NUMERI, VISIONI E PROSPETTIVE DEL CINEMA ITALIANO SIAMO … · 2018. 3. 27. · METTI UNA SERA A...

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SIAMO UN PAESE DI ANALFABETI FILMICI ? Tax Credit, import/export, marketing e web Scenari per il cinema italiano. Geografie del cinema Pasolini al MoMa di New York. Focus sul cinema rumeno. Atlante del cinema italiano. La new wave dell'animazione italiana Da Milano a Roma, una mappa delle nuove factory digitali. NUMERI, VISIONI E PROSPETTIVE DEL CINEMA ITALIANO numero 1 dicembre 2012 5,50 € copia omaggio

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  • SIAMO UN PAESE

    DI ANALFABETIFILMICI?

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    NUMERI, VISIONI E PROSPETTIVE DEL CINEMA ITALIANO

    numero

    1dicembre

    2012

    5,50 €

    copia omaggio

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    EDITORIALEdi Gianni Canova

    PER CHI HA A CUORE IL CINEMA ITALIANO

    Il nome è un numero perché 8 ½ parlerà di numeri: quelli del cinemaitaliano, ma anche – più in generale – quelli del cinema in Italia. Ma ilnome evoca anche il titolo di un film. Un grande film. Un film sul cinemae sull’urgenza di uscire da una profonda crisi ideativa, creativa eprogettuale. 8½ (la nuova rivista che avete fra le mani) ha l’ambizione diriallacciarsi al grande passato del cinema italiano (quello rappresentato –appunto – dal capolavoro di Fellini) per cercare di dare il proprio contributo alsuperamento delle difficoltà e delle criticità che incombono sul presente.

    Dunque, non l’ennesima rivista di critica. Non un magazinemondano infiorettato di gossip e “colore”. Ma neanche unhouse organ o un bollettino aziendale. Piuttosto unostrumento combattivo e fortemente innovativo (almenonelle intenzioni…), che apra discussioni, susciti polemichee dia un contributo significativo a riposizionare con forza ilcinema italiano nell’agenda mediatica e nella percezionedel pubblico.

    Lo stato di salute di una cinematografia si valuta anchedalla quantità e dalla qualità di discorsi sociali che essa è ingrado di innescare e dal tipo di immaginario che sa metterein moto. Da troppo tempo, in Italia, i discorsi sul cinemaalimentati dai media si incentrano solo attorno alla liturgiadei red carpets e si avvoltolano nella ricerca di scandaluccida star system che hanno ormai fatto il loro tempo.

    8½ osserverà il cinema italiano (e cercherà di dialogare con i suoi protagonisti)a partire da altre prospettive: quelle dell’economia e della tecnologia, delmarketing e della comunicazione, della distribuzione e dell’innovazione. E poi,soprattutto, nella prospettiva della politica. Culturale, ma anche imprenditoriale.Nella convinzione che uno dei problemi che da sempre strozzano il nostropaese sia quello del ritardo con cui si è affermata da noi un’industria culturaledegna di questo nome. Ammesso che si sia mai affermata.

    Ogni numero di 8 ½ si aprirà con un’ampia e approfondita discussione su untema. Con una polemica. Con una proposta. Senza assumere posizioniprecostituite, cercheremo di stimolare confronti, anche franchi, che non abbianotimore di infrangere pregiudizi, rendite di posizione o luoghi comuni. Comeproviamo a fare già in questo primo numero con il servizio d’apertura:un’inchiesta che dimostra come l’Italia sia uno dei paesi a più alto tasso di anal-fabetismo iconico di tutto l’Occidente. Con tutto ciò che questo comportaanche sul piano della mancata formazione dei nuovi pubblici del cinema.

    Ma 8 ½ si occuperà anche di dare visibilità alle realtàvirtuose che operano in modo innovativo sul mercato del-l’audiovisivo (in questo numero il servizio sulla new wavedell’animazione italiana), dedicherà un focus di approfon-dimento allo stato del cinema in aree geopolitiche e culturalidiverse dalla nostra (il focus sulla Romania) e pubblicherà idati sul mercato cinematografico elaborati dall’Osservatoriodella Direzione Generale Cinema e dall’Ufficio Studi diAnica. Spazi fissi di analisi e discussione saranno poidedicati al rapporto fra il cinema italiano e il web, alle espe-rienze innovative di marketing e di promozione, all’exportdel cinema italiano e ai riconoscimenti che ottiene nelmondo (il servizio su Pasolini al MoMa di New York). Il sitowww.8-mezzo.it si offrirà come luogo online in cui i contenutidella versione cartacea della testata troveranno declinazionimultimediali e approfondimenti crossmediali destinati aimplementarsi in modo significativo nei prossimi mesi.

    L’auspicio è che 8 ½ non sia solo una testata fra le tante, ma diventi unostrumento utile al cinema italiano. A quelli che lo pensano e lo fanno, come aquelli che lo vedono e lo amano.

  • SOMMARIO

    Direttore ResponsabileGiancarlo Di Gregorio

    Direttore EditorialeGianni Canova

    Vice Direttore ResponsabileCristiana Paternò

    Capo RedattoreStefano Stefanutto Rosa

    In RedazioneCarmen DiotaiutiAndrea Guglielmino

    Coordinamento editorialeNicole Bianchi

    Hanno collaborato Giulio Bursi, Paola Casella, Francesca Cima, Andrea Corrado,Fabio Ferrazza, Pierfrancesco Favino,Dante Ferretti, Iole MariaGiannattasio, Michela Greco,

    Francesca Medolago Albani, Magda Mihailescu, Serafino Murri,Francesco Patierno, FrancescoPitassio, Leonardo Quaresima, Ilaria Ravarino, Rossella Rinaldi,Roberta Ronconi, Federico Rossin,Paola Ruggiero, Pier Luigi Sacco, Marilena Vinci

    8½NUMERI, VISIONI E PROSPETTIVE DEL CINEMA ITALIANO

    Mensile d’informazione e cultura cinematografica

    Iniziativa editoriale realizzata da Istituto Luce-Cinecittà in collaborazione con ANICA e Direzione Generale Cinema

    EDITORIALE

    PER CHI HA A CUORE IL CINEMAITALIANOdi Gianni Canova

    DALLA FRANCIAALLA GRANBRETAGNA, VIAGGIONEI PAESI DOVE IL CINEMA È L’ABC di Roberta Ronconi

    SCUOLE DI CINEMA,NON SOLO CENTROSPERIMENTALEdi Paola Casella

    COSÌ LA BIENNALEDIVENTAPRODUTTORE di Marilena Vinci

    LA MEGLIOGIOVENTÙ (DEL CINEMA) di Michela Greco

    NELLA TERRA DI NESSUNO di Leonardo Quaresimae Francesco Pitassio

    IL SILENZIO DELLATOPONOMASTICA di G.C.

    SCENARI

    CHIEDIGLI CHI ERA FELLINI…di Gianni Canova

    QUESTIONARIO LA CONOSCENZAFILMICA IN ITALIA

    COSA MI PIACE DEL CINEMAITALIANO

    CARLO CHATRIANdi Stefano StefanuttoRosa

    OFFICINE CREATIVE

    DA ROMA ALLAGRECIA CONRAINBOW E LASCUOLA ROMANADEI FUMETTIdi Andrea Guglielmino

    SIMONE MASSI:L’ARTE DELLARESISTENZAdi A.G.

    MARCO CINELLOdi Nicole Bianchi

    NUMERI

    IL TAX CREDIT FABENE. BILANCIO DEI PRIMI TRE ANNIdi Andrea Corrado

    ITALIA PIÙATTRAENTE PER LE PRODUZIONISTRANIERE di Iole MariaGiannattasio

    IL BONUS FISCALEPIACE A IMPRESEFINANZIARIE E ASSICURATIVE di Fabio Ferrazza

    INNOVAZIONI

    RI-ANIMAZIONI. AL CUORE DELCINEMA ITALIANO di Giulio Bursi

    UNO STRUMENTOEFFICACE PER LAMEGAPRODUZIONEDI SORRENTINO di A.C.

    PRIMA VOLTA DA COPRODUTTORICON SOLDINI di I.M.G.

    DOPO DIAZ, UNANUOVA AVVENTURACON FANDANGO di I.M.G.

    COSÌ AUMENTANOGLI INVESTIMENTINEL TALENTARTISTICO di F.F.

    ANALFABETISMOFILMICO, LE INIZIATIVE DI CONTRASTO

    I RISULTATI IN SALA DEL CINEMADI INTERESSECULTURALE di A.C.

    NEL MONDO

    Pasolini al MoMA

    LE PAROLE DI PASOLINIdi Paola Ruggiero

    I NOSTRI VIAGGI DA OUARZAZATEALLA CAPPADOCIA di Dante Ferretti

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    Progetto Creativo19novanta communication partnersCreative DirectorBruno Capezzuoli, Serena QuartaDesignerSara Gerbasio VideoimpaginazioneValeria Ciardulli

    Stampa ed allestimentoArti Grafiche La ModernaVia di Tor Cervara, 171 00155 Roma

    Direzione, Redazione, AmministrazioneIstituto Luce-Cinecittà SrlVia Tuscolana, 1055 - 00173 RomaTel. 06722861 fax: [email protected]

    Registrazione presso il Tribunale di Roma n° 339/2012 del 7/12/2012

    AVREI VOLUTOCONOSCERLOASCOLTARLO di Pierfrancesco Favino

    VOLEVAMO ANDARE SULLALUNA, MA NONC’È STATO TEMPO di Ninetto Davoli

    Cinema italiano nei festival stranieri

    DA ANNECY AIUTI ALLADISTRIBUZIONE IN FRANCIA di Rossella Rinaldi

    METTI UNA SERA A CENA CONMARTIN SCORSESEdi Francesco Patierno

    INTERVALLOD’AUTORE A LONDRAdi R.R.

    Import-export

    NUOVI MERCATI PER IL CINEMAITALIANO NELL’ERA 2.0di Federica D’Urso e Francesca MedolagoAlbani per ANICAUfficio Studi

    FOCUS

    IL CASO ROMANIA

    NUOVO CINEMAROMANIA, LA RICETTA È SERVITA di Cristiana Paternò

    NEMO PROFETA IN PATRIA di Magda Mihailescu

    IL MARKETING DELCINEMA ITALIANO

    MARKETING E FILM: LA POLITICA(SI) VENDEdi Ilaria Ravarino

    GEOGRAFIE

    I LUOGHI DEL CINEMA di Nicole Bianchi

    CINEMA ESPANSO

    IL CINEMA NEI MUSEI di Federico Rossin

    INTERNET E NUOVICONSUMI

    RITORNO AL FUTURO: IL CINEMA ITALIANOE LA GALASSIAYOUTUBEdi Serafino Murri

    SEI GRADI DI SEPARAZIONE.COMUNITÀVIRTUALI EPROMOZIONECINEMATOGRAFICAdi Carmen Diotaiuti

    PUNTI DI VISTA

    EUROPA CREATIVA: LA PRODUZIONECULTURALEEUROPEA AL DI LÀDELLA CRISIdi Pier Luigi Sacco

    RIPARTIAMO DALLE REGOLE (E DAL PASSATO) di Francesca Cima

    BIOGRAFIE

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    “Il popolo più analfabeta, la borghesia piùignorante d’Europa”: a quasi cinquant’annidi distanza, la diagnosi sull’Italia che PierPaolo Pasolini faceva pronunciare a unsardonico Orson Welles nel film La ricotta(1963) è più attuale che mai. Non solo perchél’”ignoranza” resta una piaga cronica del nostropaese (con più dell’80% della popolazione priva diquella che i tecnici chiamano l’alfabetizzazionesuperiore), ma perché alle storiche arretratezze delnostro sistema formativo – da sempre basato piùsulle necessità e le tutele dei docenti che sulleesigenze degli studenti e del paese – si sono andateaggiungendo le conseguenze dei ritardi e deglierrori commessi – appunto – negli ultimicinquant’anni. Il nostro sistema formativo è fermoa mezzo secolo fa: oggi un ragazzo italiano può

    arrivare con il massimo dei voti alla maturitàclassica (cioè al più alto livello di istruzionesuperiore previsto dal nostro ordinamento) senzasapere nulla – ma proprio nulla – di alcune dellediscipline fondamentali e imprescindibili percomprendere il mondo in cui viviamo: l’economia,il cinema, i media vecchi e nuovi. A differenza diquanto accade in quasi tutti i paesi europei, unragazzo italiano attraversa tutto l’iter scolasticosenza che nessuno mai gli spieghi che cosa sial’Iva, o una ritenuta d’acconto o come si legga unbilancio (casuale? inessenziale? non proprio…), maanche senza che nessuno – a parte pocheesperienze di sperimentazione non curriculare – glifaccia incontrare 2001: Odissea nello spazio (1968)o La dolce vita (1960), o gli faccia apprezzare labellezza e la potenza (emozionale, estetica e

    Siamo il paese a più alto tasso di analfabetismo iconico di tuttol’occidente. Non conosciamo il cinema, ma neanche i media. Siamo beatamente inconsapevolidella bellezza e della potenza del nostro patrimonio filmico così come dei meccanismi di funzionamento della comunicazione audiovisiva nella società multimediale.

