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HEALTH MANAGEMENT – ISTITUTO DI MANAGEMENT SANITARIO – FIRENZE www.health-management.it CIMO – IL SINDACATO DEI MEDICI www.cimomedici.it 1 OGGETTO ASPETTATIVA E LIBERA PROFESSIONE EXTRAMOENIA QUESITO (posto in data 1 settembre 2015) Sono dipendente di una azienda USL pubblica e sono dirigente medico con incarico di alta specializzazione, dal 1992. Dal 2011 svolgo libera professione extramoenia. Mi hanno detto, in via informale, che l'aspettativa per motivi personali è concessa discrezionalmente dall'Azienda e che è comunque vietato, durante il periodo accordato, lo svolgimento dell'attività libero professio- nale anche se in extramoenia. Ho letto alcune risposte di esperti che sostenevano, invece che la libera professione extramoenia poteva essere svolta in tali casi seppur in misura esattamente sovrapponibile a quanto svolto nell'anno precedente e non aumentandone i volumi. Si pongono i seguenti quesiti 1) l'aspettativa è veramente discrezionale? 2) occorrono particolari situazioni familiari o altro per richiederla? 3) veramente non è possibile esercitare la libera professione in regime di extramoenia in caso di aspettativa senza assegni? 4) se possibile, in quale quantità; 5) in caso di posizione discordante della mia Azienda quali misure adottare?

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OGGETTO

ASPETTATIVA E LIBERA PROFESSIONE EXTRAMOENIA QUESITO

(posto in data 1 settembre 2015) Sono dipendente di una azienda USL pubblica e sono dirigente medico con incarico di alta specializzazione, dal 1992. Dal 2011 svolgo libera professione extramoenia. Mi hanno detto, in via informale, che l'aspettativa per motivi personali è concessa discrezionalmente dall'Azienda e che è comunque vietato, durante il periodo accordato, lo svolgimento dell'attività libero professio-nale anche se in extramoenia. Ho letto alcune risposte di esperti che sostenevano, invece che la libera professione extramoenia poteva essere svolta in tali casi seppur in misura esattamente sovrapponibile a quanto svolto nell'anno precedente e non aumentandone i volumi. Si pongono i seguenti quesiti 1) l'aspettativa è veramente discrezionale? 2) occorrono particolari situazioni familiari o altro per richiederla? 3) veramente non è possibile esercitare la libera professione in regime

di extramoenia in caso di aspettativa senza assegni? 4) se possibile, in quale quantità; 5) in caso di posizione discordante della mia Azienda quali misure

adottare?

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RISPOSTA

(inviata in data 16 settembre 2015) 1) l'aspettativa è veramente discrezionale? La concessione dell’aspettativa per motivi personali è soggetta ad una valutazione discrezionale da parte dell’Azienda, che può negarla laddove dalla concessione dell’aspettativa derivi un pregiudizio per quanto concerne la continuità dei servizi che la stessa è chiamata ad assicurare. L’orientamento giurisprudenziale consolidato chiarisce peraltro che il diniego della concessione deve essere motivato e non può essere pretestuoso, verificandosi in tal caso un vero e proprio abuso di potere, tanto più grave quanto più serie e documentate sono le motivazioni che sostengono la richiesta dell’aspettativa. La norma contrattuale che disciplina la concessione dell’aspettativa per motivi familiari e personali è il comma 1 dell’articolo 10 del CCNL 10 febbraio 2004, che testualmente dispone: Al dirigente con rapporto di lavoro a tempo indeterminato che ne faccia formale e motivata richiesta, compatibilmente con le esigenze di servizio, possono essere concessi periodi di aspettativa per esigenze personali o di famiglia senza retribuzione e senza decorrenza dell’anzianità, per una durata complessiva di dodici mesi in un triennio La richiesta deve in sostanza essere motivata, e l’azienda può concedere o meno l’aspettativa richiesta sulla base di una valutazione congiunta delle motivazioni che sostengono la richiesta e delle proprie esigenze organizzative. Tale valutazione deve essere fatta applicando i principi della correttezza e della buona fede sanciti dagli articoli 1175 e 1375 del codice civile, che devono permeare tutti i rapporti contrattuali, compreso ovviamente il rapporto di lavoro, e che devono essere rispettati sia dal datore di lavoro che dal lavoratore, che dovrà richiedere l’aspettativa per oggettive motivazioni e non come pretesto per svolgere altre attività. (A tal fine esiste una possibilità, sempre soggetta a concessione discrezionale dell’amministrazione di appartenenza: l’aspettativa per intraprendere attività professionali o imprenditoriali, introdotta dall’articolo 18 della legge 4 novembre 2010, n. 183).

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2) occorrono particolari situazioni familiari o altro per richiederla? La richiamata disciplina contrattuale non indica situazioni specifiche, ma lascia ampia discrezionalità nella valutazione delle motivazioni, che devono essere comunque supportate da idonea documentazione che ne comprovi la fondatezza. Diverso è il caso del congedo per gravi motivi di famiglia previsto dall’articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53. Il decreto interministeriale 21 luglio 2000, n. 271, adottato secondo quanto previsto dal comma 4 del citato articolo 4, precisa infatti che I gravi motivi per cui si può richiedere il congedo sono: � necessità familiari a seguito della morte di uno dei familiari � necessità della presenza e dell’impegno del lavoratore per la cura e

l’assistenza dei familiari � grave disagio personale del lavoratore stesso, per motivi diversi

dalla malattia � patologie dei familiari sopraelencati, ad esclusione del richiedente il

permesso. Le patologie dei familiari per le quali può essere richiesto il congedo sono: � patologie acute e croniche che comportano la perdita permanente o

temporanea dell’autonomia funzionale, comprese le affezioni cro-niche di natura congenita, neoplastica, infettiva, dismetabolica, post-traumatica, neurologica, neuromuscolare, psichiatrica, deri-vante da dipendenze, a carattere evolutivo o soggette a riacutizza-zioni periodiche

� patologie acute e croniche che richiedono assistenza continuativa e frequenti monitoraggi periodici ematochimici e strumentali

� patologie acute e croniche che richiedono la partecipazione attiva del familiare nel trattamento sanitario

� patologie dell’infanzia e dell’età evolutiva per la cui terapia e riabilitazione necessita il coinvolgimento dei genitori.

