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Pagina 1 di 76 Notiziario on line A cura dell’ Associazione Antiracket “Sviluppo e Legalità” - San Pietro Vernotico Anno 2012 Domani passeggiata antiracket con partenza dal Palazzo Comunale 16 dicembre 2012 - Si comincia da San Pietro Vernotico, lunedì 17 Dicembre, partendo dal Palazzo Comunale alle ore 10.30, percorrendo via Stazione e via Brindisi e, insieme ai rappresentanti istituzionali, entreranno nei negozi anche gli esponenti nazionali e regionali dell’associazionismo antiracket. Prenderanno parte all’iniziativa i soci e i dirigenti dell’Associazione Antiracket sanpietrana “Sviluppo e Legalità”, il Presidente Ermanno Manca, il Prefetto di Brindisi Nicola Prete, il Comandante Provinciale dei Carabinieri colonnello Paris, il Vice Questore vicario, il Comandante della Compagnia della Guardia di Finanza colonnello Mangia e altri esponenti delle forze dell’ordine, il Sindaco di San Pietro V.co Pasquale Rizzo, il legale dell’antiracket sanpietrana Avv. Ugo Catamo, il responsabile regionale della FAI Puglia Renato De Scisciolo, il dirigente nazionale della FAI e responsabile del Pon Sicurezza, Dott. Giuseppe Scandurra, già Presidente nazionale della FAI. Di seguito il calendario delle passeggiate antiracket in provincia di Brindisi, che si svolgeranno alla presenza dei dirigenti nazionali e regionali della Fai, dei Presidenti e dirigenti delle associazioni antiracket, del Prefetto di Brindisi e dei massimi vertici delle forze dell’ordine. 17/12/2012: - Ore 10.30 – San Pietro Vernotico, via Stazione e via Brindisi - Ore 17.30 – Mesagne, Piazza Orsini 18/12/2012: - Ore 10.30 - Francavilla Fontana , Viale Lilla - Ore 17.00 – San Vito dei Normanni, Corso Leonardo Leo - Ore 18.00 – Ceglie Messapica, Largo Ospizio 19/12/20012: - Ore 10.30 – Ostuni, Piazza Italia – Viale Pola comunicato stampa associazione antiracket S.Pietro V.co Nuova Scu, condannato il nucleo di Francavilla Fontana 14 dicembre 2012 - Con altre tre condanne in primo grado al termine di un altro scampolo del processo Last Minute, si chiude un altro capitolo di storia recente della malavita organizzata e trova conferma (naturalmente si tratta di una sentenza non definitiva) il ritratto della nuova Scu fatto dall’ultimo dei pentiti, Ercole Penna. Oggi è stata la volta di Giancarlo Capobianco, l’imprenditore di Francavilla Fontana che pare proprio fosse il referente, non formalmente affiliato, per la città degli Imperiali. Al termine del processo con rito abbreviato condizionato all’ascolto di alcuni testi, tra cui anche il collaboratore di giustizia Cosimo Giovanni Guarini, gli sono stati inflitti otto anni di carcere, conto che non ha potuto subire modifiche, in virtù della continuazione con altri reati, perché Zio Carlone, il re dei negozi per casalinghi, non aveva finora mai subito alcuna condanna. Cinque anni per Salvatore Capuano, per il quale è stato escluso il ruolo di capo e promotore, che, però, proprio per la continuazione, sono in realtà tre anni e otto mesi; dieci anni per Gaetano Leo, cifra tonda che, in considerazione del passato (in particolare della sentenza Omnia) si sono ridotti a due anni. Capobianco (difeso dagli avvocati Michele Fino e Elvia Belmonte), Leo (difeso dall’avvocato Ladislao Massari) e Capuano (da Ladislao Massari e Michele Fino) sono tre delle 28 persone sottoposte a fermo negli ultimi giorni del 2010 per associazione per delinquere di stampo mafioso, con un blitz della Squadra mobile di Brindisi. A incastrarli furono le dichiarazioni di Ercole Penna, detto “Lino lu biondu” che nel novembre precedente aveva deciso di schierarsi dalla parte dello stato. Penna aveva rivelato che Capobianco era il referente Scu per Francavilla e aveva anche spiegato che negli ultimi tempi le affiliazioni erano passate di moda. Evitate per scongiurarepentimenti e per contare su persone formalmente “pulite”, in grado di foraggiare il sodalizio per canali formalmente leciti. I 28 della nuova Scu sono: Lucio Annis, 42 anni di San Pietro Vernotico; Martino Barletta, 39 anni di Villa Castelli; Angelo Buccarella, 34 anni di Tuturano; Salvatore Buccarella, 53 anni di Tuturano; Antonia Caliandro, 55 anni di Tuturano; Francesco Campana, 39 anni di Mesagne; Sandro Campana, 37 anni di Mesagne; Giancarlo Capobianco, detto Zio Carlone, 49 anni di Francavilla Fontana; Salvatore Capuano, 42 anni di Francavilla Fontana; Antonio Centonze, 44 anni di Brindisi. L’elenco prosegue con Domenico D’Agnano, detto Nerone, 44 anni di San Pietro Vernotico; Ronzino De Nitto, 37 anni di Mesagne; Pasquale D’Errico, detto Mutunati, 68 anni di Latiano; Vito Antonio D’Errico, 44 anni di Torre Santa Susanna; Antonello Raffaele Gravina, detto Pizzaleo, 44 anni di Mesagne; Francesco Gravina, detto Chicco Pizzaleo, 53 anni di Mesagne; Francesco Gravina, detto Gabibbo, 33 anni di Mesagne; Benito Leo, 43 anni di Brindisi; Gaetano Leo, 47 anni di Francavilla Fontana. Quindi Cosimo Leto, detto Mimino lu Luengu, 59 anni di Brindisi; Franco Locorotondo, 38 anni di Mesagne;

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Anno 2012

Domani passeggiata antiracket con partenza dal Palazzo Comunale 16 dicembre 2012 - Si comincia da San Pietro Vernotico, lunedì 17 Dicembre, partendo dal Palazzo Comunale alle ore 10.30, percorrendo via Stazione e via Brindisi e, insieme ai rappresentanti istituzionali, entreranno nei negozi anche gli esponenti nazionali e regionali dell’associazionismo antiracket. Prenderanno parte all’iniziativa i soci e i dirigenti dell’Associazione Antiracket sanpietrana “Sviluppo e Legalità”, il Presidente Ermanno Manca, il Prefetto di Brindisi Nicola Prete, il Comandante Provinciale dei Carabinieri colonnello Paris, il Vice Questore vicario, il Comandante della Compagnia della Guardia di Finanza colonnello Mangia e altri esponenti delle forze dell’ordine, il Sindaco di San Pietro V.co Pasquale Rizzo, il legale dell’antiracket sanpietrana Avv. Ugo Catamo, il responsabile regionale della FAI Puglia Renato De Scisciolo, il dirigente nazionale della FAI e responsabile del Pon Sicurezza, Dott. Giuseppe Scandurra, già Presidente nazionale della FAI. Di seguito il calendario delle passeggiate antiracket in provincia di Brindisi, che si svolgeranno alla presenza dei dirigenti nazionali e regionali della Fai, dei Presidenti e dirigenti delle associazioni antiracket, del Prefetto di Brindisi e dei massimi vertici delle forze dell’ordine. 17/12/2012: - Ore 10.30 – San Pietro Vernotico, via Stazione e via Brindisi - Ore 17.30 – Mesagne, Piazza Orsini 18/12/2012: - Ore 10.30 - Francavilla Fontana , Viale Lilla

- Ore 17.00 – San Vito dei Normanni, Corso Leonardo Leo - Ore 18.00 – Ceglie Messapica, Largo Ospizio 19/12/20012: - Ore 10.30 – Ostuni, Piazza Italia – Viale Pola

comunicato stampa associazione antiracket S.Pietro V.co

Nuova Scu, condannato il nucleo di Francavilla Fontana 14 dicembre 2012 - Con altre tre condanne in primo grado al termine di un altro scampolo del processo Last Minute, si chiude un altro capitolo di storia recente della malavita organizzata e trova conferma (naturalmente si tratta di una sentenza non definitiva) il ritratto della nuova Scu fatto dall’ultimo dei pentiti, Ercole Penna. Oggi è stata la volta di Giancarlo Capobianco, l’imprenditore di Francavilla Fontana che pare proprio fosse il referente, non formalmente affiliato, per la città degli Imperiali. Al termine del processo con rito abbreviato condizionato all’ascolto di alcuni testi, tra cui anche il collaboratore di giustizia Cosimo Giovanni Guarini, gli sono stati inflitti otto anni di carcere, conto che non ha potuto subire modifiche, in virtù della continuazione con altri reati, perché Zio Carlone, il re dei negozi per casalinghi, non aveva finora mai subito alcuna condanna. Cinque anni per Salvatore Capuano, per il quale è stato escluso il ruolo di capo e promotore, che, però, proprio per la continuazione, sono in realtà tre anni e otto mesi; dieci anni per Gaetano Leo, cifra tonda che, in considerazione del passato (in particolare della sentenza Omnia) si sono ridotti a due anni. Capobianco (difeso dagli avvocati Michele Fino e Elvia Belmonte), Leo (difeso dall’avvocato Ladislao

Massari) e Capuano (da Ladislao Massari e Michele Fino) sono tre delle 28 persone sottoposte a fermo negli ultimi giorni del 2010 per associazione per delinquere di stampo mafioso, con un blitz della Squadra mobile di Brindisi. A incastrarli furono le dichiarazioni di Ercole Penna, detto “Lino lu biondu” che nel novembre precedente aveva deciso di schierarsi dalla parte dello stato. Penna aveva rivelato che Capobianco era il referente Scu per Francavilla e aveva anche spiegato che negli ultimi tempi le affiliazioni erano passate di moda. Evitate per scongiurarepentimenti e per contare su persone formalmente “pulite”, in grado di foraggiare il sodalizio per canali formalmente leciti. I 28 della nuova Scu sono: Lucio Annis, 42 anni di San Pietro Vernotico; Martino Barletta, 39 anni di Villa Castelli; Angelo Buccarella, 34 anni di Tuturano; Salvatore Buccarella, 53 anni di Tuturano; Antonia Caliandro, 55 anni di Tuturano; Francesco Campana, 39 anni di Mesagne; Sandro Campana, 37 anni di Mesagne; Giancarlo Capobianco, detto Zio Carlone, 49 anni di Francavilla Fontana; Salvatore Capuano, 42 anni di Francavilla Fontana; Antonio Centonze, 44 anni di Brindisi. L’elenco prosegue con Domenico D’Agnano, detto Nerone, 44 anni di San Pietro Vernotico; Ronzino De Nitto, 37 anni di Mesagne; Pasquale D’Errico, detto Mutunati, 68 anni di Latiano; Vito Antonio D’Errico, 44 anni di Torre Santa Susanna; Antonello Raffaele Gravina, detto Pizzaleo, 44 anni di Mesagne; Francesco Gravina, detto Chicco Pizzaleo, 53 anni di Mesagne; Francesco Gravina, detto Gabibbo, 33 anni di Mesagne; Benito Leo, 43 anni di Brindisi; Gaetano Leo, 47 anni di Francavilla Fontana. Quindi Cosimo Leto, detto Mimino lu Luengu, 59 anni di Brindisi; Franco Locorotondo, 38 anni di Mesagne;

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Alessandro Monteforte, 38 anni di San Pietro Vernotico; Cosimo Nigro, 41 anni di Tuturano; Andrea Pagliara, 28 anni di Mesagne; Massimo Pasimeni, detto Piccolo Dente, 44 anni di Mesagne; Elia Pati, 37 anni di Tuturano; Raffaele Renna, detto Puffo, 33 anni di San Pietro Vernotico; Antonio Vitale, detto Marocchino, 44 anni di Mesagne. Di questi in 7 sono stati condannati in primo grado con rito abbreviato: 6 anni per Angelo Buccarella, 34enne figlio del capo storico Salvatore, arrestato col padre qualche settimana fa nell’ambito di un’inchiesta sulle estorsioni chieste agli imprenditori del fotovoltaico per foraggiare i nuovi esponenti Scu. Sei anni anche per Francesco Gravina, mesagnese di 33 anni. E poi 3 anni e 4 mesi per Lucio Annis, 42enne, il referente del sodalizio nella zona di San Pietro Vernotico, Antonio Centonze, brindisino 44enne, e Cosimo Leto, 59 enne. Pena di 2 anni e 8 mesi per Raffaele Gravina, 44 anni mesagnese, e per Benito Leo, 43enne di Brindisi.

Roberta Grassi "Assicurati col racket". Arrestato: aveva già incassato 350mila euro 16 ottobre 2012 - “Assicurazione sulla vita per voi e la vostra famiglia durante questi anni avete fatto tanta fortuna economicamente e noi vi ammiriamo per questo perché siete una persona seria e intelligente perciò avete bisogno di noi. Quindi vi chiediamo di aderire alla nostra assicurazione che assicura solo persone in gamba e con un piccolo versamento assicuriamo la tranquillità della vostra famiglia moglie figli. Entro 24 ore fate il versamento contrariamente sarete responsabili di ciò che accade a voi e alla vostra famiglia mi

raccomando a non sbagliare strada lo dico per voi”. Quattro destinatari diversi per lo stesso messaggio intimidatorio che però non ha intimorito per niente le vittime. È così che grazie alla denuncia di quattro commercianti francavillesi alle prime luci dell’alba di oggi i carabinieri della compagnia di Francavilla Fontana al comando del capitano Giuseppe Prudente, insieme agli uomini del Nucleo operativo e radiomobile guidati dal tenente Simone Clemente, hanno potuto arrestare il 24enne di Francavilla, vecchia conoscenza delle forze dell’ordine, Alfonso Leo. È accusato di estorsione pluriaggravata, consumata e tentata, continuata in concorso con ignoti. Avrebbe estorto denaro per un totale di 350mila euro. L’ordinanza, che ha chiuso l’indagine denominata “Il postino” è stata emessa dal giudice per le indagini preliminari Maurizio Saso, su richiesta del pubblico ministero Raffaele Casto. Il 24enne è stato rinchiuso nel carcere di Brindisi in attesa dell’interrogatorio di garanzia che avverrà nei prossimi giorni alla presenza del suo legale di fiducia Ladislao Massari. Sul capo di Alfonso Leo pendono numerosi precedenti penali: nel 2011 fu arrestato insieme ad altri complici perché trovato in possesso di oltre un chilo di sostanza stupefacente, è destinatario del provvedimento di Daspo, non poteva partecipare a manifestazioni sportive per essersi reso responsabile di atti di violenza, era stato ritrasferito in carcere perché sorpreso a chattare con un detenuto mentre era sottoposto agli arresti domiciliari. Alfonso Leo, inoltre, è il figlio di Gaetano Leo, uno degli esponenti a Francavilla Fontana della Scu, mesagnese per associazione per delinquere di tipo mafioso. La indagini che hanno portato all’arresto di Leo sono state avviate il 16 aprile del 2010 quando un venditore di capi d’abbigliamento

di Francavilla Fontana, si presentò in caserma per denunciare di aver ricevuto una lettera minacciosa e a sfondo estorsivo, accompagnata da due cartucce di fucile calibro 12. Nello stesso giorno un altro commerciante (sempre di capi di abbigliamento) sporse la stessa denuncia: l’uomo riferì di aver trovato a terra, davanti al portone del garage adiacente la propria abitazione, una busta da lettera di colore giallo, chiusa con nastro isolante nero e intestata a lui. La busta conteneva due cartucce di fucile da caccia calibro 12 di colore arancione e la lettera di cui sopra. Qualche giorno dopo, e precisamente il 21 aprile del 2010 un imprenditore di arredamenti denunciò in caserma che il padre aveva trovato davanti al cancello della sua abitazione di campagna, per terra (dopo essere stata, probabilmente, attaccata, con nastro adesivo al cancello), una busta da lettera di colore giallo con su scritto, a macchina, il cognome del destinario e poi chiusa con nastro isolante di colore nero. Anche questa conteneva due cartucce per fucile da caccia calibro 12 accompagnate dalla solita missiva. Il giorno dopo un altro imprenditore francavillese si presentò in caserma per denunciare che una settimana prima aveva anche egli rinvenuto la stessa busta da lettera di colore giallo chiusa con nastro isolante di colore nero e contenente due cartucce per fucile da caccia calibro 12 di colore azzurro accompagnate da una lettera. Il testo era lo stesso per tutte e quattro le missive, gli importi variavano di volta in volta da un minimo di 20mila euro a un massimo di 200mila. Dopo circa due mesi dall’inizio delle indagini, e precisamente il 18 giugno del 2010, il figlio di uno dei denuncianti fu destinatario di un attentato intimidatorio: la saracinesca della sua attività fu raggiunta da cinque colpi di arma da fuoco. Le indagini permisero di accertare che uno dei responsabili

