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NUOVI CICLI DI VITA PER ARCHITETTURE E INFRASTRUTTURE DEL PAESAGGIO TRENTINO CLAUDIA BATTAINO GIORGIO CACCIAGUERRA MAURIZIO COSTANTINI VINCENZO CRIBARI CORRADO DIAMANTINI ANDREA REVOLTI STEFANIA STANISCIA LUCA ZECCHIN

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NUOVI CICLI DI VITA PER ARCHITETTURE E INFRASTRUTTURE DEL PAESAGGIO TRENTINO

CLAUDIA BATTAINOGIORGIO CACCIAGUERRAMAURIZIO COSTANTINIVINCENZO CRIBARICORRADO DIAMANTINIANDREA REVOLTISTEFANIA STANISCIALUCA ZECCHIN

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Autori: Claudia Battaino, Giorgio Cacciaguerra,Maurizio Costantini, Vincenzo Cribari, Corrado Diamantini, Andrea Revolti, Stefania Staniscia, Luca Zecchin

Copyright © MMXVIGioacchino Onorati editore S.r.l. – unipersonale

[email protected]

via Sotto le Mura, 5400020 Canterano (RM)(06) 45551463

ISBN 978–88–548–9906–3

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale,con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: Dicembre 2016

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PRIN 2013/2016PROGETTI DI RICERCA DI INTERESSE NAZIONALEArea Scientifico-disciplinare08: Ingegneria civile ed Architettura 100%

Unità di RicercaUniversità degli Studi di Trento

Giorgio Cacciaguerra [PO]Coordinatore dell'Unità Locale

Maurizio Costantini [PO]Corrado Diamantini [PO]Claudio Lamanna [PAC]Giuseppe Scaglione [PAC]Claudia Battaino [PA]

Vincenzo CribariCristina MattiucciAndrea RevoltiChiara RizziStefania StanisciaLuca Zecchin

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INTRODUZIONE

Era ora. 40 anni di mancato Re-cycleGiorgio Cacciaguerra

RE-CYCLE TRENTINO

Re-cycle. Un'esperienza alla scala di territorio: il tratto della Valle dell’Adige a nord di TrentoCorrado Diamantini, Vincenzo Cribari, Stefania Stanisica

Re-cycle Design. Implicazioni di un concetto per l’architettura e la cittàClaudia Battaino, Luca Zecchin

Aspetti tecnologici del Re-cycleMaurizio Costantini, Andrea Revolti

INDICE

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I luoghi della futura rigenerazione urbana come attrezzature universitarieArea ex CTE e barchesse di Palazzo delle Albere a Trento, 2015

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In occasione delle prime riunioni delle Unità Locali del Programma di Ri-cerca Scientifica di Rilevante Interesse Nazionale “RECYCLE ITALY. Nuovi cicli di vita per architetture ed infrastrutture della città e del paesaggio” ricor-do la viva discussione in merito al titolo. L’obiettivo era quello di chiarire se il termine fosse il più idoneo ad indicare le infinite sfaccettature che il tema doveva comprendere. Si parlò molto della differenziazione del termi-ne re-cycle rispetto ad altri sinonimi ed affini e di come esso dovesse essere il meno riduttivo, così da raccogliere e comprendere altri significati affini quali la rigenerazione, il riuso, la rifunzionalizzazione, ecc. Si ricercava un sostantivo unico ed incisivo applicabile variabilmente al territorio, ai siti ur-bani, all’edificato ed alle singole cose.Ogni ricercatore trentino, nelle riunioni di progressione della ricerca, si è orientato verso quella sfaccettatura del tema maggiormente coerente con gli interessi del settore scientifico disciplinare. La varietà, in conse-guenza risultata, è frutto della necessaria interdisciplinarietà didattica e del variegato interesse culturale proprio del Corso di Laurea di Ingegneria Edile-Architettura. Il gruppo di ricerca ha giustamente affrontato la vasta tematica riconducendo i singoli approfondimenti agli interessi della propria

