OODIGOS-LAGUIDA 2019-04... · 2020. 4. 24. · minano il mondo. La stessa fede è necessaria per...

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  • O ODIGOS-LA GUIDA è la rivista trimestrale del CentroEcumenico “P. Salvatore Manna O.P.” dei Padri Domenicanidi Bari. Nata nel 1981 come giornale di formazione e infor-mazione ecumenica, ha come interlocutore privilegiato ilmondo ortodosso, ma non si disinteressa di quello protestan-te. Nel 1985 il Centro Ecumenico ha iniziato la pubblicazio-ne dei QUADERNI DI O ODIGOS.Le Veglie Ecumeniche di preghiera e le Conversazioni Ecu-meniche sono due delle attività più significative che il CentroEcumenico intende offrire all’interno dell’animazione cultu-rale delle realtà della Basilica Pontificia di San Nicola in Bari.

    Per informazioniTel. 080.57.37.111

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    QUADERNI DI O ODIGOS

    1. MANNA S., Il dibattito sul primato romano, 1985, pp. 40.2. AA.VV., Ecumenismo: un cammino ancora difficile?, 1985, pp.

    56 (contributi di J. Ratzinger, G. G. Williams, G. Agresti, J.Willebrands, D. Papandreou).

    3. SALACHAS D., Il dialogo teologico ufficiale tra la Chiesa cattoli-co-romana e la Chiesa ortodossa. Iter e documentazione, 1986,pp. 94.

    4. DROULIAS I., I santi nella Chiesa (punto di vista ortodosso), 1986,pp. 35.

    5. CIOFFARI G., Breve storia della teologia russa, 1987, pp. 100.6. WYRWOLL N. ed., L’attuale gerarchia ortodossa, 1988, pp. 200.7. SALACHAS D., Il dialogo teologico ufficiale tra la Chiesa cattoli-

    co-romana e la Chiesa ortodossa. La quarta assemblea plenariadi Bari 1986-1987, 1988, pp. 99.

    8. MODA A., Martin Lutero. Un decennio di studi (1975/ 76-1986/87)attorno ad un centenario (1483-1983), 1989, pp. 224.

    9. DISTANTE G. - MANNA S., P. Giuseppe Ferrari. Un italo-albanesetra Costantinopoli e Roma (1913-1990), 1990, pp. 32.

    10. WYRWOLL N. ed., L’attuale gerarchia ortodossa (1990-1991),1991, pp. 220.

    11. CIOFFARI G., L’ecclesiologia ortodossa: problemi e prospettive,1991, pp. 83.

    12. LEONARDI L., La riflessione ermeneutica in prospettiva ecumeni-ca, 1992, pp. 122.

    13. MANCA L., Aspetti ecumenici dei Padri della Chiesa, 1994, pp.83.

    14. SALACHAS D., Il dialogo teologico ufficiale tra la Chiesa cattoli-co-romana e la Chiesa ortodossa. Iter e documentazione, 1994,pp. 310.

    15. BUX N., La liturgia degli orientali, 1996, p. 236.16. VIOLANTE T., I rapporti Roma-Costantinopoli nel primo millen-

    nio, 2001, pp. 320.17. CIOFFARI G., Storia della teologia orientale e occidentale, 2001,

    pp. 158.18. CIOFFARI G., Storia dei rapporti Roma-Costantinopoli dal 1453 al

    1958, 2009, pp. 221.19. MODA A., La tunica inconsutile. Percorsi storici ed ecumenici,

    2014, pp. 295.

    NUOVA SERIE

    1. ALBANO E. (cur.), La vita religiosa nella storia del cristianesimo: unitinerario dalle origini all’età contemporanea, 2016, pp. 208

    2. PAGNOTTA S. (cur.), La Basilica Pontificia S. Nicola nelle Costitu-zioni, 2019, pp. 146

    Contributo per O ODIGOS - LA GUIDAC/C Bancario: IBAN IT98 H054 2404 0140 0000 1023 687presso Banca Popolare di Bari - Via S. Domenicointestato a:Provincia S. Tommaso D’Aquino in Italia - Centro Ecumenico.Realizzato da: Levante Editori, Bari

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    Emmanuel ALBANO OP

    Il Natale invisibile

    Un censimento di tutta la terra introduce nelracconto lucano le vicende che portano alla nascitadi Gesù. Evento macroscopico che muove le vite ditutti gli abitanti del mondo conosciuto, impegnati araggiungere ognuno la propria città di origine. Inquesto grande ingranaggio in movimento ancheGiuseppe viene coinvolto e con lui Maria, sposaincinta che nel racconto appare come ultima. Comecolei che subisce le conseguenze di qualcosa di piùgrande di lei, che muove inesorabilmente la suavita, nonostante la sua condizione delicata e fragi-le. È probabilmente proprio questa dinamica chel’evangelista intende mettere in evidenza raccon-tando il contorno della nascita del Salvatore. Glieventi che superano le povere forze umane sonoutilizzati da Dio per realizzare i suoi fini. Questoemerge chiaramente per la nascita fortuita di Cristoin Betlemme. Fortuita ma preannunciata secondola profezia che il messia sarebbe nato proprio nellacittà di Davide. Questo caso-previsto è l’ossimoroche dice un modo di fare di Dio. Nulla è estraneoal cammino di Dio nella storia. Egli si serve di ognievento per poter affermare la sua presenza amore-vole e salvatrice. La fede colma quella pericolosatentazione di non-senso che può aggredire i fedelinel sentirsi sballottati tra ingranaggi troppo piùgrandi di loro, incapaci di vedere una direzionechiara della propria vita, silenziosamente oscurati -quando non schiacciati - dalle grandi forze che do-minano il mondo.

    La stessa fede è necessaria per comprendereil senso di una nascita precaria, pericolosa, fredda.Precaria perché fuori dal contesto familiare, dagliaffetti. Lontana dal quel racconto che lo stessoevangelista ci aveva fatto ricordando un’altra na-scita, quella di Giovanni Battista, attorniato invecedal calore di famiglia e vicini. Fredda perché inac-cogliente. Umanamente e meteorologicamente.Manca all’appello anche un solo uomo che sia ca-pace di accogliere una famiglia fuori casa e biso-gnosa di aiuto. E un bimbo che deve vedere il suoprimo giorno. Pericolosa perché al tempo non eracosì raro che si morisse durante il parto. Per madree figli. Insomma le condizioni di questa nascitasembrerebbero essere le peggiori in assoluto. Ep-pure l’angelo aveva parlato di un bambino che sa-

    rebbe stato «grande e [...] chiamato figlio dell’Al-tissimo», che avrebbe ereditato «il trono di Davidesuo padre» (1,32), che avrebbe regnato «sulla casadi Giacobbe per i secoli» (1,33) senza fine. Eccodunque la necessità della fede. Per accogliere ilpercorso di Dio, ricordando il monito di Isaia chericordava di Dio: «i miei pensieri non sono i vostripensieri, le vostre vie non sono le mie vie» (Is55,8).

    La fede è necessaria anche per capire la mo-dalità scelta da Dio per la nascita di questo bambi-no. Tutta la situazione sembra una preparazione aquesto evento i cui connotati sono il cuore del mes-saggio: «diede alla luce il suo figlio primogenito,lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia»(2,7). Si tratta di una nascita povera, anonima, na-scosta. Ma è proprio il nascondimento che sembraessere l’elemento portante del racconto. I grandis-simi eventi - un decreto di Cesare Augusto - siscontrano qui, in un altro ossimoro, con una nasci-ta anonima in un piccolo paese della Palestina.Nascita lontano da clamori e dalle feste. Nascita insilenzio e al freddo. Grande storia e piccoli eventicominciano e chiudono questa narrazione cheesprime una vera e propria scelta. Dio sceglie dinascere in modo anonimo, lontano dai clamori. Indefinitiva in modo nascosto.

    Ma perché nascondersi? La risposta arrivanel prosieguo del racconto. Quei connotati che de-lineano la nascita del bambino costituiscono ancheil segno per riconoscerlo: «questo per voi il segno- raccontano gli angeli ai pastori - troverete unbambino avvolto in fasce, adagiato in una mangia-toia» (2,11). Partecipare al Natale del Signore puòavvenire solo per ‘invito’. Non può essere un even-to pubblicizzato. E neanche un fatto appariscente.Luca non racconta dell’astro che attira l’attenzionedei Magi fin da Oriente, conducendoli alla grotta.La grande luce che investe i pastori è un invito per-sonale - angelico - che si serve dei connotati dellanascita per permettere il riconoscimento del re-bambino.

    Chissà che per accogliere quel messaggionon si debba essere proprio come i pastori: un sal-vatore avvolto in fasce che giace in una mangia-toia. Forse molti si sarebbero scandalizzati, non a-

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    vrebbero creduto. Non sarebbero andati fin lì. I pa-stori invece vanno. Essi che sono l’immagine di chiveglia tutta la notte (2,8). Di chi, povero, non sipreoccupa della povertà come una vergogna. Eccoil senso della nascita di Gesù: Dio sceglie di nasce-re in modo nascosto e povero. E chi vuole incon-trarlo non può che condividere la sua stessa condi-zione.

    In fondo anche questa è rivelazione. Egliagisce insospettabilmente attraverso gli eventimacroscopici, come attraverso quelli invisibili.Entra nella storia senza aver bisogno dei potenti,ma preferisce farsi riconoscere dagli ultimi. Il suoNatale è volutamente invisibile perché egli vuolerenderlo partecipe agli invisibili! Il Natale appar-tiene innanzitutto a loro. E per far questo il Diocreatore del cielo e della terra prende la condizionepiù bassa della sua creatura umana.

    A noi che celebriamo questo Natale il com-pito di ricordarne - recuperarne - il senso secondoil modo voluto da Dio stesso. Lo ricordava unpadre della Chiesa, che riflettendo sul nostro mododi onorare Dio invitava: «impariamo dunque a pen-sare e a onorare Cristo come egli vuole. Infattil’onore più gradito che possiamo rendere a coluiche vogliamo venerare è quello che lui stessovuole, non quello escogitato da noi». Il modo chelui stesso vuole ce lo ha insegnato con le sue scel-

    te. Per cui: «vuoi onorare il corpo di Cristo? Nonpermettere che sia oggetto di disprezzo nelle suemembra cioè nei poveri, privi di panni per coprir-si. Non onorarlo qui in chiesa con stoffe di seta,mentre fuori lo trascuri quando soffre per il freddoe la nudità» (Giovanni Crisostomo, Omelie sulvangelo di Matteo 50, 3. 4). Chissà che quel fred-do e nudità non siano gli stessi che ha sofferto ilDio-bambino. Chissà che accogliendo quelli nondiventiamo anche noi come i pastori che ebberol’onore dell’invito a visitare Gesù. E questo nonper sminuire il valore e l’importanza di celebraredecorosamente le festività natalizie. Ma per viver-ne il più autentico spirito che non è in un grano diincenso bruciato in più, ma nella vita umana che siconforma al mistero del Natale del Dio uomo:«Dio non ha bisogno di vasi d’oro, ma di animed’oro. Con questo non intendo certo proibirvi difare doni alla chiesa. No. Ma vi scongiuro di elar-gire, con questi e prima di questi, l’elemosina»(Ibidem).

    Chissà, forse il nostro tempo ci pone innanzioccasioni più propizie di vivere il Natale. Chie-diamo al Signore di poterle riconoscere, come i pa-stori, invitati a riconoscere il bambino Gesù dalparticolare segno della sua regalità: la nudità e l’u-miliazione.

    Buon Natale a tutti voi!

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    Damiano BOVA OP 1

    L’attività accademicadell’Isituto di Teologia Ecumenica “San Nicola”

    Ordinamento degli studi

    Il primo ordinamento degli studi, è del 1969,seguito negli anni accademici 1969-1971 2. La dire-zione accademica ha docuto procedere alla progres-siva applicazione delle norme, che venivano detta-te dalla legislazione vigente della S. Sede (Congre-gazione per l’educazione cattolica) e della PUST.Nel tempo furono apportate all’ordinamento alcunemodifiche non sostanziali. L’Istituto è configuratocome una istituzione culturale a carattere universi-tario, che conferisce i gradi accademici di licenza edottorato, con specializzazione in teologia ecume-nica. L’ordinamento degli studi segue le norme det-tate in sostanza dalla Facoltà di teologia dellaPUST. Trattandosi di un Istituto di specializzazionetutto particolare, sono previste delle norme alquan-to differenti dalle altre istituzioni accademiche evi-denziate negli orientamenti generali del piano distudio3.