    SCENARIAnalfabetismo filmico

    di Gianni Canova

    CHIEDIGLI CHI ERAFELLINI…

    L’ALFABETIZZAZIONE ICONICA È UN’EMERGENZA ASSOLUTA: PER IL FUTURO NON SOLO DEL NOSTRO CINEMA MA ANCHE DEL NOSTRO PAESE.

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    cognitiva) di un film di Hitchcock o di FrancescoRosi. In tutto il mondo occidentale il cinema sistudia nelle scuole, fa parte del patrimonio culturalecondiviso, diventa momento di crescita estrumento di analisi del mondo e di sé. Da noi no:noi siamo ancora lì a trastullarci con Ugo Foscoloe Giosué Carducci e con un’idea di cultura elitaria,appassita e incartapecorita, che non offre più nullaalle giovani generazioni. Il questionario che pubblichiamo in queste pagineè sconfortante: la maggior parte dei ragazzi italianiad alto tasso di alfabetizzazione (iscritti cioè alprimo anno di università) non è in grado di ricono-scere alcuni dei capolavori assoluti della storia delcinema. Dobbiamo ammetterlo senza infingimenti:siamo il paese a più alto tasso di analfabetismoiconico di tutto l’occidente. E se il cinema da noisoffre più che altrove è anche per questo: perchénessuno ha fatto nulla per creare i nuovi pubblici,o per far sentire alle nuove generazioni la ricchezzaunica e insostituibile che il cinema può regalare.Del resto, non c’è da stupirsi : la cultura italiana ele classi dirigenti di questo paese hanno sempreavuto nei confronti del cinema o una volontà diuso strumentale in funzione egemonico-ideologicao un atteggiamento di sprezzante disdegno e diaristocratica diffidenza. Il risultato? Fuori il cinemadalle scuole. Fuori dai palinsesti della televisionepubblica. Fuori dai programmi di ricerca sostenutinelle università (dove ad essere finanziate dallelobbies accademiche sono ricerche che quasi mairiguardano il cinema e i mass-media). Non solo:benché l’Unione Europea insista da anni sulla cen-tralità della media literacy (l’educazione ai media)come base necessaria e imprescindibile per lacreazione di società inclusive civili e moderne, danoi tutti gli appelli in tal senso vengono lasciati ca-dere nel vuoto (col risultato che ci ritroviamo conuna società “incivile”, rancorosa e frustrata, semprepiù portata all’invettiva lapidaria che alla riflessione,ormai quasi incapace di argomentare….). Una re-

    cente ricerca della Fondazione Rosselli dimostracome dal 2006 al 2010 gli italiani abbiano media-mente dedicato venti minuti in più ogni giorno alpiccolo schermo televisivo, passando da 238 a 258minuti di permanenza quotidiana davanti alla Tv:oltre 4 ore di esposizione a un medium rispetto alquale gli italiani non hanno nessuna forma di alfa-betizzazione neanche minima, nessuna capacitàdi lettura e di analisi, nessuna conoscenza neancheelementare di come funzionano la grammatica e lasintassi delle immagini in movimento, nessunaidea dei meccanismi e delle procedure che articolanoil rapporto fra un medium audiovisivo e il suoutente. Risultato? Di nuovo: analfabetismo. Cronico,diffuso, capillare, pervasivo. È stato calcolato chenel Medio Evo un qualsiasi contadino umbro o to-scano incontrava più o meno 40 immagini artificialinel corso della vita (gli affreschi sulle pareti dellachiesa e poco altro…).Oggi lo stesso uomo mediointercetta oltre 600.000 immagini artificiali (cioèartefatti visivi progettati e realizzati per comunicarequalcosa) al giorno. In un arco di tempo relativamentebreve dal punto di vista dell’evoluzione della specieumana – pochi secoli – il nostro apparato percettivovisivo ha subito e sta subendo una mutazione gi-gantesca, i cui effetti sono ancora tutti da studiaree da capire. Come governiamo un traffico di 600.000immagini al giorno? Che ne facciamo? Come le se-lezioniamo? Quali metabolizziamo? Non è più am-missibile che un intero popolo venga lasciato privodelle strumentazioni minime per orientarsi nel si-stema comunicativo contemporaneo. La battagliaper insegnare il cinema e la media literacy nellenostre scuole è una delle priorità politiche assolutedel nostro paese: serve a dare fiato e pubblico alnostro cinema del futuro, ma anche a creare unapopolazione consapevole del mondo in cui vive edei modi in cui in questo mondo si comunicanoemozioni e informazioni. Ogni ulteriore rinviosarebbe non solo colpevole ma catastrofico, eavrebbe effetti devastanti sulle generazioni future.

    SCENARI // Analfabetismo filmico

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    legenda

    Sono stati distribuiti 250 questionari a studenti del primo anno di università (età 19-20 anni).Ne sono stati restituiti 217. Il questionario chiedeva di riconoscere titolo ed autore dei film descritti qui di seguito:

    Per continuare il test, collegati al sito www.8-mezzo.it

    LA CONOSCENZA FILMICA IN ITALIA

    QUESTIONARIO

    S le risposte corrette N le risposte errateX le risposte in bianco

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    SCENARI // Analfabetismo filmico

    Un cronista insoddisfatto va a caccia di incontri e notizie nel mondo convulso che ruota attorno a Via Veneto nella Roma della fine degli Anni ‘50

    A

    Durante la Seconda Guerra Mondiale un gruppo di soldati italiani resta isolato per tre anni su un’isola vicino alla Turchia. Non tutti torneranno a casa

    B

    Una giovane donna scompare durante una crociera alle Isole Eolie. Gli amici che erano con lei reagiscono in modo diversoalla sua misteriosa sparizione

    C

    Una ragazza ha una turbolenta relazione sessuale con un uomo più anziano di lei in un appartamento vuoto in Rue JulesVerne a Parigi

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    S

    Un vagabondo è talmente affamato che si mangia le sue scarpe

    E193

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    NS

    X

    Invitato per sbaglio ad un ricevimento, è talmente imbranato che a furia di gaffes distrugge la villa in cui si svolge la festa

    F

    Per un inspiegabile fenomeno, un gruppo di ricchi borghesi resta bloccato nel salone in cuiera stato invitato a cena e nonriesce a uscire per giorni e giorni

    G

    Due balordi attraversano l’America a bordo dei loro choppers per recarsi al carnevale di New Orleans

    H

    Un padre, un figlio e un corvo a zonzo nel brullo paesaggio della campagna romana

    I

    Dopo aver ritrovato un orecchio mozzato in un prato, un giovano ingenuo si trova ad indagare in un mondo molto molto oscuro

    J

    Due jazzisti squattrinati, testimoni involontari di una strage mafiosa, per sfuggire ai gangster che li vogliono eliminare si travestono da donna

    Risposte

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    ALa dolce vita di F. FelliniBMediterraneo di G. SalvatoresCL'avventura di M. Antonioni DUltimo tango a Parigi di B. Bertolucci

    ELa febbre dell'oro di C.ChaplinFHollywood Party di B. Edwards GL'angelo sterminatore di L. BuñuelHEasy Rider di D. Hopper

    IUccellacci e uccellini di P.P. PasoliniJVelluto blu di D. Lynch KA qualcuno piace caldo di B. Wilder

  • DALLA FRANCIA ALLA GRANBRETAGNA,VIAGGIO NEI PAESIDOVE IL CINEMA È L’ABC

    SCENARI // Analfabetismo filmico

  • 9

    SCENARI // Analfabetismo filmico

    L a cultura cinematografica ha sempreavuto un ruolo centrale in gran parte deipaesi europei, ha sviluppato storia ecoscienza nazionali, ha favorito laconoscenza del mondo, ha aiutato allaformazione del senso critico e ad approfondire ilsenso estetico. Molti istituti, associazioni private,archivi ed enti specializzati contribuiscono alladiffusione del suo linguaggio all’interno dei singolipaesi. Ma, per quanto riguarda un’educazionesistematica e integrata vera e propria nei sistemieducativi nazionali, molto è ancora da fare. Alcontrario di altre materie artistiche (musica, artifigurative, letteratura), il cinema ha raramentetrovato un suo spazio autonomo all’interno dellescuole. Più spesso invece lo incontriamo abbinatoalle ore di “Lettere” o, nelle scuole di grado inferiore,a quelle di “Educazione civica”. L’argomento ètalmente sensibile e in fase di evoluzione che il BFI(British Film Institute), all’inizio del 2012, ha avviatouna ricerca in tutto il territorio dell’Unione Europeasullo stato dell’insegnamento della Film Literacy, icui risultati dovrebbero essere resi pubblici entro lafine del 2012.Dai dati sinora reperibili presso i siti dei singoliministeri per l’istruzione e gli istituti cinematografici,ecco il quadro che emerge. Nel caso delle scuolepubbliche, l’insegnamento della materia Cinema èspesso facoltativo, molto presente nei programmiextra-scolastici, meno negli orari obbligatori. NelRegno Unito, in Irlanda, Germania, Norvegia, Svezia,l’educazione ai media (stampa, audiovisivi, radio, tv,teatro, computer, cinema) è usata come integrazioneall’insegnamento delle materie letterarie. Il cinematrova invece un orario “dedicato” (anche se spessofacoltativo) nei Paesi Bassi, Ungheria, Cipro,Finlandia, Francia, Malta, Croazia, Svizzera. In Francia, l’educazione cinematografica nellescuole superiori è offerta sia come materiafacoltativa che obbligatoria. Fa parte dei programmi

