n°X 26/04/2018 ilC OSMO · cibo a casa, il take away, il sushi o l’indiano. Ma oggi, secondo...

22
L’Editoriale Vegan e Bio le nuove “mode”, crescono i celiaci: 5mila in più rispetto al 2015. Integratori alimentari in forte crescita: ne consumiamo il 20% sui 12miliardi complessivi Sul vino il 91% della popolazione sceglie il made in Italy; in 13 milioni ordiniamo a domicilio. E in Tv si parla solo di cucina Quando noi italiani ci sediamo a tavola, non sia- mo più quelli di una volta che vogliono primo, secondo con contorno, frutta, dolce e caffè. Son cambiati i tempi, è arrivata la cucina etnica, il cibo a casa, il take away, il sushi o l’indiano. Ma oggi, secondo Coldiretti, c’è anche maggiore at- tenzione alla cucina sana, potremmo dire di una volta, possibilmente a chilometro zero. un universo di notizie SMO C il O www.il-cosmo.com moci chiaro, il bullo della classe è sempre esistito, ben prima dell’e- voluzione tecnologica portata dal- lo smartphone; il tutto, però, con una piccola postilla dal duplice nome: preside e genitori. La figura del preside anni fa era quasi mito- logica: se finivi dal dirigente scola- stico allora la tua carriera studen- tesca poteva definirsi seriamente a rischio. Come se non bastasse, poi, ci pensavano mamma e papà a farti rimpiangere di aver fatto il fenomeno in aula: due sganassoni e niente uscite per l’intero arco del mese. Oggi non solo i genitori spes- so non intervengono, ma quando lo fanno scelgono di prendere le difese dei figli perché, in fondo, si sa “sono solo ragazzi”. Il preside, invece, ha spesso le mani legate e all’adolescente ricorda al massimo lo Skinner dei Simpson. E pensare che, negli anni Cinquanta, i mae- stri tiravano le stecche sulle dita e gli indisciplinati finivano dietro la lavagna… Succede che per sdoganare il bullismo debbano intervenire i mass-media. E debbano farlo pesantemente con uno scambio televisione/quotidiani più ser- rato persino degli scontri Nadal- Federer dei tempi migliori. Un tema caro al nostro giornale, il bullismo, e in merito al quale ab- biamo dedicato ampio spazio sul numero dello scorso 5 aprile. Un ragazzino fa il figo per farsi vede- re dalla classe e ridicolizza il prof che rimane attonito davanti alla cattedra; scene di ordinaria follia non fosse per quel telefonino che riprende tutto e lo butta su Face- book. Il video, in pochi istanti di- venta virale e cattura l’attenzione dei giornalisti. Il gioco è fatto: in meno di 24 ore la notizia com- pare dappertutto, troppa ghiotta l’occasione per fare dei click facili e alzare il livello dell’audience so- ciale. E la gente si accorge che esi- ste il bullismo. Ma è appropriato utilizzare questo termine per il caso appena descritto? Fino ad alcuni anni fa avremmo parlato semplicemente di maleducazio- ne e di un rispetto per l’autorità che non esiste più. Perché, parlia- Rubrica Quando risolvere a Tarallucci e Vino è una buona idea di Alessandro Pignatelli pag.13 L’intervista AssoVegan: vent’anni di un nuovo stile di vita di Deborah Villarboito pag. 8 Eventi Film, mostre ed eventi da non perdere! continua 2 Michela Trada n°X 26/04/2018 In fase di registrazione presso il tribunale di Vercelli Editore: il Cosmo SRL via degli Oldoni 14, Vercelli. Direttore responsabile: Michela Trada www.cooperativacolibri.com visita il sito: Assistenza domiciliare e casa famiglia per anziani autosufficienti L’Italia nel piatto: sì alla tradizione, ma piace anche l’etnico Salute & Benessere Il nutrizionista rivela: “Eliminare i carboidrati è sbagliato” di Sabrina Falanga pag.14 Intervista Balgisi, lo chef che cerca la stella Michelin ascoltando Ludovico Einaudi di Sabrina Falanga pag. 4 Sport Michele Spreghini, il personal trainer dell’immagine sana di Deborah Villarboito pag. 19 Musica La chitarra di David Russell si prepara ad incantare Stresa di Michela Trada pag.18 Diario di bordo Alla scoperta dell’Anello d’Oro Di Samantha Betti pag.10/11 Il bullismo senza autorità

Transcript of n°X 26/04/2018 ilC OSMO · cibo a casa, il take away, il sushi o l’indiano. Ma oggi, secondo...

L’Editoriale

Vegan e Bio le nuove “mode”, crescono i celiaci: 5mila in più rispetto al 2015. Integratori alimentari in forte crescita: ne consumiamo il 20% sui 12miliardi complessivi

Sul vino il 91% della popolazione sceglie il made in Italy; in 13 milioni ordiniamo a domicilio. E in Tv si parla solo di cucina

Quando noi italiani ci sediamo a tavola, non sia-mo più quelli di una volta che vogliono primo, secondo con contorno, frutta, dolce e caffè. Son cambiati i tempi, è arrivata la cucina etnica, il cibo a casa, il take away, il sushi o l’indiano. Ma oggi, secondo Coldiretti, c’è anche maggiore at-tenzione alla cucina sana, potremmo dire di una volta, possibilmente a chilometro zero.

un universo di notizieSMOCil O

www.il-cosmo.com

moci chiaro, il bullo della classe è sempre esistito, ben prima dell’e-voluzione tecnologica portata dal-lo smartphone; il tutto, però, con una piccola postilla dal duplice nome: preside e genitori. La figura del preside anni fa era quasi mito-logica: se finivi dal dirigente scola-stico allora la tua carriera studen-tesca poteva definirsi seriamente a rischio. Come se non bastasse, poi, ci pensavano mamma e papà a farti rimpiangere di aver fatto il fenomeno in aula: due sganassoni e niente uscite per l’intero arco del mese. Oggi non solo i genitori spes-so non intervengono, ma quando lo fanno scelgono di prendere le difese dei figli perché, in fondo, si sa “sono solo ragazzi”. Il preside, invece, ha spesso le mani legate e all’adolescente ricorda al massimo lo Skinner dei Simpson. E pensare che, negli anni Cinquanta, i mae-stri tiravano le stecche sulle dita e gli indisciplinati finivano dietro la lavagna…

Succede che per sdoganare il bullismo debbano intervenire i mass-media. E debbano farlo pesantemente con uno scambio televisione/quotidiani più ser-rato persino degli scontri Nadal-Federer dei tempi migliori. Un tema caro al nostro giornale, il bullismo, e in merito al quale ab-biamo dedicato ampio spazio sul numero dello scorso 5 aprile. Un ragazzino fa il figo per farsi vede-re dalla classe e ridicolizza il prof che rimane attonito davanti alla cattedra; scene di ordinaria follia non fosse per quel telefonino che riprende tutto e lo butta su Face-book. Il video, in pochi istanti di-venta virale e cattura l’attenzione dei giornalisti. Il gioco è fatto: in meno di 24 ore la notizia com-pare dappertutto, troppa ghiotta l’occasione per fare dei click facili e alzare il livello dell’audience so-ciale. E la gente si accorge che esi-ste il bullismo. Ma è appropriato utilizzare questo termine per il caso appena descritto? Fino ad alcuni anni fa avremmo parlato semplicemente di maleducazio-ne e di un rispetto per l’autorità che non esiste più. Perché, parlia-

RubricaQuando risolvere

a Tarallucci e Vino è una buona idea

di Alessandro Pignatelli pag.13

L’intervistaAssoVegan:

vent’anni di un nuovo stile di vita

di Deborah Villarboito pag. 8

EventiFilm, mostre ed eventi danon perdere!

continua 2

Michela Trada

n°X 26/04/2018

In fase di registrazione presso il tribunale di VercelliEditore: il Cosmo SRL via degli Oldoni 14, Vercelli. Direttore responsabile: Michela Trada

www.cooperativacolibri.comvisita il sito:

Casa famiglia Colibrì

Casa famiglia Colibrì è un progetto che permette la convivenza e l’assistenza di piccoli gruppi di persone anziane (5/6 persone) in appartamenti adibiti su misura per le loro esigenze, con una formula assistenziale che permette loro un agevole soggiorno e tutto il supporto che necessitano nel loro quotidiano.

Assistenza domiciliare e casa famiglia per anziani autosufficienti

chiama 334.221.4608scrivi [email protected]

visita www.cooperativacolibri.com

L’Italia nel piatto: sì alla tradizione, ma piace anche l’etnico

Salute & BenessereIl nutrizionista rivela: “Eliminare i carboidrati è sbagliato”

di Sabrina Falanga pag.14

IntervistaBalgisi, lo chef che cerca la stella Michelin ascoltando Ludovico Einaudi

di Sabrina Falanga pag. 4

SportMichele Spreghini,il personal trainer dell’immagine sana

di Deborah Villarboito pag. 19

MusicaLa chitarra di David Russell si prepara

ad incantare Stresa

di Michela Trada pag.18

Diario di bordo

Alla scoperta dell’Anello d’Oro

Di Samantha Betti pag.10/11

Il bullismo senza autorità

pagina 2

Secondo un’inchiesta del Censis, l’82,5% dei nostri connazionali dà molta o abbastanza importanza al fatto che i prodotti alimentari che acquistano riflettano le proprie convinzioni etiche, sociali e am-bientali. Solo il 3,7% non tiene in considerazione criteri ecosolidali. Sono le donne quelle più scrupo-lose. Siamo diventati un popolo incline a evitare gli sprechi (forse perché reduci dalla crisi economi-ca). Il 45% regolarmente, il 47% di tanto in tanto riutilizza alimen-tati cucinati nei giorni precedenti per fare frittate di pasta piuttosto che polpettoni. Appena il 7% non riutilizza mai ciò che hai cucinato nei giorni precedenti. Il 37% non butta mai cibo scaduto, il 55% lo fa solo qualche volta. Il 7,7% butta il cibo in eccesso, scaduto. Ancora: il 94% degli italiani guarda l’etichet-tatura del prodotto (se è completa e trasparenza). Il 77% paga qual-cosa in più se gli ingredienti sono made in Italy. Il 74% se i prodotti sono lavorati stabilmente in Italia.Il patriottismo diventa quasi fa-natismo quando si parla di vino: il

91% sceglie il vino proprio in base all’italianità. Amante della tradi-zioni, dunque, ma anche ormai capace di scegliere etnico. Questo è l’italiano del 2018. Secondo lo studio Demos, per la Fondazione Barilla Center for Food ad Nutri-tion, facciamo ancora un po’ fati-ca a non scegliere il cibo italiano. Considerando Germania, Francia, Italia e Spagna, su 321 miliardi di euro di valore del mercato alimen-tare, per la cucina etnica si spen-dono 3 miliardi di euro.Il 50% degli italiani è convinto che, da qui a 10 anni, il cambia-mento culturale sarà ancora più visibile di oggi. E dunque anche quello alimentare. Lo pensano in particolare gli over 65 (61,4% del-la fascia d’età presa in esame) e le donne (60,5%). I giovani paiono percepire meno il cambiamento: 38,5% nella fascia d’età 15 – 24 anni. Forse perché questi ultimi sono nati a cambiamento già in atto e dunque non lo percepisco-no in questo modo. E la conferma arriva dalle abitudini alimentari: sono i più giovani a consumare

maggiormente cibo etnico, che sia sushi o cibo cinese, o indiano. Tre su quattro dichiarano di andare in ristoranti etnici.A contribuire alla rivoluzione cu-linaria saranno i cambiamen-ti climatici (79,6%), i prezzi delle materie prime (78,2%), o social media (70,4%), le migrazioni e i contatti con altre culture sono al penultimo posto con il 65,6%. Per il 69,8% aumenterà in consumo di cibi biologici, per il 63,2% di cibi funzionali (senza glutine, senza lattosio), di cibi etnici al 47,4%. Gli insetti si fermano al 25,2%. Dai 34 anni in su, però, si predilige ancora il tricolore nel piatto. I motivi? Ci sente più a proprio agio, ci si sente più sicuri. Il 50% di queste perso-ne non va mai in un ristorante et-nico, non compra cibo da asporto etnico e non lo cucina. Il 41,8% e il 41,2% citano soltanto la cucina cinese e giapponese come etnica.

di Alessandro Pignatelli

di Alessandro Pignatelli

Attualità

Sono 4,1 milioni gli italiani che ordinano re-golarmente cibo a domicilio, 8,8 milioni quel-li che lo fanno qualche volta. Il totale sfiora i 13 milioni, secondo l’indagine di Coldiretti, realizzata insieme al Censis. Dati ancora più sorprendenti arrivano dalla società di ricer-che di mercato Dealroom, che già un anno fa parlava di un italiano su due (30 milioni di persone) tra chi usa il telefono, chi internet, chi utilizza le app per smartphone, rivolgen-dosi dunque a Foodora e Just Eat.In Europa, siamo dunque al quinto posto. Ci precedono la Germania (56 milioni), la Gran Bretagna (46), la Russia (43) e la Francia (33). Gli svizzeri fanno più o meno come noi: quat-tro miloni preferiscono farsi portare il cibo a casa, su 8 milioni totali di abitanti. L’Italia, però, è in fondo alla classifica per quanto ri-guarda gli ordini online (solo il 5,3% del tota-

le, appena 200 milioni di valore su un totale di 2,5 miliardi). Tutti gli istituti di statistica pre-vedono un aumento forte di questo mercato. Just Eat ha pubblicato un’indagine sulle città italiane: si prevede una crescita del 52% a Mi-lano. Molti sono convinti che i droni e i mezzi a guida autonoma diventeranno la vera alter-nativa ai fattorini in bicicletta. Non dimenti-chiamo che tra le aziende che fanno questo servizio, in Italia, è entrata anche Amazon con Amazon Restaurant. Statista, sito di ri-cerche, prevede che nel 2002 gli utenti di tut-to il pianeta che, standosene comodamente seduti sul divano, si vedranno recapitare cibo a casa, saranno un miliardo. Un traguardo particolarmente importante. Ecco perché, ol-tre alle società di cui abbiamo già parlato, il mercato del cibo a domicilio vede sempre di più attrezzarsi pure le aziende locali.

Cibo a domicilio: più di 13 milioni di italiani contagiati

E tu cosa mangi? clicca per vedere la video intervista

di Sara Brasachio

pagina 3

Gusto, Incontro, Energia, Diversità, Nutrizio-ne, Risorsa, Gioco: sette parole chiave per in-terpretare il cibo attraverso una nuova conce-zione, nell’anno del cibo italiano nel mondo e nel solco degli Obiettivi per lo Sviluppo Soste-nibile lanciati dalle Nazioni Unite nell’anno di Expo. Gira intorno a queste 7 Virtù del Cibo il nuovo progetto di Milano Food City 2018, che ha riunito attorno alla stessa visione, Comune di Milano, Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi, Coldiretti Lombardia, Confcommercio Milano Lodi Monza e Brian-za, Fiera Milano, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e Fondazione Umberto Veronesi: una settimana di incontri, dibattiti, talk, spet-tacoli, performance dal vivo, esperienze cul-tural-gastronomiche e visite di luoghi chiave del territorio milanese, con oltre 200 incontri aperti a tutti dal 7 al 13 maggio a Milano.Promosso dal Comune di Milano e inserito nel palinsesto Yes Milano, Milano Food City 2018 è una festa del cibo a 360°. “Più siamo, più do-niamo”, il progetto di solidarietà che porta in giro per Milano delle speciali bilance in luoghi simbolo della lotta allo spreco alimentare, da Piazza Castello al Gratosoglio passando per Via Mercanti e alcuni punti della grande di-stribuzione organizzata: per ogni persona che vorrà pesarsi, sarà donato l’equivalente del peso in derrate alimentari a soggetti bisogno-si, attraverso l’impegno di Banco Alimentare, Caritas e Pane Quotidiano.Insieme a Coldiretti Lombardia in piazza Ca-stello i consumatori potranno trovare il me-glio della produzione agroalimentare Made in Italy nel farmers’ market di Campagna Ami-ca, scoprire le ricette della tradizione conta-dina con gli agrichef degli agriturismi lom-bardi ed imparare a conoscere i segreti della vita in campagna con i laboratori delle fattorie didattiche. L’11, 12 e 13 maggio sarà presente con stand in Piazza Castello anche la Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi, nell’ambito dell’iniziativa Latte Days, proget-to che rientra all’interno del “Programma lat-te nelle scuole” promosso dal Ministero del-le Politiche agricole alimentari e forestali, da Unioncamere, e finanziato dall’Unione Euro-pea. L’iniziativa nel suo complesso prevede a Milano il coinvolgimento di oltre 50 scuole a Milano con oltre 500 classi e circa 15 mila bambini. Palazzo Turati ospiterà la mattina dell’11 maggio la festa conclusiva del percorso di educazione alimentare promosso da Coldi-retti in varie scuole delle province di Milano e Monza Brianza, alla presenza di circa 300 bambini, ai quali verranno distribuiti latte e latticini.Con Confcommercio Milano apre le porte al pubblico Palazzo Bovara (corso Venezia 51) con “Coffee & the City” e “Gusto&Socialità, show cooking ed eventi”: con Altoga e Art tut-ti i giorni colazioni del buongiorno con i ma-estri del caffè, showcooking e aperitivi serali, approfondimenti sulla buona alimentazione oltre agli showcooking degli studenti del Ca-pac su riso e pizza gourmet e la distribuzione automatica di bevande calde di Confida. Dif-fusione della foody bag “Le 7 virtù del cibo” (grazie a Edenred e Re-Box). Al Casello Ovest di Porta Venezia, sede delle Associazioni del coordinamento della Filiera Agroalimentare di Confcommercio Milano, iniziative su temi legati al valore della frutta e della verdura, della carne, delle tisane, del pane e del gelato con “Il gioco delle essenze, degli aromi e delle spezie”, ma anche WineMi con le sue Master-class sul vino. E nei mercati Morsenchio, piaz-za Ferrara e piazza Wagner aperture straordi-narie tra degustazioni, giornata del risparmio,

incontri, happy hour, showcooking.Non mancheranno i percorsi guidati organiz-zati con Gitec, l’Associazione delle guide turi-stiche aderente alla Confcommercio milanese. E dal 7 al 13 maggio, dalle ore 10 alle 21, ai Giardini Indro Montanelli ci sarà - con Apeca (l’Associazione ambulanti di Confcommercio Milano) – il villaggio “Lo Street Food Made in Italy”, viaggio attraverso il cibo d’eccellenza di strada italiano spiegato e raccontato dai pro-tagonisti di questo itinerario “on the road”.Nella settimana di Milano Food City, Fierami-lano/TUTTOFOOD, il cui headquarter sarà a Palazzo Giureconsulti in via Mercanti, orga-nizza convegni, incontri, festival e momenti dedicati a tutta la citta. The Mall in Porta Nuo-va sarà quartier generale della nona edizione di Taste of Milano: 12 chef con le loro cucine si sfidano ai fornelli per conquistare i palati dei visitatori attraverso 4 piatti, in formato degustazione, che uniranno memoria e inno-vazione per un menù tutto da scoprire. In più aperitivi gourmet accompagnati da musica ri-cercata nelle più belle terrazze milanesi grazie all’evento Sky&Jazz, ricette dello street food in

