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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: Novelle cinesiAUTORE: TRADUTTORE: Bellezza, PaoloCURATORE: Bellezza, PaoloNOTE: CODICE ISBN E-BOOK: n. d.

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze

COPERTINA: n. d.

TRATTO DA: Novelle cinesi / con un'introduzione,un'appendice e note a cura di Paolo Bellezza. - Mi-lano [etc.] : A. Vallardi, stampa 1922. - XV, 238 p.; 19 cm. - (Pagine straniere).

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 16 febbraio 2021

INDICE DI AFFIDABILITÀ: 1

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TITOLO: Novelle cinesiAUTORE: TRADUTTORE: Bellezza, PaoloCURATORE: Bellezza, PaoloNOTE: CODICE ISBN E-BOOK: n. d.

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze

COPERTINA: n. d.

TRATTO DA: Novelle cinesi / con un'introduzione,un'appendice e note a cura di Paolo Bellezza. - Mi-lano [etc.] : A. Vallardi, stampa 1922. - XV, 238 p.; 19 cm. - (Pagine straniere).

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 16 febbraio 2021

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0: affidabilità bassa1: affidabilità standard2: affidabilità buona3: affidabilità ottima

SOGGETTO:FIC003000 FICTION / Antologie (vari autori)

DIGITALIZZAZIONE:Catia Righi, [email protected]

REVISIONE:Paolo Alberti, [email protected]

IMPAGINAZIONE:Catia Righi, [email protected]

PUBBLICAZIONE:Catia Righi, [email protected]

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0: affidabilità bassa1: affidabilità standard2: affidabilità buona3: affidabilità ottima

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Indice generale

Liber Liber......................................................................4INTRODUZIONE..........................................................8IL PARAVENTO RIVELATORE.................................23UN EPISODIODELLA VITA DEL POETA LI-TAI-PE.......................39L’ALTERNA VICENDADI POVERTÀ E DI RICCHEZZA...............................48IL LIUTO INFRANTO.................................................59IL MARITO INGRATO...............................................74IL RICATTO.................................................................84PRONOSTICI FISIONOMICI.....................................91LA BELLA RIDENTE.................................................97IL DIPINTO MERAVIGLIOSO.................................107LA MOGLIE INGRATA............................................124GLI SPOSI PRIMA SEPARATI E POI RICONGIUNTI....................................................................................130DELITTO E CASTIGO..............................................139LA FALSA MANDARINA........................................152I DUE FRATELLI DI SESSO DIVERSO..................169SAGGEZZA DI GIUDICE.........................................178GLI ALCHIMISTI.....................................................184IL DEMONE BENEFICO..........................................205IL MATRIMONIO FORZATO...................................212LA MOGLIE RAPITA E RITROVATA.....................233LA VISIONE DI TCHANG-CHEN-YEN.................239

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Indice generale

Liber Liber......................................................................4INTRODUZIONE..........................................................8IL PARAVENTO RIVELATORE.................................23UN EPISODIODELLA VITA DEL POETA LI-TAI-PE.......................39L’ALTERNA VICENDADI POVERTÀ E DI RICCHEZZA...............................48IL LIUTO INFRANTO.................................................59IL MARITO INGRATO...............................................74IL RICATTO.................................................................84PRONOSTICI FISIONOMICI.....................................91LA BELLA RIDENTE.................................................97IL DIPINTO MERAVIGLIOSO.................................107LA MOGLIE INGRATA............................................124GLI SPOSI PRIMA SEPARATI E POI RICONGIUNTI....................................................................................130DELITTO E CASTIGO..............................................139LA FALSA MANDARINA........................................152I DUE FRATELLI DI SESSO DIVERSO..................169SAGGEZZA DI GIUDICE.........................................178GLI ALCHIMISTI.....................................................184IL DEMONE BENEFICO..........................................205IL MATRIMONIO FORZATO...................................212LA MOGLIE RAPITA E RITROVATA.....................233LA VISIONE DI TCHANG-CHEN-YEN.................239

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LA VOCE DEL SANGUE.........................................246DA GALEOTTO A MARINAIO...............................254LA VITA È UN SOGNO............................................258APPENDICE..............................................................264

LA TRASMIGRAZIONE DI YO-CHEU..............265IL PAPPAGALLO..................................................274IL FIGLIO FANTASMA........................................278

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LA VOCE DEL SANGUE.........................................246DA GALEOTTO A MARINAIO...............................254LA VITA È UN SOGNO............................................258APPENDICE..............................................................264

LA TRASMIGRAZIONE DI YO-CHEU..............265IL PAPPAGALLO..................................................274IL FIGLIO FANTASMA........................................278

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Novelle Cinesi

CON UN’INTRODUZIONE, UN’APPENDICE E NOTE

A CURA DI

PAOLO BELLEZZA.

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Novelle Cinesi

CON UN’INTRODUZIONE, UN’APPENDICE E NOTE

A CURA DI

PAOLO BELLEZZA.

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INTRODUZIONE.

È questa la prima raccolta di qualche ampiezza cheveda la luce in Italia di novelle cinesi1. La maggior par-te di esse sono tolte dalla collezione dal titolo alliterati-vo Kin-ku-ki-kuan (letteralmente: «ricordi nuovi e anti-chi») che comprende quaranta novelle e fu compilata aitempi della dinastia Ming (1368-1644). Furono chiama-te le Mille e una notti della letteratura cinese e, scrittecome sono in lingua popolare, sono tuttora recitate daicantastorie nelle pubbliche vie. L’autore di esse è sco-nosciuto; probabilmente furono composte da personeappartenenti all’alta società, che si divertivano a rac-contarsele in allegri convegni.

Qualcuna fa parte invece del Liao-chai-chih-i («sto-rie strane»), una raccolta di quattrocento fra apologhi,leggende, storie d’amore e di fantasmi. Sappiamo chefurono riunite, e alcune anche composte, da Pu Sung-Ling, letterato del secolo XVII, e da suoi amici. Poco ciè noto intorno alla sua vita. Nato nel 1622, nel 1641

1 L’unico saggio che se ne aveva sono le Novelle Cinesi toltedal Lung-tu-kung-ngan, e tradotte dall’originale cinese a cura diCARLO PUINI. Piacenza, 1872, pp. 80. Contiene sette novelle, concopiose note. Di questo illustre sinologo sono le versioni italianedi alcuni tra i libri sacri cinesi, nonchè il volume La vecchia Cina.Lanciano, 1913.

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INTRODUZIONE.

È questa la prima raccolta di qualche ampiezza cheveda la luce in Italia di novelle cinesi1. La maggior par-te di esse sono tolte dalla collezione dal titolo alliterati-vo Kin-ku-ki-kuan (letteralmente: «ricordi nuovi e anti-chi») che comprende quaranta novelle e fu compilata aitempi della dinastia Ming (1368-1644). Furono chiama-te le Mille e una notti della letteratura cinese e, scrittecome sono in lingua popolare, sono tuttora recitate daicantastorie nelle pubbliche vie. L’autore di esse è sco-nosciuto; probabilmente furono composte da personeappartenenti all’alta società, che si divertivano a rac-contarsele in allegri convegni.

Qualcuna fa parte invece del Liao-chai-chih-i («sto-rie strane»), una raccolta di quattrocento fra apologhi,leggende, storie d’amore e di fantasmi. Sappiamo chefurono riunite, e alcune anche composte, da Pu Sung-Ling, letterato del secolo XVII, e da suoi amici. Poco ciè noto intorno alla sua vita. Nato nel 1622, nel 1641

1 L’unico saggio che se ne aveva sono le Novelle Cinesi toltedal Lung-tu-kung-ngan, e tradotte dall’originale cinese a cura diCARLO PUINI. Piacenza, 1872, pp. 80. Contiene sette novelle, concopiose note. Di questo illustre sinologo sono le versioni italianedi alcuni tra i libri sacri cinesi, nonchè il volume La vecchia Cina.Lanciano, 1913.

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conseguì i gradi accademici secondari, ma non quellisuperiori, che colà danno adito alle alte cariche. Que-ste gli furono pertanto precluse, con sua molta mortifi-cazione. Poverissimo, non potè far stampare la collezio-ne, la quale vide la luce solo nel 1740, per cura di unsuo pronipote. In una sconsolata pagina autobiografica,Pu Sung-Ling narra come, da quando fu appeso un arcoalla porta della sua casa, cioè da quando nacque (si so-leva appendere un arco alla nascita di un maschio), eglisia stato «balzato qua e là nella direzione del vento do-minante, come un fiore che cade nel sudiciume». E an-cora: «La mezzanotte mi trova con un lume ridottoall’estremo, mentre il vento fischia in modo sinistro difuori; e sopra il tavolo disadorno vado intessendo lemie novelle».

Una terza famosa raccolta è il Lung-tu-kung-ngan(«casi di giustizia decisi in nome dell’imperatore»),che, come il Decamerone del Boccaccio, è divisa in die-ci parti, ognuna delle quali consta di dieci novelle.Sono racconti di cause celebri, in cui si mostra la per-spicacia, il senno e la giustizia di un magistrato imma-ginario, di nome Pao-Kung. Come nell’opera del Cer-taldese, vi si sferzano, tra l’altro, i vizi dei religiosi (fra-ti buddisti).

Altre raccolte minori di novelle, come pure romanzi2,pervennero fino a noi, ma non in tanta copia quanto si

2 Di uno di questi ci ha data la versione il dott. G. SENES, senzatuttavia fornir notizie sull’autore e sull’epoca a cui appartiene:Promessa sposa... a due. Empoli, 1904.

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conseguì i gradi accademici secondari, ma non quellisuperiori, che colà danno adito alle alte cariche. Que-ste gli furono pertanto precluse, con sua molta mortifi-cazione. Poverissimo, non potè far stampare la collezio-ne, la quale vide la luce solo nel 1740, per cura di unsuo pronipote. In una sconsolata pagina autobiografica,Pu Sung-Ling narra come, da quando fu appeso un arcoalla porta della sua casa, cioè da quando nacque (si so-leva appendere un arco alla nascita di un maschio), eglisia stato «balzato qua e là nella direzione del vento do-minante, come un fiore che cade nel sudiciume». E an-cora: «La mezzanotte mi trova con un lume ridottoall’estremo, mentre il vento fischia in modo sinistro difuori; e sopra il tavolo disadorno vado intessendo lemie novelle».

Una terza famosa raccolta è il Lung-tu-kung-ngan(«casi di giustizia decisi in nome dell’imperatore»),che, come il Decamerone del Boccaccio, è divisa in die-ci parti, ognuna delle quali consta di dieci novelle.Sono racconti di cause celebri, in cui si mostra la per-spicacia, il senno e la giustizia di un magistrato imma-ginario, di nome Pao-Kung. Come nell’opera del Cer-taldese, vi si sferzano, tra l’altro, i vizi dei religiosi (fra-ti buddisti).

Altre raccolte minori di novelle, come pure romanzi2,pervennero fino a noi, ma non in tanta copia quanto si

2 Di uno di questi ci ha data la versione il dott. G. SENES, senzatuttavia fornir notizie sull’autore e sull’epoca a cui appartiene:Promessa sposa... a due. Empoli, 1904.

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potrebbe aspettare da una letteratura che conta moltipiù secoli di vita di quelle europee, e da un paese dovetuttora, come sopra fu accennato, si incontrano canta-storie e recitatori di racconti3. Al qual proposito è da ri-cordarsi come il grande sovrano Kao-tsu, il fondatoredella dinastia degli Han (dal 20 av. C. al 20 d. C.) mac-chiasse il suo nome con un’insana opera di distruzione.Dietro suggerimento del ministro Li-Ssu, ordinò che sidisperdessero tutte le scritture che esistevano nel Cele-ste Impero4, fuorchè quelle che trattavano d’agricoltu-ra, di medicina e di divinazione. Si impose ai sudditi diconsegnare i libri che possedevano, sotto minaccia del-le pene più severe. Si vuole che fossero in tanta quanti-tà, che nel luogo dove si seppellirono crebbero i poponidi pieno inverno!

Molti studiosi cercarono di sottrarre i loro tesori alla

3 Cfr. Chinesische Novellen. Deutsch von P. KÜHNEL. Mün-chen, 1914. Introd. p. X. Sulla scorta di quest’opera, e di quelle diM. ST. JULIEN (Nouvelles chinoises, Parigi, 1860), del D’HERVEY

SAINT-DENYS (Nouv. nouvelles, ecc. Parigi, 1892), nonchè di alcu-ne fra quelle registrate nella copiosa bibliografia di W. GRUBE

(Die chines. Literatur, in Die oriental. Liter., ecc. Berlino, 1906,p. 358), abbiamo condotto il presente lavoro, che non è, appenaoccorre dirlo, una versione immediata dall’originale.

4 Usiamo questa denominazione, oramai invalsa in Occidente.Ma, come ebbi or non è molto a rilevare altrove e ad altro propo-sito, essa è inesatta. Tien-hia (Cina) dice letteralmente: «parte in-feriore del cielo», «ciò che è sotto il cielo», cioè la terra come nonesistesse altro paese. (Il problema della lingua internazionale, in«Rivista d’Italia», 15 marzo 1921, p. 329).

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potrebbe aspettare da una letteratura che conta moltipiù secoli di vita di quelle europee, e da un paese dovetuttora, come sopra fu accennato, si incontrano canta-storie e recitatori di racconti3. Al qual proposito è da ri-cordarsi come il grande sovrano Kao-tsu, il fondatoredella dinastia degli Han (dal 20 av. C. al 20 d. C.) mac-chiasse il suo nome con un’insana opera di distruzione.Dietro suggerimento del ministro Li-Ssu, ordinò che sidisperdessero tutte le scritture che esistevano nel Cele-ste Impero4, fuorchè quelle che trattavano d’agricoltu-ra, di medicina e di divinazione. Si impose ai sudditi diconsegnare i libri che possedevano, sotto minaccia del-le pene più severe. Si vuole che fossero in tanta quanti-tà, che nel luogo dove si seppellirono crebbero i poponidi pieno inverno!

Molti studiosi cercarono di sottrarre i loro tesori alla

3 Cfr. Chinesische Novellen. Deutsch von P. KÜHNEL. Mün-chen, 1914. Introd. p. X. Sulla scorta di quest’opera, e di quelle diM. ST. JULIEN (Nouvelles chinoises, Parigi, 1860), del D’HERVEY

SAINT-DENYS (Nouv. nouvelles, ecc. Parigi, 1892), nonchè di alcu-ne fra quelle registrate nella copiosa bibliografia di W. GRUBE

(Die chines. Literatur, in Die oriental. Liter., ecc. Berlino, 1906,p. 358), abbiamo condotto il presente lavoro, che non è, appenaoccorre dirlo, una versione immediata dall’originale.

4 Usiamo questa denominazione, oramai invalsa in Occidente.Ma, come ebbi or non è molto a rilevare altrove e ad altro propo-sito, essa è inesatta. Tien-hia (Cina) dice letteralmente: «parte in-feriore del cielo», «ciò che è sotto il cielo», cioè la terra come nonesistesse altro paese. (Il problema della lingua internazionale, in«Rivista d’Italia», 15 marzo 1921, p. 329).

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distruzione; alcuni furono scoperti e condannati a mor-te5. Perirono così buona parte delle opere di amena let-teratura anteriori a quell’epoca.

* * *

Non si aspettino i lettori di trovarsi davanti a novellesul tipo delle nostre. Intanto, l’amore non vi figura qua-si affatto; l’amore, voglio dire, quale è sentito e descrit-to presso i popoli occidentali. E ciò si comprende, datala condizione sociale della donna in Cina. «La donna –è scritto nel Siao-hi, uno dei libri sacri – è sempre sot-tomessa a qualcheduno: non ha mai il diritto di esserepadrona indipendente. Essa deve ubbidire a tre perso-ne: fin che è in casa sua, al padre; maritata, al marito;vedova, al figlio o ai figli». E altrove si ammonisce:«Quando si sceglie una nuora (la sposa è sempre sceltadai genitori), bisogna sceglierla da famiglia di gradoinferiore: così servirà meglio ai suoceri». Anche oggi-giorno il matrimonio cinese «è un freddo contratto fradue famiglie allo scopo di aver prole, stipulato dopomaturo esame della reciproca condizione e degli auspicitratti dai segni grafici del nome e dalla data della na-scita dei giovani, i quali si vedranno per la prima voltaalla cerimonia nuziale»6. Questo particolare è soprat-

5 Cfr. A. GILE. A history of Chinese literature. Londra, 1901, p.78.

6 L. NOCENTINI, in Nuova Antologia, vol. LVI, p. 343. In singo-lare contrasto colla poca elevata condizione sociale della donna è

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distruzione; alcuni furono scoperti e condannati a mor-te5. Perirono così buona parte delle opere di amena let-teratura anteriori a quell’epoca.

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Non si aspettino i lettori di trovarsi davanti a novellesul tipo delle nostre. Intanto, l’amore non vi figura qua-si affatto; l’amore, voglio dire, quale è sentito e descrit-to presso i popoli occidentali. E ciò si comprende, datala condizione sociale della donna in Cina. «La donna –è scritto nel Siao-hi, uno dei libri sacri – è sempre sot-tomessa a qualcheduno: non ha mai il diritto di esserepadrona indipendente. Essa deve ubbidire a tre perso-ne: fin che è in casa sua, al padre; maritata, al marito;vedova, al figlio o ai figli». E altrove si ammonisce:«Quando si sceglie una nuora (la sposa è sempre sceltadai genitori), bisogna sceglierla da famiglia di gradoinferiore: così servirà meglio ai suoceri». Anche oggi-giorno il matrimonio cinese «è un freddo contratto fradue famiglie allo scopo di aver prole, stipulato dopomaturo esame della reciproca condizione e degli auspicitratti dai segni grafici del nome e dalla data della na-scita dei giovani, i quali si vedranno per la prima voltaalla cerimonia nuziale»6. Questo particolare è soprat-

5 Cfr. A. GILE. A history of Chinese literature. Londra, 1901, p.78.

6 L. NOCENTINI, in Nuova Antologia, vol. LVI, p. 343. In singo-lare contrasto colla poca elevata condizione sociale della donna è

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tutto caratteristico: anche durante le trattative, lo sposonon vede la fanciulla che gli è destinata: la conosce sol-tanto dai ritratti e dalle descrizioni che gliene fanno iparenti e il mediatore (il matrimonio si combina quasisempre per il tramite d’un mediatore o, più spesso,d’una mediatrice). Non sono rari i casi in cui i due gio-vani sono fidanzati dai rispettivi genitori finodall’infanzia: se ne vedano due esempi a pp. 103 e 111*

del presente volume.Solo pochi mesi or sono, due giovani di Pechino che

erano stati promessi dall’infanzia ed erano morti quasicontemporaneamente, furono «sposati» in presenza deigenitori, e seppelliti poi nella stessa tomba. Il padre delgiovane era un mercante di riso, Hu Chang, e quellodella sposa un suo ricco vicino7. Più avanti vedrà il let-tore come siano concepibili tra i Cinesi i matrimoni didefunti.

Le donne vivono e prendono i pasti in un apparta-mento separato, nel quale non possono penetrare altriuomini se non il marito, il padre ed i figli fin che sianoin tenera età.

Fino a pochi decenni or sono, non ne uscivano mai:

il fatto che essa, maritandosi, conserva il suo nome di famiglia enon assume quello del marito.

* Tutti i rimandi sono da riferire all’edizione cartacea [nota perl’edizione elettronica Manuzio]. In questo caso il rimando portaalle due novelle “Gli sposi prima separati e poi ricongiunti” e“Delitto e castigo”

7 Ne dava notizia la rivista inglese Tit Bits del 1° ottobre 1921.

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tutto caratteristico: anche durante le trattative, lo sposonon vede la fanciulla che gli è destinata: la conosce sol-tanto dai ritratti e dalle descrizioni che gliene fanno iparenti e il mediatore (il matrimonio si combina quasisempre per il tramite d’un mediatore o, più spesso,d’una mediatrice). Non sono rari i casi in cui i due gio-vani sono fidanzati dai rispettivi genitori finodall’infanzia: se ne vedano due esempi a pp. 103 e 111*

del presente volume.Solo pochi mesi or sono, due giovani di Pechino che

erano stati promessi dall’infanzia ed erano morti quasicontemporaneamente, furono «sposati» in presenza deigenitori, e seppelliti poi nella stessa tomba. Il padre delgiovane era un mercante di riso, Hu Chang, e quellodella sposa un suo ricco vicino7. Più avanti vedrà il let-tore come siano concepibili tra i Cinesi i matrimoni didefunti.

Le donne vivono e prendono i pasti in un apparta-mento separato, nel quale non possono penetrare altriuomini se non il marito, il padre ed i figli fin che sianoin tenera età.

Fino a pochi decenni or sono, non ne uscivano mai:

il fatto che essa, maritandosi, conserva il suo nome di famiglia enon assume quello del marito.

* Tutti i rimandi sono da riferire all’edizione cartacea [nota perl’edizione elettronica Manuzio]. In questo caso il rimando portaalle due novelle “Gli sposi prima separati e poi ricongiunti” e“Delitto e castigo”

7 Ne dava notizia la rivista inglese Tit Bits del 1° ottobre 1921.

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ora la clausura è meno rigida; ma devono valersi diportantine chiuse. L’appartamento femminile è divisoda quello maschile per mezzo di una stuoia, che nonpreclude tuttavia in modo assoluto le indiscrezioni dellacuriosità. È ciò che deplora un grave moralista:

«Vedonsi donne guardare attraverso le stuoie la com-media che si rappresenta nella sala vicina, e questestuoie esser fatte a bello studio più rade per dar liberopassaggio agli sguardi. Ve ne sono di quelle (donne),che trovano mezzo di esaminare i convitati attraverso iparaventi e di mostrare i loro piccoli piedi dalle fendi-ture. Si odono cinguettare, si odono ridere; e l’occhiodei commedianti trapassa le stuoie, il cuore dei convita-ti vola loro appresso»8.

La monogamia è di regola; ma sono tollerate le mo-gli secondarie o concubine. A prenderle in casa servespesso di pretesto il desiderio di dare compagnia allamoglie principale; oppure si ricorre ad esse per averefigli maschi. Le concubine sono scelte non dai genitori– come avviene per la moglie legittima – bensì dallostesso marito; e non si richiedono cerimonie nuziali: ilmarito s’impegna soltanto a versare una certa sommaalla famiglia di esse e a trattarle bene. I figli avuti dalleconcubine si considerano come figli della moglie prin-cipale9.

Fino a mezzo secolo fa, le donne cinesi erano presso-

8 L. NOCENTINI, in Rassegna Nazionale, 1879, pp. 228 segg.9 Lo stesso, p. 230.

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ora la clausura è meno rigida; ma devono valersi diportantine chiuse. L’appartamento femminile è divisoda quello maschile per mezzo di una stuoia, che nonpreclude tuttavia in modo assoluto le indiscrezioni dellacuriosità. È ciò che deplora un grave moralista:

«Vedonsi donne guardare attraverso le stuoie la com-media che si rappresenta nella sala vicina, e questestuoie esser fatte a bello studio più rade per dar liberopassaggio agli sguardi. Ve ne sono di quelle (donne),che trovano mezzo di esaminare i convitati attraverso iparaventi e di mostrare i loro piccoli piedi dalle fendi-ture. Si odono cinguettare, si odono ridere; e l’occhiodei commedianti trapassa le stuoie, il cuore dei convita-ti vola loro appresso»8.

La monogamia è di regola; ma sono tollerate le mo-gli secondarie o concubine. A prenderle in casa servespesso di pretesto il desiderio di dare compagnia allamoglie principale; oppure si ricorre ad esse per averefigli maschi. Le concubine sono scelte non dai genitori– come avviene per la moglie legittima – bensì dallostesso marito; e non si richiedono cerimonie nuziali: ilmarito s’impegna soltanto a versare una certa sommaalla famiglia di esse e a trattarle bene. I figli avuti dalleconcubine si considerano come figli della moglie prin-cipale9.

Fino a mezzo secolo fa, le donne cinesi erano presso-

8 L. NOCENTINI, in Rassegna Nazionale, 1879, pp. 228 segg.9 Lo stesso, p. 230.

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chè tutte analfabete. Ora vi sono delle scuole femminili;ma l’attività della donna è pur sempre ristretta agli uffi-ci domestici: filare, tessere, accudire ai bachi da seta, ecosì via.

Persino la cosmologia e la lingua attestano il pococonto in cui fin da tempi antichissimi era tenuta la don-na. La genesi del mondo è attribuita a due principii:Yan e Yin: Yan è il principio perfetto, puro, fecondatore,ed è maschio; Yin il principio imperfetto, impuro, pro-duttore, ed è femmina. Quanto alla lingua, si sa cheessa è, almeno in origine, ideografica. Così, ad esem-pio, il segno composto di due alberi significa «bosco»;un cane e una bocca «latrare», e via dicendo. Ebbene:due donne denotano «litigio», e tre «tradimento»; «lu-bricità»! È però vero che il segno che consta di unadonna e di un bambino esprime il più nobile dei senti-menti: l’amore.

Ma della lingua cinese dobbiamo dire anche perun’altra ragione. Si sa che un idioma rispecchia lamentalità del popolo che la parla. Ora la mentalità ci-nese è molto diversa da quella degli Occidentali. Peressa, ad esempio, la sede del sapere è il ventre, mentredal concetto di naso – la parte più prominente del viso– si sviluppano i concetti di «origine, progresso, evolu-zione». La voce che denota «innalzarsi, progredire,avanzare» è rappresentata da un carattere inspiratodalla figura della scimmia, che consta di una testa equattro mani: il significato primitivo era quello di «sol-

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chè tutte analfabete. Ora vi sono delle scuole femminili;ma l’attività della donna è pur sempre ristretta agli uffi-ci domestici: filare, tessere, accudire ai bachi da seta, ecosì via.

Persino la cosmologia e la lingua attestano il pococonto in cui fin da tempi antichissimi era tenuta la don-na. La genesi del mondo è attribuita a due principii:Yan e Yin: Yan è il principio perfetto, puro, fecondatore,ed è maschio; Yin il principio imperfetto, impuro, pro-duttore, ed è femmina. Quanto alla lingua, si sa cheessa è, almeno in origine, ideografica. Così, ad esem-pio, il segno composto di due alberi significa «bosco»;un cane e una bocca «latrare», e via dicendo. Ebbene:due donne denotano «litigio», e tre «tradimento»; «lu-bricità»! È però vero che il segno che consta di unadonna e di un bambino esprime il più nobile dei senti-menti: l’amore.

Ma della lingua cinese dobbiamo dire anche perun’altra ragione. Si sa che un idioma rispecchia lamentalità del popolo che la parla. Ora la mentalità ci-nese è molto diversa da quella degli Occidentali. Peressa, ad esempio, la sede del sapere è il ventre, mentredal concetto di naso – la parte più prominente del viso– si sviluppano i concetti di «origine, progresso, evolu-zione». La voce che denota «innalzarsi, progredire,avanzare» è rappresentata da un carattere inspiratodalla figura della scimmia, che consta di una testa equattro mani: il significato primitivo era quello di «sol-

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levarsi arrampicandosi»10. Ancora: i Cinesi sono – al-meno a parole – il popolo più cortese e cerimonioso delmondo, e il loro linguaggio è irto di termini onorificiche tra noi non avrebbero senso o riuscirebbero ridico-li. «Tutti, re e sudditi – sta scritto – devono mettere il ri-spetto sopra ogni cosa». «Nel modo di governare gliuomini, nulla più preme del cerimoniale»11.

Ecco qua, come saggio, letteralmente tradotte, le pri-me battute di un dialogo avvenuto fra l’interprete diLord Elgin e un alto dignitario cinese12.

«L’interprete. – Sua Eccellenza ha lungamente desi-derato questo giorno.

Il dignitario. – Io lo ricevo ora come un vecchio ami-co, e vorrei sapere la sua onorevole età.

L’interprete. – S. E. passò infruttuosamente anni...

10 Cfr. le mie Note di Enantiosemia, in Rendiconti del R. Isti-tuto Lombardo, anno 1918, p. 850; anno 1919, p. 643. Altri esem-pi della maniera affatto diversa, e non di rado addirittura opposta,con cui il Cinese concepisce ed esprime idee e rapporti logici, tro-verà chi desidera a p. 740 dell’anno 1917; e a pp. 752, 757, e 647,683, 690 rispettivamente degli anni 1918 e 1919. Altrove (Rap-porti logici e verbali tra «stato» e «moto», in Athenaeum 1 gen-naio 1918) ho illustrato il curioso trapasso ideologico per cui ilCinese è venuto ad esprimere l’idea di fissità colla voce stessa in-dicante ciò che per noi è simbolo di moto rapidissimo, cioè lafreccia.

11 Siao-hi, Cfr. PUINI. Tre capitoli, ecc., p. XXV.12 Cito dalla versione italiana del volume di L. OLIPHANT: La

Cina e il Giappone. Missione di Lord Elgin negli anni 1857-’59.Milano, 1868, vol. I, 126.

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levarsi arrampicandosi»10. Ancora: i Cinesi sono – al-meno a parole – il popolo più cortese e cerimonioso delmondo, e il loro linguaggio è irto di termini onorificiche tra noi non avrebbero senso o riuscirebbero ridico-li. «Tutti, re e sudditi – sta scritto – devono mettere il ri-spetto sopra ogni cosa». «Nel modo di governare gliuomini, nulla più preme del cerimoniale»11.

Ecco qua, come saggio, letteralmente tradotte, le pri-me battute di un dialogo avvenuto fra l’interprete diLord Elgin e un alto dignitario cinese12.

«L’interprete. – Sua Eccellenza ha lungamente desi-derato questo giorno.

Il dignitario. – Io lo ricevo ora come un vecchio ami-co, e vorrei sapere la sua onorevole età.

L’interprete. – S. E. passò infruttuosamente anni...

10 Cfr. le mie Note di Enantiosemia, in Rendiconti del R. Isti-tuto Lombardo, anno 1918, p. 850; anno 1919, p. 643. Altri esem-pi della maniera affatto diversa, e non di rado addirittura opposta,con cui il Cinese concepisce ed esprime idee e rapporti logici, tro-verà chi desidera a p. 740 dell’anno 1917; e a pp. 752, 757, e 647,683, 690 rispettivamente degli anni 1918 e 1919. Altrove (Rap-porti logici e verbali tra «stato» e «moto», in Athenaeum 1 gen-naio 1918) ho illustrato il curioso trapasso ideologico per cui ilCinese è venuto ad esprimere l’idea di fissità colla voce stessa in-dicante ciò che per noi è simbolo di moto rapidissimo, cioè lafreccia.

11 Siao-hi, Cfr. PUINI. Tre capitoli, ecc., p. XXV.12 Cito dalla versione italiana del volume di L. OLIPHANT: La

Cina e il Giappone. Missione di Lord Elgin negli anni 1857-’59.Milano, 1868, vol. I, 126.

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(qui il numero degli anni di età).Il dignitario. – Le lunghe orecchie di S. E. indicano

grande intelligenza.L’interprete. – Ah! oh! Non è degno di questo compli-

mento.Il dignitario. – Avete fatto un viaggio faticoso?L’interprete. – Lo meritavamo.Il dignitario. – Spero che la vostra salute sia buona.L’interprete. – Riposando sotto i vostri favorevoli au-

spici, la salute di S. E. è sempre robusta. Il grande im-peratore della vostra onorevole nazione sta bene?

Il dignitario. – Sta bene. E la grande sovrana dellavostra onorevole nazione?

L’interprete. – Sta bene».La cortesia verbale è spinta colà a tale estremo da

non aversi nella lingua la parola corrispondente a con-tro: il concetto si rende colla voce per verso, o più spes-so colla voce per con13.

Basterebbe questo per convincere il lettore come, tra-ducendo dal cinese, non sia da pensare a una versionefedele quale si può fare di un libro scritto in una linguaeuropea. Ma v’è di più: i narratori cinesi, – simili in ciòa quelli indiani e giapponesi – amano indugiarsi sullostesso motivo in maniera che al lettore occidentale rie-sce oltremodo stucchevole, e non di rado, a un certopunto del racconto, rifarsi da capo e ritessere i fatti giàesposti, talvolta colle identiche parole. Una narrazione

13 Cfr. BOUCHÉ. Chinois parlé, p. 115.

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(qui il numero degli anni di età).Il dignitario. – Le lunghe orecchie di S. E. indicano

grande intelligenza.L’interprete. – Ah! oh! Non è degno di questo compli-

mento.Il dignitario. – Avete fatto un viaggio faticoso?L’interprete. – Lo meritavamo.Il dignitario. – Spero che la vostra salute sia buona.L’interprete. – Riposando sotto i vostri favorevoli au-

spici, la salute di S. E. è sempre robusta. Il grande im-peratore della vostra onorevole nazione sta bene?

Il dignitario. – Sta bene. E la grande sovrana dellavostra onorevole nazione?

L’interprete. – Sta bene».La cortesia verbale è spinta colà a tale estremo da

non aversi nella lingua la parola corrispondente a con-tro: il concetto si rende colla voce per verso, o più spes-so colla voce per con13.

Basterebbe questo per convincere il lettore come, tra-ducendo dal cinese, non sia da pensare a una versionefedele quale si può fare di un libro scritto in una linguaeuropea. Ma v’è di più: i narratori cinesi, – simili in ciòa quelli indiani e giapponesi – amano indugiarsi sullostesso motivo in maniera che al lettore occidentale rie-sce oltremodo stucchevole, e non di rado, a un certopunto del racconto, rifarsi da capo e ritessere i fatti giàesposti, talvolta colle identiche parole. Una narrazione

13 Cfr. BOUCHÉ. Chinois parlé, p. 115.

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che in italiano o in francese occuperebbe un paio di pa-gine, il cinese la stempera in una diecina. Spesso le ri-dondanze e le lungaggini si hanno subito nel titolo.Così, quello della novella a p. 35 e segg. del presentevolume (Il liuto infranto) suona nell’originale, tradottoalla lettera: «Yü Pe-Ya infrange il suo liuto per licen-ziarsi dal suo amico musicale (Yü Pe-Ya sui k’in sietschi-yin»). E quello della novella a p. 151 e segg. (Glialchimisti): «Gli amici, che si vantano di conoscere ilsegreto della pietra filosofale, portano via l’oro». (Kw’amiao schu tan k’ot’i kin).

Se si aggiungono le frequenti citazioni poetiche –spesso banali e fuori di proposito – di cui amano infio-rare la loro prosa, gli scherzi di parole di cui pure aogni passo si compiacciono, le metafore, non di radobizzarre e strampalate, almeno secondo il nostro gusto,si dovrà ammettere che la lettera e lo spirito del testodevono essere rimaneggiati dal traduttore, se vuol ren-dere accessibile il testo stesso al lettore europeo. Conche animo potrebbe egli chiamare «fior di loto d’oro» ipiedi distorti e sformati della donna cinese? Eppuretanto viene a dire, letteralmente, l’espressione Kin lienche ricorre alla penna, o meglio al pennello (vedi nota6 a p. 7 del presente volume) del narratore cinese,quando descrive la sua eroina.

Quando noi, raccontando, vogliamo indicare che ètrascorso un certo tempo da un avvenimento all’altro,diciamo, o scriviamo, che son passati tanti e tanti mesio anni. Il cinese adopera in questi casi una formula

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che in italiano o in francese occuperebbe un paio di pa-gine, il cinese la stempera in una diecina. Spesso le ri-dondanze e le lungaggini si hanno subito nel titolo.Così, quello della novella a p. 35 e segg. del presentevolume (Il liuto infranto) suona nell’originale, tradottoalla lettera: «Yü Pe-Ya infrange il suo liuto per licen-ziarsi dal suo amico musicale (Yü Pe-Ya sui k’in sietschi-yin»). E quello della novella a p. 151 e segg. (Glialchimisti): «Gli amici, che si vantano di conoscere ilsegreto della pietra filosofale, portano via l’oro». (Kw’amiao schu tan k’ot’i kin).

Se si aggiungono le frequenti citazioni poetiche –spesso banali e fuori di proposito – di cui amano infio-rare la loro prosa, gli scherzi di parole di cui pure aogni passo si compiacciono, le metafore, non di radobizzarre e strampalate, almeno secondo il nostro gusto,si dovrà ammettere che la lettera e lo spirito del testodevono essere rimaneggiati dal traduttore, se vuol ren-dere accessibile il testo stesso al lettore europeo. Conche animo potrebbe egli chiamare «fior di loto d’oro» ipiedi distorti e sformati della donna cinese? Eppuretanto viene a dire, letteralmente, l’espressione Kin lienche ricorre alla penna, o meglio al pennello (vedi nota6 a p. 7 del presente volume) del narratore cinese,quando descrive la sua eroina.

Quando noi, raccontando, vogliamo indicare che ètrascorso un certo tempo da un avvenimento all’altro,diciamo, o scriviamo, che son passati tanti e tanti mesio anni. Il cinese adopera in questi casi una formula

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pomposa, che è quasi di prammatica: «Ma il temposcorre colla rapidità del dardo che fende l’aria». E fac-ciamo grazia al lettore di altri esempi, che sono infiniti.

* * *

Riferisce l’Eckermann, nei suoi Colloqui con Goethe(31 gennaio 1827), che un giorno questi gli disse, diaver letto un romanzo cinese. – Lo avrete trovato di unsapore esotico, nuovo al nostro gusto – osservò l’amico.– Non tanto, – rispose il poeta: i personaggi pensano eagiscono press’a poco come noi altri. Minore intensitàdi passione, forse, e meno poesia; ma un vivo sentimen-to della natura, e una morale molto castigata. –

Con tutto il rispetto al patriarca di Weimar, bisognapur dire che le cose non istanno per l’appunto così: egligiudicava di un solo libro, che infatti è tale da produrresul lettore quella impressione14; ma una rondine non faprimavera. Non so se siano rimasti nel repertorio delteatro popolare cinese quei drammi a cui narra di avereassistito sul posto, un secolo e mezzo fa, il De Guignes(celebre sinologo francese e autore d’un apprezzato di-zionario di quella lingua), e nei quali – cito testualmen-te, l’eroina «ingravida e si sgrava sulla scena»15: certoè che ancor oggi nella letteratura del Celeste Impero ri-corrono situazioni di tale crudezza da disgradarne i piùaudaci ardimenti del nostro naturalismo. L’intimità ses-

14 The affectionate Pair, tradotto dal THOMAS (1820).15 Cfr. Revue des deux Mondes, 1838, p. 743.

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pomposa, che è quasi di prammatica: «Ma il temposcorre colla rapidità del dardo che fende l’aria». E fac-ciamo grazia al lettore di altri esempi, che sono infiniti.

* * *

Riferisce l’Eckermann, nei suoi Colloqui con Goethe(31 gennaio 1827), che un giorno questi gli disse, diaver letto un romanzo cinese. – Lo avrete trovato di unsapore esotico, nuovo al nostro gusto – osservò l’amico.– Non tanto, – rispose il poeta: i personaggi pensano eagiscono press’a poco come noi altri. Minore intensitàdi passione, forse, e meno poesia; ma un vivo sentimen-to della natura, e una morale molto castigata. –

Con tutto il rispetto al patriarca di Weimar, bisognapur dire che le cose non istanno per l’appunto così: egligiudicava di un solo libro, che infatti è tale da produrresul lettore quella impressione14; ma una rondine non faprimavera. Non so se siano rimasti nel repertorio delteatro popolare cinese quei drammi a cui narra di avereassistito sul posto, un secolo e mezzo fa, il De Guignes(celebre sinologo francese e autore d’un apprezzato di-zionario di quella lingua), e nei quali – cito testualmen-te, l’eroina «ingravida e si sgrava sulla scena»15: certoè che ancor oggi nella letteratura del Celeste Impero ri-corrono situazioni di tale crudezza da disgradarne i piùaudaci ardimenti del nostro naturalismo. L’intimità ses-

14 The affectionate Pair, tradotto dal THOMAS (1820).15 Cfr. Revue des deux Mondes, 1838, p. 743.

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suale, ad esempio, è descritta fin nei più scabrosi parti-colari realistici.

Ancora più profonde sono le divergenze determinatedal modo affatto diverso di concepire la vita e la morte,e in generale dalle dottrine religiose a cui la società ci-nese è informata. Tra queste, è la credenza buddisticanelle vite anteriori, nella trasmigrazione delle anime,nella reincarnazione di queste, per mezzo di nuove na-scite, in altri corpi, non esclusi quelli dei bruti (zooan-tropia)16, e nell’esistenza e attività di spiriti e fantasmi.Vita e morte non sono considerate come due assoluticontrari, ma come due stati che si alternano e si inte-grano incessantemente, causa insieme ed effetto l’unadell’altra. Come noi sogniamo – è detto in una paginafamosa di Chuang Tse (sec. IV av. C.) – e non ci accor-giamo d’aver sognato se non quando ci svegliamo, cosìsoltanto quando moriamo ci avvediamo che la vita è unsogno. Confucio e voi siete sogni; ed io che vi dico chesiete sogni, non sono altro che un sogno. «Una volta iosognai d’essere una farfalla che svolazza qua e là, comeè vezzo delle farfalle. Sentivo di essere una farfalla, enon avevo coscienza della mia individualità comeuomo. A un tratto mi svegliai, e ritrovai me stesso. Oraio non so se allora ero un uomo che sognava d’esserefarfalla, o se io sia adesso una farfalla che sognad’essere uomo». Si sa che la Cina è il paese dei suicidi;

16 Diffusi particolari sono dati da J. J. M. DE GROOT in The re-ligious system of China. Leiden, 1901 (cap. VIII).

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suale, ad esempio, è descritta fin nei più scabrosi parti-colari realistici.

Ancora più profonde sono le divergenze determinatedal modo affatto diverso di concepire la vita e la morte,e in generale dalle dottrine religiose a cui la società ci-nese è informata. Tra queste, è la credenza buddisticanelle vite anteriori, nella trasmigrazione delle anime,nella reincarnazione di queste, per mezzo di nuove na-scite, in altri corpi, non esclusi quelli dei bruti (zooan-tropia)16, e nell’esistenza e attività di spiriti e fantasmi.Vita e morte non sono considerate come due assoluticontrari, ma come due stati che si alternano e si inte-grano incessantemente, causa insieme ed effetto l’unadell’altra. Come noi sogniamo – è detto in una paginafamosa di Chuang Tse (sec. IV av. C.) – e non ci accor-giamo d’aver sognato se non quando ci svegliamo, cosìsoltanto quando moriamo ci avvediamo che la vita è unsogno. Confucio e voi siete sogni; ed io che vi dico chesiete sogni, non sono altro che un sogno. «Una volta iosognai d’essere una farfalla che svolazza qua e là, comeè vezzo delle farfalle. Sentivo di essere una farfalla, enon avevo coscienza della mia individualità comeuomo. A un tratto mi svegliai, e ritrovai me stesso. Oraio non so se allora ero un uomo che sognava d’esserefarfalla, o se io sia adesso una farfalla che sognad’essere uomo». Si sa che la Cina è il paese dei suicidi;

16 Diffusi particolari sono dati da J. J. M. DE GROOT in The re-ligious system of China. Leiden, 1901 (cap. VIII).

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avviene spesso che uno, a cui è stato fatto un grave tor-to, si toglie la vita per potere, in qualità di fantasma,vendicarsi di chi l’ha offeso. Talvolta si limita a minac-ciar questo di sopprimersi, e la minaccia è seguita dallariparazione. Di qui, situazioni ed episodi nella lettera-tura narrativa, che a noi sembrano non solo inverosimi-li, ma addirittura assurdi.

Tra le novelle del Kin-ku-ki-kuan ve n’è una che siaggira su questo argomento: Un tale uccide il suo ne-mico, e riesce a sfuggire alla giustizia; ma finisce poiper morire di spavento e di disperazione, perchè la vitti-ma lo perseguita colla sua presenza. In un’altra, unacortigiana si uccide per il dolore d’essere stata deruba-ta da un amante del peculio che gli aveva affidato. Ap-pare come vivente a un mercante, e dopo aver coabitatoqualche tempo con lui, lo induce a recarsi insieme a leinella città dove vive l’amante infedele. Giuntavi, si in-troduce nascostamente nella casa di questo, lo uccide, epoi scompare per sempre. Ancora nella stessa raccoltasi narra di un tale che ha dato la vita per salvare un suoamico diletto; ma non può trovar pace nel mondodell’oltretomba, perchè un nemico lo perseguita. Alloral’amico superstite si toglie alla sua volta la vita, perraggiungere il suo benefattore e liberarlo dalla perse-cuzione.

Altrettanto si dica di molti dei racconti compresi nelLiao-chai-chih-i (vedi sopra a p. V). In uno, l’eroina sitrasforma nientemeno che in una colonna di fumo, cheun sacerdote raccoglie e chiude in una zucca vuotata,

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avviene spesso che uno, a cui è stato fatto un grave tor-to, si toglie la vita per potere, in qualità di fantasma,vendicarsi di chi l’ha offeso. Talvolta si limita a minac-ciar questo di sopprimersi, e la minaccia è seguita dallariparazione. Di qui, situazioni ed episodi nella lettera-tura narrativa, che a noi sembrano non solo inverosimi-li, ma addirittura assurdi.

Tra le novelle del Kin-ku-ki-kuan ve n’è una che siaggira su questo argomento: Un tale uccide il suo ne-mico, e riesce a sfuggire alla giustizia; ma finisce poiper morire di spavento e di disperazione, perchè la vitti-ma lo perseguita colla sua presenza. In un’altra, unacortigiana si uccide per il dolore d’essere stata deruba-ta da un amante del peculio che gli aveva affidato. Ap-pare come vivente a un mercante, e dopo aver coabitatoqualche tempo con lui, lo induce a recarsi insieme a leinella città dove vive l’amante infedele. Giuntavi, si in-troduce nascostamente nella casa di questo, lo uccide, epoi scompare per sempre. Ancora nella stessa raccoltasi narra di un tale che ha dato la vita per salvare un suoamico diletto; ma non può trovar pace nel mondodell’oltretomba, perchè un nemico lo perseguita. Alloral’amico superstite si toglie alla sua volta la vita, perraggiungere il suo benefattore e liberarlo dalla perse-cuzione.

Altrettanto si dica di molti dei racconti compresi nelLiao-chai-chih-i (vedi sopra a p. V). In uno, l’eroina sitrasforma nientemeno che in una colonna di fumo, cheun sacerdote raccoglie e chiude in una zucca vuotata,

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tappando poi l’imboccatura di questa con un turaccio-lo, intorno al quale cigola e sibila il fumo-spirito fem-minile. Non meno straordinaria è la metamorfosi di unuomo appassionato dei crisantemi, in uno di questi fio-ri; poi ridiviene uomo; poi ancora, fiore; ed è la tra-sformazione definitiva.

A base di spiriti sono pure alcune delle novelle pub-blicate in francese dal generale Tcheng-ki-Tong17. Unfantasma di sesso femminile sposa un bravo giovine,alla famiglia del quale era stata legata da vincoli di ri-conoscenza in una delle sue vite anteriori, e lo rendepadre di un bambino che potrà così continuarne la di-scendenza: poi fa ritorno nel regno delle ombre (pagina225). Un marito di fresco defunto esce dal feretro depo-sto nella camera nuziale, udendo la moglie che si in-trattiene con un altro uomo; snuda la spada e li trafigge(p. 277). Un mandarino s’imbatte di nottetempo peristrada in una bella ragazza, che gli narra di esserefuggita dalla casa di un riccone – a cui la madre l’ave-va venduta – perchè la moglie di esso, gelosa, la mal-trattava. Il mandarino se la conduce a casa e vive perqualche tempo maritalmente con lei. Un giorno, ritor-nando senza essere aspettato, vede nella camera nuzialeuno scheletro, dalla faccia verde e dai denti aguzzi, chesta dipingendo una pelle umana, stesa sul letto. Loscheletro non è altri che la fanciulla, la quale si mette

17 Les Chinois peints par eux-mêmes. Etude de moeurs com-parées. Parigi, 1886.

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tappando poi l’imboccatura di questa con un turaccio-lo, intorno al quale cigola e sibila il fumo-spirito fem-minile. Non meno straordinaria è la metamorfosi di unuomo appassionato dei crisantemi, in uno di questi fio-ri; poi ridiviene uomo; poi ancora, fiore; ed è la tra-sformazione definitiva.

A base di spiriti sono pure alcune delle novelle pub-blicate in francese dal generale Tcheng-ki-Tong17. Unfantasma di sesso femminile sposa un bravo giovine,alla famiglia del quale era stata legata da vincoli di ri-conoscenza in una delle sue vite anteriori, e lo rendepadre di un bambino che potrà così continuarne la di-scendenza: poi fa ritorno nel regno delle ombre (pagina225). Un marito di fresco defunto esce dal feretro depo-sto nella camera nuziale, udendo la moglie che si in-trattiene con un altro uomo; snuda la spada e li trafigge(p. 277). Un mandarino s’imbatte di nottetempo peristrada in una bella ragazza, che gli narra di esserefuggita dalla casa di un riccone – a cui la madre l’ave-va venduta – perchè la moglie di esso, gelosa, la mal-trattava. Il mandarino se la conduce a casa e vive perqualche tempo maritalmente con lei. Un giorno, ritor-nando senza essere aspettato, vede nella camera nuzialeuno scheletro, dalla faccia verde e dai denti aguzzi, chesta dipingendo una pelle umana, stesa sul letto. Loscheletro non è altri che la fanciulla, la quale si mette

17 Les Chinois peints par eux-mêmes. Etude de moeurs com-parées. Parigi, 1886.

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poi indosso la pelle come fosse un mantello, e riapparedavanti a lui bella ed elegante come egli l’ha prima co-nosciuta. Più tardi la fanciulla-fantasma lo uccide, e ri-torna agli abissi infernali; il mandarino ottiene di esse-re risuscitato (p. 48).

Di questa letteratura, macabra a un tempo e burle-sca, patetica e buffa, diamo qualche saggio nell’Appen-dice posta in fondo al volume. Questo noi raccomandia-mo, cinesamente, ai lettori nostri, colle parole che ser-vono di cappello all’originale della novella a p. 35 esegg. e che abbiamo omesse nella nostra versione:

«Se tu, onorando lettore, vuoi apprendere la mia sto-ria, scuoti le orecchie ficcandovi il mignolo, e sta adascoltare; se invece non vuoi fare questa fatica, non di-sturbarti e resta nel tuo nobile riposo».

Non per nulla la Cina è il paese classico della buonaeducazione, almeno a parole.

Milano, 10 aprile 1922.

PAOLO BELLEZZA.

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poi indosso la pelle come fosse un mantello, e riapparedavanti a lui bella ed elegante come egli l’ha prima co-nosciuta. Più tardi la fanciulla-fantasma lo uccide, e ri-torna agli abissi infernali; il mandarino ottiene di esse-re risuscitato (p. 48).

Di questa letteratura, macabra a un tempo e burle-sca, patetica e buffa, diamo qualche saggio nell’Appen-dice posta in fondo al volume. Questo noi raccomandia-mo, cinesamente, ai lettori nostri, colle parole che ser-vono di cappello all’originale della novella a p. 35 esegg. e che abbiamo omesse nella nostra versione:

«Se tu, onorando lettore, vuoi apprendere la mia sto-ria, scuoti le orecchie ficcandovi il mignolo, e sta adascoltare; se invece non vuoi fare questa fatica, non di-sturbarti e resta nel tuo nobile riposo».

Non per nulla la Cina è il paese classico della buonaeducazione, almeno a parole.

Milano, 10 aprile 1922.

PAOLO BELLEZZA.

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IL PARAVENTO RIVELATORE.

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IL PARAVENTO RIVELATORE.

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AVVERTENZAGli squarci sunteggiati e non tradotti

integralmente, sono racchiusi da asteri-schi in margine, e precisamente: il prin-cipio del brano è contrassegnato da unasterisco *, la fine da due **.

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AVVERTENZAGli squarci sunteggiati e non tradotti

integralmente, sono racchiusi da asteri-schi in margine, e precisamente: il prin-cipio del brano è contrassegnato da unasterisco *, la fine da due **.

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* Il ricco mandarino Tsiun-chin, che viveva a Chin-chen sotto la dinastia dei Yuen, doveva recarsi a Yon-kiaa reggervi quella importante sotto-prefettura, a cui erastato di recente nominato. S’imbarcò colla moglie e ilpersonale di servizio sopra un battello, manovrato dacinque o sei giovani, di cui uno era fratello e gli altrierano nipoti del proprietario del battello stesso.

Dopo qualche giorno di navigazione, egli diede un fe-stino propiziatorio delle divinità, e volle che figurasserosulla tavola delle splendide coppe d’oro che fino alloraaveva tenute chiuse nei bauli.

La vista di tanti oggetti preziosi destò la cupidigia delproprietario del battello, che era un uomo senza scrupo-li. Quando scese la notte, e si fu giunti in una localitàdeserta, egli distribuì asce e coltelli al fratello e ai nipo-ti, andò alla cabina dove erano i Tsiun-chin, massacròun domestico che era postato fuori di guardia, e entròseguito dalla ciurma.

Il mandarino si rese subito conto della terribile situa-zione.

«Prendete tutte le cose che ci appartengono», disse aquei ribaldi, «ma risparmiate le nostre vite».

«Vogliamo vita e quattrini, insieme!», gridarono incoro i malviventi.

«Costei non ha nulla da temere», intervenne qui il

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* Il ricco mandarino Tsiun-chin, che viveva a Chin-chen sotto la dinastia dei Yuen, doveva recarsi a Yon-kiaa reggervi quella importante sotto-prefettura, a cui erastato di recente nominato. S’imbarcò colla moglie e ilpersonale di servizio sopra un battello, manovrato dacinque o sei giovani, di cui uno era fratello e gli altrierano nipoti del proprietario del battello stesso.

Dopo qualche giorno di navigazione, egli diede un fe-stino propiziatorio delle divinità, e volle che figurasserosulla tavola delle splendide coppe d’oro che fino alloraaveva tenute chiuse nei bauli.

La vista di tanti oggetti preziosi destò la cupidigia delproprietario del battello, che era un uomo senza scrupo-li. Quando scese la notte, e si fu giunti in una localitàdeserta, egli distribuì asce e coltelli al fratello e ai nipo-ti, andò alla cabina dove erano i Tsiun-chin, massacròun domestico che era postato fuori di guardia, e entròseguito dalla ciurma.

Il mandarino si rese subito conto della terribile situa-zione.

«Prendete tutte le cose che ci appartengono», disse aquei ribaldi, «ma risparmiate le nostre vite».

«Vogliamo vita e quattrini, insieme!», gridarono incoro i malviventi.

«Costei non ha nulla da temere», intervenne qui il

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capo, additando la bellissima moglie del mandarino.«Sarà risparmiata; ma soltanto lei. Tutti gli altri devonomorire».

Tsiun-chin pregò e supplicò, ma inutilmente.«Ebbene», disse, «in considerazione della dignità di

cui sono investito, vi chiedo che almeno mi si uccidasenza mutilazioni18. Ve lo domando come una grazia».

«Sia come tu vuoi», fece il capo. E afferratolo per lacintura, lo precipitò nel fiume.

Tutto il personale di servizio fu massacrato senza mi-sericordia.

La signora si stemprava in pianto. Si dovette impedir-le a viva forza che si gettasse in acqua.

«Via, via, non piangete», le disse il caporione, «chenon c’è motivo. Il mio secondogenito è ancora celibe; ioconto di darvi in moglie a lui, e vi considero già comemia nuora. Non avete dunque nulla da temere, e moltoda sperare».

Era stato il timore di subire un oltraggio che avevaspinto la signora ad attentare alla propria vita. Su questopunto le parole del capo la rassicurarono. Pensava inol-tre che, morta lei, sarebbe riuscito difficile la scoperta ela punizione di così atroci delitti. Risolse adunque difarsi coraggio e di spiare l’occasione di sottrarsi tosto otardi alla minaccia formulata da quel ribaldo.

«Se davvero promettete che non mi sarà mancato di

18 È credenza dei buddisti che l’anima, di chi muore col corpomutilato o lacerato da ferite non può trasmigrare.

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capo, additando la bellissima moglie del mandarino.«Sarà risparmiata; ma soltanto lei. Tutti gli altri devonomorire».

Tsiun-chin pregò e supplicò, ma inutilmente.«Ebbene», disse, «in considerazione della dignità di

cui sono investito, vi chiedo che almeno mi si uccidasenza mutilazioni18. Ve lo domando come una grazia».

«Sia come tu vuoi», fece il capo. E afferratolo per lacintura, lo precipitò nel fiume.

Tutto il personale di servizio fu massacrato senza mi-sericordia.

La signora si stemprava in pianto. Si dovette impedir-le a viva forza che si gettasse in acqua.

«Via, via, non piangete», le disse il caporione, «chenon c’è motivo. Il mio secondogenito è ancora celibe; ioconto di darvi in moglie a lui, e vi considero già comemia nuora. Non avete dunque nulla da temere, e moltoda sperare».

Era stato il timore di subire un oltraggio che avevaspinto la signora ad attentare alla propria vita. Su questopunto le parole del capo la rassicurarono. Pensava inol-tre che, morta lei, sarebbe riuscito difficile la scoperta ela punizione di così atroci delitti. Risolse adunque difarsi coraggio e di spiare l’occasione di sottrarsi tosto otardi alla minaccia formulata da quel ribaldo.

«Se davvero promettete che non mi sarà mancato di

18 È credenza dei buddisti che l’anima, di chi muore col corpomutilato o lacerato da ferite non può trasmigrare.

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rispetto», disse, «mi acconcerò volontieri a divenire vo-stra nuora».

Da quel momento si mostrò sottomessa e servizievo-le; ilare perfino, non di rado; cosicchè il vecchio furfan-te andò mano mano persuadendosi che essa accettavasenza troppi rimpianti la sua nuova posizione, e cessò diesercitare sopra di lei la sorveglianza rigorosa dei primigiorni. La signora se ne rallegrava in cuor suo, e aspetta-va il momento di trarne partito.

Trascorse un mese, e arrivò il giorno quindicesimodell’ottava luna, la grande solennità autunnale. Per ordi-ne del capo, la prigioniera allestì un lauto pranzo, larga-mente annaffiato da più sorta di vini. Al cader della not-te, tutti si lasciarono cadere sul ponte del battello, bria-chi fracidi.

Li sentiva russare; alla viva luce lunare si accertò cheerano immersi in un sonno profondo.

Il battello era assicurato con una fune ad un alberodella riva. Essa potè facilmente scendere a terra da quel-la parte, e subito prese la corsa, e fuggì per due o tre li19

senza fermarsi.Non conosceva il paese, e il terreno era coperto di

alte erbe che rendevano disagiato il cammino. Incespicòe cadde più volte; ma andava sempre, spinta dal timoreche la potessero inseguire.

Spuntò finalmente l’alba; si guardò intorno, e vide un

19 Il miglio cinese, li, corrisponde a poco più di mezzo chilo-metro.

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rispetto», disse, «mi acconcerò volontieri a divenire vo-stra nuora».

Da quel momento si mostrò sottomessa e servizievo-le; ilare perfino, non di rado; cosicchè il vecchio furfan-te andò mano mano persuadendosi che essa accettavasenza troppi rimpianti la sua nuova posizione, e cessò diesercitare sopra di lei la sorveglianza rigorosa dei primigiorni. La signora se ne rallegrava in cuor suo, e aspetta-va il momento di trarne partito.

Trascorse un mese, e arrivò il giorno quindicesimodell’ottava luna, la grande solennità autunnale. Per ordi-ne del capo, la prigioniera allestì un lauto pranzo, larga-mente annaffiato da più sorta di vini. Al cader della not-te, tutti si lasciarono cadere sul ponte del battello, bria-chi fracidi.

Li sentiva russare; alla viva luce lunare si accertò cheerano immersi in un sonno profondo.

Il battello era assicurato con una fune ad un alberodella riva. Essa potè facilmente scendere a terra da quel-la parte, e subito prese la corsa, e fuggì per due o tre li19

senza fermarsi.Non conosceva il paese, e il terreno era coperto di

alte erbe che rendevano disagiato il cammino. Incespicòe cadde più volte; ma andava sempre, spinta dal timoreche la potessero inseguire.

Spuntò finalmente l’alba; si guardò intorno, e vide un

19 Il miglio cinese, li, corrisponde a poco più di mezzo chilo-metro.

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edifizio.«Sia ringraziato il cielo!», esclamò. «Ecco delle

case!»Si trovava infatti davanti a un monastero. Andò alla

porta, e, dopo qualche esitazione, bussò. Venne ad aprir-le una donna, alla quale chiese se si potesse parlare collamadre superiora. Questa comparve dopo un momento, ela fuggitiva le fece piangendo il racconto delle sue av-venture.

«Se vi sentite di rinunciare al mondo, e alle soddisfa-zioni a cui la vostra giovinezza e la vostra condizionesociale vi danno diritto, io sono ben lieta di ricevervicome novizia. Col tempo potrete divenire bonzessa, ededicarvi al culto del dio20».

La poveretta accettò con trasporto la proposta.Senz’altro la cerimonia ebbe luogo. La campanella man-dò i suoi squilli, si arsero gli incensi e tutte le bonzesseinsieme alla nuova venuta si prosternarono davantiall’immagine di Buddha, dopo di che si rasò il capo allanovizia e le si impose il nome buddistico di Hoei-yuen21.

Incominciò per lei una nuova vita. Il mattino suonavala campana, la sera batteva il tamburo22. Intelligente e

20 Buddha.21 «Sfera d’intelligenza».22 Del tamburo si servono i bonzi per farsi sentire alle persone

a cui chiedono i cibi di magro che costituiscono il loro alimento.Con esso si chiamano anche gli spiriti, allorchè si vuol loro offri-re sacrifici.

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edifizio.«Sia ringraziato il cielo!», esclamò. «Ecco delle

case!»Si trovava infatti davanti a un monastero. Andò alla

porta, e, dopo qualche esitazione, bussò. Venne ad aprir-le una donna, alla quale chiese se si potesse parlare collamadre superiora. Questa comparve dopo un momento, ela fuggitiva le fece piangendo il racconto delle sue av-venture.

«Se vi sentite di rinunciare al mondo, e alle soddisfa-zioni a cui la vostra giovinezza e la vostra condizionesociale vi danno diritto, io sono ben lieta di ricevervicome novizia. Col tempo potrete divenire bonzessa, ededicarvi al culto del dio20».

La poveretta accettò con trasporto la proposta.Senz’altro la cerimonia ebbe luogo. La campanella man-dò i suoi squilli, si arsero gli incensi e tutte le bonzesseinsieme alla nuova venuta si prosternarono davantiall’immagine di Buddha, dopo di che si rasò il capo allanovizia e le si impose il nome buddistico di Hoei-yuen21.

Incominciò per lei una nuova vita. Il mattino suonavala campana, la sera batteva il tamburo22. Intelligente e

20 Buddha.21 «Sfera d’intelligenza».22 Del tamburo si servono i bonzi per farsi sentire alle persone

a cui chiedono i cibi di magro che costituiscono il loro alimento.Con esso si chiamano anche gli spiriti, allorchè si vuol loro offri-re sacrifici.

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colta come era, ebbe in breve tempo imparato a memo-ria tutto il rituale, e fu in grado di prender parte alle fun-zioni del culto. La superiora faceva di lei gran conto; lealtre religiose le volevano bene, perchè era tanto buonaed affabile.

Essa trascorse così più di un anno in quel tranquillorifugio, quando avvenne un fatto che la turbò profonda-mente. Due uomini che erano soliti fare offerte al mona-stero, entrarono, passando di là, a salutare la madre su-periora e a pregarla di non dimenticarli nelle sue orazio-ni. Essa fece servir loro una refezione, e il giorno se-guente essi ricomparvero, recando un cartone con dipin-tivi dei fiori di papavero, perchè servisse di ornamentoalla cappella. **

La superiora accettò il dono e fissò il cartone su unparavento.

Quando, qualche tempo dopo, la novizia Hoei-yuenebbe occasione di vederlo, provò un sussulto. Essa co-nosceva quel dipinto!

«Da dove viene questo cartone?», chiese alla superio-ra.

«È stato regalato da due benefattori del monastero».«E chi sono costoro? Dove abitano?»«Sono due fratelli, e si chiamano Ku-Ngo-siu. Ambe-

due abitano nel distretto».«E che professione esercitano?»«Una volta si guadagnavano la vita come battellieri,

trasportando i viaggiatori sui fiumi e sui laghi. L’annoscorso i loro affari prosperarono a un tratto in modo sor-

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colta come era, ebbe in breve tempo imparato a memo-ria tutto il rituale, e fu in grado di prender parte alle fun-zioni del culto. La superiora faceva di lei gran conto; lealtre religiose le volevano bene, perchè era tanto buonaed affabile.

Essa trascorse così più di un anno in quel tranquillorifugio, quando avvenne un fatto che la turbò profonda-mente. Due uomini che erano soliti fare offerte al mona-stero, entrarono, passando di là, a salutare la madre su-periora e a pregarla di non dimenticarli nelle sue orazio-ni. Essa fece servir loro una refezione, e il giorno se-guente essi ricomparvero, recando un cartone con dipin-tivi dei fiori di papavero, perchè servisse di ornamentoalla cappella. **

La superiora accettò il dono e fissò il cartone su unparavento.

Quando, qualche tempo dopo, la novizia Hoei-yuenebbe occasione di vederlo, provò un sussulto. Essa co-nosceva quel dipinto!

«Da dove viene questo cartone?», chiese alla superio-ra.

«È stato regalato da due benefattori del monastero».«E chi sono costoro? Dove abitano?»«Sono due fratelli, e si chiamano Ku-Ngo-siu. Ambe-

due abitano nel distretto».«E che professione esercitano?»«Una volta si guadagnavano la vita come battellieri,

trasportando i viaggiatori sui fiumi e sui laghi. L’annoscorso i loro affari prosperarono a un tratto in modo sor-

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prendente. Si vuole che si siano arricchiti a danno diqualche mercante; ma non sono che voci».

«Vengono spesso al monastero?»«No: solo quando capita loro di passare da queste

parti».La novizia si notò accuratamente il loro nome, e pre-

so il pennello23 scrisse sul paravento queste righe:«Era giovane, dai modi eleganti e distinti: maneggia-

va il pennello come Tchangfui24. I suoi dipinti parevanocose vive... Questi fiori di papavero hanno una freschez-za e uno splendore insuperabili. Chi mi avrebbe dettoche le loro magnifiche tinte avrebbero rievocato in me,viva, il ricordo di lui, morto?... E questi fiori sono purel’unica cosa che mi resta di lui! Chi conosce il mio do-lore? Chi compiange la mia sventura?... Questo para-vento sarà ormai l’unico compagno della desolata bon-zessa, la quale ardentemente sospira che l’unione infran-ta dalla morte sia presto riannodata in un’altra vita».

* Ma la giustizia divina non permise che andasse persempre impunito l’atroce delitto.

Nella città vicina abitava un gran mandarino di nomeKo-king-chun, collezionista appassionato di oggetti arti-

23 È noto che i Cinesi, come i Giapponesi, scrivono col pen-nello, che intingono nell’inchiostro che stemperano sopra unapietra leggermente umida, la quale ha delle scanalature in cui siraccoglie l’inchiostro sciolto.

24 Personaggio celebre ai tempi della dinastia Han, che si citaspesso come modello di affetto coniugale. Col suo pennello di-pingeva egli stesso le sopraciglia di sua moglie.

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prendente. Si vuole che si siano arricchiti a danno diqualche mercante; ma non sono che voci».

«Vengono spesso al monastero?»«No: solo quando capita loro di passare da queste

parti».La novizia si notò accuratamente il loro nome, e pre-

so il pennello23 scrisse sul paravento queste righe:«Era giovane, dai modi eleganti e distinti: maneggia-

va il pennello come Tchangfui24. I suoi dipinti parevanocose vive... Questi fiori di papavero hanno una freschez-za e uno splendore insuperabili. Chi mi avrebbe dettoche le loro magnifiche tinte avrebbero rievocato in me,viva, il ricordo di lui, morto?... E questi fiori sono purel’unica cosa che mi resta di lui! Chi conosce il mio do-lore? Chi compiange la mia sventura?... Questo para-vento sarà ormai l’unico compagno della desolata bon-zessa, la quale ardentemente sospira che l’unione infran-ta dalla morte sia presto riannodata in un’altra vita».

* Ma la giustizia divina non permise che andasse persempre impunito l’atroce delitto.

Nella città vicina abitava un gran mandarino di nomeKo-king-chun, collezionista appassionato di oggetti arti-

23 È noto che i Cinesi, come i Giapponesi, scrivono col pen-nello, che intingono nell’inchiostro che stemperano sopra unapietra leggermente umida, la quale ha delle scanalature in cui siraccoglie l’inchiostro sciolto.

24 Personaggio celebre ai tempi della dinastia Han, che si citaspesso come modello di affetto coniugale. Col suo pennello di-pingeva egli stesso le sopraciglia di sua moglie.

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stici e frequentatore del monastero. Essendovi un giornovenuto a visitare la superiora, vide il paravento, ne am-mirò la splendida fattura e si disse disposto a comperar-lo. La superiora consultò la novizia, Hoei-yuen, la qualepensò:

«È un caro ricordo da cui mi duole assai separarmi,ma chi sa? Forse le parole che vi ho scritte possono ungiorno divenir una traccia preziosa per la scoperta deicolpevoli».

Detto fatto, si accordò il prezzo, e Ko-king-chun sene ripartì tutto contento col suo nuovo acquisto.

Il giorno seguente si presentò alla sua porta un vendi-tore di scritture artistiche. I servi lo annunciarono, edegli ordinò che fosse introdotto nel suo studio. Mentre ilvenditore stava svolgendo la sua mercanzia, vide il pa-ravento e diede un balzo di sorpresa.

«Che c’è?», chiese il mandarino.«C’è che questi fiori li ho dipinti io, colle mie mani!»Era infatti Tsiun-chin, che, a richiesta del mandarino,

narrò le vicende che già conosciamo. Aggiunse che ave-va potuto salvarsi dal fiume, ma che, privo di mezzi edel decreto di nomina, non era stato in grado di far vale-re i suoi diritti davanti ai tribunali, e che s’era perciòtrovato costretto a rinunciare alla carriera, riducendosiad eseguire scritture artistiche, che poi vendeva per pro-curarsi da vivere. Di sua moglie, per quante ricercheavesse fatto, non aveva saputo più nulla: riteneva chefosse stata barbaramente uccisa dagli infami battellieri.

«Voi maneggiate il pennello come pochi», disse Ko-

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stici e frequentatore del monastero. Essendovi un giornovenuto a visitare la superiora, vide il paravento, ne am-mirò la splendida fattura e si disse disposto a comperar-lo. La superiora consultò la novizia, Hoei-yuen, la qualepensò:

«È un caro ricordo da cui mi duole assai separarmi,ma chi sa? Forse le parole che vi ho scritte possono ungiorno divenir una traccia preziosa per la scoperta deicolpevoli».

Detto fatto, si accordò il prezzo, e Ko-king-chun sene ripartì tutto contento col suo nuovo acquisto.

Il giorno seguente si presentò alla sua porta un vendi-tore di scritture artistiche. I servi lo annunciarono, edegli ordinò che fosse introdotto nel suo studio. Mentre ilvenditore stava svolgendo la sua mercanzia, vide il pa-ravento e diede un balzo di sorpresa.

«Che c’è?», chiese il mandarino.«C’è che questi fiori li ho dipinti io, colle mie mani!»Era infatti Tsiun-chin, che, a richiesta del mandarino,

narrò le vicende che già conosciamo. Aggiunse che ave-va potuto salvarsi dal fiume, ma che, privo di mezzi edel decreto di nomina, non era stato in grado di far vale-re i suoi diritti davanti ai tribunali, e che s’era perciòtrovato costretto a rinunciare alla carriera, riducendosiad eseguire scritture artistiche, che poi vendeva per pro-curarsi da vivere. Di sua moglie, per quante ricercheavesse fatto, non aveva saputo più nulla: riteneva chefosse stata barbaramente uccisa dagli infami battellieri.

«Voi maneggiate il pennello come pochi», disse Ko-

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king-chun. «Se volete allogarvi in casa mia e insegnarel’arte ai miei figli, avremo tempo di parlare dei vostri af-fari, e fors’anche di trovarvi rimedio».

Tsiun-chin accettò di gran cuore la proposta. Poi sidiede ad esaminare il paravento più davvicino.

«Ma questo è straordinario!», esclamò. «Questo scrit-to è di mano di mia moglie!»

«Che dite mai?» fece il mandarino non meno sorpresodi lui.

«Ma certo!», riprese Tsiun-chin. «Anche se non ricor-dassi perfettamente la scrittura di lei, e la ricordo benis-simo, vi sono nel breve componimento delle allusioniche mi toglierebbero ogni dubbio! E deve averlo scrittodopo il nostro disastro!... Dunque è viva ancora, forse inpotere di quei banditi!... Per pietà, signore: ditemi dondeproviene questo paravento!»

Il giorno stesso il gran mandarino inviò una personafidata al monastero per avere informazioni, che la supe-riora si affrettò a fornire. Quando gli furono riferite, ri-mase alquanto sopra pensiero; poi si abboccò con suamoglie e le espose certo suo progetto, che essa approvòcompletamente.

Ko-king-chun mandò subito due portatori col suo pa-lanchino in compagnia dell’intendente di casa, il quale,annunciatosi alla superiora e fattosele conoscere, le par-lò in questi termini:

«La mia eccelsa signora è solita recitare preghiere aBuddha, ma non ha nessuna donna che le reciti con lei.Avendo saputo che si trova nel vostro monastero una

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king-chun. «Se volete allogarvi in casa mia e insegnarel’arte ai miei figli, avremo tempo di parlare dei vostri af-fari, e fors’anche di trovarvi rimedio».

Tsiun-chin accettò di gran cuore la proposta. Poi sidiede ad esaminare il paravento più davvicino.

«Ma questo è straordinario!», esclamò. «Questo scrit-to è di mano di mia moglie!»

«Che dite mai?» fece il mandarino non meno sorpresodi lui.

«Ma certo!», riprese Tsiun-chin. «Anche se non ricor-dassi perfettamente la scrittura di lei, e la ricordo benis-simo, vi sono nel breve componimento delle allusioniche mi toglierebbero ogni dubbio! E deve averlo scrittodopo il nostro disastro!... Dunque è viva ancora, forse inpotere di quei banditi!... Per pietà, signore: ditemi dondeproviene questo paravento!»

Il giorno stesso il gran mandarino inviò una personafidata al monastero per avere informazioni, che la supe-riora si affrettò a fornire. Quando gli furono riferite, ri-mase alquanto sopra pensiero; poi si abboccò con suamoglie e le espose certo suo progetto, che essa approvòcompletamente.

Ko-king-chun mandò subito due portatori col suo pa-lanchino in compagnia dell’intendente di casa, il quale,annunciatosi alla superiora e fattosele conoscere, le par-lò in questi termini:

«La mia eccelsa signora è solita recitare preghiere aBuddha, ma non ha nessuna donna che le reciti con lei.Avendo saputo che si trova nel vostro monastero una

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giovane religiosa di nome Hoei-yuen, assai versata inmateria, che potrebbe assisterla e istruirla in queste piepratiche, desidererebbe averla presso di sè per qualchetempo. È casa di gran signori, come sapete, e...»

«Sentiamo prima che cosa ne dice la novizia», risposela superiora, che per suo conto non avrebbe voluto di-sfarsi di un personale così utile al monastero, e a cui siera sinceramente affezionata.

Hoei-yuen accettò la profferta senza un momentod’esitazione. Le parve un’ottima occasione per chiarirefinalmente il mistero che tanto la preoccupava. La supe-riora, sebbene a malincuore, diede il suo consenso.

Quando la giovane giunse alla casa di Ko-king-chun,questi, senza vederla, ordinò che fosse condotta negliappartamenti interni25 dove abiterebbe con sua moglie.La signora si sentì subito attratta da viva simpatia versola poveretta, che, richiestane da lei, riferì una volta an-cora la storia delle sue sventure.

Il gran mandarino frattanto non perdeva tempo. Fecesorvegliare davvicino i fratelli Ku-Ngo-siu da scaltriagenti della polizia segreta, e si accertò che erano vera-mente fior di canaglie. Dopo aver prese le misure oppor-tune perchè non gli sfuggissero, disse a sua moglie:

«Le cose sono a buon punto. Non passerà molto chequei furfanti avranno la pena che si meritano, e cheTsiun-chin e sua moglie potranno ritrovarsi. Il male èche, per divenir bonzessa, la signora ha dovuto farsi ra-

25 Vedi nota a pag. 12 [nota 27 in questa edizione elettronica].

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giovane religiosa di nome Hoei-yuen, assai versata inmateria, che potrebbe assisterla e istruirla in queste piepratiche, desidererebbe averla presso di sè per qualchetempo. È casa di gran signori, come sapete, e...»

«Sentiamo prima che cosa ne dice la novizia», risposela superiora, che per suo conto non avrebbe voluto di-sfarsi di un personale così utile al monastero, e a cui siera sinceramente affezionata.

Hoei-yuen accettò la profferta senza un momentod’esitazione. Le parve un’ottima occasione per chiarirefinalmente il mistero che tanto la preoccupava. La supe-riora, sebbene a malincuore, diede il suo consenso.

Quando la giovane giunse alla casa di Ko-king-chun,questi, senza vederla, ordinò che fosse condotta negliappartamenti interni25 dove abiterebbe con sua moglie.La signora si sentì subito attratta da viva simpatia versola poveretta, che, richiestane da lei, riferì una volta an-cora la storia delle sue sventure.

Il gran mandarino frattanto non perdeva tempo. Fecesorvegliare davvicino i fratelli Ku-Ngo-siu da scaltriagenti della polizia segreta, e si accertò che erano vera-mente fior di canaglie. Dopo aver prese le misure oppor-tune perchè non gli sfuggissero, disse a sua moglie:

«Le cose sono a buon punto. Non passerà molto chequei furfanti avranno la pena che si meritano, e cheTsiun-chin e sua moglie potranno ritrovarsi. Il male èche, per divenir bonzessa, la signora ha dovuto farsi ra-

25 Vedi nota a pag. 12 [nota 27 in questa edizione elettronica].

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dere il capo. Consigliatela di lasciarsi crescere i capelli,come pure di cambiare abito».

«Ho paura che sarà un po’ difficile», obbiettò la man-darina. «Essa crede sempre alla morte di suo marito...»

«Fate del vostro meglio per indurla. Se non riuscire-mo, vedremo cosa si possa fare».

La signora Ko-king-chun ritornò dalla sua protetta, ele disse:

«Ho parlato or ora con mio marito, e mi ha assicuratoche la scoperta dei malfattori è imminente. Presto vostromarito sarà vendicato».

«Vogliate presentargli gli omaggi della mia gratitudi-ne», rispose Hoei-yuen prosternandosi.

«Ma egli mi ha detto un’altra cosa. Qui non siete piùin monastero, mia cara, ma nella casa di un gran manda-rino. Non si conviene che stiate in tenuta di religiosa.Consentireste a mutare di vestito e lasciarvi crescere icapelli?»

«Scusate, eccelsa signora, ma mi parrebbe, così fa-cendo, di recare oltraggio al mio indimenticabile marito,e di far torto all’ottima superiora che mi ha così genero-samente ospitata. Non posso ubbidirvi, perdonatemi.Quel tanto di vita che il cielo ancora mi riserba, devotrascorrerla nella penitenza e nel lutto».

Altro colloquio dei coniugi, in seguito al quale la si-gnora ritornò alla carica.

«Sentite, Hoei-yuen», disse, «il mandarino mio mari-to ha un altro grave motivo per insistere nella sua do-manda, e bisogna pure che ve la dica. L’inchiesta da lui

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dere il capo. Consigliatela di lasciarsi crescere i capelli,come pure di cambiare abito».

«Ho paura che sarà un po’ difficile», obbiettò la man-darina. «Essa crede sempre alla morte di suo marito...»

«Fate del vostro meglio per indurla. Se non riuscire-mo, vedremo cosa si possa fare».

La signora Ko-king-chun ritornò dalla sua protetta, ele disse:

«Ho parlato or ora con mio marito, e mi ha assicuratoche la scoperta dei malfattori è imminente. Presto vostromarito sarà vendicato».

«Vogliate presentargli gli omaggi della mia gratitudi-ne», rispose Hoei-yuen prosternandosi.

«Ma egli mi ha detto un’altra cosa. Qui non siete piùin monastero, mia cara, ma nella casa di un gran manda-rino. Non si conviene che stiate in tenuta di religiosa.Consentireste a mutare di vestito e lasciarvi crescere icapelli?»

«Scusate, eccelsa signora, ma mi parrebbe, così fa-cendo, di recare oltraggio al mio indimenticabile marito,e di far torto all’ottima superiora che mi ha così genero-samente ospitata. Non posso ubbidirvi, perdonatemi.Quel tanto di vita che il cielo ancora mi riserba, devotrascorrerla nella penitenza e nel lutto».

Altro colloquio dei coniugi, in seguito al quale la si-gnora ritornò alla carica.

«Sentite, Hoei-yuen», disse, «il mandarino mio mari-to ha un altro grave motivo per insistere nella sua do-manda, e bisogna pure che ve la dica. L’inchiesta da lui

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condotta ha rivelato alcune circostanze le quali fanno ri-tenere quasi per sicuro che vostro marito non è morto eche, tosto o tardi, potrà essere ritrovato. Se la lieta spe-ranza si avverasse, come rimarrebbe l’egregio uomo ri-vedendo sua moglie sotto le spoglie di bonzessa? Se in-vece gli indizi fossero fallaci, e risultasse che egli è ve-ramente perito, voi potreste sempre riprendere la via delmonastero...»

Un raggio di speranza balenò al pensiero della novi-zia. Essa rammentò che suo marito era un abilissimonuotatore, e chi sa...? Forse aveva potuto scampare dalfiume...

«Ebbene», disse, «farò come desiderano i miei nobiliprotettori».

Dopo qualche mese, i fratelli Ku-Ngo-siu poterono fi-nalmente essere acciuffati, insieme ai loro degni nipoti.In una perquisizione eseguita nella loro casa, si rinven-nero molti degli oggetti che erano già appartenuti ai co-niugi Tsiun-chin, nonchè il brevetto di nomina del man-darino. Furono giustiziati dopo breve processo, e le loroteste esposte ai crocicchi della città.

Fino all’ultimo essi giurarono di non sapere che cosafosse avvenuto della signora – ciò che del resto era laverità – con gran dolore del mandarino, ora modestoistitutore in casa Ko-king-chun, che avrebbe rinunciatovolentieri agli oggetti preziosi ritrovati, pur di avere al-meno qualche notizia di lei. Svanita così quasi del tutto,come egli credeva, ogni speranza, e giacchè era ritorna-to in possesso del suo brevetto, decise di recarsi nella

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condotta ha rivelato alcune circostanze le quali fanno ri-tenere quasi per sicuro che vostro marito non è morto eche, tosto o tardi, potrà essere ritrovato. Se la lieta spe-ranza si avverasse, come rimarrebbe l’egregio uomo ri-vedendo sua moglie sotto le spoglie di bonzessa? Se in-vece gli indizi fossero fallaci, e risultasse che egli è ve-ramente perito, voi potreste sempre riprendere la via delmonastero...»

Un raggio di speranza balenò al pensiero della novi-zia. Essa rammentò che suo marito era un abilissimonuotatore, e chi sa...? Forse aveva potuto scampare dalfiume...

«Ebbene», disse, «farò come desiderano i miei nobiliprotettori».

Dopo qualche mese, i fratelli Ku-Ngo-siu poterono fi-nalmente essere acciuffati, insieme ai loro degni nipoti.In una perquisizione eseguita nella loro casa, si rinven-nero molti degli oggetti che erano già appartenuti ai co-niugi Tsiun-chin, nonchè il brevetto di nomina del man-darino. Furono giustiziati dopo breve processo, e le loroteste esposte ai crocicchi della città.

Fino all’ultimo essi giurarono di non sapere che cosafosse avvenuto della signora – ciò che del resto era laverità – con gran dolore del mandarino, ora modestoistitutore in casa Ko-king-chun, che avrebbe rinunciatovolentieri agli oggetti preziosi ritrovati, pur di avere al-meno qualche notizia di lei. Svanita così quasi del tutto,come egli credeva, ogni speranza, e giacchè era ritorna-to in possesso del suo brevetto, decise di recarsi nella

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residenza che in esso gli era stata assegnata.«Il mandarinato è una bella cosa», gli disse Ko-king-

chun quando l’istitutore gli annunciò la sua intenzione,«ma come potrete vivere solo laggiù, giovane ancoracome siete? Se me lo permettete, io vi servirò da media-tore26 e mi darò attorno per trovarvi una brava compa-gna».

«No, no!», esclamò Tsiun-chin, colle lagrime agli oc-chi. «Se mia moglie è ancor viva, ella è certamente ri-masta fedele alla mia memoria. Appena avrò raggiuntola mia residenza, continuerò le ricerche per il tramite diabili investigatori. Ma se anche queste dovessero sortireesito negativo, io non sposerò mai un’altra donna!...Non vi sono per questo meno grato della cordiale prof-ferta».

«Non oso insistere», replicò il gran mandarino, na-scondendo a stento la sua commozione. «Vi prego solodi differire la vostra partenza, perchè vi possa offrire unbanchetto d’addio».

Il banchetto ebbe luogo qualche giorno più tardi, e fuimbandito con gran pompa e solennità. Vi intervenneromolti mandarini e letterati, amici del padrone di casa.

Poco prima che si levassero le mense, questi levò ilbicchiere pronunciando questo brindisi:

«Bevo al mandarino Tsiun-chin, e alla sua degnacompagna!»

26 Come abbiamo già detto nell’Introduzione, i matrimoni sicombinano in Cina quasi sempre per il tramite di mediatori o me-diatrici.

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residenza che in esso gli era stata assegnata.«Il mandarinato è una bella cosa», gli disse Ko-king-

chun quando l’istitutore gli annunciò la sua intenzione,«ma come potrete vivere solo laggiù, giovane ancoracome siete? Se me lo permettete, io vi servirò da media-tore26 e mi darò attorno per trovarvi una brava compa-gna».

«No, no!», esclamò Tsiun-chin, colle lagrime agli oc-chi. «Se mia moglie è ancor viva, ella è certamente ri-masta fedele alla mia memoria. Appena avrò raggiuntola mia residenza, continuerò le ricerche per il tramite diabili investigatori. Ma se anche queste dovessero sortireesito negativo, io non sposerò mai un’altra donna!...Non vi sono per questo meno grato della cordiale prof-ferta».

«Non oso insistere», replicò il gran mandarino, na-scondendo a stento la sua commozione. «Vi prego solodi differire la vostra partenza, perchè vi possa offrire unbanchetto d’addio».

Il banchetto ebbe luogo qualche giorno più tardi, e fuimbandito con gran pompa e solennità. Vi intervenneromolti mandarini e letterati, amici del padrone di casa.

Poco prima che si levassero le mense, questi levò ilbicchiere pronunciando questo brindisi:

«Bevo al mandarino Tsiun-chin, e alla sua degnacompagna!»

26 Come abbiamo già detto nell’Introduzione, i matrimoni sicombinano in Cina quasi sempre per il tramite di mediatori o me-diatrici.

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E diede ordine che si dicesse alla sua signora di man-dare nella sala Hoei-yuen27.

Tsiun-chin rimase esterrefatto. Sospettò che il padro-ne di casa volesse sposarlo, contro sua voglia, a questadonna, e che quello fosse il banchetto di nozze!

Intanto la signora Ko-king-chun, secondo l’intesa fat-ta con suo marito, aveva rivelato alla signora Tsiun-chinche il mandarino abitava da molto tempo nella loro casa,dopo aver attraversato le peripezie che il lettore cono-sce. Tremante di commozione, l’ex-bonzessa entrò nellasala. Come rimanesse Tsiun-chin a quell’improvvisa einaspettata apparizione, è facile immaginare.

«Mi ero offerto come mediatore per un buon matri-monio», disse ridendo il gran mandarino, «ma a quantovedo non c’è bisogno dell’opera mia».

Tsiun-chin non udì quelle parole. Aveva preso suamoglie tra le braccia, e la teneva stretta, mescolando lesue lagrime a quelle di lei.

I commensali si guardavano in viso stupiti, non com-prendendo nulla di ciò che accadeva davanti a loro. Ilgran mandarino si fece allora a narrare per filo e per se-gno la duplice storia, e conchiuse dicendo:

«Così fu che il mandarino Tsiun-chin e la sua degnaconsorte vissero quasi per un anno nella stessa casa sen-za sapere d’essere così vicini l’uno all’altra. Ma era ne-

27 Le donne prendevano i loro pasti separatamente, nei cosìdetti appartamenti interni, dove di solito abitavano. Riesce cosìpiù verosimile che i due coniugi, pur vivendo nella stessa casaospitale del gran mandarino, non si fossero mai incontrati.

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E diede ordine che si dicesse alla sua signora di man-dare nella sala Hoei-yuen27.

Tsiun-chin rimase esterrefatto. Sospettò che il padro-ne di casa volesse sposarlo, contro sua voglia, a questadonna, e che quello fosse il banchetto di nozze!

Intanto la signora Ko-king-chun, secondo l’intesa fat-ta con suo marito, aveva rivelato alla signora Tsiun-chinche il mandarino abitava da molto tempo nella loro casa,dopo aver attraversato le peripezie che il lettore cono-sce. Tremante di commozione, l’ex-bonzessa entrò nellasala. Come rimanesse Tsiun-chin a quell’improvvisa einaspettata apparizione, è facile immaginare.

