n°XIX 28/06/2018 ilC OSMO · Beatrice, la principessa ... tro ai sudditi di Sua Maestà la Regina...

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L’Editoriale I ragazzi, però, dopo la terza media continuano a prediligere i licei; Scientifico in pole position Germania, Francia e Regno Unito davanti al Bel Paese. Ed in “pochi” proseguono gli studi Quanti sono i diplomati in Italia? E nel resto d’Europa? I dati 2016 dell’Istat per la popolazione 15 – 64 anni, ci dice che siamo quarti in Europa, con 16,608 milioni di persone che portano a casa il diploma. Irraggiungibile, al momento, è la Germania con 29,871 milioni, decisa- mente a portata invece la Francia, 17,774 milioni e il Re- gno Unito, 16,711 milioni. un universo di notizie SMO C il O www.il-cosmo.com Eventi Film, mostre ed eventi da non perdere! continua 2 di Michela Trada n°XIX 28/06/2018 In fase di registrazione presso il tribunale di Vercelli Editore: il Cosmo SRL via degli Oldoni 14, Vercelli. Direttore responsabile: Michela Trada www.cooperativacolibri.com visita il sito: Assistenza domiciliare e casa famiglia per anziani autosufficienti Diplomati: l’Italia sotto la media europea, ma aumentano le lodi Destra, Sinistra e fantasia Intervista Silvia Sannino: “La vera bellezza è quella che troviamo ovunque” di Sabrina Falanga pag. 14 Ma cos’è la Destra, cos’è la Sini- stra”, cantava Giorgio Gaber nel “lontano” 1994. Una domanda che, nelle ultime ore, si stanno ponendo anche moltissimi italia- ni dal momento che le Comunali appena conclusesi hanno ridise- gnato il panorama politico ita- liano come mai prima d’ora. La Sinistra, infatti, ha perso in un sol colpo le sue roccaforti stori- che toscane con buona pace di chi pensava che le Amministrative di marzo fossero solo il risultato di un improvviso sciame sismico. La Destra, dal canto suo, è nella sua piena convivenza col Movimento Cinque Stelle e appare tutto fuor- ché unita e compatta. La Lega fa da sé, Forza Italia e compagni guardano dalla finestra pronti forse a fare lo sgambetto alla pri- ma occasione utile. L’emblema di questa nuova era della res pub- blica italiana sta nella migrazio- ne del dibattito politico dalle aule preposte a quelle dei salotti tele- visivi e mass mediatici. Di Maio e Salvini sono letteralmente due pop star che quotidianamente sganciano bombe biscardiane sulla folla in attesa della stan- ding ovation o della berlina sui social network; si passa dai Rom ai vaccini, dai porti all’Internet gratis per 30 minuti (proposta che sa di autentica rivelazio- ne nell’era della comunicazione 4.0), dalle impronte digitali per i dipendenti pubblici alla rivisita- zione del reddito di cittadinanza. Il Paese, nel mentre, osserva con la speranza che sotto il profilo Occupazione e Pil cambi final- mente qualcosa. L’esempio della Grecia, infatti, dista pochi chilo- metri… Intervista Arturo Putrino: l’artista che ha trasformato il tratto della semplice biro di Deborah Villarboito pag. 9 Sport Beatrice, la principessa del Tatami si racconta di Deborah Villarboito pag. 19 Sport Edoardo: ha 12 anni la stella del baseball italiano di Deborah Villarboito pag.20 Rubrica Zucchine Ripiene, il profumo dell’estate di Chiara Bellardone pag.12 Immigrione: quello che gli italiani dicono di Deborah Villarboito Intervista al medico di Lampedusa di Sara Brasacchio

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L’Editoriale

I ragazzi, però, dopo la terza media continuano a prediligere i licei; Scientifico in pole position

Germania, Francia e Regno Unito davanti al Bel Paese. Ed in “pochi” proseguono gli studi

Quanti sono i diplomati in Italia? E nel resto d’Europa? I dati 2016 dell’Istat per la popolazione 15 – 64 anni, ci dice che siamo quarti in Europa, con 16,608 milioni di persone che portano a casa il diploma. Irraggiungibile, al momento, è la Germania con 29,871 milioni, decisa-mente a portata invece la Francia, 17,774 milioni e il Re-gno Unito, 16,711 milioni.

un universo di notizieSMOCil O

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continua 2

di Michela Trada

n°XIX 28/06/2018

In fase di registrazione presso il tribunale di VercelliEditore: il Cosmo SRL via degli Oldoni 14, Vercelli. Direttore responsabile: Michela Trada

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Diplomati: l’Italia sotto la media europea, ma aumentano le lodi

Destra, Sinistra e fantasia

Intervista

Silvia Sannino: “La vera bellezza è quella che troviamo ovunque”

di Sabrina Falanga pag. 14

Ma cos’è la Destra, cos’è la Sini-stra”, cantava Giorgio Gaber nel “lontano” 1994. Una domanda che, nelle ultime ore, si stanno ponendo anche moltissimi italia-ni dal momento che le Comunali appena conclusesi hanno ridise-gnato il panorama politico ita-liano come mai prima d’ora. La Sinistra, infatti, ha perso in un sol colpo le sue roccaforti stori-che toscane con buona pace di chi pensava che le Amministrative di marzo fossero solo il risultato di un improvviso sciame sismico. La Destra, dal canto suo, è nella sua piena convivenza col Movimento Cinque Stelle e appare tutto fuor-ché unita e compatta. La Lega fa da sé, Forza Italia e compagni guardano dalla finestra pronti forse a fare lo sgambetto alla pri-ma occasione utile. L’emblema di questa nuova era della res pub-blica italiana sta nella migrazio-ne del dibattito politico dalle aule

preposte a quelle dei salotti tele-visivi e mass mediatici. Di Maio e Salvini sono letteralmente due pop star che quotidianamente sganciano bombe biscardiane sulla folla in attesa della stan-ding ovation o della berlina sui social network; si passa dai Rom ai vaccini, dai porti all’Internet gratis per 30 minuti (proposta che sa di autentica rivelazio-ne nell’era della comunicazione 4.0), dalle impronte digitali per i dipendenti pubblici alla rivisita-zione del reddito di cittadinanza. Il Paese, nel mentre, osserva con la speranza che sotto il profilo Occupazione e Pil cambi final-mente qualcosa. L’esempio della Grecia, infatti, dista pochi chilo-metri…

Intervista

Arturo Putrino: l’artista che ha trasformato il tratto

della semplice birodi Deborah Villarboito

pag. 9

SportBeatrice, la principessa del Tatami si racconta

di Deborah Villarboito pag. 19

SportEdoardo: ha 12 anni la stella del baseball

italiano

di Deborah Villarboito pag.20

RubricaZucchine Ripiene,

il profumo dell’estate

di Chiara Bellardone pag.12

Immigrazione: quello che gli italiani diconodi Deborah Villarboito

Intervista al medico di Lampedusadi Sara Brasacchio

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per risolvere una funzione; alle Magistrali c’era un problema di matematica da risolve-re. I futuri ragionieri, invece, si trovano da-vanti problematiche come la riduzione dei tassi d’interesse, l’avvio del mercato unico europeo e l’introduzione dell’euro. Oltre a uno Stato patrimoniale e a un Conto econo-mico da presentare in forma sintetica.

Quello del 1999 è stato il primo esame di ma-turità con credito scolastico, voto in 100esi-mi, tesina e tutto il resto. La commissione d’esame era mista, come ora, ma non era ne-cessario avere la sufficienza in tutte le mate-rie per essere ammessi. Agli orali si porta-vano tutte le materie, dunque non c’erano il brivido e l’attesa per scoprire quali materie sarebbero state sorteggiate.

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Possiamo però affermare che il nostro Paese è sotto la media europea in per-centuale: siamo infatti al 42%, ovve-ro meno di uno su due. La percentua-le media dei 28 Paesi Ue è del 46,2%. C’è chi sta peggio, come il Regno Unito (41,2%) e la Spagna (addirittura 24,7%), ma pure chi sta un po’ meglio, come la Francia (43,6%) e decisamente meglio, tipo la Germania, al 55,8%. Dietro l’I-talia troviamo anche Belgio, Irlanda, Cipro, Lussemburgo, Malta, Olanda e Portogallo.

Chi prende il diploma, non è detto che poi prosegua per l’università. Per popo-lazione tra i 16 e i 64 anni, dice Eurostat, nel 2016 eravamo a 6,087 milioni di laureati. Al sesto posto in Europa, die-tro ai sudditi di Sua Maestà la Regina Elisabetta (15,561 milioni), la Germania (13,109), la Francia (12,594 milioni), la Spagna (9,216 milioni) e la Polonia (6,216), che ci batte per un’incollatura. A dire il vero, su 60 milioni di abitan-ti, non siamo tanti a prendere la laurea. Ci collochiamo addirittura al penulti-mo posto della classifica europea per percentuale: 15,7%. Solo la Romania fa peggio (15,1%). Ma media della Ue a 28 Paesi è del 27,2%. La Germania arriva al 24,4%, la Francia al 30,9%, la Spagna al

32,7%, il Regno Unito al 38,3%. Se ab-bassiamo la fascia d’età, ossia da 25 a 54 anni, con il 19,4% siamo proprio ultimi, la Romania è infatti al 19,8%.

Un dato da tenere presente, per l’Italia, è che se è vero che il calo di chi prose-gue dopo il diploma è costante, sono però sempre di più le femmine quelle che invece continuano il ciclo di studi (55%). Tra chi ha preso il diploma e poi si è iscritto al primo anno di università, il record va al Molise (58,1%), poi l’A-bruzzo (54,6%).

Nel 2015, il 45,9% dei diplomati in una scuola secondaria di secondo grado nel 2011 lavorava, il 63% dei diplomati agli istituti professionali, il 58,5% di chi in-vece si era diplomato all’istituto tecnico. In questo caso, sono di più gli uomini (50,1%). Tra i laureati di primo livello, siamo al 72,8% di persone con un lavo-ro, all’83,1% per i laureati di secondo li-vello. Per i dottori di ricerca, siamo qua-si alla piena occupazione: il 91,5% di chi ha conseguito il titolo nel 2010, il 93,3% di chi lo ha fatto nel 2008.

Infine, gli ultimi dati sui maturi – quelli relativi al 2017 – che impongono a chi sta sostenendo adesso la prova di essere

fiducioso: il 99,5% è stato promosso. In aumento anche il numero di chi è uscito con 100/100 e lode (5,3% contro il 5,1% dell’anno precedente), il 62,5% è andato oltre i 70/100. Le votazioni tra 91 e 99 si sono confermate all’8,5% del totale. I voti tra 81 e 100 sono scesi al 18,9 (era-no 19,1% nel 2016), così come quelli tra 71 e 80 (28,6% contro il 29,2%). Chi è uscito con una votazione tra 61 e 70 è stato il 29,1% (contro il 29%). I 60 sono passati all’8,4% dall’8% del 2016. Lieve aumento delle lodi (1,2% contro 1,1%).

Ci sono stati dunque 5.494 diplomati con lode. I super bravi in Puglia (944), Campania (802) e Sicilia (516). Nella prima regione, si diploma con tanto di lode il 2,6% dei maturandi, in Umbria il 2,4%, nelle Marche il 2,3%. Le votazioni dei liceali sono mediamente più alte (2% con lode, 7,6% con 100, 10,9% tra 91 e 99, il 22,2% tra 82 e 90). Per i maturati di tecnici e professionali, lodi stabili, in aumento i 100. Tra i licei, è il Classico a fare la parte del leone con i voti più alti.

di Alessandro Pignatelli

di Alessandro Pignatelli

Attualità

Maturandi 2018: ecco cosa successe all’esame del 1999Era il 1999: alla maturità, per la prova di Ita-liano, si doveva scegliere tra il tema storico, quello di ordine generale, l’analisi e com-mento di un testo oppure il saggio breve o articolo di giornale. Si parlava di regimi to-talitari nel primo dopoguerra in Italia e in Germania, contrapposti invece alle forze de-mocratiche di Francia e Inghilterra. Si chie-deva agli studenti di affrontare l’argomento volontariato, che interessava soprattutto i giovani. Da ‘I fiumi’ di Giuseppe Ungaret-ti, datato 1916, analisi e commento del te-sto. Infine, il saggio o articolo, come si usava all’epoca, da scegliere tra ambito artistico-letterario, socio-economico, storico-politico e tecnico-scientifico.Nascevano, nel 1999, i maturandi di oggi. Mentre i 18enni di allora erano sui banchi pure per la seconda prova scritta. Al Clas-sico c’era, come oggi, Greco. Un brano in cui Zeus si lamentava del suo lavoro, trat-to dall’opera di Luciano Bis Accusatus: allo Scientifico, invece, bisognava impegnarsi

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La storia degli esami di maturità in Ita-lia: quante ne abbiamo passate, potrem-mo dire. In tutti i sensi. Tra sperimen-tazioni, cambiamenti, materie scritte e orali. Partiamo da una data significati-va, la legge Boncompagni – Casati del 13 novembre del 1859. Venne praticamente istituita la licenza liceale. Non era pre-vista una prova finale. La commissione era composta dai docenti interni. Il tema è un’eredità dell’amplificatio dei gesuiti, del ‘600. Ossia, ampliare un testo d’au-tore. Le prove scritte e pratiche riguar-dano le materie previste, ma se c’è qual-che insufficienza non si viene ammessi agli orali e bisogna riparare a ottobre. Gli orali riguardano tutte le materie. Per educazione fisica, ci sono prove pratiche da superare (quadro svedese, pertica e cavallo). Non solo cultura, dunque, ma anche esercizio. Per quel che riguarda i voti, solo nel 1896 nascerà il 6 politico. I diplomati, nel 1888/1889, saranno ap-pena il 25% di chi ha sostenuto le prove conclusive.