    di educazione ai media, ma spesso affianca anchelo studio delle materie letterarie nel normale orarioscolastico, ed è materia obbligatoria all’interno diLettere per la preparazione alla maturità. Le lineeguida dell’insegnamento cinematografico sonoindicate dagli enti governativi in collaborazione conil CNC. Quest’ultimo, soprattutto sotto l’impulsodi Jack Lang, a lungo ministro francese dellaCultura, negli ultimi venti anni ha promosso diversiprogrammi di educazione al cinema per tutti i livellidi età, fuori e dentro le scuole. Attualmente, sistima che circa il 7,5% degli studenti delle mediesuperiori in Francia riceva un insegnamentospecifico della materia. In Germania i 16 stati federali hanno strategieeducative indipendenti, ma tutti prevedono nellescuole di ogni grado un’educazione ai media ealcune in modo specifico alla materia cinema.Vision Kino, network nazionale cine-audiovisivo, daanni cura delle settimane di educazionecinematografica per le scuole. Dal 2010, tutti iministeri federali per l’educazione, incollaborazione con Vision Kino, hanno tratteggiatoobiettivi comuni riguardanti l’educazione ai medianelle scuole, inclusa l’educazione cinematografica.Quest’ultima coinvolge circa l’11,5% della popolazionescolastica tra i 15 e i 24 anni. Poco più bassa la percentuale in Spagna, dove lematerie specificamente cinematografiche raggiun-gono circa il 10,3% degli studenti delle medie supe-riori. Anche qui, le 17 comunità autonome in cui ilpaese è diviso, possono interpretare in buona parte,individualmente, le linee guida dettate dalle autoritàstatali. Il cinema non risulta come materia e séstante, ma in ausilio alle altre materie curriculari. Nel Regno Unito esistono strategie comuni perInghilterra, Galles, Scozia e Irlanda del Nord. Intutte e quattro le nazioni, la Film Literacy è materiaintegrata all’interno del programma di Lettere,usata per lo sviluppo del senso critico degli allievi

    in relazione alla letteratura e alla lingua inglesi. Hainoltre un ruolo nell’educazione civica (in Scozia eNord Irlanda) e nell’educazione civile (Inghilterra).L’uso della materia cinema è dunque esteso in moltidei curricula scolastici. Ci sono inoltre possibilitàper gli studenti tra i 14 e i 19 anni di specializzarsiin Film Study e Media Study, sia in Inghilterra chein Galles. Due organizzazioni nazionali, il BFI eFilm Education, offrono diversi supporti tecnici eprofessionali per l’insegnamento nelle scuole. Sonocirca 20mila gli studenti del Regno Unito tra i 16 ei 19 anni a ricevere una specifica educazionecinematografica nelle scuole di grado superiore,60mila quelli che studiano più in generale “Media”,di cui il cinema è una delle componenti. Per capire come le diverse istituzioni cinematogra-fiche interagiscano con l’insegnamento del cinemanelle scuole, prendiamo il caso dei Paesi Bassi,dove non esiste una strategia governativa univocain proposito, ma dove il ministero dell’Educazioneha delegato in buona parte all’EYE (Istituto di Cine-matografia dei Paesi Bassi) di elaborare strategieeducative di Film Literacy. Già da diversi anni, l’EYE di Amsterdam offre allescuole di tutto il territorio 4 livelli formativi: per lescuole elementari (6-12 anni), inferiori (12-14), su-periori (14-18) e per gli adulti. All’interno delle 6 oresettimanali dedicate normalmente alle “materiecreative” (musica, cinema, danza…), gli insegnantipossono appunto scegliere la materia “cinema”.L’Istituto mette a disposizione aule per le proiezioni,film dedicati o scelti dagli stessi organi scolastici(studenti e/o professori), tutto il materiale didatticogratuito e laboratori in cui gli studenti possono im-parare a “fare” un film. Da alcuni anni, inoltre, neiPaesi Basi tutte le istituzioni cinematografiche (ar-chivi, festival, cineteche, istituti) si sono consorziatinell’associazione Film Educatie, che controlla e ve-rifica che ogni evento cinematografico sul territoriopreveda uno spazio dedicato all’educazione.

    Una ricerca del British Film Institute rivela come si insegna Film Literacy sul territoriodell’Unione Europea. Non solo nelle scuolesuperiori, ma persino alle elementari. Come accade ad esempio nei Paesi Bassi.

    di Roberta Ronconi

  • Scuole di cinema,non solo Centro Sperimentale

    di Paola Casella

    Basta digitare la voce “scuole dicinema” su Google e compareun mare magnum di nomi nelquale è difficile non annegare,con tutti i rischi accademici (edeconomici) che ciò comporta. “Un anno faho cercato di compilare una lista”, ricordaCaterina D’Amico, che in passato ha guidatoil Settore Formazione della Scuola Nazionaledi Cinema e presieduto l’AssociazioneEuropea di Scuole di Cinema e TelevisioneGEECT e l’Associazione Mondiale di Scuoledi Cinema e Televisione CILECT. “La miaimpresa si è rivelata disperata. Hocontattato le Film Commission delle varieRegioni, chiedendo di mandarmi un elencodelle realtà locali del settore: non avevanocognizione di quello che c’era sul territorio”. “È anche vero che le scuole di cinema sonoin gran parte concentrate a Roma - continuaD’Amico - e ho sempre sognato che da noi,come in altri paesi, ci fossero ottime scuoledislocate in tutte le Regioni e che le FilmCommission si occupassero di assicurareuna formazione locale, indirizzando poi iloro migliori alunni verso una scuola nazionaleche a quel punto lavorerebbe su un terrenogià arato e seminato”.

    È d’obbligo quindi partire dal Centro Speri-mentale di Cinematografia di Roma, l’unicarealtà pubblica nazionale, anche se ramificatain varie sedi, tra cui quella di Palermo. “Ingrandi capannoni industriali riconvertiti epoi abbandonati, che sembravano una cat-tedrale nel deserto, è nata qualche anno faquesta sede distaccata”, ricorda la registaCostanza Quatriglio, chiamata nel 2010 ainsegnarvi documentario. “L’obiettivo eraformare 12 studenti provenienti da ogniparte d’Italia insegnando a girare e montareun doc tutto da soli, ma anche offrire unmetodo che consentisse di indagare dentro

    di sé. Inoltre una scuola di cinema dovrebbeessere formata da professionisti ben inseritinel mondo del lavoro che basino l’insegna-mento sulla pratica”, conclude Quatriglio.

    La frequentazione di professionisti del settorecontribuisce alla didattica anche quando re-gisti, attori o produttori sono visitatori oc-casionali. Il regista Alessandro D’Alatri, cheha tenuto lezioni al Centro Sperimentale,alla Cattolica di Milano, all’Università di Yalee alla Scuola di Cuba, nel 2010 ha deciso dipresentare il suo Sul mare alla Nuct di Romavisto che aveva scelto come protagonistidel film due giovani ex studenti. “È undovere, alla mia età, andare incontro aigiovani e dare anche lezioni di sopravvivenzasui contratti non rispettati e lo sfruttamentoche colpisce soprattutto chi è alle prese conla sua opera prima”.

    Importante è anche organizzare stage sulcampo e diventare un bacino cui le produzionipossano attingere. “Nel selezionare il castdella serie televisiva Romanzo criminale cisiamo rivolti in primo luogo al CSC”, ricordaad esempio Riccardo Tozzi, patron della Cat-tleya. “Purtroppo, a fronte di alcune realtàsolide e funzionanti, la maggioranza dellescuole sponsorizzate dagli enti sul territoriorientra nella forma di spesa locale fatta piùper la propaganda e per il consenso deipartiti. Per non parlare delle molte realtàprivate che creano solo illusioni e fannoperdere soldi e tempo ai ragazzi”. Un altro criterio di valutazione, quindi, po-trebbe essere il costo della retta in propor-zione al tipo di formazione e di contatti chela scuola assicura. “Lo studente deve sentireche c’è un investimento condiviso – cautelaCaterina D’Amico - altrimenti ha l’impressioneche ciò che gli viene insegnato, anche graziea mezzi tecnici e strutture di produzione di-

    spendiose, non valga nulla. È vero, una rettaelevata potrebbe discriminare, ma per questodovrebbero esistere correttivi come borsedi studio o prestiti da restituire quando si èraggiunto uno status lavorativo”.

    La quota di iscrizione ai corsi della Scuoladi cinema e televisione del Comune diMilano, che annovera fra i suoi docenti Ma-rina Spada e Michelangelo Frammartino, èad esempio calcolata sulla base della con-dizione economica del nucleo familiare dellostudente secondo l’attestazione Isee e l’of-ferta è articolata su un corso diurno triennalee uno serale (per chi di giorno lavora), en-trambi a numero chiuso. Completamentegratuito è il corso biennale per 66 studentiselezionati tramite colloqui individuali offertodalla Scuola d’arte cinematografica GianMaria Volonté, creata poco più di un annofa nella Capitale da un comitato fondatorefra cui figurano Elio Germano e Valerio Ma-standrea, finanziata dalla Provincia di Roma.Il primo anno gli studenti seguono in comunele varie discipline: tutti fanno tutto e si im-mergono nel lavoro cooperativo, imparandoa relazionarsi e a distinguere i vari ruoli. Ilsecondo anno è più specialistico, con corsifull immersion la mattina e laboratori e trai-ning il pomeriggio”.A Bolzano si è costruita una solida reputa-zione la Scuola di documentario, televisionee nuovi media Zelig che, oltre a fornire uncorso triennale di formazione cinemato-grafica specializzata nel film di realtà, sioccupa anche di produzioni cine e televisivee fa parte di una rete internazionale dicentri d’eccellenza accademica nel settore.La Mediateca Regionale Toscana inveceospita la sede fiorentina della prestigiosaNew York Film Academy, che qui offre corsidi regia in pellicola e in digitale nonché direcitazione. A Napoli, infine, una delle pa-

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    SCENARI // Analfabetismo filmico

  • Come orientarsi nellageografia frastagliata della formazione di settoreda Bolzano a Palermo?Ne parliamo con Caterina D’Amico, che ha guidato il settore formazione del CSC, con i registi Costanza Quatriglio e Alessandro D’Alatri, con Angelo Curti di Teatri Uniti e con il produttoreRiccardo Tozzi.

    i

    lestre di cinema più interessanti è il labora-torio permanente di formazione sul campodei Teatri Uniti, di cui è presidente AngeloCurti. “Non è una scuola vera e propria maqualcosa di simile alla bottega di un tempo”,precisa Curti. “Con Teatri Uniti produciamoanche cinema e accogliamo giovani istruen-doli nei vari settori: Paolo Sorrentino vennequi come assistente di produzione, capimmoche non era quello il suo mestiere ma rico-noscemmo che aveva altri talenti”. Curti,come Sorrentino, Stefano Incerti e il pro-duttore Nicola Giuliano, sono anche docentioccasionali della scuola di cinema napole-tana Pigrecoemme: stanno cercando conla nuova amministrazione comunale di ra-dicare a Napoli una scuola pubblica nelcampo delle arti sceniche.

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    SCENARI // Analfabetismo filmico

  • 12 progetti da 150mila euro per lanciare registi e produttori emergenti da tutto il mondo. È Biennale College, iniziativa sostenuta dalla Biennale con Gucci, il MiBAC e la Regione Veneto. Ne parliamo con il direttore della Mostra di Venezia Alberto Barbera:

    “Credo che l’industria culturale sia destinata ad avere un grande sviluppo negli anni a venire, si moltiplicano le piattaforme di distribuzione e il consumo degli audiovisivi, quello che manca sono i contenuti”

    Si parte da un bando internazionale da cui ven-gono scelti 15 progetti, ognuno di questi deveessere presentato da un team regista-produttore,la figura del produttore garantisce la correttautilizzazione dei 150mila euro per la realizzazione.Gli autori dei 15 film selezionati andranno a Ve-nezia a gennaio per un workshop e con l’aiutodi tutor ed esperti del settore svilupperanno iloro soggetti e li renderanno compatibili con laloro realizzazione. Al termine di questo workshopci sarà una seconda selezione in cui si arriveràa tre progetti, che saranno quelli finanziati dalla

    Biennale College. I vincitori parteciperanno aun nuovo workshop a febbraio in cui sarannoaffiancati da altri tutor e produttori e poi avrannocinque mesi a disposizione per realizzare ilfilm, in tempo per presentarlo alla Mostra 2013dove ci sarà una sezione apposita che diventeràfissa. Dopo la presentazione alla Mostra, BiennaleCollege si occuperà di garantire una circuitazionesuccessiva attraverso i festival, internet, piatta-forme on demand o la vendita a canali televisivie a distributori commerciali che possano essereinteressati.

