OLIBOX - olivotti.org 1.pdf · difficile sia stato vivere senza la sostanza, sono che 1) ......

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OLIBOX pensiero in_diretto pensiero in_diretto Rivista d’informazione gratuita a cura della redazione del Centro Studi Olivotti-Mira (VE) numero 1 (visto, siamo tornati come promesso eh?) “Rifacciamo il punto sulle novità in uscita: è avviato ormai il progetto redazionale.. alla grande! Quindi siate sempre pronti, e fate in modo da vivere nel migliore dei modi possibili!! E Buona Pasqua a tutti.. nessuno escluso! Notizie, progetti e colori sempre nuovi, scritti seri e scritti naif, parole e qualche pensiero. E se qualcuno di voi, carissimi lettori, ci inviasse un articoletto, noi della redazione saremmo ben lieti di pubblicarlo. Music, web, follow & RT... ce n’ è per tutti...” Continuate a seguirci!

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OLIBOXpensiero in_direttopensiero in_diretto

Rivista d’informazione gratuitaa cura della redazione del Centro Studi Olivotti-Mira (VE)

numero 1(visto, siamo tornati come promesso eh?)

“Rifacciamo il punto sulle novità in uscita:è avviato ormai il progetto redazionale.. alla grande!Quindi siate sempre pronti, e fate in modo da vivere nel migliore dei

modi possibili!! E Buona Pasqua a tutti.. nessuno escluso!Notizie, progetti e colori sempre nuovi, scritti seri e scritti naif, parole e qualche pensiero. E se qualcuno di voi, carissimi lettori, ci inviasse un articoletto, noi della redazione saremmo ben lieti di pubblicarlo.Music, web, follow & RT... ce n’ è per tutti...”

Continuate a seguirci!

Silvano come mai hai deciso di rilasciare un’intervista, anziché inviare alla nostra redazione un articolo come fanno tutti?*Be’... perché sono arrivato alla conclusione che non fosse poi tanto una buona idea scrivere un articolo

E perché mai?* Mha! Perché nella mia vita non amo lasciare tracce, l’ho sempre vissuta di corsa o con estrema leggerezza, scrivere non sta nelle mie corde…

Ah! Certo certo: ti va di raccontarci del tuo soggiorno nella nostra Comunità terapeutica, almeno per linee generali.* Che dire, ho trascorso 3 anni tra la comunità di Mira e quella di Pagnano d’Asolo, e tra i vari dati utili che ho raccolto nel corso del mio soggiorno all’interno della comunità: non importa quanto difficile sia stato vivere senza la sostanza, sono che 1) mettersi davanti allo specchio e guardarsi in faccia la propria faccia senza troppo ribrezzo è possibile; 2) la vita, anche quella dei pendolari, è eccitante e perfino affascinante, se c’è abbastanza futuro; 3) il guaio del raccontare balle è che bisogna fare uno sforzo. Dire la verità, invece, presenta un sicuro vantaggio: non c’è bisogno di pensarci su troppo.

Interessante davvero. Quanti anni avevi quando hai iniziato a fare uso di sostanze?*13 anni, in terza media, ho iniziato a fumare le prime canne con gli amici, soprattutto al sabato sera. Giusto per divertirmi un po’ ed essere considerato finalmente un adulto. Dopo un po’ di tempo ho iniziato a fumare da solo e stranamente ho notato che iniziavano a tremarmi le mani. Quando ad un certo momento è deceduta mia mamma (aveva 42 anni), mi è crollato il mondo addosso. La solitudine, la mancanza di calore umano. Mi son detto che d’ora in avanti dovevo tirare avanti da solo. È stato davvero tosto! Non riuscivo a trovare dei veri momenti di tranquillità. La soluzione più facile per soffrire meno l’ho trovata nell’eroina. Ed è qui che mi son fregato! Ho iniziato a perdere la percezione del presente. I miei sensi hanno subito come una specie di censura. E perciò il futuro ha smesso di rifornirmi prospettive. In seguito per fortuna il presente mi è stato restituito e ho preso a registrare quello che di solito si ritiene sia la realtà.

Precisamente quando hai avuto la percezione che il presente ti venisse restituito?*è stato il volto di mio padre... ricordo una mattina... bè, dopo una lunga notte... quando per la prima volta mi resi conto che solo i miei piedi erano sul letto, invece, il resto del mio corpo era steso sul pavimento in stato di confuso sconforto; mentre il mio viso guardava dal sotto in su il viso di mio padre che a sua volta mi fissava dall’alto in basso con un’espressione...non saprei definire come... quasi come a dire: dove sei andato a finire?!Scusami se insisto, potresti essere un po’ più preciso riguardo all’espressione facciale di tuo padre?* ... Uff!… bè, ti dico solo questo: da allora ho deciso di non vedere più quel volto afflitto!

Sì, sei stato molto chiaro, ti va adesso di dirci come invece ti sei sentito, tu?

* Come uno... uno... ecco, uno che passa davanti a un’agenzia di pompe funebri e che deve fare un notevole sforzo per non cedere alla forte tentazione di entrare e... costituirsi. Ecco!

Immagino. É stato il SERT a inviarti in Comunità?* Il mio medico curante, che viene dal Mali e non è molto spiritoso, è stato particolarmente severo. È il tipo che ci tiene molto a esser preso sul serio. “Addio”, mi ha detto. “Questa è l’ultima volta che ci si vede, se non decidi di farti curare io ti cancello dai miei pazienti!”. Un tentativo estremo di spaventarmi al punto da farmi riflettere. … Così mi sono recato al Sert.

Successivamente il Sert mi ha inviato in comunità.

Hai trovato subito la sede della Comunità? Come sei arrivato, ti ha accompagnato qualcuno?* No, ero da solo. Ero in sella al mezzo che preferisco: una bicicletta a noleggio.

Una bicicletta?!* Sì, mi piacciono

moltissimo. Andavo forte. Quando guido, non riesco a essere a mio agio se non pedalo a tutta forza. C’è gente che rimane sconvolta da questo fatto. Una volta un tipo mi ha detto: ”Conosco altri ciclisti pronti a guidare oltre i 100 Km orari in un centro abitato. Contromano. Sotto la pioggia. Dopo aver bevuto un po’. Senza rispettare i semafori. Non sono tanti, ma un paio ce li ho presenti. Ma tu sei l’unico che è convinto che sia perfettamente naturale”.

Impressionante, davvero! Ma torniamo alla domanda: come sei arrivato in Comunità?* Ci tengo a sottolineare un fatto: non è stata colpa mia… sono stato disarcionato dalla “mia” bicicletta!

In che senso?* C’erano tutte le condizioni per un perfetto viaggio in bicicletta: ero sobrio, il tempo era bello, la strada dritta e poco trafficata. A meno che non si trattasse di un tentativo di omicidio ordito dai

marziani, sembrava proprio che

la bicicletta ne avesse avuto abbastanza di me e volesse sbalzarmi. La ruota anteriore è scoppiata. E ho pensato che, a volte, la vita voglia mettere bene in chiaro quanto poco controllo abbiamo su di lei. E, invece, mi sbagliavo.

Non si può certo avere sempre la verità in tasca, no, ti pare?

* Certo! Ma mi sbagliavo, perché mentre venivo catapultato dal sellino,

sono rimasto steso sul bordo della strada,

scioccato dal fatto di essere ancora in possesso di me stesso. A parte un persistente

e diffuso mal di testa, il mio corpo era nello stesso stato

di relativa buona efficienza di quando avevo cominciato

l’improvvisa traiettoria. Ed ecco, la mia faccia guardava dal basso in alto un cartello: Cooperativa Olivotti. É stato allora che mi sono reso conto di essere atterrato sulla pista giusta. Mi sono alzato, ho preso quello che restava della bici e…sono entrato in comunità.

Quando si dice la fortuna, scusami l’indiscrezione ma... la bicicletta era tua?*...a noleggio, come ho detto no... bè, insomma, una specie di noleggio senza preavviso. A essere sinceri, me la son fatta prestare da una vecchietta vicina di casa mia, e mica per privarla della bici, così tanto per pareggiare...

