Nuova finanza NUMERO 5/2014

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Anno 2014 Numero 5 SETTEMBRE OTTOBRE BIMESTRALE ECONOMICO FINANZIARIO IL PUNTO UE: la moneta non è tutto LONDRA Tea for two? Ancora business QUOTATE Le performance delle aziende 2 43 47 Poste Italiane Spa - Sped. abb. post. DL 353/2003 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) art.1, comma1, C/RM/22/2013 del 19/06/2013 NASCE LA BORSA MERCI A SAN MARINO a pag. 7

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Anno 2014Numero 5SETTEMBREOTTOBRE

BIMESTRALE ECONOMICO FINANZIARIO

IL PUNTOUE: la monetanon è tutto

LONDRATea for two?Ancora business

QUOTATELe performancedelle aziende

2 43 47

Poste

Ital

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NASCELA BORSAMERCI A SAN MARINOa pag. 7

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Nuova FinanzaBimestrale Economico - Finanziario

Direttore EditorialeFrancesco CarrassiDirettore Responsabile

Pietro RomanoDirezione Marketing e Redazione

Katrin BoveGermana Loizzi

Hanno collaborato:Marco Barbonaglia, Katrin Bove, Valeria Caldelli, Germana Loizzi, AlbertoMazzuca, Donatella Miliani, Giuliano Noci, Joselia Pisano, Gaia Romani,Elena Saporiti, Francesca Stirpe, Marco Toti.

Editore Kage srl00136 Roma - Via Romeo Romei, 23

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Il PuntoUe, la moneta non è tuttoABI: Il Presidente Patuelli“Costruiamo una nuova fase”Piattaforma digitaleLa BMI e le imprese del mondoBMI: nuovi scenariL’idea di G. FiorenzaIl Segretario di Stato ArzilliIl ruolo di San MarinoUnioncamereIntervista al Presidente DardanelloItalia-EuropaIl Terzo ValicoUnindustria e BBC di RomaInsieme per ripartireCredito CooperativoBCC, plus per il PaeseFondazione Roma EuropeaI “salotti” internazionaliItalia grande PaeseIl rovescio della medagliaI pericoli della retoricaIndustria militare a rischioTerniEnergiaPrima smart energy companyReportage dalla BasilicataTerra dei grandi contrastiUn progetto “Paese”Crescita, riforme e ExpoCostume & SocietàMitoraj: la mostra “dei miracoli”“Tradire”, una vera liberazione“Vendetta…e dintorni”Sud Africa: “il mondo in un Paese”Scarpe, lo specchio dell’animaMa quale D’Annunzio?Madra, un centro per le donneLondra:Tea for two?Religione e letteratura

SOCIETÀ QUOTATEa cura dell’Ufficio Marketing

48 FINMECCANICA50 ANSALDO STS52 GTECH54 BPM

56 BANCA CARIGE58 BENI STABILI SIIQ59 MARR60 GRUPPO BOERO

Le nostre intervisteIl Presidentedell’ABIPatuellia pag 4

Le nostre intervisteIl Presidentedell’ABIPatuellia pag 4

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IL PUNTO del direttore

UE, LA MONETA NON È TUTTOdi Pietro Romano

Il 15 settembre del 2008, all’unadi notte ora di New York, Leh-man Brothers dichiarava il falli-

mento. A sei anni e pochi giorni didistanza da quel crac da oltre 600 mi-liardi di dollari, che ha dato il “la” auna crisi finanziaria scoppiata l’annoprecedente e destinata a diventarelapiù devastante crisi economica dellastoria moderna, è arrivato il momentodi valutarne non solo le cause ma an-che le cure adottate. Perché questacrisi si è dimostrata di gran lunga piùdolorosa della “grande depressione”,perlomeno in Italia, considerato chein capo a cinque anni, allora, la pro-duzione era tornata al periodo pre-crisi mentre oggi tutti gli indicatoririmangono negativi.L’allora ceo di Lehman Brothers, Ri-chard C. Fuld, detto Dick, non riuscìné a vendere la banca zavorrata di cre-diti inesigibili né a ottenere il salva-taggio pubblico. Motivi politici, pro-babilmente. Wall Street all’epoca eravista parteggiare per i Democratici piùche per i Repubblicani e l’ammini-strazione guidata da George W. Bushnon voleva concedere agli avversarinemmeno un centimetro. Che dietrola vicenda di Lehman Brothers nonci fosse dolo, perlomeno dolo evi-dente, lo dimostra il fatto che Fuldnon abbia fatto un giorno di galera.Il che la dice lunga in un Paese che,da tempo, non fa sconti nemmeno ai“colletti bianchi” più potenti e dovi-ziosi, cui infligge pene centenarie ecarcere duro.La situazione degli Usa è contraddit-toria. Alcuni indicatori economici la-

sciano immaginare che la crisi sia allespalle. Altri svelano che gli Stati Unitinon ne sono usciti realmente. Un datoper tutti? La disoccupazione, stabil-mente a livelli ancora superioria quelli degli anni in cui, uffi-cialmente, la crisi impazzava.Gli ottimisti, però, smontanoquesta valutazione spiegandoche a cavallo della crisi ilmondo del lavoro è cambiatodalle fondamenta: i disoccupatidi lungo periodo non trovanolavoro non perché non ce nesia, ma piuttosto perché la loroprofessionalità è legata a un’al-tra epoca. Tanto è vero che gliStati Uniti attraggono non soloLatinos di scarsissima prepara-zione ed elevata disperazione,ma anche esperti di nuove tec-nologie, quei technies che, aesempio, rifuggono l’Europapiù dell’Africa.Certamente, i consumi negliStates hanno recuperato iltempo perduto. Merito, solita-rio e indiscutibile, della inie-zione di denaro pubblico decisadalla Fed, la banca centrale fe-derale. Stampare e versare nelsistema finanziario miliardi didollari, assicurano i Democra-tici, ha dato effetti tangibili. Se,sostengono però i Repubblicanirifacendosi all’economista fon-datore della Scuola di Chicago,Milton Friedman, questo de-naro fosse stato lanciato alla folla daun elicottero, come Friedman per pa-radosso chiedeva, i risultati sarebbero

stati di gran lunga migliori. Insomma,la partita si gioca tra chi vuol daresoldi alle famiglie e alle imprese ma-nifatturiere e chi preferisce l’interme-

diazione della finanza e delle grandicorporation.Questo dibattito è aperto anche in

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Europa a cavallo della mega-iniezionedi capitali decisa dal presidente dellaBanca centrale europea, Mario Dra-ghi. Stavolta Francoforte assicura di

aver messo paletti tali da obbligare gliistituti di credito a girare questi fondia imprese e famiglie. Ma, come ha te-

nuto a sottolineare il presidentedella’Associazione bancaria italiana,Antonio Patuelli, la legge punisce chipresta denaro, non suo ma delle ban-

che, a quanti non posseggonola solidità necessaria. Di con-seguenza, nonostante l’ulte-riore iniezione di capitali de-cisa dalla Bce, potrebbecapitare che le banche, in que-sto caso, siano “costrette” acomprare titoli a scarso rendi-mento ma sicuri. Del resto, an-che il vicepresidente dellaBanca europea degli investi-menti, Dario Scannapieco, halamentato di recente che i lorofondi sono disponibili, ma inItalia mancano i progetti. Enon solo in Italia, si può ag-giungere senza timore di smen-tita.E’ indubitabile che la crisi siastata affrontata meglio daiPaesi con una banca centraleautonoma e in grado di inter-venire con rapidità stampandomoneta e non vincolata allaguerra a una inflazione chenon esiste più e, comunque,non rappresenta il maggioreproblema, com’è invece ilmandato della Bce. Cambiarnela filosofia e la mentalità di Eu-rolandia è complicato, ma in-dispensabile. Nel frattemposervono grandi progetti. Co-raggiosi. Magari visionari. Uno

per tutti? Come finanziare il mega-piano da 300 miliardi per le infra-strutture proposte dal nuovo presi-

dente della Commissione europea, illussemburghese Juncker in versionefelicemente keynesiana? Se tutto si ri-solve in una partita di giro, meglionon farne niente. Dove trovare ifondi? Alcuni economisti eterodossihanno proposto di costituire un fondogarantito dall’oro depositato presso laBce dalle banche centrali dei Paesi eu-ropei. E’ stato calcolato che si po-trebbe, senza grande difficoltà, otte-nere capitali per un controvalore dimille miliardi. Inserirne anche solo lametà nei meccanismi produttivi - leinfrastrutture (materiali e immate-riali), l’energia, l’industria, l’agricol-tura, magari riservando una quota mi-nore agli investimenti nei sistemi didifesa, la salvaguardia idrogeologica,i beni artistici, l’educazione – assicu-rerebbe uno shock in grado di rilan-ciare il complesso meccanismo del-l’economia europea. Questa propostaè stata affidata a Matteo Renzi, cuinon sembrano mancare né la visiona-rietà né la guasconeria. E se il com-missario finlandese di turno, magarisu imbeccata di Angela Merkel, tro-vasse qualcosa da ridire, gli potrebberispondere che quando i suoi antenativestivano di pelli, i nostri si permet-tevano il lusso di prestare quattrini aiReali di mezza Europa. E, pr non riot-tenendoli indietro, di lasciare ai po-steri le ricchezze di Firenze e di Vene-zia, di Milano e di Roma, di Napoli edi Palermo. Altrimenti? Forse è arri-vato il momento di alzare l’asticellacon i partner di Eurolandia. Ricor-dando loro che ormai da quarant’anniin Italia vige il divorzio…

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Antonio Patuelli, bolognese di na-scista e romagnolo di fatto, èl’attuale presidente dell’ABI, l’As-

sociazione bancria italiana, oltre ad esserlodella Cassa di Risparmio di Ravenna.Studioso del Risorgimento italiano, edi-tore di una rivista storica (“Libro Aperto”),ex deputato liberale e sottosegretario perla Difesa nel governo Ciampi dal maggio1993 al maggio 1994. A lui abbiamo ri-volto queste domande sulla situazioneeconomica in Europa e in Italia.Il recente messaggio di Mario Draghiè abbastanza chiaro: vuole un minimodi crescita, l’aumento della massa mo-netaria a disposizione e un po’ di in-flazione. Un mix che per i mercati si-gnifica prezzi delle equities più alti equindi l’inizio della fine di una possibilebolla obbligazionaria. È d’accordo?Mario Draghi è indubbiamente il prin-cipale esponente europeo che ha assuntodecisioni coraggiose e tempestive percontrastare le fasi più acute della grave epronunciata crisi economica ancora inatto e per favorire la ripresa dello sviluppo.In tale quadro i rischi affrontati innan-zitutto dalla BCE sono stati molteplici,quasi quotidiani, ma l’orizzonte, le sen-sibilità e le determinazioni hanno salvatol’euro e la stessa Unione Europea e sonola base per le scelte delle Istituzioni deisingoli Stati nazionali per le competenzedi ciascuno.Ad avviso di molti la BCE si è mossaalmeno con un anno di ritardo. E co-munque in misura minore rispettoalla bocca di fuoco del QE della Fed edella Bank of Japan. È il caso quindidi parlare di una svolta della BCEquando non c’è stata una sconfitta

della linea rigorista?Non ritengo che la BCE si sia mossacon un anno di ritardo. E deve tenersiconto che, a differenza di Banche Centralidi Stati nazionali, la BCE ha un processodeliberativo forzatamente più complesso.Nonostante questa collegialità fra i com-ponenti del sistema europeo delle Banche

Centralinazio-

na l i ,le de-t e r -m i -

nazio-ni della

B C Eguidatada Mario

Draghi sono state certamente molto piùtempestive di quanto avveniva in prece-denza. Anche questo rappresenta unpasso in avanti sia per la solidità e la cre-dibilità internazionale dell’euro sia dellastessa Unione Europea. D’accordo, l’iniziativa mantiene leBorse vivaci e indebolisce il cambiodell’euro, utile per facilitare l’export.

Ma alla fine l’azione sul lato monetarioriuscirà solo a far galleggiare il sistemama non a rimetterlo in crescita. È unaprevisione plausibile? L’azione sul lato monetario non puòriuscire da sola a rimettere in moto unacospicua ripresa produttiva. Di ciò deb-bono essere fortemente consapevoli leIstituzioni tutte dei singoli Stati nazionali.La BCE ha fatto molto, ma non puòfare tutto.La maggiore liquidità disponibile daparte della BCE, che compensa la mi-nore liquidità in dollari causata dal-l’azione di rientro dalla fase di politicaiper-espansiva della FED americana,non cambierà comunque la restrizionedei criteri di erogazione che limita ilcredito a chi ne avrebbe disperato bi-sogno. Non è così?Certamente la BCE ha fornito più li-quidità in questi ultimissimi tempi, cosìcome avevano e hanno fatto altre BancheCentrali nel mondo. Ma la crisi diquesti anni ha imposto, per motiviprudenziali, di assumere iniziative perevitare ricadute, ripetizioni di altre crisicome quella di questi anni. Sono statenecessarie, sottolineo, regole moltorigide per l’erogazione di crediti daparte delle banche commerciali e perla loro solidità patrimoniale. Si tratta

di una tendenza non solo europea mainternazionale che è proprio frutto diquesta crisi nata anche per una sottova-lutazione di talune regole prudenzialiche erano state allentate alla fine delNovecento.Quindi non basta dare soldi alle banchecon il vincolo di non comprare debitopubblico, occorre obbligarle ad ab-

ABI: IL PRESIDENTE PATUELLI

“COSTRUIAMO UNA NUOVA FASE”Alberto Mazzuca

Mario Draghi, Presidente BCE

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bassare gli spread che applicano a pre-stiti e mutui. I costi di finanziamentoper le banche sono ai minimi storici,non lo sono invece per le aziende del-l’economia reale…Il mercato non lo si obbliga. Chi hapensato, in tutto il Novecento, a obbligare,costringere o superare il mercato è rimastoculturalmente e storicamente sconfitto.Il mercato va regolato da autorità chedebbono svolgere le funzioni di garanzianella competizione libera e responsabile.Le banche, per effettuare prestiti, nonhanno bisogno solo di liquidità, ma disempre più cospicui capitali - che costano.Peraltro la competizione in Europa frale banche è piena e le aziende sonolibere di scegliere l’istituto bancario chepreferiscono. Di conseguenza, non sipuò rifiutare integralmente il mercato ela concorrenza fra le banche pensandocosì di costruire la ripresa dello sviluppoe un’economia libera. Così si costruirebbesolamente una nuova fase dittatoriale,subìta in varie parti d’Europa nel corsodel Novecento e che in questi decenniha ancor meno senso.Ma se non si agisce su quel differenziale,ovvero non si riesce ad avvicinare lospread che gli istituti impongono alnetto del tasso Eribor, non si va danessuna parte nemmeno con tassi azero e negativi sui depositi…Gli spread che gravano sul costo del de-naro per le imprese e le famiglie sonosostanzialmente due: uno è derivantedal differenziale fra il costo dei titoli deldebito pubblico italiano e di quelli in-nanzitutto tedeschi; il secondo riguardail costo del servizio di intermediazionebancaria che non può certamente essere

gratuito. La somma dei fattori che pro-ducono il costo del denaro realizza inEuropa e in Italia i livelli più bassi neisettanta anni dal dopoguerra. In parti-colare, in Italia non vi erano tassi cosìbassi come sono oggi per le imprese e lefamiglie nemmeno negli anni della ri-costruzione post-bellica e del “miracoloeconomico”. Chiaramente il costo deldenaro è anche parametrato alla rischiositàdi chi lo chiede in prestito: ciò avvienenon solo nel mondo creditizio, maanche, per altre rischiosità, in quello as-sicurativoOltre a tutto anche le banche europee,in buona parte responsabili del collassofinanziario e della “Grande Recessione”in cui si trova l’eurozona, continuanoad avere problemi e sono esposte a unlivello di leva di 26 a 1, cioè per ognidollaro di capitale ce ne sono 26 diassets, compresi i prestiti. In condizionisimili, basta che gli assets calino delvalore del 4% per ritrovarsi con il ca-pitale sottostante spazzato via…Le banche europee non sono tutte uguali,ma tutte diverse e in competizione fraloro; gli Stati internazionali poi, condiversi livelli di tassazioni, ne differenzianole attività. E in Italia la tassazione è fra lepiù alte nell’Unione Europea. Inoltre lebanche italiane non sono state certa-mente responsabili né della crisi fi-nanziaria, né della recessionedell’Europa che hannosubìto. Le banche ita-liane, forse unichenell’Unione Euro-pea, hanno fra l’al-tro affrontato la crisiesclusivamente con ri-

sorse proprie e di milioni dei loro azionistiche hanno concorso ai cospicui aumentidi capitale, senza alcun aiuto di stato afondo perduto. Non trova comunque scandaloso chenessuno affronti il vero problema,cioè il modello economico-finanziarioche abbiamo costruito e in cui cistiamo muovendo? Ormai le norme dell’Unione BancariaEuropea, che sta nascendo proprio inquesto 2014, sono diventate per tutti(non solo per l’Italia) più rigorose. Gli“esami” che la BCE sta compiendo sulle

principali banchee u r o p e e

sono fina-lizzati a

chiarirefino infondo

la soliditàdelle ban-

che. I ri-su l -

Antonio Patuelli, Presidente dell’ABI

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tati che attendiamo innesteranno un ciclo di maggior fiduciainternazionale sulla solidità della gran parte delle banche europeeche hanno compiuto scelte complesse ed anche sacrifici, appuntoper divenire ancor più solide.Parliamo dell’Italia. Il ministro Padoan ora dice che ci vuoleun minimo di tre anni (e non più due come diceva finoall’altro ieri) per produrre“risultati visibili” attraversole riforme strutturali. Si al-linea in questo modo alnuovo slogan dei 1000 gior-ni di Renzi che ha cambiatoanche lui passo di marcia.Ma non è più serio smetterladi prenderci in giro e di-chiarare che prima di treanni non potrà esserci ri-presa né tanto meno nuovaoccupazione?Confidiamo e lavoriamo perrealizzare al più presto la ri-presa dello sviluppo, mai ras-segnati. Vi sono alcuni segnaliiniziali di ripresa, per esempio,nel settore dei mutui. I datirelativi ai primi sette mesidel 2014 confermano (ancheulteriormente rafforzando) laripresa del mercato dei fi-nanziamenti per l’acquistodelle abitazioni. Dal campioneABI, composto da 84 banche,che rappresenta circa l’80%della totalità del mercato italiano, emerge che tra gennaio eluglio 2014 l’ammontare delle erogazioni di nuovi mutui èstato pari a 14,6 miliardi di euro rispetto agli 11,4 miliardi dellostesso periodo del 2013. L’incremento su base annua è quindidel 29,2%. Se si considera l’intero mercato, sulla base dei datiBanca d’Italia, il tasso annuo di crescita sfiora il 16%. L’ammontaredelle nuove erogazioni di mutui nel 2014 è superiore anche aldato del 2012, quando si attestarono sui 13 miliardi di euro.