    COME FUNZIONABiennale College

    www.labiennale.org/it/cinema/collegecinema

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    SCENARI // Analfabetismo filmico

    INVISTA

  • Ci sono precedenti a livello internazio-nale di questa esperienza? Per quantone sappia non esiste nulla di simile almondo. Quelli di Cinéfondation diCannes, dei festival di Berlino e Rot-terdam, per citare i più famosi, sono dei laboratoritemporanei, mentre il nostro ha l’ambizione di riu-scire ad aiutare alcuni giovani a realizzare un filmdell’arco di 12 mesi. Oggi le tecnologie leggere, l’ab-battimento dei costi di produzione e la pratica deifilm a micro-budget consentono di farlo. Molti deifilm che abbiamo presentato nella sezione Oriz-zonti quest’anno, ad esempio, sono stati realizzaticon cifre persino inferiori ai 150mila euro che noipensiamo di dare per ciascuno dei progetti.

    Questa tendenza è generata anche dall’attualecrisi economica?Il cinema in questo momento si trova di fronte a unbivio: da un lato c’è la tendenza, soprattutto tipicadelle grandi produzioni, a investire su pochi titolicon budget elevatissimi, dall’altra c’è l’esigenza diriuscire a realizzare opere di grande qualità con cifrepiù basse. La crisi sta tagliando le risorse e diconseguenza i costi. La vera scommessa delcinema di oggi è andare alla ricerca di una qualitàancora maggiore spendendo meno. Quindi leesperienze di produzioni a basso e bassissimobudget sono sempre più numerose e dimostranodi saper raggiungere i mercati e in qualche casodiventare film di successo cioè remunerativi.

    Quali sono i criteri di selezione?Il criterio fondamentale è che i progetti devonoessere realizzabili con 150mila euro. Il budgettuttavia può essere utilizzato liberamente. I giovaniregisti hanno tutte le opzioni, possono anchescegliere degli attori famosi. L’altro criterio è cercaredi capire quali di questi aspiranti registi abbia piùtalento, maggiore originalità e maggiori prospettivedi condurre in porto una piccola impresa comequesta. Ci vogliono una bella idea, un progettooriginale e un talento che sia in grado di farci intuirela potenzialità della storia, che possa essereinteressante anche sul piano del linguaggio, dellamessinscena e della dimensione estetica.

    Come si colloca il vostro progetto rispetto allescuole di cinema?Non è assolutamente competitivo o alternativorispetto alle scuole esistenti. Noi abbiamo altreambizioni: intanto di lavorare in ambitointernazionale e poi di lavorare in manierapragmatica senza alcun approccio di tipoaccademico o scolastico, ma in modo dinamico,mettendo la pratica avanti alla teoria.

    Cosa pensa delle scuole di cinema del nostropaese?Ammetto di non conoscerle tutte ma credo che lascuola ancora più prestigiosa ed efficace sia il CSC.Nonostante tutte le difficoltà che sta attraversandoin termini economici e gestionali, rimanecomunque una scuola di altissimo livello che negliultimi anni ha contribuito a formare una serie difigure professionali, dal regista all’attore, dallosceneggiatore allo scenografo fino al produttore. Il

    problema è che i posti sono pochissimi e lerichieste tantissime, quindi è molto difficile entrare.

    Quindi bisognerebbe aumentare i posti adisposizione?Credo che l’industria culturale sia destinata adavere un grande sviluppo negli anni a venire. Simoltiplicano le piattaforme di distribuzione e ilconsumo degli audiovisivi perché la nuovatecnologia non fa che aumentare i canali adisposizione. Quello che manca sono i contenuti equindi ci sarà sempre più bisogno di giovani ingrado di rispondere a questa sfida. Io credo che lescuole servano e debbano essere capaci diconfrontarsi con la realtà dell’industria culturale dioggi. Ci vogliono una formazione teorica e unacultura di base che però devono essere finalizzatealla domanda del mercato, quindi dinamiche esempre più pratiche.

    di Marilena Vinci

    Un laboratorio di alta formazione,ricerca e sperimentazione per lo sviluppo e la produzione di opere audiovisive a micro-budget che permetta a giovani registi e produttoriemergenti di tutto il mondo, alla loro opera prima o seconda, di realizzare un film in un anno: è Biennale College - Cinema,un’iniziativa sostenuta dalla Biennale di Venezia con la partnership di Gucci, il sostegno del MiBAC - DG Cinema - e della RegioneVeneto.

    “In realtà è un vecchio progetto che ha presoforma già con TorinoFilmLab - ci racconta Alberto Barbera - e quando Baratta mi ha proposto di tornare a Venezia una delle iniziative che gli ho prospettato è stata questa: s’inserisceperfettamente nella Biennale, in cui esiste già l’idea di affiancare ad ogni evento un’attività laboratoriale”

    COSÌ LA BIENNALE DIVENTA PRODUTTORE

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    SCENARI // Analfabetismo filmico

  • discorso di insediamento di StefanoRulli al Centro Sperimentale di Ci-nematografia, primo momento diincontro con studenti, docenti edipendenti nel nuovo ruolo di pre-

    sidente, ha raccolto entusiasmo e consenso. Af-fiancato dai consiglieri di amministrazione NicolaGiuliano, Carlo Verdone e Aldo Grasso, lo sceneg-giatore di La meglio gioventù (2003) è stato chiamatodal ministro Ornaghi a presiedere la storica scuoladi cinema di via Tuscolana, dopo 10 anni di mandatodel sociologo Francesco Alberoni.

    Rulli, nel suo discorso di insediamento ha evocatoCalamandrei e incitato alla “resistenza” e all’as-sunzione di responsabilità. Ma ha anche detto chevuole ridare valore alla parola “sperimentale”.C’è necessità di innovazione. Anche la parola “ci-nematografia” ormai va un po’ stretta, perché esi-stono nuove forme di narrazione audiovisiva e bi-sogna tenerne conto, perché importanti autori in-ternazionali si dedicano alle serie tv di eccellenza oal documentario. Da statuto, fino a oggi, al CSC il

    cinema è stato centrale, ma bisogna trovare unacapacità di sintesi. Dovremo accogliere nuovi lin-guaggi per trovare modelli narrativi diversi.

    Quindi da dove bisogna partire per rilanciare ilCentro?Ci sono grandi professionalità che hanno voglia dipartecipare al cambiamento senza paura. Bisognaguardare alla crisi come a un’occasione per la tra-sformazione, in un paese capace di rinnovarsi solodagli sconquassi. Una difficoltà sta nel reperimentodi risorse, ma bisogna dare un segnale dall’interno,di trasparenza, efficacia, responsabilità.

    Il valore della formazione va cercato solo nel per-corso di studi o anche altrove?Ci sono altri due passaggi molto delicati in una scuolad’eccellenza. Il primo è quello dell’accesso: proveròad allungare i tempi dell’esperienza propedeutica dichi supera la prima fase delle selezioni. Attualmente iragazzi vengono “testati” per 2-3 settimane. Voglioche si arrivi a 2-3 mesi, perché c’è bisogno di piùtempo di osservazione per capire dove sia il talento.

    La meglio gioventù (del cinema)

    “Guardiamo alle altreesperienze europee ma senzadimenticare che non siamouguali, perché abbiamo anchela Cineteca Nazionale. E poi il CSC non è una scuola,ma un progetto di riflessionesul cinema, l’audiovisivo, la cultura. Dobbiamo attingere a nuovi linguaggi,come il videogioco”

    La parola a Stefano Rulli,nuovo presidente del CSC

    di Michela Greco

    Il

    “La questione morale ci riguarda tutti”.Perciò ci vuole una “ribellione non tanto esoltanto contro ciò che gli altri hanno malfatto, ma contro ciò che noi avremmo dovutofare e non abbiamo fatto”

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    SCENARI // Analfabetismo filmico

    www.snc.it

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    SCENARI // Inchiesta

    “Dobbiamo osservare con attenzione anche

    il mondo del videogioco, moltointeressante dal punto

    di vista narrativo”

    “D’altronde, dopo quella di Mosca, il Centroè la scuola di cinema più importante delmondo.”

    Ci vuole rispetto per i ragazzi, non deve essere unadisperata corsa competitiva ma un’esperienza formativache resti e non lasci solo frustrazione. Serve poi unascelta più meditata che impedisca fughe successive.Anche l’ultimo anno è importantissimo, per offrireuno sbocco professionale: una strada potrebberoessere i rapporti trasparenti con le istituzioni.

    C’è bisogno anche di una razionalizzazionedei costi?Bisogna fermare gli sprechi. Raccoglieremo dati perverificare quanto l’attuale organizzazione si adattiai nuovi obiettivi. Il problema economico non èdiretto, non siamo sommersi dai debiti. Ma bisognadare il massimo delle risorse alla didattica.

    Si lascerà ispirare da qualche scuola inter-nazionale?Guarderemo ad altre esperienze europee, a Londra,Parigi, Berlino, pur sapendo che non siamo uguali,anche perché noi abbiamo anche la Cineteca Na-zionale. Sarà utile scambiarsi informazioni suimodelli finanziari e sui progetti formativi. D’altronde,dopo quella di Mosca, il Centro è la scuola dicinema più importante del mondo.

    C’è bisogno di nuove formule narrative per rac-contare la realtà?Sì. Dobbiamo osservare con attenzione anche ilmondo del videogioco, molto interessante dal puntodi vista narrativo, e rimettere in discussione ladidattica contaminando i linguaggi. I ragazzi dovrannoessere capaci di destrutturare l’immagine tradizionale,ma per farlo devono conoscerla benissimo.

    Le sembra che gli studenti siano poco preparatisulla storia del cinema?È importante padroneggiare la storia del cinemanon solo per un motivo accademico ma perchéoffra spunti in un percorso creativo. Se ami il cinemalo devi conoscere, ma non è giusto non selezionareun ragazzo che ha talento se non conosce la storiadel cinema: insegnargliela è tra i compiti del CSC.

    In questo ha un ruolo importante la Cineteca Na-zionale.Sì, non è affatto accessoria per informare gli allievisul cinema del mondo. Bisogna capire comerenderla più funzionale con la scuola. La Cinetecanon deve solo restaurare e preservare il patrimoniocinematografico e la memoria storica, ma anchepromuovere.

    Cosa non vorrebbe più vedere al Centro Speri-mentale?Demonizzazione e demoralizzazione. Il CSC non èsolo una scuola, ma un progetto di riflessione sulcinema, l’audiovisivo, la cultura. Questo progettoè a lungo mancato. Dobbiamo essere un punto diriferimento per il cinema italiano, in cui i maestri simisurino con i nuovi autori.