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3) veramente non è possibile esercitare la libera professione in regime

di extramoenia in caso di aspettativa senza assegni? La questione è controversa, come dimostrano i pareri che mi sono stati dati su una risposta che avevo predisposto l’anno scorso ad un quesito per certi versi sovrapponibile a quello sopra riportato. Il quesito al quale mi riferisco è il seguente: Sono un dirigente medico a tempo indeterminato, ho rinunciato all'esclusività di rapporto, ed ho intenzione di usufruire dell'astensione facoltativa come neo-papà. Potrò esercitare in extramoenia anche durante l'astensione facoltativa? La mia risposta fu la seguente: Personalmente ritengo assolutamente di sì, sulla base di una semplice ma a mio avviso dirimente considerazione: il congedo parentale si sostanzia in una astensione facoltativa dall’impegno lavorativo che un dirigente medico è tenuto ad assicurare, a prescindere dall’esclusività o meno del rapporto di lavoro. L’articolo 15-sexies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, precisa al riguardo che l’opzione per il rapporto non esclusivo comporta la totale disponibilità nell'ambito dell'impegno di servizio, per la realizzazione dei risultati programmati e lo svolgimento delle attività professionali di competenza. Le aziende stabiliscono i volumi e le tipologie delle attività e delle prestazioni che i singoli dirigenti sono tenuti ad assicurare, nonché le sedi operative in cui le stesse devono essere effettuate La norma citata è stata testualmente recepita dal comma 7 dell’articolo 10 del CCNL 2002_2005 che oltre a ribadire che l’opzione per il rapporto di lavoro non esclusivo comporta la totale disponibilità nell’ambito dell’impegno di servizio, per la realizzazione degli obiettivi istituzionali programmati e lo svolgimento delle attività professionali di competenza precisa che Le aziende, secondo criteri omogenei con quelli adottati per i dirigenti con rapporto di lavoro esclusivo e sulla base delle indicazioni dei responsabili delle strutture negoziano con le équipe interessate i volumi e le tipologie delle attività e delle prestazioni che i singoli dirigenti sono tenuti ad assicurare nonché le sedi operative in cui le stesse devono essere effettuate.

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Il congedo parentale è un beneficio finalizzato a consentire ai genitori di accudire all’educazione ed alla gestione dei figli fino all’ottavo anno di vita, ed essendo un beneficio oneroso per la finanza pubblica deve essere utilizzato coerentemente con questa finalità e non può essere utilizzato ad altri fini. Fatta salva questa fondamentale coerenza, non si ravvedono limitazioni all’esercizio dell’attività libero professionale extramoenia nei giorni nei quali si fruisce del congedo parentale. Su questo argomento va citata la circolare dell’INPS n. 62 del 29 aprile 2010 nella quale, in merito allo svolgimento di altra attività lavorativa durante la fruizione di congedo parentale si afferma Sono stati chiesti chiarimenti in merito alla riconoscibilità o meno del diritto all’indennità per congedo parentale (di cui agli articoli 32 e seguenti del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 in favore di lavoratori dipendenti che, durante la fruizione del congedo stesso, intraprendono una nuova attività lavorativa. A tale riguardo è stato interpellato il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali che, nel rendere il proprio parere, ha sottolineato che il congedo parentale risponde alla precipua funzione di assicurare al genitore lavoratore un periodo di assenza dal lavoro finalizzato alla cura del bambino e non può, quindi, essere utilizzato dal lavoratore stesso per intraprendere una nuova attività lavorativa che, ove consentita, finirebbe col sottrarre il lavoratore dalla specifica responsabilità familiare verso la quale il beneficio in esame è orientato. In applicazione delle indicazioni ministeriali sopra richiamate, si forniscono, quindi, le seguenti precisazioni. Il lavoratore dipendente che, durante l’assenza dal lavoro per congedo parentale, intraprenda un’altra attività lavorativa (dipendente, parasubordinata o autonoma) non ha diritto all’indennità a titolo di congedo parentale ed, eventualmente, è tenuto a rimborsare all’Inps l’indennità indebitamente percepita. Pertanto, le Sedi dovranno respin-gere la relativa domanda e, nel caso in cui sia in corso la fruizione del beneficio e del correlativo trattamento economico, dovrà essere attivato il relativo recupero secondo le modalità previste.

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L’incompatibilità appena evidenziata si configura anche nei casi in cui il lavoratore dipendente intraprenda una nuova attività lavorativa durante periodi di congedo parentale non indennizzabili per superamento dei limiti temporali e reddituali previsti dagli articoli 32 e 34 del citato decreto 151); in tale ipotesi, infatti, al lavoratore non può essere riconosciuta la copertura figurativa per i periodi di congedo impropriamente utilizzati. Ovviamente, la reiezione della domanda di indennità, con eventuale recupero di quanto già corrisposto, dovrà limitarsi a quei periodi di con-gedo parentale relativamente ai quali risulti verificato il contemporaneo svolgimento della nuova attività lavorativa intrapresa. Si precisa, inoltre, che l’ipotesi sopra considerata è differente rispetto all’ipotesi in cui il lavoratore sia titolare di più rapporti di lavoro a tempo parziale (orizzontale), ed eserciti il diritto al congedo parentale relativamente ad uno dei rapporti di lavoro, proseguendo l’attività nell’altro o negli altri rapporti. In tale caso, infatti, il lavoratore non si avvale dell’assenza per congedo parentale per intraprendere una nuova attività lavorativa, ma si limita a proseguire l’attività o le attività già in essere al momento della richiesta di congedo. La situazione di un dirigente medico che abbia optato per il rapporto non esclusivo presenta una analogia evidente rispetto alla situazione citata nella precisazione finale, non per quanto concerne l’impegno ridotto, ma per quanto concerne il fatto che la libera professione extramoenia costituisce una seconda attività che il dirigente medico a rapporto non esclusivo legittimamente svolge contestualmente al rapporto di lavoro dipendente e per la quale è tenuto ad una separata gestione fiscale. La citata circolare dell’INPS precisa a più riprese che deve ritenersi illegittimo intraprendere una nuova attività avvalendosi del beneficio del congedo parentale, ma non continuare in una attività già in essere al momento della richiesta di congedo. La convinzione che l’esercizio dell’attività libero professionale extramoenia nel periodo di congedo parentale sia legittima trova conferma nella risposta data dalla CGIL Funzione Pubblica ad un quesito analogo, che si riporta di seguito integralmente.