Nel 1923 arriva la prima modifica all’e-same di maturità, che resisterà fino al 1969. Prenderà il nome di ‘maturità sto-rica’, legiferata da Gentile il il 6 maggio del 1923, con Regio Decreto numero numero 1054. Esiste la possibilità di ve-nire ammessi o bocciati. Questo tipo di esame è stato abolito durante la Secon-da guerra mondiale, dal 1940 al 1946. I docenti sono esterni fino al 1948, quan-do si aggiungono alla commissione due membri interni. Nessuna variazione viene portata al tema e alle prove scritte. Così come agli orali e alle prove fisiche. I voti vengono dati in decimi in tutte le materie. Nel 1951/52 è decisamente sa-lita la percentuale di promossi (71,6%).

Questo esame di maturità ‘resiste’ tan-ti anni, come detto, prima che arrivi ‘la vecchia maturità’, che andrà avanti fino al 1998. E’ la legge numero 2 Sullo a introdurla, il 15 febbraio del 1969. La commissione è composta dal presidente e quattro docenti esterni più un mem-bro interno. Per il tema, tre sono comu-ni a tutti gli indirizzi, il quarto cambia a seconda della scuola. C’è una secon-da materia scritta, che varia a seconda dell’indirizzo. Agli orali, si portano due materie, una scelta dall’alunno (con la possibilità che la commissione decida di cambiarla). Educazione fisica non è più materia degli esami. Il voto finale vie-ne espresso in 60esimi, il minimo per la promozione è il 36. Il voto medio di questa maturità sarà 47,34, la percen-tuale di diplomati altissima (92,20%).

Nel 1999 si cambia nuovamente. Lo chiamano l’esame di Berlinguer perché viene istituito da Luigi Berlinguer con legge n.425 del 10 dicembre 1997. L’am-missione avviene d’ufficio, credito mas-simo 20 punti. La commissione è com-posta da un presidente, tre professori esterni e tre interni. Quattro le tipologie di scrittura per il tema, ci sono anche il saggio breve o articolo. Oltre a Italiano, c’è la seconda prova scritta diversa a se-conda dell’indirizzo. Ma arriva anche una terza prova, otto tipi diversi, quiz, domande aperte. Agli orali si portano di nuovo tutte le materie. I voti sono in centesimi, minimo 60. Il massimo per gli scritti è 45, per gli orali 35. Il voto medio sarà 78,56. Percentuale diplo-mati: 93,4% proprio al primo anno del nuovo esame.

Dal 2000 al 2006 assistiamo all’esame ‘fatto in casa’. Non ci sono infatti più i docenti esterni, tranne il presidente di commissione. La percentuale di diplo-mati sale ancora: 97,26% nel 2003. Il nuovo esame è datato 2008 (legge Fio-roni m.1961 del 16 dicembre 2006). Tor-na l’ammissione, con la media del sei. La commissione è composta da tre membri interni e tre esterni, più un presidente ogni due classi. Nel 2008 la percentuale di maturati è pari al 97,5%.

Nel 2011-2012 viene attuato il DPR 23 luglio 1998 n.323. Le tracce delle prove scritte vengono inviate via telematica alle commissioni, attraverso un sistema criptato a doppia chiave. Nel 2017, con Valeria Fedeli ministro dell’Istruzione, cambia di nuovo l’esame di Stato, valido dall’anno scolastico 2018/2019. Ci sa-ranno due prove scritte e un colloquio orale che darà rilevanza all’esperienza dell’alternanza scuola – lavoro. Le pro-ve Invalsi di Italiano, Matematica e In-glese valgono per l’ammissione. Serve la media del 6 in tutte le materie. Le prove scritte avranno una valutazione massi-ma di 20 (prima era di 15), il colloquio passa a 20 (era 30). I crediti scolastici avranno il massimo di 40 punti invece che di 25.

di Alessandro Pignatelli

AttualitàEsame di maturità: una volta c’era pure educazione fisica

Cosa ricordi degli esami di maturità?

La video intervista di Sara Brasacchio

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Attualità

di Antonella Lenge

Ne è passato di tempo da quando Ven-ditti intonò per la prima volta la canzone “Notte prima degli Esami” ma ogni anno le stesse note tornano, puntuali, quasi come un rito portafortuna per tutti colo-ro che, a turno, si accingono a terminare, nel migliore dei modi, il loro ciclo scola-stico.Quest’anno 590.000 studenti hanno do-vuto sostenere gli esami di Terza Media e oltre 500.000 sono tuttora impiegati nelle varie prove degli Esami di Maturità.Nonostante la scuola sia sempre accusata di fornire lezioni solo teoriche, è curioso notare quando, in tempo di Esami, l’at-tenzione verta molto sulle capacità prag-matiche dei giovani studenti.Per gli Esami di Terza Media, infatti, la Commissione (interna, per fortuna, come la Riforma ha voluto), nella valu-tazione ha dovuto tenere molto conto del senso critico, della capacità di sintesi e dei principi di cittadinanza appresi nel triennio, quasi a voler vedere effettiva-mente quanto i nostri adolescenti siano pronti per affrontare la vita pratica, fuori delle familiari mura scolastiche.Le menti dei giovani maturandi, invece, arrivate al gran giorno come caleidosco-pi di nozioni, immagini e concetti, alla vista delle tracce della Prima Prova del 20 giugno hanno tirato un sospiro di sol-lievo, forse perché prevedibili sia per il momento storico, sia per l’attenzione de-dicata a certi argomenti durante il pro-gramma scolastico.Dai dati pubblicati dal Miur è emerso che la maggior parte degli studenti (22,1%) ha preferito sviluppare la traccia sul sag-gio breve su “I diversi volti della solitudi-ne nell’arte e nella letteratura”, un tema certamente impegnativo e molto ampio

anche se non gradito da alcuni pediatri in quanto proposto in una fascia d’età in cui, alimentandosi di amicizie e di primi amori, elogiare la solitudine suona come un sacrilegio.Il 16,8% ha scelto l’ambito socio-eco-nomico con la traccia “La creatività è la straordinaria dote - squisitamente uma-na - di immaginare, risultato di una for-mula complessa, frutto del talento e del caso”;il 14,8% ha svolto il tema di carattere generale sul principio dell’eguaglianza formale e sostanziale nella Costituzione, mentre il 13,7% si è orientato verso l’am-bito tecnico scientifico, con la traccia sul dibattito bioetico sulla clonazione.La traccia di ambito storico-politico su “Masse e propaganda” è stata scelta dal 13% e solo l’1,1% ha svolto il tema sto-rico sulla cooperazione internazionale partendo da un discorso di Aldo Moro e da uno dedicato ad Alcide De Gasperi.Gli Esami concludono un ciclo di studi e aprono le porte verso ciò che gli “adulti di domani” vorranno essere.Dati ufficiali registrati dal Miur dicono che la maggior parte degli studenti ita-liani sceglie di studiare e formarsi per acquisire competenze sempre più specia-lizzate. Tra gli Istituti preferiti dagli adolescenti di Terza Media, infatti, ci sono i Licei tra cui prevalgono lo Scientifico ad indirizzo Scienze Applicate e il Linguistico, segno di una propensione al prolungamento degli studi verso l’Università; in crescita gli Istituti Tecnici e in netto calo gli Isti-tuti Professionali, scelti per lo più al Sud e sulle Isole dove preme maggiormente un rapido inserimento nel mondo del la-voro.

Quanto ai loro fratelli maggiori presi dalla Maturità, non ci sono ancora dati ufficiali ma da un gruppo facebook che raccoglie maturandi di ogni parte d’Italia pare che la tendenza sia verso le Facoltà Universitarie a indirizzo sanitario (in cui prevalgono le Scienze Infermieristiche e Logopedia) e linguistico (soprattutto nel-la proposta di Mediazione Linguistica).Per tutti loro quest’estate sarà certamen-te più breve ma il profumo della promo-zione e l’energia positiva e stimolante che ogni nuovo inizio regala, sarà bello quanto una vacanza spensierata con gli amici...o forse di più, perché arricchito di nuove consapevolezze. Gli esami non fi-niscono mai ma questi sono quasi al ter-mine.Buona vita, ragazzi!!

Dalla terza media alla maturita’: gli esami che danno una svolta alla vita

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Intervista

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di Alessandro Pignatelli

Aristotele! E si sparge il panico nei licei clas-sici italiani. Il brano estratto dall’Etica Nico-machea ha obbligato i maturandi a un duro lavoro di traduzione dal greco all’italiano. Negli ultimi 40 anni, solo tre volte era usci-to questo filosofo. L’ultima nel 2012. Angelo Fragonara, ex insegnante del Liceo Classi-co di Vercelli, per 40 anni è stato parte atti-va del mondo della scuola come professore di Latino, Italiano e Storia. Resta un grande conoscitore anche oggi, pure del Greco. Così, dice la sua su Aristotele, confermando che ai maturandi poteva andare molto meglio, ma anche peggio.

“Cominciamo dicendo che, quando esce, Ari-stotele crea sempre un po’ di difficoltà. Non è tra i più frequentati nella prassi didattica classica. Sono più gettonati altri; tra i filoso-fi Platone; i filosofi, poi, solitamente vengo-no dopo gli oratori, come Demostene; infi-ne, si punta soprattutto su post-classici, come Luciano, epoca greco-romana”. Insomma, al Classico, non è così tradotto Aristotele. Ma non è solo questo a rendere arduo avere a che fare con lui: “Aristotele, nelle sue lezioni, an-dava a braccio, seguendo degli appunti. Era-no gli studenti che trascrivevano ed è dai loro scritti che vengono presi i testi proposti poi a scuola. Dunque, ci troviamo ad avere a che fare con una prosa improvvisata e, talvolta, trascritta non nel modo giusto”

Fragonara non è però totalmente negativo: “Nel 2012, uscì un brano ancora più pro-blematico di Aristotele su forma e materia. Quest’anno, rispetto ad allora, possiamo par-lare di una versione di media difficoltà. Non elevatissima, considerato che parliamo di Aristotele”. L’ex prof, andato in pensione nel 2010, aggiunge: “Il brano di quest’anno era

un po’ lungo e non è che ci fossero conside-razioni particolarmente brillanti da parte del filosofo. Parlava di amicizia tra uomini e nel-le altre specie animali. Insomma, anche dopo aver finito la versione, gli studenti ci avranno trovato poco sugo, poca soddisfazione”.

Altra difficoltà che il Miur non ha conside-rato o forse sì: “Il greco di Aristotele, la sua grammatica si imparano in prima liceo. Poi, queste nozioni si dimenticano”. Il consiglio di Fragonara: “Se al ministero vogliono evitare improperi, inizino a diradare questo autore. Meglio un Isocrate, per esempio”.

Una prova di Greco, dunque, dalle difficoltà “medio-alte”, tutto compreso. Qualcuno ha ipotizzato che dal Miur vogliano dimostrare che non si è più capaci di tradurre dal greco e che, dunque, la materia vada abolita. Fra-gonara ricorda: “Parecchi anni fa, quando in-segnavo, per tre anni consecutivi uscì Latino alla maturità. Si pensò che il Greco fosse de-stinato a sparire. Ma così non è stato. Io ho un altro sospetto: siccome la prova di Italia-no aveva tutti titoli stimolanti, hanno cercato di sollecitare nei ragazzi anche il sentimen-to dell’amicizia, come antidoto alla solitudi-ne. Solo che Aristotele ne dà una definizio-ne quasi solo filosofica di questo sentimento, non sempre così solare e facile da interpretare per chi deve tradurre”.

C’è la possibilità che, vista la difficoltà della prova, in sede di correzione si usi un occhio più benevolo? “Alla fine, gli insegnanti pen-sano sempre alle difficoltà che possono aver trovato anche i loro studenti. Io credo che un errore vada sempre segnalato come tale, ma nelle valutazioni complessive potranno esse-re più leggeri. È come nelle gare di tuffi: va

sempre tenuto conto del coefficiente di diffi-coltà. Sono quasi certo che la media naziona-le della prova di Greco sarà piuttosto scarsa quest’anno, perciò spero che si usino un po’ di comprensione e di buon senso correggendo i compiti. I voti delle tre prove scritte non pos-sono essere cambiati, sono scritti nel marmo. Le commissioni se lo ricordino”.

Fragonara sulla versione di Greco: “Al Miur piacciono gli improperi degli studenti”

La hit-parade dei maturandi 2018? EccolaPotremmo parlare di Notte prima degli esa-mi di Antonello Venditti o di Ancora un po’ dei Gemelli Diversi, perfette colonne sonore per gli esami di maturità. Invece, citiamo i testi che sono nati nel 1999, ossia la data di nascita di chi sta sostenendo quest’anno il fatidico esame che ti regala il diploma.

Partiamo con 50 Special, dei Lunapop. Ri-cordate chi ne faceva parte? Un certo Cesa-re Cremonini, che oggi riempie interi stadi e fa ballare e cantare tutti. Andavano per la maggiore, alla fine del millennio scor-so, i Backstreet Boys, con la loro I Want It That Way. Piacevano a ragazze e ragazzine, ma pure i maschietti canticchiavano. Ricky Martin spopolava, in quel 1999, con Livin’ La Vida Loca. È stato davvero il tormentone latino di fine XX secolo e, tutto sommato, la balliamo ancora adesso.

