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Corso di Laurea in Fisica STUDIO TEORICO E SPERIMENTALE DI UN PREAMPLIFICATORE CRIOGENICO INTEGRATO IN TECNOLOGIA JFET-CMOS PER SPETTROSCOPIA GAMMA AD ALTA RISOLUZIONE Relatore: Prof. Alberto PULLIA Correlatrice: Dott.ssa Francesca Zocca Tesi di Laurea Triennale di : Emanuela FRONTINI Matr. n. 709722 PACS 85.40.-e Anno Accademico 2009 - 2010

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Corso di Laurea in Fisica

STUDIO TEORICO E SPERIMENTALE DI UN

PREAMPLIFICATORE CRIOGENICO INTEGRATO IN

TECNOLOGIA JFET-CMOS PER SPETTROSCOPIA

GAMMA AD ALTA RISOLUZIONE

Relatore: Prof. Alberto PULLIA

Correlatrice: Dott.ssa Francesca Zocca

Tesi di Laurea Triennale di :

Emanuela FRONTINI

Matr. n. 709722

PACS 85.40.-e

Anno Accademico 2009 - 2010

INTRODUZIONE

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INTRODUZIONE

Questo lavoro di tesi si concentra sulla caratterizzazione, mediante simulazioni teoriche e

sperimentali, di un circuito integrato per un preamplificatore di carica realizzato in

tecnologia JFET – CMOS per la spettroscopia gamma ad alta risoluzione.

Si porranno in particolare evidenza le prestazioni di tale circuito sia a temperatura

ambiente (300 K) che a temperatura criogenica (77 K) e si valuteranno alcune innovazioni

circuitali che hanno consentito di migliorare il PSRR ( Power Supply Rejection Ratio) e di

ottimizzare la capacità del circuito di pilotare lunghi cavi coassiali dotati di terminazione di

impedenza.

Si è scelto in particolare di realizzare il circuito in tecnologia integrata (e non a

componenti discrete) a causa di alcuni problemi che sono stati riscontrati nel

funzionamento dei dispositivi sia attivi che passivi nel momento in cui devono lavorare a

temperature prossime a quelle dell’azoto liquido.

Il circuito realizzato deve inoltre soddisfare alcune richieste stringenti per una piena

funzionalità a temperature criogeniche:

1. basso rumore;

2. basso consumo;

3. tempo di salita del segnale < 20 ns;

4. alta stabilità del guadagno ad anello.

La necessità di lavorare a temperature così basse è infatti dettata dalle caratteristiche

stesse dei rivelatori al Germanio iperpuro (HPGe) arricchiti isotopicamente di 76Ge per i

INTRODUZIONE

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quali è stato pensato questo circuito preamplificatore e della necessità di porre nel minor

spazio possibile, un elevato numero di canali. Il liquido criogenico inoltre, è utilizzato sia

come mezzo refrigerante sia come scudo dalle radiazioni esterne.

Nel Capitolo I farò una breve introduzione sui rivelatori a semiconduttore e in particolare

sui rivelatori al germanio iperpuro e presenterò brevemente il circuito preamplificatore.

Il Capitolo II sarà interamente dedicato allo stadio di uscita che, come si vedrà nel

dettaglio, è la parte più delicata di tutto il circuito. Verrà analizzata la differenza tra lo

stadio d’uscita standard a bassa impedenza e un nuovo stadio di uscita autoregolato in

corrente che è stato progettato appositamente per le future applicazioni di questo circuito e

che permetta di soddisfare nel miglior modo possibile tutte le richieste elencate in

precedenza.

Nel Capitolo III mi concentrerò sulla struttura dell’ASIC, il cuore del circuito

preamplificatore, spiegandone in dettaglio caratteristiche e modalità di funzionamento.

Porrò particolare enfasi sulle migliorie apportate in fase di progettazione grazie all’analisi

delle simulazioni effettuate al computer e, infine, presenterò la struttura circuitale

definitiva, così com’è stata realizzata nella realtà.

Il Capitolo IV sarà invece interamente dedicato alle prestazioni del circuito a temperatura

criogenica con un breve accenno al rumore. Verranno analizzate le risposte dei componenti

attivi e passivi nel momento in cui devono lavorare alla temperatura dell’azoto liquido e

studierò la risposta del circuito a segnali impulsivi di test. Presenterò poi alcune misure

sperimentali effettuate in presenza di sorgenti radioattive di 60Co.

Nel Capitolo V infine, riporterò i risultati delle misure sperimentali che sono state fatte al

banco di laboratorio sia a temperatura ambiente (300K) che a temperatura criogenica

(77K). Sarà posta inoltre particolare attenzione alle prestazioni del circuito al variare del

tipo di cavo connesso all’uscita e all’alimentazione, studiando a tal proposito i vari casi

possibili che sono stati presi in considerazione.

CAPITOLO 1

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CAPITOLO 1

1.1 Rivelatori al germanio

I rivelatori al Germanio rientrano nella più ampia famiglia dei rivelatori a semiconduttore

che sfruttano le caratteristiche di tali materiali.

1.1.1 Proprietà dei semiconduttori La configurazione elettronica dei cristalli è caratterizzata da una struttura a bande di

energia che ne determina il comportamento in un campo elettrico. Le bande si formano

grazie alla disposizione degli atomi all’interno del reticolo cristallino, in particolare gli

orbitali più esterni tendono a sovrapporsi, dato che il passo reticolare è dello stesso ordine

di grandezza delle dimensioni atomiche. Il potenziale elettrico generato dal campo

cristallino rimuove la degenerazione degli stati atomici e crea livelli energetici così

prossimi da formare un continuo, la cosiddetta banda. Tra due bande adiacenti non è

possibile posizionare elettroni. Il gap, cioè la distanza energetica tra le bande, è determinato

dalla separazione degli atomi nel reticolo e varia in relazione al tipo di materiale. La banda

completa con energia più alta è chiamata banda di valenza, quella immediatamente sopra

che può essere parzialmente piena banda di conduzione, e quella interposta tra queste due

banda proibita. Il gap tra queste due bande varia in relazione al tipo di materiale che si

CAPITOLO 1

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considera: nei conduttori le bande sono sovrapposte, nei semiconduttori il gap è di circa

1eV (per esempio nel germanio vale 0.67 eV), negli isolanti è maggiore di 5eV.

La configurazione elettronica dei materiali semiconduttori impedisce quindi la

conduzione se il cristallo è mantenuto a 0 K ma, non appena la temperatura subisce un

incremento, l’energia termica (proporzionale a KBT, che a temperatura ambiente vale 0.025

eV) diventa comparabile all’energia del gap e permette in tal modo agli elettroni della

banda di valenza di passare in banda di conduzione.

Tale fenomeno comporta due effetti fondamentali:

1. gli elettroni in banda di conduzione sono ora liberi di rispondere alle sollecitazioni

elettriche,

2. le lacune che tali elettroni hanno lasciato in banda di valenza si comportano come

portatori di carica positiva e, nel momento in cui vengono colmate da altri

elettroni, questi generano altre lacune e così via. Tale fenomeno implica la

comparsa di un’ulteriore corrente positiva che è un fenomeno tipico dei

semiconduttori.

I semiconduttori possono essere classificati in: puri o intrinseci e drogati o estrinseci.

Nel primo caso (semiconduttori puri o intrinseci) la concentrazione di elettroni e lacune è

data all’equilibrio alla temperatura T dalla seguente relazione:

−=

TkE

ATnB

gi 2

exp2/3 , (1.1)

dove A è una costante che dipende dalla massa efficace e Eg indica il gap di energia tra la

banda di valenza e quella di conduzione per T = 0K. La concentrazione pi delle lacune ha

un’espressione analoga.

L’azione di un campo elettrico esterno causa un movimento ordinato dei portatori di

carica e, grazie al campo all’interno del cristallo, questi si comportano come se la loro

massa efficace dipendesse dall’energia. In particolare, introducendo la mobilità dei

portatori di carica (μn μp), si può caratterizzare il comportamento di ciascun portatore sotto

l’azione di una forza esterna agente sul cristallo

*mq

∝µ (1.2)

dove q è la carica del portatore, m* è la sua massa efficace e la costante di proporzionalità

dipende dalla temperatura, dal reticolo e soprattutto dalle sue imperfezioni.

CAPITOLO 1

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In un semiconduttore infatti, può accadere che gli elettroni, nel loro percorso attraverso il

reticolo cristallino, incontrino delle impurezze e diano luogo al processo inverso rispetto

alla creazione di una coppia elettrone – lacuna: la ricombinazione. Tale processo può

avvenire solo se le due particelle hanno il medesimo momento e la medesima energia, per

cui risulta un tempo di vita estremamente lungo ( tra 10-8 e 10-9 s).

Il principale meccanismo di ricombinazione quindi, è dovuto alla presenza di impurezze

nel cristallo che perturbano la struttura a bande, aggiungendo livelli energetici intermedi

nella banda proibita. Dalla banda di conduzione allora, gli elettroni possono decadere verso

questi centri di ricombinazione e rimanervi per un certo intervallo di tempo durante il quale

possono annichilarsi con una lacuna o restare intrappolati da impurità che li trattengono per

un tempo determinato.

Nel secondo caso (semiconduttori estrinseci o drogati), si osserva invece che

l’introduzione controllata di una certa quantità di drogante migliora la conducibilità. Per

esempio, nel germanio intrinseco, ni ≈ 1.5 x 1013 cm-3 contro una densità di atomi ≈ 1022

cm-3, ovvero solo un miliardesimo di atomi di germanio è ionizzato, quindi risulta evidente

la necessità di aumentare la concentrazione di portatori di carica. Per fare tale operazione,

dal momento che il germanio è un materiale tetravalente (come il silicio), basta introdurre

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una piccola quantità di impurezze trivalenti o pentavalenti per sbilanciare la concentrazione

a favore delle lacune o degli elettroni, rispettivamente.

Il processo di drogaggio crea dunque dei livelli energetici subito al di sotto della banda di

conduzione, se si tratta di atomi pentavalenti detti donatori, o immediatamente al di sopra

della banda di valenza, se si tratta di atomi trivalenti o accettori; in entrambi i casi la

differenza di energia è di circa 0.01 eV.

Si viene allora a creare un materiale drogato n nel momento in cui ho una maggior

concentrazione di elettroni e un materiale drogato p se, al contrario, ho una maggior

concentrazione di lacune.

In conclusione, dato che un semiconduttore deve essere neutro, detta NA la concentrazione

di accettori e ND quella dei donori, il bilanciamento dà:

pNnN DA +=+ . (1.3)

In un materiale di tipo n si ha NA = 0 e p << n, dunque DNn ≅ , ossia la concentrazione

di elettroni è approssimativamente la stessa degli atomi del materiale donatore e la

concentrazione di lacune si ricava facilmente dalla seguente relazione

D

i

Nnp

2

≅ . (1.4)

Analogo ragionamento per un semiconduttore drogato p.

Proprietà interessanti nascono nel momento in cui si creano le cosiddette giunzioni, ossia

quando si accostano due semiconduttori drogati diversamente.

Poiché il semiconduttore è inizialmente neutro, la ricombinazione nelle due zone

diversamente drogate crea un campo elettrico a cavallo della giunzione che ostacola

un’ulteriore diffusione: si crea cioè una differenza di potenziale tra le due zone a diverso

drogaggio che viene detta potenziale di contatto, dell’ordine di 1 Volt.

La regione in cui varia il potenziale è detta zona di svuotamento poiché in questa regione

non si trovano portatori di carica liberi. È possibile calcolarne l’ampiezza e tale risultato è

molto importante poiché nei rivelatori a semiconduttore è proprio nella regione di

svuotamento che avviene la rivelazione della radiazione. Si può infine aumentare

l’ampiezza della regione di svuotamento applicando alla giunzione una tensione inversa

fino a che questa non si estende per tutto il semiconduttore e allora in tal caso si parla di

svuotamento completo.

CAPITOLO 1

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1.1.2 Rivelatori a semiconduttore I rivelatori a semiconduttore sono particolarmente indicati per la spettroscopia gamma

perché:

1. l’energia di ionizzazione (ossia l’energia richiesta per la formazione di una coppia

elettrone-lacuna) è molto bassa, permettendo così di generare molti portatori di

carica;

2. il numero atomico degli elementi considerati (germanio e silicio) è alto,

garantendo elevate sezioni d’urto;

3. la densità è tanto alta da avere in un piccolo volume la massa sufficiente ad

assicurare un’ottima efficienza.

Il loro principio di funzionamento si basa dunque sulla presenza della giunzione e della

regione di svuotamento che deve essere la più ampia possibile poiché, come ho già

anticipato, è essa che funge da volume sensibile del rivelatore.

Quando un elettrone secondario, prodotto in un interazione fotone-materia, deposita

energia nella zona di svuotamento della giunzione pn, vengono generate lungo il percorso

lacune e elettroni in ugual numero. L’elevato campo elettrico fa in modo che entrambi i

portatori di carica si muovano in direzione opposta, dando luogo a una corrente che persiste

finché l’intera carica non viene raccolta. Uno dei vantaggi di utilizzare un semiconduttore

come rivelatore è, come ho già anticipato, la piccola energia necessaria per produrre

portatori di carica. Inoltre, assumendo che la regione di svuotamento sia sufficientemente

ampia da fermare completamente gli elettroni secondari, la risposta del cristallo è

perfettamente lineare.

Supponiamo che l’intera energia E del fotone gamma sia convertita in un elettrone

secondario, allora questo nel suo tragitto genera E/W coppie elettrone-lacuna, dove W è

l’energia media necessaria per la generazione della suddetta coppia (in particolare nel caso

del germanio tale valore è di circa 2.96 eV). Assumendo che venga raccolta solo una

frazione n di tutte le coppie prodotte, allora la variazione di tensione è data da

WC

EnCQV == (1.5)

e si nota immediatamente che tale relazione è effettivamente lineare.

Al contrario, quando la zona di svuotamento risulta più piccola del range della radiazione

incidente, allora la risposta non è lineare, infatti ciò che si misura è la perdita di energia

CAPITOLO 1

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dovuta al solo attraversamento della regione di svuotamento. Dunque, per una data

estensione di tale zona, la risposta è lineare solo se il libero cammino medio della

radiazione non supera quest’estensione.

La risoluzione del rivelatore infine, dipende dal fattore di Fano e dal numero di portatori

di carica secondo la relazione che segue

E.41

=ℜ , (1.6)

dove si è posto W = 2.96 eV nel caso specifico del germanio.

Un fattore che limita la sensibilità del rivelatore è la corrente di perdita che attraversa la

giunzione anche se questa è polarizzata inversamente e dunque idealmente non conduce: le

fluttuazioni su questa corrente possono introdurre un rumore di fondo. Inoltre, un ulteriore

fattore che comporta un peggioramento nelle prestazioni, è la configurazione elettronica

stessa della zona di svuotamento che può dar luogo a effetti capacitivi parassiti che

influiscono sulla risposta del rivelatore.

L’efficienza intrinseca per particelle cariche (come gli elettroni secondari) è molto

prossima a 1.

1.1.3 Il germanio iperpuro La lunghezza massima raggiungibile per la zona di svuotamento in un normale rivelatore

a semiconduttore è di 2 o 3 mm, anche se la polarizzazione inversa è prossima alla rottura

del diodo. Tuttavia, per la spettroscopia gamma, sono necessari rivelatori con un volume

sensibile molto più grande.

Dalla relazione che permette di calcolare la larghezza della zona di svuotamento in un

semiconduttore in funzione del potenziale di contatto 0φ , della costante dielettrica del

mezzo ε e della concentrazione di atomi accettori NA

AeN

d 02εφ≅ , (1.7)

si nota in particolare che, diminuendo la concentrazione di impurezze, è possibile

aumentare il volume attivo. Le tecniche sviluppate negli anni Settanta hanno infatti

permesso di ampliare la regione di svuotamento nei semiconduttori fino ad una larghezza di

1 cm riducendo la concentrazione di impurezze fino a 1010 atomi/cm3.

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Il procedimento inizia in un materiale già molto puro che viene progressivamente

raffinato sfruttando la maggiore solubilità delle impurezze nel germanio fuso piuttosto che

in quello allo stato solido. Il cristallo viene riscaldato localmente e gli atomi estranei

vengono fatti passare da una parte all’altra finché non sono eliminati dal materiale.

Ripetendo più volte questo procedimento si ottiene un germanio purissimo che di solito

viene chiamato germanio intrinseco o HPGe (High-Purity Germanium). Infine se la bassa

concentrazione di drogante rimasta appartiene al terzo gruppo (e quindi si tratta di un

materiale accettore come per esempio l’alluminio), si parla di semiconduttore di tipo π, se

invece la concentrazione maggiore è di donori, allora viene indicato con ν. La proprietà

elettrica di questi materiali è di avere un’alta resistività.

Questo tipo di semiconduttore ha purtroppo il grande svantaggio di dover essere

mantenuto costantemente a bassa temperatura per prevenire la ridistribuzione degli atomi

compensanti. Infatti il piccolo gap a temperatura ambiente tra la banda di conduzione e

quella di valenza, è causa di una corrente di perdita provocata dall’eccitazione termica per

evitare la quale è necessario operare a temperature intorno ai 77K. Il potenziale inverso

applicato inoltre, garantisce che la zona di svuotamento occupi l’intero volume della

regione meno drogata e che gli elettroni raggiungano la velocità di saturazione (~107cm/s)

diminuendo le possibilità di ricombinazione e il tempo di raccolta.

Sono dunque questi i motivi principali che impongono all’elettronica del preamplificatore

di carica, che deve essere collegato al rivelatore HPGe, di sostenere temperature

criogeniche senza risentire di effetti di perdita che ne penalizzerebbero le prestazioni.

Si può ricavare facilmente l’espressione per la profondità della zona di svuotamento:

ρεVd 2

= , (1.8)

dove V è la tensione inversa applicata ai capi della giunzione e ρ è la densità di carica.

La giunzione dà luogo a effetti capacitivi dipendenti dalla tensione applicata secondo la

seguente relazione:

21

2

=

VC ερ per unità di area (1.9)

invece, quando lo svuotamento è completo (ossia nel momento in cui si applica una

tensione V > VS ), la capacità satura al valore C ricavato dalla relazione precedente con

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potenziale VS. Il valore costante di C indica che la regione di svuotamento si estende per

tutto il cristallo di germanio.

