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1 Nei quartieri di Pontegrande e Jano’ ANNO 0 , NUMERO 5 Periodico GRATUITO - APRILE / MAGGIO 2012 Pontegrande 1967. Lo straordinario potere di una foto TI RICONOSCI IN QUESTA FOTO? Il gruppo di ragazzi che ha ricevuto la prima comunione Anche se “ieri” a volte può sembrarci passato, spesso è parte integrante del nostro presente e non dobbiamo soffocarlo. Il passato può insegnarci tante cose, ma soprattutto, può farci rivivere emozioni messe da parte. Che cosa aspettiamo? Apriamolo subito il nostro “cassetto dei ricordi.” Per riceve le diverse uscite di The Wall in digitale, inviaci una mail a: [email protected] (in questo modo contribuirai a diminui- re lo spreco di carta)

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The wall - numero 5

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N e i q u a r t i e r i d i P o n t e g r a n d e e J a n o ’ ANNO 0 , NUMERO 5 Periodico GRATUITO - APRILE / MAGGIO 2012

Pontegrande 1967. Lo straordinario potere di una foto

TI RICONOSCI IN QUESTA FOTO? Il gruppo di ragazzi che ha ricevuto la prima comunione

Anche se “ieri” a volte può sembrarci passato, spesso è parte integrante del nostro presente e non dobbiamo soffocarlo. Il passato può insegnarci tante cose, ma soprattutto, può farci

rivivere emozioni messe da parte. Che cosa aspettiamo?

Apriamolo subito il nostro “cassetto dei ricordi.”

Per riceve le diverse uscite di The Wall in digitale, inviaci una mail a:

[email protected] (in questo modo contribuirai a diminui-

re lo spreco di carta)

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Aprile / Maggio 2012 - The Wall

di Francesco Paone Forse un pò per gioco o per curiosità, abbiamo scelto di avviare una ricerca sulla nascita, la vita e la storia dei nostri quartieri. <<Credo che sarebbe bello conoscere come era Ponte-grande, durante tutto il XX secolo. Per questo motivo, abbiamo inizato in maniera sempli-ce, ponendo qualche domanda alle persone più anziane della zona. Utilizzeremo dunque, le pagine di The Wall come raccoglitore dei nostri appunti; ciò per-metterà di rendere partecipi tutti voi lettori, di quanto verrà fatto>>. Diamo inizio ad una passeggiata un pò particolare tra “gli adulti”, partendo dall’età recente e andando a ritro-so. Ci siamo chiesti prima di tutto cosa offrisse il quartiere alle precedenti generazione e una prima risposta è sta-ta: <<A partire dal 1960 fino al 1995 a Pontegrande vi erano vari locali in cui ci si poteva recare per comprare beni di prima necessita ma anche per pranzare o com-prare determinate cose. Tra questi ricordiamo la cartoli-breria della “signorina Lucia”, le alimentari di "Annina di Demetrio" e di "Tumasi" e il calzolaio " Mastru Alfonsu", un tabacchino, due osterie e un negozio di fiori e piante di Francesco Fabiano. Alcuni di questi locali successiva-mente sono passati in altre gestioni per poi chiude-re>>. Da una prima analisi, del tutto superficiale, si evince che tutto ciò che ci è stato descritto, è stato sostituito,