«Mi ero offerto come mediatore per un buon matri-monio», disse ridendo il gran mandarino, «ma a quantovedo non c’è bisogno dell’opera mia».

Tsiun-chin non udì quelle parole. Aveva preso suamoglie tra le braccia, e la teneva stretta, mescolando lesue lagrime a quelle di lei.

I commensali si guardavano in viso stupiti, non com-prendendo nulla di ciò che accadeva davanti a loro. Ilgran mandarino si fece allora a narrare per filo e per se-gno la duplice storia, e conchiuse dicendo:

«Così fu che il mandarino Tsiun-chin e la sua degnaconsorte vissero quasi per un anno nella stessa casa sen-za sapere d’essere così vicini l’uno all’altra. Ma era ne-

27 Le donne prendevano i loro pasti separatamente, nei cosìdetti appartamenti interni, dove di solito abitavano. Riesce cosìpiù verosimile che i due coniugi, pur vivendo nella stessa casaospitale del gran mandarino, non si fossero mai incontrati.

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cessario. Bisognava aspettare che i capelli della signoracrescessero, che il brevetto del mandarino fosse ritrova-to, che i briganti cadessero nelle mani della giustizia; bi-sognava finalmente che fosse messa a prova la loro reci-proca fedeltà, prova che non poteva riuscire più splendi-damente. Alzo un’altra volta il bicchiere al mandarinoTsiun-chin e alla sua degna compagna!»

Qualche giorno più tardi, la coppia felice si accom-miatò dai suoi benefattori, si può pensare con quali effu-sioni di riconoscenza e di affetto. Si misero in viaggioverso la loro nuova residenza, ma lo interruppero per vi-sitare il monastero dove la signora era stata novizia.

Gioia e sorpresa della superiora e delle bonzesse, allequali bisognò pur raccontare le passate vicende. Primadi partire, e anche lì la separazione non fu senza pianto,Tsiun-chin lasciò una cospicua somma di danaro nellemani della superiora.

Proseguirono poi il loro viaggio, e raggiunsero la lororesidenza, dove vissero felici e onorati fino alla più tar-da età. **

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cessario. Bisognava aspettare che i capelli della signoracrescessero, che il brevetto del mandarino fosse ritrova-to, che i briganti cadessero nelle mani della giustizia; bi-sognava finalmente che fosse messa a prova la loro reci-proca fedeltà, prova che non poteva riuscire più splendi-damente. Alzo un’altra volta il bicchiere al mandarinoTsiun-chin e alla sua degna compagna!»

Qualche giorno più tardi, la coppia felice si accom-miatò dai suoi benefattori, si può pensare con quali effu-sioni di riconoscenza e di affetto. Si misero in viaggioverso la loro nuova residenza, ma lo interruppero per vi-sitare il monastero dove la signora era stata novizia.

Gioia e sorpresa della superiora e delle bonzesse, allequali bisognò pur raccontare le passate vicende. Primadi partire, e anche lì la separazione non fu senza pianto,Tsiun-chin lasciò una cospicua somma di danaro nellemani della superiora.

Proseguirono poi il loro viaggio, e raggiunsero la lororesidenza, dove vissero felici e onorati fino alla più tar-da età. **

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UN EPISODIODELLA VITA DEL POETA LI-TAI-PE.

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UN EPISODIODELLA VITA DEL POETA LI-TAI-PE.

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* «Noi ti esaltiamo, o poeta immortale, disceso dalcielo in terra a rallegrarla coi tuoi canti, e a vuotare letazze ricolme di vino! Quando il tuo pennello scorrevasul candido foglio, tacevano i venti. La tua fama dureràquaggiù fino a che la luna pioverà la sua luce sulle rivedel fiume che ti ha visto nascere».

Così un poeta intesse le lodi dell’immortale Tai-pe28,28 Li-Tai-Pe (699-762 d. C.), che i sinologi europei chiamano

l’Anacreonte cinese, è di gran lunga il più celebre poeta che laCina abbia prodotto. Ebbe carriera avventurosa e varia fortuna.La sua vita è un esempio insigne di genio e sregolatezza. L’impe-ratore lo aveva in alta stima e più volte, quando lo mandava achiamare, bisognava cercarlo in qualche bettola, da dove venivatrasportato a palazzo ubriaco fracido. La sua passione del bere fucausa della sua morte; annegò in un viaggio fluviale essendo ca-duto in acqua, per essersi troppo sporto ad afferrare il riflesso del-la luna in istato d’ebrezza. La leggenda descrive ben altrimenti lasua morte. Il poeta cenava sul fiume, quando ad un tratto s’udì unconcento di voci armoniose, che a poco a poco si vennero acco-stando al suo battello. In quel punto si levò anche un gran vorticedi mezzo all’acqua: erano le balene che si rizzavano agitando lepinne; i due giovani Immortali, recandosi fra mano stendardi a in-dicare la via, giunsero in faccia al poeta. «Veniamo – gli dissero –da parte del Signore dei cieli, per invitarti a ripigliare il tuo postolassù». E i battellieri lo videro che, preceduto dai Genii e dallevoci armoniose, s’allontanava sul dorso di uno di questi immanicetacei, come Arione in groppa al suo delfino; e presto il corteo sidileguò tra le nubi.

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* «Noi ti esaltiamo, o poeta immortale, disceso dalcielo in terra a rallegrarla coi tuoi canti, e a vuotare letazze ricolme di vino! Quando il tuo pennello scorrevasul candido foglio, tacevano i venti. La tua fama dureràquaggiù fino a che la luna pioverà la sua luce sulle rivedel fiume che ti ha visto nascere».

Così un poeta intesse le lodi dell’immortale Tai-pe28,28 Li-Tai-Pe (699-762 d. C.), che i sinologi europei chiamano

l’Anacreonte cinese, è di gran lunga il più celebre poeta che laCina abbia prodotto. Ebbe carriera avventurosa e varia fortuna.La sua vita è un esempio insigne di genio e sregolatezza. L’impe-ratore lo aveva in alta stima e più volte, quando lo mandava achiamare, bisognava cercarlo in qualche bettola, da dove venivatrasportato a palazzo ubriaco fracido. La sua passione del bere fucausa della sua morte; annegò in un viaggio fluviale essendo ca-duto in acqua, per essersi troppo sporto ad afferrare il riflesso del-la luna in istato d’ebrezza. La leggenda descrive ben altrimenti lasua morte. Il poeta cenava sul fiume, quando ad un tratto s’udì unconcento di voci armoniose, che a poco a poco si vennero acco-stando al suo battello. In quel punto si levò anche un gran vorticedi mezzo all’acqua: erano le balene che si rizzavano agitando lepinne; i due giovani Immortali, recandosi fra mano stendardi a in-dicare la via, giunsero in faccia al poeta. «Veniamo – gli dissero –da parte del Signore dei cieli, per invitarti a ripigliare il tuo postolassù». E i battellieri lo videro che, preceduto dai Genii e dallevoci armoniose, s’allontanava sul dorso di uno di questi immanicetacei, come Arione in groppa al suo delfino; e presto il corteo sidileguò tra le nubi.

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spirito arguto e profondo, ricco di virtù e di sapienza.Amante della libertà, insofferente d’ogni disciplina e de-sideroso di avventure, percorse in lungo e in largo tuttol’impero, raccogliendo tesori di esperienza, studiando icostumi dei vari popoli e apprendendo i loro idiomi.

Era bevitore esimio. Si narra che, avendo udito lodareil vino prodotto in una certa provincia molto lontana,percorse mille li29 per recarvisi a farne assaggio. Riccodi varia dottrina, e già abbastanza noto per le sue poesie,non voleva saperne di presentarsi agli esami, che sonpure l’unica via per giungere alle alte cariche30. Dicevache non aveva danaro per propiziarsi con donativi la be-nevola indulgenza degli esaminatori, gente venale chenon badava ai meriti dei candidati, ma a quello che po-

Del resto la letteratura cinese ci offre altri analoghi esempi. Unaltro famoso poeta Wang Chi (dal VI al VII secolo d. C.) si gua-dagnò il soprannome di «sapiente dalle cinque bottiglie». Di unaltro ancora, Liu Ling (sec. III d. C.), si narra che fosse sempreaccompagnato da un servo, che recava una provvista di vino. Ungiorno, cedendo alle insistenze di sua moglie, fece voto agli dei dinon bere più, ma finì per tracannare il vino destinato alla cerimo-nia votiva. Un bevitore impenitente fu lo storico Li Po-yao (IVsec. d. C.), che da ragazzo era pure di così malferma salute, danon cibarsi quasi che di medicine, donde il nomignolo di Po-yaoche viene a dire «farmacopea»! Le lodi non solo del vino, ma ad-dirittura dell’ubriachezza furono celebrate dal poeta Hsieh Chin(sec. XIV-XV d. C.).

29 Vedi nota 2 a pag. 5 [nota 19 in questa edizione elettronica].30 Conferiscono i gradi letterari di baccelliere, licenziato e

dottore.

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spirito arguto e profondo, ricco di virtù e di sapienza.Amante della libertà, insofferente d’ogni disciplina e de-sideroso di avventure, percorse in lungo e in largo tuttol’impero, raccogliendo tesori di esperienza, studiando icostumi dei vari popoli e apprendendo i loro idiomi.

Era bevitore esimio. Si narra che, avendo udito lodareil vino prodotto in una certa provincia molto lontana,percorse mille li29 per recarvisi a farne assaggio. Riccodi varia dottrina, e già abbastanza noto per le sue poesie,non voleva saperne di presentarsi agli esami, che sonpure l’unica via per giungere alle alte cariche30. Dicevache non aveva danaro per propiziarsi con donativi la be-nevola indulgenza degli esaminatori, gente venale chenon badava ai meriti dei candidati, ma a quello che po-

Del resto la letteratura cinese ci offre altri analoghi esempi. Unaltro famoso poeta Wang Chi (dal VI al VII secolo d. C.) si gua-dagnò il soprannome di «sapiente dalle cinque bottiglie». Di unaltro ancora, Liu Ling (sec. III d. C.), si narra che fosse sempreaccompagnato da un servo, che recava una provvista di vino. Ungiorno, cedendo alle insistenze di sua moglie, fece voto agli dei dinon bere più, ma finì per tracannare il vino destinato alla cerimo-nia votiva. Un bevitore impenitente fu lo storico Li Po-yao (IVsec. d. C.), che da ragazzo era pure di così malferma salute, danon cibarsi quasi che di medicine, donde il nomignolo di Po-yaoche viene a dire «farmacopea»! Le lodi non solo del vino, ma ad-dirittura dell’ubriachezza furono celebrate dal poeta Hsieh Chin(sec. XIV-XV d. C.).

29 Vedi nota 2 a pag. 5 [nota 19 in questa edizione elettronica].30 Conferiscono i gradi letterari di baccelliere, licenziato e

dottore.

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tevano spendere. Cedette finalmente alle insistenze diun amico autorevole, e tentò la prova. Fu ignominiosa-mente respinto. Venne poi a sapere che uno degli esami-natori, il ministro Yang-Kwei, buttando da una parte ilsuo scritto31, aveva detto al collega Kao-Li, con ariasprezzante:

«Questo imbratta carte non è neppur degno di stem-perare il mio inchiostro»32.

Al che l’altro aveva replicato:«E neppure di legarmi i calzari».Il poeta fremette di sdegno udendo gli oltraggi san-

guinosi.«Giuro», esclamò, «di far in modo che Yang-Kwei

abbia a stemperare il mio inchiostro, e Kao-Li a legarmii calzari».

Poi riprese la vita errabonda e gaudente che fino allo-ra aveva condotto.

Avvenne un giorno che l’imperatore ricevesse alcunipersonaggi che provenivano da un paese lontano, incari-cati di recargli una lettera del loro monarca. Appenaebbe gettato gli occhi sullo scritto, vide che esso era det-tato in una lingua a lui affatto sconosciuta. La passò aisuoi ministri, ma nessuno di essi riuscì a decifrarlo, nep-pure quelli che godevano nome di dotti.

«Come!», esclamò corrucciato l’imperatore, «fra tantidignitari che circondano il mio trono non ve n’è uno che

31 Gli esami consistono soltanto in prove scritte.32 Vedi nota 6 a pag. 7 [nota 23 in questa edizione elettronica].

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tevano spendere. Cedette finalmente alle insistenze diun amico autorevole, e tentò la prova. Fu ignominiosa-mente respinto. Venne poi a sapere che uno degli esami-natori, il ministro Yang-Kwei, buttando da una parte ilsuo scritto31, aveva detto al collega Kao-Li, con ariasprezzante:

«Questo imbratta carte non è neppur degno di stem-perare il mio inchiostro»32.

Al che l’altro aveva replicato:«E neppure di legarmi i calzari».Il poeta fremette di sdegno udendo gli oltraggi san-

guinosi.«Giuro», esclamò, «di far in modo che Yang-Kwei

abbia a stemperare il mio inchiostro, e Kao-Li a legarmii calzari».

Poi riprese la vita errabonda e gaudente che fino allo-ra aveva condotto.

Avvenne un giorno che l’imperatore ricevesse alcunipersonaggi che provenivano da un paese lontano, incari-cati di recargli una lettera del loro monarca. Appenaebbe gettato gli occhi sullo scritto, vide che esso era det-tato in una lingua a lui affatto sconosciuta. La passò aisuoi ministri, ma nessuno di essi riuscì a decifrarlo, nep-pure quelli che godevano nome di dotti.

«Come!», esclamò corrucciato l’imperatore, «fra tantidignitari che circondano il mio trono non ve n’è uno che

31 Gli esami consistono soltanto in prove scritte.32 Vedi nota 6 a pag. 7 [nota 23 in questa edizione elettronica].

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sappia dirmi che cosa sta scritto qui? Che risposta potròdare al re? Che diranno i suoi ambasciatori? Certo si ri-deranno di me e della mia corte. Ci crederanno un popo-lo di barbari, e saranno tentati a muoverci guerra, colpretesto di arrecarci la civiltà. Se tra una settimana lalettera non è tradotta, farò mettere a morte tutti i mieiministri e impiegati, e nominerò al loro posto dei sudditivirtuosi e capaci, che siano veramente utili allo stato».

Tutti furono sopraffatti dal terrore a tali minacce, e siritirarono confusi e tremanti.

L’episodio giunse all’orecchio dell’amico del nostropoeta, quello stesso che l’aveva esortato a presentarsiagli esami.

«Peccato che gli esaminatori mi abbiano respinto,precludendomi così l’ammissione alla corte», disse tran-quillamente Tai-Pe. «Probabilmente la lingua in questio-ne è una di quelle che io ho imparato durante le mie lun-ghe peregrinazioni».

«E se trovassi modo di farvi presentare a Sua Mae-stà?» replicò l’amico. «Permettete che mi incarichi dellacosa?»

Avuto il consenso del poeta, l’amico sollecitòun’udienza dall’imperatore e gli disse ch’egli conoscevaun uomo il quale era in grado di interpretare le più di-verse lingue e scritture. Se Sua Maestà volesse metterloalla prova...

«Venga domani», disse il monarca.Il giorno seguente Tai-Pe si presentò in contegno ri-

spettoso, ma sicuro, davanti all’imperatore, che sedeva

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sappia dirmi che cosa sta scritto qui? Che risposta potròdare al re? Che diranno i suoi ambasciatori? Certo si ri-deranno di me e della mia corte. Ci crederanno un popo-lo di barbari, e saranno tentati a muoverci guerra, colpretesto di arrecarci la civiltà. Se tra una settimana lalettera non è tradotta, farò mettere a morte tutti i mieiministri e impiegati, e nominerò al loro posto dei sudditivirtuosi e capaci, che siano veramente utili allo stato».

Tutti furono sopraffatti dal terrore a tali minacce, e siritirarono confusi e tremanti.

L’episodio giunse all’orecchio dell’amico del nostropoeta, quello stesso che l’aveva esortato a presentarsiagli esami.

«Peccato che gli esaminatori mi abbiano respinto,precludendomi così l’ammissione alla corte», disse tran-quillamente Tai-Pe. «Probabilmente la lingua in questio-ne è una di quelle che io ho imparato durante le mie lun-ghe peregrinazioni».

«E se trovassi modo di farvi presentare a Sua Mae-stà?» replicò l’amico. «Permettete che mi incarichi dellacosa?»

Avuto il consenso del poeta, l’amico sollecitòun’udienza dall’imperatore e gli disse ch’egli conoscevaun uomo il quale era in grado di interpretare le più di-verse lingue e scritture. Se Sua Maestà volesse metterloalla prova...

«Venga domani», disse il monarca.Il giorno seguente Tai-Pe si presentò in contegno ri-

spettoso, ma sicuro, davanti all’imperatore, che sedeva

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in trono circondato da tutti i ministri e dignitari. Dopoessersi più volte inchinato, secondo il cerimoniale, rice-vette la lettera dalle mani di un ciambellano.

La scorse dapprima coll’occhio, sorrise un po’ sde-gnosamente, poi, chiesta licenza all’imperatore, si diedea recitarne la versione in cinese, con voce franca e spe-dita.

Il documento era di questo tenore:«Il grande Ko-To del regno di Po-Hai all’imperatore

della Cina Hüan-Tsun:«Da quando il vostro stato è confinante col mio, in

seguito all’occupazione della Corea da voi compiuta, ivostri soldati vanno facendo frequenti incursioni nel no-stro territorio. Non volendo noi più oltre tollerare ciò, vimandiamo ambasciatori a significarvi che reclamiamoda voi la consegna di centosettantasei località coreane.In compenso siamo disposti ad offrirvi tessuti preziosi,tamburi di guerra, legname d’opera, cavalli, cervi ed al-tri animali che abbondano nel nostro paese. Se rifiutatela proposta, i nostri possenti eserciti invaderanno laCina, e vedremo allora a chi di noi due arriderà la vitto-ria».

Hüan-Tsun diede un balzo sul trono, udendo le arro-ganti pretese. Volse lo sguardo intorno; nessuno osavaprendere la parola. Alla fine Tai-Pe chiese facoltà diparlare.

«Eccelso signore», disse, «se la Maestà Vostra vuolcompiacersi di ordinare che gli ambasciatori siano am-messi domani al vostro cospetto, io darò loro tale rispo-

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in trono circondato da tutti i ministri e dignitari. Dopoessersi più volte inchinato, secondo il cerimoniale, rice-vette la lettera dalle mani di un ciambellano.

La scorse dapprima coll’occhio, sorrise un po’ sde-gnosamente, poi, chiesta licenza all’imperatore, si diedea recitarne la versione in cinese, con voce franca e spe-dita.

Il documento era di questo tenore:«Il grande Ko-To del regno di Po-Hai all’imperatore

della Cina Hüan-Tsun:«Da quando il vostro stato è confinante col mio, in

seguito all’occupazione della Corea da voi compiuta, ivostri soldati vanno facendo frequenti incursioni nel no-stro territorio. Non volendo noi più oltre tollerare ciò, vimandiamo ambasciatori a significarvi che reclamiamoda voi la consegna di centosettantasei località coreane.In compenso siamo disposti ad offrirvi tessuti preziosi,tamburi di guerra, legname d’opera, cavalli, cervi ed al-tri animali che abbondano nel nostro paese. Se rifiutatela proposta, i nostri possenti eserciti invaderanno laCina, e vedremo allora a chi di noi due arriderà la vitto-ria».

Hüan-Tsun diede un balzo sul trono, udendo le arro-ganti pretese. Volse lo sguardo intorno; nessuno osavaprendere la parola. Alla fine Tai-Pe chiese facoltà diparlare.

«Eccelso signore», disse, «se la Maestà Vostra vuolcompiacersi di ordinare che gli ambasciatori siano am-messi domani al vostro cospetto, io darò loro tale rispo-

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sta, coll’assenso della Maestà Vostra, che il loro re do-vrà arrossirne di vergogna e di rabbia».

L’imperatore accolse la proposta, e ordinò che, incompenso del servizio prestato da Tai-Pe, venisse nomi-nato mandarino di primo grado, con tutti gli attributi an-nessi a tale titolo.

La sera, il poeta si diede bel tempo coll’amico: biso-gnava pur festeggiare il suo mandarinato! La mattina se-guente, si presentò all’udienza rivestito delle insegnedella sua nuova dignità: abito violetto e berretto di velo.Erano intervenuti tutti i personaggi di corte, compresiYang-Kwei e Kao-Li.

A un cenno del monarca, furono introdotti gli amba-sciatori di Ko-To.

«Il mio eccelso monarca», così cominciò a dire Tai-Pe rivolgendosi a questi e parlando nel loro linguaggio,«non si degna di raccogliere le proposte nè le minacciedel vostro sovrano. Il dragone33 non teme il serpente:noi abbondiamo di tutto quanto ci offrite. Se il vostropaese non farà prontamente atto di sudditanza, noi loschiacceremo sotto il peso della nostra potenza, e voi sa-rete cancellati dalla faccia della terra».

33 Il dragone è da tempo immemorabile il simbolo dell’Impe-ro Celeste. La sua figurazione ha una parte cospicua anchenell’arte ornamentale cinese, mentre ad esso sono attribuiti arcanipoteri nella formazione della pioggia e in altri fenomeni meteoro-logici e tellurici. Cfr. W. W. DE WISSER: «The Dragon in Chinaand Japan», nelle Verhandelingen d. k. Akad. van Wetenschappendi Amsterdam, 1913.

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sta, coll’assenso della Maestà Vostra, che il loro re do-vrà arrossirne di vergogna e di rabbia».

L’imperatore accolse la proposta, e ordinò che, incompenso del servizio prestato da Tai-Pe, venisse nomi-nato mandarino di primo grado, con tutti gli attributi an-nessi a tale titolo.

La sera, il poeta si diede bel tempo coll’amico: biso-gnava pur festeggiare il suo mandarinato! La mattina se-guente, si presentò all’udienza rivestito delle insegnedella sua nuova dignità: abito violetto e berretto di velo.Erano intervenuti tutti i personaggi di corte, compresiYang-Kwei e Kao-Li.

A un cenno del monarca, furono introdotti gli amba-sciatori di Ko-To.

«Il mio eccelso monarca», così cominciò a dire Tai-Pe rivolgendosi a questi e parlando nel loro linguaggio,«non si degna di raccogliere le proposte nè le minacciedel vostro sovrano. Il dragone33 non teme il serpente:noi abbondiamo di tutto quanto ci offrite. Se il vostropaese non farà prontamente atto di sudditanza, noi loschiacceremo sotto il peso della nostra potenza, e voi sa-rete cancellati dalla faccia della terra».

33 Il dragone è da tempo immemorabile il simbolo dell’Impe-ro Celeste. La sua figurazione ha una parte cospicua anchenell’arte ornamentale cinese, mentre ad esso sono attribuiti arcanipoteri nella formazione della pioggia e in altri fenomeni meteoro-logici e tellurici. Cfr. W. W. DE WISSER: «The Dragon in Chinaand Japan», nelle Verhandelingen d. k. Akad. van Wetenschappendi Amsterdam, 1913.

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Gli ambasciatori, tremanti e allibiti a questa energicaallocuzione, si prosternarono più volte davanti al trono;poi, mogi mogi, si ritirarono.

Grande fu la gioia di Hüan-Tsun quando il poeta glitradusse ciò che aveva loro detto.

«Ditemi ora», fece egli, «quale ricompensa chiedeteda noi per un così segnalato servizio».

«Maestà», rispose Tai-Pe, «la calzatura del vostro de-voto suddito non è abbastanza pulita: egli l’ha insudicia-ta durante le libazioni a cui la notte scorsa si è abbando-nato per festeggiare la nomina a mandarino che gli avetebenignamente concessa. Egli spera che la Maestà Vostragli voglia donare un paio di calze e di stivali nuovi, af-finchè possa con essi salire i gradini del vostro eccelsotrono».

Hüan-Tsun ordinò a un servo che fossero subito recatigli indumenti richiesti, mentre il poeta continuava:

«Maestà, il vostro devoto suddito ha ancora un altrodesiderio da umiliare ai vostri piedi. Egli supplica che laMaestà Vostra ordini al ministro Yang-Kwei di stempe-rargli l’inchiostro, mentre il ministro Kao-Li gli infila lecalze e gli lega gli stivali».

L’ordine fu dato: i due personaggi dovettero renderegli umili servigi all’uomo che avevano così indegna-mente trattato.

Quando poi, dietro richiesta dell’imperatore, Tai-Pegli spiegò come era stato condotto a formulare il duplicedesiderio, Hüan-Tsun lo colmò di lodi, lo assicurò delsuo favore per l’avvenire, e punì esemplarmente i due

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Gli ambasciatori, tremanti e allibiti a questa energicaallocuzione, si prosternarono più volte davanti al trono;poi, mogi mogi, si ritirarono.

Grande fu la gioia di Hüan-Tsun quando il poeta glitradusse ciò che aveva loro detto.

«Ditemi ora», fece egli, «quale ricompensa chiedeteda noi per un così segnalato servizio».

«Maestà», rispose Tai-Pe, «la calzatura del vostro de-voto suddito non è abbastanza pulita: egli l’ha insudicia-ta durante le libazioni a cui la notte scorsa si è abbando-nato per festeggiare la nomina a mandarino che gli avetebenignamente concessa. Egli spera che la Maestà Vostragli voglia donare un paio di calze e di stivali nuovi, af-finchè possa con essi salire i gradini del vostro eccelsotrono».

Hüan-Tsun ordinò a un servo che fossero subito recatigli indumenti richiesti, mentre il poeta continuava:

«Maestà, il vostro devoto suddito ha ancora un altrodesiderio da umiliare ai vostri piedi. Egli supplica che laMaestà Vostra ordini al ministro Yang-Kwei di stempe-rargli l’inchiostro, mentre il ministro Kao-Li gli infila lecalze e gli lega gli stivali».

L’ordine fu dato: i due personaggi dovettero renderegli umili servigi all’uomo che avevano così indegna-mente trattato.

Quando poi, dietro richiesta dell’imperatore, Tai-Pegli spiegò come era stato condotto a formulare il duplicedesiderio, Hüan-Tsun lo colmò di lodi, lo assicurò delsuo favore per l’avvenire, e punì esemplarmente i due

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indegni ministri. **

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indegni ministri. **

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L’ALTERNA VICENDADI POVERTÀ E DI RICCHEZZA.

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L’ALTERNA VICENDADI POVERTÀ E DI RICCHEZZA.

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* La famiglia Tchu era una tra le più ricche e stimatefamiglie della città di Tsao-nan. All’epoca della nostrastoria, il capo di essa era il giovane baccelliere Yong-tsu, ammogliato da qualche anno e padre di un bambino.Il suo avo paterno aveva elevato nell’ampio giardinoche circondava la casa un tempio al dio Fo34, dove ognigiorno andava a meditare e a pregare; ma l’erede di lui(il padre del baccelliere) non si era fatto scrupolo di de-molirlo, per utilizzare i materiali nell’ampliamento dellacasa. La morte lo aveva sorpreso proprio quando i lavorierano al termine. Il cielo – come dissero allora quelliche lo conoscevano – aveva così punito il sacrilegio dalui compiuto.

Yong-tsu, desideroso di dare gli esami di secondogrado, risolse di andare a stabilirsi per qualche temponella capitale della provincia, e non volendo separarsidalla moglie e dal figlio che amava teneramente, se licondusse con sè. Prima di partire, seppellì una grandequantità di verghe d’oro e d’argento – che costituivanola maggior parte delle sue ricchezze – ai piedi di unmuro diroccato, uno dei ruderi del tempio demolito, eaffidò la custodia della casa a un suo vecchio intenden-te.

Viveva nella stessa città un pover’uomo, di nome

34 Buddha.

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* La famiglia Tchu era una tra le più ricche e stimatefamiglie della città di Tsao-nan. All’epoca della nostrastoria, il capo di essa era il giovane baccelliere Yong-tsu, ammogliato da qualche anno e padre di un bambino.Il suo avo paterno aveva elevato nell’ampio giardinoche circondava la casa un tempio al dio Fo34, dove ognigiorno andava a meditare e a pregare; ma l’erede di lui(il padre del baccelliere) non si era fatto scrupolo di de-molirlo, per utilizzare i materiali nell’ampliamento dellacasa. La morte lo aveva sorpreso proprio quando i lavorierano al termine. Il cielo – come dissero allora quelliche lo conoscevano – aveva così punito il sacrilegio dalui compiuto.

Yong-tsu, desideroso di dare gli esami di secondogrado, risolse di andare a stabilirsi per qualche temponella capitale della provincia, e non volendo separarsidalla moglie e dal figlio che amava teneramente, se licondusse con sè. Prima di partire, seppellì una grandequantità di verghe d’oro e d’argento – che costituivanola maggior parte delle sue ricchezze – ai piedi di unmuro diroccato, uno dei ruderi del tempio demolito, eaffidò la custodia della casa a un suo vecchio intenden-te.

Viveva nella stessa città un pover’uomo, di nome

34 Buddha.

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Kia-jin che, senza esercitare nessun mestiere, si prestavaa far da facchino, da sterratore, da servo, a seconda chen’era richiesto; e così campava il lunario. La miseria incui versava era grande; ma più grande il desiderio diuscirne, in un modo o nell’altro. Faceva continuamentesogni di ricchezza, almanaccava su un possibile muta-mento di fortuna, e pregava ogni giorno fervidamentedavanti al tempio di Tong-yo, perchè i sogni divenisserorealtà. Si assorbiva tanto nelle preghiere, che talvolta ca-deva in una specie di estasi.

«Impossibile», disse una volta il dio al genio che gliriferì le suppliche del postulante. «Costui in una vita an-teriore35 non ha rispettato nè il cielo nè la terra. Non haonorato i genitori; ha disprezzato il culto di Fo, insultatoi bonzi, uccise delle creature viventi. Insomma, ha meri-tato di soffrire nella vita presente».

«È vero», replicò Kia-jin, «ma ho anche espiato que-sto fallo. Ho sostenuto i miei genitori col mio lavoro:alla loro morte li ho pianti e, sebbene povero, non hotralasciato di versar vino e tè sulle loro tombe. Via, con-cedete che io conosca, dopo tanti stenti, che cosa è laricchezza».

«E sia!», disse il dio. «Abbiamo appunto», continuòsottovoce parlando al genio, «la famiglia Tchu, l’avodella quale si era guadagnato due generazioni di prospe-rità. Il suo erede diretto ha demolito il tempio dedicato a

35 Si veda ciò che fu detto nell’Introduzione sulla trasmigra-zione delle anime.

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Kia-jin che, senza esercitare nessun mestiere, si prestavaa far da facchino, da sterratore, da servo, a seconda chen’era richiesto; e così campava il lunario. La miseria incui versava era grande; ma più grande il desiderio diuscirne, in un modo o nell’altro. Faceva continuamentesogni di ricchezza, almanaccava su un possibile muta-mento di fortuna, e pregava ogni giorno fervidamentedavanti al tempio di Tong-yo, perchè i sogni divenisserorealtà. Si assorbiva tanto nelle preghiere, che talvolta ca-deva in una specie di estasi.

«Impossibile», disse una volta il dio al genio che gliriferì le suppliche del postulante. «Costui in una vita an-teriore35 non ha rispettato nè il cielo nè la terra. Non haonorato i genitori; ha disprezzato il culto di Fo, insultatoi bonzi, uccise delle creature viventi. Insomma, ha meri-tato di soffrire nella vita presente».

«È vero», replicò Kia-jin, «ma ho anche espiato que-sto fallo. Ho sostenuto i miei genitori col mio lavoro:alla loro morte li ho pianti e, sebbene povero, non hotralasciato di versar vino e tè sulle loro tombe. Via, con-cedete che io conosca, dopo tanti stenti, che cosa è laricchezza».

«E sia!», disse il dio. «Abbiamo appunto», continuòsottovoce parlando al genio, «la famiglia Tchu, l’avodella quale si era guadagnato due generazioni di prospe-rità. Il suo erede diretto ha demolito il tempio dedicato a

35 Si veda ciò che fu detto nell’Introduzione sulla trasmigra-zione delle anime.

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Fo: sospendo per venti anni la felicità di questa fami-glia. Kia-jin godrà delle sue ricchezze fino al giorno incui le saranno rese, e faremo in modo ch’egli sia con-dotto a farne la restituzione spontaneamente».

Il genio comunicò la buona novella a Kia-jin, che siprofuse in azioni di grazie. Vide accanto a sè un cavalloalato sul quale fu invitato a salire per ritornare sulla ter-ra. Il cavallo si mosse colla rapidità del lampo; il cava-liere sentì che perdeva gli arcioni; mandò un grido... e sisvegliò. Giaceva prostrato davanti al tempio di Tong-yo.

Ma il sogno doveva ben presto avverarsi. Mentre ri-tornava a casa, egli s’imbattè nell’intendente di casaTchu. Il pover’uomo era stato derubato di tutto il danaroche il padrone gli aveva lasciato prima di partire, per farfronte alle spese giornaliere. Aveva allora pensato di ab-battere i ruderi che ingombravano il giardino, e di ven-derne i mattoni per ricavare da tirare avanti. Kia-jin do-veva incaricarsi dell’operazione, e anche di cercare uncompratore.

«Mi si chiede appunto del materiale di costruzioneusato», disse Kia-jin.

E senz’altro, diede mano al piccone. A un certo pun-to, questo mandò un suono sordo, come se avesse datonel vuoto. Infatti, dopo aver sollevato una grossa lastradi pietra, lo sterratore trovò una fossa profonda, e dentroad essa una grande quantità di verghe d’oro e d’argento:il patrimonio di Tchu.

Rimase un istante come intontito a contemplare il te-soro.

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Fo: sospendo per venti anni la felicità di questa fami-glia. Kia-jin godrà delle sue ricchezze fino al giorno incui le saranno rese, e faremo in modo ch’egli sia con-dotto a farne la restituzione spontaneamente».

Il genio comunicò la buona novella a Kia-jin, che siprofuse in azioni di grazie. Vide accanto a sè un cavalloalato sul quale fu invitato a salire per ritornare sulla ter-ra. Il cavallo si mosse colla rapidità del lampo; il cava-liere sentì che perdeva gli arcioni; mandò un grido... e sisvegliò. Giaceva prostrato davanti al tempio di Tong-yo.

Ma il sogno doveva ben presto avverarsi. Mentre ri-tornava a casa, egli s’imbattè nell’intendente di casaTchu. Il pover’uomo era stato derubato di tutto il danaroche il padrone gli aveva lasciato prima di partire, per farfronte alle spese giornaliere. Aveva allora pensato di ab-battere i ruderi che ingombravano il giardino, e di ven-derne i mattoni per ricavare da tirare avanti. Kia-jin do-veva incaricarsi dell’operazione, e anche di cercare uncompratore.

«Mi si chiede appunto del materiale di costruzioneusato», disse Kia-jin.

E senz’altro, diede mano al piccone. A un certo pun-to, questo mandò un suono sordo, come se avesse datonel vuoto. Infatti, dopo aver sollevato una grossa lastradi pietra, lo sterratore trovò una fossa profonda, e dentroad essa una grande quantità di verghe d’oro e d’argento:il patrimonio di Tchu.

Rimase un istante come intontito a contemplare il te-soro.

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«Ecco avverato il mio sogno!», esclamò. «Gli dei mihanno davvero largita la ricchezza».

Ricoperse accuratamente il terreno e, scesa la notte,ritornò sul posto, levò le verghe e se le portò nel suo ca-solare.

Si rivelò subito in lui l’uomo accorto e calcolatore.Cominciò coll’impiantare un modesto negozio, onde farcredere che da esso ricavasse i mezzi per migliorare lasua maniera di vita. A poco a poco, gli affari preserogrande sviluppo; in breve tempo i proventi pareggiava-no quasi il capitale con cui aveva cominciato.

Un solo rimpianto egli aveva: quello di essere senzafigli. Se ne aperse con un vecchio di nome Tchin-te-fu,che aveva preso come segretario, e l’incaricò di staresull’intesa, se mai sapesse di qualche famiglia bisognosache fosse disposta a cedergli i suoi diritti di paternità so-pra un figlio o una figlia.

Frattanto il baccelliere Tchu era stato colpito da unaserie di disgrazie. Non era riuscito a superare gli esami;il danaro che aveva portato con sè era esaurito, le perso-ne a cui s’era rivolto per qualche sussidio, s’eranoschermite. Decise allora di ritornare a casa sua, collamoglie e col bambino, il quale era ormai nel suo settimoanno. Il viaggio fu disastroso, per la mancanza di mezzie l’inclemenza della stagione.

Volle il caso che, a una delle ultime tappe, egli si fer-masse a una delle molte locande che erano divenute pro-prietà di Kia-jin, o meglio del «riccone», come lo chia-mavano per antonomasia nei dintorni. Il conduttore del-

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«Ecco avverato il mio sogno!», esclamò. «Gli dei mihanno davvero largita la ricchezza».

Ricoperse accuratamente il terreno e, scesa la notte,ritornò sul posto, levò le verghe e se le portò nel suo ca-solare.

Si rivelò subito in lui l’uomo accorto e calcolatore.Cominciò coll’impiantare un modesto negozio, onde farcredere che da esso ricavasse i mezzi per migliorare lasua maniera di vita. A poco a poco, gli affari preserogrande sviluppo; in breve tempo i proventi pareggiava-no quasi il capitale con cui aveva cominciato.

Un solo rimpianto egli aveva: quello di essere senzafigli. Se ne aperse con un vecchio di nome Tchin-te-fu,che aveva preso come segretario, e l’incaricò di staresull’intesa, se mai sapesse di qualche famiglia bisognosache fosse disposta a cedergli i suoi diritti di paternità so-pra un figlio o una figlia.

Frattanto il baccelliere Tchu era stato colpito da unaserie di disgrazie. Non era riuscito a superare gli esami;il danaro che aveva portato con sè era esaurito, le perso-ne a cui s’era rivolto per qualche sussidio, s’eranoschermite. Decise allora di ritornare a casa sua, collamoglie e col bambino, il quale era ormai nel suo settimoanno. Il viaggio fu disastroso, per la mancanza di mezzie l’inclemenza della stagione.

Volle il caso che, a una delle ultime tappe, egli si fer-masse a una delle molte locande che erano divenute pro-prietà di Kia-jin, o meglio del «riccone», come lo chia-mavano per antonomasia nei dintorni. Il conduttore del-

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la locanda fu mosso a compassione dallo stato miseran-do a cui eran ridotti i suoi ospiti, e li rifocillò del suomeglio, senza richiedere alcun compenso.

Commosso a tanta bontà, il baccelliere gli narrò lastoria delle sue dolorose peripezie.

«E perchè non avete pensato a far adottare vostro fi-glio da qualche gran signore?», chiese il buon locandie-re.

«Ci ho pensato; ma non conosco nessuno».«Ne conosco uno io. È un ricco sfondato, lo chiama-

no tutti il riccone, e da tempo cerca un bambino da adot-tare. Se acconsentite, posso parlarne al suo segretario».

I coniugi Tchu, dopo un breve consulto, accettaronola proposta.

Il locandiere mandò a chiamare il signor Tchin-te-fu,che venne, vide il bambino, s’informò della condizionesociale del padre, e si assunse di trattare la cosa.

Preso con sè il bambino, lo presentò al riccone, che lotrovò di sua convenienza.

Ma l’improvviso mutamento di fortuna aveva profon-damente cambiato l’anima di Kia-jin. Il demone del da-naro s’era impadronito di lui; e all’avarizia si accompa-gnava, come spesso avviene, la disonestà e la frode.Quando si venne a stendere il contratto, egli abilmenteevitò di menzionarvi espressamente la somma ches’impegnava di sborsare al padre del bambino; con raffi-nata perfidia v’introdusse invece una clausola dove siparlava di «adeguato compenso». Tchu d’altra parte eratroppo preoccupato delle sue disgrazie e aveva troppo

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la locanda fu mosso a compassione dallo stato miseran-do a cui eran ridotti i suoi ospiti, e li rifocillò del suomeglio, senza richiedere alcun compenso.

Commosso a tanta bontà, il baccelliere gli narrò lastoria delle sue dolorose peripezie.

«E perchè non avete pensato a far adottare vostro fi-glio da qualche gran signore?», chiese il buon locandie-re.

«Ci ho pensato; ma non conosco nessuno».«Ne conosco uno io. È un ricco sfondato, lo chiama-

no tutti il riccone, e da tempo cerca un bambino da adot-tare. Se acconsentite, posso parlarne al suo segretario».

I coniugi Tchu, dopo un breve consulto, accettaronola proposta.

Il locandiere mandò a chiamare il signor Tchin-te-fu,che venne, vide il bambino, s’informò della condizionesociale del padre, e si assunse di trattare la cosa.

Preso con sè il bambino, lo presentò al riccone, che lotrovò di sua convenienza.

Ma l’improvviso mutamento di fortuna aveva profon-damente cambiato l’anima di Kia-jin. Il demone del da-naro s’era impadronito di lui; e all’avarizia si accompa-gnava, come spesso avviene, la disonestà e la frode.Quando si venne a stendere il contratto, egli abilmenteevitò di menzionarvi espressamente la somma ches’impegnava di sborsare al padre del bambino; con raffi-nata perfidia v’introdusse invece una clausola dove siparlava di «adeguato compenso». Tchu d’altra parte eratroppo preoccupato delle sue disgrazie e aveva troppo

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fiducia nella generosità dell’acquirente per rilevarel’ambiguità della clausola.

Quando poi egli rispettosamente gli chiese d’esserepagato, Kia-jin, con audacia pari alla malafede, finsed’interpretare la clausola in suo favore.

«Via, via, sono miserie. Datemi quel che volete per ilmantenimento di vostro figlio, e non se ne parli più».

Il povero Tchu protestò vivacemente, senza risultato.Come avrebbe potuto, nella sua miseria, aver ragionedel ricco sfondato?

«Prendete queste due legature»36, disse questo in unoslancio di generosità, «e ritiratevi».

Coll’angoscia nell’animo, il povero padre si staccòdal bambino che si aggrappava piangendo al suo vestitoe se ne andò fremendo di sdegno impotente. Il segreta-rio, che aveva un cuore pietoso, mosso a compassione,gli offerse del suo altre due legature.

Passarono gli anni. Il fanciullo era diventato un belgiovane, colto ed istruito, e, quel che è più, immune af-fatto della sordida avarizia che bruttava l’animo del suopadre adottivo. Essendo questo caduto gravemente am-malato, il giovane che lo amava assai e lo credeva dav-vero suo padre, decise di andare in pellegrinaggio altempio di Tong-yo, per impetrarne la guarigione.

Vi giunse un giorno di grande solennità; i pressi del

36 I sapechi (piccole monete di rame) hanno nel mezzo unforo attraverso il quale passa un filo che ne tiene infilato o «lega-to» un migliaio. La legatura di mille sapechi equivale ad un’onciad’argento, circa una diecina di lire.

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fiducia nella generosità dell’acquirente per rilevarel’ambiguità della clausola.

Quando poi egli rispettosamente gli chiese d’esserepagato, Kia-jin, con audacia pari alla malafede, finsed’interpretare la clausola in suo favore.

«Via, via, sono miserie. Datemi quel che volete per ilmantenimento di vostro figlio, e non se ne parli più».

Il povero Tchu protestò vivacemente, senza risultato.Come avrebbe potuto, nella sua miseria, aver ragionedel ricco sfondato?

«Prendete queste due legature»36, disse questo in unoslancio di generosità, «e ritiratevi».

Coll’angoscia nell’animo, il povero padre si staccòdal bambino che si aggrappava piangendo al suo vestitoe se ne andò fremendo di sdegno impotente. Il segreta-rio, che aveva un cuore pietoso, mosso a compassione,gli offerse del suo altre due legature.

Passarono gli anni. Il fanciullo era diventato un belgiovane, colto ed istruito, e, quel che è più, immune af-fatto della sordida avarizia che bruttava l’animo del suopadre adottivo. Essendo questo caduto gravemente am-malato, il giovane che lo amava assai e lo credeva dav-vero suo padre, decise di andare in pellegrinaggio altempio di Tong-yo, per impetrarne la guarigione.

Vi giunse un giorno di grande solennità; i pressi del

36 I sapechi (piccole monete di rame) hanno nel mezzo unforo attraverso il quale passa un filo che ne tiene infilato o «lega-to» un migliaio. La legatura di mille sapechi equivale ad un’onciad’argento, circa una diecina di lire.

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tempio formicolavano di devoti. La prima cosa che fecefu di assicurarsi un ricovero per la notte. Una delle cel-lette laterali del tempio, meglio riparata delle altre, eragià occupata da due pezzenti, un uomo e una donna, chedoveva essere facile fare sloggiare.

Chi gli avesse detto che quei due erano gli autori de’suoi giorni! I coniugi Tchu andavano raminghi di città incittà, di provincia in provincia, campando stentatamentela vita, e spesso mendicando un pugno di riso sulle stra-de. Il ricordo sempre vivo del loro bambino li ricondu-ceva di tempo in tempo quasi istintivamente nel paesedove avevano goduta la felicità.

Quel giorno il povero baccelliere sperava di guada-gnare qualche tael37, scrivendo le preghiere che i pelle-grini solevano deporre sull’altare del dio. Il superioredel tempio, mosso a compassione, gli aveva concesso diallogarsi in quella cella.

Il giovane si dichiarò pronto a pagare una legatura disapechi per dormirvi una notte. L’offerta era troppo ge-nerosa per non essere accettata, e il superiore ordinòsenz’altro ai Tchu di sloggiare di là. Il baccelliere nonvoleva saperne; ne nacque una lite: per poco un servito-re del ricco giovane non trascese a malmenare il baccel-liere. Alla fine, questo e sua moglie dovettero lasciarecampo libero.

Al suo ritorno a casa, il giovane trovò che il suo padreadottivo era morto, lasciandolo unico erede d’una so-

37 Il tael vale circa 9 lire.

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tempio formicolavano di devoti. La prima cosa che fecefu di assicurarsi un ricovero per la notte. Una delle cel-lette laterali del tempio, meglio riparata delle altre, eragià occupata da due pezzenti, un uomo e una donna, chedoveva essere facile fare sloggiare.

Chi gli avesse detto che quei due erano gli autori de’suoi giorni! I coniugi Tchu andavano raminghi di città incittà, di provincia in provincia, campando stentatamentela vita, e spesso mendicando un pugno di riso sulle stra-de. Il ricordo sempre vivo del loro bambino li ricondu-ceva di tempo in tempo quasi istintivamente nel paesedove avevano goduta la felicità.

Quel giorno il povero baccelliere sperava di guada-gnare qualche tael37, scrivendo le preghiere che i pelle-grini solevano deporre sull’altare del dio. Il superioredel tempio, mosso a compassione, gli aveva concesso diallogarsi in quella cella.

Il giovane si dichiarò pronto a pagare una legatura disapechi per dormirvi una notte. L’offerta era troppo ge-nerosa per non essere accettata, e il superiore ordinòsenz’altro ai Tchu di sloggiare di là. Il baccelliere nonvoleva saperne; ne nacque una lite: per poco un servito-re del ricco giovane non trascese a malmenare il baccel-liere. Alla fine, questo e sua moglie dovettero lasciarecampo libero.

Al suo ritorno a casa, il giovane trovò che il suo padreadottivo era morto, lasciandolo unico erede d’una so-

37 Il tael vale circa 9 lire.

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stanza colossale.Anche i coniugi Tchu si avviarono faticosamente ver-

so il luogo della loro antica residenza; ma quando vi fu-ron vicini, la moglie era così esausta, che bisognò arre-starsi ad un dispensario gratuito di medicinali, dove unbuon vecchio, che vi era preposto, le prodigò le cure delcaso.

Stavano per riprendere il loro cammino, quando ilvecchio disse loro:

«Se trovate sulla strada altri infelici che hanno biso-gno di cordiali o d’altro, dite loro di venire da me,Tchin-te-fu, e se ne troveranno contenti».

«Tchin-te-fu! Tchin-te-fu!», mormorò tra sè il baccel-liere. «Questo nome non mi riesce nuovo. Non si chia-mava così», disse a sua moglie, «l’uomo che è statol’intermediario nella vendita di nostro figlio?»

«Sono io, sì!», esclamò il vecchio. «E non vi ho in-gannato allora, dicendo che sarebbe stato fortunato. Suopadre adottivo, il riccone, è morto tempo fa, e ora egli sitrova essere il più ricco signore della provincia. Ed ètanto buono e caritatevole! Questa farmacia, vedete, èstata istituita da lui a beneficio dei poveri».

I Tchu, dietro le indicazioni che fornì loro il buonvecchio, si recarono al palazzo del loro figlio. Si puòpensare la gioia di questi nel rivedere dopo tanti anni isuoi genitori, e come rimanesse mortificato riconoscen-do in loro i due mendicanti che aveva trattato in cosìmalo modo al tempio di Tong-yo.

Volle assolutamente celebrare una cerimonia espiato-

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stanza colossale.Anche i coniugi Tchu si avviarono faticosamente ver-

so il luogo della loro antica residenza; ma quando vi fu-ron vicini, la moglie era così esausta, che bisognò arre-starsi ad un dispensario gratuito di medicinali, dove unbuon vecchio, che vi era preposto, le prodigò le cure delcaso.

Stavano per riprendere il loro cammino, quando ilvecchio disse loro:

«Se trovate sulla strada altri infelici che hanno biso-gno di cordiali o d’altro, dite loro di venire da me,Tchin-te-fu, e se ne troveranno contenti».

«Tchin-te-fu! Tchin-te-fu!», mormorò tra sè il baccel-liere. «Questo nome non mi riesce nuovo. Non si chia-mava così», disse a sua moglie, «l’uomo che è statol’intermediario nella vendita di nostro figlio?»

«Sono io, sì!», esclamò il vecchio. «E non vi ho in-gannato allora, dicendo che sarebbe stato fortunato. Suopadre adottivo, il riccone, è morto tempo fa, e ora egli sitrova essere il più ricco signore della provincia. Ed ètanto buono e caritatevole! Questa farmacia, vedete, èstata istituita da lui a beneficio dei poveri».

I Tchu, dietro le indicazioni che fornì loro il buonvecchio, si recarono al palazzo del loro figlio. Si puòpensare la gioia di questi nel rivedere dopo tanti anni isuoi genitori, e come rimanesse mortificato riconoscen-do in loro i due mendicanti che aveva trattato in cosìmalo modo al tempio di Tong-yo.

Volle assolutamente celebrare una cerimonia espiato-

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ria, per quanto i due vecchi andassero ripetendo che tut-to era perdonato. Fatta portare una cassetta piena di ver-ghe d’oro e d’argento, la depose ai loro piedi, e li sup-plicò di accettarla, pronunciando poi la formula di rito.

Quando il padre sollevò il coperchio della cassetta, ri-mase un istante come trasognato vedendo il punzoneche era impresso sulle verghe.

«Ma queste verghe appartengono alla nostra fami-glia!», esclamò, guardando suo figlio. «Questo è il pun-zone di mio nonno!»

«Come può essere questo?», disse il figlio non menostupefatto. «Esse fanno parte dell’eredità lasciatami dalmio padre adottivo!»

Si rievocarono antichi ricordi; si raccolsero testimo-nianze dai vecchi del paese: in breve tutto fu chiarito. Idue vecchi si stabilirono nella casa del figlio, riprenden-do così, dopo vent’anni di povertà, la vita agiata di untempo. Tchu non dimenticò di ricompensare largamenteil buon locandiere che lo aveva accolto con tanta bontà,e il vecchio intendente che gli aveva regalato le due le-gature ed era stato l’occasione di ritrovare suo figlio. In-dusse poi questo a costruire un tempio buddistico sullerovine di quello che era stato innalzato dal suo avo e di-strutto da suo padre.

Ogni giorno vi andavano insieme a pregare il cieloche ne’ suoi decreti imperscrutabili largisce e ritogliecon alterna vicenda la ricchezza e la felicità agli uomi-

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ria, per quanto i due vecchi andassero ripetendo che tut-to era perdonato. Fatta portare una cassetta piena di ver-ghe d’oro e d’argento, la depose ai loro piedi, e li sup-plicò di accettarla, pronunciando poi la formula di rito.

Quando il padre sollevò il coperchio della cassetta, ri-mase un istante come trasognato vedendo il punzoneche era impresso sulle verghe.

«Ma queste verghe appartengono alla nostra fami-glia!», esclamò, guardando suo figlio. «Questo è il pun-zone di mio nonno!»

«Come può essere questo?», disse il figlio non menostupefatto. «Esse fanno parte dell’eredità lasciatami dalmio padre adottivo!»

Si rievocarono antichi ricordi; si raccolsero testimo-nianze dai vecchi del paese: in breve tutto fu chiarito. Idue vecchi si stabilirono nella casa del figlio, riprenden-do così, dopo vent’anni di povertà, la vita agiata di untempo. Tchu non dimenticò di ricompensare largamenteil buon locandiere che lo aveva accolto con tanta bontà,e il vecchio intendente che gli aveva regalato le due le-gature ed era stato l’occasione di ritrovare suo figlio. In-dusse poi questo a costruire un tempio buddistico sullerovine di quello che era stato innalzato dal suo avo e di-strutto da suo padre.

Ogni giorno vi andavano insieme a pregare il cieloche ne’ suoi decreti imperscrutabili largisce e ritogliecon alterna vicenda la ricchezza e la felicità agli uomi-

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ni38. **

38 Il concetto espresso in queste ultime righe e che è la moraledella novella, ritorna spesso come motivo negli scritti d’invenzio-ne cinesi. È uno dei concetti più ribaditi da filosofi e asceti. «Nel-la vita – dice Confucio – gli uomini sono come i fiori degli alberi.Nascono tutti uguali; ma poi a seconda del vento si sparpagliano.E così portati via, taluni penetrano traverso la persiana e le corti-ne d’una finestra, e cadono sur un tappeto; tali altri, traverso lefessure dell’impalcato d’una stalla, cadono sul letame. Quelli chevanno a cadere sul tappeto sono da paragonarsi agli uomini chevivono nei palazzi; quelli che vanno a cadere sul letame, agli uo-mini che vivono nelle capanne. Ecco la differenza tra ricchi e po-veri». (Cfr. L. MORANDI e D. CIAMPOLI, Poeti stranieri. Lipsia,1904, vol. I, p. 54).

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ni38. **

38 Il concetto espresso in queste ultime righe e che è la moraledella novella, ritorna spesso come motivo negli scritti d’invenzio-ne cinesi. È uno dei concetti più ribaditi da filosofi e asceti. «Nel-la vita – dice Confucio – gli uomini sono come i fiori degli alberi.Nascono tutti uguali; ma poi a seconda del vento si sparpagliano.E così portati via, taluni penetrano traverso la persiana e le corti-ne d’una finestra, e cadono sur un tappeto; tali altri, traverso lefessure dell’impalcato d’una stalla, cadono sul letame. Quelli chevanno a cadere sul tappeto sono da paragonarsi agli uomini chevivono nei palazzi; quelli che vanno a cadere sul letame, agli uo-mini che vivono nelle capanne. Ecco la differenza tra ricchi e po-veri». (Cfr. L. MORANDI e D. CIAMPOLI, Poeti stranieri. Lipsia,1904, vol. I, p. 54).

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IL LIUTO INFRANTO.

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IL LIUTO INFRANTO.

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* Viveva anticamente nel reame di Tsin un uomo dinobile lignaggio chiamato Yü-Pe-Ya. Era da molti annial servizio di quel principe in qualità di alto impiegato,sebbene fosse oriundo di una regione molto lontana, ilreame di Tsu.

Un giorno il sovrano lo incaricò di un’ambasciata ap-punto al re di Tsu, ed egli accettò tanto più volontieri,perchè avrebbe così avuto occasione di rivedere il paesenativo, che da un ventennio non aveva visitato.

Si mise adunque in viaggio con un ricco seguito,prendendo le vie d’acqua. Una sera il battello su cui sitrovava dovette gettare l’ancora presso la riva, perchèsorpreso da un violento temporale che impediva la navi-gazione. Yü-Pe-Ya, chiuso nella sua cabina, si annoiava.Si fece allora recare da un servo il suo liuto, e fece scor-rere le dita sulle corde, accompagnandosi colla voce.

Ma le note parevano uscire a fatica dallo strumento.Ne aveva appena cavati pochi accordi, che, con suagrande sorpresa, una corda si ruppe.

Fece chiamare il proprietario del battello, e gli chieseche aspetto avesse la località dove si trovavano.

«Ci siamo ancorati alle falde d’una montagna bosco-sa», fu la risposta. «Abitazioni non se ne vedono; la rivadeve essere deserta».

La meraviglia di Yü-Pe-Ya crebbe. – Se fossimo nelle

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* Viveva anticamente nel reame di Tsin un uomo dinobile lignaggio chiamato Yü-Pe-Ya. Era da molti annial servizio di quel principe in qualità di alto impiegato,sebbene fosse oriundo di una regione molto lontana, ilreame di Tsu.

Un giorno il sovrano lo incaricò di un’ambasciata ap-punto al re di Tsu, ed egli accettò tanto più volontieri,perchè avrebbe così avuto occasione di rivedere il paesenativo, che da un ventennio non aveva visitato.

Si mise adunque in viaggio con un ricco seguito,prendendo le vie d’acqua. Una sera il battello su cui sitrovava dovette gettare l’ancora presso la riva, perchèsorpreso da un violento temporale che impediva la navi-gazione. Yü-Pe-Ya, chiuso nella sua cabina, si annoiava.Si fece allora recare da un servo il suo liuto, e fece scor-rere le dita sulle corde, accompagnandosi colla voce.

Ma le note parevano uscire a fatica dallo strumento.Ne aveva appena cavati pochi accordi, che, con suagrande sorpresa, una corda si ruppe.

Fece chiamare il proprietario del battello, e gli chieseche aspetto avesse la località dove si trovavano.

«Ci siamo ancorati alle falde d’una montagna bosco-sa», fu la risposta. «Abitazioni non se ne vedono; la rivadeve essere deserta».

La meraviglia di Yü-Pe-Ya crebbe. – Se fossimo nelle

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vicinanze d’una città – disse tra sè – si potrebbe pensareche un uomo colto, intendente di musica avesse udito ilsuono del mio strumento; si spiegherebbe allora il suonospeciale di esso e lo spezzarsi della corda39. Ma è possi-bile che ai piedi di questa selvaggia montagna vi sia unmusicista? Forse vi è invece appiattato un nemico cheinsidia alla mia vita, o un ladro che attende il calar dellanotte per introdursi nel battello e disturbarmi: Bisognascendere a terra ed esplorare la riva. –

Stava per chiamare qualcuno dei suoi servi per farsiaccompagnare, quando dalla riva risuonò una voce ma-schile che diceva:

«Illustre signore: bandite i vostri timori. L’umile abi-tatore di questa spiaggia non è un malvivente, ma un po-vero taglialegna. La pioggia violenta lo ha sorpresomentre egli raggiungeva la sua capanna dopo il lavoro,ed è stato costretto a ricoverarsi sotto questa rupe spor-gente. Tornato il bel tempo stava per riprendere la stra-da, quando gli giunse all’orecchio il suono del liuto edella voce, e si trattenne un poco ancora per darne giu-dizio».

«Come!», esclamò ridendo Yü-Pe-Ya. «Un tagliale-gna si fa ardito di giudicare la mia musica? Questa èdavvero curiosa!»

39 Abbiamo qui, naturalmente, nulla più d’una tra le tante ub-bie superstiziose che sono proprie del popolo cinese. È noto chegli strumenti musicali sono molto sensibili ai cambiamenti ditemperatura. C’era stato un temporale, e l’aria umida aveva ca-gionato il duplice fenomeno deplorato da Yü-Pe-Ya.

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vicinanze d’una città – disse tra sè – si potrebbe pensareche un uomo colto, intendente di musica avesse udito ilsuono del mio strumento; si spiegherebbe allora il suonospeciale di esso e lo spezzarsi della corda39. Ma è possi-bile che ai piedi di questa selvaggia montagna vi sia unmusicista? Forse vi è invece appiattato un nemico cheinsidia alla mia vita, o un ladro che attende il calar dellanotte per introdursi nel battello e disturbarmi: Bisognascendere a terra ed esplorare la riva. –

Stava per chiamare qualcuno dei suoi servi per farsiaccompagnare, quando dalla riva risuonò una voce ma-schile che diceva:

«Illustre signore: bandite i vostri timori. L’umile abi-tatore di questa spiaggia non è un malvivente, ma un po-vero taglialegna. La pioggia violenta lo ha sorpresomentre egli raggiungeva la sua capanna dopo il lavoro,ed è stato costretto a ricoverarsi sotto questa rupe spor-gente. Tornato il bel tempo stava per riprendere la stra-da, quando gli giunse all’orecchio il suono del liuto edella voce, e si trattenne un poco ancora per darne giu-dizio».

«Come!», esclamò ridendo Yü-Pe-Ya. «Un tagliale-gna si fa ardito di giudicare la mia musica? Questa èdavvero curiosa!»

39 Abbiamo qui, naturalmente, nulla più d’una tra le tante ub-bie superstiziose che sono proprie del popolo cinese. È noto chegli strumenti musicali sono molto sensibili ai cambiamenti ditemperatura. C’era stato un temporale, e l’aria umida aveva ca-gionato il duplice fenomeno deplorato da Yü-Pe-Ya.

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E voltosi ai servi, aggiunse:«Ordinate a quest’uomo di allontanarsi».Ma la voce riprese:«Non sa l’illustre signore che la sincerità alberga

spesso anche negli umili tuguri, e che la musica è talelinguaggio che anche gli infimi possono intendere e ap-prezzare?»

«Ebbene», replicò il signore, «giacchè sei un compe-tente in materia, sapresti dirmi quale è la canzone che ioavevo cominciato a cantare accompagnandomi sul liu-to?»

«Certo che lo so!», rispose l’altro. «È la canzone checompose Confucio in morte del suo giovine amico Yeu-Hwei».

E ne recitò ad alta voce le prime strofe.Compreso di meraviglia, Yü-Pe-Ya gridò:«Voi dovete essere un maestro, un letterato di gran

merito. Ma la nostra conversazione è piuttosto faticosa,così a distanza. Venite nella mia cabina».

Dietro suo ordine un servo andò a prendere lo scono-sciuto con una barca. Era proprio un taglialegna. Avevaalla cintola un’ascia, portava scarpe di panno, un abitogrossolano, e nelle mani teneva un grosso bastone, diquelli che i boscaiuoli adoperano per portare la legnasulle spalle.

Quando ebbe deposta l’ascia e il bastone alla portadella cabina e si fu rassettato un po’ il vestito, fu intro-dotto.

«Illustre signore», disse profondamente inchinandosi,

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E voltosi ai servi, aggiunse:«Ordinate a quest’uomo di allontanarsi».Ma la voce riprese:«Non sa l’illustre signore che la sincerità alberga

spesso anche negli umili tuguri, e che la musica è talelinguaggio che anche gli infimi possono intendere e ap-prezzare?»

«Ebbene», replicò il signore, «giacchè sei un compe-tente in materia, sapresti dirmi quale è la canzone che ioavevo cominciato a cantare accompagnandomi sul liu-to?»

«Certo che lo so!», rispose l’altro. «È la canzone checompose Confucio in morte del suo giovine amico Yeu-Hwei».

E ne recitò ad alta voce le prime strofe.Compreso di meraviglia, Yü-Pe-Ya gridò:«Voi dovete essere un maestro, un letterato di gran

merito. Ma la nostra conversazione è piuttosto faticosa,così a distanza. Venite nella mia cabina».

Dietro suo ordine un servo andò a prendere lo scono-sciuto con una barca. Era proprio un taglialegna. Avevaalla cintola un’ascia, portava scarpe di panno, un abitogrossolano, e nelle mani teneva un grosso bastone, diquelli che i boscaiuoli adoperano per portare la legnasulle spalle.

Quando ebbe deposta l’ascia e il bastone alla portadella cabina e si fu rassettato un po’ il vestito, fu intro-dotto.

«Illustre signore», disse profondamente inchinandosi,

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vi presento i miei saluti».Yü-Pe-Ya lo accolse cordialmente, e lo fece sedere.

Lo sconosciuto accettò senza far complimenti; ciò chesorprese alquanto il suo ospite, che era avvezzo agliomaggi sviscerati e servili de’ suoi inferiori.

«Dunque voi», incominciò con tono alquanto canzo-natorio, «pretendete d’intendervi di musica. Vediamo unpoco. Sapreste dirmi chi ha inventato il liuto?»

In quel momento entrò il proprietario del battello einformò il signore che spirava un buon vento e che sipoteva ripartire, quando lo ordinasse.

«Illustre signore», disse rispettosamente il tagliale-gna, «la storia dell’invenzione che voi vi degnate dichiedermi è lunga assai, e temo che il mio racconto nonvi faccia ritardare la partenza».

«Non ho premura di giungere a destinazione», replicòil signore. «e ci tengo assai a sentire quella storia... se èvero che la conoscete».

Il taglialegna cominciò a raccontare la meravigliosainvenzione compiuta da Confucio, e parlò con tanta dot-trina, indugiandosi su episodi e particolari minuti e diindole tecnica, che Yü-Pe-Ya pendeva dal suo labbro, enon poteva riaversi dalla sorpresa e dall’ammirazione.

Quando il narratore ebbe finito, il signore volle sotto-porlo a un’altra prova.

«Voi forse sapete», gli disse, «che cosa capitò ungiorno a Confucio. Mentre era in casa suonando il liuto,venne da lui appunto il suo giovine amico Yen-Hwei ilquale, dal suono speciale che dava lo strumento, arguì

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vi presento i miei saluti».Yü-Pe-Ya lo accolse cordialmente, e lo fece sedere.

Lo sconosciuto accettò senza far complimenti; ciò chesorprese alquanto il suo ospite, che era avvezzo agliomaggi sviscerati e servili de’ suoi inferiori.

«Dunque voi», incominciò con tono alquanto canzo-natorio, «pretendete d’intendervi di musica. Vediamo unpoco. Sapreste dirmi chi ha inventato il liuto?»

In quel momento entrò il proprietario del battello einformò il signore che spirava un buon vento e che sipoteva ripartire, quando lo ordinasse.

«Illustre signore», disse rispettosamente il tagliale-gna, «la storia dell’invenzione che voi vi degnate dichiedermi è lunga assai, e temo che il mio racconto nonvi faccia ritardare la partenza».

«Non ho premura di giungere a destinazione», replicòil signore. «e ci tengo assai a sentire quella storia... se èvero che la conoscete».

Il taglialegna cominciò a raccontare la meravigliosainvenzione compiuta da Confucio, e parlò con tanta dot-trina, indugiandosi su episodi e particolari minuti e diindole tecnica, che Yü-Pe-Ya pendeva dal suo labbro, enon poteva riaversi dalla sorpresa e dall’ammirazione.

Quando il narratore ebbe finito, il signore volle sotto-porlo a un’altra prova.

«Voi forse sapete», gli disse, «che cosa capitò ungiorno a Confucio. Mentre era in casa suonando il liuto,venne da lui appunto il suo giovine amico Yen-Hwei ilquale, dal suono speciale che dava lo strumento, arguì

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che lo spirito del maestro doveva essere in quel momen-to turbato da visioni di violenza e d’assassinio. Ne chie-se a Confucio, che così gli rispose: – Poco fa, mentrestavo suonando, vidi un gatto che cercava di acchiappa-re un topo. Io avrei voluto che ci riuscisse; temevo anziche il rosicante riuscisse a sfuggirgli. Così io rivolgevoveramente nel mio animo pensieri di violenza e d’assas-sinio. – Or bene, giacchè voi siete un consumato inten-dente di musica, voglio che mi diciate quali sono i pen-sieri che passano per la mia mente quando suono».

In così dire, riprese il liuto, sostituì la corda spezzata,e cominciò a suonare.

«Bello!», esclamò dopo qualche momento il suo ospi-te. «La fantasia dell’illustre signore va spaziando sullealte vette».

Yü-Pe-Ya non trovò parola: credeva d’avere davanti asè un essere sovrumano: egli aveva appunto pensato aimonti! Ritentò la prova, e cavando alcune note dallostrumento, rivolse il pensiero alle acque lontane.

«Bello ancora!», lo interruppe il taglialegna, «la men-te di vostra signoria segue la direzione dei fiumi».

Il signore durò fatica a rimettersi dalla sorpresa. Poidisse:

«Io vi ho mancato di riguardo, maestro; non vi hotrattato secondo i vostri meriti. Vogliate perdonarmi. Lapietra preziosa è spesso nascosta nel rude sasso. Guaigiudicare gli uomini dal loro esterno! Maestro, fatemil’onore di dirmi il vostro nome».

«Tschung è il mio nome», rispose il taglialegna inchi-

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che lo spirito del maestro doveva essere in quel momen-to turbato da visioni di violenza e d’assassinio. Ne chie-se a Confucio, che così gli rispose: – Poco fa, mentrestavo suonando, vidi un gatto che cercava di acchiappa-re un topo. Io avrei voluto che ci riuscisse; temevo anziche il rosicante riuscisse a sfuggirgli. Così io rivolgevoveramente nel mio animo pensieri di violenza e d’assas-sinio. – Or bene, giacchè voi siete un consumato inten-dente di musica, voglio che mi diciate quali sono i pen-sieri che passano per la mia mente quando suono».

In così dire, riprese il liuto, sostituì la corda spezzata,e cominciò a suonare.

«Bello!», esclamò dopo qualche momento il suo ospi-te. «La fantasia dell’illustre signore va spaziando sullealte vette».

Yü-Pe-Ya non trovò parola: credeva d’avere davanti asè un essere sovrumano: egli aveva appunto pensato aimonti! Ritentò la prova, e cavando alcune note dallostrumento, rivolse il pensiero alle acque lontane.

«Bello ancora!», lo interruppe il taglialegna, «la men-te di vostra signoria segue la direzione dei fiumi».

Il signore durò fatica a rimettersi dalla sorpresa. Poidisse:

«Io vi ho mancato di riguardo, maestro; non vi hotrattato secondo i vostri meriti. Vogliate perdonarmi. Lapietra preziosa è spesso nascosta nel rude sasso. Guaigiudicare gli uomini dal loro esterno! Maestro, fatemil’onore di dirmi il vostro nome».

«Tschung è il mio nome», rispose il taglialegna inchi-

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nandosi. «Quello di mio padre è Tse-ki».L’ambasciatore del sovrano di Tsin accostò allora le

mani al petto, ripetendo il nome del suo ospite, che allasua volta chiese il nome di lui, ed eseguì la stessa ceri-monia. Dopo di che Yü-Pe-Ya fece sedere Tschung alposto d’onore, e ordinò a un servo di recare del tè e delvino.

«Maestro», disse poi quando furono soli, «la vostrapronuncia è quella degli abitanti di Tsu, ma non so inqual parte del paese dimoriate. Vorreste compiacervi didirmelo?»

«Abito qui vicino», rispose l’ospite, «nel villaggio diTsi-hien».

«E come mai un uomo della vostra levatura e istru-zione può stentare la vita esercitando un umile e fatico-so mestiere? Perchè non aspirate all’alta posizione a cuii vostri meriti vi danno diritto e che non potreste manca-re di raggiungere?»

«Nobile signore», rispose modestamente il tagliale-gna, «ho a casa i vecchi genitori, che non hanno altrosostegno se non l’unico loro figlio. Devo lavorare persostentarli: solo a tarda sera passo coltivare gli studiprediletti. Quanto ai sogni di grandezza e di onori ci horinunciato per sempre».

«Nobilissimo esempio di pietà filiale il vostro!», disseil signore, «più nobile ancora del vostro ingegno».

Le cortesie di cui era colmato non esaltavanoTschung. Egli rimaneva composto e tranquillo come loera stato in principio del colloquio, allorchè il suo ospite

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nandosi. «Quello di mio padre è Tse-ki».L’ambasciatore del sovrano di Tsin accostò allora le

mani al petto, ripetendo il nome del suo ospite, che allasua volta chiese il nome di lui, ed eseguì la stessa ceri-monia. Dopo di che Yü-Pe-Ya fece sedere Tschung alposto d’onore, e ordinò a un servo di recare del tè e delvino.

«Maestro», disse poi quando furono soli, «la vostrapronuncia è quella degli abitanti di Tsu, ma non so inqual parte del paese dimoriate. Vorreste compiacervi didirmelo?»

«Abito qui vicino», rispose l’ospite, «nel villaggio diTsi-hien».

«E come mai un uomo della vostra levatura e istru-zione può stentare la vita esercitando un umile e fatico-so mestiere? Perchè non aspirate all’alta posizione a cuii vostri meriti vi danno diritto e che non potreste manca-re di raggiungere?»

«Nobile signore», rispose modestamente il tagliale-gna, «ho a casa i vecchi genitori, che non hanno altrosostegno se non l’unico loro figlio. Devo lavorare persostentarli: solo a tarda sera passo coltivare gli studiprediletti. Quanto ai sogni di grandezza e di onori ci horinunciato per sempre».

«Nobilissimo esempio di pietà filiale il vostro!», disseil signore, «più nobile ancora del vostro ingegno».

Le cortesie di cui era colmato non esaltavanoTschung. Egli rimaneva composto e tranquillo come loera stato in principio del colloquio, allorchè il suo ospite

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lo aveva trattato un po’ d’alto in basso.«Maestro», disse Yü-Pe-Ya, «che età avete?»«Ho ventotto anni compiuti», rispose Tschung.«Io ho dieci anni più di voi», riprese il signore. «Sarei

felice se consentiste a suggellare la nostra amicizia coldolce titolo di fratello».

«Grazie, signore, ma riflettete bene prima di seguirel’impulso generoso dei vostri sentimenti. Voi godete acorte di titoli e di onori, e io sono un povero taglialegnache vive in un oscuro villaggio».

Il signore insistette nella sua proposta, e Tschung do-vette pur cedere. Yü-Pe-Ya ordinò che si ardessero deipreziosi profumi; poi, messosi nel mezzo della cabina, siinchinò otto volte profondamente davanti al suo ospite,il quale fece lo stesso. Yü-Pe-Ya, come anziano, assunseil titolo di «fratello maggiore», Tschung quello di «fra-tello minore». È questo un legame di fratellanza chenulla può infrangere, che dura fino alla morte.

Dopo la cerimonia, il signore fece portare del vinocaldo, e ambedue bevvero dalla stessa tazza. Il fratellominore cedette allora il posto d’onore all’altro.

La conversazione si prolungò per alcune ore nella piùaffettuosa intimità.

La luna impallidiva, le stelle si facevano sempre piùrade, i primi albori rischiaravano il cielo dalla parted’oriente. I battellieri si affaccendavano a issare le velee a levare l’ancora. Tschung si alzò, e fece per licenziar-si.

«Ahimè!», disse il signore con un sospiro, prendendo

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lo aveva trattato un po’ d’alto in basso.«Maestro», disse Yü-Pe-Ya, «che età avete?»«Ho ventotto anni compiuti», rispose Tschung.«Io ho dieci anni più di voi», riprese il signore. «Sarei

felice se consentiste a suggellare la nostra amicizia coldolce titolo di fratello».

«Grazie, signore, ma riflettete bene prima di seguirel’impulso generoso dei vostri sentimenti. Voi godete acorte di titoli e di onori, e io sono un povero taglialegnache vive in un oscuro villaggio».

Il signore insistette nella sua proposta, e Tschung do-vette pur cedere. Yü-Pe-Ya ordinò che si ardessero deipreziosi profumi; poi, messosi nel mezzo della cabina, siinchinò otto volte profondamente davanti al suo ospite,il quale fece lo stesso. Yü-Pe-Ya, come anziano, assunseil titolo di «fratello maggiore», Tschung quello di «fra-tello minore». È questo un legame di fratellanza chenulla può infrangere, che dura fino alla morte.

Dopo la cerimonia, il signore fece portare del vinocaldo, e ambedue bevvero dalla stessa tazza. Il fratellominore cedette allora il posto d’onore all’altro.

La conversazione si prolungò per alcune ore nella piùaffettuosa intimità.

La luna impallidiva, le stelle si facevano sempre piùrade, i primi albori rischiaravano il cielo dalla parted’oriente. I battellieri si affaccendavano a issare le velee a levare l’ancora. Tschung si alzò, e fece per licenziar-si.

«Ahimè!», disse il signore con un sospiro, prendendo

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la mano dell’amico. «Dobbiamo dunque già separarci,fratello mio?»

E gli porse una coppa di vino, la coppa dell’addio.Tschung la prese senza far parola. I suoi occhi erano

gonfi: le lagrime cadevano nella coppa. La vuotò finoall’ultima goccia, e si mosse per uscire frenando la suacommozione.

«Fratello», disse Yü-Pe-Ya, «non volete accompa-gnarmi per qualche giorno almeno?»

«Ahimè!», rispose l’altro. «Potessi farlo... Ma finchè imiei genitori sono al mondo, non mi è concesso di al-lontanarmi di casa».

«Ebbene, fissiamo un giorno per ritrovarci, in questostesso luogo dove ci siamo conosciuti e ci siamo giurataperenne amicizia».

Tschung accettò con entusiasmo la proposta.«Ecco», riprese Yü-Pe-Ya, «oggi è il sedicesimo gior-

no dell’ottavo mese. L’anno venturo, in questo medesi-mo giorno, io ritornerò qui a vedervi. Terrò la promessa,non dubitate».

«È cosa intesa», disse il taglialegna, «quel giorno iosarò qui, sulla riva del fiume Kiang. E ora, addio».

Yü-Pe-Ya lo trattenne ancora qualche minuto. Ordinòa un servo di levare dal suo forziere due verghe d’oro edi portargliele. Le mise nelle mani dell’amico, dicendo:

«È cosa da poco: non vogliate rifiutare il mio dono.Vi serviranno per i vostri studi e per procurare qualcheagio ai vecchi genitori. Siamo fratelli: vostro padre e vo-stra madre sono un poco anche miei».

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la mano dell’amico. «Dobbiamo dunque già separarci,fratello mio?»

E gli porse una coppa di vino, la coppa dell’addio.Tschung la prese senza far parola. I suoi occhi erano

gonfi: le lagrime cadevano nella coppa. La vuotò finoall’ultima goccia, e si mosse per uscire frenando la suacommozione.

«Fratello», disse Yü-Pe-Ya, «non volete accompa-gnarmi per qualche giorno almeno?»

«Ahimè!», rispose l’altro. «Potessi farlo... Ma finchè imiei genitori sono al mondo, non mi è concesso di al-lontanarmi di casa».

«Ebbene, fissiamo un giorno per ritrovarci, in questostesso luogo dove ci siamo conosciuti e ci siamo giurataperenne amicizia».

Tschung accettò con entusiasmo la proposta.«Ecco», riprese Yü-Pe-Ya, «oggi è il sedicesimo gior-

no dell’ottavo mese. L’anno venturo, in questo medesi-mo giorno, io ritornerò qui a vedervi. Terrò la promessa,non dubitate».

«È cosa intesa», disse il taglialegna, «quel giorno iosarò qui, sulla riva del fiume Kiang. E ora, addio».

Yü-Pe-Ya lo trattenne ancora qualche minuto. Ordinòa un servo di levare dal suo forziere due verghe d’oro edi portargliele. Le mise nelle mani dell’amico, dicendo:

«È cosa da poco: non vogliate rifiutare il mio dono.Vi serviranno per i vostri studi e per procurare qualcheagio ai vecchi genitori. Siamo fratelli: vostro padre e vo-stra madre sono un poco anche miei».

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Tschung non ebbe cuore di rifiutare, e dopo un ultimoaddio uscì piangendo. Riprese l’ascia e il bastone, e rag-giunse la riva.

Il battello si mise in moto. Ma il viaggio non avevapiù attrattive per Yü-Pe-Ya. Il suo cuore era pieno dirimpianti, il suo pensiero volava all’amico che il suonodel liuto gli aveva fatto conoscere.

Giunto alla corte del sovrano di Tsin, compì la suaambasciata, e fu colmato di doni e di onori. Più tardi sirecò nella sua terra nativa, dove rivide antichi amici e sitrattenne in lieto riposo.

Passarono così le settimane e i mesi. Verso la metàd’autunno, riprese la via del ritorno. Il tempo era statocosì ben calcolato da lui e dal proprietario del battello sucui navigava, che appunto la sera del quindicesimo gior-no dell’ottavo mese giunsero in vista della località fissa-ta l’anno innanzi per il convegno. Non potè chiuder oc-chio per tutta la notte, tanta era la sua impazienza; marimase a prora, contemplando la notte stellata e spiandolo spuntare dell’alba.

Appena aggiornò, scorse collo sguardo la spiaggia.Era deserta!

Pensò che l’amico sarebbe giunto più tardi; si fece re-care il liuto e cominciò a suonare. Ma il suono che usci-va dallo strumento era triste e cupo: pareva un singulto.

«Ahimè», pensò, «questo presagisce una sventura: lacasa di mio fratello minore deve essere piombata nellutto. Forse suo padre, o sua madre, sono morti. E liamava tanto! Povero Tschung!... Orsù: giacchè egli non

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Tschung non ebbe cuore di rifiutare, e dopo un ultimoaddio uscì piangendo. Riprese l’ascia e il bastone, e rag-giunse la riva.

Il battello si mise in moto. Ma il viaggio non avevapiù attrattive per Yü-Pe-Ya. Il suo cuore era pieno dirimpianti, il suo pensiero volava all’amico che il suonodel liuto gli aveva fatto conoscere.

Giunto alla corte del sovrano di Tsin, compì la suaambasciata, e fu colmato di doni e di onori. Più tardi sirecò nella sua terra nativa, dove rivide antichi amici e sitrattenne in lieto riposo.

Passarono così le settimane e i mesi. Verso la metàd’autunno, riprese la via del ritorno. Il tempo era statocosì ben calcolato da lui e dal proprietario del battello sucui navigava, che appunto la sera del quindicesimo gior-no dell’ottavo mese giunsero in vista della località fissa-ta l’anno innanzi per il convegno. Non potè chiuder oc-chio per tutta la notte, tanta era la sua impazienza; marimase a prora, contemplando la notte stellata e spiandolo spuntare dell’alba.

Appena aggiornò, scorse collo sguardo la spiaggia.Era deserta!

Pensò che l’amico sarebbe giunto più tardi; si fece re-care il liuto e cominciò a suonare. Ma il suono che usci-va dallo strumento era triste e cupo: pareva un singulto.

«Ahimè», pensò, «questo presagisce una sventura: lacasa di mio fratello minore deve essere piombata nellutto. Forse suo padre, o sua madre, sono morti. E liamava tanto! Povero Tschung!... Orsù: giacchè egli non

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compare, andrò io da lui».Prese con sè un servitore a cui consegnò il liuto, si

mise in tasca alcune once d’oro per ogni evenienza, esbarcò.

Mentre era incerto sulla strada da prendere, vide ap-parire da lungi un vecchio, dai capelli bianchi, che por-tava sul braccio un canestro di bambù, e camminavalentamente appoggiandosi al bastone. Yü-Pe-Ya gliandò incontro, e gli chiese quale fosse la strada che me-nava al villaggio di Tsi-hien.

«Non è molto lontano», rispose il vecchio, «e vengoper l’appunto di là. Io vi abito da molti anni, e conoscotutti. Se vostra signoria vi si reca per aver notizie diqualche persona, io gliele posso fornire».

«Sono diretto alla casa di Tschung», disse Yü-Pe-Ya.All’udire questo nome il vecchio si turbò in viso, gli

si gonfiarono gli occhi, e con voce rotta dai singulti, ri-prese:

«Tschung era mio figlio! Proprio un anno fa egli eraandato nel bosco a far legna. Sorpreso da un temporale,ebbe occasione di conoscere un gran signore, di nomeYü-Pe-Ya, ambasciatore del re di Tsin, che lo colmò diattenzioni, lo volle per amico e fratello e prima di la-sciarlo gli regalò due verghe d’oro. Con parte di questodanaro il mio povero figlio acquistò dei libri di scienza,che cominciò a studiare assiduamente appena avevacompiuto il suo lavoro giornaliero. A poco a poco la suasalute ne risentì, le forze diminuirono fino al completoesaurimento. Dopo alcuni mesi moriva tra le mie brac-

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compare, andrò io da lui».Prese con sè un servitore a cui consegnò il liuto, si

mise in tasca alcune once d’oro per ogni evenienza, esbarcò.

Mentre era incerto sulla strada da prendere, vide ap-parire da lungi un vecchio, dai capelli bianchi, che por-tava sul braccio un canestro di bambù, e camminavalentamente appoggiandosi al bastone. Yü-Pe-Ya gliandò incontro, e gli chiese quale fosse la strada che me-nava al villaggio di Tsi-hien.

«Non è molto lontano», rispose il vecchio, «e vengoper l’appunto di là. Io vi abito da molti anni, e conoscotutti. Se vostra signoria vi si reca per aver notizie diqualche persona, io gliele posso fornire».

«Sono diretto alla casa di Tschung», disse Yü-Pe-Ya.All’udire questo nome il vecchio si turbò in viso, gli

si gonfiarono gli occhi, e con voce rotta dai singulti, ri-prese:

«Tschung era mio figlio! Proprio un anno fa egli eraandato nel bosco a far legna. Sorpreso da un temporale,ebbe occasione di conoscere un gran signore, di nomeYü-Pe-Ya, ambasciatore del re di Tsin, che lo colmò diattenzioni, lo volle per amico e fratello e prima di la-sciarlo gli regalò due verghe d’oro. Con parte di questodanaro il mio povero figlio acquistò dei libri di scienza,che cominciò a studiare assiduamente appena avevacompiuto il suo lavoro giornaliero. A poco a poco la suasalute ne risentì, le forze diminuirono fino al completoesaurimento. Dopo alcuni mesi moriva tra le mie brac-

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cia...»Un violento scoppio di pianto impedì al vecchio di

proseguire. Quanto a Yü-Pe-Ya, nell’apprendere la fata-le notizia diede un grido d’angoscia, e cadde a terra sve-nuto. Il vecchio, sorpreso e spaventato, frenando il pro-prio dolore, lo sollevò e lo sostenne, mentre chiedeva alservo chi fosse il suo signore.

«È lui», rispose il servo sottovoce, «è il signor Yü-Pe-Ya!»

«L’amico del mio povero figlio!», esclamò il vecchio.Intanto Yü-Pe-Ya aveva ripreso i sensi; ma si sarebbe

detto impazzito dal dolore. Si batteva il petto, e andavaripetendo con voce rotta dai singhiozzi:

«Povero amico! Povero fratello! Ed io che quasi hodubitato che avesse mancato alla promessa! Perchè, per-chè sei morto così, tu che eri tanto buono, tanto sapien-te?»

Poi si volse al vecchio, lo salutò con grande riveren-za, e gli chiese altri particolari, che l’infelice padre gliriferì. Gli chiese ancora dove fosse seppellito Tschung,perchè voleva visitarne la tomba. **

«Pochi momenti prima ch’egli ci lasciasse per sem-pre», riprese il vecchio, «egli parlò in questo modo a mee a mia moglie che eravamo al suo capezzale: – Tosto otardi è d’uopo morire, come piace al cielo. Vostro figliomuore senza aver adempito fino alla fine verso di voi idoveri dell’amore filiale. Quando non sarò più, seppelli-temi, ve ne prego, sulla riva del Kiang, ai piedi del mon-te Niao-ngan, perchè si adempia la promessa che ho fat-

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cia...»Un violento scoppio di pianto impedì al vecchio di

proseguire. Quanto a Yü-Pe-Ya, nell’apprendere la fata-le notizia diede un grido d’angoscia, e cadde a terra sve-nuto. Il vecchio, sorpreso e spaventato, frenando il pro-prio dolore, lo sollevò e lo sostenne, mentre chiedeva alservo chi fosse il suo signore.

«È lui», rispose il servo sottovoce, «è il signor Yü-Pe-Ya!»

«L’amico del mio povero figlio!», esclamò il vecchio.Intanto Yü-Pe-Ya aveva ripreso i sensi; ma si sarebbe

detto impazzito dal dolore. Si batteva il petto, e andavaripetendo con voce rotta dai singhiozzi:

«Povero amico! Povero fratello! Ed io che quasi hodubitato che avesse mancato alla promessa! Perchè, per-chè sei morto così, tu che eri tanto buono, tanto sapien-te?»

Poi si volse al vecchio, lo salutò con grande riveren-za, e gli chiese altri particolari, che l’infelice padre gliriferì. Gli chiese ancora dove fosse seppellito Tschung,perchè voleva visitarne la tomba. **

«Pochi momenti prima ch’egli ci lasciasse per sem-pre», riprese il vecchio, «egli parlò in questo modo a mee a mia moglie che eravamo al suo capezzale: – Tosto otardi è d’uopo morire, come piace al cielo. Vostro figliomuore senza aver adempito fino alla fine verso di voi idoveri dell’amore filiale. Quando non sarò più, seppelli-temi, ve ne prego, sulla riva del Kiang, ai piedi del mon-te Niao-ngan, perchè si adempia la promessa che ho fat-

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to mesi or sono al signor Yü-Pe-Ya. – Io non volli la-sciare ineseguito l’estremo suo desiderio. Al lato sini-stro del sentiero per cui voi, illustre signore, siete venu-to, si trova un monticello, colla terra smossa di recente:sotto di esso riposa Tschung Tse-Ki. Compie oggi ilcentesimo giorno dalla sua dipartita: ero venuto con al-cuni fogli di carta dorata da abbruciare sulla sua tom-ba40, quando il caso volle che mi imbattessi nella signo-ria vostra».

«Ebbene», disse Yü-Pe-Ya, «verrò con voi, padremio. Anch’io voglio prosternarmi davanti alla sua tom-ba».

Così detto, ordinò al servo che l’accompagnava diprendere il canestro dal braccio del vecchio. Questo siincamminò appoggiandosi al bastone; dietro di lui veni-va Yü-Pe-Ya, poi il servo.