Vi ricordate di Blondie e della sua Maria? Forse se vi rammentiamo che diventò la co-lonna sonora della pubblicità di telefoni cel-

lulari, vi viene in mente qualcosa in più? In Italia, il successo arrivò proprio così. A pro-posito, erano telefoni cellulare all’epoca, non ancora smartphone. Questa è la playlist che fa per voi in vista degli orali, mentre ripas-sate. Vi dà il ritmo. Il dj ora mette su Liqui-do,: chi erano costoro? Hanno ‘ballato’ per un anno solo, con Narcotic. Erano tedeschi, la classica meteora. Provateli, la tastiera fa strage.

Vogliamo parlare di Britney Spears? You Drive me Crazy, altro tormentone. Britney si pettina, si spazzola i capelli. E fa impazzi-re le folle. E non tralasciamo certo Christina Aguilera con Genie in a Bottle, il singolo di debutto, più che altro un botto. Nel 1999 ci sono anche i Blink 182, con All The Small Things, pop punk senza pensieri, l’ideale per correre nudi in spiaggia e prendere in giro alcuni degli artisti che abbiamo già citato.

Nella hit c’è Madonna, la sempreverde Ma-donna. In questo caso con Beautiful Stran-

ger. Dalla colonna sonora del secondo film di Austin Powers. Si balla, eccome se si bal-la. Ora non resta altro da fare che rimettere dall’inizio il cd. Già, in quel 1999 andavano forti i cd...

di Alessandro Pignatelli

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Attualità

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Quando il cinema strizza l’occhio agli esami di maturitàNon c’è solo Notte prima degli esami, pro-babilmente la pellicola più famosa tra quelle che toccano l’argomento esame di maturità. Facciamo un breve excursus, tra film italiani

e ‘capolavori’ stranieri. Partiamo proprio con quello del 2006, firmato da Fausto Brizzi. Sia-mo nel 1989, i voti sono ancora in 60/60. Tra i protagonisti Nicolas Vaporidis e Cristiana Capotondi, i due studenti che alla fine riu-sciranno a prendere il diploma, e il professor Giorgio Faletti, definito ‘La Carogna’. C’è tut-to ciò che precede la maturità nel film: i po-meriggi assolati passati a ripassare le materie con gli amici, il motorino, l’amore, la paura.Nel 2012 Stephen Chbosky gira Noi siamo In-finito. La storia di tre amici dal primo all’ulti-mo giorno del liceo. Anche in questo caso, ci sono ingredienti che molti avranno miscelato prima del fatidico esame: una canna, un ba-cio, l’amicizia. Emma Watson, in questo film, è maturata davvero, dando l’addio a Harry Potter.

Noi ci mettiamo anche L’Attimo Fuggente in questa carrellata. Perché l’esame finale non è solo quello di maturità. Perché, il capolavoro del 1984 di Peter Weir ci fa capire come dare l’addio agli anni del liceo sia molto complica-to (e non solo perché l’esame è difficile in sé). Robin Williams, il prof, è magistrale. Non manca la tragedia, ma soprattutto l’invito la-tino ‘Carpe diem, quam minimum credula postero’.Se volete il bianco e nero, c’è Ecce Bombo (1978) di e con Nanni Moretti. La maturità degli anni ‘70 com’era? Michele, ossia Nan-ni Moretti, ci racconta come ha preparato un gruppo di diciottenni a quella classica. Fa-cendo ripetizioni di latino e greco, metten-dosi spesso le mani nei capelli. Tra pantaloni a zampa di elefante e un Nanni cappellone e baffone.

Saltiamo al 1998 e a 10 cose che odio di te, di Gil Junger. Un tipico film di Hollywood sui teenager, con Julia Stiles liceale indomabile e Heath Ledger domatore instancabile. C’è anche Joseph Gordon Levitt. C’è l’anno della ‘graduation’ prima della libertà. Torniamo in Italia con Ovosodo (1997). Paolo Virzì rac-conta la prof che ti forma passandoti i ro-manzi, il compagno di scuola che arriva da un altro mondo, o meglio un altro quartiere. Pensa di sapere tutto e di aver vissuto tutto. Ma poi, davanti alla commissione di maturi-tà, tutti sono uguali. Così come sono.

High School Musical 3 Senior Year, di Ken-ny Ortega, è l’ultimo capitolo della saga che racconta della scuola di danza e di basket più famosa di Disney. C’è la festa di fine anno

(dell’ultimo anno), il musical da proporre in tipico graduation american style. Forse sta-te pensando: ma tu guarda, dov’è Immaturi? Eccolo. Paolo Genovese, 2010. L’incubo ri-corrente è che la maturità, già fatta, 20 anni dopo venga dichiarata nulla. Pensate a Raoul Bova, Ambra Angiolini, Barbora Bobulova, Ricky Memhpis e Luca Bizzarri che devono riprendere in mano i libri veramente per ri-dare l’esame. Accanto ai diciottenni.

Meno famoso è La vita è un sogno, di Ri-chard Linklater, del 1993. Siamo all’ultimo giorno di scuola ad Austin, in Texas. C’è pure l’argomento bullismo, o meglio il nonnismo. E i giovanissimi Ben Affleck, Matthew Mc-Conaughey, Milla Jovocich. Una versione ri-veduta e corretta di American Graffiti degli anni ‘70. Non poteva non esserci, in questa rassegna, Gabriele Muccino. Il regista, nel 1998, gira Ecco fatto. Due amici per la ter-za volta provano a passare l’esame di maturi-tà. Sono bamboccioni? Sì. Giorgio Pasotti e Claudio Santamaria interpretano due liceali cronici. Forse non ci avete mai pensato, ma

pure Grease parla di graduation. Il film-mu-sical del 1978, di Randall Kleisel, con lo scate-nato John Travolta, racconta l’anno scolastico tra pigiama party, corse tra macchine, mega frappé e tanto altro. Con un esame finale.

Arriviamo al Giardino delle vergini suici-de, del 1999, di Sofia Coppola. Cinque figlie bionde e belle, divise tra ragazzi e bigottismo familiare. Alla festa di fine anno ci arriva Lux, con il suo Trip. La morale? L’esame della vita è quello vero, non quello della scuola. Se pen-sate che la maturità sia un horror, sappiate che Carrie lo sguardo di Satana, di Brian De

Palma (1976), lo è davvero. Anche se è porta-tore di un messaggio importante: il bullismo può scatenare l’inferno, in particolare per chi è più debole e fragile. Andando davvero molto indietro, nel 1954, esce Terza liceo di Luciano Emmer. Possiamo definirlo il primo teen movie tricolore. Gli studenti preparano la maturità ...innamorandosi, litigando con i genitori. Il liceo è il Gobetti di Roma, anche se quello che si vede è il Mamiani. Il film giu-sto per dire ai genitori: “Guardate che eravate come noi”.

La macchina del tempo si trasferisce nel 2008, con La Classe, di Laurent Cantet. Clas-se multietnica francese, tanto da scoprire. In Bella in Rosa del 1986, di Howard Deutch, ritroviamo un tema ricorrente: il ballo. Ul-timo anno del liceo, amici inseparabili, ma pure impreparati. Chi portare al ballo finale, il primo step della vita da adulti? Nel 2007, potevate imbattervi in St. Trinian’s di Oliver Parker, dove studiano punk, pin up, emo, secchione e lolite. Gli insegnanti sono timidi. Ma pure femme fatale. Ognuno si mostra per quello che è. Eccentricità allo stato puro. La scuola a fare da sfondo, naturalmente.

Giovanni Veronesi, nel 2004, dirige Che ne sarà di noi. Ossia, che succede poche ore dopo la maturità? Silvio Muccino, Elio Ger-mano e Giuseppe Sanfelice partono per il primo viaggio senza genitori, a Santorini, dove si innamoreranno e decideranno per la loro vita. Un film che ricorda ai maturandi quanto possa essere indimenticabile e un po’ complicata l’estate post-esame. Sempre estate e banchi di scuola da lasciare al più presto in L’Estate addosso di Gabriele Muccino (2016). Dodici anni dopo Che ne sarà di noi, Matilda Lutz e Brando Pacitto partono per Stati Uniti e Cuba alla fine degli esami. Partono odian-dosi, tornano con altri sentimenti.

Chiudiamo con Pupi Avati e con Gita scola-stica (1983). Ai primi del Novecento, i ma-turandi andavano in gita scolastica con i compagni e qualche professore. Era la prima prova senza genitori. Nel film troviamo le sto-rie tra studenti e tra professori. Ma è giugno del 1914 e non è la maturità a preoccupare maggiormente...

di Alessandro Pignatelli

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IntervistaI vip alla maturità: il ‘Trota’ l’ha fatto quattro volte

Esami di maturità: dallo scherzo telefonico agli errori nei testi ministeriali

E quando gli esami di maturità vedono alla prova i vip? Solitamente, la copertura me-diatica è amplissima. Come sta capitando quest’anno con Gigio Donnarumma, portie-re del Milan e della Nazionale italiana che, l’anno scorso, aveva deciso di concedersi una vacanza invece di sostenere l’esame di Stato. Ma che questa volta ha deciso di tornare sui banchi.

Nel frattempo, chi sono stati i più bravi e i somari nella storia? Se Mario Balotelli, un altro calciatore, si è accontentato del voto minimo per prendere il diploma all’Istitu-to commerciale (60/100), Tiziano Ferro si è dimostrato (quasi) un secchione arrivando a 55/60. Cristina Parodi, al Liceo Classico, è arrivata addirittura al massimo del voto. Lo stesso si può dire per l’ex premier Matteo Renzi, bocciato dagli elettori, ma super pro-mosso dai professori.

E che dire di Renzo Bossi? Dopo essere sta-to respinto ben tre volte, alla fine è riuscito a superare le forche caudine dell’esame con 69/100, il minimo indispensabile. Tra i vip e il diploma troviamo anche Vladimir Luxu-ria. Quando era ancora Wladimiro, superò la maturità brillantemente, con 56/60. Luca Bizzarri ha ammesso di non aver mai avu-to molta voglia di studiare ma, comunque, è uscito con il diploma con 42/60.

Aldo Montano ha preso 54/60, sfatando il

Non può mancare qualcosa di curioso sul-la maturità. Di aneddoti ce ne sono tanti, in realtà. Vediamo quelli più rilevanti, speran-do di far rilassare chi si sta preparando alle prove orali. Ai primi del Novecento veniva definito esame di maturità quello che si fa-ceva dopo la quarta elementare per poi pro-seguire gli studi. I provvedimenti Orlando del governo Giolitti introdussero infatti la scuola popolare obbligatoria, in Italia, fino ai 12 anni.

Nel 1943, a causa della guerra mondiale e di quella civile che l’Italia stava combattendo, non ci fu l’esame di maturità, ma semplici scrutini. Nel 1969, a causa delle proteste stu-dentesche avevano infiammato in particola-re il 1968, il ministro Fiorentino Sullo abolì gli esami di riparazione e liberalizzò gli ac-cessi all’università.

Nel 1976 l’Italia stava vivendo gli anni di piombo e del terrorismo. Un fantomatico provveditore agli studi, con una semplice te-lefonata, riuscì ad avere in anteprima le trac-ce della prima prova. Da chi? Da una suora, preside di un istituto della zona di Pavia, che si fidò dello sconosciuto. La fuga di notizie costò ai maturandi lo slittamento della prova d’Italiano e della seconda prova scritta. Dal

luogo comune che gli sportivi non vadano d’accordo con i libri. Nicole Minetti, poli-tica più nota per la sua bellezza che per le sue battaglie, al liceo classico di Rimini ha dato punti a tutti, conquistando 100/100. Il compianto Bud Spencer, sportivo e attore di grandissimo talento, si è diplomato con il massimo dei voti. Federico Moccia, scritto-re e regista, al liceo classico ha preso 60/60. Noemi, dalla voce che incanta, pure ha preso 60/60. Poi, però, si è dedicata anima e corpo alla musica.

Altra politica, Alessandra Mussolini: ha sfiorato il massimo, chiudendo con 57/60. Il pianista Giovanni Allevi ce l’ha fatta, inve-ce: 60/60. L’ex presidente del Consiglio En-rico Letta è uscito con 60/60. Un vip stra-niero, Freddie Mercury, prima di diventare star della musica mondiale, è uscito con il massimo dei voti dalle scuole superiori. Più esattamente, dall’Istituto tecnico-grafico. La star di ‘Un medico in famiglia’, Margot Sika-bonyi, ha preso il massimo anche lei. Salva-tore Esposito, della serie ‘Gomorra’, ha inve-ce collezionato 77/100. Valerio Scanu non si è nascosto, dichiarando imbarazzato di aver chiuso il ciclo delle superiori con 65/100.

Tornando allo sport, il nuotatore e campio-ne olimpico Gregorio Paltrinieri, ha preso 80/100, ammettendo che la maturità è stata una delle prove più difficili dal punto di vista emotivo. Una ex Miss Italia, Francesca Chil-

1997, in teoria, non si dovrebbe più parlare di esame di maturità, ma di Stato. Difficile, però, eliminare le vecchie abitudini. Chi non la chiama maturità? Del resto, pure in Eu-ropa la chiamano così: in Polonia ‘matura’, in Slovacchia ‘maturità’, in Albania ‘Matura Shteterore’.