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di questo atto intimidatorio era proprio Alfonso Leo. Attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali i carabinieri di Francavilla Fontana sono riusciti anche a dimostrare che il responsabile delle estorsioni ai danni dei quattro commercianti che avevano sporto denuncia era sempre Leo. Sarebbe stato egli stesso a vantarsi delle lettere minacciose nei confronti dei commercianti, durante una conversazione telefonica. I militari hanno appurato che il 24enne, con l’aiuto di altri complici che però non sono ancora stati identificati, ha estorto oltre 350mila euro in denaro contante. “L’operazione denominata convenzionalmente “il postino” pone un freno tangibile al fenomeno del racket con la speranza che gli ignoti commercianti francavillesi che hanno preferito non denunciare analoghi episodi estorsivi prendano coraggio e si affidino alle istituzioni preposte – sottolinea il capitano Prudente – resta il dubbio, infatti, sul ‘numero oscuro’ cioè su tutte quelle estorsioni cagionate e non denunciate. Non si esclude che oltre ai pochi denuncianti vi siano molti che hanno deciso di sottostare al racket, infatti lo stesso Leo in alcune conversazioni intercettate riferisce “la mettevamo (la busta contenente la richiesta estorsiva, ndr)) da tutte parti”.

di Paola Bari Francavilla, esplode una bomba vicino alla caserma dei vigili del fuoco 8 Ottobre 2012 - Forte esplosione questa notte a Francavilla in via Cotogno, vicino al civico 3, a pochi metri dalla caserma del distaccamento dei Vigili del fuoco. Il boato che ha svegliato i residenti e non solo, attorno alle 2.15. Nessun dubbio sul fatto che si tratti di un episodio intimidatorio.

Nella palazzina di edilizia popolare del civico 3 abita infatti Cosimo Canovari, già noto alle forze del’ordine e fratello di Nicola Canovari, salvatosi miracolosamente nell’attentato in cui perse la vita il giovanissimo Francesco Ligorio. L’esplosione ha fortunatamente provocato solo danni a cose: quattro automobili distrutte, diversi vetri infranti alle abitazioni vicine. Attentato nel Brindisino un ordigno esplode davanti a palazzina 8 Ottobre 2012 - Un ordigno rudimentale di medio potenziale è stato fatto esplodere la scorsa notte alla periferia di Francavilla Fontana dinanzi a una palazzina in cui abitano alcune famiglie oltre a un detenuto ai domiciliari con moglie e figli che sembrerebbe essere – secondo gli investigatori – l'obiettivo degli attentatori. Non ci sono feriti. Tre automobili sono state gravemente danneggiate dall’esplosione della bomba di fabbricazione artigianale, fatta con circa un chilo di polvere nera e numerosi bulloni, secondo quanto è stato accertato dagli artificieri dei carabinieri. La deflagrazione è avvenuta attorno alle 3: lievi i danni all’edificio. Gli investigatori, giunti dopo aver sentito il boato, sul luogo che dista poche centinaia di metri dalla caserma dell’Arma, non escludono che il messaggio intimidatorio fosse rivolto proprio a Cosimo Canovari, di 44 anni, agli arresti domiciliari per armi e droga. Sempre in quella zona, infatti, poco più di una settimana fa era stata data alle fiamme la Bmw di proprietà dell’uomo, episodio che, quindi, potrebbe essere collegato agli ultimi fatti.

Racket under 18: “Voleva 50mila euro” 7 ottobre 2012 - “Ora ti sei ingrandito, hai comprato terreni e ville, se fino a mò hai campato senza problemi ora per avere la tranquillità devi contribuire”. C’era scritto pressappoco questo nel messaggio cartaceo recapitato via posta qualche giorno fa a un imprenditore agricolo di Oria, ex libero professionista. Un secondo biglietto, sempre imbucato nella cassetta della posta, poi, ha spiegato che l’uomo nell’ora e nel giorno convenuto (nel pomeriggio di sabato 6 ottobre) doveva sborsare cinquantamila euro. Il tutto contornato da ulteriori minacce “Se non paghi ce la prenderemo con le tue ville e i tuoi terreni”. L’imprenditore, però, non si è fatto per nulla intimorire e senza pensarci due volte si è recato presso la stazione dei carabinieri per denunciare l’accaduto. È così che un 17enne di Oria è finito in manette per tentata estorsione, è stato associato nel carcere minorile di Monteroni, nel Leccese. Fortunatamente la vittima della tentata estorsione non si è fatta prendere per nulla dal panico. I carabinieri della stazione di Oria al comando del maresciallo Roberto Borrello,insieme ai militari della compagnia di Francavilla guidati dal capitano Giuseppe Prudente, hanno potuto operare senza grossi intoppi. L’autore del messaggio intimidatorio, che al momento – ma si continua ad indagare – pare sia l’unico artefice della tentata estorsione, aveva studiato tutto in ogni dettaglio, ma non l’ha fatta franca. Il secondo messaggio recapitato all’imprenditore oritano indicava che la somma contante di cinquantamila euro doveva essere depositata in un’ex stazione di servizio alla periferia del paese nel pomeriggio di sabato. I carabinieri si sono appostati nella zona prima ancora che l’estorsore si presentasse. Il 17enne è

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arrivato nei pressi della stazione di servizio in disuso un paio di ore prima della consegna del denaro. Munito di cannocchiale si è piazzato in un posto strategico e ha osservato attentamente la zona per lungo tempo. Ha visto attraverso il suo cannocchiale l’imprenditore giungere sul posto e depositare la borsa contente il denaro. Solo dopo mezz’ora, quando si è accertato di essere rimasto completamente solo è andato a prendere il denaro. Non appena si è impossessato della borsa, però, si è ritrovato circondato dai carabinieri. Il minorenne, che alle spalle ha piccoli precedenti di varia natura, dopo le formalità di rito è stato associato presso il centro di prima accoglienza di Monteroni. Le indagini dei carabinieri ora sono tese a stabilire se il ragazzo per mettere a segno la tentata estorsione si è avvalso della collaborazione di qualche complice o se ha agito completamente da solo. Tassi del 462 per cento, botte e minacce: se l'usuraio ha il cognato Scu 1 ottobre 2012 - L’usura e l’estorsione come mezzo per riciclare soldi sporchi e moltiplicarli vertiginosamente, ma anche come occasione per sfruttare la vittima, le sue conoscenze personali, al fine di compiere altre azioni criminose. Come la rapina che i due protagonisti negativi di questa storia avrebbero dovuto compiere nella tarda mattinata di oggi: ma invece di trovarsi con le armi in pugno nell’ufficio postale di San Pancrazio Salentino, sono sistemati entrambi in distinte celle di isolamento del carcere di via Appia a Brindisi. I carabinieri della compagnia di Francavilla Fontana ed il pm Marco D’Agostino, infatti, hanno deciso di uscire allo scoperto dopo un solo mese di

indagini, per evitare eventuali, gravi risvolti, sempre in agguato quando si entra armi in pugno in un luogo affollato di persone. I fermati sono Angelo Librato, di 32 anni, di Mesagne, e Gianfranco Mezzolla, 45 anni, di San Pancrazio Salentino. Al momento, nel corso della imminente udienza di convalida dei decreti di fermo davanti al giudice delle indagini preliminari, dovranno cominciare a difendersi da ipotesi di reato di estorsione ed usura continuate ed aggravate. E non è affatto detto che la persona spremuta per due anni, prima che si decidesse a raccontare tutto ai carabinieri, sia stata l’unica a vivere l’incubo dei prestiti-capestro dei due soggetti . Anzi, i carabinieri pensano l’esatto contrario e le indagini, pur giunte ad una svolta, non sono affatto chiuse. La vittima, appartenente ad una famiglia proprietaria di negozi ed egli stesso impegnato in attività valutarie, era finita nei guai, ma per trovare i soldi necessari alla fine ha dovuto rivolgersi al mercato dei prestiti in nero, che ovviamente esige esclusivamente ratei a tassi usurari. Ben presto i 10mila euro ricevuti dall’imprenditore a novembre 2010, all’inizio del mese di gennaio 2012 era diventati molti, molti di più. I carabinieri e il sostituto procuratore che dirige le indagini condotte dal Nucleo operativo radiomobile della compagnia di Francavilla Fontana, come hanno spiegato stamani il capitano Giuseppe Prudente ed il tenente Simone Clemente, hanno avuto modo di stimare un interesse effettivamente applicato del 462 per cento annuo. Ma sino al mese di dicembre 2011, la vittima era riuscita a trovare e a versare solo 65mila euro. Da quel momento in poi le persecuzioni sono aumentate. Librato – effettivamente cognato acquisito di Francesco Campana avendone suo fratello sposato la sorella, è stato a sua volta implicato in una operazione antimafia all’inizio degli anni

Duemila, denominata Omnia, e in vicende di droga – è entrato in gioco anche come violento del gruppo. Nel maggio scorso pilotò una spedizione punitiva nello studio della vittima, facendone allontanare altre persone, e poi sottoponendo l’imprenditore ad un violento pestaggio in cui il malcapitato riportò anche la frattura di due costole. Gli autori dell’aggressione si allontanarono con l’Audi 3 dell’imprenditore, prelevata come parte del pagamento del debito. Ad agosto il fatto che il 28 di quello stesso mese indusse finalmente la vittima a recarsi dai carabinieri. Librato lo affrontò in un bar, e gli mostrò una pistola che teneva infilata nella cintura dei pantaloni, rivelando all’imprenditore la propria vicinanza familiare al Francesco Campana, ex superlatitante e capo di un dei due clan superstiti a Mesagne, quello riconducibile a capi storici Giuseppe Rogoli e Salvatore Buccarella (l’altro era quello legato a Massimo Pasimeni e Antonio Vitale, guidato dall’attuale pentito Ercole Penna e da Daniele Vicientino). Ogni parola di Librato veniva sottolineata dal tintinnio della canna dell’arma battuta sul supporto metallico del tavolino del locale dove i due erano seduti. Le minacce era diventate sempre più gravi e pressanti. La vittima avrebbe dovuto trovare e versare altri 24mila euro in breve tempo, sollecitata da frasi come “ti mangio il cuore”, oppure dalla promessa di ingresso degli usurai nella sua abitazione a bordo di una pala meccanica. L’incubo aveva ormai coinvolto l’intera famiglia dell’imprenditore. Quando i carabinieri ed il pm, in seguito alla denuncia ricevuta il 28 agosto, avviarono le intercettazioni, i pedinamenti e la registrazione video degli incontri, constatarono anche che la vittima ormai doveva ricorrere alla madre per pochi spiccioli. E’ questa attività che ha portato gli investigatori a

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scoprire il progetto della rapina. La vittima era stata costretta ad appoggiare un piano di assalto all’ufficio postale di San Pancrazio Salentino, dove lavora una conoscente dello stesso imprenditore, alla quale l’uomo si era rivolto sempre su pressioni e minacce di Librato e Mezzolla, per ottenere l’apertura di linee di credito e poter così pagare gli usurai. La stessa avrebbe dovuto fare da talpa, mentre Mezzolla era la persona che avrebbe dovuto aprire dall’interno una porta di accesso secondaria e consentire l’ingresso del commando armato. A questo punto, il magistrato ha deciso di procedere con i fermi per evitare il peggio in un ufficio postale che alle 13,30 dell’1 ottobre (ora e data prescelte) sarebbe stato affollato di utenti. La storia non può considerarsi chiusa. Ci sono altre piste da battere, bisogna ricostruire complicità e giro di affari del gruppo, ed i suoi effettivi rapporti con la criminalità organizzata. Quello della tracciabilità dei soldi utilizzati per i prestiti o incamerati dalla banda, invece, rappresenta un grosso problema: il danaro veniva consegnato in contanti. Ma si sta lavorando anche a questo.

