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APPUNTI SULLA RELATIVITA’ RISTRETTA (1/2) Un sistema di riferimento si dice inerziale (non accelerato) quando in esso è valida la legge di inerzia (prima legge di Newton). La teoria della relatività ristretta (A. Einstein 1905) tratta della descrizione degli eventi da parte di osservatori che si trovino in sistemi di riferimento inerziali: gli oggetti di cui si studia il moto possono essere accelerati rispetto ai riferimenti, ma i riferimenti stessi sono non accelerati. La teoria della relatività generale (A. Einstein 1917) riguarda tutti i sistemi di riferimento, compresi quelli non inerziali. 1. Crisi della fisica classica e fondamenti sperimentali della teoria della R.R. a) Trasformazioni di Galileo e relatività newtoniana b) Le equazioni di Maxwell non sono covarianti per TG c) La velocità della luce ed esperimento di Michelson - Morley d) Sincronizzazione degli orologi e relatività della simultaneità 2. Cinematica ralativistica a) Le equazioni di trasformazione di Lorentz b) Conseguenze cinematiche delle TL Dilatazione del tempo, muoni atmosferici Relatività della simultaneità Sfasamento degli orologi Contrazione delle lunghezze Grandezze proprie c) Trasformazione della velocità d) Trasformazione dell’accelerazione 3. Dinamica relativistica (Relatività.2) 4. Relatività ed elettromagnetismo (Relatività.2) 5. Alcune considerazioni sulla relatività generale (Relatività.2) 1

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APPUNTI SULLA RELATIVITA’ RISTRETTA (1/2)

Un sistema di riferimento si dice inerziale (non accelerato) quando in esso è validala legge di inerzia (prima legge di Newton).

La teoria della relatività ristretta (A. Einstein 1905) tratta della descrizione deglieventi da parte di osservatori che si trovino in sistemi di riferimento inerziali: glioggetti di cui si studia il moto possono essere accelerati rispetto ai riferimenti, mai riferimenti stessi sono non accelerati.

La teoria della relatività generale (A. Einstein 1917) riguarda tutti i sistemi diriferimento, compresi quelli non inerziali.

1. Crisi della fisica classica e fondamenti sperimentali della teoria della R.R.

a) Trasformazioni di Galileo e relatività newtoniana

b) Le equazioni di Maxwell non sono covarianti per TG

c) La velocità della luce ed esperimento di Michelson - Morley

d) Sincronizzazione degli orologi e relatività della simultaneità

2. Cinematica ralativistica

a) Le equazioni di trasformazione di Lorentz

b) Conseguenze cinematiche delle TL

Dilatazione del tempo, muoni atmosferici

Relatività della simultaneità

Sfasamento degli orologi

Contrazione delle lunghezze

Grandezze proprie

c) Trasformazione della velocità

d) Trasformazione dell’accelerazione

3. Dinamica relativistica (Relatività.2)

4. Relatività ed elettromagnetismo (Relatività.2)

5. Alcune considerazioni sulla relatività generale (Relatività.2)

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1. Crisi della fisica classica e fondamenti sperimentali della teoria dellaR.R.

a) Trasformazioni di Galileo e relatività newtoniana

Le TG si basano sull’assunto che gli intervalli di tempo siano assoluti, cioè che sianogli stessi per tutti gli osservatori inerziali dei medesimi eventi:

Consideriamo due sistemi di riferimento inerziali O e O ′, aventi velocità relativacostante v:

x= x′+ vty ′= y

z ′= z

t ′= t

x ′= x− vty= y ′

z= z ′

t= t ′

(per semplicità consideriamo solamente velocità con direzione x)

Principio di relatività galileiana: le leggi della meccanica sono covarianti (man-

tengono la stessa forma) per trasformazioni di Galileo; la dipendenza funzionale è lastessa nei due riferimenti.

Trasformazione di alcune grandezze fisiche

• Trasformazione dell’intervallo spaziale (lunghezza):

un’asta è lunga l nel riferimeto O, perchè le coordinate x1 e x2 dei suoi estremivengono misurate simultaneamente e misura l=∆x=x2−x1.