Padoan, quando era al FMI e all’Ocse, cioè due degliorganismi che hanno contribuito con le loro decisioni di ec-cessiva austerity alla crisi, diceva che bisognava tagliare glistipendi. Possibile che sia questa l’unica riforma strutturaleper i paesi della periferia europea?Tutte le Nazioni e gli Stati dell’Occidente e dell’Unione Europea

hanno condizioni diversificatefra loro, per cui non può sus-sistere un’unica “ricetta anti-crisi” uguale per tutti. Gliorganismi europei e interna-zionali hanno competenzedefinite e così ne hanno altrei singoli Stati nazionali. Vi-viamo in una società ormaimolto aperta e molto com-plessa.Oltre a tutto la riduzionedelle retribuzioni si scontracon uno degli interventidella Bce che è quello dicreare un po’ di inflazione.Se taglio gli stipendi pro-duco deflazione, se vogliocreare inflazione devo met-tere più soldi in tasca ai cit-tadini in modo da fare au-mentare la domanda e faresalire i prezzi…Appunto, non può esserviuna ricetta giusta per le di-verse realtà degli Stati na-zionali che hanno ancora

una ampia sovranità. Penso che siano importanti le attività inatto sia nell’Unione Europea, sia nella BCE, sia da parte degliStati nazionali per favorire un clima di maggior fiducia. Èinfatti la mancanza di fiducia la principale causa attualmentedella forte prudenza negli investimenti da parte delle impresee anche da parte delle famiglie. Ma la fiducia non la si innestadalla sera alla mattina, ma con processi progressivi di razionalecostruttività.

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Nastri di partenza a San Marinoper la Borsa Merci Interna-zionale, la piattaforma digitale

per il “matching” tra domanda e offertadi imprese di tutto il mondo, che faràdella Repubblica del Titano un vero eproprio punto di riferimento globalenel campo del commercio tra Stati.Sì, perché se simili piattaforme sonogià in uso, la Borsa Merci Internazio-nale ideata da Giorgio Fiorenza, intro-duce un nuovo concetto, quello del-l’internazionalizzazione, grazie altramite istituzionale individuato nelleAmbasciate dei vari Paesi accre-ditati presso la Repubblicadi San Marino. In que-sto modo l’Amba-sciata e l’Ente di ri-ferimento si fannotramite e garantidelle imprese che in-tendono aderire allaBorsa Merci, pro-ponendo il pro-prio bene o serviziooppure facendo lapropria richiesta. L’apertura a nuovimercati e più am-pie opportunità diinterscambio e in-vestimento deli-neano uno scena-rio di

crescita economica e sviluppo socio-politico difficile da ignorare. È su que-sto assunto che si basa il concetto fon-dante la Borsa Merci Internazionale eche trova la perfetta collocazione pro-prio nella Repubblica di San Marino:un Paese attento alle novità, e che al-l’indomani dall’uscita dalla “Black List”dimostra una forte determinazione adiventare un punto di riferimento nelsettore degli investimenti e dei com-merci internazionali a livello globale. La crisi economica mondiale ha avutonegli ultimi anni un impatto conside-revole sulle politiche adottate da moltiPaesi, emergenti e non, in fatto di com-mercio internazionale. Spesso, però,i timori di un diffuso protezioni-smo si sono rivelati fondati soloin parte; ricerche pubblicatedalla Banca Mondiale, in-fatti, dimostrano che, in

un periodo didifficoltàeco-no-

mica globalizzata, le realtà esportatricitendono ad essere più produttive ri-spetto ad aziende operanti esclusiva-mente sul territorio nazionale. Paralle-lamente, è stato registrato unincremento del numero delle agenzienazionali di promozione commerciale,che è addirittura triplicato negli ultimianni: secondo gli studi effettuati anchein questo caso dalla Banca Mondiale

su 103 Paesi, siasvi-

PIATTAFORMA DIGITALE

LA BMI E LE IMPRESE DEL MONDOJoselia Pisano

San Marino

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luppati che in via di sviluppo, oggi illavoro delle agenzie di promozionecommerciale ha prodotto un effetto sta-tisticamente significante sul volumedelle esportazioni. Basti pensare, a purotitolo esemplificativo che il Perù, nelsolo settore di esportazione di frutta eortaggi, ha avuto un incremento da 101milioni di dollari registrati nel 2000 a1,7 miliardi di dollari nel primo seme-stre del 2013, e ha affrontato i primimesi del 2014 aumentando l’export del32% rispetto ai risultati ottenuti nellostesso periodo dello scorso anno. IlFondo Monetario Internazionale haquindi stimato che nel 2017 le econo-mie che una volta venivano considerateemergenti arriveranno a produrre il74% del PIL mondiale: dal 2007 al2013 molti Paesi in via di sviluppo

hanno infatti migliorato la loro capacitàdi vendere o acquistare sui mercati in-ternazionali: tra questi l’Angola,l’Uganda, il Vietnam, le Filippine. Cosìcome la Colombia, la Tunisia, il Perù.Inoltre, le più recenti previsioni WEO(Word Economic Outlook) stimanouna importante ripresa delle economiedi Paesi come la Russia, il Brasile, laCina, l’India, con una media di crescitadal 5,1% al 5,4% nel biennio 2014-2015. Ma come funzionerà in pratica la BorsaMerci Internazionale? Il primo passaggio sarà quello dell’ade-sione dei Paesi, che dovranno autoriz-zare l’Ente di promozione commercialea trasferire tutti i dati già in suo pos-sesso, in termini di domanda e offertacommerciale, nel ‘contenitore’ della

piattaforma digitale della Borsa MerciInternazionale. Si creerà in questomodo un link tra i due siti in modoche ogni qualvolta l’Ente di un deter-minato paese aggiornerà i dati sul pro-prio sito internet, in automatico verràaggiornata anche la piattaforma dellaBorsa Merci Internazionale. L’Ente, conusername e password, potrà monitorarel’andamento delle proprie propostecommerciali ed accedere al sistema pervisualizzare domande e offerte degli altriPaesi aderenti. Inoltre, attraverso un re-port giornaliero, sarà costantemente in-formato sull’andamento delle singoleproposte inserite nel «contenitore»Borsa Merci Internazionale. Grande at-tenzione è dedicata al tema sicurezza. Isistemi di sicurezza della piattaformadigitale della Borsa Merci Internazio-nale sono tra i più evoluti ed inviolabilitra quelli oggi esistenti. Gli Enti ade-renti, per l’accesso, saranno dotati diun «token» di autenticazione a codicevariabile ed un sistema interattivo dimonitoraggio della piattaforma dellaBorsa Merci Internazionale segnaleràeventuali tentativi di intrusione sia al-l’Ente che al Gestore che provvederàall’immediata messa in sicurezza del-l’impianto. Le domande e le offertepubblicate non indicheranno il Paesedi riferimento ma semplicemente ilcontenuto della proposta, la quantità,il prezzo e la scadenza della stessa, ac-compagnata da una breve nota com-prensiva delle informazioni generaliquali, a puro titolo esemplificativo, lemodalità di trasporto, indicazione del-l’imposizione fiscale, le modalità e latipologia di pagamento richiesti. Altra

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caratteristica principale di questo progetto riguardal’aspetto etico. La Borsa Merci Internazionalesi pone infatti, principalmente, come stru-mento di lavoro interattivo a favore di queiPaesi in via di sviluppo non dotati di ap-plicazioni tecnologiche ed informaticheper pubblicizzare in modo adeguato leproprie domande e le proprie offerte.Tutti i Paesi partecipanti, quindi,avranno gli stessi diritti e le stesse pre-rogative e tutti godranno allo stessomodo dei vantaggi che il sistema offre.Per l’accesso alla piattaforma il Paeseche intenderà partecipare non avrà dasopportare alcun costo di adesione, at-tivazione, gestione, supporto tecnico -informatico o di abbonamento periodico.Solamente nel caso di positiva conclusionedell’affare è previsto il pagamento di un corri-spettivo predeterminato a favore della Borsa MerciInternazionale.

Sono già numerosi i Paesi che hanno espresso unparere favorevole nei confronti dell’iniziativa,

che sarà presentata ufficialmente il 25 set-tembre a Roma, in occasione di un evento

diplomatico, un vero e proprio summitinternazionale di Ambasciatori e addetticommerciali di vari Paesi. “La Borsa Merci Internazionale rap-presenta un mondo di opportunitàper i Paesi, emergenti e non, che vor-ranno aderire all’iniziativa e inten-dono così affacciarsi su nuovi mercatio potenziare il loro flusso di import-export” spiega l’ideatore Giorgio Fio-

renza. Semplicità, sicurezza, etica: questi gli as-

sunti di base su cui si costruisce l’iniziativae che rappresenta, appunto, non solo un

mondo di opportunità, ma una vera e propriaopportunità per il mondo degli affari.

La Borsa Merci Internazionale presenta una vera novitànel panorama di iniziative simili ed operanti in tutto

il mondo: il coinvolgimento degli Stati, che tramite leproprie Ambasciate e i rispettivi Enti di promozione com-merciale, accreditano le aziende che potranno, così, operareall’interno della stessa Borsa Merci Internazionale. E saranno proprio gli Ambasciatori e gli addetti commer-ciali di 150 Paesi accreditati in Italia a ricevere l’invito perl’esclusivo evento diplomatico di presentazione dell’ini-ziativa: un vero e proprio “summit” di rappresentanti in-ternazionali, che il prossimo 25 settembre si daranno ap-puntamento al Marriott Grand Hotel Flora di via Venetoa Roma per approfondire le modalità di adesione alla BorsaMerci Internazionale e avere così l’opportunità di trovarenuovi mercati per l’acquisto e la vendita delle merci pro-dotte nei loro Paesi.

All’evento saranno presenti, in rappresentanza istituzionaledella Repubblica di San Marino, l’Ambasciatore in ItaliaDaniela Rotondaro e il Segretario di Stato all’IndustriaMarco Arzilli, che insieme all’ideatore della Borsa MerciInternazionale Giorgio Fiorenza, illustreranno agli Amba-sciatori le peculiarità di una iniziativa tanto unica nel suogenere quanto ricca di potenzialità commerciali difficilida ignorare nell’attuale realtà economica mondiale. La Borsa Merci Internazionale, infatti, nasce come stru-mento utile per i Paesi in via di sviluppo, ma non solo,che intendono aprire i propri mercati a nuovi interlocutori,trovare ambiti di sviluppo e partner commerciali da tuttoil mondo. Di questo e molto altro, quindi, si parlerà inoccasione dell’evento di presentazione istituzionale dellaBorsa Merci Internazionale, in programma a Roma il 25settembre.

L’EVENTO DIPLOMATICO

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Nuova Finanza ha incontrato Giorgio Fiorenza,ideatore della Borsa Merci Internazionale: un progettotanto ambizioso quanto innovativo, che farà della

Repubblica di San Marino uno snodo importante nell’ambitodel commercio internazionale e che aprirà nuovi scenari dicompravendita delle merci in tutto il mondo. A partire daiPaesi in via di sviluppo. Come è nata l’idea della Borsa Merci Internazionale?L’idea nasce dalla semplice osservazione di ciò che mi cir-conda e, più in generale, dall’osservazione della realtàquotidiana in cui mi trovo ad operare. Ho infartti l’onoredi ricoprire la carica di Console Onorario della Repubblicadel Perù nella Repubblica di San Marino. Un Console Onorario è chiamato ad essere, a tre-centossessanta gradi, un rappresentante attivo epropositivo del Paese da cui ha ricevuto questoprezioso incarico. Un Console Onorario, allaluce degli sconvolgimenti economici che de-terminano gravi squilibri politici e finanziaridi moltissimi Paesi, rappresenta in questa de-licata fase storica una figura a cui è richiestoun notevole supporto nello sviluppo di rapportitra Stati, anche di tipo economico. Ogni mese, infatti, le agenzie di promozionecommerciale inviano ai Consoli delPaese di rappresentanza un“bollettino” periodico, incui si segnalano le “do-mande” e le “offerte”commerciali da pro-muovere, in modo dafavorire gli scambicommerciali del Pae-se. È nel ricevereuna di queste co-municazioni che hoavuto un’idea sem-plice ma innovativa:creare un “conteni-tore” in cui le azien-de, accreditate dal

proprio Paese, possono riversare le proprie richieste o pro-poste commerciali, e aprirsi così, con pochi semplici clic,a nuovi mercati internazionali. Perchè ha deciso di realizzare la BMI nella Repubblicadi San Marino?La Repubblica di San Marino, proprio per il ruolo istitu-zionale che rivesto, è il mio primo territorio di riferimento.Si tratta di un Paese che negli ultimi anni si è trovato adaffrontare difficoltà importanti come un significativo au-mento dell’imposizione fiscale, e sfide delicate come l’av-venuta uscita dalla black list, con il suo carico di aspettativenella riconquista della “fiducia” internazionale. Ed è propriola volontà di riconquistare questa “fiducia” degli Stati

esteri, che ha fatto sì che San Marino divenisseun Paese attento e aperto alle novità imprendi-

toriali, un territorio “sensibile” a progetti co-raggiosi, innovativi, dal grande potenzialeeconomico. Quali sono le prospettive?Mi aspetto che la Borsa Merci Internazionalepossa diventare in poco tempo uno strumentoutile per tutti i Paesi del mondo, soprattuttoper quelli in via di sviluppo, che vorranno

affacciarsi a nuovi mercati e nuoveprospettive, e che questo

rappresenti per loroun’opportunità maiavuta fino a questo

momento. Da nondimenticare, infine,che il più ampioprogetto della Bor-sa Merci Interna-zionale ha anchedei risvolti sociali:potrà prevedere, in-fatti, interventi edonazioni in favoredei Paesi in via disviluppo.