di Marcello Orlandini “Se non paghi io ti levo il cuore” 1 ottobre 2012 - “Io ti levo il cuore o Pà, ti sto avvisando, io mi mangio il cuore che hai non me ne fotto più un cazzo di niente”. Per l’assicuratore di Erchie finito in mano agli strozzini era ormai un registro abituale quello usato da coloro che lo hanno perseguitato per più di un anno, sol perché aveva chiesto in un momento di disperazione un prestito di 10mila euro. Sono arrivati addirittura a urlargli al telefono che prima o poi gli avrebbero sfondato la porta di

casa con un caterpillar. Hanno sbagliato tutto, dimostrandosi usurai neppure troppo scafati, ché hanno ridotto così ai minimi termini la propria vittima da non lasciargli altra scelta che denunciare ogni cosa. Dalle conversazioni e dalle ricostruzioni contenute nel decreto di fermo firmato dal pm Marco D’Agostino e disposto a carico di Gianfranco Mezzolla, 45 anni di San Pancrazio, e Angelo Librato, 32 anni, di Mesagne, accusati di usura ed estorsione, emergono dettagli agghiaccianti. “Vi piacciono le discoteche a Gallipoli” aveva scritto Angelo Librato, il cognato di Francesco Campana che è inutile specificare chi sia, il 32enne che si faceva vanto delle proprie parentele, per dimostrare all’uomo che taglieggiava la propria capacità d’essere ovunque, di conoscere tutti i suoi spostamenti. Come in una specie di “Grande fratello” ad personam. Tutto è iniziato nel 2010 con un prestito di 10mila euro richiesto dall’imprenditore erchiolano. Quell’importo è letteralmente lievitato fino a quotare 65mila euro nel gennaio 2012, poco più di un anno dopo. Gli è stato applicato un tasso del 462 per cento e sono poi state chieste anche somme aggiuntive per 24 mila euro. Gli incontri avvenivano sempre lungo la complanare per San Pancrazio Salentino, comune nel cui ufficio postale lavora una amica dell’uomo taglieggiato, anche lei finita nel mirino: cercavano di convincerla ad approfittare della propria mansione per ottenere del denaro, a copertura – dicevano – dei debiti dell’altro. Stavano per coinvolgerla in una violenta rapina che doveva andare in scena oggi, alle 13.30. “Se venerdì non mi dai qualcosa te ne puoi andare da Erchie, te ne puoi andare proprio, non ti voglio vedere più” diceva Librato appena venti giorni fa. “In che senso devo andare via?” ha chiesto a quel punto l’imprenditore. “Che te ne devi andare proprio, te ne devi

andare”. Era stato un continuo di telefonate, messaggi, intimidazioni. Frasi inquietanti, sentenze che solo a pronunciarle fanno rabbrividire. Il povero “debitore” cercava scappatoie, chiedeva aiuto, tempo, indulgenza. I due, forti della propria posizione, convinti che il fatto d’aver citato la Scu avesse eliminato anche la minima possibilità di finire nei guai, continuavano a chiedere, a insistere. Per tutto il 2011, emerge dall’attività tecnica (intercettazioni telefoniche e ambientali) a supporto delle indagini, la vittima era stata costretta a versare una somma mensile di 5mila euro. Per riuscire a farlo aveva dovuto metterci in mezzo anche il suo mestiere, fino a rischiare il mandato che la compagnia assicurativa gli aveva conferito per lavorare a Erchie, nella sua città. A novembre 2010 la richiesta di prestito, dunque. Il 19 gennaio erano diventati 14mila. Poi, da allora in poi, gli interessi sarebbero passati dal 20 per cento al 50 per cento. Questo perché Mezzolla aveva dei referenti cui dare conto e non lavorava in proprio. Tanto affermava e su questo resta ancora da compiere accertamenti: l’inchiesta è al momento affidata alla procura di Brindisi ma non è escluso che possa passare alla Direzione distrettuale antimafia di Lecce. L’attività investigativa è stata condotta dai carabinieri della compagnia di Francavilla, al comando del capitano Giuseppe Prudente e del tenente Simone Clemente. Insomma, alla fine la vittima non è più riuscita a pagare. Sono iniziate le estorsioni. Il 21 agosto gli fu mostrata una pistola, fatta tintinnare sulle gambe in ferro di un tavolo. Poi le botte con una mazza e un tira pugni: “Mi hai preso per il culo, devi pagare”. In buona sostanza l’imprenditore, prima di decidere di denunciare tutto ai carabinieri, aveva dato agli usurai denaro a sufficienza per ripagare il debito e anche il

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fastidio. Non lo lasciavano in pace e non lo avrebbero fatto. Perché l’usura è un circolo vizioso che non si interrompe mai. Librato e Mezzolla avevano preparato una rapina alle Poste di San Pancrazio. Segno che erano ben lontani dall’accontentarsi dei contanti già incassati. Non sarebbero stati forse mai paghi, mentre l’erchiolano era sprofondato nel baratro, aveva perso gli amici oltre a ritrovarsi in un mare di guai economici. E’ bastato denunciare per interrompere quel giro vorticoso al terrore che stava per fagocitarlo. Gli strozzini sono stati sottoposti a fermo, provvedimento giustificato stavolta non dal pericolo di fuga ma dalla certezza, acquisita dai carabinieri proprio mediante l’ascolto delle chiacchierate al telefono, che i due stavano per entrare in azione ad ora di pranzo in un ufficio postale pieno zeppo di gente. Sventato l’assalto. Cessato l’incubo. Almeno un paio di obiettivi centrati in un sol colpo.

di Vito Caccia Prestavano denaro a tassi usurai e minacciavano vittime: due arresti 01/10/2012 - Usura ed estorsione continuata, in concorso e aggravate, sia dal rilevante danno economico, che dall’aver approfittato dello stato di bisogno della vittima e poiché erano in danno di attività imprenditoriale Con queste gravi accuse i militari della Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia Carabinieri di Francavilla Fontana hanno arrestato Gianfranco Mezzolla, 45 anni di San Pancrazio Salentino e Angelo Librato, 32 anni, residente a Mesagne. L'operazione è stata condotta alle prime ore dell’alba di oggi, in esecuzione dei fermi emessi dal Sost. Procuratore della Repubblica di Brindisi dr. Marco d’Agostino. Sia

Mezzolla che Librato sono pregiudicati. In particolare quest'ultimo ha avuto precedenti "pesanti" fra cui associazione per delinquere di stampa mafioso (416 BIS) e associazione per traffico di sostanza stupefacenti. L’operazione di polizia, denominata “LAST CASH”, è il frutto di un’articolata attività di indagine svolta sotto la direzione della Procura della Repubblica di Brindisi, e originata dalla denuncia di un imprenditore di Erchie (Brindisi). Questi a seguito di alcune difficoltà economiche, ha subito, nel tempo, da entrambi i soggetti, numerosi episodi estorsivi causati dall’aver ricevuto denaro a interessi usurari. In particolare i due fermati odierni, in concorso fra loro, avanzando richieste dirette alle vittime nonché spalleggiandosi a vicenda in ciascuno degli ulteriori incontri con esse, agendo in più occasioni distinte, comunque in esecuzione del medesimo disegno criminoso, si facevano dare, in corrispettivo di un iniziale prestito di Euro 10.000 corrisposto nel novembre del 2010, interessi usurari pari alla somma complessiva di Euro 65.000 (alla data del 19.1.2012), corrispondente al tasso di interessi con capitalizzazione composta del 462% su base annua. Altro episodio ricostruito nel corso delle indagini è stata la consegna, ovviamente non spontanea, di una autovettura Audi A3 di proprietà della vittima. Addirittura, negli ultimi tempi, si erano fatti promettere le ulteriori somme di Euro 24.000 complessivi (nello specifico Euro 15.000 per il Librato ed Euro 9.000 per il Mezzolla) arrecando alla vittima un danno patrimoniale complessivo di rilevante gravità, tanto da averlo ridotto ormai in uno stato di profonda prostrazione. Inoltre, sempre a seguito delle indagini condotte, è emerso come sempre in concorso fra loro, agendo allo scopo di assicurarsi il profitto o comunque

il prodotto dell’usura e arrecando alla vittima un danno patrimoniale di rilevante gravità, usavano reiteratamente violenza e minaccia nei confronti delle vittime del reato allo scopo di conseguire l’ingiusto profitto della consegna delle somme poi effettivamente corrisposte e di quelle promesse successivamente. Prima che intervenissero le indagini dei Carabinieri sono stati ricostruiti numerosi episodi di violenza e minaccia: dal maggio 2012 la vittima veniva picchiata selvaggiamente anche avvalendosi di un bastone in legno e di un tira pugni, in una occasione per la violenza delle botte subite, addirittura, subiva la rottura di due costole. In un episodio specifico di agosto di quest’anno, il Librato pur di convincerlo della “bontà” delle minacce, gli mostrava una pistola che occultava nei pantaloni e, dopo aver vantato la propria parentela con il noto pregiudicato della Sacra Corona Unita Campana Francesco, la faceva tintinnare contro i piedi di un tavolo metallico. Addirittura nei primi giorni di settembre la vittima subiva la minaccia di una incursione in casa con una pala meccanica, se non avesse pagato entro il 14 Settembre 2012. Le attività investigative, supportate da attività tecniche, hanno permesso di ricostruire gli episodi estorsivi e gli episodi di usura grazie ad una indagine rapida ed efficacemente svolta: la denuncia risale al 28 agosto scorso e, nel giro di non più di un mese, è stato possibile emettere la misura restrittiva grazie a serrate indagini condotte anche mediante l’ausilio di pedinamenti effettuati nel corso degli incontri, captazioni, riprese audio video e riscontri documentali sugli interessi versati dalla vittima. Episodio allarmante emerso nel corso delle indagini, inoltre, è che allo scopo di recuperare il “credito”, che ormai aveva raggiunto cifre astronomiche che difficilmente la vittima avrebbe potuto coprire, il Librato,

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dopo aver coinvolto una conoscente della vittima al fine di farle aprire prestiti a copertura delle sue esose richieste economiche, sfruttando il fatto che la stessa era impiegata nell’ufficio postale di San Pancrazio Salentino, stavano pianificando una rapina che si sarebbe dovuta effettuare proprio in questi giorni. Questo, qualora anche la donna non avesse prestato la propria collaborazione, avrebbe determinato un grave rischio all’incolumità pubblica dato che la rapina era stata pianificata per la data di oggi, quando vi sarebbe stata alta liquidità in previsione del pagamento delle pensioni. Addirittura, dopo aver ipotizzato un ruolo di “spia” della donna, il Librato stava valutando di segare le inferriate delle finestre per accedervi “di sorpresa” o di penetrarvi da una porta che un complice, non identificato, verosimilmente con la partecipazione attiva del Mezzolla avrebbe dovuto aprire dall’interno. Erano seguiti serrati sopralluoghi che ha consentito alla P.G. operante e alla Autorità Giudiziaria che il pactum sceleris andava sicuramente arrestato, dato che appariva necessario impedire la commissione di altri reati da parte degli indagati, i quali hanno dimostrato estrema pericolosità e violenza. I due fermati, raggiunti nelle rispettive abitazioni, sono stati tradotti nella casa circondariale di Brindisi a disposizione della Autorità Giudiziaria e in attesa dell’interrogatorio di garanzia. Per le vittime sono state già avviate le pratiche relative all’accesso al Fondo Vittime di Usura con la preziosa collaborazione della Associazione Antiracket di Francavilla Fontana. Non si esclude la possibilità che vi siano altre vittime degli stessi usurai, tutti imprenditori e commercianti della provincia di Brindisi.

Così le donne amministravano il clan 20 settembre 2012 - Le due donne del clan hanno negato. Davanti al gip che le ha interrogate in carcere hanno parlato di crediti rivendicati, di rapporti di parentela, hanno giustificato quelle conversazioni contenute nell’ordinanza di custodia cautelare come chiacchiere fatte per affari e per affari – a loro dire – non si intende nulla di illecito, non estorsioni agli imprenditori del fotovoltaico per foraggiare i detenuti, le famiglie, gli associati alla Sacra corona unita. Vincenza Trenta, 57 anni, compagna di Giovanni Buccarella, 85 anni, e Antonia Caliandro, 56 anni, la moglie di Salvatore Buccarella, 53 anni, non si sono avvalse della facoltà di non rispondere stamani in carcere e hanno risposto alle domande del giudice per le indagini preliminari Alcide Maritati. Hanno motivato, accanto agli avvocati Giuseppe Lanzalone e Domenico Valletta, ogni minimo spostamento finito nel fascicolo d’inchiesta del pm Alberto Santacatterina prima e nel provvedimento restrittivo del Tribunale, dopo. Nessuna associazione per delinquere di stampo mafioso, a sentire la loro versione. Lo stesso vale per Elia Pati, brindisino di 37 anni, per Gabriele Giannone, difesi da Daniela D’Amuri, 38 anni, per Cosimo Nigro, detto Mino, 39 anni, assistito da Gianvito Lillo. Si è avvalso della facoltà di non rispondere Angelo Buccarella, 34 anni, il figlio di Salvatore Buccarella, che si è affidato alla difesa di Ladislao Massari. Domani mattina riprenderanno gli interrogatori di garanzia e dopo i detenuti (esclusi coloro che erano già reclusi fuori regione, come Salvatore Buccarella, che saranno invece sentiti per rogatoria) toccherà a Giovanni Buccarella, detto “Nino Balla”, l’anziano di famiglia che secondo l’accusa era attivo nella gestione del sistema di

approvvigionamento del danaro attraverso le estorsioni. Il “capostipite” è ai domiciliari, nella masseria di Tuturano in cui, stando alle dichiarazioni del pentito Ercole Penna venivano organizzati i summit della malavita, perché le sue condizioni di salute sono già state giudicate mesi addietro incompatibili con il regime carcerario. Il ruolo delle due donne arrestate è di primissimo piano. Ed è forse questa una delle peculiarità della Sacra corona unita in versione moderna. Le donne parlano di soldi, gestiscono gli affari come delle manager d’azienda in tailleur. La loro è però l’azienda di famiglia con “sede legale” in masseria. Sono perfettamente in grado di recepire gli ordini e di darne esecuzione, ma sanno pure prendere l’iniziativa. Nella sala colloqui di un penitenziario deve bastare uno sguardo. Una mezza parola. Stando alle risultanze dell’inchiesta Antonia Caliandro, detta “Netta” è colei che riceve le disposizioni dal marito, Salvatore Buccarella, che è recluso nel carcere di Secondigliano. E’ lei la persona di riferimento, a lei dà conto Cosimo Giardino Fai, uno degli affiliati che va a reperire i soldi sul campo, della raccolta del denaro e della ripartizione. “Mo ho preso questi mille euro” dice. E poi “ne ho dati duecento a quello” e trecento a quell’altro. Lo stesso vale per Vincenza Trenta, accusata in concorso con Giovanni Buccarella di aver posizionato una bottiglia incendiaria su una pala meccanica della ditta “New Edil” per intimidire i titolari e convincerli a farsi “proteggere” dai danneggiamenti e dai furti dagli “amici”. Ciò sarebbe accaduto a Tuturano il 7 marzo 2010. Secondo il gip la donna è “inserita a pieno titolo nell’associazione, tanto da interloquire sulle strategie e sulla distribuzione dei profitti”. E proprio lei a dire a Cosimo Giardino Fai “non ci prendere per il culo, sono sampietrani”, riferendosi alla provenienza

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di aziende che si erano messe a realizzare impianti per la produzione di energia in quella zona in cui andava in qualche modo pagato il pedaggio, il “pensierino” da dare ai detenuti. Se Antonia Caliandro va puntualmente a trovare il marito e riporta poi in terra patria le direttive, Vincenza Trenta accompagna il suo uomo nei sopralluoghi compiuti nelle campagne e “partecipa non solo ai singoli episodi estorsivi ma a tutta la vita della associazioni. Fa da mediatrice, come solo le donne sanno fare, per evitare contrasti. Si occupa personalmente della spartizione degli importi incassati con metodo mafioso. E’ un personaggio di rilievo” secondo il gip. Anche questo va interpretato come un pericolosissimo segnale di evoluzione della Sacra corona unita che rinasce dalle sue ceneri, lo ritiene anche il procuratore della Dda di Lecce, Cataldo Motta che si è detto scettico rispetto alla possibilità di sconfiggere mai definitivamente la malavita organizzata. Le signore non stanno ai fornelli e basta. Non sono più semplicemente madri e massaie, ma occupano posizioni di vertice, posizioni riconosciute dagli altri, tutti uomini. Sono le “sostitute” dei mariti, se costoro si trovano in cella. Pensano, insomma. Decidono. Se la Sacra corona unita fosse una multinazionale a loro spetterebbe l’incarico di amministratore delegato. L’italiano delle loro conversazioni è stentato, infarcito di espressioni dialettali. Ma la gestione del territorio è equilibrata, all’insegna della pax predicata da Francesco Campana proprio nel corso di un summit alla presenza di Piccolo dente (Massimo Pasimeni da Mesagne) e di Ercole Penna che ha poi vuotato il sacco. Lo scopo del gioco è far soldi per distribuirli per generare consenso, gratitudine e quindi completa sottomissione. La regola numero uno è non

fare rumore. Niente fucili, non si spara più, se non di rado. E nell’amministrazione del denaro le donne sono perfette.