Nel riferimento O ′ la stessa asta misura

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l ′=∆x′=x2

′ −x1

′ =x2− vt− (x1− vt) =x2−x1=l

l′= l ⇒ la lunghezza è invariante per TG

• Trasformazione della velocità :

un punto P che si muove con velocità u=dx

dtnel riferimento O, per il rif. O ′

sarà:

u′=dx′

dt=

d(x− vt)

dt=

dx

dt−

d(vt)

dt= u− v

u′=u− v e u=u′+ v ⇒ la velocità non è invariante per TG

In particolare la velocità della luce non è invariante per TG:

c′=c−v e c= c′+ v

• Trasformazione dello spazio percorso:

il punto P che percorre in un tempo t, nel riferimento O, una distanza d=ut

nel riferimento O ′ percorre la distanza d′=u′t=(u− v)t

d′� d ⇒ lo spazio percorso non è invariante per TG

• Trasformazione della quantità di moto:

partendo dall’assunto che la misura della massa sia assoluta, cioè che sia lastessa per tutti gli osservatori inerziali, dal punto precedente discende che

p=mu e p′

=mu′=m (u− v)

p� p′ ⇒ la quantità di moto non è invariante per TG

• Trasformazione dell’accelerazione :

un punto P che si muove con accelerazione a con direzione x nel riferimentoO, per il rif. O’ sarà:

a ′=du′

dt=

d(u− v)

dt=

du

dt−

d(v)

dt= a

a′=a ⇒ l’accelerazione è invariante per TG

• Trasformazion e della 0 forza:

partendo dall’assunto che la misura della massa sia assoluta, cioè che sia lastessa per tutti gli osservatori inerziali, dal punto precedente discende che

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F′

=ma′=ma=F ⇒ la forza è invariante per TG

Da quest’utimo punto segue che le leggi del moto di Newton e le equa-zioni del moto di una particella sono esattamente le stesse in tuttii riferimenti inerziali (sono covarianti, cioè mantengono la stessa forma).

Da quanto detto si possono elencare alcune fondamentali grandezze fisiche inva-

rianti e varianti per TG:

Invarianti Variantitempo velocitàmassa quantità di motolunghezza spazio percorsoaccelerazione energiaforza

Considerazioni conclusive sulle TG:

• sebbene numeri assegnati a grandezze, come la velocità, la quantità di motoe l’energia cinetica possono essere differenti per diversi osservatori inerziali, leleggi della meccanica, come le leggi di Newton, e i principi di conservazione,sono le stesse in tutti i riferimenti inerziali.

• nessun esperimento meccanico eseguito interamente in un solo riferimentoinerziale può dire all’osservatore qual è il moto di quel riferimento rispettoad un qualsiasi altro riferimento inerziale.

Esempio

Se la quantità di moto si conserva nel riferimento O, allora si conserva anche in O ′.

Consideriamo un urto centrale (non necessariamente elastico) fra una particella di massam1=3 kg che si muove alla velocità di u

1=+4m/s lungo l’asse x del riferimento O

e un’altra di massa m2=1kg, che si muove alla velocità u2=−3 m/s lungo lo stessoasse di O.

Se dopo l’urto in O si misura una u2f =+3m/s, applicando il princpio di conserva-zione della quantità di moto si ha:

pi= pf m1u1i+m2u2i=m1u1f+m2u2f 3 · 4+1 · (−3)=3 ·u1f +1 · (+3)

pi= pf = 9 kg·m/s ⇒ la quantità di moto si conserva con u1f =2m/s

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Consideriamo il riferimento O ′ che ha una velocità v=+2m/s rispetto ad O lungol’asse x e verifichiamo che la quantità di moto si conserva anche nel riferi-mento O ′

u1i

=u1i− v=4− 2= 2 m/s u2i

= u2i− v=−3− 2=−5 m/s

u1f

= u1f − v=2− 2= 0 m/s u2f

= u2f − v=3− 2= 1 m/s

pi′

=m1u1i

+m2u2i

= 3 · 2+1 · (−5)=1 kg·m/s

pf′

= m1u1f

+m2u2f

=3 · 0+ 1 · 1= 1 kg·m/s

quindi pi

= pf

= 1 kg·m/s ⇒ la quantità di moto si conserva

Osservo che i valori della quantità di moto cambiano nei due riferimenti, cioè la quantità di motonon è un invariante, ma ciò che non varia è il principio di conservazione della quantità di moto.

b) Le equazioni di Maxwell non sono covarianti per TG

Basta considerare la forza di Lorentz, strettamente legata alle equazioni di M.:

nel riferimento O - FS = quS ×BS

nel riferimento O′ - FS′

= q uS ′×BS =q(uS − vS )×BS ⇒F ′� F (uS , uS ′ e vS lungo l ′assex)

In particolare se vS =uS , F′

=0, quindi, mentre nel riferimento O la carica q sarebbesottoposta ad una forza F, quindi ad una traiettoria circolare, nel sistemaO ′ la stessacarica non subirebbe alcuna deviazione !