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CGIL FUNZIONE PUBBLICA Quesito Un dirigente medico in attività extramoenia, che chiede il congedo parentale o l’aspettativa per motivi personali, può continuare a svolgere l’attività extramoenia? Risposta L’attività extramoenia prescinde dal rapporto di lavoro pubblico, e pertanto è possibile continuare a svolgerla durante il periodo di aspettativa, o in congedo parentale. In altri termini, nel regime di esclusività, l’esercizio della libera professione intramuraria costituisce un elemento endemico al contratto di lavoro e come tale radicato nel rapporto di servizio. ne deriva pertanto, che la sospensione di quest’ultimo per intervenuta aspettativa comporta automaticamente l’interruzione del diritto ad esercitare la libera professione intramuraria, essendo tale prerogativa del medico inscindibile dall’assolvimento degli obblighi istituzionali. Al contrario nel regime non esclusivo il dirigente medico è tenuto a garantire “la totale disponibilità nell’ambito dell’impegno di servizio, per la realizzazione dei risultati programmati e lo svolgimento delle attività professionali di competenza” (articolo 15-sexies del decreto legislativo 502). La locuzione ”nell’ambito dell’impegno di servizio”, utilizzata dal legislatore, segna un preciso confine alle obbligazioni contrattuali che si esauriscono nell’espletamento delle attività istituzionali e nella realizzazione dei programmi dirigenziali, talché l’attività professionale in regime extramoenia può essere liberamente esercitata dal medico, con le modalità, i tempi e nella misura da quest’ultimo stabiliti, al pari di qualunque libero professionista. Pertanto, in questa fattispecie, la sospensione del rapporto per aspettativa (eventualmente concessa per motivi familiari o personali) non è incompatibile con l’esercizio della libera professione extramoenia, non essendoci alcun legame contrattuale e giuridico tra tale attività e il rapporto di pubblico servizio.

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Pur essendo la risposta chiara, autorevole e pienamente condivisa ho sentito l’esigenza di sottoporre la mia risposta al quesito a tre diversi interlocutori, tutti e tre ampiamente legittimati ad esprimere un parere di merito: ٧ un esperto di rilievo nazionale in materia di disciplina del rapporto

di lavoro della dirigenza medica, responsabile della gestione del personale in aziende sanitarie di differenti tipologie e dimensioni

٧ il responsabile della struttura complessa gestione attività libero professionale di un’azienda sanitaria

٧ il direttore amministrativo di un’azienda ospedaliera, che ha operato per molti anni nel settore della gestione del personale;

Si riportano nell’ordine le risposte date dai diversi interlocutori esperto: Sono quelle situazioni sul filo di lana, sulle quali occorre ragionare in termini di equilibrio, quindi: 1. Il congedo parentale è strettamente correlato all’attività lavorativa

ordinaria. 2. Se il medico esercita attività extramoenia, può continuare a farlo

purché mantenga i volumi ordinari. Cioè il divieto e la pericolosità sussisterebbero qualora utilizzasse il congedo o l'aspettativa per ampliare l'attività extramoenia.

3. L'equilibrio si trova ricordando che il congedo parentale serve per assistere il figlio, rispetto all'attività ordinaria.

direttore dell’unità operativa gestione attività libero professionale Sono assolutamente d’accordo e condivido appieno le conclusioni cui Lei è giunto, anche alla luce del materiale citato e della interpretazione da Lei datane. L’attività libero professionale per il dirigente medico che abbia scelto l’extramoenia è, a mio avviso, perfettamente compatibile con il trovarsi in congedo parentale, in ferie od in qualsivoglia altra situazione di assenza dal posto di lavoro. Conferma se ne ha, come Lei stesso correttamente osserva, dal fatto che il medico deve aprire una posizione fiscale e contributiva diversa ed autonoma rispetto a quella della sua azienda, né più né meno come fanno i medici non dipendenti ed i professionisti in genere.

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direttore amministrativo di un’azienda ospedaliera Effettivamente il quesito non è di facile soluzione. Il suo ragionamento è molto lineare e logico ma ritengo che la questione possa essere vista anche da un’altra angolazione: la libera professione di un extramoe-nista è il risultato di una deroga speciale che l’ordinamento concede al dirigente medico rispetto al principio generale dell’ incompatibilità. In questo senso mi parrebbe corretto che lo Stato, prima di finanziare l’astensione dal lavoro motivata dalle nobili esigenze tutelate, chieda in primo luogo al dirigente di recuperare il tempo necessario riducendo la propria attività libero professionale (che, come dicevo sopra, conserva natura eccezionale in virtù di deroga e che, quindi deve porsi in posizione non paritaria rispetto all’impiego pubblico). Se un caso del genere si dovesse porre nella mia Azienda mi pronuncerei per l’incompatibilità delle due situazioni, ma non mi sentirei sicuro al cento per cento dell’inattaccabilità della mia posizione, proprio perché il suo ragionamento è certamente ben argomentato. L'analisi comparata dei tre pareri evidenzia che non è univoca e certa l’interpretazione della normativa specifica. Una sintesi prudenziale induce a ritenere che sia possibile l'esercizio dell'attività libero professionale extramoenia nel periodo in cui si fruisce del congedo parentale a condizione che ciò non comporti variazioni significative dei volumi di prestazioni erogate in extramoenia. Questo non tanto ai fini dell’ incompatibilità quanto ai fini del diritto alla corresponsione dell’indennità, laddove vi fosse un eventuale controllo su iniziativa dell'INPS (che di fatto la eroga.) In definitiva ritengo inattaccabile il comportamento di un medico che dimostri di non aver modificato né gli orari in cui esercita la libera professione extramoenia né i volumi di prestazioni erogate. Per una totale tranquillità, e per la trasparenza che deve caratterizzare i comportamenti di un pubblico dipendente, un'iniziativa interessante potrebbe essere quella di informare l'azienda di appartenenza della decisione di continuare a svolgere la propria libera professione extramoenia, portando a supporto di tale decisione gli approfondimenti effettuati in materia. Superlativo sarebbe ottenere che fosse apportata al regolamento che disciplina la libera professione intramoenia una integrazione nella quale fosse precisata in maniera inequivoca la liceità dell'esercizio della libera professione extramoenia nei giorni in cui si usufruisce del congedo parentale, eventualmente specificando che tale liceità è subordinata al mantenimento del profilo di attività, in termini di orari e volumi prestazionali.