Joselia Pisano

BMI: NUOVI SCENARI

L’IDEA DI G. FIORENZA

Giorgio Fiorenza

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Nuova Finanza ha incon-trato Marco Arzilli, Segre-tario di Stato all’Industria,

Arigianato e Commercio della Re-pubblica di San Marino, per appro-fondire il “ruolo” di San Marino allavigilia dell’apertura della BorsaMerci Internazionale. Come è cambiata San Marino al-l'indomani dall'uscita dalla BlackList?La Repubblica di San Marino hainiziato a cambiare già da diversianni. Con l’inizio della crisi inter-nazionale e l’inizio delle difficoltànei rapporti con l’Italia, il nostroPaese ha compreso la necessità dicambiare rotta e ha intrapreso unpercorso molto impegnativo, ma cheha dato grandi risultati. E’ stato por-tato avanti un adeguamento norma-tivo che ha messo San Marino in linea con gli standard inter-nazionali e nel frattempo è avvenuto anche un grandecambiamento culturale, è maturata la consapevolezza cheun’epoca era finita e la Repubblica di San Marino, per poterandare avanti, aveva bisogno di un’economia nuova e solida.Sono stati anni difficili, ma lo sforzo è stato riconosciuto e pre-miato dalla comunità internazionale e dall’Italia, che lo scorsofebbraio ci ha fatti uscire dalla black list. Oggi San Marino èun paese che ha ritrovato la propria reputazione e ha scelto dibasare il proprio sviluppo su asset completamente nuovi, comel’innovazione e la ricerca.Cosa si aspetta San Marino dalla Borsa Merci Internazio-nale?Abbiamo aderito con slancio al progetto della Borsa Merci per-ché per la Repubblica di San Marino rappresenta un’opportunitàper rafforzare il proprio ruolo internazionale. Il nostro paese èsempre stato conosciuto a livello mondiale esclusivamente perle sue peculiarità a livello di storia, la particolarità di una piccolarepubblica incastonata nel territorio italiano e la sua lunga tra-dizione di democrazia. Di fatto non abbiamo mai avuto invece

un ruolo nell’economia interna-zionale. Ebbene, la BMI rappre-senta per noi un’occasione per ri-tagliarci il nostro spazio nelmercato mondiale. La Borsa Merci è un progetto im-portante e il nostro paese non haesitato a mettere a disposizione lapropria rappresentatività: graziea questa piattaforma la Repub-blica di San Marino potrà ancherafforzare i propri legami con di-versi paesi, o stringerne di nuovi. La Borsa Merci rafforzerà ancheun altro progetto molto impor-tante per il nostro paese, quellodel Parco scientifico e tecnolo-gico, che avrà sempre più la pos-sibilità di affermarsi come hubinternazionale per la ricerca e l’in-novazione.

Quale sarà, a suo avviso, il futuro del commercio interna-zionale?I modelli del commercio tradizionale non sono ovviamentepiù validi in un mondo che è sempre più globalizzato e contasempre su nuove tecnologie e nuovi strumenti di comunica-zione. La sfida per il futuro è far sì che si progredisca verso laglobalizzazione preservando però le peculiarità dei singoli stati.Non è una sfida facile, nella quale un grande ruolo è giocatodalle organizzazioni internazionali, come il WTO, l’organizza-zione mondiale del commercio, che devono trovare modalitàdi accesso più flessibili e meno ‘esclusive’: i piccoli stati e quelliin via di sviluppo non possono più essere messi in ombra dallegrandi economie.Da questo punto di vista la Borsa Merci Internazionale puòrappresentare un modello nuovo, perché mette tutti sullo stessopiano, non ci sono economie di serie A e di serie B. Per unpaese come il nostro, che basa la sua tradizione secolare sulla li-bertà e la democrazia, lo spirito della BMI è perfettamente inlinea. E’ una sfida che spero verrà vista dalle grandi economiecome un’opportunità e non una minaccia.

IL SEGRETARIO DI STATO

IL RUOLO DI SAN MARINO 5

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Sulla riforma della PA interviene ilPresidente Unioncamere FerruccioDardanello.

In questi giorni è in esame in Parla-mento il disegno legge sulla Riformadella PA, destinato ad accelerare il

processo di modernizzazione della mac-china amministrativa pubblica. Unariforma che è urgente per il Paese e perle imprese. I dati che abbiamo cidicono che c’è bisogno per le impresedi un’amministrazione dedicata e effi-ciente come sono le Camere di com-mercio. Se è vero, come è vero, che inItalia i tempi per l’avvio delle impresesi sono dimezzati rispetto al 2005,come risulta dai dati del Doing Business2014, è infatti anche grazie al contributoche su questi temi ha dato negli anni ilSistema camerale. Un Sistema che hadimostrato quindi di funzionare bene,ma che certo può essere ottimizzatoulteriormente. Per questo il provvedi-mento contempla anche il riordinodelle Camere di commercio, i cui prin-cìpi sono stabiliti all’articolo 9. Le Ca-mere di commercio, lo voglio sottoli-neare, sono pronte a sostenere un pro-getto organico di riforma ma chiediamochiarezza su compiti, funzioni e sistemadi approvvigionamento delle risorse.Siamo infatti convinti che sia impre-scindibile procedere ad una riformache valorizzi le specificità del Sistemacamerale, affinché possa diventare unostrumento di sviluppo ancora più efficaceed efficiente al servizio del Paese. Tantoè vero che abbiamo già avviato su basevolontaria un cammino di riorganizza-zione degli enti camerali e che auspi-chiamo possa essere rafforzato sulla

base di provvedimenti legislativi. Perquesto siamo disponibili a ridefinire lecircoscrizioni territoriali coerentementeai primi processi di accorpamento cheporteranno a dimezzare il numero delleCamere. Un cammino che intendiamopercorrere nel rispetto dell’equilibrioeconomico e della salvaguardia del le-game qualificante con i territori chetenga conto delle caratteristiche e dellespecificità geoeconomiche territoriali.Tuttavia desta una forte preoccupazionela ipotizzata eliminazione del dirittoannuale a carico delleimprese. Perché inassenza delle en-trate legate al di-ritto annuale, glienti camerali, di-venterebbero – difatto – quegli enti“inutili” che ogginon sono.

Vale la pena ricordare a questo proposito,che il Sistema camerale è già stato og-getto di un drastico taglio della suaprincipale fonte di finanziamento. Ildiritto annuale infatti sarà dimezzatoentro il 2017, ma già il prossimo annoverrà decurtato di più di un terzo comedisposto dal decreto sulla PA delloscorso agosto. Un fatto che mette a ri-schio gli investimenti che le Camere diCommercio riversano per la promozionee sviluppo di imprese e territori e chestimiamo produrrà effetti recessivi sulleeconomie locali per 2.500 milioni dieuro a partire dal 2017 e potenzialiesuberi di personale per oltre 2.500unità. Tutto questo a fronte di unesiguo risparmio effettivo per le impresepari a circa 63 euro, ovvero poco piùdi 5,25 euro al mese. E’ proprio perschivare un simile pericolo che, purcondividendo la necessità di rivedere il

modello di finanziamento, chie-diamo un sistema che

dia certezza dei criteridi approvvigiona-mento delle risorse.Prendendo spunto

da alcuni sistemicamerali europei

si potrebbeco l l ega reparte delleentrate alleattività de-stinate allacollettivitàdelle im-prese e par-te a servizi

a domanda

IL PRESIDENTE UNIONCAMERE

LA “CASA DELLE IMPRESE”

Ferruccio Dardanello, Presidente

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individuale. Anche per questo siamo disponibili ad operareuna revisione dei nostri compiti e funzioni. Ma per fare lecose nel verso giusto, occorrerà partire dalla valorizzazione delcomplesso delle competenze che sono già in capo alle Cameredi commercio e che ci vedono in un ruolo trasversale di af-fiancamento, accompagnamento e supporto nei diversi ambitidella semplificazione, della regolazione e del sostegno allacompetitività delle imprese. In questo senso appare del tuttoingiustificata la proposta di affidare al Mise il registro delleimprese che funziona benissimo e deve restare di competenzadelle Camere di commercio. E’ infatti grazie a noi che oggi èdivenuto un modello di eccellenza in Europa e costituisce l’ar-chitrave su cui si fonda tutto il complesso delle funzioni dicertezza e rispetto delle regole per il mercato. In materia disemplificazione poi per esempio, prendendo le mosse dalleattività che già realizziamo per la gestione del portale impre-

sainungiorno.gov.it e, in caso di delega da parte dei comuni,del SUAP, le Camere possono diventare dei veri e propriagenti della semplificazione e, costituire, un punto unico diaccesso alla PA da parte dei soggetti che svolgono attività eco-nomiche. Allo stesso tempo la riforma dovrebbe costituireun’occasione importante per rafforzare anche quegli ambiti diattività delle Camere in tema di orientamento al lavoro e dicertificazione delle competenze, di promozione dei sistemiimprenditoriali e dei territori in Italia, e, all’estero comesportello di ingresso per le Pmi che vogliono esportare,evitando inutili sovrapposizioni. Noi siamo pronti a migliorareper essere una vera “Casa delle imprese” al fianco della “Casadel Governo” , così come è definito il nuovo ufficio territorialedello Stato. All’Esecutivo e al Parlamento spetta ora nonperdere questa occasione nell’interesse del Paese.

(Re.NF)

Sede Unioncamere a Piazza Sallustio, Roma

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E’ un progetto destinato a farcrescere l’Italia e l’Europa.Mettendo in collegamento le

attività del porto (e non solo) di Ge-nova, inteso anche come terminaledella dorsale tirrenica, delle Isole edell’intero Nord-Ovest, con l’Europacentro-settentrionale. Il cosiddettoTerzo Valico si inserisce, infatti, nelcorridoio Reno - Alpi, uno dei corridoidella rete strategica trans-europea ditrasporto. Il suo tragitto collega leregioni più densamente popolate (inquesto caso sono 110 milioni le per-sone che vivono nell’area interessatadall’opera), e a più spiccata vocazioneindustriale del Vecchio Continente:nella fattispecie, industria chimica,farmaceutica, energetica, dell’acciao,dell’automobile. Si tratta di un pro-getto di tale rilievo, insomma, darientrare tra le opere strategiche diinteresse nazionale. Nel recente SbloccaItalia, ha ottenuto 200 milioni sullotto costruttivo del valore di 1,5 mi-liardi da finanziare.Il Terzo Valico è un’arteria sostenibileed indispensabile per far ripartire ilPaese. Perché è destinato a contribuirealla creazione di sviluppo e occupa-zione, agevolando il trasferimento diuna consistente quota di traffico mercidalla strada alla ferrovia, modalità ditrasporto molto più efficiente e rapida,con benefici enormi per l’Italia nelcomplesso e vantaggi innegabili perl’ambiente e la sicurezza in particolare.Tra le caratteristiche tecniche dell’in-frastruttura, che attraversa le provincedi Genova e Alessandria, per poi col-legarsi alla rete esistente, le più rilevanti

sono la lunghezza complessiva di 53km, i 37 km di sviluppo in galleria, i23 km di interconnessioni e una pen-denza che arriva anche al 12,5%.Galleria di Valico (lunga oltre 27km), GalleriaSerravalle (piùdi 7 km in to-tale) e GalleriaCampasso (diquasi un km)sono conside-rate le operepiù significati-ve del TerzoValico. Neldettaglio, ilTerzo Valicointeressa 12comuni. Lanuova lineasarà collegataa sud, median-te l’intercon-nessione diVoltri e il BivioFegino, con gliimpianti ferro-viari del nododi Genova, peri quali sono incorso impor-tanti lavori diadeguamentofunzionale e dipotenziamen-to, nonché coni bacini por-tuali di Voltrie del PortoStorico. Sarà

collegata a nord, dalla piana di NoviLigure, alle linee esistenti Genova -Torino (per i flussi di traffico in dire-zione Torino e Novara - Sempione) ealla linea Tortona - Piacenza per il

ITALIAEUROPA

IL TERZO VALICOGermana Loizzi

Il porto di Genova

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traffico in direzione Milano – SanGottardo. Ma chi sono gli attori di quest’operache può contribuire a cambiare la fi-sionomia socio-economica del Paese?

Il nucleo dell’iniziativa è rappresentato,ovviamente, dal Governo che, attra-verso il Ministero delle Infrastrutturee dei Trasporti, ha studiato e realizzatole misure necessarie a concentrare le

risorse pub-bliche, nazio-nali ed euro-pee, su questainfrastrutturacome su altreritenute ingrado di pro-durre svilup-po e compe-titività. Gliinvestimentif e r r o v i a r isono a caricodelle Ferrovie,che operanoattraverso Rfie Italferr, in-caricata del-l’alta sorve-glianza sullarealizzazionedel progetto.La progetta-zione e la co-s t r u z i o n esono affidateal consorzioCociv, com-posto da treprimarie so-cietà di co-struzione ita-liane: Salini-I m p r e g i l o(che ne detie-

ne una quota del 64%), Società Ita-liana per Condotte d’Acqua (31%) eCiv (5%). Essendo un’opera di granderilievo, la sorveglianza sull’esecuzionee l’impatto sull’ambiente è affidataal Ministero dell’Ambiente, che operaattraverso la Commissione specialedi verifica sull’impatto ambientale el’Osservatorio ambientale. Quest’ul-timo, in particolare, sovraintende alleattività di monitoraggio ambientale,un tema particolarmente sentito, cheha informato la progettazione del-l’opera e ne sta permeando la realiz-zazione.Il Terzo Valico permetterà di ridurrei tempi di collegamento del tracciatodagli attuali 5/10 giorni a 3/5 giornia regime. La consistente riduzionedel numero di mezzi pesanti che at-traversano l’Appennino avrà comeconseguenza, inoltre, una significativariduzione delle emissioni di gas a ef-fetto serra, valutabili in milioni ditonnellate, considerato che le emissionidel trasporto su ferro sono calcolatealmeno tra le quattro e le cinquevolte inferiori a quelle degli sposta-menti su gomma. Le attività del TerzoValico sono destinate ad avere un si-gnificativo effetto, diretto e indiretto,sul territorio in termini di servizi ag-giuntivi per attività commerciali, ser-vizi, terziario. L’esperienza maturatanella realizzazione di grandi opereanaloghe in Italia ha già dimostrato,anche nel recente passato, la forte ri-caduta sociale positiva dei lavori, de-terminata dagli addetti impegnatinella costruzione e dalle moltepliciattività connesse sul territorio.

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LE TESTIMONIANZE

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IVECAL Srl – Genova(carpenteria, automazioni, impianti elettrici e opere edili)Claudio La Rosa, AD“Per la nostra città di Genova ed in particolar modo per la Val-polcevera il Terzo Valico si presenta, come scrisse Erodoto, come“il fiume Nilo” che rese fertili le terre d’Egitto dando vita al ter-ritorio. La citazione è per evidenziare che ormai da qualchetempo, la crisi economica e finanziaria che ha colpito il nostropaese ed in particolar modo l’edilizia ha portato disoccupazione,chiusura di attività commerciali e di piccole e medie aziende,ecc soprattutto nella zona della Valpolcevera, vista la posizione.Da quando sono partiti i lavori della TAV per la nostra città èstato un rifiorire e la Ditta IVECAL e molte altre piccole e

medie imprese, hanno rimesso in atti-vità le loro attrezzature e riassunto per-sonale per affrontare le varie lavora-zioni richieste. Le imprese coinvoltehanno fatto investimenti ed acquistidi nuovi mezzi ed attrezzature, dandolavoro a concessionari ed officine. E’incrementato notevolmente il consumodi carburante e affini dando nuova-mente vita a distributori e operatoridel settore. Attività come bar, trattorie, rivenditori di materialiedili, ferramenta, abbigliamento da lavoro e tante altre attivitàhanno ripreso a lavorare.

Il progetto sta suscitando consensi in particolar modo tra gli operatori economici della zona. Ecco alcune dichiarazioni raccolte.

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MACCHINE EDILI REPETTO SRLGenova e Arquata Scrivia

Aldo Arecco, AD“L'avvio di una grande opera pubblica comeil "Terzo Valico" rappresenta un importanteevento utile a riattivare, in questo difficileperiodo, l'intero indotto economico. Operedi tale portata coinvolgono una rosa di settoritalmente ampia che sostanzialmente l'interacomunità lavorativa ne risulta interessata, es-

sendo chiamate in gioco forniture di prodotti e servizi più disparati.La Macchine Edili REPETTO è strettamente legata al mondo del-l’edilizia ed ha immediatamente risentito dei benefici portati dal-l’apertura dei diversi cantieri. Tali benefici, intesi come significativoincremento del fatturato, sono stati registrati grazie alle fornituredi attrezzature e servizi effettuate al Consorzio Cociv ed alle ImpreseEdili che da esso hanno acquisito commesse per la realizzazioneanche di infrastrutture accessorie e funzionali all'opera principale.L'incremento registrato riguarda i volumi di fatturato ed in parti-colare la tipologia degli articoli richiesti.

