Fotografia professionale

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Premessa Questo ebook è stato creato utilizzando gli articoli presenti nel blog di Marco Crupi

www.marcocrupifoto.blogspot.com molti dei quali sono stati scritti da lui, un grosso contributo

lo ha dato il sito www.fotografare.com in particolar modo gli utenti Mambasoft e Attilio grandi

fotografi che hanno contribuito dando il permesso di inserire dei loro articoli riguardanti gli

aspetti più complessi e tecnici della tecnica fotografica.

Le varie sezioni del libro saranno costantemente aggiornate, questo ebook si può considerare

come un progetto “Open Source” chiunque noti degli errori, abbia suggerimenti per migliorare

gli articoli esistenti o voglia contribuire scrivendone dei nuovi può rivolgersi al seguente

indirizzo e-mail: [email protected]

Indice

Articoli introduttivi:

La pazienza pagina 3

1 foto su 100 pagina 4

Il fotoritocco è lecito? pagina 5

Sviluppare e allenare l'occhio fotografico pagina 6

Fotocamere digitali: guida all'acquisto pagina 7

Creare un set fotografico amatoriale per oggetti pagina 11

Articoli sulla Tecnica fotografica:

La prospettiva lineare e area pagina 12

La composizione dell'immagine pagina 14

Diaframma e profondità di campo pagina 15

La coppia tempo-diaframma pagina 26

Otturatore, tempi ed esposizione pagina 27

Fotografia notturna pagina 37

Realizzazione di foto con tempi lunghi pagina 41

Come fotografare le gocce d'acqua e riflettere al loro interno delle faccine pagina 45

Il ritratto, la scelta delle ottiche pagina 46

Il ritratto, la luce naturale pagina 48

Il ritratto, l'ausilio del flash ( singolo e multiplo ) pagina 51

Articoli sulla Post produzione

Regolazione del contrasto e della luminosità pagina 59

Il ritaglio pagina 60

Lavorare sui murales pagina 62

Articoli sul Fotoritocco:

Il colore selettivo pagina 64

Creare foto in HDR pagina 66

Bordi brillanti pagina 67

Disegnare con la fotografia pagina 69

Come colorare gli occhi con Photoshop pagina 71

Effetto Che Guevara pagina 74

Texportrait e guida base all'utilizzo dei livelli pagina 77

Emulare la tecnica fotografica di Dave Hill pagina 79

Come sostituire il volto di un'immagine col proprio pagina 84

Ombre colorate con Photoshop pagina 86

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Articoli introduttivi: La Pazienza

La fotografia da un certo punto di vista è come la pesca, si deve essere molto pazienti, la pazienza è una virtù che un fotografo obbligatoriamente deve avere. Per scattare la foto che vedete in alto sono stato più di 30 minuti con l'occhio sul mirino della mia digitale per scattare al momento giusto e soprattutto nel modo giusto. E' una questione anche di fortuna, per un nonnulla una bella foto potrebbe venire mossa, senza esagerare durante quella partita di basket realizzai più di 300 scatti di cui uno solo risultò accettabile. "Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità" di Pablo Neruda

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Articoli introduttivi: 1 foto su 100

Camminavo per la spiaggia di Santo Saba, un paesino in provincia di Messina, avevo in mano la mia macchina digitale, era una giornata di mare agitato, cielo grigio e mare idem. Ad essere sincero non speravo di realizzare una foto che mi piacesse, in quel posto avevo già realizzato degli scatti effettuati nelle medesime condizioni climatiche, mi avevano dato molta soddisfazione, ed ero scettico potesse ripetersi il miracolo.

Questa foto a inizio post è l'unica foto che ho selezionato tra più di 100 scatti effettuati quel giorno. Un fotografo a mio avviso, deve essere molto pignolo e critico con se stesso nel selezionare le foto che finiranno nella sua galleria fotografica. Io dopo un'escursione fotografica, su più di 100 scatti ne seleziono 1 o 2 ( quando va bene ) da inserire nella mia galleria fotografica. Certe volte mi è capitato di non essere soddisfatto di nessuna delle mie fotografie.

"La bellezza è cominciata quando qualcuno a cominciato a scegliere" di Roberto Benigni

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Articoli introduttivi: Il fotoritocco è lecito?

Questo è un argomento ormai vecchio come il mondo, girando per la rete ho trovato una discussione che reputo degna di nota, da essa ho preso un intervento di un utente, la discussione è visualizzabile a questo link Premesso che regolare contrasto, livelli, temperatura colore, non è fotoritocco! ma semplici operazioni necessarie, che prima delegavamo al laboratorio di stampa al quale affidavamo i rullini, e che adesso dobbiamo fare noi prima di consegnare i file. Si ritoccava pesantemente anche in camera oscura, solo che erano in pochi a saperlo fare bene, e la massa al massimo realizzava solo qualche ritaglio, mentre adesso i programmi hanno ampiamente semplificato la cosa, rendendola alla portata di molte persone! Se lo scopo è rendere la foto come il fotografo l'aveva pensata, allora è perfettamente lecito, anzi necessario! Nessuno si lamenta con un pittore perché il suo quadro non è esattamente come il soggetto, o perché il soggetto è visibilmente migliorato! Se invece lo scopo è spacciare per vera una foto ritoccata, ad esempio a fini giornalistici, allora bisogna fare un distinguo: il ritocco altera il messaggio della foto fuorviandone il significato, o serve onestamente a valorizzarne il contenuto? Qui la linea diventa sottile, mi viene in mente la foto del soldato americano che punta l'arma contro il bambino, si trattava di un fotomontaggio, che però ha fatto il giro del

mondo prima di essere svelato! questo è palesemente un caso di cattivo uso!

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Se invece per far vedere la povertà di una persona la convinciamo a posare per noi, invece di rubargli un ritratto, e magari togliamo qualche elemento di disturbo: un albero che spunta dalla testa, è lecito? Anche con la pellicola avremmo chiesto il ritratto, ma togliere l'albero non sarebbe stato alla portata di tutti in camera oscura. Tolto l'albero abbiamo alterato il significato della foto? certamente no, anzi l'abbiamo resa più chiara, in questo caso secondo me è lecito. Se al congresso della ditta A, iniziamo a clonare le persone per dimostrare che la

sala era piena, stiamo certamente barando. Glamour, fashion ed affini rappresentano un mondo a parte, solo delle persone particolarmente ingenue possono credere che in questo genere di foto non vi sia un pesante intervento in PP combinato con un meticoloso lavoro di trucco! potremmo paragonarle ad un quadro o ad una statua, se l'artista è stato bravo il risultato può differire molto dall'originale. Articolo scritto da MambASoft

Articoli introduttivi: Sviluppare e allenare l'occhio fotografico

Come si diventa dei bravi fotografi? Osservando! Imparare ad osservare, non è una cosa facile, un fotografo di alto livello ha un modo di guardare diverso rispetto alla media. Per acquisire un "occhio fotografico" si deve fare molta pratica con la macchina fotografica, uscire per la città ( o dove vi pare a voi ) fotografando tutto quello che vi attira, sperimentando inquadrature diverse, "fotografare, fotografare e fotografare il più possibile per migliorare" come mi disse un fotografo di mia conoscienza. Guardare le foto dei grandi maestri della fotografia è un notevole aiuto, io ho fatto grandi passi avanti guardando e riguardando "Le 100 foto più belle della national

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geographic", libro regalatomi da una mia cara amica. Iscrivetevi a siti come Panoramio e Flckr condividendo le vostre foto con altri utenti, ricevendo consigli e imparando da quelli più esperti ( un metodo ottimo ). Oltre alle fotografie vi consiglio di guardare con particolare attenzione i quadri dei grandi artisti! Io personalmente penso che, anche leggere fumetti sia un modo per allenare l'occhio, i fumetti di qualità hanno spesso inquadrature geniali e una composizione

dell'immagine perfetta ( una vignetta tratta dal fumetto "Corto Maltese" di Hugo Pratt ).

Anche guardare film d'autore è un ottima cosa, fate particolare attenzione alle inquadrature, potete imparare molto da esse, per fare un esempio, film come Mary Poppins o "Gli Intoccabili" presentano delle inquadrature che potrebbero benissimo essere delle stupende fotografie. Insomma, fate attenzione a ogni immagine che vi capiti sotto tiro, analizzatela e imparate da essa.

Articoli introduttivi: Fotocamere digitali, guida all'acquisto

Fotocamere analogiche e digitali Quando si scatta una foto con una macchina fotografica tradizionale, la luce dell'immagine ripresa impressiona la pellicola grazie ad alcune proprietà fisico-chimiche di quest'ultima. Attraverso ad un procedimento simile l'immagine viene poi trasferita dalla pellicola alla carta, in modo che sia possibile vedere ovunque la fotografia scattata.

Nelle macchine digitali non vi è alcune pellicola: al suo posto trova spazio un sensore (ccd o cmos), che converte l'energia luminosa dell'immagine ripresa in impulsi elettrici. Gli impulsi elettrici vengono organizzati in un file di immagine, che viene archiviato su una scheda di memoria.

Sensore Il CCD è costituito da una griglia di sensori disposti su un'area rettangolare. La scena fotografata viene scomposta in un insieme di punti rettangolari chiamati pixel, il cui colore è determinato da ciascuno dei sensori della griglia (se un sensore è colpito da luce rossa, produrrà un pixel rosso).

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Facciamo qualche esempio. Se possedessimo un CCD costituito da una griglia 20x15, l'immagine prodotta sarebbe larga 20 pixel e larga 15, quindi avrebbe un totale di 20*15=300 pixel. La stessa scena, fotografata con un CCD da 200x150 punti, sarebbe costituita da 30.000 pixel.

Foto costituita da 20 x 15 = 300 punti

Foto costituita da 200 x 150 = 30.000 punti

Più elevato è il numero di punti del sensore, più alta è la definizione dell'immagine prodotta; più informazione è contenuta nell'immagine, più spazio sarà necessario per salvarla in memoria ( quindi, a parità di spazio, sarà possibile archiviare un minor numero di foto ). Il numero di pixel presenti su un CCD è in realtà molto più elevato degli esempi sopracitati, al punto che ormai l'unità di misura della definizione di un sensore CCD è il MegaPixel ( MPixel, 1.000.000 di pixel ). Quanti Megapixel? Attualmente è possibile acquistare fotocamere con sensori da 1 a 35MPixel, partendo da quella grossa come una carta di credito per arrivare alla reflex professionale con obiettivi intercambiabili. Per stabilire quanti megapixel dovrà avere la propria macchina fotografica digitale, è necessario pensare che destinazione avranno le foto scattate. Se si è convinti di vedere le foto esclusivamente sul monitor del proprio computer, potrebbe essere sufficiente una macchina da 1 Mpixel. Se oltre a vedere le foto sul computer si desidera farle stampare in formato 10x15cm, è d'obbligo acquistare un modello da 2Mpixel. E se capitasse di voler stampare una foto particolarmente significativa in formato 20x30cm ? Sarà meglio orientarsi su una macchina da 3Mpixel in su (questo è il mio consiglio). Tutte le macchine fotografiche con sensori da 2Mpixel in su permettono di scattare

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foto a risoluzioni minori della massima, per sfruttare meglio la memoria a disposizione. Fotografare la stessa scena a risoluzioni diverse permette di scoprire come cambiano i dettagli al variare del numero di megapixel del sensore. Attenzione alle truffe Alcune macchine fotografiche di marche sconosciute dichiarano di avere 4Mpixel. Leggendo le caratteristiche tecniche si scopre in realtà che il sensore è da 1 o 2Mpixel, e che i 4Mpixel sono interpolati. L'interpolazione è un procedimento che aumenta il numero di pixel inventando i pixel mancanti (non aumentano i dettagli, aumenta solo il numero di pixel e il peso della foto).

2 parole sui cellulari: La lente ( argomento di cui ora parleremo ) è un importante caratteristica, oggi i cellulari moderni hanno sensori da almeno 2 megapixel, ma a differenza delle macchine digitali con lenti più grandi scattano fotografia di bassa qualità, proprio per la lente troppo piccola e di scarsa qualità, in plastica. Inoltre, i sensori dei cellulari sono interpolati. L’interpolazione è un procedimento che aumenta il numero di pixel inventando i pixel mancanti tramite software, aumenta solo il numero di pixel e il peso della foto.

Obiettivo E' sbagliato pensare che la bontà dell'obiettivo di una macchina digitale sia un fattore di secondaria importanza: i raggi luminosi, per arrivare al sensore CCD, passano per l'obiettivo. Anche il miglior sensore al mondo, posto dietro ad un obiettivo scadente, produrrà immagini di scadenti. Una buona garanzia sulla qualità delle ottiche è la marca: aziende con molta esperienza nel campo della fotografia tradizionale monteranno sulle proprie fotocamere digitali ottiche di alta qualità. Possiamo dividere le macchine fotografiche digitali in tre categorie in base alle ottiche montate. I modelli più piccoli ed economici montano ottiche fisse, senza alcuno zoom. A meno che non si abbiano particolari esigenze di miniaturizzazione, sconsiglio di acquistarle. Vi sono poi i modelli con obiettivo fisso e zoom ottico. Questi modelli coprono la maggior parte delle esigenze dell'utilizzatore medio (punterei su queste). Infine troviamo i modelli con ottiche intercambiabili. Più costosi e ingombranti, sono destinati ai professionisti o a chi è disposto a spendere anche molto per amore della fotografia. La maggior parte delle macchine fotografiche sopra i 2 megapixel hanno obiettivi di tipo macro, in grado cioè di fotografare oggetti a distanza ravvicinata. E' impossibile riprendere soggetti di piccole dimensioni (fiori, insetti, etc) senza funzione macro, pertanto sconsiglio di acquistare fotocamere che ne siano prive. Attenzione alle truffe sulle ottiche Spesso i costruttori pubblicizzano i propri prodotti generando confusione sui concetti di zoom ottico e zoom digitale. Lo zoom ottico indica quante volte l'obiettivo è in grado di ingrandire l'immagine originale; lo zoom digitale è invece un procedimento simile all'interpolazione (vengono creati nuovi pixel cercando di indovinarne il colore). Quando si acquista una fotocamera bisogna quindi tenere conto dello zoom ottico.

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Display LCD Uno degli indubbi vantaggi delle fotocamere digitali è il vedere subito se una foto è venuta. Se è venuta male, la si potrà cancellare (liberando spazio in memoria) e rifarla subito, senza che l'occasione della fotografia svanisca. Oltre che per visualizzare le foto, il display LCD permette di leggere informazioni sullo stato della fotocamera (scatti rimanenti, livello delle batterie, etc.) e di muoversi nei menù di configurazione (tempo di esposizione, regolazione del diaframma, correzione dei colori in base alla luce ambientale, etc). Attenzione, più un display è grande maggiore sarà il suo assorbimento energetico: buona parte dell'energia delle batteria viene assorbita dal display, al punto che su molte fotocamere è possibile spegnerlo.

Dimensioni Le dimensioni della fotocamera sono un aspetto che viene spesso trascurato a favore delle caratteristiche più tecniche. Se però è vero che le macchine digitali professionali sono tecnicamente ineccepibili, sono anche molto più ingombranti di quelle di fascia media e bassa. Una macchina fotografica ingombrante finisce per essere lasciata spesso a casa, se non quando si esce già sapendo che si faranno foto (feste, compleanni, etc). Una fotocamera di dimensioni ridotte può invece essere portata sempre appresso senza dare fastidio, ed usata ogniqualvolta lo si voglia: sarà possibile immortalare una situazione insolita a scuola o sul lavoro, uno scorcio particolare, un'albero le cui foglie domani potrebbero essere di un'altro colore, etc.

Batterie: Possiamo dividere le macchine fotografiche in due categorie in base al tipo di batteria utilizzato: quelle che usano battery pack e quelle che usano batterie standard (di solito stilo, size AA). Non so consigliarvi quale dei due tipi sia migliore, tuttavia cercherò di sottolineare i pregi e i difetti di entrambi. Battery-pack: sono pacchi di batterie, spesso acquistabili solo originali (per questa ragione sono costosi). Di solito le fotocamere che usano battery-pack includono il caricabatterie nella confezione. Il vantaggio dei battery-pack è che sono costituiti da elementi al litio, quindi caricabili molte volte senza il cosiddetto "effetto memoria". Batterie stilo (o di altro formato standard): lo svantaggio è che attualmente non esistono ancora al litio: l'acquisto obbligatorio è di batterie ni-mh (hanno effetto memoria quindi andrebbero scaricate completamente prima di ricaricarle). Il vantaggio è dato dalla loro standardizzazione: si trovano ovunque, così come i caricabatterie, e se proprio è necessario scattare quell'ultima foto, sarà sempre possibile acquistare una confezione di batterie anche non ricaricabili.

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Articoli introduttivi: Creare un set fotografico amatoriale per oggetti

Questo articolo è stato scritto da Tolunay ed è stato preso a questo Link.

Per la costruzione di un set fotografico "fai da te" per fotografare oggetti di medie dimensioni abbiamo bisogno dei seguenti materiali:

- Una scatola di cartone con coperchio ( dimensioni a vostro piacere , adatte agli oggetti da fotografare )

- Carta Alu da cucina

- Fogli bianchi ( senza righe , da stampa o preferibili da fax )

- Nastro adesivo

- Un pennarello

- Forbici

Se abbiamo tutto il materiale possiamo iniziare a lavorare.

1°) Prima di tutto togliamo il coperchio dalla scatola.

2°) Con le forbici tagliamo due lati di una faccia del parallelepipedo in modo di formare come una specie di ponte levatoio ( è la parte indicata col cerchio rosso nell’immagine ). Nella parte che abbiamo appena tagliato , disegniamo con il pennarello la sagoma della macchina fotografica o facciamo una semplice X per indicare che la macchina deve essere posizionata in quel punto.

3°) Ora prendiamo i fogli bianchi e copriamo tutta la parte interna della scatola assemblando i fogli con il nastro adesivo come indicato nella fotografia, facendo attenzione a non formare angoli, i fogli devono essere curvi.

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4°) Tagliamo dei piccoli pezzi di carta alu e li incolliamo nei lati a sinistra e a destra in alto, come nella fotografia. Se abbiamo svolto il nostro lavoro correttamente il risultato dovrebbe essere simile o uguale alla fotografia. Il coperchio lo mettiamo come nell’immagine per diminuire la potenza del flash.

Ora siamo pronti per scattare la foto poizionando la macchina sopra la X o la sagoma che abbiamo disegnato.

Il risultato finale è questo:

Ovviamente evitate di mettere il nastro adesivo nel punto in cui dovete posizionare gli oggetti, a differenza di come ha fatto il creatore di questo articolo ;D

Siccome i diffusori di luce ( carta alu ) hanno fatto il loro dovere correttamente abbiamo una luce omogenea su tutto lo spazio e se abbiamo evitato gli angoli mentre assemblavamo i fogli possiamo notare la discontinuità. Una volta usato il nostro set, chiudiamo il coperchio ed… è pronto per utilizzarlo di nuovo.

