Occhio all'arte (dicembre 2015)

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A cura dell’Associazione Arte Mediterranea - anno IX N° 89 dicembre 2015 Mensile d’informazione d’arte n in mostra: 100 presepi n eventi: Capodanno cinese a Roma all’ Esquilino www.artemediterranea.org n curiosArt: Il presepe napoletano n dedicato a: BALTHUS: artista affascinante e misterioso James Tissot, “Una convalescente”, 1875-1876

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A cura dell’Associazione Arte Mediterranea - anno IX N° 89 dicembre 2015

Mensile d’informazione d’arte

nin mostra: 100 presepi

neventi: Capodanno cinese a Roma all’ Esquilino

www.artemediterranea.org

ncuriosArt:Il presepe napoletano

ndedicato a: BALTHUS: artista affascinante e misterioso James Tissot, “Una convalescente”, 1875-1876

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Mensile culturale edito dallaAssociazione Arte Mediterranea

via Dei Peri, 45 ApriliaTel.347/1748542

[email protected]. del Tribunale di Latina N.1056/06, del 13/02/2007

FondatoriAntonio De Waure, Maria Chiara

LorentiCristina Simoncini

AmministratoreAntonio De Waure

Direttore responsabileRossana Gabrieli

Responsabile di Redazione Maria Chiara Lorenti

RedazioneMaria Chiara Lorenti, Cristina

Simoncini, Giuseppe Di Pasquale, Eleonora Spataro, Stefania Servillo

CollaboratoriLuigia Piacentini,Patrizia Vaccaro,

Laura Siconolfi, Maurizio Montuschi, Greta Marchese, Giulia Gabiati,

Valerio Lucantonio, Martina Tedeschi, Marilena Parrino, Nicola Fasciano,

Maria Centamore, Giuseppe ChitarriniTiziano Anderlini

Responsabile MarketingCristina Simoncini

Composizione e Desktop Publishing

Giuseppe Di Pasquale

Stampa Associazione Arte Mediterranea

via Dei Peri, 45 Aprilia

Tutti i diritti riservati. E’ vietata la riproduzione anche

parziale senza il consenso dell’editore

Sommario

Parigi, venerdì 13 novembre 2015“100 PRESEPI”

Concorso “Occhio all’Arte” 2015TISSOT

Capodanno cinese a Roma all’ Esquilino Il gabbiano Jonathan Livingston

BALTHUS: artista affascinante e misterioso Twombly fotografo dal 1951 al 2011

Jaco the Galactic PatrolmanIl presepe napoletano

Philippe Daverio, “Pensare l’arte”La Rampa Imperiale Domizianea

Stagione al “Millelire”: teatro, musica e molto altroChernobyl: un parco naturale dopo il disastro nucleare

sul filo di china

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Per sponsorizzare “Occhio all’Arte” Telefona al 347.1748542

Sono in distribuzione la 1a e 2a lezione del DVD sulla

pittura ad olio

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in mostran“100 PRESEPI” Una tradizione tipicamente italiana di Patrizia Vaccaro

Anche quest’anno si farà l’ormai storica rassegna d’arte presepiale, in concomitanza con il Giubileo Straordinario della misericordia indetto da Papa Francesco.

Siamo giunti alla 40a edizione dell’ Esposizione Internazionale “100 Presepi”, che sottolinea una tradizione tipicamente italiana e cerca di ripristinare nelle famiglie l’usanza del presepe.

La mostra presenta presepi artistico – artigianali d’epoca e contemporanei, provenienti dalle varie regioni italiane e da paesi esteri, in rappresentanza dell’arte presepiale mondiale. Vengono realizzati da artisti, artigiani, amatori, bambini e anziani, ragazzi delle scuole, enti nazionali e internazionali, ambasciate … oramai il numero 100 è rimasto solo nel nome, di fatto all’esposizione dello scorso anno c’erano più di 200 presepi, di cui un centinaio provenienti dai cinque continenti.La Mostra dei “100 Presepi” riscuote sempre un grande successo ed interesse da parte del pubblico, interesse che cresce di anno in anno, si può notare un alto livello artigianale internazionale e nazionale, tanto che anche il “ The New York Times” ha indicato tale esposizione tra le sei “cose” da visitare nel mondo nel periodo natalizio.L’Esposizione ha acquisito nel tempo un’ottima valenza culturale ed è diventato anche un veicolo promozionale per gli artisti e gli artigiani che vi partecipano, hanno difatti la possibilità di promuovere le loro opere in Italia e nel mondo, anche grazie al sito www.presepi.it. L’ Esposizione si svolge a Roma presso le Sale del Bramate a Piazza del Popolo, dal 26/11/2015 al 10/01/2016.

Parigi, venerdì 13 novembre 2015

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dedcato an

di Maria Chiara Lorenti

Concorso “Occhio all’Arte” 2015Queste le opere partecipanti

Leonetti Emilia

Tagliavini Maura Pasciutti Giuseppe

D’Angelo Ennio

Daddi Francesca Agostini Cristina

Nasoni Danila Ciccarello Giuseppe

Migliori LucianaMontuschi Maurizio

Bertucci Vittoria

Gunnel Engblom Boccardi Paolo Siconolfi Laura

Guerani Mauro

Formato GiannaBoscherino Donato Buffa Angela

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in mostran

di Maria Chiara Lorenti

TISSOTUn artista tra Impressionisti e Preraffaelliti

J acques Joseph T i s so t a l i a s James T i s so t , f rancese d i nasc i t a , i ng lese pe r na tu ra l i z zaz ione , e ra un a r t i s ta ra f f i na to