1.1.4 Elettronica e configurazione del rivelatore È importante notare inoltre come la configurazione cilindrica o coassiale permetta una

maggiore efficienza, visto che il volume attivo può essere ulteriormente incrementato,

facendo crescere cristalli di lunghezza arbitraria. I contatti elettrici, attraverso gli usuali

strati pesantemente drogati, vengono sistemati sulla superficie esterna e su quella interna,

rimuovendo un piccolo cilindro dal centro del cristallo (true coaxial). Per ridurre la corrente

di perdita sulle superfici piatte della geometria coassiale, si sceglie di estendere l’elettrodo

esterno su una di queste (closed-end coaxial), anche se si riscontra una disuniformità del

campo elettrico, specialmente negli angoli del cristallo dove le linee di campo non sono più

radiali. Al contrario della geometria planare, le disuniformità del campo elettrico

richiedono attenzione sulla posizione del contatto rettificante: il potenziale inverso da

applicare è minimo quando lo strato p+ nel germanio di tipo π e n+ in quello di tipo ν sono

posti sulla superficie interna del cilindro. Inoltre questa scelta assicura un’intensità

maggiore del campo elettrico nelle regioni più esterne del rivelatore.

Assumendo dunque la configurazione true-coaxial per un cristallo di tipo π, nel momento

in cui il semiconduttore è completamente svuotato, la sua capacità risponde alla seguente

relazione

1

2ln

2

rrC πε

= (1.10)

ed è minima mantenendo il raggio interno il più piccolo possibile.

La caratteristica principale dei rivelatori HPGe è l’altissima risoluzione, che permette di

distinguere sorgenti molto prossime in energia, e li rende per questo motivo fondamentali

per analizzare spettri molto complessi. In generale la risoluzione è condizionata da tre

fattori, la cui predominanza dipende dall’energia della radiazione e dalla dimensione e

qualità del rivelatore:

1. ampia fluttuazione nel numero di portatori di carica,

2. variazione dell’efficienza nella raccolta della carica,

3. rumore introdotto dall’elettronica.

CAPITOLO 1

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Denotando la larghezza a metà altezza complessiva con WT , è possibile scrivere

2222EXDT WWWW ++= . (1.11)

Il primo termine tiene conto della fluttuazione statistica, secondo la relazione

( ) FWEWD22 35.2= (1.12)

dove F è il fattore di Fano, W è l’energia necessaria per creare una coppia elettrone-lacuna e

E è l’energia della radiazione incidente.

Il contributo di 2XW è dovuto all’impossibilità di raccogliere interamente i portatori di

carica: domina nei rivelatori molto grandi e quando il campo elettrico applicato non è

sufficiente a saturare la loro velocità di deriva. Il terzo fattore rappresenta gli effetti

introdotti dai componenti elettronici. Ad alte energie la perdita di risoluzione si deve al

primo contributo, mentre a basse energie dominano gli altri due.

Le migliori prestazioni si ottengono dunque impiegando piccoli volumi sia per limitare la

ricombinazione dei portatori che è, come è stato detto in precedenza, la principale causa

della perdita di informazione, sia perché in tal modo è possibile diminuire gli effetti

capacitivi del rivelatore stesso.

Entra in gioco a questo punto la necessità che l’apparato elettronico da collegare al

rivelatore per l’analisi dei segnali (preamplificatore di carica) sia il più possibile a “basso

rumore” in modo da apportare un peggioramento trascurabile alla risoluzione del rivelatore

stesso. L’aggiunta di un qualsiasi sistema elettronico all’uscita del rivelatore infatti, non

farebbe altro che apportare un peggioramento nella sua risoluzione a causa dell’aumento

del fattore 2EW nell’espressione di 2

TW .

1.2 Il preamplificatore di carica Nella prossima generazione di esperimenti sulla fisica dei neutrini, saranno utilizzati dei

rivelatori al germanio puro arricchiti isotopicamente di 76Ge, per lo studio del doppio

decadimento β di tale elemento. La struttura di questi rivelatori è realizzata quindi con diodi

al germanio, arricchiti isotopicamente fino all’86% di 76Ge, che agisce sia come sorgente

che come rivelatore, disposti in tre stringhe di rivelatore che operano in un bagno di 64 m3

di Azoto liquido (LAr).

Il dispositivo elettronico di front-end all’uscita di un rivelatore di radiazione ionizzante

deve quindi lavorare a temperature criogeniche. I setup criogenici più comuni fanno uso di

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argon liquido (86K), azoto liquido (77K) o elio liquido (4.2K), usati sia come refrigeranti,

sia come scudi per la radiazione che come mezzi di rivelazione veri e propri.

Talvolta il circuito di front-end è diviso in una parte fredda che opera a temperatura

criogenica e in una parte calda che lavora a temperatura ambiente all’esterno del criostato.

In altri casi ciò non è permesso, a causa dei vincoli fisici dovuti al setup sperimentale, alle

necessità di sistema del rivelatore o alla geometria stessa dell’apparato. In questi casi, tra i

quali rientra anche quello trattato in questo lavoro di tesi, il circuito di front-end deve

lavorare interamente alla temperatura dell’azoto liquido (LN).

Il ruolo del preamplificatore è cruciale per raggiungere delle buone prestazioni del

sistema e preservare l’integrità della forma dell’impulso in ingresso. D’altro canto il

preamplificatore deve rispondere anche ad alcuni requisiti fondamentali connessi alla

spettroscopia gamma.

Riassumo dunque brevemente quali sono le caratteristiche principali che deve avere il

circuito:

1. Basso rumore: l’accuratezza nella spettroscopia gamma è richiesta per assicurare uno

spettro di alta qualità. L’allargamento delle linee spettrali dovuto al rumore

elettronico deve essere inferiore rispetto all’allargamento intrinseco causato dalla

produzione di carica propria del rivelatore stesso.

2. Basso consumo: il FET all’ingresso deve avere un basso consumo di energia (di non

più di 20mW), mantenendo però allo stesso tempo un rumore adeguatamente basso.

Questo requisito è particolarmente importante a causa del fatto che una dissipazione

di potenza troppo elevata comporta il rischio di micro ebollizione del liquido

criogenico.

3. Ampia larghezza di banda: la risposta del preamplificatore agli impulsi rapidi deve

avere un tempo di salita breve (dell’ordine di ~20 ns) al fine di preservare la forma

del segnale (anche il più lento) che arriva dal rivelatore. Tale requisito è

fondamentale per l’applicazione dell’analisi di forma dei segnali che è uno dei

passaggi principali della spettroscopia gamma.

4. Ampia dinamica: è richiesto infatti un range di energie che variano da pochi keV fino

a 10-20MeV, per poter rivelare la radiazione emessa da dai nuclei anche in

condizioni estreme.

CAPITOLO 1

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5. Alta stabilità del guadagno: il guadagno d’anello del preamplificatore deve essere il

più alto possibile (dell’ordine di 103), per assicurare un’alta stabilità del feedback e

dunque una grande stabilità del guadagno d’anello dell’intero circuito. La stabilità

del guadagno del preamplificatore è un punto cruciale della spettroscopia gamma;

essa ha la stessa importanza delle richieste sul rumore. Infatti la risoluzione

energetica raggiungibile con un rivelatore HPGe è dell’ordine di 0.2% nella regione

dell’1 MeV. Al fine di mantenere una risoluzione così elevata in acquisizioni a lungo

termine, è richiesta una stabilità di meno dello 0.2%.

6. Breve tempo di discesa: la costante di discesa per il recupero della linea di base del

segnale all’uscita del preamplificatore deve essere sufficientemente breve al fine di

ridurre al minimo il fenomeno di pile-up. Ciò è necessario nel caso in cui il rate di

eventi della sorgente sia molto elevato (idealmente più di 50kHz).

7. Riduzione del tempo morto: l’elevata radioattività del sistema di fondo (causata dal

Bremsstrahlung, dai neutroni o dalle particelle cariche) può portare facilmente alla

saturazione dell’ADC o anche dello stadio di uscita del preamplificatore. Un sistema

di fondo con un alto rate di eventi radioattivi ad alta energia (tra 10 e 100 MeV ) può

dunque provocare un elevato tempo morto del circuito di acquisizione. D’altra parte

un recupero rapido della linea di base è richiesto nel momento in cui l’ADC o il

preamplificatore entrano in saturazione.

8. Compattezza: nel caso in cui fosse richiesta la presenza di un elevato numero di

canali infatti, è necessario che il circuito sia il meno ingombrante possibile, da cui la

necessità di realizzarlo in tecnologia integrata e non più a componenti discreti.

9. Piena funzionalità a temperatura criogenica.

10. Elevato grado di radio purezza.

1.2.1 Setup e caratteristiche principali del circuito La progettazione e la realizzazione di un preamplificatore integrato per la spettroscopia

gamma ad alta risoluzione è una sfida piuttosto impegnativa. È richiesta infatti una

dinamica di almeno 60dB, in contrasto con il limitato range di tensione disponibile dalla

tecnologia CMOS integrata. La dinamica limitata rende ancora più critico il problema della

reiezione del rumore del modo comune e del secondo stadio. Inoltre, come ho già

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anticipato, è richiesta un’alta stabilità (migliore dello 0.2%) a lungo termine del guadagno e

un’alta linearità di tutto il circuito.

Lo stadio di uscita in particolare, è una parte molto critica del preamplificatore integrato,

specialmente nel momento in cui il segnale deve essere trasmesso a distanza attraverso un

cavo coassiale. Lo stadio di uscita deve infatti provvedere a fornire una potenza

considerevole nel minor tempo possibile e deve essere anche in grado di sostenere

un’ampia dinamica di tensione. L’ultimo requisito è particolarmente importante nel caso

delle tecnologie integrate dove la dinamica di tensione disponibile è intrinsecamente bassa

e qualsiasi perdita compromette le prestazioni del circuito. Fortunatamente nel caso della

spettroscopia di radiazione ionizzante i segnali sono ad una sola polarità e dunque l’ampia

dinamica di tensione in uscita è richiesta in una sola direzione.

Lo stadio d’uscita a bassa impedenza più ovvio da realizzare, un MOSFET in

configurazione source-follower, non è tuttavia adeguato per quest’applicazione perché ha

un calo di tensione intrinseco che è pari alla sua tensione di soglia e viene ulteriormente

aumentato dal cosiddetto “effetto body” che limita significativamente la dinamica d’uscita.

Anche i più comuni stadi di uscita rail-to-rail realizzati con transistor CMOS non sono

adeguati a causa del valore troppo elevato dell’impedenza d’uscita: ciò comporterebbe

infatti una dipendenza troppo significativa del guadagno d’anello del preamplificatore dal

valore della resistenza di carico in uscita.

È stato dunque sviluppato e realizzato un preamplificatore integrato di carica ottimizzato

per i segnali negativi che ha cercato di coniugare due importanti caratteristiche: bassa

impedenza di uscita e ampia dinamica di tensione su un carico resistivo di 100Ω o

maggiore.

Come è stato più volte sottolineato, il circuito preamplificatore deve lavorare interamente

immerso nel liquido criogenico e deve perciò essere in grado di sostenere temperature

dell’ordine di 77K. Ciò comporta che un preamplificatore realizzato con tecnologia ibrida

non potrebbe funzionare a tali temperature poiché i transistor BJT non possono essere

adottati in circuiti che lavorano all’interno di un bagno a temperature criogeniche. A causa

del fenomeno di congelamento che si presenta a temperature così basse infatti, le

prestazioni dei transistor BJT al silicio sono irrimediabilmente danneggiate. L’unica

soluzione che permette l’utilizzo di una struttura ibrida per il circuito del preamplificatore

di carica consiste nel posizionamento dello stadio di guadagno del circuito all’esterno del

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bagno criogenico, ad una distanza di diversi metri dal rivelatore e dal sistema di front-end

(il JFET di ingresso, la capacità e la resistenza di feedback). Tale soluzione tuttavia,

comporta una conseguenza piuttosto significativa: il ritardo introdotto nell’anello di

feedback a causa dei lunghi cavi di collegamento, causa una tendenza all’oscillazione della

risposta del circuito. Sebbene tale oscillazione potrebbe essere smorzata riducendo

notevolmente la banda dell’amplificatore o usando un filtro numerico, la soluzione ottimale

per la realizzazione del preamplificatore di carica è l’utilizzo della tecnologia CMOS, che è

perfettamente funzionante anche a temperature criogeniche.

In particolare la parte monolitica del circuito è stata realizzata in tecnologia CMOS al

silicio a 5V 0.8μm, per soddisfare al meglio tutte le caratteristiche necessarie affinché il

preamplificatore possa essere utilizzato nell’ambito della spettroscopia gamma ad alta

risoluzione.

Il preamplificatore inoltre è ottimizzato per segnali a polarità negativa e ha la struttura

mostrata in Fig. 1.1.

Fig. 1.1. Architettura del circuito. Il guadagno d’anello (A) è dato dal prodotto della

transconduttanza del FET (gm), della resistenza di carico (RD) e dal guadagno dell’amplificatore integrato (G).

Il circuito consiste in un JFET di silicio esterno a basso rumore prodotto dalla Philips,

mod. BF862, una rete di feedback (CF, RF), e un ASIC (Application Specific Integrated

CAPITOLO 1

16

Circuit) usato come un amplificatore operazionale a basso rumore lungo l’anello di

retroazione negativo.

L’ASIC è dotato del nuovo stadio di uscita a bassa impedenza e può pilotare agevolmente

un cavo coassiale terminato (100Ω di impedenza caratteristica) e provvedere allo stesso

tempo a una larga dinamica di uscita, prossima al valore di tensione dell’alimentazione

negativa.

Non si tratta dunque di un circuito completamente integrato dal momento che il FET e i

componenti del feedback sono esterni all’ASIC: tale scelta è dettata dalle seguenti

considerazioni. L’uso di un JFET esterno al posto di un p-MOSFET integrato consente

infatti di sostituire il transistor d’ingresso, di lavorare con una tensione in ingresso gate-to-

source di 0V e assicura delle ottime prestazioni di rumore a basse frequenze. La capacità e

la resistenza sull’anello di retroazione possono inoltre essere sostituite facilmente anche

solo per modificarne i valori (in ogni caso la resistenza del feedback non potrebbe essere

integrata facilmente a causa del suo valore molto elevato (1GΩ)). D’altra parte

l’integrazione del transistor e dell’anello di retroazione possono essere presi in

considerazione per uno sviluppo futuro del circuito.

CAPITOLO 2

17

CAPITOLO 2

2.1 Stadio di uscita La qualità dello stadio di uscita è la chiave delle performance del preamplificatore a basso

rumore CMOS per un rivelatore a semiconduttore, specialmente quando il segnale deve

essere trasmesso a distanza.

Questo capitolo della tesi è dedicato alla descrizione di due modifiche che sono state

apportate all’architettura del circuito dello stadio di uscita per rendere ancora più efficiente

il preamplificatore di carica a basso rumore nel momento in cui deve ricevere ed elaborare i

dati che provengono da un rivelatore per raggi X e γ.

L’obiettivo che si è cercato di raggiungere è quello di coniugare alcune importanti

caratteristiche: bassa impedenza d’uscita, funzionamento a temperature criogeniche,

capacità di pilotare un cavo coassiale terminato, basso consumo e ampia dinamica di

tensione con una resistenza di carico di 100Ω o superiore. In particolare l’interesse

maggiore è rivolto ad ottenere un’ampia dinamica di uscita negativa.

La soluzione standard (di cui parlerò più nel dettaglio nel seguito), ossia uno stadio a

source follower realizzato con un p-MOSFET, non è adeguata poiché la tensione di soglia e

quella di saturazione limiterebbero in maniera significativa la dinamica di tensione in

uscita. La struttura proposta per il circuito è dunque costruita intorno a un primo transistor

n-MOSFET configurato come un source follower, un secondo transistor n-MOSFET che

CAPITOLO 2

18

agisce come driver per la corrente di carico, e un anello di retroazione negativo che

stabilizza la corrente di lavoro del primo MOSFET.

Come risultato sono state ottenute sia una bassa impedenza di uscita sia un’ampia

dinamica di tensione. Usando un prototipo di questo circuito come stadio di uscita in un

preamplificatore di carica a JFET-CMOS per rivelatori al germanio, abbiamo ottenuto una

larga dinamica di uscita negativa, un tempo di salita di ~ 13 ns con una resistenza di carico

da 100Ω e un rumore trascurabile.

2.2 Struttura standard per uno stadio di uscita a bassa e alta impedenza Lo stadio di uscita è dunque una parte molto critica del preamplificatore integrato, in

particolare quando il segnale deve essere trasmesso a distanza attraverso un cavo coassiale

di 50Ω. In tal caso infatti, esso deve provvedere a fornire una potenza considerevole nel

minor tempo possibile e deve essere anche in grado di sostenere un’ampia dinamica

d’uscita.

Quest’ultima richiesta è particolarmente importante nell’ambito delle tecnologie

integrate, dove il range di tensione disponibile è di un ordine di grandezza inferiore rispetto

a quello dei circuiti a componenti discrete.

Come ho già anticipato, la soluzione circuitale standard (Fig. 2.1) per ottenere uno stadio

di uscita a bassa impedenza, non è un’alternativa praticabile nel caso del circuito

preamplificatore in esame.

Fig. 2.1. Stadio d’uscita standard ad alta impedenza costituito da un ingresso invertente

realizzato con due transistor, uno p-MOS e uno n-MOS. Il basso guadagno sul segnale è fortemente dipendente dall’impedenza del carico.

CAPITOLO 2

19

Il circuito consiste in un ingresso invertente realizzato con due transistor, uno p-MOS e

uno n-MOS, che sfrutta appieno la dinamica di tensione disponibile ed è in grado di

pilotare un cavo coassiale terminato. Il guadagno sul segnale è dato dal prodotto della

transconduttanza gm e dell’impedenza d’uscita Z. Tuttavia, nel momento in cui questo

stadio di uscita è inserito nell’anello di retroazione del preamplificatore, il suo fattore di

guadagno influisce significativamente sul guadagno complessivo di tutto il circuito e lo

rende di conseguenza fortemente dipendente dall’impedenza dello stadio di uscita.