Quando furono giunti all’imboccatura d’una valletta,si offerse al loro sguardo, a sinistra, un cumulo di terradi fresco smossa. Yü-Pe-Ya vi si chinò in atto riverente,e disse:

«Mio saggio fratello, tu fosti in questa vita un uomoinsigne per carattere e per ingegno; ora, defunto, sei alcerto uno spirito immortale, che non mancherà di rivela-re ai viventi la sua potenza compiendo prodigi. Il tuo in-

40 Sulle tombe dei defunti si ardono più oggetti di carta che siritiene possano servire ad essi nel viaggio al regno d’oltretomba onel loro soggiorno colà: palanchini, cavalli, case, tavoli sedie,abiti, scarpe, cappelli e così via. Cfr. J. J. M. DE GROOT, in Anna-les du Musée Guimet. Parigi, 1886, p. 428.

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to mesi or sono al signor Yü-Pe-Ya. – Io non volli la-sciare ineseguito l’estremo suo desiderio. Al lato sini-stro del sentiero per cui voi, illustre signore, siete venu-to, si trova un monticello, colla terra smossa di recente:sotto di esso riposa Tschung Tse-Ki. Compie oggi ilcentesimo giorno dalla sua dipartita: ero venuto con al-cuni fogli di carta dorata da abbruciare sulla sua tom-ba40, quando il caso volle che mi imbattessi nella signo-ria vostra».

«Ebbene», disse Yü-Pe-Ya, «verrò con voi, padremio. Anch’io voglio prosternarmi davanti alla sua tom-ba».

Così detto, ordinò al servo che l’accompagnava diprendere il canestro dal braccio del vecchio. Questo siincamminò appoggiandosi al bastone; dietro di lui veni-va Yü-Pe-Ya, poi il servo.

Quando furono giunti all’imboccatura d’una valletta,si offerse al loro sguardo, a sinistra, un cumulo di terradi fresco smossa. Yü-Pe-Ya vi si chinò in atto riverente,e disse:

«Mio saggio fratello, tu fosti in questa vita un uomoinsigne per carattere e per ingegno; ora, defunto, sei alcerto uno spirito immortale, che non mancherà di rivela-re ai viventi la sua potenza compiendo prodigi. Il tuo in-

40 Sulle tombe dei defunti si ardono più oggetti di carta che siritiene possano servire ad essi nel viaggio al regno d’oltretomba onel loro soggiorno colà: palanchini, cavalli, case, tavoli sedie,abiti, scarpe, cappelli e così via. Cfr. J. J. M. DE GROOT, in Anna-les du Musée Guimet. Parigi, 1886, p. 428.

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degno fratello, che teneramente ti amò, ti saluta persempre, ti dà l’ultimo addio!»

Non potè proseguire; la voce gli venne meno, e pro-ruppe in singhiozzi così violenti che ne risuonarono imonti circostanti41. Gli abitanti dei dintorni accorserointorno al gruppo dei dolenti, e quando seppero che sitrattava d’un grande funzionario venuto ad onorare latomba di Tschung, gli si strinsero attorno, compresi dirispetto e di commiserazione...

Yü-Pe-Ya tolse poi il liuto dalla mano del servo, simise a sedere sulla pietra che ricopriva i resti dell’ami-co, e accompagnandosi sullo strumento intonò una ne-nia, mentre le lagrime gli rigavano le gote.

«Ahimè!», così egli cantava, «lo scorso anno la musi-ca mi ti fece conoscere, o saggio amico, sulle rive delKiang. Oggi sono ritornato; ma trovo solo una zolla diterra. Qui venni col cuore riboccante di gioia: di qui ri-torno sconsolato. Stilla il pianto che non so trattenere.Quanto io ti abbia amato non il cielo, non la terra sadire. La mia canzone è finita. È l’ultima mia canzone.Questo liuto non manderà più suono, perchè il nobilefratello è morto!»

Quando ebbe così cantato, trasse dal fodero del vesti-to un coltello, lo aperse e tagliò con esso le corde delliuto. Poi colle due mani collocò lo strumento sulla pie-tra che accoglie i doni funebri, lo sollevò e lo lasciò ri-

41 L’originale dice veramente: «...che commosse e intenerì imonti circostanti». A questa iperbole ne ho sostituita un’altra unpo’ meno fantastica.

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degno fratello, che teneramente ti amò, ti saluta persempre, ti dà l’ultimo addio!»

Non potè proseguire; la voce gli venne meno, e pro-ruppe in singhiozzi così violenti che ne risuonarono imonti circostanti41. Gli abitanti dei dintorni accorserointorno al gruppo dei dolenti, e quando seppero che sitrattava d’un grande funzionario venuto ad onorare latomba di Tschung, gli si strinsero attorno, compresi dirispetto e di commiserazione...

Yü-Pe-Ya tolse poi il liuto dalla mano del servo, simise a sedere sulla pietra che ricopriva i resti dell’ami-co, e accompagnandosi sullo strumento intonò una ne-nia, mentre le lagrime gli rigavano le gote.

«Ahimè!», così egli cantava, «lo scorso anno la musi-ca mi ti fece conoscere, o saggio amico, sulle rive delKiang. Oggi sono ritornato; ma trovo solo una zolla diterra. Qui venni col cuore riboccante di gioia: di qui ri-torno sconsolato. Stilla il pianto che non so trattenere.Quanto io ti abbia amato non il cielo, non la terra sadire. La mia canzone è finita. È l’ultima mia canzone.Questo liuto non manderà più suono, perchè il nobilefratello è morto!»

Quando ebbe così cantato, trasse dal fodero del vesti-to un coltello, lo aperse e tagliò con esso le corde delliuto. Poi colle due mani collocò lo strumento sulla pie-tra che accoglie i doni funebri, lo sollevò e lo lasciò ri-

41 L’originale dice veramente: «...che commosse e intenerì imonti circostanti». A questa iperbole ne ho sostituita un’altra unpo’ meno fantastica.

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cadere con forza. I ponticelli di giada andarono in fran-tumi; i bischeri d’oro si schiacciarono.

Il vecchio, stupito, chiese perchè ciò avesse fatto, ecosì rispose, ancora in versi, Yü-Pe-Ya:

«Con violenza infransi il mio liuto ricco di giada. Perchi potrei io suonare ancora quando Tschung, ahimè!più non vive?...»

* Volle poi che il buon vecchio accettasse una metàdell’oro che aveva portato con sè.

«L’altra metà», aggiunse, «mi servirà per comperarealcuni jugeri di terreno intorno alla tomba del nostrocaro. Così sarà possibile, al giungere della primavera edell’autunno, purificare il suolo dove giace Tschung.Quando sarò di ritorno a corte, dove mi chiamano ora lefunzioni della mia carica, chiederò il permesso di rista-bilirmi per sempre nel mio paese nativo. Verrò più tardia prendere voi e la vostra degna consorte e vi condurrò acasa mia, dove vivrete in pace i vostri ultimi anni.Tschung e io non siamo forse una cosa sola? Vorrete ri-fiutarvi di considerarmi come vostro figlio?»..... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Questa è la storia di Yü-Pe-Ya, che infranse il suo liu-to quando disse addio al tuo defunto amico. **

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cadere con forza. I ponticelli di giada andarono in fran-tumi; i bischeri d’oro si schiacciarono.

Il vecchio, stupito, chiese perchè ciò avesse fatto, ecosì rispose, ancora in versi, Yü-Pe-Ya:

«Con violenza infransi il mio liuto ricco di giada. Perchi potrei io suonare ancora quando Tschung, ahimè!più non vive?...»

* Volle poi che il buon vecchio accettasse una metàdell’oro che aveva portato con sè.

«L’altra metà», aggiunse, «mi servirà per comperarealcuni jugeri di terreno intorno alla tomba del nostrocaro. Così sarà possibile, al giungere della primavera edell’autunno, purificare il suolo dove giace Tschung.Quando sarò di ritorno a corte, dove mi chiamano ora lefunzioni della mia carica, chiederò il permesso di rista-bilirmi per sempre nel mio paese nativo. Verrò più tardia prendere voi e la vostra degna consorte e vi condurrò acasa mia, dove vivrete in pace i vostri ultimi anni.Tschung e io non siamo forse una cosa sola? Vorrete ri-fiutarvi di considerarmi come vostro figlio?»..... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Questa è la storia di Yü-Pe-Ya, che infranse il suo liu-to quando disse addio al tuo defunto amico. **

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IL MARITO INGRATO.

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IL MARITO INGRATO.

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* Vogliamo narrare la storia di un marito che vollesbarazzarsi della moglie, cedendo a quel deplorabileistinto che ci porta a disprezzare gli umili, quando il no-stro cuore è insensibile alla voce della benevolenza edella generosità.

Ai tempi della dinastia dei Song viveva nella capitaleLin-ngam un signor Leu-ta, che era stato nella sua gio-ventù tuan-ten, cioè capo dei mendicanti della città.Questa professione, – che era quasi ereditaria nella suafamiglia, perchè l’avevano prima di lui esercitata suopadre e suo avo – gli aveva fruttato un buon capitale, edora viveva comodamente in una bella casa, insiemeall’unica figlia Yu-nu.

Questa era assai avvenente, ed aveva inoltre ricevutoun’accurata educazione. Il padre, che l’idolatrava, l’ave-va fatta istruire dai migliori maestri. Il suo sogno era didarla sposa a un letterato. Ma c’era un guaio. Dove tro-varne uno che si adattasse a divenir genero d’un anticocapo dei mendicanti? Egli aveva cercato, e sempre inu-tilmente. E intanto Yu-nu aveva toccato i dieciott’anni enon era ancora fidanzata.

Un giorno il suo vicino si recò da lui e gli disse:«Conosco un giovane letterato che studia assidua-

mente e mi sembra destinato a grandi cose. Da poco hasuperato gli esami che gli aprono le porte del collegio di

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* Vogliamo narrare la storia di un marito che vollesbarazzarsi della moglie, cedendo a quel deplorabileistinto che ci porta a disprezzare gli umili, quando il no-stro cuore è insensibile alla voce della benevolenza edella generosità.

Ai tempi della dinastia dei Song viveva nella capitaleLin-ngam un signor Leu-ta, che era stato nella sua gio-ventù tuan-ten, cioè capo dei mendicanti della città.Questa professione, – che era quasi ereditaria nella suafamiglia, perchè l’avevano prima di lui esercitata suopadre e suo avo – gli aveva fruttato un buon capitale, edora viveva comodamente in una bella casa, insiemeall’unica figlia Yu-nu.

Questa era assai avvenente, ed aveva inoltre ricevutoun’accurata educazione. Il padre, che l’idolatrava, l’ave-va fatta istruire dai migliori maestri. Il suo sogno era didarla sposa a un letterato. Ma c’era un guaio. Dove tro-varne uno che si adattasse a divenir genero d’un anticocapo dei mendicanti? Egli aveva cercato, e sempre inu-tilmente. E intanto Yu-nu aveva toccato i dieciott’anni enon era ancora fidanzata.

Un giorno il suo vicino si recò da lui e gli disse:«Conosco un giovane letterato che studia assidua-

mente e mi sembra destinato a grandi cose. Da poco hasuperato gli esami che gli aprono le porte del collegio di

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Stato. Si chiama Mo-Ki, e ha ventun’anni, È orfano, po-verissimo e vorrebbe maritarsi. Ho pensato che andreb-be bene per vostra figlia».

«Certo! Volete incaricarvi delle trattative? Vi dò cartabianca».

Il vicino andò senz’altro dallo studente, e gli fece laproposta, non nascondendogli l’antica professione delsuo amico. Mo-Ki, dopo averci pensato un poco, finì peraccettare, e in breve il matrimonio ebbe luogo. Leu-tadiede una gran festa, a cui intervennero i suoi parenti e icompagni dello sposo.

Ma la solennità venne funestata da un increscioso epi-sodio. Egli non aveva invitato un suo congiunto, che eraallora tuan-teu. Questi entrò improvvisamente, cercò ilpadrone di casa e gli disse, in presenza degli intervenuti:

«Dunque tu ti vergogni di me, tu che ai tuoi tempi haifatto il mio stesso mestiere, e sai benissimo che esso èereditario nella nostra famiglia? È forse perchè tuo ge-nero è baccelliere, che hai messo superbia? Ma fosse an-che ministro di Stato, io, capo dei mendicanti, sarò sem-pre suo prozio, e Yu-nu sarà sempre mia nipote! Il tuomodo di trattare è indegno, e deve essere punito».

Così detto, uscì sulla strada, e ritornò con una tormadi pezzenti che aveva condotto con sè. A un suo cennoessi irruppero nella casa, invasero la sala della festa, fe-cero man bassa sui piatti e sulle bottiglie, schiamazzan-do e gridando con grande spavento degli invitati, chescapparono. Gli invasori non cedettero il campo se nondopo che Leu-ta ebbe regalato loro una somma di dena-

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Stato. Si chiama Mo-Ki, e ha ventun’anni, È orfano, po-verissimo e vorrebbe maritarsi. Ho pensato che andreb-be bene per vostra figlia».

«Certo! Volete incaricarvi delle trattative? Vi dò cartabianca».

Il vicino andò senz’altro dallo studente, e gli fece laproposta, non nascondendogli l’antica professione delsuo amico. Mo-Ki, dopo averci pensato un poco, finì peraccettare, e in breve il matrimonio ebbe luogo. Leu-tadiede una gran festa, a cui intervennero i suoi parenti e icompagni dello sposo.

Ma la solennità venne funestata da un increscioso epi-sodio. Egli non aveva invitato un suo congiunto, che eraallora tuan-teu. Questi entrò improvvisamente, cercò ilpadrone di casa e gli disse, in presenza degli intervenuti:

«Dunque tu ti vergogni di me, tu che ai tuoi tempi haifatto il mio stesso mestiere, e sai benissimo che esso èereditario nella nostra famiglia? È forse perchè tuo ge-nero è baccelliere, che hai messo superbia? Ma fosse an-che ministro di Stato, io, capo dei mendicanti, sarò sem-pre suo prozio, e Yu-nu sarà sempre mia nipote! Il tuomodo di trattare è indegno, e deve essere punito».

Così detto, uscì sulla strada, e ritornò con una tormadi pezzenti che aveva condotto con sè. A un suo cennoessi irruppero nella casa, invasero la sala della festa, fe-cero man bassa sui piatti e sulle bottiglie, schiamazzan-do e gridando con grande spavento degli invitati, chescapparono. Gli invasori non cedettero il campo se nondopo che Leu-ta ebbe regalato loro una somma di dena-

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ro, barili di vino, e altro ben di Dio.Come rimanessero gli sposi, è facile immaginare. Yu-

nu comprese che era necessario che suo marito raggiun-gesse al più presto una posizione così alta, da imporrerispetto ai malevoli e da far dimenticare i suoi rapportidi parentela coll’umile tuan-teu. Gli procurò a propriespese i libri più preziosi, lo raccomandò a persone in-fluenti, fece quanto le fu possibile perchè i suoi esami distato sortissero esito felice. I suoi sforzi non furonovani: a ventitre anni suo marito era licenziato, e pocopiù tardi otteneva il grado di dottore.

Mentre ritornava dalla cerimonia, a cavallo, vestitodella tunica dottorale e del berretto di seta, udì qualcunodire accanto a lui:

«Eccolo lì il genero del tuan-teu divenuto mandari-no!»

I passanti sogghignavano. Egli arrossì di vergogna edi dispetto, e tirò avanti. Ma da quel giorno cominciò arimproverarsi d’aver avuto troppa fretta: se avesseaspettato, avrebbe potuto, nella sua presente posizione,imparentarsi con una famiglia d’alto affare. L’originemodesta di suo suocero sarebbe sempre una macchia sulsuo nome e potrebbe essergli di gran danno nella carrie-ra. – Ma ormai è fatta, – concluse tra sè, – e non c’è piùrimedio. –

L’ingrato non rifletteva che quella posizione e quellacarriera le doveva in gran parte appunto alla figlia delcapo dei mendicanti!

In casa era spesso triste e preoccupato; invano l’affet-

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ro, barili di vino, e altro ben di Dio.Come rimanessero gli sposi, è facile immaginare. Yu-

nu comprese che era necessario che suo marito raggiun-gesse al più presto una posizione così alta, da imporrerispetto ai malevoli e da far dimenticare i suoi rapportidi parentela coll’umile tuan-teu. Gli procurò a propriespese i libri più preziosi, lo raccomandò a persone in-fluenti, fece quanto le fu possibile perchè i suoi esami distato sortissero esito felice. I suoi sforzi non furonovani: a ventitre anni suo marito era licenziato, e pocopiù tardi otteneva il grado di dottore.

Mentre ritornava dalla cerimonia, a cavallo, vestitodella tunica dottorale e del berretto di seta, udì qualcunodire accanto a lui:

«Eccolo lì il genero del tuan-teu divenuto mandari-no!»

I passanti sogghignavano. Egli arrossì di vergogna edi dispetto, e tirò avanti. Ma da quel giorno cominciò arimproverarsi d’aver avuto troppa fretta: se avesseaspettato, avrebbe potuto, nella sua presente posizione,imparentarsi con una famiglia d’alto affare. L’originemodesta di suo suocero sarebbe sempre una macchia sulsuo nome e potrebbe essergli di gran danno nella carrie-ra. – Ma ormai è fatta, – concluse tra sè, – e non c’è piùrimedio. –

L’ingrato non rifletteva che quella posizione e quellacarriera le doveva in gran parte appunto alla figlia delcapo dei mendicanti!

In casa era spesso triste e preoccupato; invano l’affet-

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tuosa Yu-nu cercava di dissipare quel malumore, di cuinon riusciva a trovar la ragione.

Dopo qualche tempo il neo dottore ricevette la nomi-na a governatore in una provincia lontana dell’impero, es’imbarcò colla moglie alla volta della sua nuova resi-denza. Una notte che il battello s’era fermato presso lariva, uscì a contemplare il cielo stellato. Improvvisa-mente un atroce pensiero gli balenò:

«Se la morte mi portasse via la moglie, io potrei sce-gliermene un’altra, di condizione elevata, e sarei persempre libero del senso di vergogna che non mi dàpace».

Ritornò nella cabina, e invitò Yu-nu ad uscire con luiper ammirare lo spettacolo notturno. La donna era giàcoricata; ma, buona e ubbidiente come era, non seppe ri-fiutarsi. Si vestì in fretta e lo accompagnò fino alla pun-ta della prora. Mentre essa teneva gli occhi fissi al cielo,Mo-Ki l’afferrò d’improvviso e la precipitò nel fiumesenza che la poveretta potesse mandare un grido.

Chiamati i battellieri, il dottore disse loro che la si-gnora, essendosi protesa dal parapetto, era caduta in ac-qua, e che era impossibile salvarla. Promise una manciaper chi ne ripescasse il cadavere, e diede l’ordine dellapartenza.

Appena il suo battello si fu allontanato dal luogo deldelitto, ne sopraggiunse un altro, a bordo del quale sitrovava pure un mandarino, Hu Te-hu. Costui era inviaggio verso la stessa provincia a cui era destinato Mo-Ki. Hu Te-hu non dormiva ancora: s’intratteneva con

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tuosa Yu-nu cercava di dissipare quel malumore, di cuinon riusciva a trovar la ragione.

Dopo qualche tempo il neo dottore ricevette la nomi-na a governatore in una provincia lontana dell’impero, es’imbarcò colla moglie alla volta della sua nuova resi-denza. Una notte che il battello s’era fermato presso lariva, uscì a contemplare il cielo stellato. Improvvisa-mente un atroce pensiero gli balenò:

«Se la morte mi portasse via la moglie, io potrei sce-gliermene un’altra, di condizione elevata, e sarei persempre libero del senso di vergogna che non mi dàpace».

Ritornò nella cabina, e invitò Yu-nu ad uscire con luiper ammirare lo spettacolo notturno. La donna era giàcoricata; ma, buona e ubbidiente come era, non seppe ri-fiutarsi. Si vestì in fretta e lo accompagnò fino alla pun-ta della prora. Mentre essa teneva gli occhi fissi al cielo,Mo-Ki l’afferrò d’improvviso e la precipitò nel fiumesenza che la poveretta potesse mandare un grido.

Chiamati i battellieri, il dottore disse loro che la si-gnora, essendosi protesa dal parapetto, era caduta in ac-qua, e che era impossibile salvarla. Promise una manciaper chi ne ripescasse il cadavere, e diede l’ordine dellapartenza.

Appena il suo battello si fu allontanato dal luogo deldelitto, ne sopraggiunse un altro, a bordo del quale sitrovava pure un mandarino, Hu Te-hu. Costui era inviaggio verso la stessa provincia a cui era destinato Mo-Ki. Hu Te-hu non dormiva ancora: s’intratteneva con

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sua moglie alla finestra della sua cabina, godendo lospettacolo della notte.

A un tratto i due odono dei lamenti: mentre si chiedo-no donde possano provenire, due battellieri conduconoloro davanti una giovane donna che avevano trovatasvenuta sulla riva.

Era Yu-nu, che il cielo aveva scampata da certa mor-te.

I due coniugi le prodigarono le cure più premurose.Dopo pochi momenti essa rinvenne, e raccontò, in mez-zo alle lagrime, la sua dolorosa storia.

Hu Te-hu e sua moglie le dissero parole di conforto, ele promisero di tenerla presso di loro come figlia adotti-va. Infatti, appena ebbero raggiunta la nuova residenza,la cerimonia dell’adozione ebbe luogo.

Yu-nu viveva ritirata nelle camere della buona signo-ra, non si mostrava mai in pubblico, e neppure quandoc’erano visite. In tal modo Mo-ki non ebbe occasioned’incontrarsi con lei allorchè, per motivi d’ufficio, si re-cava da Hu Te-hu. Questi lasciò passare alcuni mesi, du-rante i quali andò maturando un suo progetto, e final-mente un giorno, durante un’adunanza di mandarini suoicolleghi, uscì a dire:

«Io ho una figliuola, bella come un sole e di età damarito. Vorrei trovare un genero di mia soddisfazione.Chi di voi potrebbe aiutarmi a cercarlo?»

Alcuni fecero il nome di Mo-ki, e uno di essi si inca-ricò di parlargliene. Quando Mo-ki udì la proposta, fu alcolmo della gioia; accettò senz’altro, e si mostrò impa-

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sua moglie alla finestra della sua cabina, godendo lospettacolo della notte.

A un tratto i due odono dei lamenti: mentre si chiedo-no donde possano provenire, due battellieri conduconoloro davanti una giovane donna che avevano trovatasvenuta sulla riva.

Era Yu-nu, che il cielo aveva scampata da certa mor-te.

I due coniugi le prodigarono le cure più premurose.Dopo pochi momenti essa rinvenne, e raccontò, in mez-zo alle lagrime, la sua dolorosa storia.

Hu Te-hu e sua moglie le dissero parole di conforto, ele promisero di tenerla presso di loro come figlia adotti-va. Infatti, appena ebbero raggiunta la nuova residenza,la cerimonia dell’adozione ebbe luogo.

Yu-nu viveva ritirata nelle camere della buona signo-ra, non si mostrava mai in pubblico, e neppure quandoc’erano visite. In tal modo Mo-ki non ebbe occasioned’incontrarsi con lei allorchè, per motivi d’ufficio, si re-cava da Hu Te-hu. Questi lasciò passare alcuni mesi, du-rante i quali andò maturando un suo progetto, e final-mente un giorno, durante un’adunanza di mandarini suoicolleghi, uscì a dire:

«Io ho una figliuola, bella come un sole e di età damarito. Vorrei trovare un genero di mia soddisfazione.Chi di voi potrebbe aiutarmi a cercarlo?»

Alcuni fecero il nome di Mo-ki, e uno di essi si inca-ricò di parlargliene. Quando Mo-ki udì la proposta, fu alcolmo della gioia; accettò senz’altro, e si mostrò impa-

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ziente di stringere il dolce nodo. Per mezzo dell’inter-mediario, mandò senz’altro la proposta ufficiale ai co-niugi Hu Te-hu. Questi finsero di essere un poco per-plessi. Volevano tanto bene alla loro figliuola, che desi-deravano essere ben sicuri della sua felicità.

Mo-ki diede le più ampie assicurazioni, e intanto i si-gnori Hu Te-hu cominciarono a parlarne alla loro figliaadottiva.

«Mia cara», le disse la signora, «mio marito ed io ciattristiamo nel vederti vedova in così giovane età. Ab-biamo trovato per te un ottimo partito...»

«No, no!», interruppe Yu-nu. «So quanto vi debbo, emi troverete sempre una figlia devota e ubbidiente. Maquanto a rimaritarmi... Mo-ki, in un istante di travia-mento, ha voluto disfarsi di me; ma egli è pur sempremio marito: non devo, non posso dimenticarlo! È stato esarà il mio primo e unico amore!»

E diede in uno scoppio di pianto.«E se l’uomo che aspira alla tua mano non fosse altro

che colui al quale vuoi rimanere fedele?...»Yu-nu ebbe un sussulto.«È proprio così», proseguì la signora Hu Te-hu. «Egli

ti ha chiesta in isposa. Mio marito vorrebbe ch’egli fa-cesse ammenda dell’atto di nera ingratitudine con cui siè macchiato; vorrebbe riunirvi per sempre. Quanto almodo di condurre le cose, tutto è già preparato».

Qui la signora spiegò minutamente quali fossero que-sti preparativi, e istruì Yu-nu sul modo con cui avrebbedovuto comportarsi. La giovane asciugò le lagrime, e si

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ziente di stringere il dolce nodo. Per mezzo dell’inter-mediario, mandò senz’altro la proposta ufficiale ai co-niugi Hu Te-hu. Questi finsero di essere un poco per-plessi. Volevano tanto bene alla loro figliuola, che desi-deravano essere ben sicuri della sua felicità.

Mo-ki diede le più ampie assicurazioni, e intanto i si-gnori Hu Te-hu cominciarono a parlarne alla loro figliaadottiva.

«Mia cara», le disse la signora, «mio marito ed io ciattristiamo nel vederti vedova in così giovane età. Ab-biamo trovato per te un ottimo partito...»

«No, no!», interruppe Yu-nu. «So quanto vi debbo, emi troverete sempre una figlia devota e ubbidiente. Maquanto a rimaritarmi... Mo-ki, in un istante di travia-mento, ha voluto disfarsi di me; ma egli è pur sempremio marito: non devo, non posso dimenticarlo! È stato esarà il mio primo e unico amore!»

E diede in uno scoppio di pianto.«E se l’uomo che aspira alla tua mano non fosse altro

che colui al quale vuoi rimanere fedele?...»Yu-nu ebbe un sussulto.«È proprio così», proseguì la signora Hu Te-hu. «Egli

ti ha chiesta in isposa. Mio marito vorrebbe ch’egli fa-cesse ammenda dell’atto di nera ingratitudine con cui siè macchiato; vorrebbe riunirvi per sempre. Quanto almodo di condurre le cose, tutto è già preparato».

Qui la signora spiegò minutamente quali fossero que-sti preparativi, e istruì Yu-nu sul modo con cui avrebbedovuto comportarsi. La giovane asciugò le lagrime, e si

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accinse a ricevere lo sposo infedele.Quella stessa sera egli arrivò, vestito in gran pompa e

con un ricco seguito. **Fu accolto dai signori Hu Te-hu nel salone, in mezzo

del quale si trovava la sposa, in piedi, fiancheggiata dadue matrone e col viso ricoperto da un fitto velo. Com-piuta la cerimonia di rito, la sposa si ritirò nella cameranuziale, dove qualche momento dopo doveva raggiun-gerla il marito.

Questi aveva l’animo riboccante di giubilo e d’orgo-glio. A testa alta, si avviò verso l’appartamento interno.Ma non appena vi fu giunto, quattro robuste domestiche,armate di rami di bambù, quali duri e quali flessibili, co-minciarono a tempestarlo di colpi sul capo, sulla schie-na, sulle spalle. Il berretto di seta cadde a terra. Egli gri-dava del dolore, si torceva, balzava a destra e a sinistra,chiamava in soccorso i suoceri.

Finalmente, dal fondo dell’alcova, si udì una vocefemminile che diceva:

«Non ammazzatelo quell’ingrato. Conducetelo qui,affinchè mi abbia a vedere».

I bambù si fermarono come per incanto; Mo-Ki fu af-ferrato bruscamente e trascinato, portato quasi, finoall’alcova. Intontito e balordo, andava chiedendosi: –Ma che delitto ho commesso?... –

Ed ecco che, levando gli occhi verso la sposa chel’aspettava, seduta modestamente sotto la luce viva deicandelabri ornati di fiori, riconosce Yu-nu!

«Qui sono in giuoco arti diaboliche!», gridò con voce

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accinse a ricevere lo sposo infedele.Quella stessa sera egli arrivò, vestito in gran pompa e

con un ricco seguito. **Fu accolto dai signori Hu Te-hu nel salone, in mezzo

del quale si trovava la sposa, in piedi, fiancheggiata dadue matrone e col viso ricoperto da un fitto velo. Com-piuta la cerimonia di rito, la sposa si ritirò nella cameranuziale, dove qualche momento dopo doveva raggiun-gerla il marito.

Questi aveva l’animo riboccante di giubilo e d’orgo-glio. A testa alta, si avviò verso l’appartamento interno.Ma non appena vi fu giunto, quattro robuste domestiche,armate di rami di bambù, quali duri e quali flessibili, co-minciarono a tempestarlo di colpi sul capo, sulla schie-na, sulle spalle. Il berretto di seta cadde a terra. Egli gri-dava del dolore, si torceva, balzava a destra e a sinistra,chiamava in soccorso i suoceri.

Finalmente, dal fondo dell’alcova, si udì una vocefemminile che diceva:

«Non ammazzatelo quell’ingrato. Conducetelo qui,affinchè mi abbia a vedere».

I bambù si fermarono come per incanto; Mo-Ki fu af-ferrato bruscamente e trascinato, portato quasi, finoall’alcova. Intontito e balordo, andava chiedendosi: –Ma che delitto ho commesso?... –

Ed ecco che, levando gli occhi verso la sposa chel’aspettava, seduta modestamente sotto la luce viva deicandelabri ornati di fiori, riconosce Yu-nu!

«Qui sono in giuoco arti diaboliche!», gridò con voce

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strozzata.Sebbene la situazione fosse seria, i presenti non pote-

rono trattenere le risa. In quel momento comparve il si-gnor Hu Te-hu.

«Il diavolo non c’entra per nulla, caro genero. Questaè la mia figlia adottiva, che ho ricevuto dal fiume Tsai-chi».

Mo-Ki comprese, e restò lì come atterrato. Si gettò aipiedi del suocero, colle mani incrociate sul petto, con-fessò il suo fallo e chiese umilmente perdono.

* «Uomo crudele ed ingrato!», gli gridò allora Yu-nufulminandolo con uno sguardo d’ira e di disprezzo. «Tusei entrato in casa di mio padre a mani vuote. Se hai po-tuto studiare, dare i tuoi ultimi esami, conquistare la po-sizione a cui sei giunto, lo devi al nostro aiuto. Io spera-vo di nobilitarmi insieme a te e mi sentivo degna di di-videre con te la tua alta fortuna. Tu hai dimenticato i no-stri benefici; hai spinto l’ingratitudine fino a voler lamia morte!... Crudele, ingrato!...»

Mo-Ki, prosternato fino a terra, non trovava parole. Ilsignor Hu Te-hu lo sollevò, e disse a Yu-nu:

«Calmati, figlia mia. Mo-Ki è sinceramente pentito, esono certo che farà del suo meglio per dimostrartelo. Ilpennello42 che ratificherà tra poco la nuova vostra unio-ne deve insieme cancellare ogni traccia del triste passa-to».

Poi, rivolto a Mo-Ki, proseguì:

42 Vedi nota 6 a pag. 7 [nota 23 in questa edizione elettronica].

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strozzata.Sebbene la situazione fosse seria, i presenti non pote-

rono trattenere le risa. In quel momento comparve il si-gnor Hu Te-hu.

«Il diavolo non c’entra per nulla, caro genero. Questaè la mia figlia adottiva, che ho ricevuto dal fiume Tsai-chi».

Mo-Ki comprese, e restò lì come atterrato. Si gettò aipiedi del suocero, colle mani incrociate sul petto, con-fessò il suo fallo e chiese umilmente perdono.

* «Uomo crudele ed ingrato!», gli gridò allora Yu-nufulminandolo con uno sguardo d’ira e di disprezzo. «Tusei entrato in casa di mio padre a mani vuote. Se hai po-tuto studiare, dare i tuoi ultimi esami, conquistare la po-sizione a cui sei giunto, lo devi al nostro aiuto. Io spera-vo di nobilitarmi insieme a te e mi sentivo degna di di-videre con te la tua alta fortuna. Tu hai dimenticato i no-stri benefici; hai spinto l’ingratitudine fino a voler lamia morte!... Crudele, ingrato!...»

Mo-Ki, prosternato fino a terra, non trovava parole. Ilsignor Hu Te-hu lo sollevò, e disse a Yu-nu:

«Calmati, figlia mia. Mo-Ki è sinceramente pentito, esono certo che farà del suo meglio per dimostrartelo. Ilpennello42 che ratificherà tra poco la nuova vostra unio-ne deve insieme cancellare ogni traccia del triste passa-to».

Poi, rivolto a Mo-Ki, proseguì:

42 Vedi nota 6 a pag. 7 [nota 23 in questa edizione elettronica].

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«Caro genero, i vostri torti sono grandi, e voglio spe-rare che non troverete troppo severa la lezione che viabbiamo inflitta. Vado a chiamare mia moglie, perchè lariconciliazione sia completa».

Si celebrarono le nozze, a cui tenne dietro uno splen-dido festino, che fu come il preludio della nuova vita fe-lice che attendeva la giovane coppia.

A Mo-Ki giovò la lezione. Poco tempo dopo egli fecevenire a sè Leu-ta, il vecchio capo dei mendicanti e, fin-chè questi visse, lo circondò di tutte le cure che un figlioamoroso ha per suo padre. **

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«Caro genero, i vostri torti sono grandi, e voglio spe-rare che non troverete troppo severa la lezione che viabbiamo inflitta. Vado a chiamare mia moglie, perchè lariconciliazione sia completa».

Si celebrarono le nozze, a cui tenne dietro uno splen-dido festino, che fu come il preludio della nuova vita fe-lice che attendeva la giovane coppia.

A Mo-Ki giovò la lezione. Poco tempo dopo egli fecevenire a sè Leu-ta, il vecchio capo dei mendicanti e, fin-chè questi visse, lo circondò di tutte le cure che un figlioamoroso ha per suo padre. **

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IL RICATTO.

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IL RICATTO.

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I giovincelli di famiglie signorili, appena spiccano ilvolo dal nido paterno, sono generalmente timidi e grulli.È difficile trovarne uno che sia tanto accorto e animosoda sbrogliarsi dagli intrighi che si parano abilmente sulloro cammino.

All’epoca della dinastia Song un presidente della cor-te di giustizia di Lin-ngam, chiamato Hiang, era uscitoin compagnia di due suoi assessori avendo qualche visi-ta da fare. Mentre stava per passare il ponte di Kiun-tsiang, s’imbattè in un corteo che attrasse la sua atten-zione.

Una giovine donna di notevole bellezza, coi capellidisciolti, si stemprava in lagrime a cavalcioni di un asi-no. Questo era condotto per la briglia da un omaccionevestito alla militare e colla spada al fianco. Nella manolibera egli teneva uno scudiscio di cuoio, col quale ognitanto batteva la donna, accompagnando i colpi con im-precazioni ed insulti. Era seguito da una diecina di sol-dati, o che almeno parevano tali, carichi di bauli e d’altribagagli.

La gente si fermava per la via a guardare. Alcuni di-scutevano animatamente, altri ridevano.

Il presidente Hiang espresse la sua meraviglia e chie-se di che cosa si trattasse.

«Il trucco è riuscito», gli risposero gli uomini del suo

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I giovincelli di famiglie signorili, appena spiccano ilvolo dal nido paterno, sono generalmente timidi e grulli.È difficile trovarne uno che sia tanto accorto e animosoda sbrogliarsi dagli intrighi che si parano abilmente sulloro cammino.

All’epoca della dinastia Song un presidente della cor-te di giustizia di Lin-ngam, chiamato Hiang, era uscitoin compagnia di due suoi assessori avendo qualche visi-ta da fare. Mentre stava per passare il ponte di Kiun-tsiang, s’imbattè in un corteo che attrasse la sua atten-zione.

Una giovine donna di notevole bellezza, coi capellidisciolti, si stemprava in lagrime a cavalcioni di un asi-no. Questo era condotto per la briglia da un omaccionevestito alla militare e colla spada al fianco. Nella manolibera egli teneva uno scudiscio di cuoio, col quale ognitanto batteva la donna, accompagnando i colpi con im-precazioni ed insulti. Era seguito da una diecina di sol-dati, o che almeno parevano tali, carichi di bauli e d’altribagagli.

La gente si fermava per la via a guardare. Alcuni di-scutevano animatamente, altri ridevano.

Il presidente Hiang espresse la sua meraviglia e chie-se di che cosa si trattasse.

«Il trucco è riuscito», gli risposero gli uomini del suo

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seguito, i quali erano tra quelli che ridevano. «Tutti que-sti curiosi lo sanno, ed è questo che forma argomentodelle loro discussioni. Se Vostra Eccellenza si compiaced’ordinare un’inchiesta, potrà facilmente conoscere iparticolari della faccenda». Hiang accettò il suggeri-mento. L’inchiesta fu condotta con molto zelo, ed eccoquali ne furono i risultati.

Un giovane mandarino del Tche-kiang occidentaleche si recava a Lin-ngam per dare gli esami al ministerodel personale, aveva preso alloggio al secondo pianodell’albergo di Hoang, nel quartiere dei tre ponti. Tuttele volte che saliva alla sua camera o ne discendeva, ve-deva una bellissima figura di donna che abitava al primopiano e lasciava sempre sollevata la stuoia del suo ap-partamento43. A poco a poco, si trovò esserne pazzamen-te innamorato, e un giorno chiese informazioni sul contosuo al garzone che gli serviva il tè.

«Si guardi bene il mandarino di fermare la sua atten-zione su quella donna», rispose il garzone con aria gra-ve. «È una stella che abbaglia, ma non è una stella dibuon augurio. Da tre anni a questa parte ce ne ha datedelle noie!»

«In che modo?», chiese il funzionario.«Un giorno ci è capitato qui all’albergo un mandarino

militare insieme a sua moglie, che è appunto la signorain questione. Presero una delle camere migliori e rima-

43 Nelle province meridionali invece di porte si usano dellestuoie di giunchi.

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seguito, i quali erano tra quelli che ridevano. «Tutti que-sti curiosi lo sanno, ed è questo che forma argomentodelle loro discussioni. Se Vostra Eccellenza si compiaced’ordinare un’inchiesta, potrà facilmente conoscere iparticolari della faccenda». Hiang accettò il suggeri-mento. L’inchiesta fu condotta con molto zelo, ed eccoquali ne furono i risultati.

Un giovane mandarino del Tche-kiang occidentaleche si recava a Lin-ngam per dare gli esami al ministerodel personale, aveva preso alloggio al secondo pianodell’albergo di Hoang, nel quartiere dei tre ponti. Tuttele volte che saliva alla sua camera o ne discendeva, ve-deva una bellissima figura di donna che abitava al primopiano e lasciava sempre sollevata la stuoia del suo ap-partamento43. A poco a poco, si trovò esserne pazzamen-te innamorato, e un giorno chiese informazioni sul contosuo al garzone che gli serviva il tè.

«Si guardi bene il mandarino di fermare la sua atten-zione su quella donna», rispose il garzone con aria gra-ve. «È una stella che abbaglia, ma non è una stella dibuon augurio. Da tre anni a questa parte ce ne ha datedelle noie!»

«In che modo?», chiese il funzionario.«Un giorno ci è capitato qui all’albergo un mandarino

militare insieme a sua moglie, che è appunto la signorain questione. Presero una delle camere migliori e rima-

43 Nelle province meridionali invece di porte si usano dellestuoie di giunchi.

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sero insieme otto o dieci giorni. Dopo, il marito se n’èandato, senza condurre con sè la moglie, dicendo chenon sarebbe stato assente lungo tempo. Invece non s’èpiù visto, e non ha fatto più saper nulla di sè. In princi-pio la signora pagava; ma ben presto si trovò che era acorto di quattrini. Pregò allora il padrone che la tenessequi a credito, fino al ritorno del marito. Il padrone nonseppe dir di no; e per qualche tempo le fornì due pasti algiorno. Ma la cosa non poteva durare sempre, e glielodisse. Tutto quello che può fare per lei ora è di racco-mandarla alla carità dei viaggiatori. Ve ne sono alcuniche le regalano di tempo in tempo delle cibarie; macome andrà a finire la cosa, è difficile dire».

Il mandarino, che aveva seguito il racconto con gran-de attenzione, replicò:

«Mi piacerebbe farle visita! Credete che sia possibi-le?»

«Si tratta di una donna maritata, e di buona famiglia.Come potrebbe ricevere un uomo, quando suo marito èassente?»

«Almeno, mi pare che potrei mandarle dei viveri,giacchè ne accetta da altri».

«Oh! quanto a questo, sì», s’affrettò a rispondere ilgarzone.

Lo spasimante corse subito a comperare due torte as-sortite, le mise in due scatole e incaricò l’obbligantegarzone di recarle alla signora, accompagnandole conun bel complimento. La signora fece assai buon viso aldono, e il giorno seguente lo ricambiò con quattro bacili

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sero insieme otto o dieci giorni. Dopo, il marito se n’èandato, senza condurre con sè la moglie, dicendo chenon sarebbe stato assente lungo tempo. Invece non s’èpiù visto, e non ha fatto più saper nulla di sè. In princi-pio la signora pagava; ma ben presto si trovò che era acorto di quattrini. Pregò allora il padrone che la tenessequi a credito, fino al ritorno del marito. Il padrone nonseppe dir di no; e per qualche tempo le fornì due pasti algiorno. Ma la cosa non poteva durare sempre, e glielodisse. Tutto quello che può fare per lei ora è di racco-mandarla alla carità dei viaggiatori. Ve ne sono alcuniche le regalano di tempo in tempo delle cibarie; macome andrà a finire la cosa, è difficile dire».

Il mandarino, che aveva seguito il racconto con gran-de attenzione, replicò:

«Mi piacerebbe farle visita! Credete che sia possibi-le?»

«Si tratta di una donna maritata, e di buona famiglia.Come potrebbe ricevere un uomo, quando suo marito èassente?»

«Almeno, mi pare che potrei mandarle dei viveri,giacchè ne accetta da altri».

«Oh! quanto a questo, sì», s’affrettò a rispondere ilgarzone.

Lo spasimante corse subito a comperare due torte as-sortite, le mise in due scatole e incaricò l’obbligantegarzone di recarle alla signora, accompagnandole conun bel complimento. La signora fece assai buon viso aldono, e il giorno seguente lo ricambiò con quattro bacili

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di dolciumi e un vasetto colmo di vino44.Si iniziò così uno scambio di reciproche cortesie, che

continuò parecchi giorni. Il galante funzionario ebbe al-lora l’idea di levare dal suo bagaglio di viaggio una cop-pa d’oro; vi versò del vino eccellente e, sempre per iltramite del garzone d’albergo, pregò la bella vicina divolerlo bere, perchè egli, bevendo alla sua volta, potesseposare le labbra dove si erano posate le sue.

Il messaggio venne accolto favorevolmente, e ad essone tenne subito dietro un altro, più audace. L’abitantedel secondo piano non si farebbe mai ardito di scenderee penetrare nell’appartamento di una donna maritata; mala supplicava di salire ella stessa e di onorarlo di una vi-sita. Così – aggiungeva il messaggio – egli potrebbe rin-graziarla a viva voce della sua amabilità ed esprimerle isentimenti di cui era compreso a suo riguardo.

A questo la signora, dopo avere un po’ nicchiato, ri-spose con un deciso rifiuto.

Lo spasimante non si lasciò scoraggiare da questa re-sistenza, ne fu anzi più infiammato verso la bella. E ri-corse ai grandi espedienti: promise al garzone una lautamancia, se fosse riuscito a procurargli la visita sospirata.

Il garzone non se lo fece dire due volte. Ridiscesedalla forestiera, le fece intendere che dopo tante cortesiereciproche non poteva in coscienza rifiutare al mandari-

44 Come potesse la signora, che viveva alle spalle dei viaggia-tori, permettersi un tale lusso, l’autore non dice, e neppure risultadalla storia. La verosimiglianza non è sempre rispettata dalla no-vellistica cinese.

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di dolciumi e un vasetto colmo di vino44.Si iniziò così uno scambio di reciproche cortesie, che

continuò parecchi giorni. Il galante funzionario ebbe al-lora l’idea di levare dal suo bagaglio di viaggio una cop-pa d’oro; vi versò del vino eccellente e, sempre per iltramite del garzone d’albergo, pregò la bella vicina divolerlo bere, perchè egli, bevendo alla sua volta, potesseposare le labbra dove si erano posate le sue.

Il messaggio venne accolto favorevolmente, e ad essone tenne subito dietro un altro, più audace. L’abitantedel secondo piano non si farebbe mai ardito di scenderee penetrare nell’appartamento di una donna maritata; mala supplicava di salire ella stessa e di onorarlo di una vi-sita. Così – aggiungeva il messaggio – egli potrebbe rin-graziarla a viva voce della sua amabilità ed esprimerle isentimenti di cui era compreso a suo riguardo.

A questo la signora, dopo avere un po’ nicchiato, ri-spose con un deciso rifiuto.

Lo spasimante non si lasciò scoraggiare da questa re-sistenza, ne fu anzi più infiammato verso la bella. E ri-corse ai grandi espedienti: promise al garzone una lautamancia, se fosse riuscito a procurargli la visita sospirata.

Il garzone non se lo fece dire due volte. Ridiscesedalla forestiera, le fece intendere che dopo tante cortesiereciproche non poteva in coscienza rifiutare al mandari-

44 Come potesse la signora, che viveva alle spalle dei viaggia-tori, permettersi un tale lusso, l’autore non dice, e neppure risultadalla storia. La verosimiglianza non è sempre rispettata dalla no-vellistica cinese.

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no la piccola soddisfazione di cui la richiedeva, tantoche, un po’ colle buone, un po’ colle cattive, riuscì a ti-rarsela dietro fino alla camera del mandarino.

* La visita fu deliziosa, ma breve. La bella scappò viapresto, senza che l’innamorato riuscisse a trattenerla.

Egli largheggiò allora di mance col mezzano, e le vi-site si fecero più frequenti e più lunghe. L’intimità fra idue colombi si fece sempre più stretta, e finalmente lasignora uscì con questa proposta:

«Sapete che mi annoia di dover sempre salire da voi?Cosa si dirà nell’albergo? Al primo piano c’è una came-ra libera, ed è proprio contigua alla mia. Perchè non ve-nirci? Potremo trovarci insieme di notte, senza che nes-suno ne sappia nulla».

La proposta fu accolta con entusiasmo dal mandarino.Quello stesso giorno operò il trasloco, col pretesto chela finestra da lui abitata fino allora non chiudeva bene eche il vento che soffiava dentro gli impediva di dormire.

Ma la felicità fu di corta durata. La mattina del terzogiorno, mentre erano ancora a letto, stretti in tenero am-plesso, udirono un passo pesante salire le scale e unavoce aspra che si rivolgeva all’albergatore. La donnaparve presa da grande spavento.

«Siamo perduti!», esclamò. «Siamo perduti! È miomarito che ritorna!»

In quel momento l’uscio si spalancò; un omaccionetanto fatto, dall’aspetto truce, apparve sulla soglia. Andòal letto, afferrò la donna per i capelli e cominciò a pic-chiarla, accompagnando i colpi con parolacce.

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no la piccola soddisfazione di cui la richiedeva, tantoche, un po’ colle buone, un po’ colle cattive, riuscì a ti-rarsela dietro fino alla camera del mandarino.

* La visita fu deliziosa, ma breve. La bella scappò viapresto, senza che l’innamorato riuscisse a trattenerla.

Egli largheggiò allora di mance col mezzano, e le vi-site si fecero più frequenti e più lunghe. L’intimità fra idue colombi si fece sempre più stretta, e finalmente lasignora uscì con questa proposta:

«Sapete che mi annoia di dover sempre salire da voi?Cosa si dirà nell’albergo? Al primo piano c’è una came-ra libera, ed è proprio contigua alla mia. Perchè non ve-nirci? Potremo trovarci insieme di notte, senza che nes-suno ne sappia nulla».

La proposta fu accolta con entusiasmo dal mandarino.Quello stesso giorno operò il trasloco, col pretesto chela finestra da lui abitata fino allora non chiudeva bene eche il vento che soffiava dentro gli impediva di dormire.

Ma la felicità fu di corta durata. La mattina del terzogiorno, mentre erano ancora a letto, stretti in tenero am-plesso, udirono un passo pesante salire le scale e unavoce aspra che si rivolgeva all’albergatore. La donnaparve presa da grande spavento.

«Siamo perduti!», esclamò. «Siamo perduti! È miomarito che ritorna!»

In quel momento l’uscio si spalancò; un omaccionetanto fatto, dall’aspetto truce, apparve sulla soglia. Andòal letto, afferrò la donna per i capelli e cominciò a pic-chiarla, accompagnando i colpi con parolacce.

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L’amante, terrorizzato, a stento riuscì a infilare la por-ta e a scappare.

Allora il marito fece man bassa su quanto c’era dibuono nella camera di lui: gioielli, indumenti, valigie,bauli furono caricati sulle spalle di robusti facchini cheaveva condotto con sè, insieme alla roba sua propria.Poi, sempre simulando la parte del marito furibondo perstornare i sospetti che avrebbero potuto sorgere, si avviòverso il ponte di Kiun-tsiang. Ogni tanto inveiva collavoce e collo scudiscio contro la moglie, come si è vedu-to.

Donna, marito, albergatore e garzone d’albergo for-mavano un’associazione di ladri.

Tali furono i risultati che l’inchiesta ordinata dal pre-sidente Hiang riuscì ad accertare. **

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L’amante, terrorizzato, a stento riuscì a infilare la por-ta e a scappare.

Allora il marito fece man bassa su quanto c’era dibuono nella camera di lui: gioielli, indumenti, valigie,bauli furono caricati sulle spalle di robusti facchini cheaveva condotto con sè, insieme alla roba sua propria.Poi, sempre simulando la parte del marito furibondo perstornare i sospetti che avrebbero potuto sorgere, si avviòverso il ponte di Kiun-tsiang. Ogni tanto inveiva collavoce e collo scudiscio contro la moglie, come si è vedu-to.

Donna, marito, albergatore e garzone d’albergo for-mavano un’associazione di ladri.

Tali furono i risultati che l’inchiesta ordinata dal pre-sidente Hiang riuscì ad accertare. **

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PRONOSTICI FISIONOMICI.

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PRONOSTICI FISIONOMICI.

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Sul principio della dinastia degli Han, ed essendo im-peratore Wen-Ti, viveva un eminente uomo di stato dalnome Tso-Teng-Tung. Il sovrano lo aveva in così altaconsiderazione, che lo voleva sempre con sè quandoviaggiava, e spesso gli dava posto nella sua stessa car-rozza. Viveva allora anche un maestro di scienza fisio-nomica, Hü-Fu, a cui Tso-Teng-Tung si rivolse, perchèesaminasse le sue linee facciali. Il maestro scoperse in-torno alla bocca di lui certi segni, dai quali risultava inmodo sicuro che egli era destinato a morire di fame.

Il favorito imperiale comunicò il curioso responso alsuo signore, il quale, acceso di sdegno, esclamò:

«Non sono io forse l’unica fonte della ricchezza e de-gli onori? Chi mai potrebbe rendere povero Tso-Teng-Tung? Io gli regalo oggi le miniere di rame che sononella provincia di Schu, colla facoltà di usare il metalloa suo piacimento, e di batter moneta con esso».

Dopo qualche tempo, le monete di rame di Tso-Teng-Tung inondarono il paese, e le sue ricchezze crebberofino a rivaleggiare col pubblico tesoro.

Un giorno l’imperatore ammalò di un ascesso, da cuiusciva sangue e materia. Il favorito si inginocchiò pres-so il letto dell’augusto paziente mentre questo era im-merso nel sonno, e ne succhiò la ferita.

Destatosi l’imperatore, si sentì molto sollevato, e in

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Sul principio della dinastia degli Han, ed essendo im-peratore Wen-Ti, viveva un eminente uomo di stato dalnome Tso-Teng-Tung. Il sovrano lo aveva in così altaconsiderazione, che lo voleva sempre con sè quandoviaggiava, e spesso gli dava posto nella sua stessa car-rozza. Viveva allora anche un maestro di scienza fisio-nomica, Hü-Fu, a cui Tso-Teng-Tung si rivolse, perchèesaminasse le sue linee facciali. Il maestro scoperse in-torno alla bocca di lui certi segni, dai quali risultava inmodo sicuro che egli era destinato a morire di fame.

Il favorito imperiale comunicò il curioso responso alsuo signore, il quale, acceso di sdegno, esclamò:

«Non sono io forse l’unica fonte della ricchezza e de-gli onori? Chi mai potrebbe rendere povero Tso-Teng-Tung? Io gli regalo oggi le miniere di rame che sononella provincia di Schu, colla facoltà di usare il metalloa suo piacimento, e di batter moneta con esso».

Dopo qualche tempo, le monete di rame di Tso-Teng-Tung inondarono il paese, e le sue ricchezze crebberofino a rivaleggiare col pubblico tesoro.

Un giorno l’imperatore ammalò di un ascesso, da cuiusciva sangue e materia. Il favorito si inginocchiò pres-so il letto dell’augusto paziente mentre questo era im-merso nel sonno, e ne succhiò la ferita.

Destatosi l’imperatore, si sentì molto sollevato, e in

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breve si rimise completamente dal malanno che lo trava-gliava. Chiese allora che cosa fosse avvenuto mentreegli dormiva. Quando gli fu detto ciò che Tso-Teng-Tung aveva fatto, uscì a dire:

«Chi altri in tutto l’impero potrebbe dar prova d’affet-to simile a questa?»

«Questo affetto», disse modestamente il favorito,«non vale di gran lunga quello che intercede tra il padree il figlio. Sono ben certo che se il principe ereditario,primogenito di Vostra Maestà, ne fosse stato richiesto,sarebbe ricorso allo stesso espediente prima di ogni altropersonaggio della Corte».

Il principe, che era presente, non disse nè sì nè no;ma, ingelosito e sdegnato contro il fedele ministro, di-chiarò che l’atto di lui gli pareva meno corretto, trovan-do sconveniente che un suddito usasse tanta confidenzacol suo sovrano.

Detto questo, se ne andò con aria dispettosa.«Ahimè!», fece l’imperatore con un sospiro. «Qui al-

meno l’affetto più vivo non è quello che passa tra figlioe padre. So bene che mio figlio non avrebbe mai pensa-to a succhiare la mia ferita. No, no: il suo affetto per meresta molto indietro di quello di Tso-Teng-Tung».

Da quel giorno egli andò accumulando sul capo delsuo ministro grazie e favori, con grande cruccio delprincipe ereditario, che concepì un odio profondo controil favorito.

Venne il giorno in cui il grande sovrano dovette soc-combere al comune destino, e suo figlio gli successe al

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breve si rimise completamente dal malanno che lo trava-gliava. Chiese allora che cosa fosse avvenuto mentreegli dormiva. Quando gli fu detto ciò che Tso-Teng-Tung aveva fatto, uscì a dire:

«Chi altri in tutto l’impero potrebbe dar prova d’affet-to simile a questa?»

«Questo affetto», disse modestamente il favorito,«non vale di gran lunga quello che intercede tra il padree il figlio. Sono ben certo che se il principe ereditario,primogenito di Vostra Maestà, ne fosse stato richiesto,sarebbe ricorso allo stesso espediente prima di ogni altropersonaggio della Corte».

Il principe, che era presente, non disse nè sì nè no;ma, ingelosito e sdegnato contro il fedele ministro, di-chiarò che l’atto di lui gli pareva meno corretto, trovan-do sconveniente che un suddito usasse tanta confidenzacol suo sovrano.

Detto questo, se ne andò con aria dispettosa.«Ahimè!», fece l’imperatore con un sospiro. «Qui al-

meno l’affetto più vivo non è quello che passa tra figlioe padre. So bene che mio figlio non avrebbe mai pensa-to a succhiare la mia ferita. No, no: il suo affetto per meresta molto indietro di quello di Tso-Teng-Tung».

Da quel giorno egli andò accumulando sul capo delsuo ministro grazie e favori, con grande cruccio delprincipe ereditario, che concepì un odio profondo controil favorito.

Venne il giorno in cui il grande sovrano dovette soc-combere al comune destino, e suo figlio gli successe al

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trono col nome di King-Ti. La prima cosa a cui pensò fudi prendere vendetta di Tso-Teng-Tung. Pubblicò il se-guente decreto:

«Attesochè Tso-Teng-Tung si offerse, con vile e adu-latoria intenzione, di succhiare la ferita dell’imperatore,mirando con tale atto ad aumentare la sua influenzapresso di lui;

«attesochè l’emissione delle monete di rame da luieseguita è stata causa di scompiglio e di rovinanell’impero;

«decretiamo che la sua casa e i suoi beni vengano in-camerati allo Stato, e che egli sia rinchiuso in una casapriva di ogni mezzo di sussistenza, e che non gli si diada mangiare nè da bere».

Così si avverò il pronostico: Tso-Teng-Tung morì ef-fettivamente di fame.

Alcuni anni più tardi, regnando ancora il medesimoKing-Ti, un altro maestro di fisionomia riscontrò le stes-se linee fatali intorno alla bocca del primo ministro,Tschan Ya-Fu. L’imperatore lo aveva preso a mal volerecome assai potente e tenuto in grande considerazionenel paese, e non passò molto tempo che cercò e trovò unpretesto per toglierlo di mezzo. Fattolo venire a corte,ordinò che fosse gettato in prigione. L’infelice, pazzo didolore, rifiutò ogni cibo e morì.

* * *

I due esempi che abbiamo riferito dimostrano all’evi-

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trono col nome di King-Ti. La prima cosa a cui pensò fudi prendere vendetta di Tso-Teng-Tung. Pubblicò il se-guente decreto:

«Attesochè Tso-Teng-Tung si offerse, con vile e adu-latoria intenzione, di succhiare la ferita dell’imperatore,mirando con tale atto ad aumentare la sua influenzapresso di lui;

«attesochè l’emissione delle monete di rame da luieseguita è stata causa di scompiglio e di rovinanell’impero;

«decretiamo che la sua casa e i suoi beni vengano in-camerati allo Stato, e che egli sia rinchiuso in una casapriva di ogni mezzo di sussistenza, e che non gli si diada mangiare nè da bere».

Così si avverò il pronostico: Tso-Teng-Tung morì ef-fettivamente di fame.

Alcuni anni più tardi, regnando ancora il medesimoKing-Ti, un altro maestro di fisionomia riscontrò le stes-se linee fatali intorno alla bocca del primo ministro,Tschan Ya-Fu. L’imperatore lo aveva preso a mal volerecome assai potente e tenuto in grande considerazionenel paese, e non passò molto tempo che cercò e trovò unpretesto per toglierlo di mezzo. Fattolo venire a corte,ordinò che fosse gettato in prigione. L’infelice, pazzo didolore, rifiutò ogni cibo e morì.

* * *

I due esempi che abbiamo riferito dimostrano all’evi-

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denza il valore della dottrina fisionomica, la quale puòpredire con sicurezza ad un uomo: tu morrai di fame.

Ma giova qui far bene attenzione: le linee del visonon sono le linee dello spirito. V’è tal uomo con nobilitratti visuali, e il cui animo è tuttavia incline ad azionimalvagie: in lui la potenza del bene e l’aspirazione a unfelice oltretomba rimangono sterili. C’è all’incontro chiè buono, e ha sortito da natura una fisionomia sinistra:in lui la bontà dell’animo e la condotta meritoria fini-scono per avere il sopravvento. Giacchè l’uomo ha purein sè la forza morale di combattere e debellare le innatetendenze naturali.

* Prendiamo, ad esempio, la carriera del primo mini-stro Pei-Tu, che fiorì sotto la dinastia Tang. Anch’eglipresentava le linee boccali che lo predestinavano allamorte per fame. Un giorno, uscendo dal tempio – giac-chè era profondamente religioso – rinvenne tre borse dicuoio piene d’oro. Subito risolse di restituirle al proprie-tario, se si fosse mostrato. Si sedette presso la porta deltempio, e aspettò.

Ben presto vide avanzarsi una donna che piangeva esi lamentava:

«Povero babbo!», diceva. «È rovinato e in prigione.Eravamo riusciti a ottenere in prestito il danaro occor-rente per riscattarlo, ed ecco che l’ho perduto mentreuscivo dal tempio...»

Pei-Tu le si fece incontro e le diede le borse. La don-na lo ringraziò in ginocchioni, e se ne andò per i fattisuoi.

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denza il valore della dottrina fisionomica, la quale puòpredire con sicurezza ad un uomo: tu morrai di fame.

Ma giova qui far bene attenzione: le linee del visonon sono le linee dello spirito. V’è tal uomo con nobilitratti visuali, e il cui animo è tuttavia incline ad azionimalvagie: in lui la potenza del bene e l’aspirazione a unfelice oltretomba rimangono sterili. C’è all’incontro chiè buono, e ha sortito da natura una fisionomia sinistra:in lui la bontà dell’animo e la condotta meritoria fini-scono per avere il sopravvento. Giacchè l’uomo ha purein sè la forza morale di combattere e debellare le innatetendenze naturali.

* Prendiamo, ad esempio, la carriera del primo mini-stro Pei-Tu, che fiorì sotto la dinastia Tang. Anch’eglipresentava le linee boccali che lo predestinavano allamorte per fame. Un giorno, uscendo dal tempio – giac-chè era profondamente religioso – rinvenne tre borse dicuoio piene d’oro. Subito risolse di restituirle al proprie-tario, se si fosse mostrato. Si sedette presso la porta deltempio, e aspettò.

Ben presto vide avanzarsi una donna che piangeva esi lamentava:

«Povero babbo!», diceva. «È rovinato e in prigione.Eravamo riusciti a ottenere in prestito il danaro occor-rente per riscattarlo, ed ecco che l’ho perduto mentreuscivo dal tempio...»

Pei-Tu le si fece incontro e le diede le borse. La don-na lo ringraziò in ginocchioni, e se ne andò per i fattisuoi.

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Dopo qualche tempo Pei-Tu s’imbattè nel fisionomi-sta che, dietro l’esame del suo viso, gli aveva predettol’orribile morte. Costui, appena lo vide, esclamò al col-mo della meraviglia:

«Che vedo mai! Il vostro viso si è completamentemutato, o, per dir più esattamente, migliorato. Le fune-ste linee intorno alla bocca sono del tutto scomparse.Voi non morrete più di fame. Al certo dovete avervi pro-piziate le potenze celesti con qualche opera altamentemeritoria!»

«Ch’io sappia, no», disse Pei-Tu.«Eppure!...», replicò il maestro. «Cercate bene nella

vostra memoria. Non avete sottratto al fuoco distruttoredegli oggetti sacri?... Non avete salvata la vita a qualcu-no ch’era sul punto d’annegare?»

Pei-Tu finì per rammentarsi delle borse trovate e re-stituite, e riferì con molta modestia l’episodio al mae-stro.

«Ecco l’opera altamente meritoria che avete compiu-to!», esclamò questi. «Il cielo ve ne ha già tenuto conto.Voi sarete un giorno ricolmo di onori e di ricchezze; mene congratulo fin d’ora con voi».

Così avvenne infatti. Pei-Tu fece grandi progressi ne-gli studi, ottenne a suo tempo i gradi letterari; più tardidivenne ministro di Stato, e morì nella grave età di ot-tant’anni. **

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Dopo qualche tempo Pei-Tu s’imbattè nel fisionomi-sta che, dietro l’esame del suo viso, gli aveva predettol’orribile morte. Costui, appena lo vide, esclamò al col-mo della meraviglia:

«Che vedo mai! Il vostro viso si è completamentemutato, o, per dir più esattamente, migliorato. Le fune-ste linee intorno alla bocca sono del tutto scomparse.Voi non morrete più di fame. Al certo dovete avervi pro-piziate le potenze celesti con qualche opera altamentemeritoria!»

«Ch’io sappia, no», disse Pei-Tu.«Eppure!...», replicò il maestro. «Cercate bene nella

vostra memoria. Non avete sottratto al fuoco distruttoredegli oggetti sacri?... Non avete salvata la vita a qualcu-no ch’era sul punto d’annegare?»

Pei-Tu finì per rammentarsi delle borse trovate e re-stituite, e riferì con molta modestia l’episodio al mae-stro.

«Ecco l’opera altamente meritoria che avete compiu-to!», esclamò questi. «Il cielo ve ne ha già tenuto conto.Voi sarete un giorno ricolmo di onori e di ricchezze; mene congratulo fin d’ora con voi».

Così avvenne infatti. Pei-Tu fece grandi progressi ne-gli studi, ottenne a suo tempo i gradi letterari; più tardidivenne ministro di Stato, e morì nella grave età di ot-tant’anni. **

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LA BELLA RIDENTE.

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LA BELLA RIDENTE.

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* Il baccelliere Uang, giovane diciassettenne,s’imbattè un giorno, mentre passeggiava in campagna,in una bella fanciulla che teneva in mano un ramoscellodi biancospino, e rideva, ch’era un piacere a vederla. Nerimase tanto colpito, che si fermò sui due piedi a con-templarla, sebbene fosse accompagnata da una domesti-ca.

La fanciulla fece alcuni passi verso di lui, e voltasialla sua accompagnatrice, disse:

«Gli occhi di quel giovinetto sono brillanti comequelli di un ladro».

Dopo di che, lasciò cadere per terra il ramoscello, e siallontanò, sempre ridendo.

Uang raccolse il fiore, e ritornato a casa, lo mise sottoil guanciale e si adagiò per dormire. Ma il suo sonno fuagitato, come se l’incontro fatto gli avesse portata vial’anima. Non confidò a nessuno la sua avventura, ma vipensava sempre e si struggeva di rivedere la bella riden-te, tanto che la sua salute cominciò a soffrirne.

Si consultò un medico, il quale non seppe suggerirealcun rimedio a un male di cui non conosceva la causa.Allora la madre del giovane si consultò con un suo cugi-no, che, fatto venire a sè Uang, riuscì a strappargli il se-greto che lo travagliava.

«Perchè disperarti così?», gli disse. «Vedremo di ri-

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* Il baccelliere Uang, giovane diciassettenne,s’imbattè un giorno, mentre passeggiava in campagna,in una bella fanciulla che teneva in mano un ramoscellodi biancospino, e rideva, ch’era un piacere a vederla. Nerimase tanto colpito, che si fermò sui due piedi a con-templarla, sebbene fosse accompagnata da una domesti-ca.

La fanciulla fece alcuni passi verso di lui, e voltasialla sua accompagnatrice, disse:

«Gli occhi di quel giovinetto sono brillanti comequelli di un ladro».

Dopo di che, lasciò cadere per terra il ramoscello, e siallontanò, sempre ridendo.

Uang raccolse il fiore, e ritornato a casa, lo mise sottoil guanciale e si adagiò per dormire. Ma il suo sonno fuagitato, come se l’incontro fatto gli avesse portata vial’anima. Non confidò a nessuno la sua avventura, ma vipensava sempre e si struggeva di rivedere la bella riden-te, tanto che la sua salute cominciò a soffrirne.

Si consultò un medico, il quale non seppe suggerirealcun rimedio a un male di cui non conosceva la causa.Allora la madre del giovane si consultò con un suo cugi-no, che, fatto venire a sè Uang, riuscì a strappargli il se-greto che lo travagliava.

«Perchè disperarti così?», gli disse. «Vedremo di ri-

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trovarla, la tua fanciulla. Se va a piedi come mi dici, nondeve appartenere ad una famiglia d’alto affare, e tu puoiaspirare alla sua mano, purchè non sia già fidanzata. La-scia fare a me».

Ma le ricerche fatte dal cugino riuscirono vane. Allafine, vedendo che il povero Uang deperiva ogni giornopiù, pensò a un pietoso inganno. Gli disse che aveva tro-vata la fanciulla, che essa era anzi una loro cugina co-mune, che non era fidanzata e che abitava al di là dellamontagna sud-ovest, alla distanza d’una quarantina dili45.

Uang si sentì tutto rincorato. Vagheggiava le più dolcisperanze, baciava e ribaciava il ramoscello secco che te-neva sempre sotto il guanciale. Ma il cugino non si face-va vivo dopo aver date quelle prime notizie, e finalmen-te, rompendo gli indugi, risolse di andare egli stesso incerca della fanciulla amata.

Mise il biancospino nella manica del vestito e, senzadir nulla a nessuno, prese la via del sud. Dopo aver mol-to camminato, giunse davanti a una bella villa, circonda-ta da un magnifico giardino, e si sedette lì presso a ripo-sare. Ed ecco gli giunge all’orecchio una voce che avevagià udito una volta. Guarda tra i rami: era la fanciulladal biancospino!

Egli avrebbe voluto correre da lei, pregarla di presen-tarlo alla zia; ma non osò. Dopo lunghe ore di contem-plazione e di attesa – la fanciulla non l’aveva visto o

45 Vedi nota 2 a pag. 5 [nota 19 in questa edizione elettronica].

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trovarla, la tua fanciulla. Se va a piedi come mi dici, nondeve appartenere ad una famiglia d’alto affare, e tu puoiaspirare alla sua mano, purchè non sia già fidanzata. La-scia fare a me».

Ma le ricerche fatte dal cugino riuscirono vane. Allafine, vedendo che il povero Uang deperiva ogni giornopiù, pensò a un pietoso inganno. Gli disse che aveva tro-vata la fanciulla, che essa era anzi una loro cugina co-mune, che non era fidanzata e che abitava al di là dellamontagna sud-ovest, alla distanza d’una quarantina dili45.

Uang si sentì tutto rincorato. Vagheggiava le più dolcisperanze, baciava e ribaciava il ramoscello secco che te-neva sempre sotto il guanciale. Ma il cugino non si face-va vivo dopo aver date quelle prime notizie, e finalmen-te, rompendo gli indugi, risolse di andare egli stesso incerca della fanciulla amata.

Mise il biancospino nella manica del vestito e, senzadir nulla a nessuno, prese la via del sud. Dopo aver mol-to camminato, giunse davanti a una bella villa, circonda-ta da un magnifico giardino, e si sedette lì presso a ripo-sare. Ed ecco gli giunge all’orecchio una voce che avevagià udito una volta. Guarda tra i rami: era la fanciulladal biancospino!

Egli avrebbe voluto correre da lei, pregarla di presen-tarlo alla zia; ma non osò. Dopo lunghe ore di contem-plazione e di attesa – la fanciulla non l’aveva visto o

45 Vedi nota 2 a pag. 5 [nota 19 in questa edizione elettronica].

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fingeva di non scorgerlo – una vecchia domestica uscìdal cancello e gli chiese che cosa volesse... Rispose chedesiderava essere introdotto dalla padrona di casa. Unmomento dopo si trovava al cospetto della signora.

Questa gli domandò anzitutto a che famiglia apparte-nesse. Uang soddisfece alla domanda.

«E ditemi ancora», disse ansiosamente la signora,«vostro nonno si chiamava Ou?»

«Per l’appunto», rispose Uang.«Ma allora voi siete mio nipote! Vostra madre è mia

sorella. Per ragioni che sarebbe lungo dirvi, ma che nonfanno torto nè a me, nè a lei, da molti anni io non sonopiù in rapporto colla mia famiglia. E che bel ragazzosiete, nipote mio!»

Così, per uno strano capriccio del caso, la pietosamenzogna con cui s’era cercato di consolare il giovaneinnamorato, rispondeva alla realtà. La fanciulla cheamava era davvero sua cugina.

«Io mi chiamo Chiu», riprese la zia. «La fanciulla cheavete visto in giardino è mia figlia adottiva. È una bravafigliuola, e molto intelligente: peccato che abbia il mal-vezzo di ridere ogni momento, anche quando non c’è ra-gione. Dovete far subito la sua conoscenza».

Si volse a un servitore e gli disse di chiamare la si-gnorina Ing-Ning. Si sentì poco dopo un’allegra risatalontana, che andava sempre più avvicinandosi.

«Vieni qui, Ing-Ning!», fece la zia. «C’è qui tuo cugi-no!»

La risata si fece allora più rumorosa, e la fanciulla en-

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fingeva di non scorgerlo – una vecchia domestica uscìdal cancello e gli chiese che cosa volesse... Rispose chedesiderava essere introdotto dalla padrona di casa. Unmomento dopo si trovava al cospetto della signora.

Questa gli domandò anzitutto a che famiglia apparte-nesse. Uang soddisfece alla domanda.

«E ditemi ancora», disse ansiosamente la signora,«vostro nonno si chiamava Ou?»

«Per l’appunto», rispose Uang.«Ma allora voi siete mio nipote! Vostra madre è mia

sorella. Per ragioni che sarebbe lungo dirvi, ma che nonfanno torto nè a me, nè a lei, da molti anni io non sonopiù in rapporto colla mia famiglia. E che bel ragazzosiete, nipote mio!»

Così, per uno strano capriccio del caso, la pietosamenzogna con cui s’era cercato di consolare il giovaneinnamorato, rispondeva alla realtà. La fanciulla cheamava era davvero sua cugina.

«Io mi chiamo Chiu», riprese la zia. «La fanciulla cheavete visto in giardino è mia figlia adottiva. È una bravafigliuola, e molto intelligente: peccato che abbia il mal-vezzo di ridere ogni momento, anche quando non c’è ra-gione. Dovete far subito la sua conoscenza».

Si volse a un servitore e gli disse di chiamare la si-gnorina Ing-Ning. Si sentì poco dopo un’allegra risatalontana, che andava sempre più avvicinandosi.

«Vieni qui, Ing-Ning!», fece la zia. «C’è qui tuo cugi-no!»

La risata si fece allora più rumorosa, e la fanciulla en-

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trò, tenendo una mano alla bocca, per reprimere il risoche non le riusciva di trattenere. **

«Anche in pubblico non sai dunque resistere alla brut-ta abitudine di ridere sempre?», disse la zia con qualchesdegno. «Ti presento il signor Uang, figlio di tuo zio.Siamo della stessa famiglia: bisogna far conoscenza».

Uang chiese l’età della cugina. Siccome la vecchiazia era piuttosto dura d’orecchio, dovette ripetere la do-manda. Immaginarsi come Ing-Ning si sfogasse a ride-re!

«La vedete», continuò la zia, «come è maleducata! Asedici anni è ancora come una bambina».

Uang disse che egli era maggiore di un anno. La si-gnora Chiu gli chiese se fosse fidanzato46, e parve con-tenta sentendo da lui che era ancora libero.

«Andreste tanto bene insieme!», concluse. «Peccatoche, essendo cugini, non possiate sposarvi47».

Il giovane, tra la gioia e la confusione, non sapevatrovar parole: si contentava di dar grandi occhiate allafanciulla.

A questo punto sopraggiunse la fida domestica, cheavvicinatasi alla signorina, le disse sottovoce:

«Nevvero che ha ancora quegli occhi di brigante?»Altro scoppio di risa di Ing-Ning. Per cavarsela, prese

la mano della domestica e uscì di corsa con lei, dicendo

46 È noto che in Cina i matrimoni si contraggono in età giova-nissima.

47 Ing-Ning era bensì figlia adottiva; ma l’adozione implica inCina la consanguineità.

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trò, tenendo una mano alla bocca, per reprimere il risoche non le riusciva di trattenere. **

«Anche in pubblico non sai dunque resistere alla brut-ta abitudine di ridere sempre?», disse la zia con qualchesdegno. «Ti presento il signor Uang, figlio di tuo zio.Siamo della stessa famiglia: bisogna far conoscenza».

Uang chiese l’età della cugina. Siccome la vecchiazia era piuttosto dura d’orecchio, dovette ripetere la do-manda. Immaginarsi come Ing-Ning si sfogasse a ride-re!

«La vedete», continuò la zia, «come è maleducata! Asedici anni è ancora come una bambina».

Uang disse che egli era maggiore di un anno. La si-gnora Chiu gli chiese se fosse fidanzato46, e parve con-tenta sentendo da lui che era ancora libero.

«Andreste tanto bene insieme!», concluse. «Peccatoche, essendo cugini, non possiate sposarvi47».

Il giovane, tra la gioia e la confusione, non sapevatrovar parole: si contentava di dar grandi occhiate allafanciulla.

A questo punto sopraggiunse la fida domestica, cheavvicinatasi alla signorina, le disse sottovoce:

«Nevvero che ha ancora quegli occhi di brigante?»Altro scoppio di risa di Ing-Ning. Per cavarsela, prese

la mano della domestica e uscì di corsa con lei, dicendo

46 È noto che in Cina i matrimoni si contraggono in età giova-nissima.

47 Ing-Ning era bensì figlia adottiva; ma l’adozione implica inCina la consanguineità.

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che andava a vedere se il gran pesco era già in fiore.Appena fu fuori della sala, lasciò libero sfogo alla suailarità: la risata prorompente, irresistibile si sentì un pez-zo dopo che essa se n’era andata.

La signora Chiu, dicendosi un po’ stanca, si levò, au-gurò la buona notte al nipote, e aggiunse:

«Giacchè un caso felice ha voluto che ci conoscessi-mo, spero che rimarrete con noi qualche giorno. Se viannoiate, potete distrarvi passeggiando nel parco, o leg-gendo qualcuno dei tanti libri che ci sono in casa».

La mattina seguente Uang andò nel parco che era die-tro la casa. Qua e là, sull’ampio tappeto verde del prato,i fiori del sambuco, accumulati in folti cespugli, copri-vano il suolo come fossero neve bianchissima. Una ca-setta, fatta di tronchi d’albero, tutta ricinta di piante e difiori, si sarebbe detta un nido d’uccelli sperduto nel fo-gliame.

A un tratto il giovane sentì risuonare dall’alto d’un al-bero una risata argentina. Guardò in su: era Ing-Ning.Alla vista del cugino, essa si mise a ridere ancor più for-te, che per poco non soffocava. Cercava di scenderedall’albero, ma il riso le toglieva le forze.

Quando fu vicina al suolo, staccò le mani dal tronco,spiccò un salto e cadde. Uang la sollevò, prendendoladelicatamente per il polso. E la fanciulla a ridere, a ride-re, tanto che dovette appoggiarsi all’albero. Non potevacamminare.

Il povero Uang, alquanto mortificato di tale acco-glienza, dovette aspettare un intervallo tra due accessi di

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che andava a vedere se il gran pesco era già in fiore.Appena fu fuori della sala, lasciò libero sfogo alla suailarità: la risata prorompente, irresistibile si sentì un pez-zo dopo che essa se n’era andata.

La signora Chiu, dicendosi un po’ stanca, si levò, au-gurò la buona notte al nipote, e aggiunse:

«Giacchè un caso felice ha voluto che ci conoscessi-mo, spero che rimarrete con noi qualche giorno. Se viannoiate, potete distrarvi passeggiando nel parco, o leg-gendo qualcuno dei tanti libri che ci sono in casa».

La mattina seguente Uang andò nel parco che era die-tro la casa. Qua e là, sull’ampio tappeto verde del prato,i fiori del sambuco, accumulati in folti cespugli, copri-vano il suolo come fossero neve bianchissima. Una ca-setta, fatta di tronchi d’albero, tutta ricinta di piante e difiori, si sarebbe detta un nido d’uccelli sperduto nel fo-gliame.

A un tratto il giovane sentì risuonare dall’alto d’un al-bero una risata argentina. Guardò in su: era Ing-Ning.Alla vista del cugino, essa si mise a ridere ancor più for-te, che per poco non soffocava. Cercava di scenderedall’albero, ma il riso le toglieva le forze.

Quando fu vicina al suolo, staccò le mani dal tronco,spiccò un salto e cadde. Uang la sollevò, prendendoladelicatamente per il polso. E la fanciulla a ridere, a ride-re, tanto che dovette appoggiarsi all’albero. Non potevacamminare.

Il povero Uang, alquanto mortificato di tale acco-glienza, dovette aspettare un intervallo tra due accessi di

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riso per mettere in esecuzione un grande progetto che damolto tempo vagheggiava: di mostrarle cioè il ramoscel-lo di biancospino che aveva portato con sè nella manica.

«Ma è secco!», fece Ing-Ning. «Perchè mai lo serba-te?»

«Perchè è stato nelle vostre mani», rispose Uang.«Per questo mi è caro».

La fanciulla non parve soddisfatta, e ripetè la doman-da.

«L’ho serbato per mostrarvi che vi voglio bene, e chenon vi dimentico. Dopo il nostro incontro della scorsaprimavera, il bisogno di rivedervi mi ha reso tanto mala-to. Ho creduto di morire senza che il mio desiderio fosseesaudito. E ora che ho il bene di esservi vicino, vi pregodi aver pietà di me».

«Niente di più facile. Quando partirete da casa nostra,dirò al giardiniere di darvi un gran canestro degli stessifiori. Questo per provarvi che non sono avara con miocugino».

«Dunque non mi avete ancora compreso?«E perchè no?»«Il mio affetto non è per il fiore, ma per colei che l’ha

colto».«È naturale che ci si voglia bene tra parenti: no?»«Il mio non è l’affetto che passa tra cugini, bensì

quello che passa tra marito e moglie».«E che differenza c’è?»«La differenza è che marito e moglie si amano abba-

stanza per vivere insieme, fare una sola persona, divide-

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riso per mettere in esecuzione un grande progetto che damolto tempo vagheggiava: di mostrarle cioè il ramoscel-lo di biancospino che aveva portato con sè nella manica.

«Ma è secco!», fece Ing-Ning. «Perchè mai lo serba-te?»

«Perchè è stato nelle vostre mani», rispose Uang.«Per questo mi è caro».

La fanciulla non parve soddisfatta, e ripetè la doman-da.

«L’ho serbato per mostrarvi che vi voglio bene, e chenon vi dimentico. Dopo il nostro incontro della scorsaprimavera, il bisogno di rivedervi mi ha reso tanto mala-to. Ho creduto di morire senza che il mio desiderio fosseesaudito. E ora che ho il bene di esservi vicino, vi pregodi aver pietà di me».

«Niente di più facile. Quando partirete da casa nostra,dirò al giardiniere di darvi un gran canestro degli stessifiori. Questo per provarvi che non sono avara con miocugino».

«Dunque non mi avete ancora compreso?«E perchè no?»«Il mio affetto non è per il fiore, ma per colei che l’ha

colto».«È naturale che ci si voglia bene tra parenti: no?»«Il mio non è l’affetto che passa tra cugini, bensì

quello che passa tra marito e moglie».«E che differenza c’è?»«La differenza è che marito e moglie si amano abba-

stanza per vivere insieme, fare una sola persona, divide-

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re lo stesso letto».Ing-Ning riflettè un momento; poi disse che non ave-

va l’abitudine di dividere il suo letto con un uomo.Qui la conversazione fu interrotta dalla domestica,

che veniva a pregare i giovani di recarsi nella sala dapranzo. Un momento dopo essi erano colla zia, chechiese a Ing-Ning dove fosse stata.

Sono stata nel parco a discorrere con mio cugino».«E di che cosa avete discorso?», chiese ancora la zia.

«Non la finivate più! La colazione è pronta da un pez-zo».

«Mio cugino mi ha proposto di dormire nello stessoletto».

A questa sortita, Uang ebbe un sussulto di spavento, efece segno alla cugina di stare zitta. Per fortuna la vec-chia signora non aveva inteso.

«Son cose che non bisogna dire?», chiese sottovoceIng-Ning al cugino.

«Ma sicuro! È una cosa tutta intima, di cui non si par-la mai».

«Ma non bisogna nascondere niente alla mamma!»,insistette la fanciulla. «E poi, dormire nello stesso lettonon è una cosa straordinaria: che ragione c’è di farne unsegreto?»

Il giovane, pur deplorando questa manifestazione diuna così assoluta ingenuità, sentì crescere l’affetto cheportava alla cugina.

* La sera dello stesso giorno giunsero a cavallo i ser-vitori di casa Uang, che erano stati mandati alla ricerca

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re lo stesso letto».Ing-Ning riflettè un momento; poi disse che non ave-

va l’abitudine di dividere il suo letto con un uomo.Qui la conversazione fu interrotta dalla domestica,

che veniva a pregare i giovani di recarsi nella sala dapranzo. Un momento dopo essi erano colla zia, chechiese a Ing-Ning dove fosse stata.

Sono stata nel parco a discorrere con mio cugino».«E di che cosa avete discorso?», chiese ancora la zia.

«Non la finivate più! La colazione è pronta da un pez-zo».

«Mio cugino mi ha proposto di dormire nello stessoletto».

A questa sortita, Uang ebbe un sussulto di spavento, efece segno alla cugina di stare zitta. Per fortuna la vec-chia signora non aveva inteso.

«Son cose che non bisogna dire?», chiese sottovoceIng-Ning al cugino.

«Ma sicuro! È una cosa tutta intima, di cui non si par-la mai».

«Ma non bisogna nascondere niente alla mamma!»,insistette la fanciulla. «E poi, dormire nello stesso lettonon è una cosa straordinaria: che ragione c’è di farne unsegreto?»

Il giovane, pur deplorando questa manifestazione diuna così assoluta ingenuità, sentì crescere l’affetto cheportava alla cugina.

* La sera dello stesso giorno giunsero a cavallo i ser-vitori di casa Uang, che erano stati mandati alla ricerca

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del padroncino. La madre, inquieta per l’improvvisapartenza di lui, si era rivolta al cugino, il quale immagi-nò che il giovane si fosse recato nel sud, dove egli gliaveva detto abitare la fanciulla amata. I servi, dopoaverlo cercato in più villaggi, erano finalmente riusciti asapere che era ospite della signora Chiu.

Bisognò che Uang ritornasse con loro a casa. Ma egliottenne dalla zia che Ing-Ning partisse con lui.

«Va», disse la signora alla fanciulla, che, come si puòben pensare, rideva più allegramente che mai. «Cono-scerai la zia; essa forse riuscirà a correggerti del tuo di-fettaccio, e ti troverà un bravo sposo».

Grande fu la meraviglia della signora Uang, quando ilfiglio gli presentò Ing-Ning come sua cugina. Mandò achiamare il cugino autentico; si discusse, si rievocaronovecchie storie di famiglia, e si conchiuse per riconoscereil titolo di parentela alla nuova venuta.

Questa rideva e rideva: il suo riso fresco e giovanileera così gaio, così contagioso, che si comunicò a tutti ipresenti. La casa intera sembrava come invasa daun’ondata di gioia.

Si andò a far visita alla sorella lontana, e si fissò ilgiorno delle nozze, perchè i giovani si volevano troppobene per contrastarne l’unione motivando la loro con-sanguineità.

Anche quando fu vestita da sposa, a Ing-Ning riuscìimpossibile di rimanere seria: rise anche durante la ceri-monia nuziale!

Fu un matrimonio felice. Il riso giocondo di Ing-Ning

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del padroncino. La madre, inquieta per l’improvvisapartenza di lui, si era rivolta al cugino, il quale immagi-nò che il giovane si fosse recato nel sud, dove egli gliaveva detto abitare la fanciulla amata. I servi, dopoaverlo cercato in più villaggi, erano finalmente riusciti asapere che era ospite della signora Chiu.

Bisognò che Uang ritornasse con loro a casa. Ma egliottenne dalla zia che Ing-Ning partisse con lui.

«Va», disse la signora alla fanciulla, che, come si puòben pensare, rideva più allegramente che mai. «Cono-scerai la zia; essa forse riuscirà a correggerti del tuo di-fettaccio, e ti troverà un bravo sposo».

Grande fu la meraviglia della signora Uang, quando ilfiglio gli presentò Ing-Ning come sua cugina. Mandò achiamare il cugino autentico; si discusse, si rievocaronovecchie storie di famiglia, e si conchiuse per riconoscereil titolo di parentela alla nuova venuta.

Questa rideva e rideva: il suo riso fresco e giovanileera così gaio, così contagioso, che si comunicò a tutti ipresenti. La casa intera sembrava come invasa daun’ondata di gioia.

Si andò a far visita alla sorella lontana, e si fissò ilgiorno delle nozze, perchè i giovani si volevano troppobene per contrastarne l’unione motivando la loro con-sanguineità.

Anche quando fu vestita da sposa, a Ing-Ning riuscìimpossibile di rimanere seria: rise anche durante la ceri-monia nuziale!

Fu un matrimonio felice. Il riso giocondo di Ing-Ning

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disarmava tutti di casa, perfino la suocera, che è tuttodire! Quando i domestici avevano qualche cosa da farsiperdonare, pregavano Ing-Ning d’intercedere per loro, eogni sdegno si placava davanti a quel viso ridente.

A suo tempo Ing-Ning si sgravò di un bambino cheseguendo l’esempio materno, si diede a ridere allegra-mente appena ebbe aperti gli occhi alla luce48. **

48 Una variante di questa graziosa novella è nel Liao ChaiChih I di PU SUNG-LING, scrittore de1 secolo XVII.

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disarmava tutti di casa, perfino la suocera, che è tuttodire! Quando i domestici avevano qualche cosa da farsiperdonare, pregavano Ing-Ning d’intercedere per loro, eogni sdegno si placava davanti a quel viso ridente.