Ticineto (AL)“Entrare a far parte delle aziende coinvoltenella costruzione del Terzo Valico ci ha per-messo di confrontarci con una realtà orga-nizzativa e operativa quale è quella di Cocivche riesce ad integrare al suo interno figureprofessionali di elevata specializzazione e pro-vata esperienza sia in ambito tecnico che bu-rocratico/amministrativo. Questo ci ha per-messo di affinare e migliorare le nostreprocedure di gestione ed ulteriormente au-mentare il livello di consapevolezza ed atten-zione all’interno della struttura. Il livello tec-nico della progettazione, le specifiche inmateria di Ambiente.

Arquata Scrivia (Al) “Nei mesi scorsi sono iniziati i lavoriper la realizzazione della Tav nella zonadi Arquata Scrivia, zona in cui svolgola mia attività di ristoratore da 10 annie da poco tempo gestore di lavanderie

self service. Un inizio di lavori che coin-cide con una fase di crisi economica cheha investito tutto il nostro paese com-preso la zona sopracitata che ha semprevissuto attraverso l'indotto lavorativodelle aziende ivi ubicate, ma che oggivede uno spiraglio di luce grazie aquello creatosi attorno alla costruzionedi questa importante infrastruttura.Posso infatti essere testimone di questoper quanto riguarda la mia attività gra-zie all'incremento dei clienti quotidianidel Cociv e delle altre imprese appalta-trici che hanno compensato la perditadei clienti storici.

Carrosio (AL)“E’ innegabile che i lavori del Terzo Valico,per chi si trovi ad attraversare le nostre valliin questo periodo, possano creare qualchelimitato disagio, causa traffico mezzi pesanti,rallentamenti per semafori, strettoie ecc…

Però è altrettanto vero che si sta proce-dendo ad una razionalizzazione e ad unammodernamento della viabilità, grazie adallargamenti della sede stradale, alla messain sicurezza di tratti franosi ecc., opere chesicuramente porteranno grandi benefici abreve ed a lungo termine per tutta la col-lettività. Si aggiunga inoltre che, grazie allapresenza di tecnici e manodopera delle sta-zioni appaltanti e delle imprese appalta-trici, le strutture ricettive (alberghi, appar-tamenti in locazione temporanea,ristoranti, esercizi commerciali, bar..)stanno, come si dice, “lavorando” a pienoritmo, a fronte di una precedente condi-zione (da lungo tempo perdurante) di crisiprofonda. Per entrare infine nello specificodella ns. azienda, stiamo producendo, perconto delle imprese appaltatrici, manufattiin c.a. prefabbricato quali muri controterra, cunette e cunettoni, travi per pontied impalcati.

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BOND TERRITORIALI

INSIEME PER RIPARTIRE

Unindustria e BCC Roma insieme per garantirel’accesso al credito nel Lazio. Attraverso i “bondterritoriali”, prima iniziativa del genere nella

nostra Regione, i fondi per erogare finanziamenti alle pic-cole e medie imprese Una risposta concreta al “credit crunch”: è questo il sensodell’iniziativa realizzata in tandem da Unindustria (l’unionedegli industriali e delle imprese del Lazio) e Banca di CreditoCooperativo di Roma, presentata alla stampa dal PresidenteBCC Roma Francesco Liberati, dal Presidente UnindustriaMaurizio Stirpe e dal Presidente Piccola Industria e VicePresidente Unindustria con Delega Credito e Finanza AngeloCamilli. Come è strutturata l’iniziativa? Le imprese associate a Unin-dustria, loro titolari, soci e dipendenti, hanno acquistato ob-bligazioni BCC Roma per un plafond complessivo di 10 mi-lioni di euro, con una durata di 36 mesi. Le risorse raccoltecon l’emissione di questi bond hanno permesso poi allaBanca di attivare finanziamenti fino al doppio della raccoltasottoscritta (con un massimo di 20 milioni), disponibili perle piccole e medie imprese laziali associate a Unindustria conmutui fino a 6 anni, per esigenze di nuovi investimenti ma-teriali e/o immateriali, partecipazione a progetti di crescita,aggregazione e internazionalizzazione. I “bond territoriali” sono insomma strumenti creditizi inno-vativi, ispirati al principio della mutualità, con aziende cheinvestono in obbligazioni per permettere poi ad altre impresedello stesso territorio e che hanno bisogno di finanziamentidi accedere al credito. Si tratta del primo esperimento del

genere nel Lazio, con procedure semplificate che prevedonoil completamento dell’istruttoria in 30 giorni. “La BCC di Roma - ha affermato il Presidente Francesco Li-berati - ha aderito con entusiasmo a questa iniziativa chepunta a mettere a disposizione degli operatori locali le risorseraccolte presso gli operatori stessi. Un’iniziativa di questogenere è assolutamente coerente con la filosofia di una bancalocalistica come la nostra. Una banca che investe le risorseraccolte esclusivamente nei propri territori di riferimento.Con Unindustria - ha continuato Liberati - c’è un rapportodi collaborazione crescente che confidiamo possa dare frutticoncreti, indispensabili per sostenere le imprese in questadifficile fase di uscita dalla crisi”.Per Maurizio Stirpe l’iniziativa dei bond territoriali è unmodo concreto per attivare canali alternativi in tema di ac-cesso al credito, soprattutto in un momento in cui le condi-zioni di mercato non consentono alle banche di avere lastessa elasticità di un tempo, generando un inasprimentodelle condizioni a cui si trova di fronte chi vuole fare impresa.Ha ringraziato quindi BCC Roma per aver fatto da apripistanel Lazio in questo esperimento innovativo. Angelo Camilliha infine sottolineato lo spirito mutualistico che innerval’idea dei bond territoriali, con una parte di associati Unin-dustria che sottoscrivono obbligazioni e altri che ne ricevonoi benefici accedendo ai finanziamenti e scavalcando così –grazie all’impegno di BCC Roma - la barriera di una selettivitànell’erogazione di credito che negli ultimi anni si è fattatroppo aspra. (ReNF)

Nella foto, Francesco Liberati, Maurizio Stirpe e Angelo Camilli

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Aogni resoconto delle banche finite in amministrazionecontrollata e commissariate dalla Vigilanza dellaBanca d’Italia il titolo viene inesorabilmente tagliato

sul numero di Bcc presenti. Ci vuole poco: le Bcc sono digran lunga la maggioranza delle banche operanti sul territorionazionale. Inoltre, se si calcolasse l’entità monetaria di tutti iproblemi delle banche italiane sarebbefacile dimostrare, per la generalmentepiccola dimensione delle Bcc, chel’insieme delle Bcc coinvolte rimanedi gran lunga piccola cosa rispetto aiproblemi del sistema creditizio na-zionale. Grazie, come ha sottolineatoil responsabile Vigilanza di Bankitalia,Carmelo Barbagallo, ad alcune ca-ratteristiche specifiche “soprattuttodelle Bcc, un modello relazionaleche può concorrere a limitare le per-dite sui crediti, in virtù del legamepiù intenso con la clientela e di unpiù efficace controllo sociale”. Quanto ai numeri, le sofferenze delleBcc sono il linea con quelle delsistema bancario: a marzo eranoall’8,9%. Ma le Bcc fanno più banca.Secondo i dati della Banca d’Italia,al marzo scorso gli impieghi economicidel complesso delle Bcc italiane eranocalati su base annua dell’1,1% controil -3,3% del sistema creditizio, por-tando così gli impieghi delle Bcc al7,3% del totale nazionale. Se si con-siderano anche i finanziamenti erogatidalle Bcc di secondo livello questaquota sale all’8%. Alla stessa data,gli impieghi erogati alle imprese ave-vano scontato un calo dell’1,7% su base annua contro il -2,7% dell’intero sistema, una quota del pari al 9,6% delmercato nazionale che sale al 10,8% se si considerano i fi-nanziamenti alle imprese erogati dalle Bcc di secondo livello.Insomma, polemiche speciose a parte e pressioni internazionali

date per scontate, la “diversità” delle Bcc rimane un plus peril sistema Paese anche nel mondo della finanza globale,Anzi, tanto più nel mondo della finanza globale, perché per-mette alle realtà di nicchia di essere valorizzate e alle Bccstesse, in quanto operatrici di nicchia, a valorizzarsi . Peruna grande banca talvolta è dis-economico già solo valutare

la situazione di piccole imprese startup, famiglie, terreno ideale inveceper una Bcc. Con la differenza, ri-spetto a un altro tipo di piccolabanca, che l’appartenenza alla galassiadelle Bcc fa comunque accedere aibenefici in grande scala del sistemaassociativo e imprenditoriale su scalanazionale. La Bcc, insomma, non èun tributo fuori dal tempo al mitodel “piccolo è bello”, uno slogan chepersonalmente non mi è mai piaciuto,perché ritengo che un Paese maturoabbia bisogno del micro e del piccolo,del medio e del grande. Ma un mododi presidiare mercati altrimenti ab-bandonati. In questi anni di unacrisi che sembra non finire più, leBcc hanno svolto un ruolo non soloeconomico ma anche sociale. Sarebbeinteressante conoscere i numeri del-l’impegno delle Bcc dal 2007 al2013. Conoscere, a esempio, quantaoccupazione, autonoma o dipendente,siano state in grado di creare con illoro modo diverso di fare banca. Unmodo diverso che, evidentemente,non è anti-economico, altrimenti leBcc commissariate sarebbero statecentinaia e non una decina. Un in-

segnamento per executive e manager stra-pagati che hannoaffossato alcune delle più grandi banche italiane, privando ilPaese di ricchezza e di storia. E anche per giornalisti auto-re-ferenziali.

PI.RO.

CREDITO COOPERATIVO

BCC, PLUS PER IL PAESE

Carmelo Barbagallo,Responsabile Vigilanza di Bankitalia

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Dal dicembre 2001, su im-pulso e per volontà del pro-fessor Cesare San Mauro, i

«salotti» della Fondazione Roma Eu-ropea scandiscono, come un metro-nomo, gli appuntamenti della vitapolitico-culturale della Capitale.«L’obiettivo? Valorizzare, promuovereed implementare il ruolo di Romasulla scena europea, esaltandone ipregi ma criticandone, allo stessotempo, in chiave costruttiva anche idifetti», spiega il fondatore, oggi se-gretario generale della Fondazionepresieduta dal professor Giuseppe DeRita, uno tra i più autorevoli studiosidei fenomeni sociali del Paese dal suoosservatorio del Censis. Dal 6 ottobrel’attività della Fonda-zione farà un salto diqualità. «Aprendosi an-cora di più in campo in-ternazionale», anticipa ilfondatore di Roma Eu-ropea. Con un ciclo diappuntamenti che ve-dranno come ospite unambasciatore di unPaese europeo e in pla-tea imprenditori italianiche operano in quelloStato e colleghi diquella stessa nazioneche, invece, gestisconoin Italia le rispettive at-tività. Professor San Mauro,un vecchio detto recita«in nomen omen».Come descriverebbe ilrapporto tra la Fonda-

zione e la città di Roma?«Il bagaglio di esperienza maturatonel corso degli anni Novanta ha con-tribuito indubbiamente alla matura-zione degli obiettivi della Fondazionepur lasciando immutato lo spirito chene ha caratterizzato la nascita: guar-dare la città di Roma con occhio cri-tico e costruttivo attraverso iniziativecapaci di stimolare la riflessione e ilconfronto per contribuire alla crescitasocio-culturale della Capitale. LaFondazione Roma Europea coinvolgealcune tra le più importanti realtàimprenditoriali romane e nazionali:aziende operanti in diversi settori,private, municipalizzate e publiccompanies che hanno scommesso sul

progetto dei fondatori, arricchito poidai componenti della Fondazione».Ma di che cosa si è occupata e dicosa si occupa, nella pratica, RomaEuropea? Insomma, qual’è la suamission?«Le attività della Fondazione RomaEuropea, nel corso degli ultimi anni,sono state numerose ed eterogenee:organizzazione di convegni, dibattiti,tavole rotonde e incontri su questionicomplesse ed attuali come lo statodelle reti e delle infrastrutture ro-mane, il disagevole quadro dei tra-sporti pubblici e privati della “cittàeterna”, i luoghi della ricerca scienti-fica e tecnologica di Roma, il dialogotra le religioni, Internet e Roma vir-

tuale o, ancora, il deli-cato tema della gestionedel ciclo dei rifiuti.Senza tralasciare i temidella promozione cultu-rale, dell’economia,dell’attualità e della poli-tica. Il leit motiv è, comenella musica, ascoltare.Per poi elaborare e cre-scere. Insieme».Oltre alla Fondazioneesiste anche un’Associa-zione che porta lostesso nome. Che rap-porto c’è tra le due re-altà?«Se la Fondazione RomaEuropea è aperta allapartecipazione delle per-sone giuridiche, l’omo-nima Associazione Amicidi Roma Europea è in-

FONDAZIONE ROMA EUROPEA

I “SALOTTI” INTERNAZIONALI

Cesare San Mauro

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vece destinata ad accogliere le persone fisiche. Si tratta diun circolo a numero chiuso che si riunisce abitualmente neiprestigiosi saloni del Caffè Greco di Via dei Condotti, disolito, una volta al mese. Le riunioni dell’Associazione pre-vedono l’intervento di un interlocutore scelto tra i princi-pali protagonisti della vita istituzionale del Paese, delmondo della cultura, della politica, dell’informazione, del-

l’industria romana e nazionale. Gli interventi degli speakerssono seguiti da un dibattito con la platea di Roma Euro-pea».Ora, però, è il momento del salto di qualità. Il 6 ottobreparte il primo di un nuovo ciclo di appuntamenti deci-samente più internazionali. Cosa bolle in pentola?«Il 6 ottobre, al Circolo del ministero degli Affari esteri, aRoma, ospiterete un incontro con l’ambasciatore della Ger-mania in Italia, Reinhard Shäfers. Un appuntamento inlinea con quella che, da sempre, è la mission stessa dellaFondazione: tenere aperta la porta del dialogo e del con-

fronto fra la realtà di Roma e quella internazionale. Non acaso, già nel 2004, Roma Europea realizzò una significativaindagine sulla immagine che di Roma hanno i popoli diEuropa raccogliendo attraverso un questionario le opinionidegli Ambasciatori dei Paesi dell’Unione Europea. Un’ini-ziativa risultata particolarmente utile per cogliere, attraversoil giudizio di qualificati osservatori stranieri, i punti di cri-ticità di Roma sui quali intervenire oltre che gli aspetti po-sitivi da valorizzare. Un’iniziativa che abbiamo deciso diripetere anche recentemente».Quando?«Giusto qualche mese fa, a dieci anni di distanza, per valu-tare se, in che modo e perché il quadro emerso nel 2004 sifosse modificato».E cosa è emerso da questo nuovo “sondaggio”?«Una Roma in chiaroscuro, con qualche luce e più di qual-che ombra. Emblematica la bocciatura da parte degli am-basciatori stranieri in Italia del sistema dei trasporti pubblicidella Capitale. Promossa, ovviamente, sul fronte dei benistorici e culturali. Ma ci siamo ripromessi di tornare sui ri-sultati dell’ultimo questionario».In che senso e in che modo?«Nel senso che ritengo che sui risultati di questa nuova in-dagine, raccolti in un Rapporto presentato il 7 luglio scorsonella sede del Circolo del Ministero degli Affari Esteri, siaopportuno avviare un più approfondito confronto con gliambasciatori europei. Confronto che, riguardo all'appun-tamento del 6 ottobre con l’ambasciatore tedesco, costitui-sce il significativo momento di avvio di questo nuovo ciclodi incontri programmato dalla Fondazione Roma Europea».Oltre all’ambasciatore Shäfers, però, è prevista la pre-senza di numerosi imprenditori italiani che operano inGermania e di loro colleghi tedeschi che, invece, hannoin Italia i rispettivi centri di interesse. Perché?«Perché penso sia un modo per avviare un confronto francoe aperto anche sulle problematiche di natura economica chel’Italia in particolare e l’Europa più in generale stanno at-traversando in questo lungo periodo di crisi ancora in atto.Un’occasione anche per fare tesoro gli uni delle esperienzedegli altri e, perché no, magari anche per dare vita a nuovepartnership e sinergie». R.M.

