OPINIONI Ascolto Attivo e seconda modernità · madre Ł vecchia e cieca e il suo ultimo desiderio...

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«Sembra essere un tratto centrale della seconda modernit che i diritti politici di libert, originaria- mente concepiti come forme di partecipazione solo nellambito ristretto dellazione politica, vengono fat- ti valere sempre piø spesso in tutti gli altri campi del- lagire sociale». «Non siamo forse veri e propri analfabeti nella lin- gua e nellarte necessarie per creare, tessere e conservare liberamente connessioni e legami?» (Ulrich Beck) Inizio con tre brevi aneddoti. Il primo riguarda i problemi che sorgono nel prendere delle decisioni «democratiche» in una famiglia postmoderna. Il secondo L un tipico rac- conto sapienziale delle culture orali; lo si trova con poche varianti nel patrimonio narrativo dei popoli dei cinque con- tinenti. Il terzo L tratto da uno dei testi che hanno contri- buito a fondare il campo di studi sulla gestione creativa dei conflitti. Hanno alcuni punti in comune, i quali costitui- scono il tema e filo conduttore di questo articolo. Primo racconto. La famiglia aperta e i suoi nemici. Due giovani genitori trattano la loro prima bambina, praticamente da quando L nata, come una co-protagonista di ogni decisione importante da prendere nel nucleo famigliare. Lo fanno bene, giocosamente, e la bambina non solo si diverte, ma considera questo essere consultata, es- sere membro di un ensemble che d spazio e voce ad ognuno, un fatto 137 OPINIONI Ascolto Attivo e seconda modernit Sul discutere i pro e i contro e sulla gestione creativa dei conflitti Marianella Sclavi, Milano

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«Sembra essere un tratto centrale della secondamodernità che i diritti politici di libertà, originaria-mente concepiti come forme di partecipazione solonell�ambito ristretto dell�azione politica, vengono fat-ti valere sempre più spesso in tutti gli altri campi del-l�agire sociale».

«Non siamo forse veri e propri analfabeti nella lin-gua e nell�arte necessarie per creare, tessere econservare liberamente connessioni e legami?» (Ulrich Beck)

Inizio con tre brevi aneddoti. Il primo riguarda i problemiche sorgono nel prendere delle decisioni «democratiche»in una famiglia postmoderna. Il secondo è un tipico rac-conto sapienziale delle culture orali; lo si trova con pochevarianti nel patrimonio narrativo dei popoli dei cinque con-tinenti. Il terzo è tratto da uno dei testi che hanno contri-buito a fondare il campo di studi sulla gestione creativadei conflitti. Hanno alcuni punti in comune, i quali costitui-scono il tema e filo conduttore di questo articolo.

Primo racconto. La famiglia aperta e i suoi nemici.Due giovani genitori trattano la loro prima bambina, praticamente daquando è nata, come una co-protagonista di ogni decisione importanteda prendere nel nucleo famigliare. Lo fanno bene, giocosamente, e labambina non solo si diverte, ma considera questo essere consultata, es-sere membro di un ensemble che dà spazio e voce ad ognuno, un fatto

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OPINIONI

Ascolto Attivo e seconda modernitàSul discutere i pro e i contro e sulla gestionecreativa dei conflitti

Marianella Sclavi, Milano

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del tutto scontato, parte intrinseca delle reciproche identità e delle formedi autorità accettabili. Succede tuttavia che man mano che la bambinacresce, i motivi di dissenso e di incomprensione diventano più netti e sipolarizzano intorno a scelte alternative relative per esempio a comepassare il tempo libero, chi va con chi e quando o anche in scontri di gu-sti e opinioni. I genitori di fronte a questi conflitti si comportano come seavessero letto e assunto come manuale La Società aperta e i suoi ne-mici di Popper; cioè rivolgendo alla figlia l�invito di discutere democrati-camente i pro e i contro di ognuna delle opposte posizioni. Ma, come mihanno raccontato fra il divertito e lo sgomento gli stessi genitori, tuttaquesta bella e lodevole impalcatura ha incominciato a scricchiolare ungiorno quando la bambina, allora di quattro anni, di fronte all�invito adavvicinarsi per discutere con calma i pro e i contro di una sua pretesa,ha risposto: «No. Non vengo, se no tu mi convinci».

Al di là del diletto che questa battuta può provocare, le do-mande che vi rivolgo sono le seguenti. Possiamo soste-nere o no che la figlia «ha ragione»? Vi viene in mente unmodo diverso sia da quello argomentativo che da quelloimpositivo dell�autorità tradizionale, per gestire i conflitti?Voi come avreste reagito alla figlia che si rifiuta di discu-tere i pro e i contro?

Secondo racconto. La saggezza del mediatore.Viveva in un villaggio un uomo molto povero e devoto, assieme alla ma-dre cieca e a una moglie triste e amareggiata per la mancanza di prole.Ogni giorno questo uomo pio si alzava all�alba e andava al tempio achiedere al Signore di far qualcosa per lenire le sofferenze sue e deisuoi cari. Dopo dodici anni di preghiere sentì la voce di Dio: «Esprimi undesiderio e sarà realizzato». «Mi prendi alla sprovvista» rispose il pove-r�uomo, posso consultarmi con mia madre e mia moglie prima di ri-spondere? Ottenuto il permesso, corre a casa dove incontra per primala madre. «Figlio mio, se chiederai al Signore di ridarmi la vista, ti sarògrata e ti benedirò finché vivo». Poi andò dalla moglie, la quale messaal corrente di tutto, esclamò: « Lascia perdere tua madre che è vecchiae destinata a chiudere definitivamente gli occhi nel giro di qualche an-no! Quello che devi chiedere è un figlio che un giorno si prenda cura dinoi e che ci porti un po� di fortuna anche economica». La madre, chestava ascoltando, prese una canna e si mise a picchiare la nuora chia-mandola egoista, la moglie reagì e ne nacque un terribile corpo a cor-po. Il pover�uomo, sentendosi completamente impotente di fronte a tan-ta ira, scappò di casa e si recò da un suo conoscente il quale era con-siderato un mediatore dei conflitti nel villaggio. «Mia madre vuole la vi-sta, mia moglie un figlio ed io desidero più di tutto un certo benessereeconomico in modo da non dover pensare ogni giorno se si mangia ono». L�uomo, dopo un attimo di meditazione, rispose: «Figlio mio, tu nondevi scegliere fra le richieste dell�uno o l�altro membro della tua famiglia,sono tutte giuste. Domani mattina devi dire: �Oh Signore, non chiedonulla per me stesso, anche mia moglie non chiede nulla per sé, ma miamadre è vecchia e cieca e il suo ultimo desiderio prima di morire è ri-uscire a vedere un nipotino sano e vispo, che mangia cibo abbondanteda una tazza tutta d�oro�» (1).

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(1) Racconto popolare diTrinidad. Tratto da: DavidW. Augsburger, Conflictand Mediation Across Cul-tures, Westminster/JohnKnox Press, Louisville,Kentacky, 1992, pp. 43-44.

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Provate a mettervi nei panni dei singoli protagonisti diquesta storia e ad argomentare i pro e i contro delle lororichieste. Qual�è la differenza fra le soluzioni che con que-sto approccio siete in grado di immaginare e quella indi-cata dal mediatore? Siete in grado di individuare delle ra-gioni per cui discutere i pro e i contro impedisce di inven-tare una soluzione capace di accontentare tutti, o comun-que di immaginare una nuova soluzione che tutti vedonocome «la migliore»? In quali casi e a quali condizioni lamodalità di pensiero giudicante e argomentativa risultaadeguata ed efficace?