    SCENARI // Analfabetismo filmico

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    SCENARI // Analfabetismo filmico

    Come avviene il ricambio professionalein Italia? In che modo un sapere pro-fessionale stratificato e una compe-tenza tecnica raffinata si tramandanoda una generazione all’altra? Preval-gono ancora dei metodi da bottega artigianale, radi-cati nell’esperienza diretta e nell’umile praticantato?L’istruzione avviene in specifici luoghi, con un’ade-guata dotazione tecnica e con protocolli pedagogiciequivalenti ai programmi di formazione offerti dallemigliori accademie del cinema europee o dai corsiuniversitari britannici o statunitensi? In sintetici ter-mini, come avviene il cambio della guardia nella fi-liera del cinema italiano?

    A queste molto concrete domande ha provato a ri-spondere una ricerca universitaria finanziata dalMinistero dell’Istruzione, dell’Università e della Ri-cerca e coordinata dall’Università degli Studi diUdine, con la Libera Università di Lingue e Comu-nicazione IULM, l’Università della Calabria e l’Uni-versità degli Studi di Roma 3. Per semplificazione,gli ambiti di interesse possono essere rubricatisotto le voci istruzione, mercato, linguaggio, culturae patrimonio. La formazione professionale si è rivelata una terradi nessuno, con un’ offerta indiscriminata di corsidi cinema: si è realizzato un censimento dell’offertaformativa nazionale, grazie anche al sostegno dellaRegione Autonoma della Sardegna. Attraverso lamappatura, relativa il biennio 2009-11, si è colta lacomplessità dello scenario: più di 1000 corsi, dai

    più seri e consolidati ai più palesemente implausibili.I dati raccolti sono consultabili in un database online (www.cinemaformazione.it).Alcuni aspetti ri-sultano evidenti: in primis, la progressiva ritiratadell’investimento pubblico (meno del 10% dell’offertacomplessiva), la riduzione dello spazio di manovraa sua disposizione a fronte dell’emersione disoggetti dallo statuto incerto (corsi a finanziamento

    F.S.E., Accademie di Belle Arti) e della proliferazionedell’offerta privata. Sul piano della distribuzionedelle realtà formative, si è notata la prevalenteconcentrazione nei centri tradizionali di produzioneaudiovisiva (Roma, in subordine Milano), conpunte inattese in aree meno rilevanti sul pianoproduttivo (Sicilia), che suscitano interrogativosull’effettiva funzionalità di tali iniziative. A questi dati si associa il ruolo esiguo della forma-

    zione universitaria nella professionalizzazione ci-nematografica (il 3% dell’offerta complessiva), perla maggior parte concentrata a un livello di base(master di I livello), a differenza di quanto accadein altri contesti nazionali: due esempi immediatisono il sistema accademico britannico e quellodelle Hochschule tedesco. Infine, dato forse più al-larmante, in Italia si registra la limitata attenzione

    alla trasformazione tecnologica e all’emersione dinuovi profili professionali. I corsi per filmmakersono decine, mentre mancano ancora percorsiformativi destinati ad attività più rilevanti negliultimi anni, successivamente al Decreto Urbani eal nuovo protagonismo territoriale: esperti diproduct placement e location manager, per faredue esempi di nuove professionalità per le qualimancano occasioni strutturate di formazione.

    NELLA TERRA DI NESSUNO

    di Leonardo Quaresima e Francesco Pitassio

    Indiscriminata e caotica l’offerta di scuole di cinema e corsi di formazione secondo una ricerca universitaria. I giovani si orientanoancora, soprattutto, con il passaparola. Ma ora è consultabile un database online:www.cinemaformazione.it

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    SCENARI // Analfabetismo filmico

    Una volta tracciata la mappa del paese, si è cercatodi comprendere in che modo lo si attraversi: comeci si orienti, con quali aspettative, e superandoquali ostacoli. Lo si è fatto attraverso un’indaginequalitativa, a partire da un questionario strutturatoimpartito a protagonisti della formazione, da am-bedue i lati della cattedra.Il campione è stato costituito da venti scuole, perun’adeguata immagine della distribuzione territoriale.La finalità principale era la descrizione del vissutoesperienziale: in altre parole, come ognuno viva laformazione, cosa attende, quale futuro le assegni.Ne è emerso un quadro poco confortante: le trecaratteristiche distintive sono frammentazione, di-somogeneità e mutabilità. Frammentazione dellediscipline in una molteplicità di corsi. Disomogeneitàdi offerta formativa tra realtà. Mutabilità di unaproposta, soggetta a costanti variazioni da unastagione alla successiva. Perciò, accanto a scuoleconsolidate e di rinomanza internazionale, concriteri di selezione rigorosi, piano formativo chiaroe vocazione professionalizzante o di specializzazione,convive una schiera di iniziative la cui prevalente

    (spesso opaca) funzione è l’alfabetizzazione, o laformazione di base. Lo scenario ha ricadute pro-blematiche per tutte le parti in campo: negli allieviingenera una difficoltà di orientamento, con parti-colare riguardo alla scelta della realtà formativa.Per le scuole, diviene impervio tutelare la specificitàdel proprio progetto professionalizzante e qualificarloagli occhi del mercato del lavoro: si associa la pre-carietà della condizione dei docenti. Per i datori dilavoro, risulta complicato attribuire una valenzastabile a un percorso di formazione anziché a unaltro. A farla da padrone in Italia è ancora e so-prattutto la dimensione relazionale: il passaparolatra allievi consente l’individuazione delle iniziativeformative più accreditate, la realtà della scuolaproduce reti di contatti tra allievi e la conoscenzatra questi e docenti professionisti offre un primocontatto con il mondo del lavoro. Tuttavia, altricontesti industriali e formativi da tempo si sonoposti il problema di rendere quanto più lineari ilpercorso di formazione e le soglie di ingresso nelmercato del lavoro. Nel caso italiano, questo pro-cesso richiede di essere perfezionato. Crediamo

    che questa prima ricognizione possa fornire qualchedato per aumentare la consapevolezza delle sfidefuture e delle strategie utili a vincerle. In tal sensosarebbe auspicabile un tavolo progettuale condivisotra gli stakeholder (istituzioni nazionali e locali,centri formativi partecipanti al consorzio internazionaleCILECT, centri di ricerca universitari, associazioni dirappresentanza dell’industria dell’audiovisivo, as-sociazioni professionali), finalizzato a fissare soglieistituzionali di qualificazione, identificazione eingresso nel mondo del lavoro, con il vantaggio dichiarire i percorsi e le sedi formative, per consentiredi passare da un vivace ma spaesato mucchio sel-vaggio, a un più disciplinato e funzionale plotone,mutando uno sguardo preoccupato sul ricambio inun efficace cambio della guardia.

  • Antonioni Fellini De Sica Pasolini Rossellini Visconti Leone Sordi Magnani Chaplin

    Torino

    Milano

    Genova

    Padova

    Bologna

    Firenze

    Roma

    Napoli

    Bari

    Palermo

    largoFellini

    viaDe Sica

    viaDe Sica

    viaPasolini

    viaPasolini

    viaMagnani

    piazzaChaplin

    viaDe Sica

    viaRossellini

    viaRossellini

    rotondaVisconti

    viaRossellini

    viaChaplin

    IL SILENZIO DELLA

    TOPONOMASTICA

    L a scorsa estate, durante una breve va-canza nella provincia francese, mi è capi-tato più volte di imbattermi – in villaggicon poche migliaia di abitanti – in vie ostrade intitolate ai grandi maestri del ci-nema francese. Registi, ma anche attori. Talora attori molto popolari come Fernandel. Segnoche in Francia i cineasti e gli uomini di cinema ingenerale sono considerati patrimonio della nazione.Segno che fanno parte dell’orgoglio nazionale, eche contribuiscono alla definizione della memoriacollettiva. E da noi? Mentre passeggiavo in rue RenéClair, o in rue Jean Renoir, mi veniva da chiedermiquante – fra le grandi città italiane – abbianodedicato una piazza o una via – poniamo – aFederico Fellini, o a Pier Paolo Pasolini. O a ungigante della cultura e dell’arte del Novecento comeCharlie Chaplin.

    Il risultato, sconfortante, è nella tabella chepubblichiamo in questa pagina. Il vuoto dellatoponomastica dice di come il cinema non facciaparte del nostro patrimonio nazionale. Di comecontinui a non essere ammesso tra i beni (o ipatrimoni…) artistico-culturali della nazione. Lenostre vie sono intitolate spesso a figurine minoridella cultura aulica ottocentesca, ma rimuovono atal punto la modernità da condannare all’oblio gliartisti dell’immagine in movimento. Segno che unpo’ tutti noi – operatori culturali, giornalisti, opinionmaker, autori – non abbiamo fatto ciò chepotevamo e dovevamo per dare al cinema la dignitàche gli spetta. Se ora ci ritroviamo con il pubblicopiù ignorante d’Europa, la colpa – dobbiamoammetterlo – è un poco anche nostra.

    L'indagine è stata effettuata su Google Maps e TuttoCittà nel novembre 2012

    Nelle dieci più grandi città italiane, solo unavia dedicata a Fellini,nessuna ad Antonioni.

    di G.C.

    SCENARI // Analfabetismo filmico

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  • Carlo Chatrian, 41enne torinese, dallo scorso novembre è direttore artistico del Festival del film Locarno, dopo aver collaborato con Cinéma du réel di Parigi, Courmayeur Noir in Festival e Alba Film Festival. Critico cinematografico per le riviste Filmcritica, Duellanti, Cineforume direttore della rivista Panoramiques, è dal 2010 consulente della Cineteca svizzera di Losanna e dal 2011 direttore della Fondazione Film Commission Vallée d’Aoste.

    di Stefano Stefanutto Rosa

    Da poco più di un mese è alla guidadel Festival di Locarno, prevededelle modifiche sostanziali con l’edi-zione in programma dal 7 al 17 ago-sto 2013? La formula adottata dal mio predecessore OlivierPère non necessita di grossi cambiamenti, è benadeguata al posizionamento del Festival e alla suaidentità. Locarno è sempre stato un luogo discoperta. Scoperta di tutto quello che il presenteoffre con uno sguardo al futuro, in termini di registie di direzioni che il cinema sta prendendo, maanche (ri)scoperta della storia del cinema, dei modidi raccontare. Le ultime retrospettive di Minnelli,Lubitsch, Preminger, che ho curato, e quell’annunciatadi George Cukor, sono un contrappunto impre-scindibile alla ricerca sul presente visto che ilFestival, oltre che frequentato da professionisti egiornalisti, ha un pubblico di appassionati, giovanie meno giovani.

    C’è poi la Piazza Grande, un appuntamento perun pubblico più largo.

    Negli ultimi anni, la Piazza Grande, che è un po’ ilcuore del Festival, si è aperta ad accogliere personalitànote non solo ai cinéphiles. Senza voler snaturareun festival, che ha privilegiato sempre la qualitàalla notorietà, penso che questo aspetto non vadatrascurato. E poi la piazza è “talmente grande” dafar convivere autori con attori. I due concorsi conoinvece rivolti a quei film destinati a segnare lascena contemporanea: il Concorso Cineasti delpresente, aperto solo a opere prime e seconde, e ilConcorso internazionale con un equilibrio tra registipiù affermati e filmmaker che necessitano dellagiusta piattaforma internazionale per presentarsiai distributori. Dunque un doppio canale per nuoviregisti ed esordienti. Questa è la struttura delFestival a cui s’aggiungeranno altri omaggi, eventiche daranno l’impronta della nuova direzione, maal momento è prematuro parlare di nomi e titoli.