    Anzitutto esige l’adeguamento «alle esigenzedel dialogo ecumenico», che è complesso nella suaeterogeneità e in continua evoluzione, a cui fa ri-scontro l’esigenza di un discorso interdisciplinarerichiesta dalla specificità greco-bizantina. Questaconvergenza non è stata facile all’interno del corpodocente eterogeneo per formazione e appartenenzaa diverse confessioni cristiane.

    E infine c’è una discriminante che contraddi-stingue questa da altre istituzioni accademiche si-milari. L’attività dell’Istituto non si limita all’aspet-to solo accademico, culturale, scientifico, ma è fi-nalizzata a dare un apporto concreto allo sviluppodel dialogo ecumenico fra le Chiese e produrre frut-ti concreti. Ciò richiede un confronto continuo conla realtà storica nell’ambito della propria area distudi e d’insegnamento, con riscontri che sono pro-iettati sugli immediati orientamenti ecclesiali.

    Nell’Ordinamento sono previsti due cicli diun biennio ciascuno, uno per la Licenza e l’altro peril Dottorato.

    Ciclo di Licenza e Dottorato

    A riguardo del ciclo di licenza si afferma: «Ilciclo avvia anche alla competenza per il dialogoecumenico»4. Nell’ambito dell’unica specializza-

    zione prevista in teologia ecumenico-patristica, perla licenza erano previste tre aree più specifiche:patristica, teologica e storica o artistica 5.

    Per il biennio di dottorato vi erano due soliorientamenti: teologico-patristico e storico-bizanti-no 6. Questi orientamenti venivano considerati comeuna specializzazione nella specializzazione. L’Isti-tuto, pur essendo una Sezione di una Facoltà, eraconsiderato, in una certo qual senso, come una Fa-coltà con le sue sezioni di specializzazione.

    Nella revisione degli statuti degli anni ’80,approvati definitivamente il 1° luglio 1991, nel ci-clo di licenza per il corso B, il secondo anno, la de-nominazione settori di specializzazione furono mu-tati in indirizzi, che da tre passarono a due: biblico-patristico e storico-bizantino. Questi indirizzi ri-marranno tali anche per il ciclo di Dottorato7. Le te-si di licenza e dottorato, gli studenti dovevano svol-gerle sulle materie del proprio indirizzo.

    Negli statuti del 2003 gli indirizzi vengonodenominati aree per tutto il ciclo di licenza; esse so-no tre: patristica, teologica e storica o artistica 8.Nel ciclo di dottorato vengono indicati così: «lo stu-dente approfondisce, nell’ambito dell’unica specia-lizzazione in teologia ecumenico-patristica, l’orien-tamento teologico-patristico o quello storico-bi-zantino, scelto all’atto dell’iscrizione» 9. Al dottora-to le aree della Licenza diventano orientamenti.

    Una particolarità costituivano i seminari distudio nei paesi ortodossi previsti per i dottorandi.«l’Istituto organizza … seminari di studio in Greciae in altri paesi del mondo ortodosso, sotto la re-sponsabilità dei propri docenti»10, al fine di indurregli studenti cattolici a prendere contatto diretto conil mondo ortodosso. La Licenza aveva il riconosci-mento civile, come il Dottorato, per l’insegnamentonegli istituti religiosi, in quelli parificati e per lescuole medie inferiori. in forza della equipollenzariconosciuta alla Laurea dal Concordato tra lo Statoe la Chiesa del 1929.

    Ammissione

    Nell’ordinamento iniziale era previsto chepotevano essere ammessi al ciclo di Licenza gli stu-denti che avevano conseguito il baccellierato o altro

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    titolo equivalente 11. «L’Istituto è aperto a chierici elaici, di ambo i sessi, di qualsiasi confessione cri-stiana» 12. Per gli studenti che avevano concluso glistudi istituzionali nei seminari regionali o negli stu-di teologici dei religiosi, invece, si richiedeva unesame d’ammissione su un programma stabilito dalConsiglio d’istituto come titolo equipollente al bac-cellierato. Queste disposizioni non sono state maiben messe in chiaro fino alla definizione degli sta-tuti del 2003. Per gli studenti ortodossi la definizio-ne del titolo di ammissione era più complicato. Sirichiedeva la certificazione del proprio vescovo13.

    Per gli studenti in possesso del Magistero inscienze religiose, in mancanza del baccellierato oaltri requisiti equipollenti, per iscriversi al ciclo dilicenza si richiedeva un anno integrativo. Il piano distudi stabilito era stato organizzato in maniera chepotesse essere propedeutico alle materie di questociclo 14. «Al ciclo di licenza sono ammessi coloroche hanno assolto agli obblighi del corso propedeu-tico. Esso per un congruo periodo (non meno di unsemestre) tende a fare acquisire le competenze perseguire i corsi proposti»15. Questo corso di un se-mestre con 16 credits, è previo all’iscrizione per ilciclo di licenza, e deve essere completato con tuttigli esami.

    Il primo corso integrativo è stato istituito perl’anno accademico 2004-2005. Il piano di studicomprendeva materie riguardanti anche lo studiodella tradizione orientale, comune agli ortodossi eai cattolici, dell’ecumenismo, con particolare riferi-mento ai rapporti tra cattolici e ortodossi, e delletradizioni bizantine nell’Italia meridionale.

    Per l’iscrizione al ciclo di Dottorato si richie-deva «la licenza in teologia conseguita presso ilnostro Istituto con la media di 8,5/10» 16.

    Diplomi di qualificazione

    L’Istituto, oltre ai gradi accademici, rilasciaanche due diplomi di qualificazione o perfeziona-mento, uno in ecumenismo, l’altro in bizantinolo-gia 17. Questi diplomi non erano previsti negli statu-ti del 1972. Furono istituiti per la prima volta nel1978/79, allo scopo di offrire una debita formazio-ne in ecumenismo e bizantinologia a docenti di isti-tuti teologici, ai responsabili di attività ecumenichee ai cultori di bizantinologia. Questa iniziativa èstata voluta anche per operare una certa mediazio-ne culturale e rendere accessibili questi studi quali-ficanti dell’istituto anche a coloro che non possonoaccedere ai gradi accademici, a motivo di disponi-bilità di tempo o altro, o che hanno un interesse par-ticolare in questi settori di studio.

    Il diploma in ecumenismo è particolarmente

    diretto agli operatori di pastorale ecumenica delleChiese locali, come i membri del segretariato dio-cesano per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso.L’altro, in bizantinologia, ha come destinatari i cul-tori della storia, delle tradizioni e dell’arte bizanti-na, specie nell’Italia meridionale, o a coloro che de-siderano approfondire una materia che ha riscontronelle università, ma con un approccio diverso e unapporto nuovo, particolarmente per la componenteteologica ed ecclesiologia. Per l’iscrizione si richie-de un grado accademico, o l’iscrizione ad una fa-coltà ecclesiastica o statale, o il titolo di studi perl’ammissione all’università. In un primo periodo sipoteva conseguire in un semestre di frequenza, conun piano di studi per ciascun diploma. Negli statutidel 1991 si richiedono due semestri, confermati ne-gli statuti del 2003 18.

    Piano di studi

    Ci furono frequenti aggiornamenti a riguardodelle discipline, dovuti alla novità assoluta in que-sto settore di studi in chiave accademica. Per l’as-sestamento quasi definitivo delle discipline accade-miche c’è voluta l’attività e l’esperienza di circa undecennio.

    Lungo il percorso s’era dato spazio nel pianodi studi anche ad alcuni elementi riguardanti il dia-logo interreligioso, con qualche corso di esperti alivello internazionale, e qualche seminario di studi,poi eliminati 19. È stata inserita la Storia dei rappor-ti Roma-Costantinopoli, divisa in due periodi (pri-ma e dopo il Concilio di Firenze), e insegnata dadue docenti, uno cattolico e l’altro ortodosso. Lastoria della teologia russa, nonostante che l’Istitutofosse stato orientato sul mondo bizantino-greco, fuinserita fin dal principio e affidata al P. Cioffariop20. Un corso di liturgia slava veniva tenuto da unGesuita dell’Orientale di Roma, P. Miguel Arranz.

    Un’altra disciplina qualificante dell’Istituto,non solo per gli aspetti e interessi culturali che ri-guardano tutta l’Italia meridionale, ma anche dalpunto di vista pastorale, è la Storia e tradizioni bi-zantine dell’Italia meridionale 21 per il radicamentodel mondo bizantino nell’Italia meridionale, permolti secoli, e l’interesse che gli orientali dimostra-no per le tradizioni bizantine di queste regioni e laconvivenza fra orientali e occidentali per alcuni se-coli. Gli ambiti di studi in questo settore sono ampi:storico, culturale, letterario, religioso, giuridico, li-turgico, artistico, documentario, tradizioni popola-ri; tutto in chiave ecumenica. Le numerose tesi di li-cenza e di dottorato22 in questo settore hanno susci-tato molto interesse negli ambienti culturali e socia-li delle regioni meridionali. Agli studenti era richie-

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    sto la partecipazione ai corsi, ai seminari, ai sog-giorni di studio, ai colloqui, e redigere la tesi, comeprescritto dal piano di studi.

    Soggiorni di studio

    Per la migliore conoscenza dell’Ortodossial’Istituto S. Nicola ha inserito fin dall’inizio nel pia-no di studi i soggiorni di studio nell’Oriente cristia-no, per instaurare un dialogo aperto e fare mutuaesperienza, tra cattolici e ortodossi, ritenuti neces-sari alla formazione di una completa mentalità ecu-menica. con una conoscenza diretta. Negli statuti fuprevisto per lo studente che intende conseguire lalicenza di «aver partecipato a uno dei soggiorni distudio nei paesi dell’Oriente cristiano programmatidalla Sezione» 23. Lo stesso si richiedeva allo stu-dente per conseguire il dottorato di ricerca: deveprendere parte attiva «a un soggiorno di studio pro-grammato dalla Sezione»24. Negli attuali statuti del2003, si prevede questo obbligo solo per il ciclo didottorato, ma in maniera tale che non sembra obbli-gatorio25. Il primo è stato tenuto a Tessalonica inGrecia, con un gruppo di circa 30 studenti, per duesettimane, dal 18 febbraio al 3 marzo 1973. È statauna esperienze a carattere sia culturale presso gliistituti universitari, sia pastorale nelle parrocchietenute da papas ortodossi sposati nei piccoli centri;era previsto anche un soggiorno di tre giornate alMonte Athos, ma non si è potuto realizzare a causadi una tempesta che impedì alla nave di salpare daOuranoupolis per raggiungere Dafni, nella penisoladei monasteri26.

    Nel 1974 il viaggio si è tenuto in Romania,dal 20 luglio al 4 agosto, con incontri con le perso-nalità ecclesiastiche ortodosse a cattoliche, con ilsemplice popolo di fedeli ortodossi, con i monaciche vivono un’esperienza religiosa e mistica diver-sa da quella degli ordini monastici occidentali neinumerosi monsasteri 27. Le sintesi delle relazioni de-gli studenti furono pubblicate insieme a dettagliatarelazione di P. Manna. Uno dei partecipanti feceuna relazione di oltre 50 pagine, con un’ottima ag-giunta cartina dell’itinerario.

    ATTIVITÀ EXTRACCADEMICAPROMOSSA E GESTITA DALL’ISTITUTO

    Le prolusioni all’anno accademico

    L’inaugurazione ufficiale dell’anno accade-mico è uno dei momenti più importanti dell’Istitu-to. Questo appuntamento annuale con la prolusionedella personalità invitata a tenerla e la relazione sul-la vita dell’Istituto tenuta dal Preside, rappresenta-

    no un punto di riferimento come un bilancio con-suntivo dell’insegnamento e dell’attività svolte nel-l’anno precedente, e per la presentazione del pro-gramma da svolgere nell’anno seguente. Non èconsiderata attività accademica, ma per la sua im-portanza è paraccademica. È un fare scuola fuoridella scuola, per le persone esterne che vi parteci-pano. È un evento culturale ed ecclesiale per la co-munità locale. Nelle prolusioni i temi proposti evi-denziano gli aspetti innovativi nel campo della ri-cerca ecumenica.