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Articoli sulla Tecnica fotografica: La Prospettiva lineare e aerea

Prospettiva lineare: Questo è un argomento estremamente interessante e complicato da spiegare ( almeno per me ), spero che la guida sia abbastanza chiara e di facile comprensione. Quando guardiamo le foto dei grandi maestri o semplicemente di fotografi più avanti di noi, notiamo subito che la maggior parte dei loro scatti oltre a un'estrema pulizia dell'immagine ha un senso di profondità che solitamente nelle foto di un principiante raramente notiamo. Questa apparenza tridimensionale delle immagini dipende dal modo in cui si fa uso della prospettiva lineare e aerea. In un soggetto la prospettiva lineare è creata da linee che sembrano convergere verso uno o più "punti di fuga". Per dare un senso tridimensionale alla foto dovete far convergere queste linee. I punti di fuga possono essere all'interno dell'inquadratura o si possono trovare anche in posizioni immaginarie fuori dalla fotografia. Ricordatevi che un'immagine può avere uno o più punti di fuga. Un esempio di un'immagine con un solo punto di fuga la trovate guardando la foto in questo post. Noterete che le nuvole creano come delle linee immaginarie che convergono in un punto fuori dalla foto portando lo sguardo dell'osservatore in quella direzione. Vengono a crearsi due o più punti di fuga quando nell'immagine ci sono linee o superfici ad angolo retto l'una con l'altra e oblique rispetto al piano dell'immagine. Questo è un disegno che ho preso come esempio a questo link:

Le linee dei muri dell'edificio sembrano convergere verso due punti di fuga differenti situati al di fuori dell'immagine. Per mettere in risalto la prospettiva lineare sono importanti il punto e l'angolazione di ripresa, nonchè la focale dell'obbiettivo. Fotografando da breve distanza con un'obiettivo grandangolare si ottiene una prospettiva accentuata, le linee orizzontali che si allontanano convergono dando l'impressione che angoli, muri ed elementi analoghi situati nelle vicinanze incombano in direzione della fotocamera, mentre fotografando da lontano con un obiettivo di lunga focale si crea una prospettiva appiattita. L'angolazione della fotocamera rispetto alle linee principali del soggetto determina le

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superfici che saranno rese più oblique (con aumento della sensazione di profondità) e quelle che saranno rese frontalmente, con l'effetto opposto. Prospettiva aerea: In un paesaggio gli oggetti situati a distanze differenti tendono ad apparire progressivamente più chiari e meno contrastati man mano che sono più lontani dalla fotocamera, questi mutamenti tonali creano la prospettiva aerea. Un esempio di prospettiva aerea la potete trovare nella foto a questo post dove noterete che il cielo e il mare man mano che si allontanano dalla digitale come detto sopra divengono più chiari e meno contrastati. Nelle foto ad interni è utile sfruttare la prospettiva aerea per far sembrare un ambiente molto più grande di quanto sia in realtà.

Articoli sulla Tecnica fotografica: La composizione dell'immagine

In questo articolo parlerò della composizione dell'immagine, premetto che molti riescono a fare delle belle foto perché hanno un senso della composizione innato, altri perché l'hanno imparato strada facendo, a riguardo consiglio di leggere la guida su come allenare

e sviluppare l'occhio fotografico. La fotocamera a differenza dell'occhio umano registra tutto, quindi quello che ai nostri occhi in un primo momento è sfuggito risultando invisibile in foto si vedrà, con conseguente

delusione del fotografo. Quindi prima di scattare una foto si deve esaminare attentamente sia il soggetto principale che gli elementi secondari, per non avere brutte sorprese in seguito ( uno dei vantaggi del digitale rispetto alla pellicola è il poter eliminare più facilmente gli elementi di disturbo dell'immagine ). Ci tengo a dire che non esistono regole fisse che non possano essere trasgredite. Alcune fra le migliori fotografie ignorano qualsiasi regola del disegno, ma a meno che non abbiate un genio istintivo è meglio seguire le regole. Secondo la mia esperienza personale ci sono 4 regole fondamentali da rispettare: 1°) Centrare bene quello che vi interessa, questo non significa che il soggetto della fotografia debba stare al centro dell'immagine, anzi, molto meglio se il soggetto principale è decentrato.

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2°) Non dividete mai la fotografia con una linea verticale o orizzontale passante per il centro, come potrebbe essere un palo o un albero. Inoltre l'orizzonte dovrebbe essere al di sopra o al di sotto del centro. Per esempio se si fotografa il mare la linea di orizzonte non deve stare mai al centro, ma si deve dare più spazio al cielo oppure all'acqua. 3°) Se si fotografa un panorama state bene attenti che la linea di orizzonte non sia storta, è orrendo vedere una foto in discesa o in salita, consiglio di fare più scatti fino a che non si è sicuri di aver realizzato almeno una foto con la linea di orizzonte perfettamente dritta. 4°) Prima di scattare, cercate il punto di vista migliore, provate ad inquadrare prima con la macchina in orizzontale e poi, senza spostarvi, guardate la stessa cosa ruotando la macchina di 90°, spesso basta questo per cambiare volto ad una foto. Bisogna cercare il centro d'interesse della scena che si vuole inquadrare e valorizzarlo il più possibile, si può intervenire in post produzione utilizzando lo strumento di ritaglio, oppure sfruttare la differenza tonale tra il soggetto e lo sfondo ( per capire meglio di cosa parlo guardate la foto in questo articolo ). Soggetto chiaro e fondo scuro ( o viceversa ) in questo modo si attira subito l'attenzione dell'osservatore. Quando guardate all’interno del mirino, tracciate ipoteticamente quattro linee equidistanti ( alcune fotocamere digitali fanno apparire queste linee nel monitor ), due orizzontali e due verticali ( come nel gioco del tris ) l'occhio umano è portato a fermarsi su alcuni punti chiamati "punti forti dell'immagine" che saranno gli incroci delle linee, queste linee comporranno 9 riquadri. A questo punto il soggetto principale della vostra foto dovrà trovarsi in uno degli incroci formati dalle linee. Ritrarre esseri viventi: Uno degli errori ( o orrori ) più comuni è quello di inquadrare il soggetto ponendolo semplicemente al centro della nostra inquadratura senza riprenderlo nella sua interezza. Provate ad esempio a guardare la foto di una persona a cui non sono stati inquadrati i piedi o la cui testa è stata in parte tagliata, avvertirete un senso di fastidio. Molti pensano che basti semplicemente immortalare con la propria macchina fotografica una scena che in quel momento gli trasmette delle particolari sensazioni per poi attraverso quell'immagine farle provare anche ad altri, non c'è idea più sbagliata, senza lo studio, la tecnica e l'esperienza solo voi ( forse ) proverete delle emozioni davanti a quello scatto, emozioni scatenate dal ricordo che in voi suscita quell'immagine, la fotografia come tutte le arti ha una sua logica, non basta fare click per trasmettere qualcosa a chi guarda.

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Articoli sulla Tecnica fotografica: Diaframma e profondità di campo PRIMA PARTE Ho pensato di scrivere alcuni tutorial con le nozioni di base, per aiutare chi si accosta per la prima volta al mondo delle reflex. Il tutorial è diviso in 2 parti, la prima è quella essenziale, la seconda detta Approfondimenti contiene nozioni più complesse che è meglio ignorare finché non si avrà ben famigliarizzato con la prima parte del tutorial, ed anche in seguito potreste non sentirne mai la necessità. Se la vostra passione cresce, consiglio caldamente l'acquisto di qualche buon libro per approfondirla. Il diaframma è un mezzo con cui possiamo regolare la quantità di luce che arriva al sensore, esso è composto da una serie di lamelle che scorrono l'una sull'altra chiudendo o aprendo un foto centrale attraverso cui passa la luce, come fa l'iride con l'occhio. Per capirci meglio facciamo un esempio idraulico: perché la foto venga bene il sensore/pellicola deve ricevere la corretta quantità di luce, immaginiamo che il sensore sia una vasca da bagno, per farsi bagno serve una certa quantità di acqua (acqua=luce) il rubinetto (=diaframma) dosa il flusso di acqua ed il tempo che impiega la vasca a riempirsi è il tempo di esposizione.

Osserviamo subito come i numeri più piccoli indicano maggiore luce, mentre i numeri più grandi indicano meno luce. Valori tipici del diaframma sono: f/1 – f/1,4 - f/2 – f/2,8 - f/4 – f/5,6 - f/8 - f/11 - f/16 - f/22 – f/32 naturalmente esistono anche i valori intermedi (vedi Approfondimenti). A questo punto è necessario un altro sforzo per capire cosa é la profondità di campo o più brevemente la PDC. Il nostro occhio non ha una risoluzione infinita, ad un certo punto non riesce più a distinguere quando due punti sono semplicemente molto vicini o quando effettivamente sono un punto unico, proprio su questo fatto si basa il concetto di circolo di confusione (vedi Approfondimenti), ovvero noi vediamo come un punto unico quello che in realtà è composto da due o più punti. Se mettiamo a fuoco un soggetto posto alla distanza di 4 metri, tutto ciò che è posto a 4 metri sarà perfettamente a fuoco, mentre ciò che è più lontano (anche a 4,01m) o più vicino sarà fuori fuoco, in realtà proprio grazie all'incapacità del nostro occhio di distinguere i punti troppo vicini, la messa a fuoco non è così selettiva, abbiamo così incontrato la profondità di campo cioè la misura di quanto questa zona di nitidezza sia estesa!

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Riassumendo la PDC è lo spazio che ci appare nitido davanti e dietro al nostro soggetto. Essa dipende solo dalla focale e dal diaframma (vedi Approfondimenti). Perché accade tutto ciò? Più aperto è il diaframma più largo è il fascio di luce che disegna sul sensore la nostra immagine, e di conseguenza più grandi sono i punti (circoli di confusione, vedi Approfondimenti) quindi la zona nitida è più ridotta, mentre più fino è il fascio di luce, più preciso è il pennello che disegna l'immagine e quindi più estesa è la zona di nitidezza davanti e dietro il soggetto, in verità entrano in gioco altri fattori, ma in linea di massima potete ritenerlo vero (vedi Approfondimenti). Osserviamo in queste foto come varia la PDC in funzione del diaframma impostato. Il barattolo a fuoco è il terzo.

Focale 50mm @ f4

Focale 50mm @ f16

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Questo schema approssimato mostra la profondità di campo di un 50mm al variare del diaframma con un soggetto posto a 5 metri di distanza (linea rossa), la zona blu indica la PDC, potete leggerne il valore in metri sulla scala di destra.

In quest'altro usiamo sempre il 50mm, però il nostro soggetto è posto a 10 metri ( linea rossa ), vediamo come cambia la PDC:

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Notate come la PDC in alcuni casi si estenda ben oltre i 12m del mio schema, in un caso arriva ad infinito, cioè tutto quello che è dietro il soggetto apparirà a fuoco. Nei grafici salta all'occhio come la PDC sia minore davanti al soggetto e più estesa dietro il soggetto! Da questo traiamo un importantissimo insegnamento: La profondità di campo si estende per 1/3 davanti al soggetto e per 2/3 dietro. Adesso che sappiamo cos'è il diaframma possiamo sfruttarlo, ricordando questa semplice regola, per staccare il soggetto dallo sfondo, è meglio usare un diaframma aperto, come in questa foto:

Diaframma f4 Mentre per avere una zona nitida il più ampia possibile e meglio usare un diaframma chiuso come in quest'altra:

Diaframma f16

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Ricordando nuovamente che la zona di nitidezza si estende per 1/3 davanti al soggetto e per 2/3 dietro di esso. Osserviamo come è possibile sfruttare la PDC per aumentare la zona nitida, riprendiamo la foto dei barattoli in fila, rispetto alla prima foto abbiamo lo stesso diaframma ma tenendo conto della PDC abbiamo messo a fuoco sull'elemento posto a circa 1/3 (quindi il secondo barattolo) e non sul terzo barattolo che è invece il soggetto della foto, in questo modo abbiamo ampliato ulteriormente la zona nitida.

Focale 50mm @ f16 con messa a fuoco sul terzo barattolo

Focale 50mm @ f16 con messa a fuoco sul secondo barattolo Osservate come nell'ultima foto come tutti i barattoli siano più leggibili, anche quello in primo piano risulta più nitido, e tutto variando il punto di messa a fuoco. Se ci è indifferente uno sfondo sfocato o perfettamente nitido possiamo impostare un diaframma intermedio, che ci garantirà una nitidezza più elevata (vedi Approfondimenti).

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Finora abbiamo visto come la PDC sia influenzata dal diaframma, adesso dobbiamo vedere cosa cambia utilizzando diverse focali! Maggiore è la focale dell'obiettivo (per ora diciamo i suoi mm) minore è la profondità di campo che avremo, viceversa a parità di diaframma con focali più corte avremo una maggiore PDC. Questo schema approssimato dovrebbe togliervi ogni ulteriore dubbio:

La zona blu indica la profondità di campo, che si ha con quell'obiettivo impostato a f5,6 con il soggetto posto a 5 metri (linea rossa). Osservate come il cambio di focale non solo consenta ampliare o ridurre l'inquadratura, ma anche come a parità di diaframma con un grandangolo la zona nitida sia molto più estesa che non con un teleobiettivo. Notiamo che la PDC è una caratteristica dell'ottica/diaframma quindi anche cambiando dimensioni del sensore/pellicola essa resta invariata! Un 50mm ad f/8 avrà la stessa PDC su una reflex con sensore APS-C, su una pellicola 35mm, una 6x6cm o su un banco ottico da 10x15cm. Concludo ricordandovi che c'è un solo piano che risulta realmente a fuoco (linea rossa nei disegni), e che la PDC rende accettabilmente a fuoco anche i soggetti vicini, però un ingrandimento più o meno marcato renderebbe evidente questo trucco, facendo notare la differenza di nitidezza tra il soggetto su cui avete messo a fuoco e quello che invece gli era attorno!

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SECONDA PARTE Questa parte dovrebbe essere letta solo dopo avere compreso e sperimentato la prima parte. Se dopo aver letto questa parte sentite un forte mal di testa o venite colti da un attacco di panico, non è colpa mia, vi avevo avvertiti! Focale equivalente e PDC del digitale Bisogna fare una piccola premessa, ciò che distingue principalmente una focale da un'altra è l'angolo di campo, ovvero quanta fetta di mondo riesco a infilare nella mia foto, con un grandangolare riesco ad abbracciare grandi spazi, mentre con un teleobiettivo posso cogliere solo particolari, in linea di principio, potrei fotografare con un grandangolare un gruppo di amici poi ritagliare la testa di uno e farci un primo piano, ed otterrei lo stesso primo piano che avrei potuto fare usando un teleobiettivo per isolarlo dal gruppo. Quando si dice che nel digitale la PDC è maggiore, in realtà si dice una mezza verità (o una bugia di marketing), nel digitale utilizzando un sensore più piccolo del formato pieno, si sfrutta solo la parte più centrale dell'immagine fornita dall'ottica, quindi si ottiene quella che viene chiamata focale equivalente, in realtà si effettua solo un ritaglio della parte centrale della foto, col risultato che sembra fatta con una focale più spinta (verso il tele) ma poi in stampa si deve ingrandire maggiormente per coprire lo stesso foglio di carta. Così un 50mm per il formato pieno, darà un inquadratura pari ad un 80mm in formato pieno, però la PDC legata solo a focale e diaframma resta la stessa! Ecco perché si ha la sensazione di una maggiore PDC a parità di foto! Posso ottenere la stessa foto a parità d'inquadratura con una PDC maggiore: quella del 50mm, invece di quella del 80mm! Una vera pacchia per gli amanti della macro fotografia ed una vera disgrazia per gli amanti dei ritratti. Per gettare acqua sul fuoco vorrei ricordare che passando ad un formato superiore ad esempio dal full frame o 35mm o formato Leica che dir si voglia, avviene il fenomeno opposto, il 50mm che nelle digitali con formato ridotto era un piccolo teleobiettivo, e nelle fotocamere a formato pieno era un ottica normale, nel medio formato (formato 120 o 6x6) si comporta come un grandangolo, quindi il digitale non ha scoperto nuovi fenomeni ottici, ma ha solo fornito spunti agli addetti di marketing per creare false illusioni per vendere meglio. Se vi sono restati ancora dei dubbi potete leggere questo topic: http://www.fotografare.com/forum/viewtopic.php?t=1052 Calcolo della PDC e dell'iperfocale Questa parte dovrebbe essere letta solo dopo avere compreso e sperimentato la prima parte. Prima dell'invenzione dell'autofocus, ed ancora adesso nelle situazioni in cui non è possibile mettere a fuoco con precisione, si può ricorrere a questa tecnica per assicurarsi un'immagine tutta a fuoco da una certa distanza in poi. Ogni volta che scegliamo una focale ed un diaframma esiste un particolare valore della distanza di messa a fuoco, detto iperfocale grazie al quale tutto quello che si trova da metà dell'iperfocale fino all'infinito risulta a fuoco. Una volta sulle ottiche era sempre riportata la scala delle profondità di campo e vi era anche una tacca che aiutava ad

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impostare la distanza iperfocale in un paio di secondi, adesso (disgraziatamente) non si usa più riportala, ma fortunatamente e sempre più diffuso il tasto per vedere la PDC direttamente in ripresa, eliminando ogni calcolo relativo alla previsione della PDC, ma se volete conoscere la distanza iperfocale di una vostra ottica dovrete armarvi di penna, calcolatrice e pazienza! Vediamo una formula approssimata, per il calcolo della PDC e dell'iperfocale poniamo: F = lunghezza focale dell'obiettivo in millimetri f = valore di diaframma c = diametro circolo di confusione, normalmente lo si considera uguale a 0.025mm d = distanza dal soggetto I = iperfocale I = (F x F) / (f x c) Punto a fuoco più vicino = (I x d) / (I + d) Punto a fuoco più lontano = (I x d) / (I - d) Profondità di campo = Punto a fuoco più lontano – Punto a fuoco più vicino vediamo un esempio: focale = 50mm diaframma = f/8 c = 0,025mm I = (F x F) / (f x c) = (50 x 50) / (8 x 0,025) = 12500mm = 12,5metri quindi col 50mm ad f16 con messa a fuoco alla distanza di 12,5m risulterà tutto a fuoco da 6,25m in poi, o come si suol dire dal 6,25 metri all'infinito. Punto a fuoco più vicino = (I x d) / (I + d) = (12,5 x 12,5)/ (12,5+12,5) = 6,25metri Punto a fuoco più lontano = (I x d) / (I - d) = (12,5x12,5)/(12,5-12,5) = 156,25/0 = infinito Attenzione a non confondere i mm con i metri! Fortunatamente esistono anche programmi freeware per il calcolo della PDC, il sito della Olympus, ne mette a disposizione uno per tablet/pocket pc: http://www.olympus.it/consumer/dslr_7246.htm E naturalmente anche per computer: http://www.dofmaster.com/custom.html Non poteva mancare quello per cellulare: http://www.curved-light.net/software/download.htm Oltre a quelli da me indicati ne esistono moltissimi altri, basta una ricerca su internet per trovarli, molti di questi software sono creati da appassionati, usateli a vostro rischio e pericolo! sul mio pc uso dof, l'ultimo della lista, scegliete come unità di misura i metri e come risoluzione 30lines/mm.