    1919

    www.pardolive.ch

    COSA MI PIACE DEL CINEMA ITALIANO

  • 20

    COSA MI PIACE DEL CINEMA ITALIANO

    Se dovesse comunque annunciare domani una ras-segna di un autore italiano, da chi comincerebbe?

    Due le risposte possibili. Se penso a una retrospettivanel senso di un autore che ha un corpus di opereimportanti, il nome più forte è Marco Bellocchio.Anche se ci limitiamo all’ultimo decennio Bellocchio,con i suoi lavori che recuperano la storia italiana eil nostro archivio, arriva a raccontare il nostro Paesemeglio di altri. Narrarlo nel suo caso non significariprodurre in modo mimetico il presente, limite ditanto cinema, ma indagare le strutture di fondo, avolte andando indietro nel tempo come accadecon Buongiorno, notte o Vincere. Nei suoi film ilracconto non è solo un percorso narrativo, ma altempo stesso un tragitto in cui il viaggiatore ricevegli strumenti per orientarsi nel viaggio e così capireil mondo in cui viviamo.

    Allora una personale di Bellocchio a Locarno 2013?

    No, perché è già stata fatta alla fine degli anni ’90da Paola Malanga, che aveva curato una bellissimapubblicazione.

    E l’altra risposta?

    Se la personale è invece intesa come un omaggio aun regista che è emerso, che rappresenta anchequello che mi piace del nostro cinema, scegliereiDaniele Gaglianone che ha la capacità, la sfrontatezzadi toccare generi e linguaggi differenti. Un docu-mentario inclassificabile come Rata nece biti (Laguerra non ci sarà), che è la cartografia di un paeseche sta cambiando; un lavoro assolutamente indi-pendente come Pietro, tra i titoli recenti più inte-ressanti; o film più interni al sistema produttivocome Ruggine. Mi piacciono i registi che non hannotimore, anche sbagliando, di sperimentare. Pensoa Michelangelo Frammartino o a Pietro Marcello.

    Quale film italiano recente l’ha stupita?

    Le quattro volte di Frammartino mi ha sorpresoappena l’ho visto a Cannes. Era un progetto chegià conoscevo grazie anche ad alcune immaginiviste in anteprima. Eppure il risultato finale mi èparso da subito sorprendente, per il modo in cuil’autore ha lavorato su una commedia e sulla ripro-duzione della profondità di una cultura, senza maiannoiare. Vi ho trovato il piacere intellettuale chederiva dalla forza del linguaggio utilizzato, e altempo stesso un piacere che rimanda a quelloofferto dai film di Jacques Tati con le sue gag e ilsuo lavoro sui corpi e sugli spazi che alla finevengono modificati.

    Altri film nazionali che l’hanno colpita?

    La bocca del lupo di Pietro Marcello, anche sel’effetto sorpresa è qui meno evidente, visto che inquesto film si assiste per me al compimento di unpercorso iniziato già con i primi cortometraggi. Ri-corderei poi L’estate di Giacomo di Alessandro Co-modin, vincitore del concorso Cineasti del presentea Locarno 2011: un’opera intensa ed efficace, anchequesta su spazi e corpi. E poi Rumore bianco di Al-berto Fasulo, un film orizzontale che include degliinserti di narrazione o di saggio, con uno straordinariolavoro sul suono. C’è in Italia una generazione difilmmaker, poco nota e visibile in modo frammen-tario, che ha un grosso potenziale e che si esprimeal meglio quanto è stretto il collegamento conterritori specifici da un punto di vista culturale,geografico e antropologico. Penso a SalvatoreMereu e al lavoro che da anni conduce in Sardegna,il primo episodio di Ballo a tre passi è stato una ri-velazione. E ancora Gianfranco Rosi, documentaristadai tempi creativi lunghi che realizza film sorprendenticome Below Sea Level. Il cinema italiano ovviamentenon si riduce a questi nomi, ci sono registi, giovanie meno giovani, che hanno la fortuna di uscire insala con film di valore. È il caso di Saverio Costanzo,Matteo Garrone, per citarne alcuni. Ma se il puntod’osservazione è quello di critico e di direttore delFestival di Locarno, scelgo di segnalare quei registimeno noti tra il pubblico.

    “Se la personale è intesa come un omaggio a un regista che è emerso, che rappresenta anche quello che mi piace del nostro cinema,sceglierei Daniele Gaglianone che ha la capacità, la sfrontatezza di toccare generi e linguaggi differenti”

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    COSA MI PIACE DEL CINEMA ITALIANO

    C’è un problema di promozione di questo prodottoall’estero?

    Non direi. L’attività che svolge in questa direzioneLuce Cinecittà, nonostante le risorse limitate inepoca di tagli, è importante e precisa, a cominciaredalle indicazioni offerte e dalla conoscenza deifestival di riferimento. Semmai c’è scarsa attenzionerispetto a queste forme di linguaggio da parte deiselezionatori dei festival internazionali. Vedi Labocca del lupo che ha girato nel circuito mondialesolo dopo il passaggio al Forum di Berlino, nel frat-tempo la sua vittoria al Concorso del TFF erapassata inosservata ai programmatori stranieri.Direi che spesso la sensibilità, l’idea che il selezio-natore ha della nostra cinematografia non si raccordacon l’immagine che ne riceve dai film proposti.Così è accaduto recentemente con L’intervallo diLeonardo Di Costanzo la cui forza espressiva, no-nostante una carriera estera appena iniziata ma si-gnificativa (dopo Venezia, il film è passato a Torontoe Londra), non mi sembra sia stata colta appieno.

    Questa produzione è purtroppo ignorata daigiovani e dagli adolescenti.

    Per i giovani, soprattutto in Italia ma non solo, è ilfenomeno cinema a segnare il passo. L’intratteni-mento corre attraverso altri mezzi. E quando lospettatore giovane frequenta la sala, o meglio ilmultiplex, cerca qualcosa che s’avvicini il piùpossibile ad esempio al videogioco. S’aggiunga ilfatto che questi film da noi, a differenza dei nostricugini francesi, non godono di un’adeguata comu-nicazione. La stampa nazionale privilegia quelloche il mercato offre. Se poi un film come Le quattrovolte venisse programmato in un multiplex, credoche gli spettatori uscirebbero subito, perché c’èuna sproporzione tra le aspettative del pubblico diquel luogo e il prodotto. Esemplare l’esperienzache ho vissuto in un multiplex con Habemus Papamdi Nanni Moretti, un film certo non minore e conun cast conosciuto. Ebbene eravamo in cinque avederlo. Eppure il film ha avuto un percorso in saladi tutto rispetto.

    Ma questo cinema d’autore e indipendente nonpuò limitarsi alla sala.

    Sempre più in futuro funzionerà il sistema dellepiattaforme on-line: a un costo accessibile scarichiil film oppure lo vedi in streaming, anche se ilritorno economico per il film è per ora basso. Noncredo invece alla collocazione di questo cinema inun palinsesto televisivo generico, a meno di non ri-voluzionarne la concezione. Confido piuttosto neicanali tematici.

    Utile sarebbe una promozione in televisione.

    Le confido un sogno: una rubrica settimanale di15/20 minuti, su una rete di riferimento in unorario decente, con un conduttore carismatico e ri-conoscibile, dedicata al cinema che non si vede,che presenta e lancia titoli fuori dai circuiti tradizionalie dalle logiche di mercato. Titoli non solo italianima anche di cinematografie straniere.

    Come giudica l’idea del direttore Marco Müller diriservare un concorso a parte per il cinema italiano,prima a Venezia e ora a Roma?

    Nell’affrontare il mio nuovo impegno alla guidadel Festival di Locarno, il primo modello a cui miviene di pensare è proprio quello delle edizionidirette da Müller negli anni ‘90. Anche il lavorosvolto a Venezia è egregio, penso soprattutto aOrizzonti. Per quanto riguarda un concorso dedicatoal cinema italiano penso che sia un ottimo modoper dare visibilità alla cinematografia locale. Ilpericolo è semmai quello di creare una riserva incui delimitare la produzione italiana.

    Che posto occupa il nostro cinema d’autore al-l’estero?

    All’estero c’è la considerazione generale che ilnostro cinema abbia vissuto una stagione straordi-naria negli anni ’60 e ’70 e che poi sia calato irre-versibilmente, tranne alcune importanti eccezioni.Negli ultimi anni registi come Paolo Sorrentino eMatteo Garrone hanno avuto riconoscimenti a Can-nes, i Taviani quest’anno a Berlino; non sono sicurose questi segnali siano sufficienti a far parlare di ri-nascita del cinema italiano. Mi sembra che manchiun’adeguata conoscenza della complessità dellanostra produzione, soprattutto di quella che simuove in un territorio che non è quello del cinematradizionale, molto legato per contenuti e personaggialla cultura del proprio paese.

    “Se penso a una retrospettivanel senso di un autore che haun corpus di opere importanti,il nome più forte è MarcoBellocchio. Anche se cilimitiamo all’ultimo decennioBellocchio, con i suoi lavori che recuperano la storiaitaliana e il nostro archivio,arriva a raccontare il nostropaese meglio di altri”

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    L a rivoluzione digitale ha negli ultimi annitrasformato profondamente i modi diproduzione dell’animazione: la crea-zione di tecnologie consumer ibride trala fotografia ed il cinema, e l’immissionesul mercato delle digital-reflex ad alta definizione,hanno realmente fatto “rinascere” una tecnica “an-tica” quanto il cinema, ovvero la stop motion o“passo uno”, base dell’animazione, rendendola piùsemplice e immediata. L’accessibilità sempre cre-scente di hardware e software dedicati ai personalcomputer è l’altro elemento fondante di questenuove forme di creatività e professionalità chehanno, di fatto, aperto nuove possibilità d’accessoa pratiche artistiche artigianali fino agli Anni ’90 so-stenibili, economicamente e tecnicamente, solo dacase di produzione e da artisti affermati. La pellicolacosta(va), e costa lavorarla, e così il suono, mentreil digitale permette di avere risultati immediati,grande definizione, e non ha costi se non nell’inve-

    stimento iniziale. Il mutato panorama mediale incui si situa questo decennio dell’animazione ita-liana (dalla promozione al consumo) è l’altro latodella medaglia: l’esplosione delle nuove piattaformedigitali di social media e portali di video sharingcome You Tube, Vimeo, l’ormai veterano Myspace,e anche web-log come Tumblr e Wordpress, hannopermesso di far diventare queste piattaforme i mo-tori della trasformazione dei princìpi e delle prassidell’autopromozione dell’audiovisivo contempora-neo. Grazie a questo mutamento e rinnovamentodelle condizioni di produzione (tecnologia accessi-bile e a basso prezzo) e di promozione (pratica-mente gratuita), in pochi anni l’Italia ha raggiunto,nell’animazione, un alto livello di competenze e diprodotti che sono ora acclamati come tra i più ac-curati tecnicamente e stilisticamente originali a li-vello internazionale.Citiamone solo alcuni: autori di animazione “classica”che si fanno strada nei festival (Simone Massi con-