di Vito Caccia Scu e fotovoltaico, gli arrestati 19 settembre 2012 - “I Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Brindisi, alle prime luci dell’alba, hanno dato esecuzione, in questa provincia nonché in quelle di Napoli, Benevento, Lecce, Potenza, Vibo Valentia e Pavia (queste ultime interessate per i 7 destinatari della misura già detenuti), a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip di Lecce su richiesta della locale Dda., nei confronti di 16 indagati (di cui 9 liberi, tra essi 2 donne), tutti affiliati o fiancheggiatori del clan della Sacra Corona Unita “Buccarella”, operante in questa provincia e in quella di Lecce, responsabili, a vario titolo, di associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione, danneggiamento e furto, reati aggravati dal metodo mafioso. L’operazione, convenzionalmente denominata “Helios”, scaturisce da indagine d’iniziativa del dipendente Nucleo Investigativo, condotta da dicembre 2009 a giugno 2010, svolta con attività tecniche e suffragata dalle dichiarazioni di 5 collaboratori di giustizia, che ha consentito di accertare l’esistenza di un vasto fenomeno d’estorsione riconducibile al clan “Buccarella” a danno di 7 imprenditori locali e di uno messinese impegnati nei lavori della realizzazione di impianti eolici o fotovoltaici nei comuni di Brindisi, S. Pietro Vernotico, Cellino S. Marco e Torchiarolo. L’attività criminale era finalizzata a recuperare denaro per il mantenimento dei sodali in libertà e delle famiglie dei detenuti nonché a garantire il pagamento degli avvocati. Lo sviluppo di impianti di c.d. energie rinnovabili

ha da subito interessato la criminalità organizzata locale che ha individuato, nel business dell’energia pulita, una fonte di facili guadagni. Le indagini hanno preso il via a seguito dell’arresto in flagranza di 2 estortori, avvenuto il 1° giugno 2010, quando Fai Giardino Cosimo su disposizione di Buccarella Giovanni, fu sorpreso nel tentativo di incassare circa 18.000 euro, quale prima rata di una richiesta estorsiva, ai danni della ditta Eds. Fai, per l’episodio era stato condannato con rito abbreviato alla pena di anni otto e mesi sei di reclusione, mentre Buccarella Giovanni alla pena di anni otto di reclusione ed euro 200 di multa. L’attività ha delineato il complesso dell’organizzazione e le sue dinamiche interne, nonché la collaborazione criminale con il clan della Scu, detto dei “Mesagnesi”, anch’esso operante in questa provincia; addebitato ai vertici detenuti del clan “Buccarella” la perdurante direzione del sodalizio e delle connesse attività criminali; fatto emergere la contiguità, al di fuori dell’ipotesi di concorso, di più imprese della provincia fornitrici di materiali da costruzione o servizi, che, avvantaggiatesi delle attività criminali del clan, assumevano, poi, la posizione di “debitrici di favori”. Accertate ben 10 estorsioni, tentate o consumate, nei confronti dei citati imprenditori, mediante la richiesta di pagamento di varie somme di denaro per continuare i lavori, l’assunzione di maestranze o custodi, ovvero l’acquisto di materiali o la fornitura d’opera da ditte imposte. Le ordinanze sono state eseguite nei confronti di: 1. BUCCARELLA Giovanni, detto Nino Balla, nato a Brindisi il 27.09.1927, ivi residente c.da Specchia s.n. (arresti domiciliari);

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2. BUCCARELLA Salvatore, detto Toto Balla, nato a Brindisi il 04.06.1959, in atto detenuto presso la Casa Circondariale di Secondigliano; 3. CAMPANA Francesco, nato a Mesagne (BR) 14/01/1973, in atto detenuto; 4. FAI Giardino Cosimo, detto Mimino, nato a Brindisi frazione di Tuturano il 26.05.1960, ivi residente via Rossini 31, in atto detenuto; 5. BAGORDO Claudio, nato a San Pietro Vernotico il 10.12.1972, residente in Cellino San Marco via Campi nr. 1, in atto detenuto; 6. BUCCARELLA Angelo, nato a Mesagne il 13.10.1978, residente in Brindisi frazione di Tuturano via Specchia 92, in atto detenuto; 7. CALIANDRO Antonia, nata a Latiano il 20.11.1956, residente in Brindisi frazione di Tuturano strada Specchia 92; 8. D’AGNANO Domenico, nato a Carovigno il 30.10.1968, residente in San Pietro Vernotico via Mascagni nr. 49, in atto detenuto; 9. DEMITRI Angelo, nato a S.Pietro Vernotico il 18.10.1974, ivi residente in via Campania nr. 20; 10. GIANNONE Gabriele, nato a Brindisi il 13.01.1974, residente in Brindisi nella frazione di Tuturano Strada Colemi nr.25; 11. NIGRO Cosimo, detto Mino, nato a Brindisi il 01.07.1971, ivi residente nella frazione di Tuturano via Pianoforte nr. 1; 12. PATI Elia, detto Elio, nato a Mesagne il 19.10.1975, residente in Brindisi via Giuseppe Pelizza da Volpedo 15;

13. RENNA Raffaele, detto u Puffo, nato Mesagne il 20.03.1979, residente in San Pietro Vernotico via Carlo Alberto nr. 13; 14. STABILE Antonio, nato a Mesagne il 11.09.1975, residente in San Pietro Vernotico via Piero della Francesca nr. 31 15. TALO’ Cosimo, nato a San Pietro Vernotico il 23.10.1971, residente in Cellino San Marcoi via P.Micca 52; 16. TRENTA Vincenza, nata a Brindisi il 06.05.1955, residente in San Pietro Vernotico via Sant’Antonio 112.” Le indagini si basano anche sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Simone Caforio, Ercole Penna, Davide Tafuri, Giuseppe Passaseo, e Fabio Fornaro. L'ultimo latitante Scu del Brindisino dormiva con la moto nel corridoio. 12 settembre 2012 - Era nascosto in una casa in campagna a Carosino, Comune del Tarantino al confine con Francavilla Fontana, si muoveva solo in moto, una Suzuki “Gsx 1000”, con un casco integrale e non usava il telefono cellulare. Per gli uomini della Squadra mobile della questura di Brindisi non è stato facile arrestare, all’alba di oggi, il boss mesagnese della Scu, Oronzo De Nitto, detto Ronzino, 38 anni, braccio destro del boss Francesco Campana catturato il 23 aprile del 2011. Erano sulle sue tracce da ben 21 mesi, da quando cioè, fu conclusa l’operazione Last Minute (28 dicembre 2010) che, in seguito alle dichiarazioni del pentito Ercole Penna alias “Linu lu biondu”, portò all’esecuzione di 28 ordinanze di custodia cautelare in carcere, 18 nei confronti di soggetti già detenuti. De Nitto è ritenuto l’attuale referente per la provincia di Brindisi del clan

Campana. Era destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare per associazione per delinquere di stampo mafioso. Francesco Campana, 38 anni è stato arrestato nell’aprile del 2011. Poi, nel giugno successivo, è stata la volta del fratello Antonio, accusato di omicidio. All’appello mancava solo Ronzino De Nitto. “Nell’area del Brindisino non abbiamo più latitanti” ha affermato, questa mattina, con una punta di orgoglio il questore Alfonso Terribile, durante la conferenza stampa di presentazione delle fasi che hanno portato all’arresto di De Nitto. All’incontro con i giornalisti erano presenti i vicequestore Francesco Barnaba e Alberto Somma (capo della Mobile), il pm della procura di Brindisi applicato alla Direzione distrettuale antimafia di Lecce, Alberto Santacatterina, e il pm Antonio De Donno della Dda di Lecce. L’individuazione del posto dove si nascondeva il braccio destro di Francesco Campana è stata resa possibile grazie a un lavoro di collaborazione “lungo e faticoso” tra gli agenti della squadra mobile e i pm della Direzione distrettuale antimafia di Lecce. Dall’operazione Last Minute, in cui De Nitto si rese latitante, ad oggi gli inquirenti non si sono mai fermati. Una vera e propria “caccia all’uomo”. “Più un soggetto resta latitante più acquisisce peso e prestigio ed è più difficile rintracciarlo – ha precisato il pm Alberto Santacatterina – durante la latitanza aumentano i proventi derivanti dall’attività illecita e aumenta la possibilità di non essere scoperto. Non è stato facile individuare la villetta dove si nascondeva De Nitto”. Nell’abitazione c’era anche una coppia di coniugi originaria di Francavilla Fontana, che è stata poi denunciata per favoreggiamento personale. L’immobile dove si nascondeva De Nitto era fatiscente, arredato con pochi mobili, circondato da animali. La moto, il ricercato della Scu, la

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teneva nascosta nel corridoio di casa. Da quando gli agenti della squadra mobile sono sulle sue tracce la due ruote non è mai stata vista nel cortile della villetta. Questa notte il blitz. De Nitto è stato trovato su un materasso: dormiva. I poliziotti gli hanno messo le manette e nella tarda mattinata lo hanno trasferito in carcere. Restano ora da chiarire alcuni punti: da quanto tempo alloggiava in quella masseria al confine con il brindisino, cosa ha fatto negli ultimi 21 mesi, se si è macchiato di qualche reato legato al racket delle estorsioni, a chi era intestata la sua moto, che da un primo controllo sembrerebbe appartenga a un siciliano, che legame aveva con i due coniugi trovati nell’abitazione dove si nascondeva. Inoltre, secondo Penna, De Nitto probabilmente ha avuto a che fare con il francavillese Nicola Canovari, ferito in un agguato l’11 novembre scorso, a Francavilla, in cui rimase ucciso il 18enne Francesco Ligorio, estraneo ai fatti. Una pista sulla quale stanno lavorando anche i carabinieri della compagnia di Francavilla Fontana, che dopo l’Operazione Last Minute sono riusciti a ricostruire la rete di affari del presunto capozona Giancarlo Capobianco. Tutte risposte queste che daranno gli investigatori quando le indagini saranno ultimate. Nella casa è stata sequestrata una carabina ad aria compressa con relativi proiettili.

di Paola Bari Attentato a deposito della Silver Car 12 settembre 2012 - Quattro auto completamente distrutte e altre quattro danneggiate. È questo il bilancio dell’incendio che intorno alle due di questa notte si è sviluppato all’interno di uno dei depositi della Silver Car di Rocco Argentiero di 56 anni, incensurato, sulla Ceglie Messapica-Francavilla Fontata, di fronte all’area di servizio Menga

Petroli. Da quanto hanno accertato i carabinieri della compagnia di San Vito dei Normanni, intervenuti sul posto insieme ai vigili del fuoco, e ai colleghi della locale stazione, le fiamme che hanno distrutto i mezzi del commerciante cegliese di auto usate sono di natura dolosa. La dinamica dell’attentato incendiario è stata ripresa dal sistema di video-sorveglianza di cui è dotato anche questo desposito periferico e in queste ore i fotogrammi sono al vaglio degli investigatori. società pare non sia coperta da assicurazione specifica. Chi ha agito,aveva il preciso scopo di danneggiare Argentiero, il quale dal canto suo si dichiara totalmente all’oscuro dei retrioscena che potrebbe avere la vicenda. Pare abbia dichiarato ai carabinieri di non aver mai ricevuto minacce o richieste estorsive. Gli uomini del capitano Ferruccio Nardacci, il comandante della compagnia di San Vito dei Normanni, si riservano tutte le piste anche se escluderebbero, da una primissima ricostruzione dei fatti, il movente legato al racket delle estorsioni. Le auto distrutte sono tre Mercedes Classe A e B e un fuoristrada Mitsubishi, quelle danneggiate, invece, sono una Fiat Punto e tre veicoli commerciali. Tutti automezzi usati. Erano parcheggiati nel piazzale che si affaccia sulla strada provinciale. I piromani, quindi, hanno solo scavalcato l’inferriata. Non sono stati trovati segni di effrazione ai cancelli di ingresso. La segnalazione di intervento alla sala operativa dei vigili del fuoco è giunta intorno alle due e mezzo della notte scorsa. Sul posto si sono portate tre squadre, una proveniente dal Comando provinciale di Brindisi, le altre due dalle sedi distaccate di Francavilla Fontana e Ostuni. I pompieri hanno dovuto lavorare di idranti per diverse ore prima di dichiarare l’area interessata dall’incendio fuori pericolo. I danni arrecati sono in corso di quantificazione. La concessionaria

Silver Car è gestita anche dai due figli di Argentiero, Donato e Italo, che insieme al padre, da anni organizzano la gara automobilistica “Gimkana Car”, giunta quest’anno alla sua XXV edizione, che si è tenuta a Ceglie il 2 settembre e a cui partecipano numerosi piloti locali. Il vincitore quest’anno è stato il figlio dell’imprenditore, Donato Argentiero. La manifestazione è seguita da tutta la comunità cegliese e rappresenta, ormai, un evento atteso. L’imprenditore preso di mira dai piromani è molto conosciuto in paese, sulla pagina Facebook che racconta le fasi dell’ultima gara automobilistica viene descritto come “Il gigante buono”.

di Paola Bari Brucia l’auto di un idraulico 12 settembre 2012 - Gli incendi auto non si fermano. La notte scorsa è stata distrutta dalle fiamme una Toyota Yaris di proprietà di un idraulico che vive al quartiere Sant’Elia. La vettura era parcheggiata nel cortile del condominio dove vive l’uomo, all’angolo tra via Leonardo da Vinci e via Ciardi. Sul posto a spegnere le fiamme si sono portati i vigili del fuoco e poi una pattuglia della sezione Volanti della Questura di Brindisi per il sopralluogo di rito. I pompieri non hanno trovato chiari segni riconducibili al dolo. La vettura, però, che viene utilizzata anche dalla moglie dell’uomo, era stata parcheggiata intorno alle 20,30 di ieri sera e le fiamme si sono generate quattro ore dopo. Quando il motore era ormai freddo. Non sono state trovate tracce di liquido infiammabile o segni di effrazione ai finestrini. Il proprietario della Yaris è stato ascoltato dai poliziotti e avrebbe dichiarato di non essere mai stato avvicinato da malviventi e di non avere avuto, di recente, screzi con

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qualcuno. Mistero anche per questo ennesimo incendio che distrugge auto di privati cittadini. Spari alla macelleria Bisanti e rissa a casa 08 Settembre 2012 - Sparano quattro colpi di pistola alla macelleria in piazza Sapri e qualche minuto dopo (o prima) le forze dell’ordine portano via il fratello del titolare per una lite con la vicina di casa. Pochi metri di distanza tra la casa di Francesco Bisanti, 27 anni, e l’esercizio che fa capo al fratello Antonio, 31 anni. Quattro i colpi sparati da un uomo con il volto coperto da un casco integrale, testimoniati da due fori sulla saracinesca della macelleria di via Verona e altrettanti bossoli a terra. Nessun ferito, ma nemmeno testimoni.