    La terza prolusione dell’anno accademico1971/72 è stata tenuta nell’aula magna della nuovae funzionale sede dell’Istituto, con una relazionedel P. Gerolamo Hamer, op, Segretario del Segreta-riato per l’unione dei cristiani, sul tema: «Le chieseortodosse e il consiglio ecumenico delle chiese». Ilmaestro dell’Ordine, P. Aniceto Fernandez, ebbe adire, intervenendo in questa occasione, parole pro-fetiche: «Noi non vogliamo servirci dell’Istituto,ma servire l’Istituto nelle sue finalità; …. nella eu-foria di questo momento vogliamo anche sognare.Vogliamo sperare che lo sviluppo di questo Istitutodi Bari sia così grandioso, che porti il Papa da Ro-ma e il Patriarca da Costantinopoli a ritrovarsi qui,non come i capi di due chiese sorelle, ma come fra-telli dell’unica chiesa di Cristo» 28.

    In occasione del Ventennale della conclusio-ne del Vaticano II (1965-1985), il 28 gennaio, perl’inaugurazione dell’anno accademico dell’Istituto,il card. Joseph Ratzinger, futuro Papa, tenne la pro-lusione su: «Unità e pluralismo nella chiesa dalconcilio al post-concilio».

    Le prolusioni sono state pubblicate sulla rivi-sta dell’Istituto Nicolaus, organo di diffusione diquesti contenuti che hanno contribuito a fare sco-prire, sulla nuova strada intrapresa dalla Chiesa, lafraternità ecumenica dei cristiani 29.

    Colloqui cattolico-ortodossi

    L’apporto più rilevante, a livello ecumenicointerecclesiale, l’ha offerta una delle iniziative piùprestigiose dell’Istituto: la celebrazione dei collo-qui cattolico-ortodossi. Non è facilmente decifrabi-le l’effettivo peso che i colloqui di Bari hanno avu-to a livello del dialogo ufficiale. Una valutazionedall’esterno possiamo però dedurla da alcuni ele-menti oggettivi. I colloqui sono stati celebrati perun ventennio, con la partecipazione d’esperti di pri-mo piano, a livello mondiale, e interecclesiale, al-cuni dei quali erano membri della Commissionemista cattolico-ortodossa costituita nel 1979 30, tracui i responsabili delle delegazioni d’ambo le parti.I colloqui erano esplicitamente finalizzati a prepa-

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    rare del materiale in vista dell’incontro della Com-missione mista successiva 31. Oltre agli incontri sci-entifici dei Coloqui, i partecipanti si ritrovavano in-sieme a pregare, molto spesso, nella Basilica di SanNicola. Al dialogo teologico si abbinava semprequello spirituale.

    Il fatto che queste personalità non hanno maidisertato i colloqui di Bari, è segno che avevano uncerto peso nel dialogo teologico interecclesiale. Ol-tretutto i colloqui sono stati organizzati sempre instrettissima collaborazione tra cattolici e ortodossi,collaborazione anche a livello di Facoltà teologichecattoliche, ortodosse e, indirettamente, anche prote-stanti.

    Questo lavoro di ricerca, spesso è sfociato inpubblicazioni di libri, saggi e articoli di riviste. Masoprattutto gli Atti sono stati pubblicati sollecita-mente sulla rivista dell’Istituto Nicolaus 32. L’attivi-tà dell’Istituto e la validità dell’iniziativa avrebbeavvalorato la presenza nella commissione mistadell’Arcivescovo di Bari mons. Magrassi, e del P.Dimitri Salachas, docente dell’Istituto. Diversi altrimembri della Commissione, cattolici e ortodossi,hanno partecipato assiduamente ai Colloqui comeP. J.-M. Tillard, P. E. Lanne.

    Alla commissione mista fu offerto un non di-sprezzabile contributo, con i colloqui. Prima dellabiennale riunione della commissione, l’Istituto or-ganizzava, nell’anno precedente, un colloquio sullatematica che la commissione avrebbe affrontatonella riunione dell’anno successivo. L’istituto prov-vedeva a pubblicarne sollecitamente gli Atti che ve-nivano forniti ai membri della Commissione.

    Il primo colloquio si tenne durante l’anno ac-cademico 1978-79, sul tema «L’iniziazione cristia-na come base dell’ecclesiologia». Un tema simila-re è stato messo all’ordine del giorno della Com-missione mista cattolico-ortodossa riunitasi per laprima volta a Patmos-Rodi dal 29 maggio al 4 giu-gno 1980. In questo incontro è stato impostato ilmetodo del dialogo. Il taglio ecclesiologico datodalla commissione al dialogo teologico, ha provo-cato soddisfazione nell’Istituto, che aveva posto al-la base del proprio impegno l’ecclesiologia di co-munione.

    Sono stati organizzati altri tredici Colloqui.Nella Chiesa di Bari (a Cassano) si sono tenuti dueincontri della Commissione mista negli anni 1986 e1987, in concomitanza con la celebrazione del IXCentenario della Traslazione delle reliquie di SanNicola (1087-1987). Nella Basilica di San Nicola cisono state celebrazioni eucaristiche degli ortodossie incontri di preghiera di cattolici e ortodossi.

    In questa occasione l’Istituto, d’intesa conl’Università di Basilicata, ha organizzato per il

    maggio 1987, un convegno storico interecclesiale,per il XII centenario del concilio Niceno II (787-1987), su «La legittimità del culto delle icone:Oriente e Occidente riaffermano insieme la fedecristiana»33, Il Niceno II è l’ultimo dei sette primiconcili riconosciuti anche dalla Chiesa ortodossa.L’iniziativa ha ottenuto un grande successo a livel-lo interecclesiale34.

    Iniziative promosse in collaborazione con altreistituzioni

    Le iniziative promosse in collaborazione conaltre istituzioni ecclesiastiche e laiche, a caratterepastorale-ecumenico, culturale e artistico, sono sta-te moltissime di cui possiamo citare, e solo citarne,le più importanti. Un progetto sulle etnie ebraichesul territorio pugliese finanziato dalla Regione Pu-glia, è stato condotto con un gruppo di esperti delDipartimento di studi classici e cristiani dell’Uni-versità di Bari e di altri Centri, inserito tra le attivi-tà e le iniziative dell’Istituto35. In collaborazionecon l’Istituto Internazionale Jacques Maritain, conla partecipazione di studiosi ebrei, cristiani e mu-sulmani, è stata intrapresa l’iniziativa di ricerca su-gli insediamenti ebraici in Puglia, coordinatadall’ITE 36.

    Premio ecumenico “San Nicola”

    Nel 1995, per solennizzare il 25° anniversa-rio della propria fondazione l’Istituto ha istituito ilPremio ecumenico San Nicola, da assegnare a dueeminenti personalità, l’una ortodossa e l’altra catto-lica, per il servizio reso alla promozione dell’unitàdei cristiani. Il premio consiste in una fedele ripro-duzione, su scala 1/3, della Lampada uniflamma odell’unione in argento e oro. Il Premio viene asse-gnato ogni due anni e consegnato nel corso dellasolenne cerimonia dell’inaugurazione dell’anno ac-cademico.

    Il Premio è stato assegnato ad alte personali-tà internazionali come il card. Edward Idris Cas-sidy, il metropolita di Myra, Chrysostomos Con-stantinidis, il metropolita ortodosso di Pergamo,Ioannis Zizioulas, P. René Beaupère op, direttoredel Centre Saint Irénée di Lione, il P. benedettinoEmmanuel Lanne, il prof. Olivier Clément, orto-dosso, il metropolita greco ortodosso di Silyvria,Emilianos Timiadis, rappresentante del patriarcatoecumenico al Consiglio ecumenico delle chiese diGinevra, e il P. Timothy Radcliffe op, Maestro ge-nerale dell’Ordine domenicano.

    Collaborazioni, incontri e iniziative culturali

    Significativa è stata l’offerta concessa nel

  • O ODIGOS-La Guida 4,2019 9

    1990 dall’Università di Atene al P. Salvatore Man-na, Preside dell’Istituto, di presiedere un sessionedel Senato accademico dove ha parlato dell’attivitàdell’Istituto. Era la prima volta che veniva conces-so a un cattolico questo privilegio. Nel corso diquesta riunione veniva annunciato che il P. RosarioScognamiglio op, dell’Istituto di Bari, era ammessoa conseguire la laurea in teologia presso la stessauniversità. Anche in questo caso era la prima voltache veniva consentito una deroga alle loro tradi-zioni.

    Nel corso di questi anni presso l’Istituto si re-carono diverse personalità e delegazioni interessatesia in merito al discorso ecumenico, sia quanto allametodologia innovativa adottata37.

    Interessante è stata anche l’iniziativa di orga-nizzare i viaggi ecumenici nei paesi dell’Orientecristiano in collaborazione con le Chiese di Pu-glia38, e gli itinerari ecumenici con il Centro ecu-menico dei padri domenicani della Basilica di SanNicola. Con questo Centro si è realizzata una stret-ta collaborazione, specie per mezzo del suo periodi-co trimestrale O Odigos - La Guida

    L’Istituto ha prestato il suo servizio priorita-riamente alle Chiese locali di Puglia con l’anima-zione teologica, culturale e pastorale, contribuendonon poco a fare scoprire la propria vocazione ecu-menica. Altra collaborazione è stata operata con IlSegretariato diocesano per l’ecumenismo, moltoattivo, affidato, oltretutto, alla guida di uno dei do-cente dell’Istituto, don Angelo Romita, e con l’altroorganismo ecumenico, non molto diffuso nellechiese locali italiane: la Consulta ecumenica; unvero organismo ecumenico, in cui le varie compo-nenti ecclesiali, cattolica, evangelica e ortodossa,operano e partecipano pariteticamente.

    L’Istituto poi si è offerto a collaborare, sulpiano culturale e scientifico, con le istituzioni ec-clesiali pugliesi, come il Pontificio seminario regio-

    nale di Molfetta, l’Istituto teologico dei francescanidi Santa Fara, l’Università degli studi di Bari, leScuole di teologia per laici della Puglia e della Lu-cania. La collaborazione si è estesa anche alle acca-demie universitarie ortodosse d’Atene, Tessalonica,Halki, Russia. Questo tipo di collaborazione conistituzioni altamente culturali, l’Istituto barese me-diante i docenti ortodossi, l’ha intesa non solo sulpiano degli studi e delle ricerche nelle discipline ec-clesiastiche, ma pure nel campo della pastorale ecu-menica.

    Rapporti particolari di collaborazione si in-trapresero con l’Istituto S. Bernardino di Venezia,incorporato alla Facoltà di teologia dell’Antonia-num di Roma, tenendo insieme degli incontri e an-che qualche convegno39.

    Collaborazione con l’Università degli studi diBari

    L’Istituto già dai primi anni della sua attivitàavvia un rapporto di collaborazione culturale conl’Università degli studi di Bari. Nel 1975 si realiz-za la fondazione del Centro studi bizantini con lapartecipazione anche della basilica di San Nicola.L’iniziativa nasce per suggerimento del prof. AndreGuillou, direttore dell’Institut des Hautes Etudes diParigi, invitato a tenere un corso sulle tradizioni bi-zantine dell’Italia meridionale di cui era il più affer-mato specialista. La proposta del prof. Guillou èstata accolta dal prof. Adriano Prandi, preside del-l’Istituto di storia dell’arte medievale e modernadella facoltà di lettere e filosofia dell’Università diBari, e insieme a lui la sua assistente, la prof.saStella Calò Mariani. Il Prof. Prandi era stato invita-to, all’inizio degli anni ’70, a tenere un corso pres-so l’Istituto, insegnamento continuato dalla Calò.Per otto anni è stato un centro di alto prestigio a li-vello internazionale sotto la direzione del prof. An-drè Guillou e poi della prof. Stella Calò Mariani 40.