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ARTISTA, ARCHITETTO,giornalista, professionista eclet-tico, è art director, progettista

di eventi culturali e iniziative editoriali,curatore di mostre e consulente in co-municazione e attività culturali. AngeloBucarelli, un cognome che evoca subitoil nome dell’amata zia Palma, primadonna in Italia a essere nominata diret-trice di un museo e a segnare una svoltanella politica culturale del nostro paeseaprendo le porte delle istituzioni mu-seali, alle avanguardie e alle ricerche ar-tistiche più contemporanee, è questo emille altre cose ancora. Bucarelli, lei è davvero un ecletticooltre che un artista e un creativo. Lasua esperienza e le sue frequentazioniinternazionali le danno un punto divista privilegiato. Che Paese è diven-tato il nostro, culturalmente par-lando?«Il nostro Paese — dice —, bellissimo ericchissimo, più di ogni altro paese almondo, vive da sempre il contrasto trala sua ricchezza, paesaggio, architetturee arte e il suo rovescio della medaglia: iltroppo individualismo che mai glihanno consentito di diventare un Paesematuro, una vera comunità. Questo di-rei da sempre. E’ come un peccato ori-ginale che ci portiamo dentro perchésiamo nati in un Eden e come quello celo siamo fatti sfuggire per codardia emiopia, direi perché viziati da tanto pri-vilegio».Il taglio netto della guerra non è riu-scito a far nascere un Pese moderno,civile?«No. La nostra cultura nella ricostru-zione non è riuscita ad affrancarsi da

quel peccato originale fino a farci vera-mente male: l’imbroglio, il privilegio,la miopia, l’invidia, la gelosia del popoloitaliano non sono mai guarite. Il ma-riuolo vincente con il sorriso alla ClarkeGable è sempre stato il nostro modello.La gallina è sempre stata mangiata alle-gramente senza aspettare l’uovo di ognigiorno. A forza di non pensare al futurotutto è diventato un grande sistema del-l’imbroglio e non c’ è nessuno, o dav-vero pochi, che pensano con eticaumiltà al bene del Paese, e quei pochiche lo pensano rimangono impaludatidagli altri. La violenza delle parole,dell’insulto, della notizia, dellarapacità quotidiana è mor-tificante come la mancanzadi progettualità. Tutto è as-servito all’arricchimento per-sonale a scapito di quella veraricchezza che è il bene co-mune. Un Paese fortementemaleducato! E credetemi labuona educazione è ungrande motore del vivereinsieme!».Ci sono Paesi come la Tur-chia, che lei conosce avendofatto mostre di grande suc-cesso a Istanbul, che stannoinvestendo molto in culturae in tutto ciò che serve a co-municare al mondo la pro-pria immagine.«Non sono così convinto chela Turchia spenda in cultura.Certo è che, contrariamentealle grandi famiglie italiane,quelle turche sono impegnate ininvestimenti privati consistenti

in opere culturali ed educative, comemusei e università. E questo è già unfatto positivo. I Paesi che investono incultura sono quelli veramente civili mace ne sono pochi! E non si tratta di im-magine ma di reale ricchezza! Ha maipensato perché, malgrado la Cina sia

diventata una potenza dinamicafinanziariamente, non rie-

sce ad andare oltre aimercati di imitazione?Perché non ha avutoMichelangelo, Cara-vaggio e Bernini! L’Italia

invece ha un patrimonioimmobiliare e mobiliare

straordinario che sirifiuta per-

niciosa-m e n t edi ge-s t i r e .H amai vi-sto aPo m -p e imani -f e s t a -

zioni perd e n u n c i a r el’amministra-zione cittadinaper mala ge-stione di quelpozzo di sanPatrizio che èPompei? No.E’ un modoper essereconnivent i

ITALIA GRANDE PAESE

IL ROVESCIO DELLA MEDAGLIADonatella Miliani

Angelo Bucarelli

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con chi trascura, con chi imbratta, con chi lascia crollare i muriecc. Tutto il popolo italiano guarda allo Stato italiano comeun’entità esterna che non gli appartiene».Insomma l’Italia deve rassegnarsi in futuro alla mediocritànonostante il suo immenso patrimonio?«No, l’Italia si è già rassegnata alla mediocrità. Basta guardarealla classe politica, alla burocrazia e anche al settore privato,dove i lavoratori ritenuti inutili, se opportunamente rimotivatia fare qualcosa che gli piace, produrrebbero effetti molto positivi.Il problema è il non saper coglierele opportunità, per mancanza diinvestimenti, per mancanza dibuona educazione! Sa che cosa èla buona educazione? La capacitàdi condurre in modo efficiente erispettoso degli altri la nostra vitae la nostra attività. Dunque se fos-simo tutti educati l’Italia funzio-nerebbe come un orologio».Eppure Dostoevskij diceva chela bellezza salverà il mondo...«Non sono totalmente d’accordo.Neanche la bellezza, che è com-movente e straordinario motoredella vita, può salvare il mondo.In questa società la cattiveria, l’ar-roganza, la pacchianeria sembranovincere sulla bellezza e sull’ele-ganza. Voglio davvero sperare co-munque che Dostoevskij abbia ragione ed alla fine quella lucesia così potente da superare tutte le mediocrità. Vale in ognicaso la pena di combattere, di provarci!».Sì ma lei sembra parlare ad un ambiente elitario....«La bellezza è appannaggio di tutti, il ceto o la ricchezza noncontano. Il panorama è di tutti, una bella architettura, un operad’arte, una poesia, una storia... un gesto. Ed è proprio perquesto che il nostro Paese ha una marcia in più. Noi nasciamoin ambienti di una bellezza incomparabile. Gratuitamente inostri occhi sono educati all’armonia tra natura e interventodell’uomo, pensi a San Gimignano, Capri, Venezia e pensi aun poverino che nasce nella periferia di Detroit. Non è un caso

che noi abbiamo il celebre “Made in Italy” e che la nostramoda primeggia nel mondo. Dobbiamo stare bene attenti anon interrompere questa grazia!».Si può organizzare qualcosa di bello anche con poco? «Il bello e l’eleganza non sono legati all’alto costo. Una personaelegante è elegante anche quando ha indosso una t-shirt e unjeans. Certo i materiali di alta qualità che richiedono lavorazionicomplesse, purtroppo non possono essere a buon mercato e lospendere decisamente aiuta. D’altronde chi può negare che è

più bella una Ferrari di una 500,senza togliere nulla a quest’ ul-tima. Però è anche vero che qual-che volta presentarsi in Ferraripuò essere meno elegante e ap-propriato del proporsi in 500.Tutto ciò che facciamo deve tro-vare una sintonia con la situazionein cui ci troviamo. Anche qui con-tano molto la buona educazionee il buon senso».Lei ha curato anche la parte co-reografia decorativa di alcunimatrimoni importanti.«Non solo celebri e famosi. E’molto bello! Si instaurano rap-porti anche temporanei, ma pro-fondi con chi vive quell’ eventoche è unico nella vita, anche se ildestino poi a volte può portare a

conclusioni diverse da quelle progettate. La mia vita è dedicataalla comunicazione, che è un istinto primordiale dell’uomoesattamente come quello di conservazione. Aristotele dice chel’Uomo è un animale sociale. Vuole dire che per nascita l’uomodeve relazionarsi necessariamente con gli altri simili, se no,muore. La solitudine uccide. Sono sempre stato affascinato dalcapire come poter comunicare meglio e quindi migliorare ilnostro modo di vivere. E certe occasioni devono essere speciali.Sono felice quando mi capita di essere richiesto come “weddingplanner”. Come sempre il poter trasformare, anche con nonmolto, ambienti e situazioni in qualche cosa di magico, beh...è una grande soddisfazione!».

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Cento milioni di tagli alle speseper la difesa in Europa signifi-cano una riduzione del pro-

dotto interno lordo continentale di 150milioni, 40 milioni di imposte in menoe la perdita di 3mila posti di lavoro,dei quali 800 altamente qualificati. Asvelarlo è una recente ricerca condottadalla società di consulenza britannicaEurope Economics per conto dell’Eda,l’Agenzia europea per la difesa. Nellostudio si sottolinea come gli investi-menti pubblici nel settore abbiano unimpatto tra le 12 e le 20 volte quellomedio negli altri comparti in terminidi occupazione qualificata, con enormiricadute potenziali sulla crescitaeconomica e sociale. L’inda-gine precisa, inoltre, che le ri-cadute degli investimenti na-zionali sono minori dell’impattodei progetti europei. E, a tal proposito,indica come caso di scuola il pro-gramma dell’aereo da caccia europeoEurofighter, che sta permettendo di ac-quisire vantaggi competitivi anche neivelivoli commer-ciali e nei si-stemi elettro-nici. Niente ache vedere, in-somma, con il progettodell’aereo caccia americanoF35, il cui produttore LockheedMartin ha affidato ai compratori euro-pei – come l’Italia – il ruolo meramenteesecutivo di assemblatore senza offrirela possibilità di intervenire e adoperarele nuove tecnologie per la propria in-dustria né di realizzare le attività a piùelevato valore aggiunto.

Investire nella difesa, insomma, nonsolo rafforza la sicurezza interna edesterna, e quindi favorisce la pace, con-tribuisce alla stabilità e alla prosperitàproteggendo i tradizionali modi di vi-vere, ma comporta anche benefici eco-nomici e sociali ragguardevoli. Senon-ché, il combinato disposto delrigorismo tecnocratico europeo e del-l’ottusità pseudo-pacifista (aggravatidalla disinformazione dominante cheaccompagna il settore e dalla persistentepresenza di oscuri interessi politico-eco-nomici nel procurement) rischia dimettere in crisi un comparto che dà la-voro in Europa direttamente a nonmeno di 400mila persone, con un in-

dotto intorno al milione diaddetti, e assicura un giro

d’affari di circa 96miliardi. Un

comparto che da solo permette inno-vazione di processo e soprattutto di pro-dotto in aree (dalla medicina all’ali-mentazione) apparentemente moltolontane dal core business.I tagli alla spesa pubblica derivati dallacrisi del debito sovrano e dalla succes-siva, sostanziale, recessione hanno giàprovocato danni consistenti all’industriadella difesa europea ma ora rischianodi creare disastri sul fronte socio-eco-nomico e gravi pericoli per la sicurezzae la sovranità del Vecchio Continente.Lo stesso rapporto della Commissioneeuropea, dal quale sono stati estratti iprecedenti dati sull’occupazione e il fat-turato, rivela che in dieci anni la spesaper la difesa in Europa è calata del 23%e in cinque anni gli investimenti in ri-cerca & sviluppo del settore sono di-minuiti del 14%. Eppure, Bruxelles

stessa ha invitato a giugno - perbocca dell’ex vicepre-

sidente della Com-missione Ue e

commissario all’In-dustria, l’italiano Antonio

Tajani – a puntare di più sullaricerca in ambito tecnologico-

militare. Per accrescere la competi-tività del sistema produttivo continen-tale, infatti, laCommissionesuggeri-

I PERICOLI DELLA RETORICA

INDUSTRIA MILITARE A RISCHIOElena Saporiti

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sce di favorire le tecnologie duali chepermetterebbero un enorme ritorno seindirizzate su micro e nano-elettronica,materiali avanzati, biotecnologie indu-striali, il cui mercato è destinato a cre-scere di oltre il 50% in pochi anni. Ifondi europei non mancano, mancanopiuttosto la capacità progettuale, so-prattutto politica, e la volontà.I mancati investimenti nella ricerca &sviluppo stanno innescando un pro-cesso degenerativo sull’industria. Lo di-mostrano i risultati di un altro studio,condotto dalla società di consulenzaDeloitte, che confronta l’industria diaerospazio e difesa di Usa ed Europa.Da questa indagine risulta che l’indu-stria americana rappresenta il 59% delfatturato globale mondiale, contro il34,2% europeo, ma che il giro d’affaridelle industrie europee è salito tra il2012 e il 2013 del 5,4% contro l’1,3%americano. Senonché, a dispetto dellacrescita di ricavi, le industrie europeein un anno hanno perso il 3,6% di utili,mentre le concorrenti ame-ricane accrescevano i pro-fitti dell’11,6%. Lostesso andamento fa-

vorevole all’industria a stelle e strisce losi riscontra nel ritorno sul capitale in-vestito e sui flussi finanziari. Non è ca-suale, probabilmente, che i Paesi euro-pei abbiano destinatocomplessivamente alle spese per ricerca& sviluppo un quinto degli investi-menti americani (la cui spesa è “solo” ildoppio di quella europea) e che la metàdel bilancio europeo sia destinata alpersonale contro il 25% degli Usa, cheevidentemente schierano meno uominima meglio equipaggiati. La situazionedel mondo non è più quella di unavolta. Sarebbe opportuno che l’Europase ne accorgesse, una buona volta. E,in Europa, se ne accorgesse più di tuttil’Italia.Nel 2013 il controvalore delle autoriz-zazioni all’export di armamenti e si-stemi di difesa prodotti in Italia è statodi 2,64 miliardi. Nel 2012 era a 5 mld,nel 2009 a 6,7 mld. Viceversa, nel2013, il Regno Unito ha autorizzatovendite di armi all’estero per circa 12mld (+11% in un anno), la Francia per

6,3 mld (+31%), la Germania per5,8 mld (+24%). E la “pacifista”

Svezia, con 40 euro pro capite

di export, è terza nel mondo solo aIsraele e Russia. Tanto per fornire unaltro dato: l’export francese garantisce40mila posti di lavoro.Non è certo la concorrenza estera adaver fiaccato l’industria italiana. Al cen-tro del sistema produttivo nazionale c’èFinmeccanica. E il tramonto del Madein Italy coincide con la crisi del gruppocominciata con le dimissioni di PierFrancesco Guarguaglini e la stagionedei processi e con l’interminabile calodi credibilità politica dell’Italia. Ma que-sta crisi è anche il frutto avvelenatodella disinformazione.L’Italia esporta sistemi di difesa non –tanto per fare un esempio concreto –armi antiuomo. Le armi più dannose,utilizzate nelle guerre che insanguinanol’Africa, per esempio, sono ormai co-struite in loco o comunque in Paesipoco sviluppati, per il loro scarso con-tenuto tecnologico. Non solo. Le espor-tazioni italiane sono sottoposte a unarigida disciplina tanto sul versante deiprodotti quanto sul versante dei Paesidi destinazione. Ma la retorica continuaa confondere, più o meno in buonafede, tra industria e mercanti di morte.

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Fare di TerniEnergia la primasmart energy company italiana,grazie all’acquisizione di Free

Energia, e aprire orizzonti internazio-nali a Italeaf, la holding che si è quotataal Nasdaq di Stoccolma. Per il Gruppoindustriale guidato da Stefano Nerisi annuncia un periodo molto in-tenso sul versante energetico e suquello dello sviluppo internazio-nale.TERNIENERGIA - “Siamo impe-gnati su più fronti per rinnovare icontenuti di una storia di grandesuccesso – afferma il presidente Neri– TerniEnergia, dopo aver interna-zionalizzato il proprio business nelsettore fotovoltaico con un rilevanteportafoglio ordini (circa 150 MWp)in grado di dare una ottima visibilitàanche all'attività di EPC, sta lavo-rando a ritmi serrati sull’aumentodi capitale per completare l’acquisi-zione di Free Energia. L’obiettivostrategico è quello di integrare a vallela catena del valore della filiera ener-getica. Aggiungeremo alle attività dipower generation e di efficienzaenergetica di scala industriale, at-traverso la subsidiary Lucos Alter-native Energies, anche i nuovi bu-siness del trading elettrico per clientienergivori e re-seller consolidati edegli smart energy services. TerniEner-gia, infine, entrerà nel promettente mer-cato della gestione e vendita di servizialle centrali ad olio vegetale, dove FreeEnergia intende conseguire una leader-ship nazionale”.Free Energia nel 2013 ha conseguito ri-cavi per Euro 100 milioni circa e, nel

primo semestre 2014, ha registrato unfatturato di Euro 85 milioni, con unEbitda pari a 3,5 milioni. La societàporterà in dote anche un consistentebacklog commerciale. Free Energiaopera, infatti, come trader energetico

innovativo, con 1,3 TWh di energiafornita a clienti energivori e/o re-sellerconsolidati. Un business in grande cre-scita e con notevoli opportunità di svi-luppo grazie alle possibilità di integra-zione tra il settore dei servizi elettrici equello digitale.ITALEAF – L’evoluzione strategica di

TerniEnergia si inquadra in un più am-pio disegno di sviluppo che Neri e ilmanagement del gruppo hanno pro-mosso per l’intero Gruppo. La holdingItaleaf, che controlla la società energeticaquotata sul segmento Star di Borsa Ita-

liana, è infatti sbarcata a settembresul mercato First North di NasdaqOMX Nordic di Stoccolma. “Italeaf è un’azienda innovativa –prosegue Stefano Neri - e, come tale,ha deciso di compiere un percorsopionieristico: siamo la prima societàitaliana a quotarsi a Stoccolma, unmercato sensibile all’innovazione ealla sostenibilità; la prima società adapprocciare il mercato borsistico conun modello di business da “com-pany builder” a sostegno di startuptecnologiche; e infine ci rivolgiamoa investitori che credono in una assetclass di investimento nel settore ingrande crescita della green economye dell’industria cleantech”.SMART TO RESTART INDU-STRY - Alcuni elementi qualitatividel nuovo piano industriale di Ter-niEnergia e gli obiettivi di sviluppodi Italeaf saranno illustrati alla bu-siness and financial community ita-liana e internazionale il prossimo31 Ottobre in Borsa Italiana. A Pa-lazzo Mezzanotte, nel workshop

“Smart to restart industry”, i managerdel Gruppo e alcuni prestigiosi relatoriindipendenti presenteranno nuove ini-ziative, approcci strategici, ricerche estudi di settore nei comparti dell’energia,dell’efficienza, della finanza e delle star-tup. Maggiori informazioni su: www.ita-leaf.com e www.ternienergia.com.