Questa è davvero bella! Pareggiare cosa!?*..Sì, proprio così, volevo pareggiare un conto. Proprio quella mattina prima di recarmi in comunità, ascoltavo One by one di Wynton Marsalis..., a stento sento il campanello della porta, apro e mi entra sta vecchietta che mi chiede gentilmente un martello. Glielo dato, anche se in quel momento non ero proprio così convinto a cosa potesse servirle. Quando ho visto il mio stereo andare in mille pezzi, ho capito. Sono riuscito solo a dirle: ma perché!? E lei uscendosene piano piano, mi ha risposto: questa musica mi fa ricordare il periodo dopo la guerra, e soprattutto quando mio marito mi tradiva con le soldatesse americane! L’usufruire della bici della mia vicina quindi, come avrai capito, era una specie di risarcimento dello stereo. Poi quando ho iniziato a registrare di nuovo la realtà, ... l’ho fatta riparare e glielo riportata indietro però, eh! Anzi quando ci siamo rivisti ci siamo anche abbracciati.

Un’ultima domanda: quando il presente non ti rispondeva più, qual’è stata la scusa più assurda che hai inventato per mettere su qualche euro?*Una volta ho chiesto un euro a una persona. Questa mi ha risposto che me l’avrebbe dato solo se gli avessi dato un motivo valido, all’infuori delle solite scuse, tipo: devo farmi un panino, un biglietto, una telefonata, etc.

E che cosa gli hai raccontato?*Gli ho detto che quell’euro mi serviva per montare un pannello fotovoltaico sulla bici...

Divertente, davvero e... l’hai convinto? *Non solo mi ha lasciato un euro, mi ha chiesto un autografo e si è anche lasciato fotografare affianco a me da un turista giapponese che per caso passava di là.

Da PUNTO A CAPO A OLIBOXQuando abbiamo deciso di dare inizio all’avventura del nostro giornalino abbiamo discusso, con i ragazzi che allora erano ospiti nelle nostra comunità che nome dare a queste pagine che volevano da spazio alle loro storie, alle loro riflessioni e raccontare, anche, le attività, i fermenti che da sempre animano la vita della casa Olivotti.Il nome del giornalino è saltato fuori dopo quasi un litigio tra alcuni ragazzi del gruppo, quando uno dei più grandi, per interrompere il battibecco che si era creato, alzando la voce ha detto: “Basta, PUNTO A CAPO!!”. Ricordo che c’è stato un silenzio che non dipendeva dal fatto di essere stati zittiti con energia, ma dall’aver intuito che quello poteva diventare il nome del nostro giornalino. Velocemente ci siamo guardati, velocemente ci siamo intesi, ancora non si era parlato ma avevamo già deciso: PUNTO A CAPO andava bene!!.Ed è piaciuto subito a tutti perché PUNTO A CAPO dice molto dell’esperienza che i ragazzi fanno in cooperativa : quando si vuole uscire definitivamente dalla dipendenza, quella dura, quella che non lascia scampo o possibilità, bisogna saper mettere un punto fermo, definitivo e, per sancire un non ritorno, la chiusura definitiva di una storia di morte,si deve decidere di andare a capo, di cambiare riga, per cominciare un pensiero nuovo.Gli anni sono passati a anche il nostro giornalino

ha avuto bisogno di un restyling: nuove generazioni, nuove forme per comunicare un’ esperienza che però è sempre molto forte: ritornare a vivere da protagonisti la propria vita grazie ad un percorso comunitario, condiviso con altre persone.PUNTO A CAPO diventa ora OLIBOX, vogliamo salutare il nuovo nome scelto dal gruppo degli ospiti che stanno portando

avanti il comitato di redazione; il nostro giornalino prende una veste più moderna, al passo coi tempi, diventa un contenitore flessibile e agile per raccogliere ancora nuove storie, nuove riflessioni, alcune serie, altre più ironiche e divertenti,

alcune concrete e reali, altre più creative e fantasiose. Si cercherà di dare spazio ad ognuno e si chiederà la collaborazione di tutti: ospiti, volontari, genitori, amici e soci della cooperativa Olivotti.Il prossimo passo sarà quello di aprire un profilo facebook che, insieme a twitter già attivato, ci permetterà di essere più presenti, di essere, come in gergo giornalistico si ama dire, “sul pezzo” ovvero capaci di contatti, commenti a “caldo”, sempre più presenti al nostro dirompente e frenetico presente!

Monica Lazzaretto

INTERVISTA A SILVANOSToRIA SEMISERIA

GPO il gruppo della prevenzione è un gruppo di auto-aiuto e di mutuo appoggio già inserito a tutti gli effetti nella Giuseppe Olivotti S.C.S. ONLUS.Il GPO si definisce come l’insieme di persone che interagiscono per perseguire un progetto comune: la promozione del benessere, attraverso incontri di condivisione, di formazione e attività socio-creative.Gli strumenti che il gruppo ha fatto propri sono: l’accoglienza, l’incontro e l’ascolto, la comprensione, la solidarietà e l’amicizia, un diario e una relazione scritta di ogni incontro.Il GPO è un gruppo di sostegno reciproco, dove ognuno diventa responsabile dell’altro o meglio dove tutti sono responsabili di tutti. È formato da persone che hanno avuto esperienze di dipendenze e che hanno fatto un percorso c o m u n i t a r i o assieme alla propria famiglia.Il desiderio di non perdersi di vista e stare insieme è l’occasione per ritrovarsi a condividere i propri vissuti e scambiare risorse, c o n c r e t i z z a n d o un’opportunità di aiuto per affrontare la realtà di tutti giorni.Le precedenze e le cose importanti per ognuno di noi sono: la propria persona, la propria famiglia, il lavoro, la sfera sociale, il gruppo e la famiglia di origine.Le caratteristiche che contraddistinguono il gruppo sono: un numero di persone interessate, un luogo e un tempo dove incontrarsi con neutralità e imparzialità, dei valori di riferimento come onestà, responsabilità e rispetto, un’organizzazione denominata gruppo ristretto formato su base volontaria, l’autofinanziamento e la privacy.Il gruppo ristretto composto da 10 volontari, ha il compito di dare voce alle istanze e alle esigenze del gruppo allargato, definisce il calendario annuale degli incontri (n°6), si riunisce in pre-gruppo per evidenziare aspettative e attuare strategie nell’incontro e poi dà vita al post-gruppo per riflettere e valutare modi e interventi successivi, condivide questioni personali e responsabilità organizzative quali la prenotazione del luogo in cui avverrà l’incontro, le telefonate di avviso dell’incontro, la conduzione del gruppo e la gestione delle risorse economiche.

LA SoLIDARIETà è IL SENTIMENTo CHE CI PoRTIAMo DENTRo NELL’INCoNTRo CoN

LE ALTRE PERSoNE Abitare le domande E’ l’umano in quanto tale che domanda, che è domanda, l’umanità di tutti e di sempre, di ogni età, genere, ruolo e contesto.

Le domande sono il segno della nostra comune condizione, della nostra libertà resa autentica dai limiti, che ci impedisce un’autosufficienza onnipotente, dell’impossibilità di essere compiuti da soli, del bisogno di relazione e del desiderio di incontro.Le domande sono piante: hanno bisogno di cura, di buona terra, acqua e luce. Coltivare le domande è amare la fatica di leggere dentro la storia, è proteggere i germogli, vederli crescere e dare frutto, è coprirsi con un po’ di corteccia per non essere travolti nei momenti di tempesta. Le domande sono rami su cui ci si può appena fare un nido

per abitare e sapere dove tornare... quando il volo porta lontano.