A suo tempo Ing-Ning si sgravò di un bambino cheseguendo l’esempio materno, si diede a ridere allegra-mente appena ebbe aperti gli occhi alla luce48. **

48 Una variante di questa graziosa novella è nel Liao ChaiChih I di PU SUNG-LING, scrittore de1 secolo XVII.

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IL DIPINTO MERAVIGLIOSO.

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IL DIPINTO MERAVIGLIOSO.

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* Sotto la dinastia dei Ming viveva a Le-tchi-li un go-vernatore di nome Ni, assai ricco e padre d’un unico fi-glio chiamato Chen-ki. Quando questo fu ammogliato,egli rinunciò al suo ufficio, deciso a trascorrere gli ulti-mi anni nella quiete.

Un giorno, mentre visitava una delle sue terre, videuna fanciulla di meravigliosa bellezza, che suscitò la suaammirazione. Era, come gli fu riferito, la figlia diciot-tenne d’un suo fattore e si chiamava Ni-chen-ki. Sebbe-ne egli toccasse già i settant’anni e temesse di provocarelo sdegno di suo figlio, risolse di farla sua moglie. Qual-che tempo dopo, avevano luogo le nozze.

Come aveva preveduto, Chen-ki e la moglie di lui neebbero dispetto, e non cessavano di biasimarlo per avercompiuto quella che essi giudicavano una pazzia.

«Riprender moglie con un piede nella tomba!», anda-vano ripetendo, «e per di più con una giovinetta!»

Ma peggio fu quando, due mesi più tardi, seppero cheessa era incinta. Non potevano darsi pace! A suo temponacque un bambino, sano e robusto, a cui il vecchio pa-dre impose il nome di Tchong-yang-eul.

L’avvenimento fu celebrato con un festino, a cui do-vettero intervenire, sebbene ne avrebbero fatto a menovolontieri, anche i coniugi Chen-ki.

«Ci credete voi?», diceva il figlio ad amici e cono-scenti per sfogare la sua rabbia. «Per conto mio, non sodi chi sia questo mostricciattolo; ma mio padre non

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* Sotto la dinastia dei Ming viveva a Le-tchi-li un go-vernatore di nome Ni, assai ricco e padre d’un unico fi-glio chiamato Chen-ki. Quando questo fu ammogliato,egli rinunciò al suo ufficio, deciso a trascorrere gli ulti-mi anni nella quiete.

Un giorno, mentre visitava una delle sue terre, videuna fanciulla di meravigliosa bellezza, che suscitò la suaammirazione. Era, come gli fu riferito, la figlia diciot-tenne d’un suo fattore e si chiamava Ni-chen-ki. Sebbe-ne egli toccasse già i settant’anni e temesse di provocarelo sdegno di suo figlio, risolse di farla sua moglie. Qual-che tempo dopo, avevano luogo le nozze.

Come aveva preveduto, Chen-ki e la moglie di lui neebbero dispetto, e non cessavano di biasimarlo per avercompiuto quella che essi giudicavano una pazzia.

«Riprender moglie con un piede nella tomba!», anda-vano ripetendo, «e per di più con una giovinetta!»

Ma peggio fu quando, due mesi più tardi, seppero cheessa era incinta. Non potevano darsi pace! A suo temponacque un bambino, sano e robusto, a cui il vecchio pa-dre impose il nome di Tchong-yang-eul.

L’avvenimento fu celebrato con un festino, a cui do-vettero intervenire, sebbene ne avrebbero fatto a menovolontieri, anche i coniugi Chen-ki.

«Ci credete voi?», diceva il figlio ad amici e cono-scenti per sfogare la sua rabbia. «Per conto mio, non sodi chi sia questo mostricciattolo; ma mio padre non

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c’entra per nulla di sicuro. Non posso riconoscerlo comefratello: l’illegittimità è troppo evidente».

Questi e simili oltraggi giunsero all’orecchio di Ni,che ne prese buona nota. L’addolorava il pensiero che latarda età non gli avrebbe consentito di vivere a lungo eproteggere il bambino dall’avidità del suo snaturato fra-tello, e la sua unica preoccupazione era di non trascurarenessuna misura per impedire che questi sfogasse ungiorno o l’altro il suo odio. Invano cercò di ridurlo a piùmiti consigli. Chen-ki non si curava neppure di dissimu-lare i suoi sentimenti, che non di rado si manifestavanocon sgarberie e dispetti verso il nuovo venuto.

Un giorno – circa cinque anni dopo la nascita diTchong-yang-eul – Ni cadde in malo modo, e si ferì gra-vemente. Il medico dichiarò subito che il caso era mor-tale. Allora l’infermo fece chiamare il figlio maggiore, egli parlò in questa forma:

«Questo registro (e glielo consegnò) contiene l’inven-tario delle mie proprietà, mobili e immobili. Io lasciotutto a voi, giacchè Ni-chen-ki è troppo giovine per te-nerne l’amministrazione e Tchong-yang-eul è ancorabambino. Fategli da padre, provvedete a quanto sarà ri-chiesto per la sua educazione e il suo sostentamento.Del resto, i miei desideri sono espressi in questo regi-stro: vogliate eseguirli fedelmente».

Chen-ki, nascondendo a fatica la sua gioia, promiseche tutto sarebbe fatto a puntino, e si ritirò.

Sopravvenne poco dopo Ni-chen-ki, a cui il suoceroriferì il colloquio avuto col suo primogenito. La giovane

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c’entra per nulla di sicuro. Non posso riconoscerlo comefratello: l’illegittimità è troppo evidente».

Questi e simili oltraggi giunsero all’orecchio di Ni,che ne prese buona nota. L’addolorava il pensiero che latarda età non gli avrebbe consentito di vivere a lungo eproteggere il bambino dall’avidità del suo snaturato fra-tello, e la sua unica preoccupazione era di non trascurarenessuna misura per impedire che questi sfogasse ungiorno o l’altro il suo odio. Invano cercò di ridurlo a piùmiti consigli. Chen-ki non si curava neppure di dissimu-lare i suoi sentimenti, che non di rado si manifestavanocon sgarberie e dispetti verso il nuovo venuto.

Un giorno – circa cinque anni dopo la nascita diTchong-yang-eul – Ni cadde in malo modo, e si ferì gra-vemente. Il medico dichiarò subito che il caso era mor-tale. Allora l’infermo fece chiamare il figlio maggiore, egli parlò in questa forma:

«Questo registro (e glielo consegnò) contiene l’inven-tario delle mie proprietà, mobili e immobili. Io lasciotutto a voi, giacchè Ni-chen-ki è troppo giovine per te-nerne l’amministrazione e Tchong-yang-eul è ancorabambino. Fategli da padre, provvedete a quanto sarà ri-chiesto per la sua educazione e il suo sostentamento.Del resto, i miei desideri sono espressi in questo regi-stro: vogliate eseguirli fedelmente».

Chen-ki, nascondendo a fatica la sua gioia, promiseche tutto sarebbe fatto a puntino, e si ritirò.

Sopravvenne poco dopo Ni-chen-ki, a cui il suoceroriferì il colloquio avuto col suo primogenito. La giovane

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donna rimase assai male.«E come vivrò io, come vivrà il caro piccino», disse,

se Chen-ki si rifiuta di eseguire le vostre volontà a no-stro riguardo?»

«Ecco», rispose il governatore. «Io lo conosco, so cheè uomo disonesto e sleale. Ho pensato che se avessi di-viso in parti uguali il mio avere tra i due figli, il poveroTchong-yang-eul poteva essere esposto a grandi perico-li. Invece lasciando tutto a Chen-ki, ho disarmata la suamalevolenza, e saziata la sua avidità. Così sarà megliodisposto verso di voi».

Ni-chen-ki voleva ribattere; ma l’infermo continuò intono reciso:

«Così ho risoluto, e così sarà. Ho le mie ragioni perquesto. Voi, cara Ni-chen-ki, non rimanete in casa di vo-stro cognato; non ne avreste che delle amarezze. Sce-glietevi un altro marito...»

«Ah! questo no!», esclamò la giovane moglie dandoin uno scoppio di pianto.

«A ogni modo», proseguì commosso il governatore,«l’avvenire vostro e quello di nostro figlio devono esse-re assicurati. Prendete». **

Così dicendo, cavò di sotto al guanciale un oggetto, eglielo consegnò.

Ni-chen-ki credette dapprima che si trattasse di un co-dicillo in suo favore. Ma, osservatolo, vide che era undipinto della larghezza di un piede e lungo tre.

«Che devo fare di questo dipinto?», chiese.«È un ritratto di famiglia», rispose Ni, «e contiene un

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donna rimase assai male.«E come vivrò io, come vivrà il caro piccino», disse,

se Chen-ki si rifiuta di eseguire le vostre volontà a no-stro riguardo?»

«Ecco», rispose il governatore. «Io lo conosco, so cheè uomo disonesto e sleale. Ho pensato che se avessi di-viso in parti uguali il mio avere tra i due figli, il poveroTchong-yang-eul poteva essere esposto a grandi perico-li. Invece lasciando tutto a Chen-ki, ho disarmata la suamalevolenza, e saziata la sua avidità. Così sarà megliodisposto verso di voi».

Ni-chen-ki voleva ribattere; ma l’infermo continuò intono reciso:

«Così ho risoluto, e così sarà. Ho le mie ragioni perquesto. Voi, cara Ni-chen-ki, non rimanete in casa di vo-stro cognato; non ne avreste che delle amarezze. Sce-glietevi un altro marito...»

«Ah! questo no!», esclamò la giovane moglie dandoin uno scoppio di pianto.

«A ogni modo», proseguì commosso il governatore,«l’avvenire vostro e quello di nostro figlio devono esse-re assicurati. Prendete». **

Così dicendo, cavò di sotto al guanciale un oggetto, eglielo consegnò.

Ni-chen-ki credette dapprima che si trattasse di un co-dicillo in suo favore. Ma, osservatolo, vide che era undipinto della larghezza di un piede e lungo tre.

«Che devo fare di questo dipinto?», chiese.«È un ritratto di famiglia», rispose Ni, «e contiene un

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segreto della più alta importanza. Conservatelo religio-samente, e soprattutto non mostratelo a nessuno. Maquando Tchonh-yang-eul sarà grande, se Chen-ki non sioccupa di lui, cercate di conoscere un magistrato saggio,onesto e dotato di rara perspicacia. Presentategli il ritrat-to, ripetetegli quello che io vi ho detto, e pregatelo disvelarvi l’arcano che esso racchiude. Egli riuscirà certa-mente a scoprirlo, e voi sarete allora posta in grado diconcedere a voi e a nostro figlio tutti gli agi della ric-chezza».

Pochi giorni dopo, Ni si spegneva tranquillamente.Il suo cadavere era ancora tiepido, e Chen-ki si faceva

consegnare tutte le chiavi di casa, inventariava il mobi-glio, verificava la proprietà elencata nel registro, senzapunto curarsi dei funerali del padre. A questo provvidela vedova, che non sapeva darsi pace della perdita fatta.Il figlio snaturato fece perfino man bassa sugli oggettipersonali della cognata, che rilegò, insieme al bambino,in un’ala della casa mezzo diroccata, e arredata povera-mente.

Passarono gli anni. Ni-chen-ki la quale, malgrado leinsistenze del cognato, non aveva mai voluto saperne dipassare a seconde nozze, si era dedicata completamenteall’educazione del figlio, che ormai aveva quasi com-piuto il terzo lustro.

Un giorno pregò la madre di comperargli una veste diseta. Ella rispose che non aveva danaro.

«Come!», fece il giovinetto, che era d’indole buona,ma assai risoluta, «mio padre era governatore, e non

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segreto della più alta importanza. Conservatelo religio-samente, e soprattutto non mostratelo a nessuno. Maquando Tchonh-yang-eul sarà grande, se Chen-ki non sioccupa di lui, cercate di conoscere un magistrato saggio,onesto e dotato di rara perspicacia. Presentategli il ritrat-to, ripetetegli quello che io vi ho detto, e pregatelo disvelarvi l’arcano che esso racchiude. Egli riuscirà certa-mente a scoprirlo, e voi sarete allora posta in grado diconcedere a voi e a nostro figlio tutti gli agi della ric-chezza».

Pochi giorni dopo, Ni si spegneva tranquillamente.Il suo cadavere era ancora tiepido, e Chen-ki si faceva

consegnare tutte le chiavi di casa, inventariava il mobi-glio, verificava la proprietà elencata nel registro, senzapunto curarsi dei funerali del padre. A questo provvidela vedova, che non sapeva darsi pace della perdita fatta.Il figlio snaturato fece perfino man bassa sugli oggettipersonali della cognata, che rilegò, insieme al bambino,in un’ala della casa mezzo diroccata, e arredata povera-mente.

Passarono gli anni. Ni-chen-ki la quale, malgrado leinsistenze del cognato, non aveva mai voluto saperne dipassare a seconde nozze, si era dedicata completamenteall’educazione del figlio, che ormai aveva quasi com-piuto il terzo lustro.

Un giorno pregò la madre di comperargli una veste diseta. Ella rispose che non aveva danaro.

«Come!», fece il giovinetto, che era d’indole buona,ma assai risoluta, «mio padre era governatore, e non

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aveva che due figli. Uno d’essi nuota nell’opulenza, e ionon sono in grado di acquistarmi un abito! Vado da miofratello a chiedergli danaro!»

«No, no! te ne supplico!», esclamò ansiosamente lamadre. «Verrà un giorno in cui anche tu conoscerai laricchezza. Abbi pazienza ancora per pochi anni; non ir-ritare tuo fratello».

«Sta bene», disse Tchong-yang-eul. Ma tra sè aggiun-se: – Dunque io dovrò rinunciare agli studi, a una carrie-ra onorata, a un matrimonio vantaggioso, perché sonopovero, mentre mio fratello spende e spande?... Io civado: non vorrà poi mangiarmi vivo! –

Uscì senza farsi scorgere da sua madre, e si recò daChen-ki.

«Che fai qui tu?», gridò il fratello meravigliato.«Tutti sanno», disse il giovinetto, «che io sono figlio

d’un illustre magistrato; eppure vado coperto di cenciche mi rendono ridicolo a quanti mi vedono. Sono venu-to da te per chiederti un pezzo di stoffa con cui vestir-mi».

«Se vuoi vestirti, rivolgiti a tua madre».«Non è mia madre, ma siete voi che avete il godimen-

to di tutte le proprietà del governatore nostro padre».A questa sortita, che dimostrava nel ragazzo

un’accortezza superiore alla sua età, Chen-ki divennerosso per la collera.

«Chi t’ha imboccato così bene, linguacciuto?», glidisse. «Chi ti ha suggerito di venire da me a chiedered’esser vestito, per avere il pretesto di sdottrinare sulla

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aveva che due figli. Uno d’essi nuota nell’opulenza, e ionon sono in grado di acquistarmi un abito! Vado da miofratello a chiedergli danaro!»

«No, no! te ne supplico!», esclamò ansiosamente lamadre. «Verrà un giorno in cui anche tu conoscerai laricchezza. Abbi pazienza ancora per pochi anni; non ir-ritare tuo fratello».

«Sta bene», disse Tchong-yang-eul. Ma tra sè aggiun-se: – Dunque io dovrò rinunciare agli studi, a una carrie-ra onorata, a un matrimonio vantaggioso, perché sonopovero, mentre mio fratello spende e spande?... Io civado: non vorrà poi mangiarmi vivo! –

Uscì senza farsi scorgere da sua madre, e si recò daChen-ki.

«Che fai qui tu?», gridò il fratello meravigliato.«Tutti sanno», disse il giovinetto, «che io sono figlio

d’un illustre magistrato; eppure vado coperto di cenciche mi rendono ridicolo a quanti mi vedono. Sono venu-to da te per chiederti un pezzo di stoffa con cui vestir-mi».

«Se vuoi vestirti, rivolgiti a tua madre».«Non è mia madre, ma siete voi che avete il godimen-

to di tutte le proprietà del governatore nostro padre».A questa sortita, che dimostrava nel ragazzo

un’accortezza superiore alla sua età, Chen-ki divennerosso per la collera.

«Chi t’ha imboccato così bene, linguacciuto?», glidisse. «Chi ti ha suggerito di venire da me a chiedered’esser vestito, per avere il pretesto di sdottrinare sulla

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mia proprietà?»«Presto o tardi questa proprietà sarà divisa», ribattè

Tchong-yang-eul. «Ma non è questo di cui voglio parla-re ora. Per adesso ho bisogno degli abiti che si conven-gono alla mia nascita e alla mia posizione».

«Tocca proprio a te a parlare di posizione e di nascita,bastardello che sei! Avesse pur nostro padre lasciato deitesori immensi, ci sono un figlio e un nipote, nati damoglie legittima, che possono goderne. Ma tu?... cosac’entri? La tua nascita è più che sospetta. Vattene!... Mabadate bene a non cimentarmi! Potrei rivolgermi a cac-ciar via te e tua madre dall’asilo che vi ho concesso contanta generosità, e a ridurvi a non aver dove posare ilcapo».

«Io sono figlio del governatore come voi! Perchè sol-levar dubbi sulla legittimità della mia nascita? Cosa in-tendete di fare? Vorreste forse attentare ai nostri giorni,per poter poi disporre voi solo dell’eredità?»

«Va via, animale!», gridò Chen-ki schizzando rabbiadagli occhi. «Vuoi portarmi agli estremi?»

Così dicendo lo afferrò per il vestito, lo scosse conviolenza, e cominciò a percuoterlo.

Il povero ragazzo, tutto malconcio e indolenzito, potèa fatica sfuggirgli dalle mani, e tornò piangendo dallamadre, a cui narrò la brutta avventura.

«Ti sta bene», fece Ni-chen-ki. «Ti avevo proibito diprovocare la collera di tuo fratello. Non mi hai dato ret-ta, e hai avuto la peggio».

* Chen-ki colse il pretesto da quell’incidente per

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mia proprietà?»«Presto o tardi questa proprietà sarà divisa», ribattè

Tchong-yang-eul. «Ma non è questo di cui voglio parla-re ora. Per adesso ho bisogno degli abiti che si conven-gono alla mia nascita e alla mia posizione».

«Tocca proprio a te a parlare di posizione e di nascita,bastardello che sei! Avesse pur nostro padre lasciato deitesori immensi, ci sono un figlio e un nipote, nati damoglie legittima, che possono goderne. Ma tu?... cosac’entri? La tua nascita è più che sospetta. Vattene!... Mabadate bene a non cimentarmi! Potrei rivolgermi a cac-ciar via te e tua madre dall’asilo che vi ho concesso contanta generosità, e a ridurvi a non aver dove posare ilcapo».

«Io sono figlio del governatore come voi! Perchè sol-levar dubbi sulla legittimità della mia nascita? Cosa in-tendete di fare? Vorreste forse attentare ai nostri giorni,per poter poi disporre voi solo dell’eredità?»

«Va via, animale!», gridò Chen-ki schizzando rabbiadagli occhi. «Vuoi portarmi agli estremi?»

Così dicendo lo afferrò per il vestito, lo scosse conviolenza, e cominciò a percuoterlo.

Il povero ragazzo, tutto malconcio e indolenzito, potèa fatica sfuggirgli dalle mani, e tornò piangendo dallamadre, a cui narrò la brutta avventura.

«Ti sta bene», fece Ni-chen-ki. «Ti avevo proibito diprovocare la collera di tuo fratello. Non mi hai dato ret-ta, e hai avuto la peggio».

* Chen-ki colse il pretesto da quell’incidente per

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compiere ciò che da molto tempo meditava. Il giorno se-guente convocò tutti i congiunti, compresa Ni-chen-ki esuo figlio, per renderli edotti delle ultime volontà di suopadre. Fece constatare a tutti l’autenticità del testamen-to, scritto di tutto pugno di Ni, e alla fine annunciò che,ossequiente alle disposizioni paterne, assegnava a Ni-chen-ki e a Tchong-yang-eul una casetta nei pressi dellacasa, con annesso terreno.

Era una casa male in arnese, e appena provvista delnecessario; il terreno era sterile e coperto di erbacce.

«Ma è possibile, mamma», disse Tchong-yang-eul,che mio padre ci abbia trattati così indegnamente? E seil testamento fosse stato abilmente falsificato o manipo-lato? Perchè non adire ai tribunali e cercare di otteneregiustizia?»

Invano la madre raccomandava la prudenza e la cal-ma a suo figlio. Egli tornava ogni tanto alla carica connuovi argomenti e nuove proposte. Finalmente Ni-chen-ki si risolse a metterlo a parte del segreto che fino alloraaveva tenuto per sè. **

«Figlio mio», gli disse, «non dubitare della autenticitàdel testamento. È ben certo che il governatore l’ha ver-gato di sua mano dalla prima all’ultima parola. Veden-doti ancora bambino, e temendo che tuo fratello non in-sidiasse alla nostra vita, egli amò meglio soddisfare lasua rapacia, istituendolo erede universale. Ma il giornoprima di morire egli mi consegnò un quadro, e mi racco-mandò di non mostrarlo a nessuno».

E ripetè le parole che il moribondo gli aveva detto al-

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compiere ciò che da molto tempo meditava. Il giorno se-guente convocò tutti i congiunti, compresa Ni-chen-ki esuo figlio, per renderli edotti delle ultime volontà di suopadre. Fece constatare a tutti l’autenticità del testamen-to, scritto di tutto pugno di Ni, e alla fine annunciò che,ossequiente alle disposizioni paterne, assegnava a Ni-chen-ki e a Tchong-yang-eul una casetta nei pressi dellacasa, con annesso terreno.

Era una casa male in arnese, e appena provvista delnecessario; il terreno era sterile e coperto di erbacce.

«Ma è possibile, mamma», disse Tchong-yang-eul,che mio padre ci abbia trattati così indegnamente? E seil testamento fosse stato abilmente falsificato o manipo-lato? Perchè non adire ai tribunali e cercare di otteneregiustizia?»

Invano la madre raccomandava la prudenza e la cal-ma a suo figlio. Egli tornava ogni tanto alla carica connuovi argomenti e nuove proposte. Finalmente Ni-chen-ki si risolse a metterlo a parte del segreto che fino alloraaveva tenuto per sè. **

«Figlio mio», gli disse, «non dubitare della autenticitàdel testamento. È ben certo che il governatore l’ha ver-gato di sua mano dalla prima all’ultima parola. Veden-doti ancora bambino, e temendo che tuo fratello non in-sidiasse alla nostra vita, egli amò meglio soddisfare lasua rapacia, istituendolo erede universale. Ma il giornoprima di morire egli mi consegnò un quadro, e mi racco-mandò di non mostrarlo a nessuno».

E ripetè le parole che il moribondo gli aveva detto al-

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lora.«Quand’è così», disse Tchong-yang-eul, «perchè non

me ne avete parlato prima d’ora? Dov’è questo quadro?Volete permettermi di vederlo, per un momento alme-no?»

La madre aprì una cassetta, e ne levò un involto co-perto di tela. Sotto questo involucro ce n’era un altro dicarta cerata, e alla fine apparve il dipinto, che essa svol-se con precauzione e distese sopra una tela. Poi, inchi-nando la testa fino a terra, e dicendo a suo figlio di farelo stesso, disse, rivolta al dipinto:

«Perdonate se non vi rendo tutto il tributo di omaggioche vi dovrei. In una povera capanna come è questa èdifficile disporre di un tabernacolo».

Levatosi il figlio dopo queste salutazioni, esaminò ildipinto attentamente. Rappresentava questo un perso-naggio seduto – lo stesso governatore – vestito di scuro,dai capelli bianchi come la neve, e dai lineamenti cosìespressivi che si sarebbe detto fossero quelli di unacreatura vivente, anzichè di un ritratto. Teneva per manoun bambino, che stringeva al suo petto. Coll’altra mano,che era rivolta all’ingiù, pareva che indicasse il suolo.

Madre e figlio si stillarono a lungo il cervello per svi-scerare il segreto racchiuso nel quadro, ma senza cavar-ne nulla. Dopo avere esaurite tutte le ipotesi, tutte lecongetture, dovettero riporlo, tristi e scoraggiati.

* Alcuni giorni dopo si recarono nella città vicina incerca di un dottore a cui sottoporre l’inesplicabile enig-ma, e fu loro indicato nella persona del giudice Teng,

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lora.«Quand’è così», disse Tchong-yang-eul, «perchè non

me ne avete parlato prima d’ora? Dov’è questo quadro?Volete permettermi di vederlo, per un momento alme-no?»

La madre aprì una cassetta, e ne levò un involto co-perto di tela. Sotto questo involucro ce n’era un altro dicarta cerata, e alla fine apparve il dipinto, che essa svol-se con precauzione e distese sopra una tela. Poi, inchi-nando la testa fino a terra, e dicendo a suo figlio di farelo stesso, disse, rivolta al dipinto:

«Perdonate se non vi rendo tutto il tributo di omaggioche vi dovrei. In una povera capanna come è questa èdifficile disporre di un tabernacolo».

Levatosi il figlio dopo queste salutazioni, esaminò ildipinto attentamente. Rappresentava questo un perso-naggio seduto – lo stesso governatore – vestito di scuro,dai capelli bianchi come la neve, e dai lineamenti cosìespressivi che si sarebbe detto fossero quelli di unacreatura vivente, anzichè di un ritratto. Teneva per manoun bambino, che stringeva al suo petto. Coll’altra mano,che era rivolta all’ingiù, pareva che indicasse il suolo.

Madre e figlio si stillarono a lungo il cervello per svi-scerare il segreto racchiuso nel quadro, ma senza cavar-ne nulla. Dopo avere esaurite tutte le ipotesi, tutte lecongetture, dovettero riporlo, tristi e scoraggiati.

* Alcuni giorni dopo si recarono nella città vicina incerca di un dottore a cui sottoporre l’inesplicabile enig-ma, e fu loro indicato nella persona del giudice Teng,

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che godeva grande riputazione di dottrina e di onestà.S’informarono presso il tribunale quando teneva udien-za, e Ni-chen-ki vi si recò, portando con sè il dipinto.Quando apparve il giudice, essa si prosternò davanti alui in atto supplichevole. Il giudice, vedendo che inveced’una petizione aveva nelle mani un dipinto, rimase nonpoco sorpreso, e chiese che cosa desiderasse. La donnagli espose i particolari del caso, ed egli si fece conse-gnare il dipinto, riserbandosi di studiarlo con particolareattenzione.

Terminata l’udienza andò a casa sua, si chiuse nellostudio, e iniziò l’esame.

«È evidente», disse tra sè, «che il personaggio quirappresentato è il governatore steso, e il bambino èTchong-yang-eul. Il dito rivolto al suolo indica probabil-mente il suo desiderio che qualcuno riesca a scoprire ilsegreto. Ma in che cosa consiste questo segreto?»

Questa domanda egli se la rivolgeva continuamente,senza mai trovarvi risposta. Ogni giorno, di ritorno daltribunale, prendeva tra le mani il dipinto e vi almanacca-va sopra per delle ore intiere, facendo e rifacendo con-getture e induzioni che non approdavano a nulla. A pocoa poco il misterioso dipinto era diventato per lui unaspecie di incubo.

Ed ecco che un banale incidente, una circostanza af-fatto fortuita riuscì a far quello di cui tutta l’umana sa-pienza sarebbe forse rimasta incapace. **

Si teneva un giorno sulla terrazza di casa, aspettandoche gli servissero il tè, e intanto contemplava la enigma-

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che godeva grande riputazione di dottrina e di onestà.S’informarono presso il tribunale quando teneva udien-za, e Ni-chen-ki vi si recò, portando con sè il dipinto.Quando apparve il giudice, essa si prosternò davanti alui in atto supplichevole. Il giudice, vedendo che inveced’una petizione aveva nelle mani un dipinto, rimase nonpoco sorpreso, e chiese che cosa desiderasse. La donnagli espose i particolari del caso, ed egli si fece conse-gnare il dipinto, riserbandosi di studiarlo con particolareattenzione.

Terminata l’udienza andò a casa sua, si chiuse nellostudio, e iniziò l’esame.

«È evidente», disse tra sè, «che il personaggio quirappresentato è il governatore steso, e il bambino èTchong-yang-eul. Il dito rivolto al suolo indica probabil-mente il suo desiderio che qualcuno riesca a scoprire ilsegreto. Ma in che cosa consiste questo segreto?»

Questa domanda egli se la rivolgeva continuamente,senza mai trovarvi risposta. Ogni giorno, di ritorno daltribunale, prendeva tra le mani il dipinto e vi almanacca-va sopra per delle ore intiere, facendo e rifacendo con-getture e induzioni che non approdavano a nulla. A pocoa poco il misterioso dipinto era diventato per lui unaspecie di incubo.

Ed ecco che un banale incidente, una circostanza af-fatto fortuita riuscì a far quello di cui tutta l’umana sa-pienza sarebbe forse rimasta incapace. **

Si teneva un giorno sulla terrazza di casa, aspettandoche gli servissero il tè, e intanto contemplava la enigma-

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tica figura. Nel prendere la tazza dalle mani del dome-stico, alcune gocce di liquido vennero a cadere sul di-pinto. Depose allora la tazza e andò ad appenderlo sullaringhiera della scala, perchè asciugasse al sole. A untratto, un raggio di sole illuminò l’umida figura, la cartadivenne trasparente e lasciò scorgere, tra due fogli so-vrapposti, alcune righe perpendicolari che sembravanoscritte. Il magistrato lasciò sfuggire un grido di sorpresae di gioia. Subito levò la carta e trovò sotto il disegnouna scrittura di mano del governatore, in cui erano for-mulate le seguenti disposizioni:

«Io, che scrivo queste righe, ho esercitato per cinquevolte le alte funzioni amministrative. Sono più che set-tantenne e aspetto di giorno in giorno che la morte micolga: la subirò senza rimpianti. Tchong-yang-eul, figliodella mia seconda moglie, ha di questi giorni compiutoun anno, e non ho avuto peranco tempo di notificarne lalegittimità e assicurarne i diritti. D’altra parte Chen-ki,figlio della mia prima moglie, non sa che cosa sia affe-zione filiale e fraterna; temo anzi che possa attentarealla vita del suo fratello minore. Lo lascio erede di duegrandi case che ho acquistate di recente e di tutte le mieproprietà rurali, salvo una casetta che è sita a sinistradella mia abitazione, e che lego a Tchong-yang-eul.

«È di assai modesta apparenza, ma non è senza valo-re. Io vi ho seppellito, presso il muro di sinistra, cinque-mila once d’argento, contenute in cinque vasi di terra, epresso il muro di destra un’uguale somma, insieme amille monete d’oro, racchiuse in altri cinque vasi.

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tica figura. Nel prendere la tazza dalle mani del dome-stico, alcune gocce di liquido vennero a cadere sul di-pinto. Depose allora la tazza e andò ad appenderlo sullaringhiera della scala, perchè asciugasse al sole. A untratto, un raggio di sole illuminò l’umida figura, la cartadivenne trasparente e lasciò scorgere, tra due fogli so-vrapposti, alcune righe perpendicolari che sembravanoscritte. Il magistrato lasciò sfuggire un grido di sorpresae di gioia. Subito levò la carta e trovò sotto il disegnouna scrittura di mano del governatore, in cui erano for-mulate le seguenti disposizioni:

«Io, che scrivo queste righe, ho esercitato per cinquevolte le alte funzioni amministrative. Sono più che set-tantenne e aspetto di giorno in giorno che la morte micolga: la subirò senza rimpianti. Tchong-yang-eul, figliodella mia seconda moglie, ha di questi giorni compiutoun anno, e non ho avuto peranco tempo di notificarne lalegittimità e assicurarne i diritti. D’altra parte Chen-ki,figlio della mia prima moglie, non sa che cosa sia affe-zione filiale e fraterna; temo anzi che possa attentarealla vita del suo fratello minore. Lo lascio erede di duegrandi case che ho acquistate di recente e di tutte le mieproprietà rurali, salvo una casetta che è sita a sinistradella mia abitazione, e che lego a Tchong-yang-eul.

«È di assai modesta apparenza, ma non è senza valo-re. Io vi ho seppellito, presso il muro di sinistra, cinque-mila once d’argento, contenute in cinque vasi di terra, epresso il muro di destra un’uguale somma, insieme amille monete d’oro, racchiuse in altri cinque vasi.

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«Il totale di questi valori equivale a quello delle terree degli stabili che ho legato a Chen-ki.

«Se si troverà un magistrato sagace ed onesto che curil’esecuzione delle volontà da me qui formulate, Tchong-yang-eul gli regalerà le mille monete d’oro come atte-stato di riconoscenza.

«Io, il vecchio governatore Ni, ho scritto queste righedi mio proprio pugno» .

Seguiva la data, sotto la quale era impresso il sigillodel governatore.

* Si può immaginare la gioia del buon giudice, alquale anche sorrideva, bisogna pur dirlo, il regaluccio dicui si faceva menzione verso la fine del documento.

«L’indice rivolto verso il suolo», pensò, «significaadunque che sotterra v’è un tesoro nascosto. Ma comeavrei potuto immaginarlo, se un caso fortunato non fos-se intervenuto?»

Fece subito chiamare Ni-chen-ki, e si limitò a dichia-rarle che da quel giorno tutti gli agi della vita erano assi-curati a lei e a suo figlio. Le disse di trovarsi con questoil tal giorno e la tale ora all’udienza. La stessa intima-zione mandò a Chen-ki...

L’aula era gremita di curiosi: in prima fila sedevano inostri personaggi. Ed ecco arrivare l’illustre giudice, ilquale, sceso dalla lettiga, cominciò, in mezzo allo stupo-re degli astanti, a inchinarsi profondamente e a formula-re varie risposte, come se un personaggio di grande ri-guardo fosse in conversazione con lui ed egli volesse la-sciarlo passare per il primo. Dopo di che, sempre gesti-

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«Il totale di questi valori equivale a quello delle terree degli stabili che ho legato a Chen-ki.

«Se si troverà un magistrato sagace ed onesto che curil’esecuzione delle volontà da me qui formulate, Tchong-yang-eul gli regalerà le mille monete d’oro come atte-stato di riconoscenza.

«Io, il vecchio governatore Ni, ho scritto queste righedi mio proprio pugno» .

Seguiva la data, sotto la quale era impresso il sigillodel governatore.

* Si può immaginare la gioia del buon giudice, alquale anche sorrideva, bisogna pur dirlo, il regaluccio dicui si faceva menzione verso la fine del documento.

«L’indice rivolto verso il suolo», pensò, «significaadunque che sotterra v’è un tesoro nascosto. Ma comeavrei potuto immaginarlo, se un caso fortunato non fos-se intervenuto?»

Fece subito chiamare Ni-chen-ki, e si limitò a dichia-rarle che da quel giorno tutti gli agi della vita erano assi-curati a lei e a suo figlio. Le disse di trovarsi con questoil tal giorno e la tale ora all’udienza. La stessa intima-zione mandò a Chen-ki...

L’aula era gremita di curiosi: in prima fila sedevano inostri personaggi. Ed ecco arrivare l’illustre giudice, ilquale, sceso dalla lettiga, cominciò, in mezzo allo stupo-re degli astanti, a inchinarsi profondamente e a formula-re varie risposte, come se un personaggio di grande ri-guardo fosse in conversazione con lui ed egli volesse la-sciarlo passare per il primo. Dopo di che, sempre gesti-

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colando e inchinandosi, entrò nell’aula.Là ripetè la stessa storia; avanzò una poltrona, e fece

l’atto di invitare una persona invisibile ad accomodarsi;poi prese posto egli medesimo sul suo seggio.

I presenti erano trasecolati; ma non osavano zittire.A un tratto, il giudice incrociò le mani sul petto e fece

un profondo inchino, pur rimanendo a sedere.«La vostra signora moglie», cominciò a dire, «mi ha

trasmessa una querela che si riferisce alla vostra eredità.Sono veri i fatti in essa esposti?»

Si mise in atteggiamento di viva attenzione; poi, conaria costernata, esclamò:

«Come! è possibile che il vostro primogenito sia tantomalvagio?»

Stette ancora ad ascoltare, e poi riprese:«Dove volete che il vostro secondo figlio trovi i mez-

zi di sussistenza?»Altra ascoltazione, questa volta della durata di alcuni

minuti. **«Ma che risorse può offrire», replicò poi, «questa ca-

setta mezzo diroccata di cui parlate?» (Pausa).«Obbedisco, obbedisco». (Altra pausa).«Trasmetterò questo lascito al vostro secondogenito.

Non dubitate: curerò scrupolosamente l’esecuzione del-la vostra volontà».

E si rimette in ascolto, s’inchina ripetutamente, e allafine, coll’aria di uno che rifiuta qualche cosa, riprende:

«No, no; mi è impossibile accettare un così riccodono».

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colando e inchinandosi, entrò nell’aula.Là ripetè la stessa storia; avanzò una poltrona, e fece

l’atto di invitare una persona invisibile ad accomodarsi;poi prese posto egli medesimo sul suo seggio.

I presenti erano trasecolati; ma non osavano zittire.A un tratto, il giudice incrociò le mani sul petto e fece

un profondo inchino, pur rimanendo a sedere.«La vostra signora moglie», cominciò a dire, «mi ha

trasmessa una querela che si riferisce alla vostra eredità.Sono veri i fatti in essa esposti?»

Si mise in atteggiamento di viva attenzione; poi, conaria costernata, esclamò:

«Come! è possibile che il vostro primogenito sia tantomalvagio?»

Stette ancora ad ascoltare, e poi riprese:«Dove volete che il vostro secondo figlio trovi i mez-

zi di sussistenza?»Altra ascoltazione, questa volta della durata di alcuni

minuti. **«Ma che risorse può offrire», replicò poi, «questa ca-

setta mezzo diroccata di cui parlate?» (Pausa).«Obbedisco, obbedisco». (Altra pausa).«Trasmetterò questo lascito al vostro secondogenito.

Non dubitate: curerò scrupolosamente l’esecuzione del-la vostra volontà».

E si rimette in ascolto, s’inchina ripetutamente, e allafine, coll’aria di uno che rifiuta qualche cosa, riprende:

«No, no; mi è impossibile accettare un così riccodono».

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Altra ascoltazione, e dice:«Ebbene, se proprio lo volete, accetto».Si leva da sedere, s’inchina ripetutamente più volte, e

dice:«Vi seguo, signore, vi seguo».I presenti si guardano in viso stupefatti. Egli fa alcuni

passi nella sala, da una parte e dall’altra; poi, fermando-si, dice con voce commossa:

«Dove andate ora, signor Ni?»«Dov’è questo signor Ni?», fece l’usciere. «Io non lo

vedo».«Eppure è qui», replicò il magistrato. E si avvicinò a

Tcheng-yang-eul, dicendo:«Il vostro illustre padre è venuto a cercarmi in perso-

na, si è seduto vicino a me e mi ha intrattenuto a lungo.Credo che tutti abbiate udito la sua conversazione».

«Neppure una parola!», disse Chen-ki.«Mi pare ancora di vederlo», proseguì il magistrato.

«Alto, diritto, colle guance pallide e scarne, zigomisporgenti, occhi espressivi, grandi orecchie, barbad’argento, berretto di velo, calzature nere, mantello ros-so e cintura d’oro. Non è questo il ritratto del governato-re?»

«È lui! è proprio lui!», si gridò da più parti. Un fremi-to scosse l’assemblea: tutti s’inginocchiarono.

«Come potrei descriverlo così bene, se non l’avessiveduto co’ miei occhi?», disse il giudice. Poi, rivolto aChen-ki, continuò: «Egli mi ha detto anche che vi ha la-sciato due grandi case, e che a sinistra d’una di esse si

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Altra ascoltazione, e dice:«Ebbene, se proprio lo volete, accetto».Si leva da sedere, s’inchina ripetutamente più volte, e

dice:«Vi seguo, signore, vi seguo».I presenti si guardano in viso stupefatti. Egli fa alcuni

passi nella sala, da una parte e dall’altra; poi, fermando-si, dice con voce commossa:

«Dove andate ora, signor Ni?»«Dov’è questo signor Ni?», fece l’usciere. «Io non lo

vedo».«Eppure è qui», replicò il magistrato. E si avvicinò a

Tcheng-yang-eul, dicendo:«Il vostro illustre padre è venuto a cercarmi in perso-

na, si è seduto vicino a me e mi ha intrattenuto a lungo.Credo che tutti abbiate udito la sua conversazione».

«Neppure una parola!», disse Chen-ki.«Mi pare ancora di vederlo», proseguì il magistrato.

«Alto, diritto, colle guance pallide e scarne, zigomisporgenti, occhi espressivi, grandi orecchie, barbad’argento, berretto di velo, calzature nere, mantello ros-so e cintura d’oro. Non è questo il ritratto del governato-re?»

«È lui! è proprio lui!», si gridò da più parti. Un fremi-to scosse l’assemblea: tutti s’inginocchiarono.

«Come potrei descriverlo così bene, se non l’avessiveduto co’ miei occhi?», disse il giudice. Poi, rivolto aChen-ki, continuò: «Egli mi ha detto anche che vi ha la-sciato due grandi case, e che a sinistra d’una di esse si

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trova una casetta che vi è annessa. È vero?»Chen-ki dovette assentire.«Ebbene», gli disse il magistrato, «andiamo a vederla

insieme. Quando ci saremo, avrò ancora qualche cosa dadire».

Tutti i presenti, avendolo udito descrivere con tantaverità ed evidenza la figura del governatore, non dubita-vano che questi gli fosse davvero comparso davanti, enon sapevano riaversi dal loro pauroso stupore. La sce-na era stata invece abilmente immaginata e simulata dalgiudice. La conoscenza del misterioso dipinto gli avevareso possibile di descrivere così esattamente l’aspettodel defunto.

* Seguito dagli interessati e da un fitto stuolo di cu-riosi, il magistrato giunse davanti alla casetta. Il gover-natore vi aveva dimorato nei suoi primi anni; più tardil’aveva adibita a uso di magazzino.

Tung la visitò in lungo e in largo, poi si mise a sederenella stanza di mezzo.

«Vostro padre», disse rivolto a Chen-ki, «mi ha ordi-nato poco fa di dare questa casa a vostro fratello minore.Avete qualche cosa in contrario?»

«Me ne rimetto al signor giudice», rispose Chen-ki,che non credeva all’apparizione, ma si sbarazzava vo-lontieri di una proprietà di assai scarso valore. Del restoil lascito era espressamente dichiarato nel testamentopaterno.

«Rimetto adunque nelle mani del signor Tchong-yang-eul questa casa, con tutto quanto essa contiene».

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trova una casetta che vi è annessa. È vero?»Chen-ki dovette assentire.«Ebbene», gli disse il magistrato, «andiamo a vederla

insieme. Quando ci saremo, avrò ancora qualche cosa dadire».

Tutti i presenti, avendolo udito descrivere con tantaverità ed evidenza la figura del governatore, non dubita-vano che questi gli fosse davvero comparso davanti, enon sapevano riaversi dal loro pauroso stupore. La sce-na era stata invece abilmente immaginata e simulata dalgiudice. La conoscenza del misterioso dipinto gli avevareso possibile di descrivere così esattamente l’aspettodel defunto.

* Seguito dagli interessati e da un fitto stuolo di cu-riosi, il magistrato giunse davanti alla casetta. Il gover-natore vi aveva dimorato nei suoi primi anni; più tardil’aveva adibita a uso di magazzino.

Tung la visitò in lungo e in largo, poi si mise a sederenella stanza di mezzo.

«Vostro padre», disse rivolto a Chen-ki, «mi ha ordi-nato poco fa di dare questa casa a vostro fratello minore.Avete qualche cosa in contrario?»

«Me ne rimetto al signor giudice», rispose Chen-ki,che non credeva all’apparizione, ma si sbarazzava vo-lontieri di una proprietà di assai scarso valore. Del restoil lascito era espressamente dichiarato nel testamentopaterno.

«Rimetto adunque nelle mani del signor Tchong-yang-eul questa casa, con tutto quanto essa contiene».

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Poi, alzando il tono della voce, proseguì:«Il governatore, che ho visto or ora, mi ha parlato di

certo tesoro che è nascosto qui sotto».E riferì, in tutti i suoi particolari, il contenuto del do-

cumento segreto che abbiamo trascritto di sopra.Chen-ki non ne credette una sola parola.«Ci fossero anche sotto mille once d’oro», disse con

un sogghigno beffardo, «lascerei ben volontieri che se lepigliasse mio fratello».

«Benissimo», disse il giudice, «possiamo allora pro-cedere allo sterro».

A un suo cenno, due manovali che aveva condottocon sè, muniti di zappe e di badili, si misero al lavoro.Nei luoghi indicati si trovarono i vasi contenenti le som-me che il lettore conosce, fra lo stupore degli astanti chenon potevano credere ai loro occhi.

Chen-ki per poco non schiattava di dispetto e di rab-bia!

Il giudice manteneva un contegno calmo e grave,quale si conveniva alle sue funzioni e alla solennità delmomento.

«Poco fa», disse quando comparvero i vasi contenentile mille monete d’oro, «il governatore mi disse di tenerequesta somma come attestato della sua riconoscenza.Feci di tutto per schermirmi; ma egli insistette in modo,che dovetti promettergli di ubbidirlo. Signori, l’udienzaè levata».

Lasciamo al lettore immaginare gli applausi che scop-piarono da ogni parte, e le commosse parole di gratitudi-

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Poi, alzando il tono della voce, proseguì:«Il governatore, che ho visto or ora, mi ha parlato di

certo tesoro che è nascosto qui sotto».E riferì, in tutti i suoi particolari, il contenuto del do-

cumento segreto che abbiamo trascritto di sopra.Chen-ki non ne credette una sola parola.«Ci fossero anche sotto mille once d’oro», disse con

un sogghigno beffardo, «lascerei ben volontieri che se lepigliasse mio fratello».

«Benissimo», disse il giudice, «possiamo allora pro-cedere allo sterro».

A un suo cenno, due manovali che aveva condottocon sè, muniti di zappe e di badili, si misero al lavoro.Nei luoghi indicati si trovarono i vasi contenenti le som-me che il lettore conosce, fra lo stupore degli astanti chenon potevano credere ai loro occhi.

Chen-ki per poco non schiattava di dispetto e di rab-bia!

Il giudice manteneva un contegno calmo e grave,quale si conveniva alle sue funzioni e alla solennità delmomento.

«Poco fa», disse quando comparvero i vasi contenentile mille monete d’oro, «il governatore mi disse di tenerequesta somma come attestato della sua riconoscenza.Feci di tutto per schermirmi; ma egli insistette in modo,che dovetti promettergli di ubbidirlo. Signori, l’udienzaè levata».

Lasciamo al lettore immaginare gli applausi che scop-piarono da ogni parte, e le commosse parole di gratitudi-

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ne che Ni-Chen-ki e suo figlio ebbero per l’ottimo giu-dice. Quanto a Chen-ki, se ne andò divorando il suo fu-rore e dandosi, troppo tardi, dell’imbecille.

La notizia dell’avvenimento si diffuse ben presto nelpaese, e tutti furono d’accordo nel riconoscere che lamano della Provvidenza punisce tosto o tardi i malvagi,e ricompensa i buoni anche nei loro discendenti. **

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ne che Ni-Chen-ki e suo figlio ebbero per l’ottimo giu-dice. Quanto a Chen-ki, se ne andò divorando il suo fu-rore e dandosi, troppo tardi, dell’imbecille.

La notizia dell’avvenimento si diffuse ben presto nelpaese, e tutti furono d’accordo nel riconoscere che lamano della Provvidenza punisce tosto o tardi i malvagi,e ricompensa i buoni anche nei loro discendenti. **

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LA MOGLIE INGRATA.

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LA MOGLIE INGRATA.

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* «Quando il fiore cade dal ramo, esso è in balìa delvento. Il ramo spoglio di fiori può ancora, col tempo, ri-fiorire. Ma il fiore che se ne è staccato non ha più spe-ranza di ricongiungersi al ramo».

Così canta un antico poeta, e vuol significare che ladonna che si separa una volta da suo marito, ne è sepa-rata per sempre.

Sotto la dinastia degli Han viveva un certo Ong-tsecon sua moglie poveramente in una casetta di campa-gna. Tagliava legna nei boschi e la portava poi sullespalle al mercato per venderla. Appassionato dello stu-dio, leggeva e studiava anche quando era gravato dal pe-sante fardello di ceppi.

Monelli e sfaccendati accorrevano intorno al legna-iuolo studioso, e se ne facevano beffe. Egli non se nedava per inteso, e proseguiva attentamente nella sua let-tura. Sua moglie invece non poteva darsene pace, e ungiorno gli disse:

«Caro mio, se vuoi studiare, bisogna rinunciare a ven-der legna; se invece vuoi continuare nel tuo mestiere, ènecessario dare un bell’addio ai libri. Non vedi che seilo zimbello di tutto il mercato? C’è da arrossirne di ver-gogna!»

Rispose il marito:«Io vendo legna perchè possiamo campare la vita, e

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* «Quando il fiore cade dal ramo, esso è in balìa delvento. Il ramo spoglio di fiori può ancora, col tempo, ri-fiorire. Ma il fiore che se ne è staccato non ha più spe-ranza di ricongiungersi al ramo».

Così canta un antico poeta, e vuol significare che ladonna che si separa una volta da suo marito, ne è sepa-rata per sempre.

Sotto la dinastia degli Han viveva un certo Ong-tsecon sua moglie poveramente in una casetta di campa-gna. Tagliava legna nei boschi e la portava poi sullespalle al mercato per venderla. Appassionato dello stu-dio, leggeva e studiava anche quando era gravato dal pe-sante fardello di ceppi.

Monelli e sfaccendati accorrevano intorno al legna-iuolo studioso, e se ne facevano beffe. Egli non se nedava per inteso, e proseguiva attentamente nella sua let-tura. Sua moglie invece non poteva darsene pace, e ungiorno gli disse:

«Caro mio, se vuoi studiare, bisogna rinunciare a ven-der legna; se invece vuoi continuare nel tuo mestiere, ènecessario dare un bell’addio ai libri. Non vedi che seilo zimbello di tutto il mercato? C’è da arrossirne di ver-gogna!»

Rispose il marito:«Io vendo legna perchè possiamo campare la vita, e

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studio per mettermi in grado di farmi un nome e miglio-rare la mia posizione. Una cosa non esclude l’altra;quanto alla gente, lascia che ridano!» **

«Ma se il destino ti riserbasse ricchezze ed onori», re-plicò sdegnosamente la donna, «credi tu che saresti ri-dotto a spaccare e a vendere legna? S’è mai visto un bo-scaiuolo diventar mandarino, sciocco che sei?»

«Passerà il tempo della miseria, e verrà quello dellaprosperità», disse Ong-tse. «Il mio oroscopo parla chia-ro. Esso mi promette un mutamento di condizione quan-do avrò compiuto i cinquant’anni. Non si può misurarel’acqua del mare, dice il proverbio, e tu non puoi misu-rare il destino che mi aspetta».

«Il sapientone che ha cavato il tuo oroscopo ha volutoprendersi giuoco della tua credulità. Ha visto d’avere afare con un sempliciotto, e gli ha promesso mari e mon-ti. Piuttosto, quando avrai passato la cinquantina, nonsarai più in grado di portar legna sulle spalle e morrai diinedia. Se proprio il destino ti riserba un mandarinato,sarà per l’altro mondo, nel caso che il giudice infernaleabbia bisogno d’un assessore, e ti nomini a quell’alta ca-rica».

«Kiang-Tai-Kong», replicò il marito, «aveva ot-tant’anni e per vivere prendeva alla lenza i pesciolini delfiume Uei, quando incontrò U-uang, della dinastia Tchu,che lo condusse con sè e lo nominò suo ministro. Sottol’attuale dinastia, abbiamo l’esempio di Kong Song-hong, che l’imperatore innalzò alle più alte carichequando era sulla sessantina: a cinquantanove anni era

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studio per mettermi in grado di farmi un nome e miglio-rare la mia posizione. Una cosa non esclude l’altra;quanto alla gente, lascia che ridano!» **

«Ma se il destino ti riserbasse ricchezze ed onori», re-plicò sdegnosamente la donna, «credi tu che saresti ri-dotto a spaccare e a vendere legna? S’è mai visto un bo-scaiuolo diventar mandarino, sciocco che sei?»

«Passerà il tempo della miseria, e verrà quello dellaprosperità», disse Ong-tse. «Il mio oroscopo parla chia-ro. Esso mi promette un mutamento di condizione quan-do avrò compiuto i cinquant’anni. Non si può misurarel’acqua del mare, dice il proverbio, e tu non puoi misu-rare il destino che mi aspetta».

«Il sapientone che ha cavato il tuo oroscopo ha volutoprendersi giuoco della tua credulità. Ha visto d’avere afare con un sempliciotto, e gli ha promesso mari e mon-ti. Piuttosto, quando avrai passato la cinquantina, nonsarai più in grado di portar legna sulle spalle e morrai diinedia. Se proprio il destino ti riserba un mandarinato,sarà per l’altro mondo, nel caso che il giudice infernaleabbia bisogno d’un assessore, e ti nomini a quell’alta ca-rica».

«Kiang-Tai-Kong», replicò il marito, «aveva ot-tant’anni e per vivere prendeva alla lenza i pesciolini delfiume Uei, quando incontrò U-uang, della dinastia Tchu,che lo condusse con sè e lo nominò suo ministro. Sottol’attuale dinastia, abbiamo l’esempio di Kong Song-hong, che l’imperatore innalzò alle più alte carichequando era sulla sessantina: a cinquantanove anni era

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ancora un povero porcaio. Vedi bene che se il cinquante-simo anno è il termine che deve segnare un felice cam-biamento nella mia esistenza, questo avverrà meno tardiche non fu per quei due personaggi. Abbi dunque pa-zienza, e aspetta con fiducia».

«Lascia un po’ là le tue citazioni antiche e moderne!Il pescatore e il porcaio erano uomini d’ingegno, che atorto erano stati dimenticati. Ma tu leggi macchinalmen-te, senza capire nulla: puoi studiare fino ai cento anni, esarai sempre a quel punto. E la marmaglia continuerà acorrerti dietro e a dileggiarti. È un’umiliazione non soloper te, ma anche per me. Io non ci reggo più! Se non midai retta, se ti ostini a leggere i tuoi libracci, ti dò unbell’addio. Ognuno andrà per la sua strada, senza chel’uno abbia a soffrire per l’altro».

«Ho quarantatre anni», rispose tranquillamente Ong-tse. «Ancora sette anni, e avrò raggiunto la cinquantina.Ne son passati tanti; passeranno anche questi. Ti chiedosolo un po’ di pazienza. Bisognerebbe che tu non avessiproprio affezione per me, a lasciarmi; e più tardi potrestipentirtene».

«Di che cosa dovrei pentirmi?», gridò con voce irrita-ta la moglie. «Non è una rarità saper reggere sulle spalleun carico di legna. Dopo sette anni, sarebbe ancora lastessa storia, e finiremmo per morire in miseria. No, no:rendimi la mia libertà; saprò bene da me provvedere a’miei bisogni».

Il boscaiuolo, vedendola così ferma nella sua risolu-zione, non cercò più di trattenerla. Le disse semplice-

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ancora un povero porcaio. Vedi bene che se il cinquante-simo anno è il termine che deve segnare un felice cam-biamento nella mia esistenza, questo avverrà meno tardiche non fu per quei due personaggi. Abbi dunque pa-zienza, e aspetta con fiducia».

«Lascia un po’ là le tue citazioni antiche e moderne!Il pescatore e il porcaio erano uomini d’ingegno, che atorto erano stati dimenticati. Ma tu leggi macchinalmen-te, senza capire nulla: puoi studiare fino ai cento anni, esarai sempre a quel punto. E la marmaglia continuerà acorrerti dietro e a dileggiarti. È un’umiliazione non soloper te, ma anche per me. Io non ci reggo più! Se non midai retta, se ti ostini a leggere i tuoi libracci, ti dò unbell’addio. Ognuno andrà per la sua strada, senza chel’uno abbia a soffrire per l’altro».

«Ho quarantatre anni», rispose tranquillamente Ong-tse. «Ancora sette anni, e avrò raggiunto la cinquantina.Ne son passati tanti; passeranno anche questi. Ti chiedosolo un po’ di pazienza. Bisognerebbe che tu non avessiproprio affezione per me, a lasciarmi; e più tardi potrestipentirtene».

«Di che cosa dovrei pentirmi?», gridò con voce irrita-ta la moglie. «Non è una rarità saper reggere sulle spalleun carico di legna. Dopo sette anni, sarebbe ancora lastessa storia, e finiremmo per morire in miseria. No, no:rendimi la mia libertà; saprò bene da me provvedere a’miei bisogni».

Il boscaiuolo, vedendola così ferma nella sua risolu-zione, non cercò più di trattenerla. Le disse semplice-

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mente:«Sia fatto secondo la tua volontà. Ti auguro di trovare

un secondo marito che rassomigli al primo».* La donna salutò, e partì senza neppure voltarsi in-

dietro una volta. Ong-tse, rimasto solo, continuò nellasua solita vita.

Trascorsero sette anni, allorchè l’imperatore U-ti pub-blicò quel famoso decreto in cui ordinava che gli venis-sero segnalati gli uomini di merito speciale che viveva-no nelle varie province. I terrazzani di Ong-tse, che nelfrattempo avevano appreso ad ammirare la sua virtù e lasua dottrina, fecero il nome di lui. In breve: pochi mesidopo egli era nominato governatore della provincia a cuiapparteneva.

Mentre si recava alla residenza per prender possessodel suo ufficio, vide una donna colla testa scoperta e apiedi nudi, la quale stava scodellando la minestra a unmuratore che lavorava sulla strada. La donna era la pri-ma moglie di Ong-tse; il muratore era il secondo maritodi lei!

I due si guardarono, e si riconobbero. Il nuovo gover-natore ordinò che si allogasse la donna sopra uno deicarri che erano al suo seguito.

Giunta alla capitale, la donna implorò di venire am-messa al suo cospetto, e buttatasi in ginocchio davanti alui chiese umilmente perdono e lo scongiurò che la ri-prendesse con sè, fosse anche solo come moglie di gra-

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mente:«Sia fatto secondo la tua volontà. Ti auguro di trovare

un secondo marito che rassomigli al primo».* La donna salutò, e partì senza neppure voltarsi in-

dietro una volta. Ong-tse, rimasto solo, continuò nellasua solita vita.

Trascorsero sette anni, allorchè l’imperatore U-ti pub-blicò quel famoso decreto in cui ordinava che gli venis-sero segnalati gli uomini di merito speciale che viveva-no nelle varie province. I terrazzani di Ong-tse, che nelfrattempo avevano appreso ad ammirare la sua virtù e lasua dottrina, fecero il nome di lui. In breve: pochi mesidopo egli era nominato governatore della provincia a cuiapparteneva.

Mentre si recava alla residenza per prender possessodel suo ufficio, vide una donna colla testa scoperta e apiedi nudi, la quale stava scodellando la minestra a unmuratore che lavorava sulla strada. La donna era la pri-ma moglie di Ong-tse; il muratore era il secondo maritodi lei!

I due si guardarono, e si riconobbero. Il nuovo gover-natore ordinò che si allogasse la donna sopra uno deicarri che erano al suo seguito.

Giunta alla capitale, la donna implorò di venire am-messa al suo cospetto, e buttatasi in ginocchio davanti alui chiese umilmente perdono e lo scongiurò che la ri-prendesse con sè, fosse anche solo come moglie di gra-

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do inferiore49. **Ong-tse ordinò che fosse recato un secchio pieno

d’acqua, fece spargere questa sui gradini dello scaloneche conduceva alla sala delle udienze, e disse:

«Se quest’acqua potesse ritornare nel recipiente chela conteneva, anche tu potresti ritornare nella mia casa;ma non bisogna pensare a quello che è impossibile. Inricordo del passato e della nostra giovinezza, concedo ate e a chi ha preso il mio posto presso di te il godimentodelle terre coltivabili che sono intorno al mio palazzo.Avrete così abbastanza da vivere».

La donna riprese la sua solita vita in casa del murato-re. Ma coloro che la vedevano passare, se la mostravanoa dito dicendo:

«Ecco colei che era una volta la moglie del signor go-vernatore».

Essa ne era svergognata e confusa, e non sapevacome nascondersi. Un fiume scorreva lungo i campi chele erano stati concessi. Un giorno essa vi si gettò e perìannegata.

49 O concubina. Cfr. Introduzione, p. IX.

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do inferiore49. **Ong-tse ordinò che fosse recato un secchio pieno

d’acqua, fece spargere questa sui gradini dello scaloneche conduceva alla sala delle udienze, e disse:

«Se quest’acqua potesse ritornare nel recipiente chela conteneva, anche tu potresti ritornare nella mia casa;ma non bisogna pensare a quello che è impossibile. Inricordo del passato e della nostra giovinezza, concedo ate e a chi ha preso il mio posto presso di te il godimentodelle terre coltivabili che sono intorno al mio palazzo.Avrete così abbastanza da vivere».

La donna riprese la sua solita vita in casa del murato-re. Ma coloro che la vedevano passare, se la mostravanoa dito dicendo:

«Ecco colei che era una volta la moglie del signor go-vernatore».

Essa ne era svergognata e confusa, e non sapevacome nascondersi. Un fiume scorreva lungo i campi chele erano stati concessi. Un giorno essa vi si gettò e perìannegata.

49 O concubina. Cfr. Introduzione, p. IX.

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GLI SPOSI PRIMA SEPARATI E POIRICONGIUNTI

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GLI SPOSI PRIMA SEPARATI E POIRICONGIUNTI

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* Il grande ministro e cancelliere Pei-tu, principe diTcin, dopo avere per molti anni dedicata la sua attività albene dello Stato, si ritirò dalla corte a vita privata. Nelsuo palazzo, circondato da magnifici giardini, conveni-vano spesso i suoi amici, coi quali amava intrattenersi infeste e divertimenti.

Egli era tuttavia sempre assai influente presso la cor-te, e perciò mandarini e alti impiegati che aspiravano aricompense e ad onori, facevano a gara a cattivarsene ilfavore con ricchi donativi, che egli certo non sollecita-va, ma che neppure si sentiva di respingere.

Uno di questi ambiziosi era il prefetto di Tcin-tciu,città compresa nel principato di Pei-tu. Un giorno, usci-to a passeggio, si scontrò in una fanciulla di meraviglio-sa bellezza, e subito pensò che avrebbe potuto con essacompletare una schiera di cantatrici che egli stava racco-gliendo per regalarla al potente cancelliere. Raccolse in-formazioni, e seppe infatti che suonava a perfezione ilflauto e la cetra. Era fidanzata dall’infanzia al giovanebaccelliere Tang-pi, che attualmente esercitava un man-darinato in una provincia meridionale. La fanciulla sichiamava Siao-wo e aveva diciotto anni.

Detto fatto spedì un emissario al capo del distretto,incaricandolo del delicato affare e mettendo a sua dispo-

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* Il grande ministro e cancelliere Pei-tu, principe diTcin, dopo avere per molti anni dedicata la sua attività albene dello Stato, si ritirò dalla corte a vita privata. Nelsuo palazzo, circondato da magnifici giardini, conveni-vano spesso i suoi amici, coi quali amava intrattenersi infeste e divertimenti.

Egli era tuttavia sempre assai influente presso la cor-te, e perciò mandarini e alti impiegati che aspiravano aricompense e ad onori, facevano a gara a cattivarsene ilfavore con ricchi donativi, che egli certo non sollecita-va, ma che neppure si sentiva di respingere.

Uno di questi ambiziosi era il prefetto di Tcin-tciu,città compresa nel principato di Pei-tu. Un giorno, usci-to a passeggio, si scontrò in una fanciulla di meraviglio-sa bellezza, e subito pensò che avrebbe potuto con essacompletare una schiera di cantatrici che egli stava racco-gliendo per regalarla al potente cancelliere. Raccolse in-formazioni, e seppe infatti che suonava a perfezione ilflauto e la cetra. Era fidanzata dall’infanzia al giovanebaccelliere Tang-pi, che attualmente esercitava un man-darinato in una provincia meridionale. La fanciulla sichiamava Siao-wo e aveva diciotto anni.

Detto fatto spedì un emissario al capo del distretto,incaricandolo del delicato affare e mettendo a sua dispo-

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sizione la somma di trenta uan50.Il capo del distretto era desideroso di propiziarsi il

prefetto, almeno quanto questo lo era di entrare nellegrazie del principe. Si recò dunque dal signor Hoang –tale era il nome del padre della fanciulla – a fare i primiapprocci. Hoang rispose con un rifiuto. Sua figlia – di-ceva – era già fidanzata, ed egli non poteva disporne. Ilfunzionario insistette, ma senza risultato.

Bisognava ricorrere a mezzi più energici. Il giorno deimorti, allorchè Hoang era fuori di casa a celebrare i ritisulle tombe di famiglia, alcuni sbirri, per incarico delcapo distrettuale, vi penetrarono, si impadronirono diSiao-wo, e dopo aver messi i trenta uan sopra un mobi-le, la posero in un palanchino e la condussero, scortatada due matrone, al prefetto di Tcin-tcin.

La mattina seguente questi si vide comparire davantiHoang che, colla voce rotta dal dolore e dallo sdegno,gli chiese giustizia per la violenza sofferta.

«Via, via», disse il prefetto. «Vostra figlia è di unarara bellezza e regnerà nel palazzo del principe. Perchèdarla a un modesto mandarino, di cui non sarebbe che laservente? Del resto, siete stato pagato. Potete dare partedella somma a colui che doveva essere vostro genero; enon se ne parli più».

«Eccovi i vostri trenta uan!», gridò il povero padrefuor di sè dalla rabbia. «Io reclamo mia figlia!»

50 Un uan vale circa 90 lire, e corrisponde a dieci onced’argento.

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sizione la somma di trenta uan50.Il capo del distretto era desideroso di propiziarsi il

prefetto, almeno quanto questo lo era di entrare nellegrazie del principe. Si recò dunque dal signor Hoang –tale era il nome del padre della fanciulla – a fare i primiapprocci. Hoang rispose con un rifiuto. Sua figlia – di-ceva – era già fidanzata, ed egli non poteva disporne. Ilfunzionario insistette, ma senza risultato.

Bisognava ricorrere a mezzi più energici. Il giorno deimorti, allorchè Hoang era fuori di casa a celebrare i ritisulle tombe di famiglia, alcuni sbirri, per incarico delcapo distrettuale, vi penetrarono, si impadronirono diSiao-wo, e dopo aver messi i trenta uan sopra un mobi-le, la posero in un palanchino e la condussero, scortatada due matrone, al prefetto di Tcin-tcin.

La mattina seguente questi si vide comparire davantiHoang che, colla voce rotta dal dolore e dallo sdegno,gli chiese giustizia per la violenza sofferta.

«Via, via», disse il prefetto. «Vostra figlia è di unarara bellezza e regnerà nel palazzo del principe. Perchèdarla a un modesto mandarino, di cui non sarebbe che laservente? Del resto, siete stato pagato. Potete dare partedella somma a colui che doveva essere vostro genero; enon se ne parli più».

«Eccovi i vostri trenta uan!», gridò il povero padrefuor di sè dalla rabbia. «Io reclamo mia figlia!»

50 Un uan vale circa 90 lire, e corrisponde a dieci onced’argento.

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«Basta così!», gridò alla sua volta il prefetto, dandoun pugno sul tavolo. «Se avete delle proteste da fare, an-date al palazzo del principe Tcin. È là che si trova vostrafiglia».

Hoang se ne partì cogli occhi pieni di lagrime, mentreil prefetto ordinava che si vestisse sfarzosamente Hiao-wo e la si conducesse a palazzo colle sue compagne disventura.

La storia non dice se il dono sia riuscito particolar-mente gradito al grande signore, se egli abbia onorato dispeciale attenzione la bellezza di Siao-wo e se il prefettoabbia raccolto un vantaggio immediato dal prezioso re-galo. Essa invece ci informa che dopo qualche tempoTang-pi decise di lasciare la remota provincia dove eraimpiegato, per raggiungere la fidanzata e farla sua mo-glie. Ma come rimase quando Hoang gli comunicò laterribile nuova!

Il povero padre lasciò che desse libero sfogo al suodolore, e poi cercò di consolarlo.

«Via, Tang-pi», gli disse, «voi siete giovane e intelli-gente: l’avvenire è per voi. Mia figlia è ben più da com-piangere! Siate forte, e rassegnatevi. I trenta uan sono avostra disposizione; con essi potete fare un buon matri-monio».

«Che m’importa?», replicò il giovane colle lagrimeagli occhi. «Non so che farne di quel maledetto danaro!Siao-wo era fidanzata a me sin dall’infanzia. Perdendolei, ho perduto ogni gusto alla vita, ogni ambizione. Lamia carriera è spezzata!»

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«Basta così!», gridò alla sua volta il prefetto, dandoun pugno sul tavolo. «Se avete delle proteste da fare, an-date al palazzo del principe Tcin. È là che si trova vostrafiglia».

Hoang se ne partì cogli occhi pieni di lagrime, mentreil prefetto ordinava che si vestisse sfarzosamente Hiao-wo e la si conducesse a palazzo colle sue compagne disventura.

La storia non dice se il dono sia riuscito particolar-mente gradito al grande signore, se egli abbia onorato dispeciale attenzione la bellezza di Siao-wo e se il prefettoabbia raccolto un vantaggio immediato dal prezioso re-galo. Essa invece ci informa che dopo qualche tempoTang-pi decise di lasciare la remota provincia dove eraimpiegato, per raggiungere la fidanzata e farla sua mo-glie. Ma come rimase quando Hoang gli comunicò laterribile nuova!

Il povero padre lasciò che desse libero sfogo al suodolore, e poi cercò di consolarlo.

«Via, Tang-pi», gli disse, «voi siete giovane e intelli-gente: l’avvenire è per voi. Mia figlia è ben più da com-piangere! Siate forte, e rassegnatevi. I trenta uan sono avostra disposizione; con essi potete fare un buon matri-monio».

«Che m’importa?», replicò il giovane colle lagrimeagli occhi. «Non so che farne di quel maledetto danaro!Siao-wo era fidanzata a me sin dall’infanzia. Perdendolei, ho perduto ogni gusto alla vita, ogni ambizione. Lamia carriera è spezzata!»

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Dietro le insistenze di Hoang egli si risolse tuttavia aporsi in viaggio verso Tchang-ngan, per ricevervi il di-ploma che doveva confermare la sua promozione. Appe-na giunto nella capitale, si recò nei pressi del palazzodel principe, dove la sua Siao-wo era prigioniera. I piùcupi pensieri occupavano la sua mente; si arrovellava dinon poter far nulla per strapparla di là; più d’una voltafu sul punto di troncare di propria mano una vita diven-tatagli insopportabile.

Un giorno, mentre camminava lungo il fiume, assortonelle sue tetre meditazioni, vide un uomo di età matura,vestito come i mandarini di primo ordine: berretto divelo, ampio abito violetto con cintura e calzari di stoffanera. Costui lo salutò affabilmente, e gli chiese perchèfosse così triste.

Tang-pi, attratto dai modi benevoli dello sconosciuto,gli raccontò in breve la sua dolorosa istoria, senza tutta-via fare il nome del principe Tcin.

«Ma perchè il signor Hoang», chiese il mandarinodopo aver ascoltato il racconto, «non ha pensato di ri-volgersi all’autorità?»

«Non ha mancato di farlo», rispose Tang-pi, «ma nongli fu data alcuna soddisfazione».

«Al di sopra di tutti i funzionari», insistette lo scono-sciuto, «dovete sapere che c’è il principe Tcin, a cui nonricorrono mai inutilmente coloro che sono vittime d’unsopruso. Non vorreste impetrare udienza da lui?»

Al nome del principe il giovane rabbrividì.«Non pronunciate quel nome in mia presenza, ve ne

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Dietro le insistenze di Hoang egli si risolse tuttavia aporsi in viaggio verso Tchang-ngan, per ricevervi il di-ploma che doveva confermare la sua promozione. Appe-na giunto nella capitale, si recò nei pressi del palazzodel principe, dove la sua Siao-wo era prigioniera. I piùcupi pensieri occupavano la sua mente; si arrovellava dinon poter far nulla per strapparla di là; più d’una voltafu sul punto di troncare di propria mano una vita diven-tatagli insopportabile.

Un giorno, mentre camminava lungo il fiume, assortonelle sue tetre meditazioni, vide un uomo di età matura,vestito come i mandarini di primo ordine: berretto divelo, ampio abito violetto con cintura e calzari di stoffanera. Costui lo salutò affabilmente, e gli chiese perchèfosse così triste.

Tang-pi, attratto dai modi benevoli dello sconosciuto,gli raccontò in breve la sua dolorosa istoria, senza tutta-via fare il nome del principe Tcin.

«Ma perchè il signor Hoang», chiese il mandarinodopo aver ascoltato il racconto, «non ha pensato di ri-volgersi all’autorità?»

«Non ha mancato di farlo», rispose Tang-pi, «ma nongli fu data alcuna soddisfazione».

«Al di sopra di tutti i funzionari», insistette lo scono-sciuto, «dovete sapere che c’è il principe Tcin, a cui nonricorrono mai inutilmente coloro che sono vittime d’unsopruso. Non vorreste impetrare udienza da lui?»

Al nome del principe il giovane rabbrividì.«Non pronunciate quel nome in mia presenza, ve ne

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prego. Il solo udirlo riapre la ferita che fa sanguinare ilmio cuore».

«Come mai?» chiese il mandarino sorpreso.Tang-pi gli confidò allora quello che prima aveva ta-

ciuto: che cioè il personaggio in casa del quale la sua fi-danzata era stata sequestrata, era appunto il principeTcin.

«Non voglio credere», conchiuse, «che il principe sial’autore immediato di tanta iniquità. È però vero che seegli avesse risolutamente respinti i doni che andavanoprodigandogli dei cortigiani avidi di entrare nelle suebuone grazie, il prefetto di Tcin-tciu non si sarebbe fattoardito di violare il sacrario della famiglia, e la mia vitanon sarebbe spezzata. Ditemi voi come potrei ricorrereal principe!»

«Sentite», disse il mandarino. «Io sono un po’ suo pa-rente. Se consentite, potrei metterlo al fatto di questabrutta faccenda».

«Vi ringrazio», fece Tang-pi; «ma nutro ben poca spe-ranza di rivedere la mia diletta Siao-wo. Se aveste occa-sione di avvicinarla, vogliate dirle che io l’amo sempre,e che le sarò fedele fino alla morte».

«Io invece vi esorto a sperare. Domani, a quest’ora,trovatevi qui, e spero di potervi dare una buona notizia».

Rimasto solo il nostro giovane, si chiese quale inte-resse potesse avere quell’individuo ad occuparsi de’ suoiaffari privati. Gli venne il timore ch’egli fosse un emis-sario del principe Tcin, incaricato di raccogliere le vociche correvano tra il popolo sul conto suo.

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prego. Il solo udirlo riapre la ferita che fa sanguinare ilmio cuore».

«Come mai?» chiese il mandarino sorpreso.Tang-pi gli confidò allora quello che prima aveva ta-

ciuto: che cioè il personaggio in casa del quale la sua fi-danzata era stata sequestrata, era appunto il principeTcin.

«Non voglio credere», conchiuse, «che il principe sial’autore immediato di tanta iniquità. È però vero che seegli avesse risolutamente respinti i doni che andavanoprodigandogli dei cortigiani avidi di entrare nelle suebuone grazie, il prefetto di Tcin-tciu non si sarebbe fattoardito di violare il sacrario della famiglia, e la mia vitanon sarebbe spezzata. Ditemi voi come potrei ricorrereal principe!»

«Sentite», disse il mandarino. «Io sono un po’ suo pa-rente. Se consentite, potrei metterlo al fatto di questabrutta faccenda».

«Vi ringrazio», fece Tang-pi; «ma nutro ben poca spe-ranza di rivedere la mia diletta Siao-wo. Se aveste occa-sione di avvicinarla, vogliate dirle che io l’amo sempre,e che le sarò fedele fino alla morte».

«Io invece vi esorto a sperare. Domani, a quest’ora,trovatevi qui, e spero di potervi dare una buona notizia».

Rimasto solo il nostro giovane, si chiese quale inte-resse potesse avere quell’individuo ad occuparsi de’ suoiaffari privati. Gli venne il timore ch’egli fosse un emis-sario del principe Tcin, incaricato di raccogliere le vociche correvano tra il popolo sul conto suo.

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«In tal caso», pensò, «io sono perduto».Dopo una notte insonne e agitata, si accingeva ad

uscire per recarsi al luogo del convegno, allorchè dueufficiali che vestivano l’uniforme del principe, entraro-no nell’albergo, pronunciarono ad alta voce il suo nomee dissero che dovevano parlargli. I suoi sospetti diven-nero certezza. Erano incaricati di condurlo davanti alloro signore. Col cuore in tempesta si mise ai loro ordi-ni, e s’incamminò con loro verso il palazzo di Pei-tu.

Dopo una breve anticamera, fu ammesso alla sua pre-senza. Più morto che vivo, il giovane fece il profondoinchino di prammatica, e rimase lì ad aspettare la suasorte, senza osare di levar gli occhi. Il principe lo invitòa sedersi. Allora soltanto Tang-pi si fece animo a guar-darlo in viso, e con suo estremo stupore gli parve di ri-conoscere in lui il mandarino del giorno avanti.

Principe e mandarino erano infatti la stessa persona.Pei-tu amava di uscire senza scorta e in incognito, me-scolarsi alla folla, interrogare questo e quel cittadino perscoprire se ci fosse qualche ingiustizia a lui ignota da ri-parare, qualche sventurato da soccorrere. Era stato col-pito dall’aspetto triste di Tang-pi, e dopo averne udito ildoloroso racconto, aveva fatto ritorno a palazzo, ordina-to che gli fosse condotta davanti la fanciulla e ottenutoda lei la conferma di quanto il giovane aveva asserito.**

«È ben triste ciò che ho appreso ieri da voi. Qualun-que cosa io possa fare a vostro vantaggio, mi rimarràsempre il rimorso di avervi per tanto tempo privato delle

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«In tal caso», pensò, «io sono perduto».Dopo una notte insonne e agitata, si accingeva ad

uscire per recarsi al luogo del convegno, allorchè dueufficiali che vestivano l’uniforme del principe, entraro-no nell’albergo, pronunciarono ad alta voce il suo nomee dissero che dovevano parlargli. I suoi sospetti diven-nero certezza. Erano incaricati di condurlo davanti alloro signore. Col cuore in tempesta si mise ai loro ordi-ni, e s’incamminò con loro verso il palazzo di Pei-tu.

Dopo una breve anticamera, fu ammesso alla sua pre-senza. Più morto che vivo, il giovane fece il profondoinchino di prammatica, e rimase lì ad aspettare la suasorte, senza osare di levar gli occhi. Il principe lo invitòa sedersi. Allora soltanto Tang-pi si fece animo a guar-darlo in viso, e con suo estremo stupore gli parve di ri-conoscere in lui il mandarino del giorno avanti.

Principe e mandarino erano infatti la stessa persona.Pei-tu amava di uscire senza scorta e in incognito, me-scolarsi alla folla, interrogare questo e quel cittadino perscoprire se ci fosse qualche ingiustizia a lui ignota da ri-parare, qualche sventurato da soccorrere. Era stato col-pito dall’aspetto triste di Tang-pi, e dopo averne udito ildoloroso racconto, aveva fatto ritorno a palazzo, ordina-to che gli fosse condotta davanti la fanciulla e ottenutoda lei la conferma di quanto il giovane aveva asserito.**

«È ben triste ciò che ho appreso ieri da voi. Qualun-que cosa io possa fare a vostro vantaggio, mi rimarràsempre il rimorso di avervi per tanto tempo privato delle

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gioie domestiche».«Io supplico Vostra Eccellenza di voler dimenticare

certe espressioni che possono essermi sfuggite», balbet-tò il giovane. «Avevo la mente sconvolta; non sapevopiù quello che mi dicessi».

«Via, via», replicò il principe con un sorriso pieno dibontà, «non pensiamo a ieri, ma a questa sera. Essa co-ronerà certamente una giornata felice, perchè avrò lasoddisfazione di presiedere personalmente ai riti del vo-stro matrimonio. Voglio riparare alla mia colpa; e intan-to eccovi mille legature51, che vi serviranno a pagare lespese di viaggio. Bisogna che raggiungiate al più prestola sede del vostro mandarinato.

Il giovane s’inchinò profondamente. Gli pareva di so-gnare; non trovava parole. Ma il suo lieto turbamentodivenne giubilo, quando a un tratto risuonarono le noted’una musica allegra, vide brillare le lanterne rosse52, eavanzarsi il corteo nuziale che gli conduceva Siao-wo,meravigliosa nello splendore della sua dolce e pura bel-lezza.

Fu steso per terra un tappeto rosso. Gli sposi furonoinvitati a porvisi, l’uno accanto all’altra, per compiere iriti. Scambiarono quattro inchini; il buon cancellieres’inchinò loro graziosamente. Un palanchino foderato di

51 Vedi nota 3 a pag. 29 [nota 36 in questa edizione elettroni-ca].

52 Il rosso è il colore di rito per le nozze. La voce cinese per«nozze» suona letteralmente: «rossa cosa». Cfr. P. BELLEZZA, inRendic. del R. Istit. Lomb. 1918, p. 846.

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gioie domestiche».«Io supplico Vostra Eccellenza di voler dimenticare

certe espressioni che possono essermi sfuggite», balbet-tò il giovane. «Avevo la mente sconvolta; non sapevopiù quello che mi dicessi».

«Via, via», replicò il principe con un sorriso pieno dibontà, «non pensiamo a ieri, ma a questa sera. Essa co-ronerà certamente una giornata felice, perchè avrò lasoddisfazione di presiedere personalmente ai riti del vo-stro matrimonio. Voglio riparare alla mia colpa; e intan-to eccovi mille legature51, che vi serviranno a pagare lespese di viaggio. Bisogna che raggiungiate al più prestola sede del vostro mandarinato.

Il giovane s’inchinò profondamente. Gli pareva di so-gnare; non trovava parole. Ma il suo lieto turbamentodivenne giubilo, quando a un tratto risuonarono le noted’una musica allegra, vide brillare le lanterne rosse52, eavanzarsi il corteo nuziale che gli conduceva Siao-wo,meravigliosa nello splendore della sua dolce e pura bel-lezza.

Fu steso per terra un tappeto rosso. Gli sposi furonoinvitati a porvisi, l’uno accanto all’altra, per compiere iriti. Scambiarono quattro inchini; il buon cancellieres’inchinò loro graziosamente. Un palanchino foderato di

51 Vedi nota 3 a pag. 29 [nota 36 in questa edizione elettroni-ca].

52 Il rosso è il colore di rito per le nozze. La voce cinese per«nozze» suona letteralmente: «rossa cosa». Cfr. P. BELLEZZA, inRendic. del R. Istit. Lomb. 1918, p. 846.

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seta rossa aspettava alla porta; vi si fece salire Siao-wo,per condurla alla dimora dello sposo; questi corse avantiper esser pronto a riceverla.

Trovò l’albergo tutto in subbuglio per la circostanza:magnifiche seterie, verghe d’argento in quantità faceva-no bella mostra di sè. Due ufficiali, – quelli stessi chegià abbiamo incontrati – stavano a custodire i doni delprincipe di Tcin.

* Rinunciamo a descrivere la letizia degli sposi. Ilmattino seguente, il marito di Siao-wo si recò a palazzoper esprimere un’altra volta al principe la sua gratitudi-ne. Ma questi aveva dato ordine che si tenessero chiusele porte. Aveva voluto risparmiare al suo beneficato lanoia degli ultimi ringraziamenti.

La coppia felice, dopo essersi provvista di quanto eranecessario per il lungo viaggio, si imbarcò verso la pro-vincia che era stata destinata a Tang-pi. Fece una sostadi qualche giorno in casa del signor Hoang, che accolsea braccia aperte la figlia ed il genero.

Giunti a destinazione e istallatisi nella loro nuova di-mora, fecero scolpire una statuetta in legno preziosorappresentante il principe Tcin, e davanti ad essa anda-vano ad inchinarsi la mattina e la sera, implorando i fa-vori del cielo sul capo del loro benefattore. **

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seta rossa aspettava alla porta; vi si fece salire Siao-wo,per condurla alla dimora dello sposo; questi corse avantiper esser pronto a riceverla.

Trovò l’albergo tutto in subbuglio per la circostanza:magnifiche seterie, verghe d’argento in quantità faceva-no bella mostra di sè. Due ufficiali, – quelli stessi chegià abbiamo incontrati – stavano a custodire i doni delprincipe di Tcin.

* Rinunciamo a descrivere la letizia degli sposi. Ilmattino seguente, il marito di Siao-wo si recò a palazzoper esprimere un’altra volta al principe la sua gratitudi-ne. Ma questi aveva dato ordine che si tenessero chiusele porte. Aveva voluto risparmiare al suo beneficato lanoia degli ultimi ringraziamenti.

La coppia felice, dopo essersi provvista di quanto eranecessario per il lungo viaggio, si imbarcò verso la pro-vincia che era stata destinata a Tang-pi. Fece una sostadi qualche giorno in casa del signor Hoang, che accolsea braccia aperte la figlia ed il genero.

Giunti a destinazione e istallatisi nella loro nuova di-mora, fecero scolpire una statuetta in legno preziosorappresentante il principe Tcin, e davanti ad essa anda-vano ad inchinarsi la mattina e la sera, implorando i fa-vori del cielo sul capo del loro benefattore. **

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DELITTO E CASTIGO.

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DELITTO E CASTIGO.

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* Viveva nel distretto di Che-tching un mandarino as-sai stimato, la cui famiglia, da tempo immemorabile, eralegata con vincoli di parentela alla famiglia Ku, che di-morava nello stesso distretto. Il capo di questa, Ku-Lien-sse, aveva un figlio di nome Liu-Hio-tseng, che findall’infanzia era stato fidanzato ad A-sin, figlia delmandarino.

Quando i due giovani furono maturi per il matrimo-nio, Ku-Lien-sse fu colto da grave malore, che in brevelo tolse di vita. Tennero dietro dei dissesti finanziari, inseguito ai quali il figlio si trovò ridotto in istrettezze.

I coniugi Ku avrebbero volontieri rinunciato alla pro-gettata unione; ma la loro figlia risolutamente insistetteperchè questa avesse luogo, malgrado i rovesci che ave-vano rovinato il suo promesso. Sebbene da molti anniessa non lo avesse più riveduto (egli era da poco ritorna-to da una provincia lontana dove era pubblico funziona-rio), la fanciulla dichiarò che sarebbe rimasta per sem-pre zitella, piuttosto che mancare alla parola data.

Sua madre, che l’amava teneramente, aspettò che suomarito si assentasse da casa per un lungo viaggio, e de-cise di mandar a chiamare il giovane Liu-Hio-tseng. Nediede l’incarico al vecchio giardiniere Ngu, che però,giunto, dopo parecchie ore di cammino, alla povera casadi lui, vi trovò soltanto una vecchia domestica. Seppe da

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* Viveva nel distretto di Che-tching un mandarino as-sai stimato, la cui famiglia, da tempo immemorabile, eralegata con vincoli di parentela alla famiglia Ku, che di-morava nello stesso distretto. Il capo di questa, Ku-Lien-sse, aveva un figlio di nome Liu-Hio-tseng, che findall’infanzia era stato fidanzato ad A-sin, figlia delmandarino.

Quando i due giovani furono maturi per il matrimo-nio, Ku-Lien-sse fu colto da grave malore, che in brevelo tolse di vita. Tennero dietro dei dissesti finanziari, inseguito ai quali il figlio si trovò ridotto in istrettezze.

I coniugi Ku avrebbero volontieri rinunciato alla pro-gettata unione; ma la loro figlia risolutamente insistetteperchè questa avesse luogo, malgrado i rovesci che ave-vano rovinato il suo promesso. Sebbene da molti anniessa non lo avesse più riveduto (egli era da poco ritorna-to da una provincia lontana dove era pubblico funziona-rio), la fanciulla dichiarò che sarebbe rimasta per sem-pre zitella, piuttosto che mancare alla parola data.

Sua madre, che l’amava teneramente, aspettò che suomarito si assentasse da casa per un lungo viaggio, e de-cise di mandar a chiamare il giovane Liu-Hio-tseng. Nediede l’incarico al vecchio giardiniere Ngu, che però,giunto, dopo parecchie ore di cammino, alla povera casadi lui, vi trovò soltanto una vecchia domestica. Seppe da

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questa che il giovane era andato a mangiare un bocconeda una sua zia, che dimorava a poca distanza. Le diedeallora l’incarico di andar lei a fare l’ambasciata, e si ri-mise in cammino verso la casa de’ suoi padroni.

L’invito procurò grande gioia a Liu-Hio-tseng; mac’era una difficoltà. Egli non possedeva altri abiti oltre aquello che aveva addosso, e questo era assai male in ar-nese. Non poteva assolutamente presentarsi in casa dellafidanzata vestito a quel modo. Pregò allora suo cuginoLiang-Chang-pin di prestargli uno dei suoi.

Questo cugino era un pessimo soggetto: vizioso, in-fingardo, sempre a corto di quattrini. Viveva in casa del-la madre – la zia di Liu-Hio-tseng, – insieme alla mogliedi nome Tien, una gran brava donna, che era la vittimadella sua brutalità.

Alla richiesta dal cugino, Liang-Chang-pin, – che sitrovava presente fin da quando Nyn, la vecchia domesti-ca, aveva fatto la commissione a nome del giardiniere, –ebbe un’idea diabolica.

«Volontieri; ma è una passeggiata lunghetta assai, emi par troppo tardi per compirla oggi. Se vuoi dormirequi, puoi partire domattina. Non è prudente viaggiare dinotte».