Da questa non covarianza nascono le seguenti considerazioni-ipotesi:

1. Esiste un principio di relatività per la meccanica (principio di relatività galileiano),ma non per l’elettrodin0amica: le equazioni di Maxwell prevedono che le ondeelettromagnetiche si propagano nel vuoto con la velocità che coincide con

quella misurata della luce c=1

ε0µ0

√ =2, 998 · 108 m/s solo in un riferimento

privilegiato, che deve essere possibile localizzare sperimentalmente.

⇒ problema della localizzazione dell′etere= riferimento assoluto.

L’esperimento di Michelson-Morley non è consistente con l’ipotesi di riferi-mento assoluto, cioè con la trasformazione c′=c−v e c= c′+ v

⇒ ipotesi 1 non accettabile

2. Esiste un principio di relatività sia per la meccanica che per l’elettreodina-mica, ma le leggi dell’elettrodinamica date da Maxwell non sono corrette

⇒ problema della individuazione sperimentale di deviazionidall’elettrodinamica di Maxwell.

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Le osservazioni sperimentali di De Sitter sulle stelle doppie (binarie) e unsecondo esperimento del tipo di Michelson-Morley che sfrutta una sorgentedi luce extraterrestre, non sono consistenti con il tentativo di modificare leleggi dell’elettromagnetismo.

⇒ ipotesi 2 non accettabile

3. Esiste un principio di relatività sia per la meccanica che per l’elettreodina-mica, ma le leggi della meccanica newtoniana non sono corrette

⇒ problema della individuazione sperimentale di deviazioni dallameccanica di Newton e della formulazione di trasformazioni con-sistenti con l’invarianza delle leggi sia della meccanica che dell’elet-tromagnetismo.

Le trasformazioni che lasciano invariate la forma delle leggi sia della mecca-nica che dell’elettromagnetismo sono le trasformazioni di Lorentz.

Le formule classiche non sono consistenti con le osservazioni sperimentali allealte velocità, prossime a c.

1° esempio: basta considerare la formula classica per calcolare la velocità diun elettrone in un campo elettrico uniforme con una d.d.p. ∆V:

e∆0V =1

2mv2 ⇒ v=

2e∆V

m

con questa formula si troverebbe v>c per valori di ∆V dell’ordine di gran-

dezza >106.

(

v=2 · 1, 602 · 10−19 · 106

9, 109 · 10−31

=5, 93 · 108m/s !!

)

2° esempio: moto di una carica elettrica in un campo magnetico

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⇒ ipotesi 3 accettabile

c) La velocità della luce ed esperimento di Michelson - Morley

Alcune misure della velocità della luce

Ole Roemer nel 1675 misura 2 014.394 km/sec

Armand Fizeau nel 1850 misura 313.300 km/sec

Leon Foucault nel 1853 misura 298.000 km/sec

Maxwell nel 1866 calcola 299.790 km/sec

Michelson nel 1923 misura 299.792.5 Km/sec

Il valore della vel. della luce nel vuoto attualmente noto è

c = 299.792,4562 km/sec F 3 · 108m/s (“ c ” dal latino “ celeritas ”= velocità)

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Esperimento di Michelson - Morley

Ha come obiettivo la localizzazione dell′etere, cioè di un riferimento assoluto, pri-vilegiato per la luce, nel quale la sua velocità sia quella misurata e prevista dalle

equazioni di Maxwell, c=1

µ0ε0√ .

Michelson e Morley costruirono un interferometro con un cammino ottico d1 + d2di circa 22 m, usarono un sorgente di luce con λ = 5, 5 · 10−7m (arancio-giallo) ela sensibilità dell’apparato sperimentale consentiva di rilevare uno spostamento di1/100 di frangia. I calcoli furono effettuati assumendo v/c=10−4 (v = 3 · 104 m/s

è la velocità di rivoluzione. Si trascura la velocità di rotazione, che all’equatore è massima e vale

465, 1metri/sec ).