    1 I precedenti contributi sulla storia dell’Istituto lipotete trovare in O Odigos, 2018, n. 2, pp. 27 ss; 2018, n. 3,pp. 27 ss; 2019, n. 1, pp. 9 ss; 2019, n. 2, pp. 6 ss.

    2 Cfr il primo Annuario dell’Istituto pubblicato nel1972.

    3 Cfr St. 2003, art. 59, I-III.4 St. 2003, n. 60, II.5 Cfr St. 2003, n. 60, III.6 Cfr St. 2003, n. 62 Ia. Nell’ordinamento degli studi

    del 1972, erano previsti tre settori di orientamento: ecumeni-co, patristico-teologico e storico (Cfr St. del 1972, n. 38 b 1°,PUST, Facoltà di teologia, sezione ecumenico-patristica gre-co-bizantina «S. Nicola», statuto, 1972, p. 32; ordinamento de-gli studi del 1972, n. 4 b e 5, Bari, 1972, pp. 7-8 [pro manu-scripto]).

    7 St. del 1991 nn. 51-63; Istituto di teologia ecumeni-

    ca, Annuario 1992-1993, Bari, 1992, pp. 77-83.8 Cfr St. del 2003, n. 60, III, a,b,c, Istituto di teologia

    ecumenica, Statuti, anno 2003, Bari, 2003, pp. 34-35.9 Ib., 62 I a, p. 36.

    10 St. 2003, n. 62 1c.11 Cfr Ib., art. 41; cfr anche art. 42.12 St. del 2003, art. 39. L’unica restrizione indiretta è

    l’appartenenza al mondo dei credenti cristiani.13 Cfr art. 74, I e III.14 “Guida dello studente”, Istituto di teologia ecumeni-

    ca, Anno accademico 2000-2001, Bari, 2000, p. 15. non eraprevisto dallo statuto approvato nel 1991, né si trova nell’An-nuario del 1992-1993 e in quello del 2000/2001.

    15 St. del 2003, n. 60, p. 34.16 St. del 203, n. 41 II, p. 26. Nell’Annuario 2003/4 è

    indicata invece la media di 8/10, con una ulteriore precisazio-

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    ne, che tale media si richiede anche per la tesi e per l’esamefinale, precisazione che non c’è negli statuti.

    17 Cfr Ib., n. 72, p. 83.18 Cfr Ib., n. 64, p. 37; in questo Statuto vengono pre-

    cisati i credits e i seminari da seguire.19 Cfr piano di studi degli anni 2000. Sembra che la

    materia rientra negli interessi, almeno indiretti, dell’Istituto,dato che sarebbe proficuo che il dialogo interreligioso sia con-dotto dalla cristianità, a livello ecumenico.

    20 L’insegnamento fu affidato al P. Gerardo Cioffari,domenicano, che ha un’ottima conoscenza della lingua e dellecultura russa, specie sotto il profilo filosofico e teologico.

    21 All’inizio era stata denominata Storia delle chieselocali. L’istituzione di questa cattedra ha provocato la fonda-zione dell’Ecumenica editrice e il Centro studi per la storiadella civiltà bizantina dell’Italia meridionale.

    22 “Tesi di licenza e dottorato discusse all’istituto «S.Nicola», in ITE, Annuario del 1993-1994, Bari 1993, pp. 94-107. Le tesi di licenza dal 1971 al 1993 sono 188, e di dotto-rato, dal 1974 al 1992 sono 33. Cfr. anche BOVA, DAMIANO OP,“L’attività dell’Istituto”, pp. 177-179. Le sintesi di alcune tesisono state pubblicate sulla rivista Nicolaus, nella rubrica‘Contributo alla ricerca’.

    23 Cfr St. 1972, n. 37, b, 3, p. 31; cfr. St. 1972, n. 10,p. 11.

    24 Cfr St. 1972, n. 38, b, 2, p. 32; cfr. St. 1972, n. 10,p. 11 e Ordinamento degli studi, 1972, n. 6, C, f, p. 10.

    25 «L’istituto organizza … seminari di studio in Greciao in altri paesi del mondo ortodosso, sotto la responsabilità deipropri docenti. Favorisce soggiorni di ricerca in centri di cul-tura affini alla sua specializzazione» (St. 2003, art. 62 Ic, p.36). «Lo studente … soggiorni per un congruo periodo di studiin un paese dell’area interessata dal suo orientamento di studi»(St. 2003, 63 II, p. 37).

    26 Cfr. BOVA, DAMIANO OP, «Soggiorno di studi in Gre-cia», in Nicolaus ……pp. 465-478. Cfr. Arch. Nicodemo, Reg.IV, f. 8, Ist. «S. Nicola», relazione del 18 sett. 1973.

    27 Cfr Arch. Arciv., Reg. VIII, f. soggiorni di studio,1974.

    28 P. Aniceto Fernandez, Discorso inaugurale (Archi-vio dell’Istituto “S. Nicola). Cfr Arch. Nicodemo, Reg. XII,Ist. “S. Nicola”, Gazz. del Mezz. del 2/3/72, p. 13. Queste pa-role hanno fatto impressione, e sono state riprese publicatedalla stampa greca.

    29 Accenniamo ad alcune tematiche sviluppate nelleprolusioni: Georgi Gharib del patriarcato melchita di Antio-chia: I cristiani d’Oriente e l’Islam. - Charles Moeller, segre-tario del segretariato per l’unione dei cristiani: Prospettive sulfuturo dell’ecumenismo. - Evanghelos Moutsopulos dell’uni-versità d’Atene: Tommaso d’Aquino e la filosofia greca con-temporanea. - Gustavo Galeota, S. J., ecumenista e presidedella facoltà teologica “S. Luigi” di Napoli: La ricerca dell’u-nità delle chiese da New Delhi (1961) a Nairobi (1975): pro-spettive e incertezze. - Giovanni Anastasiou, direttore dell’isti-tuto di storia della chiesa della facoltà teologica ortodossa diTessalonica in Grecia: “Necessità ed importanza del prossimogrande sinodo panortodosso”. - Chrisostomos Kostantinidis:“L’iniziazione cristiana nel dialogo ecumenico.” - Card. Sal-vatore Pappalardo, arcivescovo di Palermo: La mediazioneculturale ed ecclesiale dell’Italia meridionale con l’orientecristiano. - Crispino Valenziano: Istituzioni teologiche e di-mensione ecumenica nella pastorale della chiesa locale. - P.Emmanuel Lanne, O.S.B: Il documento di Bari 1987 su fede,sacramenti e unità della chiesa. Quali conseguenze nel dialo-

    go tra oriente e occidente? - Cosimo Damiano Fonseca Ret-tore dell’Università di Basilicata: Il ruolo culturale dell’ecu-menismo nel Mezzogiorno d’Italia. - On. Emilio Colombo: Gliimpegni dei cristiani in Europa per la pace fra est e ovest. - P.Bartolomeo Sorge, s.j., del Centro di studi sociali di Palermo:Da Assisi a Basilea. Il cammino ecumenico per la pace e lagiustizia nel mondo - S. Ecc. Benigno Papa, ofm capp., arcive-scovo di Taranto: La dimensione ecumenica delle chiese diPuglia. - George Emile Irani, dell’Indiana University (USA):Le religioni abramitiche in dialogo e i fondamentalismi. -Card. Achille Silvestrini, prefetto della Congregazione per lechiese orientali: Le chiese d’oriente: attualità e prospettive -Card. Edward Idris Cassidy, sul tema: Le chiese d’oriente:Dialogo cattolico-ortodosso – Attese e prospettive: punto divista cattolico; e il metropolita di Myra, Chrysostomos Con-stantinidis sul tema: Dialogo cattolico-ortodosso – Attese eprospettive: punto di vista ortodosso. - P. Tecle Vetrali o.f.m.,preside dell’Istituto di studi ecumenici “San Bernardino” diVenezia: “Il dialogo ecumenico a trent’anni dal concilio Vati-cano II ”. E altri ancora.

    30 Il 30 novembre 1979 il Papa Giovanni Paolo II e ilpatriarca ecumenico, Dimitrios I, comunicarono al mondo lacostituzione di una Commissione mista cattolico-ortodossa,composta da 60 membri (trenta cattolici e trenta ortodossi), peril dialogo teologico fra le due chiese.

    31 La Commissione mista cattolico-ortodossa, espressecosì lo scopo del dialogo teologico: «Ristabilimento della pie-na comunione tra le chiese. Questa comunione, fondata sull’u-nità di fede nella linea dell’esperienza e della tradizione co-mune della chiesa antica, troverà la sua espressione nella ce-lebrazione della Santa Eucaristia». Cfr S. MANNA, “Cattolicied ortodossi”, pp. 2-5.Cfr anche G. DISTANTE, «L’Istituto diteologia ecumenica», pp. 85-87.

    32 Cfr Nicolaus, indici generali, e O Odigos, 1994, 1,p. 8.

    33 Per l’evento Giovanni Paolo II ha scritto la letteraapostolica Duedecimum saeculum, e il patriarca ecumenico,Dimitrios I, l’enciclica Il concilio di Nicea e la teologia delleicone.

    34 Sono stati pubblicati gli Atti, e la rivista O Odigos videdicò un intero numero (O Odigos, VI, 1987, 3).

    35 Cfr O Odigos, VIII, 1989, 1-2, p. 6; Ib., IX, 1990, 3,p. 15.

    36 Cfr O Odigos, IX, 1990, 3, p. 15.37 Da segnalare particolarmente: la Delegazione orto-

    dossa russa, il 19 dicembre 1973 (Cfr BOVA, DAMIANO OP,«Attività dell’Istituto», pp. 171-172); la Metropolita di Niceadi Grecia, metropolita di Nicea nel 1974, mons. Giorgio Pav-lidis, con circa 20 sacerdoti della sua metropolia (Cfr BOVA,DAMIANO OP, “Attività dell’Istituto”, p. 174); la Delegazionerussa guidata dal metropolita Juvenaly, presidente del diparti-mento per gli affari esteri del patriarcato di Mosca, nel 1976(cfr Arch. Arciv., Reg. VI, f. 4, Chiesa ortodossa russa); la De-legazione russa delle accademie di Leningrado e Mosca, nel1977, guidata dal rettore dell’accademia di Leningrado, l’igu-meno Avgustin Kirill, segretario della commissione interorto-dossa per il dialogo con la Chiesa cattolica, futuro Patriarca diMosca (Cfr Bollettino di S. Nicola, XVII, 1978, 1, pp. 10-11).

    38 Cfr O Odigos, III, 1984, 4, pp. 1-3.39 La documentazione nell’Archivio dell’Istituto «S.

    Nicola».40 La denominazione del Centro era: “Centro di studi

    per la storia della civiltà bizantina dell’Italia meridionale”.Per la sua importanza meriterebbe una trattazione a parte.

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    1. Tante fotografie di uno stesso album

    Quando si parla di Chiese ortodosse, e in ge-nere lo si fa al numero singolare, si ignorano le dif-ferenze sostanziali che caratterizzano e toccano nel-l’anima le comunità dei fedeli, in sostanza la lorostoria secolare. Si pensa alla Chiesa slava e al gran-de numero di praticanti, che si ritrova a frequentarele chiese russe, come anche quelle che si ispiranoalla storia e all’esperienza dei russi in diaspora. Op-pure si fa riferimento diretto al Patriarcato ecume-nico di Costantinopoli, i cosiddetti greco-ortodossi,in questa fase guidati dal Patriarca Bartolomeo. Dalpunto di vista accademico il 9 maggio 2019, a Bo-logna, è stato proposto da Adalberto Mainardi (Co-munità di Bose) un Seminario di ricerca su «L’im-magine dell’Ortodossia in Occidente nel XX seco-lo».

    In genere, non sono subito considerati i fede-li della Chiesa ortodossa di Romania, che per carat-teristiche spirituali e motivi storici formano ungrande gruppo a sè stante. Essi rappresentano il ter-zo polo, perché non si possono assimilare né allagrande sfera o mondo degli slavi, né al mondo degliortodossi greci. Sono milioni, la seconda consisten-te fetta del pianeta ortodosso dopo gli slavi.