e a t ten to a i p iù p i cco l i pa r t i co la r i , un acu to osse rva to re de l l a v i t a che s i svo lgeva a cava l l o de i due seco l i passa t i . De l res to essendo f i g l i o d i un commerc ian te d i s to f fe e d i una mod i s ta d i cappe l l i non po teva non esse re che un p i t to re acco r to a i de t tami de l l a moda , come ben d imos t rano i suo i r i t ra t t i femmin i l i , cos ì ve r i t i e r i ne l r i p rodur re i t essu t i e l e fogge de l l e ves t i de l l e s ignore , tan to che , ne l l a mos t ra “ James T i s so t ”, a l u i ded i ca ta , a l l e s t i t a a l Ch ios t ro de l B ramante s ino a l 21 febbra io , s i è vo lu to accen tuare ques ta sua pecu l i a r i t à a f f i ggendo un panne l l o con una mo l t i tud ine d i f i occh i d i pann i d i ve r s i : da l cashmere a l t a f fe t tà , da l l o ch i f fon a l raso . Ne i p r im i ann i de l l a sua ca r r i e ra , T i s so t s i p ropone come p i t to re s to r i co , i sp i ra to a l R inasc imento t ra t ta temi come “ i l f i g l i o l p rod igo”, “Margher i t a e Faus t ”, pe r po i camb ia re dec i samente o r i en tamento e ded i ca r s i a l be l mondo par ig ino, dove , g raz ie a l l a maes t r i a con cu i d ip inge r i t ra t t i ed amb ien taz ion i , sub i to ha un successo s t rep i toso ne l l ’ amb i to de l l ’ a r i s toc raz ia . La donna è pos ta a l cen t ro de l l a te l a , sogge t to da l l e m i l l e s facce t ta tu re , be l l a , a f fasc inan te , m i s te r i osa . Ecco i l m i s te ro femmin i l e , l ’ impenet rab i l i t à d i que l l a s fe ra i n t ima e p r i va ta d i cu i s i ammantano l e sue e ro ine , è i l f i l o condut to re d i ques ta espos i z i one , l a p r ima che r i po r ta i n l uce un a r t i s ta che in v i t a ha goduto d i r i conosc iment i e g ra t i f i caz ion i no tevo l i , ma che i l t empo aveva pos to in ob l i o , ed o ra , dopo va r i e mos t re in campo in te rnaz iona le è f i na lmente g iun to in I ta l i a . Sudd iv i so in nove sez ion i , l ’ e scu rsus espos i t i vo scand i sce l ’ i t e r a r t i s t i co d i T i s so t , dag l i e so rd i pa r ig in i a l l e esper i enze l ond ines i , quando conosc iu ta l ’ a f fasc inan te Ka th leen Newton , g iovane d i vo rz i a ta i r l andese , i nv i sa a l l a buona soc ie tà v i t to r i ana pe rché adu l te ra , se ne innamora e camb ia , t rascu rando i sa lo t t i cu l tu ra l i pe r d i ven i re p iù r i se rva to e fo r se p iù pungente ed i ron i co ne l l e sue opere . In u l t imo s i p rende in cons ide raz ione l a t ras fo rmaz ione avvenuta dopo i l su i c id io de l l ’ amata , to rna to a Pa r ig i , una p ro fonda c r i s i re l i g iosa l o i nduce ad appro fond i re a l cune temat i che l ega te a l l a b ibb ia , come i l r i t o rno de l f i g l i o l p rod igo, ma in ch iave moderna , l ega to anche a l l e sue esper i enze pe rsona l i ; i n i z i a a v i agg ia re pe r i l Med io Or ien te e l a Pa les t ina . A l l ’ u l t ima sa la c i s i a r r i va con un co lpo d i s cena: s i passa a t t rave rso uno spaz io bu io , a l l e pa re t i , come su pa l ch i d i t ea t ro , s i a f facc iano un g ruppo d i pe rsonagg i , quando se ne i l l um ina uno l a sua voce i r rompe conversando con i l suo v i c ino che r i sponde; que l l e s tesse pe rsone fanno da s fondo a l l a g rande te la che conc lude l a mos t ra : “La p iù be l l a donna d i Pa r ig i ”.

Pagina adottata da: corso del mattino

Jacques Tissot, “Dama con ombrello”, 1878

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eventinCapodanno cinese a Roma all’ Esquilino Un incontro di luci e colori per una delle maggiori feste orientali di Giulia Gabiati

La festa di primavera, o più comunemente chiamata “Capodanno Cinese”, è una delle maggiori feste tradizionali dell’estremo oriente. Celebrata in particolare in Corea, Mongolia, Nepal,