    RI-ANIMAZIONI. AL CUORE DEL CINEMA

    ITALIANOdi Giulio Bursi

    INNOVAZIONILa new wave dell’animazione italiana

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    INNOVAZIONI // La new wave dell’animazione italiana

    sacrato quest’anno a Venezia), altri che con tecnichemiste vincono premi importanti (Sergio Basso eLorenzo Latrofa ad Annecy 2009, Magda Guidi eMara Cerri a Torino 2012), nascita di factory al-l’avanguardia da Milano a Roma (Dadomani, Mam-mafotogramma, Magicmindcorporation, N9ve, LaTestuggine, Opificio Ciclope), street artists che ri-voluzionano l’animazione internazionale (Blu conil suo Muto), ma anche cineasti solitari, che prati-cando il do it yourself come filosofia produttiva(Donato Sansone, Virgilio Villoresi) riescono aflirtare con il mainstream dei grossi brand pubblicitarisempre più innamorati della stop motion. Il fenomeno emerso in maniera dirompente negliultimi 4-5 anni viene “dal basso”, ha a che fare conil recupero di tecniche antiche, con l’autoproduzione,con la reinvenzione continua del cinema col cinema,grazie ad una serie di giovani autori che fannocarne delle proprie visioni. Villoresi, Sansone, iTambellini, Mori, Ericailcane, sono una generazionesenza padri (padroni), che non ha potuto usufruirené degli studi di animazione che tra gli Anni ’50 e’70 tra Milano e Roma hanno prodotto film,pubblicità e caroselli, né delle case di produzionespecifiche per questo tipo di opere e finanziatedallo stato attraverso l’industria del cinema coipremi di produzione (come la Corona Cinemato-grafica, che dagli Anni ’60 agli Anni ‘80 ha fatto la-vorare ed esordire alcune genialità indipendenticome Claudio Cintoli, Manfredo Manfredi, RosaFoschi, Magdalo Mussio e foraggiato giovani maestricome Pino Zac, Bruno Bozzetto, Gibba). E di chisono figli, dunque? Se con la crisi del cinemaitaliano e la morte di molte di queste societàrestano vivi pochi studi (tra cui quello di Fuzellier-Cavazzuti-Ferrari e successivamente quello creatodal loro allievo Mario Aldis, che fonderà la Gertienel 1989 sempre a Milano), gli Anni ’80 e l’iniziodei ’90 hanno fatto uscire allo scoperto i loroprobabili fratelli maggiori, rare genialità solitarie,autori che hanno basato i loro esordi sulle rovinedella nostra industria. Il torinese Vincenzo Gioanolasu tutti, tra i fondatori di Lanterna Magica nei

    primi Anni ’80, visivamente affine ad artisti comeKeith Haring o Harry Smith, che con una diascopia,un piccolo trapano e dei colori, ha per anni creatoopere con la sola logica dell’autoproduzione e “di-pingendo” direttamente su negativo 35mm. Dauna scuola d’arte, in assenza di studi e produttorie non intessendo diretti rapporti col mercato, nascela geniale Ursula Ferrara, figura mitica per le giovanigenerazioni. Dall’altro lato anche la superstar Gian-luigi Toccafondo, da sempre sponsorizzato da Arte,pittore di formazione come la Ferrara, ha lasciato ilsegno. Entrambi capaci di costruire uno stile unicoe senza compromessi, maestri di un artigianatodel “passo uno” che ancora oggi trova pochi egualinel mondo, i due sono artisti il cui profilo si lega almondo dell’arte (gli straordinari “olii animati” dellaFerrara) e delle gallerie, nonostante Toccafondo siaoggi approdato anche al grande cinema dopo averrealizzato una serie di sigle e advertising entratinella storia dell’industria culturale italiana. A questedue figure vanno aggiunte alcune personalità chehanno fatto da ponte tra arte, video e cinema spe-rimentale (da quest’ultimo hanno preso le tecniche,dall’arte video hanno invece imparato ad “installare”le proprie opere), e che completano le influenzeandando al di là dei classici circuiti di cui si parlava(importanti musei, gallerie, biennali). Una genera-zione “di mezzo”, che a partire da Saul Saguatti,Cristiano Carloni e Stefano Franceschetti fino adAlvise Renzini, si è mossa sul crinale di diverse tec-niche, con risultati veramente notevoli, approdandoad un riconoscimento “internazionale” (parados-salmente, la più “alta” ci sembra la presenza dellepellicole dipinte di Saguatti al fianco dei 70mmstrips di Brakhage nella mostra Le macchine dellameraviglia alla Venaria Reale, ma il passaggio diopere di Carloni e Franceschetti al Louvre o al Mu-seum of Contemporary Art di Chicago dice moltosul riconoscimento internazionale ricevuto d questiartisti). L’emergere delle realtà più giovani (tra cuiIgor Imhoff, Virginia Mori, Alice e Stefano Tambellini,Beatrice Pucci, Marco Cappellacci, Giovanni Munarie Dalila Rovazzini) deve molto al progetto di anto-

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    INNOVAZIONI // La new wave dell’animazione italiana

    logizzazione, tanto importante quanto fuori daogni logica di mercato editoriale, che Andrea Mar-tignoni e Paola Bistrot stanno portando avanti conla loro serie di DVD Animazioni (ora alla secondauscita, con ben 25 autori coinvolti), e a quello distoricizzazione e curatela iniziati, in solitaria, dauno storico dell’avanguardia italiana come Brunodi Marino e da un curatore e programmatore comeFederico Rossin (con mostre, articoli, retrospettive).Non va sottovalutato anche il ruolo “attivo” dellescuole come il Centro Sperimentale di Cinematografianella sua sede piemontese (spesso anche in vestedi produttore) e il classico Istituto Statale d’Arte diUrbino, o i nuovi corsi di animazione della CFPBauer e dello IED di Milano; il versante pedagogicosemplicemente mancava in Italia, che pur nonavendo una gloriosa storia alle spalle (non abbiamoavuto la “scuola di Praga”, o quella polacca o jugo-slava) è riuscita a sfornare decine di animatori 2De 3D, scenografi, tecnici e registi di ottimo livello(Roberto Catani, Carloni-Franceschetti e GianlucaLo Presti su tutti, che infatti coniugano insegnamentoe lavoro artistico). Se i padri sono lontani, daifratelli maggiori e minori questa generazione haimparato l’indipendenza, la necessaria trasversalità,affermando un’internazionalità che in parte mancavaai grandi maestri (con l’eccezione di ManfredoManfredi, candidato all’Oscar per Dedalo, a cui illavoro di Simone Massi deve molto); maestri chetroppo dazio pagavano all’animazione americana,al “cartone animato”, all’estetica del carosello. Molti di questi giovani autori citati ricoprono variruoli della loro stessa filiera produttiva: sono grafici,animatori 3D, montatori, scenografi, sceneggiatori,che sono in grado di realizzare e seguire direttamente,passo a passo, la propria opera, abbassando note-volmente i costi di produzione e rendendo produt-tivamente “conveniente” conservare una forte au-

    tonomia ed un’impronta artigianale. Il fenomenoche descriviamo, per ora, tende a “conservare” an-ziché disperdere le conoscenze pregresse, fa delpassato virtù mantenendo alto il senso critico, ed èper questo che è interessante. Oggi, timidamente,anche gallerie d’arte e musei puntano sulla spondaprevalentemente artigianale di questo lavoro e,promuovendo il percorso artistico “home-made”nella produzione delle opere, si sono aperti percorsi(Wow di Milano, Tricromia di Roma) dove gli ani-matori espongono il loro lavoro e possono presentaree vendere persino i materiali preparatori delle opere.La creazione di vere e proprie factory dell’animazioneda una parte, ed il continuo sviluppo del movimentodei giovani animatori italiani dall’altra, hanno rap-presentato una nuova forma di joint venture trauna nuova autorialità indipendente e una filieraproduttiva trainata per ora solo in parte dai grandibrand commerciali, che sfocia in forme di collabo-razione in cui le prassi delle case di produzionipubblicitarie si legano all’artigianato autoriale ealla committenza del mercato globalizzato.

    Oggi, timidamente, anche gallerie d’arte e musei puntano sulla sponda prevalentemente artigianale di questo lavoro.

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    INNOVAZIONI // La new wave dell’animazione italiana

    stallazioni (Netmage 2009) ed una serie di pubbli-cità, video e sigle “d’autore” di alto livello. Citiamosu tutti i recenti exploit per Rai5 (gli stacchi perUbik), le pubblicità per Moleskine, Jello, UNDP, equella, in realizzazione, per Valentino, veri e proprigioielli di semplicità e immediatezza semanticaunita ad una grande eleganza visiva, in cui non sirinuncia ad omaggiare vecchi maestri poco cono-sciuti (Jiri Trnka, con lo splendido Fine, in cui si citacongiuntamente il talento del suo conterraneoMario Mariotti) e a creare uno spazio interdimen-sionale in cui zootropi, camere oscure, oggetti fe-ticcio dell’estetica vintage/indie dialogano consuoni, colori e moda dei brands contemporanei.

    G.B.

    Gianluca Lo Presti, Giulio Masotti,Marco Falatti, Federico Della Putta edEttore Tripodi hanno creato a Milanouno studio unico nel suo genere, incui l’animazione è solo una delle tantearti utilizzate. Non ancora trentenni ma già artigianiinventivi (Lo Presti), progettisti sicuri (Masotti) e di-segnatori/incisori di talento (Tripodi), hanno saputoconiugare l’home made nella forma più radicale, rea-lizzando da zero e con le loro mani progetti di allesti-mento di assoluto pregio (come Al gran sole caricod’amore, mostra documentaria su Luigi Nono alle-stita per la Triennale di Milano) e facendosi notareanche oltre oceano (il recente allestimento di Allez-up, Montreal 2012). Il versante “pedagogico” (IED,Bauer, IULM) è forse una delle loro declinazioni/in-clinazioni più interessanti, che li ha portati a realiz-zare, in reale collaborazione con gli studenti, sigle(IULM Creative Happening 2012), installazioni (IED2012), e altri lavori. Prediligono la materia prima pla-smata, che sia legno, carta, plastilina o metallo pocoimporta, e sono al contempo dotati di grande cono-scenza di software e hardware per pilotare questa ma-teria e connetterla con le loro visioni.

    G.B.

    OFFICINE CREATIVE

    VIRGILIO VILLORESIwww.virgiliovilloresi.com

    Per visionare e commentare i prodotti delle factory, collegati al sito www.8-mezzo.it

    MAMMAFOTOGRAMMAwww.mammafotogramma.it

    Chi oggi è riuscito a sublimare la pro-pria cinefilia e a superare questa im-passe tra underground e overgroundè sicuramente Virgilio Villoresi. Classe1979, fiorentino, laureato al DAMS diAntonio Costa, ha saputo scegliere nella propria for-mazione una serie di collaborazioni e suggestionivincenti sia nel campo della moda (Vivì Ponti delbrand Vivetta) che delle arti plastiche (il “maestro”dei pupazzi animati e delle illustrazioni Erica ilCane). Da qui una carriera completamente indipen-dente (non ha una casa di produzione di riferi-mento e vive nel suo studio-casa), che nel continuoomaggio al cinema primitivo e a quello sperimen-tale (che sia polacco, ceco, americano) ha creato in-

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    INNOVAZIONI // La new wave dell’animazione italiana

    Questo è il pensiero di Maurizio Fore-stieri di Graphilm, una delle aziendepiù antiche del settore dell’anima-zione in Italia. Nata nel 1988 vanta lacollaborazione con i maggiori profes-

    sionisti e artisti dell’animazione, da Freccia Azzurra(1996) a Totò Sapore (2003), avendo realizzato im-portanti serie di animazione con Mediaset e Rai, in-dicato come il partner coproduttivo più importante.