Al fine di evitare tale dipendenza è allora necessario uno stadio di uscita a bassa

impedenza. La soluzione più semplice consiste in un singolo transistor MOS in

configurazione source follower. Nel caso mostrato in Fig. 2.2 si tratta in particolare di un

transistor p-MOS.

Fig. 2.2. Stadio d’uscita standard a bassa impedenza, realizzato con un singolo transistor p-MOS

in configurazione source-follower.

In tal caso il transistor p-MOS è necessario per la dinamica di tensione negativa in uscita,

mentre il transistor n-MOS è necessario per quella positiva. In entrambi i casi tuttavia, la

dinamica in uscita è limitata dal calo di tensione intrinseco dei transistor, che è uguale alla

loro tensione di soglia, più quello causato dall’effetto body.

Considero brevemente il caso del follower realizzato con il transistor p-MOS. Il caso con

l’n-MOS è infatti completamente simmetrico.

Prendiamo innanzi tutto una bassa impedenza di carico Z, ad esempio Z = 100Ω come nel

caso di un cavo coassiale terminato a 50Ω. Nel caso di tensione positiva in uscita,

l’alimentazione deve provvedere a fornire corrente sia per la polarizzazione del transistor

stesso che per il carico resistivo e ovviamente ciò non è possibile.

CAPITOLO 2

20

Nel caso di una tensione negativa in uscita al contrario, il transistor p-MOS è in grado di

fornire la corrente necessaria e dunque di sostenere un voltaggio negativo sulla resistenza di

carico. Questo è il motivo per cui il transistor p-MOS in configurazione source-follower

può operare solo nel caso di dinamica negativa. La condizione opposta è invece valida per

il transistor n-MOS nella stessa configurazione source-follower.

Si osserva tuttavia che, sia nel caso positivo che negativo, la dinamica di tensione

disponibile in uscita è di molto inferiore rispetto a quella fornita effettivamente dalle

alimentazioni. Infatti, per avere una tensione in uscita di 0V, è necessario che la tensione di

polarizzazione del gate del p-MOS sia negativa a causa del differenza di tensione tra il gate

e il source che è uguale alla tensione di soglia del MOS. D’altra parte il range negativo

disponibile al nodo d’ingresso è limitato da tale calo di tensione e lo stesso succede anche

nel caso dell’uscita. In aggiunta a tutto ciò, l’effetto body accresce la tensione di soglia e

contribuisce dunque a ridurre ulteriormente la differenza di potenziale disponibile. Ciò

accade poiché l’effetto body rappresenta la dipendenza della tensione di soglia VT di un

transistor MOS dalla differenza di potenziale VSB tra il source e il bulk; esso è dato dalla

nota relazione:

( )fSBfTT VVV φφγ 220 −++= , (2.1)

dove 0TV è la tensione di soglia nel caso in cui 0=SBV , γ è un parametro che dipende dal

processo di fabbricazione del transistor MOS (tipicamente vale 0.5 V1/2 ) e fφ è un

parametro fisico (tipicamente si ha 2 fφ = 0.6V).

In un circuito integrato il bulk dei transistor MOS è solitamente alimentato alla tensione

di alimentazione più positiva, nel caso in cui si tratti di p-MOS, e a quella più negativa nel

caso si tratti di n-MOS. In tal modo è sempre assicurata una tensione inversa sulla

giunzione p-n tra il source e il bulk. Una tensione negativa all’uscita del transistor p-MOS

in configurazione source-follower, causa infatti uno spostamento del valore della tensione

di source verso valori negativi e ciò comporta un aumento della tensione VSB. Ciò a sua

volta causa un incremento del valore di VT , in accordo con la relazione (2.1).

Per permettere dunque al transistor MOS di operare, è necessario che la caduta di

tensione tra gate e source aumenti. Tuttavia la caduta di tensione del source, per esempio

nel caso della configurazione follower, sarà minore di quella del gate.

CAPITOLO 2

21

Nel caso del transistor n-MOS la situazione è esattamente opposta, con una dinamica di

tensione positiva all’uscita ridotta a causa dell’effetto body.

2.3 Nuovo stadio di uscita in tecnologia CMOS: source-follower

autoregolato in corrente La nuova soluzione CMOS che è stata sviluppata coniuga i due spetti fondamentali citati

precedentemente: una bassa impedenza d’uscita e un’ampia dinamica di tensione su un

carico da 100Ω o superiore. Il caso trattato in particolare, riguarda solo segnali a polarità

negativa che sono di interesse nel momento in cui le lacune sono raccolte sull’elettrodo del

rivelatore ed è utilizzato un preamplificatore di carica invertente.

La struttura generale del circuito è quella riportata in Fig. 2.3.

Fig. 2.3. Struttura circuitale dello stadio d’uscita proposto. M1 è configurato come un source-follower e garantisce una bassa impedenza d’uscita. M2 crea un cammino tra il carico RL e la tensione di alimentazione negativa VEE in modo tale da mantenere costante il valore della corrente di lavoro di M1. Ciò è ottenuto attraverso una retroazione negativa attraverso gli specchi di corrente che comprendono, nel caso (a), i transistor M2, M1 e M3; nel caso (b), i transistor M2 e M1.

I circuiti mostrati sono due versioni realizzate per lo stesso scopo; entrambe sono

ottimizzate soltanto per segnali negativi.

M1 agisce come un source follower mentre M2 agisce come un “pozzo” di corrente

controllata creando un percorso per la corrente dalla resistenza di carico RL

all’alimentazione negativa -VEE. La quantità di corrente fornita da M2 è controllata

CAPITOLO 2

22

dall’anello di retroazione negativo che passa attraverso M1, M3 e M2 in Fig. 2.3(a), oppure

che passa attraverso M1, due specchi di corrente, e M2 in Fig. 2.3(b). Il follower opzionale

M0 amplia leggermente la dinamica di tensione positiva.

Il principio di funzionamento del circuito è mostrato in Fig. 2.4.

Fig. 2.4. Quando arriva un segnale a polarità negativa, il feedback reagisce in modo tale da

mantenere costante il valore della corrente IM1. Ciò è ottenuto attraverso M2 che è costretto a fornire l’esatta quantità di corrente richiesta per pilotare il carico e mantenere IM1 costante.

Quando un segnale a polarità negativa raggiunge l’ingresso, l’equilibrio del punto di

lavoro viene spostato in modo tale che la corrente attraverso M1 tende a diminuire. La

tensione del gate di M2 inizierà immediatamente a crescere poiché questo spostamento,

propagandosi attraverso il cammino d’anello, provoca una corrente positiva in ingresso al

nodo A. La corrente trasmessa è infatti comparata con la corrente costante di riferimento IB

al nodo A.

La differenza tra i due valori di corrente è l’ “errore” variabile del feedback.

Qualsiasi valore finito dell’ “errore” comporta che la tensione del gate di M2, così come

la sua corrente di drain, cresceranno costantemente causando un incremento nella corrente

di M1. Quest’azione continuerà fino a che la corrente di M1 non sarà riportata al suo valore

di equilibrio, qualsiasi sia la corrente richiesta dal carico.

Si osserva infatti che un caricamento della capacità del gate di M2, e dunque un

conseguente aumento del valore della tensione del gate stesso, controlla la capacità di gate

di M1, che al limite raggiunge il valore di M2, chiudendo in tal modo la retroazione. Il

CAPITOLO 2

23

punto di equilibrio del feedback è stabilito nel momento in cui l’ “errore” variabile

scompare. In tal modo la corrente di M1 si mantiene al valore costante

211 III M −= , oppure 21

1 xkkII B

M = (2.2)

per il circuito di Fig. 2.3(a) e 2.3(b) rispettivamente, dove k1 e k2 sono i fattori di guadagno

degli specchi di corrente.

In altre parole M2 reagisce a qualsiasi stimolo negativo in modo tale da fornire sia la

corrente richiesta dal carico, sia quella necessaria a mantenere costante la corrente di M1.

La corrente di carico, direttamente correlata al segnale negativo in uscita, scorrerà allora

interamente attraverso M2.

Non appena viene ristabilita la condizione di equilibrio torna a valere l’equazione (2.2) e

M2 fornirà di nuovo una corrente data da

,21

12L

OUTBLMM R

Vkk

IIII ++

=−= (2.3)

in modo da mantenere la corrente di M1 al valore costante dato dalla (2.2) e fornire

contemporaneamente la corrente richiesta dal carico in accordo con la legge di Ohm. È

interessante notare inoltre che tale stadio provvede a fornire la corrente al carico solo nel

momento in cui ne viene fatta richiesta e che M1 trasmette la tensione dall’ingresso

all’uscita come un source follower che lavora a corrente costante. La tensione negativa

massima possibile all’uscita è ottenuta quando il gate di M2 raggiunge la tensione di

alimentazione positiva VCC. In tal caso il valore della VOUT è dato dal partitore di tensione

lungo la resistenza di canale Rch del transistor M2 e la resistenza di carico RL, e si avvicina

effettivamente al valore della VEE:

Lch

LEEout RR

RVV+

=max

. (2.4)

L’ampiezza del transistor M2 deve dunque essere tale che Lch RR << . La scelta effettiva

della larghezza di M2 (W) deve tuttavia tener conto anche di alti fattori cme per esempio la

superficie occupata e la larghezza di banda. È stato verificato che W = 300μm è un buon

compromesso per il circuito.

La relazione tra VIN e VOUT dipende infine solo dalla tensione gate-source di M1 quando

questo opera a corrente costante, o

CAPITOLO 2

24

8.0≈∆

IN

OUT

VV (2.5)

considerando il tipico fattore di perdita del 20% legato all’effetto body.

Tornando ai circuiti proposti nelle Fig. 2.3(a) e 2.3(b), si osserva in particolare che essi

differiscono solo per la struttura dell’anello.

Il primo circuito inoltre, ha meno transistor lungo l’anello e mostra in ogni caso un

margine di fase maggiore. La funzione di trasferimento dell’anello Gloop_a può essere

facilmente calcolata, in prima approssimazione, mediante la relazione che segue:

)1/( 22_ MAAmaloop CsrrgG += , (2.6)

e, analogamente per Gloop_b, si ha:

(2.7)

dove Gloop_a e Gloop_b sono riferiti rispettivamente ai circuiti di Fig. 2.3(a) e 2.3(b), gm2 è la

transconduttanza di M2, rA è l’impedenza al nodo A, CM2 è la capacità del gate di M2, e s è

la variabile indipendente nel dominio di Laplace.

I poli e gli zeri alle alte frequenze non sono mostrati nella (2.6) e nella (2.7) ma

chiaramente il circuito (a) ha meno singolarità del circuito (b) poiché il transistor lungo

l’anello è più piccolo. Dalle simulazioni infatti, si vede che il circuito (a) ha un margine di

fase più ampio e di conseguenza è più affidabile in termini di stabilità.

Il source follower autoregolato in corrente che è stato così ottenuto, può dunque lavorare

anche come uno stadio autonomo ma è opportuno inserirlo nell’anello principale di un

amplificatore a terra virtuale per garantirne la massima linearità possibile, così come è

richiesto dalla spettroscopia gamma ad alta risoluzione.

Il circuito (a) è stato simulato in maniera intensiva ed è in costruzione. Il circuito (b) è già

stato realizzato in tecnologia CMOS a 5V e 0.8μm dalla Austria Micro System ed è stato

testato e caratterizzato con successo.

( ) )1/( 2221_ MAAmbloop CsrrgxkkG +=

CAPITOLO 2

25

2.4 Struttura circuitale e simulazioni Nelle figure che seguono sono mostrate le strutture circuitali dello stadio di uscita: la Fig.

2.5 rappresenta il circuito più semplice realizzato con un p-MOS in configurazione source-

follower, la Fig. 2.6 mostra invece la nuova soluzione circuitale a bassa impedenza descritta

prima.

Fig. 2.5. Source-follower semplice, realizzato con un transistor p-MOS

Come si nota dalla Fig. 2.5, il transistor p-MOS M1 è il semplice source-follower, mentre

i transistor M2 e M3, creano lo specchio per fornire la corrente di polarizzazione.

Nella Fig. 2.6 invece, sono i transistor M3 e M4 che realizzano lo specchio n della Fig. 2.3

(b), mentre i transistor M5 e M6 realizzano lo specchio p. Lo specchio di corrente fatto da

M7 e M8 provvede a fornire la corrente costante IB di riferimento al nodo A della Fig. 2.3

(b). Il transistor M9, avendo gate e drain cortocircuitati, agisce invece come un diodo di

protezione e previene il fenomeno di latch-up della tensione del gate di M1 quando si

avvicina al valore della VCC.

CAPITOLO 2

26

Fig. 2.6. Schematico dello stadio di uscita autoregolato in corrente

Sono state effettuate al computer simulazioni di vario genere per entrambi i circuiti.

La prima simulazione che riporto rappresenta la tensione all’uscita del circuito (VOUT) in

funzione di vari valori della tensione in ingresso (VIN).

Come VIN sono stati considerati valori che variano nel range di tensione disponibile

grazie alle alimentazioni positiva e negativa. Sono stati scelti in particolare +2.5V e -3V e

una resistenza di carico RL di 100Ω, come nel caso di un cavo coassiale terminato a 50Ω . I

risultati sono mostrati in Fig. 2.7.

Come atteso, sia il simple-follower che il nuovo stadio di uscita, non hanno dinamica di

tensione positiva in uscita ma è interessante notare come il secondo circuito, che per

semplicità d’ora in poi chiamerò improved-follower, ha una dinamica di tensione negativa

molto più ampia che raggiunge quasi il valore della tensione dell’alimentazione negativa

VEE.

CAPITOLO 2

27

Confronto a 100 Ohm

-3

-2.5

-2

-1.5

-1

-0.5

0

0.5

-4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4

Vin (V)

Vo

ut

(V)

SimpleImproved

Fig. 2.7. Simulazione al computer della VOUT in funzione della VIN per i due circuiti descritti, nel

caso in cui la resistenza di carico vale 100Ω.

Fig. 2.8. Guadagno per piccolo segnale dVout/dVin in funzione della tensione in ingresso Vin nel caso di carico da 100Ω.

Nel caso del simple-follower lo specchio creato da M2 e M3 non può provvedere a fornire

sia la corrente di polarizzazione sia la corrente richiesta dal carico. Nel caso dell’improved

follower invece, il transistor M1 può fornire corrente al carico solo nel caso in cui sia

presente una tensione negativa e il transistor M2 non può fornire corrente al carico dal

momento che la sua corrente è mantenuta costante dall’anello di retroazione. Come ho

CAPITOLO 2

28

anticipato, l’improved follower ha una dinamica di tensione di ~2.5V, vicina al valore

dell’alimentazione negativa VEE di -3V.

Si tratta dunque di un risultato notevole se comparato al valore di dinamica negativa del

simple follower che invece è di solo 1V. Ciò è a causa del calo di tensione intrinseco del

transistor pari alla sua tensione di soglia più quello causato dall’effetto body.

Dal punto di vista del piccolo segnale, quando source e bulk non sono connessi

elettricamente e dunque la tensione VSB non è nulla, si ha una tensione di piccolo segnale

vbs. Il bulk agisce dunque come un secondo gate per il transistor MOS e la vbs comporta una

componente della corrente di drain data dal prodotto di vbs con la transconduttanza gmb del

body. Questa è legata alla transconduttanza gm del MOS attraverso le seguenti relazioni:

mmb gg χ=

SBfSB

T

VVV

+=

∂∂

≡φ

γχ22

. (2.8)

Il valore di χ varia tra 0.1 e 0.3. L’effetto body inoltre, comporta un calo del fattore di

guadagno per piccolo segnale per la configurazione simple follower ed è dato dalla

relazione che segue:

( ) ( )oL

m

m

in

out

rRg

g

||11 ++

=χν

ν, (2.9)

dove ro è la resistenza tra drain e source e RL è la resistenza di carico.

Quando la RL è bassa, per esempio 100Ω, è il termine dominante nella connessione in

parallelo con ro e può essere ignorata rispetto alla resistenza d’uscita mg

1 della

configurazione source follower. Il guadagno diventa dunque:

( )L

m

m

in

out

Rg

g11 ++

=χν

ν (2.10)

ed è considerevolmente minore dell’unità.

Dal punto di vista del guadagno per piccolo segnale infine, il circuito improved follower

deve essere considerato come un simple follower con resistenza di carico infinita. Ciò è

CAPITOLO 2

29

dovuto al fatto che la sua corrente è mantenuta costante dall’anello di retroazione e dunque

agisce come un follower che non deve pilotare nessun carico. Il suo guadagno d’anello di

conseguenza, ha un’espressione molto simile alla (2.9) con la differenza che ora il termine

dominante è ro e non più RL:

( )o

m

m

in

out

rg

g11 ++

=χν

ν. (2.11)

Tale equazione può anche essere riscritta come:

( )χνν

+=

1m

m

in

out

gg (2.12)

se si ignora il contributo di ro rispetto a quello di mg

1 .

La (2.12) porta comunque ad un valore del guadagno d’anello inferiore all’unità, ~0.8,

anche nel caso dell’improved follower a causa dell’effetto body che è ancora presente.

Queste considerazioni sono supportate anche dai risultati ottenuti mediante le simulazioni

nel caso in cui a entrambi i circuiti sono state messe resistenze di carico di valori superiori a

100Ω. I grafici riportati di seguito, Fig. 2.9 e 2.10, rappresentano il confronto delle

prestazioni dei due stadi di uscita nel caso in cui le resistenze di carico siano

rispettivamente di 186Ω e 1MΩ.

Il caso di Fig. 2.9, ossia quello in cui il carico applicato a entrambi i circuiti è di 186Ω,

non si discosta significativamente dal caso a 100Ω precedentemente analizzato. Sorgono

invece alcune differenza significative nel momento in cui si applica un carico da 1MΩ. In

tal caso infatti, il guadagno d’anello per piccolo segnale è lo stesso (dato dalla (2.12)) per

entrambe le configurazioni, come si vede chiaramente dal grafico di Fig. 2.11.

CAPITOLO 2

30

Confronto a 186 Ohm

-3

-2.5

-2

-1.5

-1

-0.5

0

0.5

-4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4

Vin (V)

Vo

ut

(V)

SimpleImproved

Fig. 2.9. Simulazione al computer della VOUT in funzione della VIN per i due circuiti descritti, nel

caso in cui la resistenza di carico vale 186Ω.