Nel 2008, un’autentica bufera si abbattè sul ministro dell’Istruzione Gelmini. Nelle trac-ce ministeriali, all’esame, ci furono diversi errori. Nell’intestazione della traccia della prima prova, sul testo di Eugenio Montale, ‘Ripenso il tuo sorriso’, i versi dedicati dal po-eta al danzatore russo Boris Kniaseff venne-ro erroneamente presentati come se rivolti a una donna. Nella versione di greco, mancava una parola fondamentale per comprendere il brano tratto dal ‘Codice etico dello storico’ di Luciano di Samosata. Il testo d’Inglese, al Turistico, era privo di errori di grammatica e coniugazioni sbagliate dei verbi.

Arriviamo all’anno scorso, al 2017. L’analisi del testo di Giorgio Caproni, sconosciuto ai più, viene scelto più di Umberto Eco, usci-to nel 2016. Addirittura il doppio delle volte (12% contro il 6%). Simpatia o antipatia?

lemi, è passata grazie all’aiuto di un tutor: “Non ricordo se ho preso 67 o 68/100”. Tania Cagnotto ha preso 67/100 lo stesso anno in cui ad Atene c’erano le Olimpiadi.

di Alessandro Pignatelli

di Alessandro Pignatelli

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Spettacolo Il 1999 tra emozioni sportive, nuove Br e Giubileo

Inclusione: le (scuole) italiane lo fanno meglio

Nel 1999, mentre siamo tutti un po’ preoccu-pati per il Millennium Bug (che succederà ai computer e ai macchinari elettronici?), il 31 marzo arriva al cinema un film destinato a fare storia, Matrix. Il mondo virtuale elabo-rato al computer (ancora lui), creato appo-sitamente per tenerci tutti sotto controllo. Il 22 luglio, debutta il Messenger di Microsoft. Tre anni prima era nato Icq, primo servizio di messaggistica istantanea. Anche in questo caso, siamo alla rivoluzione dei contatti tra persone lontane.

Il 30 luglio, al cinema, debutta Il mistero della strega di Blair. Preceduto da una campagna pubblicitaria che conquista il pubblico e che, ovviamente, porterà i curiosi ad affollare le sale cinematografiche. L’11 agosto in Italia assistiamo a un evento raro: l’eclissi totale di sole. E’ l’ultima del millennio, l’attesa è forte. Il 28 novembre, la Basilica di Assisi restau-rata dopo il terremoto riapre. Un restauro compiuto a tempo di record per la chiesa di San Francesco che tanti fedeli e turisti attira.

C’è tanto sport nel 1999. Intanto, il 13 gen-naio Michael Jordan si ritira dal basket. A 36 anni, il mito Nba dei Chicago Bulls annun-cia per la seconda volta di lasciare il mon-do della pallacanestro. Ancora basket: il 3 luglio l’Italia diventa campione d’Europa. A Parigi, gli Azzurri incollano davanti alla tv milioni di tifosi, superando squadroni come

Esami di maturità, tempo di confronti. La scuola italiana dà a chi esce dalle sue mura le competenze necessarie ad affrontare poi mondo del lavoro e vita di tutti i giorni? L’Oc-se, parlando esclusivamente di competenze linguistiche e matematiche degli studenti italiani scolarizzati, rispetto ad altri Paesi, definisce così l’istituzione Scuola nostrana: “Strumento di rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, econo-mica e sociale del Paese”.

Scuola come ultimo baluardo della demo-crazia, insomma. La scuola italiana, nono-stante le riforme (alcune davvero bizzarre), resta all’avanguardia. Continua a funzionare. Risulta addirittura decisiva come ascensore sociale. Gli studenti, attraverso la scuola, si emancipano, in particolare quelli provenien-ti da classi sociali più svantaggiate. L’indice dell’Ocse per le competenze linguistiche da parte di 15enni provenienti da ambienti so-cio-economici differenti, è pari a 0,45, con-tro lo 0,48 della media Ocse. La scuola ita-liana è più inclusiva di quella danese (0,64) o tedesca (0,49). Il divario tra diverse classi è purtroppo destinato ad aumentare nel mo-mento in cui si entra nel mondo del lavoro.

l’Urss e la Jugoslavia, prima della finale con-tro la Spagna. Vinciamo l’oro pure nel volley maschile: il 12 settembre. Per la prima vol-ta, si sperimenta il rally point system. Due settimane dopo, per la Nazionale femminile di pallavolo sarà bronzo, sempre per i cam-pionati europei. Nel mezzo, è il Setterosa a vincere la competizione continentale, per la terza volta nella sua storia. Ancora sport, ma Formula Uno: Mika Haikkinen diventa campione del mondo, per soli due punti sul ferrarista Irvine. Il 18 dicembre, per il calcio, c’è il primo gol in serie A di Antonio Cassa-no, con la maglia del Bari.

Purtroppo, sono da segnalare pure diversi lutti eccellenti nel 1999: Michel Petrucciani, Fabrizio De André, Stanley Kubrick, John F. Kennedy Jr., Corrado Mantoni. Il 10 giugno del 1999 finisce la guerra del Kosovo. Debut-ta l’euro, che entrerà in vigore nel 2002. Po-lonia, Ungheria e Repubblica Ceca entrano nella Nato. L’11 maggio nasce ufficialmente l’Unione Europea. L’anno finisce con le di-missioni da presidente russo di Boris Eltsin e con l’avvento al potere di Vladimir Putin. Noi italiani gioiamo per l’assegnazione del premio Oscar a ‘La vita è bella’ di Roberto Benigni: il regista toscano porta a casa ben tre statuette. Il 2 maggio il Papa proclama beato Padre Pio da Pietrelcina. Passano 11 giorni e Carlo Azeglio Ciampi diventa presi-dente della Repubblica.

L’Ocse, nel suo studio, ha analizzato una quarantina di Paesi e gli studenti che ogni tre anni partecipano all’indagine Pisa (Pro-gramme for International Student Asses-sment) e quelli di 25-27 anni che partecipano al Piaac (Programme for the International Assessment of Adult Competencies). Tutti analizzati nelle loro competenze di Lettura e Matematica. Tutti di estrazione sociale di-versa. Gli unici Paesi in cui il gap, dopo il di-ploma, non varia più di tanto sono Canada, Stati Uniti, Corea e Italia. Per studenti av-vantaggiati si considerano quelli con alme-no un genitore laureato e più di 100 libri in casa, per svantaggiati quelli con meno libri e genitori con un livello d’istruzione più bas-so. La scuola italiana, dunque, è inclusiva.

A 27 anni, quando siamo già lontani da scuo-la e diploma, invece in Italia il divario si am-plifica (0,67 contro la media di 0,61 Ocse). Ma questo è un destino comune a molti altri Paesi.

Il 16 gennaio lascia l’Italia Abdullah Ocalan, leader del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk). Si era rifugiato da noi. Il 2 febbraio diventa presidente del Venezuela Hugo Ra-fael Chavez Frias. Il 24 marzo, inferno all’in-terno del traforo del Monte Bianco dopo che un camion belga ha preso fuoco. Muoio-no 38 automobilisti (15 italiani), danni per 600 miliardi di lire italiane. Il tunnel resta chiuso fino al 9 marzo del 2002. Il 20 mag-gio le nuove Br uccidono Massimo D’Anto-na, consulente del ministero del Lavoro. Il 24 dicembre, con l’apertura della Porta Santa da parte del pontefice, inizia ufficialmente il Giubileo.

di Alessandro Pignatelli

di Alessandro Pignatelli

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L’espressione della profondità dell’Io dietro al semplice tratto di biro. Linee forti e scure, colori tenui misti a bianco e nero danno forma ad immagini di na-tura e di persone, che nascondono un profondo significato ideologico. Arturo Putrino è un giovane e talentuoso artista vercellese di 21 anni che in questo ulti-mo anno sta esponendo nella sua città e zone limitrofe oltre che a Firenze. Stu-dente dell’Accademia di Brera, ora stu-dia filosofia e parlando del suo lavoro dice: «Dare una definizione verbale alla mia arte, credo possa solo deformarne il vero significato. Ciò che produco non è “pittura”, ma nemmeno “grafica”, potrei chiamarlo disegno, anche se, finito e ulti-mato, non ne ha propriamente l’aspetto, dopo tutto, però, non è quel tipo di tec-nica che ad un certo punto, un disegno, possa dirsi terminato…Resta a me, in base al mio istinto e al mio gusto estetico decidere quando smettere di riempire la semplice carta su cui lavoro con il nero della biro, che io la usi per fare linee sot-tili, intrecci simili a ragnatele, grovigli,

oppure oscurare completamente interi spazi, con gestualità armoniosa come la musica oppure rigida e decisa come quel-la di un incisore» spiega il giovane Putri-no. «Il mio è di suo uno stile grezzo, im-mediato e istintivo, che potrei produrre anche senza alcuna conoscenza artistica di tipo teorico. Nonostante spesso faccia abbondante e prepotente uso dell’acque-rello, il nero, per me il colore della forza, resta sempre protagonista in quanto ne è la base. È l’espressione della forma, che c’è ma al tempo stesso non c’è. Di fatto, le mie scene sono composte da un con-tinuo rapporto, di realismo e astrazione, di materiale e immateriale, di pesantez-za e leggerezza, di terra e cielo, di nero e bianco». I soggetti sono spesso e volen-tieri le persone circondate da natura, og-getti o forme indistinte che nascondono significati reconditi: «Sono spesso pro-tagonisti un certo tipo di figure umane. Volti deformati da un’esasperata espres-sività in cui sempre la forma è portata al limite della dissoluzione. Per la stessa analogia l’albero, in quanto punto di con-

tatto tra la terra e il cielo è proprio come l’uomo ponte tra il materiale e lo spiri-tuale. Vi sono poi “scene invase di cose”, piene, dove oggetti, soggetti, parole, let-tere, simboli e situazioni si ammassano e si sovrappongono in un caos soffocante oppure spazi totalmente deserti nei quali l’unico protagonista è il vuoto assoluto; un ennesimo contrasto, col quale però intendo qui richiamare la frenesia e l’im-mondizia frenetica della contemporanei-tà in cui l’individuo è totalmente perso nel nulla». In queste settimane le opere di Arturo Putrino possono essere ammi-rate a Vercelli allo Studio 10 di via Fer-raris fino al 15 luglio la mostra “Deposi-zioni”, collaterale a “Il Rinascimento di Gaudenzio Ferrari” oppure a Firenze fino a oggi, 28 giugno, alla Galleria Gadarte (in via Sant’Egidio) in una mostra collet-tiva con le Eccellenze Artistiche, con cui aveva già esposto nel mese di febbraio in provincia di Vercelli.

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Spettacolo

di Deborah Villarboito

Arturo Putrino: l’artista che ha trasformato il tratto della semplice biro

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Il tema dell’immigrazione è stato affrontato per la prima volta, sebbene in modo non or-ganico e limitatamente alla materia del lavo-ro, dalla Legge n. 943 del 1986. La tematica è stata successivamente disciplinata dalla Leg-ge Martelli del 1990 che detta quote di entrata dei migranti. Solo nel 1998 viene approvata la Legge Turco - Napolitano che costituisce la prima vera Legge che si occupa in maniera organica dell’immigrazione prevedendo, tra le altre cose, la delega per l’approvazione del decreto legislativo che ha dato poi origine al vigente testo unico sull’immigrazione (d.lgs. n. 286/1998). Tale ultima fonte normativa citata, la quale ha subito nel corso degli anni numerosissime modifiche, rappresenta infatti l’attuale contenitore dell’intera disciplina con-cernente l’immigrazione. Tra gli aspetti più si-gnificativi introdotti si segnalanola possibilità dello straniero di entrare nel mercato del la-voro italiano su chiamata del datore, nonché il ricongiungimento familiare degli stranieri.

Esso si articola in sei titoli.

Il titolo I illustra i principi generali: delimita l’ambito di applicazione della disciplina, in-

dica i diritti e i doveri dello straniero, spiega il funzionamente del comitato per il monito-raggio e il controllo e inividua le poltiche mi-gratorie prevedendo la programmazione di entrata degli stranieri su due livelli. Il titolo III contiene invece la disciplina relativa al la-voro, il IV all’unità familiare e alla tutela dei minori, il titolo V alla materia sanitaria, istru-zione, alloggio, partecipazione alla vita pub-blica e integrazione, mentre il VI contiene le norme finali. Il cuore del testo unico è costi-tuito dal titolo II che regola l’ingresso, il sog-giorno e l’allontanamento dal territorio dello Stato (artt. 4 - 20). I primi articoli di tale tito-lo si occupano di illustrare dettagliatamente le modalità di ingresso sul territorio italiano (permesso di soggiorno o passaporto munito di visto). Viene invece fatto divieto di entrata a tutti coloro i quali costituiscano per esempio una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurez-za dello Stato o per le relazioni internazionali, siano stati condannati per determinati reati, siano stati esplulsi. Altri articoli senza dubbio rilevanti all’interno del predetto titolo sono il 10, il 10 bis e il 10 ter, i quali si occupano rispettivamente di respingimento, di ingres-so e soggiorno illegale (fattispecie penale - in

particolare il primo ingresso irregolare - che avrebbe dovuto essere trasformata in mero il-lecito amministrativo in base a quanto stabi-lito dalla Legge delega 67/2014, trasformazio-ne però non realizzata per il timore del potere esecutivo di incontrate lo sfavore dell’opinio-ne pubblica) e di identificazione dei cittadini stranieri ritrovati in posizione irregolare sul suolo nazionale o soccorsi in mare.