di Marialuisa Giuliano L'autopsia: Presta martoriato di colpi. Si indaga anche su due attentati 07 settembre 2012 - Si è conclusa poche ore fa l’autopsia sul corpo di Antonio Presta, il 29enne di San Donaci ammazzato a colpi di arma da fuoco nella tarda serata di mercoledì scorso nei pressi di un circolo ricreativo in via Tobagi a San Donaci. Dall’esame autoptico, eseguito dal medico legale Antonio Carusi, non sarebbero emersi grandi elementi di novità rispetto alla ricostruzione della dinamica fatta dagli investigatori subito dopo il delitto. Sarebbero nove in tutto i colpi esplosi, tre con un fucile caricato a pallini e sei con un revolver calibro 38. Dopo gli spari i killer, presumibilmente tre, avrebbero anche infierito picchiando con il calcio del fucile la vittima, figlio di un ex

collaboratore di giustizia, Gianfranco, che da anni vive in Emilia Romagna. La salma del 29enne nella mattinata domani sarà trasferita nell’abitazione della sorella a Cellino San Marco dove vi resterà fino alle 16,30 di domenica prossima quando saranno celebrati i funerali presso la chiesa di San Marco e Santa Caterina. Le indagini intanto proseguono e sono affidate ai carabinieri del reparto operativo di Brindisi. Dal punto di vista tecnico si stanno analizzando le tracce rimaste nell’abitacolo dell’auto utilizzata dai sicari, una Lancia Delta nuovo modello di colore bianco e le impronte sulle armi, una delle quali è stata ritrovata in pezzi, entrambe abbandonate sul luogo del delitto. L’attività investigativa procede, invece, prendendo in esame gli ultimi fatti di cronaca avvenuti in zona, tra cui emergono, a partire dalla notte di Capodanno, anche un paio di attentati messi a segno proprio a San Donaci. L’uccisione di Presta viene considerata dagli investigatori una esecuzione di chiara tipologia mafiosa. Nella notte immediatamente successiva all’omicidio sono state anche eseguite due prove stub per accertare l’eventuale presenza di polvere da sparo sugli abiti o sul corpo di altrettante persone che avrebbero potuto avere qualche connessione con la vittima o con la sua famiglia, prove che hanno però dato esito negativo. Proseguono, inoltre, interrogatori e perquisizioni a carico di personaggi ritenuti sospetti. L’assassinio di Antonio Presta ha sconvolto la piccola comunità di San Donaci, di fatti così non se ne vedevano dai lontani anni ‘80. L’associazione di promozione sociale Arci Iabba lancia un appello alla collaborazione da parte di tutte le parti sociali presenti sul territorio. “Occorre combattere il tentativo della costruzione di una “egemonia culturale” criminale che quando non porta violenza e morte, rovina per

sempre giovani vite che si meriterebbero altro destino. Occorre farlo tessendo la tela di una grande alleanza fra associazioni, parrocchie, scuole, classe politica, forze dell’ordine, commercianti e imprenditori, madri, padri e singoli cittadini per offrire un altro orizzonte a chi, in questo territorio, si affaccia alla soglia del mondo”. “Continuare nella costruzione di una comunità responsabile di se stessa, evitare – dice l’Arci locale – che il paese diventi un parco giochi d’estate e un manicomio o una casa di riposo a cielo aperto d’inverno. Fare società, spendere del tempo per guardarsi intorno, combattere tutte le solitudini. Così, noi pensiamo, potremo uscire vivi dagli anni ‘80”, si legge in uno stralcio di una nota inviata agli organi di informazione. Omicidio del figlio del pentito: nessuno parla ma in molti hanno visto. 07 settembre 2012 - Ora in paese la gente ha paura. Quegli spari davanti al club “Le Masse”, dinnanzi ad alcuni frequentatori ha innalzato il livello di tensione. Il cuore della gente sandonacese sembra diventato una giungla. Un esecuzione mafiosa in piena regola. Scene, pur nella tragedia, degne del miglior gangster movie di Hollywood quelle a cui è stata costretta ad assistere ieri sera la clientela del locale circolo privato “Le masse”, scene che sono purtroppo culminate con l'esecuzione di Antonio Presta ventinovenne del luogo e figlio del collaboratore di giustizia Gianfranco Presta. Il proprietario del circolo Antonio Saracino è rimasto completamente sconvolto per ciò che è accaduto. «Non so proprio cosa dire...» sono le uniche parole che riesce a tirare fuori, scuotendo il capo. Comunque, in paese la gente ha paura, c’è preoccupazione,

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per questi killer che girano armati e forse sono ancora a San Donaci. Immediati si rincorrono i commenti: l’assessore all’ambiente Mario Presta, a nome dell’Amministrazione comunale, non intende rilasciare alcuna dichiarazione «in quanto - afferma - non autorizzato». Comunque, nelle vesti di semplice cittadino, sostiene che «a mia memoria, una cosa del genere non era mai accaduta, sono sconvolto. Ricordo le auto incendiate, così come avviene in tutti i paesi del Brindisino, gli attentato incendiari e quanto altro, ma un omicidio così decisamente no». «I Presta - afferma il professionista sandonacese - oramai in paese che io sappia, mancavano da anni. Il Padre Gianfranco lo ricordo solo vagamente, anzi: se lo dovessi rivedere, certamente non lo riconoscerei». Una situazione da codice rosso, che qualcuno già comincia a sollecitare alle istituzioni la composizione dell’Osservatorio sulla legalità, che è previsto vada a regime entro la prima metà del 2013, dedicato all’analisi e al monitoraggio degli atti illeciti collegati alla criminalità organizzata di stampo mafioso, con la finalità di accrescere le conoscenze su tali fenomeni e contribuire alla loro prevenzione, prevede di creare e gestire un portale internet dedicato che verrà alimentato dai Comuni della provincia, dalla Questura e dalla Prefettura di Brindisi, dalla Camera di Commercio, dalle associazioni di categoria e sindacali, nonché dalle associazioni di volontariato, in particolar modo, dopo l’attentato alla ditta Caputo, il vivaista cui arrecarono tantissimi danni. Attualmente il solo comune del brindisino ad istituirlo è stato Mesagne. A S. Pietro è stato sollecitato tantissime volte, ma ancora a tutt’oggi non si muove foglia, nonostante l’ultima auto incendiata è di qualche giorno addietro. L’avv. Mario Presta, precisa che «qualche tempo addietro si era iniziato a parlare della

istituzione del’osservatorio, ma quasi certamente ritorneremo sull’argo mento quanto presto». «La vendetta è un piatto che va consumato freddo - sostiene ancora l’avv. Presta - e quasi certamente sarà stata una vendetta, in quanto il padre era un collaboratore di giustizia. Comunque - afferma il professionista sandonacese - saranno i magistrati che stanno già indagando a portare a galla la verità». Anche un cittadino immigrato a Firenze e da qualche giorno in paese A.F. di anni 63 sostiene che «quel che è accaduto in paese è piuttosto grave, speriamo che non venga soprattutto sottovalutato e sottaciuto, tenuto conto che i problemi esistono e che non possono essere risolti da sé». Intanto, l’associazione antiracket sandonacese, il cui presidente Oreste Caputo, è irreperibile. F.C. 45 enne del luogo ha fatto notare che pur avendo a disposizione a Palazzo comunale una stanza, è chiusa. Da quando è stata consegnata non è stata mai aperta, e chiede: «È così che si vogliono risolvere i problemi della criminalità in paese?».

di Giuseppe De Marco Ricostruita la dinamica dell'agguato a Presta, trovata l'auto dei killer 06 settembre 2012 - Antonio Presta era seduto vicino al circolo ricreativo di via Walter Tobagi in compagnia di alcuni amici, improvvisamente intorno alle 23,15 una Lancia Delta nuovo modello si è avvicinata davanti alla porta del locale, dal sedile posteriore è sceso un uomo incappucciato con in mano un’arma che, dopo aver pronunciato il suo nome, ha iniziato a sparare nella sua direzione. Presta è fuggito imboccando via Tunisi, i suoi aguzzini, presumibilmente in tre, lo hanno inseguito a bordo dell’auto,

dopo averlo raggiunto lo hanno colpito prima alla gamba destra e poi al torace con una pistola calibro 38 di fabbricazione estera e un fucile calibro 12 a pallettoni. Almeno cinque i colpi che hanno raggiunto il 29enne. A fine esecuzione il fucile è stato spaccato in testa al giovane, già agonizzante sull’asfalto. È questa, secondo una prima ricostruzione da parte degli investigatori, la dinamica dell’omicidio del figlio dell’ex esponente della Scu, poi collaboratore di giustizia, il 55enne Gianfranco Presta, al quale era stato revocato il programma di protezione dopo alcune rapine a cavallo tra Romagna e Marche. Le due armi sono state lasciate accanto al corpo senza vita di Presta. L’auto con cui hanno agito i killer è stata trovata poche ore dopo in contrada Uggio nelle campagne tra Mesagne e San Donaci, famosa per la chiesetta dove qualche anno fa avvenivano, a detta di un veggente, apparizioni divine. La Lancia Delta è risultata naturalmente, di provenienza furtiva. Gli uomini del Reparto Investigazioni Scientifiche dei carabinieri hanno cercato impronte e reperti organici ai fini dell’identificazione dei responsabili dell’agguato che, ieri sera, ha stroncato la vita al 29enne Antonio Presta, tornato nel suo paese natale da qualche tempo dopo una lunga assenza. Il corpo del giovane è rimasto al centro di via Tunisi fino a quando gli uomini del Ris non hanno eseguito tutti i rilievi tesi a ricostruire la dinamica dell’omicidio e a rilevare elementi importanti ai fini delle indagini. Sul posto sono state trovate tre cartucce calibro 12. Dalla pistola sarebbero stati invece esplosi almeno sei colpi. Per i rilievi di rito, sul luogo dell’omicidio si sono portati i carabinieri della compagnia di Francavilla Fontana, al comando del capitano Giuseppe Prudente, gli uomini del nucleo operativo di Francavilla guidati dal tenente Simone Clemente e i

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carabinieri del reparto operativo di Brindisi al comando del maggiore Alessandro Colella. Per oltre quattro ore gli investigatori hanno raccolto elementi e testimonianze utili per l’identificazione degli autori dell’agguato omicida. Nella stessa notte sono state eseguite numerose perquisizioni a carico di personaggi ritenuti sospetti, non si esclude che la svolta nelle indagini arrivi nelle prossime ore. I carabinieri hanno anche ascoltato in ospedale Pierangelo Giuffreda, il ragazzo ferito durante la sparatoria. Il 22enne avrebbe dichiarato di non aver visto nulla, tranne che un uomo armato e incappucciato. Le indagini da parte degli uomini dell’Arma sono ancora in corso. Il pubblico ministero di turno, Giuseppe De Nozza, anch’egli ieri sera sul posto dell’omicidio, ha affidato l’incarico per l’autopsia sul corpo di Antonio Presta al medico legale Antonio Carusi, esame fissato per le 14,30 di domani.

di Paola Bari Ucciso davanti a un circolo ricreativo il figlio dell'ex pentito Presta 06 settembre 2012 - Ha tentato di fuggire all’apparizione dei killer, travolgendo tavolini e sedie davanti al circolo ricreativo di via Walter Tobagi a San Donaci, dove era seduto. Ma è stato centrato alla schiena da una fucilata e da vari colpi di pistola. E’ morto così poco prima della mezzanotte Antonio Presta, 29 anni, figlio di un personaggio della vecchia Scu, Gianfranco Presta, 55 anni, che nel 2009 aveva definitivamente perduto il programma di protezione a causa del coinvolgimento in alcune rapine compiute proprio assieme al figlio Antonio in località della Riviera Romagnola. Un’altra persona è rimasta ferita. Antonio

Presta era tornato a San Donaci alcune settimane fa, in agosto. Forse era l’occasione che qualcuno attendeva per saldare il conto al padre. Gianfranco Presta si era appellato alla giustizia amministrativa per evitare la revoca del programma di protezione, ma il Consiglio di Stato nel dicembre del 2009 sentenziò che le misure di protezione “sono onerose per le finanze dello Stato” , ed è “pertanto legittimo e doveroso, che allorché la condotta del soggetto protetto (indipendentemente dal contributo collaborativo fornito, ed addirittura dai pericoli che lo stesso potrebbe correre) si ponga in condizioni di incompatibilità con le medesime”, vanificandole allontanandosi dai luoghi dove viene prestata la tutela senza alcuna comunicazione alla Commissione centrale o alle forze dell’ordine, “dette misure vengano fatte cessare”. Indipendentemente dall’azione penale relativa alla rapina, dunque, l’azione amministrativa fu giudicata fondata. Gianfranco Presta, il padre dell'ucciso Il 29 maggio 2009, tuttavia, il giudizio con rito abbreviato per i due Presta e un complice, Pierpaolo Pellegrino, si era concluso con un notevole sconto di pena rispetto alle richieste formulate dalla pubblica accusa al giudice dell’udienza preliminare. La condanna più alta proprio ad Antonio Presta, residente a Gabicce Mare: 5 anni e 4 mesi. Al padre Gianfranco, residente a Ravenna , 4 anni e 4 mesi; al complice, che era solo in un paio di rapine, 3 anni e 4 mesi. Assolto un quarto soggetto chiamato in causa da Gianfranco Presta che, proprio per aver fatto i nomi dei complici, ottenne un notevole sconto di pena. I Presta erano stati arrestati il 3 marzo 2007 ed erano stati scarcerati nell’aprile del 2008. Quindi al momento della condanna erano a piede libero. Ora l’omicidio di Antonio Presta. Va ricordato che il padre Gianfranco era stato colpito da una

vendetta trasversale già nel 1998, quando il 31 agosto nelle campagne di Mesagne fu rinvenuto il cadavere della sua compagna sequestrata qualche tempo prima, Lucia Pagliara. Sull’agguato di San Donaci indagano i carabinieri del Nucleo investigativo provinciale e della compagnia di Francavilla Fontana. Sul posto anche investigatori della Squadra mobile di Brindisi. Si è appreso che l’altra persona ferita è un ventenne estraneo ai fatti, e che non è grave.