Andò nella sua camera, si vestì dei migliori abiti, uscìdi casa da una porticina a tergo di questa per non esserveduto dai suoi, e s’incamminò verso la città in cui abi-tavano i coniugi Ku, dove giunse a sera inoltrata.

Venne ad aprire il vecchio Ngu.«Siete voi il signor Liu-Hio-tseng?», chiese il giardi-

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questa che il giovane era andato a mangiare un bocconeda una sua zia, che dimorava a poca distanza. Le diedeallora l’incarico di andar lei a fare l’ambasciata, e si ri-mise in cammino verso la casa de’ suoi padroni.

L’invito procurò grande gioia a Liu-Hio-tseng; mac’era una difficoltà. Egli non possedeva altri abiti oltre aquello che aveva addosso, e questo era assai male in ar-nese. Non poteva assolutamente presentarsi in casa dellafidanzata vestito a quel modo. Pregò allora suo cuginoLiang-Chang-pin di prestargli uno dei suoi.

Questo cugino era un pessimo soggetto: vizioso, in-fingardo, sempre a corto di quattrini. Viveva in casa del-la madre – la zia di Liu-Hio-tseng, – insieme alla mogliedi nome Tien, una gran brava donna, che era la vittimadella sua brutalità.

Alla richiesta dal cugino, Liang-Chang-pin, – che sitrovava presente fin da quando Nyn, la vecchia domesti-ca, aveva fatto la commissione a nome del giardiniere, –ebbe un’idea diabolica.

«Volontieri; ma è una passeggiata lunghetta assai, emi par troppo tardi per compirla oggi. Se vuoi dormirequi, puoi partire domattina. Non è prudente viaggiare dinotte».

Andò nella sua camera, si vestì dei migliori abiti, uscìdi casa da una porticina a tergo di questa per non esserveduto dai suoi, e s’incamminò verso la città in cui abi-tavano i coniugi Ku, dove giunse a sera inoltrata.

Venne ad aprire il vecchio Ngu.«Siete voi il signor Liu-Hio-tseng?», chiese il giardi-

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niere.«Sì. La vostra padrona mi ha fatto chiamare, e son ve-

nuto subito. Favorite annunciarmi».Quando la signora Ku se lo vide davanti, goffo e im-

pacciato, ne fu sgradevolmente sorpresa. Non eranoquelli il ritratto e il portamento di un mandarino53. An-che il modo con cui il giovane fece i primi saluti non at-testava grande finezza o educazione. Ma la signora pen-sò che la miseria può modificare profondamente il carat-tere di chi ne è colpito, e alla prima sorpresa subentrò inlei un sentimento di pietà.

Diede ordine a una domestica che facesse venire insala la signorina.

Quando A-sin comparve davanti all’uomo che dovevadiventare suo marito, si fece rossa in viso.

«Ecco il tuo sposo», disse la madre, «il mandarinoLiu-Hio-tseng».

E voltasi al giovane, aggiunse:«Per ora potrà bastare la cerimonia minore»54.Il falso Liu-Hio-tseng si inchinò due volte, e due vol-

te s’inchinò a lui A-sin.«Ed ora», disse la signora Ku, «giacchè siete ufficial-

mente fidanzati, fate un po’ di conversazione». E li la-

53 Giova tener presente, come sopra l’autore ha fatto intende-re, che il fidanzato da molti anni non aveva veduto nè la fidanza-ta, nè i genitori di lei. Può riuscire poco verosimile, ma è il noc-ciolo della storia.

54 Le cerimonie nuziali sono sei, e molto complicate. Sonoampiamente descritte nella rivista T’oung Pao, anno 1894, p. 371.

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niere.«Sì. La vostra padrona mi ha fatto chiamare, e son ve-

nuto subito. Favorite annunciarmi».Quando la signora Ku se lo vide davanti, goffo e im-

pacciato, ne fu sgradevolmente sorpresa. Non eranoquelli il ritratto e il portamento di un mandarino53. An-che il modo con cui il giovane fece i primi saluti non at-testava grande finezza o educazione. Ma la signora pen-sò che la miseria può modificare profondamente il carat-tere di chi ne è colpito, e alla prima sorpresa subentrò inlei un sentimento di pietà.

Diede ordine a una domestica che facesse venire insala la signorina.

Quando A-sin comparve davanti all’uomo che dovevadiventare suo marito, si fece rossa in viso.

«Ecco il tuo sposo», disse la madre, «il mandarinoLiu-Hio-tseng».

E voltasi al giovane, aggiunse:«Per ora potrà bastare la cerimonia minore»54.Il falso Liu-Hio-tseng si inchinò due volte, e due vol-

te s’inchinò a lui A-sin.«Ed ora», disse la signora Ku, «giacchè siete ufficial-

mente fidanzati, fate un po’ di conversazione». E li la-

53 Giova tener presente, come sopra l’autore ha fatto intende-re, che il fidanzato da molti anni non aveva veduto nè la fidanza-ta, nè i genitori di lei. Può riuscire poco verosimile, ma è il noc-ciolo della storia.

54 Le cerimonie nuziali sono sei, e molto complicate. Sonoampiamente descritte nella rivista T’oung Pao, anno 1894, p. 371.

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sciò soli.Mentre l’intruso fissava il cupido sguardo sulla gra-

ziosa fanciulla che gli stava davanti, essa rimaneva a te-sta china, senza trovar parole. Da una parte la modestiae l’innocenza, dall’altra la perfidia ed il vizio si trovava-no di fronte.

Si servì il pranzo. Liang-Chang-pin, rotto all’intem-peranza e allo stravizio, dovette fare uno sforzo per noneccedere, specialmente nel bere. Parlò poco, per noncompromettersi: sapeva bene di non possedere la culturadi quello che egli aveva così indegnamente soppiantato.

Quando si fu ritirato nelle stanze che gli erano stateassegnate, la signora Ku andò negli appartamenti inter-ni, e levò da uno scrigno ottanta tael, frutto de’ suoi ri-sparmi, due vasetti d’argento, e un buon numero di spil-loni e fiori d’oro, di quelli che le signore mettono in te-sta, che potevano valere un centinaio di tael.

«Prendi», disse alla figlia. «Reca in persona questodanaro e questi gioielli al tuo fidanzato, perchè possa di-stribuire i regali d’uso e sostenere le spese delle nozzeche celebreremo tra qualche giorno».

«Bisogna proprio che glieli porti io?», chiese la fan-ciulla arrossendo.

«Non è di prammatica, è vero; ma il nostro è un casostraordinario. Ricevendo dalle tue mani questo aiuto pe-cuniario che gli è indispensabile perchè il poveretto,come sai, non ha più nulla del suo, si sentirà meno mor-tificato che ricevendoli da me».

«Ebbene, farò come dite; ma vorrei non andarvi

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sciò soli.Mentre l’intruso fissava il cupido sguardo sulla gra-

ziosa fanciulla che gli stava davanti, essa rimaneva a te-sta china, senza trovar parole. Da una parte la modestiae l’innocenza, dall’altra la perfidia ed il vizio si trovava-no di fronte.

Si servì il pranzo. Liang-Chang-pin, rotto all’intem-peranza e allo stravizio, dovette fare uno sforzo per noneccedere, specialmente nel bere. Parlò poco, per noncompromettersi: sapeva bene di non possedere la culturadi quello che egli aveva così indegnamente soppiantato.

Quando si fu ritirato nelle stanze che gli erano stateassegnate, la signora Ku andò negli appartamenti inter-ni, e levò da uno scrigno ottanta tael, frutto de’ suoi ri-sparmi, due vasetti d’argento, e un buon numero di spil-loni e fiori d’oro, di quelli che le signore mettono in te-sta, che potevano valere un centinaio di tael.

«Prendi», disse alla figlia. «Reca in persona questodanaro e questi gioielli al tuo fidanzato, perchè possa di-stribuire i regali d’uso e sostenere le spese delle nozzeche celebreremo tra qualche giorno».

«Bisogna proprio che glieli porti io?», chiese la fan-ciulla arrossendo.

«Non è di prammatica, è vero; ma il nostro è un casostraordinario. Ricevendo dalle tue mani questo aiuto pe-cuniario che gli è indispensabile perchè il poveretto,come sai, non ha più nulla del suo, si sentirà meno mor-tificato che ricevendoli da me».

«Ebbene, farò come dite; ma vorrei non andarvi

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sola».«Ti accompagnerà la governante».Questa fu fatta chiamare, e la signora le ordinò di an-

dare colla signorina all’appartamento del fidanzato, colquale doveva accordarsi sopra alcuni particolari relativialla loro imminente unione. E sotto voce aggiunse:

«Tu rimarrai fuori, sulla porta, in modo che possanodiscorrere liberamente». **

Liang-Chang-pin era ancora levato e stava meditandosulla sua bella avventura, quando, poco dopo le nove,sentì bussare leggermente all’uscio, e apparve la gover-nante che gli annunciò la visita della signorina.

Il ribaldo si affrettò a muovere contro la bella visita-trice. Salutò di nuovo, secondo il cerimoniale di rito,rallegrandosi tra sè e sè di essere così ben favorito dallecircostanze. In presenza della signora Ku si era sentitoimpacciato; solo colla giovinetta, era un altro uomo.Trovò calde parole di complimento e di devozione, frasitenere e insinuanti. Anche A-sin non era più così timida.La conversazione si fece animata, e l’innocente fanciul-la non potè frenare le lagrime quando si venne a parlaredella contrarietà che suo padre aveva manifestato allaloro unione. Il farabutto fece allora delle smorfie da cuiessa rimase commossa; nella sua ingenuità le interpreta-va come l’espressione di un vivo dolore. Egli la ringra-ziava, la esortava, le cingeva col braccio i fianchi, e leinon lo respingeva.

Da parte sua la governante, che era rimasta di fuori,sentendo qualche lamento e qualche singhiozzo, era tut-

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sola».«Ti accompagnerà la governante».Questa fu fatta chiamare, e la signora le ordinò di an-

dare colla signorina all’appartamento del fidanzato, colquale doveva accordarsi sopra alcuni particolari relativialla loro imminente unione. E sotto voce aggiunse:

«Tu rimarrai fuori, sulla porta, in modo che possanodiscorrere liberamente». **

Liang-Chang-pin era ancora levato e stava meditandosulla sua bella avventura, quando, poco dopo le nove,sentì bussare leggermente all’uscio, e apparve la gover-nante che gli annunciò la visita della signorina.

Il ribaldo si affrettò a muovere contro la bella visita-trice. Salutò di nuovo, secondo il cerimoniale di rito,rallegrandosi tra sè e sè di essere così ben favorito dallecircostanze. In presenza della signora Ku si era sentitoimpacciato; solo colla giovinetta, era un altro uomo.Trovò calde parole di complimento e di devozione, frasitenere e insinuanti. Anche A-sin non era più così timida.La conversazione si fece animata, e l’innocente fanciul-la non potè frenare le lagrime quando si venne a parlaredella contrarietà che suo padre aveva manifestato allaloro unione. Il farabutto fece allora delle smorfie da cuiessa rimase commossa; nella sua ingenuità le interpreta-va come l’espressione di un vivo dolore. Egli la ringra-ziava, la esortava, le cingeva col braccio i fianchi, e leinon lo respingeva.

Da parte sua la governante, che era rimasta di fuori,sentendo qualche lamento e qualche singhiozzo, era tut-

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ta commossa e spargeva anche lei qualche lagrimuccia.A-sin colse il momento per levare dalla manica il da-

naro e gli oggetti, e glieli offerse, seguendo le istruzioniavute dalla madre. Il miserabile accettò senza esitanze.Poi spense la lampada, strinse la fanciulla tra le bracciachiamandola sua moglie, e la supplicò che non volesserifiutargli nulla. La giovinetta rimase terrorizzata aquell’attacco improvviso; tremò al pensiero che le suegrida potessero essere udite dai domestici e ne nascesseuno scandalo. Le forze le venero meno, e soccombette.

* Poco dopo l’infelice – vittima della brutalità di unmascalzone, ma anche, bisogna pur dirlo, dell’impru-denza materna – ritornava alla sua camera, scortata dallagovernante.

Il mattino, preso il tè e congedatosi dalla signora Ku,Liang-Chang-pin se ne andò, contento e trionfante.

«Ho posseduto», pensava tra sè, «una vergine di fa-miglia mandarinica, senza spendere nulla, e ritorno benprovvisto. Questa si chiama fortuna!... Purchè Liu-Hio-tseng non vada quest’oggi in casa Ku! Allora sì che na-scerebbero i guai! Ma la signora mi ha detto che aspettail ritorno di suo marito da un momento all’altro, e se ilpretendente sa che è ritornato, non si sentirà l’animo dimetter piede colà. A ogni modo cercherò di trattenere ilcugino fino a domani».

Fatti questi bei conti, entrò in una bettolaccia, mangiòe bevve per quattro, e non tornò a casa che nel pomerig-gio.

Frattanto il povero Liu-Hio-tseng era sulle spine. Non

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ta commossa e spargeva anche lei qualche lagrimuccia.A-sin colse il momento per levare dalla manica il da-

naro e gli oggetti, e glieli offerse, seguendo le istruzioniavute dalla madre. Il miserabile accettò senza esitanze.Poi spense la lampada, strinse la fanciulla tra le bracciachiamandola sua moglie, e la supplicò che non volesserifiutargli nulla. La giovinetta rimase terrorizzata aquell’attacco improvviso; tremò al pensiero che le suegrida potessero essere udite dai domestici e ne nascesseuno scandalo. Le forze le venero meno, e soccombette.

* Poco dopo l’infelice – vittima della brutalità di unmascalzone, ma anche, bisogna pur dirlo, dell’impru-denza materna – ritornava alla sua camera, scortata dallagovernante.

Il mattino, preso il tè e congedatosi dalla signora Ku,Liang-Chang-pin se ne andò, contento e trionfante.

«Ho posseduto», pensava tra sè, «una vergine di fa-miglia mandarinica, senza spendere nulla, e ritorno benprovvisto. Questa si chiama fortuna!... Purchè Liu-Hio-tseng non vada quest’oggi in casa Ku! Allora sì che na-scerebbero i guai! Ma la signora mi ha detto che aspettail ritorno di suo marito da un momento all’altro, e se ilpretendente sa che è ritornato, non si sentirà l’animo dimetter piede colà. A ogni modo cercherò di trattenere ilcugino fino a domani».

Fatti questi bei conti, entrò in una bettolaccia, mangiòe bevve per quattro, e non tornò a casa che nel pomerig-gio.

Frattanto il povero Liu-Hio-tseng era sulle spine. Non

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poteva partire senza l’abito che Liang-Chang-pin gliaveva promesso; e questi non si faceva vedere. La zia,dopo averlo mandato a cercare inutilmente, disse a Tiendi levare l’abito dalla guardaroba, senza aspettare il ri-torno del figlio.

«Lo sapete bene», disse tristamente la povera donna,«che egli chiude tutto sotto chiave!»

Finalmente Liang-Chang-pin comparve.«Dove siete stato finora?», chiese la moglie.

«All’osteria, come di solito, m’immagino. E intanto vo-stro cugino era qui ad aspettare il vestito!»

«Via via, non brontolare. Quanto al vestito, è pronto.Non così le scarpe di seta nera che esso richiede. Sonodal calzolaio. Vado a dirgli che le ripari subito in modoche Liu-Hio-tseng le possa avere domattina».

Non c’era da ridire: questi dovette rimandare la par-tenza al giorno seguente.

Giunto a casa Ku, si fece annunziare alla signora.«Perchè mai sarà ritornato così presto?», disse questa

tra sè. «Che ci sia qualche novità?...»E diede ordine di introdurre il giovane.Ma quale non fu il suo stupore nel vedersi avanti un

altro uomo!La scena che ne seguì può facilmente immaginarsi.

La signora Ku trattò Liu-Hio-tseng da imbroglione, egliprotestò che era proprio lui, il fidanzato di A-sin, ag-giungendo che circostanze imprevedute gli avevano im-pedito di accorrere all’invito ricevuto due giorni prima.Parlò con energia, ma con garbo e compostezza, e so-

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poteva partire senza l’abito che Liang-Chang-pin gliaveva promesso; e questi non si faceva vedere. La zia,dopo averlo mandato a cercare inutilmente, disse a Tiendi levare l’abito dalla guardaroba, senza aspettare il ri-torno del figlio.

«Lo sapete bene», disse tristamente la povera donna,«che egli chiude tutto sotto chiave!»

Finalmente Liang-Chang-pin comparve.«Dove siete stato finora?», chiese la moglie.

«All’osteria, come di solito, m’immagino. E intanto vo-stro cugino era qui ad aspettare il vestito!»

«Via via, non brontolare. Quanto al vestito, è pronto.Non così le scarpe di seta nera che esso richiede. Sonodal calzolaio. Vado a dirgli che le ripari subito in modoche Liu-Hio-tseng le possa avere domattina».

Non c’era da ridire: questi dovette rimandare la par-tenza al giorno seguente.

Giunto a casa Ku, si fece annunziare alla signora.«Perchè mai sarà ritornato così presto?», disse questa

tra sè. «Che ci sia qualche novità?...»E diede ordine di introdurre il giovane.Ma quale non fu il suo stupore nel vedersi avanti un

altro uomo!La scena che ne seguì può facilmente immaginarsi.

La signora Ku trattò Liu-Hio-tseng da imbroglione, egliprotestò che era proprio lui, il fidanzato di A-sin, ag-giungendo che circostanze imprevedute gli avevano im-pedito di accorrere all’invito ricevuto due giorni prima.Parlò con energia, ma con garbo e compostezza, e so-

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prattutto con un tale accento di sincerità, che la signoranon sapeva più cosa dovesse credere o non credere. Ilgiovane allora si diffuse in particolari riguardanti la pro-pria famiglia e quella della fidanzata, con una sicurezzada non poter lasciare dubbio che non ne avesse cono-scenza diretta.

La buona signora dovette alla fine darsi per vinta da-vanti all’evidenza.

«Ma allora», pensò con raccapriccio, «chi sarà mai ilfurfante che è stato qui ieri l’altro?»

Chiese licenza a Liu-Hio-tseng – che ormai essa rico-nosceva come tale – e recatasi dalla figlia la mise al fat-to dell’accaduto.

A-sin rimase come fulminata a questa notizia55. Lasua decisione era presa.

«Tornate da lui», disse alla madre. «Quanto a me, socosa mi resta da fare».

E si rifiutò, malgrado, le insistenze materne, di se-guirla nella sala. A stento si lasciò persuadere a mettersidietro la stuoia, presso la porta che dava in essa56.

55 Riporto come saggio di stile quello che dice qui il narrato-re: «Per definire i sentimenti che si agitavano nel suo cuore, oc-correrebbero delle espressioni che non esistono. Si dirà che eraturbata; ma ciò che essa provava era ben altro che turbamento. Sidirà che era confusa; ma quello che provava era ben altro checonfusione. Si dirà ch’era fuor di sè della collera, ma bisognereb-be descrivere una collera fatta di mortale afflizione e della dispe-razione più cupa».

56 Queste stuoie, che nelle case cinesi si trovano fra la sala diricevimento e gli appartamenti interni, permettono alle donne di

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prattutto con un tale accento di sincerità, che la signoranon sapeva più cosa dovesse credere o non credere. Ilgiovane allora si diffuse in particolari riguardanti la pro-pria famiglia e quella della fidanzata, con una sicurezzada non poter lasciare dubbio che non ne avesse cono-scenza diretta.

La buona signora dovette alla fine darsi per vinta da-vanti all’evidenza.

«Ma allora», pensò con raccapriccio, «chi sarà mai ilfurfante che è stato qui ieri l’altro?»

Chiese licenza a Liu-Hio-tseng – che ormai essa rico-nosceva come tale – e recatasi dalla figlia la mise al fat-to dell’accaduto.

A-sin rimase come fulminata a questa notizia55. Lasua decisione era presa.

«Tornate da lui», disse alla madre. «Quanto a me, socosa mi resta da fare».

E si rifiutò, malgrado, le insistenze materne, di se-guirla nella sala. A stento si lasciò persuadere a mettersidietro la stuoia, presso la porta che dava in essa56.

55 Riporto come saggio di stile quello che dice qui il narrato-re: «Per definire i sentimenti che si agitavano nel suo cuore, oc-correrebbero delle espressioni che non esistono. Si dirà che eraturbata; ma ciò che essa provava era ben altro che turbamento. Sidirà che era confusa; ma quello che provava era ben altro checonfusione. Si dirà ch’era fuor di sè della collera, ma bisognereb-be descrivere una collera fatta di mortale afflizione e della dispe-razione più cupa».

56 Queste stuoie, che nelle case cinesi si trovano fra la sala diricevimento e gli appartamenti interni, permettono alle donne di

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«Perchè non siete venuto appena ricevuto l’invito?»,chiese al fidanzato.

Questi ripetè quello che aveva detto alla signora Ku, escongiurò la fanciulla di non dubitare de’ suoi sentimen-ti verso di lei.

«Due giorni fa io era degna del vostro affetto», repli-cò A-sin, «ora non lo sono più. Vi prego di accettarecome ricordo questo spillone e questi orecchini d’oro.Vi auguro di trovare altrove una buona moglie. A menon dovete più pensare».

Subito dopo entrò la governante, e consegnò gli og-getti a Liu-Hio-tseng.

Questo, mortificato e sorpreso oltremodo, non volevaaccettarli; quando la voce di A-sin si fece ancora senti-re:

«Prendeteli, signor Liu-Hio-tseng. Tra poco, tuttosarà spiegato. Allontanatevi subito da questa casa».

«Signora», disse il giovane alla madre di A-sin, «iosono povero, è vero; ma non sono venuto qui per riceve-re l’elemosina. Avete sentito come mi ha parlato vostrafiglia?... Perchè non dite nulla? Perchè mi avete fattochiamare, se volevate trattarmi in tal modo?»

La signora, confusa e perplessa, come si può immagi-nare, stava cercando le parole, quando si udì un tumultonell’appartamento contiguo, e alcune domestiche irrup-pero nella sala spaventate gridando:

«Aiuto! aiuto! Subito, subito! Oh povera signorina!»

vedere e di sentire senza mostrarsi. Cfr. Introduzione, p. VIII.

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«Perchè non siete venuto appena ricevuto l’invito?»,chiese al fidanzato.

Questi ripetè quello che aveva detto alla signora Ku, escongiurò la fanciulla di non dubitare de’ suoi sentimen-ti verso di lei.

«Due giorni fa io era degna del vostro affetto», repli-cò A-sin, «ora non lo sono più. Vi prego di accettarecome ricordo questo spillone e questi orecchini d’oro.Vi auguro di trovare altrove una buona moglie. A menon dovete più pensare».

Subito dopo entrò la governante, e consegnò gli og-getti a Liu-Hio-tseng.

Questo, mortificato e sorpreso oltremodo, non volevaaccettarli; quando la voce di A-sin si fece ancora senti-re:

«Prendeteli, signor Liu-Hio-tseng. Tra poco, tuttosarà spiegato. Allontanatevi subito da questa casa».

«Signora», disse il giovane alla madre di A-sin, «iosono povero, è vero; ma non sono venuto qui per riceve-re l’elemosina. Avete sentito come mi ha parlato vostrafiglia?... Perchè non dite nulla? Perchè mi avete fattochiamare, se volevate trattarmi in tal modo?»

La signora, confusa e perplessa, come si può immagi-nare, stava cercando le parole, quando si udì un tumultonell’appartamento contiguo, e alcune domestiche irrup-pero nella sala spaventate gridando:

«Aiuto! aiuto! Subito, subito! Oh povera signorina!»

vedere e di sentire senza mostrarsi. Cfr. Introduzione, p. VIII.

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Più morta che viva, la signora Ku riuscì a trascinarsifino alla camera di A-sin. Ve la trovò penzolante, al disopra del letto, con una sciarpa di seta stretta intorno alcollo. Ogni tentativo di salvarla fu inutile.

Rinunciamo a descrivere lo strazio della povera ma-dre.

Quando si comunicò a Liu-Hio-tseng la ferale notizia,egli credette che fosse un’invenzione per sbarazzarsi dilui. Allora la madre desolata lo condusse nella camera dicolei che avrebbe dovuto essere la sua sposa. Il giovanerimase muto di dolore e di raccapriccio.

Prima che partisse, la signora volle che accettasse glioggetti che la povera A-sin le aveva offerto prima disfuggire colla morte alla vergogna.

Quando Liu-Hio-tseng si recò dal cugino per restituir-gli l’abito che ne aveva avuto in prestito, quello era as-sente. Colle lagrime agli occhi egli raccontò alla mogliedi lui e alla zia l’esito fatale della sua spedizione. Poifece ritorno a casa sua.

Qualche ora dopo capitò Liang-Chang-pin, a cui lazia ripetè la funesta storia.

«Peccato!», esclamò il giovane. «Una così bella ra-gazza!»

Questa frase, che lo sciagurato si era lasciato sfuggi-re, fu per la donna una rivelazione.

«Dunque tu l’hai veduta!», gridò.E incalzando di domande il ribaldo che si era tradito

da sè, fors’anche sotto l’influenza delle molte libazionifatte, gli strappò di bocca la terribile verità.

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Più morta che viva, la signora Ku riuscì a trascinarsifino alla camera di A-sin. Ve la trovò penzolante, al disopra del letto, con una sciarpa di seta stretta intorno alcollo. Ogni tentativo di salvarla fu inutile.

Rinunciamo a descrivere lo strazio della povera ma-dre.

Quando si comunicò a Liu-Hio-tseng la ferale notizia,egli credette che fosse un’invenzione per sbarazzarsi dilui. Allora la madre desolata lo condusse nella camera dicolei che avrebbe dovuto essere la sua sposa. Il giovanerimase muto di dolore e di raccapriccio.

Prima che partisse, la signora volle che accettasse glioggetti che la povera A-sin le aveva offerto prima disfuggire colla morte alla vergogna.

Quando Liu-Hio-tseng si recò dal cugino per restituir-gli l’abito che ne aveva avuto in prestito, quello era as-sente. Colle lagrime agli occhi egli raccontò alla mogliedi lui e alla zia l’esito fatale della sua spedizione. Poifece ritorno a casa sua.

Qualche ora dopo capitò Liang-Chang-pin, a cui lazia ripetè la funesta storia.

«Peccato!», esclamò il giovane. «Una così bella ra-gazza!»

Questa frase, che lo sciagurato si era lasciato sfuggi-re, fu per la donna una rivelazione.

«Dunque tu l’hai veduta!», gridò.E incalzando di domande il ribaldo che si era tradito

da sè, fors’anche sotto l’influenza delle molte libazionifatte, gli strappò di bocca la terribile verità.

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«Miserabile!», gridò entrando la moglie, che dallastanza vicina aveva udito. «La giustizia divina non tar-derà a punirti! Io non sono più tua moglie; non voglioavere a che fare con un assassino!»

Liang-Chang-pin si gettò come un forsennato sopra dilei, l’afferrò per i capelli e si diede a batterla furiosa-mente. A stento la vecchia riuscì a strappargliela dallemani; poi si lasciò cadere esausta sul pavimento. Dopoqualche giorno la poveretta spirava tra le braccia dellanuora. L’infame suo figlio se n’era andato subito dopol’atroce scena, pronunciando le più orribili minacce.

Frattanto il mandarino Ku era ritornato dal suo viag-gio, e aveva trovato la casa immersa nel lutto. Superan-do l’angoscia, denunciò subito l’accaduto alla polizia,che non tardò ad arrestare l’infame giovane sotto l’accu-sa di violenza ad una vergine. Secondo le leggi del pae-se, fu condannato all’impiccagione. Furono sequestratigli oggetti preziosi che aveva ricevuto dalla sua vittima,e restituiti ai signori Ku.

Vedendosi perduto, e desideroso di vendicarsi di suamoglie, Liang-Chang-pin tentò di coinvolgerla nellapropria rovina. Sostenne al processo che questa, avida didanaro, lo aveva istigato a compiere il delitto. Ma fusmentito da quanti conoscevano la povera Tien; essiconcordemente deposero che per molti anni essa era sta-ta la vittima paziente di quel miserabile.

I coniugi Ku, mossi a compassione di lei, la raccolse-ro nella loro casa, e dopo qualche tempo ne fecero laloro figlia adottiva. Presero subito a volerle molto bene,

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«Miserabile!», gridò entrando la moglie, che dallastanza vicina aveva udito. «La giustizia divina non tar-derà a punirti! Io non sono più tua moglie; non voglioavere a che fare con un assassino!»

Liang-Chang-pin si gettò come un forsennato sopra dilei, l’afferrò per i capelli e si diede a batterla furiosa-mente. A stento la vecchia riuscì a strappargliela dallemani; poi si lasciò cadere esausta sul pavimento. Dopoqualche giorno la poveretta spirava tra le braccia dellanuora. L’infame suo figlio se n’era andato subito dopol’atroce scena, pronunciando le più orribili minacce.

Frattanto il mandarino Ku era ritornato dal suo viag-gio, e aveva trovato la casa immersa nel lutto. Superan-do l’angoscia, denunciò subito l’accaduto alla polizia,che non tardò ad arrestare l’infame giovane sotto l’accu-sa di violenza ad una vergine. Secondo le leggi del pae-se, fu condannato all’impiccagione. Furono sequestratigli oggetti preziosi che aveva ricevuto dalla sua vittima,e restituiti ai signori Ku.

Vedendosi perduto, e desideroso di vendicarsi di suamoglie, Liang-Chang-pin tentò di coinvolgerla nellapropria rovina. Sostenne al processo che questa, avida didanaro, lo aveva istigato a compiere il delitto. Ma fusmentito da quanti conoscevano la povera Tien; essiconcordemente deposero che per molti anni essa era sta-ta la vittima paziente di quel miserabile.

I coniugi Ku, mossi a compassione di lei, la raccolse-ro nella loro casa, e dopo qualche tempo ne fecero laloro figlia adottiva. Presero subito a volerle molto bene,

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tanto che un giorno la signora Ku uscì a dire a suo mari-to:

«Tien è giovane ancora. Perchè non lo daremmo inisposa a Liu-Hio-tseng, continuando così l’alleanza tra-dizionale fra la sua famiglia e la nostra?»

Il mandarino accolse la proposta con entusiasmo, e neparlò al giovane, il quale, dopo qualche esitazione, ac-cettò. **

Dopo alcuni mesi, Tien e Liu-Hio-tseng erano uniti, econoscevano finalmente la felicità.

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tanto che un giorno la signora Ku uscì a dire a suo mari-to:

«Tien è giovane ancora. Perchè non lo daremmo inisposa a Liu-Hio-tseng, continuando così l’alleanza tra-dizionale fra la sua famiglia e la nostra?»

Il mandarino accolse la proposta con entusiasmo, e neparlò al giovane, il quale, dopo qualche esitazione, ac-cettò. **

Dopo alcuni mesi, Tien e Liu-Hio-tseng erano uniti, econoscevano finalmente la felicità.

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LA FALSA MANDARINA

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LA FALSA MANDARINA

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* U-yo, giovanissimo ancora, aveva già conseguito igradi accademici. Disponendo d’ingenti ricchezze, si di-lettava di viaggiare, e soleva portare con sè gran copiadi profumi, avorio e pietre preziose.

Trovandosi un giorno a Ling-ngam, vide nella casadirimpetto all’albergo dove alloggiava, una casetta conuna stuoia calata sulla porta. Dietro di questa si potevascorgere una donna, che guardava, senza esser veduta,attraverso lo schermo trasparente. Il giuoco si ripetèspesso. Talvolta usciva dalla casetta un dolce canto, talaltra si scorgeva un piedino aggraziato. Il giovane, incu-riosito, avrebbe voluto vedere in viso la donna, e pensa-va al modo di riuscirvi, quando gli occorse un accidenteinaspettato.

Un giorno passò davanti all’albergo un venditore diarancie, di quelli che combinano la vendita col giuocodei dadi. Il mandarino giuocò ripetutamente, ma senzaguadagnare un solo frutto, mentre ci rimise una buonasommetta.

Indispettito, stava per rientrare nell’albergo, quandogli si avvicinò un garzone che aveva una scatola inmano.

«La mia padrona mi incarica di offrire questa a vossi-gnoria», gli disse.

Il giovane aperse la scatola, e vi trovò una dozzina di

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* U-yo, giovanissimo ancora, aveva già conseguito igradi accademici. Disponendo d’ingenti ricchezze, si di-lettava di viaggiare, e soleva portare con sè gran copiadi profumi, avorio e pietre preziose.

Trovandosi un giorno a Ling-ngam, vide nella casadirimpetto all’albergo dove alloggiava, una casetta conuna stuoia calata sulla porta. Dietro di questa si potevascorgere una donna, che guardava, senza esser veduta,attraverso lo schermo trasparente. Il giuoco si ripetèspesso. Talvolta usciva dalla casetta un dolce canto, talaltra si scorgeva un piedino aggraziato. Il giovane, incu-riosito, avrebbe voluto vedere in viso la donna, e pensa-va al modo di riuscirvi, quando gli occorse un accidenteinaspettato.

Un giorno passò davanti all’albergo un venditore diarancie, di quelli che combinano la vendita col giuocodei dadi. Il mandarino giuocò ripetutamente, ma senzaguadagnare un solo frutto, mentre ci rimise una buonasommetta.

Indispettito, stava per rientrare nell’albergo, quandogli si avvicinò un garzone che aveva una scatola inmano.

«La mia padrona mi incarica di offrire questa a vossi-gnoria», gli disse.

Il giovane aperse la scatola, e vi trovò una dozzina di

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arancie bellissime.«Chi è la tua padrona?», chiese al garzone. «E perchè

mi manda questa roba?»«La mia padrona è la moglie del mandarino Tchao,

che abita qui di fronte», rispose il messo. «Attraverso lastuoia, essa ha veduto vossignoria giuocare, perderemolto danaro senza guadagnare nemmeno un’arancia, epoi andarsene con dispetto. Allora mi incaricò di recarea vossignoria questi frutti, pregandola di scusare la li-bertà».

«Sono commosso di tanta attenzione. Presentale imiei devoti ringraziamenti. E il mandarino tuo padroneè qui?»

«No, si è recato a Kien-Kong a visitare certi parenti.È assente da due mesi, e non sappiamo quando sarà diritorno».

«Benissimo!», pensò U-yo. «La signora ben disposta,il marito assente... Ottima occasione!»

Disse al garzone di aspettare un momento, salì allasua stanza, e ritornò con due belle pezze di seta, che die-de al messo per la signora, insieme a una generosa man-cia per lui.

«È poca cosa», disse, «ma spero che la mandarinavorrà gradire il dono, come segno di omaggio ricono-scente».

Un momento dopo il garzone era di ritorno colle pez-ze, dicendo che la sua padrona riteneva una dozzinad’arancie troppo poca cosa per motivare un tal regalo.

«Se la tua signora rifiuta questo tenue dono», fece il

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arancie bellissime.«Chi è la tua padrona?», chiese al garzone. «E perchè

mi manda questa roba?»«La mia padrona è la moglie del mandarino Tchao,

che abita qui di fronte», rispose il messo. «Attraverso lastuoia, essa ha veduto vossignoria giuocare, perderemolto danaro senza guadagnare nemmeno un’arancia, epoi andarsene con dispetto. Allora mi incaricò di recarea vossignoria questi frutti, pregandola di scusare la li-bertà».

«Sono commosso di tanta attenzione. Presentale imiei devoti ringraziamenti. E il mandarino tuo padroneè qui?»

«No, si è recato a Kien-Kong a visitare certi parenti.È assente da due mesi, e non sappiamo quando sarà diritorno».

«Benissimo!», pensò U-yo. «La signora ben disposta,il marito assente... Ottima occasione!»

Disse al garzone di aspettare un momento, salì allasua stanza, e ritornò con due belle pezze di seta, che die-de al messo per la signora, insieme a una generosa man-cia per lui.

«È poca cosa», disse, «ma spero che la mandarinavorrà gradire il dono, come segno di omaggio ricono-scente».

Un momento dopo il garzone era di ritorno colle pez-ze, dicendo che la sua padrona riteneva una dozzinad’arancie troppo poca cosa per motivare un tal regalo.

«Se la tua signora rifiuta questo tenue dono», fece il

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mandarino confuso, «anch’io dovrò rinunciare alle suearancie. Recale questa risposta, e vedrai che accetterà».

Il servo infatti non ritornò per quel giorno. Ma la mat-tina seguente comparve con alcuni vasi di legumi, moltoben confezionati.

«La mia padrona», disse, «non sa come degnamentericambiare la liberalità di vossignoria. Ha pensato cheforse nell’albergo non gli servano verdura di suo gusto,e ha preparato questa colle proprie mani, sperando difarle piacere».

Per parecchi giorni continuò lo scambio di doni, cheerano, da parte del ricco mandarino, ogni volta più vi-stosi. Finalmente si fece coraggio a chiedere al servitorese la signora era bella.

«Un portento di bellezza», fu la risposta.«Mi piacerebbe vederla».«È difficile assai... ma non impossibile! Vossignoria

stia attenta domani, all’ora che essa è solita porsi dietrola stuoia. Io avrò cura di rallentare le corde di questa.Quando la signora si appoggerà alla stuoia, questa ca-drà, e prima che essa abbia tempo di ritirarsi, potrete ve-derla comodamente. È buona l’idea?»

«Sì, ma non è così che vorrei vederla».«E come vorreste vederla?»«In casa sua, che diamine!»«Questo è un altro par di maniche! Bisogna prima di

tutto sentir lei. Le comunicherò il vostro desiderio, e poivedremo».

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mandarino confuso, «anch’io dovrò rinunciare alle suearancie. Recale questa risposta, e vedrai che accetterà».

Il servo infatti non ritornò per quel giorno. Ma la mat-tina seguente comparve con alcuni vasi di legumi, moltoben confezionati.

«La mia padrona», disse, «non sa come degnamentericambiare la liberalità di vossignoria. Ha pensato cheforse nell’albergo non gli servano verdura di suo gusto,e ha preparato questa colle proprie mani, sperando difarle piacere».

Per parecchi giorni continuò lo scambio di doni, cheerano, da parte del ricco mandarino, ogni volta più vi-stosi. Finalmente si fece coraggio a chiedere al servitorese la signora era bella.

«Un portento di bellezza», fu la risposta.«Mi piacerebbe vederla».«È difficile assai... ma non impossibile! Vossignoria

stia attenta domani, all’ora che essa è solita porsi dietrola stuoia. Io avrò cura di rallentare le corde di questa.Quando la signora si appoggerà alla stuoia, questa ca-drà, e prima che essa abbia tempo di ritirarsi, potrete ve-derla comodamente. È buona l’idea?»

«Sì, ma non è così che vorrei vederla».«E come vorreste vederla?»«In casa sua, che diamine!»«Questo è un altro par di maniche! Bisogna prima di

tutto sentir lei. Le comunicherò il vostro desiderio, e poivedremo».

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U-yo mise un’oncia d’argento57 nella mano del garzo-ne, che dopo un paio di giorni ritornò con questa rispo-sta della signora:

«Non è cosa conveniente. Se si trattasse di un con-giunto o di un amico di famiglia, sì; ma trattandosi di unnuovo conoscente, e data specialmente l’assenza di suomarito, la cosa non è fattibile. Le male lingue ci trove-rebbero a ridire».

«Eppure ci sarebbe un buon pretesto», disse il manda-rino. «Io sono reduce da Kuang-Tong, città famosa perarticoli di abbigliamento femminile. Ne ho portato conme un ricco assortimento, che la mia vicina sarebbe sen-za dubbio lieta di poter esaminare».

«Vado e torno colla risposta», disse il servo.Un momento dopo, venne a riferire ciò che la signora

gli aveva detto.«Riceverò il mandarino nella sala grande; ma sarà

una visita breve. Egli non deve cercare di prolungarla».U-yo mise insieme una quantità di oggetti preziosi, li

chiuse in una gran busta di taffetas, fece toeletta, ed en-trò col servo nella casa di fronte.

La padrona di casa gli andò incontro: il servitore nonaveva esagerato di troppo descrivendola come un por-tento di bellezza.

Dopo uno scambio di complimenti, il mandarino siaccingeva ad aprire la busta e levarne gli oggetti; ma la

57 Vedi nota a pag. 103 [nota 50 in questa edizione elettroni-ca].

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U-yo mise un’oncia d’argento57 nella mano del garzo-ne, che dopo un paio di giorni ritornò con questa rispo-sta della signora:

«Non è cosa conveniente. Se si trattasse di un con-giunto o di un amico di famiglia, sì; ma trattandosi di unnuovo conoscente, e data specialmente l’assenza di suomarito, la cosa non è fattibile. Le male lingue ci trove-rebbero a ridire».

«Eppure ci sarebbe un buon pretesto», disse il manda-rino. «Io sono reduce da Kuang-Tong, città famosa perarticoli di abbigliamento femminile. Ne ho portato conme un ricco assortimento, che la mia vicina sarebbe sen-za dubbio lieta di poter esaminare».

«Vado e torno colla risposta», disse il servo.Un momento dopo, venne a riferire ciò che la signora

gli aveva detto.«Riceverò il mandarino nella sala grande; ma sarà

una visita breve. Egli non deve cercare di prolungarla».U-yo mise insieme una quantità di oggetti preziosi, li

chiuse in una gran busta di taffetas, fece toeletta, ed en-trò col servo nella casa di fronte.

La padrona di casa gli andò incontro: il servitore nonaveva esagerato di troppo descrivendola come un por-tento di bellezza.

Dopo uno scambio di complimenti, il mandarino siaccingeva ad aprire la busta e levarne gli oggetti; ma la

57 Vedi nota a pag. 103 [nota 50 in questa edizione elettroni-ca].

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signora disse:«Lasciate, lasciate: li esaminerò con comodo, e poi

combineremo il prezzo».Dopo di che, si ritirò negli appartamenti interni, la-

sciando il giovane come trasognato. L’apparizione erastata così splendida e così breve, che aveva soltanto ser-vito ad acuire in lui la brama di goderne un’altra volta.In questo senso egli pregò e supplicò il servo, e non sen-za risultato. Ma eran visite corte, fredde, compassate.Ognuna di esse gli procurava insieme un intenso piaceree un’amara delusione.

Bisogna sapere che U-yo, prima d’infatuarsi in talmodo della mandarina Tchao, era stato in relazione conuna cortigiana di nome Ting-si-si, una donnina assaibella e simpatica e che, a modo suo, gli voleva bene. Lamandarina aveva poi soppiantato nel suo cuore la corti-giana. Questa, non vedendolo più comparire, incaricòdue amici di ricondurle l’infedele. U-yo non voleva nep-pur sentirne parlare; alla fine cedette, e si lasciò trasci-nare nella casa di lei. Ma fu un magro trionfo per la cor-tigiana. Il suo antico amante era triste e distratto; neimomenti stessi d’intimità, un nome gli veniva alle lab-bra: era quello della mandarina. Dopo aver passato unanotte in casa di Ting-si-si, egli ritornò all’albergo.

Pochi giorni dopo, vide comparire il servo della si-gnora Tchao, che gli disse:

«Forse interesserà vossignoria di sapere che domani èil genetliaco della mia padrona; e se il signore credes-se...»

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signora disse:«Lasciate, lasciate: li esaminerò con comodo, e poi

combineremo il prezzo».Dopo di che, si ritirò negli appartamenti interni, la-

sciando il giovane come trasognato. L’apparizione erastata così splendida e così breve, che aveva soltanto ser-vito ad acuire in lui la brama di goderne un’altra volta.In questo senso egli pregò e supplicò il servo, e non sen-za risultato. Ma eran visite corte, fredde, compassate.Ognuna di esse gli procurava insieme un intenso piaceree un’amara delusione.

Bisogna sapere che U-yo, prima d’infatuarsi in talmodo della mandarina Tchao, era stato in relazione conuna cortigiana di nome Ting-si-si, una donnina assaibella e simpatica e che, a modo suo, gli voleva bene. Lamandarina aveva poi soppiantato nel suo cuore la corti-giana. Questa, non vedendolo più comparire, incaricòdue amici di ricondurle l’infedele. U-yo non voleva nep-pur sentirne parlare; alla fine cedette, e si lasciò trasci-nare nella casa di lei. Ma fu un magro trionfo per la cor-tigiana. Il suo antico amante era triste e distratto; neimomenti stessi d’intimità, un nome gli veniva alle lab-bra: era quello della mandarina. Dopo aver passato unanotte in casa di Ting-si-si, egli ritornò all’albergo.

Pochi giorni dopo, vide comparire il servo della si-gnora Tchao, che gli disse:

«Forse interesserà vossignoria di sapere che domani èil genetliaco della mia padrona; e se il signore credes-se...»

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«Grazie dell’informazione. Aspetta un momento».Fece in fretta un involto di due belle seterie, un altro

di frutti primaticci e di varie leccornie, e li diede al gar-zone da presentare alla mandarina co’ suoi auguri, ag-giungendo che il giorno seguente avrebbe avuto l’onoredi farglieli di persona.

Il servo ritornò due volte all’albergo: la prima per direche la signora non voleva saperne di accettare il dono, laseconda per annunciare che non si sentiva di respinger-lo, date le cortesi insistenze del mittente.

Il giorno dopo U-yo fece un’accuratissima toeletta, sirecò dalla signora che lo ringraziò caldamente dellosplendido regalo, e lo trattenne seco a pranzo. Questo fuassai cordiale. Talvolta i loro sguardi s’incontravano:ma il contegno della signora, pur essendo affabile, nonera tale da incoraggiare U-yo a varcare certi limiti. Atarda ora, la signora gli fece intendere che era bene se neandasse. Bisognò rassegnarsi.

Da quel giorno gli scambi di doni, di bigliettini tenerie i convegni amichevoli si ripeterono più volte, senzache tuttavia lo spasimante guadagnasse gran fatto terre-no. Egli se ne arrovellava; e protestò con tutte le sue for-ze quando la mandarina uscì a dirgli:

«Forse voi pensate male di me: vi tratto con troppaconfidenza. Tornasse presto mio marito!»

Ma il marito non tornava.U-yo quando era solo, andava chiedendosi: perchè

questo contegno ambiguo? Se avesse davvero dell’affe-zione per me, dovrebbe pur risolversi a darmene prova...

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«Grazie dell’informazione. Aspetta un momento».Fece in fretta un involto di due belle seterie, un altro

di frutti primaticci e di varie leccornie, e li diede al gar-zone da presentare alla mandarina co’ suoi auguri, ag-giungendo che il giorno seguente avrebbe avuto l’onoredi farglieli di persona.

Il servo ritornò due volte all’albergo: la prima per direche la signora non voleva saperne di accettare il dono, laseconda per annunciare che non si sentiva di respinger-lo, date le cortesi insistenze del mittente.

Il giorno dopo U-yo fece un’accuratissima toeletta, sirecò dalla signora che lo ringraziò caldamente dellosplendido regalo, e lo trattenne seco a pranzo. Questo fuassai cordiale. Talvolta i loro sguardi s’incontravano:ma il contegno della signora, pur essendo affabile, nonera tale da incoraggiare U-yo a varcare certi limiti. Atarda ora, la signora gli fece intendere che era bene se neandasse. Bisognò rassegnarsi.

Da quel giorno gli scambi di doni, di bigliettini tenerie i convegni amichevoli si ripeterono più volte, senzache tuttavia lo spasimante guadagnasse gran fatto terre-no. Egli se ne arrovellava; e protestò con tutte le sue for-ze quando la mandarina uscì a dirgli:

«Forse voi pensate male di me: vi tratto con troppaconfidenza. Tornasse presto mio marito!»

Ma il marito non tornava.U-yo quando era solo, andava chiedendosi: perchè

questo contegno ambiguo? Se avesse davvero dell’affe-zione per me, dovrebbe pur risolversi a darmene prova...

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E si perdeva in congetture, e faceva disegni, senzaaver il coraggio di porli in esecuzione.

Finalmente una sera il servitore venne da lui con unanotizia che dissipò le sue perplessità e lo colmò di giubi-lo.

«La mandarina invita vossignoria a recarsi da lei».«Dove è ora la tua signora, e come mai le è venuta la

felice idea di mandarmi a cercare?»«La mandarina si trova nella sua camera. Stava dando

l’ultima mano alla toeletta, quando mi chiamò, e mi dis-se: – Il signor U-yo, nostro vicino, è in casa? – Non neesce mai, – risposi. – Allora puoi andare da lui e invitar-lo a venire a farmi visita in camera. Non c’è bisogno didir nulla a nessuno, eh? – Questi sono i suoi ordini».

«Questo è un gran giorno per me!», esclamò il man-darino al colmo della gioia.

«Ma, prudenza, mi raccomando! Il personale di servi-zio è assai numeroso. Vi sono occhi che spiano e orec-chi che ascoltano. Se qualcuno sorprendesse vossignoriaad entrare nella camera della signora!... Ne nascerebbeuno scandalo, e vi so dire che la vedremmo brutta tutti edue!»

«Mi condurrai tu stesso; nessuno ci vedrà».«Bisognerà distribuire molto danaro: allora tutti sta-

ranno zitti. M’incarico io di tutto».«Tu sei un ragazzo di genio! Eccoti venti tael, che di-

stribuirai come meglio credi».«Vossignoria lasci fare a me. Appena avrò preso le

misure necessarie, tornerò a prenderla».

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E si perdeva in congetture, e faceva disegni, senzaaver il coraggio di porli in esecuzione.

Finalmente una sera il servitore venne da lui con unanotizia che dissipò le sue perplessità e lo colmò di giubi-lo.

«La mandarina invita vossignoria a recarsi da lei».«Dove è ora la tua signora, e come mai le è venuta la

felice idea di mandarmi a cercare?»«La mandarina si trova nella sua camera. Stava dando

l’ultima mano alla toeletta, quando mi chiamò, e mi dis-se: – Il signor U-yo, nostro vicino, è in casa? – Non neesce mai, – risposi. – Allora puoi andare da lui e invitar-lo a venire a farmi visita in camera. Non c’è bisogno didir nulla a nessuno, eh? – Questi sono i suoi ordini».

«Questo è un gran giorno per me!», esclamò il man-darino al colmo della gioia.

«Ma, prudenza, mi raccomando! Il personale di servi-zio è assai numeroso. Vi sono occhi che spiano e orec-chi che ascoltano. Se qualcuno sorprendesse vossignoriaad entrare nella camera della signora!... Ne nascerebbeuno scandalo, e vi so dire che la vedremmo brutta tutti edue!»

«Mi condurrai tu stesso; nessuno ci vedrà».«Bisognerà distribuire molto danaro: allora tutti sta-

ranno zitti. M’incarico io di tutto».«Tu sei un ragazzo di genio! Eccoti venti tael, che di-

stribuirai come meglio credi».«Vossignoria lasci fare a me. Appena avrò preso le

misure necessarie, tornerò a prenderla».

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Il mandarino, rimasto solo, si mise l’abito più elegan-te della sua guardaroba e stette ad aspettare. Come glipareva lungo il tempo!

Ecco finalmente il servitore.«La via è libera», disse. «Potete recarvi difilato alla

camera della signora: nessuno vi vedrà».Un minuto dopo, U-yo era ammesso dalla bella man-

darina. La camera era magnificamente arredata; delicatiprofumi impregnavano l’aria; la tavola era colma di be-vande e cibi prelibati.

«La costanza della vostra affezione mi ha conquisa»,fece ella accompagnando la confessione con un amabilesorriso, «e ho deciso di trattenermi con voi».

Il giovane balbettò alcune frasi di ringraziamento: lapiena dei sentimenti gli impedivano di trovar paroleadeguate ad essi.

La signora l’invitò a prendere posto presso di lei. Apoco a poco il vino sciolse la lingua di U-yo: a un certopunto si lasciò cadere in ginocchio davanti a lei, facen-dole le più appassionate proteste di devozione e d’amo-re.

«Anch’io mi sento attratta verso di voi», disse lamandarina. «Dal giorno che vi ho veduto giocare colvenditore d’arancie, ho provato una irresistibile simpa-tia. Sul principio i miei doveri mi trattennero dal mani-festarla; ma poi si è fatta sempre più forte, fino a vincerei miei più fermi propositi. Ho vinto gli ultimi scrupoli,ho superato ogni ostacolo. Se vi ricevo qui, da sola asolo, nel silenzio della notte, non è certo per lasciarvi ri-

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Il mandarino, rimasto solo, si mise l’abito più elegan-te della sua guardaroba e stette ad aspettare. Come glipareva lungo il tempo!

Ecco finalmente il servitore.«La via è libera», disse. «Potete recarvi difilato alla

camera della signora: nessuno vi vedrà».Un minuto dopo, U-yo era ammesso dalla bella man-

darina. La camera era magnificamente arredata; delicatiprofumi impregnavano l’aria; la tavola era colma di be-vande e cibi prelibati.

«La costanza della vostra affezione mi ha conquisa»,fece ella accompagnando la confessione con un amabilesorriso, «e ho deciso di trattenermi con voi».

Il giovane balbettò alcune frasi di ringraziamento: lapiena dei sentimenti gli impedivano di trovar paroleadeguate ad essi.

La signora l’invitò a prendere posto presso di lei. Apoco a poco il vino sciolse la lingua di U-yo: a un certopunto si lasciò cadere in ginocchio davanti a lei, facen-dole le più appassionate proteste di devozione e d’amo-re.

«Anch’io mi sento attratta verso di voi», disse lamandarina. «Dal giorno che vi ho veduto giocare colvenditore d’arancie, ho provato una irresistibile simpa-tia. Sul principio i miei doveri mi trattennero dal mani-festarla; ma poi si è fatta sempre più forte, fino a vincerei miei più fermi propositi. Ho vinto gli ultimi scrupoli,ho superato ogni ostacolo. Se vi ricevo qui, da sola asolo, nel silenzio della notte, non è certo per lasciarvi ri-

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tornare malcontento. Aspettate che le domestiche si riti-rino nelle loro camere, e non vi rifiuterò più nulla». **

«Oh mia diletta!», esclamò U-yo. «Giacchè avete ri-solto di farmi felice, non lasciatemi più a lungo sospira-re. Abbiate pietà di me! L’attesa è un tormento insop-portabile!»

«Siete ben impaziente!», disse la signora. E diede or-dine che si sparecchiasse. Mentre le domestiche si af-frettavano intorno alla tavola, si udì nella strada un bru-sìo di voci e di nitriti, che si avvicinavano a poco apoco. U-yo era in tale stato d’esaltazione, che, pur sen-tendo vagamente lo straordinario rumore, non se ne die-de pensiero. A un tratto, un servitore accorse gridando:

«II mandarino arriva! Il mandarino è di ritorno!»La signora parve fuori di sè per lo spavento a

quest’annuncio.«Che fare? che fare?», andava ripetendo con voce

strozzata.E si diede ad aiutare in gran fretta le domestiche a ri-

mettere tutto in ordine; poi afferrò per un braccio il gio-vane amico, il quale, dopo essere rimasto un momentocome incantato, cercava cogli occhi stralunati un’uscitaper svignarsela.

«È impossibile uscire di qui!», gli disse. «Nasconde-tevi lì, sotto il letto, e non fiatate».

U-yo avrebbe di gran lunga preferito poter battere inritirata; ma non conosceva la topografia della casa, e te-meva di trovarsi a viso a viso con qualcuno. Dopo averinvano esplorato cogli occhi tutti i canti della camera

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tornare malcontento. Aspettate che le domestiche si riti-rino nelle loro camere, e non vi rifiuterò più nulla». **

«Oh mia diletta!», esclamò U-yo. «Giacchè avete ri-solto di farmi felice, non lasciatemi più a lungo sospira-re. Abbiate pietà di me! L’attesa è un tormento insop-portabile!»

«Siete ben impaziente!», disse la signora. E diede or-dine che si sparecchiasse. Mentre le domestiche si af-frettavano intorno alla tavola, si udì nella strada un bru-sìo di voci e di nitriti, che si avvicinavano a poco apoco. U-yo era in tale stato d’esaltazione, che, pur sen-tendo vagamente lo straordinario rumore, non se ne die-de pensiero. A un tratto, un servitore accorse gridando:

«II mandarino arriva! Il mandarino è di ritorno!»La signora parve fuori di sè per lo spavento a

quest’annuncio.«Che fare? che fare?», andava ripetendo con voce

strozzata.E si diede ad aiutare in gran fretta le domestiche a ri-

mettere tutto in ordine; poi afferrò per un braccio il gio-vane amico, il quale, dopo essere rimasto un momentocome incantato, cercava cogli occhi stralunati un’uscitaper svignarsela.

«È impossibile uscire di qui!», gli disse. «Nasconde-tevi lì, sotto il letto, e non fiatate».

U-yo avrebbe di gran lunga preferito poter battere inritirata; ma non conosceva la topografia della casa, e te-meva di trovarsi a viso a viso con qualcuno. Dopo averinvano esplorato cogli occhi tutti i canti della camera

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senza scoprire un nascondiglio migliore, si rassegnò arimpiattarsi sotto il letto, malgrado la polvere che ci do-veva essere. Indispettito, trattenendo il respiro per nonvenir inteso, ansioso di quello che sarebbe successo, po-teva osservare quanto accadeva dal fondo del suo oscurorifugio.

Vide dunque entrare a gran passi il mandarino Tchao,e non perdette una parola dell’interrogatorio a cui eglisottopose immediatamente la signora.

«Non è avvenuto niente di nuovo durante la mia as-senza?»

«Ma niente... proprio niente di straordinario», balbet-tò la signora, oltremodo confusa.

«E allora, perchè il mio arrivo cagiona tanta agitazio-ne? Perchè siete così turbata?»

La donna protesta, ma non riesce a dissimulare il ter-rore da cui sembra invasa. Il marito si rivolge alle do-mestiche, e le interroga con piglio severo. Esse confer-mano quanto ha detto la signora; ma sono anch’esse im-picciate e tremanti. U-yo avrebbe ben voluto rispondereper tutti; ma come avrebbe potuto farlo, così rincantuc-ciato sotto il letto?...

«Strano! strano!», mormorava il mandarino Tchaodopo essere rimasto alcuni minuti sopra pensiero. «Ba-sta», disse poi, «preparatemi da pranzo, mentre faccioun po’ di pulizia».

E cominciò a lavarsi. Il pavimento della camera eradiseguale, e il letto era collocato appunto dalla partedove esso era in declivio; cosicchè l’acqua cominciò a

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senza scoprire un nascondiglio migliore, si rassegnò arimpiattarsi sotto il letto, malgrado la polvere che ci do-veva essere. Indispettito, trattenendo il respiro per nonvenir inteso, ansioso di quello che sarebbe successo, po-teva osservare quanto accadeva dal fondo del suo oscurorifugio.

Vide dunque entrare a gran passi il mandarino Tchao,e non perdette una parola dell’interrogatorio a cui eglisottopose immediatamente la signora.

«Non è avvenuto niente di nuovo durante la mia as-senza?»

«Ma niente... proprio niente di straordinario», balbet-tò la signora, oltremodo confusa.

«E allora, perchè il mio arrivo cagiona tanta agitazio-ne? Perchè siete così turbata?»

La donna protesta, ma non riesce a dissimulare il ter-rore da cui sembra invasa. Il marito si rivolge alle do-mestiche, e le interroga con piglio severo. Esse confer-mano quanto ha detto la signora; ma sono anch’esse im-picciate e tremanti. U-yo avrebbe ben voluto rispondereper tutti; ma come avrebbe potuto farlo, così rincantuc-ciato sotto il letto?...

«Strano! strano!», mormorava il mandarino Tchaodopo essere rimasto alcuni minuti sopra pensiero. «Ba-sta», disse poi, «preparatemi da pranzo, mentre faccioun po’ di pulizia».

E cominciò a lavarsi. Il pavimento della camera eradiseguale, e il letto era collocato appunto dalla partedove esso era in declivio; cosicchè l’acqua cominciò a

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scorrervi in copia. Il povero U-yo, sentendo bagnarsi ilsuo bell’abito di seta, fece un movimento brusco, produ-cendo così un lieve fruscìo.

«Che rumore è questo?», disse il mandarino. «Che cisia qui sotto un topo o un serpente?»

Si asciugò in fretta i piedi, accese una fiaccola e guar-dò sotto il letto.

«Che razza d’uomo è costui che s’è ficcato lì sotto?»«Forse un ladro», disse timidamente sua moglie.«Ma che! I ladri non vanno intorno così ben vestiti»,

gridò il mandarino trascinando fuori U-yo dal suo na-scondiglio. «Ecco perchè il mio ritorno ha cagionatotanto scompiglio e confusione! Qui imperversava l’adul-terio! Appena avevo lasciata questa casa, che il disonorevi si è introdotto!»

E voltosi a sua moglie, le lasciò andare un solennemanrovescio. La donna si mise a piangere. Egli chiamòpoi tutta la servitù, compreso il giovane mezzano delcolpevole amore.

«Pigliate quest’uomo e legatelo mani e piedi!», ordi-nò il furibondo marito. «Sospendetelo nella stanza con-tigua fino a domani. Domani lo condurremo al pretoriodella città, perchè sia interrogato».

Intanto che impartiva questi ordini, prese una corda, econ essa legò le mani della donna, colmandola d’impro-peri e di rimproveri. Essa non faceva che singhiozzare,senza osar dire parola.

«Portatemi del vino caldo», ordinò poi. «Voglio bereper soffocare il mio dolore».

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scorrervi in copia. Il povero U-yo, sentendo bagnarsi ilsuo bell’abito di seta, fece un movimento brusco, produ-cendo così un lieve fruscìo.

«Che rumore è questo?», disse il mandarino. «Che cisia qui sotto un topo o un serpente?»

Si asciugò in fretta i piedi, accese una fiaccola e guar-dò sotto il letto.

«Che razza d’uomo è costui che s’è ficcato lì sotto?»«Forse un ladro», disse timidamente sua moglie.«Ma che! I ladri non vanno intorno così ben vestiti»,

gridò il mandarino trascinando fuori U-yo dal suo na-scondiglio. «Ecco perchè il mio ritorno ha cagionatotanto scompiglio e confusione! Qui imperversava l’adul-terio! Appena avevo lasciata questa casa, che il disonorevi si è introdotto!»

E voltosi a sua moglie, le lasciò andare un solennemanrovescio. La donna si mise a piangere. Egli chiamòpoi tutta la servitù, compreso il giovane mezzano delcolpevole amore.

«Pigliate quest’uomo e legatelo mani e piedi!», ordi-nò il furibondo marito. «Sospendetelo nella stanza con-tigua fino a domani. Domani lo condurremo al pretoriodella città, perchè sia interrogato».

Intanto che impartiva questi ordini, prese una corda, econ essa legò le mani della donna, colmandola d’impro-peri e di rimproveri. Essa non faceva che singhiozzare,senza osar dire parola.

«Portatemi del vino caldo», ordinò poi. «Voglio bereper soffocare il mio dolore».

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I servi s’affrettarono ad obbedire. Quando il vinocomparve, ne riempì una grande caraffa, e cominciò abere, sempre imprecando e bestemmiando. Presa poicarta e pennello, stese un atto d’accusa, e tracannò dinuovo di gran sorsate, cosicchè in breve finì per addor-mentarsi tranquillamente.

La mandarina ne approfittò per parlare sottovoce alpoveraccio, che era lì, legato come un salame.

«Sono io la causa della vostra disgrazia! Quale inde-gno modo di ricambiare il vostro affetto! Ma chi potevaprevedere una tale sorpresa? Se siamo condotti davantial giudice non so cosa potrà avvenire di noi... È una bentriste situazione!... Non ci sarebbe che un mezzo peruscirne: implorare la sua indulgenza. Non è uomo intrat-tabile; quando si sappia prenderlo per il suo verso, siriesce ad ammansarlo».

Mentre la donna dava questi consigli, il mandarinoTchao si riscosse dalla sua sonnolenza, e brontolò fra identi

«Orsù, dunque, servitori: prendete le torce e portatevia subito questo furfantaccio. Appendetelo nella stanzavicina».

I servi si accingevano ad ubbidire, quando il furfan-taccio, davanti all’imminenza del pericolo, prese la pa-rola.

* «Voglia il signor mandarino dar tregua alla sua col-lera, e mi consenta un breve discorso. Ho sbagliato, sì,ma per sconsideratezza giovanile. Nulla di grave è avve-nuto tra me e la vostra nobile e virtuosa consorte. La

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I servi s’affrettarono ad obbedire. Quando il vinocomparve, ne riempì una grande caraffa, e cominciò abere, sempre imprecando e bestemmiando. Presa poicarta e pennello, stese un atto d’accusa, e tracannò dinuovo di gran sorsate, cosicchè in breve finì per addor-mentarsi tranquillamente.

La mandarina ne approfittò per parlare sottovoce alpoveraccio, che era lì, legato come un salame.

«Sono io la causa della vostra disgrazia! Quale inde-gno modo di ricambiare il vostro affetto! Ma chi potevaprevedere una tale sorpresa? Se siamo condotti davantial giudice non so cosa potrà avvenire di noi... È una bentriste situazione!... Non ci sarebbe che un mezzo peruscirne: implorare la sua indulgenza. Non è uomo intrat-tabile; quando si sappia prenderlo per il suo verso, siriesce ad ammansarlo».

Mentre la donna dava questi consigli, il mandarinoTchao si riscosse dalla sua sonnolenza, e brontolò fra identi

«Orsù, dunque, servitori: prendete le torce e portatevia subito questo furfantaccio. Appendetelo nella stanzavicina».

I servi si accingevano ad ubbidire, quando il furfan-taccio, davanti all’imminenza del pericolo, prese la pa-rola.

* «Voglia il signor mandarino dar tregua alla sua col-lera, e mi consenta un breve discorso. Ho sbagliato, sì,ma per sconsideratezza giovanile. Nulla di grave è avve-nuto tra me e la vostra nobile e virtuosa consorte. La

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mia è stata una leggerezza, che è giusto io debba sconta-re. Ve ne chiedo umilmente perdono: non vogliate rovi-nare la mia carriera. Se qualche regalo potesse dimo-strarvi la sincerità del mio pentimento...»

Tchao brontolava sempre, ma si vedeva che l’idea diuna transazione non gli ripugnava.

«Sarebbe il miglior modo di accomodare le cose, perme e per voi, nobile mandarino», insistette U-yo. «Secinquecento tael58 fossero di vostro gradimento...»

«Dunque, secondo voi, mia moglie non vale di più!Troppo poco, giovinotto, troppo poco!»

«Raddoppio la somma; facciamo mille tael!»Il mandarino scosse il capo senza dir nulla.Allora intervenne la donna, piagnucolando:«Questo mandarino aveva degli oggetti che io deside-

ravo di comperare, e se l’ho fatto venir qui, fu solo perintendermi con lui sul prezzo. La colpa è mia. Il vostroimprovviso ritorno ci ha sconcertati; le apparenze ci ac-cusano, ma il vostro onore è intatto. Se lo citate davantial pretorio, dovrò comparirvi anch’io, e sarebbe unoscandalo anche per voi. Via, siate indulgente per amormio; lasciatelo andare senza fargli male».

«Potete giurarmi che il mio onore non è stato mac-chiato?», chiese Tchao.

La donna rispose colle più calorose proteste, e a leifecero eco i servitori, esaltando in tutti i toni l’innocenza

58 Vedi nota 4 a pag. 30 [nota 37 in questa edizione elettroni-ca].

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mia è stata una leggerezza, che è giusto io debba sconta-re. Ve ne chiedo umilmente perdono: non vogliate rovi-nare la mia carriera. Se qualche regalo potesse dimo-strarvi la sincerità del mio pentimento...»

Tchao brontolava sempre, ma si vedeva che l’idea diuna transazione non gli ripugnava.

«Sarebbe il miglior modo di accomodare le cose, perme e per voi, nobile mandarino», insistette U-yo. «Secinquecento tael58 fossero di vostro gradimento...»

«Dunque, secondo voi, mia moglie non vale di più!Troppo poco, giovinotto, troppo poco!»

«Raddoppio la somma; facciamo mille tael!»Il mandarino scosse il capo senza dir nulla.Allora intervenne la donna, piagnucolando:«Questo mandarino aveva degli oggetti che io deside-

ravo di comperare, e se l’ho fatto venir qui, fu solo perintendermi con lui sul prezzo. La colpa è mia. Il vostroimprovviso ritorno ci ha sconcertati; le apparenze ci ac-cusano, ma il vostro onore è intatto. Se lo citate davantial pretorio, dovrò comparirvi anch’io, e sarebbe unoscandalo anche per voi. Via, siate indulgente per amormio; lasciatelo andare senza fargli male».

«Potete giurarmi che il mio onore non è stato mac-chiato?», chiese Tchao.

La donna rispose colle più calorose proteste, e a leifecero eco i servitori, esaltando in tutti i toni l’innocenza

58 Vedi nota 4 a pag. 30 [nota 37 in questa edizione elettroni-ca].

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e la virtù della loro padrona, e chiedendo pietà per ilgiovane imprudente.

«Sia adunque come volete», disse finalmente il man-darino, dopo essersi fatto pregare ancora un poco. «Di-ciamo duemila tael, e non se ne parli più».

A un suo cenno i servi sciolsero i lacci che stringeva-no le mani del povero U-yo, e recarono carta, pennello einchiostro. Sotto la dettatura di Tchao, il malcapitato sidiede a stendere la seguente dichiarazione:

«Io sottoscritto, mandarino candidato al ministero delpersonale, essendo penetrato furtivamente e illecitamen-te nella camera della moglie del signor Tchao, e per evi-tare d’essere citato davanti al giudice, regalo di miaspontanea volontà a detto signor Tchao la somma di duemila tael, come espiazione del mio fallo. Tale accomo-damento venne combinato tra noi di pieno accordo e inbuona fede. U-YO».

Quando Tchao ebbe letto, e si fu assicurato che non vimancava nulla, ordinò che si sciogliessero i piedi al pri-gioniero, ma senza slegare la corda che era stretta intor-no alla sua cintola, e che si accompagnasse all’albergoperchè sborsasse la somma pattuita.

Era ormai mezzanotte, e i domestici di U-yo erano giàcoricati. Quelli di Tchao invasero l’appartamento comelupi rapaci, e lo misero a sacco, asportando, insieme aiduemila tael, tutti gli oggetti di valore su cui poteronometter le mani: perle, avori, corna di rinoceronte, ninno-

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e la virtù della loro padrona, e chiedendo pietà per ilgiovane imprudente.

«Sia adunque come volete», disse finalmente il man-darino, dopo essersi fatto pregare ancora un poco. «Di-ciamo duemila tael, e non se ne parli più».

A un suo cenno i servi sciolsero i lacci che stringeva-no le mani del povero U-yo, e recarono carta, pennello einchiostro. Sotto la dettatura di Tchao, il malcapitato sidiede a stendere la seguente dichiarazione:

«Io sottoscritto, mandarino candidato al ministero delpersonale, essendo penetrato furtivamente e illecitamen-te nella camera della moglie del signor Tchao, e per evi-tare d’essere citato davanti al giudice, regalo di miaspontanea volontà a detto signor Tchao la somma di duemila tael, come espiazione del mio fallo. Tale accomo-damento venne combinato tra noi di pieno accordo e inbuona fede. U-YO».

Quando Tchao ebbe letto, e si fu assicurato che non vimancava nulla, ordinò che si sciogliessero i piedi al pri-gioniero, ma senza slegare la corda che era stretta intor-no alla sua cintola, e che si accompagnasse all’albergoperchè sborsasse la somma pattuita.

Era ormai mezzanotte, e i domestici di U-yo erano giàcoricati. Quelli di Tchao invasero l’appartamento comelupi rapaci, e lo misero a sacco, asportando, insieme aiduemila tael, tutti gli oggetti di valore su cui poteronometter le mani: perle, avori, corna di rinoceronte, ninno-

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li artistici.Come rimanesse il povero giovane è facile pensare.

Non chiuse occhio tutta la notte, riandando tristamentecol pensiero le disavventure subìte. Appena si fece gior-no, guardò la casa di fronte. La porta era aperta; le stuo-ie erano scomparse: pareva una gabbia vuota.

Vi mandò allora in esplorazione un domestico, il qua-le riferì che non aveva veduto nessuno, e che la casa eradeserta e spoglia di mobili e di masserizie. Costernato esorpreso, U-yo s’informò dai vicini, e seppe che, duran-te la notte, i Tchao se n’erano andati portandosi con lorotutto quanto era in casa.

Per consolarsi dello smacco subìto, U-yo pensò di an-dar a trovare la cortigiana Ting-si-si. Questa lo ricevettecon molta cordialità.

«Che buon vento»,chiese, «mi riconduce il mio caroamico?»

L’amico rispose con un sospiro pieno di tristezza.«Perchè questa malinconia?», insistette la donna.

«Cosa t’è capitato?»U-yo non chiedeva di meglio che di potere sfogare il

cruccio che l’opprimeva, e raccontò per filo e per segnola dolorosa storia. Quando ebbe finito, la cortigiana die-de in uno scoppio di risa.

«Ti sta bene», disse. «Ti hanno teso un tranello, e cisei cascato. Sei stato uno sciocco. Se me ne avessi parla-to in principio, quando sei venuto da me, ti avrei messosull’avviso, e avresti evitato il peggio. Anch’io, qualcheanno fa, mi sono trovata in una banda di furfanti che mi

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li artistici.Come rimanesse il povero giovane è facile pensare.

Non chiuse occhio tutta la notte, riandando tristamentecol pensiero le disavventure subìte. Appena si fece gior-no, guardò la casa di fronte. La porta era aperta; le stuo-ie erano scomparse: pareva una gabbia vuota.

Vi mandò allora in esplorazione un domestico, il qua-le riferì che non aveva veduto nessuno, e che la casa eradeserta e spoglia di mobili e di masserizie. Costernato esorpreso, U-yo s’informò dai vicini, e seppe che, duran-te la notte, i Tchao se n’erano andati portandosi con lorotutto quanto era in casa.

Per consolarsi dello smacco subìto, U-yo pensò di an-dar a trovare la cortigiana Ting-si-si. Questa lo ricevettecon molta cordialità.

«Che buon vento»,chiese, «mi riconduce il mio caroamico?»

L’amico rispose con un sospiro pieno di tristezza.«Perchè questa malinconia?», insistette la donna.

«Cosa t’è capitato?»U-yo non chiedeva di meglio che di potere sfogare il

cruccio che l’opprimeva, e raccontò per filo e per segnola dolorosa storia. Quando ebbe finito, la cortigiana die-de in uno scoppio di risa.

«Ti sta bene», disse. «Ti hanno teso un tranello, e cisei cascato. Sei stato uno sciocco. Se me ne avessi parla-to in principio, quando sei venuto da me, ti avrei messosull’avviso, e avresti evitato il peggio. Anch’io, qualcheanno fa, mi sono trovata in una banda di furfanti che mi

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hanno costretta a sostenere la parte di donna maritata,per montar la testa a un giovane commerciante, il qualeci rimise così una somma considerevole. La tua manda-rina era una truffatrice. Tu non hai voluto confidare inme, mi hai messa da parte. Hai avuto quello che ti meri-ti».

U-yo rimase per qualche giorno in casa della cortigia-na. Questa, saputolo ormai privo di mezzi, gli fece capi-re che non voleva più aver a che fare con lui.

U-yo andò errabondo per i vari quartieri della città,chiedendo informazioni sui fuggiaschi, ma senza otte-nerne. Ridotto senza un soldo, se ne ritornò al suo pae-se, dove i congiunti e gli amici già erano informati dellesue vicende, e si risero di lui. Triste e mortificato, vivac-chiò per qualche tempo; poi fu colto da una febbre vio-lenta, che in breve lo condusse al sepolcro.

Misera fine di un uomo a cui pareva serbato un bril-lante avvenire, e che dovrebbe essere un monito pei gio-vani inesperti e ignari delle insidie del mondo! **

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hanno costretta a sostenere la parte di donna maritata,per montar la testa a un giovane commerciante, il qualeci rimise così una somma considerevole. La tua manda-rina era una truffatrice. Tu non hai voluto confidare inme, mi hai messa da parte. Hai avuto quello che ti meri-ti».

U-yo rimase per qualche giorno in casa della cortigia-na. Questa, saputolo ormai privo di mezzi, gli fece capi-re che non voleva più aver a che fare con lui.

U-yo andò errabondo per i vari quartieri della città,chiedendo informazioni sui fuggiaschi, ma senza otte-nerne. Ridotto senza un soldo, se ne ritornò al suo pae-se, dove i congiunti e gli amici già erano informati dellesue vicende, e si risero di lui. Triste e mortificato, vivac-chiò per qualche tempo; poi fu colto da una febbre vio-lenta, che in breve lo condusse al sepolcro.

Misera fine di un uomo a cui pareva serbato un bril-lante avvenire, e che dovrebbe essere un monito pei gio-vani inesperti e ignari delle insidie del mondo! **

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I DUE FRATELLI DI SESSO DIVERSO.

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I DUE FRATELLI DI SESSO DIVERSO.

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* Viveva anticamente, in un villaggio lontano dallacapitale e posto sulle rive del Fiume Giallo, un vecchiodi nome Liu con sua moglie Liu-te. Erano poveri e sen-za prole; campavano la vita esercendo una modestissimalocanda frequentata specialmente da battellieri.

Un giorno d’inverno, che nevicava a larghe falde, unvecchio accompagnato da un ragazzo entrò da loro a ri-focillarsi. Era in cattivo arnese, e dall’aspetto assai sof-ferente. Quando volle levarsi per riprendere il suo viag-gio, le forze gli mancarono, e dovette tornare a sedersi.

Il buon Liu e sua moglie lo adagiarono sopra il loroletto, e gli prestarono le cure più affettuose; ma inutil-mente. Prima che venisse la sera, il poveretto era morto.

Il ragazzo, che era suo figlio, non sapeva darsi pace:non aveva altri al mondo che si occupasse di lui. I co-niugi, mossi a compassione, dopo i funerali decisero diadottarlo col nome di Liu-fang. Egli si dimostrò degnodella loro affezione, e fu, d’allora in poi, un modello difiglio ubbidiente e devoto.

Passarono alcuni anni. Un giorno, che spirava un ven-to violentissimo, un battello fu portato ad infrangersicontro la riva rocciosa del fiume. Liu-fang, che era or-mai giovinetto, accorse con altri in soccorso dei naufra-ghi, e riuscì a trarre a salvamento un passeggero chepresentava l’età di circa vent’anni, gravemente ferito, e

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* Viveva anticamente, in un villaggio lontano dallacapitale e posto sulle rive del Fiume Giallo, un vecchiodi nome Liu con sua moglie Liu-te. Erano poveri e sen-za prole; campavano la vita esercendo una modestissimalocanda frequentata specialmente da battellieri.

Un giorno d’inverno, che nevicava a larghe falde, unvecchio accompagnato da un ragazzo entrò da loro a ri-focillarsi. Era in cattivo arnese, e dall’aspetto assai sof-ferente. Quando volle levarsi per riprendere il suo viag-gio, le forze gli mancarono, e dovette tornare a sedersi.

Il buon Liu e sua moglie lo adagiarono sopra il loroletto, e gli prestarono le cure più affettuose; ma inutil-mente. Prima che venisse la sera, il poveretto era morto.

Il ragazzo, che era suo figlio, non sapeva darsi pace:non aveva altri al mondo che si occupasse di lui. I co-niugi, mossi a compassione, dopo i funerali decisero diadottarlo col nome di Liu-fang. Egli si dimostrò degnodella loro affezione, e fu, d’allora in poi, un modello difiglio ubbidiente e devoto.

Passarono alcuni anni. Un giorno, che spirava un ven-to violentissimo, un battello fu portato ad infrangersicontro la riva rocciosa del fiume. Liu-fang, che era or-mai giovinetto, accorse con altri in soccorso dei naufra-ghi, e riuscì a trarre a salvamento un passeggero chepresentava l’età di circa vent’anni, gravemente ferito, e

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che teneva stretto fra le braccia un cofano di bambù.Chiestone il permesso ai genitori, Liu-fang lo ricove-

rò in casa loro, dove rimase a lungo sospeso tra la vita ela morte. Quando, in seguito alle sollecite cure de’ suoibenefattori, cominciò a migliorare, ringraziò con tuttal’effusione dell’anima i buoni vecchi e Liu-fang, il qualespecialmente aveva concepito una forte simpatia per lui.Erano press’a poco della stessa età; tutti e due provatidalla sventura e d’animo buono e generoso.

Quando Liu-ki – tale era il nome del giovane – entròin convalescenza, divenne il compagno inseparabile delsuo salvatore. Passavano molte ore studiando sui libriche Liu-ki aveva nella cassetta, e in breve fecero grandiprogressi. Dopo circa sei mesi, allorchè fu completa-mente ristabilito, disse ai suoi ospiti che doveva partireper andare a rivedere suoi genitori, ma che sarebbe cer-tamente ritornato. Il suo giovane amico lo accompagnòper un pezzo di strada; quando finalmente si separarono,i loro occhi erano pieni di lagrime.

Una ben dolorosa sorpresa era serbata a Liu-ki. Giun-to al suo paese, seppe che una terribile inondazione ave-va devastato quelle regioni, e che i suoi vecchi genitori,insieme a molti altri abitanti, ne erano stati travolti; lacasa distrutta; i campi, ricoperti di ghiaia.

Colla morte nell’animo, ma al tempo stesso impazien-te di versare il suo dolore in cuori pietosi e udir paroledi conforto e di simpatia, intraprese il viaggio di ritorno.

Fu accolto a braccia aperte. I due coniugi, dopo averascoltata la sua triste storia, gli proposero, giacchè era

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che teneva stretto fra le braccia un cofano di bambù.Chiestone il permesso ai genitori, Liu-fang lo ricove-

rò in casa loro, dove rimase a lungo sospeso tra la vita ela morte. Quando, in seguito alle sollecite cure de’ suoibenefattori, cominciò a migliorare, ringraziò con tuttal’effusione dell’anima i buoni vecchi e Liu-fang, il qualespecialmente aveva concepito una forte simpatia per lui.Erano press’a poco della stessa età; tutti e due provatidalla sventura e d’animo buono e generoso.

Quando Liu-ki – tale era il nome del giovane – entròin convalescenza, divenne il compagno inseparabile delsuo salvatore. Passavano molte ore studiando sui libriche Liu-ki aveva nella cassetta, e in breve fecero grandiprogressi. Dopo circa sei mesi, allorchè fu completa-mente ristabilito, disse ai suoi ospiti che doveva partireper andare a rivedere suoi genitori, ma che sarebbe cer-tamente ritornato. Il suo giovane amico lo accompagnòper un pezzo di strada; quando finalmente si separarono,i loro occhi erano pieni di lagrime.

Una ben dolorosa sorpresa era serbata a Liu-ki. Giun-to al suo paese, seppe che una terribile inondazione ave-va devastato quelle regioni, e che i suoi vecchi genitori,insieme a molti altri abitanti, ne erano stati travolti; lacasa distrutta; i campi, ricoperti di ghiaia.

Colla morte nell’animo, ma al tempo stesso impazien-te di versare il suo dolore in cuori pietosi e udir paroledi conforto e di simpatia, intraprese il viaggio di ritorno.

Fu accolto a braccia aperte. I due coniugi, dopo averascoltata la sua triste storia, gli proposero, giacchè era

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solo al mondo, di rimanere con loro per sempre, in qua-lità di figlio adottivo. E con gran giubilo suo e di Liu-fang, i riti dell’adozione furono per una seconda voltacelebrati nella modesta casa.

Non passò molto tempo che la locanda, sotto l’impul-so intelligente ed energico dei due giovani, andò prospe-rando; dopo qualche anno, era trasformata in un albergoelegante, e i viaggiatori vi affluivano in copia. I duevecchi poterono così godere anche quaggiù il premioche le loro virtù si meritavano; trascorsero i loro ultimianni nell’agiatezza, circondati dall’affetto e dalla vene-razione dei diletti pupilli.

Ma venne il giorno in cui dovettero sottostare all’ine-sorabile legge che incombe ai mortali: si spensero tran-quillamente, alla distanza di pochi giorni l’unodall’altra. I figli resero loro gli onori funebri con unapompa quale si conveniva alle ricchezze acquistate, e aisentimenti di devozione e gratitudine che li legava ai de-funti.

Quando il periodo di lutto fu spirato, più d’uno fra iloro conoscenti s’interpose per trovar loro moglie. Liu-ki non era contrario: non così Liu-fang, il quale respinsela proposta con una risolutezza che non mancò di sor-prendere suo fratello.

«Perchè tanta riluttanza ad un passo che ti assicure-rebbe una posterità legittima e la continuazione del tuonome? Verrà giorno in cui saremo vecchi, e allora i figlinostri potranno, uniti in perfetta armonia come siamonoi ora, assumere la direzione della nostra azienda, che

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solo al mondo, di rimanere con loro per sempre, in qua-lità di figlio adottivo. E con gran giubilo suo e di Liu-fang, i riti dell’adozione furono per una seconda voltacelebrati nella modesta casa.

Non passò molto tempo che la locanda, sotto l’impul-so intelligente ed energico dei due giovani, andò prospe-rando; dopo qualche anno, era trasformata in un albergoelegante, e i viaggiatori vi affluivano in copia. I duevecchi poterono così godere anche quaggiù il premioche le loro virtù si meritavano; trascorsero i loro ultimianni nell’agiatezza, circondati dall’affetto e dalla vene-razione dei diletti pupilli.

Ma venne il giorno in cui dovettero sottostare all’ine-sorabile legge che incombe ai mortali: si spensero tran-quillamente, alla distanza di pochi giorni l’unodall’altra. I figli resero loro gli onori funebri con unapompa quale si conveniva alle ricchezze acquistate, e aisentimenti di devozione e gratitudine che li legava ai de-funti.

Quando il periodo di lutto fu spirato, più d’uno fra iloro conoscenti s’interpose per trovar loro moglie. Liu-ki non era contrario: non così Liu-fang, il quale respinsela proposta con una risolutezza che non mancò di sor-prendere suo fratello.

«Perchè tanta riluttanza ad un passo che ti assicure-rebbe una posterità legittima e la continuazione del tuonome? Verrà giorno in cui saremo vecchi, e allora i figlinostri potranno, uniti in perfetta armonia come siamonoi ora, assumere la direzione della nostra azienda, che

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altrimenti finirebbe per cadere in mani straniere».«E se le nostre mogli non andassero d’accordo fra

loro?», obiettò Liu-fang. «Ci vogliamo tanto bene tranoi! Perchè arrischiare di compromettere la nostra pacee la nostra amicizia?»

«Se restiamo celibi, faremo gran torto ai coniugi Liu,che ci hanno adottato colla speranza di avere una di-scendenza. Morendo senza figli, ci macchieremo dellapiù nera ingratitudine verso di loro, a cui tutto dobbia-mo».

Questo ed altro ancora andava ripetendo Liu-ki, eogni giorno tornava alla carica. Ma il fratello non si la-sciava persuadere, e quando non gli riusciva di dareun’altra piega al discorso, protestava che mai e poi maisi sarebbe risolto a prendere una compagna.

Liu-ki ricorse alfine, per disperato, a un loro comuneamico: lo informò delle dispute che egli aveva ognigiorno con suo fratello, e conchiuse dicendo che non sa-peva immaginare quale potesse essere la cagione dellasua così strana ripugnanza.

«La ragione potrebbe esser questa», disse l’amico.«Liu-fang vi vuole un gran bene, siete cresciuti insieme,insieme avete fatto fortuna; ma, insomma, egli è entratoin casa Liu prima di voi, e probabilmente crede di averpiù diritto di voi all’eredità dei buoni vecchi. Essa glispetterebbe senz’altro, una volta che voi foste ammo-gliato...»

«No, no», interruppe Liu-ki, «mio fratello è l’onestà ela sincerità in persona. È impossibile che regoli la sua

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altrimenti finirebbe per cadere in mani straniere».«E se le nostre mogli non andassero d’accordo fra

loro?», obiettò Liu-fang. «Ci vogliamo tanto bene tranoi! Perchè arrischiare di compromettere la nostra pacee la nostra amicizia?»

«Se restiamo celibi, faremo gran torto ai coniugi Liu,che ci hanno adottato colla speranza di avere una di-scendenza. Morendo senza figli, ci macchieremo dellapiù nera ingratitudine verso di loro, a cui tutto dobbia-mo».

Questo ed altro ancora andava ripetendo Liu-ki, eogni giorno tornava alla carica. Ma il fratello non si la-sciava persuadere, e quando non gli riusciva di dareun’altra piega al discorso, protestava che mai e poi maisi sarebbe risolto a prendere una compagna.

Liu-ki ricorse alfine, per disperato, a un loro comuneamico: lo informò delle dispute che egli aveva ognigiorno con suo fratello, e conchiuse dicendo che non sa-peva immaginare quale potesse essere la cagione dellasua così strana ripugnanza.

«La ragione potrebbe esser questa», disse l’amico.«Liu-fang vi vuole un gran bene, siete cresciuti insieme,insieme avete fatto fortuna; ma, insomma, egli è entratoin casa Liu prima di voi, e probabilmente crede di averpiù diritto di voi all’eredità dei buoni vecchi. Essa glispetterebbe senz’altro, una volta che voi foste ammo-gliato...»

«No, no», interruppe Liu-ki, «mio fratello è l’onestà ela sincerità in persona. È impossibile che regoli la sua

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condotta su considerazioni di questo genere».«E allora», replicò l’amico, «bisogna tentare altra via.

Incaricate qualche brava mediatrice59 che gli propongaun partito onorevole e state a vedere come prende lacosa».

Liu-ki ringraziò del suggerimento, e s’affrettò a met-terlo in pratica, in mancanza di meglio. Ma quando lemediatrici da lui scelte vennero a riferirgli l’esito delloro tentativo, rimase assai male. **

«Singolare tipo davvero che è vostro fratello, signorLiu-ki!», gli dissero. «Abbiamo spiegato tutta la nostraeloquenza, abbiamo messo in giuoco tutta la nostraesperienza consumata; ma non c’è stato verso di fargliintender ragione! Anzi, siccome noi insistevamo, ci halicenziate con piglio assai scortese».