In conclusione, sebbene, come si può facil-mente intuire dalla sintetica disamina illu-strata, il testo unico de quo rappresenti una fonte essenziale di riferimento in quanto con-tenente norme sull’immigrazione di indubbio rilievo, in molti ne auspicano una rimeditata modificazione, soprattutto alla luce del muta-mento del fenomeno migratorio, assai diverso oggi rispetto al passato.

La tragica morte di Sacko Soumali, il giovane maliano sindacalista dei braccianti di San Ca-logero, ha riportato alla ribalta una questione annosa e sempre rimossa, dopo le fiammate di attenzione dovute a qualche drammatico evento: lo sfruttamento degli immigrati nelle campagne meridionali, e non solo. Non ne-cessariamente clandestini, né sbarcati negli ultimi anni, e neppure africani. La periodica ricostruzione delle vergognose baraccopoli mostra un volto inquietante di una parte non piccola dell’agricoltura italiana: per reggere sul mercato, ha bisogno di ricorrere al lavoro sottopagato degli immigrati, e di farli vivere in condizioni inaccettabili.Il lavoro degli immigrati per fortuna è anche altro: 2,4 milioni di occupati regolari, tra cui 570.000 titolari di attività economiche. Un gettito fiscale e contributivo che supera am-piamente i costi dell’accoglienza dei rifugiati e dei servizi richiesti dalle famiglie arrivate dall’estero. Ma rimane in gran parte lavoro povero, subalterno. Il lavoro delle 5 P: preca-rio, pesante, pericoloso, poco pagato, penaliz-zato socialmente.Di tutto questo nel contratto di governo che dovrebbe guidare l’azione dell’esecutivo non c’è traccia. Il cap. 13, dedicato all’immigrazio-ne, ha come sottotitolo “rimpatri e stop al bu-

siness”. L’immigrazione è declinata soltanto come peso e minaccia per il nostro paese.Volendo credere che il confronto con la realtà possa avere la meglio sugli slogan propagan-distici, vorrei avanzare tre modeste proposte in tema di immigrazione e lavoro, che investo-no anche la questione tuttora incandescente dei rifugiati e richiedenti asilo. Pur ricordan-do che si tratta (dati UNHCR, fine 2016) di 250.000 persone su 5,5 milioni di immigrati residenti in Italia. Una piccola minoranza, si-stematicamente scambiata con l’immigrazio-ne in generale. La prima proposta deriva dai fatti di San Ca-logero: mandare un folto gruppo di ispettori del lavoro, scortati dalle forze dell’ordine, a identificare e denunciare i datori di lavori che sfruttano i braccianti immigrati. Non dovreb-be essere difficile: basta seguire le campagne di raccolta dei prodotti agricoli, vedere dove sorgono le baraccopoli, seguire i pullmini che li portano al lavoro. Eventualmente con i dro-ni. Un governo che promette il carcere agli evasori fiscali dovrebbe dispiegare una severi-tà ancora maggiore con chi calpesta la dignità dei lavoratori.La seconda proposta riguarda la riduzione del carico dei richiedenti asilo per le casse dello Stato: come in Germania e in Svezia, chi trova

un lavoro dovrebbe ricevere un permesso di soggiorno, inizialmente di un anno, ponendo fine alle controversie sulla fondatezza della domanda di asilo, e potrebbe cominciare una vita autonoma.Infine, per decongestionare il canale dell’asilo e istituire un’alternativa ai rischiosi viaggi at-traverso la Libia e poi per mare, si dovrebbero ampliare le possibilità di immigrazione per la-voro stagionale, già previste dalle nostre leggi e dai decreti flussi annuali. Negli Stati Uniti hanno ridotto l’immigrazione non autorizzata dal Messico proprio riaprendo un canale d’im-migrazione legale, stagionale, per l’agricoltu-ra. Se le persone possono entrare, lavorare, tornare al loro paese per ripresentarsi l’anno successivo, saranno meno disposte a rischiare la vita nei viaggi della speranza.Spero vivamente che oltre a pensare a espul-sioni e restrizioni dell’accoglienza, un rappor-to positivo tra immigrazione e sicurezza venga costruito promuovendo il lavoro degli immi-grati nell’ambito dell’economia legale del no-stro paese.

di Maurizio Ambrosini

di Giulia Candelone

Se “immigrato” diventa sinonimo di sfruttato

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Attualità

Immigrazione: cosa dice la legislatura

Guarda l’intervista al dottor Pietro Bartolomedico di Lampedusa

di Sara Brasacchio

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Zucchine ripiene al forno

Ingredienti per 12 zucchine

Tre zucchine grandi

160gr di tonno al naturale

Un peperone rosso

Un gambo di sedano

200gr di fagiolini al vapore

Una cipolla rossa

Prezzemolo tritato

Un uovo

Due cucchiai di pangrattato

Sale, pepe e olio Evo qb

Rubrica

di Chiara Bellardone

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Music Pills a cura di Olivia Balzar

Era il 1991 quando Sua Maestà Freddie Mercury se ne è andato. Ricordo benis-simo quel giorno. Il mondo intero era in lutto per la perdita di uno dei cantanti più talentuosi e carismatici della storia della musica.

Tre anni fa i Queen sono tornati con Adam Lambert alla voce, scuotendo gli animi di milioni di fan che non sapevano cosa aspettarsi e lui, classe 1982, è riu-scito a convincere i più con la sua voce e la sua attitudine mai sopra le righe, sempre nel totale rispetto del suo ruo-lo, sempre pronto a farsi dire in faccia che non sarà mai Freddie Mercury. Ma lui non vuole esserlo, non lo ha mai vo-luto. Dopo tre anni sono tornati e lunedì hanno infuocato Milano. Le recensioni sono lusinghiere ed entusiastiche, ma non ne capisco il bisogno. Personalmen-te non sarei mai andata a vedere questo concerto, con un cantante bravissimo che Interpreta pezzi di una leggenda. È complicato. Sul palco ci sono tutti, tran-ne Lui. Per me non ha senso. Le carriere soliste, quelle hanno senso. Preferisco abbassare le luci, versarmi un bicchiere di vino e mettere su un disco dei Queen,

formazione originale e pensare ai tempi che non tornano. Niente è eterno, tran-ne le arti e per l’appunto gli dei bisogne-rebbe lasciarli riposare nell’ Olimpo. E bisognerebbe uscire, andare ad ascolta-re musica originale, sostenere le piccole realtà e combattere un mercato disco-grafico che vive sui fasti del passato, rie-suma cadaveri, ma non permette ai vivi di esprimersi al meglio e di farcela. È un controsenso.

di Olivia Balzar

I Queen infuocano Milano, ma che nostalgia per Freddy

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Tagliamo le verdure per il ripieno in piccoli pezzi e saltiamole in padella con un filo d’o-lio Evo (fig.1). Tagliamo le zucchine a metà nel senso della lunghezza, ricaviamone poi 12 pezzi e facciamo bollire in abbondante acqua per una decina di minuti (fig.2). Una volta pronte, scoliamo le zucchine, faccia-mole raffreddare e con l’aiuto di un cuc-chiaino priviamole della parte centrale più morbida che metteremo a saltare in padella con un pizzico di sale in modo da eliminarne l’acqua (fig.3-4). In una ciotola mettiamo le verdure saltate in padella e uniamo il ton-no, la polpa delle zucchine e amalgamiamo (fig.5-6). Al ripieno aggiungiamo un uovo e due cucchiai di pangrattato, aggiustiamo di sale e pepe e mescoliamo (fig.7-8). Con l’a-iuto di un cucchiaio riempiamo le zucchine, inforniamo a 180 gradi in forno statico per una ventina di minuti e serviamo (fig.9-10).

Rubrica

Mio nonno si chiama Giorgio, come me. Condoglianze. Ma perché? Se siete del nord o del sud e vi siete trasferiti al Centro da poco, potrebbe capitarvi di avere questa sur-reale conversazione con un indigeno. Sì, il nome di un avo – il nonno in questo caso – da queste parti non si può dare a un di-scendente finché non è stata ufficializzata la dipartita del primo. Se quindi state per par-torire e un vostro parente è grave, senza spe-ranze, ma voi volete a tutti i costi ricordarlo dando al nascituro il suo nome, potete fare due cose: cercare di tenervelo in pancia più a lungo o sperare che le sofferenze dell’altro siano veloci.

Al Nord o al Sud, invece, si passa sopra a queste cose. Se io voglio chiamare Giorgio mio figlio perché mio papà o mio suocero si chiama così, non è necessario che aspetti che tiri le cuoia. Può tranquillamente esserci in giro un discendente con il nome del non-nino pure se questi è serenamente impegna-to a giocare a bocce al parco con gli amici. Al Centro, invece, è tassativamente vietato. Pare porti sfortuna. Insomma, stai affrettando la morte di un parente se osi chiamare nello stesso modo suo nipote. E gli strali arrive-rebbero tutti su di te. Così come gli sguardi imbarazzati degli altri familiari. E dello stes-

so avo, tuttora in vita, che si domanderebbe se sta sognando o se sta veramente mangian-do le lasagne in famiglia. Certo, l’Alzheimer può anche fare brutti scherzi, ma dimenti-carsi di essere deceduti è un po’ troppo.

Eppure, in Italia, è tradizione utilizzare quei 2-3 nomi che poi si tramandano di gene-razione in generazione. Anche se oggi ne esistono di svariati, da Chanel a Noemi, si preferisce proseguire con Francesco, Paola, Andrea, Giovanni, Giorgio. Ecco quindi che bisogna fare molta attenzione, camminare con i piedi di piombo perché questo è un terreno minato. Ci saranno le pretese della famiglia del padre, di quelle della madre. E i neo genitori, disperati, finiranno per chia-mare il figlio con 5-6 nomi per accontentare tutti. Anche perché il secondo nome, qui al Centro, può essere tranquillamente quello di un familiare ancora in vita. Ecco perché poi alla fine ti ritrovi, magari, con una bam-bina che si chiama Paola Agata Giulia Filo-mena Roberta. Hai accontentato tutti. Ben-ché, chissà, poi magari scopri che esiste una Paola tra i parenti, che non vedi mai, ma che c’è. Ed è in ottima salute. Perlomeno, era in ottima salute. Finché non hai deciso di lan-ciarle contro tutto il karma negativo dando a tua figlia proprio quel nome, Paola.

Ciao, mi chiamo Giorgio. Come mio nonno. Ma lui è ancora vivo. Solo che io vengo dal Nord.

Ciao Giorgio, che tradizioni barbare che avete in Alta Italia. Volete proprio male a vostro nonno.

Benvenuti al CentroAttenti al nome, mica vorrete uccidere il nonno?

di Alessandro Pignatelli

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Per lei non andare mai contro cuore si-gnifica “seguire sempre la voce del pro-prio istinto, che si muove sulla base delle nostre passioni e dei nostri sogni. E farlo, soprattutto, per far star bene sia noi stes-si sia gli altri, per donare un sorriso in più alle persone che abbiamo intorno”.Lei è Silvia Sannino, 26 anni. Mani espres-sive, tono di voce dolce. Occhi comunica-tivi, spesso emozionati mentre racconta quella che è stato il suo percorso fino a oggi: un percorso che ha portato Silvia a volersi bene. A rispettarsi. Ed è passata dall’essere una ragazza affetta da disturbi alimentari a una modella curvy (la moda dalle linee morbide, dalla taglia 46 in su, ndr). Non è cambiato, insomma, il focus: il suo corpo. Ma se prima, il suo fisico, era ciò su cui scagliava rabbia e paure, oggi è un involucro da amare attraverso il quale mandare messaggi importanti. Il percorso alimentare che racconta Sil-via è scandito da due momenti: prima lo sviluppo del binge eating disorder (un disturbo da alimentazione incontrollata caratterizzato da ingestione compulsiva, ndr) e poi della bulimia (una patologia che prevede grandi abbuffate e tecniche com-pensatorie, in genere il vomito autoindot-to, ndr). “Sono stata aiutata in tempo: chi mi stava accanto era a conoscenza del mio problema e ha cercato di riportarmi alla vita. Non andavo più a scuola, non ave-vo amici e vivevo una relazione malsana. È stato un anno e mezzo in cui mi sono completamente annullata. Avevo il vuoto dentro, un vuoto che cercavo di colmare con il cibo”.Non aveva fame di cibo, insomma: Silvia aveva fame di vita. “Ricominciai proprio da quello che avevo abbandonato: mi iscrissi nuovamente a scuola per pren-dere il diploma e - sottolinea - in soli tre mesi recuperai tutto ciò che avevo lasciato indietro nella didattica. Il titolo della mia tesina, quasi fosse un segnale, era ‘Moda, Fotografia e Realtà’: tutto quello di cui mi nutro oggi, insomma. Ero determinata a diventare una nuova persona: ambiziosa, capace. Semplicemente viva”. Durante la ripresa, a Silvia nascono nella mente pro-getti personali e lavorativi. “Per soffrire così tanto ci sarà pure una motivazione. Ed è stato in quel momento che ho capito cosa avrei dovuto fare: trasformare il mio dolore e renderlo una missione”.È il 23 agosto 2014, quando Silvia dà vita al gruppo Facebook ‘Curvy Girlz e proget-to #NoSizeZero’. “Questa pagina nasce perché in quel periodo della mia vita ave-vo un grande bisogno di riscattare il mio dolore, innanzitutto. Ma anche di aiutare tutte quelle ragazze che non trovano un equilibrio con se stesse. Volevo manda-re dei messaggi, volevo gridare al mon-do che la mia storia di malessere non era fine a se stessa ma – spiega Silvia – po-