    Graphilm, il cui credito si annovera anche tra quellidel recente progetto Cenerentola Una Favola In Di-retta, per la regia di Carlo Verdone, nella prospettivadel prossimo progetto che sarà in 3D stereoscopico,è uno studio tradizionale, che opera in 2D con unperfezionamento della CGI connessa alle nuovetecnologie. Graphilm è sinonimo di artigianato dialta qualità, dimostrato dalla realizzazione rigorosadel disegno manuale, in fase di preproduzione, na-turalmente con il supporto di ink and paint e dicompositing che hanno molto velocizzato il processoproduttivo, un tempo lungo e laborioso. Nel rispetto della tradizione manuale del disegnoanimato, Forestieri guarda al futuro di Graphilm edell’animazione italiana tutta con la constatazioneche la crisi abbia molto rallentato, e in alcuni casiannientato, il motore produttivo del settore, eppurecon la fiducia che una grande trasformazione dalpunto di vista dei supporti, quindi degli utenti, siaun processo in atto. Anche se ancora oggi questoadeguamento fatica a delinearsi, potrebbe avere ilsuo riscatto se si delineasse una new economydello spettacolo che desse la possibilità di unnuovo profilo e di una più radicata affermazionedel genere animato nel nostro paese.

    N.B.

    GRAPHILMwww.graphilm.com

    “Credo che l’epoca delle tv generaliste sia terminato e che il futuro moltoprossimo siaesclusivamente in rete: questopresuppone ancheuna tv on demand ela possibilità diun’enorme sceltaa costi moltopiù contenuti”

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    INNOVAZIONI // La new wave dell’animazione italiana

    Gruppo Alcuni nasce nel 1973 ed è trale prime factory europee specializ-zate nella produzione di cartoon efiction per ragazzi, presente in piùdi 60 paesi nel mondo dagli USAalla Repubblica Popolare Cinese, dall’India agliEmirati Arabi. Tra i brand di maggior successo delgruppo, per la televisione: Cuccioli (tra i cartoonpiù amati dai bambini nel mondo, sbarcato ancheal cinema con Cuccioli - Il codice di Marco Polo delquale si sta realizzando il sequel), Leonardo, Slash,Eppur si muove, Symo & Rose, h2Oooo!. Da ricor-dare anche il programma televisivo Ciak Junior de-dicato al cinema fatto dai ragazzi e attualmente inonda in 18 paesi.

    “Lavoriamo principalmente per la televisione e peril cinema – spiega il direttore generale del GruppoFrancesco Manfio, socio fondatore assieme alfratello Sergio, direttore artistico - ma siamo presentianche nel settore dei videogiochi e delle applicazioniper cellulari. Molte delle nostre serie in animazionesono coprodotte con RAI Fiction, ma abbiamopartner pubblici e privati in quasi tutto il mondo.Per i nostri ultimi 2 lungometraggi abbiamo ottenutoanche l’appoggio del MIBAC. Abbiamo chiuso nel-l’ultimo triennio un utile operativo, ma è prassi

    della nostra società investire tutti gli utili in nuoveproduzioni o in attività collaterali come il “Parcodegli Alberi Parlanti”, un parco a tema dedicato ainostri cartoon che abbiamo aperto nel 2008 aTreviso. Il nostro nuovissimo film Senzanome nelpaese del vento uscirà anche in 3D stereoscopico.La scelta non è soltanto estetica ma permetterà unmaggior coinvolgimento del pubblico, che è unadelle peculiarità che caratterizzano le nostre pro-duzioni per i ragazzi”.

    A.G.

    GRUPPO ALCUNIwww.alcuni.it

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    INNOVAZIONI // La new wave dell’animazione italiana

    L a casa dei conigli nasce nel 2006 in una cantina domestica di Nola, dove ancora stanzia, “spe-rando un giorno di salire in superficie.” Giovanna Pignataro e Tiziano Squillace da sempre la-vorano con mezzi non professionali, perché più economici e perché credono non ci sia bisognodi grandi fondi quando si hanno buone idee. Questo apparente limite logistico non ha mortifi-cato l’artigianalità di altissimo profilo che La casa è riuscita a dimostrare, realizzando produzionisignificative: sono 3 le serie tv di cui Rai Cinema ha acquisito i diritti per la programmazione per piccoli,Minuti Montati, Facciamo luce!, Storie S-piegate, in onda su Rai Tre e Rai YoYo. Allo stato presente sono infase di acquisto e produzione altre 3 serie, dalla cantina di Nola con furore!

    La stop motion, la telecamerina acquistata al su-permercato, abbinate a tecniche inventate sulposto, con attrezzi costruiti appositamente, comeil proiettore d’ombre di Facciamo luce!, sono glistrumenti che lo studio usa nella creazione delleproprie serie, espressione pragmatica dell’inge-gno, messa in opera della fantasia e poesia allostato puro, con la capacità di incantare, come suc-cede con Storie S-piegate, un esempio di anima-zione realizzata con pezzi di oggetti trovati in giroper casa e stoffe piegate col ferro da stiro, che“non determinano un stile,” precisa Giovanna,“ma un modo di essere, genuini!”

    Attingendo ai salvadanai personali raschiati fin sulfondo, vedendo il resto del mondo come non facil-mente raggiungibile per un’anima troppo raffinatadel prodotto, il colore del futuro dell’animazione ita-liana, secondo La casa dei conigli, “è Nero!”

    “Ci sono buone potenzialità, ci sonostudi, soprattutto piccoli, che potreb-bero fare grandi cose, ma si guardatroppo al commerciale e questo an-nulla le possibili peculiarità italiane,omologando tutto al Dio Business, chesecondo noi è negativissimo! Nero!”

    N.B.

    LA CASA DEI CONIGLIwww.lacasadeiconigli.com

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    INNOVAZIONI // La new wave dell’animazione italiana

    K ubrick o la poesia di Fellini sono impre-scindibili fonti d’ispirazione - accantoalle più tradizionali Pixar, MasamuneShiro, Miyazaki - per l’animazionecreata da Maga, puntualizza esplicita-mente Massimo Carrier Ragazzi, CEO del Maga Ani-mation Studio di Monza, nato nel 1996, che vantaproduzioni con Disney Channel e Rai Fiction, oltreuna lunga esperienza nell’animazione CGI.

    Lo studio anima trasversalmente per il cinema, leserie tv, la pubblicità, i videogames, le applicazioniper tablet e cellulari, la video arte e il videoclip: perquello che riguarda il cinema, Maga sta lavorandoda molto tempo a soggetti che auspica un giornopossano venire alla luce, senza avere fretta. “Lacosa importate è realizzare in futuro qualcosa dispeciale. – precisa Massimo - Non mi interessauscire a tutti i costi al cinema. Prima vorrei che lostudio riuscisse ad acquisire sufficiente esperienza,insieme alle giuste capacità tecniche ed artistiche,per posizionare un eventuale progetto allo stesso

    livello di un film di qualità Hollywoodiana. Mi pia-cerebbe un giorno realizzare un film interessante ebello come Toy Story o Monster & Co., magari conun’ottima regia e la struttura narrativa di Iron Gianto la poesia di Totoro.”

    Nell’attesa di questo, Maga collabora con diversearee del mondo, tra cui Taiwan, Corea, USA,l’Europa tutta, paesi latini e sud Africa: in Italia èdi queste settimane l’esordio della nuova coppiadi personaggi Birgale&Skiro, riconoscibili per ilgrande pubblico in messaggi promozionali realizzatisia mono che 3D stereoscopico, in onda Tv e nellasale cinematografiche. Per quello che riguarda Maga, fortunatamente esistonocontatti internazionali o rari committenti lungimirantima la prospettiva dell’animazione italiana, vista daCarrier Ragazzi, comporta la constatazione che sia al-tissimo il costo di chi voglia creare un sogno se,come accade nel nostro paese, viene accompagnatodall’inesistenza di qualsiasi aiuto pratico da partedello stato: è un’indifferenza che uccide le idee,insieme alla passione degli imprenditori e degli artisti,che potrebbero esportare un Made in Italy speciale ecreare benessere per tutto il paese.

    N.B.

    MAGA ANIMATION STUDIOwww.maga-animation.com

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    INNOVAZIONI // La new wave dell’animazione italiana

    DA ROMA ALLA GRECIA CON RAINBOW

    E LA SCUOLA ROMANA DEI FUMETTI

    di Andrea Guglielmino

    O gni impero ha la sua capitale. E sel’impero è quello dell’animazioneitaliana alla sua testa non può cheesserci Rainbow Cgi, divisione dellaRainbow Srl di Iginio Straffi fon-data nel 2007 e specializzata nella realizzazione difilm d’animazione in computer graphics. Non ab-biamo scelto a caso la metafora, non solo per l’im-ponenza che la Rainbow sta mano a manoacquisendo arrivando a diventare, con la recente ac-quisizione del 30% della società da parte del co-losso statunitense Viacom, la più importante realtàitaliana legata al mondo dell’entertainment, maanche per affinità con il tema dell’ultimo film rea-lizzato dalla compagnia, Gladiatori di Roma, chedopo essere approdato nei cinema italiani in otto-bre – fungendo anche da pre-apertura per Alicenella Città, kermesse parallela al Festival di Romadedicata ai ragazzi – si appresta, a partire da pa-squa, a “ecumenizzare” il resto del globo comehanno già fatto altri celebri prodotti della compa-gnia, dalle Winx a Huntik. Il film è un divertenteomaggio al genere “peplum” e naturalmente al ce-lebre predecessore di Ridley Scott con RussellCrowe: per permetterci di calarci al meglionell’’arena’ l’amministratore responsabile France-sco Mastrofini, coadiuvato dai rappresentanti deivari reparti, ha simulato per la stampa l’intero pro-cesso di strutturazione di una sequenza in partico-lare, che vede protagonista la buffa strega Circe. Ilpercorso è organizzato in modo da coprire ognitappa del processo di realizzazione, partendo natu-ralmente dall’idea, che poi diventa bozzetto e infinevera e propria sceneggiatura. “Parliamo di circacento pagine - ci spiegano - con 130 scene, e ogni

    scena può contenere fino a 100 inquadrature. Na-turalmente, non si tratta ancora della versione de-finitiva, per cui in questa fase non usiamodoppiatori ma qualche “malcapitato” dei nostri uf-fici che presta la sua voce per darci un’idea di comesarà la scena. Facciamo anche 10 o 20 prove perogni inquadratura”.

    La fase successiva, illustrata dal direttore artistico Vi-ncenzo Nisco - che alle spalle ha ben 12 filmrealizzati in Disney - non fa che confermarlo. Primadi tutto ci sono bozzetti e schizzi, disegnati a manoda artisti con la A maiuscola, che definiscono illook di ambienti, luci e personaggi e faranno dabase a quanto dovranno fare poi modellatori e ani-matori. “Parliamo di circa 150 scenografie e 350personaggi - racconta Nisco - senza tener conto didettagli come vestiti, folle, materiali, espressionifacciali. Disegniamo tutto, comprese le pietre e ifili d’erba“. Poi passiamo al reparto modellazione,dove il senior modeler Lino Masciulli ci svela inpiccola parte i segreti di Maya, il programma mag-giormente usato per la modellazione in 3D. “Tuttoparte da un poligono semplice, come un cubo, dacui, attraverso vari strumenti, si definiscono leforme, ad esempio il volto di un personaggio “. At-traverso l’ausilio di una tavoletta grafica, Masciulliinizia a incidere i dettagli come rughe o cicatrici:sembra proprio di trovarsi davanti a uno scultoreche lavora con il suo scalpello. Il reparto ‘rigging’ èdeputato a rendere credibili i movimenti dei perso-naggi precedentemente modellati, attraverso lastrutturazione di parti “invisibili” come scheletro,muscoli e ossa. Da statue immobili che erano, iprotagonisti dopo questa fase di lavorazione di-

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    INNOVAZIONI // La new wave dell’animazione italiana

    ventano vere e proprie marionette, che poi