L’interferenza dei fasci F1 e F2 è costruttiva o distruttiva a seconda della differenza

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di fase dei fasci stessi.

La differenza di fase può sorgere in generale per due cause:

- per diversi cammini d1 e d2 percorsi da F1 e F2

- per differenti velocità di propagazione di F1 e F2

La seconda causa, in questo esperimento, è quella cruciale, perchè dovrebbe coinvol-gere il presunto vento dell’etere.

Prima fase

- tempo di F1 per il percorso di andata e ritorno da M a M1

t1=d1

c− v+

d1

c+ v= d1

(

2c

c2− v2

)

=2d1c

·1

1−(

v

c

)

2

- tempo di F2 per il percorso di andata e ritorno da M a M2

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ct2=2 d22+(

vt22

)

2

→ t2=2d2c

·1

1−(

v

c

)

2

√ quindi

∆t= t2− t1=02

c

d2

1−(

v

c

)

2

√ −d1

1−(

v

c

)

2

Seconda fase

L’interferometro viene ruotato di 90ř e ripetendo gli stessi calcoli si ottiene

∆t′

= t2′

− t1′

=2

c

d2

1−(

v

c

)

2−

d1

1−(

v

c

)

2

Usando lo sviluppo in serie e trascurando i termini di ordine superiore al secondo,si trova

∆t′

−∆t= =d1+ d2

c·(

v

c

)

2

Questa differenza calcolata di tempi di percorrenza dei cammini ottici, comporte-rebbe uno spostamento ∆N di frange rispetto al riferimento del telescopio dato dallaformula

∆N =∆t

−∆t

TF

d1+ d2

cT·(

v

c

)

2

=d1+ d2

λ·(

v

c

)

2

con T=λ

ce λ la lunghezza d’onda della luce usata

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Furono eseguite osservazioni durante il giorno e la notte, e durante tutte le stagionidell’anno, per non trascurarare alcun movimento della Terra, ma non fu rilevato lospostamento di frange che ci si aspettava.

Conclusioni

- Spostamento di frange rilevabile (sensibilità dello strumento):

∆N =0, 01

- Spostamento di frange atteso:

∆N =22

5, 5 · 10−7·10−8=0,4 cioè uno spostamento di quattro decimi di frangia !

- Spostamento di frange misurato:

∆N =0, 00

L’esperimento venne ripetuto più volte, anche da altri scienziati, con apparati spe-rimentali più sofisticati e anche con sorgenti di luce extraterrestri (sole, stelle), mail risultato fu sempre di spostamento nullo.

Cade quindi l’ipotesi di “etere” come sistema di riferimento privilegiato nel quale lavelocità della luce vale c = 3 · 108m/s.

Dopo un lungo travaglio sperimentale (compreso il tentativo di modificare le leggi dell’elet-

tromagnetismo) e filosofico, non rimase che scegliere la spiegazione più semplice (rasoiodi Occam):

- l’etere, cioè un riferimento privilegiato per la luce, non esiste;

- sono corrette le leggi dell’elettromagnetismo descritte dalle equazioni di Maxwell;

- la velocità della luce (e di tutte le onde elettromagnetiche) nel vuoto è sempre la stessa,indipendentemente dal moto relativo della sorgente e dell’osservatore.

Einstein ebbe il coraggio di scegliere tale spiegazione e adottò, come strumentomatematico, il sistema di equazioni di Lorentz per effettuare le trasformazioni frariferimenti inerziali:

- le equazioni di Maxwell sono invarianti per trasformazioni di Lorentz (TL);

- le leggi classiche della meccanica newtoniana non sono invarianti per TL (impongono

che la velocità della luce dipenda dal moto relativo sorgente-osservatore)

quindi manteniamo valide le leggi dell’ elettromagnetismo e modifichiamo quelledella meccanica classica, affinchè siano consistenti con le TL.

d) Sincronizzazione degli orolog 0i e relatività della simultaneità

• Sincronizzazione degli orologi

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Per poter eseguire misure di grandezze fisiche (per es., lunghezza e tempo) in unsistema di riferimento inerziale è indispensabile che gli orologi di osservatoriposti in luoghi diversi del sistema siano tra loro sincronizzati.