teva essere un esempio. Obiettivi che an-cora oggi perseguo e che mi muoveranno anche in futuro”. Grazie al portale, la ra-gazza inizia a essere contattata da diverse giovani che fin da subito capiscono ciò che la spinge: “C’è chi appoggia la causa, chi chiede aiuto. La stessa cosa accade oggi ed è la parte più bella di questo progetto: ho veramente tantissimi contatti, di ado-lescenti e donne intenzionate a fare parte, nelle maniere più differenti, della nostra comunità. Con alcune di loro si è iniziato a organizzare le sfilate: salgono in passe-rella, mi aiutano a preparare gli show, mi stanno accanto, mi sostengono. E io - dice - lo faccio per loro, che sono le ‘mie’ ra-gazze, e lo faccio per me: perché mi sono promessa di amarmi e di non permettere ad altri di soffrire come è capitato a me. Sono cresciuta in questi anni, dalla pri-ma sfilata che ho organizzato all’ultima, a quella che andrà in scena: mi sento pro-fondamente cambiata, finalmente sicura di me stessa, certa degli obiettivi che vo-glio raggiungere. Tra questi: continuare a dare vita a queste sfilate poiché mi aiu-tano a fare beneficenza ad associazioni che combattono la violenza sulle donne e i disturbi alimentari e, molto importante per me, trasformare il mio gruppo in una vera e propria associazione”.Oggi Silvia collabora con la Miroglio Fashion, un nome che racchiude alcu-ni dei marchi più prestigiosi del mondo della moda: Elena Mirò, Fiorella Rubino, Krizia, Caractere; porta avanti il progetto #NoSizeZero (traduzione: no alla taglia zero) anche grazie all’Associazione che ha fondato, la “BeYourSelf” (nata uffi-cialmente il 14 febbraio scorso) e sta la-vorando a un progetto in collaborazione con “Casa Alessia Onlus” per la realizza-zione di un calendario degli associati di “BeYourSelf”, a oggi più di trenta, e il cui ricavato, insieme a quello di altri eventi, andrà in beneficenza per la realizzazione di un forno per il pane per le donne del Burundi in Africa Orientale. Ma, soprattutto, oggi Silvia si vuole bene. E ha un nuovo concetto di ‘bellezza’: “E’ vita e la vita è bellezza. Ogni evento, an-che quelli apparentemente insignificanti, ogni incontro, contengono e regalano la bellezza dell’esistenza. Mi chiedo spesso – rimarca – come e cosa sarei, oggi, se non avessi vissuto tutto quel dolore, se non avessi provato quell’immenso vuoto: io credo che nulla accada per caso e che, probabilmente, era doveroso che acca-desse. Perché solo così ho scoperto la mia missione, nonché la mia ragione di vita”.

di Sabrina Falanga

Mai contro cuoreLa vera bellezza è quella che troviamo ovunque

a cura di Sabrina Falanga

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Sono diversi i sintomi sgradevoli che possia-mo avvertire se il nostro intestino non è ben funzionante: dai dolori addominali a una non regolare evacuazione (stipsi o dissenteria), dalla flatulenza al gonfiore addominale fino all’alito pesante… Questo accade perché nell’intestino normal-mente si accumulano sostanze di scarto, re-sponsabili dell’eventuale malfunzionamento e della conseguente sintomatologia. In caso di intestino irritato, quindi, è bene pensare di ‘ripulirlo’ e capire qual è stata la causa, per evitare che succeda una seconda volta.Uno dei primi sintomi che danno l’allarme per quanto riguarda il funzionamento dell’in-testino, è un cambiamento nel transito del-le feci: in caso di stipsi occasionale, potrebbe essere utile aumentare l’apporto di fibre quo-tidiano con cereali integrali, crusca, frutta e verdura; in caso di una stitichezza prolungata è bene rivolgersi al medico e/o al proprio far-macista di fiducia che sapranno consigliare la giusta soluzione (a volte è necessaria l’inte-grazione di erbe, non per forza di medicinali). Per quanto riguarda l’utilizzo di lassativi e/o clisteri e/o lavaggi, è importante consultare sempre il medico prima del loro utilizzo.Se il problema risulta essere, invece, la dissen-teria, è fondamentale innanzitutto reidratarsi dei liquidi persi, quindi aumentare l’apporto di acqua; per quanto riguarda l’alimentazio-ne, è possibile mangiare pane bianco tostato, fette biscottate, pasta da farina 00, carni ma-gre, formaggi freschi e non fermentati, bresa-ola, carote, lattughe, patate albicocche, mele. È consigliabile invece evitare i cibi troppo grassi o fermentati, le fritture, le creme, salu-

mi piccanti e insaccati, cachi, cocco, fragole e dolciumi troppo lavorati. In generale, comunque, per ‘pulire’ l’intesti-no è bene seguire una dieta equilibrata: i be-nefici saranno molteplici, dal miglioramento dell’alito a quello dell’odore del proprio cor-po, spariranno brufoli ed eruzioni cutanee e si riposerà meglio. La ‘pulizia’ dell’intestino ha anche effetti tonico-stimolanti sulle ghian-dole della zona addominale, del fegato e del pancreas. È utile, inoltre, a migliorare l’assor-bimento e l’assimilazione del cibo.Una dieta equilibrata prevede la giusta quan-tità di frutta e verdura di stagione (dalle 8 alle 10 porzioni giornaliere), insieme ai legu-mi (che possono essere una valida alternativa alla carne) e i semi secchi (quelli di lino, ad esempio, macinati sul cibo): sono alimenti, questi, che oltre ad aiutare l’intestino, saran-no di beneficio anche per reni e fegato. Da li-mitare, invece, zuccheri e prodotti da forno. Meglio optare per i carboidrati integrali, dalle due alle tre volte a settimana e per alimenti ricchi di proteine e fibre, per aiutare a man-tenere ‘pulito’ anche lo stomaco; non bisogna dimenticare di bere molta acqua: la dose rac-comandata è di due litri al giorno.Importante è anche l’attività fisica, che può essere sufficiente anche con una camminata di trenta minuti.

di Sabrina Falanga

Salute & BenessereIntestino: l’alimentazione corretta per evitare il gonfiore

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di Sabrina Falanga

Sono tante le domande che i padroni di cani si fanno per quanto riguarda il ‘calo-re’: ci si chiede, ad esempio, a che età ini-zia ad andare in calore l’animale, come riconoscerlo ed eventualmente come agire e, infine, come capire quando fini-sce. Nonostante alcuni segnali a cui fare attenzione, c’è da sottolineare, comun-que, che non esistono risposte univoche e universali poiché il calore è un periodo molto soggettivo per un cane.Il primo dettaglio per riuscire a ricono-scere il calore di un cane fin dalle prime manifestazioni, è quello relativo al suo ciclo riproduttivo: bisogna dunque im-parare a conoscere il cosiddetto “ciclo estrale”, che si divide in quattro fasi la cui durata è variabile poiché soggettiva. La prima fase si chiama “proestro” e si tratta della fase preparativa del vero e proprio calore: durante questo periodo compaiono le prime perdite di sangue ma il cane non è disponibile all’accop-piamento. Nonostante, quindi, le perdite ematiche e l’attrazione del cane maschio verso il cane femmina, quest’ultima non accetta di accoppiarsi. La fase proestro dura da un minimo di tre giorni fino a un massimo di venti, con una media di dieci.La seconda fase si chiama “estro” ed è quella fertile: in questo momento sono generalmente terminate le perdite ema-tiche, anche se alcuni cani continuano ad averle, e la femmine si rende disponibi-le all’accoppiamento, cosa che dimostra sollevando la coda. Anche la fase estro ha un periodo variabile, la sua durata com-plessiva può variare tra i tre e i ventuno giorni, anche in questo caso con una me-

dia di dieci, ed è dal secondo giorno che inizia il periodo ideale per l’accoppia-mento.La terza fase è quella del “diestro”, dove c’è la gravidanza vera o fasulla. Per i cani che si sono accoppiati è la fase della gra-vidanza vera e propria, che ha una dura-ta di sessanta giorni. Nei cani femmina che non si sono accoppiati può accadere il fenomeno della cosiddetta “falsa gravi-danza” al novantesimo giorno, prodotta da un periodo simile dal punto di vista ormonale a una reale gestazione.L’ultima fase si chiama “anestro” ed è quella del non calore. Si tratta del lun-go periodo, che dura generalmente set-tantacinque giorni, nel corso del quale il cane femmina non attira i maschi e non si rende quindi disponibile all’accoppia-mento.Conosciute le fasi, è bene sapere alcuni dettagli del calore: un cane femmina, ad esempio, ha due calori in un anno ma al-cuni possono averne anche uno solo. Così come è variabile la durata di ogni calore, lo è anche l’intervallo tra un calore e l’al-tro: si va dai quattro agli otto mesi e solo la conoscenza del proprio animale può aiutarci a riconoscere il giusto tempo. Fondamentale è fare attenzione che l’in-tervallo tra un calore e l’altro sia sempre regolare di anno in anno: in caso contra-rio è bene consultare il proprio veterina-rio poiché uno scompenso più o meno grande potrebbe essere sintomo di pro-blemi alle ovaie. Altri dettagli a cui fare attenzione riguar-dano il comportamento del padrone ri-spetto al cane in calore: ad esempio, è

bene evitare di lasciare un cane in calo-re in giardino da solo, perché potrebbe attirare i cani maschi e inevitabilmente capiterà che almeno un cane maschio entri nel giardino per accoppiarsi. Lo stesso principio vale durante la passeg-giata quotidiana. Altro mito da sfatare riguarda le “mutande” per cani: durante il periodo di perdite ematiche, può esse-re utile l’uso delle “mutande” per evitare che sporchi per casa ma non servono per evitare gravidanze indesiderate. Inoltre, meglio evitarle durante la passeggiata perché potrebbero essere d’intralcio du-rante l’espletamento dei bisognini.

Qua la zampaCalore: come riconoscerlo e cosa fare

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Sport

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I colori dei tifosi ai Mondiali di RussiaIl Mondiale di Russia, nonostante sia appena al giro di boa delle competizioni, ha già impressio-nato. Sia per le performance di campo, sia per il folklore e le avventure variopinte dei tifosi sugli spalti, spesso molto gremiti. Ci sono tifoserie che hanno dato vita a storie interessanti, altre puramente di colore, altre decisamente educa-tive. I sudamericani, per eccellenza, sono il ma-nipolo più rumoroso, i brasiliani decorati con le cromie gialloro e verde sono i soliti portatori di “fiesta” e ritmi da ballare per le strade russe, gli argentini, sino ad ora depressi dai risultati sportivi, non mancano di farsi sentire, i colom-biani, accompagnati anche da presenze storiche come gli ex campioni Higuita e Valderrama, hanno invaso Kazan sostenendo i loro beniami-ni con migliaia di presenze allo stadio e colo-rando di giallo ampi settori, il Perù già elimi-nato dal torneo, può contare su pochi tifosi, ma estremanente festosi e chiassosi, sempre pronti ad essere inquadrati dalle telecamenre. Panama, cenerentola sportiva dei Mondiali, sconfitta sì con un punteggio tennistico dall’Inghilterra, ha visto però i suoi supporter esplodere in un bo-ato d’entusiasmo, per il primo gol segnato dalla nazionale centro americana ai mondiali, e allo-ra, nonostante la durissima sconfitta, bandiere al cielo e canti per la rete siglata dal capitano Felipe Baloy, realizzato nella partita contro l’In-ghilterra, gol che entra nella storia. I messicani, già ebbri di gioia prima dell’inizio del torneo, si godono la qualificazione della propria naziona-le con una giornata d’anticipo, esplodendo sugli spalti con costumi variopinti e canti a non fini-re: e se la nazionale tricolore dovesse proseguire

il suo cammino sono previsti ulteriori sbarchi in terra di Russia. E c’è anche una succosa cu-riosità: per caricare la squadra in vista dell’im-portante gara contro la Corea del Sud, vinta poi 2-1, quasi un centinaio di sostenitori della Na-zionale messicana hanno deciso di radunarsi all’esterno dell’hotel di Rostov che ha ospitato i calciatori, intonando una vera e propria se-renata. Cori e canzoni che non hanno lasciato indifferenti gli uomini di Osorio, che dopo es-sersi affacciati stupiti dai balconi delle camere dell’albergo, hanno pensato di scendere per rin-graziare i tifosi per il sostegno. In campo non va benissimo ma sugli spalti desta impressione: l’Islanda si è letteralmente spopolata per seguire la propria nazionale di calcio sul grande palco-scenico internazionale. I tifosi che sono appro-dati in Russia, infatti, sarebbero circa 30.000, un numero impensabile, considerando che il tota-le degli abitanti del Paese si attesta attorno alle 340.000 unità: quasi il 10% della popolazione è in Russia per sostenere i propri ragazzi. Una cosa letteralmente pazzesca. I russi, giocando in casa, sono sempre pronti a riempire gli stadi e a festeggiare il risultato storico della qualifica-zione agli ottavi, cosa mai accaduta da quando la Russia si è slegata dall’Urss, curiosi i costumi tipici e i look che i padroni di casa sciorinano, mentre le tifoserie africane impressionano per colori forti, look dipinti total-body e copricapi bizzarri e voluminosi. Forse non vinceranno il campionato del mondo di calcio, ma i loro ti-fosi sono già diventati dei campioni in fatto di senso civico. Stiamo parlando dei supporter di Senegal e Giappone, due nazionali inserite nel

girone H, entrambe vincitrici per 2-1 nelle loro partite di esordio al mondiale. Le tifoserie del-le due compagini hanno dato una grande prova di civiltà e cultura Dopo aver incitato, ballato e festeggiato per le loro squadre, i Leoni d’Africa hanno raccolto tutti i rifiuti accumulati nei 90 minuti del match, stesso dicasi per i tifosi nip-ponici, che hanno accatastato cartacce e detriti, agevolando il lavoro del servizio di pulizia dello stadio. Una lezione di vita, e di civiltà che, ci si augura, possa dilagare in tutto il globo.