Piazza XXV Aprile con l’iniziativa Food&Joy; attesissima poi la Festa del Bio, un vero villag-gio biologico, dedicato ad incontri formativi e attività di talk show,. Promosso da FEDER-BIO. Per il B2B l’8 maggio sarà la giornata clou. All’interno di Seeds&Chips – The Global Food Innovation Summit, infatti, in una sala allestita ad hoc, TUTTOFOOD organizza la se-conda edizione della sua Retail Plaza, l’arena dedicata alla GDO innovativa che si ripropo-ne in una formula più articolata, dando voce ai retailer, alle aziende ed ai consumatori, con il data partner Nielsen, e i partner della GDO Carrefour, Coop Lombardia, Gruppo Végé e Unes con Il Viaggiator Goloso.Tante altre attività, con laboratori, masterclass e showcooking condotte da esperti del settore saranno quelle organizzare in collaborazione con i partner di TUTTOFOOD, come Salu-miAMO, Cheeseforpeople award e All’ombra della Madonnina.Contemporaneamente, gli studenti delle scuo-le primarie e secondarie con le loro famiglie diventano i protagonisti delle iniziative educa-tive a cura di Fondazione Umberto Veronesi: attività ludiche, laboratori e incontri finaliz-zati a promuovere una corretta informazione scientifica e fare prevenzione primaria. In par-ticolare la mostra ‘Io Vivo Sano alimentazione e DNA’, allestita a Palazzo Giureconsulti, per-metterà di esplorare la relazione tra ciò che mangiamo e il nostro DNA influenzando posi-tivamente la nostra salute. Con il Divulgatore Scientifico Marco Bianchi e la Biologa Nutri-zionista Elena Dogliotti si andrà poi a scopri-re come combinare gli ingredienti all’insegna di gusto e salute. Tra gli ospiti degli appunta-menti anche lo chef Davide Oldani. Fondazione Fiera Milano è attiva nel sostegno alla ricerca scientifica finanziando una borsa

di ricerca di Fondazione Umberto Veronesi, nell’ambito delle neuroscienze e in particolare dedicata allo studio e alla cura dell’Alzheimer. Food For All! Competenze e conoscenze per un cibo diverso è il palinsesto di appuntamen-ti della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli per raccontare la diversità del cibo, come ric-chezza da conoscere e risorsa di cittadinanza da preservare. Da lunedì 7 a sabato 12 maggio, in viale Pasubio 5, una settimana che preve-de laboratori didattici per bambini la matti-na, SolutionsLab quali momenti di confronto fra startup e imprese, esperti e policy maker nel pomeriggio, Talk aperti all’ampio pubbli-co, serate Cibo ad Arte in cui le arti perfor-mative interpretano le diverse dimensioni del cibo. Per tutta la settimana una mostra per i più piccoli sui valori della Carta di Milano dei bambini.In collaborazione con la Fondazione Giangia-como Feltrinelli, torna poi il Tavolo Giovani della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi: giovani idee di business a con-fronto con policy maker ed esperti per imma-ginare gli sviluppi futuri del settore food, in

un’ottica di innovazione, sostenibilità e pro-mozione territoriale. Tre gli incontri previsti: 9 maggio - Competenze, strumenti e soluzioni per connettere cibo e salute; 10 maggio - In-novazione tecnologica e sociale nella filiera del food; 11 maggio - Il valore culturale del cibo tra patrimoni territoriali e paesaggi uma-ni; tutti a partire dalle ore 15 presso la sede di Fondazione G. Feltrinelli in Viale Pasubio 5 a Milano.Anche le start up protagoniste di Milano Food City. Dopo il successo di Start Up Design du-rante il Salone del Mobile 2018, la Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi, per valorizzare il ruolo di Milano quale polo di attrazione di giovani imprese di eccellenza nel settore food e nell’ambito di una più genera-le attività di posizionamento della città come hub di riferimento per le start up, ha promos-so una call dedicata alle start up del food che porterà alle selezione di 10 start up che avran-no l’opportunità di esporre e vendere i propri prodotti a Palazzo Giureconsulti dal 7 al 13 maggio.Una piattaforma integrata con tutto il palinse-sto di iniziative di Milano Food City in grado di far emergere l’offerta turistica correlata a ogni evento in una logica around me: dall’accomo-dation alla ristorazione, dai percorsi turistici all’offerta legata all’arte, cultura e intratte-nimento. E’ questa la logica che guida il sito ufficiale di Milano Food City: www.milanofo-odcity.it, messo a disposizione dalla Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi, in sinergia con Explora.

Redazione il Cosmo

Milano Capitale del Gusto con Food City 2018 in scena dal 7 al 13 maggio Attualità

Intervista

Attualità

pagina 4

«Davanti al mare la felicità è una cosa semplice» scriveva l’autore francese Izzo. Impossibile dargli torto seduti a uno dei tavoli del Grand Hotel di Alassio che, situati a pochi passi dal mare, creano il connubio perfetto tra cibo e loca-tion. Un gazebo dai colori neutri, il design semplice di ciò che adorna la tavola: a farla da padrona è il minimal. Lo stesso concetto lo si ritrova nei piatti dell’Executive Chef Roberto Balgisi, dove il gusto diventa armonia e l’estetica diventa originale eleganza.Ascoltare Roberto che racconta i suoi piatti è come assiste-re alla recita di una romantica poesia: la cura dei dettagli, la qualità che rima con priorità. Il gioco di un artista con gli strumenti più preziosi che possiede: le sue mani. Mani guidate da un flusso che parte dal cuore e arriva alla testa: un impulso di passione, studiato poi nei minimi particolari.Classe 1973, Balgisi nasce a Varese: lo chef, invece, nasce per caso. Come ogni cosa che si dimostra poi essere desti-no. «Da ragazzo non sapevo quale senso avrei voluto dare al mio futuro e le mie idee erano molto confuse. Seppi che stavano offrendo lavoro in una cucina e mi proposi. Iniziò così la mia vita tra fornelli, batoste e sacrifici. Solo chi ha una grande passione può resistere ai colpi inferti da deter-minati ritmi, da richieste sempre più ardue da soddisfare».Sceglie quindi di frequentare l’Istituto alberghiero di Son-dalo (Sondrio), dopo il quale diventa commis di cucina a Erba (Como). La carriera di Roberto nel mondo della cuci-na inizia a crescere: dal Castello di Casiglio a Varese, dove lavora in un ristorante con una stella Michelin. La maggiore formazione la ottiene a Vercelli, in Piemonte, dove apre un ristorante di pesce e, successivamente, un secondo locale. Tutto questo prima di approdare nella cucina del Grand Hotel Alassio: difficile non lasciarsi incantare dalla favola che offre un albergo pentastellato, immerso nella zona più suggestiva della città ligure, la cui cucina diventa il dettaglio perfetto.Una passione, quando è tale, quando è profondamente ra-dicata nello spirito di un uomo, diventa il naturale prose-

C’è chi sostiene che cucinare sia un’arte. Cre-atività, passione, estro sarebbero gli ingre-dienti giusti secondo gli artisti della padella, i Michelangelo dell’antiaderente, gli avan-guardisti della pentola a pressione. Altri, so-prattutto cuochi professionisti, dicono che la cucina è questione di pura tecnica. Il bravo cuoco parte dalle sperimentazioni imman-giabili al primo anno di alberghiero per poi affinare le sue capacità rubando con gli oc-chi i trucchi degli chef già navigati, sbaglian-do e rifacendo senza sosta, costruendo negli anni il suo bagaglio di conoscenze. In questo eterno dibattito, probabilmente secondo per durata solo alla mai sopita diatriba fra natura e cultura nelle scienze sociali, si inserisce un terzo filone. Quello di chi la cucina non solo la odia, ma nemmeno la capisce. Per questa più o meno ampia porzione di esseri umani, la cucina non è arte né tecnica: è un’oscura alchimia che spesso sembra non rispettare le più banali leggi della fisica. C’è chi cucinando si rilassa. Un ossimoro incomprensibile per il suddetto gruppo, che di fronte a una padella sul fornello acceso ha l’impressione di essere seduto su una bomba atomica. La cucina, per loro, è imprevedibile. Non sanno mai come può evolvere la situazione, ma sono consape-voli della pressoché infinita pletora di varia-bili che possono farla degenerare. Già, per-ché la cucina, sventuratamente, non funziona proprio a “diagramma di flusso”. Non si parte da un punto definito per raggiungerne un al-tro altrettanto definito. La cucina, per chi non la padroneggia, è come una di quelle strade nella giungla da cui a ogni momento se ne di-ramano altre quattro o cinque. La situazione,

guimento dello stesso individuo: e dell’individualità di Bal-gisi c’è tanto nei piatti che prepara. È una cucina, la sua, che va provata per poter dire di averlo conosciuto. Gentilezza, cura, charme: quello che fa portare in tavola non è che lo specchio dello chef. E in un mondo che sulla cucina ha cre-ato un business, Balgisi difende fervidamente l’intimità di questo lavoro. E lo fa evitando di piegarsi alle cucine sem-pre più innovative, all’accozzaglia di ingredienti che danno vita a piatti nei quali delicatezza e piacere non sono previsti. Protegge le materie prime, è fautore del “preparato in casa” e non scende a compromessi economici: non esiste qualità scontata.Roberto rifiuta il mondo costruito ad hoc per trasformare la cucina in un set mediatico: per lui rimane un luogo dove l’artista dà vita alla sua anima in un transfert concreto tra la creatività e il cibo. Un transfert che a volte avviene in solitu-dine, in compagnia della musica di Ludovico Einaudi che fa da sottofondo alle creazioni istintive di Roberto.«Questo lavoro mi ha salvato. Ho passato periodi difficili nella mia vita, come tutti, sia come professionista sia a livel-lo personale. Ma la cucina – racconta lo chef – mi ha per-messo di rimettermi sempre in carreggiata anche quando mi sembrava di aver perso la rotta. Non solo: oggi mi sento un uomo profondamente cambiato, davvero maturato. Una persona migliore. Sicuramente più consapevole, sia di ciò che nella mia vita finalmente funziona e sia di ciò che era inevitabilmente sbagliato. Alla base di tutto questo c’è si-curamente il mio lavoro, grazie al quale non mi sono mai lasciato andare. La vita in cucina è dura, ti forma anche a livello caratteriale ed esperienziale: impari a gestire gli im-previsti, ad adattarti ai tempi. E, soprattutto, ti dà modo di ritrovare te stesso, se questa è la tua passione, la vita che hai scelto».I suoi piatti sono una totale e profonda esperienza senso-riale: un tour gastronomico tra l’estetica appena estrosa e sempre raffinata, il profumo della qualità, la consistenza calibrata a seconda dei vari alimenti. E il gusto: non un’e-

per gli “hater” della cucina, precipita quando mancano istruzioni precise. Il “qb” è capace di mandare in crisi ingegneri aerospaziali alle prese con la pasta al burro. Una nonna che dice «Vai a occhio» potrebbe provocare sincopi ri-petute con rovinose cadute di faccia dentro la padella degli hamburger. Pensare di non usa-re il timer è pura fantascienza. Quando poi si trovano di fronte all’errore compiuto, con un mucchietto di cibo non meglio identificato dall’aspetto losco nel piatto, parte la fase della ricostruzione. CSI schifezza edition. «Cosa è andato storto?». Ormai chi cucina male non se lo chiede neanche più. Sa che qualcosa nel processo alchemico non è andato secondo i piani e tanto basta. Di solito sono gli altri a chiederglielo e a ipotizzare fantasiose spiega-zioni per giustificare quel piccolo orrore cu-linario. «Deve essere perché non hai stempe-rato il sugo nel modo corretto». Cosa diavolo significa “stemperare”? «Il risotto va man-tecato prima di servirlo». L’artefice del piat-to magari è anche diplomato al classico, ma

splosione di sapori ma un lento scioglimento di piaceri, in grado di farti assaporare ogni singolo elemento portato al palato.Del salmone affumicato in un binomio delicato con una mostarda di mele e ananas, una tartare di ombrina dalla marinatura orientale, un hamburger preparato in casa il cui profumo di griglia è inebriante quasi più del gusto. Il tutto annaffiato da un calice di vino dalla temperatura perfetta. E, per concludere, la freschezza un frozen che si dissolve in bocca accompagnato da croccanti lamponi disidratati e fatti mantecare nel burro di cacao. È uno dei pranzi dello chef Balgisi. Che, assaporato in riva al mare, non può che darti la sensazione di essere nell’unico posto al mondo in cui si può desiderare di stare.

“mantecare” non sa proprio dove stia di casa. Il poveretto finirà presumibilmente a farsi un pacchetto di pop corn al microonde, da sgra-nocchiare sul divano davanti a Masterchef Ju-nior chiedendosi insistentemente perché lui a quell’età stesse davanti a Crash Bandicoot e non a giocare con il cremor tartaro. Forse, si dice in una di quelle sessioni di fantasie sul passato che prima o poi colgono tutti, oggi sarebbe stato diverso. Ma l’alchimista della pasta col tonno può sempre consolarsi con la mai sufficientemente celebrata legge del “mal comune mezzo gaudio”. In televisione c’è Masterchef, ma su Facebook c’è il gruppo “cucinaremale”. E una risata seppellirà anche i piatti riusciti peggio.