GIOvANI e GeNITOrI IN PIsTA

Per noi tutti è stata una specie di scommessa: dare un pizzico di sale al progetto che da alcuni anni conduciamo nella Pedemontana del Grappa. Da 9 anni promuoviamo, infatti, il PROGETTO CRITICA-MENTE che prevede incontri di prevenzione dei comportamenti a rischio con gli alunni delle classi terze delle scuole medie dei comuni di Paderno, Riese Pio X, Altivole, Asolo, San Zenone degli

Ezzelini, Possagno, Cavaso del Tomba, Monfumo e Crespano e con tutti i genitori e adulti significativi. Un progetto tutto a carico dei Comuni, che ci hanno creduto all’inizio e ora proseguono anche in questa fase di ristrettezze economiche. La nuova sfida è stata volersi misurare con uno spazio diverso dalla classe, dalla scuola, uno spazio che non è esattamente votato alla prevenzione, dove anzi a volte capita che si venga a contatto con sostanze pericolose, stupefacenti: la discoteca.Una sfida che il centro studi Olivotti ha affrontato assieme agli Assessori al sociale dei Comuni di Cavaso, di Monfumo e di Possagno. Per la festa è stata scelta una discoteca molto frequentata alle pendici del Grappa: il Quadrifoglio. Volevamo portare là dentro il risultato del progetto «Critica-mente» e dimostrare che la musica, lo stare insieme, il ballo, il divertimento se abbiamo degli amici veri, se abbiamo delle relazioni autentiche, non sono in sé pericolosi, che si può stare assieme in modo sano, divertendosi senza il pericolo di sballare a causa di sostanze o di bevande. Ospite di eccezione Francesca Michelin, vincitrice della decima edizione di X Factor, ad animare la serata invece Flavio Pozzobon, noto a Radio Piterpan come Dj Superpozzo. L’incontro e

l’intervista a Francesca si è poi allargata anche a due ragazzi della comunità terapeutica di Pagnano d’Asolo che hanno portato la propria testimonianza.Durante tutta la serata sono poi stati proiettati i lavori multimediali preparati dai ragazzi delle scuole medie assieme ai propri professori e agli operatori della Olivotti.Si è discusso, si è parlato ma si è anche ballato tutti assieme sul ritmo animato da DJ Superpozzo, tanto che in pista.. un po’ alla volta, sono finiti anche i genitori, che hanno chiuso facendo festa con i propri ragazzi,.. una serata da ricordare!

“È l’umano in quanto tale che domanda...le domande sono il segno della nostra comune condizione”

“Sono le domande inascoltate chesviliscono l’umanità di ciascuno e di tutti”

“Resistere è piantare una domanda nel cuore della storia mantenendola aperta anche quando gli altri hanno perso la speranza”“Abitare le domande significa accogliere il bisogno di relazione, il desiderio di un incontro”

“Abitare le domande significa ascoltare le esigenze più radicali dell’uomo”

WyNTON MARSALIS(Tratto da Wikipedia)

GPO, COS’è?Wynton Marsalis è il secondogenito di sei fratelli, quasi tutti impegnati nel mondo della musica: figlio di Dolores e di Ellis, pianista ed educatore musicale, suo fratello maggiore è il sassofonista Brandford, tra i minori vi sono Delfeayo, trombonista ma meglio conosciuto come produttore musicale, e Jason, batterista.A sei anni Wynton ricevette in dono la prima tromba dalle mani di Al Hirt, ma non ne venne attratto subito: durante l’infanzia preferiva ascoltare musica piuttosto che eseguirla, i suoi idoli erano Stevie Wonder, James Brown, Marvin Gaye e molti altri esponenti del funk e del pop che più tardi cominciò a contestare.Il primo approccio serio alla musica risale all’adolescenza: verso i tredici anni scoprì la musica classica attraverso le esecuzioni di Maurice André e, in seguito, il jazz. A quattordici anni vinse un premio cittadino con l’esecuzione del Concerto per tromba in mi bemolle maggiore di Haydn e, due anni dopo, con il Secondo concerto brandeburghese di Bach.«Ho studiato la musica classica», dichiarò Wynton in occasione del suo debutto discografico da solista, «perché molti musicisti di colore avevano paura di questo enorme mostro. Io volevo capire che cosa spaventava tutti, ma quello che ho trovato era solo un altro tipo di musica». Seguirono anni di studio e, nel 1979, il trasferimento a New York per frequentare la prestigiosa Juilliard School of Music. La selezione all’interno della scuola fu molto dura, ma il giovane rivelò presto le sue qualità: appena un anno dopo si sottopose ad un’audizione, grazie alla quale Art Blakey lo reclutò nei Jazz Messengers.

GLI ESoRDI Nel 1981 fu chiamato dal pianista Herbie Hancock, che lo portò in tournée con il suo quartetto. Nel 1982 firmò un contratto con la Columbia Records e pubblicò il suo primo disco con il suo nome. Dal 1982 al 1985, Winton suonò in quintetto insieme al fratello Branford, al pianista Kenny Kirkland, al bassista Charnett Moffett e al batterista Jeff “Tain” Watts. Mentre con i Messengers i suoi punti di riferimento erano Clifford Brown e Freddie Hubbard, ora il suo stile si collocava sulla scia del Miles Davis degli anni sessanta. La scelta controcorrente di suonare jazz acustico fu per il giovane musicista una risposta polemica a quella che egli considerava una pericolosa deriva dalla tradizione musicale. Questa svolta stilistica gli fruttò un successo inaudito: a ventidue anni veniva già considerato il jazzista più famoso del momento. Ricevette numerosi premi tra cui il Grammy Award come miglior trombettista jazz e di classica e si piazzò al primo posto nella classifica della rivista jazz “Down beat”.

LE PoLEMICHE Wynton Marsalis divenne così il capofila degli young lions, una corrente di musicisti che tra gli anni ottanta e i novanta riportarono al centro dell’attenzione l’eredità jazzistica dell’hard bop. Rilasciò numerose interviste critiche nei confronti del free jazz e del jazz elettrico, che considerava pericolose eresie, del rock e del pop che definì “volgari” rinnegando gli idoli della sua adolescenza, e non mancò di scatenare una polemica contro lo stesso Miles Davis, che accusava di aver tradito il jazz e la sua anima acustica per solo scopo di lucro, sfruttando i gusti del pubblico meno raffinato. Naturalmente queste affermazioni provocarono l’ostilità di numerosi colleghi (Davis innanzitutto, ma anche Chet Baker ad esempio), che etichettarono la sua musica come cerebrale, priva di pathos e senza cuore.Dietro le sue implacabili critiche e i suoi giudizi taglienti, in difesa di ciò che considerava la legittima eredità del jazz, vi era Stanley Crouch, critico musicale e abile polemista, una specie di eminenza grigia che gli ha fatto da portavoce per un lungo periodo e che ha scritto, tra l’altro, le note di copertina di moltissimi suoi dischi.Di questo periodo è una serie di album come Think of One, Black Codes (From the Underground) e J Mood. Questi lavori, che contengono assoli studiatissimi, sono suonati impeccabilmente e senza sbavature: i critici e i colleghi li

definirono come una serie di brillanti esecuzioni, ricche di idee e di spunti, ma prive di qualsiasi impegno emotivo. Marsalis fu accusato di voler cristallizzare il jazz, musica dinamica per definizione, in uno schema immutabile, ma oggi quegli album sono stati rivalutati e considerati fra i migliori album jazz del periodo.

IL NUovo GRUPPo Nel 1985, dopo cinque album, si sciolse il quintetto. Branford aveva deciso di andare a suonare con Sting portando con sé anche Kenny Kirkland: insieme collaborarono alla realizzazione di The Dream of the Blue Turtles, primo lavoro di Sting dopo lo scioglimento dei Police. Wynton, dapprima disorientato dalla scelta di suo fratello (ci fu anche una temporanea rottura fra i due), in poco tempo formò un nuovo gruppo composto da sette musicisti: sempre con Watts alla batteria, si aggiunsero Marcus Roberts al piano, Wycliffe Gordon al trombone, Wes Anderson e Todd Williams al sassofono e Robert Hurst al basso. Terminata la fase musicale di derivazione davisiana, il nuovo gruppo esplorava altri territori musicali, vicini a quelli di Duke Ellington e di Louis Armstrong. In album come Tune in Tomorrow (1990) e Blue Interlude (1992) si percepiscono addirittura

reminiscenze swing e dixieland.