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Circolo di confusione Al contrario di quello che pensava un mio amico, non è il club delle suocere, ma il limite di distinzione di due punti. Come avevo già anticipato, quando due punti sono posti troppo vicini vengono confusi, e se ne vede uno solo. Questo limite non è fisso e varia in funzione della focale utilizzata e del diaframma, generalmente lo si assume pari a 0,025mm, ma si tratta solo di un valore teorico determinato sul massimo potere risolvente dell'occhio, nelle migliori condizioni: distinguere 5 linee nere su fondo bianco, a 30cm di distanza. Cambiare il colore dello sfondo o delle linee fa crollare la capacità dell'occhio di distinguere i particolari, anche aumentare la distanza di osservazione fa calare vistosamente la capacità di distinguere i particolari, di conseguenza il circolo di confusione aumenta di dimensione. Adesso dovrebbe essere più chiaro perché quei 0,025mm sono solo un valore massimo teorico. Perché i diaframmi hanno una numerazione così strana? Perché l'intensità della luce diminuisce con il quadrato della distanza, per esempio: se ad un 1 metro vale 100lux a 2 metri ne vale 25lux, per rendere uniforme il passaggio dei parametri anche con il cambio di ottica, si è deciso di impostare il diaframma in funzione dell'obiettivo, quindi f/8 fa arrivare al sensore la stessa luce sia che ci si riferisca ad un 300mm sia che si tratti di un 17mm, quella f, indica proprio la focale, se facciamo focale/8 otteniamo l'apertura effettiva in millimetri del diaframma, per esempio con il 300mm avremo 300/8=37,5mm mentre con il 17mm avremo 17/8=2,1mm, osservate come pur essendo sempre un diaframma f/8, l'apertura effettiva sia così diversa! Passando da un valore al successivo la quantità di luce che arriva raddoppia, infatti raddoppia l'area, proprio a causa della natura della luce che si attenua così' velocemente! Ecco spiegato perché i diaframmi hanno valori così insoliti e perché sono multipli di radice quadrata di 2. Da notare che l'apertura massima corrisponde al diametro della lente frontale dell'obiettivo, tranne che per alcuni schemi ottici particolari! per questo le ottiche più luminose sono più grandi e quindi più costose... il vetro ottico è molto costoso! Esiste il diaframma migliore? Perché i diaframmi più aperti si vedono peggio? La costruzione dell'ottica in particolare la lavorazione del vetro non riesce a produrre un vetro perfetto in ogni particolare, per cui la parte centrale della lente ha una qualità maggiore di quella periferica, inoltre i raggi di luce che arrivano nella zone più periferiche sono soggetti ad una maggiore deviazione con conseguente maggiore attenuazione così si nota spesso una caduta di luce ai bordi dell'immagine. Perché i diaframmi più chiusi si vedono peggio? La luce in ottica viene normalmente tratta come un onda che rispetta precise leggi geometriche, sfortunatamente quando il foro (diaframma) da cui passa inizia ad essere troppo piccolo ci si imbatte in un particolare fenomeno d'interferenza: la diffrazione, che fa “disperdere” la luce evidenziandone la natura ondulatoria. Proprio a causa della diffrazione il nostro raggio di luce varia notevolmente di dimensione, ad esempio considerando un obbiettivo di focale di 50mm con diaframma f2 ed f22 abbiamo che a causa della diffrazione ad f2 il nostro raggio di luce è di circa 2,7micrometri mentre ad f22 è di circa 30micrometri, si tratta di una differenza notevole, e se non fosse per limitazioni costruttive la migliore qualità sarebbe sempre data dal diaframma più aperto. Per questi numeri non vi riporto i calcoli perché esula dai fini dell'esempio, per una spiegazione più approfondita consiglio la lettura di qualche buon libro di ottica o un testo di fisica. Osserviamo

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come a differenza delle credenze comuni il raggio di luce che disegna la nostra immagine sia in realtà più preciso con il diaframma più aperto. Perché i diaframmi intermedi sono migliori? Perché sfruttano la parte centrale dell'ottica che è quella lavorata con maggiore precisione e con la luce che arriva con la migliore angolazione ed i diaframmi sono ancora sufficientemente grandi per non incorrere nella diffrazione. Posso sapere la PDC prima dello scatto? Perché quando guardo col mirino non vedo esattamente la stessa PDC, ma tutto appare più sfocato? Le fotocamere per consentire una comoda visione tengono il diaframma alla massima apertura in modo che il mirino sia il più luminoso possibile, e chiudono il diaframma al valore deciso per la foto, solo una frazione di secondo prima dello scatto. Quindi normalmente nel mirino vediamo la PDC che avremo con il diaframma più aperto (=il numero più piccolo), alcune fotocamere hanno un tasto che permette di chiudere il diaframma al valore impostato per valutare nel mirino l'effettiva PDC prima dello scatto! Così facendo il mirino diventa più buio, ma la maggior parte delle volte è sufficientemente luminoso da permettere di capire cosa sarà realmente a fuoco e cosa no. Posso avere tutto a fuoco? Appena avrete iniziato a giocare con la PDC ed i diaframmi vi renderete conto che avere tutto a fuoco, è facile! basta usare diaframmi chiusi e giocare con la PDC ricordandoci che si estende per 1/3 davanti al soggetto e per 2/3 dietro, il problema è che usare diaframmi chiusi richiede molta luce, valori di ISO elevati e tempi lenti, quindi nella maggior parte delle situazioni questo non è possibile o quanto meno complica la vita costringendoci ad usare il cavalletto e tempi lenti o rinunciare alla qualità usando valori elevati di sensibilità. Curiosità: dato che il diaframma è formato dalla sovrapposizione di una serie di lamelle, il foro non è circolare ma ha una forma che dipende dal numero di lamelle, ad esempio se ha sei lamelle sarà esagonale; solo alla massima apertura il foro è circolare! Buone foto Articolo di MambASoft

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Articoli sulla Tecnica fotografica: La coppia tempo-diaframma Apertura dell'obbiettivo e tempo d'esposizione, cioè diaframma e otturatore influiscono entrambi sull'immagine in due modi diversi. 1°) Modificando la quantità di luce che arriva al sensore: il diaframma mutandone l'intensità, l'otturatore mutando il tempo in cui la luce agisce. 2°) Ciascuno esercita sull'immagine un effetto diverso, il diaframma modifica la profondità di campo, cosa importante quando il soggetto comprende elementi situati a differenti distanze dalla fotocamera ( Argomento trattato a questo articolo "Diaframma e profondità di campo" ). Il tempo d'esposizione influisce sull'immagine quando l'apparecchio o il soggetto sono in movimento. COMBINAZIONI TEMPO-DIAFRAMMA

Per registrare chiaramente l'immagine il sensore deve ricevere la giusta quantità di luce. In condizioni d'illuminazione normali c'è ben poca differenza fra l'usare un tempo d'esposizione breve con un diaframma aperto o un tempo d'esposizione lungo con un diaframma chiuso: entrambe le combinazioni danno al sensore la stessa quantità di luce. In basso potete vedere il rapporto di raddoppio e di dimezzamento fra diaframmi e tempi. Questo rapporto vi permette di combinare valori diversi, modificando l'effetto sull'immagine ma facendo entrare sempre la stessa quantità di luce. Tempi - Diaframmi 1/500 - f2.8 1/250 - f4 1/125 - f5.6 1/60 - f8 1/30 - f11 1/15 - f16

A volte il livello d'illuminazione determina da solo la regolazione dell'esposizione. L'illuminazione può essere così scarsa da rendere necessario un tempo d'esposizione lungo e un diaframma molto aperto perché il sensore registri l'immagine correttamente. Oppure l'illuminazione può essere così forte da imporre il tempo d'esposizione più breve e il diaframma più chiuso.

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Articoli sulla Tecnica fotografica: Otturatore, tempi ed esposizione L'otturatore è solitamente composto da una tendina metallica sottilissima e delicatissima ( non dovrete mai toccarla! ) che alzandosi fa entrare la luce ( come la tenda di casa alle finestre ) e richiudendosi fa finire il flusso di luce. In alcune reflex digitali e in alcune compatte, non è presente un otturatore, ma viene acceso/spento il sensore per simularne il funzionamento. Adesso che sappiamo cos'è vediamo a cosa ci serve! I tempi d'esposizione, o più brevemente il tempo, è l'altro parametro con cui possiamo dosare la luce, a parità di diaframma un tempo lento farà passare più luce rispetto ad un tempo più rapido, riprendendo l'esempio del rubinetto e della vasca da bagno, se lasciamo aperto il rubinetto per più tempo ( tempo d'esposizione più lungo ) entrerà molta acqua ( luce ) nella nostra vasca, mentre se apriamo il rubinetto per poco tempo ne entrerà meno. Per avere la nostra esposizione corretta dobbiamo aprire il rubinetto abbastanza per avere avere la giusta quantità di acqua, nel tempo che vogliamo attendere per il riempimento. In questi tre disegni vediamo come a parità di diaframma entri diversa acqua/luce a seconda del tempo di apertura del rubinetto/otturatore: Solitamente i tempi vengono indicati in frazioni di secondo, tempi tipici ( in secondi ) sono: 4 - 2 - 1 - 1/2 - 1/4 - 1/8 - 1/15 - 1/30 - 1/60 - 1/125 - 1/250 - 1/500 - 1/1000 - 1/2000 – 1/4000 le fotocamere permettono di usare anche frazioni intermedie per cui possiamo avere un tempo di 1/100 come anche quello di 1/750. Spesso i tempi utilizzati sono le frazioni di secondo, quindi frequentemente negli schermi e nei mirini si omette l' 1/ e si scrive il numero senza indicare la frazione, una gran brutta abitudine! Raramente gli otturatori riescono a fornire tempi più brevi di 1/4000 di secondo, mentre tutte le reflex utilizzano la posa B o T che permette l'uso di tempi nell'ordine di secondi, minuti o anche ore, che tornano utilissime in alcuni generi fotografici come la fotografia notturna.

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Scegliamo il tempo corretto Vediamo ora come scegliere il tempo d'esposizione che ci serve! se dobbiamo fotografare un soggetto veloce, ci servirà un tempo rapido, per fermarlo.

1/500 @ f4

Mentre per un soggetto lento basta un tempo più lento.

1/15 @ f22

Una buona regola di base per la scelta del tempo d'esposizione è: Per fotografare a mano libera scegliere un tempo che sia almeno l'inverso della focale in uso. Per esempio: se stiamo fotografando con un 300mm a mano libera dovremo usare almeno un tempo di 1/300, se invece usiamo un 28mm a mano libera dobbiamo usare un tempo di 1/30. Questa regoletta funziona con soggetti fermi o comunque piuttosto lenti, nel caso in cui il soggetto si muova velocemente o diagonalmente le cose si complicano, e specie per i primi tempi è meglio usare sempre il tempo più veloce che possiamo

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permetterci. Se usiamo una digitale con sensore a formato ridotto come un APS-C il tempo non varia.

Se ci serve un tempo troppo lento, come evitiamo di fare una foto mossa? Se non possiamo aprire il diaframma, e non possiamo aumentare gli ISO per far diminuire il tempo possiamo comunque ricorrere a varie alternative, la classica è l'utilizzo di un cavalletto o di un monopiede oppure ci si può appoggiare ad un muretto, ad un albero o qualunque altro sostegno che ci renda più stabili. ISO L'ultimo importante parametro su cui possiamo agire è la sensibilità del sensore/pellicola. L'International Standard Organization più brevemente ISO, è l'unità di misura della sensibilità della pellicola, ad ogni raddoppio del valore corrisponde un raddoppio della sensibilità alla luce e viceversa ad ogni dimezzamento del valore si ha un dimezzamento di sensibilità. Partiamo con una considerazione: maggiore è il numero di ISO meno luce serve per fotografare, ma il rumore ( la grana della foto ) diventa più evidente, viceversa, minore è la sensibilità ( valori ISO più piccoli ) più luce serve per fare la fotografia, però la qualità è maggiore! ogni volta dovremo scegliere da che parte tirare la nostra coperta per trovare un compromesso. Detto questo una regoletta pratica per i primi tempi potrebbe essere, usa sempre il valore ISO minimo per quello che vuoi fotografare, così otterrai sempre la massima qualità della foto. L'impostazione degli ISO si potrebbe lasciare in automatico, però non è detto che la fotocamera imposti il valore che serve a noi. Se stiamo fotografando a mano libera sarà necessario usare un tempo sufficiente per non fare la foto mossa, spesso la fotocamera ci viene in aiuto aprendo il diaframma, ma potremmo non volere un diaframma più aperto, perché vogliamo sfruttare la profondità di campo! tra i vari parametri su cui possiamo agire c'è appunto la sensibilità ISO, ogni raddoppio del valore corrisponde ad 1 EV in più, viceversa ad ogni dimezzamento del valore corrisponde 1 EV in meno. Vediamo di capirci con un esempio: con un 50mm abbiamo un tempo di 1/30 il diaframma è già all'apertura massima di f2,8 e la sensibilità è impostata su 200ISO, in queste condizioni per la nota regola del tempo di sicurezza avremmo una foto mossa, accettando una minima perdita di qualità, passiamo da 200ISO a 400ISO ( che è il valore successivo ) ed il tempo passa da 1/30 ad 1/60 ( abbiamo aggiunto 1 EV ), se invece abbiamo un cavalletto su cui montare la fotocamera potremmo voler usare una sensibilità minore per avere una maggiore qualità, per cui portiamo gli ISO da 200 a 100ISO ( il valore inferiore ) ed il tempo cala così da 1/30 ad 1/15 ( -1 EV ). Quanti ISO deve avere la fotocamera? È importante che abbia una sensibilità minima di almeno 100 o 200 ISO ed una massima il più alta possibile, per poter fotografare senza flash nelle condizioni di luce più scarse, orientativamente una reflex parte dai 100 ed arriva almeno fino ai 1600ISO, alcuni recenti modelli anche a 26500ISO, naturalmente ai valori più elevati la qualità cala vistosamente, producendo spesso foto inutilizzabili!

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Cos'è l'esposimetro? L'esposimetro è il dispositivo che misura la luce della scena e ci dice che coppia tempo/diaframma usare in base agli ISO impostati, ed è importante avere un idea del suo funzionamento per capire quando e come usarlo e soprattutto quando non fidarci di lui! Vediamo brevemente come funziona, come si può notare ad occhio un foglio bianco riflette molto la luce mentre un foglio nero ne riflette poca, dato che ogni colore riflette diversamente la luce si è deciso di usare come riferimento un grigio neutro con riflettanza del 18%, a cosa ci serve saperlo? Se in una scena sono presenti troppi elementi chiari l'esposimetro fornirà una coppia tempo/diaframma tale da scurirli, viceversa se sono presenti troppi elementi scuri, tenderà a schiarirli, e qui sta il nocciolo della faccenda, se inquadro un abito bianco, l'esposimetro farà il possibile per farmelo venire fuori grigio, viceversa se inquadro un abito nero, l'esposimetro mi indicherà come schiarirlo, ignorando che l'abito bianco deve restare bianco e l'abito nero deve restare nero! In casi estremi come questo conviene puntare la fotocamera su un soggetto di tinta più neutra posto vicino al soggetto che vogliamo fotografare, leggere l'esposizione su quello ed usare quei dati per il nostro soggetto, oppure compensare manualmente l'esposizione, ad esempio diminuendo il tempo d'esposizione nel caso di un soggetto chiaro o aumentandolo per un soggetto scuro. Gli esposimetri incorporati nelle reflex per misurare la luce si servono solitamente di 5 metodi abbastanza standard, ma solo nei modelli più costosi si riescono a trovare tutti assieme, vediamoli: 1)Media a prevalenza centrale: come dice il nome la luce viene misurata in tutta la scena inquadrata ma si da più peso alla parte centrale, in cui si presuppone ci sia il soggetto, per anni è stata la modalità d'esposizione più diffusa, ed ancora oggi è apprezzata, basta ricordarsi di mettere il soggetto al centro, io la prediligo nei ritratti, specie nei primi piani. 2)Multizona o valutativa: la scena viene divisa in zone ( alcuni multizona arrivano a 35 zone distinte! ) la luce viene misurata e mediata secondo delle scene standard memorizzate nella fotocamera, è una modalità di misurazione che si rivela vincente nella quasi totalità dei casi. A seconda delle case produttrici prende un nome diverso. 3)Spot: la misurazione avviene in una piccolissima fetta dell'immagine indicativamente 3°, a causa di questa sua particolarità risulta difficile calcolare l'esposizione per l'intera scena, perché l'esposimetro fornisce la coppia tempo/diaframma solo per quella piccolissima porzione inquadrata ignorando il resto! può toglierci d'impaccio nelle situazioni più complesse, ma richiede una certa dimestichezza nel uso. 4)Semispot: e simile alla spot, ma l'angolo inquadrato è più ampio indicativamente 9°, risulta più gestibile della predente, ma comunque complessa per chi è alle prime armi, e non solo per loro. 5)Multispot: invece di lasciare decidere al sistema multizona quali sono le parti importanti della scena, siamo noi a sceglierle inquadrando successivamente in modalità spot tutte le parti che ci interessano (di solito si arriva fino a 9 letture spot),

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sarà poi la fotocamera a fare la media per trovare l'esposizione corretta. Diamo ora uno sguardo alle varie modalità d'esposizione: 1)Manuale: siamo noi a scegliere tempo e diaframma, è la modalità che lascia più controllo al fotografo, la fotocamera ci avverte quando l'esposizione è corretta o di quanto stiamo sbagliando, solitamente con una barra colorata. 2)Priorità dei tempi: noi scegliamo il tempo e la fotocamera imposta il diaframma, utile quando il soggetto è veloce o utilizziamo un teleobiettivo o il flash è non vogliamo andare sotto il tempo di sicurezza 3)Priorità dei diaframmi: noi scegliamo il diaframma e la fotocamera imposta il tempo, il mio preferito , permette di giocare con la PDC senza preoccuparsi del tempo. 4)Programmi vari: la fotocamera imposta tempo e diaframma ed eventualmente anche il flash in modo del tutto automatico seguendo dei canoni standard per il tipo di programma scelto. Solitamente imposta un tempo sufficientemente veloce per non muovere la foto a mano libera, eventualmente attivando il flash. Esistono una miriade di programmi dedicati ad ogni cosa, vediamone i principali: a)Automatico o Program: in base ad una serie di informazioni memorizzate nella fotocamera sceglie tempo/diaframma tentando di riconoscere la scena, e si adatta di conseguenza, per cui il suo funzionamento ricalca spesso i programmi dedicati. b)Ritratto: imposta sempre il diaframma più aperto, e predilige la messa a fuoco del soggetto più vicino c)Sport: imposta sempre il tempo più veloce, spesso si accoppia con la funzione di inseguimento del sistema autofocus. d)Profondità di campo: l'autofocus rileva il soggetto più vicino e quello più lontano impostando il diaframma più chiuso in modo che siano entrambi a fuoco. e)Paesaggi: imposta diaframmi chiusi e predilige la messa a fuoco del soggetto più lontano. f)Macro: imposta diaframmi chiusi e mette a fuoco il soggetto più vicino. g)Ritratto notturno: come il ritratto però la fotocamera imposta un tempo lento per esporre correttamente lo sfondo ed usa un colpo di flash per esporre il soggetto in primo piano, questa tecnica è detta slow-sync. Dato che volete imparare ad usare la reflex, evitateli, c'è sempre tempo per impigrirsi.

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Messa a fuoco manuale ed autofocus In questa sede non ci interessa sapere come funziona, ma solo come utilizzarlo. Le moderne reflex hanno solitamente 4 modalità di messa a fuoco, i cui nomi cambiano da ditta a ditta, ma la cui sostanza rimane uguale, vediamoli: 1)AF one shot: messa a fuoco del soggetto solo premendo il pulsante di scatto, ideale per soggetti fermi, come persone in posa o cose. 2)AF predittivo: la fotocamera sa di avere a che fare con un soggetto in movimento e corregge la messa a fuoco stimando lo spostamento del soggetto nel breve intervallo di tempo dello scatto, è l'ideale per soggetti in movimento. 3)AF intelligente: la fotocamera commuta tra i due metodi precedenti a seconda del soggetto. 4)Manuale: il fotografo deve disattivare l'autofocus e ruotare la ghiera dell'obiettivo fino a che l'immagine non appare nitida. Nelle vecchie reflex che avevano solo la messa a fuoco manuale, nel mirino si vedeva una corona di quadratini ( corona di microprismi ) ed al centro un immagine spezzata ( telemetro ad immagine spezzata ), per avere la messa a fuoco bastava ruotare la ghiera dell'obiettivo finché l'immagine appariva nitida sulla corona o equivalentemente l'immagine spezzata diventava intera. Da notare che la fotocamera mette a fuoco il soggetto solo se questo si trova in corrispondenza di uno dei sensori dell'autofocus, solitamente indicati con un punto che s'illumina quando aggancia un soggetto. Le moderne reflex hanno dai 5 ai 45 punti di messa a fuoco, per individuare da sole il soggetto nella scena, ma è sempre possibile scegliere il punto di messa a fuoco, nel caso in cui l'autofocus voglia mettere a fuoco il soggetto sbagliato! Otturatore, tempi ed esposizione - parte seconda Questa parte deve essere letta solo dopo aver ben compreso la prima parte, contiene nozioni che possono esservi utili, in alcuni casi particolari. Potete fotografare tranquillamente anche senza leggerla, ma vi consiglio di non ignorarla completamente. Latitudine di posa o gamma dinamica Ogni dispositivo, sia esso una pellicola, un sensore o lo stesso occhio umano, ha una capacità limitata di distinguere nella stessa scena i dettagli di un soggetto troppo chiaro e di uno troppo scuro. Sarà capitato a tutti entrare in una stanza buia e dopo un po di tempo iniziare a vedere un pochino, ma appena accendiamo la luce, non vediamo più nulla e finiamo abbagliati! finché l'occhio non si riabitua. Un altro caso è quando incrociamo di notte un automobilista con i fari abbaglianti accesi, e noi non vediamo più la strada, ma ecco che accendendo a nostra volta i fari abbaglianti, ricominciamo a vedere. In entrambi i casi abbiamo superato la gamma dinamica dell'occhio finendo abbagliati, a sensori e pellicola accade lo stesso, ma al contrario del nostro occhio loro non possono compensare come nel primo caso, ma è però possibile farlo nel secondo, accendendo un'altra luce si diminuisce la differenza tra zone chiare e zone scure. La latitudine di posa è appunto la capacità di registrare correttamente una scena in cui ci sono zone chiare e scure, rendendo i dettagli di entrambe. In fotografia questo viene espresso in stop o in EV, immaginiamo una scena tipica, vogliamo fotografare una pianta illuminata dal sole.