Balgisi, lo chef che cerca la stella Michelin ascoltando Ludovico Einaudi

Cucinaremale: su Facebook la risposta semiseria a Masterchef per i disastri in cucina

di Sabrina Falanga

di Fabiana Bianchi

Attualità

Attualità

pagina 5

Crescono i vegani e i celiaci in Italia. È au-tentico boom per i prodotti bio (anche per l’obbligo dei sacchetti ai supermercati). Sono sempre di più quelli che consumano cibo ‘senza’: dunque prodotti integrali e vegetali, privi di zucchero, privi di uova, di latte. Lo dicono il Rapporto Eurispes e Nielsen. L’U-niversità di Siena, attraverso un’inchiesta del Laboratorio Analisi Politiche e Sociali, ha studiato le abitudini alimentari dei giovani (tra i 16 e i 35 anni). Il 66% ha dichiarato di dare importanza alla produzione biologica. Il 77% ha detto di essere favorevole a ridurre il consumo di carne se servisse a migliorare l’ambiente circostante. Aumentano anche i celiaci in Italia, ossia coloro che non possono mangiare prodotti a base di glutine. Secondo l’ultima Relazione annuale del ministero del-la Salute al Parlamento sulla celiachia relativa al 2016, è emerso che nel corso dell’anno ci sono state 15.569 nuove diagnosi, 5 mila in più rispetto al 2015. In Italia, risultano celiaci 198.427 persone (due terzi donne). Si stima che 408 mila nostri connazionali non sappia-no di essere malati. Le regioni con più dia-gnosi: Lombardia (+5.499), Lazio (+1.548), Emilia Romagna (+1.217). La Lombardia è anche la regione con più persone costrette a una rigida dieta gluten-free: 37.907. Poi ecco il Lazio (19.325) e la Campania (18.720).Come detto all’inizio, crescono anche i ve-gani, ossia gli oltranzisti della tavola. In un anno, secondo il Rapporto Eurispes 2017, si sono triplicate. Nel 2016 erano meno dell’1%, adesso il 3%. Dato confermato dal rapporto Vegan Italia 2017, dell’Osservatorio Veganok. Il 7,6% degli italiani segue una dieta vegeta-

Fino a qualche anno fa erano pochi e ben co-nosciuti. Avevano il loro orario di programma-zione, che in genere era verso il pranzo, e il tar-get di riferimento era formato da un pubblico per lo più femminile, casalingo e desideroso di imparare nuove ricette o nuove tecniche di la-voro. Oggi i programmi televisivi sulla cucina spopolano e anche il pubblico a cui si rivolgono è completamente diverso, sia in termini di stili di vita sia per quanto riguarda le aspettative dei telespettatori stessi.Uno dei format più amati è stato – e, per alcune fasce di popolazione, lo è ancora – ‘La Prova del Cuoco’, condotto da Antonella Clerici, seguito da ‘Cotto e Mangiato’ che ha dato popolarità alla giornalista Benedetta Parodi, da cui è nato sia il seguito ‘I menù di Benedetta’ sia una collana di libri di ricette. Come da regola, in comune han-no di essere programmi andati in onda sempre all’ora di pranzo, anche se già tra i due si sono iniziate a percepire le prime sottili differenze: mentre la Clerici faceva breccia nel cuore delle casalinghe che a ora di pranzo sintonizzavano i loro canali sulla Rai per seguire la preparazione di queste ricette che durano a volte fino a un’ora, la Parodi cominciava a essere seguita non solo in TV ma anche sul Web, su YouTube in parti-colare, grazie alla scelta di voler preparare piatti dalle ricette facili e veloci. Dettaglio, questo, che le ha permesso di avere anche un pubblico di-verso dalla Clerici, composto anche da giovani

desiderosi di imparare qualche nuova ricetta e da lavoratrici che, rientrate a casa la sera, vole-vano una soluzione alla mancanza di tempo per cucinare ma non a quella di un buon piatto.Cucinare tra i fornelli della propria casa, quin-di: questo il diktat che unisce i due programmi sopracitati. Sono diverse, invece, le motivazioni che spingono un’altra fascia di pubblico a segui-re programmi di cucina diversi, come gli ormai famosissimi MasterChef, ed Hell’s Kitchen: è la voglia di emergere, di trovare nella propria pas-sione per la cucina – che, comunque, è un pun-to fermo – un canale di successo, di lavoro. Un viaggio quindi: dalla Parodi che insegna a rag-giungere la massima resa con il minimo sforzo tra i fornelli della propria cucina, a Cracco che tra i banchi di MasterChef insegna non solo a preparare alla perfezione piatti elaborati ma an-che quali sono le regole per riuscire a diventare un vero chef tra i fuochi di ristoranti, locali, al-berghi stellati e crociere.Non solo: a differenza de ‘La Prova del Cuoco’, programmi come Hell’s Kitchen si possono de-finire dei veri e propri reality in cui il telespet-tatore è portato a fare il tifo per un concorrente piuttosto che per l’altro, ad ‘affezionarsi’ ai par-tecipanti e seguire, così, tutte le puntate seguenti con l’ansia di un vero e proprio appuntamento fisso. Cosa che con la Clerici o la Parodi non può accadere, dato che sono puntate con un ini-zio e una fine nella stessa.

E ancora. Dalla casalinga al ragazzo che vuole diventare executive chef fino a una terza catego-ria di spettatori: i viaggiatori. Questi ultimi sono infatti il pubblico perfetto per programmi come ‘Quattro Ristoranti’ di Alessandro Borghese o ‘Cucine da Incubo’ e ‘Ci Pensa Antonino’ con Canavacciuolo: da qui, infatti, arrivano dei veri e propri indiretti consigli su locali da conoscere, tradizioni enogastronomiche da provare, risto-ranti in cui andare (o non andare...) in base alle varie zone d’Italia.Infine, tutti quei programmi di cucina che con-tinuano a collezionare fan anche su altre reti te-levisive: da ‘Cuochi e Fiamme’ con Simone Ru-giati a Top Chef Italia, fino ai programmi sì di cucina ma dedicati ai dolci come ‘Bake Off Ita-lia’ e ‘Iginio Massari Sweetman’.

Insomma: ce n’è per tutti i gusti.

riana o vegana, di cui il 4,6% appartiene alla prima categoria (-2,5% in un anno). Un mi-lione e ottocentomila sono invece i vegani. Secondo Veganok, i dati sono leggermente inferiori: gli italiani con alimentazione 100% vegetale sarebbero il 2,6%, il 59% donne.Questi dati vengono confermati dalle vendi-te di carne: nei primi 10 mesi del 2016, si è registrato un calo dei consumi del 5,8% per carni rosse e suine, del 5,3% per i salumi, del 3,2% per i prodotti caseari. Aumento per latti vegetali (+19%), zuppe (37%), piatti pronti, condimenti, sale e sostituti dei secondi piatti (+21,7%).Dobbiamo ancora parlare delle altre allergie in Italia. Nel 2016, dati Istat, erano il 10,7% della popolazione, il dato più alto dal 2009 a oggi. Il Nordovest è la zona dove ci sono più allergici (11,7%), il Sud quella con meno casi (9,7%). Le tre regioni con le minori percen-tuali sono Campania, Molise e Sicilia; in testa alla classifica troviamo Valle d’Aosta, Lom-bardia e Abruzzo. Più femmine che maschi (11,6% contro 9,7%).I giovani fino ai 14 anni e gli ultra 75enni sono quelli meno allergici (il 6,8% dei giovanissi-mi, l’8,6% degli anziani). La fascia d’età con più casi è quella tra i 20 e i 24 anni (14,5%). Chi soffre meno di allergie è chi si è ritira-to dal lavoro (8,2%) e chi è in cerca di prima occupazione (10%). Chi occupa posizioni di-rettive, di quadro o impiegato è al 14,6%, il 13,6% è studente.Ma di quali allergie soffrono gli italiani? Qui ci rifacciamo ai dati del ministero della Salute e della Nielsen. Su 1.800.000 di allergici ali-mentari, 305 mila sarebbero allergici al latte,

600 mila al glutine. Per le intolleranze, inve-ce, siamo a 1.100.000 al lattosio e a 3 milioni al glutine. Resta ora da affrontare l’argomento prodotti bio. Bene, anche per questi, il 2017 è stato l’anno del boom, secondo Nomisma. In Italia vale 3,5 miliardi, +15% rispetto al 2016 e addirittura +153% sul 2008. La Grande Di-stribuzione ha visto crescere le vendite di prodotti biologici del 16,6% in un anno, con un giro d’affari da un miliardo e 451 milio-ni (dati Nielsen). In particolare: +14% negli ipermercati, +18% nei supermercati. E anco-ra: nel 2017, la spesa bio ha inciso per il 3,4% sugli acquisti alimentari, quota più che qua-drupla rispetto a 18 anni fa (0,7%).

Vegani, celiaci e prodotti bio: in Italia è boom

Cucina, che passione! In televisione i fornelli battono persino i telefilm

di Sabrina Falanga

di Alessandro Pignatelli

pagina 6

AttualitàLa gastroenterologa: “Più casi di gluten sensitivity, non di celiachia”“Non parlerei di più casi di celiachia, ma di gluten sensitivity”. Sgombra subito il campo da possibili fraintendimenti Eleonora Gae-tani, gastroenterologa inserita tra i migliori specialisti italiani, dirigente medico presso la divisione di Medicina Interna Gastroente-rologia del Policlinico Gemelli di Roma, ma anche docente di Gastroenterologia alla fa-coltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica. Nel suo curriculum, anche più di 50 articoli pubblicati su riviste scientifiche internazionali e il D1 Award from the Catho-lic University School of Medicine dal 2001 al 2011.Gluten Sensitivity significa essere in presenza di una condizione con sintomi in buona parte sovrapponibili a quelli della celiachia e della sindrome da colon irritabile in seguito all’as-sunzione di glutine. “La sintomatologia è si-mile, ma manca il corrispettivo organico di chi è celiaco” spiega ancora la dottoressa, che aggiunge: “Dobbiamo anche dire che in Oc-cidente, oggi, ci sono più diagnosi, maggiori controlli rispetto a un po’ di tempo fa”.Insomma, più casi sì, ma con i distinguo di cui sopra. Gaetani aggiunge una ‘stranezza’ forse non solo italiana: “Spesso sono i pazienti stes-si che pilotano la diagnostica strumentale. Arrivano da noi specialisti dopo aver fatto già la gastroscopia con biopsia, esami prescritti dai medici di famiglia. Addirittura, grazie a internet, si documentano da soli, quasi si fan-no l’autodiagnosi. Quando vengono da noi, hanno già fatto i test sulle intolleranze, il bre-ath test”. Qui, però, come si suol dire ‘casca l’asino’: “Nelle farmacie e in alcuni laboratori è come essere in una giungla. Alcuni test non hanno una validazione scientifica”. Insomma,

C’era una volta un tempo in cui le farmacie erano i luoghi deputati alla vendita dei prodotti per celiaci, ossia senza glutine. Poi, con la liberaliz-zazione, cibi di tutti i tipi hanno invaso pure le corsie dei supermercati e dei centri commerciali. Oggi c’è solo l’imbarazzo della scelta. Le farma-cie, però, restano punto di riferimento. Come quella di Otricoli, in pro-vincia di Terni, dove c’è la farmacia di proprietà di Marcello Genovesi.Proprio lui ci spiega com’è la situazione oggi: “A dire il vero, qui ho po-chi pazienti. Ma il motivo si spiega facilmente: nelle zone rurali si man-gia meglio, i cibi sono meno raffinati”. Di conseguenza, è più difficile che insorgano intolleranze o allergie di qualche tipo.Il meccanismo per un celiaco è semplice: “Da quando questa è stata riconosciuta ufficialmente come una malattia dal Servizio sanitario nazionale, chi ne soffre gode di una copertura di spesa mensile, con cui può acquistare in farmacia i prodotti che gli servono”. Il dottor Ge-novesi non critica comunque la liberalizzazione: “Credo che alla fine sia giusto venderli anche nella grande distribuzione, le multinazionali vendono anche nelle grandi catene”. E le multinazionali hanno ormai invaso questo settore, che prima era di nicchia. La celiachia è oggi una patologia conosciutissima: “Io penso che l’aumento di persone che ne soffrono dipenda proprio dagli alimenti più raffinati. Il nostro organi-smo è meno pronto alle aggressioni esterne. Poi, non dimentichiamo che la celiachia è spesso una malattia silente, quando ce ne accorgiamo l’intestino è già in forte crisi”.Una svolta potrebbe essere rappresentata a breve dalla pillola di Fa-sano, che potrebbe permettere anche a chi è intollerante al glutine di mangiare normalmente. Dal punto di vista della ricerca, siamo davvero all’ultimo preparato: si tratta di una pastiglia da assumere prima dei pasti, in grado di fermare l’effetto tossico del glutine. Ma prima di 2-3 anni difficilmente questo farmaco sarà in commercio. Certo, per tutte le grandi aziende che si sono buttate a capofitto nel business dei prodotti gluten-free questa potrebbe essere una mazzata. Ma dal punto di vista della medicina, potrebbe essere un traguardo assolutamente unico.

C’è chi arriva perché celiaco, ma anche chi entra perché allergico al lattosio o intollerante ad altri alimenti. ‘Il mondo senza glutine’ di Terni accoglie tutti, anche se i prodotti senza glutine sono quelli per cui è specializzato. Ce lo racconta la proprietaria Virginia Carpenelli, che da un anno gestisce il punto vendita: “Però, è cinque anni che è aperto. I prodotti che vanno per la maggiore? Sono pane, pasta e biscotti”. Chi viene qui, “già è consapevole di ciò che ha e di ciò che vuole. Però, è anche vero che qui viene pure chi non può mangiare prodotti a base di latte, persino chi è diabetico. Ho prodotti anche per loro, ma non specifici”. Insomma, forse un po’ di confusione c’è ancora. Del resto, oggi, le intolleranze e le allergie paiono essere di-ventate davvero una ‘moda’. “Ci sono sempre più persone. Ci sono i celiaci, naturalmente, ma anche gli intolleranti al glutine. Qui a Ter-ni, del resto, questo è l’unico negozio – insieme alle farmacie – che ha prodotti di questo tipo. E siamo convenzionati con l’Asl”. Dan-do un’occhiata agli scaffali, salta subito agli occhi che pure le grandi marche ormai hanno una serie di prodotti per celiaci: dalla Barilla a La Molisana. Naturalmente, c’è un’ampia scelta di prodotti surgelati (che le farmacie, naturalmente, non hanno). E ci sono pure novità per i più golosi: come i biscotti Grisbì. Virginia Carpenelli aggiunge: “Passano da qui pure coloro che non hanno intolleranza o allergia al glutine. Dicono che vogliono provare i prodotti, magari per una dieta più salutare. Io li avverto che una quantità limitata di prodotti senza glutine non fa male, ma che se escludono completamente questa so-stanza rischiano poi di diventare davvero intolleranti”. L’ultima cate-goria è rappresentata da chi dubita di avere la celiachia, ma non ne è certo. Anche loro si affacciano a questo nuovo mondo ‘senza glutine’. Ma pure in questo caso, il consiglio è fin troppo scontato: prima gli esami specialistici, poi la dieta. Affiancati comunque da gastroente-rologo e nutrizionista.

la buona regola è affidarsi agli specialisti: “Sul web, i pazienti si confrontano grazie a blog o forum”. Il che non è totalmente negativo, a patto di sentire comunque poi il medico e non agire da soli per curare malattie che magari non ci sono.“Invece, capita che alcuni inizino diete di au-toesclusione sulla base di pareri non scientifi-ci e medici. Le diete fatte in questo modo pos-sono peggiorare la situazione e portare anche a casi di malnutrizione”.Dalla celiachia al veganismo in quella che pare essere un’altra moda, ma come vedremo non è proprio così. “Partiamo dicendo che i nostri sistemi biologici sono in grado di dige-rire qualsiasi cosa. Il veganismo, a volte, è un estremismo. La prima cosa che capita, quan-do si cambia completamente regime alimen-tare, è il dimagrimento. Cambia la motilità intestinale. Le donne, spesso sono loro a vo-ler dimagrire, inizialmente sono contente dei risultati. Ma è sul lungo termine che possono esserci danni, carenze. Anni fa, una mia pa-ziente venne qui con disturbi neurologici. Era vegana da cinque anni. Scoprimmo che ave-va carenze vitaminiche, che avevano causato anche i disturbi di tipo neurologico. Abbiamo corretto la dieta senza modificare il regime alimentare che aveva scelto”. Dunque, ancora una volta, il fai-da-te non funziona: “Ma devo dire che c’è maggiore consapevolezza da parte di chi inizia una dieta rigida di qualsiasi tipo. Se seguiti adeguatamente da nutrizionisti o dietologi, i vegani possono mantenere il re-gime alimentare senza avere carenze di alcun tipo”. Servono, però, dei correttivi: “E si parla di integratori, in particolare per la vitamina B, i folati e alcuni aspetti proteici. In questo

modo, non è frequente la malnutrizione. Al-cune donne affrontano anche la gravidanza in questo modo. Diciamo che anche il vegani-smo si può fare, a patto di iniziare affiancati da persone competenti”.