di Franco Leonetti

Il ruggito di Leonetti a cura di Franco Leonetti

Calciomercato: aspettando Icardi, l’Inter abbraccia il suo “Ninja”Il mercato ormai sta deflagrando con i primi affari eclatanti portati in chiusura. Un inizio a rilento, poi le prime accele-rate, basta osservare i nomi coinvolti e il quadro si fa più chiaro. Una settima-na fa è stata la volta dell’ufficialità per l’arrivo a Torino, in bianconero, di Emre Can. Il centrocampista tedesco, giunto a parametro zero dal Liverpool, ha siglato un accordo con la Juventus sulla base di un quadriennale, guadagnerà 5.5 milioni netti annui, ha una clausola rescissoria di 50 milioni dopo il terzo anno di per-manenza alla Juve, mentre i suoi agenti incasseranno 16 milioni di commissioni per l’affare nel prossimo biennio. Anche Joao Cancelo è un giocatore della Ju-ventus, il terzino destro portoghese sta per giungere alla corte di Mister Allegri, costo del cartellino 40 milioni, inclusi i bonus, ennesimo obiettivo centrato da Marotta e Paratici. L’Inter mette a segno il colpo Nainggolan, il centrocampista ex Roma è sbarcato a Milano per ritrovare il suo ex mentore Spalletti, Il contratto lo legherà all’Inter fino al 2022 a 5 milioni, bonus inclusi, il che farà di lui il secon-

do giocatore più pagato in squadra dopo Mauro Icardi. Il Ninja è stato valutato complessivamente 38 milioni: 24 cash più due giocatori, Santon e Zaniolo, che vanno nella Capitale, valutati comples-sivamente 14 milioni, un affare che ha permesso a entrambe le società di met-tere a bilancio importanti plusvalenze. La Roma si appresta ad accogliere Javier Pastore, ex del Psg e vecchia conoscen-za del calcio italiano per i suoi brillanti trascorsi con il Palermo. Costo dell’ope-razione, 20 milioni di base fissa più 4 di bonus. Il Napoli si avvicina a Meret per il ruolo di portiere, mentre mette a se-gno il colpo Fabian Ruiz, centrocampista che arriva dalla Spagna, Betis di Siviglia, con Hamsik che, nonostante le sirene di mercato cinesi, è pronto a rimanere con Ancelotti. Roma e Bologna si scambia-no i portieri, Skorupski vola a Bologna e giocherà titolare nella compagine allena-ta da Pippo Inzaghi, mentre Mirante ap-proda nella Roma per cercare di sfruttare le occasioni che il sodalizio giallorosso gli metterà a disposizione. Edera del Torino rinnova fino al 2023, con la società gra-

nata che cerca di chiudere l’affare Bruno Peres, fuori dai piani tecnici di Di Fran-cesco alla Roma, vedremo se sarà giunto il momento giusto per mettere il punto definitivo alla trattativa. La Lazio acco-glie ufficialmente Riza Durmisi: l’ester-no sinistro classe ‘94, nazionale danese ma di origini albanesi, è stato acquistato dal Betis Siviglia e ha firmato con il club capitolino un contratto quinquennale, mentre Darijo Srna è ufficialmente un nuovo giocatore del Cagliari: lo comuni-ca il club rossoblù, con il quale il terzino destro croato, ex capitano dello Shakhtar Donetsk e della sua nazionale, ha firmato un contratto annuale con opzione per il secondo anno. Giocatore di grande per-sonalità, il classe ‘82 porterà in Sarde-gna tanta esperienza, caratteristica che ha fatto difetto nel undici sardo allenato da Rolando Maran. E ovviamente siamo solo all’inizio, dal punto di vista degli ar-rivi e delle partenze, c’è da scommetter-ci, sarà un’estate rovente.

di Franco Leonetti

Sport

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SportMomenti febbrili in casa Milan sotto lo scacco della Uefa. E’ imminente l’arrivo della sentenza che può cambiare il de-stino della società rossonera. Siamo agli sgoccioli dell’attesa ferale per il giudizio della camera giudicante dell’Uefa sul fi-nancial fair play. I pronostici sono tut-ti nella stessa direzione: probabilissima stangata. La previsione più accreditata è la seguente: un anno fuori dall’Europa League con l’impegno a verificare nella stagione successiva l’avvenuta modifica dello scenario societario, con l’aggiunta di una multa da 30 milioni che vuol dire una specie di mazzata indescrivibile, sot-traendo al bilancio rossonero, già esiguo, oltre 50 milioni. A quel punto il ricorso al Tas di Losanna, da parte di Fassone e Mirabelli, diventerebbe indispensa-bile nella speranza che nel frattempo il quadro azionario del club sia diventato molto più chiaro e affidabile. E proprio su questo tavolo, anche le ultime ore del club hanno visto scenari mutevoli e con pochissime certezze, equamente divise tra Yonghong Li, il presunto nuovo ac-quirente, l’italo-americano Commisso, e il fondo Elliott come sempre sullo sfondo ma presente.Le novità più incoraggianti per il Milan, bispgnose però di conferme solide e certe, potrebbero giungere da New York e dalla terra a stelle e strisce, dove sono al lavoro, da una parte la de-legazione di Yonghong Li, dall’altra due banche d’affari e due gruppi dell’impren-ditoria yankee, interessati ad acquisire la maggioranza del club. Il piano del cinese, al fine di limitare al minimo i danni eco-

nomici del proprio investimento, preve-de uno sviluppo particolare. Quale? Fa-cendo subentrare il socio americano con una quota del 30-40% subito, promet-tendogli la maggioranza nei mesi succes-sivi e nel frattempo provando a monetiz-zare la sua percentuale con la quotazione alla borsa asiatica, che è poi il vecchio progetto originario del quale si son perse le tracce. A dare ascolto alle notizie pro-venienti dagli Usa il gruppo identificato nell’italo-americano Rocco Commisso, già intervenuto nel soccer di New York, è quello partito in grande vantaggio e che, grazie ai buoni uffici di Goldman Sachs, è in procinto di arrivare al closing dell’in-tesa. A marcare la differenza in milioni di euro (circa 150) con Richetts, la fami-glia che ha espresso l’interesse ufficiale all’acquisto attraverso una nota di una agenzia di comunicazione italiana, c’è

anche la valutazione del marchio Milan che secondo taluni uscirebbe ridimensio-nato anche dalla stangata dell’Uefa. Sul-lo sfondo della vicenda resterà a osserva-re il fondo americano Elliott nell’attesa dell’appuntamento del 10 luglio quando gli dovrà essere restituito il prestito dei 32 milioni. In attesa di un assetto societa-rio rinnovato, tassello fondamentale per coltivare speranze nel segno del ricorso al Tas di Losanna, il popolo milanista at-tende la sentenza Uefa, in cuor suo, con l’aspettativa che il pronunciamento non sia così negativo e pesante.

di Franco Leonetti

Calcio: Il Milan in attesa della sentenza Uefa

Doping d’oro: il tre volte olimpico Kiprop nei guaiDoping e atletica: il tre volte oro olimpico nei 1500 Asbel Kiprop, nonostante non am-metta l’uso di sostanze dopanti, non si di-fenderà dalle accuse scattate nel novembre 2017, quando era risultato positivo all’Epo. Il 28 giugno dovrebbe comparire davanti a un tribunale indipendente Iaaf, ma ha ri-nunciato a difendersi. Il keniano Kiprop, campione olimpico a Pechino 2008 e tre volte iridato (2011, 2013 e 2015), ha an-nunciato giovedì di essere rassegnato e ha rinunciato alla difesa dalle accuse di do-ping di lui. In un controllo del 27 novem-bre 2017, Kiprop è risultato positivo all’e-ritropoietina (EPO) ed è stato squalificato per quattro anni dalla Iaaf. Il 28 giugno a Londra è in programma, quindi, l’udienza dinanzi al Tribunale disciplinare indipen-dente della Iaaf, ma, vista la mancanza di

sostegno da parte delle autorità keniane e la mancanza di denaro per pagare i suoi avvocati, Kiprop ha detto che rinuncerà a difendersi. Kiprop ha ammesso di non ave-re le risorse necessarie per pagare legali e medici specialisti che possano affiancarlo in una lunga e costosa battaglia legale. Il mezzofondista aveva provato a difendersi denunciando alcune irregolarità nelle ana-lisi, ma la Aiu ha rigettato l’accusa. Quello di Kiprop è l’ennesimo scandalo che ha in-vestito lo sport keniano: negli ultimi 5 anni oltre 40 atleti sono risultati positivi all’an-tidoping.

di Deborah Villarboito

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Beatrice Anghel ha un sorriso che scioglie il cuore. È pacata, sempre cordiale e reca in sé lo spirito del karate fatto di disciplina e impegno, misto a grinta e determinazione, oltre che rispetto. Classe 1997, quando non porta la divisa della Nazionale è porta colori della Master Club di Vercelli e nel 2015 in Po-lonia si è laureata campionessa del mondo nel kata individuale e a squadre, dove ha concesso il bis an-che ai Mondiali di Treviso 2017. Campionessa euro-pea a soli diciotto anni, nel 2016 ha sbancato in Slo-venia conquistando due ori e un bronzo nel kumite, il combattimento. Sguardo che atterrisce sul tatami, dolcezza spiazzante in tutto il resto, Beatrice raccon-ta come nasce un talento nel karate.

Quando e perché hai iniziato a praticare ka-rate?

Ho iniziato a fare karate quando avevo 8 anni. Il mio inizio è stato puramente casuale: da piccola avevo dei problemi di postura, avevo già praticato sport. I miei genitori mi avevano portato da uno specialista che mi aveva consigliato di praticare un’arte marzia-le. In concomitanza un mio compagno delle elemen-tari voleva iniziare a fare karate e mi ha convinto a provare. Da lì mi sono appassionata e non l’ho più lasciato.

Descrivimi la tua gara più bella.

Di gare significative ce ne sono state tante. Tra le più belle ricordo i miei primi Campionati Italiani perchè erano già un sogno che si stava per realizzare. Quan-do ero piccola ambivo a scontrarmi con gli atleti più forti d’Italia e perché no, vincere. Naturalmente, grazie ai miei compagni di squadra che hanno cre-duto in me e ai miei maestri che mi hanno sempre spronata sono riuscita a vincerli sia di kata che di kumite. Successivamente mi è arrivata la convoca-zione in Nazionale. Dopo qualche anno, nel 2015, ho partecipato alla mia prima gara internazionale, ovvero i Mondiali in Polonia. Posso dire che quella è stata la mia gara più bella, perché credo sia il coro-namento dei sogni di un agonista. Quell’estate non ho staccato un attimo dagli allenamenti e la testa era sempre al top. Sono arrivata a vincerli a livello indi-viduale e a squadra nel kata. Quella è stata l’apoteo-si, non potevo essere più felice. Anche i Mondiali di Treviso di quest’anno sono stati significativi: per me era un periodo un po’ di discesa a livello agonistico, non sapevo più se volevo gareggiare o meno. Gra-zie comunque all’aiuto del mio maestro, sono riusci-ta a superare questo periodo. A livello individuale non sono riuscita a piazzarmi mentre con la nuova squadra, che avevamo preparato in un anno, siamo riuscite ad arrivare prime e in più siamo diventate ottime amiche.

Quali progetti hai per il futuro?

Di progetti per il futuro ce ne sono tanti, soprattutto a livello professionale. Io sto studiando osteopatia in un collegio inglese a Milano. L’obbiettivo è quel-lo di crearmi una carriera sperando di arrivare ad alti livelli. A livello agonistico quest’anno ho dovuto purtroppo mollare un po’ la presa perché lo studio e il trasferimento a Milano mi ha tolto del tempo. Ho dovuto dare la disdetta alla Nazionale. Gli obiettivi sono calati. Sto continuando comunque ad allenar-

mi in palestra e per quanto riguarda le gare spero di portare avanti i Campionati Italiani.

Quanto devi sacrificare per il karate visto il livello che hai raggiunto?

Ad esempio, per il Mondiale 2015, mi era arrivata la convocazione a giugno e questi sarebbero stati ad ot-tobre. Quell’estate non la si può chiamare veramen-te estate. Un periodo tosto fato di preparazione: mi alzavo alle cinque, andavo a correre, mangiavo e poi riprendevo andando in palestra e facendo potenzia-mento e nel pomeriggio si facevano lezioni di kara-te. Il sacrificio che pesa di più forse era il non poter uscire al sabato sera con gli amici, perché la domeni-ca bisognava alzarsi presto per andare ai raduni del-la Nazionale. Io comunque non li vedo come sacrifici perché le cose che facevo le facevo perché avevo un obiettivo, perché volevo raggiungerlo, quindi avevo in testa questa cosa a cui dovevo per forza arriva-re. Ogni ora di allenamento non era un peso, ma in realtà un qualcosa che andava ad arricchire la mia prestazione in una futura gara. Non sono portata a chiamarli sacrifici.

Descrivi una tua settimana da atleta in piena stagione di gare: allenamenti, alimentazio-ne, tempo libero.