DISCoGRAfIA •1980: Live At Bubba’s Jazz Restaurant Vol. 1 & Vol. 2 (registrato dal vivo a Fort Lauderdale l’11 ottobre 1980 con Art Blakey and the Jazz Messengers) •1982: Quartet (registrato a Tokio il 25 luglio 1981 con Herbie Hancock) •1982: Wynton Marsalis CK 37574 •1983: Haydn, L. Mozart, Hummel: Trumpet Concertos •1983: Think of One CK 38641 •1984: Haydn: Three Favorite Concertos (con Yo-Yo Ma e Cho-Liang Lin) •1984: Purcell, Handel, Torelli, More Trumpet Concertos •1984: Hot House Flowers CK 39530 •1985: Black Codes (From the Underground) CK 40009 •1986: Tomasi: Trumpet Concerto / Jolivet: Trumpet Concerto & Concertino •1986: J Mood CK 40308 •1987: Standard Time, Vol. 1 CBS 451039 2 •1987: Carnaval •1988: Baroque Music for Trumpets •1988: The Wynton Marsalis Quartet Live at Blues Alley (doppio CD registrato dal vivo nel dic. 1986) CK 40675 •1989: The Majesty of the Blues (con un sermone recitato dal rev. Jeremiah Wright, Jr) CBS 465129 2 •1989: Crescent City Christmas Card CK 45287 •1989: Best of Wynton Marsalis •1990: Tune in Tomorrow (colonna sonora) •1990: Standard Time, Vol. 3: The Resolution of Romance CBS 466871 2 •1991: Standard Time, Vol. 2: Intimacy Calling CBS

468273 2 •1991: Thick in the South - Soul Gestures in Southern Blue, Vol. 1 CK 47977 •1991: Uptown Ruler - Soul Gestures in Southern Blue, Vol. 2 CK 47976 •1991: Levee Low Moan - Soul Gestures in Southern Blue, Vol. 3 CK 47975 •1992: Concert for Planet Earth •1992: Baroque Duet (colonna sonora) •1992: Blue Interlude CBS 48729 •1992: Citi Movement (Griot New York) C2K 53324 (doppio CD) •1993: On the Twentieth Century…: Hindemith, Poulenc, Bernstein, Ravel •1994: Greatest Hits: Handel •1994: In This House, on This Morning C2K 53220 (doppio CD) •1995: Joe Cool’s Blues CK 66880 •1995: Marsalis on Music – Listening for Clues: Marsalis on Form •1995: Marsalis on Music – Why Toes Tap: Marsalis on Rhythm

•1995: Sousa to Satchmo: Marsalis on the Jazz Band •1995: Greatest Hits: Baroque •1996: In Gabriel’s Garden •1997: Blood on the Fields C3K 57694 (triplo CD) •1997: Jump Start and Jazz •1997: Liberty! •1998: Standard Time, Vol. 5 - The Midnight Blues CK 68921 •1998: Classic Wynton •1999: Standard Time, Vol. 4 - Marsalis Plays Monk CK 67503 •1999: At the Octoroon Balls - String Quartet No. 1; A Fiddler’s Tale Suite •1999: Big Train •1999: Reeltime •1999: Listen to the Storyteller •1999: Live at the Village Vanguard CK 69876 (cofanetto di 8 CD) •1999: Sweet Release and Ghost Story: Two More Ballets by Wynton Marsalis •1999: Los Elefantes (con Arturo Sandoval) •1999: Mr. Jelly Lord - Standard Time, Vol. 6 CK 69872 •2000: The London Concert •2000: The Marciac Suite CK 69877 •2001: Classical Hits •2001: Popular Songs: The Best of Wynton Marsalis COL 502238 2 •2002: Trumpet Concertos •2002: All Rise •2003: Mark O’Connor’s Hot Swing Trio: In Full Swing •2004: The London Concert (Expanded Edition) •2004: The Magic Hour •2005: Unforgivable Blackness (colonna sonora) •2005: Live at the House of Tribes •2005: Don’t Be Afraid ... The Music of Charles Mingus •2007: From the Plantation to the Penitentiary •2008: Two Men with the Blues (con Willie Nelson) •2009: He and She •2009: Christmas Jazz Jam •2010: From Billie Holiday to Edith Piaf: Live in Marciac •2011: Here We Go Again: Celebrating the Genius of Ray Charles •2011: Wynton Marsalis and Eric Clapton Play The Blues

I PrOssImI APPUNTI GPO :

mercoledì 1 maggio 2013,

Frati e famiglie, Cooperativa Olivotti via Nazionale 54;

Domenica 2 Giugno 2013

Festa annuale di Macondo in Bassano del Grappa;

sabato 7 e Domenica 8 settembre 2013

Residenziale Adriatico;

Domenica 10 Novembre 2013, ore 09.45

Incontro con p. Andrea Scortegagna, educatore,

formatore, Convento Cappuccini in Rovigo.

PAGNANo D’ASoLo

INVENTORI ECOLOGICI,NOI!?

Nella nostra comunità alcuni ragazzi hanno accolto con favore l’invito a sperimentare tecnologie per la produzione di energie ecosostenibili in grado di far funzionare apparecchi. Si son dati da fare e hanno allestito un laboratorio artigianale di elettronica: dove è possibile osservare una automobilina con pannello fotovoltaico, progettata e costruita da loro. I ragazzi della comunità ormai hanno intenzione di progettare altri apparecchi che per funzionare utilizzano fonti di energia pulita. A breve nel loro laboratorio osserveremo altri modelli, come per esempio “insetti” robot fotovoltaici (vedi foto bozzetto del modello sotto). Sulle ali di questi insetti robot saranno disposti finissimi pannelli solari che, attraverso un fotodiodo, mandano impulsi e attivano un vibratore. Il movimento ottenuto spingerà il piccolo insetto che segue la luce e così potrà muoversi. Per la realizzazione di questo progetto i ragazzi useranno per lo più componenti di vecchi cellulari, sotto la guida dell’ing. Antonio. Buon lavoro, ragazzi!Sono proposte queste che fanno riflettere. Se alcune soluzioni ai più grandi problemi dei nostri giorni sono proposte da ragazzi che non hanno molti studi di elettronica alle spalle, come è possibile che grandi scienziati non riescano a produrre tecnologie alla portata di tutti? O magari i progetti ci sono...ma non c’é convenienza per il mercato e la distribuzione a produrli??

DAVVERO ESISTONO BICICLETTE COL fOTOVOLTAICO?

... ma diamo uno sguardo anche alla nostra ciclo-officina!!!

... esistono ancora i Tandem, e ce li abbiamo noi!

“PUNTI GREENROADS”Riviera del Brenta (VE)

Progetto Pilota

Giuseppe Olivotti scs – Onlus di mira (ve) e sTrADe verDI - Greenroads scs – Onlus di Treviso (Tv)PREMESSA: muoversi è da sempre un’esigenza vitale: la stessa idea di movimento è sinonimo di vita. L’epoca in cui viviamo è caratterizzata da un’alta velocità di spostamento, derivata dall’attuale stile di vita, con la conseguenza di produrre nuove e gravose problematiche sociali, delle quali le più palesi sono: gli incidenti stradali, l’inquinamento atmosferico, i rapporti relazionali difficili e lo stress.Il progetto pilota ha come scopo principale di sensibilizzare alle tematiche sul rispetto ambientale, di società equa e solidale, di svolgere attività che portino albenessere psico-fisico delle persone che vivono nei territori di intervento. Inoltre promuove la cittadinanza attiva per migliorare la qualità di vita di persone in situazione di svantaggio. Il progetto è rivolto ai giovani in situazione di disagio, a soggetti in situazione di marginalità sociale grave e agli over 50 esclusi dai cicli produttivi.E’ un progetto a lentissima maturazione e durerà 3 anni con verifica annuale in itinere e se necessita adattato alle mutate esigenze.