Il consiglio finale di Eleonora Gaetani? “La dieta mediterranea, è ormai assodato, fa bene. Attenzione poi non tanto a cosa si mangia, ma a come. Spesso arrivano da noi persone con disturbi gastrointestinali causati da una cat-tiva masticazione. Ed è sufficiente modificare questo aspetto per guarire. Ma al giorno d’og-gi abbiamo abdicato anche alla classica mez-zora per la pausa pranzo. Oppure mangiamo solo un panino o un tramezzino, per non par-lare dei prodotti surgelati o già pronti. La re-gola che io do è questa: si può mangiare di tutto, escludendo latte e derivati, anche con disturbi dell’apparato gastrointestinale. Ma per stare bene, non dimenticate la regola del-le cinque porzioni di frutta e verdura (tre di verdura, due di frutta) al giorno, carboidra-ti e zuccheri non raffinati. Condimenti come l’olio d’oliva, frutta secca, legumi (meglio se passati). Qualche restrizione in più sulla car-ne rossa, che però non va esclusa”.

di Alessandro Pignatelli

Farmacia Genovesi: punto di riferimento per i celiaci

‘Il mondo senza glutine’: a Terni il negozio per i celiaci (e non solo)

A.P. A.P.

pagina 7

“Mangiare Biologico significa affidarsi a materie prime coltivate in modo naturale”

Il responsabile di Amoreterra: “Non è sinonimo di gusto, ma di rispetto dell’ambiente”Quando si sceglie di intervistare un attore del mondo del biologico, si pensa che si parlerà pret-tamente di cibo e “buon mangiare”.Ebbene no.L’intervista che vi proponiamo di seguito ci ha dato una bella lezione di vita, basata sul senso ci-vico di RISPETTO, verso la macchina perfetta di Madre Natura e verso noi stessi, in un’ottica di gratitudine verso l’intera esistenza che ci regala un piacevole, emozionato, sorriso.A parlare è Michele, perfetto self-made man, socio fondatore e Direttore Commerciale di Amoreter-ra (www.amoreterra.com), che opera sul mercato del bio da quasi 10 anni e che, chiedendo alle terre della sua filiera di dare i loro frutti senza forzatu-re, si adopera per offrire prodotti aderenti al pro-totipo 3B (BUONO, BELLO, BEN FATTO).Da quanto tempo sei nel mondo del bio?Sono entrato nel mondo del biologico, nel 2009, quando ho iniziato a reperire informazioni sul bio a 360 gradi. Ho girato numerose aziende agricole, ho incontrato contadini che coltivavano in bio da diversi anni, ho studiato il regolamento europeo che è il Reg. 834/2007 del 28 Giugno che sostitu-iva una regolamentazione risalente al 91. Ho ca-pito subito che il Bio era una cosa seria e molto articolata, quindi ci ho messo 3 anni di ricerca e sviluppo prima di uscire sul mercato con una linea alimentare biologica certificata.Quali sono i motivi di questa scelta?Credo che quando si parla di bio, come lo intendo io, non si tratti prettamente di una scelta, ma piut-tosto di una vocazione nel rispetto degli altri ed in questo caso il rispetto è rivolto alla nostra madre terra, all’ambiente che ci ospita, al pianeta tut-to ed agli esseri viventi che lo vivono. Questo è il senso del bio. La natura è una stupenda macchina perfetta che ci regala un ambiente di vita fatto di colori, profumi, suoni, sapori ed ha un suo equili-brio di funzionamento. Il rispetto naturale di que-sti equilibri può essere regolarizzato dal biologico in senso lato. Non saremmo qui a parlare di bio-logico come un settore o un regolamento nuovo se non avessimo negli anni cercato di mutare o compromettere l’equilibrio naturale con compor-tamenti che l’uomo ha assunto con la convinzione di migliorare la qualità della vita di se stesso, ma realmente ha peggiorato l’ambiente che lo circon-dava. Adesso credo sia arrivato il momento in cui bisogna cambiare rotta e cercare di recuperare, ri-mediare e ridare alla natura ed al pianeta ciò che gli è stato tolto, qualora fosse possibile . Beh, direi che il biologico dovrà essere, insieme ad altri pun-ti cardini come lo sviluppo di forme rinnovabili e il cambiamento di stile di vita, non solo un must per i prossimi anni, ma un dovere rivolto a tutti noi. Se così non fosse temo che le conseguenze saran-no disastrose per le generazioni che seguiranno.Come risponde la gente? Hai notato un cambiamento negli anni?Negli ultimi anni, la gente sta prendendo sempre più coscienza dei propri comportamenti e di con-seguenza ho notato un aumento di sensibilità ver-so il biologico. Credo però che ci sia ancora tanta confusione e diffidenza su questo tema. Ciò che bi-sogna chiarire è un aspetto che reputo fondamen-tale e cioè il fatto che mangiare prodotto bio, non è strettamente legato al mangiare un prodotto di alta qualità. Mi spiego meglio.... Il bio mi garan-tisce solo il fatto che quell’alimento è stato pro-dotto con materie prime coltivate in modo natu-rale, ma non mi garantisce la qualità organolettica del cibo. La qualità del prodotto si ottiene solo e soltanto se i processi di trasformazione sono fatti in modo poco invasivo sulle proprietà delle mate-rie prime oggetto di trasformazione, oltre ad una scelta di ingredienti che siano in linea con ciò che il nostro organismo è in grado di processare ed as-sorbirne benefici. Beh su questo aspetto c’è ancora tanto da imparare, ma confermo il trend in cre-scita nella giusta direzione a livello di cultura del consumatore. In sintesi, vorrei dire che dobbiamo dividere due scelte e quindi quando scegliamo bio, stiamo scegliendo di rispettare l’ambiente che in quel caso non sarebbe stato inquinato da sostanze

chimiche. Altra cosa è scegliere di acquistare un prodotto di eccellenza a livello di gusto che in que-sto caso dipenderà dagli ingredienti con cui è stato ottenuto e dai processi di trasformazione che ha subito. Il Top sarebbe scegliere un prodotto che unisca le due cose, quindi come lo identifico per-sonalmente con la regola delle 3B (Buono, bello e ben fatto).Su cosa si basa la vostra proposta?Il mio progetto imprenditoriale pone come base proprio il fatto di creare una proposta completa in cui convivano tra loro i due aspetti principali e quindi partendo da una base di materie prime coltivate in modo biologico, si continua su un’ac-curata selezione dei processi di trasformazione a cui la materia prima viene sottoposta. Oltre a que-sto poniamo un’attenzione anche sullo sviluppo di ricette che contengano ingredienti che alla luce di quanto la scienza ha dimostrato siano più salutari per il nostro organismo andando quindi a limitare al massimo o addirittura evitare l’utilizzo di ingre-dienti meno sani. Questi sono i punti cardini sul quale si basa la proposta Amoreterra.È difficile reperire le materie prime che ri-spondano ai vostri criteri?Se partiamo dal presupposto che il nostro crite-rio preclude il solo fatto di rispettare l’ambiente e la madre terra, confermo che non è assolutamen-te difficile reperire le materie prime di cui abbia-mo bisogno. L’importante è chiedere alla terra in modo naturale di darci quello che sa fare meglio senza forzature. Non a caso Amoreterra si basa su una filiera che coinvolge numerose aziende agri-cole dislocate in diversi territori, consentendoci di trarre il meglio da ciascuno di essi che ha ca-ratteristiche pedo climatiche differenti ed anche i terreni hanno diverse morfologie e composizioni che consentono di dare il meglio su alcune colture piuttosto che su altre. Coltiviamo numerose varietà di grani antichi, le-gumi, cereali, semi oleosi e tanto altro e saremmo poco responsabili se volessimo ottenere il tutto su uno stesso lotto di terra. Coltiviamo grani duri in Puglia, Basilicata, Sicilia insieme a legumi autoc-toni di quelle zone, ma non ci facciamo mancare anche coltivazioni di cereali antichi come il farro monococco che viene ottenuto ad oltre mille metri di altitudine sull’Appennino tosco-emiliano insie-me a grano saraceno e numerose varietà antiche di grani teneri come il Gentil rosso, il Verna, il Mentana. Ogni zona ha le sue potenzialità ed i suoi limiti e noi cerchiamo di rispettarli dando spazio libero alla natura che ci stupisce continuamente e ci ringrazia donandoci una qualità incredibile. Abbiamo la fortuna di vivere in un pezzo di piane-ta dove c’è una delle più ampie bio diversità sia in flora che in fauna ed abbiamo il dovere di tutelarla e non sopprimerla. Abbiamo deciso di non coltiva-re la quinoa che reputiamo essere più consona in territori a clima semi tropicale come il sud Ame-rica infatti l’hanno sempre coltivata con estremo successo in Bolivia, Perù ed Ecuador, come non intendiamo neanche provare a coltivare bacche di Goji che invece danno la migliore resa qualitativa nella regione del Ningxia ai confini della Mongolia e sullo stesso parallelo del Tibet. Con questo voglio dire che seguendo la vocazione del Rispetto come base del biologico, non è difficile coltivare, basta rispettare le caratteristiche naturali del territorio. Quali sono le soddisfazioni del tuo lavoro?Le soddisfazioni sono numerose e di diversa natu-

ra, ma voglio evidenziarne alcune che reputo più importanti. Sono molto soddisfatto quando vedo i semi che ci regalano il frutto dopo diversi mesi, o quando dopo la cura dell’intera filiera, viene otte-nuto un prodotto finito che è il risultato finale di una serie di passaggi complessi. La soddisfazione continua quando i consumatori si congratulano per la qualità del cibo che proponiamo o quando riceviamo mail di soddisfazione. Vorrei anche sot-tolineare che uno degli aspetti che mi ha ancora di più incoraggiato e motivato a continuare que-sto percorso è il fatto che anche l’intera squadra di lavoro è pienamente coinvolta ed a differenza di tanti ambienti lavorativi, il nostro è davvero basa-to sul rispetto tra le persone, sulla condivisione e sulla stima reciproca e siamo ben consapevoli che tutti insieme stiamo facendo qualcosa di estrema-mente utile e bello. Questo progetto ci sta dando tanta positività e posso confermare che il rispetto del pianeta, la ricerca della qualità, la propensione a fare le cose belle, nasce sempre dalla capacità di rispettarsi prima tra le persone. Quando ti senti ri-spettato e riesci a donare rispetto a chi ti circonda, a chi lavora con te, a quel punto ti senti completo. Forse la completezza che mi ha fatto raggiungere questo settore credo sia la mia più grande soddi-sfazione.Hai parlato molto di rispetto del pianeta e del dovere che noi tutti abbiamo, ma pensi che il biologico sia la soluzione a tutto?Assolutamente no, credo invece che sia un punto molto importante, ma non è tutto e non è sufficien-te. Vedi, il rispetto del pianeta, passa dalle scelte che facciamo quotidianamente e coinvolge tutte le fasi del nostro stile di vita. Io personalmente cre-do che il biologico inteso come coltivare in modo naturale, abbia un peso notevole sulla mission, anche perché siamo esseri umani che dobbiamo assolutamente nutrirci in qualche modo per la so-pravvivenza, quindi abbiamo bisogno di coinvol-gere una bella fetta di pianeta per soddisfare que-sta esigenza e se lo facciamo in modo naturale, i benefici sono enormi per l’intero ecosistema. Cre-do, però che dobbiamo puntare nei prossimi anni anche sulle modalità di servire il cibo e di produrlo. Amoreterra punterà molto sulla ricerca e sviluppo di nuovi pack per la somministrazione dei prodot-ti coinvolgendo gli addetti ai lavori, per riuscire ad utilizzare materiali ad impatto zero. Anche le aziende coinvolte nella nostra filiera, dovranno essere alimentate con fonti di energia rinnovabi-li e quindi credo che in futuro dobbiamo essere davvero bravi a completare la missione di rispetto del pianeta e di noi stessi, andando ad identifica-re, sviluppare ed in fine preferire modalità sempre con un impatto inferiore per l’ambiente, anche se questo potrà portarci a cambiare alcune abitudini e stile di vita. Al momento abbiamo raggiunto un elevato standard sulla qualità delle materie prime e dei prodotti finiti che proponiamo, ma nel futuro lavoreremo anche su altri aspetti magari in siner-gia con altre aziende virtuose che vogliono seguire o stanno seguendo il nostro stesso percorso e for-tunatamente sono tante ed in crescita.

di Antonella Lenge

Intervista

pagina 8

Attualità In un mondo in continua evoluzione culturale e industriale diventa difficile capire cosa faccia bene a noi e all’ambiente che ci circonda. Una delle scelte che senza dubbio sta prendendo piede anno dopo anno è quella vegana. Non una semplice “dieta”, ma un intero sistema si cela dietro alla parola “vegano”, vista sempre con un pochino di sospetto e alienazione. VE-GANOK è un network che utilizzando diversi canali e forme si impegna nella diffusione del-la scelta vegana per la salute dell’uomo e degli animali, oltre che per la sostenibilità naturale ed economica della Terra. Renata Balducci è la presidente di AssoVegan, Associazione Vega-ni Italiani e tra i fondatori di VEGANOK Net-work e ci spiega che cos’è VEGANOK e perchè scegliere uno stile di vita vegano.

Quali sono in breve le tappe di VEGA-NOK Network?Più di 20 anni fa è nato il sito Promiseland.it, una testata che all’epoca cercava di parlare di veganesimo in modo molto cauto, perchè in quegli anni era difficile farsi capire. Con il passare del tempo è poi arrivato anche VEGA-NOK la prima ed unica certificazione etica per prodotti Vegan nata in Italia. La conoscenza approfondita di ogni aspetto della scelta Ve-gan e di tutto ciò che riguarda il rispetto della vita di ogni essere vivente, caratterizza il no-stro operato da quasi vent’anni. VEGANOK, nasce tra il 2009 e il 2010 ed è il più diffuso standard etico al mondo con oltre 1000 real-tà certificate tra aziende e servizi e decine di migliaia di prodotti sia in Italia che all’estero. Gratuitamente, VEGANOK rilascia le certifi-cazioni a case editrici, ristoranti, gelaterie e a tante altre realtà presenti nella vita quotidia-na. Molte sono le attività che si sono svolte e che si svolgono: nel 2007 nasce il Veganblog, una tra le più grandi community di ricette vegane esistenti. Nel 2012 abbiamo fondato AssoVegan, la onlus che si occupa attraverso vari comitati della divulgazione e del sostegno della scelta vegana, anche con Festival e infor-mazione Tv come ad esempio quella condotta da Massimiliano Diaco presidente di Alimen-tiamo la salute nel format VEGANOK Alimen-tiamo la Salute” in onda sul digitale terrestre, che raccoglie le molte testimonianze positive sullo stile di vita vegano.

Quali sono e a che cosa servono i Comi-tati all’interno di AssoVegan?I diversi Comitati all’interno dell’Associazione hanno la funzione di aiutare chiunque voglia avvicinarsi alla scelta vegana o chi vegano lo sia già, in tutti gli ambiti della vita. Al Comi-tato scientifico si sono aggiunte tante figure professionali che danno supporto ai vegani che hanno necessità di confrontarsi con medi-ci, nutrizionisti e altre figure che magari nella vita quotidiana non possono dare il giusto so-stegno, non conoscendo lo stile di vita vegano. I professionisti dell’Associazione capiscono la posizione di chi si rivolge a loro. Anche se il mondo sta diventando sempre più consapevo-le: per mia esperienza personale, quando mi è capitato di dover stare in ospedale ho trovato persone che hanno preparato una colazione apposta per me e il medico che mi aveva in cura, non vegano, aveva già riscontrato in me un’ottima alimentazione. Anche il Comitato legale è importante. Infatti fornisce aiuto, ad esempio ai genitori che hanno problemi negli asili e nelle scuole. Il Comitato sportivo invece è composto da atleti professionisti e non che testimoniano che tutto è possibile se viene fat-to in maniera coscienziosa e responsabile. La

scelta vegana deve essere supportata ed aiuta-ta. Abbiamo anche un Comitato artistico per esprimere attraverso l’arte una comunicazio-ne diversa che aiuta a comprendere.

Oltre al supporto di chi vuole intrapren-dere uno stile di vita vegano, quali sono gli obiettivi dell’Associazione?

AssoVeg vuole essere veramente una onlus, non raccogliamo mai soldi, anzi aiutiamo le altre associazioni che si impegnano in prima linea. Non accettiamo il 5 X1000 e facciamo raccolte fondi sempre per altri enti per essere d’aiuto alle persone e agli animali.

E’ quindi errata la considerazione co-mune che lo stile di vita vegano tuteli prima gli animali poi le persone?È molto importante precisare una cosa: non pensiamo solo al bene degli animali. La scelta vegana è una scelta virtuosa. Certo partiamo dal presupposto che gli animali sono vita e non cibo, ma ha la massima importanza anche l’uomo, e tutta la Terra. Per quanto riguarda la salute dell’uomo, una dieta vegana è ben bi-lanciata se fatta correttamente e porta benefi-ci in generale e anche nella cura di patologie. Vivere in maniera responsabile verso tutte le forme di vita mette in moto un circolo virtuo-so che porterà benefici sempre e comunque all’uomo: se vengono impiegati meno animali, ne vengono risparmiati di più. Nel tempo ter-ritori possono essere reimpiegati, risparmian-do sulla produzione di mangime, e possono essere reindirizzati verso altre colture, per fare prodotto ad esempio per le popolazioni più povere che muoiono di fame, producendo più cereali. Anche il consumo dell’acqua subi-rebbe un riequilibrio. Con tanta acqua e cere-ali a disposizione si potrebbero saziare mol-tissime vite umane. È un effetto domino che parte e finisce con l’uomo: il livello di inquina-mento degli allevamenti intensivi è altissimo, ma una riconversione ha sempre fatto parte dell’esistenza dell’uomo sul pianeta. Inoltre, ciò porterebbe a nuove opportunità di lavoro. Bisogna essere coesi e pronti, dobbiamo esse-re un tutt’uno con Madre Terra, per il futuro delle generazioni che verranno.

La scelta vegana è quindi una scelta consapevole a tutela del futuro?Nel 2050 è previsto che l’acqua scarseggerà e moriremo di conseguenza di fame. La scelta vegana è la scelta per la vita umana e anima-le. L’estremismo è sbagliato. Bisogna pensare in modo etico, aiutando le persone che devo-no essere aiutate, anche se non sono vegane. Non si deve aggredire, ma aprire un dialogo. Spesso la gente non capisce che pensiamo in modo virtuoso per tutti, non solo gli animali. Non cerchiamo di spiegare sempre in modo tranquillo l’etica di qualsiasi scelta, applican-do la non violenza. Il nostro dovere è quello di dimostrare la compassione e l’attenzione ad ogni forma di vita che va tutelata.

In 20 anni il dialogo è diventato più semplice?Il vegano è integrato nella società, è una per-sona normale con una professione e una vita normale. Non è un matto che fa saltare le cose. Può essere vegano una qualsiasi persona vici-no a noi: un medico, un cuoco, un avvocato, non è al di fuori della società, un folle. È solo una persona che ha avuto la fortuna di rag-

giungere un certo grado di coscienza.