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La parte colpita dal sole è molto chiara perché riflette la luce del sole, mentre il tronco ed i rami saranno più scuri perché all'ombra dei rami sovrastanti, se prendessimo l'esposizione sul tronco potremmo leggere 1/15@f8 mentre sulle foglie al sole potrebbe essere 1/500@f8 un salto di ben 5EV (1/15-1/30-1/60-1/125-1/250-1/500) il sensore di una digitale non riuscirebbe a registrare correttamente la scena, anche una diapositiva fallirebbe, mentre una negativa potrebbe tranquillamente rendere la foto. Un'altra alternativa sarebbe usare una luce (ad esempio un flash) per illuminare il tronco in modo da ridurre il divario di esposizione. Per darvi un ordine di idee, le negative a colori arrivano anche a 6 stop (+/- 3 stop), quelle in bianco e nero a 8 stop (+/- 4stop) mentre le diapositive al massimo a circa 2 stop (+/- 1 stop), nei sensori la latitudine è minore di quella delle diapositive. Quindi i sensori tollerano meno gli errori di esposizione rispetto alle pellicole. La tecnica dell' HDR (High Dynamic Range) era nata proprio per aumentare in post produzione la scarsa latitudine dei sensori, anche se adesso è spesso utilizzata per ottenere fotografie dai colori palesemente falsi, ma pittoreschi. HDR ( High Dynamic Range ) Per compensare la scarsa latitudine di posa dei sensori si è ricorsi a questo artificio, talmente efficace quanto semplice: si scattano varie foto del soggetto esponendo per avere dettagli nelle ombre e nelle alte luci, tramite un software queste foto vengono sovrapposte alla foto normale ottenendo una compensazione selettiva. Nella foto finale le parti in ombra saranno quelle della foto fatta per le ombre, le alte luci saranno quelle della foto fatta per le alte luci, così si estende artificialmente la gamma dinamica della foto. In commercio esistono vari software per fare questo ricordo solo i principali come Photoshop CS3 e Photomatix, vi rimando al loro sito di quest'ultimo per avere degli esempi di come utilizzare questa tecnica e di cosa attendervi da essa: http://www.hdrsoft.com/ La posa B deriva il suo nome dal Bulb, una pompetta che serviva per far scattare l'otturatore a distanza tramite un cavo pneumatico, e mantenerlo aperto. Impostando la posa B, l'otturatore viene aperto quando si preme il pulsante di scatto e viene chiuso quando, il pulsante viene lasciato! Risulta evidente che muovere la fotocamera tenendo premuto il tasto sarebbe relativamente facile e porterebbe ad una foto mossa, per questo si è soliti usare un telecomando a filo o infrarossi per far scattare l'otturatore e tenerlo aperto. La posa T è simile alla B, quando viene premuto il tasto inizia l'esposizione, che termina quando viene ripremuto! Una cosa decisamente più comoda rispetto al tenerlo premuto tutto il tempo, come in posa B, per fortuna che hanno inventato i telecomandi con il blocca tasto! Tempi di sicurezza con i sensori ridotti tipo APS-C e non solo Alcune considerazioni sulla regola del tempo di sicurezza, secondo la quale per non fare foto mosse a mano libera basta usare un tempo pari ad 1/ focale utilizzata, questa nasce da considerazioni pratiche, legate all'angolo di ripresa dell'obiettivo in uso ed anche al peso dello stesso. Per esempio se stiamo usando un 50mm sul formato pieno ( 24x36mm ) abbiamo un angolo di campo di circa 45° mentre montandolo su una fotocamera in formato APS-C l'angolo diventa di circa 30°, ma l'angolo dell'ottica è sempre 45° siamo noi che riprendiamo solo una fetta più piccola. Trattandosi di una regola pratica, non va presa per oro colato, ma solo come un punto di partenza! Chi ha una mano più ferma potrà usare tempi più lunghi, viceversa chi ha una mano più ballerina userà tempi più brevi.

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Tempi di sicurezza Tabella di riferimento per una focale di 50mm Tempi di otturazione con soggetto in movimento perpendicolare alla fotocamera, quindi il soggetto viene diritto verso di noi o si allontana lasciandoci alle spalle.

3m 6m 10m 20m

fino a 5km/h 1/125 1/60 1/30 1/15

fino a 10km/h 1/250 1/125 1/60 1/30

fino a 20km/h 1/500 1/250 1/125 1/60

fino a 80km/h 1/2000 1/1000 1/250 1/125

fino a 200km/h 1/4000 1/2000 1/500 1/250

Se la focale raddoppia il tempo si dimezza. Ad esempio dalla tabella leggiamo che con il 50mm a 3m serve 1/125 mentre per un 100mm a 3m, serve un 1/250. I tempi scelti devono essere compatibili con la regola anti-mosso di prima. Il tempo minimo deve essere almeno 1/focale, quindi con un 50mm ci serve almeno un 1/50 o il tempo più vicino 1/60, con un 500mm ci serve almeno un 1/500, con un 24mm ci basta un 1/24 o meglio un 1/30... se usiamo il cavalletto il problema del mosso ( a causa nostra ) non si presenta, quindi basta tenere conto solo del movimento del soggetto! I tempi di otturazione variano anche in funzione dell'angolo con cui si muove il soggetto rispetto alla fotocamera: 1) Il soggetto si muove dritto verso di noi, o fugge da noi ( ma sempre diritto a noi ) allora i tempi sono quelli della tabella. 2) Il soggetto si muove parallelamente a noi, esempio classico: siamo sul marciapiedi e vogliamo “congelare” le automobili che passano in strada, siamo nel caso peggiore i tempi vanno almeno raddoppiati. 3) Il soggetto si muove in diagonale allontanandosi da noi, ci servono tempi doppi rispetto la tabella per fermarlo, mentre se si muove in diagonale verso di noi bastano i tempi della tabella o poco di più. Naturalmente l'attendibilità della tabella va calando con l'aumentare della velocità del soggetto. Potete considerarli tempi minimi sotto i quali non andare Si potrebbe stilare una intera casistica, ma non servirebbe a molto.

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Cosa sono gli EV ( Exposition Value )? Indicano la quantità di luce che arriva al sensore/pellicola con la scelta coppia/diaframma. Il calcolo non è certo banale bisogna calcolare il logaritmo in base 2 del rapporto fra il quadrato del diaframma ed il tempo. EV = log( diaframma * diaframma / tempo) / log2 per esempio f8 @ 1/125 equivale a f5.6 @ 1/250 cioè a 13EV. Fortunatamente passare da un valore EV al successivo comporta un salto di 1 EV. Esempio: da f8 @ 1/125 +1EV significa passare a f5.6 @ 1/125 oppure a f8 @ 1/60, stesso discorso per -1EV, f8 @ 1/125 -1EV significa f11 @ 1/125 oppure f8 @ 1/250. Difetto di reciprocità o effetto Schwarzchild Nelle fotocamere digitali questo difetto non esiste! La pellicola non ha un comportamento lineare per ogni tempo, con tempi troppo brevi come 1/8000 o più lunghi di 30 secondi, la conversione tra le coppie tempo/diaframma non è più possibile, e si devono introdurre delle modifiche, per vedere come variano vi rimando al tutorial sulla Fotografia Notturna. Grigio Medio al 18% Cos'è l'abbiamo già visto, quello che ancora non vi ho detto è che potete trovare questo misterioso oggetto in vendita nei negozi. Vi starete chiedendo a cosa potrà mai servire? L'esposimetro riconosce come colore neutro solo questo particolare grigio, quindi nel caso vi troviate a dover valutare l'esposizione su un soggetto colorato potete sostituire il soggetto con il cartoncino e misurare da molto vicino l'esposizione sul cartoncino, toglierlo e scattare la vostra foto! Bisogna usare alcuni accorgimenti come leggere la luce in spot sul cartoncino, oppure leggere la luce riempendo con esso l'intera inquadratura. Assicurandoci sempre che la luce sul cartoncino sia la stessa che poi colpirà il soggetto. Se non disponiamo del grigio meido, possiamo usare un sistema più approssimato, ma che talvolta può toglierci d'impaccio: leggiamo l'esposizione sul palmo della mano! sapendo che andrà compensato di 1EV perché più chiaro del cartoncino, per inciso dovete togliere 1EV . Tipi di esposimetri Esistono due tipi di esposimetro, anzi due modi diversi per leggere la luce! gli esposimetri a luce riflessa e quelli a luce incidente. Gli esposimetri a luce riflessa leggono la luce riflessa dal soggetto, sono quindi influenzati dai colori del soggetto, in quanto ogni colore riflette una diversa quantità di luce, per esempio il giallo riflette più luce del blu, come valore medio si usa il grigio di cui abbiamo già parlato. Nelle reflex si usano esposimetri a luce riflessa, per questo quando il soggetto non ha un colore simile al grigio, finiscono ingannati! Gli esposimetri a luce incidente, non vanno puntati contro il soggetto come la reflex, ma dando le spalle al soggetto in modo da leggere la luce che colpisce il soggetto, non facendosi così ingannare dal suo colore, solitamente vengono venduti come esposimetri separati, richiedono una certa dimestichezza per essere usati.

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Tipi di autofocus Per comodità gli autofocus si dividono in attivi e passivi: Gli autofocus attivi, mandano un raggio solitamente infrarosso contro il soggetto e calcolando il tempo di ritorno del raggio riflesso stimano la distanza, questo sistema presenta due svantaggi il primo è la necessita di un raggio che arrivi a colpire il soggetto, che quindi deve essere vicino! il secondo è più di natura tecnica, implementare il sistema per ogni distanza renderebbe il meccanismo costoso, quindi si divide in zone lo spazio davanti alla fotocamere e si fa una stima approssimata, giocando sulla PDC. Funzionano benissimo anche con scarsa luce ma possono essere tratti in inganno dal sole troppo forte, o da fonti di calore. Questo sistema viene comunemente utilizzato nelle compatte. Gli autofocus passivi, si dividono in due tipi: 1.Rilevamento di fase: si basa su un idea tanto semplice quanto geniale, se un punto non è a fuoco questo appare come un disco se invece è a fuoco appare come un punto! disponendo due sensori sul piano della pellicola/sensore e comparandoli si può misurare quando effettivamente la messa a fuoco è corretta, il tutto si riduce alla ricerca della posizione in cui il punto è più piccolo. Attualmente è il sistema migliore. 2.Misurazione del contrasto: quando l'immagine è a fuoco il contrasto è massimo, in questo caso il sensore si limita a spostare la messa a fuoco fino a trovare il massimo contrasto.

L'unica pecca dei sistemi passivi è che in presenza di soggetti con scarso contrasto o con poca luce, non riescono a mettere a fuoco, il vantaggio è che non sono tenuti a calcolare la distanza del soggetto, anche se poi lo fanno comunque per ottimizzare altre funzioni. Nelle moderne reflex oltre ad un sistema passivo, è sempre presente anche un sistema attivo, accoppiato al flash incorporato ( o più raramente ad un emettitore IR ) o a quelli acquistabili separatamente, il principio è simile, uno o più lampi illuminano la scena per la frazione di secondo che serve all'autofocus per funzionare, talvolta viene letta anche la quantità di luce riflessa ed il suo tempo di ritorno, questo dato viene usato per stimare in modo ancora più preciso la distanza del soggetto, e l'esposizione che quasi certamente richiederà anche l'uso del flash. Curiosità Nelle fotocamere usa e getta e nei fotocellulari spesso si mette un solo diaframma chiuso per sfruttare l'iperfocale e risparmiare sull'autofocus e si usa un obiettivo con focale tendente al grandangolo per usare bassi tempi d'esposizione, solitamente ottenuti spegnendo ed accendendo il sensore senza l'utilizzo di un vero otturatore. Articolo scritto da Marco Mambrelli alias MambASoft

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Articoli sulla Tecnica fotografica: Fotografia notturna

Quante volte abbiamo visto delle splendide immagini di città notturne? con quelle luci irreali che trasformavano comuni paesaggi urbani in misteriosi luoghi dai colori fantastici? Ci troviamo adesso di fronte ad un primo bivio, le foto scattare nell’ora blu o dei notturni veri e propri. Le foto scattate nell’ora blu (che dura una ventina di minuti…) sono foto in cui il sole sta tramontando/sorgendo, per cui, con un posa ancora non troppo lunga possiamo avere una foto con un bel cielo blu e luci accese, mentre in un notturno, avremo il cielo nero (o al chiaro di luna) e le luci accese. Per nostra fortuna Aprile e Maggio sono i periodi dell’anno migliori per simili foto perché i tramonti/albe sono più lunghi ed il clima è mite. Spesso i risultati migliori si ottengono proprio dopo il tramonto e prima dell'alba. Partiamo descrivendo i notturni, cosa ci serve? La nostra fidata reflex ed i nostri obbiettivi, un cavalletto (meglio se con bolla), una torcia elettrica, un blocco notes, una penna, pile di riserva, pellicola o schede di memoria, uno scatto flessibile ed un orologio Molto facilmente le nostre esposizioni saranno dell’ordine della decina di secondi o addirittura di minuti! Quindi molto spesso useremo la posa B, con la reflex montata sul cavalletto e lo scatto flessibile o lo scatto a distanza (o l’autoscatto se il tempo è previsto dall’esposimetro) per non muoverla durante la lunga esposizione.

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Durante le pose lunghe e buona norma coprire il mirino per evitare infiltrazioni di luce che possano falsare l'esposimetro, si tratta di una possibilità molto remota, ma perché rischiare? Se la nostra fotocamera non dispone della posa B (gravissima mancanza ), dovremo limitarci alle foto nell’ora blu ed a pochi altri fortunati notturni. Adesso siamo di fronte ad un altro bivio, se la nostra reflex è a pellicola dobbiamo ricordarci che quando il tempo di posa supera i 10 secondi non vale più la regola della reciprocità a causa dell'effetto di Schwarzschild (o difetto di reciprocità), cioè se l’esposimetro indica un tempo di 10’’ @ f8 l'esposizione non è equivale più a 20’’ @ f11 ed allora come ci si orienta!?!? Come partenza usate questi valori, che comunque possono variare da pellicola a pellicola: 10’’ a 20'' + 1 stop da 20’’ a 100'' + 2 stop più di 100’’ + 3 stop

il passaggio da un fattore di correzione ad un'altra non è così netto, ricordatevi che esistono anche le frazioni di stop quindi se il nostro esposimetro segna 10’’ @ f8 il tempo sarà 40’’ @ f11 come se questa complicazione non bastasse, le pellicole con tempi sopra i 10’’ iniziano a produrre colori sfalsati, per cui utilizzate sempre la stessa pellicola, così potrete prevedere i risultati con più facilità, inoltre qualche scatto a forcella, non vi farà rimpiangere la pellicola usata. Per le analogiche consiglierei di usare pellicola negativa, perché sopporta meglio gli errori d'esposizione. Se invece la nostra reflex è digitale, il difetto di reciprocità non ci tocca minimamente e possiamo seguire le indicazione dell’esposimetro, inoltre possiamo vedere subito sul display l’anteprima della foto, un notevole vantaggio! però adesso arrivano i dolori i sensori con esposizioni lunghe danno il peggio di loro stessi perché il rumore si somma, per cui più dura l’esposizione più il rumore sarà evidente, alcuni costruttori per ovviare a questi problemi hanno introdotto il metodo del dark frame, la fotocamera scatta due volte, lo scatto aggiunto viene sottratto allo scatto principale per togliere il rumore che si ipotizza costante (quale ottimismo!) funziona abbastanza bene, ma se la vostra fotocamera non è dotata di questo accorgimento esistono programmi in grado di fare un lavoro simile come questi: http://www.neatimage.com/ a pagamento fa anche da filtro per Photoshop http://www.picturecode.com/ scaricate Noise Ninja http://www.imagenomic.com/ scaricate Noiseware Non aspettatevi miracoli, anche se migliorano notevolmente i risultati. Non è insolito accorgersi di qualche pixel rovinato, in una posa dell'ordine di qualche decina di secondi, questi si presentano come punti bianchi/grigi dove non dovrebbe esserci oppure come un punto rosso, verde o blu. Potete passare l’immagine sospetta a Dead Hot Pixel Test un programma gratuito che esegue per voi l'analisi è scaricabile da: http://www.starzen.com/imaging/deadpixeltest.htm gli hot pixel sono pixel rovinati bloccati su un solo colore, che presto si bruceranno,

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mentre i dead pixel, sono già bruciati

Se è ancora in garanzia fate qualche prova per verificare e poi fatevela riparare, altrimenti consolatevi col fatto che si notano soprattutto con tempi superiori a 1/15' e con un tocco di pennello potete correggerli. Prima di partire è necessario fare una premessa sul colore della luce! Useremo pellicola per luce diurna o la digitale su luce diurna, con lo scopo di evidenziare i colori delle varie illuminazioni e con la consapevolezza che sarebbe comunque impossibile correggere tutte le dominanti (ammesso che si voglia farlo), come riferimento sui colori prendete questo: - luci al tungsteno (tipiche lampadine a filamento), fari alogeni e lampioni: luce rossa/ arancio - luci al neon: luce azzurrina/verdognola - lampade al sodio (le vedete nelle strade): luce rossastra difficilmente ci accorgeremo ad occhio del colore delle luci, per cui le digitali sono certamente avvantaggiate, almeno sotto questo punto di vista. Adesso che sappiamo quali sono i nostri mezzi, possiamo buttarci nella mischia, scegliamo un soggetto, un palazzo ben illuminato, uno scorcio della nostra città vista dall’alto, una piazza, una statua, una strada…quello che più attira la nostra fantasia e mettiamo all’opera, al contrario di quello che si potrebbe pensare i risultati migliori si hanno con una sensibilità di 100 ISO, ed un diaframma piuttosto chiuso f8 o f11, preferendo f11 per le focali tele, potrete anche usare diaframmi diversi, per ottenere effetti diversi, però di solito i notturni devono godere di una buona profondità di campo e nitidezza. Potrete trovare miriadi di inutili tabelle di riferimento che vi dicono che tempi e diaframmi adottare in varie situazioni, ma vi faranno solo perdere pellicola e tempo, perché questo è il banco di prova della vostra duttilità come fotografi! Tenete solo a mente che la Luna può essere fermata solo con tempi minori di ¼'' con tempi più lunghi vedrete la sua scia. Scegliamo la focale adatta al nostro soggetto, e dopo aver trovato il punto di ripresa a noi più congeniale, misuriamo la luce della scena! Puntiamo la fotocamera in modo da misurare solo (o quasi) la sorgente più luminosa ed annotiamoci il tempo ad esempio 1/8’’ @ f8 poi puntiamo la fotocamera su una zona in ombra del soggetto (che però vogliamo sia visibile), qui possiamo avere ad esempio 8’’ @ f8, quindi prendiamo come valore di partenza, il punto intermedio (1/8 – ¼ - ½ - 1 – 2 – 4- 8 ), impostiamo quindi 1’’ @ f8, per sicurezza è sempre meglio effettuare una forcella di almeno una foto verso i tempi più lunghi. Come isolare solo il punto di luce o i punti più bui, che però vogliamo mettere in evidenza? Se state riprendendo con un grandangolo o col normale, può bastare mettere lo zoom a 200mm e misurare l'esposizione, oppure avvicinatevi e puntate la fotocamera su quei punti.