Fra le varie procedure adeguate di sincronizzazione ricordiamo la seguente:

− consideriamo due punti del sistema O

− si misura la distanza d tra i due punti

− si invia un segnale luminoso da P1 verso P2, convenendo che al momentodell’invio da P1 il tempo dell’orologio in P1 sia posto uguale a zero e cheal momento della ricezione in P2 il tempo dell’orologio in P2 sia posto

uguale a tric2=d

c

(un metodo equivalente al precedente consiste nel mettere una sorgente luminosa esatta-mente nel punto di mezzo del segmento P1P2 e informare ciascun osservatore di mettere ilproprio orologio al tempo t=0 quando arriva il segnale luminoso d’accensione.)

• Relatività della simultaneità

La relatività della simultaneità è conseguenza della finitezza della velocità delleonde elettrmagnetiche, cioè di qualsiasi segnale.

Supponiamo di avere due sistemi, O e O’, in moto relativo con velocità v.

In ciascun sistema ci sia un regolo, a riposo, e disposto parallelamente al moto.

Al tempo t0 gli osservatori O e O’ si trovano nel punto medio del segmento AB.

Se per l’osservatore posto nel riferimento O i fulmini cadono simultaneamente,sicuramente tali eventi non sono simultanei per l’osservatore posto in O ′:

⇒ la simultaneità non è un invariante (è relativa al sistema di riferimento)

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• Misure di lunghezze

La sincronizzazione è necessaria per eseguire misure di lunghezza di oggettiin movimento, infatti, affinchè la misura sia sensata, occorre che la posizionedegli estremi sia misurata simultaneamente.

Poiché, come si è visto, la simultaneità dipende dal sistema di riferimento, nesegue che misure di uno stesso oggetto effettuate in sistemi in moto relativo,danno risultati diversi.

⇒ la misura di lunghezze non è un invariante

2) Cinematica ralativistica

La teoria della relatività si fonda su due postulati:

1ř Il principio di relatività: le leggi della fisica sono le stesse in tutti isistemi inerziali. Non esiste un sistema di riferimento privilegiato.

2ř La costanza della velocità della luce nel vuoto: la velocità della luce,nello spazio vuoto, ha lo stesso valore in tutti i sistemi inerziali,indipendentemente dalla direzione di propagazione o dalla velocitàdella sorgente.

Il secondo postulato

- indica che esiste una velocità limite massima per la trasmissione di segnali;

- crea una netta distinzione dalla fisica classica (di Galileo-Newton), in cui nonesiste un limite massimo alla 0velocità, da quella relativistica;

- ha come prima conseguenza la relatività della simultaneità.

a) Le equazioni di trasformazione di Lorentz (Hendrik Antoon Lorentz

(Arnhem, 18 luglio 1853 – Haarlem, 4 febbraio 1928) - fisico olandese.

In relatività, come in fisica classica, si postula che il tempo sia omogeneo e lospazio sia omogeneo e isotropo, il che implica che le equazioni di trasforma-zione siano lineari:

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Inoltre, aggiungendo i due postulati specifici della teoria della relatività, sideduce l’insieme di trasformazioni di coordinate spazio-temporali di Lorenz:

x′

= γ(x− vt)y ′= y

z ′= z

t ′= γ(

t−v

c2x)

x= γ(x′+ vt′)y= y ′

z= z ′

t= γ(

t ′+v

c2x ′

)

con γ=1

1−(

v

c

)

2

√ e γ > 1

Le precedenti equazioni possono essere scritte introducendo uno spazio astratto a quattrodimensioni (lo spazio-tempo) e considerare la quaterna (x0, x1, x1, x3) come un vettore intale spazio, ovvero un quadri-vettore (o 4-vettore)

Le TL trasformano le componenti di questo vettore tra loro, in particolare ‘mescolano’ lospazio e il tempo.

b) Conseguenze cinematiche delle TL

− Dilatazione del tempo, muoni atmosferici

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Un orologio a riposo nel sistema O ′ in un punto di coordinata x′ misuri un

intervallo di tempo ∆t0′

= t2′

− t1′ (tempo proprio perchè misurato in un solo punto

da un singolo orologio)