Liu-ki non sapeva più cosa tentare. Un giorno videsopra un tetto una rondine che era intenta a costrurre ilsuo nido. Volle scandagliare in nuova maniera le inten-zioni del fratello, e, preso il pennello, vergò sul muro al-cuni versi, che erano di questo tenore:

«Le rondini costruiscono il loro nido; a due a due ap-portano, mattina e sera, l’argilla necessaria alla loro fra-gile dimora. Si aiutano l’un l’altra, partecipando allestesse fatiche e alle stesse cure. Se il maschio non cer-casse una compagna per procreare dei piccini e aver unadiscendenza, alla fine dell’anno il nido sarebbe vuoto».

59 Vedi nota 9 a pag. 11 [nota 26 in questa edizione elettroni-ca].

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condotta su considerazioni di questo genere».«E allora», replicò l’amico, «bisogna tentare altra via.

Incaricate qualche brava mediatrice59 che gli propongaun partito onorevole e state a vedere come prende lacosa».

Liu-ki ringraziò del suggerimento, e s’affrettò a met-terlo in pratica, in mancanza di meglio. Ma quando lemediatrici da lui scelte vennero a riferirgli l’esito delloro tentativo, rimase assai male. **

«Singolare tipo davvero che è vostro fratello, signorLiu-ki!», gli dissero. «Abbiamo spiegato tutta la nostraeloquenza, abbiamo messo in giuoco tutta la nostraesperienza consumata; ma non c’è stato verso di fargliintender ragione! Anzi, siccome noi insistevamo, ci halicenziate con piglio assai scortese».

Liu-ki non sapeva più cosa tentare. Un giorno videsopra un tetto una rondine che era intenta a costrurre ilsuo nido. Volle scandagliare in nuova maniera le inten-zioni del fratello, e, preso il pennello, vergò sul muro al-cuni versi, che erano di questo tenore:

«Le rondini costruiscono il loro nido; a due a due ap-portano, mattina e sera, l’argilla necessaria alla loro fra-gile dimora. Si aiutano l’un l’altra, partecipando allestesse fatiche e alle stesse cure. Se il maschio non cer-casse una compagna per procreare dei piccini e aver unadiscendenza, alla fine dell’anno il nido sarebbe vuoto».

59 Vedi nota 9 a pag. 11 [nota 26 in questa edizione elettroni-ca].

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Quando Liu-fang lesse questi versi, ebbe un sorriso;poi vi scrisse sotto questi altri, valendosi delle stesserime:

«Le rondini costruiscono il loro nido; a due a due ra-dono volando la pianura e s’innalzano nell’aria. Da tem-po immemorabile il cielo ha stabilito i rapporti che lega-no il maschio alla sua compagna. Quando la rondine hatrovato il suo sposo, tutti i suoi voti sono adempiuti. C’èfra tutte le rondini un maschio solo che non conosca lasua compagna?»

* «Se bene intendo il senso adombrato da questi ver-si», esclamò Liu-ki al colmo dello stupore, «mio fratellodeve essere una fanciulla. Mi ricordo infatti di essere ri-masto più volte colpito dalla delicatezza della sua perso-na e dalla dolcezza della sua voce. Anche nei giorni del-la canicola porta sempre un abito doppio... Ma sarà poivero? Non bisogna parlargliene così alla leggera. Sentia-mo che cosa ne dice l’amico».

E recatosi da lui, gli recitò i suoi versi sulla rondine, ela risposta che vi aveva fatto Liu-fang.

«È chiara come il sole!», esclamò l’amico, «non c’è ilmenomo dubbio che vostro fratello è una fanciulla. Macome mai non ve ne siete accorto, se avete dormito piùanni nello stesso letto?»

Liu-ki gli disse quanta riservatezza avesse sempreavuto suo fratello, e come avesse costantemente evitatodi spogliarsi in sua presenza.

«Ed ora che l’enigma è svelato», continuò l’amico,«si tratta di parlargli chiaro: vedremo cosa risponde».

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Quando Liu-fang lesse questi versi, ebbe un sorriso;poi vi scrisse sotto questi altri, valendosi delle stesserime:

«Le rondini costruiscono il loro nido; a due a due ra-dono volando la pianura e s’innalzano nell’aria. Da tem-po immemorabile il cielo ha stabilito i rapporti che lega-no il maschio alla sua compagna. Quando la rondine hatrovato il suo sposo, tutti i suoi voti sono adempiuti. C’èfra tutte le rondini un maschio solo che non conosca lasua compagna?»

* «Se bene intendo il senso adombrato da questi ver-si», esclamò Liu-ki al colmo dello stupore, «mio fratellodeve essere una fanciulla. Mi ricordo infatti di essere ri-masto più volte colpito dalla delicatezza della sua perso-na e dalla dolcezza della sua voce. Anche nei giorni del-la canicola porta sempre un abito doppio... Ma sarà poivero? Non bisogna parlargliene così alla leggera. Sentia-mo che cosa ne dice l’amico».

E recatosi da lui, gli recitò i suoi versi sulla rondine, ela risposta che vi aveva fatto Liu-fang.

«È chiara come il sole!», esclamò l’amico, «non c’è ilmenomo dubbio che vostro fratello è una fanciulla. Macome mai non ve ne siete accorto, se avete dormito piùanni nello stesso letto?»

Liu-ki gli disse quanta riservatezza avesse sempreavuto suo fratello, e come avesse costantemente evitatodi spogliarsi in sua presenza.

«Ed ora che l’enigma è svelato», continuò l’amico,«si tratta di parlargli chiaro: vedremo cosa risponde».

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«Non so come potrò risolvermi a parlargli. Ci voglia-mo bene da tanto tempo come fratelli...»

«Se è davvero una fanciulla, perchè non ve la spose-reste?»

«Ci penserò sopra», rispose arrossendo Liu-ki. E tor-nò a casa.

Quella sera, per la prima volta dopo tanti anni di con-vivenza, egli spiò attentamente il contegno e le movenzedi Liu-fang. Più lo studiava e più il suo sospetto andavatrasformandosi in certezza.

Ma non sapeva come entrare in argomento.«Fratello», disse finalmente, «i tuoi versi sono tanto

belli, che vorrei me ne scrivessi degli altri sullo stessosoggetto».

Liu-fang prese sorridendo il pennello, e tracciò quan-to segue:

«Le rondini costruiscono il loro nido; i due si aiutanoa vicenda e si rispondono con tenere grida. Hanno timo-re che sfuggano loro i giorni della primavera, e si dannoattorno ad allestire la culla che dovrà albergare la lorogiovane prole».

«Fratello», disse Liu-ki quando ebbe letto, «solo unadonna è capace di scrivere a questo modo».

Liu-fang abbassò gli occhi, si fece tutta rossa in volto,balbettò qualche parola e restò confusa. Un tenero ab-braccio disse più di quello che avrebbero potuto espri-mere le parole.

«Ma perchè, dimmi», chiese Liu-ki, «non mi hai rive-lato prima il tuo segreto?»

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«Non so come potrò risolvermi a parlargli. Ci voglia-mo bene da tanto tempo come fratelli...»

«Se è davvero una fanciulla, perchè non ve la spose-reste?»

«Ci penserò sopra», rispose arrossendo Liu-ki. E tor-nò a casa.

Quella sera, per la prima volta dopo tanti anni di con-vivenza, egli spiò attentamente il contegno e le movenzedi Liu-fang. Più lo studiava e più il suo sospetto andavatrasformandosi in certezza.

Ma non sapeva come entrare in argomento.«Fratello», disse finalmente, «i tuoi versi sono tanto

belli, che vorrei me ne scrivessi degli altri sullo stessosoggetto».

Liu-fang prese sorridendo il pennello, e tracciò quan-to segue:

«Le rondini costruiscono il loro nido; i due si aiutanoa vicenda e si rispondono con tenere grida. Hanno timo-re che sfuggano loro i giorni della primavera, e si dannoattorno ad allestire la culla che dovrà albergare la lorogiovane prole».

«Fratello», disse Liu-ki quando ebbe letto, «solo unadonna è capace di scrivere a questo modo».

Liu-fang abbassò gli occhi, si fece tutta rossa in volto,balbettò qualche parola e restò confusa. Un tenero ab-braccio disse più di quello che avrebbero potuto espri-mere le parole.

«Ma perchè, dimmi», chiese Liu-ki, «non mi hai rive-lato prima il tuo segreto?»

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«Ora ti dirò tutto», rispose la fanciulla. «Fin da quan-do ero bambina, io ho dovuto molto viaggiare, perchècosì richiedevan gli affari della mia famiglia. Parve aimiei genitori che io fossi più sicura portando abiti ma-schili, ai quali andai così col tempo avvezzandomi.Quando poi divenni tuo fratello – e dirò ora tua sorella –gli affari di casa Liu non erano ancora molto ben avvia-ti, e preferii rimanere con te, e con te contribuire a fartiprosperare, anzichè farmi una famiglia. Non ti avrei maidetto questo, se non avessi insistito, e soprattutto se nonmi avessi proposto di trovarmi un marito»...

È inutile dire quale fu la conclusione. Quelli che pertanti anni erano stati fratelli e come tali s’erano amati,divennero sposi felici. **

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«Ora ti dirò tutto», rispose la fanciulla. «Fin da quan-do ero bambina, io ho dovuto molto viaggiare, perchècosì richiedevan gli affari della mia famiglia. Parve aimiei genitori che io fossi più sicura portando abiti ma-schili, ai quali andai così col tempo avvezzandomi.Quando poi divenni tuo fratello – e dirò ora tua sorella –gli affari di casa Liu non erano ancora molto ben avvia-ti, e preferii rimanere con te, e con te contribuire a fartiprosperare, anzichè farmi una famiglia. Non ti avrei maidetto questo, se non avessi insistito, e soprattutto se nonmi avessi proposto di trovarmi un marito»...

È inutile dire quale fu la conclusione. Quelli che pertanti anni erano stati fratelli e come tali s’erano amati,divennero sposi felici. **

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SAGGEZZA DI GIUDICE.

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SAGGEZZA DI GIUDICE.

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«Le cose di quaggiù hanno i loro alti ebassi. Non si è mai sicuri nè della felicità,nè della sventura. Osservate bene, e ve-drete che ognuno è ricompensato secondoi suoi meriti. La giustizia del cielo non ab-bandona mai i buoni».

Queste sentenze, che gli antichi ci hanno trasmesse, siripeteranno finchè mondo è mondo.

Viveva in un villaggio, il nome del quale non è giuntofino a noi, un uomo chiamato Kin-hiao, che aveva giàvarcata l’età di ammogliarsi, e che, solo colla vecchiamadre, si guadagnava il pane facendo il venditore diolio. Un giorno che girava colla sua merce sulle spalle,si fermò a riposare lungo la strada, e vide per terra unacintura di cotone che conteneva trenta once d’argento.La raccolse, e tutto contento se ne tornò a casa.

«Oggi la fortuna mi ha arriso», disse alla madre,«guardate un po’ che bel gruzzolo mi ha fatto trovare».

«Che mio figlio sia diventato ladro?», esclamò spa-ventata la buona donna.

«Ladro! Da quando in qua sono ladro io? Per buonaventura, madre mia, nessuno è qui a sentirvi. Questacintura colma d’argento deve essere stata perduta daqualcuno. Per un caso felice, io sono stato il primo a

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«Le cose di quaggiù hanno i loro alti ebassi. Non si è mai sicuri nè della felicità,nè della sventura. Osservate bene, e ve-drete che ognuno è ricompensato secondoi suoi meriti. La giustizia del cielo non ab-bandona mai i buoni».

Queste sentenze, che gli antichi ci hanno trasmesse, siripeteranno finchè mondo è mondo.

Viveva in un villaggio, il nome del quale non è giuntofino a noi, un uomo chiamato Kin-hiao, che aveva giàvarcata l’età di ammogliarsi, e che, solo colla vecchiamadre, si guadagnava il pane facendo il venditore diolio. Un giorno che girava colla sua merce sulle spalle,si fermò a riposare lungo la strada, e vide per terra unacintura di cotone che conteneva trenta once d’argento.La raccolse, e tutto contento se ne tornò a casa.

«Oggi la fortuna mi ha arriso», disse alla madre,«guardate un po’ che bel gruzzolo mi ha fatto trovare».

«Che mio figlio sia diventato ladro?», esclamò spa-ventata la buona donna.

«Ladro! Da quando in qua sono ladro io? Per buonaventura, madre mia, nessuno è qui a sentirvi. Questacintura colma d’argento deve essere stata perduta daqualcuno. Per un caso felice, io sono stato il primo a

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passare dov’era caduta, e così ho potuto raccoglierla io.Per de’ poveretti come noi siamo, è un colpo di fortuna.Domani faremo un sacrificio per rendere grazie al cielo,e poi impiegheremo questo capitaletto a pagare il nostroolio prima di rivenderlo. Sarà molto meglio che com-prarlo a credito».

«Il destino fa i ricchi e fa i poveri», replicò la madre.«È un vecchio proverbio. Se avesse voluto largirti ric-chezze, non ti avrebbe dato per padre un povero mercia-io ambulante come era il tuo. Non ti sei impadronito diquesto danaro nè coll’astuzia nè colla violenza, è vero;ma non l’hai neppur guadagnato lavorando. Ho il pre-sentimento che un danaro ottenuto in tal modo sia perrecare sventura. Chi sa se esso apparteneva a uno delpaese, oppure a un forestiero venuto di lontano? Chi sase colui che l’ha perduto poteva darsi il lusso di perder-lo, o se invece non l’ha avuto a prestito, e la perdita diesso non lo ridurrà alla disperazione e non lo spingerà atogliersi la vita? Son tanti i casi che possono darsi!... Hosentito raccontare che una volta Pei-tu60 si attirò le gra-zie celesti col restituire una somma che anch’egli avevatrovato. Dà retta a me, figlio mio: torna là dove hai rin-venuta questa cintura; vedi se vi si trova qualcuno chene fa ricerca, e se incontri il proprietario, restituiscila. Ilcielo te ne terrà conto».

Kin-hiao era uomo semplice e buono, e non esitò aseguire il consiglio materno. Ritornò subito dond’era

60 È l’episodio narrato a pag. 69 del presente volume.

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passare dov’era caduta, e così ho potuto raccoglierla io.Per de’ poveretti come noi siamo, è un colpo di fortuna.Domani faremo un sacrificio per rendere grazie al cielo,e poi impiegheremo questo capitaletto a pagare il nostroolio prima di rivenderlo. Sarà molto meglio che com-prarlo a credito».

«Il destino fa i ricchi e fa i poveri», replicò la madre.«È un vecchio proverbio. Se avesse voluto largirti ric-chezze, non ti avrebbe dato per padre un povero mercia-io ambulante come era il tuo. Non ti sei impadronito diquesto danaro nè coll’astuzia nè colla violenza, è vero;ma non l’hai neppur guadagnato lavorando. Ho il pre-sentimento che un danaro ottenuto in tal modo sia perrecare sventura. Chi sa se esso apparteneva a uno delpaese, oppure a un forestiero venuto di lontano? Chi sase colui che l’ha perduto poteva darsi il lusso di perder-lo, o se invece non l’ha avuto a prestito, e la perdita diesso non lo ridurrà alla disperazione e non lo spingerà atogliersi la vita? Son tanti i casi che possono darsi!... Hosentito raccontare che una volta Pei-tu60 si attirò le gra-zie celesti col restituire una somma che anch’egli avevatrovato. Dà retta a me, figlio mio: torna là dove hai rin-venuta questa cintura; vedi se vi si trova qualcuno chene fa ricerca, e se incontri il proprietario, restituiscila. Ilcielo te ne terrà conto».

Kin-hiao era uomo semplice e buono, e non esitò aseguire il consiglio materno. Ritornò subito dond’era

60 È l’episodio narrato a pag. 69 del presente volume.

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venuto, e vi trovò un omaccione che, in mezzo a unafolla tumultuosa, sbraitava, invocava le potenze terrestrie celesti, agitandosi e sbracciandosi. Kin-hiao intese cheera un viaggiatore, il quale diceva d’aver perduto lungola strada la sua cintura piena d’argento, e che stava cer-candola con alcuni suoi compagni.

«Quanto conteneva la vostra cintura?», chiese il no-stro giovane.

«Da quaranta a cinquanta tael», rispose il furbo, arro-tondando la somma.

«Era bianca la vostra cintura?», chiese ancora l’inge-nuo Kin-hiao.

«Proprio bianca! Sei tu che l’hai trovata, nevvero?Restituiscimela, e avrai la ricompensa che ti spetta».

* «Eccola», disse il giovane porgendogliela.«Vedo che ti sei già ricompensato da te», fece il viag-

giatore esaminandone il contenuto. «Come ho detto,c’erano da quaranta a cinquanta tael».

Kin-hiao protestò la sua buona fede; l’altro insistette;e stava per nascerne un tafferuglio, quando passò di là inpalanchino il mandarino distrettuale.

La folla fece ala rispettosamente, e il funzionario, av-vicinatosi ai contendenti, chiese il motivo della disputa.Quando ebbe sentito di che si trattava in tutti i particola-ri, disse:

«Venite con me al pretorio, dove giudicherò il casosecondo equità».

E vi si incamminò, seguito dalle parti e da un codazzodi curiosi.

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venuto, e vi trovò un omaccione che, in mezzo a unafolla tumultuosa, sbraitava, invocava le potenze terrestrie celesti, agitandosi e sbracciandosi. Kin-hiao intese cheera un viaggiatore, il quale diceva d’aver perduto lungola strada la sua cintura piena d’argento, e che stava cer-candola con alcuni suoi compagni.

«Quanto conteneva la vostra cintura?», chiese il no-stro giovane.

«Da quaranta a cinquanta tael», rispose il furbo, arro-tondando la somma.

«Era bianca la vostra cintura?», chiese ancora l’inge-nuo Kin-hiao.

«Proprio bianca! Sei tu che l’hai trovata, nevvero?Restituiscimela, e avrai la ricompensa che ti spetta».

* «Eccola», disse il giovane porgendogliela.«Vedo che ti sei già ricompensato da te», fece il viag-

giatore esaminandone il contenuto. «Come ho detto,c’erano da quaranta a cinquanta tael».

Kin-hiao protestò la sua buona fede; l’altro insistette;e stava per nascerne un tafferuglio, quando passò di là inpalanchino il mandarino distrettuale.

La folla fece ala rispettosamente, e il funzionario, av-vicinatosi ai contendenti, chiese il motivo della disputa.Quando ebbe sentito di che si trattava in tutti i particola-ri, disse:

«Venite con me al pretorio, dove giudicherò il casosecondo equità».

E vi si incamminò, seguito dalle parti e da un codazzodi curiosi.

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Quando ebbe preso posto nel suo seggio, si fece reca-re la cintura in questione e ordinò al suo assessore di pe-sare accuratamente l’argento contenutovi, e di dichiarar-ne il peso esatto. Questo risultò essere per d’appunto ditrenta tael.

«Quanti tael c’erano nella tua cintura?», chiese alviaggiatore.

«Cinquanta», rispose questi.«Hai veduto quest’uomo a raccoglierla, oppure è stato

lui che ti ha detto di averla trovata?»«Non l’ho veduto, e non sapevo che l’avesse trovata»,

dovette convenire il furbo. «È lui che me lo ha detto».«Or bene: se avesse voluto appropriarsi il tuo danaro,

perchè non lo avrebbe tenuto tutto per sè? Perchè resti-tuirne la metà? Se non fosse venuto da te spontanea-mente, tu non avresti potuto reclamar nulla. L’intenzio-ne di ingannare è dunque evidentemente da escludersinei suoi riguardi. Se pertanto la cintura che tu hai perdu-to conteneva cinquanta tael, e quella che egli ha trovatanon ne conteneva che trenta, bisogna conchiudere chequella rinvenuta da lui non è la tua. Deve essere stato unaltro a perderla».

Il viaggiatore si affrettò allora a dichiarare che si sa-rebbe accontentato anche solo di trenta tael.

«Ti ripeto che questo danaro non può essere tuo», ri-battè il savio magistrato. «Io lo aggiudico a Kin-hiao,che è povero e onesto, e ti auguro di trovare i tuoi cin-quanta tael».

Il venditore d’olio si profuse in ringraziamenti, e se

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Quando ebbe preso posto nel suo seggio, si fece reca-re la cintura in questione e ordinò al suo assessore di pe-sare accuratamente l’argento contenutovi, e di dichiarar-ne il peso esatto. Questo risultò essere per d’appunto ditrenta tael.

«Quanti tael c’erano nella tua cintura?», chiese alviaggiatore.

«Cinquanta», rispose questi.«Hai veduto quest’uomo a raccoglierla, oppure è stato

lui che ti ha detto di averla trovata?»«Non l’ho veduto, e non sapevo che l’avesse trovata»,

dovette convenire il furbo. «È lui che me lo ha detto».«Or bene: se avesse voluto appropriarsi il tuo danaro,

perchè non lo avrebbe tenuto tutto per sè? Perchè resti-tuirne la metà? Se non fosse venuto da te spontanea-mente, tu non avresti potuto reclamar nulla. L’intenzio-ne di ingannare è dunque evidentemente da escludersinei suoi riguardi. Se pertanto la cintura che tu hai perdu-to conteneva cinquanta tael, e quella che egli ha trovatanon ne conteneva che trenta, bisogna conchiudere chequella rinvenuta da lui non è la tua. Deve essere stato unaltro a perderla».

Il viaggiatore si affrettò allora a dichiarare che si sa-rebbe accontentato anche solo di trenta tael.

«Ti ripeto che questo danaro non può essere tuo», ri-battè il savio magistrato. «Io lo aggiudico a Kin-hiao,che è povero e onesto, e ti auguro di trovare i tuoi cin-quanta tael».

Il venditore d’olio si profuse in ringraziamenti, e se

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ne andò contento e felice dando il braccio alla vecchiamadre, che era pure intervenuta all’udienza. Il viaggia-tore, il quale era così stato colto al laccio teso da luistesso, sgusciò tutto mogio mogio e confuso tra la folla,che non si stancava di applaudire alla saggia sentenza.**

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ne andò contento e felice dando il braccio alla vecchiamadre, che era pure intervenuta all’udienza. Il viaggia-tore, il quale era così stato colto al laccio teso da luistesso, sgusciò tutto mogio mogio e confuso tra la folla,che non si stancava di applaudire alla saggia sentenza.**

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GLI ALCHIMISTI.

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GLI ALCHIMISTI.

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* Vanno oggi intorno molti individui la cui unica oc-cupazione è quella di mettere al fuoco il tan61, di raffina-re il mercurio. Si fanno passare come dispensieri di ric-chezze: in realtà mirano a sfruttare l’avidità e la creduli-tà altrui, e scompaiono colla sveltezza del diavolo appe-na hanno fatto il colpo.

Pretendono costoro di saper sviluppare in tutta la suaefficacia le arcane facoltà del tan applicando ad esse unaltro potere: quello di certe piante, e di trasformare pertale processo il piombo in oro e il mercurio in argentopuro. È quello che essi chiamano il segreto del bianco edel giallo. Ma cominciano col chiedere una gran quanti-tà d’oro e d’argento, che deve costituire, come essi dico-no nel loro gergo, il «metallo madre». Spiano il momen-to buono, s’impadroniscono de’ metalli preziosi loro af-fidati, e se la svignano.

Di tali truffatori fu una volta vittima il signor Pan, na-tivo di Sung-Kiang. Era uomo assai istruito e assennato;ma aveva per sua sventura la debolezza di credere nellapotenza del tan. Gli imbroglioni – o «iniziati», come sichiaman da sè – che ben lo sapevano, riuscirono più

61 È quello che noi chiamiamo la pietra filosofale, e se ne facenno nella letteratura cinese fin dal III secolo av. C. È probabileche dalla Cina abbiano preso gli Arabi l’alchimia, che fu poi daloro fatta conoscere nel mondo occidentale.

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* Vanno oggi intorno molti individui la cui unica oc-cupazione è quella di mettere al fuoco il tan61, di raffina-re il mercurio. Si fanno passare come dispensieri di ric-chezze: in realtà mirano a sfruttare l’avidità e la creduli-tà altrui, e scompaiono colla sveltezza del diavolo appe-na hanno fatto il colpo.

Pretendono costoro di saper sviluppare in tutta la suaefficacia le arcane facoltà del tan applicando ad esse unaltro potere: quello di certe piante, e di trasformare pertale processo il piombo in oro e il mercurio in argentopuro. È quello che essi chiamano il segreto del bianco edel giallo. Ma cominciano col chiedere una gran quanti-tà d’oro e d’argento, che deve costituire, come essi dico-no nel loro gergo, il «metallo madre». Spiano il momen-to buono, s’impadroniscono de’ metalli preziosi loro af-fidati, e se la svignano.

Di tali truffatori fu una volta vittima il signor Pan, na-tivo di Sung-Kiang. Era uomo assai istruito e assennato;ma aveva per sua sventura la debolezza di credere nellapotenza del tan. Gli imbroglioni – o «iniziati», come sichiaman da sè – che ben lo sapevano, riuscirono più

61 È quello che noi chiamiamo la pietra filosofale, e se ne facenno nella letteratura cinese fin dal III secolo av. C. È probabileche dalla Cina abbiano preso gli Arabi l’alchimia, che fu poi daloro fatta conoscere nel mondo occidentale.

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volte a spillargli quattrini; ma la sua fede non ne erascossa. Dopo ogni insuccesso, conchiudeva che il proce-dimento non doveva essere stato ben condotto, che bastauna piccola negligenza per non ottenere l’effetto, e chedel resto si sarebbe compensato delle perdite subìte,quando l’esito fosse felice. E tornava a lasciarsi gabba-re.

Un giorno il signor Pan vide comparire nella villa vi-cina alla sua un forestiero che doveva essere assai ricco,a giudicare dal numero dei servi e dall’eleganza del mo-biglio. Aveva una moglie bellissima, colla quale facevaspesso delle gite sul fiume. Non di rado prendevano iloro pasti sulla magnifica imbarcazione, rallegrati damusiche e da canti.

Ebbe così Pan occasione di ammirare il prezioso va-sellame che copriva la loro tavola: tutto era d’oro ed’argento massiccio. Se le gite avevano luogo di sera,alla luce variopinta di torce e di lampioni, era tutto unoscintillìo che abbagliava gli occhi.

«Costui», pensò Pan, «deve essere ricco sfondato. Mipiacerebbe avvicinarlo, e conoscere il segreto delle suericchezze».

L’occasione non tardò a presentarsi, perchè le due vil-le erano contigue, e separate soltanto da una siepe.Scambiati i complimenti di prammatica, Pan si congra-tulò col forestiero perchè fosse in grado di vivere comea pochi principi è concesso.

«Voi dovete certo possedere», gli disse tra l’altro,«dei veri tesori in metalli preziosi».

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volte a spillargli quattrini; ma la sua fede non ne erascossa. Dopo ogni insuccesso, conchiudeva che il proce-dimento non doveva essere stato ben condotto, che bastauna piccola negligenza per non ottenere l’effetto, e chedel resto si sarebbe compensato delle perdite subìte,quando l’esito fosse felice. E tornava a lasciarsi gabba-re.

Un giorno il signor Pan vide comparire nella villa vi-cina alla sua un forestiero che doveva essere assai ricco,a giudicare dal numero dei servi e dall’eleganza del mo-biglio. Aveva una moglie bellissima, colla quale facevaspesso delle gite sul fiume. Non di rado prendevano iloro pasti sulla magnifica imbarcazione, rallegrati damusiche e da canti.

Ebbe così Pan occasione di ammirare il prezioso va-sellame che copriva la loro tavola: tutto era d’oro ed’argento massiccio. Se le gite avevano luogo di sera,alla luce variopinta di torce e di lampioni, era tutto unoscintillìo che abbagliava gli occhi.

«Costui», pensò Pan, «deve essere ricco sfondato. Mipiacerebbe avvicinarlo, e conoscere il segreto delle suericchezze».

L’occasione non tardò a presentarsi, perchè le due vil-le erano contigue, e separate soltanto da una siepe.Scambiati i complimenti di prammatica, Pan si congra-tulò col forestiero perchè fosse in grado di vivere comea pochi principi è concesso.

«Voi dovete certo possedere», gli disse tra l’altro,«dei veri tesori in metalli preziosi».

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«Il tesoro che io possiedo», rispose il forestiero, «èancora più raro: consiste nel saper procurarmi a mio pia-cimento questi metalli. Un tale segreto mi permette dispendere e spandere quanto voglio, e di rifornirmi quan-do mi fa comodo».

«È un segreto che conoscerei volontieri!», disse Pan.«Non son cose da trattarsi sui due piedi», replicò

l’altro. «Sono arcani delicati e importanti...»Pan insistette. Il forestiero si fece pregare ancora un

bel pezzo, e alla fine, avvicinandoglisi all’orecchio,mormorò in tono di mistero:

«Io conosco il segreto delle nove trasformazioni, perle quali il piombo e il mercurio diventano oro ed argen-to, purchè siano convenientemente trattati col tan.Quando io accendo i miei fornelli e compio la grandeoperazione, ne ottengo oro e argento a bizzeffe».

La magica parola tan fece sussultare il nostro uomo.«Vossignoria conosce dunque tutti i particolari del

processo che bisogna seguire onde compiere la trasfor-mazione!», esclamò. «Io mi ci sono provato tante volte,senza mai riuscirvi. Se voleste insegnarmi, la mia grati-tudine per voi sarebbe eterna!»

«Vi pare che sia questo un segreto da rivelarsi cosìalla leggera? Quel che posso fare, è di eseguire alcunedelle operazioni sotto i vostri occhi. S’intende, così perdivertimento, e per accontentarvi».

Il forestiero ordinò a un servitore di accendere un for-nello; gettò nel crogiuolo alcune once di piombo e dimercurio, e fece fondere la miscela. Poi, levatosi dalla

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«Il tesoro che io possiedo», rispose il forestiero, «èancora più raro: consiste nel saper procurarmi a mio pia-cimento questi metalli. Un tale segreto mi permette dispendere e spandere quanto voglio, e di rifornirmi quan-do mi fa comodo».

«È un segreto che conoscerei volontieri!», disse Pan.«Non son cose da trattarsi sui due piedi», replicò

l’altro. «Sono arcani delicati e importanti...»Pan insistette. Il forestiero si fece pregare ancora un

bel pezzo, e alla fine, avvicinandoglisi all’orecchio,mormorò in tono di mistero:

«Io conosco il segreto delle nove trasformazioni, perle quali il piombo e il mercurio diventano oro ed argen-to, purchè siano convenientemente trattati col tan.Quando io accendo i miei fornelli e compio la grandeoperazione, ne ottengo oro e argento a bizzeffe».

La magica parola tan fece sussultare il nostro uomo.«Vossignoria conosce dunque tutti i particolari del

processo che bisogna seguire onde compiere la trasfor-mazione!», esclamò. «Io mi ci sono provato tante volte,senza mai riuscirvi. Se voleste insegnarmi, la mia grati-tudine per voi sarebbe eterna!»

«Vi pare che sia questo un segreto da rivelarsi cosìalla leggera? Quel che posso fare, è di eseguire alcunedelle operazioni sotto i vostri occhi. S’intende, così perdivertimento, e per accontentarvi».

Il forestiero ordinò a un servitore di accendere un for-nello; gettò nel crogiuolo alcune once di piombo e dimercurio, e fece fondere la miscela. Poi, levatosi dalla

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cintura una scatoletta contenente una polvere nera, neprese un pizzico coll’unghia del mignolo, e la lasciò ca-dere nel metallo ardente.

Quando si levò il crogiuolo, piombo e mercurio eranoscomparsi: in luogo loro c’era una candida massad’argento62.

Il credulo Pan sgranava tanto d’occhi. Quando si furiavuto dallo stupore, disse al nuovo amico:

«Voi sì che siete un vero adepto, un vero iniziato! Glialtri con cui ho avuto a che fare non erano altro che vol-gari gabbamondi. Via, rivelatemi i tesori della vostrascienza».

«Anzitutto», rispose d’altro, «bisogna disporre di oro,oppure di argento, per costituire quel che si chiama me-tallo madre, o metallo padre, che dovrà procurare la so-stanza desiderata. La si purifica con gran cura, la si ponenel crogiuolo e la si fa fondere nove volte. Venuto il mo-mento di aprire il forno, si versa nella massa un pizzicodella polvere che avete veduto. In un istante l’oro el’argento si formano. Insieme ad essi si ritrova poi ilmetallo madre, poco o punto diminuito».

«E quanto deve essere il metallo madre?», chiese an-

62 Nell’originale segue una digressione, in cui si spiega iltrucco in un modo curioso. Prima di mettere il piombo e il mercu-rio nel crogiuolo, l’impostore depone di soppiatto sul fondo diquesto una certa quantità di argento. Siccome quei due metalli op-pongono scarsa resistenza all’azione del fuoco, svaniscono infumo. Così, quando si ritira il crogiuolo, non vi si trova chel’argento!

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cintura una scatoletta contenente una polvere nera, neprese un pizzico coll’unghia del mignolo, e la lasciò ca-dere nel metallo ardente.

Quando si levò il crogiuolo, piombo e mercurio eranoscomparsi: in luogo loro c’era una candida massad’argento62.

Il credulo Pan sgranava tanto d’occhi. Quando si furiavuto dallo stupore, disse al nuovo amico:

«Voi sì che siete un vero adepto, un vero iniziato! Glialtri con cui ho avuto a che fare non erano altro che vol-gari gabbamondi. Via, rivelatemi i tesori della vostrascienza».

«Anzitutto», rispose d’altro, «bisogna disporre di oro,oppure di argento, per costituire quel che si chiama me-tallo madre, o metallo padre, che dovrà procurare la so-stanza desiderata. La si purifica con gran cura, la si ponenel crogiuolo e la si fa fondere nove volte. Venuto il mo-mento di aprire il forno, si versa nella massa un pizzicodella polvere che avete veduto. In un istante l’oro el’argento si formano. Insieme ad essi si ritrova poi ilmetallo madre, poco o punto diminuito».

«E quanto deve essere il metallo madre?», chiese an-

62 Nell’originale segue una digressione, in cui si spiega iltrucco in un modo curioso. Prima di mettere il piombo e il mercu-rio nel crogiuolo, l’impostore depone di soppiatto sul fondo diquesto una certa quantità di argento. Siccome quei due metalli op-pongono scarsa resistenza all’azione del fuoco, svaniscono infumo. Così, quando si ritira il crogiuolo, non vi si trova chel’argento!

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siosamente Pan.«Si può operare in grande come in piccolo; ma

l’effetto del tan è maggiore quanto maggiore è il metallomadre».

«I miei mezzi sono modesti», disse Pan, «ma credoche potrò mettere insieme alcune migliaia di tael. Seaveste la bontà di accompagnarmi ad una mia casa dicampagna, vi tratterei del mio meglio. Là potremmocompiere insieme la grande opera, e io vi dovrei la miafelicità».

«Mi sono finora rifiutato di rivelare il mio segreto adaltri. Se cedo alle vostre insistenze, è perchè mi sembra-te uomo schietto e risoluto. Tra qualche giorno verrò araggiungervi nella vostra casa di campagna. Datemi iltempo di condurre la mia signora da mia madre, che abi-ta molto lontano di qui, e colla quale convivrà durante lamia assenza».

Ma Pan era impaziente, e non vedeva l’ora di fared’esperienza.

Fece al riccone una proposta.«Sentite: la mia casa di campagna non è elegante, ma

è vasta e comoda abbastanza per ospitarvi anche la vo-stra signora. Se essa volesse degnarsi di onorarla dellasua presenza, io ne sarei molto lieto».

Il forestiero parve riflettere un momento, e poi rispo-se:

«Sta bene: accetto la vostra gentile profferta. Dico su-bito a mia moglie di fare i preparativi per il viaggio, e diprovvedere al trasporto dei forni e dei crogiuoli».

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siosamente Pan.«Si può operare in grande come in piccolo; ma

l’effetto del tan è maggiore quanto maggiore è il metallomadre».

«I miei mezzi sono modesti», disse Pan, «ma credoche potrò mettere insieme alcune migliaia di tael. Seaveste la bontà di accompagnarmi ad una mia casa dicampagna, vi tratterei del mio meglio. Là potremmocompiere insieme la grande opera, e io vi dovrei la miafelicità».

«Mi sono finora rifiutato di rivelare il mio segreto adaltri. Se cedo alle vostre insistenze, è perchè mi sembra-te uomo schietto e risoluto. Tra qualche giorno verrò araggiungervi nella vostra casa di campagna. Datemi iltempo di condurre la mia signora da mia madre, che abi-ta molto lontano di qui, e colla quale convivrà durante lamia assenza».

Ma Pan era impaziente, e non vedeva l’ora di fared’esperienza.

Fece al riccone una proposta.«Sentite: la mia casa di campagna non è elegante, ma

è vasta e comoda abbastanza per ospitarvi anche la vo-stra signora. Se essa volesse degnarsi di onorarla dellasua presenza, io ne sarei molto lieto».

Il forestiero parve riflettere un momento, e poi rispo-se:

«Sta bene: accetto la vostra gentile profferta. Dico su-bito a mia moglie di fare i preparativi per il viaggio, e diprovvedere al trasporto dei forni e dei crogiuoli».

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A Pan sembrava di toccare il ciel col dito. Si partì ilgiorno dopo, e fu un viaggio delizioso. Si parlò dei teso-ri che si sarebbero accumulati col tan, della vita splendi-da che si sarebbe condotta, aperta una volta la fonte ine-sauribile della ricchezza. Pan beveva grosso, e sognavagià di nuotare nell’oro.

Quando furono giunti, il padrone di casa mostrò alsuo ospite una casetta disabitata in fondo al giardino,dove avrebbero potuto dedicarsi alle loro operazionisenza essere disturbati. Allogò poi comodamente l’ini-ziato e la sua signora, nonchè la loro servitù, nell’appar-tamento migliore della casa, e si decise che il giorno se-guente l’opera verrebbe intrapresa.

La signora ringraziò il signor Pan con un sorriso se-ducente, dal quale egli rimase come conquiso. Chiese diassentarsi, e un momento dopo ritornò presentando allasua leggiadra ospite un paio di braccialetti e d’orecchinid’oro, dicendo:

«Permettete che io vi faccia omaggio di queste bazze-cole. Sono il dono del benvenuto in casa mia, e speronon vorrete farmi il torto di rifiutarle».

Il riccone pesò gli oggetti nella mano, e disse sorri-dendo:

«La vostra generosità mi confonde, e ve ne sono gra-tissimo. Ma per voi gli oggetti d’oro hanno ancora valo-re, mentre noi abbiamo il mezzo di procurarcene quantivogliamo. Davvero che devo declinare il vostro dono».

«Era solo un piccolo segno d’amicizia che mi permet-tevo di offrire», rispose Pan arrossendo, «e speravo che

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A Pan sembrava di toccare il ciel col dito. Si partì ilgiorno dopo, e fu un viaggio delizioso. Si parlò dei teso-ri che si sarebbero accumulati col tan, della vita splendi-da che si sarebbe condotta, aperta una volta la fonte ine-sauribile della ricchezza. Pan beveva grosso, e sognavagià di nuotare nell’oro.

Quando furono giunti, il padrone di casa mostrò alsuo ospite una casetta disabitata in fondo al giardino,dove avrebbero potuto dedicarsi alle loro operazionisenza essere disturbati. Allogò poi comodamente l’ini-ziato e la sua signora, nonchè la loro servitù, nell’appar-tamento migliore della casa, e si decise che il giorno se-guente l’opera verrebbe intrapresa.

La signora ringraziò il signor Pan con un sorriso se-ducente, dal quale egli rimase come conquiso. Chiese diassentarsi, e un momento dopo ritornò presentando allasua leggiadra ospite un paio di braccialetti e d’orecchinid’oro, dicendo:

«Permettete che io vi faccia omaggio di queste bazze-cole. Sono il dono del benvenuto in casa mia, e speronon vorrete farmi il torto di rifiutarle».

Il riccone pesò gli oggetti nella mano, e disse sorri-dendo:

«La vostra generosità mi confonde, e ve ne sono gra-tissimo. Ma per voi gli oggetti d’oro hanno ancora valo-re, mentre noi abbiamo il mezzo di procurarcene quantivogliamo. Davvero che devo declinare il vostro dono».

«Era solo un piccolo segno d’amicizia che mi permet-tevo di offrire», rispose Pan arrossendo, «e speravo che

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come tale sarebbe riuscito accetto».«Quand’è così, non parliamone più», disse l’iniziato.

«Perdonate il mio primo impulso, dovuto a un sentimen-to di delicatezza. Saprò dimostrarvi che la vostra amici-zia è ampiamente ricambiata da parte mia».

Così dicendo, porse i gioielli alla signora, che si pro-fuse in ringraziamenti, e lanciò al donatore uno sguardofurtivo pieno di tenerezza.

Pan disse tra sè: «Un uomo che possiede una donnacome questa e conosce il segreto del tan, credo che nonpossa desiderare più nulla al mondo. Il segreto del tan loconoscerò tra poco; quanto alla donna... chi sa?... Essasi trova in casa mia, e l’occasione favorevole si può pre-sentare. Col tempo e colla pazienza si ottengono tantecose!»

«Quando ci mettiamo all’opera?» chiese poi al suoospite.

«Appena abbia il metallo madre, io sono pronto a ini-ziare il lavoro col mio discepolo», fu la risposta. «Mag-giore è la massa del metallo madre, e maggiore, come viho già detto, sarà il reddito».

«Benissimo», disse Pan, «questa volta posso disporredi duemila once d’argento, che metterò insieme oggistesso. Domani si potrebbe cominciare».

Si sedettero a uno splendido banchetto, mentre un al-tro attendeva la moglie dell’iniziato nei suoi apparta-menti.**

La mattina seguente fu impiegata nei preparativi perla grande impresa. In casa Pan non mancava nulla di ciò

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come tale sarebbe riuscito accetto».«Quand’è così, non parliamone più», disse l’iniziato.

«Perdonate il mio primo impulso, dovuto a un sentimen-to di delicatezza. Saprò dimostrarvi che la vostra amici-zia è ampiamente ricambiata da parte mia».

Così dicendo, porse i gioielli alla signora, che si pro-fuse in ringraziamenti, e lanciò al donatore uno sguardofurtivo pieno di tenerezza.

Pan disse tra sè: «Un uomo che possiede una donnacome questa e conosce il segreto del tan, credo che nonpossa desiderare più nulla al mondo. Il segreto del tan loconoscerò tra poco; quanto alla donna... chi sa?... Essasi trova in casa mia, e l’occasione favorevole si può pre-sentare. Col tempo e colla pazienza si ottengono tantecose!»

«Quando ci mettiamo all’opera?» chiese poi al suoospite.

«Appena abbia il metallo madre, io sono pronto a ini-ziare il lavoro col mio discepolo», fu la risposta. «Mag-giore è la massa del metallo madre, e maggiore, come viho già detto, sarà il reddito».

«Benissimo», disse Pan, «questa volta posso disporredi duemila once d’argento, che metterò insieme oggistesso. Domani si potrebbe cominciare».

Si sedettero a uno splendido banchetto, mentre un al-tro attendeva la moglie dell’iniziato nei suoi apparta-menti.**

La mattina seguente fu impiegata nei preparativi perla grande impresa. In casa Pan non mancava nulla di ciò

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che costituisce il materiale richiesto all’uopo: mattoni,crogiuoli, soffietti, forni, piccoli e grandi recipienti,masse di piombo, provvista di mercurio, assortimento diagenti e reagenti. Il riccone si congratulò col suo allievoche possedesse un macchinario così completo, il qualeattestava in lui un’esperienza consumata dell’arte.

«Ma io possiedo qualche cosa di più», aggiunse conaria d’importanza. «Possiedo il segreto d’una mirabileformola che mi fu trasmessa dagli dei superni e chesono il solo a conoscere. Quando l’avrò messa alla pro-va sotto i vostri occhi, rimarrete stupefatto delle sue vir-tù».

«Aspetto con impazienza questa prova di fiducia, enon saprò mai trovar parole bastanti per esprimervi lamia riconoscenza».

«Come vi ho già rivelato, il mio metodo esige novefusioni o rivoluzioni. Aggiungerò ora che ciascuna diqueste operazioni dura nove giorni, cosicchè il processocompleto di trasmutazione richiede ottantun giorni».

«Non avete che a disporre ciò che si debba fare, e ciimpiegheremo tutto il tempo che occorre»,

Si misero subito all’opera. Venne costrutto un ampioforno, che si caricò e si accese. Pan fornì il metallo ma-dre che aveva promesso. L’iniziato lo prese, e lo gettò apoco a poco dentro al forno; poi lo cosparse con un po’della famosa polvere di tan. Il suo ospite stava ad osser-vare colla più grande attenzione. Versò ancora l’operato-re certi strani e mirabili ingredienti e droghe nel forno:se ne sollevò una vampa fumosa, che presentava tutti i

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che costituisce il materiale richiesto all’uopo: mattoni,crogiuoli, soffietti, forni, piccoli e grandi recipienti,masse di piombo, provvista di mercurio, assortimento diagenti e reagenti. Il riccone si congratulò col suo allievoche possedesse un macchinario così completo, il qualeattestava in lui un’esperienza consumata dell’arte.

«Ma io possiedo qualche cosa di più», aggiunse conaria d’importanza. «Possiedo il segreto d’una mirabileformola che mi fu trasmessa dagli dei superni e chesono il solo a conoscere. Quando l’avrò messa alla pro-va sotto i vostri occhi, rimarrete stupefatto delle sue vir-tù».

«Aspetto con impazienza questa prova di fiducia, enon saprò mai trovar parole bastanti per esprimervi lamia riconoscenza».

«Come vi ho già rivelato, il mio metodo esige novefusioni o rivoluzioni. Aggiungerò ora che ciascuna diqueste operazioni dura nove giorni, cosicchè il processocompleto di trasmutazione richiede ottantun giorni».

«Non avete che a disporre ciò che si debba fare, e ciimpiegheremo tutto il tempo che occorre»,

Si misero subito all’opera. Venne costrutto un ampioforno, che si caricò e si accese. Pan fornì il metallo ma-dre che aveva promesso. L’iniziato lo prese, e lo gettò apoco a poco dentro al forno; poi lo cosparse con un po’della famosa polvere di tan. Il suo ospite stava ad osser-vare colla più grande attenzione. Versò ancora l’operato-re certi strani e mirabili ingredienti e droghe nel forno:se ne sollevò una vampa fumosa, che presentava tutti i

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cinque colori63.Chiamò poi due de’ suoi servi, che erano cogniti e so-

liti a fargli da assistenti, e impartì loro le sue istruzioni,avvisandoli che sarebbe rimasto per tre mesi e un gior-no, allo scopo di verificare personalmente l’attività delforno.

«Quanto a voi», ordinò agli altri servi, «ritornate acasa della mia signora madre, e significatele che sarò dalei alla data che vi ho detto».

I servi partirono, e rimasero i due fidi giorno e nottealla guardia del forno. Egli vi si recava spesso a sorve-gliare se la vampa del fuoco non diminuiva. Il resto del-la giornata lo passava allegramente col suo ospite, cheormai trattava da amico. Cianciavano, bevevano, face-vano di gran partite a scacchi: insomma, se la godevano.Di tempo in tempo facevano qualche visitina alla signo-ra per informarsi della sua salute, e Pan si valeva di que-ste occasioni per colmarla di attenzioni e di cortesie, allequali essa, a giudicare da certe occhiate assassine che glirivolgeva, non rimaneva indifferente.

Passò così una ventina di giorni, quando improvvisa-mente si vide comparire, coperto di polvere e vestito inbianco64, uno degli adepti che il riccone aveva mandatoa casa di sua madre. Appena vide il padrone si gettò a’

63 I cinque colori cinesi sono il nero, il rosso, il bleu (o verde),il bianco e il giallo.

64 È il colore di lutto per i Cinesi. La parola per «funerale»suona letteralmente «bianca cosa». Cfr. P. BELLEZZA, in Rend. delR. Istituto Lombardo. 1918, p. 846.

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cinque colori63.Chiamò poi due de’ suoi servi, che erano cogniti e so-

liti a fargli da assistenti, e impartì loro le sue istruzioni,avvisandoli che sarebbe rimasto per tre mesi e un gior-no, allo scopo di verificare personalmente l’attività delforno.

«Quanto a voi», ordinò agli altri servi, «ritornate acasa della mia signora madre, e significatele che sarò dalei alla data che vi ho detto».

I servi partirono, e rimasero i due fidi giorno e nottealla guardia del forno. Egli vi si recava spesso a sorve-gliare se la vampa del fuoco non diminuiva. Il resto del-la giornata lo passava allegramente col suo ospite, cheormai trattava da amico. Cianciavano, bevevano, face-vano di gran partite a scacchi: insomma, se la godevano.Di tempo in tempo facevano qualche visitina alla signo-ra per informarsi della sua salute, e Pan si valeva di que-ste occasioni per colmarla di attenzioni e di cortesie, allequali essa, a giudicare da certe occhiate assassine che glirivolgeva, non rimaneva indifferente.

Passò così una ventina di giorni, quando improvvisa-mente si vide comparire, coperto di polvere e vestito inbianco64, uno degli adepti che il riccone aveva mandatoa casa di sua madre. Appena vide il padrone si gettò a’

63 I cinque colori cinesi sono il nero, il rosso, il bleu (o verde),il bianco e il giallo.

64 È il colore di lutto per i Cinesi. La parola per «funerale»suona letteralmente «bianca cosa». Cfr. P. BELLEZZA, in Rend. delR. Istituto Lombardo. 1918, p. 846.

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suoi piedi, ed esclamò con voce agitata:«Sventura! grande sventura! L’onoranda madre

dell’illustre signore è morta! Sono qui a prendere l’illu-stre signore, perchè venga a casa a renderle gli ultimionori».

A questa notizia, il signore rimase come fulminato,divenne bianco in viso, e piangendo e lamentandosi silasciò cadere a terra. Grande fu anche la costernazionedi Pan, il quale pensò che questo avvenimento avrebbepotuto compromettere le sue più care speranze. Non ri-sparmiò all’amico le parole di conforto, che si dicono insimili occasioni.

* «Era mia ferma intenzione», disse l’iniziato, dopoaver dato sfogo al suo dolore, «di rimanere con voi acompiere la grande opera. Chi mi avesse detto che unlutto crudele doveva così all’improvviso sconvolgere inostri progetti!... La mia presenza è assolutamente ne-cessaria a casa. D’altra parte, interrompere l’azione ini-ziata, sarebbe rinunciare ai frutti delle fatiche che giàabbiamo sostenuto. Ma come fare?... Mia moglie è bensìavvezza ad aiutarmi nelle mie esperienze e a sorvegliareil forno, perchè è al fatto di tutti i segreti dell’arte; ma ètroppo giovane per dimorare decorosamente senza suomarito in una casa di forestieri...»

«Ormai non formiamo che una sola famiglia», inter-ruppe il buon Pan. «Non vedo perchè la vostra nobile si-gnora non potrebbe rimanere qui durante la vostra as-senza. Sarebbe circondata dal maggior rispetto, e fareiin modo che fossero salvate in tutto e per tutto le conve-

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suoi piedi, ed esclamò con voce agitata:«Sventura! grande sventura! L’onoranda madre

dell’illustre signore è morta! Sono qui a prendere l’illu-stre signore, perchè venga a casa a renderle gli ultimionori».

A questa notizia, il signore rimase come fulminato,divenne bianco in viso, e piangendo e lamentandosi silasciò cadere a terra. Grande fu anche la costernazionedi Pan, il quale pensò che questo avvenimento avrebbepotuto compromettere le sue più care speranze. Non ri-sparmiò all’amico le parole di conforto, che si dicono insimili occasioni.

* «Era mia ferma intenzione», disse l’iniziato, dopoaver dato sfogo al suo dolore, «di rimanere con voi acompiere la grande opera. Chi mi avesse detto che unlutto crudele doveva così all’improvviso sconvolgere inostri progetti!... La mia presenza è assolutamente ne-cessaria a casa. D’altra parte, interrompere l’azione ini-ziata, sarebbe rinunciare ai frutti delle fatiche che giàabbiamo sostenuto. Ma come fare?... Mia moglie è bensìavvezza ad aiutarmi nelle mie esperienze e a sorvegliareil forno, perchè è al fatto di tutti i segreti dell’arte; ma ètroppo giovane per dimorare decorosamente senza suomarito in una casa di forestieri...»

«Ormai non formiamo che una sola famiglia», inter-ruppe il buon Pan. «Non vedo perchè la vostra nobile si-gnora non potrebbe rimanere qui durante la vostra as-senza. Sarebbe circondata dal maggior rispetto, e fareiin modo che fossero salvate in tutto e per tutto le conve-

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nienze».Il riccone fece obiezioni, nicchiò, discusse a lungo, e

finì per accettare, dicendo che non si sentiva di rifiutarea un amico una tal prova di fiducia. Aggiunse cheavrebbe fatto del suo meglio per ritornare presto e ri-prendere il suo posto accanto al forno.

Pan dovette fare un grande sforzo per nascondere lasua gioia.

L’amico si chiuse poi con sua moglie, ed ebbe con leiun lungo colloquio. Poi, in presenza di Pan, le impartì leistruzioni relative alle operazioni in corso, raccoman-dandole caldamente di fare buona guardia al fuoco. Unservo doveva stare continuamente presso al forno.

«La minima negligenza», conchiuse, «basterebbe perfar andare a male l’impresa, e rendere vani i sacrifici giàfatti».

«Ma se per un caso impensato», chiese Pan, «fostetrattenuto a casa vostra oltre il termine degli ottantungiorni, in che modo dovremo comportarci?»

«Non fate nulla prima del mio arrivo. Aspettate che sicompiano le nove fusioni; più a lungo si lascia riposarenel forno la massa e più efficace e redditizia è l’azionegeneratrice del tan. Non importa dunque se si ritarda diqualche giorno l’apertura del forno».

Si rinnovarono condoglianze, raccomandazioni, salu-ti, ringraziamenti, e il riccone partì.

Pan e la signora si recarono subito al laboratorio. Pri-ma d’entrare, la signora congedò le domestiche di scor-ta: nessun profano doveva varcare la soglia del luogo

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nienze».Il riccone fece obiezioni, nicchiò, discusse a lungo, e

finì per accettare, dicendo che non si sentiva di rifiutarea un amico una tal prova di fiducia. Aggiunse cheavrebbe fatto del suo meglio per ritornare presto e ri-prendere il suo posto accanto al forno.

Pan dovette fare un grande sforzo per nascondere lasua gioia.

L’amico si chiuse poi con sua moglie, ed ebbe con leiun lungo colloquio. Poi, in presenza di Pan, le impartì leistruzioni relative alle operazioni in corso, raccoman-dandole caldamente di fare buona guardia al fuoco. Unservo doveva stare continuamente presso al forno.

«La minima negligenza», conchiuse, «basterebbe perfar andare a male l’impresa, e rendere vani i sacrifici giàfatti».

«Ma se per un caso impensato», chiese Pan, «fostetrattenuto a casa vostra oltre il termine degli ottantungiorni, in che modo dovremo comportarci?»

«Non fate nulla prima del mio arrivo. Aspettate che sicompiano le nove fusioni; più a lungo si lascia riposarenel forno la massa e più efficace e redditizia è l’azionegeneratrice del tan. Non importa dunque se si ritarda diqualche giorno l’apertura del forno».

Si rinnovarono condoglianze, raccomandazioni, salu-ti, ringraziamenti, e il riccone partì.

Pan e la signora si recarono subito al laboratorio. Pri-ma d’entrare, la signora congedò le domestiche di scor-ta: nessun profano doveva varcare la soglia del luogo

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sacro. Pan la divorava cogli occhi, e appena intendeva iparticolari che essa andava esponendogli circa al mododi regolare il fuoco, ventilare il forno, e così via. Se nonfosse stato presente il servo, avrebbe osato di più.

Quando uscì di là con lui, si disse dolente che, per ca-gion sua e in seguito alla partenza del marito, essa si tro-vasse costretta a una vita monotona e solitaria. La bellasignora non rispose parola: abbozzò appena un sorriso,si inchinò tre volte, e si ritirò nel suo appartamento.

«Maledetto servitore!», disse tra sè Pan, dispettosa-mente. «Se non c’era lui, potevo farle un po’ di corte làdentro. Ma troverò ben io il modo di sbarazzarmene efarmi lasciare il campo libero, almeno per qualche ora!»

Detto fatto, ordinò ai servi di allestire per il giorno se-guente un buon pranzo, e d’invitarvi anche l’incaricatoal forno, dicendogli che il padrone di casa intendevacosì ricompensarlo della sua premura, e di farlo bere,finchè fosse briaco fracido.

Poco dopo vide venire dall’appartamento della signo-ra un servo, che recava una tazza fumante di tè.

«La mia signora si permette di mandarle questo», dis-se il servo inchinandosi profondamente.

Egli accettò, e incaricò il domestico di presentare ipiù sviscerati ringraziamenti alla gentile mittente.

La mattina dopo il laboratorio era deserto. Il servoaveva accettato l’invito, e dopo una sbornia solenne, siera buttato a dormire in un angolo del cortile.

Quando Pan e la signora entrarono nel sacrario, ilfuoco era spento. La signora chiese come mai il servo

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sacro. Pan la divorava cogli occhi, e appena intendeva iparticolari che essa andava esponendogli circa al mododi regolare il fuoco, ventilare il forno, e così via. Se nonfosse stato presente il servo, avrebbe osato di più.

Quando uscì di là con lui, si disse dolente che, per ca-gion sua e in seguito alla partenza del marito, essa si tro-vasse costretta a una vita monotona e solitaria. La bellasignora non rispose parola: abbozzò appena un sorriso,si inchinò tre volte, e si ritirò nel suo appartamento.

«Maledetto servitore!», disse tra sè Pan, dispettosa-mente. «Se non c’era lui, potevo farle un po’ di corte làdentro. Ma troverò ben io il modo di sbarazzarmene efarmi lasciare il campo libero, almeno per qualche ora!»

Detto fatto, ordinò ai servi di allestire per il giorno se-guente un buon pranzo, e d’invitarvi anche l’incaricatoal forno, dicendogli che il padrone di casa intendevacosì ricompensarlo della sua premura, e di farlo bere,finchè fosse briaco fracido.

Poco dopo vide venire dall’appartamento della signo-ra un servo, che recava una tazza fumante di tè.

«La mia signora si permette di mandarle questo», dis-se il servo inchinandosi profondamente.

Egli accettò, e incaricò il domestico di presentare ipiù sviscerati ringraziamenti alla gentile mittente.

La mattina dopo il laboratorio era deserto. Il servoaveva accettato l’invito, e dopo una sbornia solenne, siera buttato a dormire in un angolo del cortile.

Quando Pan e la signora entrarono nel sacrario, ilfuoco era spento. La signora chiese come mai il servo

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non fosse al suo posto; e allora il giovane sciorinò il di-scorsetto che aveva preparato. Disse che lo aveva allon-tanato a bella posta; che il fuoco del suo amore era in-comparabilmente più forte del fuoco del forno...

La signora protestò che era male profanare con talidiscorsi la solennità del luogo, che il processo del tanavrebbe potuto soffrirne, che essa non voleva mancarealle sante leggi dell’onore. La sua resistenza acuivasempre più la brama di lui. Disse che gli importava assaipiù di ottener da lei la suprema prova di affetto, che nondi vedere compiuta l’operazione; pregò, insistette contanto fervore, con tanta appassionata eloquenza, che al-fine la donna si diede per vinta... **

Seguirono giorni di completa felicità. La biblioteca,l’appartamento della signora, il laboratorio furono teatrodel loro amore. Pan aveva un solo desiderio: che una talvita durasse per sempre... e gli pareva che non fossesolo a desiderarlo. Ma la sua mala sorte gli preparava unben crudele risveglio.

Poche notti eran trascorse da quando era cominciatala loro dolce intimità, allorchè improvvisamente udironbussare alla porta, ed ebbero dai servi la brutta notiziache il signore era arrivato. Il padrone di casa lo accolse,come si può pensare, molto impacciato e di mal umore:il ricevimento fu freddo. Dopo i primi saluti, l’iniziatocorse all’appartamento di sua moglie, e si trattenne alungo con lei. Quando ne uscì, disse a Pan:

«Mia moglie mi dice che il forno del tan non funzio-na più. Può essere che il processo delle nove trasforma-

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non fosse al suo posto; e allora il giovane sciorinò il di-scorsetto che aveva preparato. Disse che lo aveva allon-tanato a bella posta; che il fuoco del suo amore era in-comparabilmente più forte del fuoco del forno...

La signora protestò che era male profanare con talidiscorsi la solennità del luogo, che il processo del tanavrebbe potuto soffrirne, che essa non voleva mancarealle sante leggi dell’onore. La sua resistenza acuivasempre più la brama di lui. Disse che gli importava assaipiù di ottener da lei la suprema prova di affetto, che nondi vedere compiuta l’operazione; pregò, insistette contanto fervore, con tanta appassionata eloquenza, che al-fine la donna si diede per vinta... **

Seguirono giorni di completa felicità. La biblioteca,l’appartamento della signora, il laboratorio furono teatrodel loro amore. Pan aveva un solo desiderio: che una talvita durasse per sempre... e gli pareva che non fossesolo a desiderarlo. Ma la sua mala sorte gli preparava unben crudele risveglio.

Poche notti eran trascorse da quando era cominciatala loro dolce intimità, allorchè improvvisamente udironbussare alla porta, ed ebbero dai servi la brutta notiziache il signore era arrivato. Il padrone di casa lo accolse,come si può pensare, molto impacciato e di mal umore:il ricevimento fu freddo. Dopo i primi saluti, l’iniziatocorse all’appartamento di sua moglie, e si trattenne alungo con lei. Quando ne uscì, disse a Pan:

«Mia moglie mi dice che il forno del tan non funzio-na più. Può essere che il processo delle nove trasforma-

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zioni sia compiuto, e che il tan abbia già svolta tutta lasua efficacia. Bisogna assolutamente verificare i risultatiottenuti. Oggi è troppo tardi per procedere a questa veri-fica; ma domattina sacrificheremo agli spiriti, e poi apri-remo i crogiuoli».

Pan trascorse la notte da solo, pensando tristamenteall’ebbrezza che aveva goduto le notti precedenti; ma siconfortò colla speranza, espressa anche dall’iniziato,che le operazioni potevano aver sortito esito felice seb-bene il forno fosse spento. Le ricchezze che ne avrebbericavato, l’avrebbero compensato dello scacco subìto.

Venuto il mattino si sacrificò agli spiriti65, poi l’inizia-to, con viso grave, entrò nel laboratorio seguitodall’ospite. Ma appena ebbe varcata la soglia, si turbò,corrugò la fronte, e gridò:

«Che cos’è questo odore che c’è qui dentro?» Borbot-tò alcune altre parole, poi aprì il forno, vi gettò lo sguar-do, e disse con voce spaventata insieme e irritata: «Tuttoè perduto, tutto! L’effetto del tan è mancato! Perfino ilmetallo madre è scomparso senza lasciar traccia!... Sidevono aver perpetrati qui degli atti innominabili di im-pudicizia, che hanno provocato lo sdegno degli spiritisuperni!»

Pan rimase terrorizzato a queste parole. Anch’egli

65 Gli alchimisti pretendevano di esercitare l’arte loro sotto ilpatrocinio del dio del focolare, assai simile ad Agni, il dio indianodel fuoco. Ma la divinità cinese era in certo modo sdoppiata: una,di genere femminile, era la patrona delle cuciniere e delle massa-ie; un’altra, maschile, presiedeva ai fornelli alchimistici.

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zioni sia compiuto, e che il tan abbia già svolta tutta lasua efficacia. Bisogna assolutamente verificare i risultatiottenuti. Oggi è troppo tardi per procedere a questa veri-fica; ma domattina sacrificheremo agli spiriti, e poi apri-remo i crogiuoli».

Pan trascorse la notte da solo, pensando tristamenteall’ebbrezza che aveva goduto le notti precedenti; ma siconfortò colla speranza, espressa anche dall’iniziato,che le operazioni potevano aver sortito esito felice seb-bene il forno fosse spento. Le ricchezze che ne avrebbericavato, l’avrebbero compensato dello scacco subìto.

Venuto il mattino si sacrificò agli spiriti65, poi l’inizia-to, con viso grave, entrò nel laboratorio seguitodall’ospite. Ma appena ebbe varcata la soglia, si turbò,corrugò la fronte, e gridò:

«Che cos’è questo odore che c’è qui dentro?» Borbot-tò alcune altre parole, poi aprì il forno, vi gettò lo sguar-do, e disse con voce spaventata insieme e irritata: «Tuttoè perduto, tutto! L’effetto del tan è mancato! Perfino ilmetallo madre è scomparso senza lasciar traccia!... Sidevono aver perpetrati qui degli atti innominabili di im-pudicizia, che hanno provocato lo sdegno degli spiritisuperni!»

Pan rimase terrorizzato a queste parole. Anch’egli

65 Gli alchimisti pretendevano di esercitare l’arte loro sotto ilpatrocinio del dio del focolare, assai simile ad Agni, il dio indianodel fuoco. Ma la divinità cinese era in certo modo sdoppiata: una,di genere femminile, era la patrona delle cuciniere e delle massa-ie; un’altra, maschile, presiedeva ai fornelli alchimistici.

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constatò, con suo grande dolore, che l’operazione erafallita. Smorto come un cencio, non trovava parola.

L’ira dell’adepto divenne furore: digrignava i denti,batteva i piedi. Ordinò che gli fosse condotto all’istanteil servitore a cui aveva dato l’incarico di sorvegliare ilforno, e gli disse con voce aspra:

«Chi è entrato nel laboratorio durante la mia assen-za?»

«Nessuno, fuorchè il padrone di casa e la signora. Civenivano ogni giorno per sorvegliare il forno».

«E perchè il tan non ha sortito l’effetto?», disse anco-ra il riccone. «Chiamate subito la signora: voglio sapereche cosa è avvenuto in questa stanza».

Il servo non se lo fece dire due volte.«Tu sei entrata qui ogni giorno», disse in tono severo

quando sua moglie comparve. «Nessun profano è pene-trato qui dentro. Come va che l’operazione è fallita?»

«Io e il nostro ospite», rispose la donna, «siamo venu-ti qui puntualmente ogni giorno a sorvegliare colla mas-sima cura il forno, come avevi ordinato. Posso assicu-rarti che nessuno vi ha messo mano. Non so propriospiegarmi perchè...»

«Basta così», interruppe con violenza il marito. Poi sirivolse al servo: «E tu, sei sempre rimasto al tuo postocome ti avevo ordinato, quando la signora veniva quicol signor Pan?»

«Sempre, signore, eccetto una sola volta».E narrò del banchetto a cui aveva partecipato dietro

invito del padrone di casa.

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constatò, con suo grande dolore, che l’operazione erafallita. Smorto come un cencio, non trovava parola.

L’ira dell’adepto divenne furore: digrignava i denti,batteva i piedi. Ordinò che gli fosse condotto all’istanteil servitore a cui aveva dato l’incarico di sorvegliare ilforno, e gli disse con voce aspra:

«Chi è entrato nel laboratorio durante la mia assen-za?»

«Nessuno, fuorchè il padrone di casa e la signora. Civenivano ogni giorno per sorvegliare il forno».

«E perchè il tan non ha sortito l’effetto?», disse anco-ra il riccone. «Chiamate subito la signora: voglio sapereche cosa è avvenuto in questa stanza».

Il servo non se lo fece dire due volte.«Tu sei entrata qui ogni giorno», disse in tono severo

quando sua moglie comparve. «Nessun profano è pene-trato qui dentro. Come va che l’operazione è fallita?»

«Io e il nostro ospite», rispose la donna, «siamo venu-ti qui puntualmente ogni giorno a sorvegliare colla mas-sima cura il forno, come avevi ordinato. Posso assicu-rarti che nessuno vi ha messo mano. Non so propriospiegarmi perchè...»

«Basta così», interruppe con violenza il marito. Poi sirivolse al servo: «E tu, sei sempre rimasto al tuo postocome ti avevo ordinato, quando la signora veniva quicol signor Pan?»

«Sempre, signore, eccetto una sola volta».E narrò del banchetto a cui aveva partecipato dietro

invito del padrone di casa.

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«Non ho bisogno di sentir altro! Ho compreso tutto!»,disse il riccone.

Voltosi poi di nuovo alla moglie, continuò con un sor-riso freddo e sprezzante:

«Dunque è così! Mi hai lasciato partire, e sei venutaqui sola, miserabile! Tu hai commesso ciò che è valso adistruggere l’azione del tan, quello che ha suscitato losdegno delle potenze celesti!»

E tratto dal suo sacco di viaggio una frusta di cuoio,ne lasciò cadere un colpo sulla donna.

Questa riuscì a scansarsi, tirandosi in fretta da parte;poi, scoppiando in lagrime, balbettò:

«Non sarebbe avvenuto nulla, ti assicuro, se il nostroospite non mi avesse usato violenza, come ad una schia-va... Io non ho avuto la forza abbastanza daresistergli...»

Questa inaspettata dichiarazione fu come un colpo difulmine per il signor Pan. Stralunò gli occhi, sentì ser-rarsi ila gola; voleva parlare, e non poteva. Avrebbe vo-luto che il suolo gli si spalancasse sotto i piedi, per na-scondervisi.

«Questa è dunque la tua ospitalità!», gridò l’iniziatofuribondo, fissandogli in viso due occhi infuocati.«Queste sono le assicurazioni che mi facesti quandopartii di qui! Appena ebbi varcato la porta, ti sei accintoall’opera nefanda del tradimento! Tu hai seguito i sel-vaggi istinti del bruto; non sei un uomo, tu! E pretende-vi, nella tua stoltezza, di penetrare nei misteri del tan, diapprofondire una scienza che richiede purezza di

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«Non ho bisogno di sentir altro! Ho compreso tutto!»,disse il riccone.

Voltosi poi di nuovo alla moglie, continuò con un sor-riso freddo e sprezzante:

«Dunque è così! Mi hai lasciato partire, e sei venutaqui sola, miserabile! Tu hai commesso ciò che è valso adistruggere l’azione del tan, quello che ha suscitato losdegno delle potenze celesti!»

E tratto dal suo sacco di viaggio una frusta di cuoio,ne lasciò cadere un colpo sulla donna.

Questa riuscì a scansarsi, tirandosi in fretta da parte;poi, scoppiando in lagrime, balbettò:

«Non sarebbe avvenuto nulla, ti assicuro, se il nostroospite non mi avesse usato violenza, come ad una schia-va... Io non ho avuto la forza abbastanza daresistergli...»

Questa inaspettata dichiarazione fu come un colpo difulmine per il signor Pan. Stralunò gli occhi, sentì ser-rarsi ila gola; voleva parlare, e non poteva. Avrebbe vo-luto che il suolo gli si spalancasse sotto i piedi, per na-scondervisi.

«Questa è dunque la tua ospitalità!», gridò l’iniziatofuribondo, fissandogli in viso due occhi infuocati.«Queste sono le assicurazioni che mi facesti quandopartii di qui! Appena ebbi varcato la porta, ti sei accintoall’opera nefanda del tradimento! Tu hai seguito i sel-vaggi istinti del bruto; non sei un uomo, tu! E pretende-vi, nella tua stoltezza, di penetrare nei misteri del tan, diapprofondire una scienza che richiede purezza di

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cuore!... Ma faremo i conti più tardi: ora voglio ucciderequesta malvagia femmina, tua complice!»

* In così dire, alzò la frusta, e fece per gettarsi sulladonna; ma questa era fuggita, mentre le due domestichesi aggrappavano ai panni del padrone, piangendo e stril-lando, per impedirgli che la inseguisse.

Pan si gettò allora umilmente ai suoi piedi; lo scon-giurò a perdonargli un trascorso dovuto alla sua giovi-nezza e all’impeto della passione, e si disse pronto adargli tutte le soddisfazioni ch’egli avesse voluto richie-der da lui. Conchiuse raccomandandosi alla sua pietà eindulgenza.

«Tu raccogli quello che hai seminato», disse l’amico.«L’operazione è andata a male: è il tuo primo castigo. Ilsecondo è che non conoscerai più il grande segreto cheavevo in animo di rivelarti al mio ritorno. Ma non basta.Credi tu di potertela cavare con poche parole di penti-mento, dopo avere sfogate le tue ignobili brame sopramia moglie? Credi di poter riscattare così a buon merca-to la vita della tua complice?»

«Sono pronto a espiare, a soddisfare come vorrete», siaffrettò a rispondere Pan. «Aspettate».

E fatto chiamare il maggiordomo, gli ordinò di recar-gli due grosse verghe d’argento, che supplicò l’iniziatodi accettare. Questi degnò appena di gettarvi uno sguar-do.

«Credi tu ch’io mi contenti di questa miseria?», dissein tono prezzante.

Pan vi aggiunse duecento tael, che parvero placare al-

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cuore!... Ma faremo i conti più tardi: ora voglio ucciderequesta malvagia femmina, tua complice!»

* In così dire, alzò la frusta, e fece per gettarsi sulladonna; ma questa era fuggita, mentre le due domestichesi aggrappavano ai panni del padrone, piangendo e stril-lando, per impedirgli che la inseguisse.

Pan si gettò allora umilmente ai suoi piedi; lo scon-giurò a perdonargli un trascorso dovuto alla sua giovi-nezza e all’impeto della passione, e si disse pronto adargli tutte le soddisfazioni ch’egli avesse voluto richie-der da lui. Conchiuse raccomandandosi alla sua pietà eindulgenza.

«Tu raccogli quello che hai seminato», disse l’amico.«L’operazione è andata a male: è il tuo primo castigo. Ilsecondo è che non conoscerai più il grande segreto cheavevo in animo di rivelarti al mio ritorno. Ma non basta.Credi tu di potertela cavare con poche parole di penti-mento, dopo avere sfogate le tue ignobili brame sopramia moglie? Credi di poter riscattare così a buon merca-to la vita della tua complice?»

«Sono pronto a espiare, a soddisfare come vorrete», siaffrettò a rispondere Pan. «Aspettate».

E fatto chiamare il maggiordomo, gli ordinò di recar-gli due grosse verghe d’argento, che supplicò l’iniziatodi accettare. Questi degnò appena di gettarvi uno sguar-do.

«Credi tu ch’io mi contenti di questa miseria?», dissein tono prezzante.

Pan vi aggiunse duecento tael, che parvero placare al-

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quanto il terribile uomo.«Veramente», disse, «io non ho bisogno del tuo dana-

ro, giacchè posso a mio piacimento procurarmene quan-to voglio. Se lo accetto, è soltanto per infliggerti un ca-stigo salutare. Lo distribuirò tra i poveri».

Così detto, mise le verghe e i tael nel sacco, ordinò aisuoi servi di trasportare tutte le cose sue sul battello cheera già pronto per lui alla riva del fiume, e se andò.

Si può pensare come rimanesse il povero Pan. Matanto era la sua fede nella scienza alchimistica, che nongli cadde neppure in pensiero il sospetto di essere vitti-ma d’una truffa.

«La colpa è stata mia», pensava. «Non avrei dovutoturbare il processo del tan con azioni scorrette. Sarà perun’altra volta. Intanto ho raggiunto uno dei due scopiche m’ero proposto: ho posseduto una donna di meravi-gliosa bellezza».

Il lettore avrà facilmente compreso che il sedicentericcone era il capo d’una banda di imbroglioni matrico-lati. Aveva posto gli occhi su Pan, e ne aveva abilmentesfruttata la credulità. La mostra del vasellame d’oro, leesperienze col metallo madre, l’improvvisa partenzaprovocata da una sventura domestica, l’inaspettato ritor-no, tutto era stato una commedia.

Ma Pan, nel suo infatuamento, era incorreggibile. Laterribile lezione non valse; pochi mesi dopo egli si la-sciava ancora abbindolare da un emerito alchimista, equesta volta ci rimise il resto delle sue sostanze.

Si diede allora a girare il mondo in cerca d’impiego, e

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quanto il terribile uomo.«Veramente», disse, «io non ho bisogno del tuo dana-

ro, giacchè posso a mio piacimento procurarmene quan-to voglio. Se lo accetto, è soltanto per infliggerti un ca-stigo salutare. Lo distribuirò tra i poveri».

Così detto, mise le verghe e i tael nel sacco, ordinò aisuoi servi di trasportare tutte le cose sue sul battello cheera già pronto per lui alla riva del fiume, e se andò.

Si può pensare come rimanesse il povero Pan. Matanto era la sua fede nella scienza alchimistica, che nongli cadde neppure in pensiero il sospetto di essere vitti-ma d’una truffa.

«La colpa è stata mia», pensava. «Non avrei dovutoturbare il processo del tan con azioni scorrette. Sarà perun’altra volta. Intanto ho raggiunto uno dei due scopiche m’ero proposto: ho posseduto una donna di meravi-gliosa bellezza».

Il lettore avrà facilmente compreso che il sedicentericcone era il capo d’una banda di imbroglioni matrico-lati. Aveva posto gli occhi su Pan, e ne aveva abilmentesfruttata la credulità. La mostra del vasellame d’oro, leesperienze col metallo madre, l’improvvisa partenzaprovocata da una sventura domestica, l’inaspettato ritor-no, tutto era stato una commedia.

Ma Pan, nel suo infatuamento, era incorreggibile. Laterribile lezione non valse; pochi mesi dopo egli si la-sciava ancora abbindolare da un emerito alchimista, equesta volta ci rimise il resto delle sue sostanze.

Si diede allora a girare il mondo in cerca d’impiego, e

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campò per qualche tempo la vita prestando qua e là i piùumili servizi. Un giorno, mentre si trovava nel portod’una grande città, vide una bellissima signora che, dal-la finestra della cabina, gli accennava colla mano. Pansalì sulla nave, e con sua grande meraviglia si trovò da-vanti a quella che era, o meglio aveva finto di essere, lamoglie dell’iniziato.

La donna lo accolse cordialmente, ed ebbe per luiespressioni di sincero rimpianto.

«Sono una cortigiana», gli narrò poi rievocando la tri-sta avventura. Per contratto ero stata obbligata66 a soste-nere insieme a quel ribaldo la parte odiosa che ha contri-buito alla vostra rovina. L’ho fatto assai a malincuore,ma non potevo sottrarmi. Mi è dolce il ricordo delle orefelici passate con voi. Se il rimpianto e le scuse di unadonna della mia condizione non vi offendono, vi pregodi volerli accettare. E vi prego anche a non rifiutare que-sta piccolezza...»

Così dicendo, gli porse due verghe d’argento.Pan, dopo un po’ di esitazione, accettò, balbettando

qualche parola di ringraziamento, e se ne partì, al colmodell’avvilimento e della confusione.

66 La donna cinese è sempre sotto tutela, sia che viva nella fa-miglia, sia che venga venduta per divenire servente o concubina.Perciò non può darsi allo sciagurato mestiere della cortigiana disua iniziativa. Quasi tutte queste infelici sono state comperate,ancora bambine, e allevate a quel mestiere dai loro proprietari,che non di rado danno loro un’istruzione finita, per ricavarnemaggiori proventi.

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campò per qualche tempo la vita prestando qua e là i piùumili servizi. Un giorno, mentre si trovava nel portod’una grande città, vide una bellissima signora che, dal-la finestra della cabina, gli accennava colla mano. Pansalì sulla nave, e con sua grande meraviglia si trovò da-vanti a quella che era, o meglio aveva finto di essere, lamoglie dell’iniziato.

La donna lo accolse cordialmente, ed ebbe per luiespressioni di sincero rimpianto.

«Sono una cortigiana», gli narrò poi rievocando la tri-sta avventura. Per contratto ero stata obbligata66 a soste-nere insieme a quel ribaldo la parte odiosa che ha contri-buito alla vostra rovina. L’ho fatto assai a malincuore,ma non potevo sottrarmi. Mi è dolce il ricordo delle orefelici passate con voi. Se il rimpianto e le scuse di unadonna della mia condizione non vi offendono, vi pregodi volerli accettare. E vi prego anche a non rifiutare que-sta piccolezza...»

Così dicendo, gli porse due verghe d’argento.Pan, dopo un po’ di esitazione, accettò, balbettando

qualche parola di ringraziamento, e se ne partì, al colmodell’avvilimento e della confusione.

66 La donna cinese è sempre sotto tutela, sia che viva nella fa-miglia, sia che venga venduta per divenire servente o concubina.Perciò non può darsi allo sciagurato mestiere della cortigiana disua iniziativa. Quasi tutte queste infelici sono state comperate,ancora bambine, e allevate a quel mestiere dai loro proprietari,che non di rado danno loro un’istruzione finita, per ricavarnemaggiori proventi.

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Possa la sua triste storia servire di ammonimento aquanti prestano orecchio alle ciance degli imbroglioni!**

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Possa la sua triste storia servire di ammonimento aquanti prestano orecchio alle ciance degli imbroglioni!**

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IL DEMONE BENEFICO

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IL DEMONE BENEFICO

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* Uno studente di nome Tchu che stava preparandosiagli esami, si accorava perchè, malgrado i suoi sforzi,non faceva molti progressi nello studio. L’intelligenza ela memoria non erano in proporzione della sua buonavolontà. Era invece di animo assai risoluto e coraggioso.

Un giorno, trovandosi a tavola con alcuni compagni,scommise che sarebbe andato al vicino tempio, e neavrebbe portato via la statua di un dio infernale per farlosedere al posto di un commensale assente.

Dopo pochi minuti comparve infatti colla statua. Icompagni, dissimulando a fatica il loro sgomento, bev-vero alla salute del nuovo ospite; ma ben presto pensa-rono più prudente di andarsene.

Tchu tornò allora al tempio colla statua, e ve la ripo-se. Prima di andarsene, disse:

«Scusate il disturbo che vi ho recato. La mia casa èvicina: se vorreste venirci qualche volta, me ne terreimolto onorato».

Il giorno seguente ebbe luogo il banchetto che era laposta della scommessa. Tehu rientrò a casa a tarda ora.Mentre stava per spegnere il lume e mettersi a letto, udìbussare alla porta. Andò ad aprire: il demone era sullasoglia!

«Ahimè!», esclamò lo studente, «l’ultima mia ora èvenuta! Ieri vi ho mancato di rispetto, e ora siete qui per

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* Uno studente di nome Tchu che stava preparandosiagli esami, si accorava perchè, malgrado i suoi sforzi,non faceva molti progressi nello studio. L’intelligenza ela memoria non erano in proporzione della sua buonavolontà. Era invece di animo assai risoluto e coraggioso.

Un giorno, trovandosi a tavola con alcuni compagni,scommise che sarebbe andato al vicino tempio, e neavrebbe portato via la statua di un dio infernale per farlosedere al posto di un commensale assente.

Dopo pochi minuti comparve infatti colla statua. Icompagni, dissimulando a fatica il loro sgomento, bev-vero alla salute del nuovo ospite; ma ben presto pensa-rono più prudente di andarsene.

Tchu tornò allora al tempio colla statua, e ve la ripo-se. Prima di andarsene, disse:

«Scusate il disturbo che vi ho recato. La mia casa èvicina: se vorreste venirci qualche volta, me ne terreimolto onorato».

Il giorno seguente ebbe luogo il banchetto che era laposta della scommessa. Tehu rientrò a casa a tarda ora.Mentre stava per spegnere il lume e mettersi a letto, udìbussare alla porta. Andò ad aprire: il demone era sullasoglia!

«Ahimè!», esclamò lo studente, «l’ultima mia ora èvenuta! Ieri vi ho mancato di rispetto, e ora siete qui per

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punirmi».Ma, con sua molta sorpresa, vide un sorriso benevolo

dipingersi sul volto del temuto visitatore.«Non abbiate paura», disse questo. «Ieri mi avete così

graziosamente invitato, che, non trovandomi ad aver im-pegni questa sera, mi sono affrettato ad accettare il con-vegno». **

«Vogliate accomodarvi, signore», fece Tchu, passan-do d’un tratto dal timore alla gioia.

Andò subito a prendere ciò che occorreva per berecopiosamente, e ordinò a sua moglie di preparare deibuoni piatti. La moglie, spaventata, si aggrappava agliabiti di lui per trattenerlo nella camera. Non voleva cheritornasse presso l’abitatore dell’inferno, temendoneun’atroce vendetta.

Lo studente non badò alle suppliche, e si mise a tavo-la col suo ospite. Durante il pasto, seppe da lui che sichiamava Luk, che conosceva a fondo quanto era avve-nuto fin dalla più remota antichità, e che era versato nel-la letteratura moderna.

A ogni tratto Luk interrompeva il discorso per tracan-nare delle enormi sorsate di vino, ognuna delle quali po-teva corrispondere a una diecina di bicchieri ben colmi.

Dopo quella sera, il demone tornò in casa dello stu-dente due o tre volte alla settimana: i rapporti fra i due sifacevano sempre più amichevoli e cordiali.

Un giorno Tchu, dopo le solite libazioni, mostrò aldemone una delle sue composizioni letterarie, che Lukgiudicò essere assai mediocre.

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punirmi».Ma, con sua molta sorpresa, vide un sorriso benevolo

dipingersi sul volto del temuto visitatore.«Non abbiate paura», disse questo. «Ieri mi avete così

graziosamente invitato, che, non trovandomi ad aver im-pegni questa sera, mi sono affrettato ad accettare il con-vegno». **

«Vogliate accomodarvi, signore», fece Tchu, passan-do d’un tratto dal timore alla gioia.

Andò subito a prendere ciò che occorreva per berecopiosamente, e ordinò a sua moglie di preparare deibuoni piatti. La moglie, spaventata, si aggrappava agliabiti di lui per trattenerlo nella camera. Non voleva cheritornasse presso l’abitatore dell’inferno, temendoneun’atroce vendetta.

Lo studente non badò alle suppliche, e si mise a tavo-la col suo ospite. Durante il pasto, seppe da lui che sichiamava Luk, che conosceva a fondo quanto era avve-nuto fin dalla più remota antichità, e che era versato nel-la letteratura moderna.

A ogni tratto Luk interrompeva il discorso per tracan-nare delle enormi sorsate di vino, ognuna delle quali po-teva corrispondere a una diecina di bicchieri ben colmi.

Dopo quella sera, il demone tornò in casa dello stu-dente due o tre volte alla settimana: i rapporti fra i due sifacevano sempre più amichevoli e cordiali.

Un giorno Tchu, dopo le solite libazioni, mostrò aldemone una delle sue composizioni letterarie, che Lukgiudicò essere assai mediocre.

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Intanto il vino era salito al cervello dello studente,che non aveva lo stomaco robusto come quello del suoospite, e finì per addormentarsi tranquillamente. A untratto, un vivo dolore alla testa lo fece risvegliare. Videallora che Luk, seduto presso al capezzale, gli avevaspezzato il cranio per metà e tastava il cervello.

«Che male v’ho fatto», gridò, al colmo dello spaven-to, «per assassinarmi così?»

«Niente paura», rispose il demone con un sorriso,«voglio solo cambiare il vostro cervello».

Dopo qualche tempo infatti egli aveva posto un altrocervello nel cranio e, rinchiuso questo, ricoperta la feritacon bende. Strano a dirsi, l’operazione chirurgica erastata eseguita con tanta abilità, che non appariva tracciadi sangue.

Quando ebbe finito, Luk mostrò all’operato il suo pri-mo cervello, dicendo:

«Guardate qui: la vostra poca capacità proveniva dalfatto che i pori del cervello erano otturati. Ho avuto oggioccasione di trovare, tra i dieci milioni di detenutinell’inferno, uno che aveva un cervello d’intelligenzastraordinaria. L’ho preso per sostituirlo al vostro: maadesso devo affrettarmi a porre questo nella testa vuotadell’altro».

Detto questo, scomparve.Il giorno seguente Tchu trovò che la ferita era del tut-

to chiusa: solo un tenue filo sanguigno gli solcava lafronte. Messosi allo studio, trovò che la sua memoria ela sua intelligenza erano aumentate in modo prodigioso.

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Intanto il vino era salito al cervello dello studente,che non aveva lo stomaco robusto come quello del suoospite, e finì per addormentarsi tranquillamente. A untratto, un vivo dolore alla testa lo fece risvegliare. Videallora che Luk, seduto presso al capezzale, gli avevaspezzato il cranio per metà e tastava il cervello.

«Che male v’ho fatto», gridò, al colmo dello spaven-to, «per assassinarmi così?»

«Niente paura», rispose il demone con un sorriso,«voglio solo cambiare il vostro cervello».

Dopo qualche tempo infatti egli aveva posto un altrocervello nel cranio e, rinchiuso questo, ricoperta la feritacon bende. Strano a dirsi, l’operazione chirurgica erastata eseguita con tanta abilità, che non appariva tracciadi sangue.

Quando ebbe finito, Luk mostrò all’operato il suo pri-mo cervello, dicendo:

«Guardate qui: la vostra poca capacità proveniva dalfatto che i pori del cervello erano otturati. Ho avuto oggioccasione di trovare, tra i dieci milioni di detenutinell’inferno, uno che aveva un cervello d’intelligenzastraordinaria. L’ho preso per sostituirlo al vostro: maadesso devo affrettarmi a porre questo nella testa vuotadell’altro».

Detto questo, scomparve.Il giorno seguente Tchu trovò che la ferita era del tut-

to chiusa: solo un tenue filo sanguigno gli solcava lafronte. Messosi allo studio, trovò che la sua memoria ela sua intelligenza erano aumentate in modo prodigioso.