di Paola Bari Furto al distributore della sparatoria 14 agosto 2012 - La stazione di servizio Menga Petroli situata sulla provinciale 75 che collega Cellino San Marco e San Pietro Vernotico ancora nel mirino dei malviventi. Dopo il tentativo di rapina sventato dalla polizia dopo una sparatoria, il 28 luglio scorso, questa notte è stata saccheggiata dai ladri. Asportate la macchinetta cambia-soldi e una macchinetta per il video poker. Il furto con tutta probabilità è stato ripreso dalle telecamere e non si esclude che i responsabili, sarebbero due, vengano rintracciati nelle prossime ore. L’auto con cui hanno agito è una Fiat Panda vecchio modello, rubata a Trepuzzi qualche giorno fa, ed è stata rinvenuta nella tarda mattinata di oggi nelle campagne di Squinzano. Vicino alla vettura, abbandonate nei campi c’erano le carcasse delle macchinette asportate. Rabbia e sconforto per l’imprenditore oritano Francesco Desiato che ha preso in gestione la stazione di servizio Menga Petroli all’inizio di quest’anno. In pochi mesi è caduto nella rete dei malviventi già due volte. Fortunatamente il primo colpo è stato sventato dagli agenti della squadra Mobile della questura di Brindisi che avendo intercettato in tempo il piano criminoso, hanno atteso i malviventi all’interno del

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bar e li hanno arrestati. Il furto di questa notte è stato perpetrato intorno alle quattro. I ladri hanno sfondato la vetrata del bar della stazione di servizio con una Fiat Panda e si sono portati all’interno dell’esercizio commerciale, hanno preso le macchinette che contenevano monete e dopo averle caricate in auto si sono dileguati. Contemporaneamente è scattato l’allarme collegato con la sala operativa dell’istituto di vigilanza privato che sorveglia la stazione di servizio. Sul posto poco dopo le guardie giurate e i carabinieri della locale stazione ma il colpo era già stato consumato. Le ricerche dei ladri sono partite subito e nelle campagne di competenza del comune di Squinzano, alle prime luci dell’alba di oggi è stata rinvenuta l’auto con cui hanno agito i malviventi e i resti delle macchinette asportate. Sono seguite perquisizioni a tappeto a carico di volti noti. La stazione di servizio Menga Petroli questa mattina ha ripreso a funzionare regolarmente. L’ammontare dei danni è in corso di quantificazione. Incendiate pure le auto dei turisti 14 agosto 2012 - Brutta sorpresa all’alba di oggi per due turisti in vacanza nel Brindisino: le loro auto, una Opel Corsa e una Mini One sono state date alle fiamme da ignoti incendiari. Erano parcheggiate in via Moravia a Cellino S. Marco nei pressi del bed & breakfast dove alloggiano. Sul caso indagano i carabinieri della locale stazione unitamente agli uomini del nucleo operativo e radiomobile. L’incendio alle due vetture è stato appiccato intorno alle cinque di questa mattina. Ad accorgersi delle fiamme alcuni passanti che, alla vista di quello che stava accadendo, non hanno esitato a chiamare i soccorsi. I due proprietari, un torinese e

un senese che tra loro non si conoscono, dormivano nelle loro camere e mai avrebbero immaginato di essere svegliati per l’incendio delle loro vetture. Le fiamme sono state domate dai vigili del fuoco, giunti dal comando provinciale di Brindisi che dopo lo spegnimento dell’incendio hanno accertato che entrambi i roghi erano di origine dolosa. Ora tocca ai carabinieri fare chiarezza sul movente. Le due vittime sono state ascoltate così come è stato ascoltato il proprietario del bed & breakfast, al momento non sarebbero emersi indizi utili ai fini delle indagini. Sempre questa notte, invece, a Mesagne, in via Gramsci, è andato a fuoco un furgone cassonato di proprietà di un incensurato mesagnese. Nonostante del fatto siano stati infornati i carabinieri, in questo caso l’incendio, non dovrebbe essere di natura dolosa. Ieri sera, intorno alle 11, invece a Brindisi, è stata incendiata un’auto parcheggiata in via Di Vittorio. Incendio distrugge capannone Regalcasa 06/08/2012 - Dopo l'incendio del 17 Agosto che ha distrutto il capannone del Centro Casalinghi, la zona industriale di Francavilla Fontana registra un secondo rogo che manda in fumo un deposito di articoli per la casa. Questa notte, intorno alle tre, un incendio di vaste dimensioni ha colpito il capannone "Regalcasa" che si estende su un'area di circa 4000 mq. Sul posto si sono portate diverse squadre dei vigili del fuoco di Brindisi (compresi mezzi e uomini dei distaccamenti di Ostuni e Francavilla) di Taranto, Lecce e Bari e l'incendio è stato domato dopo oltre 4 ore di intenso lavoro. Sul posto anche i tecnici dell'Arpa che hanno eseguito rilievi per accertare il livello di inquinamento ambientale prodotto dal rogo. Sull'episodio indagano i

Carabinieri della Compagnia di Francavilla. E' da verificare se possa esserci un legame con l'incendio che lo scorso 17 luglio, distrusse il Centro Casalinghi, situato sempre nella zona industriale di Francavilla. Furti nelle auto a Campo di Mare 02 agosto 2012 - Non solo non si può più camminare tranquillamente per strada perché si rischia che il teppistello di turno ti strappi via la collana in oro dal collo ma non si può più nemmeno trascorrere qualche ora in riva al mare in totale relax. Da qualche giorno, infatti, i ladruncoli hanno preso di mira anche le auto in sosta nei parcheggi adiacenti le spiagge delle marine di Torre San Gennaro e Campo di Mare. Tra domenica e lunedì sono state aperte e svuotate tre vetture. Solo una delle vittime ha sporto regolare denuncia contro ignoti. Il ragazzo, un giovane barman di San Pietro Vernotico, L.M., domenica scorsa aveva parcheggiato la sua Fiat Punto a Campo di Mare nell’area parcheggio adiacente la spiaggia, zona “Tre fontane”, aveva trascorso la mattinata insieme ai suoi amici e quando è tornato alla vettura, alle 14,30, ha trovato una brutta sorpresa: lo sportello della sua auto era stato piegato in due e l’abitacolo era stato saccheggiato. I ladri si erano portati via l’attrezzatura da pesca e il “kit” per i cocktail custodito in una valigetta simile a un porta computer. I malviventi l’avranno scambiata per un portatile. Oltre al danno materiale il giovane barman sanpietrano ha subito un danno affettivo “In quella valigetta c’erano i miei ferri del mestiere, quelli che mi accompagnano da dieci anni e che mi hanno anche portato un po’ di fortuna nel campo. Non credo che chi se ne è impossessato possa mai aver utilizzato uno shaker o un

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coltello che decora la frutta. Quello mi era stato regalato da un amico che aveva fatto un viaggio all’estero”. Il ragazzo ha sporto regolare denuncia presso la caserma dei carabinieri di San Pietro Vernotico ma è stato l’unico. “Parlando con alcuni amici ho saputo che erano stati perpetrati altri due furti ai danni di alcune ragazze che conosco ma poi ho saputo che nessuno ha formalizzato la denuncia. Questo non va bene, si dovrebbe segnalare tutto”. Intanto i residenti delle marine di Torre San Gennaro e Campo di Mare continuano a camminare con la mano al collo per il timore di ritrovarsi accerchiati da ragazzini che scippano collane in oro. Anche questi furti si stanno verificando quasi all’ordine del giorno. Così come i furti in abitazioni anche durante le ore diurne. Non sempre questi episodi vengono poi denunciati alle forze dell’ordine perché nel pensiero comune, quando i ladri ormai hanno saccheggiato, ha poco senso contattare carabinieri o vigili urbani ai fini del rinvenimento della refurtiva. Un cospicuo numero di denunce, però, potrebbero contribuire a intensificare i controlli e la presenza di uomini in divisa per le vie delle marine e magari far desistere eventuali malfattori.

di Paola Bari Ceglie, furti d’auto a ripetizione 2 agosto 2012 – Quattro vetture rubate in pochissimi giorni sotto gli occhi dei proprietari. Accade a Ceglie Messapica, in pieno giorno, i ladri agiscono senza l’esibizione di armi, senza minacce o con il volto scoperto. Approfittano di un momento di distrazione dell’automobilista e portano via l’auto in pochissimi istanti. Le zone più colpite le contrade più periferiche. L’ultimo episodio risale a martedì scorso

dove nella mattinata in contrada Natalicchio è stata asporta una Citroen C3. In questo caso ad agire sono stati in due: mentre il proprietario della vettura stava chiudendo il cancello di casa dopo aver portato l’auto fuori dal garage uno dei due ladri lo ha distratto invocando aiuto da qualche metro di distanza, l’uomo è andato in suo soccorso e il complice, intanto gli ha portato via la Citroen C3. Nonostante i due non avessero il volto travisato la vittima di questo furto non è riuscita a individuarli e identificarli. Più o meno con le stesse modalità nei giorni precedenti sono state asportate altre vetture, in contrade diverse.

di Paola Bari Trovata una delle auto rapinate 2 agosto 2012 - La Peugeot 5008 oggetto della rapina perpetrata martedì mattina sulla strada provinciale che collega San Pietro a Torchiarolo ai danni di un 38enne sanpietrano, è stata ritrovata nel pomeriggio di oggi nelle campagne di San Pancrazio Salentino, sotto un albero di ulivo. La vettura è intatta, non ha nessuna ammaccatura, probabilmente è servita per mettere a segno qualche furto. È stata sequestrata per essere sottoposta ai rilievi dei Ris (Reparto Investigazioni Scientifiche) e quando le perizie saranno ultimate verrà restituita al legittimo proprietario. Altri automobilisti rapinati del veicolo 1 agosto 2012 - Ancora automobilisti nel mirino dei malviventi: dopo la rapina di ieri mattina sulla San Pietro Torchiarolo, all’alba di oggi sono state sottratte altre due vetture sotto la minaccia di un fucile. Il primo colpo è stato messo a segno sulla Oria – Sava: è stata sottratta una Opel

Calibra vecchio tipo, il secondo sulla Francavilla – Sava. In questo caso i rapinatori hanno preso una Volkswagen Polo. Tre rapine dello stesso genere e con lo stesso modus operandi in sole ventiquattro ore. Un bilancio più che preoccupante per chi è costretto a percorrere giornalmente le provinciali del Brindisino per motivi di lavoro. Da quanto è stato accertato in fase di denuncia i rapinatori, col volto travisato da passamontagna, sbucano all’improvviso, affiancano con la loro vettura l’automobilista preso di mira, esibiscono l’arma (in tutti e tre i casi pare si sia trattato di un fucile) e intimano alla vittima di fermarsi. Poi si dileguano senza prendere altro. Telefono cellulare o denaro contante non rientrano nel loro bottino. Un colpo che viene messo a segno in pochissimi minuti che non lascia nemmeno il tempo di reagire. Gli automobilisti si ritrovano all’improvviso a piedi sul ciglio della carreggiata in stato di shock. Le forze dell’ordine alla luce di questi inquietanti fatti hanno intensificato i controlli delle strade provinciali del Brindisino e di tutti gli uffici che potrebbero essere presi di mira dai rapinatori: banche, Poste, grosse attività commerciali. Allertati anche i colleghi delle province limitrofe, non si esclude, infatti, che eventuali colpi possano interessare i comuni del Leccese o del Tarantino. Furto di camion ed escavatori 1 agosto 2012 - Due autocarri marca Fiat e due macchine che si occupano della movimentazione della terra. È questo il bilancio del furto messo a segno la scorsa notte ai danni dell’impresa meccanica “De Donno Laser” sita in contrada “Aieni” a San Michele Salentino. I mezzi asportati erano parcheggiati nel piazzale antistante l’azienda ed erano di

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proprietà dell’impresa edile del posto di Alessandro Grazielli. I ladri sono entrati forzando il cancello di ingresso dell’officina meccanica. La struttura non è dotata di sistema di allarme e nemmeno di telecamere, il furto quindi, è stato scoperto nella mattinata di oggi quando il proprietario si è recato in azienda per iniziare l’attività lavorativa. I mezzi asportati sono coperti da assicurazione. Sul furto indagano i carabinieri della compagnia di San Vito Dei Normanni al comando del capitano Ferruccio Nardacci. Tre incappucciati lo rapinano dell’auto 31 luglio 2012 - Avevano urgentemente bisogno di un’auto, una qualunque, i tre banditi che all’alba di oggi hanno bloccato un automobilista sanpietrano di 38 anni e gli hanno tolto la vettura dopo averlo minacciato con un fucile. Il mezzo è una Peugeot 5008, non un’auto lussuosa e veloce ma una monovolume sia pure di fascia medio-alta. È accaduto sulla strada che collega San Pietro a Torchiarolo e che immette sulla superstrada per Lecce e Brindisi frequentata, quindi, non solo da coloro che vogliono raggiungere i due Comuni ma da pendolari e chi lavora nei capoluoghi. All’alba di oggi da quella strada, da quanto è stato accertato dai carabinieri, passava il 38enne sanpietrano. L’uomo è stato fermato da tre banditi incappucciati e armati di fucile che dopo averlo minacciato gli hanno tolto l’auto. Si sono dileguati a tutto gas a bordo di una Fiat Uno di colore nero. La vittima di questa rapina non ha potuto fare altro che chiamare i carabinieri e sporgere regolare denuncia. Le indagini per la ricerca dei malfattori sono partite subito. Non si esclude, infatti, che la Peugeot 5008 possa servire per commettere qualche azione

criminosa. Sicuramente si tratta di un mezzo più comodo della vecchia Fiat a due portiere usata dai banditi catturati alla Squadra mobile l’altro giorno dopo una sparatoria nel distributore Menga Petroli tra Cellino e San Pietro. Assaltano il distributore, ma trovano la polizia: due feriti e tre arresti 28 luglio 2012 - Scene da Far West nel primo pomeriggio di oggi nella stazione di servizio Menga Petroli di via San Pietro a Cellino San Marco: tre malviventi, tutti del posto, incappucciati, vestiti con tuta bianca e guanti e armati di pistola calibro 765, hanno tentato di mettere a segno una rapina. Ad attenderli, nel bar, per loro sfortuna, c’erano gli agenti in borghese della squadra Mobile della Questura di Brindisi che, dopo un breve conflitto fuoco e un inseguimento nelle campagne circostanti, li hanno bloccati e arrestati. Si tratta di: Massimiliano Pagliara di 35 anni, Luca Goffredo di 32 e Saverio Elia di 32. Questi ultimi due sono rimasti feriti, il primo a un gluteo e l’altro al polpaccio sinistro, sfiorato da un proiettile. Guariranno in pochi giorni. Tutti e tre hanno alle spalle precedenti per reati contro il patrimonio, sono accusati di tentata rapina aggravata, porto e detenzione di arma da fuoco, ricettazione, resistenza a pubblico ufficiale e spari in luogo pubblico. Pensavano si sarebbe trattato di un gioco da ragazzi. Avevano progettato tutto nei dettagli. L’orario: intorno alle 14 (il bar della stazione di servizio esegue orario continuato dalle 6 alle 20); il modus operandi: travisati con tute, guanti bianchi e passamontagna avrebbero fatto irruzione nel bar e poi assaltato la macchinetta automatica che riceve i soldi per il carburante. Erano armati con due pistole calibro 765 e si

sarebbero fatti consegnare tutti i soldi presenti nelle casse. Uno di essi avrebbe atteso in macchina col piede pronto sull’acceleratore. L’auto con cui hanno agito, una Fiat Uno di colore rosso, era stata rubata a Guagnano il 24 luglio scorso. Tutto era pronto. Quando i tre cellinesi sono arrivati davanti al bar, incappucciati e armati, e due di loro sono scesi dalla Fiat Uno per mettere a segno la rapina, hanno trovato una brutta sorpresa: la stazione di servizio era invasa da poliziotti in borghese. Tre erano nel bar, e i rapinatori hanno esploso alcuni colpi di pistola: un proiettile ha colpito la panchina presente vicino all’ingresso. Poi sono entrati in auto per tentare la fuga ma gli agenti hanno sparato contro la vettura mettendo fuori uso tutti e quattro gli pneumatici. I tre malviventi hanno continuato a fuggire, con l’auto che sbandava hanno lasciato l’area della stazione di servizio, si sono immessi sulla carreggiata in direzione San Pietro, eseguendo un’ampia e pericolosa curva (per fortuna in quel momento non passava nessuno), poi si sono portati nella campagna adiacente, hanno lasciato la vettura e si sono messi a correre. I poliziotti però erano già alle loro spalle. Uno dei fuggitivi è caduto vicino all’auto, l’altro qualche metro dopo e l’altro ancora dopo. Nella fuga si sono liberati delle pistole in loro possesso lanciandole tra gli alberi di ulivo. Luca Goffredo e Saverio Elia sono rimasti leggermente feriti e sono stati trasportati in ospedale da due ambulanze del 118. Pagliara è rimasto sul posto. Nel frattempo nel distributore di carburanti Menga Petroli sono sopraggiunti altri poliziotti e il capo della Squadra Mobile, Francesco Barnaba, poi gli uomini della polizia scientifica hanno proceduto con i rilievi per la ricostruzione esatta della dinamica. L’intera scena è stata ripresa dalle telecamere di cui è dotato l’impianto di sicurezza del distributore di