Buthan e Vietnam, è presente inoltre nelle innumerevoli comunità orientali sparse per il mondo. Celebrato come un momento di rinnovata fertilità della terra, l’ evento anticamente seguiva il calendario lunisolare cinese che incorporava elementi di calendari Solari e Lunari. Coincide con il primo giorno della seconda luna nuova dopo il solstizio d’inverno e nel calendario occidentale cade tra il 21 Gennaio e il 20 Febbraio.Anticamente ai preparativi di questa festa si accompagnava una pulizia a fondo della casa, simbolo di un desiderio universale di affrettare la partenza dell’ anno vecchio con tutte le sue sfortune. Poi lunghe strisce di carta rossa venivano poste all’ entrata delle case con sopra scritti messaggi di buon auspicio per una lunga vita, ricchezza e prosperità, ricordando le antiche tradizioni cinesi, quando questi venivano incisi su tavolette di legno di pesco. Inoltre veniva cucinato cibo in abbondanza, poiché nessun coltello o altri oggetti affilati potevano essere utilizzati agli inizi del nuovo anno, per timore che la buona sorte venisse “troncata”. Questo permetteva di conseguenza di rilassarsi e di godersi a pieno le feste. Quest’ anno la festa di primavera cadrà l’ 8 di febbraio e con il 2016 si entrerà nell’ anno della scimmia (Hóu). A Roma sarà possibile partecipare all’ evento promosso dal progetto Esquilindo che dedicherà due giornate ai festeggiamenti, chiudendo con la festa delle lanterne. Il progetto, organizzato dai mediatori culturali insieme alla comunità

cinese locale e alla rete delle associazioni dell’ Esquilino, si realizza dal 2006. Finanziato dalla Provincia di Roma con il patrocinio del Municipio Roma Centro Storico, l’ evento è finalizzato ad una maggiore coesione sociale e all’ apprezzamento di un’ interessante multiculturalità che è alla base di ogni pacifica convivenza con l’ altro.Il CalendarioL’ inizio di ogni mese avviene con la luna nuova, ovvero quando c’è una perfetta congiunzione tra il sole e la luna e questa è quindi invisibile per le zone in prossimità delle coste della Cina. Gli anni invece sono contati seguendo un ciclo di 60 chiamato Ganzhi, che fino al 1911 iniziava con l’ ascesa al trono di ogni imperatore. Ad ogni anno viene assegnato un nome composto di due parti: una radice celeste ed un ramo terrestre. Le seconde sono sempre associate ad un animale dello zodiaco cinese che sono: Topo, Bufalo, Tigre, Coniglio, Drago, Serpente, Cavallo, Capra, Scimmia, Gallo, Cane e Maiale. Si narra infatti che l’ imperatore di Giada, sovrano del cielo, scendendo di persona a visitare la terra, fosse rimasto colpito dalle creature terrestri tanto da volerne portare 12 con sé, ed attribuire ad ognuno di essi un anno del calendario. Curiosità: Il gatto , il più bello degli animali, chiese al topo di informarlo circa il grande evento, per essere anche esso presente quando il Dio celeste avrebbe scelto chi portare con sé, ma geloso della sua bellezza, non lo chiamò e il suo posto venne preso dal coniglio. Si spiega così la forte inimicizia tra gatti e topi.

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di Martina Tedeschi

occhio al libron

A l gabbiano Jonathan Livingston non interessava essere come gli altri gabbiani. Passare le intere giornate alla ricerca di cibo, accanendosi intorno ai

pescherecci, non era cosa per lui e non se ne preoccupava minimamente. No, il gabbiano Jonathan Livingston era quel che si dice un vero e proprio spirito libero, un essere senza radici; amava sentire il vento tra le piume e lasciarsi cullare da questo tra le nuvole più alte. Lui voleva volare. Volare sempre più su e oltre ogni limite, tagliando l’aria a massima velocità fin quando il gelo dell’altezza non gli faceva lacrimare gli occhi. Voleva scoprirsi, allenando il suo corpo per perfezionare le tecniche di volo, spingendosi sempre un po’ più in là delle proprie possibilità perché si emozionava quando ci riusciva; si sentiva felice. Questa sua passione però, non era compresa dalla sua famiglia che cercava in ogni modo di avvicinarlo all’importanza dell’abitudine del procurarsi cibo, unico grande scopo dei gabbiani, e di dissuaderlo da altre sciocchezze. Per quanto notevoli fossero i suoi sforzi, il gabbiano Jonatan non riusciva ad accontentarsi di quella vita le cui azioni sembravano così limitate rispetto al suo potenziale e continuava a desiderare la perfezione del volo e quel

senso di “non appartenenza”, e lo voleva così fortemente da ritrovarsi fuori dal suo gruppo, bollato come un reietto dallo stormo e allontanato. Qual migliore occasione per portare avanti la sua impresa? Durante il suo nuovo viaggio alla scoperta di altre spiagge, il gabbiano Livingston si esercitava senza sosta nelle acrobazie più difficili superando ogni record di velocità e non lo faceva da solo: il gabbiano Sullivan era da poco diventato il suo compagno di avventura e mentore grazie al cuore si era avvicinato ai segreti del volo e della vita. Jonathan imparava velocemente ogni lezione ma sentiva il peso del suo corpo come un ostacolo che lo teneva lontano dal suo vero scopo; voleva sapere di più e superare il tempo e lo spazio con la velocità del solo pensiero oltrepassando il “qui ed ora” e non sapeva ancora che, di lì a poco, un altro gabbiano gli avrebbe dato la sua ultima e grande lezione… Pubblicato negli anni settanta, “Il gabbiano Jonathan Livingston” è stato un best seller in diversi paesi del mondo e ha segnato per molti l’inizio di una propria crescita individuale. Il padre della storia è Richard David Bach (1936), scrittore statunitense divenuto popolare proprio grazie a questa fiaba dal contenuto spirituale e morale: un viaggio alla scoperta di se stessi con un bagaglio pieno di sola passione. La metafora che fa capolino tra le righe, nonché filo conduttore di tutto il racconto, è un vero e proprio percorso di auto-indagine e auto-perfezionamento che il gabbiano (o ognuno di noi, se vogliamo) compie, contro ogni appoggio e comprensione, vivendo pienamente la propria libertà e la propria passione. Quelle di Bach sono poche (ma buone) pagine adatte a tutti, dai grandi ai più piccini, che regalano con assoluta genuinità un velato consiglio dell’autore, ispirato dalla vera storia di un pilota acrobatico di nome Jhon H. Livingston, di non arrendersi mai alle ideologie di un determinato sistema se si vuole raggiungere un obiettivo. Come ha fatto il nostro caro gabbiano Jonathan: chiaro il focus e avanti tutta.