Che cos’è il PUNTO GreeNrOADsIl punto GreenRoads è caratterizzato dalla suddivisione in 3 aree: noleggio, riparazione, distribuzione di informazioni. Il punto GreenRoads sarà gestito da 2 persone, che sapranno entrambi offrire al meglio i servizi GreenRoads, ossia effettuare riparazioni-assistenza nonché accogliere il pubblico ed offrire loro informazioni sul territorio, utilizzando i mezzi (anche informatici) a propria disposizione. Oltre all’offerta di informazioni, il punto GreenRoads vende materiali informativi e pubblicazione di terzi, purchè vicini alla “filosofia” della Cooperativa.Il punto GreenRoads oltre al noleggio-riparazione avrà uno spazio di documentazione (anche multimediale) sui percorsi con Schede Tecniche, Cartografie e Guide Turistiche; fornirà informazioni aggiuntive su manifestazioni, mostre, musei, Pubblici Esercizi, farmacie di turno e orari dei Trasporti Pubblici. E’ previsto inoltre, in caso di rottura e/o piccolo incidente, un servizio concordato di assistenza su strada. La riparazione della bicicletta verrà effettuata sul posto, quando questo è possibile; o ci sarà la sostituzione temporanea (la Bici di Cortesia) in caso di danni di grossa entità. Verrà offerto anche il servizio di manutenzione e rimessaggio Biciclette.Il punto GreenRoads di Mira (VE) sarà aperto dal Lunedì al Giovedì mentre nei WeekEnd saranno garantiti solo i servizi di riparazione, noleggio e assistenza su strada.

OBIeTTIvO GeNerALe: promuovere i soggetti in situazioni di svantaggio come risorsa per il territorio.

OBIeTTIvO sPeCIFICI: - creare contesti lavorativi di relazione;- aprire uno spazio aperto di sensibilizzazione e visibilità alla cittadinanza e al territorio, sugli stili di vita proposti dal progetto.

PIANIFICAZIONe sTrATeGICA:Creare un gruppo costituito da: un operatore responsabile (in questo caso un Maestro D’Arte), uno o due ospiti della Comunità Olivotti e non, i quali condividono la mission del progetto pilota. meTODOLOGIA: valorizzare l’apprendimento attivo-partecipativo con l’analisi del Maestro D’Arte che stimola tale processo.

sTAGes: Suddiviso in una fase teorica e una fase pratica (in itinere). Nella prima fase vi sarà un esperto che tratterà il significato culturale della bicicletta partendo dalle rappresentazioni e conoscenze degli ospiti. Nella fase pratica si eseguiranno concretamente manutenzioni e riparazioni sia della meccanica della bici che della parte estetica.

ALTrI servIZI INTeGrATIvI:- Assistenza Bicicletta a Domicilio, nella quale il servizio verrà svolto nella raccolta di biciclette rotte per riportarle aggiustate nel tempo massimo di 2-3 giorni;- Assistenza su Strada, su richiesta;- Custodia e rimessaggio di biciclette;- Promozione Percorsi Turistici: Asolo (Olivotti), Colli Euganei (La Costigliola), Lido e Pellestrina (Villa Renata), Montecchio Maggiore (Piano Infinito), Quartier del Piave e Alpago (Strade Verdi – GreenRoads), Quarto D’Altino (Le Vie), Possagno (Parrocchia), Ville Venete (Mira Olivotti).I percorsi turistici e le realtà sopra indicate esistono già. Resta solo la volontà di coordinarli tutti insieme per creare una rete dove ogni realtà è autonoma ma in sinergia con le altre.

Il gioco è semplice. Lasciar andare un quartiere a se stesso, senza alcun intervento pubblico. Nell’assenza di servizi, chi abita un certo quartiere se ne va non appena ne ha la possibilità. Gli subentra allora qualcuno che non ha possibilità migliori. In genere sono immigrati. Le informazioni viaggiano sulle reti, e si sparge la voce che ci sono possibilità abitative a prezzi accessibili. Spesso gli italiani proprietari di case sono ben contenti del sovraffollamento: facendo stipare numerosissime persone nel loro appartamento ne ricavano un reddito mensile molto più alto di prima. Il sovraffollamento porta la gente a popolare le strade. Altri abitanti di vecchia generazione se ne vanno. Il quartiere, venendo popolato da immigrati, non riceve alcuna attenzione da parte delle autorità amministrative, e viene lasciato andare. Laissez-faire. Si comincia a parlare di degrado. Molti proprietari vendono le case, e qui entrano in gioco gli speculatori. Sfruttando i comitati cittadini che chiedono rimedi al degrado, riescono a “bonificare” il territorio, non senza essersi prima impadroniti delle case a prezzi bassissimi. Prezzi che ovviamente risaliranno alle stelle quando la zona, bonificata (ciò che significa: flusso di finanziamenti pubblici), diventerà appetibile e in molti casi addirittura chic. Nel frattempo, gli immigrati saranno esodati verso un nuovo ghetto nella cintura urbana. Dove la loro presenza, in una zona già di per sé carente di servizi e abbandonata a se stessa, verrà percepita come causa di ulteriori tensioni. Guerre tra poveri. In una infinita catena.È un meccanismo consolidato, questo, che si ripete periodicamente in svariate realtà urbane europee e non.Dopodiché, ogni realtà ha le sue singolarità, le sue varianti peculiari. In ogni caso, è una storia normale di razzismo e di cemento.

(tratto da Marco Rovelli, L’assedio, Milano 2012)

Un progetto che, grazie alla presenza a Mar del Plata, di un gruppo di cittadini originari di Salzano, ha permesso di approfondire il grande fenomeno dell’emigrazione: una pagina importante della nostra storia che in un secolo e mezzo ha coinvolto centinaia di Salzanesi.Avvicinarsi alle sorti di tanti concittadini emigrati all’estero, induce inevitabilmente a una nuova comprensione nei confronti dei migranti di oggi che proprio nel nostro Paese, nelle nostre comunità, cercano una sorte migliore per sé e per le proprie famiglie.Questo percorso ha coinvolto in modo particolare il mondo della scuola, le giovani generazioni e tutta la cittadinanza.Lo scorso dicembre la cooperativa Giuseppe Olivotti ha incontrato tutte le classi terze delle scuole medie di Salzano per portare una testimonianza reale e concreta sul fenomeno dell’emigrazione e dell’immigrazione. Ad animare gli incontri sono stati invitati:Virginia Leonor Beraldo - discendente di emigrati veneti in Argentina

Walter Mattiussi - emigrato di rientro dall’ArgentinaHind Tazi - immigrata in Veneto dal MaroccoOumar Traore - immigrato in Veneto dalla Costa d’AvorioAustin Orumwense – profugo in Veneto dalla Nigeria.Gli incontri con gli studenti e i loro genitori sono stati coordinati da Monica Lazzaretto, Responsabile Centro Studi della Cooperativa “Giuseppe Olivotti”

riportiamo alcune parti di lettera che i ragazzi delle medie di salzano hanno scritto ai testimoni per ringraziare dell’incontro e portare il loro contributo:

IMMIGRATI E CEMENTOCerCAsIvolontarie per insegnare italiano alle donne immigrate...

Per informazioni rivolgersi a Monica Lazzaretto:

[email protected]; Tel: 041.420349)

Salzano Mar de Plata

Sono del Mali In Mali è in atto una triplice crisi: 1) a marzo un colpo di Stato militare ha deposto il presidente Ama-dou Toumani Toure accusandolo di trascurare la ribellione dei tuareg nel nord del paese. Da allora manca a Bamako un governo forte;2) i tuareg del Movimento nazionale liberazione dell’Azawad (Mnla) hanno dichiarato l’indipendenza del Nord del paese, che chiamano appunto Azawad; 3) gruppi di trafficanti e jihadisti vicini - come marchio, meno nelle caratteristiche e nell’operatività - ad al Qaida (Aqim, Mujao, Ansar Dine) che si erano alleati tatticamente con l’Mnla l’hanno rapidamen-te estromesso dal potere, giungendo a controllare l’Azawad. La Francia è intervenuta militarmente contro i jihadisti per timore che il Nord del Mali diventasse un santuario di al Qaida in grado di destabilizzare la regione e di minacciare l’Europa.