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Alcuni giorni dopo Luk trovò i lavori letterari del suoprotetto di gran lunga migliori del primo, e gli predisseche avrebbe felicemente superati i prossimi esami; ciòche infatti avvenne.

Parecchi compagni di Tchu, a cui egli aveva narratol’avventura, desiderarono allora di far la conoscenza deldemone; ma nessuno riuscì a conservare il sangue fred-do in sua presenza. Tutti rinunciarono a fare altri tentati-vi di porsi in rapporto col terribile essere. Tchu invece,non solo era legato con lui da cordiale amicizia, ma gliserbava profonda riconoscenza per i benefici che neaveva ricevuti.

Un giorno, che il demone era di buon umore ancorpiù del solito, gli chiese se avesse il potere di cambiarele teste, oltre che i cervelli.

«Mia moglie», aggiunse, «ha il corpo assai ben fatto;ma non è bella. Sarebbe pretender troppo dalla vostraabilità operatoria di porvi riparo con un buon colpo dicoltello?»

Luk promise sorridendo, e si riserbò di eseguirel’operazione entro pochi giorni. Una sera, eccolo appari-re con un sacco tra le mani, pronto a mantenere la pro-messa fatta. Lo studente, guardando nel sacco, vide checonteneva una testa insanguinata.

«Entriamo nella vostra camera e chiudiamo la porta»,disse Luk, «affinchè il cane non ci veda».

Trovarono la signora Tehu a letto, tranquillamente ad-dormentata. Luk mise la testa nelle mani dell’amico,levò dallo stivale un pugnale e con esso recise d’un col-

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Alcuni giorni dopo Luk trovò i lavori letterari del suoprotetto di gran lunga migliori del primo, e gli predisseche avrebbe felicemente superati i prossimi esami; ciòche infatti avvenne.

Parecchi compagni di Tchu, a cui egli aveva narratol’avventura, desiderarono allora di far la conoscenza deldemone; ma nessuno riuscì a conservare il sangue fred-do in sua presenza. Tutti rinunciarono a fare altri tentati-vi di porsi in rapporto col terribile essere. Tchu invece,non solo era legato con lui da cordiale amicizia, ma gliserbava profonda riconoscenza per i benefici che neaveva ricevuti.

Un giorno, che il demone era di buon umore ancorpiù del solito, gli chiese se avesse il potere di cambiarele teste, oltre che i cervelli.

«Mia moglie», aggiunse, «ha il corpo assai ben fatto;ma non è bella. Sarebbe pretender troppo dalla vostraabilità operatoria di porvi riparo con un buon colpo dicoltello?»

Luk promise sorridendo, e si riserbò di eseguirel’operazione entro pochi giorni. Una sera, eccolo appari-re con un sacco tra le mani, pronto a mantenere la pro-messa fatta. Lo studente, guardando nel sacco, vide checonteneva una testa insanguinata.

«Entriamo nella vostra camera e chiudiamo la porta»,disse Luk, «affinchè il cane non ci veda».

Trovarono la signora Tehu a letto, tranquillamente ad-dormentata. Luk mise la testa nelle mani dell’amico,levò dallo stivale un pugnale e con esso recise d’un col-

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po la testa della dormiente. Il taglio era netto, come se sifosse trattato d’un popone.

Sostituita la testa che aveva recata con sè al postodell’altra, il demone raccomandò caldamente al giovanedi seppellire questa in luogo sicuro e nascosto, dopo diche se ne andò, lasciando l’amico confuso di stupore edi gratitudine.

* Al suo svegliarsi, la signora Tchu non accusò cheun lieve formicolio al collo. Ma quale fu il suo stupore,allorchè, guardandosi nello specchio, non si riconobbepiù, tanto era divenuta bella!

Pochi giorni prima la famiglia di un censore imperialedi nome U era stata colpita da una terribile sventura.Una figlia diciannovenne, di meravigliosa bellezza, erastata assassinata mentre ritornava di sera da una visita altempio. Tutta la notte, senza interruzione, ne vegliaronoil cadavere. Alla mattina, con loro indicibile sorpresa eraccapriccio, trovarono che la testa era sparita!

Ogni ricerca della polizia riuscì vana; cosicchè, quan-do si seppe che la signora Tchu aveva sulle spalleun’altra testa, si arrestò suo marito come assassino dellafanciulla e ladro della testa.

Invano egli narrò il miracoloso intervento del demo-ne: il suo racconto parve incredibile. Tchu invocò perdisperato il soccorso di Luk. Questi promise di aiutarlo:avrebbe fatto in modo che U apprendesse la verità dallastessa sua figlia.

Infatti la notte seguente la fanciulla morta apparve insogno al padre, gli rivelò il nome del suo assassino e gli

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po la testa della dormiente. Il taglio era netto, come se sifosse trattato d’un popone.

Sostituita la testa che aveva recata con sè al postodell’altra, il demone raccomandò caldamente al giovanedi seppellire questa in luogo sicuro e nascosto, dopo diche se ne andò, lasciando l’amico confuso di stupore edi gratitudine.

* Al suo svegliarsi, la signora Tchu non accusò cheun lieve formicolio al collo. Ma quale fu il suo stupore,allorchè, guardandosi nello specchio, non si riconobbepiù, tanto era divenuta bella!

Pochi giorni prima la famiglia di un censore imperialedi nome U era stata colpita da una terribile sventura.Una figlia diciannovenne, di meravigliosa bellezza, erastata assassinata mentre ritornava di sera da una visita altempio. Tutta la notte, senza interruzione, ne vegliaronoil cadavere. Alla mattina, con loro indicibile sorpresa eraccapriccio, trovarono che la testa era sparita!

Ogni ricerca della polizia riuscì vana; cosicchè, quan-do si seppe che la signora Tchu aveva sulle spalleun’altra testa, si arrestò suo marito come assassino dellafanciulla e ladro della testa.

Invano egli narrò il miracoloso intervento del demo-ne: il suo racconto parve incredibile. Tchu invocò perdisperato il soccorso di Luk. Questi promise di aiutarlo:avrebbe fatto in modo che U apprendesse la verità dallastessa sua figlia.

Infatti la notte seguente la fanciulla morta apparve insogno al padre, gli rivelò il nome del suo assassino e gli

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dichiarò che Tchu era innocente.«Se sua moglie porta la mia testa», aggiunse, «è per-

chè un dio ha voluto così».La notte stessa la moglie del censore ebbe il medesi-

mo sogno.Le autorità ne furono informate, e non passò molto

tempo che il colpevole fu scoperto e subì la pena merita-ta.

Tchu visse ancora molti anni felice, e ricevette ditempo in tempo le visite del suo salvatore. **

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dichiarò che Tchu era innocente.«Se sua moglie porta la mia testa», aggiunse, «è per-

chè un dio ha voluto così».La notte stessa la moglie del censore ebbe il medesi-

mo sogno.Le autorità ne furono informate, e non passò molto

tempo che il colpevole fu scoperto e subì la pena merita-ta.

Tchu visse ancora molti anni felice, e ricevette ditempo in tempo le visite del suo salvatore. **

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IL MATRIMONIO FORZATO.

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IL MATRIMONIO FORZATO.

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* Nell’isola Tong-ting, – la più vasta di quelle chesorgono nel bel mezzo del grande lago Tai-hu, in pro-vincia del Kian-nan – viveva un ricco mercante di nomeKao-tsan. Sua moglie lo aveva reso padre di una figliache, all’epoca della nostra storia, aveva sedici anni.Tsiu-fang – tale era il suo nome – oltre ad essere bellaassai, aveva il dono d’una rara intelligenza, ch’essa ave-va coltivato in più anni di studio, cosicchè parve ai suoigenitori che ormai fosse tempo di trovarle marito.

Senonchè il mercante s’era messo in mente che il suogenero doveva essere un baccelliere, dai modi distinti,d’ingegno brillante, che emergesse per sapere sopra glialtri: poco gli importava se fosse povero o ricco.

Si può pensare con che zelo le mediatrici dei paesicirconvicini si dessero intorno per fargli accettare questoo quel candidato di cui dicevano meraviglie. Ma non fa-cevano breccia sull’animo di Kao-tsan, il quale era didifficile contentatura, e rifiutava tutte le proposte, perquanto fossero vantaggiose.

Nella città di Ping-wang, situata sulla riva occidentaledel lago Tai-hu, viveva un giovane studioso di nomeTsien-uan-sien. Faceva suo diletto specialmente dei libricanonici e classici, nei quali era assai versato; ma nontrascurava le altre discipline. A questo amore intensoper la scienza si aggiungevano in lui una loquela facile

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* Nell’isola Tong-ting, – la più vasta di quelle chesorgono nel bel mezzo del grande lago Tai-hu, in pro-vincia del Kian-nan – viveva un ricco mercante di nomeKao-tsan. Sua moglie lo aveva reso padre di una figliache, all’epoca della nostra storia, aveva sedici anni.Tsiu-fang – tale era il suo nome – oltre ad essere bellaassai, aveva il dono d’una rara intelligenza, ch’essa ave-va coltivato in più anni di studio, cosicchè parve ai suoigenitori che ormai fosse tempo di trovarle marito.

Senonchè il mercante s’era messo in mente che il suogenero doveva essere un baccelliere, dai modi distinti,d’ingegno brillante, che emergesse per sapere sopra glialtri: poco gli importava se fosse povero o ricco.

Si può pensare con che zelo le mediatrici dei paesicirconvicini si dessero intorno per fargli accettare questoo quel candidato di cui dicevano meraviglie. Ma non fa-cevano breccia sull’animo di Kao-tsan, il quale era didifficile contentatura, e rifiutava tutte le proposte, perquanto fossero vantaggiose.

Nella città di Ping-wang, situata sulla riva occidentaledel lago Tai-hu, viveva un giovane studioso di nomeTsien-uan-sien. Faceva suo diletto specialmente dei libricanonici e classici, nei quali era assai versato; ma nontrascurava le altre discipline. A questo amore intensoper la scienza si aggiungevano in lui una loquela facile

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ed ornata, un tratto signorile, e un’assai bella presenza.Era rimasto orfano di ambedue i genitori, che non gliavevano lasciato altro se non un nome onorato; cosicchèera costretto ad abitare nell’asilo degli studenti poveri,annesso alla scuola distrettuale che frequentava.

Più tardi il suo ricco cugino Yen-tsun, che studiavaalla stessa scuola, gli propose di andare a vivere in casasua, ed egli accettò. Questo Yen-tsun presentava un cu-rioso contrasto con Tsien-uan-sien. Era rozzo e goffodella persona, tardo d’ingegno e ignorante come un bue.Presuntuoso all’eccesso, si credeva un modello di bel-lezza, e un portento d’intelligenza. Da un pezzo si davaintorno per trovare una sposa che congiungesse in sètutti i pregi che s’illudeva di possedere egli stesso; maera impresa pressochè disperata.

Una sera ricevette la visita di un tal Sciao-mei, cheera suo lontano parente e al quale aveva prestato del da-naro. Era reduce dall’isola Tong-ting, dove si recavaspesso per affari. Gli narrò, tra l’altro, del viavai di me-diatori e mediatrici che c’era colà, per proporre uno spo-so alla bellissima figlia del mercante Kao-tsan.

Un lampo di speranza illuminò a un tratto il bruttoviso di Yen-tsun.

«Dimmi un poco», fece dopo qualche esitazione, «tiassumeresti l’incarico di parlare di me al signor Kao-tsan come un partito vantaggioso per sua figlia?»

Sciao-mei si pentì d’avere parlato.«Ecco», disse, cercando di nascondere il suo imbaraz-

zo. «Sai quanto io desidero di farti piacere; ma... in que-

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ed ornata, un tratto signorile, e un’assai bella presenza.Era rimasto orfano di ambedue i genitori, che non gliavevano lasciato altro se non un nome onorato; cosicchèera costretto ad abitare nell’asilo degli studenti poveri,annesso alla scuola distrettuale che frequentava.

Più tardi il suo ricco cugino Yen-tsun, che studiavaalla stessa scuola, gli propose di andare a vivere in casasua, ed egli accettò. Questo Yen-tsun presentava un cu-rioso contrasto con Tsien-uan-sien. Era rozzo e goffodella persona, tardo d’ingegno e ignorante come un bue.Presuntuoso all’eccesso, si credeva un modello di bel-lezza, e un portento d’intelligenza. Da un pezzo si davaintorno per trovare una sposa che congiungesse in sètutti i pregi che s’illudeva di possedere egli stesso; maera impresa pressochè disperata.

Una sera ricevette la visita di un tal Sciao-mei, cheera suo lontano parente e al quale aveva prestato del da-naro. Era reduce dall’isola Tong-ting, dove si recavaspesso per affari. Gli narrò, tra l’altro, del viavai di me-diatori e mediatrici che c’era colà, per proporre uno spo-so alla bellissima figlia del mercante Kao-tsan.

Un lampo di speranza illuminò a un tratto il bruttoviso di Yen-tsun.

«Dimmi un poco», fece dopo qualche esitazione, «tiassumeresti l’incarico di parlare di me al signor Kao-tsan come un partito vantaggioso per sua figlia?»

Sciao-mei si pentì d’avere parlato.«Ecco», disse, cercando di nascondere il suo imbaraz-

zo. «Sai quanto io desidero di farti piacere; ma... in que-

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sto caso... proprio... Chiedimi qualunque altra cosa, manon di trattare con colui».

«E perchè?»«Perchè... perchè ha un carattere così bisbetico, così

difficile, che non mi sento proprio di aver a che fare conlui».

«Di’ piuttosto che non vuoi darti una briga per me.Non fa nulla: mi rivolgerò a qualche altro amico piùcompiacente, e la cosa si combinerà senza di te».

«Via, via, non andare in collera», replicò Sciao-meiche non voleva guastarsi col suo creditore. «Se proprioci tieni, vedrò... farò del mio meglio... Ma, come ti dico,l’impresa è ardua assai. Tra le sue bizzarrie, quel signo-re ha anche questa: che non vuole assolutamente fidan-zare sua figlia a distanza; vuol vedere prima l’aspirantecoi suoi occhi».

«Ed è qui tutta la difficoltà? Andrò da lui, mi lasceròvedere ed esaminare quanto vuole, resterò in casa suatutto il tempo che crederà. Che diamine! Non sono micasciancato nè deforme, per aver paura della sua ispezio-ne!»

«Tutt’altro!», fece Sciao-mei sempre più imbarazzato.«Però...»

«Alla corte!», interruppe il giovane. «Comincia a fareil mio nome al signor Kao-tsan; parlagli dei miei meriti,delle mie egregie qualità fisiche e mentali. Se poi vorràproprio vedermi prima di stringere il contratto, sonopronto a comparirgli davanti. Non occorre dirti che, sela cosa riesce, sarai contento di me. Non solo il tuo de-

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sto caso... proprio... Chiedimi qualunque altra cosa, manon di trattare con colui».

«E perchè?»«Perchè... perchè ha un carattere così bisbetico, così

difficile, che non mi sento proprio di aver a che fare conlui».

«Di’ piuttosto che non vuoi darti una briga per me.Non fa nulla: mi rivolgerò a qualche altro amico piùcompiacente, e la cosa si combinerà senza di te».

«Via, via, non andare in collera», replicò Sciao-meiche non voleva guastarsi col suo creditore. «Se proprioci tieni, vedrò... farò del mio meglio... Ma, come ti dico,l’impresa è ardua assai. Tra le sue bizzarrie, quel signo-re ha anche questa: che non vuole assolutamente fidan-zare sua figlia a distanza; vuol vedere prima l’aspirantecoi suoi occhi».

«Ed è qui tutta la difficoltà? Andrò da lui, mi lasceròvedere ed esaminare quanto vuole, resterò in casa suatutto il tempo che crederà. Che diamine! Non sono micasciancato nè deforme, per aver paura della sua ispezio-ne!»

«Tutt’altro!», fece Sciao-mei sempre più imbarazzato.«Però...»

«Alla corte!», interruppe il giovane. «Comincia a fareil mio nome al signor Kao-tsan; parlagli dei miei meriti,delle mie egregie qualità fisiche e mentali. Se poi vorràproprio vedermi prima di stringere il contratto, sonopronto a comparirgli davanti. Non occorre dirti che, sela cosa riesce, sarai contento di me. Non solo il tuo de-

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bito sarà cancellato, ma ti darò una buona gratificazio-ne».

Questa promessa valse a vincere la riluttanza del mer-cante, che dichiarò di prendere la cosa sopra di sè, e silicenziò.

Rimasto solo, Yen-tsun si diede ad escogitare i mezziche potevano assicurare la buona riuscita dell’impresa.Di Sciao-mei si fidava e non si fidava. Quel suo farsipregare, le difficoltà che aveva accampato glielo rende-vano un po’ sospetto. Pensò di mettergli accanto un suoservo intelligente e fidato, di nome Siao-yi, che spiassequanto avrebbe detto e fatto, e ne riferisse poi a lui. Da-tegli le opportune istruzioni, il giorno dopo glielo con-dusse, dicendogli che lo metteva a sua disposizione du-rante il viaggio e il soggiorno nell’isola.

I due s’imbarcarono, e dopo alcune ore approdaronopresso il grandioso giardino che circondava il palazzoKao-tsan. Chiesta udienza al signore, Sciao-mei gliespose il motivo della sua visita; si diffuse in encomi delsuo parente, magnificandone la vasta coltura, la distin-zione dei modi, l’avvenenza della persona.

Il mercante lo lasciò dire; poi ripetè la dichiarazioneche aveva già fatto più volte nella stessa circostanza.

«Sarà tutto vero; ma ho giurato di non dare in isposamia figlia senza prima vedere e conoscere l’uomo chesarà suo marito».

Qui cominciavano i guai. Che cosa rispondere?... Seil padre vedeva comparirsi davanti quel babbeo tantofatto di Yen-tsun, addio nozze, e per conseguenza, addio

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bito sarà cancellato, ma ti darò una buona gratificazio-ne».

Questa promessa valse a vincere la riluttanza del mer-cante, che dichiarò di prendere la cosa sopra di sè, e silicenziò.

Rimasto solo, Yen-tsun si diede ad escogitare i mezziche potevano assicurare la buona riuscita dell’impresa.Di Sciao-mei si fidava e non si fidava. Quel suo farsipregare, le difficoltà che aveva accampato glielo rende-vano un po’ sospetto. Pensò di mettergli accanto un suoservo intelligente e fidato, di nome Siao-yi, che spiassequanto avrebbe detto e fatto, e ne riferisse poi a lui. Da-tegli le opportune istruzioni, il giorno dopo glielo con-dusse, dicendogli che lo metteva a sua disposizione du-rante il viaggio e il soggiorno nell’isola.

I due s’imbarcarono, e dopo alcune ore approdaronopresso il grandioso giardino che circondava il palazzoKao-tsan. Chiesta udienza al signore, Sciao-mei gliespose il motivo della sua visita; si diffuse in encomi delsuo parente, magnificandone la vasta coltura, la distin-zione dei modi, l’avvenenza della persona.

Il mercante lo lasciò dire; poi ripetè la dichiarazioneche aveva già fatto più volte nella stessa circostanza.

«Sarà tutto vero; ma ho giurato di non dare in isposamia figlia senza prima vedere e conoscere l’uomo chesarà suo marito».

Qui cominciavano i guai. Che cosa rispondere?... Seil padre vedeva comparirsi davanti quel babbeo tantofatto di Yen-tsun, addio nozze, e per conseguenza, addio

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condono del debito e gratificazione! E poi, c’era lì interzo Siao-yi, che avrebbe spiattellato tutto al padrone!

«Ecco», disse finalmente. «L’ottimo giovane è deditoagli studi con tanta passione, è talmente alieno dai di-vertimenti e dagli svaghi, che credo mi riuscirebbe im-possibile staccarlo da’ suoi libri. E poi, supponiamo – ilcaso è poco probabile, lo so; ma bisogna pure tenerneconto – supponiamo, dico, che egli, per una ragione oper l’altra, non andasse a genio a vossignoria – io mi ad-dosserei una grande responsabilità di fronte a lui e allasua famiglia».

«Ebbene», disse Kao-tsan, dopo aver pensato un mo-mento, «sono vecchio, ma non cocciuto come sonospesso gli uomini della mia età. Il giovane ha tutti i pre-gi che io desidero in un genero; giacchè le cose stannocome dite, andrò io da lui, o per dir meglio verrò a casavostra, e voi farete in modo che io ve lo possa incontra-re».

— Questo sarebbe cascare dalla padella nella brage! –disse tra sè il mediatore. – Non ci mancherebbe altro! –E ad alta voce proseguì: «No, no: vossignoria ha espres-so un desiderio, e questo deve essere soddisfatto. Vedròdi persuadere il giovane, e ve lo condurrò qui tra qual-che giorno».

«Così va bene!», disse Kao-tsan. «E mettendogli inmano una piccola verga d’argento, lo lasciò andare in-sieme a Siao-yi.

Yen-tsun stava sulla riva aspettandone ansiosamenteil ritorno.

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condono del debito e gratificazione! E poi, c’era lì interzo Siao-yi, che avrebbe spiattellato tutto al padrone!

«Ecco», disse finalmente. «L’ottimo giovane è deditoagli studi con tanta passione, è talmente alieno dai di-vertimenti e dagli svaghi, che credo mi riuscirebbe im-possibile staccarlo da’ suoi libri. E poi, supponiamo – ilcaso è poco probabile, lo so; ma bisogna pure tenerneconto – supponiamo, dico, che egli, per una ragione oper l’altra, non andasse a genio a vossignoria – io mi ad-dosserei una grande responsabilità di fronte a lui e allasua famiglia».

«Ebbene», disse Kao-tsan, dopo aver pensato un mo-mento, «sono vecchio, ma non cocciuto come sonospesso gli uomini della mia età. Il giovane ha tutti i pre-gi che io desidero in un genero; giacchè le cose stannocome dite, andrò io da lui, o per dir meglio verrò a casavostra, e voi farete in modo che io ve lo possa incontra-re».

— Questo sarebbe cascare dalla padella nella brage! –disse tra sè il mediatore. – Non ci mancherebbe altro! –E ad alta voce proseguì: «No, no: vossignoria ha espres-so un desiderio, e questo deve essere soddisfatto. Vedròdi persuadere il giovane, e ve lo condurrò qui tra qual-che giorno».

«Così va bene!», disse Kao-tsan. «E mettendogli inmano una piccola verga d’argento, lo lasciò andare in-sieme a Siao-yi.

Yen-tsun stava sulla riva aspettandone ansiosamenteil ritorno.

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Camminava su e giù a passi concitati.«E così? Com’è andata?»Il messo riferì il colloquio avuto col mercante, e poi

tornò a casa sua, dopo aver detto al giovane che si tene-va a sua disposizione.

Quando se ne fu andato, Yen tsun s’affrettò a chiederea Siao-yi se il mediatore aveva detto in tutto e per tuttola verità. Poi si mise allo specchio e... dovette convenireche egli non poteva reggere alla prova!

Stava almanaccando tra sè in che modo avrebbe potu-to trarsi d’impaccio, senza rinunciare al suo progetto,quando gli balenò al pensiero un’idea luminosa.

Corse subito a casa del suo mediatore e gli gridò:«Ho trovato! dò la cosa per fatta!»«Sentiamo un poco!»«Voi conoscete mio cugino Tsien-uan-sien che abita

con me. Si presenta assai bene, ha la parola facile, e so-prattutto possiede una larga coltura. Ve lo conducete convoi a Tong-ting, lo presentate sotto il mio nome al si-gnor Kao-tsan; il signor Kao-tsan ne rimane entusiasma-to. Si scambiano i pegni e i doni nuziali, e si compionotutte le altre pratiche preliminari. Quanto tutto questosia fatto, il signor mercante dovrà pur rassegnarsi a te-nermi come genero».

«Ma accetterà tuo cugino?»«Quanto a questo, non ho il menomo dubbio: lascia

fare a me».E senza stare a udir altro, Yen-tsun ritornò a casa per

abboccarsi con suo cugino.

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Camminava su e giù a passi concitati.«E così? Com’è andata?»Il messo riferì il colloquio avuto col mercante, e poi

tornò a casa sua, dopo aver detto al giovane che si tene-va a sua disposizione.

Quando se ne fu andato, Yen tsun s’affrettò a chiederea Siao-yi se il mediatore aveva detto in tutto e per tuttola verità. Poi si mise allo specchio e... dovette convenireche egli non poteva reggere alla prova!

Stava almanaccando tra sè in che modo avrebbe potu-to trarsi d’impaccio, senza rinunciare al suo progetto,quando gli balenò al pensiero un’idea luminosa.

Corse subito a casa del suo mediatore e gli gridò:«Ho trovato! dò la cosa per fatta!»«Sentiamo un poco!»«Voi conoscete mio cugino Tsien-uan-sien che abita

con me. Si presenta assai bene, ha la parola facile, e so-prattutto possiede una larga coltura. Ve lo conducete convoi a Tong-ting, lo presentate sotto il mio nome al si-gnor Kao-tsan; il signor Kao-tsan ne rimane entusiasma-to. Si scambiano i pegni e i doni nuziali, e si compionotutte le altre pratiche preliminari. Quanto tutto questosia fatto, il signor mercante dovrà pur rassegnarsi a te-nermi come genero».

«Ma accetterà tuo cugino?»«Quanto a questo, non ho il menomo dubbio: lascia

fare a me».E senza stare a udir altro, Yen-tsun ritornò a casa per

abboccarsi con suo cugino.

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«Tu mi proponi di rendermi complice di una frode»,disse questi, quando ebbe udito di che si trattava. «Soquanto ti debbo, e son pronto a servirti per quello chesta in me; ma non in questa faccenda».

L’altro insistette. Disse che, alla peggio, chi rimarreb-be compromesso sarebbe Sciao-mei, o egli medesimo,ma non lui, Tsien-uan-tien. Gli fece lontanamente inten-dere che il suo avvenire era nelle proprie mani, che nongli conveniva guastarsi con chi l’ospitava e gli forniva imezzi di completare gli studi. Tanto disse, insomma, chealla fine il povero giovane dovette cedere, e si dichiaròpronto a tentare l’impresa.

Il giorno seguente, vestito degli abiti migliori checontenesse la guardaroba di Yen-tsun, e ben fornito diquattrini, il cugino s’imbarcò alla volta dell’isola insie-me a Sciao-mei e ai servi sopra un magnifico battello,sul quale Yen-tsun aveva fatto trasportare ricchi tappeti,mobili eleganti e preziose suppellettili.

Il ricco mercante accolse il falso pretendente a brac-cia aperte. Lo trovò simpatico fin dal primo momento:quando poi si fu trattenuto alquanto in conversazionecon lui, dovette convenire che il panegirico che il me-diatore ne aveva intessuto non era punto esagerato.«Una vera perla di genero!», andava ripetendo tra sè.

La sua gioia fu al colmo, allorchè, sopraggiunto ildotto istitutore della sua figliuola, tra questi e il giovanes’impegnò una discussione d’argomento scientifico, incui Tsien-uan-sien seppe tener testa in modo brillantealle obiezioni sollevate dal suo contradditore.

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«Tu mi proponi di rendermi complice di una frode»,disse questi, quando ebbe udito di che si trattava. «Soquanto ti debbo, e son pronto a servirti per quello chesta in me; ma non in questa faccenda».

L’altro insistette. Disse che, alla peggio, chi rimarreb-be compromesso sarebbe Sciao-mei, o egli medesimo,ma non lui, Tsien-uan-tien. Gli fece lontanamente inten-dere che il suo avvenire era nelle proprie mani, che nongli conveniva guastarsi con chi l’ospitava e gli forniva imezzi di completare gli studi. Tanto disse, insomma, chealla fine il povero giovane dovette cedere, e si dichiaròpronto a tentare l’impresa.

Il giorno seguente, vestito degli abiti migliori checontenesse la guardaroba di Yen-tsun, e ben fornito diquattrini, il cugino s’imbarcò alla volta dell’isola insie-me a Sciao-mei e ai servi sopra un magnifico battello,sul quale Yen-tsun aveva fatto trasportare ricchi tappeti,mobili eleganti e preziose suppellettili.

Il ricco mercante accolse il falso pretendente a brac-cia aperte. Lo trovò simpatico fin dal primo momento:quando poi si fu trattenuto alquanto in conversazionecon lui, dovette convenire che il panegirico che il me-diatore ne aveva intessuto non era punto esagerato.«Una vera perla di genero!», andava ripetendo tra sè.

La sua gioia fu al colmo, allorchè, sopraggiunto ildotto istitutore della sua figliuola, tra questi e il giovanes’impegnò una discussione d’argomento scientifico, incui Tsien-uan-sien seppe tener testa in modo brillantealle obiezioni sollevate dal suo contradditore.

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Fu servito un lauto banchetto, dopo il quale il mer-cante tirò da parte il mediatore e gli disse:

«Non avrei potuto davvero trovar di meglio: il giova-ne mi va sotto ogni rapporto. Fin d’ora impegno la miaparola: quando le nozze saranno compiute, non avrete alagnarvi di me».

Verso sera, i viaggiatori ripartirono. Quando giunseroalla casa di Yen-tsun, era notte fatta, ma questo era leva-to, e li aspettava con trepidazione. Udita la loro relazio-ne, si rallegrò con loro che tutto fosse andato bene, col-mò di ringraziamenti e di promesse cugino e mediatore,e fissò le nozze per il terzo giorno della dodicesimaluna. Il giorno seguente inviò all’isola dei ricchissimidoni per la fidanzata, che il mercante trovò in tutto disua soddisfazione. **

Ora bisogna sapere che nella provincia di Kiang-nan iriti nuziali non si celebrano come furono istituiti da tem-po immemorabile e come si sono fino ad oggi conserva-ti in tutte le altre parti dell’impero. Invece d’andar in-contro alla sposa; lo sposo colà aspetta che i suoi nuovigenitori gliela conducano a casa. Tale cerimonia si chia-ma «condurre la sposa»: questa è consegnata al futuromarito proprio sulla soglia dell’abitazione di lui.

Kao-tsan, che in ogni cosa aveva le sue idee partico-lari, prese in quella circostanza una decisione inaspetta-ta. Desideroso di mostrare agli abitanti di Tong-ting cheperla di genero avesse potuto scoprire, dichiarò che bi-sognava rispettare gli antichi riti, che lo sposo sarebbevenuto lui a prendere la sposa, e che il festino nuziale

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Fu servito un lauto banchetto, dopo il quale il mer-cante tirò da parte il mediatore e gli disse:

«Non avrei potuto davvero trovar di meglio: il giova-ne mi va sotto ogni rapporto. Fin d’ora impegno la miaparola: quando le nozze saranno compiute, non avrete alagnarvi di me».

Verso sera, i viaggiatori ripartirono. Quando giunseroalla casa di Yen-tsun, era notte fatta, ma questo era leva-to, e li aspettava con trepidazione. Udita la loro relazio-ne, si rallegrò con loro che tutto fosse andato bene, col-mò di ringraziamenti e di promesse cugino e mediatore,e fissò le nozze per il terzo giorno della dodicesimaluna. Il giorno seguente inviò all’isola dei ricchissimidoni per la fidanzata, che il mercante trovò in tutto disua soddisfazione. **

Ora bisogna sapere che nella provincia di Kiang-nan iriti nuziali non si celebrano come furono istituiti da tem-po immemorabile e come si sono fino ad oggi conserva-ti in tutte le altre parti dell’impero. Invece d’andar in-contro alla sposa; lo sposo colà aspetta che i suoi nuovigenitori gliela conducano a casa. Tale cerimonia si chia-ma «condurre la sposa»: questa è consegnata al futuromarito proprio sulla soglia dell’abitazione di lui.

Kao-tsan, che in ogni cosa aveva le sue idee partico-lari, prese in quella circostanza una decisione inaspetta-ta. Desideroso di mostrare agli abitanti di Tong-ting cheperla di genero avesse potuto scoprire, dichiarò che bi-sognava rispettare gli antichi riti, che lo sposo sarebbevenuto lui a prendere la sposa, e che il festino nuziale

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sarebbe celebrato nell’isola. Fece dei grandiosi prepara-tivi, invitò tutti i vicini, e mandò istruzioni a Sciao-meiperchè si regolasse e parlasse allo sposo nel senso cheegli aveva disposto.

Si può immaginare lo sgomento del mediatore al rice-vere questa ambasciata. Corse subito a informare Yen-tsun, e rimase assai sorpreso, allorchè questi, dopo esserstato a sentirlo, disse colla massima tranquillità:

«Se non è che questo!... Andremo a cercare la sposa,e mio suocero sarà contento».

«Come, contento? Egli e i suoi sono entusiastidell’aspirante che ho loro presentato, e lo hanno osser-vato e studiato così minutamente, che potrebbero farneil ritratto a memoria. Credi ora tu che non si darebberoper intesi quando si trovassero davanti un altro muso?Credi che accetterebbero questo scambio di persona?che non se la prenderebbero con me? che io non mi tro-verei in un bell’impiccio di fronte a loro?»

«Ti ho già detto fin dal principio, che se è destino cheio abbia a sposare la figlia di Kao-tsan, il matrimonioavverrà, a dispetto di tutti gli ostacoli che sembranofrapporsi. Se fossi venuto in persona con voi a fare leprime visite, non ci troveremmo ora a questi termini. Lacolpa è mia: mi hai detto che l’uomo era difficile e bi-sbetico, e che bisognava presentargli mio cugino invecedi me. Bisbetico davvero! Un bonaccione che accettal’affare alle prime parole che gli son dette! Dirai che lacausa è stata l’intervento di mio cugino, e io ti dico cheè stata la predestinazione. E credi che Kao-tsan avrebbe

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sarebbe celebrato nell’isola. Fece dei grandiosi prepara-tivi, invitò tutti i vicini, e mandò istruzioni a Sciao-meiperchè si regolasse e parlasse allo sposo nel senso cheegli aveva disposto.

Si può immaginare lo sgomento del mediatore al rice-vere questa ambasciata. Corse subito a informare Yen-tsun, e rimase assai sorpreso, allorchè questi, dopo esserstato a sentirlo, disse colla massima tranquillità:

«Se non è che questo!... Andremo a cercare la sposa,e mio suocero sarà contento».

«Come, contento? Egli e i suoi sono entusiastidell’aspirante che ho loro presentato, e lo hanno osser-vato e studiato così minutamente, che potrebbero farneil ritratto a memoria. Credi ora tu che non si darebberoper intesi quando si trovassero davanti un altro muso?Credi che accetterebbero questo scambio di persona?che non se la prenderebbero con me? che io non mi tro-verei in un bell’impiccio di fronte a loro?»

«Ti ho già detto fin dal principio, che se è destino cheio abbia a sposare la figlia di Kao-tsan, il matrimonioavverrà, a dispetto di tutti gli ostacoli che sembranofrapporsi. Se fossi venuto in persona con voi a fare leprime visite, non ci troveremmo ora a questi termini. Lacolpa è mia: mi hai detto che l’uomo era difficile e bi-sbetico, e che bisognava presentargli mio cugino invecedi me. Bisbetico davvero! Un bonaccione che accettal’affare alle prime parole che gli son dette! Dirai che lacausa è stata l’intervento di mio cugino, e io ti dico cheè stata la predestinazione. E credi che Kao-tsan avrebbe

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il coraggio di mettermi alla porta dopo aver preso solen-ne impegno? Sua figlia si può già considerare come miamoglie. Sì, andrò a prenderla io stesso, e vedrai se lacosa non riuscirà».

«Non facciamo nulla!», replicò Sciao-mei crollando ilcapo. «La ragazza è al sicuro in casa de’ suoi genitori.Se il padre le impedisce di salire sul palanchino, cosapuoi fare?»

«Prenderò con me un drappello di uomini risoluti. SeKao-tsun si rifiuta di consegnarmi sua figlia, io farò ir-ruzione in casa sua e la prenderò colla forza. Se mi faràcitare davanti al tribunale, io dimostrerò il mio buon di-ritto producendo il consenso firmato da lui. Chi di noidue avrà mancato a’ suoi impegni? Chi di noi due corre-rà pericolo d’una condanna?»

«È più difficile di quanto pensi l’attaccare qualcunosul suo proprio terreno. I tuoi uomini risoluti potrebberotrovarne altri non meno risoluti nei servi di Kao-tsan, eavere la peggio. Quanto alla vertenza giudiziaria, anchequi la penso all’opposto di te. Basterà che il padre dica:il giovane che mi fu presentato e al quale io accordai lamano di mia figlia, era uno, e quello che è venuto a ra-pirla è un altro, perchè il giudice sottoponga a interroga-torio il mediatore, dandogli anche, se accorre, qualchetratto di corda per farlo cantare. Io dovrei spiattellaretutto, e tu saresti fritto. Credi a me: è un giuoco perico-loso!»

Seguì un lungo silenzio. Alla fine Yen-tsun prese adire:

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il coraggio di mettermi alla porta dopo aver preso solen-ne impegno? Sua figlia si può già considerare come miamoglie. Sì, andrò a prenderla io stesso, e vedrai se lacosa non riuscirà».

«Non facciamo nulla!», replicò Sciao-mei crollando ilcapo. «La ragazza è al sicuro in casa de’ suoi genitori.Se il padre le impedisce di salire sul palanchino, cosapuoi fare?»

«Prenderò con me un drappello di uomini risoluti. SeKao-tsun si rifiuta di consegnarmi sua figlia, io farò ir-ruzione in casa sua e la prenderò colla forza. Se mi faràcitare davanti al tribunale, io dimostrerò il mio buon di-ritto producendo il consenso firmato da lui. Chi di noidue avrà mancato a’ suoi impegni? Chi di noi due corre-rà pericolo d’una condanna?»

«È più difficile di quanto pensi l’attaccare qualcunosul suo proprio terreno. I tuoi uomini risoluti potrebberotrovarne altri non meno risoluti nei servi di Kao-tsan, eavere la peggio. Quanto alla vertenza giudiziaria, anchequi la penso all’opposto di te. Basterà che il padre dica:il giovane che mi fu presentato e al quale io accordai lamano di mia figlia, era uno, e quello che è venuto a ra-pirla è un altro, perchè il giudice sottoponga a interroga-torio il mediatore, dandogli anche, se accorre, qualchetratto di corda per farlo cantare. Io dovrei spiattellaretutto, e tu saresti fritto. Credi a me: è un giuoco perico-loso!»

Seguì un lungo silenzio. Alla fine Yen-tsun prese adire:

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«Quand’è così, bisogna rinunciarvi. Ma allora biso-gna che tu ti disturbi ad andare laggiù e significare al si-gnor Kao-tsun che come io ho soddisfatto il suo deside-rio di presentarmi a lui prima del fidanzamento, io chie-do alla mia volta che egli si compiaccia di rispettare lenostre costumanze, e conduca qui lui sua figlia».

«Il male è che non vorrà saperne. Egli ha decantato intutti i toni, a parenti ed amici, i pregi incomparabili delsuo genero, e tutti muoiono d’impazienza di vederlo.Vedrai che terrà duro. Se si vuole la signorina, bisognaassolutamente andarla a prendere».

«E allora, come si fa? Che espedienti suggerisci tu?»«Uno solo, e il migliore possibile: mandare un’altra

volta Tsien-uan-sien. Abbiamo cominciato a ingannareil mercante, e conviene ingannarlo fino alla fine. L’otti-mo cugino deve sostenere ancora la sua parte di sposo, econdurci la fidanzata. Una volta che essa abbia varcatola soglia di casa tua, e sia così divenuta tua legittimamoglie, puoi farti forte di quel diritto di domicilio cheora è dalla parte di Kao-tsan. Prenderai le tue misurecontro un eventuale tentativo di ratto, e tutte le protestecadranno di fronte al fatto compiuto e al matrimonioconsumato».

«Certo sarebbe questa la via più sicura. Sta a vederese mio cugino sarà all’altezza della situazione anchequesta volta: si tratta di rappresentarmi in pubblico, nonpiù in una visita privata. E potrebbe anche darsi che nonsi lasciasse indurre così facilmente a entrar di nuovo incampagna».

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«Quand’è così, bisogna rinunciarvi. Ma allora biso-gna che tu ti disturbi ad andare laggiù e significare al si-gnor Kao-tsun che come io ho soddisfatto il suo deside-rio di presentarmi a lui prima del fidanzamento, io chie-do alla mia volta che egli si compiaccia di rispettare lenostre costumanze, e conduca qui lui sua figlia».

«Il male è che non vorrà saperne. Egli ha decantato intutti i toni, a parenti ed amici, i pregi incomparabili delsuo genero, e tutti muoiono d’impazienza di vederlo.Vedrai che terrà duro. Se si vuole la signorina, bisognaassolutamente andarla a prendere».

«E allora, come si fa? Che espedienti suggerisci tu?»«Uno solo, e il migliore possibile: mandare un’altra

volta Tsien-uan-sien. Abbiamo cominciato a ingannareil mercante, e conviene ingannarlo fino alla fine. L’otti-mo cugino deve sostenere ancora la sua parte di sposo, econdurci la fidanzata. Una volta che essa abbia varcatola soglia di casa tua, e sia così divenuta tua legittimamoglie, puoi farti forte di quel diritto di domicilio cheora è dalla parte di Kao-tsan. Prenderai le tue misurecontro un eventuale tentativo di ratto, e tutte le protestecadranno di fronte al fatto compiuto e al matrimonioconsumato».

«Certo sarebbe questa la via più sicura. Sta a vederese mio cugino sarà all’altezza della situazione anchequesta volta: si tratta di rappresentarmi in pubblico, nonpiù in una visita privata. E potrebbe anche darsi che nonsi lasciasse indurre così facilmente a entrar di nuovo incampagna».

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«Al punto in cui sono le cose», conchiuse il mediato-re, «io non vedo assolutamente altro modo di uscirne abene».

* Come Yen-tsun aveva preveduto, ci volle del bello edel buono per indurre il cugino alla nuova spedizione.Quando finalmente ebbe accettato, Yen-tsun e Sciao-mei si occuparono dei particolari. Misero sul battellol’abito destinato allo sposo, i doni e le regalie da distri-buirsi ai parenti e ai domestici, le livree per il personaledi servizio che avrebbe assistito alla cerimonia, il palan-chino fiorito che doveva accogliere lo sposo, le torce ele lanterne dorate, e così via.

All’alba del terzo giorno del dodicesimo mese il bat-tello, seguito da un altro di scorta, prese il largo alla vol-ta di Tong-ting. Poche ore dopo il magnifico corteos’avviava, tra due ali di curiosi e preceduto da un drap-pello di flautisti e tamburini, verso il palazzo Kao-tsan.

I genitori di Tsiu-fang, con un lungo codazzo di pa-renti ed amici, mossero incontro allo sposo. Questi fuinvitato a scendere dal palanchino, e gli furono recitatidei versi di circostanza. Poi tutti entrarono in casa, dovefu servito il tè e si tenne circolo fino all’ora del pranzo.

Tsien-uan-sien dovette fare un grande sforzo per so-stenere la sua parte: respirò finalmente quando giunse ilmomento fissato per il ritorno. Ed ecco giungere dallariva alcuni battellieri gridando:

«Impossibile levar l’ancora! Una furiosa bufera im-perversa sul lago!»

Era vero: la musica chiassosa che rallegrava il ban-

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«Al punto in cui sono le cose», conchiuse il mediato-re, «io non vedo assolutamente altro modo di uscirne abene».

* Come Yen-tsun aveva preveduto, ci volle del bello edel buono per indurre il cugino alla nuova spedizione.Quando finalmente ebbe accettato, Yen-tsun e Sciao-mei si occuparono dei particolari. Misero sul battellol’abito destinato allo sposo, i doni e le regalie da distri-buirsi ai parenti e ai domestici, le livree per il personaledi servizio che avrebbe assistito alla cerimonia, il palan-chino fiorito che doveva accogliere lo sposo, le torce ele lanterne dorate, e così via.

All’alba del terzo giorno del dodicesimo mese il bat-tello, seguito da un altro di scorta, prese il largo alla vol-ta di Tong-ting. Poche ore dopo il magnifico corteos’avviava, tra due ali di curiosi e preceduto da un drap-pello di flautisti e tamburini, verso il palazzo Kao-tsan.

I genitori di Tsiu-fang, con un lungo codazzo di pa-renti ed amici, mossero incontro allo sposo. Questi fuinvitato a scendere dal palanchino, e gli furono recitatidei versi di circostanza. Poi tutti entrarono in casa, dovefu servito il tè e si tenne circolo fino all’ora del pranzo.

Tsien-uan-sien dovette fare un grande sforzo per so-stenere la sua parte: respirò finalmente quando giunse ilmomento fissato per il ritorno. Ed ecco giungere dallariva alcuni battellieri gridando:

«Impossibile levar l’ancora! Una furiosa bufera im-perversa sul lago!»

Era vero: la musica chiassosa che rallegrava il ban-

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chetto aveva impedito di udire il muggito della tempe-sta. Questa, dopo aver infuriato tutta la notte, parve cal-marsi allo spuntare dell’alba; ma riprese dopo qualcheora con maggior violenza. Più tardi, cominciò a nevica-re.

Si può immaginare come rimanesse il falso sposo,pensando alle complicazioni che avrebbe potuto far sor-gere questo malaugurato contrattempo. Il suo sgomentosi mutò in terrore, allorquando il signor Kao-tsan uscìcon una proposta.

«Giacchè non potete partire, perchè non celebrerem-mo qui senz’altro le cerimonie definitive delle nozze?Voi rimarrete qui fin che il tempo non si sia rimesso albello, e allora vi condurrete a casa vostra moglie».

E senza aspettar risposta, corse a impartire gli ordini.Qualche ora dopo la sposa, splendidamente vestita e

ricoperta da un velo, era condotta nella sala d’onore, elo sposo le si poneva al fianco. Si legarono insieme lecandele fiorite, si recitarono le formule di rito. Tsien-uan-sien e Tsiu-fang erano marito e moglie... **

Quando, prima di notte, le mense furono levate, i co-niugi Kao-tsan condussero il nuovo genero sulla sogliadella camera nuziale. La dama d’onore che aveva giàtolto il velo e gli ornamenti dal capo della sposa, invitòripetutamente Tsien-uan-sien a entrare nell’alcova, che,secondo i riti, il marito doveva essere il primo ad occu-pare. Lo sposo non si muoveva nè diceva parola, conqualche sorpresa della dama, la quale alla fine si decisea mettere a letto la sposa, e si ritirò discretamente. Ma

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chetto aveva impedito di udire il muggito della tempe-sta. Questa, dopo aver infuriato tutta la notte, parve cal-marsi allo spuntare dell’alba; ma riprese dopo qualcheora con maggior violenza. Più tardi, cominciò a nevica-re.

Si può immaginare come rimanesse il falso sposo,pensando alle complicazioni che avrebbe potuto far sor-gere questo malaugurato contrattempo. Il suo sgomentosi mutò in terrore, allorquando il signor Kao-tsan uscìcon una proposta.

«Giacchè non potete partire, perchè non celebrerem-mo qui senz’altro le cerimonie definitive delle nozze?Voi rimarrete qui fin che il tempo non si sia rimesso albello, e allora vi condurrete a casa vostra moglie».

E senza aspettar risposta, corse a impartire gli ordini.Qualche ora dopo la sposa, splendidamente vestita e

ricoperta da un velo, era condotta nella sala d’onore, elo sposo le si poneva al fianco. Si legarono insieme lecandele fiorite, si recitarono le formule di rito. Tsien-uan-sien e Tsiu-fang erano marito e moglie... **

Quando, prima di notte, le mense furono levate, i co-niugi Kao-tsan condussero il nuovo genero sulla sogliadella camera nuziale. La dama d’onore che aveva giàtolto il velo e gli ornamenti dal capo della sposa, invitòripetutamente Tsien-uan-sien a entrare nell’alcova, che,secondo i riti, il marito doveva essere il primo ad occu-pare. Lo sposo non si muoveva nè diceva parola, conqualche sorpresa della dama, la quale alla fine si decisea mettere a letto la sposa, e si ritirò discretamente. Ma

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non furono altrettanto discrete le domestiche, che stupitedi quella novità, sollecitarono il giovane ad entrare.

Il poveretto, quanto mai impacciato e perplesso, pare-va un cerbiatto che, preso alle strette, dà della testa quae là. Alla fine licenziò le ancelle con aria costernata, e sipose sopra una sedia ad aspettare il mattino. Aveva la-sciate accese le candele, ma queste si consumarono pri-ma che spuntasse l’alba. Rimasto così nelle tenebre, eglisentiva ancor più vivamente la sua situazione. Si sdraiòallora sul pavimento, per riposare un po’ meglio, giac-chè il sonno non voleva venire. Mille tristi pensieri loassalsero; ricordò i genitori, che da tanto tempo eranomorti, lasciandolo solo al mondo... Ben tristi pensieriper quell’ora e per quel luogo!

Ai primi bagliori, uscì quatto quatto; fece un po’ ditoeletta nella stanza vicina, e ricompose il viso alla me-glio. I coniugi Kao-tsan, che erano stati avvertiti dellasua condotta, l’attribuirono alla naturale timidezza di unuomo poco più che adolescente, e non se ne preoccupa-rono punto.

Aveva cessato di nevicare, ma il vento soffiava anco-ra con estrema violenza; grossi marosi venivano a fran-gersi sulla spiaggia. Quel giorno ebbe luogo il banchettodi rallegramento, durante il quale Tsien-uan-sien, che disolito era molto sobrio, pensò di stordirsi rispondendo atutti i brindisi fatti in suo onore. Entrò così in quello sta-to di torpida ebbrezza, che intontisce lo spirito affaticatoe obbliga il corpo a subire la legge del sonno. Solo anotte inoltrata si recò nella terribile camera, e si mise a

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non furono altrettanto discrete le domestiche, che stupitedi quella novità, sollecitarono il giovane ad entrare.

Il poveretto, quanto mai impacciato e perplesso, pare-va un cerbiatto che, preso alle strette, dà della testa quae là. Alla fine licenziò le ancelle con aria costernata, e sipose sopra una sedia ad aspettare il mattino. Aveva la-sciate accese le candele, ma queste si consumarono pri-ma che spuntasse l’alba. Rimasto così nelle tenebre, eglisentiva ancor più vivamente la sua situazione. Si sdraiòallora sul pavimento, per riposare un po’ meglio, giac-chè il sonno non voleva venire. Mille tristi pensieri loassalsero; ricordò i genitori, che da tanto tempo eranomorti, lasciandolo solo al mondo... Ben tristi pensieriper quell’ora e per quel luogo!

Ai primi bagliori, uscì quatto quatto; fece un po’ ditoeletta nella stanza vicina, e ricompose il viso alla me-glio. I coniugi Kao-tsan, che erano stati avvertiti dellasua condotta, l’attribuirono alla naturale timidezza di unuomo poco più che adolescente, e non se ne preoccupa-rono punto.

Aveva cessato di nevicare, ma il vento soffiava anco-ra con estrema violenza; grossi marosi venivano a fran-gersi sulla spiaggia. Quel giorno ebbe luogo il banchettodi rallegramento, durante il quale Tsien-uan-sien, che disolito era molto sobrio, pensò di stordirsi rispondendo atutti i brindisi fatti in suo onore. Entrò così in quello sta-to di torpida ebbrezza, che intontisce lo spirito affaticatoe obbliga il corpo a subire la legge del sonno. Solo anotte inoltrata si recò nella terribile camera, e si mise a

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dormire nel luogo stesso che aveva occupato la notteavanti, senza volger neppure uno sguardo al nido profu-mato che era pronto per lui nei recessi dell’alcova.

Alla mattina, il tempo era splendido, e Tsien-uan-sienmanifestò il fermo proposito di ritornare a Ping-wang.Ma Kao-tsan aveva deciso che suo genero dovesse dor-mire per tre notti in casa sua, e tenne fermo. Un’altraprova, e la più ardua, era serbata al «marito contro suavoglia».

È bene dire qui che, durante l’ultima e più solenne ce-rimonia degli sponsali, Tsiu-fang non aveva tralasciatodi gettare uno sguardo furtivo allo sposo che suo padreaveva scelto per lei. Siccome era veramente unbell’uomo, essa aveva subito sentito il desiderio istinti-vo di piacergli. Ora, per quanto innocente fosse la giovi-netta, essa aveva intuito che il contegno da lui tenutonon era quello di un uomo animato dallo stesso deside-rio a suo riguardo. Ne aveva cercato il motivo: si erachiesta se per caso non l’avesse offeso col venir meno inqualche modo all’uno o all’altro dei riti che si erano ce-lebrati nei due giorni precedenti, o forse coll’essere en-trata per la prima sotto le cortine del talamo, invece diseguirvelo. A buon conto, raccomandò alle sue donne diaspettare quella terza notte il signore; d’invitarlo ad en-trare per primo, e di non venire a prendere lei prima chequeste sue istruzioni non fossero fedelmente eseguite.

Si può ora immaginare l’imbarazzo del giovane, al-lorchè, appena ebbe posto piede nell’appartamento in-terno, si vide circondato dalle ancelle che gareggiavano

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dormire nel luogo stesso che aveva occupato la notteavanti, senza volger neppure uno sguardo al nido profu-mato che era pronto per lui nei recessi dell’alcova.

Alla mattina, il tempo era splendido, e Tsien-uan-sienmanifestò il fermo proposito di ritornare a Ping-wang.Ma Kao-tsan aveva deciso che suo genero dovesse dor-mire per tre notti in casa sua, e tenne fermo. Un’altraprova, e la più ardua, era serbata al «marito contro suavoglia».

È bene dire qui che, durante l’ultima e più solenne ce-rimonia degli sponsali, Tsiu-fang non aveva tralasciatodi gettare uno sguardo furtivo allo sposo che suo padreaveva scelto per lei. Siccome era veramente unbell’uomo, essa aveva subito sentito il desiderio istinti-vo di piacergli. Ora, per quanto innocente fosse la giovi-netta, essa aveva intuito che il contegno da lui tenutonon era quello di un uomo animato dallo stesso deside-rio a suo riguardo. Ne aveva cercato il motivo: si erachiesta se per caso non l’avesse offeso col venir meno inqualche modo all’uno o all’altro dei riti che si erano ce-lebrati nei due giorni precedenti, o forse coll’essere en-trata per la prima sotto le cortine del talamo, invece diseguirvelo. A buon conto, raccomandò alle sue donne diaspettare quella terza notte il signore; d’invitarlo ad en-trare per primo, e di non venire a prendere lei prima chequeste sue istruzioni non fossero fedelmente eseguite.

Si può ora immaginare l’imbarazzo del giovane, al-lorchè, appena ebbe posto piede nell’appartamento in-terno, si vide circondato dalle ancelle che gareggiavano

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nel dimostrargli il loro zelo obbediente. Una di esse gliprese il berretto, un’altra fece per togliergli la pelliccia.Per sottrarsi a questo maneggio, corse in fondo alla ca-mera e vi si accovacciò, vestito com’era.

Quando la sposa ne fu avvertita, pensò bene di imita-re il suo esempio; non volle neppure che le togliesseroun sol vezzo dal capo. I due se ne stavano zitti, facendo,naturalmente, molte riflessioni, ognuno per conto suo.Quelle che occupavano la mente di Tsiu-fang erano talida consigliarla a tener tutto per sè, senza aprirsene coigenitori.

Apparve il quarto giorno, rallegrato da uno splendidosole. Spirava un buon venticello: non bisognava indu-giare a partire. Il signor Kao-tsan condusse la moglie ela figlia a bordo di uno dei battelli, poi s’imbarcòsull’altro insieme a Scia-mei e a Sciao-yi. Si sciolsero levele e s’iniziò il viaggio di ritorno, mentre musicanti ecantori riempivano l’aria di allegre note.

Ma non tutti i cuori erano lieti. Il fido Siao-yi, che erastato incaricato dal suo padrone di spiare gli eventi, sichiedeva con inquietudine che accoglienza Yen-tsunavrebbe fatto al racconto di certi particolari che dovevapure riferirgli. Volendo essere il primo a informarlo ditutto, perchè si trovasse almeno preparato, salì in un leg-gero schifo, e vogò a tutta forza verso la riva, distan-ziandosi in breve dalla flottiglia.

* Yen-tsun, era al colmo dell’ansietà. Già lo aveva in-quietato il pensiero che la burrasca impedisse il prontoritorno del suo sostituto. Quando poi i giorni passarono

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nel dimostrargli il loro zelo obbediente. Una di esse gliprese il berretto, un’altra fece per togliergli la pelliccia.Per sottrarsi a questo maneggio, corse in fondo alla ca-mera e vi si accovacciò, vestito com’era.

Quando la sposa ne fu avvertita, pensò bene di imita-re il suo esempio; non volle neppure che le togliesseroun sol vezzo dal capo. I due se ne stavano zitti, facendo,naturalmente, molte riflessioni, ognuno per conto suo.Quelle che occupavano la mente di Tsiu-fang erano talida consigliarla a tener tutto per sè, senza aprirsene coigenitori.

Apparve il quarto giorno, rallegrato da uno splendidosole. Spirava un buon venticello: non bisognava indu-giare a partire. Il signor Kao-tsan condusse la moglie ela figlia a bordo di uno dei battelli, poi s’imbarcòsull’altro insieme a Scia-mei e a Sciao-yi. Si sciolsero levele e s’iniziò il viaggio di ritorno, mentre musicanti ecantori riempivano l’aria di allegre note.

Ma non tutti i cuori erano lieti. Il fido Siao-yi, che erastato incaricato dal suo padrone di spiare gli eventi, sichiedeva con inquietudine che accoglienza Yen-tsunavrebbe fatto al racconto di certi particolari che dovevapure riferirgli. Volendo essere il primo a informarlo ditutto, perchè si trovasse almeno preparato, salì in un leg-gero schifo, e vogò a tutta forza verso la riva, distan-ziandosi in breve dalla flottiglia.

* Yen-tsun, era al colmo dell’ansietà. Già lo aveva in-quietato il pensiero che la burrasca impedisse il prontoritorno del suo sostituto. Quando poi i giorni passarono

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senza che questi comparisse, si pentì quasi di essersi in-golfato in quella faccenda.

Ed ecco arrivare Siao-yi. Con quale impazienza Yen-tsun ne ascoltasse il racconto, è inutile dire.

«E dove ha passato le notti Tsien-uan-sien?», chiese,quando il servo ebbe finito.

«È stato costretto a dormire nella camera nuziale...Ma questo non vuol dir nulla. Il signor Tsien-uan-sien èun uomo per bene, e...»

«Al diavolo l’uomo per bene!», gridò il padrone in-collerito. «Perchè non sei intervenuto a impedire questaenormità? Che ordini t’avevo dato io, sciagurato?»

«Ho fatto quel che ho potuto; ma il signor Tsien-uan-sien ha detto che doveva compire fino all’ultimo la mis-sione affidatagli da vossignoria, assicurandomi però chesi sarebbe comportato in modo da non offendere gli spi-riti celesti...»

Ycn-tsun interruppe la perorazione di Siao-yi lascian-dogli andare un solenne manrovescio; poi corse incontroal cugino per dare anche a lui la sua parte.

Se Yen-tsun non fosse stato il brutto tipo che era,avrebbe potuto scorgere nell’aspetto franco e sicuro diTsien-uan-sien la verità delle assicurazioni avute dal ser-vo. Ma, generalmente, gli uomini giudicano gli altri dasè medesimi. Così egli non vide in lui se non un nemicoche l’aveva mortalmente offeso. Senza lasciargli tempodi dir parola, si gettò sopra di lui, l’afferrò per i capelli esi diede a percuoterlo gridando:

«Maledetto! Traditore! Hai dilapidato il mio danaro!

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senza che questi comparisse, si pentì quasi di essersi in-golfato in quella faccenda.

Ed ecco arrivare Siao-yi. Con quale impazienza Yen-tsun ne ascoltasse il racconto, è inutile dire.

«E dove ha passato le notti Tsien-uan-sien?», chiese,quando il servo ebbe finito.

«È stato costretto a dormire nella camera nuziale...Ma questo non vuol dir nulla. Il signor Tsien-uan-sien èun uomo per bene, e...»

«Al diavolo l’uomo per bene!», gridò il padrone in-collerito. «Perchè non sei intervenuto a impedire questaenormità? Che ordini t’avevo dato io, sciagurato?»

«Ho fatto quel che ho potuto; ma il signor Tsien-uan-sien ha detto che doveva compire fino all’ultimo la mis-sione affidatagli da vossignoria, assicurandomi però chesi sarebbe comportato in modo da non offendere gli spi-riti celesti...»

Ycn-tsun interruppe la perorazione di Siao-yi lascian-dogli andare un solenne manrovescio; poi corse incontroal cugino per dare anche a lui la sua parte.

Se Yen-tsun non fosse stato il brutto tipo che era,avrebbe potuto scorgere nell’aspetto franco e sicuro diTsien-uan-sien la verità delle assicurazioni avute dal ser-vo. Ma, generalmente, gli uomini giudicano gli altri dasè medesimi. Così egli non vide in lui se non un nemicoche l’aveva mortalmente offeso. Senza lasciargli tempodi dir parola, si gettò sopra di lui, l’afferrò per i capelli esi diede a percuoterlo gridando:

«Maledetto! Traditore! Hai dilapidato il mio danaro!

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Ti sei divertito alle mie spalle!»I suoi servi riuscirono con fatica a strapparglielo dalle

mani.Intanto sopraggiunse il signor Kao-tsan che, sorpreso

a quella scena, ne chiese la ragione. I servitori vedendoche ormai era impossibile nascondere la verità, disseroche colui era un falso Yen-tsun, il quale aveva sorpresola sua buona fede. Il vecchio mercante cacciò un urlo dirabbia, e investì alla sua volta il povero Tsien-uan-sien,picchiandolo di santa ragione.

Intanto i parenti che scortavano la sposa avevano cir-condato Yen-tsun, e minacciavano di conciarlo per le fe-ste. La battaglia divenne generale, e i curiosi comincia-rono a affluire intorno alla casa.

Volle fortuna che passasse in quel momento il manda-rino governatore del distretto. Data la folla, il suo palan-chino dovette arrestarsi. Egli smontò, e chiese la ragionedi quel pandemonio. Le parti contendenti cominciaronoa parlare in una volta. Il funzionario, che non riusciva acapirne nulla, ordinò che lo seguissero al tribunale, doveavrebbe udito le loro ragioni e giudicato secondo equità.

L’udienza fu assai lunga e laboriosa. La questione piùdelicata era di sapere se il falso Yen-tsun si era davveroastenuto dall’avvicinare la sposa durante la notte cheaveva passato nella camera di lei. Naturalmente il man-darino non si tenne contento alle assicurazioni e ai giu-ramenti del giovane.

«Oh, oh!», disse, derogando un poco della sua gravi-tà. «Dai tempi antichi in poi, di uomini veramente im-

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Ti sei divertito alle mie spalle!»I suoi servi riuscirono con fatica a strapparglielo dalle

mani.Intanto sopraggiunse il signor Kao-tsan che, sorpreso

a quella scena, ne chiese la ragione. I servitori vedendoche ormai era impossibile nascondere la verità, disseroche colui era un falso Yen-tsun, il quale aveva sorpresola sua buona fede. Il vecchio mercante cacciò un urlo dirabbia, e investì alla sua volta il povero Tsien-uan-sien,picchiandolo di santa ragione.

Intanto i parenti che scortavano la sposa avevano cir-condato Yen-tsun, e minacciavano di conciarlo per le fe-ste. La battaglia divenne generale, e i curiosi comincia-rono a affluire intorno alla casa.

Volle fortuna che passasse in quel momento il manda-rino governatore del distretto. Data la folla, il suo palan-chino dovette arrestarsi. Egli smontò, e chiese la ragionedi quel pandemonio. Le parti contendenti cominciaronoa parlare in una volta. Il funzionario, che non riusciva acapirne nulla, ordinò che lo seguissero al tribunale, doveavrebbe udito le loro ragioni e giudicato secondo equità.

L’udienza fu assai lunga e laboriosa. La questione piùdelicata era di sapere se il falso Yen-tsun si era davveroastenuto dall’avvicinare la sposa durante la notte cheaveva passato nella camera di lei. Naturalmente il man-darino non si tenne contento alle assicurazioni e ai giu-ramenti del giovane.

«Oh, oh!», disse, derogando un poco della sua gravi-tà. «Dai tempi antichi in poi, di uomini veramente im-

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passibili non si conosceva altri se non Liu-hia-uei, e sivuole che persino il vecchio eremita di Lu si dichiarasseincapace d’imitarne l’esempio, fosse pure per una solanotte67. E tu, giovane, nel fiore dell’età, superi i modellidei tempi antichi! È una cosa edificante!»

Voltosi poi a un usciere, ordinò che si scegliesseun’emerita matrona, di età e di carattere rispettabili, la siconducesse sul battello dove ancora si trovava Tsiu-fang, incaricandola di sottoporre questa ad un’ispezione.Poi sospese l’udienza.

Dopo qualche tempo, tra l’ansiosa aspettativa di tutti,la matrona comparve. La sua deposizione confermò pie-namente ciò che Tsien-uan-sien aveva asserito. Il cuorepaterno di Kao-tsan ebbe un balzo di gioia.

«Quand’è così», esclamò, «io sono ben contento cheil baccelliere sia marito di mia figlia».

Ma, con grande sorpresa di tutti, Tsien-uan-sien, uscìin questa dichiarazione:

«Nell’avventura in cui io mi sono così sconsiderata-

67 Di Liu-hia-uei, ministro del re di Lu e famoso per la suacalma imperturbabile e la sua castità a tutta prova, narrano le cro-nache che potesse «dormire in grembo a una donna» senza puntoturbarsi. Nella stessa contrada, viveva un eremita, noto anche luiper la sua grande continenza, e aveva per vicina una graziosa ve-dovella. Questa, in una rigida notte d’inverno, essendo la sua casamal chiusa contro le intemperie, andò a bussare alla porta di lui, egli chiese di ospitarla. L’eremita rifiutò. «Tu non sei dunque comeLiu-hia-uei, gli gridò essa dalla strada. Al che l’eremita rispose:«Liu-hia-uei è più forte di me. Il sentimento della mia debolezzami fa tanto più apprezzare la virtù incomparabile di lui».

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passibili non si conosceva altri se non Liu-hia-uei, e sivuole che persino il vecchio eremita di Lu si dichiarasseincapace d’imitarne l’esempio, fosse pure per una solanotte67. E tu, giovane, nel fiore dell’età, superi i modellidei tempi antichi! È una cosa edificante!»

Voltosi poi a un usciere, ordinò che si scegliesseun’emerita matrona, di età e di carattere rispettabili, la siconducesse sul battello dove ancora si trovava Tsiu-fang, incaricandola di sottoporre questa ad un’ispezione.Poi sospese l’udienza.

Dopo qualche tempo, tra l’ansiosa aspettativa di tutti,la matrona comparve. La sua deposizione confermò pie-namente ciò che Tsien-uan-sien aveva asserito. Il cuorepaterno di Kao-tsan ebbe un balzo di gioia.

«Quand’è così», esclamò, «io sono ben contento cheil baccelliere sia marito di mia figlia».

Ma, con grande sorpresa di tutti, Tsien-uan-sien, uscìin questa dichiarazione:

«Nell’avventura in cui io mi sono così sconsiderata-

67 Di Liu-hia-uei, ministro del re di Lu e famoso per la suacalma imperturbabile e la sua castità a tutta prova, narrano le cro-nache che potesse «dormire in grembo a una donna» senza puntoturbarsi. Nella stessa contrada, viveva un eremita, noto anche luiper la sua grande continenza, e aveva per vicina una graziosa ve-dovella. Questa, in una rigida notte d’inverno, essendo la sua casamal chiusa contro le intemperie, andò a bussare alla porta di lui, egli chiese di ospitarla. L’eremita rifiutò. «Tu non sei dunque comeLiu-hia-uei, gli gridò essa dalla strada. Al che l’eremita rispose:«Liu-hia-uei è più forte di me. Il sentimento della mia debolezzami fa tanto più apprezzare la virtù incomparabile di lui».

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mente impegnato, mi sono almeno comportato secondocoscienza e senza mire d’interesse personale. Ora se ilrisultato finale dovesse essere quale il signor Kao-tsandesidera, io non avrei più alcun merito della lotta soste-nuta per tre giorni e tre notti contro me stesso, e la gen-te, invece di lodarmi, concepirebbe sul mio conto i peg-giori sospetti. È dunque meglio che egli si cerchi un al-tro genero, e che io mi conservi la stima degli onesti».

Intervenne allora colla sua autorità il mandarino. Purlodando i nobili sensi espressi dal giovane, lo esortò anon contristare col suo rifiuto un uomo qual era il signorKao-tsan, e ad accettare quello che i destini avevanomanifestamente voluto che fosse. Tsien-uan-sien allafine cedette, con grande soddisfazione di tutti, salvo,s’intende, di suo cugino.

Il governatore pronunciò poi la sentenza. In essa Yen-tsun, colpevole di grave frode nonchè di brutali percossea Tsien-uan-sien, era condannato a sostenere tutte lespese incontrate nella spedizione. I doni nuziali eranogiudicati agli sposi, a titolo d’indennità. Quanto a Sciao-mei, che era stato l’istrumento di tutto l’intrigo, ricevet-te, seduta stante, trenta bastonate dai satelliti del manda-rino.

Qualche ora dopo, il corteo nuziale risaliva sui battel-li e faceva ritorno lietamente all’isola Tong-ting, mentreYen-tsun si chiudeva in casa a smaltirvi la rabbia cheaveva in corpo. **

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mente impegnato, mi sono almeno comportato secondocoscienza e senza mire d’interesse personale. Ora se ilrisultato finale dovesse essere quale il signor Kao-tsandesidera, io non avrei più alcun merito della lotta soste-nuta per tre giorni e tre notti contro me stesso, e la gen-te, invece di lodarmi, concepirebbe sul mio conto i peg-giori sospetti. È dunque meglio che egli si cerchi un al-tro genero, e che io mi conservi la stima degli onesti».

Intervenne allora colla sua autorità il mandarino. Purlodando i nobili sensi espressi dal giovane, lo esortò anon contristare col suo rifiuto un uomo qual era il signorKao-tsan, e ad accettare quello che i destini avevanomanifestamente voluto che fosse. Tsien-uan-sien allafine cedette, con grande soddisfazione di tutti, salvo,s’intende, di suo cugino.

Il governatore pronunciò poi la sentenza. In essa Yen-tsun, colpevole di grave frode nonchè di brutali percossea Tsien-uan-sien, era condannato a sostenere tutte lespese incontrate nella spedizione. I doni nuziali eranogiudicati agli sposi, a titolo d’indennità. Quanto a Sciao-mei, che era stato l’istrumento di tutto l’intrigo, ricevet-te, seduta stante, trenta bastonate dai satelliti del manda-rino.

Qualche ora dopo, il corteo nuziale risaliva sui battel-li e faceva ritorno lietamente all’isola Tong-ting, mentreYen-tsun si chiudeva in casa a smaltirvi la rabbia cheaveva in corpo. **

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LA MOGLIE RAPITA E RITROVATA.

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LA MOGLIE RAPITA E RITROVATA.

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* Si racconta che sotto la dinastia dei Song viveva unmandarino chiamato Uang, nativo di Pien-leang, che do-vette recarsi a Ling-ngam per esercitarvi provvisoria-mente le sue funzioni in attesa di altra nomina. Egli siinstallò con sua moglie nella prima casa che gli fu indi-cata; ma dopo alcuni giorni, trovandola incomoda e an-gusta, si diede a cercarne una migliore, e ne trovò infattiuna nel quartiere elegante della città. Gli conveniva sot-to tutti i rispetti. L’impegnò subito, e s’affrettò a ritorna-re da sua moglie per darle la lieta notizia.

«Domani», aggiunse, «vi farò trasportare i mobili etutte le cose nostre. Resterò là per sorvegliarne il collo-camento, e quando tutto sarà all’ordine, ti manderò aprendere con un palanchino».

Il giorno seguente si occupò dei preparativi del tra-sporto, e prima di andarsene disse ancora alla moglie:

«Siamo intesi, nevvero? Aspetta fin che non ti mandiil palanchino».

Quando il nuovo appartamento fu bene in assetto,Uang spedì infatti il veicolo annunciato. Ma aspettò piùore senza vederlo comparire e finalmente, perduta la pa-zienza, ritornò alla casa da cui aveva sloggiato per cono-scere la causa del ritardo.

«Poco dopo la vostra partenza», gli dissero alcuni in-quilini, «è venuto un palanchino a prendere la signora.

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* Si racconta che sotto la dinastia dei Song viveva unmandarino chiamato Uang, nativo di Pien-leang, che do-vette recarsi a Ling-ngam per esercitarvi provvisoria-mente le sue funzioni in attesa di altra nomina. Egli siinstallò con sua moglie nella prima casa che gli fu indi-cata; ma dopo alcuni giorni, trovandola incomoda e an-gusta, si diede a cercarne una migliore, e ne trovò infattiuna nel quartiere elegante della città. Gli conveniva sot-to tutti i rispetti. L’impegnò subito, e s’affrettò a ritorna-re da sua moglie per darle la lieta notizia.

«Domani», aggiunse, «vi farò trasportare i mobili etutte le cose nostre. Resterò là per sorvegliarne il collo-camento, e quando tutto sarà all’ordine, ti manderò aprendere con un palanchino».

Il giorno seguente si occupò dei preparativi del tra-sporto, e prima di andarsene disse ancora alla moglie:

«Siamo intesi, nevvero? Aspetta fin che non ti mandiil palanchino».

Quando il nuovo appartamento fu bene in assetto,Uang spedì infatti il veicolo annunciato. Ma aspettò piùore senza vederlo comparire e finalmente, perduta la pa-zienza, ritornò alla casa da cui aveva sloggiato per cono-scere la causa del ritardo.

«Poco dopo la vostra partenza», gli dissero alcuni in-quilini, «è venuto un palanchino a prendere la signora.

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Poco più tardi ne arrivò un secondo, che ripartì vuoto,perchè la signora era già andata col primo. Come mainon è arrivata?»

Uang, oltremodo inquieto, tornò alla nuova casa, e vitrovò solo i portatori che aveva mandato e che avevanofatto il viaggio inutilmente, ma vollero pure essere pa-gati. Cercò di ottenere da loro qualche informazione sulpalanchino che li aveva preceduti, e in cui sua moglieera salita; ma non potè cavarne nulla di nulla. Dovettesborsare loro il prezzo della corsa e tenersi la sua in-quietudine.

Si recò poi a denunciare l’accaduto al prefetto dellacittà. Il funzionario fece arrestare il proprietario dellacasa in questione, il quale ripetè semplicemente quelloche gli altri avevano già detto. Si era vista da molti vici-ni la signora entrare in un palanchino e partire; poi giun-gerne e ripartirne, vuoto com’era venuto, un altro.

Tutto ciò non gettava la minima luce sull’affare. Ilprefetto, non sapendo che pesci pigliare, non potè far al-tro che confermare l’arresto già operato. Quanto a sco-prire i primi portatori, di cui non si aveva alcun indizio,sarebbe stato più facile metter le mani su un’ombra opescar l’immagine della luna nel mare. Questo solo erachiaro: che la signora era stata rapita.

Passarono cinque anni. Il signor Uang era caduto inuno stato di cupa tristezza, e non pensava a riammo-gliarsi. Un decreto imperiale lo nominò inaspettatamen-te ispettore degli studi per la provincia di Kin-chu, edegli iniziò il suo giro d’ispezione dal distretto di Sing-

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Poco più tardi ne arrivò un secondo, che ripartì vuoto,perchè la signora era già andata col primo. Come mainon è arrivata?»

Uang, oltremodo inquieto, tornò alla nuova casa, e vitrovò solo i portatori che aveva mandato e che avevanofatto il viaggio inutilmente, ma vollero pure essere pa-gati. Cercò di ottenere da loro qualche informazione sulpalanchino che li aveva preceduti, e in cui sua moglieera salita; ma non potè cavarne nulla di nulla. Dovettesborsare loro il prezzo della corsa e tenersi la sua in-quietudine.

Si recò poi a denunciare l’accaduto al prefetto dellacittà. Il funzionario fece arrestare il proprietario dellacasa in questione, il quale ripetè semplicemente quelloche gli altri avevano già detto. Si era vista da molti vici-ni la signora entrare in un palanchino e partire; poi giun-gerne e ripartirne, vuoto com’era venuto, un altro.

Tutto ciò non gettava la minima luce sull’affare. Ilprefetto, non sapendo che pesci pigliare, non potè far al-tro che confermare l’arresto già operato. Quanto a sco-prire i primi portatori, di cui non si aveva alcun indizio,sarebbe stato più facile metter le mani su un’ombra opescar l’immagine della luna nel mare. Questo solo erachiaro: che la signora era stata rapita.

Passarono cinque anni. Il signor Uang era caduto inuno stato di cupa tristezza, e non pensava a riammo-gliarsi. Un decreto imperiale lo nominò inaspettatamen-te ispettore degli studi per la provincia di Kin-chu, edegli iniziò il suo giro d’ispezione dal distretto di Sing-

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ngam, che era il più vicino, ed ebbe così occasione distringere amicizia con quel sottoprefetto.

Un giorno, che stava facendo colazione in casa di lui,fu portato in tavola un piatto di tartaruga. Appena assag-giata la vivanda, Uang depose sul piatto i bastoncini, edemise un profondo sospiro, mentre gli occhi gli si empi-vano di lagrime.

L’ospite, assai sorpreso, gli chiese il motivo della suacommozione.

«Questo piatto di tartaruga», rispose Uang, «ha esat-tamente lo stesso sapore di quelli che soleva prepararmila mia povera moglie. Ciò è bastato per rievocare allamia mente ben tristi ricordi...»

«È un pezzo che è passata a miglior vita?»«Se fosse morta, dovrei inchinarmi ai voleri del cielo;

ma non è così».E raccontò in breve la dolorosa storia.«Strano davvero!», disse tra sè il sotto-prefetto. «Ho

comperato a Ling-ngan or non è molto, per trenta uan68

una forestiera per farne mia moglie di secondo ordine,ed è lei che ha preparato questo piatto. Voglio andare infondo alla cosa».

E senz’altro si levò da tavola, passò negli apparta-menti interni, e voltosi alla donna che aveva comperato,le chiese:

«Dimmi un po’, forestiera: è a Ling-ngam che avevi

68 Vedi nota a pag. 103 [nota 50 in questa edizione elettroni-ca].

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ngam, che era il più vicino, ed ebbe così occasione distringere amicizia con quel sottoprefetto.

Un giorno, che stava facendo colazione in casa di lui,fu portato in tavola un piatto di tartaruga. Appena assag-giata la vivanda, Uang depose sul piatto i bastoncini, edemise un profondo sospiro, mentre gli occhi gli si empi-vano di lagrime.

L’ospite, assai sorpreso, gli chiese il motivo della suacommozione.

«Questo piatto di tartaruga», rispose Uang, «ha esat-tamente lo stesso sapore di quelli che soleva prepararmila mia povera moglie. Ciò è bastato per rievocare allamia mente ben tristi ricordi...»

«È un pezzo che è passata a miglior vita?»«Se fosse morta, dovrei inchinarmi ai voleri del cielo;

ma non è così».E raccontò in breve la dolorosa storia.«Strano davvero!», disse tra sè il sotto-prefetto. «Ho

comperato a Ling-ngan or non è molto, per trenta uan68

una forestiera per farne mia moglie di secondo ordine,ed è lei che ha preparato questo piatto. Voglio andare infondo alla cosa».

E senz’altro si levò da tavola, passò negli apparta-menti interni, e voltosi alla donna che aveva comperato,le chiese:

«Dimmi un po’, forestiera: è a Ling-ngam che avevi

68 Vedi nota a pag. 103 [nota 50 in questa edizione elettroni-ca].

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marito?»«Ahimè, sì!», mormorò la donna piangendo. «Dei

furfanti mi hanno rapita. Se non ho narrato la mia tristestoria, è per timore che l’onore di mio marito ne potessevenir compromesso».

«E come si chiamava tuo marito?»«Si chiamava Uang. Era funzionario interinale in

quella città, in aspettativa di un mandarinato più impor-tante».

A queste parole, il sotto-prefetto mutò colore, e ritor-nato di corsa dal suo ospite, gli disse:

«Mi duole di disturbarvi; ma c’è qualcuno di là chedesidera di vedervi».

Il mandarino lo seguì. Gli si fa incontro una donna: èsua moglie! Si gettano l’una nelle braccia dell’altro,piangendo di gioia.

«Ma come mai ti trovi qui?», chiese Uang.«Bisogna dire che i muri della nostra abitazione fos-

sero molto sottili, e che qualcuno abbia udito quando tumi avvertisti che sarebbe venuto un palanchino a pren-dermi. Arrivò infatti: credetti che fosse quello mandatoda te, e mi affrettai a salire. Mi portarono in una casavuota, dove erano racchiuse alcune donne, e il giornodopo fui condotta sul battello del sotto-prefetto. Com-presi bene che ero venduta; ma non osai dire chi fossi,temendo che il propalarsi del fatto potesse compromet-tere la tua carriera di mandarino. E chinai il capo sotto ilcolpo della sventura. Con che giubilo ti ritrovo ora!»

Il sotto-prefetto, al colmo della confusione, invitò su-

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marito?»«Ahimè, sì!», mormorò la donna piangendo. «Dei

furfanti mi hanno rapita. Se non ho narrato la mia tristestoria, è per timore che l’onore di mio marito ne potessevenir compromesso».

«E come si chiamava tuo marito?»«Si chiamava Uang. Era funzionario interinale in

quella città, in aspettativa di un mandarinato più impor-tante».

A queste parole, il sotto-prefetto mutò colore, e ritor-nato di corsa dal suo ospite, gli disse:

«Mi duole di disturbarvi; ma c’è qualcuno di là chedesidera di vedervi».

Il mandarino lo seguì. Gli si fa incontro una donna: èsua moglie! Si gettano l’una nelle braccia dell’altro,piangendo di gioia.

«Ma come mai ti trovi qui?», chiese Uang.«Bisogna dire che i muri della nostra abitazione fos-

sero molto sottili, e che qualcuno abbia udito quando tumi avvertisti che sarebbe venuto un palanchino a pren-dermi. Arrivò infatti: credetti che fosse quello mandatoda te, e mi affrettai a salire. Mi portarono in una casavuota, dove erano racchiuse alcune donne, e il giornodopo fui condotta sul battello del sotto-prefetto. Com-presi bene che ero venduta; ma non osai dire chi fossi,temendo che il propalarsi del fatto potesse compromet-tere la tua carriera di mandarino. E chinai il capo sotto ilcolpo della sventura. Con che giubilo ti ritrovo ora!»

Il sotto-prefetto, al colmo della confusione, invitò su-

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bito la signora a lasciare gli appartamenti interni e chia-mò i portatori del suo palanchino, ordinando loro di tra-sportare la signora in casa di Uang. Questi voleva rim-borsargli il prezzo di compera, al che egli rispose, ancorpiù confuso:

«Ho agito troppo alla leggera! Avrei dovuto assumeremaggiori informazioni. Mi sono così reso gravementecolpevole, prendendo la moglie di un collega. Se miparlate di rimborso, non so più dove andarmi a nascon-dere!»

Uang non osò insistere; ma ringraziò con effusione ilsotto-prefetto, e ritornò a casa felice, colla moglie ricu-perata. **

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bito la signora a lasciare gli appartamenti interni e chia-mò i portatori del suo palanchino, ordinando loro di tra-sportare la signora in casa di Uang. Questi voleva rim-borsargli il prezzo di compera, al che egli rispose, ancorpiù confuso:

«Ho agito troppo alla leggera! Avrei dovuto assumeremaggiori informazioni. Mi sono così reso gravementecolpevole, prendendo la moglie di un collega. Se miparlate di rimborso, non so più dove andarmi a nascon-dere!»

Uang non osò insistere; ma ringraziò con effusione ilsotto-prefetto, e ritornò a casa felice, colla moglie ricu-perata. **

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LA VISIONE DI TCHANG-CHEN-YEN.

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LA VISIONE DI TCHANG-CHEN-YEN.

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* Viveva a Ku-tching, nella provincia del Pe-tchi-li,un ricco signore di nome Tchang-chen-yen, assai stima-to per onestà e fervore religioso. Sua moglie invece eraassai tirchia e avida di danaro.

Avvenne che un loro vicino, certo Tchao-ting-yen,perdette la madre, e non avendo mezzi sufficienti perfarle i funerali, pensò di procurarseli a danno dei signoriTchang-chen-yen. Penetrato di notte tempo in casa loroattraverso a un’apertura praticata nel muro divisorio,andò nella stanza dove sapeva trovarsi la cassa, e nelevò una cinquantina di tael.

Quando Tchang-chen-yen si accorse del furterello,non fece scalpore e non ne perdette i sonni. Sua moglie,all’incontro, non sapeva darsene pace, imprecavaall’ignoto ladro, e pensava in cuor suo come avrebbepotuto compensarsi della perdita subìta.

Pochi giorni dopo, un vecchio bonzo buddista si pre-sentò da loro, e fu ricevuto con ogni riguardo dal piouomo.

«Ho raccolto un centinaio di tael», disse il sacerdote,«destinati a eseguire delle riparazioni nel nostro tempiodi Fo69. Ma la somma è ben lungi dall’essere sufficiente,e dovrò girare ancora a lungo per raggranellare altre of-ferte. Ora, non mi sembra prudente viaggiare in un pae-

69 Buddha.

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* Viveva a Ku-tching, nella provincia del Pe-tchi-li,un ricco signore di nome Tchang-chen-yen, assai stima-to per onestà e fervore religioso. Sua moglie invece eraassai tirchia e avida di danaro.

Avvenne che un loro vicino, certo Tchao-ting-yen,perdette la madre, e non avendo mezzi sufficienti perfarle i funerali, pensò di procurarseli a danno dei signoriTchang-chen-yen. Penetrato di notte tempo in casa loroattraverso a un’apertura praticata nel muro divisorio,andò nella stanza dove sapeva trovarsi la cassa, e nelevò una cinquantina di tael.

Quando Tchang-chen-yen si accorse del furterello,non fece scalpore e non ne perdette i sonni. Sua moglie,all’incontro, non sapeva darsene pace, imprecavaall’ignoto ladro, e pensava in cuor suo come avrebbepotuto compensarsi della perdita subìta.

Pochi giorni dopo, un vecchio bonzo buddista si pre-sentò da loro, e fu ricevuto con ogni riguardo dal piouomo.

«Ho raccolto un centinaio di tael», disse il sacerdote,«destinati a eseguire delle riparazioni nel nostro tempiodi Fo69. Ma la somma è ben lungi dall’essere sufficiente,e dovrò girare ancora a lungo per raggranellare altre of-ferte. Ora, non mi sembra prudente viaggiare in un pae-

69 Buddha.

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se sconosciuto con tanto danaro addosso. Mi hanno par-lato della vostra onestà e pietà esemplari, e ho pensatoche forse vorreste farmi il favore di custodire il gruzzolofino al mio ritorno».

«Ben volontieri», disse Tchang-chen-yen. «Qui saràsicuro come se fosse nello stesso tempio di Fo. Siccomeio dovrò probabilmente partire a giorni per rimanere as-sente lungo tempo, incaricherò mia moglie di riporlofino a quando torniate a riprenderlo».

Il bonzo fece la consegna del danaro e si accommiatò,lasciando il buon uomo tutto contento di poter rendereservigio a un ministro di Buddha.

Anche sua moglie ne fu soddisfatta, ma per tutt’altraragione.

— Ecco, – pensava, – mi rattristavo per il furto dicinquanta tael, e costui ce ne porta un centinaio. Lasce-rò partire mio marito, e vedrò cosa si possa fare. –

Alcuni giorni dopo, Tchang-chen-yen intraprese infat-ti un pellegrinaggio al tempio di Tong-yo per ardervi deiprofumi e impetrare dal cielo la grazia di avere un fi-glio, giacchè sino allora era stato senza prole. Prima dipartire raccomandò caldamente alla moglie di custodirbene il danaro affidatogli dal bonzo, e di restituirloquando egli si presentasse.

Il sacerdote ricomparve una settimana dopo la parten-za di Tchang-chen-yen a ritirare il deposito. La donna sene fece nuova affatto: dichiarò che non sapeva di dana-ro, e che il bonzo doveva essersi sbagliato di porta. Il re-ligioso protestò, insistette, minacciò; ma inutilmente.

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se sconosciuto con tanto danaro addosso. Mi hanno par-lato della vostra onestà e pietà esemplari, e ho pensatoche forse vorreste farmi il favore di custodire il gruzzolofino al mio ritorno».

«Ben volontieri», disse Tchang-chen-yen. «Qui saràsicuro come se fosse nello stesso tempio di Fo. Siccomeio dovrò probabilmente partire a giorni per rimanere as-sente lungo tempo, incaricherò mia moglie di riporlofino a quando torniate a riprenderlo».

Il bonzo fece la consegna del danaro e si accommiatò,lasciando il buon uomo tutto contento di poter rendereservigio a un ministro di Buddha.

Anche sua moglie ne fu soddisfatta, ma per tutt’altraragione.

— Ecco, – pensava, – mi rattristavo per il furto dicinquanta tael, e costui ce ne porta un centinaio. Lasce-rò partire mio marito, e vedrò cosa si possa fare. –

Alcuni giorni dopo, Tchang-chen-yen intraprese infat-ti un pellegrinaggio al tempio di Tong-yo per ardervi deiprofumi e impetrare dal cielo la grazia di avere un fi-glio, giacchè sino allora era stato senza prole. Prima dipartire raccomandò caldamente alla moglie di custodirbene il danaro affidatogli dal bonzo, e di restituirloquando egli si presentasse.