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Se questa conclusione è valida per il congedo parentale, che comporta un onere per l’amministrazione, a maggior ragione dovrebbe esserlo per l’aspettativa, che al contrario non è onerosa. Va peraltro osservato che l’articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, che disciplina il congedo per gravi motivi familiari, al comma 2 precisa che: Durante tale periodo il dipendente conserva il posto di lavoro, non ha diritto alla retribuzione e non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa. Questa disposizione può intendersi applicabile, per analogia, ad altri istituti che prevedono la sospensione del rapporto di lavoro per motivi di carattere familiare. Purtroppo non si registra unanime interpretazione in giurisprudenza, come si rileva dal confronto delle due sentenze riportate per estratto in appendice, e che a fronte di fatti sostanzialmente analoghi sono pervenute a conclusioni diametralmente opposte. 4) se possibile, in quale quantità; Elemento centrale appare il mantenimento della attività libero profes-sionale extramoenia entro i volumi e gli orari ordinariamente seguiti, affinché non sia imputabile un utilizzo improprio dell’aspettativa per incrementare la propria attività professionale. 5) in caso di posizione discordante della mia Azienda quali misure

adottare. Il rispetto dei principi di correttezza e buona fede precedentemente richiamati impone sempre e comunque un atteggiamento di leale trasparenza, per cui un eventuale disaccordo sull’interpretazione della normativa deve essere risolto prima di adottare un determinato comportamento, e deve essere risolto inducendo l’azienda ad inserire nel regolamento che disciplina la concessione dei permessi a vario titolo una clausola che disciplini questo specifico aspetto. Sempre preventivamente, laddove non fosse possibile addivenire ad un accordo ed ottenere dall’Azienda che questo sia sancito dal citato regolamento, è possibile adire le vie legali per ottenere questa precisazione. Inopportuno appare un comportamento che comporti un rischio di imputazione (una delle sentenze riportate in appendice è stata pronunciata dopo cinque anni dalla contestazione dell’addebito, con immaginabili conseguenze in termini di stress e di costi).

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RIFERIMENTI NORMATIVI

CCNL 10 febbraio 2004

Integrativo del CCNL 1998_2001

Articolo 10 – Aspettativa 1. aspettativa per esigenze personali o familiari – condizioni e limiti

Al dirigente con rapporto di lavoro a tempo indeterminato che ne faccia formale e motivata richiesta, compatibilmente con le esigenze di servizio, possono essere concessi periodi di aspettativa per esigenze personali o di famiglia senza retribuzione e senza decorrenza dell’anzianità, per una durata complessiva di dodici mesi in un triennio.

2. servizio attivo necessario per fruire di una ulteriore aspettativa

Il dirigente rientrato in servizio non può usufruire di un altro periodo di aspettativa per motivi di famiglia, anche per cause diverse, ovvero delle aspettative di cui al comma 8, lettere a) e b), se non siano intercorsi almeno quattro mesi di servizio attivo, fatto salvo quanto previsto dal comma 8, lettera c).

3. modalità di calcolo della durata possibile

Ai fini del calcolo dei dodici mesi complessivi di aspettativa che possono essere concessi nel triennio l’aspettativa in corso si somma alle aspettative concesse nei tre anni precedenti.

4. aspettativa e assenze per malattia

L’aspettativa per motivi personali o familiari, fruibile anche frazionatamente, non si cumula con le assenze per malattia e si ritiene fruibile decorsi 30 giorni dalla domanda, salvo diverso accordo tra le parti.

5. trattamento previdenziale dell’aspettativa per l’assistenza ai figli

Qualora l’aspettativa per motivi di famiglia venga richiesta per l’educazione e l’assistenza dei figli fino al sesto anno di età, tali periodi pur non essendo utili ai fini della retribuzione e dell’ anzianità sono utili ai fini degli accrediti figurativi per il tratta-mento pensionistico.

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RIFERIMENTI NORMATIVI

CCNL 10 febbraio 2004

Integrativo del CCNL 1998_2001

Articolo 10 – Aspettativa 6. possibilità di revoca o interruzione dell’aspettativa

L’azienda, qualora durante il periodo di aspettativa vengano meno i motivi che ne hanno giustificato la concessione, invita il dirigente a riprendere servizio con un preavviso di 10 giorni. Il dirigente, per le stesse motivazioni e negli stessi termini, può riprendere servizio di propria iniziativa.

7. sanzione del licenziamento senza preavviso per mancato rientro

Nei confronti del dirigente che, salvo casi di comprovato impedimento, non si presenti per riprendere servizio alla scadenza del periodo di aspettativa o del termine dei 10 giorni entro i quali l’azienda il dirigente deve riprendere servizio su richiesta aziendale, il rapporto è risolto, senza diritto ad alcuna indennità sostitutiva del preavviso.

8. ulteriori motivi di concessione dell’aspettativa

L’aspettativa senza retribuzione e senza decorrenza dell’anzianità è altresì concessa al dirigente con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, a domanda, per: a) un periodo massimo di sei mesi se assunto presso la stessa o

altra azienda ovvero ente o amministrazione del comparto, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed incarico di direzione di struttura complessa;

b) tutta la durata del contratto di lavoro a termine se assunto con rapporto di lavoro ed incarico a tempo determinato presso la stessa o altra azienda o ente del comparto, ovvero in altre pubbliche amministrazioni di diverso comparto. L’aspettativa prevista dall’articolo 23bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 per attuare la mobilità pubblico – privato si applica solo nei casi in cui l’incarico sia conferito da Organismi pubblici o privati della Unione Europea o da ospedali pubblici dei Paesi dell’Unione stessa o da Organismi internazionali.

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RIFERIMENTI NORMATIVI

CCNL 10 febbraio 2004

Integrativo del CCNL 1998_2001

Articolo 10 – Aspettativa 8. ulteriori motivi di concessione dell’aspettativa

L’incarico già conferito al dirigente dall’azienda o ente che concede l’aspettativa è sospeso per la durata dell’aspettativa e prosegue al suo rientro a completamento del periodo mancante sino alla valutazione. (*)

c) la durata di due anni e per una sola volta nell’arco della vita

lavorativa per gravi e documentati motivi di famiglia. Tale aspettativa può essere fruita anche frazionatamente e può essere cumulata con l’aspettativa di cui al comma 1, se utilizzata allo stesso titolo.

(*) La precisazione relativa all’applicazione dell’articolo 23-bis del

decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 è stata inserita dal comma 13 dell’articolo 24 del CCNL 2002_2005

9. recesso dal rapporto di lavoro ed esonero dal periodo di preavviso

Il dirigente che non intende riprendere servizio, al termine dell’ aspettativa per un rapporto di lavoro a tempo determinato è esonerato dal preavviso purché manifesti per iscritto la propria volontà 15 giorni prima. Il preavviso non è comunque richiesto nell’ipotesi di cui alla lettera a) o se il dirigente non rientra al termine del periodo di prova presso altra azienda.