Quando un prodotto è VEGANOK ?Essendo uno standard di livello internaziona-le, è un terreno che non si basa solo sul prodot-to, ma anche sulla produzione. Si deve andare oltre all’apparenza, perchè ci sono valori fon-damentali nella scelta etica vegana, che vanno al di là degli ingredienti. Ad esempio si deve valutare se un’azienda applica la vivisezione o i maltrattamenti sugli animali. L’apparenza inganna e bisogna lavorare sempre in profon-dità, per step. Un caso tipo è quello dell’olio di palma: più che avere un’impatto sulla salute attraverso la sua assunzione, la sua produzio-ne porta alla deforestazione di enormi zone verdi con il conseguente massacro di oranghi e la distruzione di interi villaggi di tribù locali, che a volte segna la sparizione dell’uomo stes-so.

Obiettivo dialogo: come comportarsi con chi non è vegano?Noi partiamo dal motivo etico, che è suppor-tato da quello scientifico. Quello che non è eti-co lo si sa: non bisogna contaminare ciò che non è solo proprio ma di tutti. È bello sentirsi così vicino al rispetto di tutti con tutto. Non siamo migliori rispetto ai non vegani. Noi an-diamo verso il buono ma non bisogna mai in-criminare coloro che non scelgono la via ve-gana. Noi non ci sentiamo mai meglio degli altri, ma sempre e solo meglio del “me stes-so” che eravamo prima. Personalmente sono vegana da una ventina di anni e non mi sono mai sentita assassina quando mangiavo car-ne e non si possono definire assassini gli altri che non hanno scelto il vegano. Ci deve essere sempre apertura, tolleranza e disponibilità. Il confronto con gli onnivori è fondamentale per diffondere e far conoscere questa scelta, altri-menti non avrebbe senso fare divulgazione ed incontri tra di noi già vegani. Non bisogna la-sciare corridoi bui e chi si impegna, chi è nel nostro gruppo, lo fa per passione.

di Deborah Villarboito

AssoVegan: vent’anni per la salute dell’uomo e della Terra

La maggior parte delle persone inorridisce solo a sentire la parola vegano. Ma quanti co-noscono i principi e i benefici della dieta Ve-gan? Abbiamo fatto qualche domanda a uno dei massimi esperti svelare totem, tabù e luo-ghi comuni. Il dottor Vasco Merciadri, si è laureato in Medicina e Chirurgia all’Universi-tà di Pisa nel 1977, specializzandosi in Igiene e Medicina Preventiva. È esperto in omeopatia, medicina naturale e iridologa e da molti anni tiene in Italia e all’estero incontri su medicina naturale, yoga e alimentazione. È membro del Comitato Scientifico di Associazione Vegani Italiani Onlus.

Perchè scegliere una dieta vegana?

Una dieta vegana va scelta per la salute. Molti studi hanno dimostrato che una dieta vega-na sia una delle migliori e salutari che l’uomo abbia adottato negli anni. Tutto parte dall’in-testino per prevenire e trattare le malattie. Molte di queste croniche e degenerative sono

legate alla cattiva alimentazione. Curare ciò che mangiamo, aiuta a ridurre queste patolo-gie. Anche dal punto di vista mentale ci sono dei benefici. La lucidità mentale ha origine proprio da ciò che mangiamo. Poi lo dice la parola stessa: “Veg” in realtà significa salute. Inoltre, ciò potrebbe aiutare anche l’econo-mia riqualificando aree e riscoprendo antichi legumi e cereali della nostra tradizione, svi-luppando di nuovo l’agricoltura. L’uomo ha sempre mangiato semplice fin dalla sua com-parsa, è lui che si complica la vita.

Quali sono i pilastri della dieta Vegan?

È un’alimentazione fatta dal giusto apporto di proteine, senza grassi saturi animali che sono pericolosi. Le proteine della carne sono di seconda mano, ce ne sono molte prodotte dal mondo vegetale nelle radici dei legumi che sono più sane. Anche l’assunzione di lattici-ni non è salutare: sono ricchi di colesterolo e grassi saturi e la caseina stimola la crescita e lo sviluppo delle cellule del corpo in generale, e in presenza di quelle cancerogene ne diven-ta promotore. Ricerche dimostrano che l’inci-denza di tumori è maggiore nelle popolazioni in cui il latte è consumato maggiormente: ad esempio il tumore alla prostata largamente diffuso in occidente, ha un tasso di diffusione nettamente minore in Giappone, dove il latte non viene praticamente consumato. È anche ampiamente dimostrato che l’uomo non ha una struttura capace di digerire la carne, par-tendo dai denti.

A quale età è indicato iniziare a seguire una dieta vegana?

Si può iniziare fin da bambini. Se viene seguita la dieta correttamente, non si hanno problemi nella crescita. Se i bambini stanno male è per-che hanno dei problemi di nutrizione ma per colpa di genitori folli. I vegani sono attenti. La maggior parte dei bambini magia male: me-rendine, bibite gassate, e riscontrano, soprat-tutto in Italia, alti tassi di diabete e obesità. Si può iniziare a seguire questo tipo di alimen-tazione in qualsiasi momento, ma deve esse-re un percorso di cambiamento a fasi in cui si toglie progressivamente la carne, il pesce e i latticini e a cui si sostituiscono altri nutrien-ti, come farine integrali, rendendo la dieta più naturale possibile.

Mi faccia un esempio dell’alimentazio-ne di una giornata tipo.

Per colazione frutta fresca di stagione possi-bilmente biologica o meglio ancora dell’orto, accompagnata da latte vegetale e biscotti in-tegrali senza uova e latte. Per lo spuntino di metà mattina altra frutta e per pranzo si par-te con una porzione di verdura cruda condita con olio buono d’oliva o di lino e aceto, cereali sotto forma di pasta integrale, riso, quinoa, ecc e condita con pesti vegetali o verdure. Per merenda ancora frutta e per cena verdure cru-de e legumi, magari una zuppa. Fondamental-mente è una dieta semplice che costa poco.

pagina 9

Attualità

di Deborah Villarboito

di Fabiana Bianchi di Giulia Candelone

Dieta Vegana: la parola all’esperto tra miti e taboo da sfatare

Olio di palma: dalla campagna mediatica alla rimozione dagli scaffali

Pasti veloci ma non rinunciamo alla qualitàNegli ultimi anni si sta assistendo a una sempre mag-giore attenzione al cibo. Vero è che la centralità del cibo nella vita quotidiana di chiunque dipende dal fatto che non c’é vita senza cibo, ma oggi piú che in passato di tale tematica si sente parlare proprio ovun-que. In televisione i programmi legati al cibo conti-nuano a moltiplicarsi: a fianco alle tradizionali tra-smissioni nelle quali vengono illustrati i passaggi da seguire per la preparazione dei piatti sono spuntati veri e propri programmi a episodi in cui piú cuochi sono chiamati a competere, senza tralasciare quelli che si occupano di accompagnare di giorno in gior-no i telespettatori alla scoperta di ristoranti diversi. La stessa cosa si registra anche per i libri e i blog che trattano di cibo.A questo sempre più marcato interesse per il cibo peró non corrisponde spesso nella quotidianità la stessa attenzione nella scelta dei prodotti. Spesso in-fatti nonostante gli strumenti informativi a nostra di-sposizione per sapere cosa é meglio mangiare e quan-do è meglio mangiare un determinato prodotto, per ragioni che sono le più varie (il sempre meno tempo a disposizione derivante dalla freneticità in cui sia-mo costretti a vivere, nonché il prezzo elevato di certi alimenti), finiamo per rinunciare alla qualità. Si pre-diligono cibi spesso pronti senza prestare attenzione né ai conservanti presenti né tantomeno alla varietà.Ció si riflette inevitabilmente sulle nuove generazioni che, seguendo le abitudibini alimentari dei genitori, finiscono per scegliere sempre gli stessi prodotti che sono poi quelli più semplici e veloci da cucinare.Per non perdere quello che, soprattutto per gli italia-ni, il cibo rappresenta, occorre quindi dare l’esempio quotidianamente ai più piccoli insegnando loro che non sempre le scelte più comode nel tempo si dimo-strano le migliori, nel cibo come in qualsiasi altro ambito. Soprattutto non bisogna mai smettere di ri-badire che siamo quello che mangiamo.

Quello sull’olio di palma è considerato uno dei casi mediatici più accesi, ma anche più longevi. La na-scita del dibattito su quest’olio di origine vegetale risale infatti al 2015, ma se ne continua a parlare ancora oggi. Anche perché, occorre premetterlo, di fatto non ci sono risposte definitive. Non è facile, insomma, dire “olio di palma sì” oppure “olio di palma no”.La discussione si sviluppa soprattutto su due fron-ti: quello della salute e quello della sostenibilità ambientale. Per entrambi gli aspetti ci sono nu-merose sfaccettature da tenere in considerazione. Dunque, l’olio di palma fa male? A rappresentare un rischio per la salute non è tanto l’olio di pal-ma in sé, quanto alcuni tipi di lavorazione. Proprio su questo aspetto si sono concentrate le ricerche dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare. Alcune sostanze che si possono liberare durante la raffinazione dell’olio, infatti, potrebbero rivelarsi pericolose. A questo scopo, l’Autorità ha fissato dei limiti massimi di assunzione e sta lavorando a del-le forme di legislazione sul tema per i produttori. Nello specifico, è stata alzata la soglia di tolleranza per la sostanza nota come 3-MCPD, che si forma durante alcune fasi di raffinazione ad alta tempe-ratura. La sostanza potrebbe essere pericolosa per la funzionalità renale e il sistema riproduttivo ma-schile, ma solo se assunta in quantità significative. L’Efsa ha quindi alzato la soglia di tolleranza da 0,8 a 2 microgrammi per chilo di peso. Vanno evitati completamente, invece, i “Ge”, sostanze considera-te potenzialmente cancerogene: non devono svi-lupparsi durante la lavorazione.Occorre poi ricordare che l’olio di palma, malgra-do sia di origine vegetale, è un grasso saturo. An-

che in questo caso, dunque, non fa male di per sé, ma è pericolosa l’assunzione in quantità eccessive. Potrebbe portare, infatti, a problemi di natura car-diovascolare e a forme tumorali. Questo aspetto è tipico di tutti i grassi saturi.Per quanto riguarda il fronte della sostenibilità ambientale, la situazione è forse ancora più com-plessa. A livello di produttività, l’olio di palma ha un’ottima resa, con un buon equilibrio tra consu-mo di risorse e produzione. Si stima che da un et-taro coltivato a palme, si possano avere circa 3,7 tonnellate di olio. La colza si ferma a 0,7. Le colti-vazioni si trovano soprattutto nel sud est asiatico, spesso in zone in via di sviluppo, per cui quindi la produzione di olio di palma può rivelarsi preziosa dal punto di vista economico. Al tempo stesso, la deforestazione per ricavare terreno da destinare a scopo agricolo è un rischio concreto. Così come quello di forme di sfruttamento della popolazio-ne locale. È di primaria importanza, quindi, che si adottino delle precauzioni affinché l’olio di palma venga prodotto in modo etico, magari stringendo accordi commerciali che associno l’esportazione a condizioni sostenibili di lavoro e coltivazione.

Attualità

pagina 10

Rubrica

Integratori alimentari: un business, ma senza effetti beneficiUn mercato in fortissima espansione è quel-lo degli integratori alimentari. Cresce al rit-mo del 6% annuo, ha raggiunto i tre miliardi di euro di valore. In molti casi, specialmen-te durante le diete, l’integratore diventa in-dispensabile per evitare carenze e malesseri fisici. Forse, però, se ne abusa un po’ troppo. Perlomeno secondo uno studio della Fonda-zione Gimbe, di Bologna.Nel dossier si legge: “Vitamine e minerali, amminoacidi, acidi grassi, fibre ed estratti di origine vegetale, ossia gli integratori alimen-tari, spesso sono un grande spreco di soldi”. Possibile? Secondo FederSalus, associazione nazionale di produttori e distributori di pro-dotti salutistici, attualmente ci sono in com-mercio 72.540 integratori, nel 2017 addirit-tura il 65% degli adulti ha utilizzato almeno uno di questi prodotti. Mediamente, siamo a 2,5 tipologie di integratori. Spesso utilizzati per essere maggiormente energici (35%), per affrontare situazioni specifiche (28%), per prevenire malattie cardiovascolari od oste-oarticolari (22%), per il benessere generale (15%).L’Italia? Il nostro Paese è davanti a tutti nel Vecchio Continente, con un consumo del 20% sui 12 miliardi complessivi. A ruota la Germania (13,2%), Russia, Regno Unito e Francia (8,9%). Se guardiamo però agli Stati Uniti, tutti appaiono minuscoli (90 mila pro-dotti in commercio, affari da 30 miliardi).

Se decidete di recarvi in Russia, potreste considerare l’idea di visitare l’Anello d’Oro, un gruppo di incantevoli città storiche situa-te a nord di Mosca, dove tra il XII e il XVIII secolo sono sbocciate la storia e la cultura di questo Paese. Io ed alcuni dei miei compagni universitari stiamo studiando la lingua e ci troviamo in Russia da due mesi, perciò non possiamo non visitare alcune tra le città più affascinanti dell’Anello. Un consiglio: se vo-lete intraprendere questo viaggio imparate le espressioni base, la lingua è un ostacolo non facilmente sormontabile e i russi non parlano inglese. Sbagliare è facilissimo: a noi capita di aver bisogno di un cucchiaio (lozhka), ma di ordinare un cavallo (loshad). Iniziamo il nostro tour dell’Anello d’Oro prendendo un autobus da Mosca; Effettuiamo la prima tap-pa nella città di Vladimir, sede di alcune delle costruzioni più importanti di tutta la Russia. Questa bellissima città a circa tre ore da Mo-sca vanta infatti il maggior numero di monu-menti in pietra bianca del XII secolo, facenti parte del Patrimonio mondiale dell’Unesco. Ammiriamo la Porta d’oro (anticamente usa-ta come torre difensiva), la piccola Cattedra-

le di San Demetrio e quella imponente della Dormizione, dal tetto d’oro, dove oggi ven-gono conservate le icone realizzate dal mo-naco, pittore e santo Andrei Rublev. La no-stra guida russa ci sta sicuramente dicendo qualcosa che sarebbe estremamente interes-sante riportare in questa sede, ma il suo alito pestilenziale ci costringe a tenerci a distanza di sicurezza e non riusciamo a sentire metà della spiegazione. Dopo un pranzo così ter-ribile da essere completamente sparito dalla mia memoria, durante il pomeriggio ci spo-stiamo a Bogolyubovo, un insediamento alla foce del fiume Nerl. Secondo la leggenda la città venne costruita per volontà della Vergi-ne Maria, apparsa in sogno al principe Andrei Bogolyubsky, che fece di questo luogo la sua residenza. Passeggiamo venti minuti nel bel mezzo della steppa innevata e, con un talen-to che Carolina Kostner ci fa un baffo, attra-versiamo un lago ghiacciato per raggiungere la Chiesa dell’intercessione del Nerl, piccola e modesta, eppure stupenda. Il secondo mo-numento più importante di Bogolyubovo è il Santo Monastero con le sue meravigliose cu-pole blu elettrico, messe in risalto dalle pareti

bianche come la neve. Torniamo a Vladimir in serata per cenare e trascorrere la notte, poi il giorno successivo ripartiamo e ci spostiamo a Suzdal. In questa piccola città si sono conservati intatti l’antico monastero ed alcune interessanti costruzioni di legno del XVIII secolo, luoghi magici dove si può percepire l’anima dello spirito russo. Nella Piazza del Mercato i visitatori possono acquistare oggetti di artigianato tradiziona-le realizzati da artisti locali, per poi visitare l’antico Cremlino e sentirsi catapultati a ri-troso nel tempo.Saliti nuovamente sull’autobus ci avviamo verso l’ultima meta, Nizhny Novgorod, la quinta città più popolosa del paese, vicino alla quale scorre il fiume Volga, il più lun-go della Russia Europea. Durante il tragitto inizia a nevicare molto forte e rischiamo di rimanere bloccati nella bufera.Quando stremati giungiamo a destinazione è già quasi buio. Visitiamo subito quello che è il cuore della città: il Cremlino con la sua cinta muraria in mattoni rossi. Siamo fradici a causa della neve, stanchi morti e tremanti, ma il fiato mefitico della guida anche a -18

Dal business alla scienza. La Fisv, Federazio-ne Italiana Scienze della Vita, ha pubblica-to una ricerca in merito agli integratori: “Le evidenze scientifiche sull’uso degli integrato-ri alimentari mostrano che nella stragrande maggioranza dei casi, il loro uso non solo è improprio, ma spesso questi prodotti si as-sociano a effetti indesiderati, sia per la con-comitanza di patologie o trattamenti farma-cologici con cui possono interferire, sia per i potenziali effetti avversi quando oligoele-menti e vitamine vengono assunti in dosi su-periori o rispetto ai reali bisogno”. Di questo parere è Nino Cartabellotta, presidente Gim-be.FederSalus ha chiesto di regolamentare la pubblicità per dare la comunicazione più giusta a operatori sanitari e consumatori. E ha invitato a diffidare dai miracoli o dalle fal-se speranze sui prodotti: “Non prevengono malattie anche molto gravi, non fanno dima-grire, non sostituiscono i farmaci e i pasti”. Negli adulti che stanno bene, insomma, l’in-tegrazione non è raccomandata. Alcuni pos-sono essere addirittura dannosi se si supera la dose consigliata.La ricercatrice di Harvard, Francine Grod-stein, ha posto poi una pietra tombale sulle speranze che gli integratori multivitaminici (con vitamine del gruppo B, vitamina E, vita-mina C e acidi grassi omega-3) possano ave-re effetti positivi sul declino cognitivo degli

anziani. Ha scelto 5.947 uomini con più di 65 anni, osservati per 12 anni: alla fine di questo periodo, chi assumeva regolarmente integra-tori multivitaminici non mostrava differenze rispetto a un gruppo a cui erano stati sommi-nistrati semplici placebo. In definitiva, solo in tre casi gli integratori sono raccomanda-ti: acido folico per donne che vogliono avere un figlio; vitamina D per i neonati allattati al seno; vitamina B12 per gli over 50.

di Alessandro Pignatelli

Diario di bordo: l’Anello d’Oro

pagina 11

AttualitàIn mare torna a vincere la salvaguardia delle vite umana: Open Arms dissequestrata

non ci dà tregua. Dal Cremlino, se solo la tempesta non infuriasse, si godrebbe di una vista mozzafiato sulla città. Continuiamo vi-sitando la Chiesa della Natività degli Stroga-nov, esempio di Barocco russo, con uno dei campanili un po’ pendente e perciò parago-nato alla nostra Torre di Pisa. Purtroppo la tempesta di neve incalza e la gita viene rovi-nata dal gelo tagliente, che azzera la voglia di muoversi a piedi. Se adesso osservo le foto di Nizhny Novgorod durante la stagione estiva quasi non la riconosco: i verdissimi giardini durante la mia visita a dicembre sono coperti dalla neve e il Volga, oggi ghiacciato e quasi invisibile, scorre impetuoso.Concludiamo la giornata con una cenetta a base di aneto, una pianta aromatica con cui i russi amano guastare ogni pietanza, e tra-scorriamo l’ultima sera del nostro viaggio lungo l’Anello d’Oro in un albergo dalla mo-quette orrendamente inzaccherata.