Con l’intervento militare francese del gennaio 2013 (”Operazione Serval”) si è aperta una nuova fase della guerra in Mali. Parigi è intervenuta quando i jihadisti stavano per conquistare la strategica città di Mopti, che avrebbe spianato loro il cammino verso Bamako. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha espresso all’unanimità il suo sostegno all’operazione. Nei giorni successivi sono intervenute anche le truppe dei paesi dell’Ecowas.

In seguito all’offensiva francese i jihadisti

hanno dovuto abbandonare i loro avamposti più significativi: Gao, Timbuctù, Kidal (ora occupata da militari del Ciad). Il ministro della Difesa francese auspica che a marzo sia possibile ritirare le truppe di Parigi.Il Mali non è particolarmente ricco di risorse energetiche: le potenziali riserve di gas e petrolio non sono state ancora comprovate. L’uranio estratto non è moltissimo.Bamako è invece tra i maggiori produttori africani di oro.Più che altro, il paese è in una posizione cruciale per garantire l’esportazione dell’uranio estratto in Niger dalla compagnia francese Areva, che ha operato per decenni in

condizioni di monopolio. Oltre alle preoccupazioni legate al terrorismo e alla salvaguardia dei propri interessi economici, la Francia è intervenuta in Mali sull’onda della sua storia imperiale. Parigi è sempre stata il gendarme dell’Africa e non poteva venir meno a quello che percepisce come un suo compito. È anche una questione di rango.Non si parla più di “missione civilizzatrice” e si dichiara chiusa l’epoca della “Françafrique”, ma certi cardini della politica estera dell’Eliseo non sembrano venuti meno neanche con Hollande.

Caro Austin,ti voglio scrivere perché la tua storia è stata la più emozionante fra tutte.Sono un ragazzo della IIIG, ho 13 anni sono alto, sono chiacchierone e amichevole. La tua storia mi ha colpito positivamente perché mi hai dato la forza per andare avanti nei momenti difficili, come hai fatto tu quando hai perso la tua famiglia.Grazie alla tua storia ho cambiato il modo di vedere il fenomeno dell’immigrazione perché ho scoperto perché venite da noi e le difficoltà che incontrate nel cambiare paese e vita.Ti ringrazio per questo e ti auguro un futuro migliore e più sereno.

Andrea Dalla valle

Cara Hind,io sono Gloria, una ragazza della IIIG, ti ringrazio molto per essere venuta a raccontarci la tua storia che mi ha colpito molto.Sei venuta in Italia per amore e non tutti questa scelta la sanno intraprendere.Tu ci hai raccontato che in Marocco non ci sono matrimoni combinati, ma scegli tu il marito, e questo mi sembra giusto.Hai anche detto che per sposarsi bisogna che il fidanzato abbia un lavoro, e tuo marito è venuto in Italia per trovare lavoro.Devi aver sofferto molto quando il tuo fidanzato se n’è andato e tu hai dovuto aspettare un po’ di tempo prima di raggiungerlo.Quando sei venuta in Italia ti sei portata via i vestiti dei tuoi parenti per sentirli più vicini nei momenti di solitudine. Hai raccontato anche che quando sei arrivata hai fatto dei dolcetti per i tuoi vicini e loro o non ti hanno aperto o sono venuti solo al cancello, pieni di diffidenza e pregiudizi.Io non sarei riuscita ad affrontare tutti i problemi che hai incontrato.Grazie alla tua storia e a quella dei tuoi compagni, ho capito quante difficoltà incontri uno straniero quando arriva in un nuovo paese, quanto tempo deve passare prima che venga accettato e riconosciuto, anche da un punto di vista della cittadinanza.Io ho 13 anni, e grazie a te sono riuscito a capire cose che persone più grandi ed esperte di me non hanno ancora capito, forse perché conoscono i problemi degli immigrati senza aver mai incontrato un

immigrato capace di raccontare, in maniera chiara e sincera, come avete fatto voi, la sua storia.Condividere le storie significa farle un po’ nostre, grazie di cuore.

Davide Moretto

Caro omar,giovedì 13 dicembre attraverso il progetto Mar del Plata, sei venuto nella nostra scuola di Robegano insieme ai tuoi compagni per raccontarci le vostre storie di immigrati in Italia.Sei nato in Costa d’Avorio e a 16 anni sei venuto in Italia lasciando il tuo paese natale dove la condizione era molto disperata.Pensavi di trovare lavoro, una vita dignitosa, ma purtroppo solo una piccola parte di voi vede realizzato il proprio obiettivo.Adesso mi presento: il mio nome è Davide e sono uno degli alunni della classe IIIG, sono un tipo normale, non sono un genio ma conosco il valore delle cose come l’amicizia.Qualcuno mi dice che sono un ragazzo troppo semplice, ma per me questo è un complimento, perché la semplicità è un dono che racchiude molte altre qualità che sono passate di moda.Penso che anche tu, quando avevi la mia età eri come me e ti divertivi a giocare con i tuoi amici nel tuo paese.Hai raccontato che qui in Italia hai imparato a fare il saldatore e quando sei andato dal padrone per chiedere lo stipendio, lui ti ha puntato la pistola e ti ha detto di andartene.Poi sei andato alla polizia ma loro non ti hanno creduto... o forse erano d’accordo col padrone.Questo episodio mi ha fatto molto riflettere, il mondo di oggi sembra un po’ corrotto, regna l’egoismo, mentre l’altruismo trova spazio solo nei cartoni animati.A volte alcuni immigrati, non trovando lavoro, intraprendono attività poco oneste, incrementando i pregiudizi che gli italiani hanno verso di loro.Ho provato per un momento a mettermi nei panni di questi giovani, soli con se, senza casa, un lavoro e senza affetto...

I fRATI PROGETTO ORTO PRIMIzIELa Cooperativa Olivotti è da sempre animata da un piccolo gruppo di frati francescani cappuccini.

Perché i frati cappuccini hanno voluto questa Comunità?

Fare compagnia a uomini e donne che vivono in particolari difficoltà diventa una memoria viva e reale di quanto il Padre abbia a cuore ogni sua creatura e come

provveda a tutti attraverso le mediazioni e le occasioni più varie. In questo senso anche una condivisione comunitaria, pur non centralizzando specifici temi

religiosi, può trasmettere valori che umanizzano e indirizzano a mete sempre più alte di superamento dei condizionamenti negativi.

In realtà questi frati cappuccini non hanno inventato nulla di nuovo e il loro impegno si richiama da sempre alla profonda sensibilità per le situazioni umane di

sofferenza e di marginalità che caratterizza la personalità di Francesco di Assisi. Ogni persona umana è per lui immagine di Gesù Cristo che per amore ha condiviso

lo stesso dolore dell’uomo affinché il male diventasse superabile e l’umanità

risplendesse della dignità che le spetta.

I frati in Cooperativa Olivotti (tre), trascorrono il loro tempo innanzi

tutto a supporto spirituale nei momenti di maggior fatica delle persone

e delle famiglie; sono accanto alle figure professionali impegnate in

Comunità; fanno opera di sensibilizzazione all’esterno della Comunità

circa le problematiche alcol droga correlate; condividono con i loro ospiti

la mensa, gli incontri, nonché parte del tempo libero.

Si può dire che l’obiettivo principale dei frati è quello di aiutare le persone

con problemi alcol droga correlate a realizzare una sorta di pacificazione

interiore, in quanto - come insegna lo stesso Francesco di Assisi - , la pace

del cuore è la condizione per ogni altro benessere fuori di noi, in tutte le

accezioni. Una proposta di pace con se stessi, con le proprie storie personali,

con la propria famiglia, con il più ampio scenario dell’esistenza.