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RIFERIMENTI NORMATIVI

CCNL 10 febbraio 2004

Integrativo del CCNL 1998_2001

Articolo 11 Altre aspettative previste da disposizioni di legge

1. aspettativa per cariche pubbliche elettive e cooperazione con ONG

Le aspettative per cariche pubbliche elettive e per la cooperazione con i Paesi in via di sviluppo restano disciplinate dalle vigenti disposizioni di legge e loro successive modificazioni ed integrazioni. In particolare, nell’ambito dell’assistenza umanitaria, emergenza e cooperazione con i Paesi in via di sviluppo, le aziende ed enti possono altresì concedere un’aspettativa senza assegni per un massimo di dodici mesi nel biennio, da fruire anche in maniera frazionata, al fine di una collaborazione all’estero, per la realizza-zione di progetti di iniziativa regionale o svolti con un’organizza-zione non governativa riconosciuta idonea ai sensi della legge 26 febbraio 1987, n. 49, che disciplina le modalità di cooperazione dell’Italia con i Paesi in via di sviluppo. Nel caso in cui detti progetti siano finalizzati ad operare in situazioni di emergenza, la conces-sione o il diniego dell’aspettativa dovrà essere comunicata dall’ azienda entro 15 giorni dalla richiesta. Sono fatte salve eventuali normative regionali in materia. (*) Le aspettative ed i distacchi per motivi sindacali sono regolati dai CCNQ sottoscritti rispettivamente il 7 agosto 1998, il 25 novembre 1998 ed il 27 febbraio 2001.

(*) la precisazione sull’aspettativa per la partecipazione a progetti di cooperazione umanitaria è stata inserita dal comma 5 dell’articolo 16 del CCNL 6 maggio 2010, integrativo del CCNL 2006_2009

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RIFERIMENTI NORMATIVI

CCNL 10 febbraio 2004

Integrativo del CCNL 1998_2001

Articolo 11 Altre aspettative previste da disposizioni di legge

2. aspettativa per motivi di studio

I dirigenti con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ammessi ai corsi di dottorato di ricerca, oppure che usufruiscano di borse di studio universitarie, sono collocati, a domanda, in aspettativa per motivi di studio senza assegni per tutto il periodo di durata del corso o della borsa, fermo restando che in caso di ammissione a corsi di dottorato di ricerca senza borsa di studio, o di rinuncia a questa, l'interessato in aspettativa conserva il trattamento economico previdenziale e di quiescenza in godimento da parte dell'amministrazione pubblica presso la quale è instaurato il rap-porto di lavoro.

3. aspettativa per ricongiungimento familiare

Il dirigente con rapporto a tempo indeterminato, il cui coniuge o convivente stabile presti servizio all’estero, può chiedere una aspet-tativa senza assegni per il tempo di permanenza all’estero del coniuge, qualora non sia possibile il suo trasferimento nella località in questione in amministrazione di altro comparto.

4. durata e possibilità di revoca dell’aspettativa per ricongiungimento

L’aspettativa concessa ai sensi del comma 3 può avere una durata corrispondente al periodo di tempo in cui permane la situazione che l’ha originata. Essa può essere revocata in qualunque momento, con preavviso di almeno 15 giorni, per imprevedibili ed eccezionali ragioni di servizio o in difetto di effettiva permanenza all’estero del dirigente in aspettativa.

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RIFERIMENTI NORMATIVI

CCNL 10 febbraio 2004

Integrativo del CCNL 1998_2001

Articolo 11 Altre aspettative previste da disposizioni di legge

5. periodo di servizio per la concessione di ulteriori aspettative

Il dirigente non può usufruire continuativamente del periodo di aspettativa per motivi di famiglia ovvero per la cooperazione con i Paesi in via di sviluppo per motivi di studio o per ricongiu-ngimento familiare senza avere trascorso un periodo di servizio attivo di almeno 6 mesi. La disposizione non si applica alle altre aspettative previste dal presente articolo nonché alle assenze concesse in applicazione della normativa a tutela della maternità e della paternità.

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RIFERIMENTI NORMATIVI

DECRETO LEGISLATIVO 30 marzo 2001, n. 165

articolo 23-bis

Disposizioni in materia di mobilità tra pubblico e privato.

1. aspettativa per incarichi presso organismi pubblici o privati

In deroga all'articolo 60 del testo unico delle disposizioni concer-nenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, i dirigenti delle pubbliche amministrazioni, e gli appartenenti alla carriera diplomatica e prefettizia e, limitatamente agli incarichi pubblici, i magistrati ordinari, amministrativi e contabili e gli avvocati e procuratori dello Stato sono collocati, salvo motivato diniego dell' amministrazione di appartenenza in ordine alle proprie preminenti esigenze organizzative, in aspettativa senza assegni per lo svolgi-mento di attività presso soggetti e organismi, pubblici o privati, anche operanti in sede internazionale, i quali provvedono al relativo trattamento previdenziale. Resta ferma la disciplina vigente in materia di collocamento fuori ruolo nei casi consentiti. Il periodo di aspettativa comporta il mantenimento della qualifica posseduta. È sempre ammessa la ricongiunzione dei periodi contributivi a domanda dell'interessato presso una qualsiasi delle forme assicu-rative nelle quali abbia maturato gli anni di contribuzione. Quando l'incarico è espletato presso organismi operanti in sede internaz-ionale, la ricongiunzione dei periodi contributivi è a carico dell'inte-ressato, salvo che l'ordinamento dell'amministrazione di destina-zione non disponga altrimenti.

2. dirigenti ai quali non è affidata la titolarità di uffici dirigenziali

I dirigenti ai quali non sia affidata la titolarità di uffici dirigenziali, sono collocati a domanda in aspettativa senza assegni per lo svolgi-mento dei medesimi incarichi di cui al comma 1 del presente articolo, salvo motivato diniego dell'amministrazione di apparte-nenza in ordine alle proprie preminenti esigenze organizzative.

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RIFERIMENTI NORMATIVI

DECRETO LEGISLATIVO 30 marzo 2001, n. 165

articolo 23-bis

Disposizioni in materia di mobilità tra pubblico e privato 3. disciplina specifica per i magistrati gli avvocati e procuratori

Per i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, e per gli avvo-cati e procuratori dello Stato, gli organi competenti deliberano il collocamento in aspettativa, fatta salva per i medesimi la facoltà di valutare ragioni ostative all'accoglimento della domanda.

4. limitazioni del periodo di concessione dell’aspettativa

Nel caso di svolgimento di attività presso soggetti diversi dalle am-ministrazioni pubbliche, il periodo di collocamento in aspettativa di cui al comma 1 non può superare i cinque anni e non è compu-tabile ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza.