Per trovare il corrispondente intervallo di tempo ∆t in O, applichiamo l’equa-zione di trasformazione del tempo (∆t tempo non proprio perchè misurato in un due

punti distinti da due orologi):

t2= γ(

t2′

+v

c2x

)

t1= γ(

t1′

+v

c2x

)

→ ∆t= t2− t1= γ(

t2′

− t1′)

∆t= γ∆t0′

Quindi ∆t>∆t0′

si ha cioè una dilatazione del tempo.

in genarale ∆tnonproprio= γ∆tproprio ∆tnonproprio>∆tproprio

Questo significa che se misuriamo il tempo caratteristico di un sistema fisico(o biologico) che non sia in quiete nel nostro sistema di riferimento inerziale(SRI), la misura produce un valore maggiore di quella effettuata nel SRI incui il sistema fisico (o biologico) è in quiete.

Un orologio va ad un ritmo più veloce quando è in riposo rispetto all’osser-vatore, mentre quando si muove con velocità v rispetto all’osservatore, il suo

ritmo misurato subisce un rallentamento di un fattore1

γ= 1−

(

v

c

)

2

.

(ritmo=frequenza → f =1

∆t→

1

∆t=

1

γ∆t0′→ f =

1

γf0′ → f < f0

′ )

Ein Gedankenexperiment un esperimento mentale

Consideriamo un orologio in quiete in O′

, il cui ritmo è dato dal tempo di

andata e ritorno ∆t0′

tra due specchi paralleli distanti h′: ∆t0′

=2h′

c

Nel sistema O, rispetto a cui O′

e gli specchi si muovono con velocità v, idue specchi distano h=h′ e il cammino ottico del raggio luminoso è 2l=

2 (∆x)2+ h2√

, ove ∆x è lo spazio percorso dagli specchi nel tempo in cui ilraggio percorre l, inoltre

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l= c∆t

2

∆x= v∆t

2h= l2− (∆x)2

⇒ h=∆t

2c2− v2

√→ h=

∆tc

21−(

v

c

)

2

→ h=∆tc

quindi l’intervallo ∆t dell’orologio, misurato nel sistema O, risulta

∆t=2h

cγ → ∆t=

2h′

cγ quindi ∆t = γ∆t0

in genarale ∆tnonproprio= γ∆tproprio ∆tnonproprio>∆tproprio

Muoni atmosferici

I raggi cosmici sono formati da particelle che, provenienti dallo spazio, intera-giscono con i nuclei delle molecole d’aria dell’atmosfera, dando origine a sciamidi particelle, alcune delle quali raggiungono la Terra.

Tra queste c’è il muone (µ), una particella instabile di massa propria pari a106 MeV/c2 e vita media propria τ0

′= 2.2 µs (mµ F 207me).

I muoni (µ− o µ+) vengono prodotti ad un’altezza di circa 15 km dalla Terra,con un’energia media di 4 GeV e decadono secondo la formula:

µ−→ e−+ ν̄e+νµ o µ+→ e++νe+ ν̄µ

Qual è la distanza che un muone percorre in media prima di decadere? Siccomea questa energia la velocità del muone è circa c, la risposta sembrerebbesemplicemente

d= vτ0′F cτ0

′= 660m

Ma se così fosse, come potremmo osservare muoni a terra?

Il punto è che τ0′ è la vita media nel sistema di riferimento O′ in cui il muone

è a riposo, non nel sistema O in cui si trova l’osservatore.

Noi osserviamo una vita media dilatata del fattore γ e quindi lo spazio per-corso dai muoni è

d= vτ = vγτ0′F cγτ0

′F 26km

più che sufficiente per raggiungere terra.

Per muoni di 4 GeV di energia il fattore γ F 40, per cui la vita media nelsistema O risulta τ = γτ0

′F 40 · 2, 2= 88µs e d=660·40= 26400m.

− Relatività della simultaneità - un semplice esempio dimostrativo

La simultaneità è un concetto relativo, cioè eventi simultanei in un sistema diriferimento possono non esserlo in un altro.

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Nel sistema di riferimento inerziale O due eventi abbiano coordinate (t1; x1)e (t2; x2); in un altro sitema di rif. inerziale O′, in moto rispetto ad O convelocità costante v, gli stessi eventi hanno coordinate temporali

t1′ = γ

(

t1−v

c2x1

)

e t2′ = γ

(

t2−v

c2x2

)

⇒∆t ′= t2′ − t1

′ = γ(

t2− t1−v

c2x2+

v

c2x1

)

∆t′= γ∆t− γv

c2∆x

quindi, se gli eventi sono simultanei in O, cioè se t1= t2 e ∆t=0, non è detto

che lo siano anche in O′

, perchè ∆t ′=−γv

c2∆x.

