Nuova T-Max 400 da Kodak - fotografia.it · dallo scatto alla stampa bianconero. E’ vero che una...

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138 Bianconero Nuova T-Max 400 da Kodak Un articolo su una nuova pellicola. Perché? Può interessare? Domande lecite, me le sono poste io stesso, prima di mettere mano a questo lavoro. Sta di fatto che Kodak ha appe- na presentato una nuova versione della sua T-Max 400, una pellicola in bian- conero che, quando venne presentata la prima volta negli anni Ottanta, insieme alla sorella decisamente meno sensibi- le la T-Max 100, fece grande scalpore perché prometteva (e manteneva) una grana decisamente più fine rispetto a quella delle altre emulsioni di pari sensibilità. La T-Max 400 permetteva infatti di scattare a 400 ISO ma con la grana di una 100 ISO. Oggi tutto questo sa quasi di preistoria, se pensiamo agli scatti a 1600 ISO con le reflex digitali dell’ultima genera- zione, ma ciononostante io rimango un appassionato del bianconero, anche se uso spesso i sistemi digitali; non posso quindi che salutare con gioia questa nuova proposta di Kodak. La prova Ho sulla scrivania i rullini in formato 135; faccio una ricerca per capire se c’è anche del 120, ma no, la T-Max 400 New in Italia è disponibile solo in formato 135. Peccato. Comunque a Rochester, negli USA, la pellicola viene stesa anche in formato 120. Con che macchina lavorare? Ho una ampia scelta, ed alla fine decido per una Nikon 601AF, dato che ho bisogno del sistema reflex; e poi un solo obiet- tivo, un Nikon 35-70mm f/3.3-4.5, una fondina, un paio di rulli di scorta, i filtri giallo, arancio e rosso, e via. E’ una domenica mattina e la città La nuova pellicola bianconero di Kodak non è un semplice restyling, ma offre miglioramenti effettivi. La T-Max 400 ha una risoluzione simile a quella della 125 PX, nonostante la sensibilità sia molto maggiore. Test confronto con le altre pellicole e con la ripresa digitale.

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Bianconero NuovaT-Max 400da Kodak

Un articolo su una nuova pellicola. Perché? Può interessare? Domande lecite, me le sono poste io stesso, prima di mettere mano a questo lavoro. Sta di fatto che Kodak ha appe-na presentato una nuova versione della sua T-Max 400, una pellicola in bian-conero che, quando venne presentata la prima volta negli anni Ottanta, insieme alla sorella decisamente meno sensibi-le la T-Max 100, fece grande scalpore perché prometteva (e manteneva) una grana decisamente più fine rispetto a quella delle altre emulsioni di pari

sensibilità. La T-Max 400 permetteva infatti di scattare a 400 ISO ma con la grana di una 100 ISO.Oggi tutto questo sa quasi di preistoria, se pensiamo agli scatti a 1600 ISO con le reflex digitali dell’ultima genera-zione, ma ciononostante io rimango un appassionato del bianconero, anche se uso spesso i sistemi digitali; non posso quindi che salutare con gioia questa nuova proposta di Kodak.

La provaHo sulla scrivania i rullini in formato

135; faccio una ricerca per capire se c’è anche del 120, ma no, la T-Max 400 New in Italia è disponibile solo in formato 135. Peccato. Comunque a Rochester, negli USA, la pellicola viene stesa anche in formato 120.Con che macchina lavorare? Ho una ampia scelta, ed alla fine decido per una Nikon 601AF, dato che ho bisogno del sistema reflex; e poi un solo obiet-tivo, un Nikon 35-70mm f/3.3-4.5, una fondina, un paio di rulli di scorta, i filtri giallo, arancio e rosso, e via.E’ una domenica mattina e la città

La nuova pellicola bianconero di Kodak non è un semplice restyling,ma offre miglioramenti effettivi. La T-Max 400 ha una risoluzione simile

a quella della 125 PX, nonostante la sensibilità sia molto maggiore.Test confronto con le altre pellicole e con la ripresa digitale.

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ancora addormentata, l’aria è pulita per un vento di tramontana ed il cielo è sereno con nuvole sfilacciate; il silenzio è rotto dal rumore degli scatti e dell’avanzamento della pellicola della macchina, un rumore a cui le macchine digitali mi avevano tolto l’abitudine. Alla fine decido di salire in cima al Duomo: punto verso il centro città e sono sotto la cattedrale. Scale o ascen-sore? Meglio l’ascensore. In pochi minuti mi ritrovo a “galleggiare” sulla città, sui marmi che ricoprono questa vera e propria montagna di pietra scolpita.