Confronto a 1 MOhm

-4

-3

-2

-1

0

1

2

3

-3.5 -3 -2.5 -2 -1.5 -1 -0.5 0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5Vin (V)

Vou

t (V

)

SimpleImproved

Fig. 2.10. Simulazione al computer della VOUT in funzione della VIN per i due circuiti descritti, nel

caso in cui la resistenza di carico vale 1MΩ.

CAPITOLO 2

31

Fig. 2.11. Guadagno per piccolo segnale dVout/dVin in funzione della tensione in ingresso Vin nel caso di carico da 1MΩ.

È ora disponibile una dinamica di tensione positiva per entrambi i circuiti, dal momento

che la corrente da fornire in uscita può, in questo caso, essere considerata trascurabile

grazie all’elevato valore della resistenza di carico. È possibile considerare questo caso

come quello in assenza di carico resistivo. La massima dinamica di tensione negativa

all’uscita dell’improved follower, può infatti raggiungere il valore dell’alimentazione

negativa, -3V, in accordo con la (2.4).

Lo stadio di uscita che è stato descritto è, come ho già anticipato, perfettamente in grado

di lavorare come uno stadio autonomo ma è bene inserirlo nell’anello più importante di un

amplificatore a terra virtuale per garantirne la miglior stabilità possibile (Fig. 2.12). Tale

proprietà infatti, risulta essere assolutamente indispensabile per la spettroscopia dei raggi γ

dove la linearità e la grande stabilità del guadagno sono requisiti fondamentali.

Le figure mostrano gli schematici semplificati dei circuiti e le corrispondenti strutture

fisiche. Si può vedere che l’area effettiva occupata è di circa 300 x 200 μm2 per entrambi i

circuiti, escludendo i bonding pads.

CAPITOLO 2

32

Fig. 2.12. Preamplificatore con retroazione negativa che utilizza la versione (a) (nella parte

sinistra) dello stadio di uscita e la versione (b) (a destra). In figura sono mostrati lo schematico semplificato del circuito e la sua struttura effettiva.

2.5 Analisi dell’anello di retroazione nel dominio del tempo e nel

dominio della frequenza Il nuovo stadio di uscita è dunque basato su un anello di retroazione il cui obiettivo è di

mantenere costante il valore della corrente del source follower M1. La corrente del carico è

fornita dal transistor M2 le cui dimensioni sono infatti le più grandi rispetto a quelle di tutti

gli altri componenti del circuito. In particolare, il fatto che le ampiezze dei transistor che

realizzano gli specchi di corrente del feedback siano piccole, aiuta a rendere la retroazione

ancora più veloce e ciò garantisce una reazione rapida dell’anello per ristabilire la

condizione di equilibrio tutte le volte che un segnale in ingresso crea uno squilibrio

istantaneo della corrente al nodo. L’anello di retroazione dello stadio di uscita deve infatti

essere più rapido dell’anello di retroazione principale del circuito e deve avere una

larghezza di banda maggiore al fine di evitare un’interferenza tra i due anelli.

CAPITOLO 2

33

Fig. 2.13. Con riferimento al circuito di Fig. 2.6: simulazione al computer della corrente del

follower iM2, del driver iM1 e del carico iRload in funzione del tempo, nel caso di un segnale negativo all’ingresso di 500mV.

In Fig. 2.13 si possono vedere le correnti del driver (M2 nel circuito della Fig. 2.12 ed M1

nella Fig. 2.6), del follower (M1 nel circuito della Fig. 2.12 ed M2 nella Fig. 2.6) e la

corrente del carico in funzione del tempo per un segnale negativo all’ingresso di 500 mV.

L’efficacia della retroazione è evidente anche dalle simulazioni mostrate nelle Fig. 2.14 e

2.15. Nel caso di Fig. 2.14 sono mostrati i valori di corrente in continua dei transistor M1 e

M2 in funzione della tensione all’uscita e per due diversi valori della resistenza di carico:

100Ω e 186Ω, corrispondenti al caso in cui si utilizzi rispettivamente un cavo coassiale

terminato a 50Ω e a 93Ω.

In Fig. 2.15 invece, sono mostrati il massimo valore negativo ottenibile in uscita e il

valore della corrente del driver M1 (sempre in riferimento al circuito di figura 2.6)

all’equilibrio in funzione del valore della resistenza di carico. Da entrambe le figure risulta

evidente l’azione del feedback nel momento in cui deve mantenere costante il valore della

corrente del follower in tutti i punti di lavoro della sua dinamica.

CAPITOLO 2

34

Fig. 2.14. Simulazione al computer del valore in continua delle correnti di M1 e M2 in funzione

della tensione in uscita e con due diverse resistenze di carico: 100Ω e 186 Ω.

Output negativo massimo

-3

-2.9

-2.8

-2.7

-2.6

-2.5

-2.4

-2.3

0 100 200 300 400 500 600

Rload (Ohm)

Vou

t (V

)

Fig. 2.15 (a). Simulazione al computer del valore massimo della tensione all’uscita in funzione di

vari valori della resistenza di carico per VIN = - VEE.

CAPITOLO 2

35

0

0.01

0.02

0.03

0.04

0.05

0.06

0 100 200 300 400 500 600

Rload (Ohm)

Cor

rent

e de

l driv

er (A

)

Fig. 2.15 (b). Simulazione al computer del valore della corrente del driver M1 in funzione di vari

valori della resistenza di carico per VIN = - VEE. Per poter concludere l’analisi dell’anello di retroazione dello stadio d’uscita è infine

opportuno compiere uno studio del sistema nel dominio della frequenza . Per questo motivo

sono state effettuate delle simulazioni Spice del guadagno d’anello del circuito a differenti

valori del punto di lavoro e dunque per diversi valori della tensione in uscita. Le curve

ottenute, in funzione della frequenza, sono mostrate in Fig. 2.16.

Fig. 2.16. Simulazione al computer del guadagno d’anello in funzione della frequenza, a

differenti valori del punto di lavoro del circuito.

CAPITOLO 2

36

Come si può vedere le curve del guadagno d’anello si spostano verso valori più elevati

quando la tensione all’uscita varia da 0V a -1.5V mentre si spostano verso valori più bassi

quando la tensione all’uscita varia da -1.5V a -3V. Il valore del guadagno d’anello

raggiunge il suo massimo circa a metà della dinamica.

Lo stesso andamento è seguito anche dalla larghezza della banda, ossia dal valore della

frequenza in corrispondenza del quale il guadagno del circuito è 1. I valori del guadagno

d’anello alle basse frequenze e i valori della larghezza di banda in funzione della tensione

all’uscita, sono mostrati in Fig. 2.17.

Per spiegare il comportamento insolito che si osserva nei grafici, è stato effettuato un

calcolo esplicito del guadagno d’anello del circuito immaginando di tagliare l’anello in

corrispondenza del gate del transistor M1 e di iniettare un segnale di prova. La corrente

risultante da M1 fluisce allora attraverso il partitore di corrente dato dalla resistenza del

source di M2 (data da 2/1 mg ) e dalla resistenza di carico RL.

Fig. 2.17. Simulazione al computer del guadagno d’anello alle basse frequenze e del valore della

larghezza di banda in tutti i punti della dinamica, in funzione della tensione in uscita.

CAPITOLO 2

37

La corrente di drain di M2 è specchiata dal drain del transistor M6 dopo essere stata

moltiplicata dal fattore di specchiamento 21 kk × e, infine, scorre sull’impedenza vista

guardando verso terra attraverso il gate del transistor M1. L’impedenza è data dalla

connessione in parallelo della resistenza di Early ro6 di M6 e la capacità gate-source CGS1 di

M1. L’espressione del polo dominante del guadagno d’anello è data approssimativamente

dalla seguente relazione:

( ) ( )GSo

o

mL

Lmloop Csr

r

gR

RgkksG6

6

2

121 11 ++×= , (2.13)

dove gm1 e gm2 sono i valori di transconduttanza rispettivamente dei transistor M1 e M2.

Dalla Fig. 2.16 è evidente che la posizione del polo dominante non si sposta

significativamente nel momento in cui varia il punto di lavoro. È anche chiaro che la

resistenza di carico RL non può mutare e che i valori di gm2 e 21 kk × non possono cambiare

più di tanto; inoltre la corrente di M2 è affetta soltanto da piccole variazioni poiché è

mantenuta costante dall’anello di retroazione.

D’altra parte la transconduttanza gm1 del transistor M1 è l’unico termine presente nella

(2.13) che può spiegare il comportamento del guadagno d’anello ai diversi valori del punto

di lavoro nel range dinamico. Ciò non deve sorprendere dal momento che il transistor M1

agisce come driver e fornisce una corrente crescente al carico in corrispondenza della

diminuzione della tensione in uscita da 0V a -3V: per questo motivo il guadagno d’anello

segue l’andamento della transconduttanza di M1. In particolare si osserva che in un primo

momento tale parametro aumenta all’aumentare della tensione del drain, come ci si attende

nel caso di un transistor MOS per il quale la transconduttanza cresce come la radice

quadrata della sua corrente di drain. D’altra parte è necessario considerare il fatto che il

drain del transistor M1 corrisponde al nodo di ingresso del circuito e che il source di M1 è

connesso all’alimentazione negativa VEE.

Si osserva dunque che, nel momento in cui la tensione in uscita diventa via via più

negativa, avvicinandosi al valore della VEE, la tensione drain-source di M1 diventa sempre

più bassa provocando in tal modo uno spostamento del valore del punto di lavoro del

transistor lontano dalla regione di saturazione: come risultato si osserva un calo

significativo del valore della transconduttanza del transistor M1.

CAPITOLO 3

38

CAPITOLO 3

3.1 Struttura dell’ASIC Il ruolo del preamplificatore è cruciale per raggiungere delle buone prestazioni del

sistema e preservare l’integrità della forma dell’impulso in ingresso. D’altro canto, come ho

già in parte anticipato, il preamplificatore deve rispondere anche ad alcuni requisiti

fondamentali connessi alla spettroscopia gamma.

In Fig. 3.1 è mostrata la struttura semplificata dell’ASIC mentre in Fig. 3.2 è mostrato lo

schematico dettagliato di tutto il circuito preamplificatore, inclusi i componenti esterni, così

come era stato pensato in un primo momento.

Dalla Fig. 3.1 si può vedere chiaramente che l’unità ASIC è suddivisa in tre stadi:

1. uno stadio di cascode realizzato con due transistor di tipo p-MOS, T1 e T2, polarizzati

dalla corrente I1;

2. uno stadio common-source realizzato dal transistor T3 con una capacità di Miller

(CM) per la stabilità del circuito;

3. uno stadio di uscita a guadagno unitario con bassa impedenza.

CAPITOLO 3

39

Fig. 3.1. Schematico semplificato del cammino di guadagno dell’amplificatore integrato. La

larghezza e la lunghezza del canale del transistor sono misurati in μm. La tensione di polarizzazione Vint della base del transistor T2 in modalità cascode è fornita internamente. I1 vale 200μA e I2 vale 300μA.

Il valore alle basse frequenze del guadagno d’anello dell’intero circuito (A0) è dato dal

prodotto dei guadagni degli stadi appena menzionati:

(3.1)

dove gm è la transconduttanza del JFET, RD è la resistenza di drain e G0 è il guadagno

alle basse frequenze dell’amplificatore integrato: ( )−+ −∆∆

=VV

VG 00 .

Il guadagno d’anello Gloop alle basse frequenze invece, è dato dal prodotto di A0 con il

partitore di corrente lungo la retroazione e le capacità all’ingresso:

( ) FDmGDGSD

FDmloop CRgCCC

CGRgG++++

=10 , (3.2)

dove CD è la capacità del rivelatore, CGS e CGD sono rispettivamente la capacità gate-

source e la capacità gate-drain del JFET.

In Fig. 3.3 sono mostrati il guadagno d’anello e il guadagno d’anello aperto in funzione

della frequenza ottenuti mediante una simulazione Spice mentre in Fig. 3.3bis è mostrato il

diagramma di fase del circuito. Com’è noto inoltre, la frazione di guadagno non stabilizzata

dalla retroazione negativa è data dall’inverso del guadagno d’anello: nel nostro caso il

guadagno d’anello alle basse frequenze è di ~550 che comporta una buona stabilità del

guadagno d’anello chiuso dell’intero circuito, circa lo 0.2%.

00 GRgA Dm=

CAPITOLO 3

40

Fig. 3.2. Schematico dettagliato del preamplificatore JFET-CMOS, corrispondente alla Fig. 3.1.

103 104 105 106 107 108 10910-2

10-1

100

101

102

103

104

105

106

Log

guad

agno

Log Frequenza

Guadagno d'anello Guadagno d'anello aperto

Fig. 3.3. Guadagno d’anello e guadagno d’anello aperto del circuito, ottenuti con una

simulazione Spice. La temperatura è di 25°C e la resistenza di carico vale 100Ω. La larghezza di banda del guadagno d’anello è dunque di circa 34 MHz.

CAPITOLO 3

41

1 0 3 10 4 10 5 10 6 10 7 10 8 10 9-200

-150

-100

-50

0

50

100

150

200

250

Fa

se (°

)

L og F re q u en za

D iag ra m m a d i fa se

Fig. 3.3bis. Diagramma di fase del circuito, ottenuto con una simulazione Spice. La temperatura

è di 25°C e la resistenza di carico vale 100Ω.

Analizzo ora lo schematico mostrato in Fig. 3.3.

I transistor M1 e M2 corrispondono allo stadio di cascode (T1-T2), lo specchio di corrente

dato da M3 e M4 realizza la corrente I1 il cui valore viene regolato dalla resistenza R3. Il

transistor M5 e la capacità C3 corrispondono allo stadio common source e alla capacità di

Miller, mentre lo specchio di corrente composto da M6 e M14 fornisce la corrente I2, il cui

valore è regolato attraverso la resistenza R4. È interessante notare che le resistenze R3 e R4

sono esterne alla struttura dell’ASIC nella prima versione del circuito, in modo tale da poter

controllare i valori delle correnti di polarizzazione del circuito integrato. I transistor

rimanenti realizzano lo stadio d’uscita come era stato pensato in una prima realizzazione

del circuito e saranno analizzati in seguito.

Le tensioni di alimentazioni adottate sono di 2.5V e -3V, infatti la caduta di tensione tra

l’alimentazione positiva e quella negativa non può superare i 5.5V. Inoltre, dal momento

che il circuito è stato realizzato per segnali a polarità negativa, è necessario che il valore

dell’alimentazione negativa sia massimizzato. Da questo punto di vista infatti, adottare una

tensione di alimentazione negativa maggiore di quella positiva è una soluzione utile.

Sfortunatamente ciò non è possibile a causa della struttura del circuito. Infatti, una tensione

di alimentazione positiva minore di 2.5V non è permessa a causa della tensione di

CAPITOLO 3

42

polarizzazione richiesta dal drain del JFET all’ingresso. Quest’ultimo punto corrisponde in

particolare al gate del transistor M1 all’ingresso dell’ASIC e, come si può ben vedere dalla

Fig. 3.2, la tensione di polarizzazione del drain del JFET è data dalla differenza tra la

tensione di alimentazione positiva VCC e la tensione di soglia del transistor p-MOS M1. Dal

momento che tale tensione di soglia è di circa 1V e che la tensione di polarizzazione

richiesta dal drain del JFET è di almeno 1.5V, è necessario che la tensione di alimentazione

positiva sia di almeno 2.5V. Di conseguenza il valore massimo possibile per la tensione di

alimentazione negativa è di -3V.

I due transistor M16 e M17 infine, sono posti come diodi di protezione al transistor M1

all’ingresso dell’ASIC. L’accumulo di carica dall’esterno sul gate di M1 infatti, potrebbe

causare una tensione di gate troppo elevata con il conseguente collasso dell’ossido.

In Fig. 3.4 è mostrata la simulazione Spice del circuito fatta con una resistenza di carico

da 1MΩ mentre in Fig. 3.4bis è mostrato il diagramma di fase ottenuto sempre mediante

una simulazione Spice. È interessante notare come, in questo caso, il guadagno d’anello del

circuito presenta un polo per le alte frequenze che non dovrebbe esserci.

103 104 105 106 107 108 109

10-4

10-3

10-2

10-1

100

101

102

103

104

105

106

Log

Gua

dagn

o

Log Frequenza

Guadagno d'anello Guadagno d'anello aperto

Fig. 3.4. Guadagno d’anello aperto e guadagno d’anello chiuso del circuito, ottenuti con una

simulazione Spice. La temperatura è di 25°C e la resistenza di carico vale 1 MΩ. La larghezza di banda (f) attesa per il guadagno d’anello chiuso è dunque di circa 34 MHz.

CAPITOLO 3

43

10 3 10 4 10 5 10 6 107 108 109

-100

-50

0

50

100

150

200

Fase

(°)

L og F requenza

D iagram m a d i fase

Fig. 3.4bis. Diagramma di fase del circuito, ottenuto con una simulazione Spice. La temperatura

è di 25°C e la resistenza di carico vale 1 MΩ.

Il fenomeno è causato dalla retroazione degli specchi di corrente che costituiscono lo

stadio di uscita. I numerosi transistor presenti infatti, provocano la comparsa di poli

complessi coniugati per le alte frequenze che, ipotizzando che si muovano lungo il luogo

delle radici al variare di un qualsiasi parametro del circuito, danno origine al fenomeno del

“pole splitting” che si manifesta nel picco visibile in Fig. 3.4.

Un modo efficace per diminuire o addirittura eliminare tale fenomeno è quello di ridurre

il numero di transistor presenti nel circuito. In tal modo infatti si diminuiscono gli effetti

capacitivi parassiti che si creano alle giunzioni dei transistor e che sono la causa dei poli

alle alte frequenze. Il circuito così migliorato sarà presentato più avanti in questo capitolo.

Riporto infine il tempo di salita del segnale calcolato mediante la seguente relazione:

2.221f

RiseTimeπ

= . (3.3)

In entrambi i casi il tempo di salita del segnale è di circa 10ns e tale risultato risponde

perfettamente alle richieste della spettroscopia gamma ad alta risoluzione che ho elencato in

precedenza.