5. situazioni nelle quali è preclusa la concessione dell’aspettativa

L'aspettativa per lo svolgimento di attività o incarichi presso soggetti privati o pubblici da parte del personale di cui al comma 1 non può comunque essere disposta se:

a) il personale, nei due anni precedenti, è stato addetto a funzioni

di vigilanza, di controllo ovvero, nel medesimo periodo di tempo, ha stipulato contratti o formulato pareri o avvisi su contratti o concesso autorizzazioni a favore di soggetti presso i quali intende svolgere l'attività. Ove l'attività che si intende svolgere sia presso una impresa, il divieto si estende anche al caso in cui le predette attività istituzionali abbiano interessato imprese che, anche indi-rettamente, la controllano o ne sono controllate;

b) il personale intende svolgere attività in organismi e imprese

private che, per la loro natura o la loro attività, in relazione alle funzioni precedentemente esercitate, possa cagionare nocu-mento all'immagine dell'amministrazione o comprometterne il normale funzionamento o l'imparzialità.

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RIFERIMENTI NORMATIVI

DECRETO LEGISLATIVO 30 marzo 2001, n. 165

articolo 23-bis

Disposizioni in materia di mobilità tra pubblico e privato. 6. limitazioni conseguenti alla concessione dell’aspettativa

Il dirigente non può, nei successivi due anni, ricoprire incarichi che comportino l'esercizio delle funzioni di vigilanza e controllo individuate alla lettera a) del comma 5.

7. possibilità di assegnazione temporanea di personale

Sulla base di appositi protocolli di intesa tra le parti, le ammini-strazioni pubbliche, possono disporre, per singoli progetti di interesse specifico dell'amministrazione e con il consenso dell'interessato, l'assegnazione temporanea di personale presso altre pubbliche amministrazioni o imprese private. I protocolli disciplinano le funzioni, le modalità di inserimento, l'onere per la corresponsione del trattamento economico da porre a carico delle imprese destinatarie. Nel caso di assegnazione temporanea presso imprese private i predetti protocolli possono prevedere l'eventuale attribuzione di un compenso aggiuntivo, con oneri a carico delle imprese medesime.

8. valutazione del servizio prestato

Il servizio prestato dai dipendenti durante il periodo di assegna-zione temporanea di cui al comma 7 costituisce titolo valutabile ai fini della progressione di carriera.

9. personale escluso dall’applicazione dell’articolo 23-bis

Le disposizioni del presente articolo non trovano comunque applicazione nei confronti del personale militare e delle Forze di polizia, nonché del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

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RIFERIMENTI NORMATIVI

legge 4 novembre 2010, n. 183

Articolo 18. Aspettativa

1. aspettativa per attività professionali o imprenditoriali

I dipendenti pubblici possono essere collocati in aspettativa, senza assegni e senza decorrenza dell'anzianità di servizio, per un periodo massimo di dodici mesi, anche per avviare attività professionali e imprenditoriali. L'aspettativa è concessa dall'amministrazione, tenuto conto delle esigenze organizzative, previo esame della docu-mentazione prodotta dall'interessato.

2. deroga delle norme in materia di incompatibilità

Nel periodo di cui al comma 1 del presente articolo non si applicano le disposizioni in tema di incompatibilità di cui all' articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

3. rinvio all’articolo 23_bis del decreto legislativo 165/2001

Resta fermo quanto previsto dall'articolo 23-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165: In deroga all'articolo 60 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, i dirigenti delle pubbliche amministrazioni, nonché gli appartenenti alla carriera diplomatica e prefettizia e, limitatamente agli incarichi pubblici, i magistrati ordinari, ammini-strativi e contabili e gli avvocati e procuratori dello Stato sono collocati salvo motivato diniego dell'amministrazione di apparte-nenza in ordine alle proprie preminenti esigenze organizzative, in aspettativa senza assegni per lo svolgimento di attività presso soggetti e organismi, pubblici o privati, anche operanti in sede inter-nazionale, i quali provvedono al relativo trattamento previdenziale.

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RIFERIMENTI NORMATIVI

LEGGE 8 marzo 2000, n. 53

Articolo 4 Congedi per eventi e cause particolari

1. permessi retribuiti per gravi motivi familiari

La lavoratrice e il lavoratore hanno diritto ad un permesso retribuito di tre giorni lavorativi all'anno in caso di decesso o di documentata grave infermità del coniuge o di un parente entro il secondo grado o del convivente, purché la stabile convivenza con il lavoratore o la lavoratrice risulti da certificazione anagrafica. In alternativa, nei casi di documentata grave infermità, il lavoratore e la lavoratrice possono concordare con il datore di lavoro diverse modalità di espletamento dell'attività lavorativa.

2. congedo straordinario per gravi motivi familiari

I dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati possono richiedere, per gravi e documentati motivi familiari, fra i quali le patologie individuate ai sensi del comma 4, un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni. Durante tale periodo il dipendente conserva il posto di lavoro, non ha diritto alla retribuzione e non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa. Il congedo non è computato nell'anzianità di servizio né ai fini previdenziali; il lavoratore può procedere al riscatto, ovvero al versamento dei relativi contributi, calcolati secondo i criteri della prosecuzione volontaria.

3. supporto alla reintegrazione lavorativa

I contratti collettivi disciplinano le modalità di partecipazione agli eventuali corsi di formazione del personale che riprende l'attività lavorativa dopo la sospensione di cui al comma 2.

4. criteri per la fruizione del congedo straordinario

I criteri per la fruizione dei congedi di cui al presente articolo, le patologie specifiche ai sensi del comma 2, nonché l’ individuazione dei criteri per la verifica periodica relativa alla sussistenza delle condizioni di grave infermità dei soggetti di cui al comma 1 sono stati individuati con il decreto interministeriale 21 luglio 2000, n. 278.

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APPENDICE

DUE SENTENZE CON ESITO DIAMETRALMENTE OPPOSTO Corte dei Conti, Sezione di appello, Sentenza 11/05/2015, n. 315 Il dottor B, in data 26 maggio 2010 aveva chiesto la concessione, quale figlio unico e convivente, di un congedo retribuito, per assistere la propria madre, portatrice di handicap. L'Amministrazione, con provvedimento dirigenziale n. 710 del 1 giugno 2010, collocava il dottor B. in congedo retribuito per il periodo 15 giugno 2010 – 15 giugno 2011, con diritto di assentarsi dal lavoro nei giorni dal 15 al 30/31 di ogni mese, ai sensi di quanto disposto dall' articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, che estende il congedo di cui all' articolo 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53. Il provvedimento disponeva che "la sospensione del rapporto di lavoro determina la sospensione di ogni altra attività lavorativa ad esso collegata, compresa la libera professione extra muraria"” aggiungendo espressamente che "quanto sopra è disposto ai sensi del comma 5 dell'articolo 42 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 e del comma 2 dell' articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53.