Il gabbiano Jonathan LivingstonUn gabbiano è un infinita idea di libertà, senza limite alcuno [...]

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BALTHUS: artista affascinante e misterioso A Roma, fino al 14 Febbraio 2016 di Laura Siconolfi e Maurizio Montuschi

Due sedi ricche di storia e di un fascino senza tempo, ospitano la mostra monografica, con il quale la città di Roma celebra, a quindici anni dalla morte, Balthasar

Klossowski de Rola, in arte Balthus (1908-2001) pittore originale, enigmatico, geniale e scandaloso: Le Scuderie del Quirinale e Villa Medici, sede dell’Accademia di Francia. Nato a Parigi da un noto critico d’arte e da una pittrice russa, ebbe un rapporto speciale, un legame profondo con l’Italia e con la città eterna. Giovane talento alla ricerca di uno stile in sintonia con la sua grammatica interiore, dai brumosi paesaggi nordici approdò sulle dolci colline della Toscana e … fu amore a prima vista! Folgorato dai maestri del Rinascimento toscano, da Piero della Francesca in primis, fece suoi per sempre i loro canoni estetici, improntati alla “chiarezza formale, alla capacità narrativa, al senso della composizione”. La conoscenza e l’ammirazione verso i pittori e i movimenti artistici a lui contemporanei, non riuscirà, durante la sua lunga carriera artistica, a scalfire il nitore e la

perizia tecnica profusi nelle sue creazioni. A differenza di tanti famosi artisti del novecento, orgogliosi della loro immediatezza esecutiva, della capacità di tradurre in modo spontaneo e, a volte istintivo, il proprio mondo interiore, Balthus dedicava molto tempo alle sue opere, anche anni. Nulla era lasciato all’emozione del momento, tutto veniva curato in maniera analitica e puntigliosa; non era mai soddisfatto, dipingeva e ricopriva il dipinto, dipingeva e ricopriva il dipinto più volte.Il legame dell’artista con il nostro paese diviene più forte e speciale negli anni in cui, nominato direttore dell’Accademia di Francia a Roma, si trasferisce a Villa Medici per realizzarne il rifacimento degli spazi interni e di quelli esterni. Degli anni medicei (1961-1977), come amava ricordarli l’artista, che segnarono “in maniera magica” la sua vita, ci parlano alcuni luoghi emblematici del Palazzo rinnovati da Balthus, visitabili alla fine del percorso puramente pittorico. Gli interventi dell’artista all’interno di alcuni ambienti hanno ricreato la stessa atmosfera di mistero,

Balthus , “La rue”, 1933

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d’inquietudine, di rimando alla fugacità della vita, che inonda i suoi quadri. Gli inconsueti cromatismi dei muri delle stanze, eleganti, sobrie umbratili, richiamano altre pareti, altri ambienti pervasi di un erotismo inquietante, a volte sotteso a volte esplicito, di alcuni suoi dipinti, come ”Japonaise à la table rouge” (1967-76) o “Nu de profil” (1973-77), presenti nella nobile dimora. Evoca, invece, dei morbidi piaceri ottomani il nudo vagamente infantile adagiato su un divano, effigiato nella “Chambre turque” (1963), che accoglie il visitatore nella prima sala espositiva. Se la mostra organizzata sulla collina del Pincio, interessante e,

dedicato a:n

in un certo senso, più “intima”, promuove una creatività tutta “romana”, il percorso espositivo delle Scuderie del Quirinale è di più ampio respiro, poiché accoglie opere che appartengono a tutte le fasi della carriera artistica di Balthus. L’impatto con la sua arte è straniante; nel primo ambiente l’apparente assenza di dialogo tra alcune opere giovanili, lineari nell’esecuzione e nella narrazione, e l’enigma quasi metafisico di creature congelate, automi di altri pianeti, sospesi in uno spazio ben definito (“La rue”, 1933), confondono e turbano come le adolescenti delle opere successive. Colte in atteggiamenti inconsueti, innaturali o allusivi, all’interno di ambienti chiusi, claustrofobici, a volte in compagnia di esseri sgraziati, trasmettono uno spiazzante senso di angoscia.

Balthus , “La toilette de Cathy”, 1933

Balthus, “Les enfantes Blanchard”, 1937

Balthus, “Le goûter”, 1940 Balthus , “La chambre”, 1952

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fotografianTwombly fotografo dal 1951 al 2011L’American Academy ha ospitato gli scatti dell’artista statunitense di Eleonora Spataro

F ino al 22 novembre, l’American Accademy in Rome ha ospitato una retrospettiva dedicata a Cy Twombly, nella poco nota veste di fotografo.