ERA ORA. 40 ANNI DI MANCATO RE-CYCLE

Giorgio CacciaguerraCoordinatore dell'Unità Locale

> UNITN - DICAM

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disciplina. Così architetti, ingegneri, urbanisti, pianificatori, ambientalisti, paesaggisti, compositivi, recuperatori, restauratori, ed altri ancora, si sono applicati rispetto ad una libertà relativa conseguente all’approfondimento di settore. Ne è nata un’interessante e diversificata ricerca, testimoniata da più risultati editati e fra questi alcuni qui riportati. Appare tuttavia corretto trasferire alcune note riguardo ai saggi contenuti in questo volume.Il primo, come ricorda il prof. Corrado Diamantini, ha affrontato la tematica del “re-cycling”, assumendo come materiali progettuali gli esiti sedimenta-ti dei progetti di dispersione insediativa e, insieme, sottolineando l’esigenza di dare un nuovo ruolo ed una nuova immagine ai luoghi in crisi. L’atten-zione era rivolta al fatto che questa operazione non si risolvesse soltanto nell’adattamento a qualsivoglia funzione e neppure nella composizione di un collage di singoli interventi progettuali slegati tra loro. Si è cercato poi di evidenziare che il Piano dovrebbe portare all’integrazione fra processi insediativi e processi naturali, riconsiderando in questa chiave il tema del consumo del suolo.Il secondo saggio, come sottolinea la prof. Claudia Battaino, ha inteso ap-profondire le strategie del progetto di “re-cycle architettonico” applicato ad edifici ed a tessuti insediativi del recente passato - in uso, sotto utilizzati o abbandonati - che si presentano come unità morfologiche indipenden-ti, dotate di relazioni interne autonome, solo debolmente legate alla città, caratterizzate dalla bassa qualità tecnologica dei manufatti e della bassa articolazione o intensità spaziale.Il terzo saggio, come evidenzia il prof. Maurizio Costantini, ha indagato le potenzialità ed attualità del “re-cycle tecnologico” di materiali analizzando la normativa esistente, studiando metodi, in varia misura oggettivi, di valu-tazione degli effetti dei materiali sull’ambiente, individuando e sviluppan-do casi di studio caratteristici e specifici, ed infine procedurando modalità produttive per intervenire nel recupero di costruzioni in quota ad impatto quasi zero.

ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLA RICERCA “RI.U.SO. RIGENERAZIONE URBANA SOSTENIBILE”

Senza dilungarmi nella presentazione dei saggi, rimandandone alla let-tura, desidero trasferire alcune riflessioni sul tema della Rigenerazione e

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Sostenibilità delle città e del territorio, temi che, dal terremoto in Friuli del 1976, mi hanno visto partecipe e che periodicamente vengono ancor oggi ripresi senza mai giungere ad una ponderata ed efficace risoluzione.Da molti anni si parla di rigenerazione del costruito, ma ancora, in occa-sione dell’ennesimo terremoto nell’Italia centrale, si argomenta su come si dovrebbe procedere per non essere sottoposti alle calamità e forse ancora una volta le giuste intenzioni cadranno nell’oblio. Il contributo che ha carat-terizzato una parte del gruppo di ricerca trentino si identifica con l’acronimo RI.U.SO cioè Rigenerazione Urbana Sostenibile, tema che ha rappresentato anche uno degli obiettivi primari di divulgazione e sensibilizzazione degli architetti del Consiglio Nazionale Architetti Pianificatori Paesaggisti e Con-servatori che col gruppo hanno collaborato e prodotto due pubblicazioni.Nel convegno collegiale di Milano Fiera del 2013, il presidente del CNPAIA Leopoldo Freyrie, in uno con ANCE, LEGAMBIENTE e FEDERLEGNO, al fine