Il Direttore dell’Unità Operativa di appartenenza aveva segnalato alla Direzione sanitaria di aver appreso che il 20 dicembre 2010 il dottor B. aveva svolto una prestazione libero-professionale, pur essendo in congedo retribuito ai fini anzidetti. Il fatto veniva altresì segnalato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Arezzo (che attivava un procedimento penale per truffa aggravata e continuata in danno dell'Azienda Sanitaria di Arezzo) nonché alla Procura regionale della Corte dei conti. In seguito a tali fatti, oltre al procedimento penale e di responsabilità amministrativa, venne avviato nei confronti del dottor B. un procedimento disciplinare, conclusosi con l’irrogazione al dipendente della sanzione disciplinare di sette giorni di sospensione dal servizio, e privazione della retribuzione.

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Il dottor B. impugnò la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione presso il giudice del lavoro di Arezzo ed il procedimento fu definito transattivamente con conciliazione giudiziale con la quale l'Azienda USL n. 8 di Arezzo annullava e revocava la sanzione disciplinare, dando atto della buona fede del dottor B. e della scusabilità dell'errore in cui era incorso nel ricostruire il quadro normativo che disciplinava l'esercizio della libera professione mentre il dottor B. rinunziava alla richiesta di restituzione delle retribuzioni collegate ai giorni non lavorati che venivano imputati ad aspettativa per motivi personali/familiari, e rinunziava agli atti ed all'azione del giudizio, ed il verbale di conciliazione definiva ogni pretesa reciproca tra le parti per i fatti ed i titoli per cui era sorta controversia. Nonostante ciò la Procura contabile procedette nell’azione risarcitoria sostenendo che la conciliazione giudiziale che aveva disposto in ordine al contestato procedimento disciplinare atteneva al rapporto tra l'Amministrazione - USL 8 di Arezzo ed il dottor B., e non vincolava in alcun modo, nella qualificazione del comportamento del convenuto e negli effetti, l'azione del Pubblico Ministero contabile, ed il giudizio di responsabilità amministrativa. Non sussiste, infatti, convergenza tra l'amministrazione e l'azione del Pubblico Ministero che tutela gli interessi di fondo della collettività ed agisce in posizione neutrale rispetto all'Amministrazione, nell'interesse della Legge ed a difesa del corretto svolgimento della funzione pubblica Poste queste premesse la Procura contabile ritenne il dottor B: responsabile di aver causato un danno all'erario (Azienda Sanitaria n. 8 di Arezzo) pari a euro 48.985,23 (di cui 36.610,79 corrisposti come indennità di assistenza a portatore di handicap e 12.374,44 a titolo di oneri a carico dell'azienda), somme sostenute in violazione delle disposizioni disciplinanti il particolare rapporto lavorativo (che prevedeva il divieto di svolgere l'attività libero - professionale, durante la sospensione retribuita dal servizio).

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La Procura sostenne che, nonostante la concessione di tale beneficio fosse espressamente e logicamente subordinata alla sospensione di ogni attività lavorativa, il dottor B. aveva violato tale disposizione, esercitando l'attività libero professionale durante il periodo di asten-sione retribuita dal lavoro, come emerso dalla dichiarazione resa da una paziente che aveva effettuato una visita ginecologica ed un'ecografia presso lo studio privato del dottor B. in data 20 dicembre 2010, ovvero durante il periodo in cui lo stesso fruiva del congedo retribuito previsto dall’articolo 42 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 per poter assistere il familiare in condizioni di grave disabilità. Secondo la Procura il sanitario non aveva alcuno spazio per discostarsi dal provvedimento di concessione del congedo che esplicitava il divieto della libera professione extramuraria. Avrebbe dovuto o impugnare il provvedimento, o chiedere in sede di autotutela dell'Amministrazione il riesame e la modifica del provvedimento o avrebbe dovuto semplicemente rispettarlo e non svolgere attività libero professionale extramuraria nel periodo considerato Con sentenza pronunciata in data 19 giugno 2013 la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale della Toscana valutò che il comportamento dell'interessato fosse stato posto in essere in presenza dell'elemento psicologico del dolo, perlomeno eventuale, in quanto - pur nella chiara previsione dell'Amministrazione - il convenuto ha accettato il rischio della commissione dell'illecito contabile. Per quanto concerne la quantificazione del danno erariale essendo stata data prova da parte della Procura contabile di una unica visita svolta il 20 dicembre 2010 e non risultando provata una sistematicità della violazione il Collegio ritenne la richiesta della procura solo parzialmente fondata e quantificò il danno nella misura di euro 3.603,96, corrispondenti alla somma corrisposta al dottor B. nel dicembre 2010. Il dottor B. impugnò la sentenza ricorrendo in appello, ma la sezione di appello della Corte dei Conti, con sentenza pronunciata il 22 gennaio 2015 e depositata in cancelleria l’11 maggio 2015, confermò integralmente le valutazioni, le motivazioni e la sentenza della sezione giurisdizionale della Toscana.

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Corte Dei Conti - Sezione Giurisdizionale per La Regione Lombardia

Sentenza 18 giugno 2015, n. 109 Il dottor R. dirigente medico di odontoiatria e stomatologia, a tempo indeterminato, degli Istituti clinici di perfezionamento di Milano dal 31.7.1999 al 31.3.2009, era stato autorizzato a svolgere attività libero professionale extra-muraria. Nel periodo dal dicembre 2005 all'aprile 2009, il sanitario si era assentato dal servizio utilizzando gli istituti contrattuali e normativi dedicati al congedo parentale ma svolgendo abitualmente, durante detto periodo di assenza, attività di odontoiatra in regime di libera professione, oltre che presso lo studio di Milano anche presso altro studio privato. Richiamato il quadro normativo di riferimento ed, in particolare, il decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, la Procura della Corte dei Conti di Milano attrice ha evidenziato gli istituti specifici in esso previsti, volti a legittimare la sospensione della prestazione lavorativa per consentire al genitore di attendere alle esigenze della prole e la configurazione di tale scelta come diritto del lavoratore, non soggetta ad alcuna potestà discrezionale da parte del datore di lavoro.. La stessa Procura ha altresì evidenziato che, qualora tale diritto sia esercitato non per la cura diretta del bambino bensì per attendere ad altra attività di lavoro, la relativa condotta andrebbe ad integrare un abuso del diritto del congedo parentale ed una violazione del principio posto alla base del contratto di lavoro, non valendo più, in tal caso, la retribuzione comunque dovuta durante il periodo di assenza, ad assolvere la preminente finalità di soddisfacimento dei bisogni affettivi del bambino. Di conseguenza, gli importi corrisposti dall'Azienda, nel periodo considerato, sarebbero privi di causa e costituirebbero danno erariale, atteso che qualunque utilizzazione del congedo parentale diverso dalla cura del minore deve considerarsi incompatibile con l'adempimento degli obblighi familiari sottesi all’istituto. Risultando che nel periodo considerato il dr. R. aveva percepito emolumenti per euro 46.248,92, oltre oneri INPDAP per euro 11.007,24, il danno contestato è stato quantificato in euro 57.256,16, oltre rivalutazione ed interessi.

