di Maria e convinse Giu-seppe a non lasciare la donna già incinta. Giu-seppe e Maria erano rei di aver violato le regoledel matrimonio dinastico ebraico, che prevede-va l’unione tra gli sposi solo in particolari perio-

di dell’anno. Gli sposi, inatti, secondo le regoleebraiche, si univano in matrimonio due volte, adistanza di un anno, durante il quale vi era unasorta di periodo di prova, e solo dopo il secon-do matrimonio la moglie perdeva la qualità dialmah, cioè giovane donna, termine che vieneerroneamente tradotto nella Bibbia modernacon “vergine” (da cui l’errore di credere che Ma-ria osse vergine anche dopo avere avuto deifgli). Maria e Giuseppe, invece, violarono tali

regole poiché Maria partorì in marzo (la die-renza è data dal atto che gli ebrei utilizzavanoun calendario lunare), prima del secondo matri-monio. Per cui Maria concepì come almah, mapartorì anche come almah. Poiché il fglio deinobili Giuseppe e Maria era il discendente del-la linea dinastica davidica, il sacerdote Abiatardecise di procedere ugualmente con il secondomatrimonio, applicando le normali regole, pri-ma ra tutte quella che nessun contatto fsico

era permesso fnché non era trascorso un certotempo dalla nascita del bambino, u così cheGiuseppe “ece secondo che l’angelo del Signo-

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re gli aveva comandato e ricevette sua moglie:Ma egli non la riconobbe fnche ebbe partoritoil suo fgliolo primogenito” (Vangelo di Matteo1:24-25).Tuttavia la nascita di Gesù al di uori delle re-gole dinastiche comporto il rifuto degli ebrei

ortodossi di riconoscerlo come legittimo erede.Mentre gli ebrei occidentalizzati vedevano inGesù il uturo messia, gli ortodossi riconosceva-no tale titolo a Giacomo, il secondogenito natosecondo le regole dinastiche.

4.3 a nozone d vegneLa nozione di “vergine” attribuita abitualmen-te a Maria non è unicamente cristiana, maappartiene anche alle religioni precedenti. Lastessa Kore greca era considerata vergine. Ilcristianesimo ha però considerato la vergini-tà in senso puramente isico (in ondo il cri-stianesimo moderno nasce da Paolo di Tarsoche era solo un soldato romano!), snaturandoil signiicato di un termine che aceva invecerierimento a una radice, quella del latino vire vires, che signiica soltanto orte o potente(quindi legato a un dio).

Allo stesso modo Sansone nacque da una ver-gine, con l’intervento del Signore, così comeviene raccontato nel libro dei Giudici. Le stessecircostanze si ripetono alla nascita di Samuele,l’ultimo dei giudici, e di Isacco, fglio di Abramo.In realtà nei Vangeli di Marco e Giovanni, chepure descrivono molti miracoli di Gesù, non vi ètraccia della nascita miracolosa di Cristo. L’evan-gelista Matteo aerma la verginità della madredi Gesù basandosi su una proezia di Isaia che, a

ben vedere, si rierisce in realtà a qualcosa chedovrà accadere in tempi diversi e, soprattutto,non parla aatto di una “vergine”. La parola usa-ta da Isaia, cioè almah, deve essere tradotta piùpropriamente con anciulla, ragazza. Oltre a ciònell’antico testamento non esiste altra proeziaattestante la verginità di Maria e la prodigiosanascita di Gesù. Gli evangelisti Marco e Giovan-ni hanno ignorato del tutto questa circostanza,ma hanno precisato che Maria ebbe altri fgli.

Un ulteriore errore è dato dal atto che lo SpiritoSanto in realtà è emminile. Gli Ebioniti, misticiEsseni del I secolo d.C., credevano in uno Spirito

Santo emminile, e quelli di loro che abbraccia-rono il cristianesimo, e dai quali discendono glignostici clementini del II secolo, acevano del-la Vergine Maria il ricettacolo di questo SpiritoSanto, che essi chiamavano Michael, che in se-guito divenne l’arcangelo Michele. Quest’ulti-

mo creò Adamo per ordine della Madre di tutti iviventi. Nella versione talmudica della creazionel’arcangelo Michele, che corrisponde a Prome-teo, crea Adamo dalla polvere non per ordinedella Madre di tutti i viventi, ma per ordine diJahvè. Jahvè soa in lui la vita e gli dà comecompagna Eva che, simile in ciò a Pandora, ap-porta sciagure al genere umano.Michal però era la donna che sposò Caleb, èrappresentava la dea del mare locale; ma Mi-chal e Miriam (cioè “goccia nel mare”) sono lastessa persona, che acquista un diverso nome,così come Giacobbe che, quando sposò Ra-chele sacerdotessa della colomba, divenne Iš-Rachel, o Israel, cioè “l’uomo di Rachele”, poichéa quell’epoca erano gli uomini ad acquisire ilnome della moglie, e non viceversa. È quindievidente che in origine lo Spirito Santo avevaattributi emminili.La Vergine Maria era il recipiente fsico (il SantoGraal) che raccolse il seme divino, e per gli gno-stici “Maria” signifcava “del mare”. Lo Spirito San-to maschile è un errore prodotto della gramma-tica latina (spiritus è maschile) e dell’avversionedei cristiani primitivi per le divinità emminili. Ilconcepimento da parte di un principio maschi-le è illogico è questo è l’unico esempio in tuttala letteratura latina. Gli gnostici identifcaronolo Spirito Santo con Sofa, “Sophia”, la Saggezza,che è emminile. Nella Chiesa cristiana primitivail Credo veniva recitato solo durante il battesi-mo (che è di origine egiziana), cerimonia di ini-ziazione al mistero cristiano dapprima riservataagli adulti. E anche la celebrazione dei misteriGreci, su cui si modellarono quelli cristiani, non-ché di quelli druidici, era preceduta dalla ceri-monia del battesimo.Mentre i nazareni, seguaci del primitivo pensie-ro di Gesù e Giacomo, non parlavano aatto di

verginità da parte di Maria, né di aspetti mira-colistici legati alla nascita di Gesù. Nel testo ori-ginale della proezia di Isaia, dove si legge che

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Imana .  L’uomo, la natura e il tempo22 .

“una vergine concepirà, e partorirà un bambi-no, che sarà chiamato Emmanuele (in ebraicoImmanu-El)”, cioè “dio è con noi”, si legge che iltermine poi tradotto con vergine non è betu-lah, bensì almah, che signifca, più propriamen-te, “giovane donna”. Per cui la verginità attribu-

ita alla madre di Cristo è rutto di un errore ditraduzione, oppure di una modifca successivatesa a parifcare Gesù agli dei del tempo, comeMitra che era appunto nato da una vergine. Delresto è pacifco che Maria, oltre a Gesù, ebbealtri fgli.Vorrei aggiungere che la Chiesa avrebbe volen-tieri negato anche il matrimonio di Maria conGiuseppe, ma gli artisti non potevano ignora-re la onte diretta dei vangeli. Nondimeno, nonvi era spazio per la benché minima allusione aun legame fsico ra Giuseppe e Maria. Per taleragione Giuseppe veniva generalmente ragu-rato come un vecchio calvo e poco interessatoalla amiglia, non raramente addirittura comeun inermo appoggiato ad una stampella, a di-erenza di Maria, sempre bella e serena.

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