dal commercio moderno. I tre supermercati nei quartie-ri vicini e la nascita di molti centri commerciali in città, sono oramai l’emblema della modernità. Abbattono quasi al 100% tante piccole realtà sociali, come una semplice bottega o per meglio dire “putìca”, che non erano trattati semplicemente come semplici negozi. Un altro aspetto importante che molte persone amano raccontarci, riguarda i personaggi che hanno lasciato molti ricordi nei pontegrandesi. Tra questi Giuseppina Cacia, detta la signorina Pepè, la sign.na Rorò e la sign.a Sasà che hanno fatto dopo-scuola per molti ragazzi dal dopoguerra agli anni '90. <<Ci stiamo documentando e oltre ad essere alla ricer-ca di racconti, ricordi, invitiamo tutti coloro che volesse-ro ripercorrere un po di storia insieme a noi, di farci pervenire qualsiasi cosa possa ricordare un personaggio o un momento storico del nostro quartiere>>. Agli inizi del ‘900 invece molto importante è la persona di Salvatore Criscuolo ricordato poichè nel lontano 1898 ha donato alla nostra parrocchia la statua di Maria S.S delle Grazie che da allora la veneriamo Patrona di Pon-tegrande festeggiandola ogni prima domenica di set-tembre. ALTRI APPROFONDIMENTI NEI PROSSIMI NUMERI

In foto un matrimonio degli anni ‘80. Ecco il piazzale antistan-te la Chiesa. Piccole differenza rispetto ai giorni nostri

A Piccoli Passi verso la Storia

Ecco una delle iniziative dei giovani di qualche anno fa. “A focara” . In foto, una fase della preparazione. Da notare la posizione della fon-tana. Molto più avanzata rispetto ai giorni no-stri.

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Aprile / Maggio 2012 - Riceviamo e Pubblichiamo

Nonna Maria “Ti racconta...” Rispetto a quand’ero bambina sono cambiate così tante cose che non saprei da dove iniziare a raccontare. Da un lato è una for-tuna avere a disposizione tutte le comodità di ogni giorno ma dall’altro mi dispiace aver perso parte della nostra tradizione. Ad esempio, una delle cose che ri-cordo con più nostalgia, è il tela-io che mia mamma utilizzava ogni volta che aveva a disposi-zione del filato per poter rinno-vare la biancheria della nostra numerosissima famiglia. Infatti crescere otto figli non è stata affatto un’impresa facile ma co-me puoi ben vedere nonostante non avessimo televisione, com-puter e cellulari siamo venuti sù tutti piuttosto bene. In ogni caso tornando a noi, il telaio occupava gran parte della stanza che era per noi sia cucina che camera da letto e ricordo che amavo guar-

dare la mamma al lavoro mentre il rotolo del tessuto aumentava a poco a poco. I fili dell’ ordito si alzavano e si abbassavano intrecciandosi sot-to l’ azione di un pedale, mentre le mani di mia ma-dre facevano scor-rere velocemen-te la spola da un capo all’ altro e subito dopo tira-vano con forza il pettine che do-veva compattare l’ intreccio dei fili. Il tutto avveniva tra lo stri-dore dei pedali e il battere ritmi-co del pettine. Lentamente il tes-suto cresceva e veniva arrotolato via via su un rullo, che stava nel-la parte inferiore del telaio. Alla fine erano state preparate len-zuola a una e a due piazze , mol-

to spesse e ruvide e ricordo che quando mi ci sono coricata so-pra , sembrava di essere su una grattugia che all’inizio dava fa-stidio, ma poi a poco a poco mi sono abituata al tessuto grezzo e dormirci sopra era diventato ad-dirittura piacevole!

Emanuela Iiritano

Capita spesso che mia madre mi parli dei giochi della sua infanzia, mi racconta di come giocavano in famiglia e con gli amici. I suoi fratelli costruivano un gioco che si chiamava "U CARRU" che consisteva in un pezzo di ta-vola rettangolare, con quattro cuscinetti (ruote di ferro molto pesanti). Sedendosi sopra, permetteva spingen-dosi di raggiungere la velocità desiderata. Per decidere la direzione era la vera impresa. Vi era una specie di manubrio in legno che raramente permetteva la vera e propria “sterzata”. Troppe volte, questo gioco finiva per diventare pericoloso, raggiunta una certa velocità si rovesciava, causando brutte ferite e in casi estremi an-che qualche frattura, (successe proprio a Zio Pino). Mi ha raccontato de: "LA SINGA" un altro gioco maschile, che consisteva nel lanciare a terra monete per farle cadere su una linea tracciata, chi centrava la linea vinceva tutte le monetine dei compagni perdenti. de "LA CAMPANA", gioco prettamente femminile, ricor-dato ancora oggi, ma praticamente del tutto fuori mo-da; mia madre e le sue amiche ci giocavano nel cortile antistante casa. Si disegnavano delle caselle numerate sull'asfalto e si lanciava un sasso nella casella numero 1 da una distan-za di un metro circa, a questo punto, si procedeva a passare da una casella all’altra con dei piccoli salti sen-za toccare i bordi, altrimenti si era squalificati passan-