Il sacerdote ricomparve una settimana dopo la parten-za di Tchang-chen-yen a ritirare il deposito. La donna sene fece nuova affatto: dichiarò che non sapeva di dana-ro, e che il bonzo doveva essersi sbagliato di porta. Il re-ligioso protestò, insistette, minacciò; ma inutilmente.

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«Che mi possa sprizzar sangue dagli occhi, che mi in-ghiottisca il diciottesimo inferno70, se io ho mai ricevutoin deposito il danaro che dite!»

Il bonzo vide che non c’era nulla da fare. Giunse lemani, e dopo aver invocato Fo a testimonianza del so-pruso che gli veniva fatto, disse in tono solenne:

«Il cielo ascolta i vostri spergiuri e le vostre bestem-mie, o donna. Ciò che voi mi negate contro giustizia, misarà reso, immancabilmente nell’altra vita».

E se ne andò a mani vuote.Quando Tchang-chen-yen fu di ritorno dal pellegri-

naggio, una delle prime cose che domandò a sua mogliefu se il bonzo era venuto a riprendere i suoi tael. La reafemmina rispose con faccia tosta di sì.

Due anni più tardi essa si sgravava di un maschietto,la cui apparizione portò la gioia in casa Tchang-che-nyen, e parve segnare il principio di un’epoca singolar-mente prosperosa per loro. Gli affari andavano d’incan-to: in poco tempo il loro patrimonio fu duplicato. La na-scita di un secondo figlio portò al colmo la felicità deidue coniugi. Gli fu imposto il nome di Fo-seng; il primosi chiamava Ki-seng. Questo si dimostrò di ottima indo-le; l’altro invece manifestò fin dall’infanzia istinti mal-vagi, che si svilupparono col crescere degli anni. MentreKi-seng attendeva con zelo all’azienda, contribuendonon poco al suo sviluppo, Fo-seng non se ne dava puntopensiero.

70 Secondo le dottrine di Lao-Sse, esistono dieciotto inferni.

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«Che mi possa sprizzar sangue dagli occhi, che mi in-ghiottisca il diciottesimo inferno70, se io ho mai ricevutoin deposito il danaro che dite!»

Il bonzo vide che non c’era nulla da fare. Giunse lemani, e dopo aver invocato Fo a testimonianza del so-pruso che gli veniva fatto, disse in tono solenne:

«Il cielo ascolta i vostri spergiuri e le vostre bestem-mie, o donna. Ciò che voi mi negate contro giustizia, misarà reso, immancabilmente nell’altra vita».

E se ne andò a mani vuote.Quando Tchang-chen-yen fu di ritorno dal pellegri-

naggio, una delle prime cose che domandò a sua mogliefu se il bonzo era venuto a riprendere i suoi tael. La reafemmina rispose con faccia tosta di sì.

Due anni più tardi essa si sgravava di un maschietto,la cui apparizione portò la gioia in casa Tchang-che-nyen, e parve segnare il principio di un’epoca singolar-mente prosperosa per loro. Gli affari andavano d’incan-to: in poco tempo il loro patrimonio fu duplicato. La na-scita di un secondo figlio portò al colmo la felicità deidue coniugi. Gli fu imposto il nome di Fo-seng; il primosi chiamava Ki-seng. Questo si dimostrò di ottima indo-le; l’altro invece manifestò fin dall’infanzia istinti mal-vagi, che si svilupparono col crescere degli anni. MentreKi-seng attendeva con zelo all’azienda, contribuendonon poco al suo sviluppo, Fo-seng non se ne dava puntopensiero.

70 Secondo le dottrine di Lao-Sse, esistono dieciotto inferni.

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Il primogenito morì nel fior dell’età, perdita dolorosaper i vecchi genitori, già angustiati dalla mala condottadel secondogenito, che sperperava il danaro in vizi e inbagordi, si oberava di debiti, e trascinava nel fango unnome sino allora onorato. La madre non tardò molto aseguire Ki-seng nella tomba. Qualche anno più tardi, an-che Fo-seng, roso dagli stravizi, moriva.

«Ma qual delitto ho io dunque commesso», andavachiedendosi il povero padre, rimasto solo al mondo,«perchè il cielo mi perseguiti così crudelmente? Tong-yo mi aveva dato due figli; ed ecco che me li ritoglieimmaturamente, insieme alla vecchia compagna dellamia vita! Voglio fare un altro pellegrinaggio al tempio.Chi sa che Tong-yo non impetri dal re dell’inferno di ri-tornarmi uno almeno de’ miei figli!»

Partì senz’altro, e dopo un lungo viaggio si prosternòdavanti al dio, e ne invocò la misericordia bagnando ilsuolo di pianto. Poi, vinto dall’angoscia, si lasciò caderecome esanime sui gradini del tempio.

«Che desideri tu dal re dell’inferno?», gli chiese undemone.

«Che si degni di darmi udienza, ed accogliere le miesuppliche».

«Seguimi», replicò il demone. E attraverso fittissimetenebre lo condusse davanti al terribile giudice».

«Vuoi vedere i tuoi figli!», disse questi, leggendo nelsuo pensiero.

«Sì, che voglio vederli».«Sarai esaudito».

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Il primogenito morì nel fior dell’età, perdita dolorosaper i vecchi genitori, già angustiati dalla mala condottadel secondogenito, che sperperava il danaro in vizi e inbagordi, si oberava di debiti, e trascinava nel fango unnome sino allora onorato. La madre non tardò molto aseguire Ki-seng nella tomba. Qualche anno più tardi, an-che Fo-seng, roso dagli stravizi, moriva.

«Ma qual delitto ho io dunque commesso», andavachiedendosi il povero padre, rimasto solo al mondo,«perchè il cielo mi perseguiti così crudelmente? Tong-yo mi aveva dato due figli; ed ecco che me li ritoglieimmaturamente, insieme alla vecchia compagna dellamia vita! Voglio fare un altro pellegrinaggio al tempio.Chi sa che Tong-yo non impetri dal re dell’inferno di ri-tornarmi uno almeno de’ miei figli!»

Partì senz’altro, e dopo un lungo viaggio si prosternòdavanti al dio, e ne invocò la misericordia bagnando ilsuolo di pianto. Poi, vinto dall’angoscia, si lasciò caderecome esanime sui gradini del tempio.

«Che desideri tu dal re dell’inferno?», gli chiese undemone.

«Che si degni di darmi udienza, ed accogliere le miesuppliche».

«Seguimi», replicò il demone. E attraverso fittissimetenebre lo condusse davanti al terribile giudice».

«Vuoi vedere i tuoi figli!», disse questi, leggendo nelsuo pensiero.

«Sì, che voglio vederli».«Sarai esaudito».

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A un tratto Ki-seng comparve davanti al postulante.«Mio diletto figlio!», esclamò Tchang-chen-yen,

«vieni con me, usciamo da questo orribile luogo».«Figlio!», disse Ki-seng. «Io non sono tuo figlio!

Sappi che in una delle mie vite anteriori, io fui Tchao-ting-yen, e vi derubai di cinquanta tael. Quella sommave la rimborsai ad usura, portando la prosperità nella vo-stra casa. Ora non vi debbo più nulla; nè ho più nulla ache fare con voi».

In quel mentre il povero padre si vide Fo-seng al fian-co.

«Quando è così, mi sia almeno concesso di ricondurrecon me questo», implorò egli additandolo al giudice.

«Neppure io sono vostro figlio», disse Fo-seng. «Inun’esistenza anteriore, io albergai nel corpo di un sacer-dote di Buddha, che voi avete defraudato di una grossasomma di danaro. Quello che voi avete preso a me iome lo sono ripreso ad usura. La partita è chiusa, e nonc’è più nulla di comune tra noi due».

«Io, defraudare un bonzo!», esclamò Tchang-chen-yen in grave turbamento. «Se mi fosse dato di vedereanche mia moglie, essa potrebbe attestare che questa èuna menzogna».

«Sarai esaudito», disse il re infernale.E ordinò che si cavasse dal diciottesimo inferno la

donna che una volta si chiamava Tchang-chen-yen e lasi conducesse al suo cospetto.

La donna comparve, scortata da uno stuolo di diavoli,

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A un tratto Ki-seng comparve davanti al postulante.«Mio diletto figlio!», esclamò Tchang-chen-yen,

«vieni con me, usciamo da questo orribile luogo».«Figlio!», disse Ki-seng. «Io non sono tuo figlio!

Sappi che in una delle mie vite anteriori, io fui Tchao-ting-yen, e vi derubai di cinquanta tael. Quella sommave la rimborsai ad usura, portando la prosperità nella vo-stra casa. Ora non vi debbo più nulla; nè ho più nulla ache fare con voi».

In quel mentre il povero padre si vide Fo-seng al fian-co.

«Quando è così, mi sia almeno concesso di ricondurrecon me questo», implorò egli additandolo al giudice.

«Neppure io sono vostro figlio», disse Fo-seng. «Inun’esistenza anteriore, io albergai nel corpo di un sacer-dote di Buddha, che voi avete defraudato di una grossasomma di danaro. Quello che voi avete preso a me iome lo sono ripreso ad usura. La partita è chiusa, e nonc’è più nulla di comune tra noi due».

«Io, defraudare un bonzo!», esclamò Tchang-chen-yen in grave turbamento. «Se mi fosse dato di vedereanche mia moglie, essa potrebbe attestare che questa èuna menzogna».

«Sarai esaudito», disse il re infernale.E ordinò che si cavasse dal diciottesimo inferno la

donna che una volta si chiamava Tchang-chen-yen e lasi conducesse al suo cospetto.

La donna comparve, scortata da uno stuolo di diavoli,

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gravata le spalle dal kanga71 e con una pesante catenaintorno al collo.

«Ma quali delitti hai commesso», le chiese inorriditoTchang-chen-yen, «per essere condannata a così orribilipene?»

«Ahimè!», rispose piangendo la donna. «Non ho resoi cento tael che il bonzo aveva depositato presso di noi.Sono confinata nel più basso degli inferni! Le mie soffe-renze sono atroci! Salvami, salvami, se puoi!»

E si aggrappò urlando agli abiti del marito.A questo punto, il re dell’inferno diede sul tavolo di

bronzo che era davanti al trono un formidabile pugno,che echeggiò come colpo di tuono.

Tchang-chen-yen si destò.Era svenuto ai piedi dell’altare di Tong-yo. Non ave-

va fatto che sognare; ma egli comprese che il sogno erauna rivelazione. Asciugò gli occhi, soffocò il suo dolore,e abbandonò il mondo per dedicarsi al culto di Fo. **

71 È una pesante tavola di legno, con un foro nel mezzo, in cuiil paziente introduce la testa e che deve portare per un tempomaggiore o minore, a seconda della colpa commessa. Agli schiavifuggitivi o ribelli, simili strumenti si applicano anche ai piedi. Ven’è un esempio nell’XI novella del Kin-ku-ki-kuan.

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gravata le spalle dal kanga71 e con una pesante catenaintorno al collo.

«Ma quali delitti hai commesso», le chiese inorriditoTchang-chen-yen, «per essere condannata a così orribilipene?»

«Ahimè!», rispose piangendo la donna. «Non ho resoi cento tael che il bonzo aveva depositato presso di noi.Sono confinata nel più basso degli inferni! Le mie soffe-renze sono atroci! Salvami, salvami, se puoi!»

E si aggrappò urlando agli abiti del marito.A questo punto, il re dell’inferno diede sul tavolo di

bronzo che era davanti al trono un formidabile pugno,che echeggiò come colpo di tuono.

Tchang-chen-yen si destò.Era svenuto ai piedi dell’altare di Tong-yo. Non ave-

va fatto che sognare; ma egli comprese che il sogno erauna rivelazione. Asciugò gli occhi, soffocò il suo dolore,e abbandonò il mondo per dedicarsi al culto di Fo. **

71 È una pesante tavola di legno, con un foro nel mezzo, in cuiil paziente introduce la testa e che deve portare per un tempomaggiore o minore, a seconda della colpa commessa. Agli schiavifuggitivi o ribelli, simili strumenti si applicano anche ai piedi. Ven’è un esempio nell’XI novella del Kin-ku-ki-kuan.

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LA VOCE DEL SANGUE.

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LA VOCE DEL SANGUE.

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* Il giovane Wang, di ricca e stimata famiglia, avevalasciato il suo paese, e intrapreso un lungo viaggio dipiacere insieme e d’istruzione nelle provincie meridio-nali dell’impero. Un giorno che il suo battello s’era an-corato sulle rive del Yang-tse-Kiang, vide una fanciulladi rara bellezza che, seduta sul ponte di un battello vici-no, stava cucendo la calzatura. Si immaginò che fosse lafiglia d’un battelliere, e cominciò a lanciarle delle oc-chiatine, poi a contemplarla fissamente, senza che essamostrasse neppure di vederlo.

Per attirare la sua attenzione, si diede a cantarellareuna canzonetta allora in voga. Essa volse allora un po’ ilcapo dalla sua parte, ma lo riabbassò subito sul suo la-voro.

Il giovane, sorpreso di tanto riserbo in una ragazza dicosì umile condizione, levò di tasca una moneta d’oro, ela gettò così abilmente, che essa venne a cadere proprionel grembiule della bella cucitrice. Questa prese la mo-neta e la gettò sulla riva colla massima indifferenza.Wang andò a raccoglierla, e poi ritentò la prova, serven-dosi questa volta di un braccialetto d’oro tempestato dipietre preziose. Il monile era andato a fermarsi ai piedidi lei. La fanciulla non se ne diede per intesa.

In quel momento un battelliere salì dalla riva sul bat-tello dove essa si trovava, e Wang temette che potesse

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* Il giovane Wang, di ricca e stimata famiglia, avevalasciato il suo paese, e intrapreso un lungo viaggio dipiacere insieme e d’istruzione nelle provincie meridio-nali dell’impero. Un giorno che il suo battello s’era an-corato sulle rive del Yang-tse-Kiang, vide una fanciulladi rara bellezza che, seduta sul ponte di un battello vici-no, stava cucendo la calzatura. Si immaginò che fosse lafiglia d’un battelliere, e cominciò a lanciarle delle oc-chiatine, poi a contemplarla fissamente, senza che essamostrasse neppure di vederlo.

Per attirare la sua attenzione, si diede a cantarellareuna canzonetta allora in voga. Essa volse allora un po’ ilcapo dalla sua parte, ma lo riabbassò subito sul suo la-voro.

Il giovane, sorpreso di tanto riserbo in una ragazza dicosì umile condizione, levò di tasca una moneta d’oro, ela gettò così abilmente, che essa venne a cadere proprionel grembiule della bella cucitrice. Questa prese la mo-neta e la gettò sulla riva colla massima indifferenza.Wang andò a raccoglierla, e poi ritentò la prova, serven-dosi questa volta di un braccialetto d’oro tempestato dipietre preziose. Il monile era andato a fermarsi ai piedidi lei. La fanciulla non se ne diede per intesa.

In quel momento un battelliere salì dalla riva sul bat-tello dove essa si trovava, e Wang temette che potesse

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vedere il braccialetto e chiedere donde proveniva. Ma lafanciulla, con un movimento grazioso, fu pronta a met-terci sopra il piede, in modo da nasconderlo. Il battellie-re sciolse la gomena, afferrò i remi... e via!

Wang sentì una stretta al cuore, e rimase immobile se-guendo coll’occhio il battello che si allontanava, finchèfu del tutto scomparso. Poi si riscosse come da un so-gno, e si diede a chiedere a questo e a quello di chi fossela piccola imbarcazione, donde provenisse, dove fossediretta, se capitasse sovente in quella località; ma nongli riuscì di ottenerne alcuna notizia.

Per bandire da sè l’immagine della fanciulla, che sen-za tregua si presentava al suo pensiero, decise di visitarealtri paesi. Ma dopo alcune peregrinazioni finiva sempreper riprendere la via del fiume e ritornare al luogo dovela cara figura gli era apparsa. Seguendo il corso delKiang, ricominciò le ricerche: saliva su tutti i battelliche incontrava, chiedeva notizie in tutti i porti. Ma im-piegava tempo e danaro inutilmente.

Alla fine, triste e scoraggiato, fece ritorno a casa, de-ciso a vivere nella solitudine e nella contemplazionedella cara immagine.

Una notte sognò di trovarsi in un villaggio sulle rivedel Kiang. C’era, tra le altre, una casa di modesta appa-renza, ma di buon gusto, circondata da boschetti di bam-bù e da aiuole fiorite. Infilò un viale, ed entrò nella casa.Il soffitto della stanza era sostenuto da tre colonnette, ela porta di essa dava passaggio ad un’altra stanza, piùpiccola, ma assai ben messa, la cui finestra era adom-

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vedere il braccialetto e chiedere donde proveniva. Ma lafanciulla, con un movimento grazioso, fu pronta a met-terci sopra il piede, in modo da nasconderlo. Il battellie-re sciolse la gomena, afferrò i remi... e via!

Wang sentì una stretta al cuore, e rimase immobile se-guendo coll’occhio il battello che si allontanava, finchèfu del tutto scomparso. Poi si riscosse come da un so-gno, e si diede a chiedere a questo e a quello di chi fossela piccola imbarcazione, donde provenisse, dove fossediretta, se capitasse sovente in quella località; ma nongli riuscì di ottenerne alcuna notizia.

Per bandire da sè l’immagine della fanciulla, che sen-za tregua si presentava al suo pensiero, decise di visitarealtri paesi. Ma dopo alcune peregrinazioni finiva sempreper riprendere la via del fiume e ritornare al luogo dovela cara figura gli era apparsa. Seguendo il corso delKiang, ricominciò le ricerche: saliva su tutti i battelliche incontrava, chiedeva notizie in tutti i porti. Ma im-piegava tempo e danaro inutilmente.

Alla fine, triste e scoraggiato, fece ritorno a casa, de-ciso a vivere nella solitudine e nella contemplazionedella cara immagine.

Una notte sognò di trovarsi in un villaggio sulle rivedel Kiang. C’era, tra le altre, una casa di modesta appa-renza, ma di buon gusto, circondata da boschetti di bam-bù e da aiuole fiorite. Infilò un viale, ed entrò nella casa.Il soffitto della stanza era sostenuto da tre colonnette, ela porta di essa dava passaggio ad un’altra stanza, piùpiccola, ma assai ben messa, la cui finestra era adom-

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brata da un platano. Guardò: vide un servizio di toeletta,e, appeso alla parete, un elegante abito femminile a piùcolori. Doveva essere il gabinetto di una fanciulla. Sor-preso di trovarsi in un tal luogo, stava per ritirarsi, quan-do apparve sulla soglia una giovinetta. La riconobbe:era quella che aveva cercato per tanto tempo inutilmen-te! Mentre pensava che cosa potesse dirle per giustifica-re la sua presenza colà, sopraggiunse il padre di lei. Al-lora diede un balzo per fuggire e... si destò.

Era stato un sogno; ma così nitido, così palpitante diverità, che egli si persuase trattarsi d’un’ispirazione so-prannaturale. Decise di scovare quel villaggio, quellacasa, con tutti i particolari che gli erano apparsi. Seguì erimontò il fiume più volte, spiò ogni insenatura, ognianfratto delle rive, e finalmente si trovò davanti a un vil-laggio che aveva in tutto e per tutto l’apparenza di quel-lo che aveva sognato. Sbarcò, trovò la casa coi boschettidi bambù e le aiuole fiorite; con trepidazione semprecrescente entrò nel viale, giunse alla stanza delle colon-nette, guardò nella stanzetta contigua... La fanciulla eralà, come se lo aspettasse!

«Vi ricordate, amore, di me?», le chiese. «Rammenta-te il braccialetto che gettai ai vostri piedi? Da quel gior-no, non ho avuto più pace; il mio cuore era rimasto pres-so al vostro!»

E narrò le lunghe vane ricerche, il sogno rivelatoreche ora si era avverato, e conchiuse supplicandola a vo-ler legare per sempre la propria sorte alla sua.

La fanciulla, quando si fu rimessa dalla sorpresa e

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brata da un platano. Guardò: vide un servizio di toeletta,e, appeso alla parete, un elegante abito femminile a piùcolori. Doveva essere il gabinetto di una fanciulla. Sor-preso di trovarsi in un tal luogo, stava per ritirarsi, quan-do apparve sulla soglia una giovinetta. La riconobbe:era quella che aveva cercato per tanto tempo inutilmen-te! Mentre pensava che cosa potesse dirle per giustifica-re la sua presenza colà, sopraggiunse il padre di lei. Al-lora diede un balzo per fuggire e... si destò.

Era stato un sogno; ma così nitido, così palpitante diverità, che egli si persuase trattarsi d’un’ispirazione so-prannaturale. Decise di scovare quel villaggio, quellacasa, con tutti i particolari che gli erano apparsi. Seguì erimontò il fiume più volte, spiò ogni insenatura, ognianfratto delle rive, e finalmente si trovò davanti a un vil-laggio che aveva in tutto e per tutto l’apparenza di quel-lo che aveva sognato. Sbarcò, trovò la casa coi boschettidi bambù e le aiuole fiorite; con trepidazione semprecrescente entrò nel viale, giunse alla stanza delle colon-nette, guardò nella stanzetta contigua... La fanciulla eralà, come se lo aspettasse!

«Vi ricordate, amore, di me?», le chiese. «Rammenta-te il braccialetto che gettai ai vostri piedi? Da quel gior-no, non ho avuto più pace; il mio cuore era rimasto pres-so al vostro!»

E narrò le lunghe vane ricerche, il sogno rivelatoreche ora si era avverato, e conchiuse supplicandola a vo-ler legare per sempre la propria sorte alla sua.

La fanciulla, quando si fu rimessa dalla sorpresa e

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dalla confusione, gli chiese se fosse già ammogliato e seintendesse di prenderla come moglie di secondo ordine.

«Se non vi avessi tanto amato», rispose il giovane,«forse sarei già accasato. Ma non lo sono, e spero...»

«Quand’è così, rivolgetevi ai miei genitori. Ma io»,continuò la fanciulla con un amabile sorriso, «io vi ave-vo già compreso: il vostro braccialetto, l’ho serbato».

Dopo alcuni giorni, Wang era sposo felice, e s’imbar-cava colla sua diletta Meng-Fung-Niung alla volta dicasa sua. Il caso volle che qualche sera dopo il battellogettasse l’ancora proprio nella località dove egli l’avevaveduta la prima volta.

«Ricordi due anni fa? T’avevo presa per la figlia d’unbattelliere! Ma dove eravate diretti allora?»

«Eravamo in viaggio per andare a trovare un parente;e mio padre vogava lui stesso, per risparmiare la spesadel battelliere. Noi non siamo ricchi, lo sai; ma non toc-chiamo danaro senza averlo guadagnato. Se sapessi chevoglia di ridere mi sentivo, quando hai stralunato gli oc-chi vedendo ch’io fingevo di non aver veduto la monetache mi avevi gettato! Ma quando t’ho udito cantare, hocapito che dovevi essere uno studente o un poeta; in-somma, un uomo di riguardo. – Mi piace, – dissi fra me,– sebbene abbia molto del birichino! – E fu per questoche misi il piede sul braccialetto; per salvarti dallo sde-gno di mio padre. Sentivo di volerti già bene, e rifiutaipoi tutti i partiti che mi furono proposti. Ti aspettavo:ero certa che saresti venuto».

«Tu sei bella, buona, e furbetta la tua parte: eppure ci

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dalla confusione, gli chiese se fosse già ammogliato e seintendesse di prenderla come moglie di secondo ordine.

«Se non vi avessi tanto amato», rispose il giovane,«forse sarei già accasato. Ma non lo sono, e spero...»

«Quand’è così, rivolgetevi ai miei genitori. Ma io»,continuò la fanciulla con un amabile sorriso, «io vi ave-vo già compreso: il vostro braccialetto, l’ho serbato».

Dopo alcuni giorni, Wang era sposo felice, e s’imbar-cava colla sua diletta Meng-Fung-Niung alla volta dicasa sua. Il caso volle che qualche sera dopo il battellogettasse l’ancora proprio nella località dove egli l’avevaveduta la prima volta.

«Ricordi due anni fa? T’avevo presa per la figlia d’unbattelliere! Ma dove eravate diretti allora?»

«Eravamo in viaggio per andare a trovare un parente;e mio padre vogava lui stesso, per risparmiare la spesadel battelliere. Noi non siamo ricchi, lo sai; ma non toc-chiamo danaro senza averlo guadagnato. Se sapessi chevoglia di ridere mi sentivo, quando hai stralunato gli oc-chi vedendo ch’io fingevo di non aver veduto la monetache mi avevi gettato! Ma quando t’ho udito cantare, hocapito che dovevi essere uno studente o un poeta; in-somma, un uomo di riguardo. – Mi piace, – dissi fra me,– sebbene abbia molto del birichino! – E fu per questoche misi il piede sul braccialetto; per salvarti dallo sde-gno di mio padre. Sentivo di volerti già bene, e rifiutaipoi tutti i partiti che mi furono proposti. Ti aspettavo:ero certa che saresti venuto».

«Tu sei bella, buona, e furbetta la tua parte: eppure ci

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sei cascata».«Come, ci sono cascata?»«Ora però bisogna che te lo dica», proseguì Wang,

continuando lo scherzo, «giacchè tra qualche giorno sa-remo a casa, e lo sapresti ugualmente. Io ho già moglie:è figlia di un alto impiegato».

Meng-Fung-Niung sorrise con aria incredula; mal’imprudente motteggiatore rifece in tono più serio lamenzognera asserzione.

Non aveva ancora finito, che la sposa era corsaall’uscio della cabina, s’era precipitata fuori e avevaraggiunta la poppa del battello. Un istante dopo echeg-giava un cupo tonfo nell’acqua.

Wang mandò un grido d’angoscia. Accorsero i battel-lieri; molti si gettarono nel fiume per ripescare l’infeli-ce. Si cercò sul fondo, lungo le rive. Ogni ricerca fuvana!

Pazzo di dolore, e maledicendo a sè stesso e al suostupido scherzo, Wang si rimise in viaggio. Al rimorso eall’angoscia di aver distrutto di propria mano la sua feli-cità, si aggiunse il timore dello sdegno che la funestanotizia avrebbe suscitato nell’animo di un padre amore-vole qual era quello della povera Meng-Fung-Niung.Fuggì allora lontano, e cercò ricovero in casa di una suasorella maritata, dove rimase quasi due anni. Poi lo pre-se l’acre desiderio di chiudere i suoi giorni nel lutto enella solitudine là dove s’era ripromesso di godere legioie della famiglia.

Nel viaggio di ritorno fu sorpreso da un temporale e

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sei cascata».«Come, ci sono cascata?»«Ora però bisogna che te lo dica», proseguì Wang,

continuando lo scherzo, «giacchè tra qualche giorno sa-remo a casa, e lo sapresti ugualmente. Io ho già moglie:è figlia di un alto impiegato».

Meng-Fung-Niung sorrise con aria incredula; mal’imprudente motteggiatore rifece in tono più serio lamenzognera asserzione.

Non aveva ancora finito, che la sposa era corsaall’uscio della cabina, s’era precipitata fuori e avevaraggiunta la poppa del battello. Un istante dopo echeg-giava un cupo tonfo nell’acqua.

Wang mandò un grido d’angoscia. Accorsero i battel-lieri; molti si gettarono nel fiume per ripescare l’infeli-ce. Si cercò sul fondo, lungo le rive. Ogni ricerca fuvana!

Pazzo di dolore, e maledicendo a sè stesso e al suostupido scherzo, Wang si rimise in viaggio. Al rimorso eall’angoscia di aver distrutto di propria mano la sua feli-cità, si aggiunse il timore dello sdegno che la funestanotizia avrebbe suscitato nell’animo di un padre amore-vole qual era quello della povera Meng-Fung-Niung.Fuggì allora lontano, e cercò ricovero in casa di una suasorella maritata, dove rimase quasi due anni. Poi lo pre-se l’acre desiderio di chiudere i suoi giorni nel lutto enella solitudine là dove s’era ripromesso di godere legioie della famiglia.

Nel viaggio di ritorno fu sorpreso da un temporale e

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dovette rifugiarsi in una locanda isolata. C’era una vec-chia che scherzava con un bambino. Questo, appena lovide, stese verso di lui le piccole braccia, come cercan-do le sue carezze. Wang lo prese sulle ginocchia e co-minciò a farlo giuocare, con gran piacere del bambinoche, malgrado gli inviti della vecchia, non voleva asso-lutamente staccarsene.

Frattanto era cessato di piovere. Wang fece per depor-re il bambino: ma questo si avviticchiò al suo nuovoamico, piangendo e gridando:

«Il papà vuole andar via!»La vecchia dovette toglierglielo quasi a forza

d’addosso, e Wang già si levava per uscire, quando latenda della camera contigua si sollevò e apparve sullasoglia una giovane donna che, preso il bambino tra lebraccia e mostrandolo a lui, disse:

«Uomo senza cuore, che debbo dunque farne? Vuoiabbandonare anche tuo figlio?»

Wang aveva tremato al suono di quella voce. Alzò gliocchi, e riconobbe sua moglie!

Gioia, sorpresa, confusione tumultuavano nel suo ani-mo e gli impedivano di trovar parola. Poi, balbettando,le chiese perdono, chiamò gli dei a testimonio che nonaveva mai avuto altra moglie... e si gettò tra le bracciache ella gli tendeva piangendo.

Quando si furono rimessi dall’intensa emozione,Mung-Fung-Niung gli narrò come era stata salvata. Ilproprietario della locanda si trovava sul fiume con suamoglie in una piccola imbarcazione proprio nel momen-

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dovette rifugiarsi in una locanda isolata. C’era una vec-chia che scherzava con un bambino. Questo, appena lovide, stese verso di lui le piccole braccia, come cercan-do le sue carezze. Wang lo prese sulle ginocchia e co-minciò a farlo giuocare, con gran piacere del bambinoche, malgrado gli inviti della vecchia, non voleva asso-lutamente staccarsene.

Frattanto era cessato di piovere. Wang fece per depor-re il bambino: ma questo si avviticchiò al suo nuovoamico, piangendo e gridando:

«Il papà vuole andar via!»La vecchia dovette toglierglielo quasi a forza

d’addosso, e Wang già si levava per uscire, quando latenda della camera contigua si sollevò e apparve sullasoglia una giovane donna che, preso il bambino tra lebraccia e mostrandolo a lui, disse:

«Uomo senza cuore, che debbo dunque farne? Vuoiabbandonare anche tuo figlio?»

Wang aveva tremato al suono di quella voce. Alzò gliocchi, e riconobbe sua moglie!

Gioia, sorpresa, confusione tumultuavano nel suo ani-mo e gli impedivano di trovar parola. Poi, balbettando,le chiese perdono, chiamò gli dei a testimonio che nonaveva mai avuto altra moglie... e si gettò tra le bracciache ella gli tendeva piangendo.

Quando si furono rimessi dall’intensa emozione,Mung-Fung-Niung gli narrò come era stata salvata. Ilproprietario della locanda si trovava sul fiume con suamoglie in una piccola imbarcazione proprio nel momen-

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to in cui essa s’era gettata in acqua, ed era riuscito atrarnela prima che i gorghi la travolgessero. Troppo ri-sentita contro il perfido marito, non aveva pensato a far-ne ricerca, e ben volontieri aveva aderito alla propostadei buoni vecchi, che si erano offerti di adottarla comefiglia. Nel decimo mese si era sgravata di un bel ma-schietto, quello stesso che Wang aveva tenuto sulle gi-nocchia. Allora aveva sentito nascere il desiderio di ri-vedere suo marito; ma il pensiero di trovare una rivalel’aveva trattenuta dall’andarne in traccia.

Wang, al colmo della gioia, ricompensò largamente ibuoni vecchi, e si comportò verso di loro come se fosse-ro davvero stati i genitori della sua sposa. Volle che ve-nissero ad abitare in casa sua, e mandò subito un messoad avvisare il suocero del felice ritrovamento. Da quelgiorno in poi, fu un modello di marito e di padre. **

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to in cui essa s’era gettata in acqua, ed era riuscito atrarnela prima che i gorghi la travolgessero. Troppo ri-sentita contro il perfido marito, non aveva pensato a far-ne ricerca, e ben volontieri aveva aderito alla propostadei buoni vecchi, che si erano offerti di adottarla comefiglia. Nel decimo mese si era sgravata di un bel ma-schietto, quello stesso che Wang aveva tenuto sulle gi-nocchia. Allora aveva sentito nascere il desiderio di ri-vedere suo marito; ma il pensiero di trovare una rivalel’aveva trattenuta dall’andarne in traccia.

Wang, al colmo della gioia, ricompensò largamente ibuoni vecchi, e si comportò verso di loro come se fosse-ro davvero stati i genitori della sua sposa. Volle che ve-nissero ad abitare in casa sua, e mandò subito un messoad avvisare il suocero del felice ritrovamento. Da quelgiorno in poi, fu un modello di marito e di padre. **

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DA GALEOTTO A MARINAIO.

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DA GALEOTTO A MARINAIO.

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* Vi sono, specialmente nelle grandi città, dei lesto-fanti che si servono delle proprie mogli per tender lacciai giovani di buona famiglia e spillarne quattrini. Ilgiuoco riesce loro spesso; ma non sempre; come avven-ne nel caso che stiamo per raccontare.

Uno di questi furfanti matricolati esercitava, or non èmolto tempo passato, il suo bel mestiere nella capitale.La sua degna consorte, elegantissima e seducente, eraquanto mai abile nell’attirare i gonzi a casa. Al momen-to buono, piombava loro addosso il marito. Strepitava,minacciava di vendicare il proprio onore col sangue, efiniva per accontentarsi di una riparazione in danaro so-nante.

Un ricco giovane, rotto a tutte le arti del libertinaggioe che conosceva il trucco, decise un giorno di truffare iltruffatore. Detto fatto, si mostra conquiso ai vezzi incan-tatori della Circe, e l’accompagna al domicilio di lei.Proprio quando la conversazione comincia a farsi assaiinteressante, si sente bussare furiosamente alla porta.

Un altro se la sarebbe battuta su per i tetti o avrebbecercato un cantuccio dove nascondersi: non così il no-stro giovinotto. Avvincendo la donna in tenero amples-so, la prega di non allarmarsi, di non turbare la sua gio-ia. Invano essa simula d’essere al colmo dello spavento,invano cerca di svincolarsi dalle sue braccia, strillando

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* Vi sono, specialmente nelle grandi città, dei lesto-fanti che si servono delle proprie mogli per tender lacciai giovani di buona famiglia e spillarne quattrini. Ilgiuoco riesce loro spesso; ma non sempre; come avven-ne nel caso che stiamo per raccontare.

Uno di questi furfanti matricolati esercitava, or non èmolto tempo passato, il suo bel mestiere nella capitale.La sua degna consorte, elegantissima e seducente, eraquanto mai abile nell’attirare i gonzi a casa. Al momen-to buono, piombava loro addosso il marito. Strepitava,minacciava di vendicare il proprio onore col sangue, efiniva per accontentarsi di una riparazione in danaro so-nante.

Un ricco giovane, rotto a tutte le arti del libertinaggioe che conosceva il trucco, decise un giorno di truffare iltruffatore. Detto fatto, si mostra conquiso ai vezzi incan-tatori della Circe, e l’accompagna al domicilio di lei.Proprio quando la conversazione comincia a farsi assaiinteressante, si sente bussare furiosamente alla porta.

Un altro se la sarebbe battuta su per i tetti o avrebbecercato un cantuccio dove nascondersi: non così il no-stro giovinotto. Avvincendo la donna in tenero amples-so, la prega di non allarmarsi, di non turbare la sua gio-ia. Invano essa simula d’essere al colmo dello spavento,invano cerca di svincolarsi dalle sue braccia, strillando

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come un’aquila: egli raddoppia le carezze e le galante.rie. **

Intanto il marito ha abbattuto la porta, s’avanza furi-bondo verso il talamo, rimuove le cortine e, gridandocome un ossesso, mette il pugnale alla gola del giovane.

«Orsù, coraggio!», dice questi tranquillamente. «Sevolete ammazzare, non dovete fermarvi alle minacce.Ma intendiamoci, eh? bisogna ammazzarci tutti e due,perchè tutti e due siamo colpevoli. Vuol dire che ripren-deremo il dolce colloquio all’altro mondo. Non sarebbegiusto ammazzare soltanto me».

Il marito rimane un momento sconcertato; poi gettavia il pugnale e afferra un grosso randello.

«Tieni bene per il collo questo asinaccio!», grida allamoglie. «Voglio fargli sentire la forza dei miei muscoli».

E leva il bastone. Ma il giovinotto, che è agile e pron-to di corpo quanto di spirito, si tira svelto da una parte,senza tuttavia lasciare la donna, la quale riceve in pienoil colpo destinato a lui, e s’infuria alla sua volta.

«Ohe!», grida al marito. «Sono io che le piglio! Guar-da bene come lavori!»

«Così, va bene!», fa il giovinotto con flemma imper-turbabile. «Essa merita di pigliarle quanto me!»

L’uomo dal bastone non ne poteva più: rimase lìcome incantato. E l’altro continuò:

«Caro mio, dà retta a me: sta cheto e non parlared’ammazzare nessuno. Sarà meglio che c’intendiamoall’amichevole. Tua moglie è un albero che ti rende as-sai, e sarebbe peccato disfartene: la cuccagna sarebbe fi-

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come un’aquila: egli raddoppia le carezze e le galante.rie. **

Intanto il marito ha abbattuto la porta, s’avanza furi-bondo verso il talamo, rimuove le cortine e, gridandocome un ossesso, mette il pugnale alla gola del giovane.

«Orsù, coraggio!», dice questi tranquillamente. «Sevolete ammazzare, non dovete fermarvi alle minacce.Ma intendiamoci, eh? bisogna ammazzarci tutti e due,perchè tutti e due siamo colpevoli. Vuol dire che ripren-deremo il dolce colloquio all’altro mondo. Non sarebbegiusto ammazzare soltanto me».

Il marito rimane un momento sconcertato; poi gettavia il pugnale e afferra un grosso randello.

«Tieni bene per il collo questo asinaccio!», grida allamoglie. «Voglio fargli sentire la forza dei miei muscoli».

E leva il bastone. Ma il giovinotto, che è agile e pron-to di corpo quanto di spirito, si tira svelto da una parte,senza tuttavia lasciare la donna, la quale riceve in pienoil colpo destinato a lui, e s’infuria alla sua volta.

«Ohe!», grida al marito. «Sono io che le piglio! Guar-da bene come lavori!»

«Così, va bene!», fa il giovinotto con flemma imper-turbabile. «Essa merita di pigliarle quanto me!»

L’uomo dal bastone non ne poteva più: rimase lìcome incantato. E l’altro continuò:

«Caro mio, dà retta a me: sta cheto e non parlared’ammazzare nessuno. Sarà meglio che c’intendiamoall’amichevole. Tua moglie è un albero che ti rende as-sai, e sarebbe peccato disfartene: la cuccagna sarebbe fi-

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nita. Lascia dunque che io colga in pace alcuni fruttidell’albero; te li pagherò un prezzo ragionevole; maquanto al solito ricatto, credi a me, hai sbagliato il tuouomo».

Un tale sangue freddo finì per smontare del tutto ilmarito terribile. Si ritirò mogio mogio, cogli occhi im-bambolati. Quanto al giovanotto, si levò, fece minuzio-samente toeletta, disse ancora qualche parola galanteall’amica, e se n’andò senza fretta.

Così avviene che anche il più scaltrito giuocatore nonabbia sempre la fortuna propizia, e che un furbo incontritalvolta uno più furbo di lui.

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nita. Lascia dunque che io colga in pace alcuni fruttidell’albero; te li pagherò un prezzo ragionevole; maquanto al solito ricatto, credi a me, hai sbagliato il tuouomo».

Un tale sangue freddo finì per smontare del tutto ilmarito terribile. Si ritirò mogio mogio, cogli occhi im-bambolati. Quanto al giovanotto, si levò, fece minuzio-samente toeletta, disse ancora qualche parola galanteall’amica, e se n’andò senza fretta.

Così avviene che anche il più scaltrito giuocatore nonabbia sempre la fortuna propizia, e che un furbo incontritalvolta uno più furbo di lui.

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LA VITA È UN SOGNO.

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LA VITA È UN SOGNO.

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* Il licenziato Lien aveva superato con onore i suoiesami, e ne era orgoglioso. Essendo stato informato chenel convento di Pi-lu soggiornava un frenologo famoso,si recò da lui per chiedergli se la sua fisionomia lo pre-destinava a raggiungere un giorno le grandi dignità delloStato.

L’uomo di scienza, dopo averlo bene esaminato, glipredisse che sarebbe divenuto ministro, e rimasto in ca-rica per vent’anni.

Tale responso rese ancora più superbo il giovane, giàinfatuato de’ suoi meriti. Siccome pioveva, si decise apassar la notte in quello stesso convento, dove erano an-che alcuni suoi compagni di studio. Questi gli facevanodi gran complimenti, e lo chiamavano già «il signor mi-nistro», «il signor presidente del Consiglio». Egli accet-tava i loro omaggi con aria di sussiego e di degnazionecontegnosa. Si riteneva tanto sicuro di riuscire ministroun giorno, che giunse a distribuire impieghi a tutti quelliche lo circondavano, perfino ai domestici del convento!

Un vecchio bonzo era lì vicino, seduto sopra una se-dia di paglia, assorto in profonda meditazione.

Continuando la pioggia e non potendo uscire, Lien siaccomodò su una poltrona, e ben presto fu preso dalsonno. A un tratto, vide avanzarsi verso di lui due messidell’Imperatore, i quali lo invitarono rispettosamente a

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* Il licenziato Lien aveva superato con onore i suoiesami, e ne era orgoglioso. Essendo stato informato chenel convento di Pi-lu soggiornava un frenologo famoso,si recò da lui per chiedergli se la sua fisionomia lo pre-destinava a raggiungere un giorno le grandi dignità delloStato.

L’uomo di scienza, dopo averlo bene esaminato, glipredisse che sarebbe divenuto ministro, e rimasto in ca-rica per vent’anni.

Tale responso rese ancora più superbo il giovane, giàinfatuato de’ suoi meriti. Siccome pioveva, si decise apassar la notte in quello stesso convento, dove erano an-che alcuni suoi compagni di studio. Questi gli facevanodi gran complimenti, e lo chiamavano già «il signor mi-nistro», «il signor presidente del Consiglio». Egli accet-tava i loro omaggi con aria di sussiego e di degnazionecontegnosa. Si riteneva tanto sicuro di riuscire ministroun giorno, che giunse a distribuire impieghi a tutti quelliche lo circondavano, perfino ai domestici del convento!

Un vecchio bonzo era lì vicino, seduto sopra una se-dia di paglia, assorto in profonda meditazione.

Continuando la pioggia e non potendo uscire, Lien siaccomodò su una poltrona, e ben presto fu preso dalsonno. A un tratto, vide avanzarsi verso di lui due messidell’Imperatore, i quali lo invitarono rispettosamente a

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recarsi al cospetto di Sua Maestà, che desiderava con-sultarlo intorno a un affare importante.

Il sovrano lo accolse benignamente, gli espose l’affa-re e stette ad ascoltarlo con deferenza. Subito dopo di-spose per decreto che tutti i funzionari della terza cate-goria e inferiori a questa si mettessero agli ordini diLien. Questo ebbe per soggiorno uno splendido palazzo.con uno stuolo di servitori. Tutti gli impiegati di passag-gio per la capitale gli facevano omaggio e gli inviavanopresenti; i cittadini s’inchinavano profondamente quan-do lo incontravano per via.

Gli affari di stato non gli impedivano di darsi bel tem-po. I piaceri più raffinati, i più dispendiosi divertimentierano suoi, tanto che, dopo qualche tempo, l’appannag-gio di cui godeva non bastò più a mantenere il fasto dicui si circondava. Allora dovette ricorrere alle soper-chierie, alle ingiustizie, alle frodi, alle concussioni, perfar danaro. Le vittime del suo malgoverno finirono perreclamare presso l’imperatore.

Questi dapprima resistette, ma alla lunga dovette in-tervenire, giacchè le colpe del suo favorito erano paten-ti. Un drappello di soldati si presentò un giorno al palaz-zo del ministro, munito di un decreto imperiale che locondannava a morte. Condotto fuori delle mura, vennemassacrato.

Dopo aver subìto questa ignobile morte, sentì che lasua anima era condotta da due fantasmi davanti a ungiudice di spaventosa bruttezza. Era il giudice infernale,che subito squadernò il gran libro dei morti, dove sono

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recarsi al cospetto di Sua Maestà, che desiderava con-sultarlo intorno a un affare importante.

Il sovrano lo accolse benignamente, gli espose l’affa-re e stette ad ascoltarlo con deferenza. Subito dopo di-spose per decreto che tutti i funzionari della terza cate-goria e inferiori a questa si mettessero agli ordini diLien. Questo ebbe per soggiorno uno splendido palazzo.con uno stuolo di servitori. Tutti gli impiegati di passag-gio per la capitale gli facevano omaggio e gli inviavanopresenti; i cittadini s’inchinavano profondamente quan-do lo incontravano per via.

Gli affari di stato non gli impedivano di darsi bel tem-po. I piaceri più raffinati, i più dispendiosi divertimentierano suoi, tanto che, dopo qualche tempo, l’appannag-gio di cui godeva non bastò più a mantenere il fasto dicui si circondava. Allora dovette ricorrere alle soper-chierie, alle ingiustizie, alle frodi, alle concussioni, perfar danaro. Le vittime del suo malgoverno finirono perreclamare presso l’imperatore.

Questi dapprima resistette, ma alla lunga dovette in-tervenire, giacchè le colpe del suo favorito erano paten-ti. Un drappello di soldati si presentò un giorno al palaz-zo del ministro, munito di un decreto imperiale che locondannava a morte. Condotto fuori delle mura, vennemassacrato.

Dopo aver subìto questa ignobile morte, sentì che lasua anima era condotta da due fantasmi davanti a ungiudice di spaventosa bruttezza. Era il giudice infernale,che subito squadernò il gran libro dei morti, dove sono

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registrati il bene ed il male che questi hanno commessoal mondo.

«Delinquente politico», sentenziò. «Mancò di fede alsovrano, oppresse il popolo. Nella caldaia d’olio, perora!» **

I birri dell’inferno risposero con ruggiti simili a scro-sci di fulmine: afferrarono l’anima e la tuffarono in unacaldaia alta sette piedi e tutta circondata di fiamme.L’infelice mandava grida strazianti, ma nessuno venivain suo soccorso. L’olio bollente, dopo avergli rosolata lapelle, finì per entrargli nella bocca e nello stomaco.Avrebbe voluto morire un’altra volta; ma non poteva.Finalmente un fantasma lo ripescò dalla caldaia con unforcone, e lo ricondusse davanti al giudice.

Questi si congratulò ironicamente con lui del corag-gio dimostrato, e tornò a consultare il registro.

«Ora», disse, «bisogna che andiate sulla Montagnadei Coltelli per scontare le ingiustizie e i soprusi cheavete perpetrati».

Si trascinò la povera anima ai piedi di un monte, chenon era molto largo, ma altissimo, e tutto seminato dilame di coltelli, diritte, fittissime, come i giovani ram-polli del bambù. Vi si trovavano parecchie anime che,piangendo e gridando, cercavano inutilmente di sottrarsialle acutissime punte.

Alla vista di questo atroce spettacolo, Lien non sape-va risolversi a salire sul monte. Allora il fantasma lo in-filzò sull’estremità d’una picca, e lanciandolo in alto lofece ricadere sui fasci di punte che ricoprivano i pen-

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registrati il bene ed il male che questi hanno commessoal mondo.

«Delinquente politico», sentenziò. «Mancò di fede alsovrano, oppresse il popolo. Nella caldaia d’olio, perora!» **

I birri dell’inferno risposero con ruggiti simili a scro-sci di fulmine: afferrarono l’anima e la tuffarono in unacaldaia alta sette piedi e tutta circondata di fiamme.L’infelice mandava grida strazianti, ma nessuno venivain suo soccorso. L’olio bollente, dopo avergli rosolata lapelle, finì per entrargli nella bocca e nello stomaco.Avrebbe voluto morire un’altra volta; ma non poteva.Finalmente un fantasma lo ripescò dalla caldaia con unforcone, e lo ricondusse davanti al giudice.

Questi si congratulò ironicamente con lui del corag-gio dimostrato, e tornò a consultare il registro.

«Ora», disse, «bisogna che andiate sulla Montagnadei Coltelli per scontare le ingiustizie e i soprusi cheavete perpetrati».

Si trascinò la povera anima ai piedi di un monte, chenon era molto largo, ma altissimo, e tutto seminato dilame di coltelli, diritte, fittissime, come i giovani ram-polli del bambù. Vi si trovavano parecchie anime che,piangendo e gridando, cercavano inutilmente di sottrarsialle acutissime punte.

Alla vista di questo atroce spettacolo, Lien non sape-va risolversi a salire sul monte. Allora il fantasma lo in-filzò sull’estremità d’una picca, e lanciandolo in alto lofece ricadere sui fasci di punte che ricoprivano i pen-

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dii....E di nuovo fu condotto davanti al giudice, il quale,

con voce più benevola delle altre volte, gli intimò cheormai aveva solo una piccola punizione da subire: quel-la d’inghiottire il danaro da lui disonestamente lucratoin vita, cioè una miseria di tre milioni e duecento ventuntael.

Si vide allora un gran mucchio di monete ammassatenell’aula del tribunale. Di mano in mano che un fanta-sma le faceva fondere in una caldaia, un altro dava dabere all’anima il metallo fuso, servendosi d’un grandecucchiaio di ferro. Lien non aveva più un briciolo dipelle nè in bocca, nè in gola, nè nello stomaco. Non ave-va mai avuto abbastanza danaro quand’era vivo, ed orane aveva troppo!

Finito anche questo supplizio, il giudice ordinò dimettere l’anima nella ruota della metempsicosi, perchèfosse trasformata in ragazza.

Appena fu gettato nel cilindro, Lien si trovò essereuna bambina, presso genitori cenciosi in una capannac-cia. Stentò la vita con loro nella miseria. A quattordicianni, andò sposa a un operaio, che ben presto cominciòa maltrattarla. Un giorno uno dei vicini, fior di farabut-to, cercò di sedurla. Ma essa, ricordandosi dei delitticommessi nella sua vita anteriore, non volle ora aggiun-gerne un altro. Resistette, e confidò tutto a suo marito.

Il vicino, rimasto deluso, non si diede per vinto, evolle vendicarsi. Una notte, mentre marito e moglie dor-mivano, penetrò nella loro camera e assassinò l’operaio.

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dii....E di nuovo fu condotto davanti al giudice, il quale,

con voce più benevola delle altre volte, gli intimò cheormai aveva solo una piccola punizione da subire: quel-la d’inghiottire il danaro da lui disonestamente lucratoin vita, cioè una miseria di tre milioni e duecento ventuntael.

Si vide allora un gran mucchio di monete ammassatenell’aula del tribunale. Di mano in mano che un fanta-sma le faceva fondere in una caldaia, un altro dava dabere all’anima il metallo fuso, servendosi d’un grandecucchiaio di ferro. Lien non aveva più un briciolo dipelle nè in bocca, nè in gola, nè nello stomaco. Non ave-va mai avuto abbastanza danaro quand’era vivo, ed orane aveva troppo!

Finito anche questo supplizio, il giudice ordinò dimettere l’anima nella ruota della metempsicosi, perchèfosse trasformata in ragazza.

Appena fu gettato nel cilindro, Lien si trovò essereuna bambina, presso genitori cenciosi in una capannac-cia. Stentò la vita con loro nella miseria. A quattordicianni, andò sposa a un operaio, che ben presto cominciòa maltrattarla. Un giorno uno dei vicini, fior di farabut-to, cercò di sedurla. Ma essa, ricordandosi dei delitticommessi nella sua vita anteriore, non volle ora aggiun-gerne un altro. Resistette, e confidò tutto a suo marito.

Il vicino, rimasto deluso, non si diede per vinto, evolle vendicarsi. Una notte, mentre marito e moglie dor-mivano, penetrò nella loro camera e assassinò l’operaio.

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La donna riuscì a salvarsi, dandosi a fuga precipitosa.Quando si conobbe il fatto, si accusò la donna di aver

fatto uccidere il marito dal suo amante. A nulla valserole sue proteste d’innocenza: fu condannata. L’infelice sidiede allora a singhiozzare, a gridare.... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

«Lien! Lien! O che hai l’incubo?», esclamarono icompagni del licenziato, scuotendo la poltrona dove eglidormiva da un quarto d’ora. «Via, svegliati, che abbia-mo fame e vogliamo pranzare!»

Il giovane aperse gli occhi, e vide il vecchio bonzo,sempre nello steso atteggiamento estatico, che gli dissecon un sorriso ironico:

«Ecco il signor presidente del Consiglio!»Stupito a queste parole, e sotto l’impressione del ter-

ribile sogno, Lien chiese al sacerdote d’insegnargli qua-le fosse la via che dovesse seguire.

«Siate virtuoso e umano», sentenziò il bonzo, «e allo-ra vedrete che il loto germoglierà anche in mezzo allefiamme».

Lien, triste e avvilito, ritornò a casa spoglio d’ogniambizione e d’ogni vanità. Poco tempo dopo scompar-ve. Non si seppe mai che cosa avvenisse di lui.

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La donna riuscì a salvarsi, dandosi a fuga precipitosa.Quando si conobbe il fatto, si accusò la donna di aver

fatto uccidere il marito dal suo amante. A nulla valserole sue proteste d’innocenza: fu condannata. L’infelice sidiede allora a singhiozzare, a gridare.... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

«Lien! Lien! O che hai l’incubo?», esclamarono icompagni del licenziato, scuotendo la poltrona dove eglidormiva da un quarto d’ora. «Via, svegliati, che abbia-mo fame e vogliamo pranzare!»

Il giovane aperse gli occhi, e vide il vecchio bonzo,sempre nello steso atteggiamento estatico, che gli dissecon un sorriso ironico:

«Ecco il signor presidente del Consiglio!»Stupito a queste parole, e sotto l’impressione del ter-

ribile sogno, Lien chiese al sacerdote d’insegnargli qua-le fosse la via che dovesse seguire.

«Siate virtuoso e umano», sentenziò il bonzo, «e allo-ra vedrete che il loto germoglierà anche in mezzo allefiamme».

Lien, triste e avvilito, ritornò a casa spoglio d’ogniambizione e d’ogni vanità. Poco tempo dopo scompar-ve. Non si seppe mai che cosa avvenisse di lui.

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APPENDICE.

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APPENDICE.

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LA TRASMIGRAZIONE DI YO-CHEU.Commedia.

PROLOGO.

* Yo-Cheu, da molti anni assessore presso il tribunaled’un distretto importante, non è un giudice incorruttibi-le. Ama il danaro, e più d’una volta, in qualche causaimportante a lui affidata, è riuscito a volgere l’istruttoriaa vantaggio dell’accusato, che ha saputo mandargli acasa qualche regalo al momento opportuno. L’imperato-re, edotto dei suoi sistemi poco scrupolosi, ordinaun’inchiesta a suo carico. Ma Yo-Cheu ha preso da tem-po le misure necessarie a sventare ogni ricerca, sa che leprocedure sono regolari, e non teme di aver seccature.

Mentre esce dal tribunale, s’incontra con Tao-Sse-Liu, un famoso anacoreta o santone del paese, che appe-na lo vede, grida:

«Guai a Yo-Cheu! La tua ultima ora è suonata!»Si aduna una folla di gente che, non riconoscendo il

santone, lo prende per un povero pazzo. Il funzionarioordina senz’altro che sia arrestato.

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LA TRASMIGRAZIONE DI YO-CHEU.Commedia.

PROLOGO.

* Yo-Cheu, da molti anni assessore presso il tribunaled’un distretto importante, non è un giudice incorruttibi-le. Ama il danaro, e più d’una volta, in qualche causaimportante a lui affidata, è riuscito a volgere l’istruttoriaa vantaggio dell’accusato, che ha saputo mandargli acasa qualche regalo al momento opportuno. L’imperato-re, edotto dei suoi sistemi poco scrupolosi, ordinaun’inchiesta a suo carico. Ma Yo-Cheu ha preso da tem-po le misure necessarie a sventare ogni ricerca, sa che leprocedure sono regolari, e non teme di aver seccature.

Mentre esce dal tribunale, s’incontra con Tao-Sse-Liu, un famoso anacoreta o santone del paese, che appe-na lo vede, grida:

«Guai a Yo-Cheu! La tua ultima ora è suonata!»Si aduna una folla di gente che, non riconoscendo il

santone, lo prende per un povero pazzo. Il funzionarioordina senz’altro che sia arrestato.

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ATTO I.

Yo-Cheu, appena tornato a casa, si sente indisposto,gli si sviluppa una grave malattia, le forze a poco a pocolo abbandonano. Insomma, la predizione di Tao-Sse mi-naccia di avverarsi. La famiglia, angosciata, gli è intor-no, lo colma di cure, e si decide a mandare per il medi-co; ma quando questi giunge, trova che non c’è più nul-la da fare. Yo-Cheu è condannato. Chiama egli allora ilsuo fratello Sun-Fo. **

YO-CHEU.

Mio caro fratello: io ho amici in gran copia, special-mente quando in casa dò qualche festa; ma a chi meglioche a voi potrei affidare mia moglie e raccomandare imiei figli? Ascoltatemi: voglio aprirvi l’animo. Mia mo-glie è ancora giovane, bella, ha delle attrattive...

SUN-FO.

Che però, a onor del vero, non compromettono pernulla la sua virtù. Di che cosa potreste aver paura?

YO-CHEU.

Di che cosa posso aver paura? Dei seduttori! Ci sonoal mondo degli uomini che non arrossiscono di nulla.Dopo la mia morte, oseranno venire in casa.

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ATTO I.

Yo-Cheu, appena tornato a casa, si sente indisposto,gli si sviluppa una grave malattia, le forze a poco a pocolo abbandonano. Insomma, la predizione di Tao-Sse mi-naccia di avverarsi. La famiglia, angosciata, gli è intor-no, lo colma di cure, e si decide a mandare per il medi-co; ma quando questi giunge, trova che non c’è più nul-la da fare. Yo-Cheu è condannato. Chiama egli allora ilsuo fratello Sun-Fo. **

YO-CHEU.

Mio caro fratello: io ho amici in gran copia, special-mente quando in casa dò qualche festa; ma a chi meglioche a voi potrei affidare mia moglie e raccomandare imiei figli? Ascoltatemi: voglio aprirvi l’animo. Mia mo-glie è ancora giovane, bella, ha delle attrattive...

SUN-FO.

Che però, a onor del vero, non compromettono pernulla la sua virtù. Di che cosa potreste aver paura?

YO-CHEU.

Di che cosa posso aver paura? Dei seduttori! Ci sonoal mondo degli uomini che non arrossiscono di nulla.Dopo la mia morte, oseranno venire in casa.

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SUN-FO.

Paure vane, fratello caro. Mia cognata saprà resisterea tutte le seduzioni.

La signora YO-CHEU, entrando.

Che discorsi son questi? Ho sentito tutto. I vostri so-spetti sono un’ingiuria per me. Via, ve ne prego, nellacondizione in cui vi trovate, non dovete pensare a questebrutte cose. Credetemi, nulla e nessuno riuscirà a to-gliermi dallo stato vedovile. Vivrò con mio figlio, rifiu-terò ogni proposta di nozze, non uscirò mai di casa, in-somma, mi comporterò nè più nè meno di quando erovostra moglie. Io osar guardare un uomo in faccia!...Giammai!

* Il giudice non si lascia convincere troppo facilmen-te. Pensa che la donna dovrebbe pur uscire per il suo fu-nerale, e allora sarebbe esposta all’attenzione di tantiocchi bramosi...

«No, no, povero amico», assicura la moglie, «io tipiangerò in eterno: verrò presto a raggiungerti».

«Io veglierò sopra di lei», dice Sun-Fo.«Quando sarò morto, restate in casa!»Furono queste le ultime parole che il moribondo pro-

nunciò, prima di chiuder gli occhi per sempre.

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SUN-FO.

Paure vane, fratello caro. Mia cognata saprà resisterea tutte le seduzioni.

La signora YO-CHEU, entrando.

Che discorsi son questi? Ho sentito tutto. I vostri so-spetti sono un’ingiuria per me. Via, ve ne prego, nellacondizione in cui vi trovate, non dovete pensare a questebrutte cose. Credetemi, nulla e nessuno riuscirà a to-gliermi dallo stato vedovile. Vivrò con mio figlio, rifiu-terò ogni proposta di nozze, non uscirò mai di casa, in-somma, mi comporterò nè più nè meno di quando erovostra moglie. Io osar guardare un uomo in faccia!...Giammai!

* Il giudice non si lascia convincere troppo facilmen-te. Pensa che la donna dovrebbe pur uscire per il suo fu-nerale, e allora sarebbe esposta all’attenzione di tantiocchi bramosi...

«No, no, povero amico», assicura la moglie, «io tipiangerò in eterno: verrò presto a raggiungerti».

«Io veglierò sopra di lei», dice Sun-Fo.«Quando sarò morto, restate in casa!»Furono queste le ultime parole che il moribondo pro-

nunciò, prima di chiuder gli occhi per sempre.

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ATTO II.

(La scena rappresenta l’inferno (o meglio uno dei die-ciotto inferni72). Più diavoli di forme fantastiche sie-dono a giudizio).

Yo-Cheu è condotto davanti al tribunale per esseregiudicato; lui, che aveva giudicato tante volte! Non haavvocato difensore, e i giudici non son di quelli che silasciano commuovere o corrompere. È condannato peravarizia al supplizio che tocca agli avari: raccogliere pertutta l’eternità una piccola moneta che è posata sul fon-do d’una caldaia piena d’acqua bollente.

Mentre il disgraziato sta tremando di raccapriccio, glisi avvicina l’anacoreta Liu che, preso da compassione,gli fa un predicozzo e finisce per promettergli la suaprotezione, se si dichiara disposto a convertirsi alla fededi Tao-Sse. Yo-Cheu giura per tutti i diavoli dell’infernoche è pronto a convertirsi a qualunque cosa, pur di ca-varsela di lì. Liu si presenta allora al re dell’inferno. **

IL RE.

Illustre maestro, toccava a me di venire a incontrarvi.Perdonate la mia negligenza.

72 Vedi nota 2 a pag. 202 [nota 70 in questa edizione elettroni-ca].

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ATTO II.

(La scena rappresenta l’inferno (o meglio uno dei die-ciotto inferni72). Più diavoli di forme fantastiche sie-dono a giudizio).

Yo-Cheu è condotto davanti al tribunale per esseregiudicato; lui, che aveva giudicato tante volte! Non haavvocato difensore, e i giudici non son di quelli che silasciano commuovere o corrompere. È condannato peravarizia al supplizio che tocca agli avari: raccogliere pertutta l’eternità una piccola moneta che è posata sul fon-do d’una caldaia piena d’acqua bollente.

Mentre il disgraziato sta tremando di raccapriccio, glisi avvicina l’anacoreta Liu che, preso da compassione,gli fa un predicozzo e finisce per promettergli la suaprotezione, se si dichiara disposto a convertirsi alla fededi Tao-Sse. Yo-Cheu giura per tutti i diavoli dell’infernoche è pronto a convertirsi a qualunque cosa, pur di ca-varsela di lì. Liu si presenta allora al re dell’inferno. **

IL RE.

Illustre maestro, toccava a me di venire a incontrarvi.Perdonate la mia negligenza.

72 Vedi nota 2 a pag. 202 [nota 70 in questa edizione elettroni-ca].

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LIU.

Devo trattenervi d’una cosa importante. Che delittoha commesso questo Yo-Cheu, perchè voi lo condannia-te a una tal pena?

IL RE.

Voi non sapete adunque che questo sciagurato facevamercimonio della giustizia quando era assessore? È unavaro, e andrà nella caldaia!

LIU.

Gran re, vogliate imitare la virtù del signore sovranodel Cielo, che si compiace di dare l’esistenza alle crea-ture, non di distruggerle. Sì, costui è un avaro, ma ha lavocazione religiosa. Si è convertito, ha pronunciato deivoti, diverrà mio discepolo. Via, per un riguardo a me,ricongiungetene l’anima al suo corpo, rimettetelo almondo.

IL RE.

Aspettate, lasciatemi vedere (guarda). Che disdetta!Proprio in questo momento, la moglie di Yo-Cheu hacremato il corpo di suo marito!

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LIU.

Devo trattenervi d’una cosa importante. Che delittoha commesso questo Yo-Cheu, perchè voi lo condannia-te a una tal pena?

IL RE.

Voi non sapete adunque che questo sciagurato facevamercimonio della giustizia quando era assessore? È unavaro, e andrà nella caldaia!

LIU.

Gran re, vogliate imitare la virtù del signore sovranodel Cielo, che si compiace di dare l’esistenza alle crea-ture, non di distruggerle. Sì, costui è un avaro, ma ha lavocazione religiosa. Si è convertito, ha pronunciato deivoti, diverrà mio discepolo. Via, per un riguardo a me,ricongiungetene l’anima al suo corpo, rimettetelo almondo.

IL RE.

Aspettate, lasciatemi vedere (guarda). Che disdetta!Proprio in questo momento, la moglie di Yo-Cheu hacremato il corpo di suo marito!

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LIU.

Come si fa allora?

YO-CHEU.

Che crudeltà! Che infamia! Mia moglie era ben impa-ziente di sbarazzarsi delle mie spoglie mortali! Non po-teva aspettare almeno un giorno di più?

LIU.

Voi potete, o gran re, sostituire il suo corpo con quel-lo di un altro. Guardate un poco!

IL RE.

Volontieri (guarda). Ecco qua nel sobborgo del di-stretto un giovane macellaio che è morto da tre giorni. Ilsuo nome di famiglia è Li. Io posso, venerabile Liu, fartrasmigrare l’anima di Yo-Cheu nel corpo di questo ma-cellaio. Che ne dite?... Vi avverto che è orribilmentebrutto: ha gli occhi bleu.

LIU.

Accetto, accetto! (a Yo-Cheu). Tra poco si opererà lavostra trasmigrazione. Come avete udito, non si può riu-nire la vostra anima al vostro corpo, giacchè vostra mo-glie l’ha già cremato. Ma non datevi pensiero di ciò:

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LIU.

Come si fa allora?

YO-CHEU.

Che crudeltà! Che infamia! Mia moglie era ben impa-ziente di sbarazzarsi delle mie spoglie mortali! Non po-teva aspettare almeno un giorno di più?

LIU.

Voi potete, o gran re, sostituire il suo corpo con quel-lo di un altro. Guardate un poco!

IL RE.

Volontieri (guarda). Ecco qua nel sobborgo del di-stretto un giovane macellaio che è morto da tre giorni. Ilsuo nome di famiglia è Li. Io posso, venerabile Liu, fartrasmigrare l’anima di Yo-Cheu nel corpo di questo ma-cellaio. Che ne dite?... Vi avverto che è orribilmentebrutto: ha gli occhi bleu.

LIU.

Accetto, accetto! (a Yo-Cheu). Tra poco si opererà lavostra trasmigrazione. Come avete udito, non si può riu-nire la vostra anima al vostro corpo, giacchè vostra mo-glie l’ha già cremato. Ma non datevi pensiero di ciò:

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tanto, non c’è rimedio. Voi trasmigrerete nel corpo d’ungiovane macellaio che non era bello: aveva gli occhibleu. Non ve ne deve importar nulla, avendo voi rinun-ciato alle ricchezze e ai piaceri. Vi raccomando eh? Yo-Cheu: serbate fede ai vostri giuramenti, non dimenticatele mie esortazioni. E ora, voi vi chiamate Li. Andate:abbandonate la città dei morti.

(Yo-Cheu, o Li, non se lo fa dir due volte, e ritorna tra ivivi).

ATTO III.

*(La scena rappresenta la camera dove giace il cadave-re del macellaio. La famiglia desolata gli è intorno alletto piangente).

Mentre si stanno per iniziare le cerimonie funebri, ilmorto si rianima, e si alza a sedere sul letto, con grandesorpresa e giubilo dei parenti. Ma Yo-Cheu, cioè il nuo-vo Li, che frattanto ha dimenticate le avventure inferna-li, e crede di essere molestato da postulanti, come solevaessere nella sua vita anteriore, grida con voce brusca:

«Zitti, zitti! In udienza, in udienza! Io non mi occupod’affari che in udienza!... Ma che scandalo è questo? Èun’indecenza, una vergogna! Ci vuole un bel coraggio avenirmi a sorprendere fino nella camera da letto!»

Naturalmente i visi che lo circondano gli sono scono-

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tanto, non c’è rimedio. Voi trasmigrerete nel corpo d’ungiovane macellaio che non era bello: aveva gli occhibleu. Non ve ne deve importar nulla, avendo voi rinun-ciato alle ricchezze e ai piaceri. Vi raccomando eh? Yo-Cheu: serbate fede ai vostri giuramenti, non dimenticatele mie esortazioni. E ora, voi vi chiamate Li. Andate:abbandonate la città dei morti.

(Yo-Cheu, o Li, non se lo fa dir due volte, e ritorna tra ivivi).

ATTO III.

*(La scena rappresenta la camera dove giace il cadave-re del macellaio. La famiglia desolata gli è intorno alletto piangente).

Mentre si stanno per iniziare le cerimonie funebri, ilmorto si rianima, e si alza a sedere sul letto, con grandesorpresa e giubilo dei parenti. Ma Yo-Cheu, cioè il nuo-vo Li, che frattanto ha dimenticate le avventure inferna-li, e crede di essere molestato da postulanti, come solevaessere nella sua vita anteriore, grida con voce brusca:

«Zitti, zitti! In udienza, in udienza! Io non mi occupod’affari che in udienza!... Ma che scandalo è questo? Èun’indecenza, una vergogna! Ci vuole un bel coraggio avenirmi a sorprendere fino nella camera da letto!»

Naturalmente i visi che lo circondano gli sono scono-

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sciuti, sebbene i parenti lo chiamino coi più teneri nomi,e la moglie voglia assolutamente abbracciarlo. Alla finechiama a gran voce:

«Cancelliere, cancelliere! acciuffate tutta questa gentee buttatela fuori della porta!»

Finalmente, dopo molto strepitare, si sovviene diquello che il suo intercessore gli ha detto negli abissi in-fernali. La sua anima è entrata nel corpo di un macella-io!

«Dunque», dice tra sè, «questa deve essere la casa delmorto. Ma come uscirne?»

Dopo aver riflesso un poco, dice a quelli che lo cir-condano:

«Ecco: poco fa ero morto; ora sono risuscitato, masolo a metà. La mia anima è rientrata nel corpo; ma noncosì lo spirito. Esso è rimasto nella pagoda. Bisogna chevada a riprenderlo».

Fa per levarsi. Ma non sapeva che il macellaio erasciancato d’una gamba. Cade. Gli portano la gruccia.

«Ecco», dice ancora tra sè. «Nella mia vita preceden-te, quando ero assessore di tribunale, avevo una coscien-za tortuosa; adesso ritorno al mondo con una gambastorta. È giustizia».

ATTO IV.

Zoppicando, Yo-Cheu s’avvia verso il suo domicilio.Ma non riesce a trovarlo subito, e chiede ai passanti:

«Sapete dove abito?»

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sciuti, sebbene i parenti lo chiamino coi più teneri nomi,e la moglie voglia assolutamente abbracciarlo. Alla finechiama a gran voce:

«Cancelliere, cancelliere! acciuffate tutta questa gentee buttatela fuori della porta!»

Finalmente, dopo molto strepitare, si sovviene diquello che il suo intercessore gli ha detto negli abissi in-fernali. La sua anima è entrata nel corpo di un macella-io!

«Dunque», dice tra sè, «questa deve essere la casa delmorto. Ma come uscirne?»

Dopo aver riflesso un poco, dice a quelli che lo cir-condano:

«Ecco: poco fa ero morto; ora sono risuscitato, masolo a metà. La mia anima è rientrata nel corpo; ma noncosì lo spirito. Esso è rimasto nella pagoda. Bisogna chevada a riprenderlo».

Fa per levarsi. Ma non sapeva che il macellaio erasciancato d’una gamba. Cade. Gli portano la gruccia.

«Ecco», dice ancora tra sè. «Nella mia vita preceden-te, quando ero assessore di tribunale, avevo una coscien-za tortuosa; adesso ritorno al mondo con una gambastorta. È giustizia».

ATTO IV.

Zoppicando, Yo-Cheu s’avvia verso il suo domicilio.Ma non riesce a trovarlo subito, e chiede ai passanti:

«Sapete dove abito?»

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«Io no», gli si risponde.«Sapete dov’è la casa di Yo-Cheu?»Gli viene indicata; ma egli dura fatica a riconoscerla,

giacchè è stata tutta rimessa a nuovo. Ciò era avvenutoper ordine del censore imperiale, e in riconoscimentodelle benemerenze da lui acquistate nell’esercizio dellesue funzioni di giudice.

Batte alla porta: è impaziente di rivedere sua moglie.Essa appunto viene ad aprire. Immaginarsi lo spaventodella donna, al trovarsi di fronte un uomo così bruttoche si dichiara suo marito!

Yo-Cheu le racconta allora le sue peripezie; ma intan-to sopraggiungono in folla i congiunti di Li che, saputo-lo lì dentro, fanno irruzione in casa. La moglie di Li re-clama suo marito. Ne nasce un putiferio: il cancelliere diYo-Cheu, che è tra i presenti, afferra la gruccia e la rom-pe sulle spalle del presunto macellaio. Si grida, si strepi-ta, si chiama aiuto. Alla fine i contendenti risolvono direcarsi davanti al tribunale.

Presiede il censore imperiale, che si trova in unbell’impiccio. A quale delle due vedove assegnare que-sto uomo che è Yo-Cheu e Li insieme?... Ed ecco inter-venire, deus ex machina, l’anacoreta. Egli richiama Yo-Cheu ai suoi nuovi doveri, alle promesse fatte da luiall’inferno, e che egli era sul punto di scordarsi. E l’anti-co assessore rinuncia al mondo e alle sue pompe, e si fareligioso. **

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«Io no», gli si risponde.«Sapete dov’è la casa di Yo-Cheu?»Gli viene indicata; ma egli dura fatica a riconoscerla,

giacchè è stata tutta rimessa a nuovo. Ciò era avvenutoper ordine del censore imperiale, e in riconoscimentodelle benemerenze da lui acquistate nell’esercizio dellesue funzioni di giudice.

Batte alla porta: è impaziente di rivedere sua moglie.Essa appunto viene ad aprire. Immaginarsi lo spaventodella donna, al trovarsi di fronte un uomo così bruttoche si dichiara suo marito!

Yo-Cheu le racconta allora le sue peripezie; ma intan-to sopraggiungono in folla i congiunti di Li che, saputo-lo lì dentro, fanno irruzione in casa. La moglie di Li re-clama suo marito. Ne nasce un putiferio: il cancelliere diYo-Cheu, che è tra i presenti, afferra la gruccia e la rom-pe sulle spalle del presunto macellaio. Si grida, si strepi-ta, si chiama aiuto. Alla fine i contendenti risolvono direcarsi davanti al tribunale.

Presiede il censore imperiale, che si trova in unbell’impiccio. A quale delle due vedove assegnare que-sto uomo che è Yo-Cheu e Li insieme?... Ed ecco inter-venire, deus ex machina, l’anacoreta. Egli richiama Yo-Cheu ai suoi nuovi doveri, alle promesse fatte da luiall’inferno, e che egli era sul punto di scordarsi. E l’anti-co assessore rinuncia al mondo e alle sue pompe, e si fareligioso. **

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IL PAPPAGALLO

* Il giovane letterato Seng aveva due difetti: uno fisi-co e l’altro morale. Contava sei dita ad una mano, ed erapreso da una morbosa timidezza, quando si trovava incompagnia di donne. Se una le rivolgeva la parola, ar-rossiva tutto, e finiva per scappare. Ciò gli attirava lebeffe di quanti lo conoscevano.

Ma un giorno s’innamorò della figlia d’un ricchissi-mo commerciante, la quale si chiamava A-Pao. Questagli fece uno scherzo crudele. Gli mandò a dire che sa-rebbe divenuta sua moglie, se si fosse fatto recidere ildito che aveva di troppo.

Seng ubbidì prontamente; ma l’operazione gli produs-se una grave emorragia, che lo tenne per alcuni giornitra la vita e la morte. Quando fu guarito, si ebbe da A-Pao per tutta risposta che egli doveva, prima di sposarla,sbarazzarsi di un altro difetto: quello di prendere sul se-rio le cose dette per burla.

Il poveretto ne rimase oltremodo avvilito; ma conti-nuò ad amare in segreto la spietata fanciulla. La rivideun giorno, e ne fu talmente conquiso, da mettersi inmente che la propria anima era diventata una cosa solacon quella di A-Pao.

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IL PAPPAGALLO

* Il giovane letterato Seng aveva due difetti: uno fisi-co e l’altro morale. Contava sei dita ad una mano, ed erapreso da una morbosa timidezza, quando si trovava incompagnia di donne. Se una le rivolgeva la parola, ar-rossiva tutto, e finiva per scappare. Ciò gli attirava lebeffe di quanti lo conoscevano.

Ma un giorno s’innamorò della figlia d’un ricchissi-mo commerciante, la quale si chiamava A-Pao. Questagli fece uno scherzo crudele. Gli mandò a dire che sa-rebbe divenuta sua moglie, se si fosse fatto recidere ildito che aveva di troppo.

Seng ubbidì prontamente; ma l’operazione gli produs-se una grave emorragia, che lo tenne per alcuni giornitra la vita e la morte. Quando fu guarito, si ebbe da A-Pao per tutta risposta che egli doveva, prima di sposarla,sbarazzarsi di un altro difetto: quello di prendere sul se-rio le cose dette per burla.

Il poveretto ne rimase oltremodo avvilito; ma conti-nuò ad amare in segreto la spietata fanciulla. La rivideun giorno, e ne fu talmente conquiso, da mettersi inmente che la propria anima era diventata una cosa solacon quella di A-Pao.

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Ne ammalò un’altra volta, e non faceva che ripetere:«Io sono con A-Pao!»

Dal canto suo la fanciulla sognava ogni notte di vede-re accanto a sè il giovane. Sorpresa di questa visione,avrebbe voluto aprirsene coi genitori; ma un sentimentodi pudore ne la distoglieva.

Intanto l’amorosa passione aveva ridotto il poveroSeng in fin di vita, tanto che i suoi genitori si decisero achiedere al padre di A-Pao il permesso di mandare dalui un sacerdote che richiamasse l’anima di Seng entratanella fanciulla,

Il padre acconsentì, e la cerimonia ebbe luogo. L’ani-ma di Seng ritornò a lui. La giovinetta comprese final-mente quanto profondo fosse l’affetto che quegli le por-tava.

Seng, ritornato sano in seguito all’esorcismo, si diedesubito a pensare in qual modo potesse avvicinarsiall’amata fanciulla, giacchè era troppo povero per aspi-rare alla sua mano.

Un giorno vide un ragazzo che giuocava con un pap-pagallo morto.

— Se io potessi – disse tra sè, – entrare nel corpo diquesto uccello, spiccherei il volo verso la casa di lei. —

Appena ebbe concepito questo desiderio, cadde mortoal suolo, mentre il pappagallo rialzatosi volava alla ca-mera di A-Pao. Questa ordinò che gli ponessero un anel-lo alla zampa.

«Non incatenatemi», gridò l’uccello, «io sono Seng».«Conosco il vostro affetto per me», disse la fanciulla.

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Ne ammalò un’altra volta, e non faceva che ripetere:«Io sono con A-Pao!»

Dal canto suo la fanciulla sognava ogni notte di vede-re accanto a sè il giovane. Sorpresa di questa visione,avrebbe voluto aprirsene coi genitori; ma un sentimentodi pudore ne la distoglieva.

Intanto l’amorosa passione aveva ridotto il poveroSeng in fin di vita, tanto che i suoi genitori si decisero achiedere al padre di A-Pao il permesso di mandare dalui un sacerdote che richiamasse l’anima di Seng entratanella fanciulla,

Il padre acconsentì, e la cerimonia ebbe luogo. L’ani-ma di Seng ritornò a lui. La giovinetta comprese final-mente quanto profondo fosse l’affetto che quegli le por-tava.

Seng, ritornato sano in seguito all’esorcismo, si diedesubito a pensare in qual modo potesse avvicinarsiall’amata fanciulla, giacchè era troppo povero per aspi-rare alla sua mano.

Un giorno vide un ragazzo che giuocava con un pap-pagallo morto.

— Se io potessi – disse tra sè, – entrare nel corpo diquesto uccello, spiccherei il volo verso la casa di lei. —

Appena ebbe concepito questo desiderio, cadde mortoal suolo, mentre il pappagallo rialzatosi volava alla ca-mera di A-Pao. Questa ordinò che gli ponessero un anel-lo alla zampa.

«Non incatenatemi», gridò l’uccello, «io sono Seng».«Conosco il vostro affetto per me», disse la fanciulla.

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«Ma come volete che siamo l’uno dell’altra, ora cheavete assunto questa forma?»

«Mi basta di poter vivere vicino a voi», rispose ilpappagallo, «non chiedo di più».

Mangiava nelle mani della fanciulla, le si posava ingrembo, dormiva presso il suo capezzale.

Ma A-Pao aveva preso ad amarlo troppo. Mandò undomestico a casa di Seng per vedere in che stato fosse ilcadavere di lui, e quegli poco dopo ritornò annunciandoche il petto era ancora caldo.

«Se tu potessi ridiventare uomo», disse la fanciullaall’uccello, carezzandolo, «ti giuro di essere tua».

Il pappagallo parve riflettere un momento, poi presenel becco una pianella della giovane, e volò via.

I genitori di Seng stavano pregando intorno al cada-vere, allorchè lo videro scuotersi e drizzarsi: nell’istantemedesimo il pappagallo, entrato dalla finestra, cadevamorto al suolo.

Frattanto A-Pao aveva mandato un’altra volta il do-mestico alla casa di Seng, il quale lo incaricò di dire allasua padroncina che tratteneva la pianella come caparradi ciò che ella gli aveva promesso.

Pochi giorni dopo, la promessa era mantenuta: i duegiovani erano sposi.

Tre anni più tardi, Seng morì. Fu tanto il dolore di A-Pao, che tentò di uccidersi per andare a raggiungerlonell’altro mondo. Fortunatamente si fece in tempo atrattenerla dal compiere il funesto proposito.

Nel momento in cui la salma stava per essere calata

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«Ma come volete che siamo l’uno dell’altra, ora cheavete assunto questa forma?»

«Mi basta di poter vivere vicino a voi», rispose ilpappagallo, «non chiedo di più».

Mangiava nelle mani della fanciulla, le si posava ingrembo, dormiva presso il suo capezzale.

Ma A-Pao aveva preso ad amarlo troppo. Mandò undomestico a casa di Seng per vedere in che stato fosse ilcadavere di lui, e quegli poco dopo ritornò annunciandoche il petto era ancora caldo.

«Se tu potessi ridiventare uomo», disse la fanciullaall’uccello, carezzandolo, «ti giuro di essere tua».

Il pappagallo parve riflettere un momento, poi presenel becco una pianella della giovane, e volò via.

I genitori di Seng stavano pregando intorno al cada-vere, allorchè lo videro scuotersi e drizzarsi: nell’istantemedesimo il pappagallo, entrato dalla finestra, cadevamorto al suolo.

Frattanto A-Pao aveva mandato un’altra volta il do-mestico alla casa di Seng, il quale lo incaricò di dire allasua padroncina che tratteneva la pianella come caparradi ciò che ella gli aveva promesso.

Pochi giorni dopo, la promessa era mantenuta: i duegiovani erano sposi.

Tre anni più tardi, Seng morì. Fu tanto il dolore di A-Pao, che tentò di uccidersi per andare a raggiungerlonell’altro mondo. Fortunatamente si fece in tempo atrattenerla dal compiere il funesto proposito.

Nel momento in cui la salma stava per essere calata

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nella fossa, A-Pao ebbe un sussulto di giubilo: avevaudito gemere e parlare Seng nel cataletto! Egli era tor-nato in vita. Disceso negli abissi infernali, il dio stavaper sottoporlo al giudizio, allorchè un usciere venne adannunziare il prossimo arrivo della moglie di lui, chenon aveva voluto sopravvivergli. Il dio, commosso atanta prova d’amor coniugale, aveva concesso a Seng dirisuscitare. **

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nella fossa, A-Pao ebbe un sussulto di giubilo: avevaudito gemere e parlare Seng nel cataletto! Egli era tor-nato in vita. Disceso negli abissi infernali, il dio stavaper sottoporlo al giudizio, allorchè un usciere venne adannunziare il prossimo arrivo della moglie di lui, chenon aveva voluto sopravvivergli. Il dio, commosso atanta prova d’amor coniugale, aveva concesso a Seng dirisuscitare. **

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IL FIGLIO FANTASMA.

* I ricchi coniugi Li avevano un bambino, che era dicostituzione robusta, ma assai tardo d’intelligenza. A seianni, balbettava appena poche parole.

Un giorno d’inverno, capitò da loro un bonzo e li in-vitò a sottoscrivere una somma in suo favore, fissando-ne anche l’ammontare. Sebbene egli fosse in voce di sa-per profetare il futuro ed influire sulle sorti degli uomi-ni, il signor Li si rifiutò a tale imposizione.

Il bonzo se ne andò furioso, a mani vuote.Appena ebbe varcata la soglia, il bambino cadde ma-

lato: dopo alcune ore spirava.Si fece arrestare il bonzo, nelle tasche del quale si tro-

varono delle figurine di cera e un feretro in miniatura.Evidentemente egli praticava la magìa, e il bambino eramorto per opera de’ suoi sortilegi. Finì per rendersi con-fesso, e fu condannato.

Erano passati pochi giorni e i due derelitti genitoristavano tristamente rievocando il ricordo del loro picci-no perduto. A un tratto comparve loro davanti l’ombradi un ragazzo dai sette agli otto anni, che li chiamò coidolci nomi di papà e mamma. Gli chiesero chi fosse, eseppero che anch’egli era stato vittima del malvagio

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IL FIGLIO FANTASMA.

* I ricchi coniugi Li avevano un bambino, che era dicostituzione robusta, ma assai tardo d’intelligenza. A seianni, balbettava appena poche parole.

Un giorno d’inverno, capitò da loro un bonzo e li in-vitò a sottoscrivere una somma in suo favore, fissando-ne anche l’ammontare. Sebbene egli fosse in voce di sa-per profetare il futuro ed influire sulle sorti degli uomi-ni, il signor Li si rifiutò a tale imposizione.

Il bonzo se ne andò furioso, a mani vuote.Appena ebbe varcata la soglia, il bambino cadde ma-

lato: dopo alcune ore spirava.Si fece arrestare il bonzo, nelle tasche del quale si tro-

varono delle figurine di cera e un feretro in miniatura.Evidentemente egli praticava la magìa, e il bambino eramorto per opera de’ suoi sortilegi. Finì per rendersi con-fesso, e fu condannato.

Erano passati pochi giorni e i due derelitti genitoristavano tristamente rievocando il ricordo del loro picci-no perduto. A un tratto comparve loro davanti l’ombradi un ragazzo dai sette agli otto anni, che li chiamò coidolci nomi di papà e mamma. Gli chiesero chi fosse, eseppero che anch’egli era stato vittima del malvagio

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Page 279: Novelle cinesi · 2021. 2. 16. · Questo e-book è stato realizzato anche grazie al so-stegno di: E-text Web design, Editoria, Multimedia (pubblica il tuo libro, o crea il tuo sito

bonzo.«Sono venuto», continuò, «a prendere il posto del fi-

glio che avete perduto».«Ma se sei un fantasma!»«Non fa nulla. Datemi una camera, e un po’ di riso

caldo ogni giorno: questo mi basta».«Da quanto tempo è morto vostro figlio?», chiese il

fantasma ai poveri genitori.«Da una settimana».«Allora, con questo tempo rigido, la sua salma non

deve essere ancora decomposta. Esumatela, e io vi en-trerò dentro».

Così fu fatto. Appena il cadavere fu dissotterrato, ri-prese vita, e il fantasma disparve.

Grande fu la gioia dei genitori, che chiesero al redivi-vo:

«Di’, se lo sai, dove è andato il tuo spirito?»«È già rinato in un’altra famiglia. Egli non doveva es-

sere vostro figlio. Se è venuto da voi, è perchè voi dove-vate del danaro ad un uomo, il quale, per rimborsarsi,non aveva che un solo mezzo: quello di farsi mantenereda voi come figliuolo». **

FINE.

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bonzo.«Sono venuto», continuò, «a prendere il posto del fi-

glio che avete perduto».«Ma se sei un fantasma!»«Non fa nulla. Datemi una camera, e un po’ di riso

caldo ogni giorno: questo mi basta».«Da quanto tempo è morto vostro figlio?», chiese il

fantasma ai poveri genitori.«Da una settimana».«Allora, con questo tempo rigido, la sua salma non

deve essere ancora decomposta. Esumatela, e io vi en-trerò dentro».

Così fu fatto. Appena il cadavere fu dissotterrato, ri-prese vita, e il fantasma disparve.

Grande fu la gioia dei genitori, che chiesero al redivi-vo:

«Di’, se lo sai, dove è andato il tuo spirito?»«È già rinato in un’altra famiglia. Egli non doveva es-

sere vostro figlio. Se è venuto da voi, è perchè voi dove-vate del danaro ad un uomo, il quale, per rimborsarsi,non aveva che un solo mezzo: quello di farsi mantenereda voi come figliuolo». **

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