Terzo racconto. La bibliotecaria esperta di ascolto attivo.In una biblioteca due utenti stanno litigando fra loro: uno vuole aprire lafinestra perché gli manca l�aria e l�altro vuole che rimanga chiusa per-ché ha i reumatismi e teme la corrente. Alzano la voce e disturbano glialtri lettori. Arriva una prima bibliotecaria: «Silenzio! Se non vi sedete estate zitti, vi faccio uscire entrambi!» Si siedono, ma dopo un po� rico-minciano a litigare. Arriva una seconda bibliotecaria la quale ascolta at-tentamente entrambi e poi, dopo una breve riflessione, propone: «Chene dite se apriamo la finestra della stanza accanto, in modo che l�ariacircoli senza provocare correnti?» (2).

Abbiano qui in poche righe, tre modi di procedere: il pri-mo è argomentativo (perché la finestra deve rimanereaperta o chiusa, o aperta a metà, ecc.), il secondo è pro-cedurale (il regolamento impone il silenzio e deve essererispettato) e il terzo è basato sull�ascolto attivo, cioè sul-l�assumere che entrambi i contendenti hanno ragione ecercare una soluzione creativa che venga incontro ad en-trambi. Domanda: che riflessioni vi suscita il fatto che unabibliotecaria postmoderna assomigli di più al mediatoredel villaggio premoderno che non alla sua collega la cuiformazione è rimasta bloccata ai tempi della modernitàimperante? In questo articolo vengono elencati alcuni dei principali econclamati difetti della postmodernità e interpretati comeconseguenza del fatto che in un contesto radicalmentenuovo e con esigenze e comportamenti radicalmentenuovi (rispetto alla modernità) continuiamo ad affidarci adabitudini di pensiero, forme di autorità e modalità decisio-nali largamente obsolete. In particolare contrapporrò l�ap-proccio «argomentativo» divenuto dominante nel corsodella prima modernità (centrato � come vedremo � sull�a-

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(2) Roger Fisher e WilliamUry, L�Arte del Negoziato,Mondadori, Milano, 1995(ed originale 1981).

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scolto passivo) all�approccio che la letteratura chiama«esplorativo» (o «di indagine creativa» o «consensusbuilding» centrato � come vedremo � sull�ascolto attivo). La scaletta è la seguente: 1. i caratteri della post-moder-nità (la discussione sociologica); 2. ascolto attivo e ascol-to passivo (fenomenologia e il modello della buona co-municazione interculturale); 3. argomentazione versusesplorazione (in generale); 4. argomentazione versusesplorazione (nelle decisioni pubbliche); 5. elogio del cof-fee break.

I caratteri della post modernità. C�è un accordo di fondo,fra gli studiosi e scienziati sociali che si occupano dellaseconda modernità (o postmodernità, o modernità rifles-siva), sul fatto che uno dei principali tratti che la contrad-distinguono è il dilagare in tutti i campi della vita sociale diquelle che Anthony Giddens ha chiamato «relazioni pu-re». Ecco come Giddens definisce l�odierna «relazionepura»:

«non è, com�era invece un tempo il matrimonio, una �condizione natura-le� la cui durabilità può essere data per scontata a meno di circostanzeestreme. Una delle caratteristiche della relazione pura è che può esseretroncata, più o meno a proprio piacimento e in qualsiasi momento, da cia-scuno dei due partner. Perché una relazione abbia una chance di dura-re è necessario l�impegno; ma chiunque si impegni senza riserve rischiadi soffrire molto in futuro qualora la relazione dovesse dissolversi» (3).

Sono d�accordo con questa descrizione, con alcune riser-ve. Avverto una certa acrimonia nel modo in cui è formu-lata. Sarei più propensa a descrivere lo stesso fenomenoin termini più neutrali. Per esempio facendo ricorso ai ter-mini voice ed exit proposti in altro contesto da AlbertHirshman, che consentono di asserire che le relazioni an-che più impegnative oggi possono essere troncate inquanto ognuno chiede e pretende di essere ascoltato(voice) e se questo non avviene, ritiene proprio diritto an-darsene, cioè rompere la relazione (exit). L�espressioneusata da Giddens « a proprio piacimento» mi pare indichiuna superficialità che può esserci ma anche no, così co-me la motivazione di «non voler soffrire» non è detto chedebba essere quella prevalente. E non vedo perchè un«impegno senza riserve» sia incompatibile con il legittimo

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(3) Cfr. Zygmunt Barman,Amore Liquido, Laterza,Bari, 2003, pp. 124-125, lafonte originaria è AnthonyGiddens, La trasformazio-ne della intimità: sessualità,amore ed erotismo nellesocietà moderne, Il Mulino,Bologna, 1995.

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emergere di riserve in una fase seguente (4). Quello che in Giddens è acrimonia, in un altro sociologo(famoso fra l�altro per aver inventato l�espressione «mo-dernità liquida» per indicare la postmodernità) ZygmuntBauman, è puro moralismo. Ovvero: uso di giudizi di va-lore che se non condivisi implicano non la comprensione,ma la condanna dell�interlocutore. Quando Bauman so-stiene che oggigiorno «un impegno incondizionato asso-miglia sempre più a una trappola da scansare ad ogni co-sto», rimango sorpresa dalla sua indignazione, perchéanch�io personalmente vivo ogni impegno che si presenticome incondizionato (a parte l�appuntamento con la mor-te) come una trappola da scansare ad ogni costo. Chie-do: «incondizionato» per chi? Gli unici impegni che con-cepisco sono quelli di reciproco condizionamento, gli altrili vedo come soprusi. E potrei continuare a lungo. Mi in-contro in continuazione con gruppi di giovani e adulti adiscutere su questi temi e non riscontro, per esempio, cheil termine «dipendenza» abbia acquisito un significatosempre più spregiativo. C�è un rifiuto diffuso della dipen-denza unilaterale, ma questa è un�altra cosa. Così comenon trovo che sia diventato impossibile costruire rapportidi fiducia, né che le «relazioni pure» non siano il terrenoadatto «su cui la fiducia possa mettere radici e germo-gliare» (5). Se una/o in famiglia è abituata/o a essere considerata/oco-protagonista nelle decisioni importanti e a negoziare leregole della convivenza e le forme della autorità, possia-mo prevedere che non troverà naturale e ovvio non es-sere ascoltato e preso in considerazione anche altrove, inparticolare a scuola, sui luoghi di lavoro, nelle decisionirelative alle politiche pubbliche che le stanno a cuore. Equindi è prevedibile ed è sotto i nostri occhi il diffondersidel disagio conseguente al venir meno delle strutture diautorità e di dipendenza tramandate e alla incapacità diproporre modelli decisionali e progettuali di tipo nuovo einclusivo. E�anche vero che questo disagio viene preva-lentemente interpretato dall�interno dell�orizzonte cono-scitivo che sta andando in crisi (il che vale anche per granparte della sociologia) e quindi appare privo di sbocchi einduce al pessimismo quando non al catastrofismo. Ma

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(4) In altre parole, propon-go di aggiungere la catego-ria «dell�impegno senza ri-serve revocabile».

(5) Bauman, op cit, p. 126.Nell�ultimo paragrafo porte-rò un esempio del contra-rio, cioè di casi in cui la fi-ducia germoglia solo a con-dizione che la relazione siaimpostata come «pura» .