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Se invece chi mostra la corda è l’esposimetro, ingannatelo, mettendo la sensibilità della pellicola o del sensore a valori di ISO più elevati, poi ricordate di compensare. Ad esempio l’esposimetro non fornisce tempi al di sopra dei 30’’ @f8 a 100ISO come faccio? Puoi aprire il diaframma ad f5,6 o f4 e vedere se l’esposimetro fornisce una lettura valida, se dice 30’’@ f4 allora sarà (30’’@f4 – 60’’@f5,6 - 120@f8’’) 120’’ @ f8, se avete una pellicola compensate per la reciprocità e finite a +3 stop quindi a 960’’@f8!!!. Oppure mettete un valore ISO più elevato ad esempio 1600ISO, così l’esposimetro dovrebbe darvi una lettura attendibile, supponiamo sia 15’’ @ f8 allora avrete (15'' @ 1600ISO - 30'' @ 800ISO - 60'' @ 400ISO - 120'' @ 200ISO - 240''@100ISO) 240’’ @ f8 (se avete pellicola compensate ad almeno 3 stop). Come vedete i tempi crescono con una discreta facilità! Ed è piuttosto comune parlare di secondi e minuti, per cui serve un orologio per cronometrare i tempi della posa B ed una piccola torcia per leggerli e per cercare le cose nella borsa. Quando i tempi diventano così lunghi sbagliare di qualche secondo l’esposizione non porta ad errori visibili, quindi quando fate scatti forcella fateli a -1/+1/+2 stop rispetto alle indicazioni dell’esposimetro ed avrete ottime probabilità di portarvi a casa dei bei notturni. Un ultima raccomandazione, in alcune città è vietato appoggiare il cavalletto a terra, ma non sui cestini o le panchine ed alcuni monumenti o edifici, sono soggetti a copyright, per cui non potete fotografarli ed esibire i vostri sudati scatti informatevi prima! Un giretto di giorno nel posto che volete fotografare sarà utile! Personalmente trovo che le ore migliori siano dopo la mezzanotte, nei giorni di lavoro, quando le città sono deserte, ma se volete includere anche persone, sappiate che con tempi più lunghi di 1/15’ saranno delle scie o dei fantasmi, a meno che non siano ferme a chiacchierare. State attenti alle auto, se i loro fari incrociamo direttamente la fotocamera, la foto è persa, se invece le riprendete di passaggio daranno luogo a pittoresche scie luminose. Blocco notes e penna servono per il calcolo dell'esposizione (potete anche misurare la luce in vari punti) e per annotarvi i dati di scatto, in modo da non ripetere nuovamente gli stessi errori, altrimenti non si migliora Per le digitali (ma anche per le analogiche), è bene controllare il tempo massimo di posa B consentito, per evitare guasti da surriscaldamento. Nemmeno a dirlo consumerete molta carica delle batterie, sia in analogico, ma soprattutto in digitale, delle batterie di riserva e una pausa di qualche minuto tra una forcella e l’altra sono d’obbligo. Con pose lunghe e utilizzando diaframmi più chiusi di f11, i punti luci potrebbero apparire come stelle a varie punte, il fenomeno è dovuto alla luce radiante che si riflette sulle lamelle del diaframma, e varia molto da un obiettivo all'altro. Lo stesso effetto si può presentare anche di giorno se inquadrate una forte fonte di luce come il sole! Anche con tempi brevissimi e diaframmi aperti! Si può ottenere un effetto simile con un filtro stars oppure con una rete (tipo zanzariera) davanti l'obiettivo, in tal caso ogni punto luce darà una stella a 4 punte, però l'immagine sarà soffusa. Personalmente non è un effetto che apprezzo, perché non ha nessun riscontro con la realtà, però può piacere

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Articoli sulla Tecnica fotografica: Realizzazione di foto con tempi lunghi

Articolo e foto di Francesco Favalesi. Innanzitutto bisogna partire con l'idea di quello che si vuole ottenere da una foto scattata con un tempo lungo, per tempo lungo intendo scatti con tempi a partire da un secondo, anche se in certi casi si ottengono bellissimi effetti anche con tempi minori, prendendo, come esempio l’esecuzione di un paesaggio con l’acqua che scorre. E' importante considerare i mezzi a disposizione; in questo caso occorre un cavalletto che deve essere proporzionato alla macchina con cui si esegue lo scatto ( se uso una reflex con un tele, devo avere un cavalletto in grado di sorreggere il peso della macchina e dell’obiettivo ) ed avere a disposizione una macchina con le regolazioni dei tempi manuali. Con le macchine digitali che lavorano solo in automatico posso ottenere buoni risultati mantenendo un valore di iso molto basso, logicamente non riuscirò ad ottenere la precisione che posso raggiungere con una macchina dotata di regolazione manuale ed il numero di applicazioni è decisamente ridotto.

Consideriamo quindi di partire con il miglior compromesso economico, che permette comunque di ottenere risultati piacevoli; cavalletto di media fattura con un costo medio di 50 euro e macchina digitale Bridge, i cui costi vanno dai 250 ai 400 euro, questo tipo di macchine, sono una via di mezzo tra una reflex ed una compatta, ed in merito alla gestione dei tempi consentono di ottenere scatti fino a 30” oppure con la funzione Bulb, anche tempi più lunghi.

Ricordo a tutti, che la funzione Bulb, richiede un pulsante di scatto esterno o di un telecomando, pena un mosso non voluto, provocato dalla pressione continua del tasto di scatto. Altro elemento che mantengo costante per i miei scatti è il valore ISO, che salvo rarissime eccezioni, come ad esempio le foto sportive in notturna, mantengo sempre il più basso possibile, un valore iso alto comporta tempi di esposizione minori, ma con un aumento considerevole del rumore. Il rumore è rappresentato da quell’effetto sgranato dovuto dalla mancanza di luce. Dove la luce non è stata sufficiente ad impressionare correttamente il sensore, il software interno della macchina colora il pixel con il colore dei pixel circostanti. Le applicazioni più comuni per i tempi lunghi sono : Foto in notturna, in cui la richiesta del tempo è necessaria per impressionare adeguatamente il sensore. In questo caso se fotograferemo qualcosa di statico e senza intromissioni di soggetti in movimento dovremo stare attenti ai tempi in modo da ottenere una foto ben equilibrata soprattutto per quello che riguarda il soggetto che vogliamo ritrarre.

Foto in cui voglio avere una ripresa di soggetti in movimento in modo da ottenere una specie di effetto fantasma, ma preservando la forma del soggetto. Esempio se voglio fotografare una piazza dando l’idea della gente in movimento dovrò utilizzare tempi non troppo lunghi pena la perdita delle forme.

Foto in cui voglio ottenere una scia luminosa data dai veicoli in movimento. In

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questo caso vi è massimo spazio per la creatività, stando sempre attenti a non creare troppe aree di composizione, sovraesposte o sottoesposte.

Foto paesaggistiche o panoramiche al crepuscolo, in questo tipo di foto otterremo dei colori di contrasto con il cielo davvero incredibili perché la lunga esposizione va a dare maggior forza ai colori.

Foto in notturna per riprendere il movimento delle stelle. In questo caso la funzione Bulb è d’obbligo e quindi l’utilizzo del telecomando. Attenzione a non riprendere la luna per non avere una spiacevole scia sovraesposta. A meno che non sia una scelta voluta. Di grande impatto sono le foto che riprendono un soggetto statico, con alle spalle il movimento delle stelle. Foto in cui voglio ottenere l’effetto movimento dell’acqua. Solitamente questo tipo di foto, molto scenico e piacevole, è realizzato all’interno di boschi o di aree con poca luce, che in questo caso sono a nostro favore se possiedo una Bridge, che in condizione di luce maggiore lavorerebbe con tempi molto brevi, per un ristretto campo di regolazione dei diaframmi, che invece ha una “forchetta” più ampia se uso una reflex. In questo caso la regolazione dei tempi varia in base alla luce, alla velocità dell’acqua e, come sempre dal risultato che voglio ottenere.

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Foto paesaggistiche al mare o al lago quando c’è un minimo di reflusso dell’acqua in modo da avere l’effetto del movimento o un effetto simile allo sfocato, ma sempre riconducibile all’idea di movimento. Questo tipo di scelta va molto bene anche per i fiumi in cui c’è uno scorrere lento dell’acqua.

Tempi lunghi con scatti programmati, per la ripresa dei fulmini. In questo caso programmo i tempi di scatto e la relativa frequenza di scatto. Ad esempio voglio che il tempo di esposizione sia di 10” che la macchina scatti ogni 20”, in una serata con un “bel” temporale, le possibilità di riprendere un fulmine aumento considerevolmente. Per riprendere in movimento un soggetto statico, anche in questo caso si può fare a meno del cavalletto.

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Foto in cui voglio ottenere un mosso voluto, aggiungendo una particolarità in più al mio soggetto ed in cui sono io a giocare con la fotocamera e senza cavalletto.

Questi sono i principali utilizzi che ho sperimentato, in molte occasioni, con scarsi risultati, in altri con risultati abbastanza piacevoli. Ci tengo a precisare a tutti che sono un fotografo amatoriale e dotato di mezzi veramente poveri ( Bridge Olympus sp550 e Reflex Canon EOS 450d con obiettivo 18/55, presente nel kit di base ).

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Articoli sulla Tecnica fotografica: Come fotografare le gocce d’acqua e riflettere al loro interno delle faccine

Questa fotografia non è un fotomontaggio è lo splendido lavoro di una fotografa professionista di nome Margherita. La spiegazione per realizzare questa immagine è stata data da Margherita stessa a un altro utente di Panoramio, riporto qui la parte di risposta che ci interessa: Su un foglio A3 componi un viso, con fiori o quant'altro. La goccia fa da lente, allora ricordati di appendere la figura al rovescio a circa 40cm dietro le gocce. La velocità di scatto deve essere molto alta 1/6000 – 1/8000, usa una focale molto lunga che abbisogna di tanta luce, pertanto possibilmente sole al mattino o sera. Preparati una fonte di gocce regolabile come intensità e che le gocce nascano in 6-8 punti. Fai serie di scatti da 50 pose e poi cambi scena, ripeti la scena per 20-25 volte e vedrai degli ottimi risultati Ringrazio ancora una volta Margherita per il prezioso tutorial.

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Articoli sulla Tecnica fotografica: Il ritratto, la scelta delle ottiche Questo è il primo di una serie di articoli dedicati al ritratto, essi sono scritti da un fotografo professionista di nome Attilio che già in passato ha contribuito al blog. Il genere fotografico più praticato nella storia della fotografia è sicuramente il ritratto, ma altrettanto sicuramente è un genere niente affatto facile e scontato, le capacità tecniche, indispensabili, vanno poi coniugate anche con la sensibilità personale del fotografo per rendere un'immagine di una persona un vero ritratto. Nel voler ritrarre una persona ci si aprono davanti una serie di possibilità davvero infinite per rendere al meglio il nostro soggetto, è indispensabile capire cosa vogliamo mostrare di quella persona, vogliamo mostrarne la bellezza? La sensualità? Oppure la timidezza, la profondità di pensiero, la nobiltà d'animo, l'innocenza, la malizia, l'entusiasmo, o ancora altri aspetti del suo essere? Tenendo bene in mente il punto di partenza, possiamo iniziare a pensare a come realizzare il nostro ritratto e quindi a come, tecnicamente affrontare lo scatto. Convenzionalmente le ottiche da ritratto sono comprese tra gli 85mm ed i 135mm di lunghezza focale, la scelta non è casuale visto che tali ottiche consentono una rappresentazione fedele e piacevole dei tratti di un volto, evitando le distorsioni prospettiche delle ottiche più corte e gli schiacciamenti dei piani delle ottiche più lunghe, ciò non toglie che un valido ritratto può essere affrontato con qualsiasi ottica, anche un grandangolo estremo, in tal caso però la capacità interpretativa e di controllo del fotografo dovrà essere assoluta, il rischio di trasformare il nostro soggetto in una caricatura di se stesso è elevatissimo. La scelta della focale da usare è vincolata anche alle abitudini personali ed all'interazione che stabiliamo con il nostro soggetto: usare una focale corta, un 50mm oppure un 85mm, ci consentirà di scattare a stretto contatto con il nostro soggetto, viceversa la scelta di una focale più lunga ci permetterà una maggiore libertà di azione, di girare con più semplicità intorno al nostro soggetto e di lasciargli più spazio per muoversi e mettersi a proprio agio. In ogni caso l'aspetto più importante è proprio quello di utilizzare lo strumento che meglio ci permette di esprimerci e che meglio lascia spontaneità al soggetto, alcune persone infatti difficilmente riescono ad essere naturali con un obiettivo a mezzo metro dal volto e puntato contro, altre viceversa ci flirtano senza alcuna timidezza e soggezione, sta a noi interpretare i segnali ed agire di conseguenza. Ho volutamente omesso di fare differenziazioni tra pellicola e digitale, nel caso del ritratto il problema può essere considerato trascurabile, al variare del formato di supporto sensibile, infatti, varia l'angolo di campo abbracciato dalle nostre ottiche ma non il comportamento ottico, quindi i problemi di prospettiva, distorsione e schiacciamento dei piani focali rimane invariato nell'uso della pellicola o di una macchina digitale APS-C, si tratterà solo di fare un passo avanti o uno indietro se il nostro soggetto non entra o si perde nell'inquadratura.

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Ulteriore aspetto fondamentale nella scelta dell'ottica per il ritratto è l'apertura massima di diaframma. In linea del tutto teorica un'ottica con apertura massima f/2,8 è il minimo sindacale per pensare di avere un ottica adatta a fare ritratti, potendo disporne sarebbe preferibile avere lenti con aperture f/2 o ancora f/1,4. Poter disporre di un diaframma molto aperto comporta molteplici vantaggi, su tutti la possibilità di sfocare tutto ciò che non ci interessa o che, peggio, distrae attenzione dal nostro soggetto, inoltre avremo la possibilità di utilizzare sfondi qualitativamente pessimi ma che sfocati renderanno invece molto: immaginate di avere un cespuglio di rose, la probabilità che siano tutte perfettamente fiorite è quasi nulla, comunque relativa ad un paio di giorni al massimo, potendole sfocare efficacemente avrete uno sfondo perfetto anche se la maggior parte di queste sono sfiorite ed appassite. Una brutta tenda, un brutto muro, qualsiasi elemento che abbia la giusta distribuzione di colore diventerà ottimo come nostro sfondo dove ambientare i ritratti. Poter disporre di un diaframma molto aperto consente anche un uso della luce più agevole, un normale flash a f/1,4 sarà sufficiente ad illuminare tutto il nostro soggetto anche se lo riflettiamo su un pannello, a f/4 sarà ben 3 stop più chiuso, se abbiamo potenza nel flash per aumentarne l'illuminazione benone, altrimenti i nostri scatti saranno sottoesposti senza appello. In esterni il problema si ripete e si aggrava: le ore migliori per scattare sono l'alba ed il tramonto, quando il sole è basso e la luce è calda, in queste situazioni scattare ad 1/250 f/1,4 a 100 ISO non è affatto improbabile, avere un diaframma minimo di f/4 significherebbe scattare ad 1/30 e quindi mosso del soggetto e micromosso del fotografo probabilmente presenti; avere già un diaframma f/2,8 consentirebbe di scattare ad 1/60, un tempo che scongiura in larga parte il mosso del soggetto ed in una certa misura anche il micromosso amplificato dalla lunghezza dell'ottica. Infine, ma non ultimo, un diaframma aperto consente di dare profondità al soggetto: un volto che riempie il nostro fotogramma, scattato a f/1,4, con la messa a fuoco perfettamente centrata sull'occhio più vicino al fotografo, consentirà di avere le parti più distanti dei lineamenti che inizieranno a mostrare una leggera sfocatura pur rimanendo leggibili, effetto che consentirà una percezione di tridimensionalità nell'osservazione del ritratto. Obiettivi specialistici: ci sono sul mercato ottiche dedicate al ritratto che consentono un controllo della sfocatura, tali ottiche pur mantenendo un controllo eccellente del fuoco in condizioni normali, consentono di ammorbidire, tramite un apposito comando progressivo, la resa dell'ottica rendendo il risultato più morbido, l'effetto è apparentemente simile a quello di un filtro flou, sebbene con qualche differenza, in generale se la fotografia di matrimonio non è il vostro mestiere io tenderei ad evitarli, il costo è significativo e l'uso davvero specialistico. In contrapposizione ci sono le ottiche Macro, nate per tutt'altri utilizzi ed usate a volte, più di frequente negli ultimi anni, per scattare ritratti. L'uso di queste ottiche presenta un unico inconveniente, l'estrema incisività, per cui qualsiasi difetto della pelle del soggetto viene inesorabilmente tirato fuori. Se volete una resa netta e contrastata ed il vostro soggetto ha una pelle perfetta, utilizzatele tranquillamente, viceversa dovrete passare molte ore davanti al computer a mascherare rughe, pori della pelle e difetti vari.

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Concludo con le mie osservazioni personali: io uso preferibilmente due ottiche per i ritratti, un 50mm f/1,4 ed uno zoom 70-200 f/2,8 stabilizzato, con una netta preferenza per quest'ultimo. Il motivo che mi fa scegliere questa lente è che mi permette una grande libertà di movimento intorno al soggetto, soprattutto in esterni mi consente di scattare anche da distanze importanti lasciando il soggetto nella posizione scelta, inoltre scattando a lunghezze focali dai 100mm in su mi consente di non stargli troppo addosso, in modo da lasciarlo libero di muoversi con naturalezza ed avere quindi un atteggiamento privo di soggezione nei confronti della macchina fotografica. Quest'ottica la utilizzo anche per i ritratti di strada, infatti la possibilità di scattare da diversi metri di distanza, nonostante l'ingombro dell'ottica, permette facilmente di scattare prima che il soggetto percepisca la mia presenza, lasciandogli sul volto l'espressione del momento. Il 50mm invece lo utilizzo nel caso di modelli professionisti, dove la paura dell'obiettivo è stata superata ed il rapporto con il fotografo è più maturo e diretto, in tali casi un 50mm consente di avere un contatto molto stretto e di ottenere risultati diversi da quelli che probabilmente riempiono già il loro book fotografico. Il 50mm lo trovo comodo anche nel caso di ritratti informali, in situazioni dove più che la perfezione formale conta il cogliere l'espressione momentanea, in tal caso, luce permettendo, un 50mm a f/8 permette di scattare al volo senza curarsi troppo attentamente della messa a fuoco.