do perciò il turno al giocatore seguente. Altro svago delle bambine erano le bambole, veniva-no trattate come fossero dei veri bambini e a vol-te addirittura si celebravano i battesimi con le a-miche, ci si riuniva a mangiare insalate di pomo-dori, pane e olive nere, era questo un modo per festeggiare e stare insieme. Ciò che offriva la realtà di quegli anni non era solo gio-chi artigianali. Molto significativi erano i vari momenti di preghiera; in particolar modo nel mese di maggio. Le anziane del rione " Annina e Francu” e “Cuncetta do Timpuna" riunivano tutte le ragazze a recitare il Santo Rosario; si allestivano gli altarini con la statua della Ma-donna e tanti fiori. A volte durante lo svolgimento, mamma e le sue amiche ridacchiavano e venivano sgri-date rischiando di far arrabbiare le signore. Sarebbe importante per molti ragazzi come me, riflettere sulla realtà passata. Una realtà capace di offrire momenti di svago e di riflessione, di puro divertimento e di serietà, il tutto senza l’indispensabilità che adesso viene attri-buita a cellulari e computer.

Michela Riccelli

Dalle parole di una mamma alle riflessioni di una figlia FIGLI DI UNA GENERAZIONE NATA SENZA CELLULARE

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“Nel mondo che Dio porterà, nessun bambino sarà mai maltrattato.” Que-sto, quanto si evince, dalle sacre scritture. Ma la realtà odierna, pur-troppo, non rispecchia ciò. L’infanzia, è la fascia di età più vio-lata. Oggigiorno, i bambini, vengono sfruttati e ciò, non riguarda solo gli stati più avanzati, industrializzati e potenti, ma anche e soprattutto quelli meno sviluppati come, per esempio: l’India e il Pakistan, che possono essere definiti l’emblema, il paradigma di quello che succede nell’Asia e nel resto del mondo. Tut-to ciò, accade, anche in Italia che, da sempre, è rite-nuto il paese meno c o i n v o l t o i n quest’attività, ma che ultimamente, si è lasciato trasci-nare nei “brutti-affari.” Dietro ai “PICCOLI SOLDA-TI”, ai “PICCOLI MURATORI”, c’è un profittatore spregevole che, per interessi per-sonali, non tiene conto dell’età più bella, più pura, più incantata che an-drebbe difesa con adeguata atten-zione. Nella di-chiarazione univer-sale dei diritti dell’uomo, si legge: << Il fanciullo, per il pieno ed armonioso sviluppo della sua personalità, deve crescere in un ambiente familiare, in un’atmosfera di felicità, amore e comprensione.>> Ma, haimè, questo ideale, non sempre è realizzabile. La scuola, la società, lo stato, dovreb-bero essere meno sordi alle grida di dolore che, tutti i giorni, i bambini violati, lanciano. Ogni volta che, epi-sodi di sfruttamento vengono alla luce, si cercano spiegazioni plausibi-li; ma la spiegazione, è una soltanto, cioè che individui senza scrupoli, vedono in questi teneri essere uma-ni, una fonte di guadagno. I bambi-ni, infatti, sembrano essere diventati oggetti e non persone. A questa età,