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affermazioni apodittiche del tipo: Oggi il mondo sembracospirare ai danni della fiducia (6), non aiutano a capirecosa sta succedendo. Credo che ci si avvicini di più ad un apprezzamento dellacomplessità dei cambiamenti in atto se sottolineiamo chela richiesta-pretesa di «co-protagonismo universale» (7)nella attuale contingenza comporta: a. che ognuno sia uncontinuo animatore e suscitatore di conflitti; b. senza tut-tavia aver ancora appreso a gestirli in modo costruttivo ecreativo (continua a gestirli come prima, o a vanvera, omostrando i muscoli o discutendo i pro e i contro di ogniposizione); c. ognuno manifesta un alto grado di insoffe-renza nei riguardi dei conflitti � gestiti � come prima ; d.esito più logico: il divorzio, la società dei single, la solu-zione condominiale. Se voice non funziona, allora exit. Indue parole: non possiamo esimerci dal suscitare i conflit-ti, ma al tempo stesso non li sopportiamo. Questa visione mi pare più equilibrata e meno pessimisti-ca in quanto assume che non stiamo solo disimparando,ma che dobbiamo imparare (e probabilmente, se guar-diamo bene, lo stiamo già facendo). Imparare... cosa?Come? Da chi? «Cosa» ce lo dice abbastanza bene un altro sociologocontemporaneo, Ulrich Beck:

«Il vulcano della libertà politica è ben lungi dall�essere spento. Non so-lo siamo in presenza del collasso delle certezze ritenute valide fino adoggi, ma ci stiamo avviando verso spazi di libertà nuovi, i quali portanocon sé questioni mai affrontate prima: come si scopre, come si eserci-ta,come si impara «l�arte della libera associazione?»

Se è l�arte della libera associazione ciò che siamo impe-gnati ad imparare, allora, sostiene Beck, dobbiamo chie-derci:

«Come mutano i fondamenti dell�agire e delle istituzioni sociali se i dirit-ti politici di libertà vengono interiorizzati da un numero sempre più altodi persone fino a diventare ovvi nel loro pensiero e nella loro azione quo-tidiani?» (8).

Per uno scienziato sociale l�attuale rivolgimento epocaleè, dal mio punto di vista, un periodo molto fortunato per-ché può e «deve» occuparsi al tempo stesso dei proble-mi della società e della propria personale ricerca di sen-

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(6) Ibidem, p. 127.

(7) Propongo questaespressione per assonanzacon il «suffragio universa-le» e volendo, data la piegacatastrofica delle diagnosisociologiche, anche con il«giudizio universale».

(8) Corsivo mio. U. Beck, Irischi della libertà, Il Mulino,Bologna, 2000, p. 147.

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so e orizzonti di vita. Si tratta di approfondire nozioni e co-noscenze che un numero crescente di persone e di istitu-zioni stanno già cercando di inventare e incominciano apraticare per conto loro. Nel campo di studi transdiscipli-nari di cui mi occupo, la cui parola chiave unificante è ge-stione creativa dei conflitti, si sono accumulati dagli anni�80 in poi una quantità di studi empirici dedicati alle situa-zioni in cui � per continuare a far uso della terminologiafin qui adottata � «relazioni pure» e agio nella conviven-za non solo convivono, ma si rafforzano a vicenda. Nel lo-ro complesso questi studi cercano in vari modi e su varipiani di offrire delle risposte alla domanda di Ulrich Beck:«Come possono libertà e democrazia diventare una for-ma di vita oltre che di governo?». Le risposte variano co-me variano gli orientamenti, ma in questi venticinque an-ni è venuta definendosi la seguente bottom-line: che li-bertà e coesione sociale possono presentarsi come al-leate, invece che nemiche, solo in presenza di un diffusosapere pratico (un senso comune) relativo all�ascolto atti-vo, autoconsapevolezza emozionale e gestione creativadei conflitti.

Ascolto Attivo e Ascolto Passivo (9). Delle «Sette regoledell�arte di ascoltare» (10), quella che più immediatamen-te rende l�idea di cosa si intende per Ascolto Attivo è laterza, la seguente:

«Se vuoi comprendere quello che un altro sta dicendo, devi assumereche ha ragione e chiedergli di aiutarti a vedere le cose e gli eventi dallasua prospettiva».

L�Ascolto Attivo implica il passaggio da un atteggiamentodel tipo «giusto-sbagliato», «io ho ragione-tu hai torto» (oviceversa), «amico-nemico», «vero-falso», «normale-anormale», ad un altro in cui si assume che l�interlocuto-re è intelligente e che dunque bisogna mettersi nelle con-dizioni di capire com�è che comportamenti e azioni che cisembrano irragionevoli e/o che ci disturbano o irritano,per lui sono totalmente ragionevoli e razionali. Nel mondo occidentale il riconoscimento dell�importanzadell�ascolto attivo in generale (e non solo in sede tera-peutica) (11) è una conquista molto recente. Un grosso

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(9) Questo paragrafo pre-senta un approccio che hosviluppato in particolare neiseguenti testi: Arte diAscoltare e mondi possibili,Bruno Mondadori, Milano2003, la postfazione di Lasignora va nel Bronx, LeVespe ed. Pesaro, 2000 ela voce «Ascolto Attivo» delglossario di Avventure Ur-bane Progettare la città congli abitanti, Eleuthera, Mila-no 2002 (M. Sclavi et al.) (10) Le «Sette Regole del-l�Arte di Ascoltare» (in Scla-vi, op cit 2003).(11) Carl Rogers è il genialepioniere negli anni �50 ed èinteressante vedere che al-cuni suoi allievi e assistentisono poi diventati, negli an-ni �80, dei teorici e divulga-tori dell�ascolto attivo comecompetenza di base per lavita quotidiana in una socie-tà postmoderna. Penso inparticolare a Marshall B.Rosenberg, l�inventore del-la «lingua della giraffa» e«la lingua dello sciacallo»(che corrispondono quasiperfettamente ad ascoltoattivo e ascolto passivo co-me da me qui illustrati ) chesta trovando un interessecrescente anche nelle no-stre scuole materne ed ele-mentari.

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impulso alle ricerche sulle dinamiche dell�ascolto attivo èstato dato, agli inizi degli anni �80, dagli studi sulle azien-de post-industriali (12) e sulle dinamiche della gestionecreativa dei conflitti sia nelle dispute aziendali che nellavita quotidiana che nelle relazioni internazionali (13). Lebasi teoriche per questo approccio erano state elaboratein precedenza da studiosi che hanno sostenuto la prioritàdell�ascolto in un paradigma dialogico (Martin Heidegger,Michail Bachtin, Martin Buber) e dai teorici dei sistemicomplessi capaci di autoregolazione (Heinz von Foerster,Fred Emery e Eric Trist, Ashby, Varela e Maturana, Gre-gory Bateson) .Il modello più efficace per comprendere la differenza fraAscolto Passivo e Ascolto Attivo è offerto dalla buona co-municazione interculturale in situazioni concrete e contin-genti (14), in quanto rende più facilmente evidenziabileche «uno stesso comportamento» può avere significatiantitetici e al tempo stesso assolutamente legittimi. Peresempio il «non guardare negli occhi una persona anzia-na e autorevole» in un contesto culturale può essere se-gno di rispetto, in un altro segno di mancanza di rispetto.I malintesi, l�irritazione, l�imbarazzo, la diffidenza in questicasi non sono risolvibili in termini di comportamenti «giu-sti o sbagliati», ma cercando di capire l�esperienza del-l�altro, le premesse implicite diverse dalle nostre sulla ba-se delle quali interpreta la situazione, il che implica acco-gliere come importanti aspetti che siamo abituati a consi-derare trascurabili o addirittura che prima non abbiamomai preso in considerazione. L�atteggiamento giusto da assumere quando si pratical�Ascolto Attivo è diametralmente opposto a ciò che carat-terizza quello che tradizionalmente viene considerato unbuon osservatore: impassibile, «neutrale», sicuro di sé,teso a nascondere e ignorare le proprie reazioni emozio-nali. Al contrario, se vogliamo entrare nella giusta ottica,dobbiamo imparare qualcosa di nuovo e sorprendente,che ci «spiazza» dalle nostre certezze e dunque che ciconsente di dialogare. Questo significa che dobbiamo es-sere disponibili a sentirci «goffi», a riconoscere che fac-ciamo fatica a comprendere ciò che l�altro ci sta dicendo:in questo modo stabiliamo rapporti di riconoscimento, ri-

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(12) Tom Peters e RobertWaterman: In Search of Ex-cellence, Warner books,New York, 1982; Tom Pe-ters: Seminar, MacMillanLondon, 1994.(13) Roger Fisher e WilliamUry, op cit.