Stando in Russia si ha la sensazione di esse-re in un mondo estremamente lontano dal nostro, affascinante e misterioso. Si tratta di un’avventura emozionante da intraprendere con la giusta dose di entusiasmo, coraggio e... mentine !

Do svidania!

Il provvedimento di dissequestro della nave dell’ONG spagnola Open Arms sembra indi-care che la clamorosa azione giudiziaria lan-ciata dalla procura di Catania contro i soc-corsi in mare si sta finalmente incanalando verso l’esito più logico: quello della riaffer-mazione del primato della salvaguardia delle vite umane in percolo, contro l’idea di intro-durre un “reato di solidarietà” e una conce-zione della sovranità impermeabile ai diritti umani universali.Non così si era espresso qualche settimana prima il GIP di Catania. Pur lasciando cade-re l’accusa davvero incredibile di associazio-ne per delinquere, aveva confermato quella di favoreggiamento dell’immigrazione clan-destina. Le motivazioni addotte appaiono illuminanti per comprendere lo spirito dei nostri tempi e il contesto politico-culturale in cui s’inscrive l’azione della magistratu-ra catanese. Pur riconoscendo, a differenza dei suoi colleghi della procura della repub-blica, il trattamento disumano e “veramen-te degradante” che i migranti subiscono nei campi libici, aveva però ritenuto prioritaria “la tutela dell’ordine pubblico, e delle esi-genze di sicurezza e di pacifica convivenza all’interno di ogni singolo Stato (assicurata mediante un razionale contingentamento del flusso migratorio)”. Salvare vite, in sostan-za, sarebbe secondario rispetto ai presunti disagi per i cittadini derivanti dal dover ac-

cettare un certo numero di persone in cerca di asilo. Per la loro mera presenza, i rifugiati rappresenterebbero una minaccia per l’ordi-ne pubblico. Per di più, il GIP aveva negato che le persone soccorse si trovassero in peri-colo di vita, giacché avrebbero potuto essere soccorsi dalla Guardia Costiera libica che li avrebbe ricondotti indietro. Il giudice affer-mava a questo proposito che “la ripresa di una situazione di vita problematica” a causa delle “condizioni precarie” dei campi profu-ghi libici (si notino gli eufemismi) “non as-sume rilevanza alcuna”. Contrariamente alle norme internazionali sul soccorso in mare, per il GIP catanese il concetto di “porto sicu-ro” non comporta alcuna specificazione circa il trattamento riservato dopo l’approdo alle persone tratte in salvo.

Sappiamo che il pendolo delle democrazie in questo nostro tempo oscilla verso il polo del sovranismo, delle chiusure e della contrap-posizione tra una presunta priorità dei po-veri interni e una protezione dei diritti uma-ni allargata anche a chi arriva da lontano. Le ONG attive in mare sono oggi al centro di una contesa che dice molto sulle nostre con-cezioni di nazione, diritti universali, doveri verso l’umanità.

di Samantha Betti

di Maurizio Ambrosini

pagina 12

Politica

Carpaccio di manzo con verdure e formaggio fresco

Finalmente la primavera sembra farsi sentire. E con i primi caldi, torna anche la voglia di mettere in tavola qualche antipasto sfizioso e fresco. Oggi vi proponiamo due ricette semplici e veloci che appa-gheranno sia l’occhio, sia il palato.

Carpaccio di manzo con verdure e formaggio fresco

Ingredienti per 4 persone

8 fette di carpaccio di manzo

500gr di pomodorini tipo ciliegino

1 zucchina

250gr di formaggio fresco tipo primosale

Rubrica

Il 25 aprile si festeggia la Liberazione: una data da ricordare nel profondoRicordiamo ancora la Liberazione. Il 25 apri-le arriva puntuale ogni anno a ricordarci una stagione di veglia dei cittadini italiani: dopo un ventennio di dittatura, dopo la tragedia nazista, una buona fetta di popolazione ita-liana si è svegliata e ha riconquistato la libertà che gli spettava di diritto, con fatica, sacrificio e la forza di volontà che ci contraddistingue. Nessuno oggi può toccare la nostra Liber-tà, è inviolabile a meno che non siamo noi a decidere di regalarla. Forse però oggi, in un mondo di ragazzini che “bullizzano” i propri insegnanti, e le relazioni si costruiscono solo attraverso uno schermo, dovremmo recupe-rare il valore del sacrificio che ci ha permesso di vivere godendo di diritti considerati invio-labili. Succede spesso nel nostro contesto di dimenticarci che valore abbia lo sforzo, la fa-tica di raggiungere un privilegio di diritto. Fermarsi un momento, almeno una volta l’anno, a pensare e chissà magari anche a fa-ticare per raggiungere uno scopo, una meta, ci dà modo di ritornare umani. Perché ritor-nando alla Liberazione, di umanità parliamo. Una volta l’anno un ormai sparuto gruppo di autorità si riunisce a ricordare, accom-pagnato ogni anno da meno seguito e più personaggi dubbiosi: nei piccoli centri sono sempre meno coloro che si spingono fuori di casa in un giorno di festa per celebrare la Li-berazione; allo stesso modo aumentano co-stantemente coloro che non festeggiano per principio, per il principio secondo cui, per la

precisione, la Liberazione non sia motivo di giubilo ma di biasimo. E’ in crescita, come già evidenziato in altre nostre edizioni, il popolo dei nostalgici del ventennio, che sputa senza ritegno sulla libertà conquistata. E’ chiaro quindi che la percentuale di coloro che ancora ricordano e celebrano il 25 aprile sia in costante diminuzione, sotto silenzio o quasi. Questo giorno è sicuramente un’otti-ma occasione per riposarsi, magari fare un salto al mare, ma nulla più. La memoria sto-rica dei nostri cittadini è labile, il pericolo di commettere ancora gli errori del passato è alto. Sta alle Istituzioni il compito di educare i cittadini al ricordo, al rispetto per coloro che hanno dato la vita per conquistare la libertà di cui oggi godiamo. Sta invece al cittadino uti-lizzare la propria libertà per il bene comune: libertà significa molte cose, ma più di tutto la libertà conquistata il 25 aprile, per dirla con il maestro Giorgio Gaber, è partecipazione. Un mondo di idee e considerazioni è nato da questo principio, ovvero la convinzione che rinunciando tutti ad una piccola parte della propria libertà di diritto in favore del Bene Comune, perseguiamo l’ideale di una società più egualitaria, più giusta. Proviamoci alme-no, è gratis.

di Federico Bodo

pagina 13

Insalatina primaveraIngredienti per 4 persone:

500gr di pomodorini ciliegino

300gr di ceci in scatola

100gr di carote tagliate a julienne

Una cipolla rossa media

In una ciotola mettete i pomo-dorini tagliati a metà e unite i ceci risciacquati, le carote e listarelle e la cipolla a fettine sottili. Condite l’insalata con olio Evo, aceto balsamico e un pizzico di sale e pepe e avrete un antipasto fresco e gustoso da presentare ai vostri ospiti.

Disponete le fette di carpaccio su un intorno ad piatto da por-tata capiente in modo che il cen-tro resti vuoto. Nel mezzo create un letto con la zucchina cruda tagliata a julienne. Sopra le zuc-chine mettete ora il primo sale e intorno ad esso disponete i po-modorini tagliati a metà. Condi-te il piatto con olio Evo, pepe e sale e decorate il formaggio con un rametto di rosmarino per rendere il piatto più piacevole per la vista.

Benvenuti al CentroQuando risolvere a tarallucci e vino è una buona ideaLa confidenza, sai, è come il vento. Ci sono autentiche folate qui al Centro, calma piatta al Nord. Se fosse una regata velica, non ci sarebbe storia. Qui, ben al di sotto del Po, è molto facile sedersi a tavola con qualcu-no mai visto prima che, dopo cinque minu-ti di orologio, ti tratti (e ti consideri) come un amico di vecchissima data. Naturalmen-te, abbreviando il tuo nome e raccontandoti vita, morte e miracoli di se stesso, della sua famiglia, delle generazioni che l’hanno pre-ceduto. Se di fronte si trova una persona vis-suta nel ‘freddo’ della pianura padana, il dia-logo potrebbe subire uno stop improvviso. Perché, dall’altra parte, la confidenza non è una cosa che si dà a tutti. Benché, devo dire che l’atteggiamento di chi hai di fronte, in-fluenza anche il tuo. Se sei timido, ti dà due perfette vie d’uscita: stare zitto, ascoltando e ogni tanto annuendo o spiccicando qualche ‘Certo’, ‘Vero’, ‘Ma veramente?’; ti fa scioglie-re un po’, in particolare se sulla tavola c’è una bottiglia o una caraffa di vino.Se invece in Alta Italia ti siedi a tavola con un gruppo di persone, e magari ne conosci sì e no un paio, alla fine del pranzo o della cena, continuerai a conoscere quelle due. O magari nel frattempo avrai finito per dimen-ticare pure quelle. Di fronte, invece che una caraffa di vino fresco, un quartino di acqua colorata. Che non farà sciogliere la lingua né

a te, né a chi hai di fronte.Naturalmente, pur senza entrare in stereoti-pi fin troppo banali, l’eccesso di confidenza può anche creare conflitto. Hai voglia di sta-re per i fatti tuoi e difficilmente lo puoi fare. Pure in un negozio c’è chi attacca bottone. Certo, meno che al Sud, chiaro. Lì la priva-cy è qualcosa di assolutamente sconosciuta, non essendoci limiti e confini a casa mia e a casa tua.Torniamo, comunque, alla cena. Non si può proprio dire che non regni l’allegria nel pri-mo caso. Ci si sente tutti un po’ compagno-ni. Manca poco che lui tiri fuori dalla tasca o dal portafogli una foto di classe in cui dice che ci sei anche tu (impossibile, ovviamen-te). Anche la chiamata al cameriere di turno è divertente: “Ancora vino. Dai, beviamo!”. Mentre al Nord, aspetti che sia il cameriere a guardarti, con il rischio che nel frattempo il ristorante debba chiudere. E se finalmente gira lo sguardo verso di te, tu alzi timida-mente un dito per chiamarlo e lui, se capisce che è un sottile messaggio subliminale per lui, arriva pure stizzito.Mi è successo recentemente di stare a tavola con persone che conoscevo poco o per nien-te, qui in Umbria. E’ stato interessante, pro-pedeutico. Mi si è aperto un mondo. Stare zitti diventava quasi impossibile, anche per me che grosso modo sono un polentone di

nascita e residenza per tanti anni. Ti coin-volgono. Ti raccontano. Ridono. Pure gli ar-gomenti seri diventano fonte di dibattito, è impossibile starsene in disparte.Mi sono reso conto che quando si usa dire che una cosa è finita “a tarallucci e vino”, si-gnifica proprio questo (anche se i taralli non c’erano, ma dell’ottimo pesce sì). Che anche le questioni delicate e spinose, alla fine, si possono risolvere sorridendo e annegando le preoccupazioni nella caraffa. La seconda, ovviamente.

di Alessandro Pignatelli

Rubrica

di Chiara Bellardone

Rubrica

pagina 14

WWW.CERSEO.ORGConsulta il nostro catalogo corsi

Per informazionitel-fax.0161-219513

e-mail: [email protected] @cerseoformazione

Agenzia per la formazione professionale

lingue

informatica

servizi

«Fai che la medicina sia il tuo cibo e che il cibo sia la tua medicina»: un insegnamento di Ippocrate che ci spiega quanto, da sem-pre, sia fondamentale la buona alimentazio-ne per la salute dell’uomo. Con questa rubri-ca, “Salute e Benessere”, scopriremo quali sono i segreti di una corretta dieta quotidia-na, sfateremo i luoghi comuni relativi al cibo e cercheremo di capire come stare bene nel binomio mente e corpo. Tutto questo lo fa-remo insieme agli articoli del nutrizionista Massimiliano Ciarmatori.

Mai come in questo periodo di transizione stagionale è giusto parlare di “rispetto per il proprio corpo”: è ancora molto comune, infatti, la tendenza a sottoporsi a diete dra-sticamente ipocaloriche o a mettere in atto comportamenti alimentari scorretti pur di perdere peso in vista dell’estate. Ma è proprio così facendo che non si rispetta il proprio cor-po, anzi, lo si debilita e lo si espone a gravi rischi per la salute.«Il dimagrimento derivato da diete dima-granti drastiche è fittizio: certo, ci si sgonfia subito e si sente subito in forma. Ma è sba-gliato pensare che dimagrire sia un concetto legato solamente al numero che vediamo sul-la bilancia. Sono tanti altri i fattori da pren-dere in considerazione».Il nutrizionista Massimiliano Ciarmatori ci spiega quali sono i pericoli delle cosiddet-te “diete lampo” alle quali si sottopongono molte persone pur di perdere chili per la pro-va costume; «Uno degli errori più comuni è quello di eliminare completamente i carboi-drati perché si ritengono i principali respon-sabili dell’accumulo di grasso. Errato. I car-boidrati, infatti, sono innanzitutto la nostra “benzina” poiché forniscono all’organismo l’energia di cui necessita per funzionare cor-rettamente. Inoltre, durante la loro digestio-ne vengono scomposti in glucosio che entra

nel flusso sanguigno ed è fondamentale per il buon funzionamento delle cellule. La loro mancanza porta a picchi glicemici che dan-no vita a circoli viziosi alimentari di semi di-giuni e abbuffate che non solo scompensano l’organismo ma portano, successivamente, a riacquistare il peso apparentemente perso. Si rischia, inoltre, di sovraccaricare i reni, di es-sere carenti di fibre e di soffrire di mal di testa e di rallentare il metabolismo. Meglio, piutto-sto, puntare ai carboidrati integrali».Non solo. Una dieta drastica, spiega Ciar-matori, è anche responsabile di un malesse-re psicologico che influisce inevitabilmente sulla nostra vita quotidiana: «Una dieta che ci rende “tristi” non è una buona dieta. L’ali-mentazione deve essere uno dei primi passi, se non il principale, per farci stare bene e si intende anche a livello psicologico». A sup-porto di questa informazione, c’è uno studio effettuato dall’University College di Londra condotto su circa duemila persone a dieta e che ha rilevato un’alta percentuale di rischio di sviluppo della depressione in persone che seguono diete sbagliate.Ma se proprio vogliamo dedicarci ai numeri che ci comunica la bilancia, è bene dire allo-ra che «dopo una dieta drastica, si riprendo-no tutti i chili presi. E spesso anche con gli interessi. Le perdite di peso così immediate – specifica il nutrizionista – sono in realtà il risultato di una perdita di liquidi e in alcuni casi anche della massa magra, cioè il musco-lo. Il risultato è anche esteticamente brutto. Tutto ciò espone al cosiddetto “effetto yo yo” che nel lungo periodo può causare l’obesità e tutti i rischi ad essa collegati».Il consiglio, quindi, è principalmente quello di non affidarsi a nessun metodo “fai da te” ma essere sempre seguiti da un professioni-sta del settore; nel caso, comunque, non ci fosse necessità di una dieta su misura perché si cerca solo di perdere un paio di chili, è bene

farlo comunque nella maniera adeguata: «In-nanzitutto è fondamentale aumentare l’ap-porto di frutta e verdura per reintegrare i sali minerali persi con l’aumento della sudorazio-ne, causato dal caldo. Non è, questo, un det-taglio da sottovalutare: il corpo, infatti, soffre molto il cambio di stagione, a volte anche in maniera asintomatica. Questo significa che chiunque, indipendentemente dal peso, deve stare attento ad adeguare la sua alimentazio-ne al nuovo periodo stagionale. Gli integrato-ri, dei quali le vendite aumentano a spropo-sito in primavera, possono servire in caso di necessità assoluta ma già la frutta e la verdu-ra sono in grado di sopperire alle mancanze dell’organismo. Infine – conclude Ciarmatori – è bene accompagnare i vegetali a proteine e carboidrati. Cosa limitare, invece? I lattici-ni».