TERNIENERGIA

PRIMA SMART ENERGY COMPANY

Professor Stefano Neri, Presidente TerniEnergia

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REPORTAGE DALLA BASILICATA

TERRA DEI GRANDI CONTRASTI Katrin Bove

La terra dei grandi contrasti, cosi è conosciuta la Basi-licata. La regione delle due province, dei due mari edal paesaggio prevalentemente collinare, fa parlare di

se per le sue bellezze naturali, dai rintocchi incontaminati eselvaggi e per le sue grandi risorse ambientali. Risorse che oggi richiamano l’attenzione del Governo con ildecreto “Sblocca Italia” che vede proprio nella Basilicata lasua protagonista.In Val d’Agri appunto è stato individuato il più grande gia-cimento su terra europeo da fare dell’Italia il terzo paese inEuropa per riserve di petrolio.Il 20% dei consumi interni italiani potrebbe essere copertosfruttando a pieno le riserve con progetti adeguati e limi-tando le importazioni. Il decreto modificherebbe il mercato delle estrazioni in trepunti, in primis il rilascio di un titolo concessionario unico,cioè un solo permesso per esplorare ed estrarre, poi un’au-torizzazione mineraria concessa dallo Stato e non più dalleRegioni, ed infine un’attribuzione di una patente per la ri-cerca e coltivazione d’idrocarburi: “Attività di pubblica uti-

lità, urgenti ed indifferibili”.Certo è che il citato decreto “Sbocca Italia” tocca il TitoloV, con il rilascio dei permessi minerari centralizzato, e le Re-gioni potrebbero pensare ad un ricorso in Corte costituzio-nale, anche se il Governo manifesta l’importanza di un’intesaStato-Regione. Questo per la Basilicata significa non poterpiù decidere sul petrolio estratto.“Scellerata politica energetica di Governo” cosi si pronunciaLegambiente, “un attacco frontale delle trivelle al territorioLucano”.Si, l’Italia ha bisogno di quest’oro nero, ma l’Italia è anchela Basilicata con la sua bellezza oltre che la sua ricchezza mi-neraria.Preserviamone l’identità.Bisognerebbe parlare della sua storia, valorizzarne la sua cul-tura, gustarne i silenzi ed immergersi nei suoi colori: il verdedei suoi boschi, il blu del suo mare ed il grigio dei suoi ca-lanchi per poi volgere lo sguardo al cielo stellato e alla lunache la tanto la rappresenta.Magnetismi che fanno della Basilicata una terra davvero

Basilicata, Calanchi nel territorio tra Ferrandina e Pisticci (MT)

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unica e speciale.Geograficamente si affaccia a sudovest sul mar Tirreno nelloscenario naturale del Golfo di Policastro, e a sudest sul marJonio nel Golfo di Taranto. Maratea, regina incontrastatadella costa tirrenica, Metaponto e Policoro, già importantipunti di riferimento nella Magna Grecia, dominano la costaionica. Oggi riferimento del turismo lucano, le tre località puntanoa conseguire sempre migliori risultati, contando soprattuttosulla rivalutazione dell'ambiente naturale e della loro mille-naria storia. È un luogo di villeggiatura per eccellenza dove agli ampi are-nili e spiagge dalla sabbia finissima sono riparate da grandidistese alberate prevalentemente formate da pini ed euca-lipti. Sulle spiagge si trovano ancora le essenze tipiche dellazona tra le quali il raro giglio di mare (Pancratium mariti-mum).Considerata una delle mete emergenti del turismo italianola Basilicata conquista il viaggiatore, con i suoi paesaggi lu-nari propri dei calanchi, con le foreste ancora selvagge e in-

contaminate, con il mare che senti nell’aria anche quandonon si vede.Questa «Palestina nel cuore del Mezzogiorno» è una incan-tevole frontiera dove riscoprire pensieri e ritmi della natura. La Basilicata si offre ai viaggiatori regalando il fascino dellascoperta delle sue bellezze naturali, della preistoria e dellastoria, delle tradizioni che in alcune zone hanno conservatoancestrali ricordi delle origini dell'uomo, di una gastronomiasemplice e genuina dal marcato carattere mediterraneo.Anche i turisti stranieri apprezzano la cortesia, le strutture ele pietanze lucane. Questo è quello che emerge dallo studiodi Confesercenti-Ref , che ha voluto mettere a confrontotutte le regioni d’Italia secondo le pagelle dei turisti stranieri.La Basilicata, è seconda per “cortesia” solo alla Sardegna eterza alle altre regioni per cibo e strutture alberghiere. Lostudio è servito per fare una fotografia dell’Italia dal puntodi vista del turista estero in Italia. Si esaminano anche aspet-tative future e valutazioni per risolvere la diminuzione di fre-quenza nel mezzogiorno che si attesta sul 13%. Ovviamentela buona cucina, la squisita ospitalità e strutture alberghiere

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di alto livello, conquistano i visitatori stranieri ma non basta.Purtroppo le mete privilegiate rimangono quelle del Centro-Nord. Mentre il Sud in generale viene penalizzato dalla cattivainformazione sul nostro patrimonio artistico, culturale e ambien-tale. La Basilicata infatti è richiesta, soprattutto per cultura emare, ma purtroppo dallo studio si evince che per “arte” la Ba-silicata è al quindicesimo posto e per “ambiente” raggiunge, quasialla pari con il Molise, la settima posizione. Questi dati fannoriflettere, poiché andrebbero riviste molto l’informazione e lafruibilità delle risorse perché se i turisti esteri scelgono meno laBasilicata e perché ha disatteso le loro aspettative. Infatti proprioil voto “sull’informazione” ci fa piazzare solo dodicesimi”. L’at-tenzione verso l’ospite e strutture adeguate, in ogni caso, fannola differenza e si vede. Una politica corretta sull’informazionepotrebbe essere la soluzione definitiva al problema, ma serve at-tenzione e visibilità anche a livello nazionale altrimenti rischiamodi far diventare il Sud un ripiego invece di una risorsa.

Aurelio Pace*

La politica richiede coraggio, visione ed azione e rispettoai numeri che le statistiche riportano ci accorgiamoquanto queste esigenze siano improcrastinabili.

Il 92% delle imprese hanno meno di cinque dipendenti, re-gistriamo il 50% di disoccupazione giovanile, il 17% deiquali sono laureati, in controtendenza nazionale in Basilicatasi abortisce il 7% in più e le cause sono di natura economica,s’investe sul fotovoltaico e termodinamico pur contribuendo,con il petrolio, al fabbisogno del 20% della produzione na-zionale, su 100 persone che scelgono di visitare il Mezzo-giorno d’Italia solo 18 arrivano in Basilicata, nonostante glisforzi economici legati alla promozione, alla presenza di unainfrastrutturazione inadeguata ed insufficiente e l’incapacitàdi gestire i redditi derivati dalle compensazioni di risorsecome acqua e petrolio ed ultimo, ma non meno importante,con la consapevolezza che la riforma del Titolo V, portandola materia energetica a livello nazionale, ha ridimensionatoogni possibilità di dialogo in termini di compensazione am-bientale e di conseguenza di occupazione.Parametri ed indicatori sono impietosi e da quelli non si pre-scinde. In un orgoglio territoriale ferito la sola risposta, il solo

ammortizzatore sociale, è il lavoro. Emanuele Granturco diceva:"Ebbi umili natali e avversa lafortuna, ma questi vinsi e quelli nobilitai con la forza del la-voro" e la gente ci attende alla prova dell'azione.Il vantaggio competitivo non può più essere espresso in ter-mini di salari bassi, che comportano una scarsa domanda dilavoro qualificato. Abbiamo perso la sfida della competitività,che ha la capacità di produrre ed impiegare specializzazioni,comprendendo, a caro prezzo, che non basta inserire la parola“talenti” all’interno di un programma regionale. La rispostaè nella creazione di piattaforme logistiche, di impalcature delsapere, di valorizzazione di risorse ed eccellenze. Sono le città il patrimonio da cui ripartire, “Perché la personaumana è in qualche modo definita dalla città in cui si radica:come la pianta dal suo campo” diceva Giorgio La Pira, perchéla prossimità geografica tra le imprese, il tessuto sociale e leistituzioni, aumenta la produttività e la qualità della vita,unici elementi in grado di rendere più attrattivo un territorioche necessita, oggi più che mai, di accogliere capitale umanoe ospitare investimenti. *Consigliere Regionale di Basilicata

POLITICA E CORAGGIO

La spiaggia di Policoro (MT)

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Crescita, riforme e Expo sono le parole chiave del mo-mento; non vi é talk show o consesso politico che inqueste settimane non faccia riferimento a questi

temi. E dunque la legge di stabilità che il Governo si apprestaa varare dovrebbe contemperare e integrare, in un disegnounitario, tutti e tre queste parole-obiettivi. Non c'è crescitasenza riforme e da questo punto di vista l'Expo é un volanomolto importante, di breve periodo, grazie al quale poter farripartire il percorso di rilancio del nostro sistema economico.In questa prospettiva é quindi fondamentale capire che cosavoglia dire definire un disegno unitario che non sia appuntola pura e semplice giustapposizione di micro-iniziative, de-stinate a vivere quasi di vita propria. A mio avviso, significadefinire un "progetto Paese", che declini la nuova identità ele azioni conseguenti dello Stivale per i prossimi 50 anni:vogliamo andare nella direzione dei servizi (terziarizzazionedell'economia) - come ha fatto il Regno Unito - o inten-diamo mantenere, rafforzandola, la nostra vocazione in-dustriale? Serve una scelta, perché solo attraverso lascelta, e le decisioni che essa comporta, sarà possibiledeclinare puntualmente le azioni che possonomedebbono essere compiute. Io non avrei dubbi:l'Italia deve puntare sulla sua identità storica dipaese manifatturiero, dove la combinazione dicreatività, multidisciplinaritá e Know howtecnico rappresentano il vero genius loci.Conseguentemente le riforme devono an-dare in una direzione chiara: regole sul la-voro di stampo europeo, riduzione dellaburocrazia per le imprese e riduzione del Cuneofiscale. Solo in quesito modo possiamo pensare chele imprese (italiane e straniere) tornino a investiree quindi inneschino un'inerzia positiva verso lacrescita della produzione e conseguentementedella domanda interna (grazie all'aumento del-l'occupazione). Ma non basta ancora. Puntaresulla crescita richiede anche politiche selettive diincentivazione e soprattutto il superamento del paradigmadei fondi a pioggia; in altre parole, in stretta coerenza con ildisegno industriale che si vuol dare all'Italia, servono incen-tivi che, a vario titolo, siano orientati, da un lato, alle dimen-

sioni di eccellenza industriale identificate e, dall'altro, pun-tino alla loro valorizzazione in chiave di marketing. A questoproposito, si dirà: sono appena stati stanziati 130 milioni diEuro per la promozione del Made in Italy; bene! Ma non ésufficiente: intendiamoci , non é che siano poche queste ri-sorse, occorre piuttosto che siano indirizzate non, come alsolito, in mille rivoli, ma appunto si concentrino selettiva-mente sui settori chiave.

In tutto questo, l'Expo 2015 di Milano puòrappresentare uno straordinario volano:un faro puntato sull'Italia per sei mesi.Occorre fare in modo che si sviluppi ac-canto al turismo tradizionale e al nuovoturismo digitale anche una sorta di turi-

smo industriale : le numerosissime dele-gazioni industriali che verranno a visitare

il mega evento devono avere cioè l'op-portunità di visitare i nostri di-

stretti industriali, le nostrefabbriche e apprezzarne le ca-ratteristiche distintive.Non é una missione impossi-bile; tutt'altro. Occorre solo

che il percorso verso il cambia-mento parta da una consapevo-

lezza di fondo: l'Italia, così comeé, non può ambire a rimanere tra

le prime economie del mondo; oc-corre cambiare essendo consapevoli

che i cavalli della ripresa derivanodalle imprese: a queste dobbiamo darefiato perché anche le famiglie torninoa respirare e a generare nuova do-manda. Incentivare la domanda senzacreare basi solide per l'industria ri-schia di essere un fuoco di paglia chenon sortisce alcun effetto. Pensiamo

dunque alla legge di stabilità in modo nuovo; se perfino i ci-nesi cambiano (in un periodo di crescita del PIL che é ancoradel 7,5%) lo possiamo e lo dobbiamo fare anche noi.*Prorettore del Politecnico di Milano e Presidente Explora

UN PROGETTO PAESE

CRESCITA, RIFORME E EXPOGiuliano Noci*

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COSTUME & SOCIETÀ

Mitoraj:angelicaduti dal cielo(a pag. 32)

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Nuova Finanza - settembre, ottobre 2014 - Pag. 32

PISA - Angeli caduti dal cielonella piazza della torre piùfamosa del mondo. Un altro

‘miracolo’ che si aggiunge ai gigan-teschi monumenti di marmo, sim-bolo di fasti passati, per la primavolta a confronto con il presente.Un modo insolito di festeggiare uncompleanno - 950 anni dall’iniziodella costruzione della Cattedrale -in un’area da sempre

preser-

vata attentamente dalla ‘contami-nazione’ moderna. Igor Mitoraj,scultore di fama internazionale,icona dell’arte contemporanea, hasuperato il tabù, creando un pontecon il Medioevo, dove i suoi angelidi oggi lanciano il guanto di sfidaai miti secolari. <Fermiamoci e guar-diamoci intorno>, invita il Maestropolacco, che non è nuovo ai con-fronti con i ‘mostri sacri’ dell’anti-chità. Le sue esposizioni ai Fori diTraiano a Roma, nella valle dei

Templi di Agrigento e nella cit-tadina di Ravello, sulla co-

stiera amalfitana, eranoandate nella stessa dire-

zione: trovare un

punto d’incontro tra passato e pre-sente, ma soprattutto guardarci den-tro per capire come i secoli di Storiaci hanno trasformati. Ecco perchègli angeli caduti nella piazza deiMiracoli di Pisa hanno la testa ogli arti frantumati, hanno le alispezzate e magari le mani legate ogli occhi coperti da una benda.<Vengono dall’antichità, ma perquanto feriti possono essere ancoraun simbolo di libertà, quella libertàche oggi gli uomini hanno perso,sostituita dall’Impero della tecno-logia>, ammonisce Mitoraj. Angelicome eroi, dunque, anche se eroiperdenti, destinati a scomparirenella vita quotidiana, ma portatoriper un momento di un fascio diluce che illumina la strada.

Quei giganti feriti, ange-li-eroi sopravvissuti e

simbolo della volon-tà di continuare a

sognare anche intempi difficili,

r e s t e r a n n ofino al 15

g e n n a i on e l l a

piazzad e iM i -

ra-

COSTUME & SOCIETÀ

LA MOSTRA “DEI MIRACOLI”

Nella foto: Angelo in Piazza del Duomo a Pisa;nella pagina accanto, Igor Mitoraij

Valeria Caldelli

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Nuova Finanza - settembre, ottobre 2014 - Pag. 33

coli, attori su un palcoscenico d’ec-cezione, sotto la Torre pendente,all’interno del grande museo delleSinopie e in un nuovo spazio espo-sitivo destinato a nuove mo-stre sull’arte sacra. <Mafare arte sacra oggi èpressoché impossi-bile>, sostieneMitoraj. <Biso-gna riuscire adargli un re-spiro diver-so. Perq u a n t omi ri-g u a rd ac r e d oche nonci sian i en t edi sacroin quel-lo chefaccio. Ilmio ap-p r o c c i oall’arte èm i s t i c o ,non religio-so>.E mistici sonoveramente queivolti bendati chenon riescono o nonvogliono più vedere,quelle Madonne trafitte nel-l’atto dell’Annunciazione, ma anchele ‘città perdute’, teatro di storie edrammi passati. Sono oltre 100 leopere esposte, tra sculture monu-

mentali, bronzi, disegni, fusioni inghisa, gessi. Per la prima volta gliangeli neri, rossi o blu rilucono an-che su fondi oro, immortalati su

tele enormi, dove i colorisembrano rimpiazzare

la terza dimensionedella scultura. <In

gioventù volevoessere pittore.