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Al fine di inquadrare correttamente la fattispecie in esame il Colleggio ha effettuato una ricognizione delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, con particolare riferimento alla legge 8 marzo 2000, n. 53 e al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151. L’analisi delle fonti normative, e di alcune sentenze della Corte di Cassazione, evidenza che il congedo parentale costituisce per ciascun genitore un diritto e che si può configurare un abuso di tale diritto quando di tale diritto si faccia un utilizzo improprio, eccedente o deviante rispetto alla tutela dell’interesse sostanziale che l’ordinamento riconosce al titolare del diritto e costituisce la ragione dell’attribuzione al medesimo. Al giudice è consentita un’indagine sulle modalità attraverso le quali tale diritto è stato esercitato, con conseguente declaratoria di illegittimità quando lo stesso sia posto in essere con modalità e per finalità difformi da quelle per le quali l’ordinamento aveva attribuito quel diritto, determinandone un abuso. Su queste basi il Collegio si è proposto di accertare se nella fattispecie in esame fosse configurabile e risultasse debitamente provata un’ipotesi di abuso adottando quali criteri di valutazione le clausole generali della correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto di lavoro. Il collegio, posto che il dirigente medico interessato era a rapporto non esclusivo, ha richiamato che l’articolo 15-sexies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, precisa, che l’opzione per il rapporto non esclusivo comporta la totale disponibilità del dipendente “nell'ambito dell'impegno di servizio, per la realizzazione dei risultati programmati e lo svolgimento delle attività professionali di competenza. Le aziende stabiliscono i volumi e le tipologie delle attività e delle prestazioni che i singoli dirigenti sono tenuti ad assicurare, nonché le sedi operative in cui le stesse devono essere effettuate”. La norma citata è stata testualmente recepita dal comma 7 dell’articolo10 del CCNL 2002- 2005 che, oltre a ribadire che l’opzione per il rapporto di lavoro non esclusivo comporta la totale disponibilità nell’ambito dell’impegno di servizio, per la realizzazione degli obiettivi istituzionali programmati e lo svolgimento delle attività professionali di competenza, precisa che le aziende, secondo criteri omogenei con quelli adottati per i dirigenti con rapporto di lavoro esclusivo.

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Ne deriva che, mentre nel regime di esclusività l’esercizio della libera professione intramuraria costituisce un elemento inscindibile del rapporto di servizio, nel regime di non esclusività, caratterizzato da una puntuale e limitata definizione delle obbligazioni contrattuali, l’attività professionale in regime extramoenia può essere liberamente esercitata dal medico, secondo tempi e misure da quest’ultimo stabiliti. Restando, quindi, totalmente tra loro distinte ed autonome le due aree in cui il medico esercita la sua attività professionale, ed incidendo l’eventuale esercizio del diritto al congedo parentale esclusivamente sul rapporto di servizio nell’ambito del quale viene sospesa la prestazione dell’attività lavorativa, ne deriva che tale esercizio non è di per sé incompatibile con lo svolgimento della libera professione. Tuttavia l’obbligo di dare esecuzione al contratto di lavoro nel rispetto dei generali principi di correttezza e buona fede portano a configurare un “abuso” del diritto concesso quando questo sia utilizzato per un uso improprio ovvero diverso dalle precipue finalità tutelate dal legislatore. Stante la totale autonomia con cui il medico esercita la sua attività professionale e la totale discrezionalità con la quale egli può organizzare orari e modalità di svolgimento della propria attività, ne deriva che solo un comprovato incremento dei volumi di attività libero professionale realizzato durante il periodo di congedo parentale costituirebbe indice – in assenza di prova contraria (ad esempio, un minor numero di prestazioni ma maggiormente remunerative) di un impiego del tempo e delle energie rese disponibili dalla sospensione dell’attività lavorativa non per tutelare le esigenze familiari ed il rapporto di filiazione, come voluto dal legislatore, bensì per incrementare o iniziare ex novo un’attività libero-professionale. La Procura della Corte dei Conti, sulla base delle indagini esperite dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza, ha ritenuto configurarsi l’abuso del diritto a fruire del congedo parentale per avere utilizzato il congedo parentale non per la cura diretta del bambino, bensì per attenderne ad altra, non consentita , attività di lavoro. Tale accusa è stata considerata dal Collegio infondata.

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Negli anni oggetto del controllo il dottor R. ha reso costantemente nel tempo prestazioni sanitarie per un numero significativo di soggetti (oltre cento), sia in orari mattutini che pomeridiani, come confermato dalle annotazioni effettuate sulle cartelle cliniche e delle dichiarazioni dei pazienti rese in sede di controlli incrociati quindi ha assolto i Suoi impegni connessi con il proprio rapporto di lavoro. Il professionista ha svolto durante tutto il periodo di assenza del lavoro, abitualmente e con vantaggio economico l’attività di odontoiatra in regime di libera professione. Il Collegio ha ritenuto che questo fosse solo prova dell’esercizio della libera professione ma non dell’abuso del diritto al congedo parentale per incrementare i volumi di quella attività o per iniziarne una nuova, a scapito del tempo che il dipendente avrebbe, invece, dovuto, dedicare alla prole. Ed ha ritenuto che non fosse configurabile alcuna responsabilità amministrativa, e che il dottor R. dovesse essere assolto da ogni accusa formulata a suo carico. La difesa del dottor R. ha basato la propria memoria difensiva sulla risposta che ho dato al quesito che mi era stato posto su analoga questione, pubblicato in rete, citando in particolare la circolare dell’INPS in essa riportata. Ed il Collegio ha accolto totalmente le tesi sostenute dalla difesa, riportando nelle motivazioni della sentenza alcune considerazioni formulate in quella risposta, per quanto concerne in particolare la connotazione del rapporto di lavoro del medico a rapporto non esclusivo.