Articoli sulla Tecnica fotografica: Il ritratto, la luce naturale Questo è un articolo scritto da Attilio. Ciò che dà carattere ad ogni fotografia è sempre la luce. In uno scatto potremo apprezzare molti elementi come la composizione, la situazione ripresa, l'unicità di un avvenimento, un'espressione colta al volo, la solennità di un panorama o di un edificio, il degrado o lo splendore di un luogo, di una condizione umana, la bellezza e l'azione di un animale o ancora molti altri elementi che non ho citato, ma mai, in nessun caso, uno qualsiasi di questi elementi sarà efficacemente rappresentato se la luce che caratterizza il nostro scatto è brutta e di cattiva qualità. Questo non significa dover disporre sempre di luce in abbondanza, anzi, ma sicuramente significa che la ricerca del corretto modo di sfruttare la luce disponibile nel migliore dei modi è il punto essenziale della ricerca fotografica. Il ritratto non fa eccezione a questa regola, al contrario ne è, insieme allo still-life, il genere principe dove la ricerca della luce giusta permette di esprimersi al meglio. Nel ritratto, infatti, non potremo contare su altri elementi scenografici che non siano il nostro soggetto, non potremo contare sull'emozione e lo stupore che suscita un magnifico e grandioso panorama, non avremo l'animale raro colto in azione, non avremo in pratica "stampelle scenografiche" che faranno da sostegno ad una carenza sul fronte dell'illuminazione. Al contrario, la luce dovrà essere il primo mezzo con il quale confrontarsi e dal quale attingere spunti per meglio interpretare il nostro soggetto, per meglio rappresentare ciò che del nostro soggetto vogliamo mettere in evidenza.

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La luce che più facilmente avremo a disposizione è, naturalmente, quella fornita dal sole;,la luce solare per sua natura, non è la più facilmente gestibile, varia di intensità nel corso della giornata, varia di colore e di inclinazione, eppure permette, grazie alla sua intensità, di essere efficacemente sfruttata e modellata per raggiungere quasi ogni scelta di illuminazione che desideriamo per il nostro soggetto. La prima considerazione da fare sulla luce naturale è relativa al luogo di scatto, se in interni oppure in esterni. In un ambiente chiuso la luce solare ci arriva attraverso le finestre, in questo caso avremo una luce fortemente direzionata che illuminerà con decisione una parte del nostro soggetto, lasciando in ombra la parte opposta: questo effetto, sebbene ricercato in alcuni casi, potrebbe essere fin troppo marcato per un ritratto classico e generare ombre nette e chiuse, in tal caso un primo passo per ottenere una luce qualitativamente migliore è poter disporre di una tenda bianca davanti alla finestra, in tal modo avremo il risultato di poter usare una luce sensibilmente più morbida per via dell'effetto di diffusione che la tenda genera. In questa situazione la differenza di illuminazione, tra il lato alla luce del soggetto ed il lato in ombra, sarà molto meno marcata ed il risultato fotografico sarà quello di un ritratto meno "drammatico". L'inconveniente nell'uso di una finestra schermata consiste nel calo di luce disponibile, la tenda, infatti, assorbirà molta della luce e, diffondendola, abbasserà ulteriormente il livello di luminosità della scena. Il vantaggio principale, invece, consiste nel costo zero della luce, come vedremo un aspetto non trascurabile. Come ulteriore vantaggio, la finestra, preferibilmente esposta a sud per godere di più luce e per un numero maggiore di ore, ha la possibilità di controllo del colore e di alcuni effetti particolari. Utilizzare infatti una tenda trasparente di colore arancione permette di dare allo scatto una tonalità calda senza dover ricorrere alla luce del tramonto o dell'alba, allo stesso modo saremo in grado di dare colori diversi alla luce in funzione del colore che diamo alla nostra tenda-diffusore. Infine, ricercando un effetto grafico, potremo utilizzare tende con motivi geometrici più o meno regolari, che proietteranno sul nostro soggetto morbide trame grafiche; attenzione però, se usiamo una tenda colorata per introdurre una tonalità nella luce, accertiamoci che sia proprio la tonalità che desideriamo, viceversa introdurremmo nel nostro scatto una dominante di colore difficilmente eliminabile e controllabile, dovremo valutare non solo la resa cromatica sulla pelle, ma anche sugli abiti, non c'è nulla di peggio di un tono magenta su una camicia che evidentemente dovrebbe essere bianca... Se viceversa vogliamo evitare la caduta di luce determinata dai vari schermi ed utilizzare tutta la luce solare disponibile, avremo la possibilità di attenuare le ombre del lato opposto alla luce per mezzo di uno o più pannelli riflettenti, in tal modo la luce che non colpisce direttamente il soggetto verrà riflessa da un pannello posizionato dal lato opposto alla finestra e permetterà di illuminare in misura maggiore o minore anche il lato in ombra; per regolare l'intensità di tale luce riflessa sarà sufficiente allontanare o avvicinare il pannello al soggetto. Personalmente utilizzo per questi scopi dei pannelli in polistirolo, quelli che preferisco sono 100x50 cm e sono spessi 1 cm, queste misure permettono di assemblarli con facilità per ottenere un pannello più grande, sono sufficienti alcuni chiodini per tenerli insieme e possono essere disassemblati con semplicità, inoltre lo spessore non solo facilita il posizionamento dei chiodini ma consente anche al pannello di non flettere.

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In alternativa al polistirolo va bene quasi tutto purché bianco, gli altri colori infatti daranno dominanti cromatiche, in casa dei miei genitori ci sono dei ritratti miei da bambino che mio padre eseguiva in salotto usando un quotidiano come pannello riflettente e mia madre come sostegno del pannello... Se la luce della finestra vi sembra una soluzione povera e poco professionale, vi basti sapere che in commercio si trovano bank dedicati ai flash da studio chiamati "window light", in sostanza un box da applicare ad un flash elettronico che, per meno di duemila euro, simula in studio la luce che offrirebbe una finestra con tanto di tenda -_-, una finestra esposta a sud è la migliore amica del fotografo ritrattista. Spostandosi in esterni la possibilità di gestire e modificare la luce solare svanisce del tutto, non saremo più in grado nè di controllarne la durezza nè tanto meno il colore, la dovremo usare così com'è. In questo caso quindi conviene scegliere di scattare nelle ore più adatte, con il sole basso sull'orizzonte, cioè nelle prime ore del giorno oppure nelle ultime, in prossimità del tramonto. Anche in questo caso l'uso di almeno un pannello riflettente si dimostrerà basilare, con una luce diretta, infatti, la possibilità di ammorbidire le ombre offerta da un pannello consentirà di rendere al meglio i tratti di un volto, mantenendone la tridimensionalità ma lasciandolo leggibile in ogni sua parte. Una soluzione niente affatto trascurabile in esterni è quella di scattare con il soggetto in ombra, al riparo di un portico, una tettoia o quant'altro lo terrà in ombra ma attenzione, per i nostri scopi non andranno invece altrettanto bene i lati in ombra degli edifici. Al di sotto di una tettoia, infatti, avremo comunque una luce ben direzionata che ci fornirà quel minimo di differenze tonali in grado di dare dimensioni al soggetto, viceversa in un'ombra fornita da un edificio esposto a nord avremo solo una luce piatta e diffusa che male si presterà a questo scopo. Infine va preso in considerazione un momento ben preciso, quello esatto del tramonto. La luce del tramonto è, a mio avviso, quella che consente i risultati migliori, purtroppo dura pochi minuti e per riaverla bisogna aspettare il giorno successivo, quindi bisogna farsi trovare preparati e sapere in anticipo che scatto fare; nonostante le difficoltà, però, la luce al momento del tramonto ci offre la possibilità di scattare con il soggetto in pieno sole, ben illuminato ed avvolto da una luce calda e morbida, con ombre allungate che danno dimensione e consistenza alle superfici. Naturalmente proprio la lunghezza delle ombre va tenuta d'occhio, il naso, ad esempio, potrebbe proiettare un'ombra che andrebbe ad oscurare una grossa porzione di volto, quindi dovremo preoccuparci di tenere sotto controllo la posizione del soggetto con estrema attenzione. Quando usare la luce naturale? La questione è soggettiva, dipende dal singolo fotografo e dalla sua capacità di espressione, in linea di massima non ci sono ambiti espressivi preclusi alla luce naturale, sicuramente però, ragionando in astratto, la luce naturale mal si presta a "drammatizzazioni": la sensualità, la drammaticità, la durezza, difficilmente potranno essere rese in pieno sfruttando solo la luce naturale e nessun altro elemento scenico, a meno di non scattare in condizioni difficili, quindi con pieno sole, con ombre nette e dure, quando il controllo degli elementi della ripresa diventa fondamentale, quando bruciare irrimediabilmente una luce o lasciare irrimediabilmente chiusa un'ombra è un rischio sempre in agguato. Viceversa la luce naturale si presta molto bene a rendere emozioni ed aspetti delicati del carattere del soggetto: un'aria sognante, uno sguardo perso nei pensieri o ancora l'allegria, la

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spensieratezza, in generale tutti quegli aspetti del carattere che ci fanno dire di una persona "è solare", anche la malizia, variante in chiave ironica della sensualità, si presta bene ad essere illuminata dalla luce solare. Personalmente non scatto spesso sfruttando solo la luce naturale, se non in caso di ritratti di strada o su specifica richiesta, sono un amante dei flash e preferisco utilizzare questi ultimi, nonostante tutto tra i miei ritratti più apprezzati una larga fetta è costituita da scatti in luce naturale, non è stato infrequente che professionisti a cui ho fornito decine di scatti abbiano poi ingrandito ed appeso in casa ritratti in luce ambiente, probabilmente l'abitudine alla ripresa in luce flash e quindi in situazioni dalla drammaticità elevata proprio a loro fa apprezzare il ritratto più delicato e che coglie lati non sempre mostrati del loro carattere.

Articoli sulla Tecnica fotografica: Il ritratto, l’ausilio del flash ( singolo e multiplo ) Articolo scritto da Attilio.

L'AUSILIO DI UN FLASH Come abbiamo visto, spesso la luce naturale è ampiamente più che sufficiente per eseguire una gamma molto ampia di ritratti, con effetti e risultati molto diversi e validi per tante situazioni; ciò non toglie che la possibilità di controllare meglio la luce offra possibilità diverse di espressione e, soprattutto, risolve con relativa semplicità problemi che richiederebbero altrimenti complessi sistemi di pannelli e bandiere taglia luce. In questa sede esaminiamo l'uso di un singolo flash, di quelli definiti "a cobra", da montare nella slitta flash della propria fotocamera oppure di quelli incorporati sopra il pentaprisma. Prima di iniziare a descriverne l'uso è bene capire come funzionano i moderni flash TTL ed invece l'uso in manuale di flash più datati. Il flash altro non fa che accumulare, in fase di ricarica, una certa quantità di corrente in un condensatore, al momento dello scatto questa corrente viene rilasciata istantaneamente e viene usata per far partire il lampo che illuminerà la scena, la chiave nell'uso del flash sta nel dosaggio di tale luce. Intanto chiariamo un aspetto: il lampo flash è sempre così rapido che il tempo di esposizione non influenza la quantità di luce flash registrata, un lampo a piena potenza con un tempo di esposizione di 1/250 a f/8 oppure di 1/60 a f/8 darà un soggetto illuminato sempre nello stesso modo (a meno che il soggetto non sia illuminato da altre fonti), viceversa il diaframma è il primo strumento per il dosaggio della luce flash, scattare ad 1/250 f/8 oppure 1/250 f/2,8 darà risultati radicalmente diversi. Inoltre, essendo l'apertura di diaframma un valore relativo all'ottica usata, un esposimetro per luce flash ci indicherà sempre il corretto diaframma di lavoro a prescindere dall'ottica usata. Infine, utilizzando un flash, potremo evitare di preoccuparci del rischio mosso nei nostri scatti, il lampo è così rapido da congelare il movimento del nostro soggetto, quindi a meno di altre fonti di luce, un tempo di scatto lento nell'ordine di 1/60 o 1/90 ( obbligato in certe fotocamere ) non sarà un problema neppure con soggetti in rapido movimento.

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Nell'uso quotidiano e non specialistico i moderni flash TTL usati in automatismo risolvono molti problemi, non dobbiamo calcolare nulla e sarà il flash a leggere, attraverso l'ottica usata, la luce emessa e ad interrompere l'emissione non appena la giusta illuminazione è stata raggiunta. Con un flash più datato e non TTL invece questo non accade, il sistema migliore per regolarne la luce sarà l'uso di un esposimetro esterno per luce flash: si fa partire il lampo e si legge il diaframma di lavoro sull'esposimetro, si imposta il diaframma sull'ottica e si scatta. Quanto detto non ha certo la pretesa di esaurire l'argomento tecnico relativo ai flash, ma semplicisticamente può essere sufficiente a capire come andare ad usare il flash nei nostri ritratti. L'uso primario del flash singolo nel ritratto è quello di luce di riempimento: in una situazione di illuminazione naturale, diretta o indiretta, in esterni o all'interno, il flash consente di andare a riempire le zone d'ombra, quelle che risulterebbero troppo scure e poco leggibili, o ancora con contrasti troppo marcati tra luce ed ombra. Ciò a cui dobbiamo prestare attenzione però sono le ombre che il flash va a generare e l'appiattimento che potrebbe causare la luce flash diretta. Come abbiamo visto, infatti, un flash in automatismo andrà ad autoregolarsi in base alla lettura della corretta esposizione come se il flash fosse l'unica fonte di luce ed andrà a sovrascrivere qualsiasi altra luce, vanificando tutte le nostre ricerche di una buona luce ambiente per lo scatto, inoltre le ombre generate dal flash saranno dure e nette, creando un alone di ombra alle spalle del nostro soggetto. Per evitare tutti questi problemi nell'uso del flash la prima operazione da compiere è quella della compensazione della luce lampo: quello che desideriamo per il nostro scatto è mantenere l'esposizione misurata per la luce naturale e questa manterremo, per il flash invece dovremo impostare un'illuminazione che si occupi di riempire solo le ombre, qualsiasi flash o fotocamera permette di regolare l'intensità pur senza sapere la potenza usata ma ragionando in termini di valori EV in più o in meno; nel nostro caso l'operazione da compiere è quella di una compensazione negativa, cioè dovremo abbassare l'emissione che il flash considererà corretta di un certo numero di stop, solitamente la quantità dipende dalle condizioni ambientali di maggiore o minore luminosità e da fattori vari come il colore dell'abbigliamento, in linea di massima io compenso tra -1EV e -2EV, valori che consentono di schiarire efficacemente le ombre e nello stesso tempo di mantenere le differenze tonali dell'illuminazione primaria, che danno dimensione al soggetto, inoltre una compensazione con tali valori rende le ombre generate dal flash molto leggere e non fastidiose, spesso impercettibili. In linea di massima, ma come detto poi le variabili sono molte, maggiore è la situazione di controluce e minore dovrà essere la compensazione, fino a raggiungere l'esposizione non compensata in caso di controluce pieno. Per ammorbidire la luce emessa molti flash sono dotati di un diffusore, così come in commercio ci sono molti modelli di diffusori adattabili a quasi tutti i flash, in linea di massima sono efficaci nel controllo migliore delle ombre ma il loro uso non evita la compensazione, la lettura TTL infatti registra la luce che effettivamente raggiunge la pellicola o il sensore quindi in caso di diffusore che assorbe parte della potenza del flash, il flash emetterà più luce per compensare la perdita dovuta al diffusore stesso.

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Qualora si stia scattando in interni, e pareti e soffitto della stanza dedicata a sala posa siano bianchi, con un flash a cobra potremo anche regolare la parabola in modo da indirizzarla verso l'alto o verso una parete, in tal modo altro non facciamo che utilizzare il soffitto o una parete come pannello riflettente per la luce flash, diffondendola e rendendola più morbida, aggiungendo tale luce al nostro scatto ancora una volta andremo a schiarire le zone di ombra causate dalla luce naturale primaria che stiamo utilizzando per il nostro ritratto; l'uso del flash, in questo caso, comporta però una maggiore accortezza nel dosaggio del lampo, non è detto infatti che la potenza del flash sia sufficiente per ottenere un'illuminazione riflessa che correttamente riempia le ombre come desideriamo, poter disporre di una macchina digitale e la possibilità di fare qualche prova senz'altro si rivela la strategia vincente in questi casi, a meno di non poter disporre del solito esposimetro esterno per luce flash incidente che ci permetterà, in base al diaframma di lavoro scelto, di capire se la luce flash è sufficiente e quanto andrà eventualmente compensata. Una delle caratteristiche che maggiormente apprezzo nell'uso del flash è il punto luce che viene riflesso negli occhi del soggetto. Un punto luce negli occhi del soggetto consente di dare a questi una vivacità che diversamente avrebbero con più difficoltà, ma non sempre è facile ottenerlo, nel caso in cui la parabola fosse diretta lateralmente o sopra il soggetto, infatti, il punto luce scomparirebbe: in questo caso è indispensabile l'uso di un cartoncino bianco inserito posteriormente alla parabola flash. Alcuni flash ne hanno uno di serie estraibile ma in mancanza di questo si rimedia facilmente con un cartoncino bristol sagomato a misura del flash; non sottovalutiamo questo elemento, gli occhi sono la chiave di un ritratto riuscito e saperli valorizzare è indispensabile. Il singolo flash può essere utilizzato anche per scopi più "creativi". Per iniziare ad usarlo diversamente è indispensabile poterlo sganciare dalla posizione fissa sopra il pentaprisma, per fare ciò i sistemi sono molteplici. Se abbiamo una macchina con un flash incorporato potremo tranquillamente sganciare il flash a cobra a patto di dotarlo di una semplice servo-cellula, ce ne sono di molto economiche a partire dai 20 euro ed assolvono magnificamente allo scopo, in caso non disponiamo di un flash incorporato dovremo invece dotarci di un cavetto di prolunga, ogni produttore di fotocamere ne ha diversi modelli in catalogo con la possibilità di trasmettere più o meno automatismi; nelle più recenti fotocamere troveremo inoltre la possibilità di controllare in remoto più flash, purché compatibili, con estrema semplicità e senza dover acquistare nulla. Poter lavorare con un flash distante dalla fotocamera ci permetterà di disporre quest'ultimo in una posizione più funzionale all'effetto che desideriamo ottenere, supponendo di avere una luce naturale primaria che proviene dall'alto e da destra, disporre il flash in basso a sinistra consentirà di controllare le ombre in modo molto efficace ed il giusto dosaggio del lampo permetterà di mantenere comunque i passaggi di tono che daranno corposità al soggetto. Inoltre il flash separato dalla fotocamera sarà il primo passo per pensare di scattare ritratti con la sola luce flash, potendolo direzionare, infatti, eliminiamo il problema della resa piatta di una luce frontale. Utilizzare un singolo flash come unica fonte di illuminazione è un'idea meno strana di quanto si possa pensare e spesso utilizzata dai professionisti per ottenere effetti molto interessanti. La luce del singolo flash, infatti, è una luce molto direzionata e dura, che crea contrasti marcati ed ombre nette, ottime se vogliamo ottenere un effetto deciso e drammatico nei nostri scatti, l'uso di un pannello di

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schiarita opposto al flash consentirà di ammorbidire la resa mantenendo comunque una buona dose di "drammaticità"; addirittura ci sono schemi classici di illuminazione, come la luce "Rembrandt", che prevedono proprio l'uso di un singolo flash e spesso neppure ammorbidito. Naturalmente avremo sempre a disposizione la consueta gamma di opzioni di schiarita e riflessione del lampo che ci permetteranno di adottare una luce più morbida ed avvolgente per ottenere ritratti dai caratteri più dolci: io scatto spesso con un singolo flash laterale puntato, invece che contro il soggetto, contro due pannelli di polistirolo disposti a V che assumono loro il compito di far rimbalzare la luce verso il soggetto, in questo modo la luce riflessa dai pannelli risulterà più dolce e le ombre saranno molto meno marcate, avvicinando o allontanando i pannelli dal soggetto riusciremo ad intensificare o attenuare la potenza della luce ed a modificarne la durezza (più sono vicini e più la luce sarà dura e potente), inoltre modificando l'apertura dei due pannelli otterremo l'effetto ulteriore di ammorbidirne o meno la resa, una V più aperta restituirà una luce più morbida, una V più chiusa offrirà una luce più dura. Circa l'esposizione, qualora il sistema lo consenta, mettere il flash in TTL compensato a -1/2 EV è in linea di massima la scelta migliore e più rapida, viceversa ricorreremo ancora all'esposimetro esterno a luce incidente oppure ai calcoli in relazione al numero guida del flash e le distanze, tenendo presente che avremo sempre un risultato approssimato ed in tal caso ricorrere a più scatti a forcella è indispensabile, naturalmente una macchina digitale ci permetterà di vedere subito il risultato operando gli aggiustamenti del caso. Per finire, senza la pretesa di esaurire un argomento così vasto, una semplice nota sulla temperatura colore: la luce flash ha una temperatura colore pari a quella del sole nelle ore centrali della giornata e facilmente sfruttabile con le pellicole daylight, quelle che compriamo abitualmente, tuttavia se scattiamo all'alba o al tramonto ed usiamo il flash come luce di riempimento dovremo tenere presente che la luce solare sarà molto più calda e la luce flash risulterà invece molto fredda sul nostro soggetto, sebbene in qualche caso questo effetto possa essere sfruttato a fini creativi, la regola vede la luce flash filtrata da apposite gelatine che la riportano alla giusta temperatura, in linea di massima potremo adottare i filtri per la luce "tungsten", cioè la luce emessa dalle normali lampadine di casa, ci sono in commercio set di filtri per il flash con gelatine tarate (per portare la luce a temperature colore ben precise) e colorate, provateli, non sempre gli effetti saranno gradevoli, anzi, quasi mai, ma in qualche occasione una nota di colore, magari proiettata sullo sfondo quando l'illuminazione principale è assolta dal sole, potrebbe dare il tocco in più ad uno scatto. Una volta che avremo staccato il flash dalla fotocamera ed avremo iniziato ad esplorare il mondo dell'illuminazione flash, il limite alle nostre possibilità sarà determinato solo dalla nostra fantasia, voglia di sperimentare e, non ultimo, dalle disponibilità economiche che avremo per comprare tutti i flash di cui riterremo di aver bisogno, ciò che è sicuro è che dovremo iniziare a cambiare atteggiamento mentale nei confronti della fotografia, non più una visione creativa per estrapolare dal mondo uno scatto che racconti qualcosa ma una vera e propria creazione dell'immagine per comunicare ciò che desideriamo, come dico sempre, ma la frase non è mia, ci sono fotografi che le fotografie le cercano e le trovano, altri che le

creano, entrambi sono stimabili ed apprezzabili, ma fanno due cose diverse.