Controllo di aver impostato la sensibi-lità di 400 ISO della pellicola e comin-cio a scattare; il mirino della 601AF è decisamente più grande e luminoso di quelli delle reflex digitali Aps. Qualche vantaggio a scattare con le macchine a pellicola c’è ancora! Mi accorgo subito che sono molto più attento alle impostazioni rispetto a quando scatto in digitale; qui i mar-gini di errore a cui si può rimediare in post-produzione sono certamente minori. Valuto quindi in modo critico i suggerimenti dell’esposimetro; di solito scatto a 100 ISO e non riesco ad

accettare per buone le coppie tempo/diaframma suggerite dalla macchina a 400 Iso. C’è poi il bagliore del marmo, sotto il sole che finalmente comincia ad illuminare la scena e decido di esegui-re dei bracketing in sovra-esposizione. Dove il cielo è sereno c’è un bel colore blu intenso: metto sull’obiettivo il filtro arancio, ma lo sostituisco poco dopo con quello rosso, voglio cieli scuri, quasi neri, su cui far stagliare le guglie sormontate dalle statue. Ad ogni scatto si sente il rumore metal-lico dello specchio, dell’otturatore, del trascinamento della pellicola, del riar-

Lo sviluppo Kodak T-Max RS a due com-ponenti.

La Nikon F610 AF con obiettivo 35-70mm AF che abbiamo utilizzato per le prove.

Una serie di pellicole bianconero Kodak.

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mo dell’otturatore: sono circondato da decine di turisti che fotografano, ma le loro fotocamere sono silenziosissime, compatte e reflex digitali, o telefonini; se un sorvegliante mi dicesse che è vie-tato scattare con macchine a pellicola perché troppo rumorose per questo luogo non potrei dargli torto. Per eli-minare almeno uno dei miei “rumori fotografici” disabilito l’autofocus. Intanto il primo rullo è terminato, sul display lampeggia la scritta “end”; premo contemporaneamente i due pul-santi per riavvolgere il rullino ed osser-vo sul display i numeri dei fotogrammi che scorrono a ritroso.Ripongo il rullino nella borsa e ne infi-lo uno nuovo nella macchina. Rispetto alla ripresa digitale ho una percezione diversa, sento che nel rullino appe-na riposto ci sono “fisicamente” 36 fotografie, sento di aver alterato la

materia con la luce, quasi una sorta di primo disegno sulla pietra, le immagini latenti, in attesa che la chimica inizi a scolpire i soggetti. Il primo rullo è “volato” a causa del bracketing, ma mi rendo ugualmente conto di aver scattato pochissimo, ponderando ogni inquadratura in modo molto maggiore rispetto alla ripresa digitale.La macchina è pesante e ingombrante, non ho cinghie (la fretta...), quindi la tengo in mano e scatto quasi furti-vamente per paura di disturbare. Ma che diavolo! Quando nell’800 arrivò la fotografia, non si continuò forse a dipingere? In fotografia invece, con l’ingresso del digitale, non solo c’è una forte diminuzione degli scatti su pellicola, ma un’altrettanto forte diminuzione della domanda di fotografie stampate,

sostituite dalla fugace visione delle immagini a monitor o nelle cosiddette “cornici digitali”. Certo il sensore è più comodo della pellicola, ma la rinuncia a stampare è una perdita per la nostra “memoria”.

L’originalità del bianconeroAncora oggi è impossibile non rima-nere affascinati dal percorso che porta dallo scatto alla stampa bianconero. E’ vero che una fotografia va giudicata per i suoi contenuti, ma la fotografia non è solo immagine, è qualcosa di più, ed il supporto ne è parte integrante; nel caso di una stampa in camera oscura l’autore l’ha “quasi fabbricata a mano”. Chiedo ad amici addetti ai lavori il loro punto di vista sul percorso analogico e ne vengono fuori commenti interessan-ti. “La stampa all’argento è un pezzo unico, differente da ogni altra. La foto-

Ripresa con focale 35mm: il filtro arancione permette di dare rilievo alle guglie del duomo. Anche in questa immagine si nota la tenuta del dettaglio sia nelle ombre che nelle luci; la grana è visibile nelle zone uniformi, come il cielo. La stampa è stata eseguita su cartoncino 24x30cm.