CAPITOLO 3

44

3.2 Guadagno d’anello Analizzo ora più nel dettaglio i vari contributi al guadagno dell’intero circuito.

Il percorso del guadagno dell’amplificatore consiste in 4 stadi: il primo stadio è costituito

dal solo JFET all’ingresso in configurazione common-source, i successivi tre stadi sono

quelli citati prima riguardo alla struttura dell’ASIC.

Il valore alle basse frequenze A0 del guadagno d’anello aperto A dell’intero circuito è dato

dal prodotto dei guadagni alle basse frequenze dei quattro stadi.

Il guadagno A01 alle basse frequenze del primo stadio, ossia del JFET in configurazione

common-source, è dato dal prodotto della transconduttanza gmF con la resistenza data dalla

connessione in parallelo della resistenza di polarizzazione del drain RD, della resistenza di

Early roF del JFET e dell’alta resistenza di gate del transistor M1. Il contributo di RD è

ovviamente quello dominante e dunque si può scrivere: DmF RgA =01 .

Il guadagno alle basse frequenze A02 dello stadio di cascode dell’ASIC è dato dal prodotto

della transconduttanza gm1 del transistor M1 e dalla connessione in parallelo della resistenza

RdM2 vista attraverso il drain di M2, della resistenza RdM4 vista attraverso il drain di M4 e

dell’alta resistenza vista attraverso il gate di M5. Il contributo dominante è dato da RdM4 e il

suo valore è approssimabile a quello della resistenza di Early ro4 del transistor M4. Infatti la

resistenza dinamica Rdrain vista attraverso il drain del MOSFET è data da:

( ) SSmodrain RRgrR ++= 1 , (3.4)

dove ro è la resistenza di Early, gm è la transconduttanza e RS è la resistenza che connette

il source a terra. Nel caso di RdM2 la resistenza RS corrisponde alla resistenza di Early ro1 di

M1, mentre nel caso di RdM4 la resistenza RS è zero. È interessante notare che, in base

all’equazione (3.4), Rdrain non ha un limite massimo a differenza del caso della resistenza

dinamica vista attraverso il collettore di un BJT che invece risulta da:

( )oEmoocoll rRgrrR ~|| β+= (3.5)

e quindi è possibile considerare 4102 om rgA = .

Il guadagno a bassa frequenza A03 dello stadio common-source del circuito integrato è

dato dal prodotto della transconduttanza gm5 del transistor M5 e la resistenza complessiva

data dalla connessione in parallelo della resistenza RdM5 vista guardando nel drain di M5

(equivalente alla resistenza di Early ro6) e dell’elevata resistenza vista attraverso il gate di

M12. Possiamo dunque considerare che ( )65503 || oom rrgA = .

CAPITOLO 3

45

Infine A04 è dato dal guadagno d’anello chiuso kout dello stadio d’uscita che possiamo

assumere essere di circa 0.8.

Il guadagno complessivo d’anello aperto A0 del circuito è dunque dato da

( )654510 || oooDmmmFout rrrRgggkA = . (3.6)

Per massimizzare il valore di A0, i transistor M1 e M5 sono stati scelti di grandi

dimensioni in modo da avere valori elevati per la transconduttanza. Il terzo transistor MOS

più ampio è M13 infatti, nel circuito mostrato in Fig. 3.2, agisce come driver e dunque deve

essere in grado di fornire una corrente elevata nel minor tempo possibile.

Nelle Fig. 3.3 e 3.4 è dunque possibile vedere il guadagno d’anello aperto e il guadagno

d’anello del circuito in funzione della frequenza per due valori del carico resistivo.

Il polo dominante, in entrambi i casi, è dato dalla capacità di Miller nello stadio a

common-source del circuito integrato. Il prodotto larghezza di banda per il circuito è di

29MHz e ciò comporta un tempo di salita del segnale di circa 12ns.

Il valore del guadagno d’anello alle basse frequenze G0 è dato dal prodotto di A0 con il

partitore di tensione lungo la retroazione e la capacità d’ingresso, come già anticipato, si

ottiene dunque la seguente relazione

( ) FDmGDGSD

F

CRgCCCCAG

++++=

100 , (3.7)

dove CD è la capacità del rivelatore, CGS e CGD sono rispettivamente la capacità gate-

source e la capacità gate-drain del JFET.

Il valore ottenuto per G0 è dunque di ~550 e ciò comporta un’ottima stabilità del valore

del guadagno d’anello dell’intero circuito, circa 0.2%.

3.3 Circuito con alimentazioni separate Dalle simulazioni effettuate sul circuito appena descritto è comparso anche un ulteriore

problema legato al PSRR (Power Supply Rejection Ratio), ossia al rapporto di reiezione

della tensione di alimentazione. Se variano le tensioni di alimentazione infatti, variano

anche i punti di lavoro dei transistor presenti nel circuito (sia quelli dello stadio di ingresso

che quelli dello stadio di uscita) poiché sono tutti collegati alla medesima alimentazione

(sia positiva che negativa), e questo causa a sua volta alterazioni della tensione di offset. Si

definisce il PSRR in base alla seguente relazione:

CAPITOLO 3

46

che rappresenta la variazione della tensione di offset causata da una variazione di 1 V

della tensione di alimentazione. Il PSRR può essere indicato sia in dB, sia in μV/V ed ha

valori simili a quelli del CMRR.

Quando il dispositivo è alimentato da tensioni ben regolate, prive di disturbi e

costantemente simmetriche, l'effetto del valore finito del PSRR è di solito trascurabile

rispetto alle altre fonti d'errore.

Nel circuito in analisi si è notata invece, la presenza di alcuni segnali fittizi in uscita

causati da “sobbalzi” della tensione di alimentazione per richieste improvvise di corrente da

parte del carico. Tali alterazioni della tensione delle alimentazione si ripercuotevano infatti

sullo stadio d’ingresso (poiché come ho detto le alimentazioni sono uniche per tutti i

componenti del circuito) causando in tal modo la propagazione di un segnale che nella

realtà non era presente.

Per cercare di minimizzare questo problema, si è allora pensato di separare le

alimentazioni del primo stadio da quelle del secondo in modo tale da evitare che

improvvise sollecitazioni allo stadio di uscita si ripercuotessero su quello di ingresso

attraverso le alimentazioni comuni ai due stadi.

In serie alle alimentazioni inoltre, sono stati aggiunti anche dei circuiti RC che aiutassero

il filtraggio del segnale e contemporaneamente facessero diminuire gli effetti di disturbo

causati dalla trasmissione delle tensioni di alimentazioni attraverso lunghi cavi coassiali.

La geometria dell’apparato sperimentale per cui è stato realizzato questo preamplificatore

di carica infatti, richiede che le alimentazioni siano separate dal resto del circuito in quanto

esse non possono lavorare nel bagno criogenico nel quale invece sarà immerso l’intero

preamplificatore. I cavi coassiali che sono stati utilizzati per la trasmissione della tensione

di alimentazione sono molto sottili e presentano un’impedenza di circa 0.8 Ω/m che, per

dieci metri di cavo, comporta un’impedenza totale di circa 10Ω. Il circuito così ottenuto è

mostrato in Fig. 3.5.

Si nota immediatamente la presenza delle due diverse alimentazioni: VCC e VC sono

quelle positive, VEE e VE quelle negative. Alla VCC e alla VEE è stato connesso lo stadio di

ingresso. È importante inoltre sottolineare la connessione di tutti i bulk dei transistor alla

tensione di alimentazione negativa del primo stadio: in tal modo infatti, essi risentono

CAPITOLO 3

47

molto meno di eventuali “singhiozzi” della tensione negativa VE dello stadio di uscita ed

evitano che tali disturbi siano propagati sul segnale.

Tutte le simulazioni sono state fatte a temperatura ambiente (25°C) e il valore utilizzato

per la capacità del rivelatore è di 16pF.

Fig. 3.5. Schematico del circuito con alimentazioni del primo stadio separate da quelle del

secondo. Capacità del rivelatore di 16pF.

CAPITOLO 3

48

10 3 10 4 10 5 106 107 10 8 10 910 -1

10 0

10 1

10 2

10 3

10 4

10 5

10 6

Circuito a limentazion i separate con carico da 100 O hm

Log

Gua

dagn

o

L og F requenza

G uadagno d'ane llo G uadagno d'ane llo aperto

Fig. 3.6. Simulazione del circuito con alimentazioni del primo stadio separate da quelle del

secondo. Capacità del rivelatore di 16pF e resistenza di carico da 100Ω. La larghezza di banda ottenuta per il guadagno d’anello è di circa f ≈ 35MHz.

10 3 104 10 5 106 10 7 108 10 9-200

-150

-100

-50

0

50

100

150

200

250

300

Fase

(°)

Log F requenza

D iagram m a d i fase

Fig. 3.6bis. Diagramma di fase del circuito, ottenuto con una simulazione Spice. La temperatura

è di 25°C e la resistenza di carico vale 100Ω.

In Fig. 3.6 e 3.7 sono mostrate le simulazioni Spice del circuito fatte con due diversi

valori delle resistenze di carico: da 100Ω e da 1MΩ; nelle Fig. 3.6bis e 3.7bis sono mostrati

i relativi diagrammi di fase.

CAPITOLO 3

49

103 104 105 106 107 108 10910-3

10-2

10-1

100

101

102

103

104

105

106

Circuito con alimentazioniseparate e carico da 1MOhm

Log

Gua

dagn

o

Log Frequenza

Guadagno d'anello Guadagno d'anello aperto

Fig. 3.7. Simulazione del circuito con alimentazioni del primo stadio separate da quelle del

secondo. Capacità del rivelatore di 16pF e resistenza di carico da 1 MΩ; f ≈ 35MHz

10 3 10 4 10 5 10 6 10 7 10 8 10 9-200

-150

-100

-50

0

50

100

150

200

Fase

(°)

L o g F req u e n za

D iag ra m m a d i fa se

Fig. 3.7bis. Diagramma di fase del circuito, ottenuto con una simulazione Spice. La temperatura

è di 25°C e la resistenza di carico vale 1 MΩ.

Osservando la simulazione effettuata con il carico da 100Ω si nota immediatamente una

notevole riduzione della larghezza della banda del circuito e la comparsa di un polo ben

visibile alle basse frequenze. Tale fenomeno è causato dal valore della capacità di Miller

CAPITOLO 3

50

che, con riferimento allo schematico di Fig. 3.5, è rappresentata dal condensatore C3.

L’effetto di discesa prima del raggiungimento del polo è causato invece dalla resistenza

R17 posta in serie all’alimentazione negativa del secondo stadio.

Fig. 3.8. Schematico del transistor M5 con la capacità di Miller

Per comprendere meglio il fenomeno, ho studiato la funzione di trasferimento per il solo

transistor M5, ossia quello al quale è connessa la capacità di Miller.

Con riferimento alla Fig. 3.8, si osserva infatti che la funzione di trasferimento avrà una

forma del tipo:

( )sfvv gd = , (3.8)

e dovranno valere anche le seguenti relazioni:

=

=

mgc

gmd

sCvivgi

(3.9)

dove mg è la transconduttanza del transistor, ci è la corrente di collettore, di è la corrente di drain, gv è la tensione di gate e mC è la capacità di Miller. Perché ci sia un polo quindi, è necessario che valga le seguente uguaglianza: dc ii = e ciò vale se e soltanto se

mgmg gvsCv = . Da ciò discende banalmente che

m

m

Cgs = . (3.10)

Per verificare la dipendenza della posizione del polo dalle dimensioni della capacità di

Miller ho effettuato alcune simulazioni in cui ho variato soltanto il valore di tale

condensatore: pFCm 2.0= pFCm 8.0= pFCm 4.1= pFCm 2= . I risultati ottenuti sono

CAPITOLO 3

51

mostrati in Fig. 3.9, mentre in Fig. 3.10 è mostrato il diagramma di fase. Si noti che la fase

corrisponde a circa 54°, indipendentemente dal valore della Cm.

103 104 105 106 107 10 8 10 910 -2

10 -1

10 0

10 1

10 2

10 3G uadagno d 'ane llo

C m = 0 .2pF C m = 0 .8pF C m = 1 .4pF C m = 2pF

Log

Gua

dagn

o

L og F requenza

Fig. 3.9. Simulazione del circuito con differenti valori per la capacità di Miller. Capacità del

rivelatore di 16pF e resistenza di carico da 100Ω..

103 104 105 106 107 108 109-300

-200

-100

0

100

200

300Diagramm a di fase

Fase

(°)

Log Frequenza

Cm = 0.2pF Cm = 0.8pF Cm = 1.4pF Cm = 2pF

Fig. 3.10. Diagramma di fase del circuito per i diversi valori della capacità di Miller.

Dalla Fig. 3.7, ossia quella in cui è mostrato il guadagno d’anello nel caso in cui il carico

sia di 1 MΩ, si osserva infine che il picco alle alte frequenze è ancora presente poiché,

CAPITOLO 3

52

come ho già detto prima, è causato dall’alto numero di transistor presenti negli specchi di

corrente dello stadio di uscita.

Tale polo è stato eliminato semplificando la struttura dello stadio di uscita come sarà

spiegato in seguito.

3.4 Circuito finale Le simulazioni al computer che sono state effettuate hanno dunque individuato i problemi

maggiori presenti nel circuito e ci hanno permesso di intervenire per risolverli o

quantomeno ridurli.

In Fig. 3.11 è mostrato lo schematico del circuito così come è stato effettivamente

realizzato, mentre in Fig. 3.12 è mostrata una foto del circuito montato su una PCB da 5 x

5.3 cm dello spessore di 0.8 mm.

Si nota immediatamente, osservando la Fig. 3.11, come la parte centrale del circuito,

ossia quella che costituisce lo stadio di uscita, sia stata alleggerita rispetto alla versione del

circuito vista nella prima parte del capitolo (si veda la Fig. 3.5) mantenendone in ogni caso

la struttura originaria: il numero di transistor presenti è stato ridotto a vantaggio di una più

semplice trasmissione del segnale. Tale modifica ha inoltre contribuito a migliorare la

risposta del circuito nel caso in cui il carico da pilotare fosse da 1 MΩ o maggiore.

Dalle Fig. 3.13 e 3.14 si nota inoltre come la larghezza di banda del circuito non ha

assolutamente risentito delle modifiche che sono state effettuate e in tutti i casi il tempo di

salita del segnale, calcolato in base alla (3.3), rimane di circa 10ns. La larghezza di banda

dei circuiti è sempre approssimabile a f ≈ 35MHz.

CAPITOLO 3

53

Fig. 3.11 Schematico del circuito come è stato effettivamente realizzato. Si noti l’assenza di

alcuni dei transistor che invece erano presenti nella prima versione del circuito.

Fig. 3.12 Circuito completo montato su una PCB.

CAPITOLO 3

54

Elenco brevemente le modifiche che sono state apportate nella nuova versione del

circuito facendo riferimento alle Fig. 3.5 e 3.11.

La differenza principale consiste nell’assenza di due specchi di corrente: sono stati tolti

infatti i transistor M9 e M11 che, in coppia con M8 e M7, formavano due specchi di corrente.

Si nota inoltre l’assenza del transistor M15 e la comparsa del transistor M18 in

configurazione emitter follower. Fondamentali sono le dimensioni di quest’ultimo e quelle

del driver M13: entrambi sono di 300μm. L’aumento delle dimensioni del canale di questi

transistor ha infatti conseguenze molto importanti sulle prestazioni dell’intero circuito.

Per quanto riguarda il driver, dal momento che il suo compito è quello di fornire corrente

all’uscita, le dimensioni ingrandite del canale consentono una risposta migliore alle

richieste del carico. Le dimensioni del secondo follower così definite (300 μm) invece,

permettono una migliore risposta a segnali che comportano una leggera dinamica positiva.

Si noti infine l’assenza del circuito RC in serie al feedback: grazie alle modifiche appena

elencate infatti, la sua presenza non è più indispensabile ai fini della stabilità del guadagno

e dunque è stato omesso.

Per comprendere meglio le migliorie che queste modifiche hanno apportato alle

prestazioni del circuito tuttavia, è bene osservare le simulazioni al computer del guadagno

d’anello e del segnale in uscita per entrambi i circuiti. Tutte le simulazioni sono state

effettuate a temperatura ambiente (25°C) con capacità del rivelatore di 16pF e per due

diversi valori della resistenza di carico: 100Ω e 1MΩ.

Le Fig. 3.13bis e 3.14bis mostrano il confronto tra i diagrammi di fase dei due circuiti nel

caso dei due diversi valori del carico: 100Ω e 1MΩ.

CAPITOLO 3

55

10 3 10 4 10 5 10 6 10 7 10 8 10 910 -2

10 -1

10 0

10 1

10 2

10 3

10 4

10 5

10 6

C o nfron to c irc u ito ve cch ioe n uovo c on c arico da 100 O hm

Lo

g G

uada

gno

L og F re quen za

G uadagno d 'ane llo nuovo G uadagno d 'ane llo aperto nuovo G uadagno d 'ane llo vecc h io G uadagno d 'ane llo aperto vec ch io

Fig. 3.13. Simulazione Spice del guadagno d’anello dei due circuiti con carico da 100Ω.

1 0 3 1 0 4 1 0 5 1 0 6 1 0 7 1 0 8 1 0 9- 2 0 0

- 1 0 0

0

1 0 0

2 0 0

3 0 0

C o n fr o n to d ia g r a m m a d i fa s ec ir c u ito n u o v o e v e c c h io c o n 1 0 0 O h m

Fase

(°)

L o g F r e q u e n z a

C itrc u ito v e c c h io C irc u i to n u o v o

Fig. 3.13bis. Diagramma di fase del circuito, ottenuto con una simulazione Spice. La temperatura

è di 25°C e la resistenza di carico vale 100Ω.

Dalla Fig. 3.14 si vede immediatamente, nel caso del circuito finale, la comparsa del

picco alle basse frequenze sia per il guadagno d’anello che per il guadagno d’anello aperto.

La causa di questo picco è da ricercarsi, come ho già detto precedentemente, nel valore

CAPITOLO 3

56

della capacità di Miller connessa al transistor M5; in queste simulazioni il valore di tale

condensatore è di 0.25pF.