CNAPPC, Dossier RI.U.SO., 2012 e 2015

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di sollecitare il governo verso innovative politiche di rigenerazione delle cit-tà e delle periferie, dei centri e dei borghi storici artistici, per contribuire alla risoluzione dei problemi a ciò connessi sono state stabilite delle im-mediate finalità:

- stimolare politiche di rigenerazione del costruito nel tessuto debole delle città e dei centri storici minori;- proporre politiche di rispetto del territorio, considerato naturale risorsa oggetto di progressiva ed irrazionale aggressione e riduzione;- stimolare politiche di adeguamento della sicurezza sismica e di rispar-mio energetico per tutto il patrimonio edificato, sia pubblico che privato, un progetto che, seppur necessitante di un volano economico iniziale, si trasformeresse in un retrofit generale e produttivo in pochi decenni;- stimolare la qualità urbana nelle periferie delle grandi città, come negli agglomerati urbani minori, nei centri storici e nei borghi rurali, elementi preziosi della rete del caratteristico tessuto insediativo italiano;- proporre criteri di trasformazione delle città e di parte di esse secondo standards prestazionali e servizi moderni che rispettino, anzi esaltino, l’ar-chitettura, la funzionalità e la dotazione tecnologica del vivere e dell’abitare.

Secondo alcune indagini di una ricerca CNAPPC - CRESME, in Italia oltre 6 milioni di edifici e 24 milioni di persone vivono in zone a rischio sismico, oltre il 70% dei fabbricati sono costruiti secondo norme anteriori alle at-tuali norme sismiche, 1,2 milioni di costruzioni residenziali e 5,5 milioni di abitanti vivono in zone a grave rischio idrogeologico. Il 75% del patrimonio abitativo è costruito nell’ambito urbano delle grandi città e circa il 55% dei manufatti residenziali ha più di quarant’anni di vita senza alcuna manuten-zione. Quasi 3 milioni di costruzioni sono in stato di conservazione pessimo o mediocre. Le città grandi, medie e piccole sono spesso obsolete rispetto a standards e parametri urbanistici, architettonici, funzionali, tecnologici, ecologici ecc., che oggi consideriamo come minimali. Servono strategie per riutilizzare l’ingente patrimonio immobiliare a più di-mensioni, sia in termini di scale di intervento (interventi strutturali e di pro-cesso), sia in termini di ambito d’azione (economico, ambientale, sociale) con continuità nel tempo e nel rispetto delle specificità dei contesti.Al di là delle calamità, che pur segnano annualmente la nostra vita, una saggia politica di rigenerazione e manutenzione dovrebbe essere la miglio-