(14) Marianella Sclavi, opcit, 2003.

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spetto e apprendimento reciproco che sono la condizioneper affrontare congiuntamente e creativamente il proble-ma. È la rinuncia alla arroganza dell�uomo-che-sa e l�ac-cettazione della vulnerabilità, ma anche l�allegria, dellapersona-che-impara, che cresce, che cambia con gli altriinvece che contro gli altri. L�Ascolto Attivo non è un comportamento o una serie dicomportamenti, è un processo relazionale complessoche richiede, per poter dirsi compiuto, il ricorso alla auto-consapevolezza emozionale e alla gestione creativa deiconflitti. Per esempio, una signora anziana di un Paese occiden-tale probabilmente si sentirà irritata e insospettita se lagiovane coreana che l�accudisce non la guarda negli oc-chi e quest�ultima a sua volta si sentirà oggetto di una dif-fidenza penosa quanto incomprensibile. Perché la convi-venza proceda bene, nell�accoglienza reciproca, entram-be devono imparare a interpretare le proprie emozioni co-me informazioni sulle diverse cornici che danno per scon-tate e non sul significato dei reciproci comportamenti. L�ir-ritazione anziché dare adito a un atteggiamento difensi-vo-aggressivo, deve essere considerata punto di parten-za per «metacomunicare» («così si usa da noi») e perporsi come «esploratrici di mondi possibili» e inventrici dinuovi e più complessi modi di convivenza. Questo richie-de tolleranza, flessibilità e senso dell�umorismo (15). La dinamica complessiva di questo tipo di comunicazioneè ben rappresentata dall�aneddoto del «giudice saggio»,che è il seguente. Al giudice saggio furono portati i due li-tiganti. Egli ascoltò molto attentamente le ragioni del pri-mo e commentò: «Tu hai ragione». Poi ascoltò il secondoe di nuovo commentò: «Tu hai ragione». A questo puntoun osservatore esclamò: »Eccellenza, non possono ave-re ragione entrambi!!». Il giudice saggio ci pensò sopra unattimo e poi, serafico: «Hai ragione anche tu». Nella co-municazione interculturale molto spesso hanno ragioneentrambi gli interlocutori, e al tempo stesso «non posso-no aver ragione entrambi» perché non si capiscono fra lo-ro. Il riconoscerlo è un indice di saggezza. Il dialogo fraculture diverse non riguarda in primo luogo i comporta-menti, ma abitudini percettive-valutative profondamente

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(15) Gregory Bateson, «Laposizione dell�umorismonella comunicazione uma-na», in Aut aut, 282, no-vembre-dicembre, 1997, Lanuova Italia editrice, Firen-ze; William F. Fry, Una dol-ce follia. L�umorismo e isuoi paradossi, Cortina Ed.Milano, 2001; Edward deBono, Io ho ragione, tu haitorto, Sperling & KupferEditori, Milano, 1991.

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interiorizzate e difficili da cambiare.Sempre più spesso con il diversificarsi della nostra socie-tà, l�ascolto attivo diventa una competenza di base, indi-spensabile anche nella vita quotidiana all�interno di una«stessa cultura»(16). Questa competenza oggi è spessorichiesta anche nei rapporti fra genitori e figli, fra marito emoglie, fra insegnanti e allievi, fra pubblici amministratorie cittadini, fra urbanisti e abitanti.Quando ci muoviamo entro un «sistema semplice» (cor-nici condivise, stesse premesse date per scontate) l�abi-tudine di pensiero più adeguata è quella della logica clas-sica, della razionalità analitica e lineare. Ma quando il si-stema di cui siamo parte è «complesso» (caratterizzatodalla comunicazione fra cornici diverse), bisogna passaread un�altra abitudine di pensiero guidata dall�ascolto atti-vo, interessata alle cornici e premesse implicite, che con-sidera l�osservatore parte integrante del fenomeno osser-vato, circolarmente e auto-riflessivamente (17). Le se-guenti due Tavole sinottiche riassumono le principali dif-ferenze fra le «due abitudini di pensiero».

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Tavola I. Due abitudini di pensieroSistemi semplici Sistemi complessi

Dove «le stesse cose» Dove «le stesse cose»hanno lo stesso significato hanno significati differenti

Stesse premesse implicite Diverse premesse implicite

Ciò che diamo per scontato Ciò che diamo per scontato(cornici) ci aiuta a comunicare (cornici) ci impedisce di comunicare

Io ho ragione, tu hai torto Tutti hanno ragione. Anche chi dice(o viceversa) che non possono aver ragione tutti.

Controllo di primo grado (Saper Controllo di secondo grado (Saper prevedere l�arco di reazioni possibili ) trasformare le reazioni inattese

in conoscenza)

Mondo mono-culturale Mondo pluri-culturale

Uni/verso Pluri/verso

Tavola II. Ascolto passivo Ascolto attivoStatico (Una unica prospettiva giusta) Dinamico (Una pluralità di prospettive)

Passivo (rispecchiare la realtà) Attivo (costruzione della realtà)

In controllo (incidenti di percorso Goffo (incidenti di percorsoe imbarazzi: negativi ) e imbarazzi: positivi)

Soggettivo: no, Oggettivo: sì. Nè soggettivo, né oggettivo (esploratore di mondi possibili).

Neutralizzare le emozioni. Centralità delle emozioni

(16) Nella famiglia patriar-cale si dava per scontatoche tutti condividessero lestesse premesse implicitedi cui era portatore e sim-bolo il pater familias; nellafamiglia polifonica, in cuitutti sono co-protagonisti,bisogna fare grande atten-zione alle premesse impli-cite dei vari attori e il terre-no condiviso si sposta a unlivello di astrazione più alto,riguarda i modi di gestirequeste differenze; la comu-nicazione stessa divienepolifonica oppure cacofoni-ca.(17) In un certo senso sipuò dire che l�interesseprincipale di chi pratica l�a-scolto attivo è osservare see come, lei stessa e gli altripraticano l�ascolto attivo. E�una osservazione «ecologi-ca» alla maniera di GregoryBateson e «polifonica» allamaniera di Michail Bachtin.

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Argomentare versus Esplorare (in generale). Questi duetermini si riferiscono ai processi ideativi e decisionali cor-rispondenti a forme di conoscenza e autorità centrate ri-spettivamente sull�ascolto passivo e ascolto attivo. Ri-guardano come si arriva a delle buone decisioni, le pro-cedure, le metodologie, ma anche le posture di chi parlae i modi in cui si predispongono gli ascoltatori e il ruolo diognuno nel processo decisionale. Chiunque sia cresciutoin un Paese occidentale può facilmente elencare: moltimotivi per cui l�argomentazione è uno strumento fonda-mentale della integrità di pensiero e della democrazia, po-chi suoi limiti che di solito vengono fatti risalire a un suouso scorretto, e nessuna forma alternativa di indagine edeliberazione altrettanto valida sia dal punto di vista del-l�integrità che della democrazia. «Noi amiamo argomen-tare e ci è stato detto che dobbiamo amare l�argomenta-zione. Il nostro sistema politico, il nostro sistema giudizia-rio e il nostro sistema scientifico sono tutti basati diretta-mente su di essa. Ma da dove viene questo grande amo-re per l�argomentazione e in che modo viene difeso?Com� è successo che questo sistema così inefficace siariuscito a catturare fino a questo punto le nostre energieintellettuali?» Questo è l�incipit del capitolo che Edwardde Bono dedica al tema «Argomentazione e scontro», ead esso rimando (18). Di conseguenza, l�argomentazioneci appare l�unica vera alternativa al parlare a vanvera el�unico vero rimedio al pericolo della faziosità. L�argomen-tazione impone ad ognuno di riconoscere sia l�esistenzadi punti di vista divergenti o opposti che l�utilità di un con-fronto che costringe a verificare le lacune della propriaposizione, il suo rigore logico, a correggere imprecisionied errori nei dati di fatto. Contemporaneamente è sempre più difficile negare chenon è di più o anche di migliore argomentazione che glistudenti nelle scuole hanno principalmente bisogno, lostesso per la famiglia e per le decisioni di gestione del ter-ritorio e della città. C�è invece bisogno di modalità di in-dagine e decisionali capaci di costruire un senso di co-mune protagonismo, appartenenza e responsabilità; dimodalità di indagine al tempo stesso costruttrici di terrenicomuni e in grado di ampliare le possibilità di scelta e ini-

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(18) Edward de Bono, op.cit., 1991.