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Per finire due esempi di uso del flash come ausilio all'illuminazione. Nel primo caso la luce flash fornisce di fatto l'illuminazione del soggetto mentre la luce naturale del sole si occupa di definirne il contorno, la scelta di scattare al tramonto ha permesso la tonalità dorata tra i capelli. PRIMO CASO

SECONDO CASO

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LA LUCE MULTI FLASH Potendo disporre di più di un flash le possibilità che si aprono nella fotografia di ritratto sono virtualmente infinite, non c'è situazione non riproducibile in studio con le opportune potenze flash e gli accorgimenti del caso, l'attrezzatura, come al solito però, dovrà essere solo quella parte di strumentazione, ben conosciuta e compresa nel suo funzionamento, che permetterà di esprimere al meglio le potenzialità nostre e del nostro soggetto. La prima cosa basilare da capire nell'illuminazione multi-flash è che i normali parametri di esposizione con i quali lavoriamo vanno del tutto dimenticati. Introduciamo una nuova informazione: i flash, quasi tutti almeno, possono emettere lampi a potenze diverse e regolabili, il più delle volte regolabili manualmente o con una serie di parametri relativi, la regolazione della potenza influisce in realtà sulla durata della luce emessa, un flash a piena potenza avrà un lampo della durata circa doppia rispetto al lampo emesso dallo stesso flash a mezza potenza; la durata del lampo, in linea generale, è solitamente davvero breve, un vecchio flash, potente ed a piena potenza potrebbe avere una durata del lampo nell'ordine di 1/500 di secondo, un moderno flash di buona potenza ha una durata del lampo a piena potenza ancora più breve. Da qui si capisce facilmente che nell'esposizione in luce flash la variabile tempo impostata in macchina non ha alcuna influenza sull'esposizione del fotogramma, tenere l'otturatore aperto per 1/30 o per 1/250 di secondo quando la durata dell'illuminazione che espone la scena è enormemente più breve non cambierà nulla, vale la pena impostare il tempo più rapido consentito di sincro-flash per evitare contaminazioni luminose della luce ambiente e per evitare un rumore maggiore in caso di fotocamere digitali. La seconda variabile che abitualmente consideriamo nella valutazione esposimetrica è il valore di apertura del diaframma. Il diaframma influisce realmente sull'esposizione flash però abbiamo le mani legate: se vogliamo ottenere una decisa sfocatura o un tutto a fuoco dovremo impostare il diaframma ad un valore ben preciso e non variabile. In sostanza la nostra fotocamera diventa una scatola contenente il supporto sensibile con un foro di ingresso della luce ben preciso, senza alcuna possibilità di variare alcunché, come esporre correttamente quindi? L'unico parametro sul quale possiamo agire in macchina è la sensibilità ISO, anche qui con diverse limitazioni, se desideriamo una qualità ottima la scelta di pellicola o sensibilità del sensore si ferma presto a valori molto bassi. La strada da percorrere è un'altra: variare l'intensità della luce sui singoli flash per ottenere la corretta esposizione e tutti gli effetti desiderati. Il come fare è questione non banale, ma neppure impossibile da affrontare; il procedimento illustrato sarà valido per qualsiasi tipo di macchina fotografica ma se abbiamo la possibilità di lavorare in digitale, anche con una compatta con il flash impostabile manualmente e magari solo per fare le prove luci, il tutto sarà molto più semplice e privo di tanti calcoli. Intanto disporremo i vari flash, pannelli e supporti secondo lo schema che riterremo opportuno, i flash dovranno avere la possibilità di dialogare tra di loro, che sia via servo-cellula o via cavo sincro non cambia nulla, i sistemi moderni hanno una serie di telecomandi e radiocomandi che sincronizzano i flash tramite onde radio in frequenza o brevissimi lampi impercettibili di comunicazione secondo un loro codice

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proprietario, il tutto dipendente dal nostro pulsante di scatto della fotocamera. Sistemati i flash li imposteremo in base al tipo di illuminazione che vogliamo ottenere, per semplicità ipotizziamo un flash principale a destra a piena potenza ed un secondo a sinistra di schiarita ad 1/4 della potenza. A questo punto fa il suo ingresso in scena l'esposimetro a luce incidente per luce flash; questo tipo di esposimetro ha la capacità di leggere appunto la luce flash che colpisce il soggetto nei vari punti (un punto ogni lettura) ed una presa sincro per comandare il primo dei flash usati, supponendo che gli altri dipendano via servocellule o via cavo dal flash principale. Impostato il valore ISO sull'esposimetro lo posizioneremo in prossimità della zona del volto di cui vogliamo leggere l'esposizione, supponiamo la zona illuminata dal flash di destra, quello principale, e facciamo scattare i flash. L'esposimetro ci restituirà un valore di diaframma, cioè il valore di diaframma che in teoria dovremmo impostare in macchina per una corretta esposizione; abbiamo detto però che il nostro valore di diaframma non è variabile, quindi come fare? Andremo a variare la potenza del flash in funzione del valore che ci è stato dato. Tornando al nostro esempio, supponiamo di avere impostato un diaframma f/2,8 per ottenere una bella sfocatura e che l'esposimetro ci dia una lettura di f/5,6, essendoci 2 stop di differenza tra il diaframma impostato e quello necessario andremo a variare la potenza del lampo di due stop, cioè porteremo il flash primario da piena potenza ad 1/4 e quello secondario da 1/4 ad 1/16. Se vogliamo una lettura più certa anche sulla zona di schiarita potremo ripetere l'operazione posizionando l'esposimetro in prossimità della seconda zona del volto, quella in ombra, facendo scattare i flash nuovamente verificheremo che il valore di diaframma indicato sia due stop più aperto di quello di lavoro (cioè la zona di lettura è due stop più chiusa rispetto all'esposizione ottimale che ci indica l'esposimetro). Fatto questo saremo pronti a scattare una bella serie di immagini delle quali saremo gli artefici in tutto e per tutto. Lavorare in digitale che vantaggi porta? Intanto che potremo fare a meno dell'esposimetro esterno, scatteremo una prima immagine e valuteremo a monitor le luci, come si faceva una volta, e come alcuni fanno ancora, con le polaroid, regoleremo le potenze delle luci e scatteremo nuovamente, via via che non raggiungeremo il risultato voluto. Sul mercato oggi possiamo trovare sistemi di gestione flash davvero complessi e completi, iniziando dai sistemi Canon e Nikon dove è possibile comandare in remoto da un flash principale le potenze di tutti gli altri, usarli a gruppi con impostazioni diverse e potenze regolate in TTL con vari gradi di compensazione, o addirittura direttamente dal dorso della propria fotocamera, fino a giungere ai sistemi da studio controllabili tramite software specifico dal proprio computer portatile, tuttavia il concetto alla base di tutti questi sistemi è sempre la regolazione manuale dei singoli flash in modo da dosare la luce in modo da ottenere l'illuminazione cercata. Cosa possiamo fare con un sistema di illuminazione multi-flash? Sostanzialmente tutto, la vera discriminante è la potenza in gioco, con i flash a cobra installabili in slitta solitamente abbiamo una potenza appena sufficiente ad illuminare correttamente un volto se desideriamo un'illuminazione morbida e riflessa da una serie di pannelli, ciò non toglie che sia un ottimo sistema per iniziare ad impadronirsi della tecnica, certamente non aspettiamoci di poterli usare se decidiamo di lavorare a diaframmi molto chiusi, già pensare di lavorare a f/5,6 a 100 ISO potrebbe non essere così semplice, il passo successivo è dotarsi di un paio di flash da studio di

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potenza adeguata, ci sono in commercio kit già pronti con gli stativi e gli ombrellini riflettenti compresi con monotorce da 400W e prezzi non del tutto fuori dal mondo, anche qui comunque non pensate di essere arrivati, se pensiamo che ad ogni stop di chiusura del diaframma la luce dei flash in gioco va raddoppiata ed un bank diffusore può sottrarre un paio di stop, scopriamo in fretta che gli scatti di moda che vediamo sulle riviste fatti a f/11 o f/16 richiedono facilmente potenze nell'ordine di migliaia e migliaia di Watt. A fronte di tutti questi svantaggi, economici e di gestione delle potenze luminose in gioco, perché usare solo la luce flash per scattare un ritratto? Perché la luce flash è perfettamente controllabile, in potenza, direzione, colore, ampiezza e durezza; possiamo decidere l'esatto angolo con il quale la luce colpirà il nostro soggetto per avere una luce radente che mostri e nasconda ogni particolare che vogliamo, possiamo decidere che tonalità dare alla luce, se evidenziare un particolare con uno spot stretto o proiettare un ombra significativa in un punto preciso, possiamo con poche regolazioni passare dalla luce diffusa simile a quella che troveremmo in esterni ad un'illuminazione direzionata e decisa, in sostanza avremo il vero controllo sulla nostra immagine, indipendentemente dall'ora e dalle condizioni atmosferiche; c'è da dire che solitamente la luce flash viene usata per ottenere risultati d'impatto, con una forte carica emotiva, ombre decise e luci ben aperte, ma è solo lo stile che la moda ha imposto in questi ultimi anni, nessuno ci vieta di usare i nostri flash per ottenere risultati morbidi e delicati, basta solo sapere come fare, ma questo si impara solo con l'esperienza. Per quanto riguarda me e le mie fotografie di ritratto, da circa tre anni sono passato quasi del tutto a scattare in digitale con sistemi Nikon, il che mi ha facilmente portato ad adottare il loro sistema CLS dove, con un numero tutto sommato piccolo di flash SB600 ed SB800 si riescono ad ottenere ottimi risultati con il vantaggio di una gestione praticissima dei singoli flash direttamente dal dorso delle mie macchine o di un SB800 montato in slitta, il tutto senza cavi e senza i tempi dell'allestimento di un set completo e con il vantaggio di poter trasportare tutto facilmente ovunque, anche in un campo arato; viceversa i sistemi di flash da studio con monotorce, ombrelli e bank li riservo allo still-life dove solitamente servono diaframmi molto chiusi e potenze maggiori di illuminazione, dove non c'è gente in giro per il set e dove le modifiche alle luci da fare sono più limitate visto che il soggetto è assolutamente statico.

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Articoli sulla post produzione: Regolazione del contrasto e della luminosità

Uno degli elementi fondamentali in fotografia è lo strumento di regolazione del contrasto e della luminosità.

Regolare il contrasto e la luminosità è un'operazione necessaria, soprattutto per chi usa macchine fotografiche di tipo Bridgee o Reflex, esse scattano con un contrasto e una luminosità più bassa del normale ( a differenza delle compatte, realizzate per un pubblico "ignorante" ) per dare la possibilità al fotografo di regolare da se questi valori.

Aumentando il contrasto in una foto otterrete colori più vivi, prendete una foto appena scattata, aumentate un pò il contrasto e regolate la luminosità, salvate l'immagine con un altro nome e chiudete tutto, riaprite la foto originale e quella appena "trattata" mettendole a confronto. Noterete che la differenza qualitativa fra le due foto è evidente ( sempre se avete regolato bene il contrasto e la luminosità ).

Per fare un esempio concreto inserirò la foto a inizio articolo prima del trattamento in post produzione, giudicate voi la differenza.

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Articoli sulla post produzione: Il ritaglio

Un utile strumento molto sottovalutato dalla stragrande maggioranza dei fotografi in erba è lo strumento di ritaglio.

Esso è essenziale nella maggior parte dei nostri scatti, per realizzare un'immagine perfetta e valorizzare il significato che si vuole trasmettere. Quando fotografiamo qualcosa che ci attrae spesso non facciamo in tempo a inquadrare perfettamente il soggetto che ci interessa e nella foto risulteranno elementi di disturbo che disperdono l'attenzione.

Come nel caso della foto a inizio articolo "L'abbraccio dell'onda" o del murales qui sotto "Urlo rivoluzionario", prima del processo di post produzione, nell'immagine vi erano elementi che non mi interessavano ( mare e scogli, nel caso della prima foto, marciapiede e piante nel caso della secanda ), tagliando via quegli elementi che distraevano l'occhio da ciò che è essenziale il significato che desideravo dare alla foto dopo tale processo è molto più chiaro.

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Articoli sulla post produzione: Lavorare sui Murales

Mi è capitato spesso di discutere in internet con persone che criticavano aspramente i Writers, considerandoli dei vandali.

Io penso che riempire gli spazi grigi col colore sia un istinto naturale dell'uomo. Non mi va di condannare in assoluto e distinguo 3 tipi di Writers: - Writer bravo: Crea opere d'arte l'addove impera lo squallore più assoluto, solitamente opera sui muri grigi di periferia. - Writer bastardo: Crea le su opere su monumenti o palazzi col fondamentale intento di mettere in evidenza i suoi lavori deturpando altre opere d'arte. - Writer scarso & bastardo: Non sa tenere in mano una bomboletta, al massimo riesce a fare dei ghirigori sul muro e si atteggia a grande writer deturpando monumenti e palazzi con le sue porcate. Tornando alla fotografia ci sono diversi modi di fotografare un Murales, uno è quello tradizionale, cioè tenendo tutti gli elementi esterni all'immagine che rendono lo scatto più Underground, ecco un chiaro esempio:

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Un altro è un metodo mio personale: 1°) Fotografo il murales cercando di fare entrare tutta l'immagine nella foto senza includere elementi ad essa estranei. 2°) Usando Corel Paint Shop ( ma va bene anche Photoshop ) in post produzione taglio via tutte le parti che non riguardano il murales, ovvero il marciapiede ( se non posso fare a meno di fotografarlo ) e tutti gli altri elementi esterni all'immagine. 3°) Mi rimane l'immagine, che ovviamente a meno che il murales non sia stato appena fatto è abbastanza sporco e consumato, ora aprire lo strumento di regolazione del contrasto e della luminosità. 4°) Non esiste un valore univoco di contrasto che posso indicare, vi dovete regolare a occhio, aumentatelo senza rovinare i colori, giocate con la luminosità, il risultato sarà un totale restauro del murales e i colori risulteranno vivi come se il writer abbia appena finito la sua opera.

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Articoli sul fotoritocco: Il colore selettivo

Il colore selettivo è una tecnica di fotoritocco molto interessante, per poterla padroneggiare bene si deve fare molta pratica.

Il programma che uso per utilizzare tale tecnica si chiama Corel paint shop Pro Photo X2, questa guida credo sia valida anche per chi usa Photoshop. Passaggi: 1°) Apriamo col nostro programma di grafica una foto a colori, convertiamola in bianco e nero e salviamola con un altro nome, chiudiamo la foto senza salvare i cambiamenti effettuati e riapriamo la foto a colori di prima e il suo equivalente in bianco e nero. 2°) Andiamo a utilizzare lo strumento di clonazione, col tasto destro del mouse clicchiamo sul punto della foto a colori che ci interessa, su di esso si posizionerà una X, adesso andiamo sulla foto in bianco e nero e andanto col cursore sul punto preciso in cui abbiamo messo la X nella foto a colori, clicchiamo col tasto sinistro, tenetelo premuto come se stessimo usando il pennello, la parte della foto a colori selezionata andrà a sostituirsi con quella della foto in bianco e nero.

In Photoshop per usare lo strumento timbro clone ( o clone ) bisogna premere Alt e cliccare per stabilire il punto di sorgente, diversamente da quanto detto prima per Paint Shop Pro che richiede l'utilizzo dal tasto destro. Questa tecnica richiede molta pazienza, impostate lo strumento di clonazione a "normale" e di regolarlo "morbido". La cosa che consiglio è di sperimentare molto "stuprando" la foto.

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Articoli sul fotoritocco: Creare foto in HDR

L’ HDR, acronimo di High Dynamic Range, è una tecnica utilizzata in computer grafica e in fotografia per consentire che i calcoli d’illuminazione possano essere fatti in uno spazio più ampio (un high range appunto) e si possano rappresentare valori di illuminazione molto alti o molto bassi.

L’HDR aumenta enormente il dettaglio dell’immagine per ottenere risultati veramente unici. Si può usarlo in maniera leggera per creare fotografie dall’aspetto naturale, oppure marcando particolarmente i filtri per dare un tocco originale e creativo. Il seguente tutorial vi mostrerà come creare con il vostro computer questo genere di filtro di post-elaborazione delle fotografie.

Strumenti

Gli strumenti necessari sono un editor di immagini RAW (Photoshop va benissimo) e un programma per manipolare l’High Dynamic Range. Il più famoso è PhotoMatix.

Scattare le fotografie

Ci sono due metodi per creare le fotografie sorgente necessarie per l’HDR. Si può usare il sistema AEB, auto exposure bracketing, che consiste nell’impostare opportunamente la propria fotocamera in modo da scattare 3 fotografie della stessa immagine con diverse esposizioni. L’altro sistema consiste nell’impostare la modalità RAW e scattare una singola foto, per poi estrarne tre usando sistemi di post-elaborazione.

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Elaborazione

L’immagine HDR si ottiene aprendo le 3 fotografie con Photomatix. Dal menu HDRI, selezionare la voce "Generate HDR". Photomatix chiederà conferma sull’esposizione delle 3 immagini, suggerendone una, che per la maggior parte dei casi, è quella esatta. A calcolo ultimato, è necessario fare tuning sui toni usando la voce "tone mapping".