∆t′=0 solo se v=0, o ∆x=0. (∆t′ sarebbe nullo anche se c fosse infinita).

− Sfasamento degli orologi

Conseguenza diretta della relatività della simultaneità è il fenomeno dellosfasamento degli orologi.

Sebbene gli orologi di un riferimento mobile O′ risultino tutti ugualmenterallentati quando sono osservati da un riferimento stazionario O rispetto alquale sono in movimento, le letture, fatte da O, indicano differenze di fasecostanti nel tempo, ma dipendenti dalle loro posizioni, cioè sembrano esserenon sincronizzati, secondo la formula

∆t′=−γv

c2∆x o anche ∆t′=−

v

c2∆x′

Esempio dimostrativo

Due orologi sincronizzati A ′ e B ′ (tA′ = tB

′ ), a riposo nel sistema O ′, posti inpunti con diversa coordinata, xA

′ e xB′ , risultano sfasati per un osservatore

nel sistema O:

se nel sistema O misuriamo, ad un dato istante tA= tB, i tempi segnati da Ae B (gli orologi A ′ e B ′ visti da O) risultano

tA= γ(

tA′ +

v

c2xA′)

, tB= γ(

tB′ +

v

c2xB′)

⇒ tB′ − tA

′ =−v

c2(xB

′ −xA′ )� 0

cioè per l’osservatore nel sistema O, i due orologi A′ e B ′, pur avendo ugualritmo (rallentato rispetto a quello degli orologi in O ′), non risultano sincroniz-zati: più l’orologio con coordinata x′ maggiore (xB

′ >xA′ ) è lontano dall’altro,

più grande è il suo ritardo di fase su questo.

Notare che una distanza lungo direzioni diverse da x non influisce sullo sfasa-mento.

− Contrazione delle lunghezze

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Page 18: APPUNTI SULLA RELATIVITA’ RISTRETTA1. Crisi della fisica classica e fondamenti sperimentali della teoria della R.R. a) Trasformazioni di Galileo e relatività newtoniana Le TG si

Contrazione delle lunghezze: siano x1′ e x2

′ le estremità di un regolo dispostolungo l’asse x′ fermo nel sistema O′, la cui lunghezza propria in O′ valel0′ = x2

′ −x1′ .

Per trovare la corrispondente lunghezza non propria l (l= x2− x1) in O, appli-chiamo l’equazione di trasformazione di x in x′ tenendo conto che t2 ≡ t1 (=t,perchè la posizione degli estremi deve misurata simultaneamente):

x2′ = γ(x2− vt) , x1

′ = γ(x1− vt) → l0′ = x2

′ −x1′ = γ(x2−x1) → l0

= γl

l=1

γl0′ (

l6 l0′)

in genarale lnonpropria=lpropria

γlnonpropria6 lpropria

Quindi l < l0′

, si ha cioè una contrazione della lunghezza:

se misuriamo la lunghezza di un oggetto che non sia in quiete nel nostrosistema di riferimento, la misura produce un valore minore di quello che siottiene con una misura effettuata nel sistema di riferimento in cui l’oggetto èin quiete.

Notare che la contrazione si verifica solo lungo la direzione di v.

Ancora sulla contrazione delle lunghezze

Un altro ragionamento che ci consente di spiegare la formula per la contrazionedelle lunghezze, si basa sulla dilatazione del tempo.

Supponiamo di essere solidali al sistema O′

in moto con velocità v rispetto alsistema O.

Sia l0 la lunghezza propria di un oggetto in quiete in O (cioè quella misuratain O).

Ora, invece di misurare le due estremità dell’oggetto in moto allo stesso tempo,le misuriamo nello stesso luogo x′ in due istanti diversi t1

′ e t2′ corrispondenti

al nostro passaggio davanti alle estremità dell’oggetto

Con O ′ transitiamo da un’estremità all’altra nell’intervallo ∆t′

=(t2′ −t1

′)=l′

v

Ove l′

è la lunghezza da determinare e ∆t′

è un intervallo di tempo proprio,in quanto misurato con un solo orologio.