I 42 scatti in mostra raccontano nature morte e paesaggi, quegli stessi che lo hanno affascinato e coinvolto tanto da farlo restare in Italia dagli anni Cinquanta fino alla sua scomparsa, nel 2011. Sono Roma e Gaeta le protagoniste dei suoi anni italiani, il mare e gli interni, i monumenti e le atmosfere. Nelle immagini la quasi totale assenza di tempo, inteso come narrazione, e di spazio, inteso come luogo topografico, determinano l’assenza del reale. Riconosciamo gli elementi naturali o gli oggetti, ma non possiamo dire che questi rappresentino la loro contingenza fisica. La fotocamera istantanea Polaroid SX.70, il suo strumento privilegiato, cattura la quotidianità inseguendo toni ovattati, contorni sfocati e colori desaturati. Questa tecnica restituisce un’atmosfera sospesa, quasi onirica che mantiene un contatto con la realtà, ma non la rappresenta. Il rapporto con la fotografia del pittore statunitense ha carattere intimo e privato. Si tratta una distanza diversa rispetto ai resto della produzione artistica. Risale al 1993 infatti la prima pubblicazione in catalogo dei suoi lavori fotografici.

Cy Twombly, “Still Life”, Black Mountain College, 1951

Cy Twombly, “Zucchini”, Gaeta, 1997

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D opo più di 13 anni dal suo ultimo lavoro il papà di Son Goku approfitta dell’uscita del film animato, che ha dato nuova linfa vitale allo shonen più

famoso e amato, per arricchirne le sottotrame con uno spin-off che si rivela tale solo negli ultimi capitoli, ponendosi quindi a metà tra una storia indipendente (i profani potranno infatti godersela comunque) e un prequel.Pubblicato ovviamente dalla Shueisha nel 2014, questo volume autoconclusivo è, a detta dello stesso Toriyama, il suo ultimo lavoro in solitaria ma anche la storia (ed il protagonista) a cui si è più affezionato; e appunto si vede la notevole differenza rispetto alle tavole degli ultimi volumi di Dragon Ball, che probabilmente realizzò controvoglia, pressato dalla casa editrice. Con questo Jaco invece si nota subito dalla limpidezza e dalla cura dei tratti precisi (grazie anche all’uso del computer, mai sperimentato prima dall’autore) che il mangaka più apprezzato degli ultimi anni ha ritrovato il piacere di raccontare, disegnare e soprattutto far ridere: una regia e una composizione della tavola congeniali al genere

dimostrano la totale padronanza ormai acquisita da Toriyama, che comunque non vuole distaccarsi del tutto dai suoi lavori precedenti dal punto di vista tematico (anche se la comicità non risulta quasi mai ridondante o già vista) e di continuity.Come già fatto con Arale, nelle prime storie di Dragon Ball, il sensei ama ricollegare i propri lavori in modo da ampliare sempre di più l’originale mondo immaginario da lui partorito nel corso dei decenni, e facendo sì che il lettore si ritrovi ancora una volta in quel Pianeta Terra (e non solo) alternativo, dove i più impensabili elementi della Storia e della cultura pop si fondono. Per chi non fosse ancora convinto, sia nel volume originale che in quello italiano, pubblicato a maggio dalla Star Comics, sarà possibile trovare, conclusasi la storia di Jaco, un capitolo “extra” che finalmente imprime su carta le vicende di Bardock, padre di Goku, prima della distruzione del pianeta Vegeta, sulle quali era già stato realizzato ben 25 anni fa uno dei lungometraggi animati tra i più riusciti dell’ intera produzione riguardante Dragon Ball.

di Valerio Lucantonio

Jaco the Galactic PatrolmanToriyama ritorna, a metà tra Dragon Ball e Slump & Arale

manngan

Pagina adottata da: Cristina e Pino

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di Cristina Simoncini

curiosARTn

“Ma a te…te piace ‘o presepe??” “No. Nun me piace. Voglio ‘a zuppa ‘e latte!”.(Luca Cupiello, rivolgendosi al figlio Tommasino

che non vuole alzarsi dal letto la mattina della vigilia di Natale, in “Natale in casa Cupiello”, di Eduardo de Filippo).

L’usanza di scolpire presepi per le chiese risale al tempo dei primi cristiani. Nel XIII secolo, la tradizione vuole che sia San Francesco ad aver creato il primo con animali viventi in una grotta naturale.A Napoli la prima notizia risalente all’allestimento di un presepe risale al 1025, realizzato nella chiesa di Santa Maria del presepe. Poi, in un documento del 1324, è citata ad Amalfi una “cappella del presepe di casa d’Alagni”. Una ventina d’anni dopo il primo presepe ligneo fu donato dalla regina Sancia alle Clarisse: di esso rimane purtroppo solo la Madonna giacente. Quindi, mentre nel 1400 compaiono i primi presepi scolpiti in legno, quelli in terracotta sono del 1500. Verso la prima metà di questo secolo il presepe napoletano assume la propria forma caratteristica e, in quello successivo, i più grandi maestri napoletani (Giovanni Da Nola, Pietro Ceraso) iniziano lo sviluppo di quest’arte con figure scolpite in legno o in terracotta, poste all’interno d’interi villaggi eseguiti minuziosamente e raffiguranti i canoni liturgici nel tema del Sacro Evento. Col passare dei secoli il presepe partenopeo si evolve, arricchendosi di elementi laici: il mercato, la fontana, la taverna, volti a rappresentare il naturalismo e la realtà circostante.Al giorno d’oggi, sono sempre più frequenti le notizie di giovani artisti e sapienti maestri che hanno modernizzato questa arte. Presepi sempre nuovi ed originali; presepi in miniatura, presepi all’interno di lampadine, presepi racchiusi in una cozza, o una rosa essiccata e addirittura dentro una lenticchia e su una testa di spillo (opera del maestro d’arte Aldo Caliro), il presepe più piccolo al mondo.Per i napoletani il presepe è più che un’arte, è una passione. Qui è Natale tutto l’anno, ma è in dicembre, e in particolare nei giorni che precedono l’Immacolata, che una strada famosa in tutto il mondo si riempie di napoletani, turisti, curiosi, che cercano l’ultima statuetta o semplicemente si godono l’atmosfera, con le centinaia di pastori, le luci e le musiche natalizie. Un’atmosfera di fede profonda che sfocia nell’affascinante Via San Gregorio Armeno a Spaccanapoli; un susseguirsi di botteghe e bancarelle straripanti di statuine già fatte o da assemblare, scenografie, magi, pastori e caricature di personaggi famosi, oltre a diversi negozi-museo dove ammirare i famosi presepi napoletani del ‘700 e dell’800.Alcuni artigiani sono specializzati nella realizzazione di “pastori sui generis” con abiti cuciti a mano, e non appena un personaggio pubblico scala la ribalta della cronaca nazionale e internazionale, ne creano l’icona, spesso esagerandone i particolari che li hanno resi famosi. Tra questi, per il 2015, annoveriamo Papa Bergoglio, il presidente Barack Obama, Matteo Renzi e “AstroSamantha” Cristoforetti.Quella del presepe napoletano è quindi una tradizione evolutiva, che segue il corso dei tempi.Buon Natale!