Il "tone mapping" è la parte più creativa del procedimento e consente di infondere la propria creatività nella foto. Impostando la luminosità delle ombre, la forza dei contrasti locali, la saturazione del colore, i bianchi e i neri, il micro-smoothing e il micro-contrast (cioè l’accentuazione dei dettagli locali), si otterranno risultati veramente molto originali.

HDR con Photoshop

Dalla Versione CS2 in poi è possibile creare delle immagini HDR anche con Photoshop, i risultati non sono pero cosi convincenti come con Photomatix. (nota: i comandi sono in inglese poiché non dispongo della versione in italiano) Si inizia cliccando su “File” >> “Automate” >> “Merge to HDR…” dopodiché si seleziona la serie (3-5 immagini) di fotografie dello stesso oggetto fatta con diversa esposizione, e si clicca su OK (prima è consigliato selezionare l’opzione in fondo a sinistra per allineare le immagini). Photoshop elaborerà le foto creando un file HDR, dopodiché è necessario modificare il “Tone Mapping”, si deve quindi andare su “Image”(immagine) >> “Mode” >> e selezionare “8Bits/Channel”. Nella finestra che compare si seleziona “Local Adaption” e si configura a piacere.

HDR con Qtpfsgui

Qtpfsgui è un programma gratuito (openSource) per creare Foto HDR

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Articoli sul fotoritocco: Bordi brillanti

L'effeto dei bordi brillanti lo trovate in Corel paint shop pro photo X2 ( mazza che nome lungo ) nella sezione effettieffetti artisticibordi brillanti, dovrebbe esserci anche in Photoshop. Io uso questo effetto con fotografie che come unico difetto sono riuscite sfocate. Ovviamente gli scatti dopo un ritocco del genere non si potranno più definire foto, ma lavori di grafica.

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Articoli sul fotoritocco: Disegnare con la fotografia

Con la fotografia digitale ci si può divertire realizzando delle immagini originali, un bello scatto che purtroppo per qualche strano scherzo del destino è venuto mosso può essere salvato trasformandolo in un disegno! Quella che vedete in alto è la foto rielaborata del mio cuginetto, lo stesso bimbo che vedete nell'articolo "Viaggio attraverso la Sicilia", purtroppo era venuta mossa e ho deciso di provare uno degli effetti ci corel paint shop pro photo X2. Sono andato su Effetti-->Tecniche di disegno-->Lapis ed il gioco è fatto. Con il Corel paint per ottenere un bel disegno da una foto c'è anche la tecnica di fotoritocco dei bordi brillanti. Un altro modo per ottenere delle belle immagini da una foto è utilizzare Picasa, un programma di elaborazione immagini non professionale gratuito creato da google.

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Aprire il programma, selezionare l'immagine che vi interessa, andare su Effetti, convertire l'immagine in Bianco e nero ( consigliabile convertirla prima con un programma più professionale ), dopo la conversione andare su Correzione, regolare quasi al massimo le Ombre e le Evidenziazioni, regolate i parametri a seconda dell'imagine, insomma, come si dice qui da noi, cazzuliate un pò il programma. ATTENZIONE: A fine ritocco, con qualsiasi programma di elaborazione immagini non utilizzate "Salva" ma Esporta, ed esportate alla massima qualità possibile l'immagine. Se utilizzerete semplicemente salva la qualità si dimezzerà.

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Articoli sul fotoritocco: Come colorare gli occhi con Photoshop

No, non ho gli occhi viola, i mie occhi sono castano scuro, questo è semplicemente un fantastico effetto realizzato con Photoshop CS2 ( purtroppo ancora non posseggo la versione CS4 ). Il ritocco degli occhi è molto usato in ambito pubblicitario, questi sono i passaggi principali che servono a realizzare tale effetto: 1°) Apro l'immagine che mi interessa con Photoshop.

2°) Aperta l'immagine avremo un livello denominato "sfondo" ( background ), duplicate questo livello e cliccate sulla copia che otterrete.

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3°) Ora vi serve uno strumento per selezionare l'iride, per maggiore precisione vi consiglio di utilizzare lo strumento di selezione "Lazo magnetico", i valori di tale strumento dovranno essere "Sfuma = 2px" e selezionate il quadratino "Anti-alias" ( come nella figura di esempio qui sotto ).

4°) Ora andate su Immagine-->Adjustments-->Bilanciamento colore e settate questo strumento fino a trovare il colore che più vi aggrada ( consiglio tonalità di colore molto accese ). 5°) A seconda della fotografia potreste aver bisogno di regolare la luminosità e il contrasto del colore appena selezionato per i vostri begli occhietti. 6°) Ora utilizziamo lo strumento "Brucia" sulle pupille e sui contorni dell'iride per scurire queste parti.

7°) Adesso per rendere più realistica l'immagine, sul livello su cui avete lavorato finora ovvero quello copiato da livello "Sfondo" diminuite l'opacità e settatela su 40% ( come ho fatto io ) oppure su un valore a vostro piacimento finché il colore degli occhi non risulta più realistico. Ora salvate il file ed il gioco è fatto.

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Articoli sul fotoritocco: Effetto Che Guevara Questo effetto ( o fotomontaggio ) non è difficile da realizzare ma neanche tanto semplice, partiamo dall'inizio. EFFETTUARE LO SCATTO, POSA E INQUADRATURA: Un aspetto da non sottovalutare è l'inquadratura e soprattutto la posa in cui vi metterete, guardate bene la famosa foto del Che:

Da notare: Sono visibili entrambi gli occhi e le narici, sembra che il fotografo si sia posizionato di fronte a lui per effettuare lo scatto, ma non è così, il Che guardava alla mia destra e il fotografo era posizionato leggermete a sinistra rispetto al centro della faccia di Ernesto Guevara. E davanti a queste leggendaria immagine del Che non posso non inserire una delle sue citazioni che mi piacciono di più:

"Vale milioni di volte di più la vita di un solo essere umano che tutte le proprietà dell'uomo più ricco della terra." ( Ernesto Che Guevara ) Quindi per essere grezzi posizionate inizialmente la digitale perfettamente di fronte alla vostra faccia, fissate un punto lontano alla vostra sinistra (non troppo a sinistra), ora spostate la digitale leggermente alla vostra destra e portate la spalla sinistra in avanti.

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Questa è stata la mia prima foto in versione Che, la foto a fine post invece è stata la mia prima prova, mi è servita a capire come imitare la foto di Ernesto Che Guevara, non amo mettermi in posa e non ho seguito alla lettere le mie stesse indicazioni.

FASI DI POST PRODUZIONE & FOTOMONTAGGIO: 1°) Convertie il vostro ritratto in Bianco e Nero. 2°) Utilizzare il pennello impostato sul colore bianco e fate scomparire con tale strumento tutto l'ambiente che vi circonda, deve rimanere solo il vostro bel visino. 3°) Aprite Picasa ( anche Corel Paint Shop o Photoshop vanno bene ) e regolate le Ombre ( al massimo ) e le evidenziazioni in modo che venga un disegno, per

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approfondire l'argomento leggete questa guida: "Tecnica di fotoritocco: Disegnare con la fotografia". 4°) Da qui inizia la parte più seccante, scaricate la famosa immagine del Che a questo Link. 5°) Aprite l'immagine che avete scaricato con Corel Paint Shop o Photoshop, se la vostra immagine o viceversa quella che avete scaricato è troppo grande dovrete lavorare sul ridimensionamento di una delle due immagini, ridimensionando quella più grande. 6°) Con lo strumento di Clonazione portate il cappello e i capelli su di voi e il gioco è fatto, avrete il risultato ( spero migliore del mio) della foto a fine post, se volete ottenere la foto "classica" ( quella tutta in rosso ) di Ernesto Che Guevara leggete la 7° fase. 7°) Esportate la foto e apritela con Picasa, andate su Effetti-->Tinta progressiva e selezionate il colore rosso, finito il lavoro esportate in massima qualità e dimensioni originali e il gioco è fatto ( Potete usare anche Photoshop se siete pratici coi livelli ).

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Articoli sul fotoritocco: Textportrait e guida base all’utilizzo dei livelli

Osservate bene la foto, noterete che l'immagine sembra composta dalle parole, per rendersene conto è meglio vederla a una maggiore risoluzione a questo link, per ottenere questo effetto è doveroso prima parlare dei livelli, perché è con essi che dovremo lavorare. UN ACCENNO TEORICO SUI LIVELLI:

Lavorare coi livelli è come lavorare su una serie di fogli di carta velina sovrapposti alla tua immagine, su ogni foglio può disegnare, oppure si possono operare delle regolazioni, ogni foglio interagisce con i precedenti ed i seguenti secondo una serie di regole ed in percentuali definibili dall'utente, ogni foglio può coprire l'intera immagine o solo una parte di essa o in percentuali variabili parti diverse dell'immagine o del foglio sottostante. I fogli potrebbero essere trasparenti alla luminosità ma non al colore ad esempio, oppure mille variabili diverse, ed anche se fossero opachi solo al colore puoi stabilire gli intervalli colore di trasparenza oppure opacità.

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Un foglio può contenere anche una selezione, un tracciato, parti di altre immagini da fondere, oppure contenere colori, sfumature, anche questi da fondere secondo regole che apportino alla nostra immagine la variazione desiderata. Questi fogli possono essere raggruppati secondo parametri logici in base all'area di lavoro sulla quale operano, oppure in base al tipo di variazioni che apportano. Su ogni foglio possiamo lavorare come sulla nostra immagine di base, quindi applicando regolazioni e filtri, che naturalmente agiranno in base al contenuto del foglio e non dell'immagine, e che restituiranno un risultato in base al metodo di fusione adottato. Con i filtri ed i livelli avanzati oggi è possibile operare anche correzioni distruttive mantenendo le informazioni originali e potendo tornare su quel parametro di correzione in qualsiasi momento. Tutto quanto detto sopra funziona su ogni singolo foglio ma anche in funzione della maschera di livello che abbiamo adottato, in sostanza tutte le operazioni descritte sono fattibili su uno o più livelli che invece di coprire l'intera immagine, ne coprono solo una parte, ottenuta appunto tramite mascheratura. Le maschere di livello sono ottenibili in molteplici modi ed in funzione di cosa voglio mascherare o su cosa voglio lavorare, sono la base indispensabile per un uso corretto dei livelli (non a caso nella palette dei livelli sono sempre a portata di mano ed in Photoshop CS4 gli hanno dedicato un pannello apposta), le puoi ottenere per tracciati, selezioni, intervalli colore, disegnando sulla maschera, selezioni successive, con tutti gli strumenti dedicati, tramite solarizzazione, contrasto, saturazione, combinando tutti questi strumenti insieme. REALIZZARE LA TECNICA DEL TEXT PORTRAITS:

Per prima cosa il software necessario a realizzare questo effetto è Photoshop, io ho utilizzato versione CS2 per essere precisi. I passaggi da eseguire sono: 1°) Caricate la foto, che temporaneamente disabiliterete premendo sull’occhietto vicino al livello che gli corrisponde. 2°) La foto caricata verrà individuata come sfondo ( background ) e nel pannello dei livelli apparirà con un lucchetto, cliccateci sopra con il tasto destro del mouse e duplicate il livello. 3°) Cliccate sul livello col lucchetto e col pennello nero cancellate l'immagine, quindi otterrete un'immagine completamente nera. 4°) Create un nuovo livello e posizionatelo in cima a tutti inserite un testo che copra tutto il riquadro, il colore del testo deve essere bianco, tramite il pannello di gestione dei caratteri ho lasciato il minor spazio possibile tra una riga e l'altra. 5°) Cliccate sulla mano bianca del pannello degli strumenti per poi andare su selezione-->intervallo colore e premete su ok nella finestra che si aprirà, vedrete il testo "selezionato". 6°) Ora andate a cliccare col tasto destro del mouse sul livello "testo" e su "Rasterize Type" per rendere il livello testo un livello immagine.

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7°) Riabilitate il livello foto, cliccando sull’occhietto e selezionando quel livello, in basso pigiate col mouse sull’icona maschera veloce ( il rettangolino con il cerchietto interno ), creando cosi la maschera che apparirà a lato della foto. La maschera dovrà avere il testo in bianco e lo sfondo nero, se così non fosse devi “negativizzare” la maschera, dal menù immagine-->regola-->inverti (mantenendo la selezione sulla maschera). 8°) Ritornate sul livello "testo" che avete rasterizzato in precedenza, riducete l’opacità per renderlo semitrasparente. Se tutto è andato per il verso giusto otterrete un'immagine simile a quella che ho ottenuto io, dipende da come avete impostato la grandezza dei caratteri e ovviamente dall'immagine base inserita.

Articoli sul fotoritocco: Emulare la tecnica fotografica di Dave Hill

Girando per il web mi sono imbattuto in un post su un blog molto interessante, ho deciso di riportare le informazioni più utili. Questa più che una tecnica fotografica la definirei una tecnica di fotoritocco. E’ senza dubbio uno dei grandi fotografi "moderni", Dave Hill ha stregato il pubblico con le sue foto "illustrate", a metà tra la fotografia e l’illustrazione. Grandi campiture omogenee di colore lasciano spazio a luci e gradienti tipici di un disegno fatto a mano. La sua tecnica non ha un nome, anche se la popolarità che ha raggiunto sta generando curiosità e tentativi di emulazione.

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L'unica guida degna di nota che emuli al meglio tale tecnica è quella di un utente di Flickr denominato O Casasola, il risultato è decisamente ottimo e produce foto molto simili a quelle di Dave Hill. La sua idea si basa sull’effetto High Pass di Photoshop. La guida era in inglese, l'ho tradotta e corretta in modo da farmi capire anche dagli utenti meno esperti.

1°) Apriamo un'immagine, duplichiamo il livello.

2°) Scegliamo Filtro->Altri->Passa Alto. Inseriamo il valore 4 per il raggio.

3°) Sul menu "Livelli" scegliamo "Luci Vivide" sulla paletta dei livelli. Uniamo i livelli.

4°) Duplichiamo il livello. 5°) Andiamo su Filtri->Altri->Passa alto e scegliamo il valore 7 per il raggio. 6°) Impostiamo il blending mode del livello su "Colore", impostiamo l'opacità del livello al 40% e riuniamo i livelli nuovamente.

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7°) Duplichiamo di nuovo il livello, Filtro->Sfocatura->Sfocatura Gaussiana 9 pixels. 8°) Aggiungiamo del rumore Disturbo->Aggiungi Disturbo sul valore 3%

9°) Dal menu Livelli scegliamo Aggiungi maschera di livello -> Nascondi tutti ( Hide all )

10°) Utilizzando lo strumento "Lasso" selezioniamo solo la zona degli occhi impostando Seleziona ->Bordi 6 pixel.

11°) Ora invertiamo la selezione: Selezione->Inverti.

12°) Utilizziamo il pennello, opacità 30% e pennelliamo l'intera immagine, infine uniamo nuovamente i livelli insieme

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13°) Il passo finale è aumentare il contrasto dei bordi ( Sharp ). Filtri->Contrasto->Maschera di contrasto AMOUNT 100% RADIUS 30.0 pixels THRESHOLD 0

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L'aspetto mostrato in fotografia sarà dovuto alle luci multiple utilizzate per creare i chiaroscuri. La lucentezza del viso si ottiene bagnando la pelle del soggetto.

I risultati migliori possono anche essere sbalorditivi:

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Articoli sul fotoritocco: Come sostituire il volto di un’immagine col proprio

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Era da parecchio tempo che mi chiedevo come poter sostituire il volto della gioconda col mio, il problema principale era come rendere la mia pelle identica a quella della gioconda, finalmente ci sono riuscito grazie all'aiuto di una mia amica di nome Emanuela, questa è una tecnica di fotomontaggio professionale e la mia immagine ( la Mona Crupi ) è solo un esempio, il procedimento è applicabile anche ad altre immagini. Prima di cominciare voglio chiedere perdono a Leonardo da Vinci che in questo momento si starà rigirando nella tomba. PASSAGGI DA ESEGUIRE: 1°) Aprire la propria fotografia, aprire l'immagine della gioconda e duplicare il livello dell'immagine della Mona Lisa ( la quale servirà solo alla fine per gli ultimi ritocchi con il timbro ) 2°) Iniziare a lavorare sulla propria fotografia, selezionare il pennello e regolare la durezza a zero, ora selezionare la maschera veloce ( il rettangolino col cerchio dentro ), cliccate 2 volte sulla maschera veloce, si aprirà una finestrella, ora impostate "il colore indica" su "Aree selezionate", fatto questo colorate col pennello il vostro viso. 3°) Togliete la maschera veloce ( cliccate sul rettangolino accanto a quello della maschera veloce ), il colore del pennello scomparirà e vedremo una seleziona sul nostro volto, premere copia e incollare la selezione del nostro volto sul viso della gioconda. 4°) Modifica la grandezza del tuo viso, cliccando su "modifica" e su "trasformazione libera", applica la trasformazione. Regola il colore ( vai su bilanciamento colore ) la luminosità e il contrasto per cercare di imitare il colore e la luminosità del viso della gioconda. 5°) Ora viene la parte più seccante e più difficile da spiegare, selezionate lo strumento "timbro clone" e andiamo sul livello duplicato della Gioconda. Prendete un punto ben preciso sulla copia della gioconda tenendo premuto ALT e cliccando con il timbro, io ho usato come punto di riferimento la linea che si vede sulla fronte della mona lisa, poi andate sul livello contente il nostro volto e cliccate sul punto esatto che avete scelto nel livello duplicato, in parole povere si devono colorare le parti del proprio viso servendosi del viso della gioconda con il timbro ( o parti di esso ), in alcuni punti dovrete regolare l'opacita al 40% o 50% per non copiare parti della gioconda che non ci servono sulla nostra faccia, regolando l'opacità in questo modo si darà l'impressione che le nostre ciglia, i nostri occhi, il nostro naso e la nostra bocca facciano parte del tutto.

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Articoli sul fotoritocco: Ombre colorate con Photoshop

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Questo tutorial e la fotografia che vedete alla vostra sinistra sono stati realizzati da Mattia Voso. Come potete osservare in questa foto l'ombra della modella presenta qualcosa di particolare, è stata colorata in post produzione utilizzando Photoshop. I passaggi per realizzare questo effetto sono i seguenti: 1°) Livello-> duplica livello 2°) Immagine-> regolazioni-> variazioni Da questo pannello si aggiungono delle dominanti all'immagine, a noi interessano le ombre, spuntiamo tale opzione ed aggiungiamo la variazione del colore e l’intensità che desideriamo. 3°) Aggiungiamo una maschera di livello e la riempiamo con il secchiello di nero. 4°) Adesso con lo strumento pennello di colore bianco andiamo a dipingere le ombre che desideriamo siano colorate ( il metodo funziona bene se ci sono ombre nette ). Questa è la fase più delicata in cui dobbiamo far si che l'effetto sia il più naturale possibile ( si deve lavorare con pennelli di dimensioni diverse, opacità diverse e durezze diverse ). 5°) A questo punto si può essere già soddisfatti del lavoro, altrimenti si può cambiare l'effetto andando a modificare il metodo di fusione e/o l'opacità. Inoltre per un controllo sempre maggiore si può duplicare il livello e modificare la sua fusione ed impostare la sua opacità al di sotto del 100%. In tal modo emerge il livello sottostante in cui imposteremo un metodo di fusione diverso. In definitiva si riesce a miscelare due metodi di fusione con una combinazione di possibilità enorme. Negli esempi che propongo ho seguito il procedimento fino all’ultimo passo e nel caso delle ombre rosse i valori erano: Livello 1 - scolora - 100% Livello 2 - brucia lineare - 50% p.s. Se non avete pratica coi livelli di Photoshop consiglio di leggere questo articolo: Text Portraits e guida base all'utilizzo dei livelli