IL CAMMINO DEL DESIDERIO (di frate Alberto Demeneghi)

Agli inizi di febbraio sono tornato a operare tra i frati cappuccini nella Cooperativa Olivotti. Sono stato per quindici anni e mezzo occupato altrove, prima a Udine per cinque anni e poi a Budapest per oltre dieci anni.Volentieri mi metto a riflettere sul significato di questo ritorno in cooperativa, perché – questa è una mia convinzione - nulla accade a caso. Mi sono abituato a pensare che tutto quello che mi capita è dentro un disegno buono che Dio ha sulla mia vita. Avere sempre più chiaro questa verità, mi aiuta a non scadere in reazione istintive e superficiali, e mi sollecita ad aprirmi con stupore alla realtà e ricercare un significato sempre più profondo.Il ritorno in Cooperativa ha significato riprendere in mano la mia storia, il mio passato. Giorno dopo giorno si dipana davanti agli occhi una moltitudine di fatti. In particolare mi capita di contemplare la Divina Provvidenza che ha aperto strade su strade. Sono arrivati i soci che hanno fondato la cooperativa nel novembre ’80. E’ arrivata la Casa Olivotti dall’Opera Santa Maria della Carità. Sono arrivati altri frati: p.Olindo, f. Emmanuele, p.Gildo, p.Andrea, p.Eugenio (nomino solo i primi). Sono arrivate persone da accogliere e da accompagnare. Sono arrivati i volontari. Abbiamo imparato ad organizzare la comunità terapeutica. Sono venuti i cassintegrati dell’Alluminoitalia a costruire il capannone. Abbiamo incontrato Nani Erminio che ci ha donato la sua casa e il suo podere a Pagnano. Dopo diciassette anni in Coop. Olivotti sono stato chiamato a emigrare verso oriente: prima a Udine e poi a Budapest. Tutto questo è il tessuto di un “desiderio”, o meglio di una domanda, che mi sono ritrovato dentro e che ho lasciato operare dentro e fuori di me. Il luogo dove ho sorpreso e ho preso coscienza di questo desiderio e domanda è stato il carcere. Lì nella frequentazione come assistente volontario è iniziata la comprensione del mio desiderio e il tentativo della ricerca trovare una risposta. Ho cominciato a frequentare il carcere dal 1974, non da solo ma accompagnato da un grande maestro che è stato per me il padre Domenico Acerbi, frate domenicano. Nella frequentazione con i detenuti, il loro desiderio e la loro domanda di libertà ha messo in moto in me il desiderio che anche a loro fosse possibile una risposta. La risposta che potevo offrire era quella risposta che era stata offerta a me. A me era stata data una comunità dove il mio desiderio di vita ha potuto abitare, maturare e crescere. Anche per loro poteva esistere o si poteva creare un luogo dove potesse abitare, maturare e crescere il loro desiderio di una qualità migliore di vita.E così si è partiti con entusiasmo con una grande freschezza di desiderio.Questo è il passato. Questo mi è stato donato di vivere. Ora tornando dopo diversi anni, la mia sorpresa è che questo desiderio ancora abita in coloro che abitano la casa Olivotti. E che c’è stata una continuità che ha attraversato tutti questi anni, per cui molte persone hanno trovato risposta al desiderio di una migliore qualità di vita. Per tutto questo il mio desiderio di vita può accendersi e crescere nella condivisione con tutti quelli che qui arrivano.Penso che questo sia il mio compito fondamentale qui in cooperativa. Pur sempre disposto a fare di tutto, io voglio coltivare, prima per me stesso e poi anche per gli altri, i miei desideri che domandano una qualità sempre più alta di vita.

fra Gigi vi invita alla sua prima celebrazioneeucaristica nella comunità di Mira.

Siete tutti invitati domenica 26 maggio ore 11.00CerCAsIvolontari per realizzazione progetto orto. Rivolgersi a

Gigi: [email protected]; Cell.: 348.7757732

Nel 2010 la Comunità ha voluto ampliare le attività lavorative in Mira con un progetto di coltivazione orticola , finalizzato prioritariamente al soddisfacimento dei propri bisogni alimentari e in via secondaria ai bisogni di famiglie indigenti e da ultimo alla vendita delle eventuali eccedenze ai soci , simpatizzanti e gruppi solidali d’acquisto. Il progetto di coltivazione orticola è stato pensato come un percorso per gli ospiti della Comunità , in cui nella prima fase di inserimento (accoglienza) si impara a rispettare la terra e ciò che ci sta sopra e per questo si è attrezzato il piccolo orto sperimentale a Mira (l’orto didattico) . Nel successivo passaggio del percorso terapeutico, a Pagnano, si lavora la terra per ottenerne cibo quotidiano (l’orto familiare) , e nell’ultima parte del percorso terapeutico, la così detta fase del rientro, di nuovo a Mira nell’ orto grande sui terreni della Azienda vivaistica Bronte si lavora la terra per stare con gli altri, per fare bene quello che si fa ,per imparare a reinserirsi nel lavoro e per ricavarne del reddito (l’orto produttivo). Il progetto è già realizzato per larga parte e nell’anno in corso se ne prevede il completamento con un ampliamento il cui obiettivo è il recupero a fini coltivi e di svago di una porzione di terreno della Comunità trascurata, in passato utilizzata a discarica calcinacci e non coltivabile nella attuale situazione per la cattiva qualità del terreno. Va innanzi tutto ricordato che tutte le coltivazioni previste nel progetto sono di tipo rigorosamente biologico, che le varietà di ortaggi sono adatte ai luoghi, che le tecniche di coltivazione sono attente all’ambiente e contengono elementi di sperimentazione di nuove tecniche di fertilizzazione del suolo e di particolari varietà di ortaggi per una cucina di qualità.

Il terreno su cui vogliamo operare quest’anno a differenza dei terreni su cui abbiamo sin qui operato non ha le caratteristiche né la dotazione di elementi minerali e di sostanza organica atti a fornire la produzione di alta qualità propria dei raccolti del progetto “orto Olivotti” e quindi andava trovato un approccio diverso da quelli convenzionali per rendere utile la superficie in questione. Si tratta di oltre 1000m2 di terreno che qualche decennio addietro vennero in parte utilizzati per depositare i calcinacci della ristrutturazione allora compiuta, utilizzati anni addietro come campo di calcio poi abbandonato negli ultimi anni a deposito e discarica di materiali vegetali.Il progetto di quest’anno prevede di utilizzare quest’area per disporre una serie di cassoni da 100X150cm costruiti con materiali di riciclo atti a contenere primizie e verdure da taglio con tecnica a cassone freddo e a cassone caldo . I cassoni andranno disposti secondo il disegno tipico degli orti medioevali (ortus conclusus) o meglio degli orti dei cappuccini a pianta geometrica con al centro una fontana o un albero, nel nostro caso (vedi foto plastico) sarà un albero di melograno a simbolo della comunità e dei suoi valori come nella tradizione iconografica cristiana.Sul fianco destro dell’orto si provvederà all’impianto di un piccolo frutteto e su quello sinistro si attrezzerà un cumulo da compost per la trasformazione in dei rifiuti di cucina dei falci degli orti e del giardino.

Tutto questo permetterà alla Comunità di disporre di insalate da taglio, rapanelli, bietole, piselli precoci nel periodo in cui l’orto grande non produce o produce solo radicchio tardivo ed inoltre in prospettiva il piccolo frutteto garantirà la frutta di cui oggi non disponiamo se non acqustandola.

Dario Zanuttigh

Entro l’estate, la sfida: da ortosconto a ORTONOVOC’era una volta un bel pezzo di campagna, molti anni fa venne trasformato in un campo da calcio, dopo tante partite fu abbandonato, e rischiò di diventare una discarica.Un giorno ci venne un’idea: ricavare un orto da un terreno incolto e degradato. Ma come? Senza risorse? E poi perché?Sembra una storiella invece è un progetto realizzabile. Noi all’Olivotti proviamo sempre a cambiare, ricostruire, migliorare e qualche volta ci riusciamo. Riciclando il legno dei pallets usati costruiremo delle aiuole a cassone.Raccogliendo le ramaglie e le foglie provenienti dalla pulizia del giardino, con il compostaggio, ricaveremo terruccio fertile.Trasformeremo il campo in orto. Verrà realizzata una pergola, un luogo riparato dove ritrovarsi per qualche pranzo estivo o per incontri, gruppi, lezioni.Gli ospiti della comunità potranno coltivare ortaggi seguendo il ciclo dalla semina alla raccolta. Un posto novo dove stare in comunità.