sono ben altri i “lavori” che un bam-bino dovrebbe fare, come per esem-pio: andare a scuola, crescere e so-prattutto GIOCARE. L’attività ludica è vecchia quanto il mondo ed è la forma di espressione privilegiata dal bambino, lo strumento attraverso il quale si rapporta a se stesso, esplo-ra il mondo circostante e ha la possi-bilità di ricambiare, in maniera per-sonale e creativa, le informazioni, le indicazioni e i segnali che gli proven-gono dall’esterno. Il gioco, perciò, è un’azione che il bambino, dovrebbe compiere spontaneamente, per in-serirsi nella realtà che lo circanda,

per manipolarla e viverla. Il gioco, deve costituire per il bambino, uno dei bisogni fondamentali, come il cibo o la casa, in quanto, gli permet-te di esprimere se stesso, in relazio-ne agli atri e all’ambiente. Apparen-temente, il gioco, può sembrare un’attività futile che, ogni bambino, svolge solo quando ne ha voglia; ma se ci soffermiamo attentamente, capiamo che questo, può essere vi-sto in vari modi, per esempio come: S P O N T A N E I T A ’ , S T A C C O , TRANQUILLITA’, LIBERTA’. Ma una domanda sorge spontanea: “perché esiste il gioco e qual è il suo senso, nella vita?” Proprio questa domanda, è stata il più grande enigma, appas-sionante, di molti studiosi che, han-

no attribuito al gioco, una concezio-ne ed un valore strettamente perso-nale. Per esempio, il gioco, è stato classificato in tre categorie: gioco di competizione (giochi di squadra); gioco di finzione o di sorte (giochi basati sulla fortuna, carte, dadi); gioco di vertigine (giochi ba-sati sulla sensazione di pericolo, gio-stre). A cagion di ciò, c’è da dire che, lo spirito di gruppo, anima tutta la no-stra vita; infatti, l’uomo, è fatto per vivere in mezzo agli atri, da solo si incupisce, si intristice, si deprime, in

una sola parola, non cresce! Quindi il gio-co, è un’attività trop-po importante e se vogliamo, indispensa-bile che aiuta a cre-scere, a formarci, ad avere un labile pen-siero e aiuta a cata-pultarci nel mondo dei “grandi”. Come un fiore, ha bisogno dell’acqua e del sole per vivere, cosi’ il bambino ha bisogno del gioco, per cresce-re! Molto spesso, mi capita di pensare alla frase che Gesù, sem-pre, amava ripetere: << Lasciate che i bambini, vengano a me >> e perciò, è

semplice porsi la domanda: perché la società egoista, senza scrupoli, insensibile, non tiene da parte questi boccioli che, se sfruttati anzitempo, non fioriranno mai? Sarebbe dovero-so, da parte di tutti, tutelare, vigila-re su quest’età particolarmente fra-gile perché, essere bambino è la cosa più bella che possa esistere e non, un reato da punire!!!

ELENA NICOTERA

L’attività ludica è “la forma di espressione privilegiata” dal bambino RISPETTIAMO, A TUTTI I COSTI, L’ESSERE BAMBINI

Sarebbe doveroso, da parte di tutti, tutelare, vigilare su quest’età parti-

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RAGAZZI E BAMBINI CI LASCIANO IL PRO-PRIO MESSAGGIO ...