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carburanti. Per fortuna oltre ai due malviventi, nessun altro è rimasto ferito. Per il gestore della stazione di servizio (che era nel box informazioni) e per la ragazza al lavoro dietro al bancone del bar, solo tanta paura. I residenti delle villette che si affacciano sulla provinciale all’altezza della Menga Petroli, attirati dagli spari si sono precipitati in strada: “Mai visto qualcosa del genere, gente che fuggiva, che sparava, auto che correvano. Sembrava di essere in una scena da film”, hanno commentato. Dopo le formalità di rito i tre Cellinesi sono stati trasferiti nel carcere di Brindisi. Le due pistole sono state trovate tra i cespugli e sono state sequestrate insieme all’auto.

di Paola Bari Chiede informazioni e tenta lo scippo 28 luglio 2012 - “Mi hanno strappato la collana dal collo, un ragazzo con la bicicletta, non è possibile, si è avvicinato e mi ha messo le mani al collo, per fortuna non è riuscito a portarla via”. “Si anche ieri un’anziana donna è stata avvicinata da un ragazzo che con la scusa di ricevere informazioni le ha strappato la collana dal collo”. La tranquillità di via Pola a Torre San Gennaro, nel pomeriggio di oggi, è stata interrotta da un tentativo di furto di una collanina in oro ai danni di una donna che stava camminando per strada. Un ragazzino in bicicletta le si è avvicinato e approfittando del fatto che la donna aveva le mani occupate da due bottiglie vuote di acqua, ha tentato di portarle via il prezioso. Lo scippo non è andato a buon fine solo per puro caso: la catenina è caduta per terra. La donna non ha ritenuto opportuno chiamare le forze di polizia ma lo sconcerto è stato tanto. “Non riesco a farmi capace, non ci

credo che non si può nemmeno camminare per strada in tutta tranquillità”. Sembrerebbe non sia la prima volta che ragazzini cercano di scippare i passanti. Tutte le donne che sono andate in soccorso alla vittima del tentativo di scippo avevano un fatto simile da raccontare: anziane che vengono scippate per strada, ragazzini che si intrufolano non appena trovano portoncini o cancelli socchiusi. Qualche giorno fa uno scippo simile a Cellino San Marco ha portato all’arresto di un ragazzo del posto. “Ci vorrebbero più controlli, più gente in divisa che circola per le vie potrebbe, forse, intimorire i malintenzionati”. Incendiata ferramenta in viale Moro 24 luglio 2012 - I piromani non li ferma nemmeno il maltempo e se la pioggia non permette di appiccare il fuoco dall’esterno, allora si rompe una finestra e si lancia il liquido all’interno. E la missione è compiuta. È stata data alle fiamme in questo modo, nella notte scorsa, la ferramenta di Viale Aldo Moro di Angelo Andriani. Fortunatamente le fiamme non sono state vigorose e non hanno, quindi, distrutto completamente lo stabile. Ma si è rischiato grosso: il negozio di ferramenta si trova al pian terreno di un palazzo abitato, la cui facciata in questi giorni è in fase di ristrutturazione. Sarebbe potuta andare a fuoco l’intera palazzina. Nessuno, però, si è accorto di nulla, nessuno ha sentito puzza di bruciato o il classico crepitio di quando bruciano oggetti. Nulla di nulla. Ad accorgersi dell’incendio è stato lo stesso proprietario dell’esercizio pubblico questa mattina quando si è recato alla ferramenta. Immediatamente ha chiamato il 113. Una pattuglia della squadra mobile della questura di Brindisi guidata dal vicequestore Francesco

Barnaba si è portata sul poto. I poliziotti hanno trovato una bottiglietta molotov intatta appoggiata sulla finestra da cui era stato appiccato il fuoco. Angelo Andriani ha dichiarato di non aver mai ricevuto minacce o richieste estorsive e di non avere nemici. Estorsione ed incendio, un arresto della Squadra Mobile 24 Luglio 2012 - E’ stato arrestato dagli agenti della Squadra Mobile della Questura di Brindisi, Sezione Antiracket, Walter, Leo, già noto alle forze dell'ordine, classe ’67. Allo stesso, infatti, nella giornata di ieri, è stata notificata una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Brindisi, D.ssa P. LIACI, su richiesta del P.M. presso la Procura D.ssa S. TOSCANI. Al LEO vengono imputati i reati di tentata estorsione, incendio doloso e minacce gravi. I fatti si riferiscono allo scorso mese di febbraio, allorquando tentava di estorcere con minaccia una somma di denaro quantificata in circa 500 euro quale pagamento per presunti danni derivanti da un sinistro stradale verificatosi con la parte offesa. Danni mai accertati e comunque non esigibili, essendo il suo mezzo, perivo di copertura assicurativa obbligatoria. Nell’ occasione, il LEO, rivolgendosi alla parte offesa, proferiva le seguenti parole: “mi devi dare subito i soldi, altrimenti non sai cosa sono capace di fare, ti brucio il negozio ed il camion, non ho paura di nessuno!”. Successivamente, nei primi giorni di maggio, si verificava l’incendio doloso di un autocarro di proprietà della parte offesa, parcheggiato sulla pubblica via. L’incendio cagionava altresì danni alla facciata dello stabile, ed alle finestre di una abitazione. Lo scorso

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mese di giugno, il LEO, dopo essere stato convocato in Questura, ed aver compreso che vi erano in atto delle indagini per i fatti sopra indicati, si ripresentava dalla parte offesa, minacciandola gravemente per costringerla a rendere false dichiarazioni all’ Autorità Giudiziaria, ovvero ad eludere le investigazioni a suo carico. In tale contesto, si esprimeva con le seguenti espressioni: “sono stato convocato in Questura…mi hanno chiamato…se ti chiameranno per il riconoscimento, di’ che non mi conosci…se invece lo farai, ti taglierò la gola a te, tua moglie, tuo figlio ed anche alla tua nipotina, perché so che hai una nipotina”. Proseguendo con le espressioni minacciose, il LEO si assumeva la responsabilità dell’ incendio del camion, dichiarando di averlo fatto proprio quale ritorsione per la mancata corresponsione di alcuna somma di denaro da lui richiesta. Sulla base del quadro investigativo rappresentato, gli Agenti della Squadra Mobile effettuavano una serie di accertamenti a riscontro delle sue responsabilità in ordine alle ipotesi di reato formulate, compendiando gli esiti in una informativa di reato a suo carico. Nelle more dell’ emissione del provvedimento restrittivo, l’attività degli investigatori proseguiva incessante, con una forte azione di controllo del LEO, che portava, pochi giorni fa, ed esattamente nella giornata del 16 luglio, ad un suo controllo mentre lo stesso percorreva la strada litoranea a nord, a bordo di un motociclo. Immediatamente bloccato, se ne constatava la provenienza furtiva, essendo il mezzo risultato rubato in Brindisi nello scorso mese di aprile. Conseguentemente, veniva denunciato per il reato di ricettazione, ed il motociclo restituito al legittimo proprietario. Il percorso delittuoso seguito dal LEO Walter, ha avuto infine termine nella giornata di ieri,

con l’esecuzione del provvedimento restrittivo e la relativa traduzione presso la casa circondariale di Brindisi. Seminaristi padovani a scuola di antiracket a Mesagne 12 Luglio 2012 - Un giorno a Mesagne assieme al presidente dell’associazione antiracket ed antiusura Fabio Marini per discutere sui temi della legalità e su cosa bisogna fare per combattere l’estorsione, l’usura e l’illegalità. Un gruppo di giovani seminaristi di Padova, arrivati a Bari in treno, sono giunti a Mesagne in bicicletta. Meta del loro pellegrinaggio Alessano dove è sepolto don Tonino Bello. Obbligatoria fare tappa a Mesagne, la città di Melissa, dove nel 2007 è stata fondata l’associazione “Legalità & Sicurezza”, per unire commercianti, cittadini, imprenditori per combattere insieme il racket delle estorsioni, l’usura ed ogni forma di illegalità. Fabio Marini ha accompagnato il gruppo a visitare i terreni ed i beni confiscati alla Sacra Corona Unita ed affidati alla cooperativa Libera Terra; successivamente, presso la bottega di Libera Terra, dove hanno incontrato i responsabili dell’associazione fondata da don Luigi Ciotti che hanno fatto omaggio di alcuni prodotti coltivati sulle terre confiscate. I giovani seminaristi padovani hanno rivolto numerose domande a Fabio Marini che ha spiegato la sua esperienza di giovane impegnato nell’associazione antiracket ed antiusura. “Se sei solo il racket del “pizzo” può tenerti in pugno - ha detto Marini -. Se ti organizzi, se hai con te la forza di altri come te, il racket può perdere il suo potere”. Quindi ha parlato degli anni difficili di Mesagne, di come la città ha reagito e di come tuttora sta combattendo questa difficile battaglia al

fianco delle Forze dell’Ordine, della Magistratura, ed insieme alla Chiesa, alla scuola, all’associazionismo. Ha parlato dei recenti attacchi subiti dalla malavita organizzata nell’intento di farlo tacere, del suo stato d’animo quando la criminalità ha incendiato la sua automobile parcheggiata dinanzi alla casa, di quanti sono coloro che si rivolgono all’associazione per denunciare. “Il primo passo per sconfiggere l’estorsione – ha spiegato – è uscire dall’isolamento”. I seminaristi hanno chiesto informazioni sul fondo di solidarietà delle vittime dell’usura e dell’estorsione, su quali sono i compiti dell’associazione e come assistono i cittadini danneggiati. “I commercianti non devono mai sottovalutare la prima telefonata – ha aggiunto Fabio Marini – il primo segnale strano, il primo passaggio dal negozio di persone sospette. Noi consigliamo di mettersi subito in contatto con le Forze dell’Ordine che possono avviare le indagini per incastrare gli estorsori senza essere chiamati direttamente in causa e che bisogna parlarne con i colleghi per non restare soli e perché aiuta ad essere più forti”. Oggi il gruppo di seminaristi di Padova proseguirà il suo percorso e partirà in bicicletta per Alessano, nel cuore del Salento, città natale di don Tonino Bello, vescovo di Molfetta, morto nel 1993 a soli 58 anni. I giovani andranno a pregare sulla tomba di don Tonino, “perché - hanno detto - il suo ricordo e la sua testimonianza vivono ancora”.

di Giuseppe Messe Il Comune di Mesagne parte civile nel processo "The wall" 12 Luglio 2012 - La città di Mesagne si costituirà parte civile nel processo che sarà istruito a carico di coloro che

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sono stati arrestati nell’ambito dell’operazione “The wall” messa a segno dalla Guardia di Finanza di Brindisi. “Non faremo sconti a nessuno – ha tuonato il sindaco Franco Scoditti – chiederemo i danni a tutti quelli che con i loro mali affari hanno leso l’immagine della nostra città”. Dopo una giornata di riflessione, durante la quale il primo cittadino si è informato sull’intera vicenda criminale, ha esternato la volontà di difendere in qualsiasi sede l’immagine della sua città. “E’ una decisione che abbiamo già preso da tempo e ratificata in Consiglio comunale – ha precisato il sindaco – perché nessuno si può permettere di infangare con la propria azione il nome di Mesagne”. Un primo cittadino che in queste ore ha riflettuto molto sulla frase che sarebbe stata pronunciata da Daniel Kocli verso il cugino, entrambi facenti parte del sodalizio criminale, cui avrebbe garantito: “Abbiamo tutta Mesagne nelle nostre mani”. “E’ una frase inquietante – ha continuato Scoditti – che è stata pronunciata all’interno di uno scenario raccapricciante. Posso assicurare, però, che Mesagne è in mano alla gente onesta, la città è in mano allo Stato. Nonostante la dimensione che lo spaccio di sostanza stupefacente aveva assunto nella nostra realtà. L’operazione della Guardia di Finanza, cui va la nostra gratitudine, è una dimostrazione del pieno controllo del territorio che hanno le forze dell’ordine. Lo Stato è vigile. Posso affermare con certezza che le forze dell’ordine e la magistratura hanno un’attenzione particolare verso la nostra realtà e riescono a percepire qualsiasi mutamento che in essa avviene”. Poi, dopo un attimo di riflessione, ha aggiunto: “Attenzione però. Non ci dobbiamo cullare né dobbiamo mai abbassare la guardia. Dobbiamo essere sempre vigili e portare avanti tutte le iniziative inserite nei percorsi di legalità”. Nella

giornata di oggi il sindaco Franco Scoditti invierà al comando provinciale della Guardia di Finanza di Brindisi e alla magistratura antimafia di Lecce una lettera di gratitudine per il lavoro svolto. Intanto in campo è scesa anche l’antiracket mesagnese. “Mesagne non è una città omertosa – ha affermato Fabio Marini, presidente dell’associazione antiracket e antiusura “Legalità e sicurezza” – ma i cittadini devono dire con chiarezza da che parte stanno in questa lotta tra il bene e il male. Se il cittadino è testimone di un atto delinquenziale o criminale lo deve denunciare alle forze dell’ordine non può girarsi dall’altra parte e far finta di nulla. Magari partecipa poi anche alle iniziative antimafia. Quest’atteggiamento anomalo ha fatto emergere delle contrarietà. Mesagne ha bisogno di fatti non di belle parole. Solo con i gesti concreti il male, in questo caso la criminalità, potrà essere sconfitta. Ecco perché la collaborazione dei cittadini verso le forze dell’ordine non deve mai venire meno”. Marini è divenuto in ambito regionale un esempio dell’antimafia. Proprio per questi motivi ha subito due vili atti intimidatori. “Mesagne ha bisogno di un faro sempre acceso su di essa – ha fatto notare – ecco perché le istituzioni non devono mai fare mancare alle forze dell’ordine gli strumenti per operare bene su questo territorio. E mi riferisco agli uomini e ai mezzi presenti che, a sentire le organizzazioni sindacali, spesso sono sottodimensionati”. Vittima usata come bancomat 12 luglio 2012 - E’ in corso dall’alba di questa mattina un’operazione condotta dagli uomini della Squadra Mobile di Brindisi. Al momento sono tre i soggetti destinatari del