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Page 19: APPUNTI SULLA RELATIVITA’ RISTRETTA1. Crisi della fisica classica e fondamenti sperimentali della teoria della R.R. a) Trasformazioni di Galileo e relatività newtoniana Le TG si

Un osservatore in O, solidale con l’oggetto, ci vede transitare da un’estremità

all’altra in un intervallo di tempo ∆t=l0

v, intervallo di tempo non proprio,

in quanto misurato con due orologi, uno per ciascuna estremità.

La relazione tra gli intervalli di tempo nei due sistemi è ∆t= γ∆t′ , quindi

la lunghezza misurata in O ′ vale l ′= v ·∆t ′= v∆t

γ

l′=l0

γ

in genarale lnon propria=l propria

γlnon propria6 l propria

− Grandezze proprie

La lunghezza di un regolo nel sistema in cui è fermo si dice lunghezza propria l0.

La misura di una lunghezza è sempre minore o uguale alla lunghezza proprial6 l0 .

_________________

Il tempo segnato da un orologio nel sistema in cui è a riposo si dice tempoproprio t0 . L’intervallo di tempo proprio può essere considerato come l’inter-vallo di tempo fra due eventi che avvengono in uno stesso luogo oppure comel’intervallo di tempo misurato da uno stesso orologio in uno stesso luogo.

La misura di un tempo è sempre maggiore o uguale al tempo proprio t> t0 .

__________________

La massa di un corpo nel sistema in cui è fermo si dice massa propria m 0.

La misura di una massa è sempre maggiore o uguale alla massa propriam>m0 .

__________________

Le grandezze proprie sono invarianti relativistici.

c) Trasformazione della velocità (per semplicità consideriamo vS con direzione x)

Ricordiamo:

- la definizione generale di velocità nello spazio:

uS = uxiS +uyjS +uzkS =dx(t)

dtiS +

dy(t)

dtjS +

dz(t)

dtkS

- la definizione di differenziale totale: data la funzione di due variabili z=f(x;y), sidefinisce differenziale totale la somma dei differenziali parziali:

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Page 20: APPUNTI SULLA RELATIVITA’ RISTRETTA1. Crisi della fisica classica e fondamenti sperimentali della teoria della R.R. a) Trasformazioni di Galileo e relatività newtoniana Le TG si

df(x; y)= fx′(x; y)dx+ fy

′(x; y)dy.

− Trasformazione in direzione x:

differenziando le equazioni di trasformazione x′= γ(x− vt) e t ′= γ(

t−v

c2x)

si ottiene:

dx′

= γ(dx− vdt) e dt′

= γ(

dt−v

c2dx)

dx′

dt′=

dx− vdt

dt−v

c2dx

=

dt

(

dx

dt− v

)

dt

(

1−v

c2dx

dt

) =u− v

1−vu

c2

ux′

=ux − v

1−vux

c2

e analogamente si ottiene ux=ux

+ v

1+vux

c2

− Trasformazione in direzione y:

differenziando le equazioni di trasformazione y ′ = y e t′ = γ(

t−v

c2x)

si

ottiene:

dy′

= dy e dt′

= γ(

dt−v

c2dx)

dy′

dt′=

dy

γ(

dt−v

c2dx)=

dt

(

dy

dt

)

γdt

(

1−v

c2dx

dt

) =uy

γ

(

1−vux

c2

)

uy′

=uy

γ

(

1−vux

c2

) e analogamente si ottiene uy=u′

y

γ

(

1+vux

c2

)

− Trasformazione in direzione z:

uz′

=uz

γ

(

1−vux

c2

) e analogamente si ottiene uz=u′

z

γ

(

1+vux

c2

)

d) Trasformazione dell’accelerazione

Mentre le trasformazioni di Galileo lasciano invariata l’accelerazione tridimensio-nale di un corpo, le trasformazioni di Lorentz ne cambiano le componenti secondole seguenti formule, che si ottengono derivando rispetto al tempo le equazioni ditrasformazione della velocità :

ax′ =

ax

γ3

(

1−uxv

c2

)

3ay′ =

ay+(axuy+ ayux)v

c2

γ3

(

1−uxv

c2

)

3az′ =

az+(axuz+ azux)v

c2

γ3

(

1−uxv

c2

)

3

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