“La tartaruga un tempo fu un animale che correva a testa in giù come un siluro filava via che mi sembrava un treno sulla ferrovia ma avvenne un incidente un muro la fer-mò si ruppe qualche dentee allora rallentò. La tartaruga dall'ora in poi lascia che a correre pensiamo solo noi perché quel giorno poco più in là andando piano lei trovò la felicità” Chissà quanti ricorderanno questa canzoncina! Scritta dal grande Bruno Lauzi questa splendi-da canzone ha fatto sorridere e canticchiare migliaia di bambini e perché no anche gli a-dulti, che si divertivano a insegnarla ai loro figli. C’è un messaggio nel testo che credo valga la pena essere ricordato e trasmesso a tutti: “andando piano lei trovò la felicità”. La nostra amica tartaruga chissà quante volte avrà percorso quella strada ma,andando trop-po veloce, non si era mai accorta che poco più avanti c’era la sua felicità. Per fargli capire che la sua vita doveva rallentare, ci volle però, un piccolo incidente. Rapportando alla nostra re-altà la storia della tartaruga mi chiedo: quanti di noi, si siano mai soffermati ad assaporare con calma la felicità? Credo che a volte vivia-mo così in fretta, da non riuscire a vedere che la felicità ci passa accanto e noi andando troppo di corsa continuiamo ancora a cercarla, anche avendola sotto i nostri occhi. Credo che ogni singolo istante vada vissuto e capito con il suo tempo così da viverne ogni sfaccetta-tura. A volte cerchiamo la felicità nel modo sbagliato o semplicemente non abbiamo abbastanza pazienza per aspettarla; a volte desideriamo così tanto la felicità che la cerchiamo senza sosta. A volte invece, basta semplice-mente un secondo, per cambiare un’intera giornata; come? Pensate al sorriso di un bambino; quello Sì, che ci mette di buon umore! “Perciò la nostra bella tartaruga un grazie se lo merita”.

Ciao ragazzi, sono Gianluigi, un ragazzo di Janò appas-sionato di calcio; frequento la scuola calcio Amarcord di Pontegrande e grazie al loro lavoro sto migliorando gior-no per giorno e ne approfitto per ringraziarli per l’amore che ci dedicano. Quest’anno faccio parte della categoria Esordienti e gioco nel ruolo ..., a me piace molto. Una cosa però mi manca; manca a me e manca a tutti i ragazzi miei vicini di casa, ed è un piccolo spazio in cui passare un pò di tempo insieme, anche soltanto per conoscerci. Il proble-ma non è vederci, perchè quando ci organizziamo deci-diamo spesso di incontrarci in casa, purtroppo in strada è rischioso per via delle auto; per questo motivo spero proprio che in futuro qualcosa possa cambiare in modo da poter realizzare questo nostro piccolo desiderio. Infine ringrazio coloro che mi hanno dato la possibilità di esprimere il mio pensiero.

GIANLUIGI CANDELORO

LA BELLA TARTARUGA

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Dopo aver preso l'aceto, Gesù disse: "È compiuto!". E, chinato il capo, consegnò lo spirito (Gv 19,30). Sono le ultime parole di Gesù prima della sua morte. E’ questo il momento più coinvolgente e sconvolgente della Vita di Cristo. L’opera mirabile che il Padre gli aveva affidato, era di consumare il proprio sacrificio affinché libe-rasse l’uomo dal peccato: è il messaggio evangelico che i gio-vani della Parrocchia Maria Im-macolata di Pontegrande ha de-siderato portare nel cuore degli uomini. L'1 aprile, giorno della domenica delle Palme, davanti al sagrato della parrocchia Maria Immacolata di Pontegrande, do-po tanti giorni di preparazione, la comunità parrocchiale ha offerto una straordinaria meditazione della Sacra Rappresentazione della Passione e Morte di Gesù durata oltre tre ore, raffigurando in forma itinerante, i concitati e suggestivi avvenimenti delle ulti-me ore di vita di Gesù. “Tutto è compiuto” II edizione, così denominata, ritornando in-dietro di 2000 anni, è riuscita nell'intento di avvicinare i cuori degli uomini a quello di Dio. In un'atmosfera davvero avvolgen-te e toccante, più di cento inter-preti, hanno emozionato i molti presenti, esprimendo, nel miste-ro di Cristo della sua morte e risurrezione, il messaggio della Santa Pasqua di speranza e a-more, attraverso segni, musiche, danze e recitazione. Una Sacra rappresentazione della Passione, Morte e Resurrezione di Gesù, che ha fortemente desiderato, sin dall'inizio, di coinvolgere l’intera comunità parrocchiale. Quest'anno, sono state rappre-sentate nel quartiere Janò, in un giardino adiacente la Cappella Maria Immacolata, alcune delle scene tra le quali: l'Annunciazio-