103 104 105 106 107 108 10910-2

10-1

100

101

102

103

104

105

106

Confronto c ircuito vecchioe nuovo con carico da 1M O hm

Log

Gua

dagn

o

Log Frequenza

Guadagno d'anello vecch io Guadagno d'anello aperto vecchio Guadagno d'anello nuovo Guadagno d'anello aperto nuovo

Fig. 3.14. Simulazione Spice del guadagno d’anello dei due circuiti con carico da 1MΩ.

1 0 3 10 4 1 0 5 1 0 6 10 7 1 0 8 1 0 9-20 0

-15 0

-10 0

-5 0

0

5 0

10 0

15 0

20 0

C o nfro n to d iag ra m m a d i fas e c irc u iton uo v o e v ec c h io co n c ar ic o d i 1 M O hm

Fase

(°)

L o g F re q u en za

C irc u ito v ec c h io C irc u ito n uo vo

Fig. 3.14bis. Confronto del diagramma di fase dei due circuiti entrambi con carico di 1 MΩ

CAPITOLO 3

57

Dalla Fig. 3.14 si nota inoltre la scomparsa del picco alle alte frequenze nel caso del

circuito finale. Come era stato anticipato infatti, dal momento che tale picco era causato dai

numerosi transistor presenti nello stadio di uscita, la loro diminuzione comporta anche una

trasmissione più semplice del segnale che non deve perciò subire la continua riflessione

attraverso gli specchi di corrente. Si ottiene in tal modo anche un incremento della stabilità

del guadagno d’anello e un miglioramento sul segnale in uscita dall’intero circuito.

Il segnale in uscita al preamplificatore è mostrato nelle Fig. 3.15 e 3.16.

Dalle simulazioni delle Fig. 3.15 e 3.16 si nota la maggior stabilità del segnale nel caso

del carico da 100Ω per entrambi i circuiti mentre, nel caso in cui il carico è da 1MΩ, la

versione del circuito più vecchia mostra un segnale nettamente peggiore rispetto a quello

del circuito finale.

Per concludere, nelle Fig. 3.17 e 3.18, riporto la salita del segnale nei primi 50ns per

entrambe le versioni del circuito sia con il carico da 100Ω che con quello da 1MΩ: si noti la

maggior stabilità dell’ultima versione del circuito.

0.0 2.0x10-4 4.0x10-4 6.0x10-4 8.0x10-4 1.0x10-3-0.7

-0.6

-0.5

-0.4

-0.3

-0.2

-0.1

Confronto segnale in uscita per idue circuiti con carico da 100 Ohm

Tens

ione

(V)

Tempo (s)

Circuito vecchio Circuito nuovo

Fig. 3.15. Simulazione Spice del segnale in uscita dei due circuiti con carico da 100Ω.

CAPITOLO 3

58

0.0000 0.0002 0.0004 0.0006 0.0008 0.0010

-0.7

-0.6

-0.5

-0.4

-0.3

-0.2

-0.1

Confronto segnale in uscita per idue circuiti con carico da 1 M Ohm

Te

nsio

ne (V

)

Tem po (s)

Circuito vecchio Circuito nuovo

Fig. 3.16. Simulazione Spice del segnale in uscita dei due circuiti con carico da 1MΩ.

0 .0 1 .0 x 1 0 -8 2 .0 x 1 0 - 8 3 .0 x 1 0 -8 4 .0 x 1 0 - 8 5 .0 x 1 0 -8 6 .0 x 1 0 -8-0 .8

-0 .7

-0 .6

-0 .5

-0 .4

-0 .3

-0 .2

-0 .1 T e m p o d i s a lita d e l s e g n a lec o n c a r ic o d a 1 0 0 O h m

Vou

t (V

)

T e m p o ( s )

C irc u ito v e c c h io C irc u ito n u o v o

Fig. 3.17. Simulazione Spice del segnale in uscita dei due circuiti con carico da 100Ω.

CAPITOLO 3

59

0 .0 1 .0 x 1 0 -8 2 .0 x 1 0 -8 3 .0 x 1 0 -8 4 .0 x 1 0 -8 5 .0 x 1 0 -8 6 .0 x 1 0 -8-0 .8

-0 .7

-0 .6

-0 .5

-0 .4

-0 .3

-0 .2

-0 .1 T e m p o d i s a l ita d e l s e g n a lec o n c a r ic o d a 1 M O h m

V

out (

V)

T e m p o (s )

C irc u ito v e c c h io C irc u ito n u o v o

Fig. 3.18. Simulazione Spice del segnale in uscita dei due circuiti con carico da 1MΩ.

CAPITOLO 4

60

CAPITOLO 4

4.1 Temperatura criogenica Come ho anticipato nel Capitolo 1, il preamplificatore di carica che è stato presentato in

questo lavoro di tesi, non solo deve soddisfare i requisiti particolari richiesti dalla

spettroscopia gamma ad alta definizione, ma deve anche essere in grado di lavorare

interamente immerso in un bagno di azoto liquido e avere di conseguenza le seguenti

caratteristiche:

1. basso rumore;

2. basso consumo;

3. tempo di salita del segnale < 20ns;

4. alta stabilità del guadagno d’anello.

I setup criogenici più comuni fanno uso di argon liquido (86K), azoto liquido (77K) o elio

liquido (4.2K), usati sia come refrigeranti sia come scudi per la radiazione.

Il circuito preamplificatore si trova inoltre ad operare in un ambiente estremamente

sensibile alle radiazioni e dunque è assolutamente necessario che l’elettronica di front-end

sia il più possibile pura da radiazioni.

Una soluzione semplice per aiutare ad isolare le tracce di radioattività del cristallo di

germanio nel preamplificatore, è data dall’assemblaggio di un FET freddo vicino al

rivelatore, all’esterno del criostato. Supponendo tuttavia che la geometria dell’apparato non

permetta la separazione del preamplificatore di carica in una parte calda e in una fredda

CAPITOLO 4

61

(poiché in tal caso sarebbe necessaria una distanza di alcuni metri e ciò provocherebbe altri

effetti di disturbo causati dalla trasmissione del segnale a grandi distanze), il

preamplificatore di carica è allora costretto a lavorare interamente immerso nel liquido

criogenico.

Diventa dunque necessario progettare un circuito che sia in grado di lavorare a

temperature estremamente basse senza che ciò influisca negativamente sulle sue

prestazioni. Discuterò dunque in particolare i grossi effetti che lo sviluppo di un setup

criogenico a basso rumore comporta sul funzionamento del preamplificatore, tenendo

sempre in conto i particolari requisisti richiesti.

È stato dunque necessario studiare accuratamente la risposta dei singoli componenti

elettronici alla temperature di 77K.

Per comodità in Fig. 4.1 riporto la struttura circuitale semplificata del preamplificatore.

Fig. 4.1. Struttura del preamplificatore di carica. Esso consiste in un JFET esterno, un anello di

retroazione esterno e un’unità ASIC utilizzata come un amplificatore operazionale a basso rumore lungo l’anello di feedback.

Esso consiste in un JFET esterno a basso rumore creato dalla Philips, mod. BF862, da un

anello di retroazione esterno (CF = 0.2 pF, RF = 1.2G ) e da un ASIC ( Application Specific

Integrated Circuit) usato come un amplificatore operazionale a basso rumore lungo l’anello

di retroazione negativa. L’ASIC è stato realizzato in tecnologia 5 V con CMOS di 0.8 μm.

Il dispositivo discreto di input, così come il circuito integrato, sono montati su una PCB in

lamina di PTFE (teflon) di 0.8 mm.

CAPITOLO 4

62

Come si è visto dunque, la struttura di un preamplificatore integrato ad alta risoluzione

per la spettroscopia dei raggi γ è particolarmente impegnativa. È richiesto infatti un ampio

range dinamico di almeno 70 dB, contro la dinamica disponibile nel caso della tecnologia

integrata a CMOS che è di molto inferiore. Sono richiesti inoltre una grande stabilità di

guadagno (più dello 0.2%) e un’alta linearità su tutto il dispositivo. Lo stadio di uscita

infine (si veda il Capitolo 2), è una parte molto critica del circuito, specialmente per il fatto

che il segnale deve essere trasmesso ad un ricevitore remoto mediante un cavo coassiale

terminato molto lungo.

4.2 Comportamento dell’apparato attivo e passivo a temperatura

ambiente (300K) e a temperatura criogenica (77K) La struttura del circuito deve basarsi su componenti attivi che mantengono la loro

funzionalità anche alla temperatura dell’azoto liquido. Com’è ben noto dalla letteratura, i

BJT non possono essere usati dal momento che le loro prestazioni sono completamente

compromesse dal fenomeno di refrigerazione. I FET invece, sono perfettamente funzionanti

anche se immersi in un bagno criogenico. La transconduttanza del transistor JFET infatti,

nel punto di polarizzazione utilizzato (caratterizzato da una tensione drain-source di VDS =

2V e da una tensione gate-source di VGS = -0.15V), cala di un fattore ~4 quando viene

raffreddato a 77K. A circa 40K il JFET smette di funzionare a causa del congelamento. Dal

momento che la transconduttanza è inversamente proporzionale al rumore termico, il punto

di lavoro ottimale è a 120K.

Le curve caratteristiche del transistor d’ingresso BF862 Si-JFET sono state misurate sia a

temperatura ambiente (300 K) che in azoto liquido (77 K). I risultati sono mostrati nelle

Fig. 4.2 e 4.3.

Si nota immediatamente, come le curve caratteristiche del JFET cambiano

sostanzialmente quando la temperatura decresce da 300 K a 77 K, appena diventa evidente

il fenomeno di refrigerazione. Per valori fissati della tensione gate-source e gate-drain, la

corrente di drain decresce di un fattore ~ 5. Il cambiamento del punto di polarizzazione a

temperatura criogenica comporta una notevole perdita nelle performance dell’apparato ma

il calo nel consumo di potenza correlato è da leggersi (in tale contesto) come un vantaggio.

A temperatura ambiente la tensione fornita al JFET esterno è di 12 V e la corrente di

drain è di 14 mA, in modo da dissipare una potenza di 168mW.

CAPITOLO 4

63

Alla temperatura di 77 K invece, la tensione fornita è di 4 V e la corrente di drain è di 3

mA in modo tale che la potenza dissipata è di soli 12 mW.

Fig. 4.2. Curve caratteristiche dell’ingresso di un JFET al silicio, modello BF862, misurate a

temperatura ambiente.

Fig. 4.3. Curve caratteristiche dell’ingresso di un JFET al silicio, modello BF862, misurate a

temperatura criogenica (77K) con il dispositivo interamente immerso in azoto liquido. La corrente di drain subisce una riduzione di un fattore ~5 e ciò comporta un calo notevole del valore della transconduttanza.

Quando il circuito opera nell’azoto liquido, il tempo di transizione è molto più veloce ma

la risposta in uscita mostra alcune oscillazioni.

CAPITOLO 4

64

Al fine di avere una risposta del circuito rapida ma stabile a temperatura criogenica, la

larghezza di banda del preamplificatore deve essere ridotta tramite un aumento del valore

della capacità di compensazione di Miller all’interno dell’amplificatore ASIC, dal valore di

0.6 pF al valore di 1 pF.

Questo riduce il fenomeno di micro-boiling dell’azoto liquido così come anche il

problema correlato di microfonismo: anche la potenza dissipata dal liquido criogenico per

unità di preamplificatore viene notevolmente ridotta. D’altro canto il cambiamento nella

polarizzazione del JFET determina un calo nella transconduttanza stessa del JFET che può

affliggere il rumore e la larghezza di banda.

Nelle Fig. 4.4 e 4.5 è riportato l’andamento della transconduttanza del transistor in

funzione del punto di polarizzazione sia a temperatura ambiente che a temperatura

criogenica.

Le prestazioni migliori del JFET, come previsto, sono state registrate a 120K, quando la

transconduttanza raggiunge il valore massimo e il rumore quello minimo. Sfortunatamente

l’apparato di front-end non può operare alla temperatura di 120K nell’esperimento per il

quale è sviluppata questa elettronica.

La carica equivalente di rumore (ENC) è stata misurata in relazione al tempo di

formazione del segnale simulando il rivelatore con una capacità di 15 pF come si vede in

Fig. 4.6.

Il calo della temperatura compensa solo in parte gli effetti dovuti al calo della

transconduttanza e in questo modo si osserva (Fig. 4.4) che il contributo complessivo del

rumore bianco è più alto a 77 K che non a temperatura ambiente.

D’altra parte la scelta di usare un Si-JFET come transistor d’ingresso è dettata dal fatto

che tali dispositivi hanno un livello di rumore 1/f estremamente basso, fatto particolarmente

importante per tale applicazione. A un tempo di formazione di 10 μs infatti, la ENC

raggiunge lo stesso valore sia a temperatura ambiente che a temperatura criogenica , ~ 112

elettroni r.m.s. (corrispondente a 0.77 keV FWHM in HPGe) e in tal modo le performance

di rumore rimangono pienamente compatibili con le richieste della spettroscopia γ ad alta

risoluzione.

CAPITOLO 4

65

Fig. 4.4. Misura della transconduttanza del JFET d’ingresso (mod. BF862) a temperatura ambiente in funzione del punto di polarizzazione.

Fig. 4.5. Misura della transconduttanza del JFET d’ingresso (mod. BF862) a temperatura criogenica (77K) in funzione del punto di polarizzazione.

CAPITOLO 4

66

Fig. 4.6. Rumore del preamplificatore misurato al banco di lavoro sia a T=300K che a T=77K in

funzione del tempo di formatura del segnale. La capacità del rivelatore è di 15pF.

Il calo nella transconduttanza del JFET a 77K potrebbe inoltre indurre a pensare che la

banda del preamplificatore subisca anch’essa un calo. In realtà è stato osservato l’effetto

opposto: la banda del preamplificatore aumenta quando il circuito opera a temperatura

criogenica.

La ragione di tale effetto è facilmente individuabile nel comportamento della

transconduttanza dei transistor MOSFET alla temperatura di 77K: essa aumenta

definitivamente quando la temperatura diminuisce e in tal modo supera gli effetti dovuti al

calo della transconduttanza del JFET.

Si osserva infatti che la transconduttanza di tali transistor, a valori bassi del campo nel

canale, è proporzionale alla mobilità dei portatori di carica e aumenta da 4 a 6 al decrescere

della temperatura da 300 a 77 K.

Il valore più alto del guadagno dell’amplificatore ASIC a 77 K determina quindi un più

alto guadagno d’anello di tutto il preamplificatore e un conseguente incremento della

larghezza di banda.

CAPITOLO 4

67

A prescindere dai dispositivi attivi, un ruolo fondamentale è giocato anche dai

componenti passivi e dal loro comportamento a temperatura criogenica. Al fine di ridurre al

minimo la massa globale del circuito e il contributo trascurabile al background radioattivo

del sistema di rivelazione, abbiamo dovuto usare dei componenti elettronici di montaggio

superficiale di piccola taglia, resistenze nominali 0402 e condensatori ceramici 0603.

Abbiamo potuto testare che le resistenze e le capacità di piccole dimensioni conservano le

loro proprietà anche alla temperatura di 77K.

Ciò tuttavia non è altrettanto vero per i condensatori ceramici di valore elevato necessari

per il filtraggio delle alimentazioni.

Abbiamo testato il comportamento di alcuni condensatori di piccola taglia (0603) ma di

valore elevato (alcuni μF) fatti con un dielettrico di costante dielettrica alta (X5R, Y5R).

Quando viene incrementato il valore della tensione DC applicata, si osserva che il valore

della capacità misurata decresce e ciò accade in particolar modo se la tensione applicata è

vicina al massimo, anche se a temperatura ambiente. Quando si è a temperatura criogenica

77K, tale valore decresce drammaticamente.

In Fig. 4.7 sono mostrati i risultati dei test condotti sui condensatori ceramici 0603 di 2.2

μF (X5R) e 4.7 μF (Y5R).

Fig. 4.7. Comportamento di due condensatori ceramici di capacità elevata sia a temperatura

ambiente che a temperatura criogenica, in funzione della tensione DC applicata.

CAPITOLO 4

68

In azoto liquido, con una tensione applicata di 3V-DC, la perdita nel valore della capacità

è del 70%. Tale effetto diventa drammatico per la forma della risposta del preamplificatore

quando segnali ampi e veloci devono essere mandati ad un carico in uscita di basso valore

(come per esempio un cavo coassiale terminato). Per avere una salita e una formatura

rapida del segnale , come richiesto dall’analisi di forma del segnale, il circuito deve fornire

una potenza considerabile nel più breve tempo possibile. Tale risultato è ottenuto mediante

la carica immagazzinata sulla capacità di valore elevato usata per il filtraggio

dell’alimentazione.

È importante sottolineare inoltre, come la notevole perdita nelle prestazioni del

condensatore comporta effetti di disturbo sulla forma del segnale uscente.

4.3 Effetti di disturbo del set up criogenico sulle prestazioni del

preamplificatore Come ho anticipato nel paragrafo precedente, le scarse prestazioni dei condensatori

ceramici di alto valore necessari per le alimentazioni e per i filtraggi, causano effetti di

disturbo sulla forma della risposta del preamplificatore.

Quando segnali ampi e veloci devono essere mandati ad un carico resistivo di basso

valore, il circuito deve fornire una potenza considerevole nel minor tempo possibile e ciò è

permesso grazie alla carica immagazzinata sulle capacità di filtraggio di alto valore. In

aggiunta, questa perdita nell’energia dell’alimentazione di filtraggio, può avere effetti di

cross talk nelle configurazioni a multi canale.

Il problema risulta ulteriormente ingrandito in un setup criogenico, dove l’uso di cavi

sottili è indispensabile per ottenere un alto livello di flessibilità e mantenere il massimo

livello di radio purezza possibile a spese di un cavo con valori di resistenza elevati che

arrivano fino a 0.8-0.9 Ω/m. Dal momento che in un setup criogenico di grandi dimensioni

sono richiesti cavi molto lunghi (10-12m), è come se ci fosse una serie di resistenze da 10-

12 Ω lungo tutto il cavo dell’alimentazione. Si incontra allora una riflessione

sull’alimentazione causata dall’alta resistenza dei cavi e tale effetto diventa ancora più

importante con l’assenza della capacità di filtraggio necessaria.