Poi, invece,sono diven-tato sculto-re, ma orasto tor-n a n d oalla pit-t u r a > ,raccon-t a .< H ocomin-ciato aprende-re i pen-nelli set-te anni fa

per libe-rarmi di

certe imma-gini che sono

sempre conme, come le te-

ste bendate e iframmenti. E’un per-

corso artistico in dive-nire>.

Non si sente ancora arrivato, Mi-toraj, nonostante i suoi successi in-ternazionali. E non si riterrà soddi-sfatto fino a quando non avrà fi-

nalmente capito ciò che lo tormentada sempre. <Come si fa a trovarel’anima di una scultura? Questa pa-rola, anima, ce la siamo dimentica-ta....>. E allora lui, Igor, il cercatoredell’anima, attento ai minimi mo-vimenti del mondo interiore, chiedeaiuto al suo pubblico. <Non intendomai mandare messaggi, né insegnareniente a nessuno. Vorrei che la mo-stra in piazza dei Miracoli fosse unincontro tra me e tutti coloro cheguarderanno le mie opere perchèattraverso queste ognuno possa dia-logare con se stesso, come se si tro-vasse davanti a uno specchio>. Ecco,forse e’ anche così che si può in-contrare l’anima.

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UN NUOVO significato per il più impuro degliatti. E’ in libreria l’ultimo libro dello psichiatraLuigi De Maio «Tradire» (alessioroberti

editore.com). Una riflessione forte e brillante sul concettodi tradimento, pronta a scardinare molti dei nostri pre-concetti. Cosa significa tradire? Quante forme di tradi-mento esistono? Perchè si tradisce? E soprattutto, chi tra-disce? L’altro o noi stessi? Nell’analisi dell’autore e neiracconti di vita che De Maio propone al lettore, il tradi-

mento diventa una possibile forma di affermazione di sestessi, un percorso di conquista della propria autonomia,un atto di salvaguardia della nostra identità. «Noi tra-diamo in sostanza — dice l’autore, psichiatra, psicologo,neurologo e psicoterapeuta —, per non tradire noi stessi».Perché come sempre evolvere significa allargare la mappadei nostri pensieri e mettere alla prova le nostre convin-zioni, affrontando da nuovi punti di vista quello che ab-biamo sempre osservato da una sola prospettiva. Un libro

che non vuole essere un inno al tradimento, ovviamente,parola che evoca immagini e sensazioni di confusione,dolore, senso di colpa, separazione, ma un’analisi liberadi un fenomeno diffusissimo. «Tradire — per dirla con le parole della scrittrice BarbaraAlberti che ha curato la prefazione —, è un manifesto diliberazione dal male del secolo, l’abdicazione alla scelta.Per quanti il letto è diventato una cintura di castità troppostretta per essere sopportata? L’autore illustra, fra le altre,una situazione di coppia in cui si sta per svalutarsi a vi-cenda. Lui è in sovrappeso e sta mangiando. La moglie:“Smettila di ingozzarti, ti fa male”. E l’altro risponde:“Passami un pezzo di torta”. Oppure lui: “Ho pensato diportarti a cena fuori”. E lei: “Cosa devi farti perdonare?”.Chi sta tradendo? Entrambi.». Il libro di De Maio in-somma non è un inno alla doppia vita, alla scappatella.«Tradire — conclude la Alberti — è un invito a viveresecondo inclinazione e coscienza. Un testo a favore dellibero arbitrio, oggi che tutto è demandato ad altri, e ad-dirittura prospera la figura del life-coach, pagato per dirticome vivere, muoverti, vestirti, lavorare... tutto pur diabolire la scelta. Tradire ci mette davanti a noi stessi...».Uno sguardo, a volte basta uno sguardo per accorgersiche chi amiamo si sta allontanando, non è più con noi.La sensazione che ci assale impedisce qualsiasi pensiero.Sembra quasi che le parole sfuggano dalla bocca, senzavolerlo e, con una loro autonomia, si articolino in unadomanda banale lanciata lì, per caso: «Cos’hai?». E la ri-sposta che già conosciamo giunge di rimbalzo: «Niente,perché?». Un’affermazione e una domanda che tropporapidamente irrompono nel silenzio di sguardi e di con-tatti evitati. Un parlare che, apparentemente, non hasenso, un «niente» che non ammette repliche e che attivaun percorso di distacco reciproco. Rispondere a una do-manda con un’altra domanda significa ignorare la curio-sità, la complicità, l’interesse di chi vorrebbe romperel’angoscia del silenzio. Chi tradisce è animato da un sensodi onnipotenza: ritiene che tutto dipenda dalle sue sceltee di essere quindi lui a far soffrire o a dare piacere. Ma èdavvero così? «Tradire» vi aiuterà a trovare non una mapiù risposte.

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“TRADIRE” E ....ALTROdi Donatella Miliani

Il professor Luigi De Maio

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Èdedicato alla vendetta e ai suoimille aspetti, il volume di CarloMaria Grillo intitolato, appunto

“Riflessioni anodine su vendetta… edintorni” (Aracne Editrice, 80 pagine).Un libro scritto con saggezza e attenzioneper i particolari, amore per le basi storiche

e curiosità per i risvolti etici, psicologici,filosofici di una “pratica di ritorsione”tanto condannata quanto insita nella na-tura stessa dell’uomo e che per questomotivo si presta a profonde riflessioni. Le infinite variazioni sul tema portano illettore ad approfondire la differenza, oforse sarebbe meglio dire il rapporto, travendetta e giustizia, anche alla luce delruolo di magistrato che ricopre l’autore.

“Il magistrato Grillo offre un excursusincisivo sul legame tra vendetta e giustizia,idee per noi lontane ma intrecciate nelpassato” scrive Vittorio Feltri nella pre-fazione del volume. Ecco infatti che l’au-tore parte proprio dai fondamenti storicidella vendetta, dalle modalità con cui

essa era prevista oregolamentata al-l’interno di clan,famiglie, societàprimordiali. Dalle origini alMedioevo, e an-cora fino ai giorninostri, Carlo MariaGrillo affronta l’ar-gomento a 360gradi, non man-cando di riportareaspetti teologici efilosofici, fino aduna breve “carrel-

lata” di esempiartistici e dirappresentazio-ni di vicende in-centrate sullavendetta nel cam-po della pittura,della scultura, dellaletteratura, del ci-nema.

Le conclusioni? Non sono così scontate,come potrebbe sembrare ad un lettorefrettoloso. Secondo l’autore, infatti, lamigliore vendetta è, quasi paradossalmente,il perdono. Ma non un perdono divinoo che trova comunque le sue radici negliinsegnamenti religiosi. Piuttosto, un per-dono inteso come “arma” contro chi ciha colpito, e come elemento “pacificatore”di noi stessi. Perché, come scrive ancora Feltri nellaprefazione, “il perdono, in effetti, èun’arma potente, e oltre a rendere lanostra vita migliore, funziona benissimoanche come vendetta […] Dimostrarsimagnanimi è un ottimo trucco per ridi-colizzare l’avversario, facendone risaltarela piccineria”. Provare per credere.

J.P.

COSTUME & SOCIETÀ

LA VENDETTA IN UN LIBRO

Riflessioni anodine su Vendetta... e dintorni

Èdavvero così esecrabile la vendetta? Questo scritto ne ap-

profondisce le origini, le motivazioni, i diversi connota-

ti, le ragioni della sua “popolarità” e della sua attualità, no-

nostante secoli di decise condanne etiche, sociali, giuridiche,

filosofiche, religiose. Esempi di vendette memorabili vengo-

no evocati quali ambìti traguardi di equità o giustizia. E l’odio

in che rapporto è con la vendetta? La risposta sembrerebbe scon-

tata, ma vedremo che non sempre lo è. Quanti artisti di ogni

tempo e di ogni campo, quanti studiosi ha ispirato e continua

ad ispirare la vendetta? E quante scelte politiche e legislati-

ve sono state e sono ad essa riconducibili? Molteplici e diver-

si poi possono esserne gli effetti, a seconda dell’angolo visua-

le, per cui è tutt’altro che agevole concludere con certezza a

favore o contro di essa. E allora, conviene vendicarsi?

Carlo Maria Grillo ha ricoperto tutti i ruoli, nella ma-

gistratura ordinaria e in quella tributaria, fino agli

attuali vertici. Un centinaio di pubblicazioni all’atti-

vo, prevalentemente in materia di diritto, salute e am-

biente; numerose le collaborazioni con enciclopedie,

riviste e collane giuridiche; lezioni e corsi presso di-

verse Università statali, nonché l’“Institut de Formation Judiciaire”

della Comunità Europea in Bruxelles. Dal 2011 è vice presidente del-

l’EU Forum of Judges for the Environment. Musica, sport e inizia-

tive benefiche da sempre accompagnano il suo percorso.

In copertina

Artemisia Lomi Gentileschi, Giaele e Sisara, 1620,

Szépművészeti Múzeum, Budapest.

euro 6,50

Carlo Maria Grillo

Prefazione di

Vittorio Feltri

SAGGISTICA / 301

| SAGGISTICA / 301

RIFLESSIONI ANODINE SU

VENDETTA... E DINTORNI

S 301Grillo

Riflessioni anodine su Vendetta... e dintorni

ARACNE

9 7 8 8 8 5 48 7 1 4 0 3

ISBN 978-88-548-7140-3

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“Il mondo in un Paese”, questo è il termine con cuiviene identificato il Sud Africa, una terra tra le piùantiche del mondo lambita da 2 oceani, l’Atlantico e

l’Indiano, luogo di ritrovamenti inestimabili come fossili eresti di dinosauri, di città modernissime e antichi villaggitradizionali, ma soprattutto la patria della natura selvaggiae incontaminata. Il Sud Africa possiede i parchi tra i più famosi al mondo,dove a bordo delle jeep si possono ammirare i “Big 5”, icinque grandi animali della savana: leoni, bufali, elefanti,leopardi e rinoceronti. L’origine della definizione viene dalsafari inteso come battuta di caccia, e i big 5 erano lecinque prede più ambite dei cacciatori, i cinque trofei piùprestigiosi. Ma non ci sono loro, tanti altri sono i mammiferiche si possono incontrare nel “bush” e a ridosso di pozzed’acqua, tra cui zebre, antilopi, giraffe, iene, facoceri e ip-popotami.Una fauna dunque molto numerosa, che convive con una

flora millenaria, e che può essere vissuta in modo unico enaturale grazie alle guide dei parchi nazionali, ranger espertiche in perfetta armonia con quanto li circonda guidano nel“bush”, avvistano ed inseguono “tracks” sino ad arrivare apochi metri dal muso di un ghepardo o di un impala

intento a dissetarsi in una pozza d’acqua, seguono il lentopercorso degli elefanti in branco, il tutto nel profondorispetto che solo tanta perfezione è in grado di suscitare. Il Sud Africa possiede circa 300 parchi nazionali e riserve, ilpiù famoso è il Parco Nazionale Kruger, la più granderiserva naturale del Paese. Si estende su di un’area di circa20.000 km², a ovest e a sud del parco si trovano le dueprovince sudafricane di Mpumalamga e Limpopo, a nordlo Zimbawe e a est Mozambico e Swaziland. Recentemente,il Kruger è entrato a far parte del Great Limpopo TransfrontierPark, che lo unisce al Gonarezehou National Park delloZimbabwe e al Limpopo National Park del Mozambico. Ilparco appartiene alla “Kruger to Canyons Biosphere”(“Biosfera dal Kruger ai Canyon”), una zona designata dal-l’Unesco come Riserva Internazionale dell’Uomo e dellaBiosfera. Il Kruger è una zona a basso rischio malarico, so-prattutto nei mesi da tra maggio e settembre. Il periodo mi-gliore è l’inverno australe, durante la stagione secca, cheparte da maggio fino a ottobre, quando gli alberi sonospogli ed il “bush” basso e si possono scorgere gli animalicon grande facilità. Nei mesi di novembre e dicembre ilKruger è colmo di cuccioli di animali ed è bellissimo vederlimuovere i primi passi, oltre che essere il periodo migliore

COSTUME & SOCIETÀ

IL MONDO IN UN PAESEdi Francesca Stirpe

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per i carnivori.Ma la fauna che popola il Paese nonsi ferma qui, colonie di pinguini,foche e otarie sono avvistabili nellevicinanze del Capo di Buona Speranza.Qui albe etramontiinfuocatitolgo-

no il respiro, il Mal d’Africa proba-bilmente è nato proprio qui…Convenzionalmente considerato il puntopiù a sud del continente africano e

luogo d’incontro tra gli OceaniAtlantico e Indiano, il leggen-dario “Cape of Good Hope”non può che evocare le avven-ture di grandi navigatori chenei secoli, fino all’apertura delCanale di Suez, hanno co-raggiosamente doppiato ilCapo. Intorno solo cielo az-zurro, acque tumultuose chesi infrangono sugli scogli,vento e baie deserte che fan-no pensare a quanto fosseappropriato il primo nomedel Capo di Buona Speranza,

Capo delle Tempeste, datodal portoghese Bartolmeu

D i a s

quando lo scoprì nel 1487. Vi è mai capitato di pensare che ilnord e il sud della terra siano solodelle convenzioni create da chi il mondosi è limitato a disegnarlo, piuttostoche esplorarlo? Se si, guardando l’oriz-zonte da Capo di Buona Speranza neavrete la certezza. Visto da questo an-golo, il mondo sembra proprio nonavere né inizio né fine, dando la sensa-zione di spingersi così in là da oltre-passare il polo sud e toccare quellonord, in un’armoniosa continuità chenon conosce confini e punti cardinali.Questo non è che un piccolo assaggiodi quanto di meraviglioso il Sud Africaha da offrire, non a caso è uno deiPaesi del continente che forse è il piùsuggestivo di tutti, quello che riesceattraverso i colori, i suoni e i profumi,a toccare le corde più in profonditàdell’animo umano, quelle primitive epiù vicine al centro del nostro essere.

Una realtà del Sudafrica

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Nell’ideale collettivo, ciò cherappresenta, nella moda, ildesiderio più profondo di

una donna sono le scarpe. Alte,basse, con tacco a stiletto oraso terra, preziose comeun gioiello o modestecome delle ballerine, lescarpe dicono moltodi una donna. Par-lano del suo essere,comunicano i suoisentimenti, rappresen-tano il suo modo di af-frontare la vita. Eccoperché Shari Fontani, gio-vane designer fiorentina, hadeciso di dedicare la suaprima collezione proprio aquelli che, a suo avviso, sono idesideri più profondi di unadonna: le scarpe e i gio-ielli. Sono nate così lescarpe Shari Fontani,che rappresen-t a n o

l’ideale connubio di questi desideri,fusi in un unico prodotto dedicatoalle donne che non temono di espri-mere se stesse. Le particolarità delle scarpe dise-

gnate dalla giovane Shari sonotante, a partire da quel tacco

gioiello dietro il quale si na-scondono emozioni, desi-

deri, peccati. E proprio aisette peccati capitali è

stata dedicata la colle-zione: ad ogni pec-

cato affianca unpaio di scarpe e

un tacco dal de-sign unico. Ma

è un taccoche può

essere

sostituito, in modo da creare ungioco di abbinamenti tra scarpe, co-lori e tacchi-peccato che rende il mo-mento di indossarle intrigante e riccodi fascino. Il sistema di intercambiabilità deitacchi fa sì che le scarpe “cambino”aspetto, e quindi significato, con po-chi semplici gesti. Sette scarpe persette tacchi; ma anche per sette pec-cati, e infinite combinazioni. “La donna che ama le scarpe che horealizzato è una donna che ha vogliadi giocare con se stessa e con gli altri- spiega Shari Fontani – È una donnache riesce a creare una sinergia tra ilsuo essere donna appunto, quindiadulta, con il suo lato ancora vivo dibambina. È una donna che ha pienafiducia in sé e vuole dimostrare chi èe non teme di osare nell’esprimere ilsuo essere”. Perché la moda, oggi e sempre di

più, diventa appartenenza, co-municazione, espressione di unmessaggio. È un mezzo attra-verso il

COSTUME & SOCIETÀ

SCARPE, LO SPECCHIO DELL’ANIMA

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quale comunicare il proprio modo di essere, leproprie emozioni, i desideri più profondi, i latipiù oscuri. Ecco quindi che ognuno dei sette pec-cati capitali fa parte di noi; e solo noi possiamodecidere quale far prevalere. Ma attenzione: nes-sun richiamo ai peccati in termini religiosi. Nellamoda i peccati diventano specchio dei sentimentidi una donna, che quotidianamente è chiamata ascegliere quello che vuole comunicare al mondo.La sensualità, la golosità, la voglia di dedicare deltempo a se stessa o la determinazione che può es-sere confusa con un carattere iroso: ecco che ilconfine tra peccato, sentimento e modo di esseresi fa sempre più sottile, fino a scomparire e lasciarespazio ad una sorta di gioco di ruoli che “svecchia”il semplice concetto di scarpa-gioiello. Le scarpe, realizzate a mano da artigiani fiorentinie solo materie prime italiane, vogliono quindi es-sere una rappresentazione di ciò che di meglio ilnostro Paese ha da offrire ai mercati internazio-nali: la qualità dei materiali, la maestria della rea-lizzazione, l’esclusività del design, il coraggio del-l’innovazione. La collezione, a riprova di ciò, ha registrato unprofondo interesse da parte di Paesi attenti allenovità come la Russia e la Cina. “La Russia rappresenta un mercato pronto allenovità, al concetto di eleganza e lusso - aggiungela designer - Le donne russe sono donne chehanno voglia di riconoscersi in uno status socialedi ricchezza ed esclusività. Questi sono aspettiche ritroviamo anche nei paesi orientali, dove èmolto spiccato inoltre il concetto di ‘ornamento’,come simbolo che rappresenta qualcosa. Ma si-curamente ci sono donne, anche in Italia, chesanno osare e giocare con se stesse e con gli altri,con quel tocco di esclusività che sa fare la diffe-renza”.