ne, il tradimen-to e disperazio-ne di Giuda, l’ingresso a Ge-rusalemme, Ul-tima cena, Ge-tsèmani, Gesù davanti al Sine-drio, Pretorio ed Erode, per poi proseguire lun-go le vie princi-pali del quartie-re Pontegrande dove, in una splendida fusione di melodiosa musica e giochi di luci, ha avuto luogo la Via Crucis, la Crocifissio-ne, la Deposizione e la tanto a-mata Resurrezione. La rappre-sentazione, carica di emozioni, arricchita con costumi d’epoca, oggettistica e strutture in legno, rispetto alla passata edizione e per offrire il maggiore spunto di riflessione, ha voluto dare una più ampia completezza al mes-saggio evangelico del mistero di amore di Cristo, dando risalto alla figura di Maria la Madre di Gesù, partendo dal momento più importante, quando l’angelo Le si presentò per annunciarle “La Volontà di Dio”. Ella, che oltre a percepire l’atroce dolore del figlio deve sottostare all’impossibilità di poterlo anche soltanto avvici-nare. La rappresentazione racco-glie intere famiglie, ciò contribui-sce sempre più alla comunione fraterna. La speranza è che l’intera comunità, composta da ragazzini e bambini, da adole-scenti e adulti, continui a cresce-re; la speranza è fare innamora-re di Gesù coinvolgendo e trasci-nando nuovi ragazzi e adulti, ol-tre che per questa rappresenta-zione anche nelle molteplici atti-vità parrocchiali. Ricordando in primis che la linea guida sono la Parola, le Sacre Scritture. Il Diacono don Ivano La Salvia,

coordinatore di questa iniziativa, con la guida del Parroco Don An-tonio Vasapollo, l’apporto del Di-acono don Maurizio Olivadoti, si immerge completamente in que-sta esperienza per farla vivere, oltre che come momento di co-munione, soprattutto come atto fondamentale di riflessione. La rappresentazione, ha avuto un cospicuo numero di persone al seguito. Chi ha preso parte, si è reso conto che quanto veniva svolto, più che un’opera, era un momento di meditazione, tanto da viverlo come momento di Ri-flessione, di Passione, di Pre-ghiera e in assoluto e amorevole s i l e n z i o . “Un sentito grazie a chi ha parte-cipato, l’intera comunità rivolge i ringraziamenti a tutti i collabora-tori che hanno lavorato, per così dire, “dietro le quinte”, tutti gli abitanti che hanno rispettato l’esigenza di strade temporanea-mente chiusa al traffico e tutti i personaggi che con amore e con impegno si sono dedicati a pro-vare per intere settimane. Infini-te Grazie per il tempo dedicato a Gesù nostro Signore.”

La Parrocchia Maria Immacolata di Pontegrande si esprime attraverso: "Tutto è Compiuto" II Edizione

Sacra rappresentazione itinerante della Passione di Gesù

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LE LEZIONI DI VITA... che il Calcio vero, sapeva e poteva dare!