grafia analogica nasce essenzialmente nel momento dello scatto, mentre nel caso del digitale l’immagine può essere completamente stravolta a computer.” E’ vero che nel ‘900 i negativi, specie i ritratti, venivano pesantemente ritoc-cati, letteralmente ridisegnati con chine coprenti e matita grassa per migliorare il soggetto, e che le stampe venivano a loro volta pesantemente ritoccate con le matite ed anche con i colori arrivando addirittura a trasformare un ritratto in bianconero in uno a colori. L’immagine però nella sua sostanza era lo scatto originario, senza contare che il ritocco rendeva la fotografia ancor più un “pezzo unico” avvicinandola in modo evidente alla pittura.

La provaLa prima domanda che mi pongo è se vi siano differenze evidenti tra la vecchia e la nuova T-Max 400. Sembrerebbe facile fare questo confronto, ma trovare nei negozi la vecchia pellicola è stato più complicato di quello che pensassi; comunque sono fortunato e riesco a trovare un rullo non ancora scaduto. Bene, ma a questo punto perché non estendere il confronto alle altre emul-sioni Kodak? Mi procuro anche un rullo di 125 PX, la mitica Plus X, un rullo dell’altrettanta mitica 400 TX, la TriX, ed aggiungo la T-Max 100 che si può considerare uno standard di riferimento. Per completez-za mancherebbe la 320 TXP e la T-Max 3200, ma per la elevata sensibilità il confronto non sarebbe omogeneo. La prova quindi si concentra sulle due T-Max 400, vecchia e nuova, sulla T-Max 100, sulla 400 TX e sulla 125 PX.E perché non dare un’occhiatina anche al digitale? Perché non inserire nel confronto anche uno scatto fatto con una reflex Aps ed uno con una compatta?Allestisco quindi una sorta di banco di prova con mire di riferimento, carta millimetrata, righelli, una vecchia carta geografica e l’intramontabile orologio Omega Speedmaster che ho usato per anni in diverse prove e che alla fine sarà il soggetto più convincente per i confronti. Inizio a scattare con le diverse pel-licole e poi con le macchine digitali, avendo cura di mantenere la stessa focale; negli scatti in digitale cambio la distanza di ripresa per inquadrare la stessa porzione della scena.

T-Max 400 New e la T-Max 400 a confronto.Nel confronto tra la nuova T-Max 400 New e la vecchia T-Max 400 i miglioramenti sono evidenti.

A confronto: T-Max 400 New, T-Max 100, 125 PX e 400 TX.Estendiamo ora il confronto alle pellicole 125 PX e 400TX: in termini di nitidezza la palma va naturalmente alla T-Max 100, grazie alla bassa sensibilità, ma la dif-ferenza con la T-Max 400 New è però appena percettibile.La 125 PX non solo è inferiore alla T-Max 100, ma addirittura anche alla T-Max 400 New. La 400 TX, la mitica Tri X, mostra una risoluzione decisamente inferiore rispetto a tutte le altre emulsioni. Come sviluppo è stato utilizzato Kodak T-Max RS in Rotary Tube, secondo i tempi, le temperature e le diluizioni suggerite da Kodak.

LE PELLICOLE A CONFRONTO

Scatto usando la luce dei bank, con le macchine montate in sequenza su stati-vo, utilizzando un comando a distanza ed effettuando dei bracketing sull’espo-sizione (variando la potenza dei bank) e sulla messa a fuoco. Al termine delle riprese consegno i negativi al laboratorio di Donato Navone per avere la certezza di un trat-tamento perfetto e controllato; utilizza infatti tank a cilindro termostatate della Jobo e rispetta alla lettera le diluizioni, i tempi e le temperature raccomandate da Kodak. Per tutti i rulli utilizza lo sviluppo Kodak T-Max RS.Per esaminare gli scatti utilizziamo un microscopio 25x e individuiamo così gli scatti con la migliore messa a fuoco; pro-