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ziativa di ognuno. In una parola c�è bisogno di più creati-vità, una creatività capace di rispondere anch�essa aquelle due esigenze per le quali l�argomentazione ci ap-pare preziosa: dare spazio alla pluralità dei punti di vistae impedire la faziosità delle decisioni. La costruzione di terreni comuni per mezzo di un comuneprotagonismo creativo è lo scopo principale dell�approc-cio esplorativo. Si tratta di una esigenza niente affattonuova nella storia dell�umanità, di nuovo c�è che oggi nelmondo questo approccio viene praticato sia nelle sue ver-sioni più antiche e tradizionali che in versioni rinnovate epostmoderne. Per esempio a Giava, la cui antica culturaè da sempre incentrata su uno stile di gestione dei con-flitti esplorativo, grande attenzione viene dedicata a ren-dere impossibili sia l�orgoglio della vittoria individuale chel�umiliazione di perdere la faccia nella sconfitta, favoren-do invece la creazione congiunta e collaborativa di unaterza via, diversa dalle posizioni iniziali di tutte le parti incausa. Sia a Giava che in Giappone, per menzionare i ca-si più noti, il piglio argomentativo è considerato una ma-nifestazione di enorme scortesia, il predisporsi a difende-re le proprie posizioni e a mettere in luce le carenze diquelle degli interlocutori è visto come un comportamentoarrogante e offensivo (19). L�approccio esplorativo natonella e dalla seconda modernità, si differenzia da questipiù antichi per lo spazio notevolmente superiore attribuitoalle iniziative, immaginazione e protagonismo dei singoliattori e per l�uso dei mezzi di comunicazione elettronica. Il processo di esplorazione pur assumendo molte formenei diversi contesti culturali, è riportabile a un modello ti-pico, che è così sintetizzabile (20): a.) Le posizioni o ideeo visioni iniziali non vengono attaccate o screditate; ven-gono messe «in attesa». b.) Tutte le parti o collaboranodirettamente nella ricerca di ulteriori opzioni creative op-pure delegano la questione a una terza parte incaricata diinventare altre vie e soluzioni. c.) Poiché le attribuzioni dierrore sono sospese e nessuno rischia di perdere la fac-cia, la difensività è ridotta, ed è più facile vedere possibi-lità di cambiamento in idee o posizioni che appaiono adentrambi buone, valide e utili. d.) La responsabilità condi-visa nel condurre il processo crea un senso di co-prota-

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(19) L�estrema attenzione afar sì che nessuno dei con-tendenti in un conflitto«perda la faccia» portamolte culture orientali, peresempio quella tradizionalecinese, ad attenersi a me-todi che più che esplorativisono di evitamento delloscontro a scapito inveceche a vantaggio della crea-zione di un clima più favo-revole a una genuina solu-zione dei conflitti. In questicasi i conflitti tendono ademergere periodicamentein forma violenta. Cfr Aug-sburger, op cit. p. 95. (20) David W. Augsburger,op. cit., pag 61.

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gonismo, di comune partecipazione nelle decisioni e va-lutazioni. e.) La soluzione non è né «o/o», né «e/e», madel tipo «né/né», oppure qualche combinazione di tuttequeste. E� stupefacente constatare con quanta facilità e senso disollievo in un contesto in cui vige la richiesta-pretesa dico-protagonismo universale, vengono accolti i due passifondamentali di questo approccio che poi sono il primo el�ultimo dell�elenco appena riportato. Il primo garantisceche ogni punto di vista verrà ascoltato con un atteggia-mento non giudicante, ma di attesa-intesa e l�ultimo (det-to «né-né») garantisce che si arriverà a una soluzioneche è diversa da tutti questi punti di vista iniziali perchéavrà fatto tesoro dei loro input individuali e collettivi. I pas-si intermedi sono indagini e ragionamenti che hanno co-me retroterra l�insieme di questi punti di vista e come in-tento quello di moltiplicarli ulteriormente. Questo approc-cio decisionale alternativo, una volta ben visualizzato esperimentato, ci permette anche una valutazione più ac-curata� dei pro e i contro della argomentazione stessa. Per esempio. L�indagine esplorativa non richiede il rispet-to della consequenzialità logica ad ogni passo. L�esplora-zione può essere provocatoria, contingente, fantasiosaed emozionale; l�argomentazione solo raramente puòpermettersi tutto questo. L�esplorazione può essere otti-mistica, speranzosa e positiva; anche l�argomentazionepuò esserlo, ma più spesso è negativa, pessimistica, e di-fensiva (21). In situazioni di conflitto dove l�ansia è eleva-ta, la minaccia reale e i timori sono motivazioni fonda-mentali, l�argomentazione appesantisce tutto ciò renden-do pedante l�immaginazione, impedendole di volare o sal-tare verso nuove direzioni. L�argomentazione rende diffi-cile l�accoglienza degli aspetti positivi della posizione av-versa, perché fa coincidere questa mossa con una am-missione di incompetenza, nella argomentazione gli egoe il merito sono inestricabilmente legati, invece nell�e-splorazione la considerazione di sé e l�autostima sono re-si indipendenti e questa è una delle condizioni che facili-tano la gestione creativa del conflitto. Ecco nella prossima pagina una tabella che sintetizzaquesto confronto.

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(21) Già all�inizio degli anni�60, alcuni collaboratori diKurt Lewin erano giunti allaconclusione che là dovesono implicate abitudiniprofondamente radicate unatteggiamento di problemsolving produce pessimi-smo e scoraggiamento,mentre le probabilità di suc-cesso aumentano significa-tivamente se si lavora sullabase di «immagini poten-ziali positive», dette anche«futuri desiderabili».

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Tabella: Argomentare versus Esplorare (22) Argomentare EsplorareIn negativo. Nell�argomentare In negativo. Assenti.i disputanti si esprimono:1.Contro una posizione/proposizione L�esplorazione sospende la al fine di provare che qualcosa è negazione e colloca le opzioni sbagliato; per provare che B non esistenti in attesa mentre altre consegue da A; per provare delle possibilità vengono ideate.inconsistenze logiche; per mettere in evidenza ogni possibile fonte di errore, ogni distorsione, verità parziale, effetti potenziali, e così via2. Contro una persona/personalità al fine di screditare l�avversario; per sottolineare i punti deboli che squalificano il tutto; per minare la credibilità dell�interlocutore e la sua autostima; per metterne in discussione motivazioni e integrità: per mostrare che le idee dell�interlocutore non sono migliori della sua persona.

In positivo. In positivo.Argomentando, è possibile dibattere: 1. L�esplorazione si propone di1.In favore di una ampliare i punti di vista di entrambi posizione/proposizione presentata gli interlocutori:come spiegazione o proposta A. spingendo entrambi a immaginarealternativa; evidenziando dei futuri desiderabili, ad ampliare comparativamente la sua maggiore i ventagli di possibilitàconsistenza inferenziale; provandone B. portando alla luce similarità,la necessità logica; la sua superiorità condivisioni o complementarietà cherispetto le opzioni concorrenti. possono consentire la coesistenza

dei due punti di vista in un nuovo2. In favore della persona/personalità contestodell�interlocutore esprimendo rispetto C. identificando obiettivi comuni giàper l�avversario; ma l�intenzione è di presenti e che rendono possibile ilprodurre un cambiamento nel suo dialogo e elaborando nuovi obiettivipunto di vista tramite la persuasione da perseguire congiuntamentee una nuova auto-identificazione. D. esprimendo le proprie emozioni e

interessi, esplicitando i propri sentimenti, preferenze, desideri e gusti estetici.