Roberto

Le più grandi civiltà non devono il proprio successo alla ricchezza del loro territorio. Le civiltà più durature, quelle che hanno avuto nella storia dell’umanità il maggior peso, sono tali per la capacità di organizzare la loro forma di stato.Pensiamo agli egizi, ai mesopotamici, alle città medioevali, ma soprattutto a Venezia.Venezia non ha nessuna ricchezza naturale, non ha miniere, non ha boschi, non è l’unica ad avere l’accesso al mare.Venezia dal ‘600 al 1700, per più di mille anni, è stata una potenza mondiale.Non è facile riassumere l’ organizzazione politica di Venezia, che ha avuto notevoli e significativi cambiamenti nel corso di un millennio. Proprio adeguando le regole che hanno governato la macchina politica, la Repubblica è riuscita a mantenere quel predominio che tutti le hanno riconosciuto.La fine della Repubblica non è avvenuta per la vittoria di un nemico, ma perché aveva esaurito quella spinta vitale che l’ha guidata per 1100 anni.Nei primi periodi della Repubblica, dopo che, nel 687, il popolo aveva proclamato Paolo Lucio Anafesto primo doge, a vita, la Repubblica ha avuto gravi difficoltà dovute al tentativo di qualche doge di assumere un potere assoluto, o di instaurare una dinastia.Alla fine della Repubblica il doge aveva scarsissimo potere: era una figura di grande prestigio, di notevole peso a livello internazionale, ma con nessuna possibilità di gestire la Repubblica che invece era portata avanti dalle altre magistrature.I principale elementi che hanno caratterizzato la nomina del Doge sono, a mio parere, il peso della sorte e l’impegno che il nuovo Doge era chiamato a sottoscrivere.

Fin dal 1252 l’elezione del Doge cominciava con la casuale ricerca del “ballottino”. Il consigliere più giovane, dopo una preghiera rituale, uscendo dalla Basilica indicava nel primo fanciullo che incontrava il “ballottino”, quello che estraeva le “balle” che designavano i primi elettori.Il “ballottino” consegnava a ciascuno dei consiglieri, che, in fila, gli passano davanti, una biglia cava. Soltanto all’interno di trenta biglie c’era scritta la parola “elector”: Chi riceveva la biglia vuota non partecipava alla votazione.E da questi trenta, così indicati dalla sorte, iniziava

l’elezione del capo della più grande potenza commerciale ed economica del mondo allora conosciuto.Dei trenta, a sorte ventuno vengono “levati” e ne rimangono nove.Questi nove ne eleggono quaranta che devono ricevere sette voti ciascuno. A sorte ne vengono “levati” ventotto e ne restano dodici.Questi dodici ne eleggono venticinque: ciascuno deve ricevere nove voti.Di questi venticinque ne vengono “levati”, a sorte,

sedici e ne restano nove.Questi nove, con sette voti di preferenza, ne eleggono quarantacinque.A sorte ne vengono “levati” trentaquattro e ne restano undici.Questi undici, con nove preferenze, ne eleggono quarantuno.Questi quarantuno eleggono il doge che deve ricevere venticinque preferenze.Il doge prima di essere nominato doveva giurare di rispettare la “promissione dogale” che conteneva le regole alle quali il Doge e la sua famiglia dovevano attenersi e veniva modificata e aggiornata nel corso del tempo per impedire eventuali abusi che il Doge potesse compiere: il mancato rispetto della “promissione dogale” comportava anche la morte.

LO SAPEVATE ChE...L ’ E L E z I O N E D E L D O G E d i Pa o l o L e n a r d a

LETTERA DAL CARCERE di Venezia Santa Maria Maggiore

Grazie perché ci sieteHo letto all’interno di Olibox, il giornalino della vostra comunità, che c’è “Aria di rinnovamento” da parte della Chiesa. Io aggiungerei che c’è voglia di rinnovamento da parte di chi ogni santo giorno è in trincea per combattere e aiutare chi è entrato nel vortice della tossicodipendenza. Que-sta voglia, purtroppo, non è entrata nella mente e nel dover fare di chi è a capo delle Istituzioni di competenza. È vero che in questi anni, grazie alla tenacia di molti illuminati che con tanta umiltà si sono messi a disposizione, molte cose sono cambiate, ma non il concetto, da parte governativa, che curare e prevenire è meglio che reprimere e isolare con il carcere.Ora siamo in un periodo difficile per l’economia del nostro Paese e in nome di una forsennata Spending Review si sono attuati tagli agli investimenti sanitari e di utilità sociale. Ciò ha creato enormi difficoltà ai pochi centri e comunità per il recupero dei tossicodipendenti. L’Olivotti è una di queste strutture in cui persone coraggiose si prodigano come angeli custodi per dare una possi-bilità concreta al prossimo e per ribadire la valenza indiscussa di questa alternativa al carcere, per i molti giovani, troppi purtroppo, che hanno bisogno di uscire dall’aspirale vigliacca e distruttiva della tossicodipendenza.È sconfortante, per chi tutti i giorni lotta e fa i salti mortali per mantenere in vita comunità e strut-ture di accoglienza, in tutto il territorio italiano, che sono al limite della sopravvivenza per motivi esclusivamente economici. Il non risolvere queste urgenze etiche e morali, lede negativamente l’immagine di un Paese che vuole dimostrare la propria democrazia e rispetto per i diritti umani. La legge del “taglione” non ha mai portato a nulla di positivo, anzi ha sempre peggiorato e amplia-to il divario tra chi ha sbagliato e chi non l’ha fatto, ma che potrebbe un giorno farlo. Si deve dare l’opportunità a chiunque di potersi riscattare e di poter diventare una persona nuova e migliore. Ci sono strutture, come l’Olivotti, che si caratterizzano non solo per la cura delle patologie, ma anche per un completo recupero dell’individuo, fisicamente e psicologicamente. Sarebbe un dan-no sociale enorme, se le preoccupazioni economiche e quelle politiche di bilancio attenuassero le garanzie sociali e non aumentassero il numero dei centri di recupero e rieducazione. È una scelta di civiltà e di garanzie rivolte a tutti.

Alcuni detenuti:Luciano ParamattiAndrea DonaglioPaolo CadamuroSandro Righetto

Marcello Carpigiani

A VOLTE fARE UN PO’DI VOLONTARIATO

TI ALLUNGA I CAPELLI!!!

PUBBLICITA’IL REGALO

I frati cappuccini di Lovere (BG) hanno regalato alla nostra comunità un tavolo da biliardo. Ne siamo infinitamente grati!!!

 

   

 

   

 

 

Grazie per la ceramica che ci avete donato!!!Portate le vostre macchine alla Carrozzeria Olivotti!

Tutti i giorni dal Lunedì al Venerdì dalle 8.00 alle 12.00 e dalle 14.00 alle 18.00Tel.: 041-5609637 e per urgenze al Cell. 340 - 5178479

Questa rivista è redatta interamente dai ragazzi, dagli operatori edai volontari della Cooperativa GIUSEPPE OLIVOTTI s.c.s. ONLUS

CENTRO STUDI GIUSEPPE OLIVOTTI s.c.s. ONLUSvia Nazionale 53 -30034 Mira (VE)tel. 041 420349 - fax 041 421007

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Caporedattore:CARLEA LUIGI

Redazione:CENTRO STUDI COOP. OLIVOTTI

Stampa:Comunicare & Stampa s.r.l. - Marghera

Reg. Trib. Venezia n° 1236 del 10.03.99

Per la realizzazione di questa rivista nessun albero è stato abbattuto,usando carta riciclata al 100%

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