J.P.Shari Fontani

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Nuova Finanza - settembre, ottobre 2014 - Pag. 41

Al Todi festival serata dannunziana in compagnia diMaddalena Santeroni e Donatella Miliani, e unosplendido attore che recitava e leggeva: Luigi Di-

berti. Ancora una volta il Vate é riuscito a catturare l’at-tenzione con le delicate e divertenti spiegazioni delle dueautrici, sicuramente affascinante da Gabriel. Pubblico in-teressato e coinvolto agli aspetti più curiosi della vita del“dandy guerriero” e alla sua modernità.“Sono stato felice di tornare a Todi, città che mi porta for-tuna». L’attore Luigi Diberti,voce recitante dell’appunta-mento «Ma quale d’Annunzio? Gabriele dalla A di Alcyonealla V di Vittoriale” a Palazzo del Vignola, ha ricordatoche dieci anni fa fece «un magnifico spettacolo con la regiadi Memè Perlini che mi portò molto bene. E poi adoroD’Annunzio, che ho interpretato in tv recitando accanto

a Piera degli Esposti nei panni della Duse e Valentina Cor-tese in quelli di Sarah Bernhardt . Sono stato molto felicedi lavorare con Maddalena e Donatella in quella serataagli aspetti meno conosciuti del ‘dandy guerriero’ comedicono loro».«D’Annunzio — spiega Maddalena Santeroni che con An-gelo Bucarelli ha lavorato alla sezione museale del D’An-nunzio Segreto al Vittoriale — è stato un vero anticipatore,un precursore che non è stato completamente capito. Fa-ceva paura al potere. La carta del Carnaro è una delle cosepiù moderne che siano state scritte e poi era uno dei po-chissimi, forse l’unico della sua epoca, che si occupavadavvero di tutto: letteratura, poesia, giornalismo, cinema,teatro, pubblicità. Nella nostra epoca siamo abituati aartisti diciamo così poliedrici, a quei tempi invece questamodernità era vista come una cosa strana». «La conversa-zione — spiega la giornalista della Nazione Donatella Mi-liani — è stata costruita proprio per fornire, sia pure inpillole, delle diverse chiavi di lettura del personaggio, si-curamente molto diverso da quello studiato sui banchi discuola». «Con Donatella — conclude la Santeroni — cisiamo conosciute proprio all’ombra di d’Annunzio tantoche sul Vate stiamo adesso scrivendo un libro molto parti-colare, ma questa è un’altra storia...».

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QUALE GABRIELE D’ANNUNZIO?

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Nuova Finanza - settembre, ottobre 2014 - Pag. 42

Si chiama “Madra women, life &care”, ed è uno dei centri medicipiù all’avanguardia di Firenze.

Perché gode di una particolarità nonfrequente in Italia: si tratta infatti diun centro dedicato alle donne, e cheoffre alle pazienti più esigenti l’eccel-lenza di specialisti di fama nazionale,in un ambiente glamour e accattivante. Nato da un’idea di Sandra Conforti,ostetrica toscana, il centro rappresentaquindi una novità nel panorama me-dico privato del nostro paese: si confi-gura non come un poliambulatorio oun luogo dove prenotare sem-plici visite mediche, macome un complesso si-stema multidisciplinareche affronta percorsicompleti e dedicati alladonna in ogni fasedella sua vita. “Il centro Madra hacome obiettivoprimario la sa-lute delladonna du-r a n t etutto ilsuo ci-clo ri-p r o -duttivo,dall’adole-scenza allamenopuasa,con parti-colare at-tenzionealla gra-vidanza

–spiegal’idea-t r i c eSandraC o n -forti – Eoffre ser-vizi epercorsimultidi-sciplinariche si avvalgono della collaborazionedi professionisti altamente qualificati,di tecnologie all’avanguardia e labora-tori di riferimento a livello italiano,

con la possibilità, laddove si rendanecessaria, di una continuità di as-sistenza con partner conosciuti alivello nazionale e non solo”. Sì,perché nel nostro paese la sanità ècostretta sempre più a fronteggiaredifficoltà importanti che si riflet-tono sul cittadino, che spesso siritrova ad affrontare un sistemadeficitario che da anni ormainon riesce più a rispondere allesue necessità.“Il sistema sanitario toscano siè sempre basato quasi esclusi-vamente sulla sanità pubblica,

visto che la privata accreditata è ap-pena al 3%, a differenza di altri sistemiregionali, come quello lombardo, incui si è assistito ad una sorta di parifi-cazione tra pubblico e privato accre-ditato – aggiunge Conforti – Ma negliultimi anni il modello toscano sta pre-sentando non pochi problemi, in ter-mini di gestione delle richieste per vi-site specialistiche o approfondimenti

dia-gnostici, per i qualiesistono liste d’attesa inaccettabili. Ba-sti pensare che siamo arrivati a doveraspettare addirittura un anno per potereseguire una mammografia in unastruttura pubblica, e in alcuni casi li-mite vanno aggiunti da 3 a 6 mesi perottenere la refertazione finale”. Un sistema del genere, quindi, impe-disce al cittadino di seguire un per-corso di prevenzione omogeneo o ditrovare risposte immediate all’insorgeredi un problema di salute.Ecco quindi che un centro medico cheinstaura con i pazienti un rapportopersonalizzato, discreto e intimo, ge-nera una nuova “cultura sanitaria” delprivato. In un mondo globale che assiste aduna continua rincorsa al benessere, eche vede aumentare sempre piùl’aspettativa di vita, poter trovare unastruttura che si dedica alla salute, allaprevenzione e che sa ascoltare per ri-spondere prontamente ai bisogni dellepazienti con un trattamento persona-lizzato, può fare la differenza. E perchéno, rappresentare un modello da se-guire per la sanità privata del futuro.

COSTUME & SOCIETÀ

Sandra Conforti

MADRA, UN CENTRO PER LE DONNE

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LONDRA - Tea for two? Forse, ma parecchi anni faquando Doris Day rese la canzone nota nel mondo.Oggi invece, anche se il té è rimasto una tradizione

inglese radicata come l'edera, a quel numero sarà beneaggiungere qualche zero e magari togliere un po' del roman-ticismo tramandato dalla musica. Il fatto è che nella capitalebritannica il tanto amato ‘afternoon tea’, cioè il tè delle 5 po-meridiane, è diventato un' attrazione turistica tale da aver bi-sogno di settimane, e qualche volta anche mesi, per ottenereuna prenotazione. Tutti i maggiori hotel - e per la veritàanche i minori- sono pronti a servirlo in belle tazze diporcellana e teiere d'argento, accompagnate da quei piccoliaccessori necessari al rito e cari agli inglesi. La richiesta ècosì divampata da rendere necessari alcuni cambiamentinon proprio canonici, come, ad esempio il tipo di abitoda indossare. Se negli hotel di maggiore tradizionesi continua a chiedere un abbigliamento formalecon giacca e cravatta, in molti altri, cioè ormaiquasi tutti, vince la formula 'smart casual'. Chepoi vuol dire non presentarsi in calzoni corti escarpe da ginnastica: il resto è optional. Nonsolo. Per accontentare tutti, persino l'orariosi è dilatato all’inverosimile. Nel senso che iltè delle 5 può essere servito ancheall'ora di pranzo o subitodopo, con buona pace delladuchessa Anna di Bedford,che inventò questa ‘merenda’speciale intorno al 1840per rendere più felice ilsuo spirito, nonostante lecomprensibili conse-guenze per la sua cir-conferenza di vita.D'altra parte i latini lohanno insegnato a tutti:"Pecunia non olet". Egli inglesi imparanosempre in fretta, riu-scendo a trarre vantaggianche da ciò che è

loro più caro: dalle 30 alle 50 sterline a testa per respirarel'aria di un'antica aristocrazia e di uno storico Impero.Insomma un 'business', come direbbero loro. Sia chiaro,però, che non si tratta di un semplice tè. Al di là del servizioimpeccabile di camerieri in livrea e delle fini argenterie, sullatavola arriva una quantità di cibo da far ingrassare unostecchino da denti. Si comincia con una serie di sandwiches ,con il salmone, con l'uovo e soprattutto con il cetriolo,ortaggio poco nobile ma immancabile in qualsiasi raffinato'afternoon tea'. Si continua con gli scones, con e senzauvetta, serviti con l'amatissima marmellata di fragole e laclotted cream (imperdibile). Il tutto a volontà. Si finisce,sempre che ci si riesca, con vassoi di dolci ricamati in cui

emergono meringhe, frutti di bosco, cioccolata e cremevarie. Da non sbagliare, per carità, con gli 'Hight tea'

della Scozia e del Nord dell'Inghilterra, dove ilmenù è certamente più rozzo e , secondo ilondinesi, non si conoscono lo stile e l’eleganzadel Sud.Se gli hotel della capitale britannica si sonoormai aperti ai turisti, non si pensi che gliinventori di tante leggendarie e ‘brevettate’finezze si tirino indietro. Per quanto un

po’ infastiditi dall'eccessiva at-tenzione delle orde turisticheverso questa loro antica enobile usanza, si acconten-tano di condividerla, ma-

gari mantenendo l’esclu-sività di alcuni club eovviamente l’opportu-

nità di privatissimisalotti. Comun-que, per evitare

che la tradizione pos-sa scadere in ridicoleapprossimazioni,ogni anno vienestabilito un premioper il miglior ‘af-ternoon tea’ della

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LONDRA: TEA FOR TWO?

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capitale. E i giudici, inglesi con pedigree,non perdonano errori. Siamo nel Paesedove, senza troppi complimenti per lamoderna globalizzazione, le misure siprendono in ‘feet’ e non in metri,dove le distanze si misurano in miglia,le persone pesano svariate ‘pietre’ (es-sendo il chilogrammo una misura pres-sochè sconosciuta e quasi impopolare)e sulle strade si viaggia in maniera op-posta rispetto al resto del mondo.Figuriamoci allora se un inglese,aristocratico o no, potrebbemai rinunciare al suotè, quella tazzina mi-steriosa in cui affo-gano dispiaceri ediscussioni, tra-sformati in pia-cevoli conversa-zioni condite dapettegolezzi. Un’altra cosa peròè certa: dove le tra-dizioni sono più radi-cate, le trasgressioni ab-bondano. Così è successoche a Canary Wharf, ex molodelle Dockslands nell’East End diLondra, ora diventato un importantecentro direzionale e finanziario, l’anticorito sia stato ‘profanato’ dall’evento‘pop up’ dell’anno. Altro giro, altracorsa. Cioè altro business. Niente eti-chetta, niente bisbiglii né luci soffuse.Qui i pionieri dell’avventura possonomangiare su una piattaforma che sialza fino a 30 metri (pardon, 100 feet)e resterà sospesa nel cielo per tutta ladurata del pranzo o della cena. In unagiornata ci sono nove opportunità,

pioggia permettendo, a partire dallacolazione, fino all’ultimo champagnenotturno. Il brivido c’è, la sicurezzaviene assicurata, i clienti corrono, gliinglesi sorridono, sapendo che non c’èniente di meglio della disobbedienzaper mantenere le consuetudini.Ma qualche volta può accadere che la

disobbedienza causi conseguenze inde-lebili. Lo aveva sottolineato per la primavolta il principe Carlo al Royal Instituteof British Architects nella famosa ‘Car-buncle speech’, conferenza in cui de-nunciava, appunto, la nascita di troppi‘furuncoli’ a Londra e in tutto il Paese.Insomma una critica senza precedentialla moderna architettura che in molticasi ha seminato brutti edifici nel cuoredella capitale. Perché dove le tradizioni

sono più radicate, le trasgressioni sonocertamente più forti e gli architetti dasempre hanno amato ‘profanare’ i tem-pli. Basti pensare ai pesanti palazzi invetro e metallo a Knightbridge, propriotra Harrods e Hide Park, vero e inutilepugno in un occhio. Nel tentativo diristabilire un po’ di rispetto per la cittàe con la proverbiale ironia è stata persinofondata la ‘Carbuncle Cup’ con cui la

rivista ‘Building Design’ addita il‘mostro’ dell’anno. Bene, ben

quattro edifici spuntati aLondra hanno avuto

quest’anno la sgrade-vole ‘nomination’ einfine la ‘CoppaFuruncolo’ è statoattribuita dalpubblico e da ungruppo di criticia un palazzo ap-

pena sorto nelquartiere di Wool-

wich . Ma il problemaè tutt’altro che risolto

perché una grande quantitàdi costruzioni è ora in atto nella

capitale e in molti si chiedono se siterrà conto della qualità, oltre che delconsueto business. La polemica non si placa e gli inglesisono pronti a puntare il dito controaltri ‘furuncoli’. Senza mai dimenticare,però, quella che forse è la loro miglioreabitudine, quel ‘sense of humor’ chenon fa mai prendere tutto troppo sulserio. In fondo ogni giorno il Big Benscocca le 5. E allora tutti a tavola,signori: il tè è servito.

Valeria Caldelli

Nuova Finanza - settembre, ottobre 2014 - Pag. 44

Page 47: Nuova finanza NUMERO 5/2014

P.V. Tondelli (1955-1991) e C. Coccioli (1920-2003) sono due autori letterari contemporaneiin cui la inesausta tensione religiosa – general-

mente negletta, oggi, dalla letteratura à la page – ha as-sunto toni e motivi particolarmente sofferti. I duehanno anche intrattenuto una significativa amicizia adistanza, di cui alcune pagine di “Un weekend postmo-derno” di Tondelli sono una testimonianza (pp. 478-490; i due scritti qui considerati sono del 1987 e del1990). In Tondelli, l’impegno politico degli anni ‘70 si tra-sforma in “scrittura interiore” ed “emotiva”: ma senzache il suo intimismo libertario si neghi alla dimensionereligiosa, nella fattispecie cattolica (cfr. A. Spadaro,“Lontano dentro se stessi. L’attesa di salvezza in PierVittorio Tondelli”, Milano 2002). Coccioli, da partesua, è un autentico irregolare: partito a meno di 30anni per Parigi perché non sopportava l’egemonia cul-turale di Moravia, poi definitivamente stabilitosi a Cittàdel Messico nel 1953, è stato cattolico, ammiratore diMons. M. Lefebvre, ebreo, indù e buddhista, oltre adessere passato per varie esperienze di margine. Dopoaver “confrontato le proprie inquietudini vane con l’im-perturbabilità del mondo” (p. 478), è tornato a unaforma di Cristianesimo molto personale, esistenzial-mente ed “ecologicamente” connotato, secondo cui“dare da mangiare a un animale affamato è praticareDio” (Piccolo karma): confermando così, seppure daun punto di vista diverso, la tesi tondelliana del Cri-stianesimo come “unica religione praticabile”. Molto significativa è la chiosa del capitolo in oggetto:Coccioli afferma di “non saper pregare”, ma di “saperpensare”. Commenta Tondelli: “Anch’io forse non sopregare, se non nell’osservare, con pietà, il mondo e gliuomini”. In Coccioli – e in Tondelli - si specchianomolte inquietudini irrisolte dell’uomo occidentale, oltreche quei “vuoti radicali” che la Chiesa cattolica odiernasi ostina a non voler colmare, preferendo riempire glistadi.

COSTUME & SOCIETÀ

RELIGIONE E LETTERATURAdi Marco Toti

Dall’alto:Carlo Coccioli e Pier Vittorio Tondelli

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