2. L�esplorazione ricorre a strumenti ed esercizi del pensiero creativo, come: A. Costruire mappe di possibilità e opzioni che danno spazio a: i propri sogni e le proprie speranze. I propri dubbi e timori. I propri desideri e interessi.B. Con i processi di pensiero delle tre R: Ribaltare le posizioni: ogni parte difende la posizione antagonista.Role Playing: ogni parte mette in scena i sentimenti, le emozioni e gli interessi dell�avversario. Riflettere, una volta tornati al proprio ruolo, su ciò che si è scopertoC. Esplorando l�universo delle «tre storie»: Lo scenario peggiore: costruire la storia di un possibile fallimento; Lo scenario migliore: narrare la storia di un possibile successo; Lo scenario più probabile: narrare una storia sugli esiti più probabili, se niente cambia.

(22) Tratta da David W.Augsburger, op. cit., p. 60.

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Argomentazione versus esplorazione (nelle decisionipubbliche). Aristotele affermava che «tante sono le formedi autorità quante sono le forme di governo» (23). Riten-go che in una società postmoderna sia utile assumereche argomentare ed esplorare sono due forme di autoritàper molti versi antitetiche, ma entrambe necessarie allaforma di governo della democrazia. Sono individuabilidue momenti (all�inizio degli anni �40 e degli anni�80 delsecolo scorso) in cui l�approccio esplorativo è stato re-in-ventato di sana pianta nel mondo occidentale e ha ancheacquisito grande risonanza e notevole diffusione; questeinvenzioni sono note come «Brain-storming», procedi-mento per facilitare l�ideazione di gruppo creativa inven-tato da Alex Osborn direttore di una Azienda pubblicitaria,e «Consensus Building» procedimento per aiutare le isti-tuzioni pubbliche e private a mettere in atto dei processidi indagine e decisionali esplorativi. Uno degli esponentiprincipali di questo approccio è il prof Lawrence Sus-skind, membro del MIT � Harvard Public Disputes Pro-gram e fondatore del Consensus Building Institute diCambridge, Boston. In questo paragrafo presento una sintesi dei ragionamen-ti e direttrici portanti del Consensus Building (24). Dalla prima metà dell�800 in poi, sostengono questi auto-ri, molte cose sono cambiate, per esempio si è passatidall�invenzione del telegrafo a Internet. Ma i metodi indi-cati come i migliori per far prendere decisioni efficaci auna pluralità di attori con posizioni divergenti, sono rima-sti fondamentalmente gli stessi. Consistono in una seriedi procedure che garantiscono ad ognuno: a) di esprime-re la propria posizione in riunioni assembleari, b) la pos-sibilità che venga ripresa e dibattuta dagli altri, c) la ga-ranzia che passerà la proposta che ottiene la maggioran-za dei voti. Questi due principi: procedure di stampo par-lamentare e principio della decisione a maggioranza, colcambiare della società e del mondo si dimostrano semprepiù tragicamente inadeguati. Oggi una minoranza chesente di non essere stata ascoltata può scrivere ai gior-nali, fare appello ai tribunali, organizzare comitati e mani-festazioni di protesta le quali possono, come spesso suc-cede, bloccare la esecuzione di decisioni invise e aprire

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(23) Aristotele: Retorica,Oscar Mondadori, Milano,1996, p. 65.

(24) Il testo principale alquale mi riferisco e che inparte sintetizzo, è: Lawren-ce E. Susskind and JeffreyL Cruikshank, Breaking Ro-bert�s Rules: The Consen-sus Building Alternative toParlamentary Procedure,manoscritto in attesa dipubblicazione.

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lunghi processi negoziali per cambiarle a posteriori. Unavolta l�esistenza di minoranze scontente era considerataun «fatto della vita» e andava d�accordo con l�opinionediffusa che per prendere decisioni di gruppo bisognava«irreggimentare il singolo». Oggi è diventato sempre piùdifficile imporre decisioni non desiderate a minoranzescontente e convinte di non essere state ascoltate. Inoltrele procedure di tipo parlamentare si limitano a fornire del-le regole per definire l�ordine del giorno, prendere la pa-rola, dibattere e decidere, cioè per portare la discussioneda un principio a una fine. Ma non offrono nessuna ga-ranzia che si arrivi a delle decisioni eque, sagge, efficacie stabili. Dall�interno dell�orizzonte argomentativo, l�ideache esistano procedure che consentono di arrivare a unadecisione in cui ognuno riconosce il proprio contributo eche viene giudicata da tutti «la migliore possibile», appa-re utopistica, ingenua e ridicola. Le procedure decisiona-li argomentative sono per definizione maggioritarie e noninclusive.Dove vige la legge della maggioranza, «gli altri» sonopresi in considerazione nella misura in cui servono performare la maggioranza stessa. Per questo si fanno ri-unioni «dietro le quinte» dove il do ut des è la norma e ifinanziamenti a pioggia il metodo per dare ad ognuno uncontentino. Infine, le procedure, che all�origine erano in-tese a garantire la parola a tutti e non solo ai più potenti,si sono moltiplicate a tal punto da richiedere una specia-le classe di esperti per interpretarle e da giustificare chele decisioni di fatto vengano prese da un piccolo gruppodi persone, quasi sempre altrove (per esempio nella casadel premier, come ai tempi della amministrazione patri-moniale descritta da Max Weber) .Fa parte dell�approccio complessivo che sto presentando(centrato sull�Ascolto Attivo) che invece di insistere ad ar-gomentare contro la logica della argomentazione, si deb-ba comprendere le ragioni di chi si oppone al cambia-mento. Tale comprensione richiede che si osservino almicroscopio e al rallentatore le persone impegnate neidue scenari (argomentativo ed esplorativo): quali sono, ri-spettivamente nei due scenari, le posture dei corpi di chiparla e di ascolta, quali i sentimenti che vengono messi in

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gioco, quali gli archi di aspettative messi in campo, i di-versi ruoli dei leader nei due sistemi decisionali. In defini-tiva: le diverse forme dell�autorità. Riassumo alcune diqueste considerazioni nella seguente tabella.

Conviene chiarire che il motivo per cui il facilitatore, nellalogica della esplorazione, deve aiutare gli attori a stabilireprocedure ad hoc, specifiche e particolari per ogni caso,

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Logica dell�argomentazione Logica dell�esplorazionenelle decisioni pubbliche nelle decisioni pubbliche

Ogni attore presenta le proprie Gli attori illustrano una quantità diposizioni «pronte alla approvazione» idee di posizioni, di esperienze,( Ego, potere...) rimandando a dopo il momento

della discussione

Le posizioni sono discusse valutando La discussione cerca di rivedere ilper ognuna i pro e i contro. I pro problema alla luce di tutte questegratificano, i contro sono vissuti idee, si procede con il metodo dellecome critiche anche alla persona, proposte positive cumulativeoltre che al merito (evitando le critiche)

Il leader è personalmente Il leader ha la funzione di convocatoreresponsabile del successo del lavoro e iniziatore del processo di indagine.di gruppo. Designa un facilitatore che aiuta iStabilisce l�agenda dei lavori e membri del gruppo a stabilire regoleformula l�ordine del giorno procedurali ad hoc e a mettere

a fuoco gli obiettivi

Premessa implicita: il gruppo Premessa implicita: il gruppo è in«da solo» non riesce ad arrivare a grado di lavorare in modo polifonicobuone soluzioni. e creativo.Ha bisogno di una forte personalità. Deve essergli lasciata la

responsabilità del successo dei propri lavori. Il facilitatore, quando si decide di chiudere, si assume il compito di confezionare una proposta che accoglie tutti gli interessi, nella misura del possibile. Presenta questo «pacchetto» al gruppo il quale ha il compito di migliorarlo in direzione del consenso più ampio possibile, con proposte positive.