Intanto una nutrizione ben scelta. Durante la prepa-razione per i Mondiali ero seguita da una nutrizioni-sta che mi consigliava cosa mangiare e cosa evitare. Gli allenamenti erano quasi tutti i giorni ad eccezio-ne del fine settimana in cui si faceva una volta sì e una no. Nel poco tempo libero magari un’uscita con gli amici alla sera, ma anche lì si tornava presto per-chè il mattino dopo si era già in pista.

Quale è la cosa che ti piace di più del tuo sport?

La cosa che mi piace di più del mio sport è di sicu-ro la filosofia di vita che ti lascia, che ti viene data dal tuo maestro. Io ho avuto la fortuna di aver trova-to un grande maestro che mi ha insegnato a vivere. Non è sempre facile trovare un maestro che sia in grado di trasmetterti i valori della vita. Io ho avuto la fortuna di trovarlo. Nell’ambito del karate mi ha insegnato soprattutto a non mollare mai quando vo-levo qualcosa, di tirare fuori tutta la grinta che avevo per ottenerla e di non fermarmi ai primi ostacoli. Di lottare e perseverare per raggiungere i miei obiettivi. Poi naturalmente mi piace fare karate, in tutto il suo insieme.

A cosa pensi quando stai per salire sul tata-mi?

In realtà non ci ho mai pensato. Ogni gara è una cosa diversa, a parte. Sicuramente penso ai sacrifici che ci sono stati per arrivare fin lì. Penso a non sbagliare kata, quando faccio quel tipo di gara, e penso di dare il massimo sempre, senza aver paura di sbagliare e comunque sono due cose contrastanti che coesisto-no. Quando devo invece gareggiare nel combatti-mento, non penso a nulla perché, secondo me, nel momento in cui sali sul tatami e pensi a qualcosa hai già perso in partenza. Devi entrare lì a sangue freddo e cercare di fare al meglio la tua prestazione.

Hai qualche gesto scaramantico o rituale pri-ma del combattimento?

Prima del combattimento, no. Probabilmente il fatto di guardare mio padre, è una forma di incoraggia-mento, lo guardo e riesco a caricarmi.

C’è qualcuno a cui ti ispiri?

Sicuramente la persona a cui mi sono ispirata di più, sono stati i grandi campioni passati del karate come Mirko Safioti che è stato e sempre sarà il mio idolo nel karate. Una grande persona sia a livello umano fuori dal tatami sia dentro. L’ho visto sempre anche come un esempio di vita e continuo ad ispirarmi a lui.

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IntervistaKarate: Beatrice, la principessa del tatami si raccontaCosa diresti per convincere un tuo coetaneo a praticare karate.

Al giorno d’oggi, giovani che iniziano a fare karate ce ne sono ben pochi perché in Italia viene visto come uno sport minore. Vengono considerati molto di più il calcio, piuttosto che la pallavolo e tanti altri sport. Quindi capisco che proprio a livello propagandistico nella nostra generazione ce ne siano poche di perso-ne che iniziano a praticare karate. Il mio consiglio è quello di iniziare a fare karate perché ti migliora la vita. Non deve essere visto solo come uno sport, ma appunto come una filosofia di vita.

Come vedi la situazione del karate in Italia ri-spetto al resto del mondo?

In Italia la situazione del karate è un po’ critica. A differenza di altri paesi nel mondo, noi karateki sia-mo molto meno aiutati dallo Stato italiano. Non ab-biamo sponsor, anzi tante volte dobbiamo sponso-rizzarci noi stessi. Un agonista non può ambire a fare del karate la sua professione, come invece tanti altri sport. Quello che viene invidiato un po’ del karate che viene praticato negli altri paesi è proprio questo.

Karate: stile di vita o disciplina sportiva?

Non è assolutamente una disciplina sportiva. Ti in-segna veramente tanto a livello personale, ti fa cre-scere come persona quindi io non lo vedo come uno sport ma come una filosofia.

di Deborah Villarboito

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Edoardo Pellegrini, 12 anni ad ottobre, è un giovane del ‘batti e corri’ vercellese. Sta partecipando ai Campionati Euro-pei Under 12 di Baseball che la nazionale italiana, campione in carica, disputerà a Budapest. L’amore per il baseball nasce circa tre anni fa alle scuole elementari durante dei progetti di multisport e da lì è solo cresciuto.

Quando è nata la tua passione per il baseball?

La passione per il baseball è nata quando l’allenatrice Antonella Zorra è venuta nel-la mia scuola un paio di volte a parlarci di questo fantastico sport. Qualche giorno dopo sono andato al campo a provare e fu amore a prima vista. Tutti erano gentili e comprensivi ma allo stesso tempo con una disciplina da ammirare, quindi dopo quella prima volta, ci andai sempre di più fino a quando non me ne son innamorato del tutto.

Cosa ti piace di più del tuo sport?

Il mio sport è molto bello proprio perchè non è molto conosciuto, quindi quando una persona viene a farne conoscenza si interessa molto. Il baseball è fatto mol-to di ragionamento perchè a vederlo così sembra noioso ma se uno capisce il gioco di squadra che c’è dietro allora si può solo stupire. Il gioco è effettivamente molto complicato, infatti io che gioco da tre anni

non capisco e non conosco ancora bene tutto a volte. Anche mia madre e mio pa-dre, pur seguendomi con tanta pazienza, ne conoscono solo una piccola parte.

Cosa significa per te vestire la ma-glia della nazionale?

Per me, come penso anche per i miei compagni che giocheranno in nazionale, significa molto sacrificio: andare quasi tutti i giorni al campo ad allenarsi invece che uscire con gli amici o avere un po’ di svago. È dura da sopportare, ma quando è arrivata la mail che diceva “Congratula-zioni, sei stato convocato per partecipa-re al torneo europeo under 12 che si terrà a Budapest dal 26 giugno al 8 luglio…” è stata un’emozione pazzesca.

C’è qualcuno a cui ti ispiri?

Al mio allenatore Conrado SIlva ed all’al-lenatrice Antonella Zorra che stimo tan-tissimo perchè mi hanno portato a questo livello. Il bello è che uno potrebbe pensa-re” Edo, sei tra i migliori del Piemonte e tra i venti migliori d’Italia sei quindi la-sciato libero dai tuoi allenatori...” e inve-ce no, anzi mi martellano ancora di più perché mi vogliono bene e sperano che possa migliorare sempre di più.

Scuola e sport: è difficile organiz-zarsi?

All’inizio sì, ma quando poi ho trovato il

di Deborah Villarboito

Intervista

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Edoardo, stella del baseball italianomodo di incastrare tutto, è più semplice. Alla fine dell’anno scolastico ero molto stanco perchè questo sport, ma come tut-ti gli altri, è comunque un impegno in più ma posso dire a nome mio e della mia fa-miglia che ne è valsa la pena.

Cosa vuoi fare da grande?

Di certo non voglio lavorare in Italia, ma in altri paesi. Possibilmente continuan-do questo sport, prima da giocatore e poi magari da allenatore. Dopo le superiori vorrei andare all’università e prendere il brevetto da allenatore però continuan-do a giocare per poi smettere quando gli anni si fanno sentire.

Cosa diresti ai tuoi coetanei per in-vitarli a giocare a Baseball?

Il baseball più che uno sport è una disci-plina perché tutti rispettano tutti soprat-tutto l’avversario. Io consiglierei di ve-nire a vedere gli allenamenti e a provare a giocare. Le categorie iniziano dai baby (under 9) poi ci sono i ragazzi under 12 (la mia categoria), gli Allievi under 15 e i Cadetti (Under 18).

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Nuoto, scorpacciata di successi per gli azzurri

Atletica, Tortu leggenda: battuto il record di Mennea

Pioggia di medaglie ai Giochi del Mediterraneo

Giochi del Mediterraneo: gli squali divoratori di medaglie parlano italiano. Incetta di meda-glie per la squadra azzurra di nuoto. Quattor-dici ori, otto argenti, sei bronzi che fanno vola-re l’Italia nel medagliere della manifestazione in Catalogna che terminerà il primo luglio. I primi sussulti sno arrivati dai 50 rana con Fa-bio Scozzoli, già d’oro nei 100, che concede il bis imponendosi in 27’’25. Il recordman ita-liano - 25 medaglie tra mondiali ed europei - si mette alle spalle il serbo Caba Siladi (27’’31) e lo sloveno Peter John Stevens (27’’32). Nel-la gara femminile la doppietta è firmata da Arianna Castiglioni e Martina Carraro, rispet-tivamente sul primo e secondo gradino del podio. La primatista italiana - tocca in 31’’07 record della manifestazione che abbassa di cinque centesimi il 31’’12 della cipriota Ana-stasia Chrystoforou del 2013; la 25enne ligure - tesserata per Fiamme Azzurre e NC Azzurra 91 e seguita dal Fabrizio Bastelli - conclude in 31’’33. Nei 200 dorso è spettacolo con Grego-rio Paltrinieri e Domenico Acerenza, dopo l’u-no due nei 1500 stile libero, si ripetono a ven-tiquattro ore di distanza nei 400. SuperGreg

Tanto belli sono le leggende quando si fan-no posto nella storia, quanto sono incredibi-li i record quando vengono infranti. Tortu e Mennea. Mennea e Tortu. Un record storico battuto e ricondotto comunque in casa Italia. Il ventenne Filippo Tortu ha battuto il record italiano dei 100 metri che, da 39 anni, appar-teneva a Pietro Mennea. Il ventenne sprin-ter delle Fiamme Gialle ha corso i 100 metri in 9.99 (vento +0.2) al meeting di Madrid, migliorando così il primato nazionale del-la ‘Freccia del Sud’ che resisteva da quasi 39 anni, 10.01 a Città del Messico realizzato il 4 settembre 1979. Tortu diventa il primo italia-no della storia a correre sui 100 metri sotto i 10 secondi. A Madrid lo ha battuto soltanto il cinese Su Bingtian, in 9.91. un’impresa che è anche una svolta nell’atletica italiana che

Pioggia di medaglie azzurre a Terragogna ai Giochi del Mediterraneo. Con il successo esplosivo nel nuoto, tanta soddisfazione an-che da altri sport. Quattro medaglie totali ar-rivano anche dai pesi con 2 ori, un argento e un bronzo: doppio oro per Jennifer Lombardo che nei 53 kg ha trionfato prima nello strappo, totalizzando 85 kg e poi nello slancio con 108 kg, superando la compagna Giorgia Russo, ar-gento. Doppietta dallo sci nautico: oro nello slalom maschile, grazie a Brando Caruso, me-daglia d’oro, davanti a Carlo Allais, argento. Oro anche dal tiro con l’arco con Lucilla Boari nella gara individuale femminile: 7-1 il pun-teggio finale contro la spagnola Monica Gali-steo Cruz. Due podi (un argento e un bronzo) dal tiro a segno: Martina Ziviani è seconda, Simon Weithaler terzo entrambi nella carabi-na. Argento nella scherma grazie a Valentina De Costanzo nel fioretto femminile. Amarezze e solo bronzo nel trio a volo. Ci si aspettava qualcosa in più da Jessica Rossi e dal porta-bandiera Giovanni Pellielo: la prima ha chiu-so al quarto posto, il piemontese ha portato a casa un bronzo. Infine, un bronzo dal karate

vola e vince in 3’46’’29 primato personale che demolisce il 3’48’’41 registrato nel 2014 a Ric-cione e proiettandosi al sesto posto tra i per-former italiani; il 23enne lucano - compagno d’allenamenti del campione olimpico, bimon-diale e trieuropeo dei 1500 - chiude in 3’47’’50 che vale la seconda prestazione personale di sempre (primato 3’46’’27). Sorprende Fede-rico Berlincioni d’argento nei 200 farfalla in 1’58’’01, preceduto solo dal serbo Velimir Stje-panovic (1’56’’93). Prosegue nel suo percorso di crescita Margherita Panziera che stacca la concorrenza e vince con il personale 2’08’’08 (1’03’’18), che cancella il 2’08’’99 siglato lo scorso 14 aprile agli Assoluti di Riccione, ad appena 5/100 del record italiano di Alessia Filippi (2’08’’03) in gommato. La 22enne di Montebelluna nuota la seconda miglior pre-stazione italiana in tessuto, dietro al 2’08’’05 di Federica Pellegrini del 2013, conferman-dosi al terzo posto tra le performer tricolori e conquistando il secondo titolo ai Giochi del Mediterraneo dopo quello nei 100 dorso. Tra i maschi vittoria del romano Christopher Cic-carese in 1’58’’79.

finalmente vede il fiorire di una generazione di sportivi che puntano alto. In molti si sono complimentati con il giovane Tortu. Livio Ber-ruti, l’indimenticabile campione olimpico dei 200 metri ai Giochi di Roma ‘60, oggi 79enne, è felice per l’exploit di Filippo Tortu. Il fresco primatista italiano dei 100 metri con 9’’99, non si accontenta e, forte della terza presta-zione stagionale tra gli sprinter continentali, non si pone limiti per gli Europei che si svol-geranno a Berlino dal 7 al 12 agosto. Mennea intanto tifa da lassù.

grazie a Michele Martina nel kumite E’ arri-vato il 20° oro della spedizione azzurra nel concorso a squadre della ginnastica artistica. Team event vinto dopo un sabato un po’ così e alla fine le azzurre Lara Mori, Giada Griset-ti, Martina Basile, Francesca Noemi Linari e Caterina Cereghetti hanno chiuso con 155.250 punti, battendo la Francia (154.400) e la Spa-gna (151.550).

di Deborah Villarboito

di Deborah Villarboito

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Intervista

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