Mi chiamo Giorgio Vignando e di mestiere ho fatto il centrocampista. Di quelli tosti, molta corsa e po-chi fronzoli. Questione di sostanza, la vita come il calcio, mi ripeteva mio padre mentre si ritornava dalla campagna verso casa. Mi chiamo Giorgio Vignando e quando sono arrivato a Catanzaro mi aspettavo fatica, sacrifici e un po’ di soldi per la vecchiaia. Ho trovato una vita, un popolo che da dieci secoli cercava un motivo per esse-re orgoglioso, una terra che si rialzava sulle nostre spalle. La domenica correvo, falciavo, lanciavo, sudavo, lottavo e gli altri giorni mi perdevo per le strade, mi infilavo nei bar e nelle parole di questa gente. Io emiliano e contadino riconoscevo le rughe, assapora-vo il vino caldo e diventavo un tifoso. Ma lo sai, mi ripetevano tutti, lo sai che significa per noi vincere con l’Inter, con il Milan, con la Juve? Lo studente mi diceva Vignando, quel pallone che parte dai tuoi piedi è un portatore volante di felicità collettiva, il politico comunista mi prendeva in disparte e mi spiegava “voi non siete una squadra siete una speranza schierata su un prato verde”, il meccanico mi abbracciava e mi raccontava di suo fratello che lavorava a Mirafiori e ai cancelli agitava la sciarpa gial-lorossa e per dieci minuti non si sentiva né emigrato, né sfruttato, né incazzato, i vecchi mi svuotavano il bicchiere e controllavano la mia forma, mentre una città intera ripeteva: ne valeva la pena, aspettare tanto. Cha Cha Cha, capoluogo e serie A, come un ritornello che scardina il futuro, lo sentivi l’orgoglio che arrivava a zaffate, ne avvertivi l’odore che riempiva le strade come quando mio padre mi raccontava quella volta che non avevano abbassato la testa davanti al padrone, quella volta che si erano ripresi la dignità e l’ignoranza. Siamo noi a far ricchi questa terra, siamo noi la loro abbondanza, me lo sussurra-vo nella pancia dello stadio quando già percepivo il fremito della curva, quando l’adrenalina mi schiz-zava fino alla testa mentre infilavo quella magliettina stretta stretta a righine giallo e rosse. Non ho mai capito il loro dialetto ma ho riconosciuto nei loro occhi quelli di mio padre. Lo stesso mo-do di guardare un campo e di scrutare nell’erba il tempo che viene. Qui ho smesso di fare un mestiere e sono tornato ad essere un uomo. È vero, non vincevamo soltanto: li vendicavamo. Facevamo la rivolu-zione in calzoncini rossi, con i parastinchi e con un numero sulle spalle, è vero ci divertivamo un sacco. Il calcio non lo vedo più, mi fa tristezza, e in Calabria ci torno raramente, mi prende un’angoscia che non mi passa più. Non è per la sporcizia o per la povertà che resiste, non è per gli abusi edilizi o per i piccoli soprusi, non è nemmeno per la mafia, è che non vedo più negli occhi la dignità. Come se la gente si fosse abbandonata ad un destino di quarta serie. Il mio nome è Giorgio Vignando, amo gli stopper rudi e i mediani di fatica, le squadre di provincia e i popoli oppressi, credo che le vittorie della mia squadra siano state impastate di umiltà, abnegazione e volontà, resisto sui gradini degli stadi di periferia e spero che questo presente prima o poi passerà. Giorgio Vignando giocò nel Catanzaro per 3 stagioni circa. Ne disputa due stagioni da titolare, la prima fallendo la promozione in Serie A solo allo spareggio contro il Verona, mentre nella succes-siva il Catanzaro conquista il primo posto. Resta coi giallorossi anche nella stagione 1976-1977, riuscendo, a quasi 30 anni, ad esordire in Serie A, e ad andare a rete proprio nella partita di esor-

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Indovina:

A quale brano musicale appartiene questa frase?

<<Puo' anche non piacerti il mondo o forse a lui non piaci te co-munque questa e' un'altra storia>>

INVIACI LA RISPOSTA A: [email protected]

SI RINGRAZIANO PER LA PREZIOSA COLLA-

BORAZIONE:

Foto 2;

EM Solutions;

Danys pictures;

il Consiglio Pastorale della par-rocchia M. Immacolata di Pon-tegrande nelle figure di Antoni-no Modafferi e Giuseppe Bel-

panno; la Sig.ra Maria Nicolet-ta e tutti coloro che hanno col-laborato alla realizzazione di

questo numero.