Il leader vede se stesso come: Il leader vede se stesso come:- una persona particolarmente - il «garante del gioco dell�ascolto»dotata nell�indovinare i pensieri e i fra tutti gli attori interessatidesideri altrui, al problema in questione.- uno che sa «cosa è meglio» per - si tiene discretamente in dispartegli interlocutori ( sa fare proposte al per l�intero processo.di sopra delle parti) - uno che sa attivare gerarchie formali e informali. Nessuno sa bene quanto lui come si implementano le decisioni.(= ideal-tipo della auto-referenzialità)

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è che ogni conflitto, per essere suscettibile di sviluppicreativi, deve essere trattato come un evento unico e irri-petibile che coinvolge attori unici e irripetibili; in altre pa-role come un evento che vede in gioco attori capaci discelte e idee sorprendenti. Il contrasto fra questo atteggiamento e quello auto-refe-renziale descritto nell�altro lato della Tabella, è notevole.Per chi ha costruito la propria identità professionale e car-riera in un ambiente dominato dalla logica della argo-mentazione, non si tratta solo di capire in quali circostan-ze certe metodologie decisionali sono più efficaci di altre,ma di dare una scossa alla propria identità e ricominciaread imparare (25). Il che spiega come mai le resistenze asperimentare forme decisionali alternative e più inclusivesiano tanto robuste.

Elogio del coffee break. Accanto e attorno al ConsensusBuilding, esistono un crescente numero di altri metodi chein modi originali e variegati si propongono l�inclusione ditutti i partecipanti nelle decisioni alle quali sono interes-sati, attraverso l�apprendimento reciproco e la progetta-zione creativa. Tali metodi hanno il merito di mettere incampo procedure e attività molto meno noiose e quasisempre molto più fruttuose delle normali riunioni di comi-tati, tavoli, commissioni, assemblee deliberative, ecc..,con l�effetto laterale di creare un senso di reciproco impe-gno fra i partecipanti basato sulla piacevolezza di questiincontri, la positività della visione comune elaborata e ildesiderio di portare a compimento dei progetti nei quali siriconosce un proprio contributo. Fra tutti questi metodi cen�è uno, che si chiama Open Space Technology (Ost) chein modo molto esplicito pone l�instaurarsi di «relazioni pu-re», che possono essere troncate a proprio piacimento inqualsiasi momento, come condizione del proprio buonfunzionamento. Mi è dunque sembrato pertinente e inte-ressante concludere questo articolo con la descrizione dicome funziona e quali sono i suoi principi organizzatori, inche sedi e su quali problemi può venire utilmente adotta-to. L�Ost nasce nella prima metà degli anni �80 dalla con-statazione di un organizzatore di convegni, di nome Har-rison Owen, che i momenti che i convegnisti considerano

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(25) Terrell A. Northrup,«The Dynamic of Identity inPersonal and Social Con-flict», in L. Kriesberg, T.Northrup, S. Thorson, In-tractable Conflicts andTheir Transformation, Syra-cuse University press,1989, pp. 55-82.

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più fruttuosi sono quelli del coffee break. Indagando suimotivi di questo gradimento, Owen concluse che il coffeebreak è uno speciale spazio-tempo che lascia liberi i par-tecipanti di conversare con chi vogliono, per il tempo cheritengono utile, su problemi di loro interesse. Il colpo digenio è consistito nel chiedersi se non fosse possibile or-ganizzare convegni che per il 99% del tempo funzionanosecondo i principi del coffee break e per l�1% secondoquelli dei discorsi più paludati, ufficiali e preconfezionati.E, incredibile ma vero, è riuscito a trovare una soluzioneperfettamente corrispondente ai desiderata. Prima spiegocome funziona e poi come ci è arrivato (26). Prima di tut-to l�Ost è una modalità di indagine e decisionale adatta asituazioni in cui un gruppo differenziato di persone deveaffrontare dei problemi complessi e conflittuali in modi in-novativi e creativi. Se qualcuno dei promotori pensa diavere già la soluzione e di dover solo convincere gli altri,siamo nel paradigma argomentativo e non funziona. Iconvegni Ost, ormai molto diffusi sia in Europa che in al-tri continenti, non hanno relatori invitati a parlare, né pro-grammi predefiniti. Sono organizzati a partire da un temaconcreto e contingente proposto sotto forma di domandarivolta «a tutti coloro che sono interessati»(27). In gene-rale le domande tipiche di un Ost sono le stesse dei pia-ni strategici (sui futuri desiderabili in una certa area terri-toriale o in una certa organizzazione pubblica o privata),o dei piani sociali (es: «Idee per l�educazione in America»o «nel Bronx» o «in Italia» , ecc.. oppure «Nuovi problemie nuove idee nella assistenza agli anziani», o ancora«Come migliorare la comunicazione nella tale townshipsudafricana» ..e così via) o anche delle ricerche di mer-cato. In quest�ultimo caso l�Ost vede presenti sia gli uten-ti di un certo prodotto che gli esponenti della azienda pro-duttrice, per es.: «Quali sono i problemi e quali le oppor-tunità nelle applicazioni del software nel Settore Finan-ziario?» I partecipanti all�Ost, seduti in un ampio cerchio, appren-dono nell�arco della prima mezz�ora quali sono le regoleper creare una propria conferenza. Chiunque intende pro-porre una idea o tema per il quale prova sincero interes-se, si alza in piedi e lo annunzia al gruppo e così facendo

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(26) Harrison Owen, OpenSpace Technology. A user�sguide. Berrett-Koelher Pu-blisher, San Francisco,1997 (seconda edizione).

(27) Per esempio a Bolo-gna nel 2004 nel quadrodel progetto «Genere e Go-vernance» della Associa-zione Orlando, ho direttouna azione ricerca dal titolo«Una città desiderabile»che prevedeva anche unOst, la cui domanda (deci-sa con un brainstorming didue ore fra una quarantinadi donne delle varie asso-ciazioni di donne bologne-si) era: «Se la tua voce didonna contasse, comecambierebbe questa cit-tà?» Per più informazioni:Cfr «Città Desiderabile» inwww.women.it, sito delCentro Donne di Bologna.

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da un lato gli viene assegnato uno spazio nel quale in-contrarsi con tutti coloro che siano interessati allo stessotema, dall�altro si assume la responsabilità di organizzarela discussione e al termine scriverne un breve resoconto.Quando tutti gli intenzionati hanno proposto i propri temi,riempiendo di solito l�agenda per l�intera giornata, vienedato inizio alla prima sessione di lavoro e si incomincia.L�intero evento è governato da una unica regola, chiama-ta «la legge dei due piedi»: « Se ti accorgi che non staiimparando né contribuendo alle attività, alzati e spostatiin un luogo che ritieni essere più produttivo». Questo «al-tro luogo» può essere un altro gruppo impegnato a dis-cutere un altro tema, oppure il tavolo del coffee break cheè imbandito e a disposizione in permanenza, oppure unopuò anche andarsene. Quello che importa e che vienesottolineato con enfasi è che in questo contesto l�abban-donare un gruppo di lavoro per andare a curiosare altro-ve o per chiacchierare bevendosi un succo di frutta, nonva considerato un segno di scortesia, ma di vitalità. In sin-tesi nell�Ost gli unici responsabili di un evento noioso opoco stimolante sono i partecipanti stessi. Per evitare chequesta consapevolezza crei ansia e allarme invece checreatività, vengono scritti su grandi cartelli i seguentiquattro principi,,integratori della legge dei due piedi: 1.Chi partecipa è la persona giusta; 2. Qualsiasi cosa suc-ceda va bene; 3. Quando si inizia si inizia; 4. Quando sifinisce si finisce (28). L�Ost segue un rituale abbastanzapreciso: ogni sessione di lavoro dura un�ora e venti minu-ti dopo di che è interrotta dal suono di un gong. A questopunto i lavori devono essere chiusi (con la possibilità didecidere di proseguirli anche nel corso della sessione se-guente) per permettere ai convocanti di scrivere la lorosintesi dei lavori e agli altri di incontrarsi a bere e parteci-pare a una brevissima seduta plenaria in cui si raccolgo-no impressioni e commenti. In questa sede si possonoaggiungere altri temi o annunciare il proseguimento diuna seduta precedente e ognuno decide a quale altrogruppo della sessione seguente vuole partecipare. L�or-ganizzazione spaziale dell�Ost è di importanza cruciale inquanto di per se stessa ne simboleggia e trasmette i prin-cipi organizzativi. Le persone sono sedute in un cerchio

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(28) Principi che farebberola felicità di qualsiasi dadai-sta.