di Sabrina Falanga

Salute & BenessereDimagrire sì, ma seguendo i consigli dell’esperto

pagina 15

Music Pills a cura di Olivia Balzar

Nel 2016 Jon Bon Jovi dichiarava che le motivazioni che non vedevano i Bon Jovi nella Rock‘n’Roll Hall Of Fame erano personali: “Ci sono due persone nell’or-ganizzazione che hanno fatto della no-stra esclusione una missione personale. E va bene. Ho venduto molti più dischi dei loro artisti. Non voglio fare nomi, posso solo dire che ogni volta che li in-contro non sono timido e li chiamo per come devono essere chiamati. Il criterio per l’ingresso dovrebbe essere che la tua musica ha influenzato alcune generazio-ni, anche quelle che sono venuti dopo di te. Noi lo abbiamo fatto, rispettiamo ogni

criterio”. Ora invece la Band e’ entrata di diritto nell’Olimpo dei musicisti che han-no cambiato la storia. Il 14 aprile infatti si e’ svolta a Cleveland la cerimonia in cui, oltre ai rocker del New Jersey, sono stati ammessi Dire Straits, Nina Simone, Mo-

Il fruscio delle foglie, strane creature che strisciano per terra in un ambiente bianco e surreale, dove i morti stanno per uscire dalle loro tombe per ricon-giungersi col Vate e gli spettatori stessi sono invitati a perdersi in una dimensio-ne altra. E’ così che inizia “Musami, o Vate, alle colonne del vizio”, lo spettacolo scritto e diretto da Mariae-lena Masetti Zannini andato in scena dal 19 al 22 aprile al Teatro di Documenti di Roma. La location toglie il fiato e gli attori si fondono con essa diventando a loro volta opere d’arte folli e visiona-rie. Gabriele D’Annunzio, interpretato magistralmente da Giuseppe Talarico, viene mostrato nel suo lato più carna-le, mentre ritrova le sue Muse, le don-ne che ha amato in vita e che lo hanno a loro volta adorato. E’ un eterno ritorno, un serpente che si morde la coda, una spirale di poesia, grida di dolore, follia, bellezza decadente, ricerca dell’infinito e pulsione si morte. La bellezza e la morte danzano come in un carillon rotto che si

muove all’infinito, mentre la Marchesa Casati Stampa (interpretata da Maria-elena Masetti Zannini) tiene le fila but-tando in pasto sé stessa in questa folle giostra, mentre Eleonora Duse, rima-ne un’ombra defilata, una voce dall’ol-tretomba, una presenza ossessiva e in-quietante. Ogni personaggio e’ un’opera d’arte a sé, un universo nel quale lo spet-tatore si perde per poi ritrovarsi a rimi-rare la bellezza di questi quadri viventi. E’ raro andare a teatro e uscire davvero soddisfatti ultimamente. Io sono uscita più leggera, a tratti turbata, con il desi-derio di scoprire di più le vite di queste donne incredibili, perché di D’Annunzio si parla, ma esiste un universo a cui Ma-riaelena Masetti Zannini ha dato voce, quello delle creature che hanno arric-chito la sua vita. E lo ha fatto magistral-mente, con una poesia unica ed un’este-tica indimenticabile.

Musami O Vate Alle Colonne del Vizio18-22 Aprile Teatro di Documenti Roma

Collaborazione alla regia Emanuela Bol-coInterpreti (o personaggi d’uno spirto):Giuseppe Talarico, Lucia Rossi, Gabriel-la Giuditta Sin Infelise, Emanuela Bol-co, Priscilla Micol Marino, Jacopo Sabar Giacchino, Marco Fioramanti, Elettra Olimpia e Mariaelena Masetti ZanniniE con la partecipazione speciale dello spirito di Gabriele D’Annunzio

ody Blues e Cars.I veri protagonisti della serata sono sta-ti proprio loro, i Bonjovi che si sono pre-sentati anche con Richie Sambora e Alex John Such. Dopo l’introduzione di Ho-ward Stern, Jon Bon Jovi si e’ lasciato an-dare ad un lungo discorso che - testuali parole - ha detto di esserselo preparato da sempre, da quando strimpellava la scopa davanti allo specchio quando era picco-lo. Del resto Rockstar si nasce e il bion-do frontman di origini siciliane di certo e’ nato sotto la buona stella del rock ‘n’ roll. Sul palco ha ripercorso emozionato la storia della Band, che inizia nel 1983 con l’uscita del singolo Runaway e poi su-bito nel 1984 col bellissimo album New Jersey. Dopo anni di eccessi, premi e ri-conoscimenti e’ arrivata la consacrazione finale per una Band che piace a palati di-versi, che in un modo o nell’altro e’ sem-pre stata a galla superando le mode e le crisi. Vederlo Tutti insieme su quelPalco fa un certo effetto. Pelle d’oca, emo-zione. Un certo tipo di rockstar incarna-no ciò che tutti noi vorremmo essere e vederli emozionati li rende più umani e vicini, come se fossero scesi dall’olimpo per stringerci la mano. I Bon Jovi sono tra i miei artisti preferiti. Vorrei sapere qualè il vostro pezzo preferito. Scrivetemelo qui alla mia mail: [email protected] mio e’ Someday I’ll be Saturday night, eppure in giro dicono di avermi vista ver-sare una lacrimuccia su Bed Of Roses, al concerto di Udine. Non ditelo in giro!

Passiamo alla domanda della nostra ami-

ca Paola che ci scrive: Cosa ne pensi del concerto dei Guns and Roses di Firenze? Andresti a sentirli?

Cara Paola, io ho visto Axl Rose nel tour di Chinese Democracy tanti anni fa ed e’ stato un concerto inaspettatamente ma-gnifico. Purtroppo si parla sempre troppo e male di certi personaggi, ma la realtà e’ che se hanno fatto la storia un motivo ci sarà. Io non credo ci sarò a vederli aFi-renze, ma consiglio a tutti di farlo perché si mangiano ancora il palco. In barba a tutti gli haters!

B.D.

di Olivia Balzar

I Bon Jovi, la rock band che ha cambiato la storia e combattutto contro chi non li voleva nella Hall of Fame

Musami O Vate Alle Colonne del Vizio: D’Annunzio va in scena a Roma Rubrica

Rubrica

pagina 16

Giulia Vogliotti, 20 anni, studentessa universitaria. Ha scrit-to alla nostra giornalista Sabrina Falanga per poter raccon-tare la sua esperienza di persona che ha imparato a vivere attraverso l’ascolto del suo stesso, tema principale di questa rubrica che si chiama, appunto, ‘Mai contro Cuore’.Per raccontare le vostre storie scrivete a: [email protected]

«Il cuore è solo un organo, direbbero tutti coloro che guardano la vita sulla superficie. Io penso di essere l’ul-tima persona che può permettersi di dare un senso al cuore, ma scelgo di provarci attraverso le parole, che sono la cosa che riesco meglio ad utilizzare per giunge-re fino a questo organo vitale, non potendolo fare fisi-camente».Il termine ‘cuore’ per Giulia ha molteplici significati, per lo più legati alla sua esperienza di vita: perché per quanto giovane sia, potrebbe insegnare a chiunque cosa significhi vivere seguendo il proprio cuore. Che, di per sé, significa seguire il propri istinto, le proprie ambizio-ni. E farlo senza alcun limite, nemmeno quelli che la vita sembra importi.«Se mi chiedessero quanti battiti al minuto faccia il mio cuore, risponderei che ogni battito è respiro, respi-ro infinito, perenne. Ogni battito è pensiero costante, che non conosce pausa, nemmeno quando si è troppo occupati a pensare alla vita, mentre si corre contro un tempo che realmente non conosce tregua, quello che ri-mane nella gabbia di se stesso, circondato dal limite. E’ un tempo che sfugge dalle mani come una saponetta tanto che sembri manchi il tempo di avere tempo».Giulia Vogliotti, 20 anni, parla di miracolo. E forse è proprio qui che si rivela il suo modo di vivere ‘mai con-tro cuore’: «C’è chi mi ha da sempre insegnato che la diversità è un privilegio ed è proprio in questo senso le mie ruote sono un ‘miracolo’ della natura...»; la ragazza definisce la sedia a rotelle su cui si muove tra la libertà delle sue scelte di vita, «la mia Ferrari, sulla quale sca-lare vette inimmaginabili. È su di essa che ho mosso i miei ‘primi passi’, lasciando tracce ondulate e parallele dietro le spalle in ogni luogo, orme interminabili sulla spiaggia avevano il sapore di una corsa sfrenata e creata da sorrisi felici disegnati sul mare. Mentre mi muovevo leggera come il vento, ho imparato a fare piroette per

la casa, quasi dovessi diventare ballerina professionista. C’è chi si guardava allo specchio con me ed insieme ri-devamo di cuore, mentre ci accorgevamo che da così vicini, le nostre ruote diventavano otto. Vederci riflessi ‘seduti comodi’ per noi è sempre stata la normalità: la vita ci aveva concesso una sedia con le ruote che non tutti potevano permettersi».L’ironia con cui Giulia parla della sua disabilità non la-scia scampo a una dolcezza contagiosa e a un’emozio-ne dalla tenerezza infinita; «Questa è la mia vita – dice Giulia – che mi piace raccontare sulle note de ‘La mia storia’, una canzone del musicista Enrico Pesce». La vita di una ragazza che non si è mai arresa al destino e ha sempre proseguito nella direzione dei suoi sogni, che oggi significano poter studiare in Università a Torino per diventare, un giorno, un’insegnante.Ma parlare di ‘cuore’, per Giulia, ha ancora un altro significato: «E’ un termine che riconduco a una sola persona: mio fratello Mirco. Il cuore stesso è persona, perché è emozione, ci fa sentire male e bene allo stes-so tempo, è ‘giudice’ nelle scelte importanti ed è quasi sempre in disaccordo con la mente quando la strada che vorrebbe percorrere porta se stessi ad amarsi e a volersi bene nel senso più profondo del termine, seppur questo comporta il dover far i conti, a volte, con ferite che non hanno possibilità di essere ricucite. Tuttavia è consapevole di portare l’essere umano ad agire in modo irrazionale pur producendo del bene. Mirco oggi è una stella che da undici anni mi illumina la vita da lassù... Mirco era affetto da una subdola e vigliacca malattia: Distrofia Muscolare Duchenne, che l’ha portato via a soli 23 anni. È una malattia che priva di forza e robu-stezza tutti i muscoli del corpo, cuore compreso appun-to. Eppure Mirco fino alla fine ha sorriso alla vita, tra lui e la vita il vincitore è sempre stato lui, penso che ancora oggi sia così. Mio fratello in qualche modo mi ha fatto il dono più bello che potessi mai desiderare: mi ha lascia-to tutto il suo cuore, il suo sorriso, la sua forza, quella che fisicamente lo limitava, ma che allo stesso tempo esplodeva dentro. Mi ha insegnato a stare in piedi di fronte alla vita. Ecco dove trionfa il cuore, l’Amore, con la A maiuscola non a caso, che per citare Tiziano Ferro è una cosa semplice. Come posso negarlo?».Giulia non lascia trasparire sempre la sua forza d’animo.

Mantiene riservata la sua vita quasi fosse un segreto da svelare solo a chi, secondo lei, può comprenderlo. E ha deciso di raccontarsi a questa rubrica, ‘Mai contro Cuo-re’ perché «credo ci siano confidenze talmente potenti e belle da riuscire a penetrare nell’animo umano capa-ce a coglierle ed è ingiusto pensare di tenerle ‘congela-te’ per sempre negli abissi dell’anima. Ci sono persone che proprio come i treni passano una sola volta nella vita, lasciano il segno per poi volare via per sempre... L’impronta che hanno donato merita di essere tratte-nuta, merita di essere portatrice di bellezza, merita di essere un esempio per chiunque, un inizio che non ha fine come una rinascita, una storia di vita da raccontare nella quotidianità. E la mia vita, la mia storia, è proprio a queste persone che voglio dedicarla. Perché è proprio grazie a loro che oggi posso dire di vivere senza mai andare contro cuore».

di Sabrina Falanga

Mai contro cuoreSo stare in piedi di fronte alla vita

Rubrica a cura di Sabrina Falanga

I Social Network sono uno degli stru-menti maggiormente utilizzati nei casi di sensibilizzazione su un dato argomento. Tra questi, uno dei temi più affrontati è il mondo degli animali: sono tanti, infat-ti, i post pubblicati che appaiono come una “denuncia” sociale di maltrattamen-ti, abbandoni. Ma anche articoli inerenti a consigli e suggerimenti pratici per po-ter far star bene il nostro quattro zampe. C’è, però, un rischio in cui bisogna stare attenti a non incorrere: quello del creare falso allarmismo, il cosiddetto “terrori-smo da Social”. Su Facebook, infatti, si è liberi di scrivere ciò che si vuole (sen-za dimenticare che si può comunque in-correre in problemi di natura legale) e questo è una delle principali cause della disinformazione che corre veloce sulla piattaforma blu.

Un episodio che riguarda proprio i rischi della disinformazione è successo pro-prio agli educatori dell’Oasi Luna Ros-sa di Villarboit: insieme ai cani di cui si prendono cura, si trovavano a uno sgam-batoio. Come da regola, indossavano la “divisa” da lavoro, ovvero la tuta con i loghi dell’Oasi Luna Rossa in vista. Non è bastato, però, a far partire una catena di allarmismi su Facebook, dove è stato scritto che “alcune persone stavano por-

tando via dei cani”. Sono state, inoltre, coinvolte le Forze dell’Ordine che, però, hanno potuto immediatamente accertar-si dell’inesattezza dell’avvertimento vista la conoscenza diretta degli educatori in questione, con i quali è bastata una tele-fonata.

«Mi preme sottolineare che bisogna fare molta attenzione a ciò che si scrive sui Social quando si vuole fare una segnala-zione. Sono pienamente favorevole all’u-tilizzo di Facebook per sensibilizzare su determinati argomenti – dice Katia Gal-lo, educatrice dell’Oasi Luna Rossa – e sono consapevole dell’aiuto che un So-cial Network possa dare in casi di cani in difficoltà, abbandonati o maltrattati. È fondamentale però prima accertarsi del-le notizie che si stanno per dare: è bene, piuttosto, cercare il confronto con qual-che persona in più che potrebbe confer-mare o meno la cosa e solo dopo agire: le Forze dell’Ordine, innanzitutto, e poi an-che noi dell’Oasi Luna Rossa, a supporto, possiamo dare una mano nel capire cosa sta succedendo. Le conseguenze della di-sinformazione possono essere gravi sia per quanto riguarda le condizioni dell’a-nimale sia per la tutela delle persone che si vedono coinvolte ingiustamente e che si vedono, così, screditate senza aver

commesso nulla. Sui temi legati al mondo animale si legge e si vede di tutto: a volte capita anche che vengano condivisi video e fotografie di maltrattamenti, senza pri-ma pensare che potrebbero sia urtare la sensibilità di qualcuno sia, peggio anco-ra, creare fenomeno di emulazione».