La soluzione migliore che è stata trovata prevede l’utilizzo di condensatori al Tantalio, a

spese di un fattore di perdita ancora più elevato. Infatti essi mantengono costante il loro

valore sia variando la tensione DC applicata, sia portando la temperatura a 77K.

CAPITOLO 4

69

Fortunatamente essi soddisfano anche alle richieste di radio purezza. In aggiunta, al fine di

eliminare gli effetti di cross talk nelle configurazioni a multi-canale, bisogna prestare

particolare attenzione alla separazione delle alimentazioni dello stadio di guadagno

d’ingresso da quelle dello stadio di driver dell’uscita, dove è richiesta una particolare

potenza. Abbiamo testato la PCB a tre canali in LN e connessa all’esterno attraverso cavi

lunghi 12m RG178 con resistenza di 0.8 Ω/m.

4.4 Misure sperimentali con il setup del rivelatore: performance del

preamplificatore e risoluzione energetica Il setup del rivelatore consiste in un cristallo coassiale non segmentato di tipo p di HPGe

incapsulato in un sostegno di silicone e opera in una camera a vuoto. Il cristallo ha un

diametro di 5.2 cm e un’altezza di 5.1 cm. Un piatto per il montaggio dell’elettronica di

front-end è posto sotto la camera a vuoto ad una distanza di 5 cm. Sia la camera che il

piatto sono supportati da un telaio di acciaio in modo da essere immersi direttamente in un

recipiente con azoto liquido. Il cristallo di germanio è connesso termicamente al criostato e

dunque opera a 77K come l’elettronica di front-end.

I contatti esterni del rivelatore sono polarizzati all’alta tensione di 2.5 kV. Il contatto

interno è l’elettrodo di lettura ed è accoppiato in DC al preamplificatore. Il preamplificatore

è ottimizzato per segnali uscenti a polarità negativa.

Il preamplificatore è stato testato con il setup sperimentale del rivelatore appena descritto:

sono stati ottenuti ottimi risultati.

Nella Fig. 4.8 è mostrata la risposta del preamplificatore a un impulso di test veloce,

quando il circuito è collegato al rivelatore e pilota un cavo coassiale di ~ 10m. E’ stato

ottenuto un fronte di salita molto pulito con un tempo di transizione di 16ns.

CAPITOLO 4

70

Fig. 4.8. Traccia all’oscilloscopio della risposta del preamplificatore ad un impulso veloce

quando il circuito è connesso al rivelatore e opera alla temperatura di 77K. Il tempo di transizione è di 16ns.

Nella Fig. 4.9 invece, è mostrato il fronte di salita per il segnale di una sorgente

radioattiva di 60Co.

Fig. 4.9. Traccia all’oscilloscopio di un segnale proveniente da una sorgente radioattiva di 60Co.

La forma della leading edge è ben definita e permette l’applicazione di algoritmi per l’analisi della forma del segnale.

Grazie all’ampia larghezza di banda del preamplificatore, il fronte di salita è molto ben

identificato e permette l’applicazione dell’analisi algoritmica della forma dell’impulso per

localizzare la posizione in cui è avvenuta l’interazione del fotone all’interno del cristallo.

CAPITOLO 4

71

Fig. 4.10. Traccia all’oscilloscopio del segnale all’uscita del preamplificatore in presenza di una

sorgente di 60Co. La costante di tempo per il recupero della linea di base è di circa 250μs.

Nella Fig. 4.10 il segnale in uscita dal preamplificatore è mostrato su una scala di tempo

maggiore, con il rivelatore irradiato da una sorgente di 60Co. La costante di tempo per il

recupero della linea di base è ~ 250μs. La risoluzione energetica è stata quindi testata

connettendo l’uscita del preamplificatore ad un amplificatore-formatore quasi-Gaussiano e

ad un analizzatore di altezza dell’impulso.

Nella Fig. 4.11 la risoluzione energetica ottenuta è mostrata in funzione del tempo di

formazione per un impulso e per una riga a 1.332 MeV del 60Co. Per l’impulso è stata

ottenuta un’ottima risoluzione di 1.6 keV FWHM con un tempo di formatura di 6 μs.

La linea di 1.332MeV del 60Co mostra tipicamente una risoluzione di 2.25 keV FWHM a

6 μs e di 2.17 keV FWHM a 10 μs.

Da notare che la capacità del rivelatore è ~ 60 pF, mentre la capacità di ingresso del JFET

è ~ 10 – 15pF.

La scelta del modello BF862 è stata dettata dal bisogno che lo stadio d’ingresso provveda

allo stesso tempo a buone performance per il rumore e ad una bassa dissipazione di

potenza.

Nella Fig. 4.12 è mostrato il miglior spettro ottenuto per il 60Co, dove è stata raggiunta

un’ottima risoluzione energetica di 2.04 e 2.06 keV FWHM. Una risoluzione di 1.7 keV

FWHM (o migliore) è misurata per le linee ad energia più bassa.

CAPITOLO 4

72

Fig. 4.11. Risoluzione energetica in funzione del tempo di formazione del segnale. L’ottima

risoluzione di 1.6 keV FWHM è stata ottenuta nel caso dell’impulso con tempo di formazione di 6μs. La capacità del rivalere è di circa 60pF.

Fig. 4.12. Spettro ottenuto in presenza di una sorgente di 60Co. Le risoluzioni migliori di 2.04 e

2.06 keV FWHM sono state ottenute per le due linee del 60Co.

Questo è da vedersi come un buon risultato considerando che il valore della capacità del

rivelatore è relativamente alta e che il preamplificatore da solo lavora correttamente in

azoto liquido, condizione di funzionamento abbastanza inusuale.

CAPITOLO 4

73

Non sono visibili picchi spostati o allargamenti di linea nonostante la lunghezza del

tempo di campionamento, e può essere raggiunta e mantenuta una risoluzione molto alta,

dell’ordine dello 0.1%, per linee ad energia più elevata. Una risoluzione di 2.30 keV

FWHM (0.16%) è stata misurata per la linea di fondo del 40K a 1.461 MeV. Una

risoluzione di 2.83 keV FWHM (0.11%) è stata raggiunta per la linea di fondo del 232Th a

2.614 MeV. L’eccellente stabilità della posizione delle linee in un’acquisizione prolungata

conferma il valore elevato del guadagno d’anello del preamplificatore.

La misura della potenza dissipata dal preamplificatore è di soli 23.4mW. Questa è una

caratteristica molto importante per i prossimi rivelatori multi-canale al germanio dove si

prevede un alto numero di canali di lettura all’interno del liquido criogenico.

CAPITOLO 5

74

CAPITOLO 5

5.1 Misure sperimentali a temperatura ambiente (300K) Sono state effettuate diverse prove sperimentali per il circuito finale che è stato presentato

e studiato nei capitoli precedenti. In particolare, come è stato visto ampiamente anche nelle

simulazioni, si è posta particolare attenzione allo studio di tale circuito in presenza di cavi

di trasmissione sia lunghi che corti, con i relativi valori di impedenza caratteristica. I cavi

che sono stati utilizzati per le alimentazioni invece, sono cavi corti (2.5m).

I dati riportati nelle tabelle che si vedranno nei paragrafi successivi, sono stati ottenuti

all’oscilloscopio tenendo conto di alcuni accorgimenti matematici.

La struttura circuitale che è stata utilizzata è la seguente:

Fig. 5.1. Struttura schematica del sistema circuitale utilizzato per l’acquisizione dei dati.

utilizzando come segnale in ingresso un gradino unitario di tensione.

Si osservi ora che, per il teorema di Thevenin, il circuito precedente è equivalente a

quello mostrato nella Fig. 5.2

CAPITOLO 5

75

Fig. 5.2. Struttura schematica dell’equivalente di Thevenin del circuito precedente.

dove il generatore di tensione con in serie la capacità di test, è stato sostituito da un

generatore di corrente con in parallelo la stessa capacità.

Grazie a questa semplice equivalenza circuitale, è possibile comprendere come ricavare i

valori di carica totale e carica equivalente di rumore semplicemente attraverso delle misure

con l’oscilloscopio.

Studiando il circuito nel dominio della frequenza, si osserva immediatamente che il

segnale in ingresso nel caso del secondo circuito è espresso da:

testineqin sCVi = (5.1)

o, nel dominio del tempo, da

( ){ } ( )tVCCtVdtdi testtestinin δ== . (5.2)

Diventa dunque immediato il calcolo della quantità totale di carica (in termini di numero

di elettroni) che viene iniettata all’ingresso del circuito: essa non è altro che l’area della

delta di corrente, divisa per il valore della carica elementare

qVC

Q test

elin = . (5.3)

Per determinare infine la carica equivalente di rumore (ENC), è necessario calcolare il

“Guadagno” del circuito come rapporto tra il valore della tensione in uscita (Vshap, infatti

tale valore è riferito alla tensione prima dell’ingresso nell’amplificatore spettroscopico) e la

carica totale in ingresso:

elin

out

QVGuadagno ="" (5.4)

e fare il rapporto tra il valor medio del rumore e tale “Guadagno”:

""GuadagnoVENC acrms= . (5.5)

CAPITOLO 5

76

Infine, per conoscere il valore della FWHM a partire dalla conoscenza dell’ENC in

termini di r.m.s., è necessario utilizzare il fattore di conversione 2.355.

Riporto dunque i risultati ottenuti dalle misure effettuate sul circuito nei vari casi che

sono stati presi in considerazione.

5.1.1 Terminazione 50Ω, cavo corto (1m) RG58

Parametri caratteristici del circuito:

CF = 0.25 pF RF = 1 GΩ

Rbc = 47 kΩ Rbe = 33 kΩ Rgate = 12 Ω

I condensatori di filtraggio connessi alle alimentazioni sono stati scelti delle seguenti

dimensioni:

Cfiltraggio VCC, VEE, VC, VE = 22 + 22 μF

Il valore della capacità del JFET all’ingresso, è di CFET = 4.7 μF.

La tensione applicata in ingresso attraverso la capacità di test Ctest = 1 pF, è Vin = 10mV,

mentre la capacità che simula la presenza del rivelatore è Cdet = 33 pF.

Le alimentazioni hanno cavi corti, due filtri attivi e due filtri RC. Le alimentazioni dei

due stadi inoltre, si sdoppiano dopo il filtro:

=−==

==

VVVVVVV

FET

EEE

C

1435.2VCC

In particolare si noti che i valori di tensione che compaiono sul display dell’alimentatore

sono leggermente differenti:

−====

VVVVV

EEE

C

6.31.3VCC

Da un primo set di misure si è notato immediatamente che i valori di tali tensioni, in

particolare di quelle negative, non possono variare oltre alcuni valori limite poiché in tal

caso si osserva la comparsa di un’oscillazione sul segnale in uscita. In particolare la VE non

può scendere sotto -3.3V e la VEE non può salire oltre -2.6V. Al contrario le alimentazioni

positive VC e VCC posso variare a piacimento senza influire sul segnale.

CAPITOLO 5

77

5.1.2 Terminazione 50Ω, cavo lungo (10m) RG58

I parametri del circuito sono gli stessi visti nel caso precedente. Dalle misure effettuate si

è osservato, come nel caso del cavo corto, che la VE non può scendere sotto -3.3 V e la VEE

non può salire oltre -2.6 V anche se in entrambi i casi si presentano oscillazioni meno

evidenti rispetto al caso con il cavo corto. Di nuovo le alimentazioni positive, VCC e VC,

possono variare a piacimento.

5.1.3 Terminazione 1MΩ, cavo corto (1m) e cavo lungo (10m) RG178

Anche in questo caso i parametri del circuito sono gli stessi visti nei casi precedenti.

In entrambi i casi la differenza notevole che è stata osservata grazie alle misure, è la

possibilità di variare a piacimento i valori di tutte le tensioni di alimentazioni senza causare

la comparsa di oscillazioni sul segnale.

5.1.4 Casistica della connessione alle alimentazioni

Mantenendo invariati i parametri caratteristici del circuito e riproponendo gli stessi casi

trattati in precedenza riguardo alle terminazioni dei cavi all’uscita, si è pensato a questo

punto di analizzare il comportamento del circuito nel momento in cui vengono “peggiorate”

le caratteristiche dei cavi utilizzati per le alimentazioni. Sono state prese in considerazione

tre condizioni particolari:

1. due filtri attivi, due collegamenti diretti e due alimentatori con cavi lunghi 10m

RG178;

2. due filtri attivi e un alimentatore con cavi corti;

3. due filtri attivi e un alimentatore con cavi lunghi 10m RG178.

In un primo momento le alimentazioni sono state connesse con cavi corti a due

alimentatori diversi. Nel caso della VC e della VE sono stati interposti dei filtri attivi mentre,

nel caso nel caso della VCC e della VEE, il collegamento è stato fatto direttamente.

I cavi corti sono stati quindi sostituiti da cavi lunghi 10m RG178 sempre mantenendo le

stesse connessioni descritte prima e, infine, è stato utilizzato un solo alimentatore connesso

con cavi lunghi 10m RG178. In tal caso, in particolare, la VCC e la VEE si separavano dalla

VC e dalla VE dopo il filtro attivo.

I dati ottenuti sono stati confrontati con i casi di partenza, caratterizzati dalla presenza di

due filtri attivi, due filtri RC (= due filtri diretti) e due alimentatori con cavi corti.

CAPITOLO 5

78

In tutti i casi i segnali che sono stati ottenuti non mostrano particolari differenze: le tre

forme d’onda sono uguali.

5.1.4 Caso particolare

In questo paragrafo riporto lo studio dettagliato della risposta del circuito effettuato nel

caso in cui le alimentazioni sono state connesse mediante cavi lunghi 10m RG178 posti

dopo i filtri attivi e all’uscita è stato posto un cavo lungo terminato a 1MΩ, anch’esso di

10m RG178.

Parametri caratteristici del circuito:

CF = 0.25 pF RF = 1 GΩ

Rbc = 47 kΩ Rbe = 33 kΩ Rgate = 12 Ω

I condensatori di filtraggio connessi alle alimentazioni sono stati scelti delle seguenti

dimensioni:

Cfiltraggio VCC, VEE, VC, VE = 22 + 22 μF

Il valore della capacità del JFET all’ingresso, è di CFET = 4.7 μF.

La tensione applicata in ingresso attraverso la capacità di test Ctest = 1 pF, è Vin = 10mV,

mentre la capacità che simula la presenza del rivelatore è di Cdet = 33 pF.

Le tensioni delle alimentazioni sono:

=−==

==

VVVVVVV

FET

EEE

C

1435.2VCC

Di nuovo valgono le stesse considerazioni fatte in precedenza; ossia che i valori di

tensione che compaiono sul display dell’alimentatore sono leggermente differenti:

−====

VVVVV

EEE

C

6.31.3VCC

In particolare, come ho anticipato, le alimentazioni VCC, VC, VEE, VE, si sdoppiano dopo i

filtri mentre l’alimentazione del JFET passa attraverso un filtro RC.

Dalle misure sono emersi i seguenti risultati:

• Dinamica di uscita: 1.16 V dopo il cavo da 50Ω;

2.3 V all’uscita del preamplificatore

Si noti in particolare che la tensione effettiva che arriva sul chip è di -2.8 V ed è stata

misurata con un tester sul chip stesso.

CAPITOLO 5

79

• Range dinamico ~ 8 MeV con CF = 0.25pF

• I valori caratteristici del tempo di salita e discesa del segnale sono riportati di

seguito:

nsRiseTime 80≅

sFallTime µ250≅ (con una capacità di feedback CF = 0.25pF).

• Potenza dissipata:

Sulla PCB VVC 35.2VCC == VVE 85.2VEE −== V2.13VFET =

Display alimentatore 7 mA 6 mA 14 mA

16.5 mW 17.1 mW 185 mW

Abbiamo quindi effettuato una misura del rumore del segnale prima dell’ingresso nello

shaper. I valori ottenuti sono riassunti nella tabella seguente (Tabella 5.1).

τ (μs) Vshape (V) Vacrms (mV) ENC (elettroni) FWHM (keV)

10 μs 9.486 V 25.81 mV 170 e- 1.17 keV

6 μs 9.429 V 24.25 mV 161 e- 1.10 keV

3 μs 9.486 V 25.25 mV 166 e- 1.14 keV

2 μs 9.657 V 27.65 mV 179 e- 1.23 keV

1 μs 9.714 V 33.70 mV 217 e- 1.49 keV

0.5 μs 9.486 V 41.05 mV 270 e- 1.86 keV

Tabella 5.1. Risultati delle misure effettuate sul circuito con cavo lungo terminato a 1MΩ,

durante un periodo di registrazione di 24 ore a T=300K.

τ (μs) Vshape (V) Vacrms (mV) ENC (elettroni) FWHM (keV)

10 μs 9.600 V 25.6 mV 167 e- 1.146 keV

6 μs 9.486 V 23.9 mV 157 e- 1.083 keV

3 μs 9.429 V 24.8 mV 164 e- 1.130 keV

2 μs 9.600 V 27.2 mV 177 e- 1.218 keV

1 μs 9.600 V 33.1 mV 215 e- 1.482 keV

0.5 μs 9.486 V 41.0 mV 270 e- 1.857 keV

Tabella 5.2. Risultati delle misure effettuate sul circuito con cavo lungo terminato a 50Ω, durante

un periodo di registrazione di 24 ore a T=300K.

CAPITOLO 5

80

Le stesse misure sono state effettuate anche con un cavo lungo 10m terminato a 50Ω. I

risultati ottenuti sono riportati nella Tbella 5.2.

5.2 Misure sperimentali in azoto liquido (77K) Per effettuare le prove a temperatura criogenica sono stati utilizzati solo cavi lunghi. Per

poter immergere il circuito nel bagno criogenico infatti, è stato necessario collegare

ulteriori cavi sia alle alimentazioni che all’uscita del circuito e ogni cavo ha raggiunto i

12.5m di lunghezza (10m di cavo lungo con l’aggiunta di altri 2.5m per l’immersione nel

bagno criogenico).

Per assicurarci che le prestazioni del circuito non avessero risentito negativamente

dell’aggiunta in lunghezza dei cavi, abbiamo ripetuto alcune misure a temperatura ambiente

(300K) e abbiamo ottenuto i seguenti valori.