    Anche a causa della loro lingua, di chiara de-rivazione romanza, hanno introdotto per primi nellaliturgia lo slavone (in romeno slavonă bisericea-scă), derivante dall’antico slavo ecclesiastico e ge-nitore di varie lingue slave nazionali. Il romeno èstato adottato già nel XVIII secolo col Metropolitadella Valacchia Antim Ivireanul. Prima nelle chiesesi utilizzava sia lo slavone sia il greco liturgico. Levarie regioni storiche romene, che non costituivanoancora un territorio unitario, hanno cambiato uso indiversi momenti.

    Vi sono state figure di riferimento nell’artico-lata storia del popolo romeno. In Moldavia è forteil ricordo di Stefano III il Grande (Ștefan cel Mare,1457-1504), oggi riconosciuto come santo dallaChiesa ortodossa e festeggiato il 2 luglio. Dopoaver combattuto e vinto decine di battaglie contro iTurchi, dichiarava di non poter essere ascritto nullaal suo valore personale, e che invece ogni forma di

    riconoscenza era da tributare direttamente allaProvvidenza di Dio. Papa Sisto IV lo definì veruschristianae fidei athleta. Perciò tale figura si po-trebbe assimilare al grande eroe nazionale cattolicodell’unità albanese, acerrimo nemico dei Turchi,Giorgio Kastriota Skanderbeg (1405-1468).

    Successivamente il principe Michele il Co-raggioso (Mihai Viteazul, 1593-1601), voivoda diValacchia, per primo riuscì ad unificare le varie re-gioni o principati danubiani dell’attuale nazione ro-mena, ovvero Valacchia, Moldavia e Transilvania.

    Anche se può sembrare inopportuno confon-dere il piano politico e quello religioso, bisognaaggiungere che gli ortodossi hanno mantenuto inTransilvania l’ethos nazionale romeno rispetto alsogno della grande Ungheria coltivato da alcuni.Solo da cento anni (1918) la Transilvania è stata an-nessa alla Romania, in seguito alla caduta dei gran-di imperi, dopo la fine della Prima Guerra mondia-le. Terra di grandi contrasti, pur nella sua sostanzia-le unità.

    In ogni piccola o grande città la piazza prin-cipale è stata dedicata all’Unità romena. Si deveprendere atto che Bucarest, la capitale, resta geo-graficamente vicina alla Turchia e al Mar Nero. In-vece Timişoara, dalla parte opposta, ha cultura ementalità assai differenti. Sibiu conserva la sua pe-culiarità di centro culturale e multiconfessionaledella Transilvania, regione detta anche Siebenbür-gen o Septem castra (sette fortezze).

    Gli ortodossi romeni ottennero l’autocefaliadal Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli nel1885 e il titolo di Patriarca per il Metropolita di Bu-carest solo nel 1925. Il primo Patriarca fu MironCristea (1868-1939). Insieme con numerosi altrigruppi sono coinvolti nella storia di grandi movi-menti, in certi casi percorsi anche da vene di nazio-nalismo. Perciò, ogni tradizione religiosa ha caratte-rizzato da sempre in modo forte l’anima di una por-zione di popolo, un’etnia qualificata e amalgamata,con un forte senso d’identità e appartenenza. Sonoin tanti a pensare, come Agnes Heller, filosofaungherese recentemente scomparsa, che - in riferi-mento alla stringente attualità - la vittoria dei nazio-nalismi etnici rappresenterebbe la fine dell’Europa.

    Piergiorgio TANEBURGO

    Situazione di stallo nell’ecumenismoin terra romena

    Avanti, nonostante tutto

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    Oltre agli ortodossi, in Romania vivono glievangelici della Transilvania con le loro tradiziona-li chiese fortificate; una minoranza di cattolici un-gheresi nella diocesi di Alba Iulia e nelle sue suf-fraganee; la comunità Csángó, sempre cattolica,d’origine ungherese, nel distretto di Bacău (Mol-davia romena); i greco-cattolici sparsi in più dioce-si della Transilvania con l’Arcivescovo maggiore aBlaj; le popolazioni di tzigani (rom) di etnie diver-se, e via dicendo. Anche i musulmani trovano orauna loro collocazione nella zona di Costanza, sullerive del Mar Nero, dopo che l’Impero ottomano harappresentato una reale minaccia per queste terre.

    Nei giorni 19-21 luglio 2019 Stoccarda, inGermania, è stata teatro di un incontro internazio-nale (il 13° della serie) fra ortodossi e greco-cat-tolici dal titolo: “Stolen Churches” or “Bridges toOrthodoxy”? Impulses for Theological DialogueBetween Orthodox and Eastern Catholic Churches(“Chiese rubate” o “ponti per l’ortodossia”? Im-pulsi per il dialogo teologico fra Chiese ortodosse ecattolico-orientali). Tra gli organizzatori il Dr. Vla-dimir Latinovic dell’Accademia Diocesana diRottenburg-Stoccarda ed altre Istituzioni partners.

    I greco-cattolici condividono con gli ortodos-si il rito liturgico bizantino con le specificità trans-ilvane. Tuttavia in mezzo alla maggioranza orto-dossa hanno necessità di distinguersi e mostrare diessere cattolici. Sembrano voler dire: noi siamoorientali e abbiamo la nostra liturgia, gli inni deiPadri, la Tradizione che ci nutre e sostiene, finan-che i nostri martiri. Specialmente durante il comu-nismo una certa latinizzazione è avvenuta comereazione all’unione forzata con la Chiesa ortodossa.Talvolta i greco-cattolici realizzano nelle loro chie-se iconostasi più semplici di quelle ortodosse. Cele-brare la liturgia con tranquilla naturalezza e «nobi-le semplicità» (SC 34) dovrebbe diventare deside-rio comune a tutti i cristiani e anche ai fedeli di altrereligioni.

    Tutte queste diverse componenti della Chiesae della società romene sono state prese in conside-razone ed incontrate personalmente da Papa France-sco tra la fine di maggio e l’inizio di giugno 2019.

    2. Un viaggio dal forte impatto morale ed ecu-menico

    Si sono ricordati venti anni trascorsi dal pel-legrinaggio di san Giovanni Paolo II in Romania,primo viaggio di un Papa in una nazione con mag-gioranza di fedeli ortodossi. Papa Bergoglio ha enu-cleato varie tematiche negli incontri e discorsi tenu-ti sulle principali emergenze in questo Paese: i rom,l’Europa, l’emigrazione e soprattutto l’ecume-nismo.

    Il 31 maggio 2019, nella nuova cattedrale or-todossa di Bucarest, Francesco ha parlato al Sinodopermanente della Chiesa ortodossa romena. Ha ri-badito fondamentalmente l’importanza di non ce-dere alla cultura dell’odio e spiegato come «un sen-so dilagante di paura, spesso fomentato ad arte, por-ta ad atteggiamenti di chiusura». Ha ripetuto il bi-sogno di camminare insieme e lo ha declinato in tredimensioni principali.

    Anzitutto, procedere insieme grazie alla for-za della memoria, ricordando «i primi secoli deimartiri, dei Padri e dei confessori della fede, dellasantità quotidianamente vissuta e testimoniata datante persone semplici». Molto spesso si dimentical’esistenza e il valore del patrimonio comune alleChiese sorelle nel corso del primo millennio cri-stiano.

    Poi, si dovrebbe camminare insieme nell’a-scolto del Signore, come capitò ai discepoli di Em-maus. Tutti, anche oggi, abbiamo bisogno di essereaiutati da Cristo Risorto «a comprendere e a discer-nere gli avvenimenti». È basilare il riferimento allosviluppo tecnologico e al benessere economico, chedevono essere interpretati alla luce dello Spirito edella capacità di ascolto della Parola, sia individua-le sia comunitario.

    Infine, esiste il percorso sinodale verso la re-altà di una nuova Pentecoste. Qui diventa prepon-derante l’azione dello Spirito di Dio, «che disdegnal’uniformità e ama plasmare l’unità nella più bellae armoniosa diversità». Soltanto così si potrebbegiungere insieme a «sperimentare vie inedite dicondivisione e di missione». Questi auspici, tutta-via, non sono così vicini a realizzarsi ed il recenteconfronto con le comunità ecclesiali sul posto ce neha offerto le ragioni.

    Nel 1999 in Romania stava fiorendo un ecu-menismo dal basso, reso possibile dalle persone edagli eventi di quella fase storica. Si era immersi inun’atmosfera particolare per i dieci anni dalla cadu-ta del muro di Berlino e dalla rivoluzione cruenta.Quest’ultima aveva segnato la fine della dittatura diNicolae Ceauşescu (1918-1989), restando comemacchia nella recente storia romena. Per questo,senza timore di sbagliare, si potrebbe dedurre chesono stati fatti dei passi indietro evidenti rispetto alclima di dialogo, che si respirava all’epoca dellavisita di san Giovanni Paolo II.

    3. Un caso molto discusso di ospitalità eucari-stica

    La rilettura fatta da Papa Bergoglio di questosuo viaggio tenderebbe a prospettare un esito posi-tivo, già nelle risposte date ai giornalisti durante laconferenza stampa, nel volo di rientro. L’indiscu-

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    tibile situazione di stallo che l’ecumenismo segnaadesso in Romania è collegabile ad una serie di mo-tivazioni. Forse non si riuscirebbe a fotografareneppure col grandangolo il panorama dei movi-menti intercorsi, poiché rispetto a venti anni fa sonocambiati i protagonisti, le esigenze, le attese, gli in-contri.

    Uno dei fattori che hanno disgregato l’armo-nia è considerato l’episodio riguardante il Metro-polita ortodosso di Timişoara (Metropolia di Ba-nat), S.Em. Nicolae Corneanu (1923-2014). Eglisuscitò un grandissimo scandalo per aver ricevutouna volta l’Eucaristia durante una liturgia con i fe-deli greco-cattolici. In altri termini, in quell’occa-sione parve seguire una sua ispirazione, ciò che ilcuore gli dettava, fidandosi più dello Spirito di Dioche della legge degli uomini.

    Ci sovviene il brindisi alla coscienza di JohnHenry Newman, il cardinale santo, che volle riba-dire in tante occasioni il primato della libertà inte-riore dell’uomo su ogni altra autorità precostituita.Come effetto di quella scelta di Corneanu vi furonodelle restrizioni decretate dal Santo Sinodo deiVescovi ortodossi romeni. Vennero introdotte leggipiù precise e furono stretti maggiormente i frenidella disciplina ecclesiastica.

    In tempi precedenti si celebravano insieme imatrimoni misti fra cattolici e ortodossi, i funerali ealtre liturgie semplici come le benedizioni. Invece,i gesti del culto in pubblico sono poi diventati og-getto di attenzione esclusiva, quasi monitorati unoad uno. Si stabilì che i preti ortodossi non dovesse-ro tenere indosso neppure la stola durante le cele-brazioni officiate da cattolici.

    A Mosca, Bucarest, Sofia e in tanti altri Paesii Patriarchi sono osservati continuamente da frangedi tradizionalisti e conservatori, che fanno percepi-re un certo peso e la loro voce. Alcuni li paragona-no a leoni ruggenti, mai quieti. Così negli ultimianni gli ortodossi romeni si sono allontanati da ogniiniziativa o evento ecumenico, compresa la Setti-mana di preghiera per l’unità dei cristiani.

    4. Una spiritualità cristallizzataNella Chiesa ortodossa è difficile che si rico-

    noscano, accettino o incrementino i movimenti spi-rituali ovvero carismatici. Anche lo ieromonaco P.Gheorghe Ghelasie (1944-2003), del monastero diFrăsinei, è rimasto fuori dall’attenzione della gerar-chia, in genere dalla considerazione delle sfere piualte del Patriarcato. Egli era un monaco eremita eaveva sviluppato una spiritualità tipica dei montiCarpazi. Scriveva in un linguaggio mistico, capacedi conquistare l’interiorità, ma di difficile compren-sione. Leggere i suoi testi, per altro non ancora tra-

    dotti in lingua italiana, sarebbe fondamentale per laconoscenza dell’esicasmo romeno e per coglierel’apertura alle spiritualità tipiche dell’Estremo O-riente.