Qua la zampaAttenzione ai facili allarmismi da social

pagina 17

di Sabrina Falanga

Rubrica

Sport

pagina 18

La chitarra di David Russell si prepara ad incantare StresaSabato 28 aprile il concerto dello scozzese che impressionò Segovia“Il palco del Palazzo dei Congressi è im-portante basti pensare che è stato cal-cato dal maestro Muti e da orchestre di fama mondiale tra cui la Philharmonica di Londra e l’Orchestra Filarmonica di Mosca. E ora tocca a David Russell: per noi è un grande onore averlo come ospi-te a Stresa”. Queste le parole di Albino Scarinzi, assessore comunale alla Cultu-ra di Stresa, pronunciate nel corso della conferenza stampa di presentazione del-la stagione musicale della capitale della Cultura del Lago Maggiore tenutasi lo scorso 19 aprile nella splendida cornice di palazzo Mayneri sede dell’Ordine dei Giornalisti di Torino. Ospite d’eccezione, il neo eletto consi-gliere regionale Luca Rossi: “Ritengo che Cultura e Turismo debbano andare a braccetto – ha rivelato – Iniziative di

questo genere non possono che fare bene al nostro territorio”. Un grammy vinto nel 2005 nella catego-ria miglior solista classico con il cd Aire Latino e l’appartenenza alla Royal Aca-demy of Music di Londra: è questo il cur-riculum di David Russell, scozzese classe 1953 tra i più grandi interpreti moder-ni della chitarra classica, in concerto a Stresa il 28 aprile alle ore 21, unica data italiana del musicista per il 2018.”Non

solo: Russell si fermerà nella nostra città per ben cinque giorni dal momento che terra anche una Masterclasse riservata a venti allievi d’eccezione – ha spiegato il maestro Christian Cocolicchio, presiden-te dell’associazione culturale Opus Lago Maggiore organizzatrice del prestigioso evento assieme a Fine Arts & Guitar e al Comune – Il 26, 27, 29 e 30 aprile l’ar-tista sarà a Villa Muggia a tenere delle speciali lezioni a giovani professionisti. Un’opportunità incredibile se pensia-mo che, abitualmente, Russell insegna alla Royal Accademy di Londra e all’U-niversità di Alicante, in Spagna, Al 15 di febbraio, infatti, i posti per partecipare alla Masterclasse erano già esauriti”. Il live dello scozzese è l’unico in Italia per il 2018 ed è stato inserito nel tour mon-diale dell’artista impegnato altresì a Chi-

cago, Miami, Atlanta, San Jose, Tucson e Toronto”. “Negli anni Sessanta nel nostro Comu-ne si esibì Andres Segovia ed ora tocca a Russell che ne ha seguito lo stile - ha proseguito Scarinzi - Si tratta di un ri-torno alle origini, un modo straordinario per dare il via alla stagione musicale cit-tadina 2018”.I biglietti dell’evento sono disponibili sul sito www.stresaconcerti.com oppure su

clappit.com. Per ulteriori informazioni è possibile inviare una email a [email protected] Non solo Russell. Sem-pre nella giornata di giovedì è stata pre-sentata la XXXVI edizione del Concorso Internazionale di Musica Città di Stre-sa organizzato sempre dall’associazione Opus Lago Maggiore con il patrocinio del Comune per la direzione artistica del maestro Christian Cocolicchio in pro-gramma il 18, 19 e 20 maggio. “Il Con-corso ha lo scopo di diffondere la cultura musicale e di stimolare i giovani allo stu-dio della musica sia nell’ambito solistico che in quello cameristico – ha spiegato Cocolicchio – L’evento è riservato a tut-ti i giovani musicisti italiani e stranieri. Crediamo che valorizzare lo studio della musica nonché l’incontro tra musicisti sia un modo di investire sulla cultura, crea-re una rete, promuovere la conoscenza: il tutto immersi nella splendida cornice del Lago Maggiore, un territorio tra i più belli d’Italia”. Le iscrizioni sono ancora aperte; per informazioni e comunica-zioni: www.stresaconcorsomusica2018.com; [email protected]

di Michela Trada

Versoprobo, cooperativa sociale operante nel settore dell’accoglienza di cittadini stranieri richiedenti asilo politico e protezione internazionale,

è sempre alla ricerca di figure professionali quali educatori, infermieri, operatori sociali, psicologi e mediatori culturali!

Se vuoi entrare a far parte del nostro staff invia il tuo curriculum [email protected] all’indirizzo

e visita il sito www.versoprobo.it

Michele Spreghini, il personal trainer dell’immagine sanaNell’epoca dell’immagine e dell’ipersano molti sognano il fisico perfetto. C’è chi si affida alle diete fatte in casa e allo “jogging estremo” senza ottenere risultati, chi si affi-da ai “santoni” da palestra di dubbia forma-zione, chi al chirurgo, chi alle sette e chi ai professionisti qualificati: i personal trainer e agli allenatori, quelle figure che incutono imbarazzo e disagio all’inizio per le loro ca-pacità al di fuori della (nostra) media. Molti ricordano il Sergente Hartman, altri lo fan-no perchè fa “figo” altri ancora addirittura seguendo discutibili correnti e ideologie di allenamento o diete estreme. Certo è che for-se non è noto a tutti come dietro ad un pro-gramma di allenamento ci siano calcoli, sta-tistiche, test e molta attendibilità scientifica, oltre che formazione, professionalità e studio continuo da parte di chi ha come obiettivo il rimetterci in forma. Poi se un professionista preparato rende tutto più leggero attraverso la simpatia la salita appare meno ripida.Michele “Sprek” Spreghini è istruttore, per-sonal trainer e divulgatore conosciuto e au-torevole sul web nella fitness comunity ed è il fondatore di FIT for Dummies, progetto nato per rendere un percorso fatto di ostaco-li, fatica e sacrifici come il fitness una conti-nua ricerca serena delle potenzialità del no-stro corpo. Parleremo con Sprek del legame indissolubile tra alimentazione e stare bene con il proprio corpo.Come ci si deve alimentare per con-trollare il peso?

Rafa Nadal aggiunge un pezzo di leggenda alla storia del tennis. L’inarrestabile spagno-lo ha vinto gli ultimi 36 set giocati sulla ter-ra rossa, conquistando nell’ultima fatica per l’undicesima volta il titolo di Montecarlo che coincide anche con il 76esimo torneo vinto e il 31esimo Masters 1000. Nishikori è tornato tra i primi trenta ma nulla ha potuto contro Rafa che si è imposto 6-3 6-2 in un’ora e 33 minuti sul giapponese, battuto per la deci-ma volta in 12 confronti diretti. Con l’ultimo successo è allontanato anche per il momento il pericolo di un sorpasso al vertice di Roger Federer. Anche il giapponese Nishikori ha dato spettacolo: per la quarta volta finalista sconfitto in un Masters 1000, ma recuperato ai più alti livelli dopo cinque mesi tormen-tati a causa di un infortunio a polso destro: ci ha provato, almeno all’inizio, a contrasta-re, ma poi il ritmo e la pesantezza di palla di Nadal hanno scavato il solco decisivo. Kei, che tornerà nei primi 30 del mondo (era 36 prima del torneo), lui che per tre anni è sta-to top ten con la miglior classifica al numero

4, è stato anzi il primo avversario della set-timana a trovarsi in vantaggio di un break (2-1) contro lo spagnolo. Ha cercato di esse-re aggressivo fin da subito, di spingere molto da fondo, di aprirsi il campo con il rovescio incrociato, ma con un gioco dispendioso e che non gli appartiene ancora del tutto. Fino al 3-3 del primo set c’è stata partita, poi le parabole cariche di potenza di Rafa, la sua pressione con i piedi sulla riga di fondo han-no mandato fuori giri Nishikori. Più che il dritto, al solito ficcante (13 vincenti) , sono stati il rovescio bimane, diagonale sulla qua-le non soffre più e anzi gli consente di trova-re gli angoli per far male poi con l’uncino di dritto e la seconda di servizio (70% di punti vinti nel torneo, il migliore di tutti) le vere armi in più di Rafa e quelle che gli consen-tiranno di partire favorito con chiunque per tutta la stagione sulla terra.

Le persone cercano soluzioni semplici e ma-giche come la pozione di Asterix, ma non esistono. La sedentarietà di oggi , non quella di ieri perchè è frutto di una società che cam-bia e che si rende meccanizzata per buona parte della sua totalità. Non è difficile per-dere peso, serve solo tempo e volontà. Biso-gna prendersi il tempo che non si era preso prima per volersi bene. Innanzi tutto biso-gna prendere coscienza di quello che ci ha portato ad ingrassare, iniziando a controlla-re i pasti. Per questo è utile farsi un diario giornaliero. Ci fa ingrassare quello che è in più, siamo arrivati all’equilibrio quando il mio peso non sale e non scende più. Quel-lo che ingeriamo lo trasformiamo in ener-gia, è fisica. Ma non deve essere una gale-ra: dobbiamo essere solo consapevoli della quantità energetica di cui necessitiamo per affrontare la giornata. È totalmente dannoso il digiuno per giorni, interrotto da abbuffa-te...bisogna stare attenti per non cadere nei disturbi alimentari. Poi bisogna consumare prodotti di stagione e fonti alimentari meno lavorate possibile oltre che iniziare a leggere bene le etichette per riconoscere i macro e i micronutrienti e tutti i comparti vitaminici e minerali. L’organismo ha sempre bisogno di energie, non è una questione di metaboli-smo, dobbiamo fornirgli energie che entrano in circolo subito...ma è una via magistra che richiede tempo.

Come si può raggiungere il giusto equi-librio?Bisogna essere senz’altro meno sedentari e prendersi del tempo per accettarsi per come si è senza paranoie. Tutto parte prima dalla testa: salute, bellezza, scelta delle fonte ali-mentari adeguate con l’etichetta più corta possibile, il giusto bilanciamento tra grassi saturi che devono essere pochi rispetto al to-tale lipidico dell’alimento.

Lo stesso discorso vale per gli sportivi di professione?Innanzitutto bisogna contestualizzare l’atti-vità fisica. Ogni sport fatto a certi livelli varia allenamento e alimentazione, perchè richie-de sistemi energetici differenti. C’è chi come Bolt si allena quattro anni per soli 10 secondi di gara, in cui deve dare in massimo per ar-rivare sul tetto del mondo in uno scatto e al-tri come i maratoneti che invece corrono per ore...sono sistemi energetici differenti che hanno proprie regole di funzionamento...e poi dipende molto anche dal metabolismo dell’atleta. Sta di fatto che la nutrizione è una cosa sera che segue regole scientifiche sia nello sport agonistico sia in quello ama-toriale.

Secondo te una dieta selettiva come quella vegana può essere efficace?Se si abbraccia uno stile di vita alimentare si devono conoscere tutte le conseguenze. Ci deve essere consapevolezza alimentare. Uno stile di alimentazione non va ghettizzato, ma equilibrato. Non è la dieta in sé che fa rag-giungere una forma fisica ottimale, ma il cal-colo calorico dato da calorie assunte, neces-sarie e bruciate. L’apporto proteico vegetale è più povero rispetto a quello animale, ma rimpiazzabile. Conosco e alleno molti atleti natural di body building e non è l’abitudine alimentare che fa.

di Deborah Villarboito

di Deborah Villarboito

pagina 19

foto ansa

Sport

Tennis, immenso Nadal: vince a Montecarlo per l’undicesima volta

Chiara Pellacani, Vladimir Barbu, Gio-vanni Tocci e Andrea Chiarabini sono i campioni italiani al termine dei cam-pionati Assoluti indoor di tuffi, conclu-sosi alla piscina Monumentale di To-rino. I primi due si sono aggiudicati il titolo tricolore dalla piattaforma, Tocci e Chiarabini hanno invece vinto l’oro nel trampolino 3 metri sincro. Chiara Pella-cani, romana classe 2002 tesserata per la Sport Fratelli Marconi, ha vinto con 253,50 punti davanti a Maia Biginelli e Silvia Murianni. Vladimir Barbu, ven-tenne carabiniere trentino, ha ottenuto 409,30 punti e si è imposto su Riccar-do Giovannini e Mattia Placidi. Nel sin-cro Tocci e Chiarabini hanno totalizzato 399,27 punti, vincendo in volata la sfi-da con Lorenzo Marsaglia e Tommaso Rinaldi, argento. Il bronzo è andato a Francesco Porco e Andrea Cosoli. Nel-la classifica per società ha chiuso al pri-mo posto il Gruppo Sportivo della Poli-zia, le Fiamme Oro Roma (150), davanti alla MR Sport Fratelli Marconi (132) e al Cosenza (129,50). prima edizione senza Tania Cagnotto, che ha rivestito il ruolo di commentatrice Rai dopo il ritiro dal-

le gare, mentre nulla di fatto per la ne-omamma Francesca Dellapè in gara nel trampolino da un metro. Presenti i mi-gliori interpreti del mondo dei tuffi, vi-sta l’imminente edizione dei campiona-ti europei in programma a Edimburgo dal 6 al 12 agosto. I campionati Italiani sono stati infatti prova di selezione per le rassegne europee: 76 atleti al via, 34

in campo femminile e 42 in quello ma-schile, con la presenza di due atleti spa-gnoli, Nicolas Garcia e Alberto Arevalo.

di Deborah Villarboito

Sport

pagina 20

Le promesse dei tutti stupiscono Torino: Pellacani, Barbu, Tocci, Chiarabini sugli scudi

Ciclismo: Gino Bartali cittadino onorario di IsraeleGino Bartali riceverà la cittadinanza ono-raria di Israele. Dopo il riconoscimento del 2013 di Bartali come “giusto tra le Nazioni” per aver contribuito a salvare 800 ebrei du-rante l’occupazione nazista in Italia, il ciclista verrà insignito della cittadinanza onoraria dello stato ebraico. La cerimonia, postuma, è in programma per il 2 maggio a Gerusa-lemme, dove due giorni dopo partirà il Giro d’Italia e in occasione dei 70 anni dello sta-to ebraico. Lo ha annunciato il portavoce di Yad Vashem, il Museo della Shoah della Città Santa sul sito “Pagine ebraiche” anticipando che all’evento parteciperanno anche un rap-presentante della famiglia Bartali e alcuni corridori del Giro. “La legge sui Giusti delle nazioni consente a Yad Vashem la prerogativa di conferire anche, in casi particolari, una cit-tadinanza onoraria di Israele a chi fosse anco-ra in vita, oppure postuma ai suoi congiunti - ha spiegato il portavoce Simmy Allen -, una procedura molto rara e che viene usata con il contagocce”. Il destino sportivo di Bartali e quello degli ebrei perseguitati si incontra-rono durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale: molto tempo dopo la fine del con-flitto e diversi anni dopo la morte del cam-pione venne a galla che Bartali era riuscito a mettere in salvo alcuni israeliti che vivevano nella zona di Firenze facendo da «staffetta» e trasportando clandestinamente documenti nascosti nel telaio della sua bicicletta durante gli allenamenti, su richiesta dell’allora cardi-nale di Firenze Elia Dalla Costa.

di Deborah Villarboito

Storica maratona di Boston

Pellegrini punta alla velocità

Per la prima volta dal 1985 una statunitense sale sul podio più alto della Maratona di Boston. La campionessa olimpica del Michigan, Desiree Linden, ha tagliato infatti il traguardo per prima, sfidando il maltempo, con un tempo di 2h39’54”. Anche se si tratta di una vittoria che arriva dopo 33 anni, il tempo registrato dalla Linden è tutta-via il risultato più basso per una donna dal 1978. Sul gradino più alto del podio, fra gli uomini, è salito il giapponese Yuki Kawauchi, con il tem-po di 2h15’59”. E’ il primo vincitore giapponese dal 1987. La Maratona di Boston, la più antica del mondo, si corre ogni terzo lunedì di aprile. Quest’anno è giunta alla 122/a edizione e segna anche il quinto anniversario dell’attentato in cui una bomba uccise tre persone e ne ferì centinaia.

“Coraggio? Ho abbandonato la mia ‘gara’ per dedicarmi alla velocità: in questo momento del nuoto, ci va tanto coraggio per prendere questa decisione”. Così Federica Pellegrini, durante l’e-vento organizzato da Head&Shoulders e che ha visto salire sul palco la nuotatrice azzurra in com-pagnia del portiere della Juventus, Gianluigi Buf-fon. “Personaggi come noi sono divisivi, lo sappia-mo bene - ha aggiunto la Pellegrini -, ma è giusto andare avanti con le proprie idee, anche questo è coraggio”. L’atleta azzurra ha anche scherzato sulle notizie di gossip: “Ho un fidanzato a Milano, ma non lo conosco”, svelando anche le proprie prefe-renze sportive: “Mi piacciono gli sport artistici, il pattinaggio di figura, il nuoto sincronizzato. Non li ho mai potuti praticare ma mi piace molto guar-darli”.

Film, mostre ed eventi da non perdere!Eventi

Film

Mostre

Eventi

Avengers: Infinity War

Avengers: Infinity War è un film di genere avventura, azione, fantasy del 2018, diretto da Anthony Russo, Joe Russo, con Chris Pratt e Scarlett Jo-hansson. Uscita al cinema il 25 aprile 2018. Durata 149 minuti.

Loro 1 è un film di genere biografico, drammatico del 2018, diretto da Paolo Sor-rentino, con Toni Servillo e Elena Sofia Ricci. Uscita al cinema il 24 aprile 2018. Durata 104 minuti. Distribuito da Universal Pictures.

Apre al pubblico la Torre di Rem Koolhas

Dal 20 aprile, la Fondazione Prada è pronta ad aprire al pubblico l’ultimo spazio ideato d Rem Koolhas:”Torre” stuttura ricavata da una distilleria dei primi del Novecento, al suo interno diverse atmosfere coinvolgono il visitatore in uno spettacolo unico.

World Press Photo 2018

Dal 27 Aprile al 27 Maggio 2018 a Palazzo delle Esposizioni in prima assoluta italiana, sarà tenuta la mostra fotografica World Press Photo 2018. Opere di artisti da tutto il mondo in una cornice suggestiva.

“Eravamo cacciatori di teste”

In mostra al Mudec, Milano via Tortona 56, la mostra che ricalca le orme degli abitanti della Nuova Guinea: cannibali, cacciatori di teste ma anche abili scultori, in un percorso espositivo affascinate e misterioso.

Sapori siculi a Piacenza

Dal 27 al 29 aprile, a Piacenza, nella sede di Eataly, in scena il mercato dedica-to alla tradizione culinaria siciliana. Prodotti tipici regioni ed eccellenze sono le proposte di questa iniziativa all’insegna del buon gusto.

pagina 22