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vuoto al suo interno, con una parete che fa da grande ba-checa per appendere i titoli delle singole proposte con inominativi dei proponenti e l�indicazione del luoghi di ri-unione. Anche in questi luoghi le sedie sono disposte incircolo e le porte rimangono aperte in modo da indicareche ognuno può uscire o entrare secondo i propri deside-ri. In alcuni casi l�affluenza ai gruppi di lavoro è informale,in altri si chiede a ognuno di segnare il proprio nome sot-to ciascun tema al quale intende contribuire. Il risultato èveramente straordinario sia in termini della qualità delleproposte finali che del tipo di relazioni che vengono in-staurate. Senza che nessuno accenni alla logica dell�ar-gomentazione o a quella della esplorazione, le personespontaneamente tendono a «mettere al loro posto» colo-ro che vorrebbero imporre una propria opinione e a farsicarico che tutti abbiano uno spazio e siano ascoltati. Ra-pidamente si instaura un clima di grande energia e siner-gia connesso alla rottura delle incrostazioni relazionali deiruoli, dei compiti e delle competenze. Persone che all�ini-zio dell�Ost si guardavano con diffidenza ( e ne avevanospesso buone ragioni..) alla fine quasi si abbracciano esono desiderose di continuare a lavorare assieme (29). Owen sostiene di aver impiegato dodici anni di sperimen-tazioni con l�apporto di una quantità di altre persone e neiluoghi più diversi del mondo per mettere a punto questometodo. Oggigiorno viene usato da organismi governativia tutti i livelli, internazionale, nazionale, regionale e loca-le, da organizzazioni non governative, aziende, scuole,nella industria, nel commercio, nell�agricoltura e nel cam-po delle comunicazioni in ogni parte del mondo. Al di làdegli aggiustamenti richiesti, questo modello così origina-le trae origine da due tipi di intuizioni. La prima riguardala necessità di identificare alcuni meccanismi di base de-gli incontri fra esseri umani, in modo da rendere possibi-le un approccio al tempo stesso così semplice da poteressere adottato da chiunque e così elementare da pos-sedere il potere energetico di un buon coffee break. Inquesto Owen fu aiutato da una precedente esperienza dilavoro come foto-giornalista in un piccolo villaggio nellezone più interne della Liberia; in particolare l�aveva colpi-to l�organizzazione di alcune cerimonie rituali che durava-

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(29) Oltre ai numerosi casie esempi nel libro di Harri-son Owen, citato, rimandoa un mio resoconto di unOpen Space organizzatonel 2004, nel quartiere diOlreisarco-Aslago di Bolza-no, con la partecipazionedegli abitanti e dei tecnicidella Pubblica Amministra-zione. Vedi: MarianellaSclavi: « Quando la crea-zione di common grounddiventa una questione dipubblica amministrazione»,in www.polemos.it (articolopubblicato originariamentesu Territorio, trimestrale delPolitecnico di Milano, n.29/30, 2004 ).

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no per giorni con un alto livello di energia e di gradimen-to da parte di tutti i partecipanti, e si ricordò che già allo-ra aveva pensato che la forma circolare del villaggio conlo spazio centrale vuoto, poteva avere a che fare con que-sto esito. Di qui le riflessioni sul fatto che la forma circo-lare è la geometria fondamentale di ogni comunicazioneumana aperta. In un cerchio non si possono identificareuna testa e i piedi, distinguere l�alto e il basso, cercare illato migliore col quale schierarsi; il cerchio consente adognuno di stabilire una semplice relazione faccia a facciacon tutti gli altri. In effetti in nessuna lingua esistonoespressioni come un «quadrato di amici», ma si parla diuna cerchia e in una fredda notte invernale è piacevolesentirsi protetti dalla cerchia dei propri affetti famigliari.Disponete le persone in file successive (come in un�aulao teatro tradizionali) in modo che tutte siano rivolte versola fonte di potere e di autorità e sarà subito chiaro chiprenderà la parola e chi deve ascoltare. Le forme qua-drate o rettangolari stabiliscono delle separazioni chepossono essere utili per tenere separate le parti avversee per argomentare, ma la conversazione genuina e aper-ta sarà ridotta al minimo. Quindi in definitiva: l� Ost dove-va essere la celebrazione della forma circolare. La seconda idea attorno alla quale Owen ha a lungo la-vorato riguarda l�impegno e la passione. Alla domanda:chi devono essere i partecipanti di un Ost? La risposta è:solo e unicamente coloro che hanno un sincero interesseper quel problema e tema. Una partecipazione quindi subasi decisamente volontarie. Obiezione: così si rischiache una quantità di problemi non siano affrontati perchénon interessano a nessuno, o comunque non interessanoa coloro che potrebbero per davvero dare una mano. Re-plica: questo è esattamente quello che succede oggi, cioèdove è opinione comune che l�unico modo per fare le co-se è farle fare a persone alle quali non interessano. E in-fatti le cose vengono fatte superficialmente e non di radocon esiti di lungo periodo disastrosi. L�Ost afferma un al-tro principio: che fortunatamente ci sono là fuori unaquantità di persone diverse fra loro che hanno a cuoreuna quantità di problemi differenti e che se diamo lorocredito c�è una alta probabilità che la maggior parte delle

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cose che si debbono fare siano fatte e bene da qualcunoche le prende a cuore. Il principio che vale nell�Ost è: as-segna il lavoro unicamente a coloro che desiderano svol-gerlo e lo fanno spontaneamente e volontariamente (30).Naturalmente per capire se e come principi rivoluzionaricome questi funzionano davvero bisogna provarli. La co-sa che sorprende non sono le resistenze a questo tipo didiscorsi, ma il fatto che tante persone che coprono posi-zioni gerarchiche di responsabilità siano disponibili a spe-rimentarle. L�Ost è diventato un laboratorio nel quale sista sperimentando e verificando la saggezza di quellache i teorici dei sistemi aperti, già negli anni �60, hannochiamato, in onore del suo formulatore, «la legge diAshby». Che è la seguente: «Un organismo o una orga-nizzazione non può affrontare un aumento di differenzia-zione e varietà nel proprio contesto, se non accresce lagamma di scelte del proprio repertorio di risposte.». L�Ost espande incredibilmente la gamma delle scelte siaindividuali che collettive. E la gente ci prende gusto.

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(30) Trovo sul Corriere del-la Sera del 21 febbraio2005, una recensione di unlibro che sembra averegrande successo in Fran-cia, intitolato Bonjour pa-resse (Buongiorno pigrizia)in cui l�autrice, CorinneMaier, consiglia di reagirealla noia suprema della or-ganizzazione del lavorocon la pigrizia, cioè facen-do finta di lavorare con duepiacevoli conseguenze: «laprima è che si conservasenza fatica il posto di lavo-ro e la seconda che si di-venta parassiti all�internodel sistema, contribuendocosì ad accelerarne l�inelut-tabile crollo».

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