    Di conseguenza, movimenti a forte caratte-rizzazione ecumenica come l’Opera di Maria (Fo-colarini) oppure la Comunità di S. Egidio, oltre cheper la loro origine cattolica, non troverebbero gran-de spazio, oggi come oggi, in Romania. Le suoreFiglie di San Paolo, nell’unica libreria cattolica aBucarest, vendono anche testi di spiritualità o di au-tori ortodossi. Però sono costrette a fare una sele-zione, perché alcuni libri ortodossi diffondono inmodo evidente sentimenti o affermazioni anti-cat-toliche, negative nei confronti dei fedeli o dellastessa Tradizione cattolica.

    5. Sibiu di nuovo al centro dell’attenzioneNel 2007 Sibiu, chiamata dai Sassoni Her-

    mannstadt, fu dichiarata Capitale europea dellaCultura. Nello stesso anno vi si svolse la terza As-semblea Ecumenica Europea sul tema «La luce diCristo illumina tutti. Una speranza per il rinnova-mento e l’unità in Europa», dopo i precedenti In-contri di Basilea (1989) e Graz (2003). Venne scel-ta questa città della Transilvania per la sua vocazio-ne fortemente ecumenica.

    Durante l’atto inaugurale il Sindaco di Sibiu,Klaus Werner Iohannis, affermò che la sua è una«città di multiculturalismo e diversità religiosa» eper questo «luogo ideale per una manifestazione diquesto tipo. Il centro storico di Sibiu, uno scenarioarchitettonico unico, ospita a poca distanza novechiese appartenenti a cinque fedi diverse». Iohan-nis, di fede evangelica, con una moglie cattolica,dopo alcuni anni, a dicembre 2014, è divenuto ilquinto Presidente della Romania.

    La Riforma protestante giunse a Sibiu in tem-pi relativamente brevi e per quasi centocinquan-t’anni non vi fu più nessuna officiatura cattolica.Tuttavia nelle chiese della Riforma si celebrava convesti liturgiche che ricordavano molto quelle deipreti cattolici, le stesse che nella Germania post-luterana erano state bandite. In Germania e nellaMitteleuropa in genere si erano verificati incendi,rivolte, episodi di rabbia gratuita. Invece, nelle terre«al di là dei boschi», trans silvas, non andò così. Di-fatti il Dr. Alexandru-Marius Crişan tempo fa ha te-nuto una conferenza sull’iconografia mariana nellechiese protestanti della Transilvania.

    A Sibiu si respira un’aria interconfessioanle edal punto di vista culturale e religioso si nota unacerta qual osmosi. Anche i turisti di varie nazionivanno a cercare le vestigia di questa storia impor-tante di convivenza e tolleranza pacifiche.

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    6. La Liturgia Bizantina e gli Ebrei

    Nei giorni 9-11 luglio 2019, dopo un paiod’anni di preparazione, l’Istituto di Ricerche Ecu-meniche dell’Università Statale «Lucian Blaga» diSibiu ha tenuto un Convegno internazionale sul dia-logo fra cristiani ortodossi ed ebrei. Si è messo l’ac-cento specialmente sull’aspetto liturgico e, dunque,sulla relazione fra liturgia bizantina ed ebraismo,sotto differenti punti di vista: biblico, teologico, pa-tristico, liturgico, storico, semantico, musicale, arti-stico. Presenti una sessantina di specialisti da variPaesi, anche molto distanti dalla Romania, ad e-sempio Australia, Stati Uniti, Argentina, e vari do-centi europei.

    Pur essendo l’Istituto sotto l’egida delle duecomunità cristiane principali, ortodossa e protestan-te, è mancata la presenza concreta del Metropolitaortodosso, S.Em. Laurenţiu Streza, già professoredi Liturgia. Un altro sacerdote lo ha sostituito neisaluti iniziali. Il Prof. Tobler, co-direttore dell’Isti-tuto, ha introdotto i lavori a nome della Chiesa e-vangelica.

    Non sarebbe possibile riformare in toto l’in-nografia ortodossa, specie quella della SettimanaSanta, come alcuni propongono in modo frettolosoe approssimativo. Significherebbe cancellare di sa-na pianta alcuni testi biblici o patristici, che invecefanno parte della Tradizione più genuina, antica evincolante. Le invettive antigiudaiche o i pregiudi-zi che accompagnavano gli estensori dei testi litur-gici fanno molta fatica a scomparire. Il prof.Alexandru Mihăilă, docente di Esegesi dell’AnticoTestamento nella Facoltà di Teologia ortodossa diBucarest, ha affermato che cancellare parte di que-gli inni equivarrebbe ad eliminare interi brani dellaSacra Scrittura.

    Il problema è che una larga fascia di teologiè tradizionalista e - come detto - fa pressioni sullagerarchia. Un Kyrie si potrebbe anche saltare. Unbrano che fa problema negli inni della SettimanaSanta, invece, non va tralasciato. I conservatori ar-riverebbero a pensare o dire senza timore: gli ebreicon i loro soldi hanno comprato anche i Metropolitioppure hanno corrotto i teologi.

    Conseguentemente potrebbe anche succedereche una fetta consistente di fedeli si allontani, sepa-randosi dalla Chiesa ufficiale. Questa si dividereb-be e, mancando un’autorità centrale, la gente comu-ne rimarrebbe disorientata, non sapendo da che par-te stare. Da voler diventare finalmente più obiettivinei confronti degli ebrei, si finirebbe per rinforzarele fila dei fondamentalisti, aumentando il cumulo dipregiudizi e rinfocolando l’antisemitismo latente.

    Recita un detto rabbinico: «Questo e que-

    st’altro è il mondo del Dio vivente». Ovvero nonc’è un Dio singolare, ma un Dio plurale. Tale inse-gnamento ci dovrebbe guidare sempre, anche nel-l’affrontare il tema delicato dei testi della liturgiaortodossa in relazione al popolo d’Israele.

    7. Esempi da non dimenticare

    In Romania si è lavorato molto negli annipassati e anche durante il comunismo si è cercato dinon abbandonare la pratica della vita cristiana. Cosìè successo che alcuni della Chiesa greco-cattolicasono stati messi fuori legge e l’istituzione comple-tamente abolita. Hanno sofferto anche gli ortodos-si, che invece in genere sono stati tollerati, pur inmezzo ad episodi di persecuzione e negazione dellalibertà religiosa. Altri sono stati collaboratori delregime e della polizia segreta, la Securitate, ma sisa che nella nostra umanità è già contenuto un grancumulo di debolezza, finzione, timore, brama di fa-cili guadagni.

    Ci sono stati degli esempi davvero speciali,che oggi vanno riscoperti e posti sul candelabro,additati alla pietà e alla riflessione dei fedeli, comefratelli e sorelle da imitare. La Romania è la patriadi grandi, profondi teologi come P. Dumitru Stăni-loae (1903-1993). I suoi volumi di Teologia Dog-matica aspettano di essere tradotti e annotati criti-camente in italiano. Altri preziosi insegnamenti cisono venuti dall’archimandrita P. Andrei Scrima(1925-2000), osservatore ortodosso durante i lavoridel concilio Vaticano II.

    8. Tre motivi per non perdere la fiducia

    In conclusione, si potrebbero enucleare tredifferenti motivazioni per andare avanti nonostantetutto. La prima è di ordine socio-culturale ed è col-legata al fatto che l’emigrazione romena continuaad essere assai forte in Italia, Spagna e Irlanda. InItalia al Vescovo S.Em. Siluan Şpan, dal 1° maggio2018 è stato necessario affiancare un Vescovo ausi-liare, Atanasio di Bogdana, di origine moldava. In-fatti, le comunità di romeni ortodossi sono diven-tate quasi quattrocento, per l’esattezza 256 parroc-chie e 127 filiali. Numericamente parlando, si trat-ta della prima comunità di stranieri residenti nelnostro Paese, circa un milione e 200mila. Con lacrescita della qualità della vita in terra romena sispera, in futuro, in un’inversione di tendenza.

    Quel che in Romania sembrerebbe non riu-scire a sbocciare o tardare a maturarsi nel grandecampo dell’ecumenismo, potrebbe invece germo-gliare e portare frutto altrove, per il differente con-testo geografico e culturale in cui i romeni si trova-no ad operare, compresi i fedeli ortodossi credenti

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    e praticanti. Dimorare in Paesi con un’acquisita li-bertà religiosa, aperti a varie tradizioni cristiane edanche a differenti religioni, aiuta sicuramente adallargare gli orizzonti mentali e spirituali, confron-tarsi con gli altri, rimanere in un certo senso per-meabili alla diversità.

    Il secondo motivo per cui è necessario spera-re contro ogni speranza è di carattere storico-filoso-fico. Sembrano riproporsi puntualmente e coattiva-mente le riflessioni del grande napoletano Giambat-tista Vico. La sua teoria dei corsi e ricorsi storici so-sterrebbe il grande auspicio che presto o tardi inRomania si possa tornare a condizioni di vera aper-tura spirituale ed ecumenica, proprio quella che as-sicurò alla visita di san Giovanni Paolo II un climadi festa, a Bucarest, a maggio 1999. E che al termi-ne della celebrazione della Santa Messa fece grida-re spontaneamente alla folla di ortodossi e cattolici,nel Parco Izvor: «Unitate, unitate» (Unità, unità).

    Provvidenzialmente gli eventi lasciano unsegno indelebile e anchele persone cambiano nelloro servizio alle Chiese.Il governo partenopeo,l’osservazione acuta dellarealtà circostante e so-prattutto l’azione dellaDivina Provvidenza do-vettero servire a Vico perimparare molto e formu-lare la sua originale pro-posta. Quanti italiani,spagnoli e irlandesi, giàprima dei romeni, hannooriginato ondate migrato-rie consistenti negli annipassati. Un fenomeno de-stinato a durare e ripetersiciclicamente.

    Infine, l’ultima ra-gione per non perdere lafiducia né scoraggiarsi èdi natura teologico-spiri-tuale. A fronte della pre-ghiera che sale da ogniangolo della Terra, non èpossibile fermarsi, lamen-tarsi, ammutolirsi. Ricor-diamo la potente e semprevalida lezione dell’AbbéCouturier: cercare l’unitàin modi, spazi e paroleche Dio conosce e Luisoltanto può disporre nelmomento più opportuno,

    a favore di tutti. Così siamo definitivamente libera-ti da qualunque prospettiva controversista ed ombradi proselitismo, dai facili entusiasmi o dalla delu-sione che potrebbe invadere i cuori.

    Ti preghiamo, Signore, per l’unità dei cristia-ni, «telle que tu la veux, par les moyens que tuveux» (quale tu la vuoi, con i mezzi che tu vuoi). Echiamiamo il Beato Geremia da Valacchia, fratecappuccino, con i novelli Beati romeni ad interce-dere per questa santa causa:

    «Signore, nostro Dio, che hai donato ai BeatiVescovi martiri Valerio Traiano, Basilio, Giovanni,Tito Livio, Giovanni, Alessandro e Giulio la forzadi confessare la presenza viva del tuo amore neltempo della persecuzione contro la fede, per mezzoloro donaci la grazia che desideriamo, l’unità e lapace. A te si deve la nostra redenzione e a te innal-ziamo la gloria, al Padre, al Figlio e allo SpiritoSanto, ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen».

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    Ionuţ-Constantin PETCU

    Gesù Cristo persona di unionefra la Santissima Trinità e la sua Chiesa

    Il rapporto fra Gesù-Cristo, il Figlio di Dioincarnato, e la sua Chiesa è presentato nella SacraScrittura attraverso diverse immagini, note cometesta-corpo e sposo-sposa. Sicuramente la più fa-mosa e diffusa fra i Padri della Chiesa è l’immaginepaolina: «Egli è capo del corpo, cioè della Chiesa»(Col. 1.18), «lo ha costituito su tutte le cose a capodella Chiesa, la quale è il suo corpo, la pienezza dicolui che si realizza interamente in tutte le cose»(Ef 1.22-23). Questa immagine, non contestata daalcuna teologia cristiana, rivela che Gesù-Cristo è ilcapo della sua Chiesa, sia nella storia che nell’eter-nità. Per l’ecclesiologia ortodossa questa immaginemette in evidenza un punto cruciale del processodella salvezza umana: la presenza di Dio nel miste-ro di Gesù-Cristo e della Chiesa. Naturalmente,questa prospettiva non deve essere intesa se non inrelazione al suo obiettivo finale: la piena comunio-ne dell’uomo e di tutta la creazione con la Santis-sima Trinità 1.