• Dinamica di uscita: ~1.14 V dopo il cavo da 50Ω;

2.28 V all’uscita del preamplificatore

Si noti in particolare che la tensione effettiva che arriva sul chip è VE = -2.8 V ed è stata

misurata con un tester sul chip stesso.

• I valori caratteristici del tempo di salita e discesa del segnale sono riportati di

seguito:

nsRiseTime 91≅ (aumentato di soli 11ns rispetto al caso di cavi da 10m)

sFallTime µ250≅ (forma del segnale invariata).

• Rumore con cavo terminato a 50Ω:

τ (μs) Vshape (V) Vacrms (mV) ENC (elettroni) FWHM (keV)

10 μs 9.600 V 27.3 mV 178 e- 1.222 keV

6 μs 9.828 V 26.2 mV 167 e- 1.146 keV

3 μs 10.171 V 27.9 mV 171 e- 1.179 keV

2 μs 10.400 V 31.0 mV 186 e- 1.281 keV

1 μs 10.400 V 37.5 mV 225 e- 1.550 keV

0.5 μs 10.171 V 44.6 mV 274 e- 1.885 keV

Tabella 5.3. Risultati delle misure effettuate sul circuito con cavi lunghi per l’immersione in azoto

liquido e con cavo terminato a 50Ω, durante un periodo di registrazione di 24 ore a T=300K.

CAPITOLO 5

81

Come si può osservare dai dati riportati, le prestazioni del circuito non hanno risentito

particolarmente dell’aggiunta dei cavi necessari per l’immersione nel bagno criogenico.

Sono dunque state effettuate le misure con il circuito operante in azoto liquido alla

temperatura di 77K. Ricordo infine che tutti i cavi che sono stati utilizzati sono cavi lunghi

12.5m RG178.

5.2.1 Terminazione 50Ω, cavo lungo (12.5m) RG178

Dalle osservazioni sperimentali sono emerse oscillazioni ad alta frequenza che si

ripresentano, come nel caso dei due circuiti più vecchi, nel momento in cui la tensione delle

alimentazioni VEE e VE, VCC e VC, sono accoppiate. Tale fenomeno può essere eliminato se

i valori di tali tensioni vengono notevolmente abbassati (come in passato).

Si è pensato tuttavia di ricorrere ad un altro accorgimento: sono state separate le quattro

alimentazioni ricorrendo ad altrettanti valori differenti.

I valori ottimizzati che sono stati ottenuti sono:

V7.2VCC = V3VEE −= V2.2VC = V4.2VE −=

In tal modo si è notato che è possibile salire con la VE molto più che nei casi precedenti

senza che ciò comporti la comparsa delle oscillazioni per le alte frequenze. In particolare

ciò sembra essere possibile grazie alla differenza esistente tra il valore della VE e quello

della VEE. Sembra infatti che, salendo con la VEE e di pari passo con la VE, il problema

delle oscillazioni non si presenta fintantoché <− EEE VV di un certo valore.

Abbiamo inoltre ottenuto i seguenti valori:

• Dinamica di uscita: ~886 mV dopo il cavo da 50Ω;

1.772 V all’uscita del preamplificatore

• Range dinamico ~ 8 MeV con CF ~ 0.25pF e Ctest ~ 1pF

• nsRiseTime 7065 −≅ ma solo se si prende in considerazione l’intero segnale.

Se si considera infatti il solo fronte, il nsRiseTime 3020 −≅ e, se in uscita si

sostituisce il cavo lungo 12.5m con uno corto 2.5m RG178, il segnale diventa

ancora più veloce: nsRiseTime 2017 −≅ .

• La forma dell’esponenziale che è stato ottenuta è molto buona, come quella vista

nel caso a T = 300K, con un sFallTime µ250≅ .

Le prime prove sperimentali hanno dato risultati molto buoni. In Fig. 5.3 è mostrata la

risposta del circuito a temperatura ambiente e a temperatura criogenica. In entrambe le

CAPITOLO 5

82

prove sono stati impiegati cavi di collegamento da 12 m (alimentazioni e segnali) e il cavo

del segnale di uscita è stato terminato sulla sua impedenza caratteristica di 50Ω. Si vede

chiaramente che la forma della risposta non presenta distorsioni e non cambia visibilmente

immergendo il circuito in un bagno di azoto liquido (Fig. 5.4).

Fig. 5.3. Risposta del preamplificatore ad un impulso di test. Circuito è tenuto a temperatura

ambiente. A destra è immerso in bagno di azoto liquido.

Fig. 5.4. Risposta del preamplificatore ad un impulso di test. Circuito è immerso in bagno di

azoto liquido.

CAPITOLO 5

83

Il fronte di transizione del segnale osservato a 77K è mostrato in Fig. 5.5. La costante di

tempo di transizione risulta essere di poco meno di 20 ns. Il segnale è rapido e abbastanza

pulito.

Fig. 5.5. Transizione del segnale.

In Fig. 5.6 è mostrata la performance del circuito in termini di rumore elettronico a

temperatura ambiente e a 77K. Il circuito ha lo stesso rumore del predecessore PZ0, che è

completamente compatibile con le richieste dell’esperimento. Il range dinamico ottenuto

utilizzando una capacità di retroazione di 0.2 pF (0.25 pF effettivi) è pari a circa 8 MeV.

1 10708090

100

200

300

400

500

parallelwhite noise

serieswhite noise

1/f noise

Measure @ T=77K Measure @ T=300K Fitting curve

Preamp PZ1CDET = 33 pF

EN

C [

el. r

.m.s

. ]

Shaping time [ µs ]

0.50.60.70.80.91

2

3

Noi

se in

Ge

[ keV

fwhm

]

Fig. 5.6. Equivalent Noise Charge del preamplificatore “PZ1” (asse y a sinistra) e

corrispondente risoluzione energetica in un rivelatore al germanio (asse y a destra). La capacità del rivelatore è 33 pF.

CAPITOLO 5

84

5.2.2 Terminazione 1MΩ, cavo lungo (12.5m) RG178

Utilizzando gli stessi valori per i parametri caratteristici del circuito visti nel caso

precedente, con la terminazione a 1MΩ, sono stati ottenuti i seguenti valori:

• nsRiseTime 70≅

• La forma dell’esponenziale che è stato ottenuta è molto buona, come quella vista

nel caso precedente, con un sFallTime µ250≅ .

5.2.3 Figure dall’oscilloscopio per i vari casi elencati

Gli effetti sull’ampiezza del segnale e sulla chiarezza dovuti al tipo di cavo e alla

lunghezza sono mostrati in Fig. 5.7 dove è stato trasmesso lo stesso segnale impulsivo

attraverso un cavo da 1m RG58, un cavo da 10m RG58 e infine attraverso un cavo da 10m

RG178.

Fig. 5.7. Effetti della resistenza del cavo sulla forma e l’ampiezza del segnale impulsivo di test.

Per lo stesso segnale impulsivo sono stati testati tre cavi differenti.

Il valore più elevato della resistenza dell’ultimo cavo comporta una perdita nell’ampiezza

del segnale e una distorsione della sua leading edge, in tal modo il tempo di transizione

misurato ne risulta incrementato. In Fig. 5.8 sono mostrati i segnali in uscita di due canali

differenti del preamplificatore che operano alla temperatura di 77K connessi a un cavo

lungo 12m RG178.

Quando viene utilizzata un’alimentazione comune per lo stadio di ingresso e quello di

uscita e il cavo coassiale connesso è terminato a 50 Ω, la forma esponenziale del segnale

uscente è distorta dagli effetti di riflessione sull’alimentazione comune.

CAPITOLO 5

85

Fig. 5.8. Segnale in uscita per due canali differenti del preamplificatore che operano alla

temperatura di 77K, connessi all’esterno attraverso cavi RG178 di 12m. (a) Quando viene utilizzata una sola alimentazione comune a tutto il circuito e cavi coassiali

terminati a 50Ω, la forma esponenziale del segnale in uscita è distorta dall’effetto di riflessione sull’alimentazione comune.

Fig. 5.8. Segnale in uscita per due canali differenti del preamplificatore che operano alla

temperatura di 77K, connessi all’esterno attraverso cavi RG178 di 12m. (b) Forma esponenziale corretta ottenuta usando un cavo terminato a 1MΩ.

Usando un cavo terminato a 1MΩ invece, tali effetti scompaiono completamente come si

può vedere dalla Fig. 5.8 (b), per il fatto che, in tal caso, è richiesta molta meno energia dal

carico.

D’altro canto, usando un cavo terminato a 1MΩ, la forma del fronte di salita può essere

affetta dalla riflessione del segnale alla fine del cavo.

CAPITOLO 5

86

Come ho spiegato nel Capitolo 3, una separazione appropriata delle alimentazioni dello

stadio di ingresso da quelle dello stadio di uscita, è la soluzione migliore per eliminare gli

effetti di distorsione e per avere una risposta corretta del preamplificatore.

Con il setup descritto siamo stati in grado di ottenere una buona risoluzione di 2.5/2.6

keV FWHM per le linee del 60Co a 1173/1332 keV e una risoluzione di 3.0keV FWHM per

la linea a 2614 keV del 232Th.

In Fig. 5.9 è mostrato lo spettro della radiazione di fondo registrato durante una notte

intera. La risoluzione ottenuta soddisfa le caratteristiche richieste dall’esperimento per il

quale è stato pensato e realizzato il circuito.

Fig. 5.9. Spettro acquisito durante un’intera notte di misurazioni con una PCB a tre canali che

operava all’interno di una vasca con liquido criogenico e connessa all’esterno con un cavo RG178 di 12m.

APPENDICE

87

APPENDICE

L’appendice è riservata alle immagini dei vari circuiti (sia gli schematici, che i circuiti

realizzati). Tali immagini sono presenti anche nei vari capitoli ma, per comodità di

consultazione, le riporto anche in appendice.

A.1 Immagini dello stadio di uscita del circuito relative al Capitolo 2.

Fig. 2.5. Source-follower semplice, realizzato con un transistor p-MOS

APPENDICE

88

Fig. 2.6. Schematico dello stadio di uscita autoregolato in corrente

Fig. 2.12. Preamplificatore con retroazione negativa che utilizza la versione (a) (nella

parte sinistra) dello stadio di uscita e la versione (b) (a destra). In figura sono mostrati lo

schematico semplificato del circuito e la sua struttura effettiva.

APPENDICE

89

A.2 Immagini del circuito completo relative al Capitolo 3.

Fig. 3.2. Schematico dettagliato del preamplificatore JFET-CMOS, corrispondente alla

Fig. 3.1.

APPENDICE

90

Fig. 3.5. Schematico del circuito con alimentazioni del primo stadio separate da quelle

del secondo. Capacità del rivelatore di 16pF.

APPENDICE

91

Fig. 3.11 Schematico del circuito come è stato effettivamente realizzato. Si noti l’assenza

di alcuni dei transistor che invece erano presenti nella prima versione del circuito.

Fig. 3.12 Circuito completo montato su una PCB.

APPENDICE

92

A.3 Immagini della struttura del chip relative ai Capitolo 4 e 5.

Fig. 1. Layout (a sinistra) e relative didascalie (a destra) per la realizzazione di cinque

preamplificatori di carica a singolo canale in tecnologia AMS CMOS 0.8um. I vari

preamplificatori differiscono in alcuni dettagli.

APPENDICE

93

Fig. 2. Layout (a sinistra) e relative didascalie (destra) del chip realizzato in tecnologia

AMS 0.8 um CMOS.

Fig. 3. Micro-fotografia della metà sinistra del chip.

APPENDICE

94

Fig. 4. Disegno delle due facce della PCB di montaggio del chip “PZ1” (o PZ0-ver02).

BIBLIOGRAFIA

95

BIBLIOGRAFIA

- F. Zocca, “New Technologies For Low-Noise Wide-Dinamic-Range Preamplification

Of HPGe Segmented Detector Signals”, Dottorato di ricerca A. A. 2006-2007.

- A. Pullia, F. Zocca, S. Riboldi, D. Budjáš, A. D’Andragora, C. Cattadori, “A Cryogenic

Low-noise JFET-CMOS Preamplifier for the HPGe Detectors of GERDA”, 2008 IEEE

Nuclear Science Symposium Conference Record, pp. 2056 – 2060.

- A. Pullia and F. Zocca, “Fast Low-Impedance Output Stage for CMOS Charge

Preamplifiers able to work at Cryogenic Temperatures”, 2009 IEEE Nuclear Science

Symposium Conference Record, pp. 353 – 356.

- F. Zocca, A. Pullia, S. Riboldi, A. D’Andragora, C. Cattadori, “Setup of Cryogenic

Front-End Electronic Systems for Germanium Detectors Read-Out”.

- Alessio D’Andragora, Carla M. Cattadori, Assunta di Vacri, Matthias Junker, Luciano

Pandola, Alberto Pullia, Stefano Riboldi, Francesca Zocca, Marik Barnabé Heider, Dusan

Budjáš, Jürgen Kiko, Stefan Schönert, Konstantin Gusev, Béla Majorovits, “Spectroscopic

Performances of the GERDA Cryogenic Charge Sensitive Amplifier based on JFET-CMOS

ASIC, coupled to Germanium Detectors”, 2009 IEEE Nuclear Science Symposium

Conference Record, pp. 396 – 400.

BIBLIOGRAFIA

96

- Alberto Pullia, Francesca Zocca, Stefano Riboldi, Dusan Budjá¡s, Alessio D’Andragora,

and Carla Cattadori, “Cryogenic Performance of a Low-Noise JFET-CMOS Preamplifier

for HPGe Detectors”, IEEE TRANSACTIONS ON NUCLEAR SCIENCE.

- A. Pullia, F. Zocca, and S. Riboldi, “A JFET-CMOS Fast Preamplifier for Segmented

Germanium Detectors”, IEEE Transactios On Nuclear Science, Vol. 55, No. 1, February

2008, pp. 591 – 594.

- A. Pullia, F. Zocca, S. Riboldi and C. Cattadori, “A fast VLSI preamplifier for

segmented HPGe γ-ray detectors”, 2006 IEEE Nuclear Science Symposium Conference

Record, pp. 350 – 353.

- Alberto Pullia and Francesca Zocca, “A Self-Adjusting Constant-Current Source

Follower for CMOS Preamplifiers of Semiconductor Detector Signals”, 2006 IEEE Nuclear

Science Symposium Conference Record, pp. 354 – 356.

- Andrea Capra, “Studio della Risposta di un Rivelatore di Germanio Iperpuro per

Spettroscopia Gamma in Campi Magnetici molto Intensi”, Tesi di Laurea Triennale A.A.

2007 – 2008.

SOMMARIO

97

SOMMARIO

INTRODUZIONE 1

CAPITOLO 1 3

1.1 RIVELATORI AL GERMANIO 3

1.1.1 PROPRIETÀ DEI SEMICONDUTTORI 3

1.1.2 RIVELATORI A SEMICONDUTTORE 7

1.1.3 IL GERMANIO IPERPURO 8

1.1.4 ELETTRONICA E CONFIGURAZIONE DEL RIVELATORE 10

1.2 IL PREAMPLIFICATORE DI CARICA 11

1.2.1 SETUP E CARATTERISTICHE PRINCIPALI DEL CIRCUITO 13

CAPITOLO 2 17

2.1 STADIO DI USCITA 17

2.2 STRUTTURA STANDARD PER UNO STADIO DI USCITA A BASSA E ALTA IMPEDENZA 18

SOMMARIO

98

2.3 NUOVO STADIO DI USCITA IN TECNOLOGIA CMOS: SOURCE-FOLLOWER AUTOREGOLATO IN

CORRENTE 21

2.4 STRUTTURA CIRCUITALE E SIMULAZIONI 25

2.5 ANALISI DELL’ANELLO DI RETROAZIONE NEL DOMINIO DEL TEMPO E NEL DOMINIO DELLA

FREQUENZA 32

CAPITOLO 3 38

3.1 STRUTTURA DELL’ASIC 38

3.2 GUADAGNO D’ANELLO 44

3.3 CIRCUITO CON ALIMENTAZIONI SEPARATE 45

3.4 CIRCUITO FINALE 52

CAPITOLO 4 60

4.1 TEMPERATURA CRIOGENICA 60

4.2 COMPORTAMENTO DELL’APPARATO ATTIVO E PASSIVO A TEMPERATURA AMBIENTE (300K)

E A TEMPERATURA CRIOGENICA (77K) 62

4.3 EFFETTI DI DISTURBO DEL SET UP CRIOGENICO SULLE PRESTAZIONI DEL

PREAMPLIFICATORE 68

4.4 MISURE SPERIMENTALI CON IL SETUP DEL RIVELATORE: PERFORMANCE DEL

PREAMPLIFICATORE E RISOLUZIONE ENERGETICA 69

CAPITOLO 5 74

5.1 MISURE SPERIMENTALI A TEMPERATURA AMBIENTE (300K) 74

5.1.1 TERMINAZIONE 50Ω, CAVO CORTO (1M) RG58 76

5.1.2 TERMINAZIONE 50Ω, CAVO LUNGO (10M) RG58 77

SOMMARIO

99

5.1.3 TERMINAZIONE 1MΩ, CAVO CORTO (1M) E CAVO LUNGO (10M) RG178 77

5.1.4 CASISTICA DELLA CONNESSIONE ALLE ALIMENTAZIONI 77

5.1.4 CASO PARTICOLARE 78

5.2 MISURE SPERIMENTALI IN AZOTO LIQUIDO (77K) 80

5.2.1 TERMINAZIONE 50Ω, CAVO LUNGO (12.5M) RG178 81

5.2.2 TERMINAZIONE 1MΩ, CAVO LUNGO (12.5M) RG178 84

5.2.3 FIGURE DALL’OSCILLOSCOPIO PER I VARI CASI ELENCATI 84

APPENDICE 87

A.1 IMMAGINI DELLO STADIO DI USCITA DEL CIRCUITO RELATIVE AL CAPITOLO 2. 87

A.2 IMMAGINI DEL CIRCUITO COMPLETO RELATIVE AL CAPITOLO 3. 89

A.3 IMMAGINI DELLA STRUTTURA DEL CHIP RELATIVE AI CAPITOLO 4 E 5. 92

BIBLIOGRAFIA 95

SOMMARIO 97