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re risposta di qualsiasi classe politica alle caratteristiche naturali del no-stro paese e forse - anche se sembra ai più un assunto irrazionale - di una politica meno costosa rispetto al trend attuale. Risparmio dei costi ener-getici, qualità della vita, costi di ripristino delle emergenze, rigenerazione del patrimonio artistico, naturale e storico culturale, rappresentano fattori e valori esistenziali a valenza economica meramente positiva nel rilancio dell’economia, anche se spesso sono inopinatamente disattesi. Mettere in sicurezza il Paese in modo antisismico costerebbe tanto quanto speso dal dopoguerra in risposta alle devastazioni di terremoti e catastrofi naturali. Basta riferirsi all’ordine di grandezza della voce annua costante nel bilancio dello Stato di 3 miliardi di Euro per le varie catastrofi del territorio. Servo-no quindi strategie per riutilizzare l’ingente patrimonio costruito pubblico e privato a più livelli e con diverse scale di intervento (di processo di costruzio-ne o ristrutturazione) e con diversi quadri d’azione (economico, ambientale, sociale). Qualsiasi sia la strategia di intervento, dalla revisione urbanistica ai modi della azione ed ai criteri di finanziamento, la definizione politica degli in-centivi deve essere indirizzata generalmente al recupero di comparti urbani unitari con particolare riferimento ai valori dei centri storici antichi (propo-sta ANCSA). È l’occasione per varare una nuova politica urbanistica abban-donando la pianificazione prescrittiva, caratterizzata da progressivi e rigidi strumenti cui ancora siamo ancorati. La scalarità dei piani della 1150 e la complessità degli iter approvativi continuerà a produrre scarsi risultati tem-poralmente troppo lontani dalle previsioni progettuali. Con la attuale strut-tura normativa urbanistica non è possibile alcun risultato positivo per una società sempre più veloce ed in costante mutazione; bisogna allora appro-fondire i criteri della “Pianificazione strategica” come coesione di azioni di programmi e progetti in un modello che quasi ci richiama al modello razio-nalista del “Masterplan”. Nello studio dei processi realizzativi messi in atto da altri Paesi, anch’essi oggetto dell’analisi del nostro partner CNAPPC, si riscontra sempre una legislazione ad hoc sia per il processo urbanistico che per la gestione dei programmi (ad esempio il ricorso a speciali Agenzie sul territorio in Francia) tale da rendere immediatamente efficaci ed operative le decisioni e le disposizioni progettuali. È dunque indispensabile ed urgen-te che il Paese si dia un piano strategico nazionale per la Rigenerazione urbana e territoriale che ponga le basi per il raggiungimento dei seguenti obiettivi.

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1. URBANISTICA E TERRITORIO

- Provvedere, dopo 75 anni di gestazione, al radicale rinnovamento della materia urbanistica nazionale e del governo del territorio con la neces-sità di innovazioni e la formulazione di direttive generali idonee all’appro-fondimento frutto delle giuste autonomie regionali. Testimoniare il falli-mento della pianificazione azzonativa, dei regolamenti edilizi comunali e della sovrapposizione delle diverse pianificazioni di settore.- Riconoscere le esigenze specifiche del territorio (paesaggio) nel quadro delle politiche nazionali e europee, armonizzare l'uso del territorio con le esigenze e con gli obiettivi ecologici, gestire le risorse ed il territorio in modo parsimonioso e compatibile con l'ambiente, riconoscere gli interes-si specifici della popolazione mediante un impegno rivolto ad assicurare nel tempo le basi dello sviluppo sociale. Infine perseguire ed avvalorare il rispetto ambientale e paesaggistico, in quanto la conservazione non può essere intesa scevra da trasformazioni territoriali e architettoniche, in quanto il paesaggio è il riferimento per il perseguimento di uno sviluppo sostenibile in termini culturali, economici, ecologici, ambientali e sociali. Il paesaggio deve continuare a palesare il passato ma deve prospettare anche il futuro, dobbiamo riprendere i precetti e le regole che da sempre hanno governato la sua costruzione e trasformazione. In quest’ottica si de-vono prospettare programmi strategici e coordinati, individuati dall’insieme normativo vigente, che portino ad orientare i processi di riconoscimento e caratterizzazione delle diverse identità paesaggistiche, affinché per ogni porzione omogenea di territorio si possa mettere a frutto il reale valore, definendo specifiche azioni di intervento.- Limitare il consumo del suolo e favorire il ripristino della naturalità ai siti dismessi urbanizzati e cementati. Riduzione del consumo del suolo e risparmio del suolo naturale produttivo. Definizione dei criteri di bonifica delle aree in cui richiedere il ripristino alla permeabilità, politiche di incen-tivi e sgravi fiscali.- Rigenerare le periferie e le zone deboli della città. Le periferie urbane, le aree demaniali, i grossi complessi industriali della prima industrializ-zazione del secolo scorso, sono oggetto di studi in conseguenza della loro dismissione funzionale. In alcune città, con particolare rilievo nel Nord, Nord-Est, la sdemanializzazione delle strutture militari mette ora a dispo-sizione una risorsa territoriale potenzialmente edificabile con infrastruttu-