    L’Ecclesiologia ortodossa come soggetto diricerca richiede una definizione fin dall’inizio. Co-sa è la Chiesa per la teologia ortodossa? A dire ilvero, non si definisce ciò che è assolutamente evi-dente. La Chiesa è una realtà che si vive, piuttostoche si studia oppure si analizza. Bulgakov ha dettomolto bene, a riguardo: «Vieni e vedi: la Chiesa lasi conosce solo facendone esperienza, mediante lagrazia, partecipando alla sua vita»2. La Chiesa è unmistero che non può mai essere completamentecontenuto in una definizione. Come ha detto papaPaolo VI: «la Chiesa è sacramento, cioè, una realtàimbevuta di divina presenza, la quale può sempreessere oggetto di nuove e sempre più profonde ri-cerche»3.

    Se facciamo riferimento alla storia dellaChiesa, una definizione della Chiesa ortodossa sa-rebbe «la cristianità orientale definita dal rito bizan-tino e dalle tradizioni dei primi sette Concili ecu-menici, un cattolicesimo che non è passato per Ro-ma»4. L’unità della Chiesa ortodossa è stabilita sul-la base dell’unità dogmatica, della struttura gerar-chica e canonica, e sul rito bizantino celebrato o-vunque, a seconda della giurisdizione, e quasi sem-pre nella lingua viva del popolo5. Nella percezioneimmediata dell’ecclesiologia, soprattutto se si parte

    dal punto di vista della tradizione occidentale, laconcezione dell’unità, nel pensiero ecclesiologicoortodosso, è in una certa misura invertita. Questoprincipio è stato chiaramente definito dalla celebrefrase ‘unità nella diversità’.

    Nel quadro dell’ecclesiologia ortodossa, laChiesa è vista come mistero di Dio, il terzo misterodella Divinità dopo la creazione del mondo e dopoGesù-Cristo. Il mistero della Chiesa è la continuaattualizzazione del mistero di Gesù-Cristo tramitel’opera dello Spirito Santo. Infatti, due aspetti delmistero della Chiesa meritano un approfondimento:1. cristologico; 2. pneumatologico.

    Prima di tutto, la Chiesa viene da Dio permezzo del suo Figlio incarnato, la Persona divino-umana di Gesù-Cristo, il quale è il fondamento del-la Chiesa, e la quale progredisce in modo perma-nente verso Dio. Essa non è un ‘incidente’ della sto-ria umana e non vive grazie a qualche abilità uma-na, bensì grazie alla Santissima Trinità. È la conti-nuazione, nell’eternità, del piano storico di salvez-za dell’uomo, grazie all’umanizzazione del Figliodi Dio. La Chiesa è fatta e mantenuta da Dio e ap-partiene di diritto a Dio. Essa non dimentica che ècompletamente orientata verso Dio che l’ha fonda-ta. Pertanto, essere nella Chiesa significa soprattut-to partecipare in modo reale, concreto, esistenzialealla nuova vita in Gesù-Cristo, nato, crocifisso, ri-sorto e asceso al cielo6.

    L’intera attività della persona di Gesù-Cristosegna per la prima volta il compimento escatologi-co del tempo e dello spazio. I tempi e lo spazio sonostati compiuti in Gesù-Cristo in un modo meravi-glioso, così che la Chiesa ortodossa evidenzia l’in-gresso nell’ottavo giorno della creazione, che è iltempo fra la Pentecoste e la Parousia 7. Nella Chie-sa ortodossa, la domenica è chiamata l’ottavo gior-no, essendo anche il giorno liturgico per eccellenza.Come Pasqua settimanale, essa ricorda continua-mente il ruolo fondamentale della Chiesa, che vivela vita di Gesù-Cristo e non può inserirsi in questomondo, ma, al contrario, deve accompagnare ilmondo verso l’ultimo giorno del Regno, vissuto inmodo anticipato e concreto nella continua celebra-zione della Divina Liturgia Eucaristica. La vera teo-logia della Chiesa orientale ortodossa è proprio

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    questo svolgimento liturgico in corso, catechesi eteologia in atto8.

    Per quanto riguarda l’aspetto pneumatologi-co, la Chiesa è comunione, seguendo l’esempio del-la comunione trinitaria. La Chiesa è l’assembleaorganica di tutti i credenti entrati e suggellati dallavita di Dio attraverso il Battesimo e gli altri sacra-menti, che vivono la loro fede, raccogliendosi attor-no all’Eucaristia e assumendo così il piano di Gesù-Dio fino alla sua venuta. La Chiesa, come chiama-ta alla vera fede, è la manifestazione di Gesù-Cristoin ogni credente grazie ai tre grandi sacramenti: delBattesimo, della Crismazione del santo myron edell’Eucaristia. Questa è la struttura organica dellaChiesa. Dire che la Chiesa è comunione vuol direevidenziare la sua dimensione pneumatologica9.

    La Pentecoste costituisce l’espansione dellacomunione della Santissima Trinità all’internodella Chiesa perché i cristiani si possano elevare epartecipare alla vita di amore in comunione eternacon la Santissima Trinità. Lo Spirito Santo discen-de su ogni apostolo in parte e su tutti insieme perevidenziare il modello di comunione trinitaria chetiene insieme la diversità delle persone e l’unitàdella natura10. Nell’economia di Dio, come ci è ri-velata dalla Tradizione e dalla Scrittura, Dio Padrerivela il suo volto nel suo Figlio; il Dio-Figlio rive-la il suo volto nello Spirito Santo; e Dio-lo SpiritoSanto rivela il suo volto nella comunione dellaChiesa. Noi non vediamo lo Spirito come vediamoGesù-Cristo nello Spirito o il Padre in Gesù-Cristo:Egli ci è rivelato in questa comunione, nella Chiesaintesa come comunione di coloro che confessanoGesù-Cristo come Figlio di Dio11.

    Allo stesso modo, l’evento Pentecoste dimo-stra esplicitamente che, nella Chiesa, ogni essere èun punto di connessione dotato di libertà e di pie-nezza personale, così come ogni Chiesa locale èirriducibile ad un’altra Chiesa locale. È questo ilfondamento teologico della Chiesa locale: il fattostesso di essere locale dà concretezza alla Chiesa epermette ad essa di non rimanere al livello dell’uni-versalità astratta. In Gesù-Cristo e nello SpiritoSanto c’è solo l’universale concreto. Ogni essere halo scopo di realizzare, all’interno dei propri confini,la pienezza concreta o questa personalità irriducibi-le. Quindi, per dire che la Chiesa è una comunione,significa avere la percezione del fondamento pneu-matologico della concretezza di ogni Chiesa locale,partendo dall’unità concreta e dall’universale con-creto della Chiesa12.

    Nella Chiesa di Gesù-Cristo sono presentisempre i due aspetti, cristologico e pneumatologi-co; e il loro punto di convergenza è rappresentatodai sacramenti della Chiesa, soprattutto l’Eucari-

    stia. Ireneo di Lione presenta l’incarnazione comela ‘prima unzione dello Spirito Santo, perché Gesù-Cristo fu concepito dallo Spirito Santo. Come ilcorpo storico di Gesù-Cristo è stato concepito dalloSpirito Santo, così, il corpo eucaristico della Chie-sa, nella Pentecoste, è stato concepito dallo SpiritoSanto che procede dal Padre13. Questa ‘operazione’può essere vista chiaramente nella preghiera dell’e-piclesi:

    Ancora Ti offriamo questo culto spirituale eincruento, e Ti invochiamo e Ti preghiamo,e ti supplichiamo: manda il tuo Spirito San-to su di noi e su questi doni, qui presenti: Efa di questo pane il prezioso Corpo del tuoCristo. E di ciò che è in questa coppa, il pre-zioso sangue del tuo Cristo. Trasformandoleper virtù del tuo Spirito Santo14.

    La Chiesa di Gesù-Cristo è Una attraversol’Eucaristia, perché l’Eucaristia è Gesù-Cristo stes-so, il nuovo Adamo e il salvatore del genere umanodalla schiavitù del peccato. Con la partecipazionealla vita sacramentale della Chiesa, che è centratasull’Eucaristia, i cristiani sono uniti con lo stessoGesù-Cristo, diventando una sola cosa. Sarà questaesperienza eucaristica della Chiesa come forma diunità che avrà ispirato san Paolo per definire il rap-porto tra Gesù-Cristo e la Chiesa con l’immaginetesta-corpo. Anche se san Paolo ha utilizzato nellasua opera molteplici immagini per indicare questorapporto, l'immagine del corpo rimane la più e-spressiva.

    Gesù-Cristo e l’umanità ortodossa vivono inpiena unità nella Chiesa, così che nella Chiesa nonpuò essere visto l’uno senza l’altra e non si può par-

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    lare di uno senza l’altra. L’immagine paolina dellaLettera ai Colossesi presenta Gesù-Cristo come ca-po della Chiesa, e la Chiesa come Corpo di Cristo.Cristo ha, nella Chiesa, la posizione di capo, di fon-damento, fonte di vita infinita. La posizione specia-le di Cristo nella Chiesa è di essere capo, il model-lo e fonte di forza per i fedeli uniti in un solo corpo.È modello per gli uomini, perché ha assunto lanatura umana come immagine sua, ma l’uomo nonpuò diventare immagine completa di Cristo senzal’opera e l’aiuto dello Spirito Santo. Lo Spirito San-to viene incontro agli uomini come fonte di energia,ma solo nella Chiesa, attraverso l’umanità deificatadel Figlio di Dio15.

    Per padre Stăniloae, Gesù-Cristo è diventato‘capo della Chiesa’ in virtù del fatto che l’ipostasidivina ha assunto il volto umano, primizia dellanostra natura, prendendo come uomo una posizionecentrale tra gli uomini.

    Ma questa posizione diventa efficace soloperché può comunicarci attraverso lo SpiritoSanto, il potere divino, così che lui si impri-me in noi come un vero e proprio modello diuomo, uomo deificato. Ma è diventato capodella Chiesa anche perché ha elevato questaprimizia a livello di offerta sacrificale, supe-riore ad ogni preoccupazione egoistica persé stesso; e poi, allo stato di risurrezione,portando i due stati stampati in modo abbi-nato nel suo corpo, per comunicare anche anoi il potere di acquisirle e di elevare la no-stra umanità fino ad esse. È proprio questa,l’elevazione della nostra umanità all’unionecon l’infinità personale di Dio, perché solocon il sacrificio, arrendendoci a Dio, abbat-tiamo i muri che ci chiudono nella nostralimitatezza e entriamo nella piena comunio-ne con Dio e con il prossimo16.

    Quando san Paolo chiama Gesù-Cristo ‘il ca-po della Chiesa’ mette in evidenza il fatto che laChiesa è compiuta, nutrita nella crescita e nell’ar-monizzazione di sé e salvata da lui. Gesù-Cristo è ilcapo del corpo nel senso che «in questo corpo si stavivendo la nuova vita secondo Cristo nello SpiritoSanto ed in Lui si procura la grazia, la salvezza e lavita divina del capo, per tutto il corpo»17.

    Solo in Gesù-Cristo, capo della Chiesa,

    si apre l’orizzonte infinito di Dio e attraver-so Lui il corpo della Chiesa riceve, proprioda questo infinito, potere di vita e di amoreunificante. Di conseguenza, la Chiesa è ca-pita dagli ortodossi come una nuova vita inGesù-Cristo e nello Spirito Santo, come uni-tà di vita carismatica, dal momento che èl’organismo vivo, unitario, completo, Corpodi Cristo vivente, dal quale scorre la nuova

    vita spirituale in tutte le membra del corpo,nello Spirito Santo. Cristo come capo e laChiesa formano un’unità spirituale, un orga-nismo unificato vivo e divinamente uma-no18.