cediamo quindi con la stampa. Per tutti gli scatti eseguiamo un ingran-dimento di 26x, stampando per ragioni di comodità solo la parte centrale di ogni negativo; come supporto utilizziamo un cartoncino politenato 24x30cm e cer-chiamo di mantenere lo stesso contrasto su tutte le stampe, anche se le pellicole sono diverse. Per darvi un’idea di che cos’è nella realtà un ingrandimento 26x pensate che la testa dell’ingranditore è tal-mente lontana dal piano di stampa che per eseguire la focheggiatura occorre essere in due, uno controlla il fuoco con il focometro appoggiato sul piano di stampa, mentre l’altro ruota in modo fine la manopola di messa a fuoco fino

a che nell’oculare del focometro non appare la fatidica grana.Nel buio della camera oscura, richiara-ta dalle lampade rosse, si crea per un momento una situazione da U-Boot: un uomo al periscopio e l’altro pronto in camera di lancio a tirare la leva dei fati-dici siluri; qui l’unica differenza è che si grida “A fuoco!” e non “Fuoco!” Una “A” può fare una grande differenza....E’ molto raro che da un fotogramma 24x36mm si pretenda una stampa di dimensioni oltre 60x90cm, ma abbiamo esasperato volutamente l’ingrandimento alla caccia delle differenze di grana tra un’emulsione e l’altra. Anticipiamo i risultati del confronto sen-sore-pellicola: gli scatti in digitale, pur nel

1- Scatto su pellicola T-Max 400 NEW2- La scansione diretta del soggetto su scan-ner piano a 1200 ppi.

Su pellicola l’orologio è lungo circa 3 millimetri; 1mm di negativo corrisponde a 26mm sull’immagine finale, per cui il negativo è stato ingrandito di 26 volte. L’intero negativo ingrandito (nel riquadro a destra un particolare), corrisponde ad una stampa di circa 60x90cm.

1- Scatto su pellicola T-Max 400 NEW

Ingrandimento 26X

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Nonostante il controluce, le ombre sono ancora leggibili.Foto di Guido Amato.

formato Aps-C, hanno fornito una sensa-zione di dettaglio e nitidezza superiore a quanto offerto dalla pellicola. Diciamo “sensazione” perché in pratica, anche la pellicola permette di leggere tutti i dettagli utili del soggetto: è indubbio che, a quegli ingrandimenti, il “velo” della grana riduce non poco la sensazione di nitidezza, ma non va dimenticato che in caso di neces-sità si potrebbe sempre usare una pellicola medio formato, se non addirittura le lastre 10x12cm. Con un 6x7cm sono necessari “solo” 12 ingrandimenti per ottenere una stampa di circa 60x90cm e in questo caso la grana è appena percettibile. Insomma, nella scelta tra digitale e pellico-la, grana e risoluzione non costituiscono una effettiva discriminante, basta scegliere il for-mato adatto al lavoro che si vuole eseguire.Se poi ci si limita a stampe in forma-to 24x30cm, e in certi casi anche al 30x40cm, la grana quasi non si vede nonostante i 400 Iso della pellicola. Interessante anche la prova sul qua-drante dell’orologio: nella realtà ha un diametro di 35mm e sul negativo si è trasformato in un’immagine non più lunga di 3mm; con l’ingrandimento di 26x, sulla stampa sono comparsi tutti i dettagli, o quasi, anche quelli di cui non ci si accorge osservando il soggetto originale.

ConclusioniLe nostre prove hanno rilevato gli effet-tivi miglioramenti della nuova T-Max 400 rispetto all’emulsione precedente. Kodak dichiara che questa è la pellicola 400 Iso con la grana più fine al mondo,

Ringraziamo Donato Navone,titolare del Laboratorio di StampaBianconero ProfessionaleDonato Navone.

Milano, via Bernardino Verro 41.Tel.: 02/84.66.851.

dal potere risolvente di 200 linee per millimetro con mira di contrasto 1000:1 contro le 125 linee per millimetro dell’emulsione precedente. La T-Max 400 ha quindi lo stesso pote-re risolvente della T-Max 100, ma con il grande vantaggio di ben due stop in più, che possono tradursi in tempi di scatto più veloci o una maggiore chiu-sura di diaframma.Il procedimento all’argento, obbligan-do alla stampa, è certamente più labo-

rioso e richiede più tempo rispetto alla osservazione a monitor dell’immagine digitale ma, alla fine, che fretta abbia-mo? E’ proprio necessario andare così di fretta?In un momento in cui non si sente parlare altro che di dismissioni della produzione di emulsioni è con vero piacere che salutiamo questa nuova pellicola Kodak.

Gerardo Bonomo