Il presepe napoletanoTradizione ed attualità

Papa Bergoglio

Presepe tradizionale

Matteo Renzi

Barak Obama Samantha Cristoforetti

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occhio al libron

di Giuseppe Chitarrini

Philippe Daverio, “Pensare l’arte”Albo Versorio, Milano 2013 (www. albo versorio.it)

Il grande pubblico conosce Phillippe Daverio per la sua versatilità di conduttore di programmi radiotelevisivi, che scaturisce

dalle sue competenze e conoscenze che spaziano, ad ampio raggio, nel campo della storia e della critica dell’arte: dalla pittura all’architettura e alla musica, dalle forme multiespressive contemporanee all’arte antica, dal Rinascimento alle avanguardie del novecento. E’ docente universitario e giornalista divulgatore sempre in materia artistica, direttore della rivista ”artedossier”. In questo libricino, un opuscoletto di poco più di trenta pagine, è raccolta la trascrizione riveduta di un suo intervento tenuto alla rassegna “La festa della Filosofia” di Albo Versorio nell’autunno 2012, ci parla del rapporto antico, controverso e “attraente” fra arte, filosofia e scienza. Lo fa, prendendo –all’inizio- le mosse dal pensatore ungaro-tedesco ed ebreo Arthur Koestler, comunista antistalinista, che partecipò, tra le altre cose, alla guerra civile spagnola e che considerava la creatività nell’arte (e nella scienza) come prodotto dello scarto e della frattura che si produce rispetto all’ordine e ai modi di fare della consuetudine; arte e scienza come rottura della routine e delle abitudini convenzionali. Per esempio l’operare dell’artigiano resta tale quando, pur nella sua creatività, è ripetitivo, incardinato

nel lavoro quotidiano. Diventa invece arte quando si compie una rottura rispetto il modus operandi del rifacimento ripetuto; anche la scienza è il compimento di uno scarto creativo rispetto l’ordine applicativo e ripetitivo della tecnica. Sarebbe interessante mettere a confronto questa teorizzazione con quella di W. Benjamin rispetto la riproducibilità tecnica e la serializzazione dell’arte nella tarda modernità. Comunque sia, Daverio trova un riscontro della concettualizzazione koestleriana nell’opera di Giotto(cfr. p. 14); il quale, rispetto al concetto classico di Bellezza, intesa come ineffabilità ed eccezionalità del Cristo pantocratore, del Cristo trionfante, contrappone la bellezza della sofferenza, del pathos di un Cristo sanguinante inchiodato sulla croce. Operando così la rottura, lo scarto fra la classicità risalente alla Grecia antica, passata poi attraverso l’alessandrinismo e il bizantinismo, e la novità consistente in una bellezza rintracciabile nel pathos, nel sangue e nella sofferenza estrema.

Il testo conserva la spontaneità e l’immediatezza del discorso a braccio e la riflessività della scrittura, introducendoci –nonostante le ultimissime pagine che sono sembrate, almeno al sottoscritto, poco riconducibili al discorso iniziale- alle tematiche attuali e fondamentali fra gli studiosi e gli stessi ‘produttori’ d’arte.

La Rampa Imperiale Domizianea

Nel I sec. d.C., nel cuore di Roma, c’era una struttura che collegava i palazzi imperiali romani, sedi del potere e situati sulla sommità del Palatino, con il complesso dei

fori, collocato più in basso e rappresentante il cuore politico e amministrativo della città. Oltre all’utilità fisica, questa struttura aveva un enorme valore simbolico, quando un imperatore la percorreva dal basso verso l’alto, dai fori verso i palazzi, indicava

l’ascesa verso il potere e la divinità, quando invece l’attraversava nel senso opposto, dalle residenze ai fori, il “divino” imperatore scendeva tra i comuni cittadini per illuminarli con la sua presenza.Tutto ciò era possibile tramite la Rampa Imperiale di Domiziano, un ingresso monumentale ai palazzi imperiali che da qualche settimana è stato aperto al pubblico, dopo un lungo ed accurato intervento architettonico e di restauro.La rampa si snodava lungo sette salite con altrettanti tornanti, che si innalzavano per un’altezza di 35 metri (oltre 10 piani), per arrivare infine sulla vetta del Palatino all’ingresso dei Palazzi Imperiali. Delle sette salite originali ne sono rimaste quattro, ora accessibili al pubblico, per una distanza percorribile di 170 metri contro i 300 originali.In concomitanza con l’inaugurazione, la Soprintendenza Speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l’Area Archeologica di Roma hanno allestito una raccolta di importanti reperti riemersi in quest’area degli scavi, con un corredo di materiale multimediale volto a illustrare l’urbanizzazione di questo angolo del Foro e le sue trasformazioni nel corso del tempo.