    Così, Gesù-Cristo è il Salvatore della Chiesao dell’umanità riunita in lui. È il punto di comunio-ne fra la Santissima Trinità e la Chiesa.

    Gesù-Cristo, però, deve essere visto come ca-po della Chiesa solo nell’unità del piano di salvez-za: Incarnazione, Crocifissione, Resurrezione e A-scensione. Con l’incarnazione del Figlio di Dio nel-la persona di Gesù-Cristo, è stato messo solo il pri-mo fondamento della Chiesa. Il corpo assunto è di-ventato il fondamento pieno della Chiesa solo dopoaver raggiunto l’intero piano di salvezza. Solo dalmomento Pentecoste

    che è potenza pienamente realizzata dellaChiesa, inizia lo svolgimento effettivo del-l’azione misteriosa del Signore, di raccolta emodellazione di chi riceve la sua chiamatanella e secondo la sua natura umana elevataal disopra dello stato mortale, allo stato didivinizzazione, dove saranno portati tutticoloro che accetteranno l’unione con Luimediante la fede19.

    San Giovanni Crisostomo nella sua omeliasulla Lettera agli Efesini 20 non ha esitato a dire chela Chiesa, oppure l’umanità degli ortodossi uniti aGesù-Cristo, è il ‘compimento’ di Cristo, il capo,che insieme formano un tutto completo. Questa i-dea di San Giovanni Crisostomo è rappresentata dasan Teofane il Recluso mediante un’immagine chemostra la dinamica del capo – Gesù-Cristo in rap-porto alla Chiesa:

    La Chiesa è il compimento di Cristo nellostesso modo come l’albero è il compimentodel seme. Tutto ciò che è contenuto nel semein maniera sintetica, riceve il suo pieno svi-luppo nell’albero... Egli stesso è completo eperfettissimo, ma non ha ancora attirato lanatura umana a sé in un compimento finale.Solo gradualmente essa entra in comunionecon Lui dando una nuova pienezza alla Suaopera, che raggiunge così la sua pienezza21.

    Padre George Florovsky considera il compi-mento di Gesù-Cristo attraverso la Chiesa comeuna completa rivelazione di Dio e della nostra natu-ra umana 22.

    Ma il rapporto di unità tra Gesù-Cristo e laChiesa, tra la testa e il corpo non deve essere vistocome una trasformazione della Chiesa in Gesù-Cri-sto. A questo proposito, padre Stăniloae prende ledistanze dall’immagine presentata da san Teofane ilRecluso, a proposito del rapporto testa-corpo:

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    L’umanità dei fedeli, quantunque divinizza-ta, non è trasformata in Gesù-Cristo – il ca-po. Il capo, anche se ha la propria umanitàpersonale, è anche Dio, secondo l’essenza.L’umanità dei credenti, dentro la Chiesa,non diventa mai parte integrante del capo,ma rimane sempre corpo del capo. Essa nonè unita ipostaticamente con colui che è Diosecondo la natura, ma, attraverso le energieche fluiscono da lui i credenti assimilano asé stessi la sua opera non creata, di certo nonl’ipostasi e tantomeno la sua essenza. Il rap-porto tra Gesù-Cristo e la Chiesa non puòassolutamente paragonarsi al rapporto tra ilseme e la pianta cresciuta da esso, perché ilseme perde la sua esistenza, diventando al-bero, mentre Cristo resta sempre una fontemai fusa con la Chiesa23.

    Così, il rapporto tra testa e corpo, tra Gesù-Cristo e l’umanità dei credenti è un rapporto di uni-tà senza fusione e senza mescolamento. E solo unaanalogia del mistero pericoretico delle nature, u-mana e divina, nella persona divino-umana di Ge-sù-Cristo24. Presentando Gesù-Cristo come capodella Chiesa, l’immagine paolina indica anche ilfatto che attraverso il capo, la Chiesa è strutturatacome un insieme armonioso, in cui ogni persona ri-ceve il suo compito proprio25. L’idea di un organi-smo, usata a riguardo della Chiesa, ha dei limiti bendefiniti. La Chiesa è composta da persone che nondovrebbero essere viste come elementi o celluleall’interno di un complesso26. Ogni persona riceve,nella Chiesa, dal Capo-Cristo luce e forza per esse-re teste o persone pienamente realizzate, «coinvol-te nella luce del capo supremo e assumendo la re-sponsabilità di guidare il proprio essere in base allaluce ricevuta»27.

    Nella Chiesa di Gesù-Cristo ‘l’io’ personalenon viene sacrificato o sciolto in mezzo alla folla.L’unione dei fedeli con Gesù-Cristo è come l’unio-ne tra le persone che si amano, rapporto e relazionedi comunicatività. Ogni persona in un rapportod’amore porta l’altro in sé, ma allo stesso tempo lopossiede come un tu differenziato, e se le personeamate sono di più, come un voi differenziato.

    Nella Chiesa si intrecciano le relazioni io-tu,io-voi, noi-tu, noi-voi. Ma il rapporto che domina esupporta tutto è quello di noi-tu, cioè noi, i creden-ti e tu, o Gesù-Cristo, in questo quadro, ‘io-tu’, cioè‘io’ il credente e ‘tu’, o Gesù-Cristo. Gesù-Cristo,in queste relazioni che costituiscono la Chiesa, èsuperiore alle relazioni fra i fedeli dentro la Chiesa.Egli è il capo, superiore al corpo. La Chiesa è unacomunità di ‘Io’, come un ‘noi’ collettivo, che guar-da verso di lui, verso l’alto. L’unità dei cristiani nondeve degenerare in impersonalismo. L’idea di uncorpo deve essere vista come quella di una sinfoniadi persone, essa costituendo il cuore della conce-zione ortodossa di universalità28.

    Vorrei concludere questo testo citando padreDumitru Stăniloae:

    La Chiesa è peregrina ed orante continua, èin una epiclesi continua. La preghiera è ilsuo respiro continuo che ispira Gesù-Cristoe lo espira in un movimento continuo a duetempi. «Sì, vieni, Signore Gesù!» (Ap. 22:20) è uno di questi momenti. Ed il SignoreGesù-Cristo che ha promesso «Ecco, io so-no con voi tutti i giorni, sino alla fine deitempi» (Mat. 28:20) è sempre alla porta pervoler entrare e dichiara: «Ecco, io vengopresto» (Ap. 3:20). A volte viene per punire.Ma sempre consiglia, comanda e conforta,come uno che è al di sopra di essa29.

    1 C SORIN ŞELARU, Biserica – laborator al învierii:perspective asupra eclesiologiei părintelui Dumitru Stăniloae,Basilica, Bucureşti 2014, 10.

    2 GEORGIJ FLOROVSKIJ, Cristo, Lo Spirito, la Chiesa,Qiqajon, Magnano 1997, 114-115.

    3 DUMITRU STĂNILOAE, «Autoritatea Bisericii», inStudii Teologice, 16 (1964) 3-4, 183.

    4 ANDRÉ SCRIMA, Duhul Sfânt şi Unitatea Bisericii.“Jurnal de Conciliu”, Anastasia, Bucureşti 2004, 27-28.

    5 Ibid.6 Ivi, 43-44.7 Ivi, 44-45.8 Ivi, 45-46.9 Ivi, 46-47.10 DUMITRU POPESCU, Iisus Hristos Pantocrator,

    EIBMBOR, Bucureşti 2004, 241.11 A. SCRIMA, Duhul Sfânt şi Unitatea Bisericii..., 47-

    48.12 Ivi, 49.13 Ivi, 67-68. IRENEO DI LIONE, Contro le eresie, III, 17.14 Divina liturgia ortodossa, Centro Ecumenico San

    Nicola, Bari 1987, 30.15 DUMITRU STĂNILOAE, Teologia dogmatică ortodo-

    xă, II, EIBMBOR, Bucureşti 1997, 138.16 Ivi, 138-139.17 Ivi, 139.18 Ivi, 139.19 D. STĂNILOAE, «Autoritatea Bisericii», 184.20 GIOVANNI CRISOSTOMO, Omilie sulla lettera agli

    Efesini, III, 1, 20-23.21 G. FLOROVSKIJ, Sobornost. The Catholicity of the

    Church, 55 citato in D. STĂNILOAE, «Autoritatea Bisericii»,185.

    22 D. STĂNILOAE, «Autoritatea Bisericii», 185. G. FLO-ROVSKIJ, Sobornost…, 132.

    23 D. STĂNILOAE, «Autoritatea Bisericii», 186.24 Ivi, 186-187.25 D. STĂNILOAE, Teologia dogmatică ortodoxă..., 139.26 G. FLOROVSKIJ, Sobornost…, 134-135.27 D. STĂNILOAE, Teologia dogmatică ortodoxă..., 143.28 G. FLOROVSKIJ, Sobornost…, 134-135.29 D. STĂNILOAE, «Autoritatea Bisericii», 188.

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    Questo schematico “esercizio di lettura”,proposto ad un seminario di studio per universitarie laureati di varia estrazione, accomunati da un vi-vo interesse per il testo scritturistico e per la prati-ca, seppure non specialistica, dei vari metodi ese-getici nella loro complementarietà (2017), vuolesemplicemente presentare, nel concreto, un esem-pio della complessità di lettura del quarto evange-lo; applicandosi alla pericope della Samaritana (4,4-42)1, ne indaga l’ampio simbolismo, sostenutoda una ricerca che s’immerge nell’ambiente giu-daico contemporaneo (almeno come tradizioni, ta-lune molto antiche) dell’evangelista e dei suoi de-stinatari2, con un mondo di rinvii, di contaminazio-ni, di allusioni, di progressioni, di riprese indub-biamente significativo per le finalità dell’autore,anche se per noi sovente difficoltoso; ne emergeuna lettura possente di alcuni tratti cristologici chesi rincorrono lungo tutto lo scritto, facendo dellapericope della Samaritana un luogo prospettico pri-vilegiato di riflessione teologica e spirituale di rarabellezza3. Come testo-base è stato scelto il ricchis-simo studio di A. JAUBERT, Approches de l’Evan-gile de Jean, Seuil, Paris, 1976 (trad. ital.: Gribau-di, Torino, 1978) e come commento di referenza èstato scelto l’ampio testo di J. BEUTLER, L’Evan-gelo di Giovanni (2013), Pontificio Istituto Bibli-co, Roma, 2016, che ha anche il pregio di rendereconto della varietà di approcci al Vangelo di Gio-vanni, attualmente esistenti, non senza l’apportodel commentario narratologico di J. ZUMSTEIN checonsente di mantenere i punti emergenti del dialo-go nella sua progressione (L’Evangile selon st.Jean, Labor et Fides, Genève: vol. 1: 1-12, 2014;vol. 2:13-21, 2008). La traduzione usata nell’eser-citazione per chi non poteva seguire l’originalegreco, è stata quella di D. MOLLAT (Bibbia di Ge-rusalemme: 19733). La breve bibliografia che con-clude l’esercizio è solo selettiva. Le note che cor-redano il testo rinviano a punti specifici, taloraimportanti, che qui basta evocare4.

    a) Il pozzo di Giacobbe.

    Il pozzo presso cui si siede Gesù, stanco edaffaticato, è un pozzo ben identificato, ai piedi del

    monte Garizim; è il pozzo di Giacobbe; data la suaeccezionale profondità (32 metri!), la sua acqua èsempre fresca sotto il sole dardeggiante del mezzo-giorno5. Tanta precisione e concretezza non sonosolo un dato storico, ma sono poste a servizio di unsimbolismo molto complesso, ruotante attorno alpozzo e a Giacobbe, tutto teso a rendere una testi-monianza cristologica. Prima di richiamarlo suc-cintamente, dobbiamo però fare una precisazione;dobbiamo notare da un lato come tutto il discorsoe tutta la trama del quarto vangelo siano un ricchi-simo intreccio di simboli, il che rende propriamen-te inesauribile la narrazione con la sua profonditàdi significati molteplici (e questo è indubbiamenteun bene), ma anche la rende per noi, respirantiun’altra atmosfera culturale, non ovvia e difficolto-sa, ad ogni modo estremamente impegnativa