Orario di apertura, presso il foro romano, Palatino: Periodo 21 ottobre 2015 –10 gennaio 2016Orari 08.30 – 17.30 Fino al 24 ottobre - Uscita dall’area archeologica 18.30 8.30–15.30 dal 25 ottobre al 10 gennaio Uscita dall’area archeologica 16.30 Chiuso il 1º gennaio

di Tiziano Anderlini

archeologian

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Stagione al “Millelire”: teatro, musica e molto altroOcchio al palcoscenicon

di Rossana Gabrieli

A pochi passi dai Musei Vaticani, in Via Ruggero Di Lauria, ha ripreso la sua stagione il Teatro Millelire, che quest’anno realizza non solo un interessante cartellone con spettacoli

innovativi, ma anche un programma musicale vario ed articolato: “Un lunedì al mese, il Teatro Millelire si trasforma in un salotto musicale che si snoda dal ‘500 al romanticismo musicale. Un viaggio che accompagnerà lo spettatore attraverso numerosi stili di esecuzione, a riascoltare i più grandi compositori internazionali”.Il calendario musicale: lunedì 22 dicembre “Concerto di Natale”, con strumenti a fiato e a corda. Lunedì 5 gennaio “L’Opera italiana raccontata dal clarinetto”: un concerto che percorre il grande repertorio operistico attraverso la voce di uno degli strumenti più amati dai grandi compositori con arie, romanze, assoli e fantasie.Lunedì 9 febbraio “Musica (in)colta: la classica veste pop”: Immaginate i canti popolari, quelli delle feste di paese, dove scorre birra a fiumi e si balla fino a notte fonda. Immaginate ora Mozart e

la cosiddetta “musica colta” e immaginate che mix possa nascerne!Lunedì 16 marzo “Donne, croce o delizia?”: un’ora di spettacolo che riporterà il tempo ad una dimensione in cui donna, incanto e tribolazione costituivano un menage perfetto nelle dinamiche del pensiero maschile... connubio perduto e superato o ancora vivo e attuale? Fascino, Seduzione e Tirannia del gentil sesso sulle musiche immortali di Bizet, Buzzi Peccia, Katscher, Puccini, Rossini, Satie, Verdi.Lunedì 6 aprile “Sole voci…dal canto alla canzone”: i Thing’s Singers propongono un repertorio di brani a cappella, armonizzati per “sole voci”, attingendo dai più diversi periodi e generi musical.Lunedì 4 maggio “L’umana voce”: dalla tradizione sacra e profana della musica rinascimentale derivano uno stile di canto e delle armonie musicali che ci riportano ad un periodo storico mai più eguagliato in ricchezza artistica e intellettuale.Per informazioni: Teatro Millelire 06.397.51.063

Il 26 aprile 1986 Chernobyl, con l’esplosione del reattore 4 della malauguratamente celeberrima centrale atomica, fu teatro

del peggior incidente nucleare della storia che consentì di spargere polveri radioattive per tutta l’allora Unione sovietica e buona parte dell’Europa. Venne evacuata un’area di ben 4.200 chilometri quadrati intorno alla centrale e dichiarata zona di esclusione a causa degli altissimi livelli di radiazioni, tutt’ora persistenti. Nell’immaginario collettivo, questa area la si può immaginare deserta e desolata: ben due studi, invece, uno dell’università di Portsmouth e uno dell’Università di Salford nel Regno Unito, ci raccontano una realtà diversa e sicuramente sorprendente. Una ampia popolazione di animali selvatici quali alci, cervi, caprioli, cavalli, orsi, lupi e cinghiali, avrebbe preso possesso dell’intera area, con il caso straordinario dei lupi per i quali la situazione sembra addirittura migliore della media, con una popolazione che oggi è sette volte superiore a quella presente nei parchi naturali ucraini. E, in generale, la situazione sembra essere comune a tutte le specie con una presenza che potrebbe essere di molto superiore a quella antecedente il disastro. “I dati unici che abbiamo raccolto dimostrano che oggi un’ampia gamma di specie animali prospera a pochi chilometri dal sito di un terribile incidente atomico – sottolinea Jim Beasley, un ricercatore dell’università della Georgia che ha collaborato allo studio dell’università di Portsmouth – e illustrano perfettamente le grandi capacità di recupero che hanno

le comunità animali quando vengono liberate dalle pressioni dell’attività umana”. Il secondo progetto di ricerca, quello dell’università di Salford, avviato con lo scopo di studiare i rischi connessi alle contaminazioni radioattive per uomini e animali, attraverso l’installazione di centinaia di fotocamere presenti in diversi punti delle aree circostanti la centrale, ha ampiamento documentato il ripopolamento dell’area. Questa notizia, seppure singolare,

non deve far passare in secondo piano le condizioni fisiche di tanti animali e dell’impatto delle radiazioni su alcune specie, per le quali è stata osservata una maggiore frequenza di tumori ed anomalie fisiche (come becchi deformati tra gli uccelli) e una significativa riduzione tra le popolazioni di insetti e ragni. Così come non deve esser trascurata la situazione di estrema criticità in cui versa ancora l’ex centrale e in particolare il “sarcofago” che fu costruito per contenere il reattore 4 e che ha dimostrato, negli anni, di non essere in grado di contenere i livelli crescenti di radiazioni presenti. E proprio per mettere in sicurezza il reattore danneggiato, è stato istituito nel 1997 il Chernobyl Shelter Fund (CSF), fondo internazionale amministrato dall’European Bank for Reconstruction and Development (BERS), che ha l’obiettivo di costruire una nuova struttura protettiva che impedisca la fuoriuscita delle sostanze radioattive, sempre nella speranza che la nuova costruzione possa risultare realmente efficace.

occhio all’ambienten

di Nicola Fasciano

Chernobyl: un parco naturale dopo il disastro nucleare

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sul filo di china

Eventin

nAprilia“Emilia Leonetti - “Momenti di energia” Mostra personale”Pizzeria “La bella Napoli”, dicembre 2015

nRoma“100 Presepi” (articolo a pag. 3)Sale del Bramate a Piazza del Popolo, fino al 10/01/2016.“Raffaello, Parmigianino, Barocci. Dialettiche dello sguardo e metafore della visione” Musei Capitolini, fino al 10 gennaio 2016“Henry Moore”Museo Nazionale Romano, Terme di Diocleziano, sino al 10 gennaio 2016“Una dolce vita? Dal Liberty al design italiano. 1900 - 1940”Palazzo delle Esposizioni, fino al 17 gennaio 2016“Fotografia. Festival Internazionale di Roma 2015”MACRO, fino al 17 gennaio 2016“Balthus a villa Medici” (articolo a pagg. 8-9)Villa Medici, fino al 24 gennaio 2016“Dal Musèe d’Orsay. Impressionisti tête a tête” Complesso del Vittoriano, fino al 7 febbraio 2016“Pablo Atchugarry. Città eterna, eterni marmi”Museo dei Fori Imperiali, fino al 7 febbraio 2016“Impressionisti e capolavori della Phillips Collection di Washington”Palazzo delle Esposizioni, fino al 14 febbraio 2016“James Tissot (1836-1902)” (articolo a pag. 5)Chiostro del Bramante, fino al 21 febbraio 2016“Tesori della Cina Imperiale”Palazzo Venezia, fino al 28 febbraio 2016

nBergamo“Malevič”GAM e C., fino al 17 gennaio 2016

nCatania“Chagall. Love and life. Opere dalla collezione dell’Israel Museum”Castello Ursino, fino a 14 febbraio 2016

nFerrara“De Chirico a Ferrara, 1915-1916. Pittura metafisica e avanguardie europee”Palazzo dei Diamanti, fino al 28 febbraio 2016

nFirenze“Toscana ‘900. Da Rosai a Burri. Percorsi inediti tra le collezioni fiorentine”Villa Bardini, fino al 10 gennaio 2016“Bellezza divina tra Van Gogh, Chagall e Fontana”Palazzo Strozzi, fino al 24 gennaio 2016“Il mondo che non c’era. Arte precolombiana nella collezione Ligabue”Museo Archeologoco Nazionale, fino al 6 marzo 2016“Un palazzo e la città” Museo Salvatore Ferragamo, fino al 3 aprile 2016

nGenova “Dagli impressionisti a Picasso” Palazzo Ducale, fino al 10 aprile 2016

nMilano“Sculture idedite del Rinascimento lombardo”Galleria Lorenzo Vatalaro, fino al 23 dicembre“Giotto, l’Italia”Palazzo reale, fino al 10 gennaio 2016 “Mito e natura. Dalla Grecia a Pompei” Palazzo reale, fino al 10 gennaio 2016 “Da Raffaello a Schiele”Palazzo Reale, fino al 7 febbraio 2016“Haier”Gallerie d’Italia, fino al 21 febbraio 2016“Gauguin”MUDEC, fino al 21 febbraio 2016“Hayez”Gallerie d’Italia-Piazza Scala, fino al 21 febbraio 2016

nPadova “Il giovane Casorati. Padova, Napoli e Verona” Musei Civici agli Eremitani, fino al 10 gennaio 2016“Fattori”Palazzo Zabarella, fino al 28 marzo 2016

nTreviso “El Greco in Italia - Metamorfosi di un genio” Casa dei Carraresi, fino al 10 aprile 2016

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Potete trovare la vostra copia di “Occhio all’Arte” presso i seguenti distributori:Aprilia: Biblioteca Comunale (Largo Marconi), Comune di Aprilia - Palazzo di vetro (p.zza dei Bersaglieri), edicola di p.zza Roma, Casa del libro (Via dei Lauri 91), Abbigliamento Alibi (via Marconi 52), Banca Intesa (via delle Margherite 121), edicola di Largo dello Sport, edicola di p.zza della Repubblica, teatro Spazio 47 (via Pontina km 47), palestra Sensazione (via del Pianoro 6), Ottica Catanesi (Largo Marconi 8), Bar Vintage (via Di Vittorio), Caffè Culturale (via Grassi)Lavinio mare: Bar Lavinia (p.zza Lavinia 1) - Anzio: Biblioteca comunale (Comune di Anzio)Nettuno: F.lli Cavalieri (P.zza IX Settembre)

Erik Jones, PS36, pastelli colorati, pastello a cera solubile in acqua, colori acrilici, vinile bianco adesivo su carta rives BFK montato a pannello