provvedimento del fermo di indiziato di delitto emesso pm Valeria Farina Valaori sulla base di attività investigative, in cui si ipotizzano a carico degli interessati i reati di estorsione continuata in concorso. Le indagini sono state condotte dagli uomini della sezione antiracket della Squadra Mobile, realizzata in brevissimo tempo e senza l’ausilio di presidi tecnologici, fa sapere una nota della questura. L’operazione stessa nasce dalla denuncia presentata dal proprietario di un’autovettura Smart, il quale si è visto costretto a consegnare la sua auto, utilizzata anche dai suoi familiari, non potendo più far fronte alle continue, pressanti e consistenti richieste di denaro da parte del gruppo. In particolare, la vittima riferiva di aver ricevuto in prima istanza, la richiesta estorsiva di 12.000 euro che aveva, in parte, soddisfatto con la consegna della sua autovettura e di 1500 euro in contanti. Malgrado ciò, gli autori dell’estorsione, noti pluripregiudicati brindisini, non avevano desistito dal loro intento e avevano posto in essere azioni violente ed aggressive, tese a ottenere danaro contante ogni qualvolta ne avessero avuto bisogno, trasformando la vittima in una sorta di “bancomat” in carne ed ossa. Uno degli elementi da cui traspare l’arroganza e la prepotenza degli arrestati è il fatto che il passaggio di proprietà dell’autovettura imposto, è avvenuto il giorno del compleanno di una componente del nucleo familiare della vittima, reale utilizzatrice del mezzo. Al momento uno dei tre destinatari della misura restrittiva si è sottratto al provvedimento ed è attivamente ricercato. Ulteriori particolari saranno forniti nel corso di una conferenza stampa che si terrà presso la Questura di Brindisi alle ore 10.30 odierne.

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S. Pietro, notte di caldo e spari. 11 luglio 2012 - Due colpi di arma da fuoco sono stati esplosi poco dopo l’una della scorsa notte in via Sant’Antonio all’altezza dell’incrocio con via Oberdan. La Fiat Punto di un dipendente di un supermercato, O.G. di 40anni, è stata perforata all’altezza dello sportello posteriore dal lato destro. Il proprietario, però, se ne è accorto questa mattina poco prima delle 8 quando stava per prendere l’auto per andare a lavorare. Sul posto non sono stati trovati bossoli e quindi per stabilire il tipo di arma e il relativo calibro delle pallottole si dovranno attendere i risultati degli esami balistici eseguiti questa mattina dagli uomini del nucleo investigativo. Forse è stato utilizzata una pistola a tamburo. La vittima di questo attentato non avrebbe alcun collegamento con la malavita e non avrebbe mai ricevuto minacce o richieste estorsive. Si escluderebbero anche eventuali piste passionali o vendette private. Da un primo interrogatorio sembrerebbe che il 40enne non abbia nessun genere di nemici. Saranno ulteriori indagini, però, a stabilire se la vittima è realmente estranea alla vicenda. Al momento, l’unico elemento in mano ai militari dell’Arma che potrebbe delineare una pista da seguire è che la vettura era parcheggiata davanti la porta di ingresso dell’abitazione di Cristian Tarantino, il 23enne sanpietrano arrestato nell’estate del 2010 per estorsione e poi raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare all’inizio di quest’anno per associazione per delinquere. Il 23enne al momento si trova in carcere. Forse qualcuno ha voluto mandargli un segnale. Nessuno sparo, invece, in via Firenze, nei pressi della Chiesa di San Giovanni Bosco dove i carabinieri si sono recati questa mattina per lo stesso genere di

segnalazione di via San’Antonio. Un residente di quella via ha chiamato il 112 perché ha trovato il lunotto posteriore della sua Fiat Tipo in frantumi. Inizialmente si è pensato all’esplosione di colpi di arma da fuoco ma poi la visualizzazione immediata dei fotogrammi di alcune telecamere presenti in via Firenze ha permesso di accertare che in quella strada non c’è stata nessuna sparatoria e che il lunotto posteriore della Fiat Punto si era frantumato per la calura. Come ha poi confermato lo stesso proprietario, era già lesionato. In via Sant’Antonio, invece, non ci sono telecamere vicino agli ingressi delle abitazioni private e né la vittima, né i suoi vicini di casa hanno sentito rumori simili a spari. Questo, almeno, è quanto hanno dichiarato ai carabinieri. Qualche residente delle vie traverse, invece, ha raccontato questa mattina di aver sentito degli spari poco dopo l’una di questa notte.

di Paola Bari Operazione The wall: 13 arresti per droga ed armi 10 Luglio 2012 - Il Comando provinciale di Brindisi della Guardia di Finanza, in collaborazione con la Procura della Repubblica di Brindisi e la DDA di Lecce, ha arrestato un banda dedita allo spaccio di droga, porto e detenzione abusiva di armi. Nel corso della conferenza stampa denominata “The wall” tenuta questa mattina sono stati spiegati i dettagli. Sono stati tratti in arresto 13 persone, 8 albanesi (due uomini sono latitanti) e 5 mesagnesi. L’indagine era iniziata nel febbraio del 2010. Alla conferenza stampa erano presenti Valeria Farina Valaori pm della procura di Brindisi, il capo della Dda di Lecce, Cataldo

Motta, il pm della, Alberto Santacatterina, il col. Vincenzo Mangia, comandante provinciale delle “Fiamme Gialle”, il comandante del Nucleo di polizia tributaria, maggiore Gabriele Sebaste. La consegna della droga avveniva davanti un muro, da cui il nome dell’operazione, di una casa nel centro storico di Mesagne dove da anni si sono insediati gli albanesi. Il lavoro degli investigatori si è basato su intercettazioni telefoniche e ambientali nelle abitazioni ed auto degli arrestati, sopralluoghi e pedinamenti, perquisizioni personali e locali. Le indagini hanno dimostrato l’esistenza di un clan che operava su Mesagne collegato con un’altra cellula di base a Roma composta da albanesi che si riforniva di cocaina che successivamente spacciava nel brindisino e sino a Gallipoli. La droga veniva prelevata dall’Albania, quindi portata a Roma da dove veniva smistata da albanesi residenti a Mesagne dove la sostanza stupefacente veniva distribuita agli spacciatori. Gli arrestati sono Vilson Kocli alias Vili, di 25 anni, Daniel Kocli di 28 anni e Marte Kocli di 55, la madre dei due, tutti albanesi residenti a Mesagne. I fornitori “romani” sono il 24enne Leonardo Tushaj e Erind Jaku di 35 anni (entrambi latitanti). Luan Cela albanese di 31 anni, Ernest Bodlli alias Boli di 21 anni, Qamil Bodlli alias Mili di 50 anni, Armando Uka albanese di 27 anni e Ilir Kocli alias Liri di 24 anni (cugino di Daniel Kocli). Nikolin Curri è indagato a piede libero. Sono stati sequestrati beni per un valore totale di 250 mila euro. Sei auto, (due Audi) , una appartenente ad Angelo Arseni, mesagnese arrestato, un terreno e un’abitazione. Le altre autovetture appartengono agli albanesi: una Audi A4, due Mercedes di Daniel Kocli, una Mercedes Classe C di Ilir Kocli e una Smart di Marte Kocli. I mesagnesi coinvolti nell’operazione Gianluca Zito di 35 anni, Francesca

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Carrozzo di 24, Roberto Ronzini di 27 anni (marito della Carrozzo), il 38enne Angelo Arseni, Mario Delle Grottaglie di 45 mentre Nicola Aresta, alias “l’elettricista”, e Cosimo Tocci sono indagati a piede libero.

di Giuseppe Messe Una famiglia nel mirino 25 giugno 2012 - L’episodio di sabato scorso quando ignoti, hanno aperto il fuoco sull’auto intestata alla madre di Cosimo Giovanni Guarini alias “Maradona”, (in carcere dal gennaio 2012 per l’omicidio di Giancarlo Salati) intorno le 23.15 in via Bandello a Mesagne in zona Arco Ferraro, non è il primo bensì il quarto. Minacce e atti intimidatori verso la famiglia di Guarini sono iniziati agli inizi del mese di giugno. “Guarini non è un collaboratore di giustizia – ha dichiarato questa mattina il vice questore Sabrina Manzone, dirigente del commissariato di Mesagne , a BrindisiReport.it – tutto ciò che sta succedendo intorno alla famiglia di quest’ultimo non è riconducibile a questa ipotesi. Ovviamente dei fatti è stato avvisato anche il prefetto di Brindisi”. “Maradona” così come viene chiamato Giovanni Guarini in ambito malavitoso, non sarebbe dunque un collaborante, ma c’è qualcuno che ha preso di mira la sua famiglia, non solo la moglie che vive con le due figlie ma anche sua madre. Giovanni Guarini è stato arrestato il 27 gennaio scorso per l’omicidio di Giancarlo Salati, il 62enne mesagnese morto il 17 giugno del 2009, dopo essere stato barbaramente picchiato e martoriato il giorno prima con un bastone di ferro (16 i colpi accertati), grazie alle dichiarazioni del pentito Ercole Penna: in quel caso furono anche raggiunti da ordinanze di custodia cautelare Massimo Pasimesi alias “Piccolo dente” – già detenuto – come

mandante, Francesco Gravina alias “Gabibbo” e Vito Stano come esecutori materiali. Gli episodi – Il primo episodio intimidatorio verso la famiglia di Giovanni Guarini risale all’8 giugno scorso, quando, sempre ignoti, hanno sparato alcuni colpi d’arma fuoco sul portone dell’abitazione della madre, in via Bandello a Mesagne. In casa in quel momento si trovava la donna insieme a due figli. Impauriti, i tre, dopo alcuni minuti, hanno avvertito il locale commissariato di polizia. Sul posto, quella sera, intervennero alcuni agenti del commissariato insieme alla dirigente. I colpi d’arma da fuoco accertati furono due. Il secondo episodio, è avvenuto quattro giorni dopo. Questa volta, un biglietto intimidatorio fu recapitato alla moglie di Cosimo Giovanni Guarini, nella buca delle lettere dell’abitazione dove vive con le figlie. Secondo allarme per i famigliari di “Maradona”. Anche questa volta la polizia fu avvertita. A breve di distanza dal primo e dal secondo episodio minaccioso, arriva il terzo. Questa volta ad essere presa di mira, è l’autovettura di un altro figlio della madre di Guarini: le quattro ruote gli vengono fatte trovare tutte tagliate. Il quarto, in ordine di tempo, è quello avvenuto sabato 23 giugno. Altri spari sempre in via Bandello. Sempre di sera, quando c’è poca gente in giro, erano circa le 23.15, quando dei colpi d’arma da fuoco vengono avvertiti in quella via, nei pressi dell’abitazione della mamma di “Maradona”. I colpi d’arma da fuoco hanno colpito l’autovettura intestata alla madre, una Fiat Multipla, che era parcheggiata proprio dinanzi la casa dove risiede. I colpi d’arma da fuoco hanno raggiunto il lato destro dell’auto, causando la rottura del finestrino anteriore.

di Maristella DeMichele

Nuova intimidazione a Mesagne. Due colpi di fucile contro auto 25 Giugno 2012 - Mezzanotte di fuoco a Mesagne a causa di alcuni malviventi che sono tornati a sparare per incutere timore. Questa volta l’obiettivo è stato l’auto di una signora, madre di un individuo arrestato lo scorso maggio nell’ambito dell’operazione “Die Hard”, in uso alla figlia. L’auto è stata raggiunta da due colpi di fucile calibro 12 che hanno mandato in frantumi i finestrini destri. I proprietari intimoriti hanno chiamato la polizia ma sul posto sono giunte prima alcune gazzelle dei carabinieri i quali hanno preso il controllo delle indagini che, al momento, sono piuttosto articolate. Le stesse, infatti, sono confluite in quelle ben più ampie della Direzione distrettuale antimafia di Lecce. La proprietaria dell’auto e i familiari, nella tarda serata di sabato, erano piuttosto scossi e preoccupati dall’evento criminale. Il luogo, o meglio la via, è la stessa dove il 7 maggio scorso furono uditi alcuni colpi di pistola e dei passi, con ritmo piuttosto veloce, sui terrazzi. All’epoca, però, non fu individuato nessuno. Una storia in cui c’è, tra le altre cose, anche una circostanza piuttosto strana. fiat-multipla-2-colpi-di-fuNonostante che nelle varie strade del rione fossero sedute, fuori dalle abitazioni in cerca di refrigerio, diverse persone nessuno ha visto nulla. I killer hanno agito, evidentemente, godendo di un’invisibilità sovrumana. Oppure la soluzione è molto più semplice quanto più inquietante e si chiama: omertà. In ogni modo in aiuto agli investigatori potrebbero giungere le immagini di qualche telecamera di videosorveglianza.

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Anno 2012

Vendetta Scu o gelosie d’affari 19 giugno 2012 - Si è rischiato grosso questa notte in via Brindisi all’altezza del civico 278, dove era parcheggiata l’auto dell’ex assessore provinciale al Turismo, Natale Curia, data alle fiamme da ignoti piromani. La vettura, una Volkswagen Golf, era parcheggiata tra due villette e a ridosso di due attività commerciali, una delle quali di prossima apertura e l’altra adibita alla vendita di vernici. Solo il tempestivo intervento dei proprietari prima, e dei vigili del fuoco, poi, ha evitato che i due negozi venissero completamente invasi dalle fiamme con conseguenze ben più gravi. All’interno di entrambi, infatti, ci sono prodotti altamente infiammabili. Sul posto si sono recati i carabinieri della locale stazione al comando del maresciallo Giuseppe Pisani per i rilievi di rito. Al momento sembrerebbe che la pista più avallata sia quella legata alla sua nuova attività commerciale di Curia. Da qualche mese, infatti, l’ex assessore provinciale ha avviato un’impresa di onoranze funebri la cui sede è proprio di fronte all’ospedale Melli in via Lecce. I militari dell’Arma stanno verificando se Curia abbia collezionato una serie di inimicizie nella fase di lancio della sua nuova impresa. L’imprenditore, invece, contattato telefonicamente esclude che l’attentato incendiario sia legato alla sua vita lavorativa e sostiene invece che questo atto criminoso nei suoi confronti possa essere una conseguenza dell’arresto per estorsione di un ex componente della Sacra Corona (Domenico D’Agnano detto Nerone) avvenuto a giugno del 2010 a seguito della sua denuncia alle forze di polizia. “Non ho nemici, l’unico episodio che dal mio punto di vista è collegato con questo attentato incendiario è l’arresto dell’ex membro della Scu. Qualche

mese fa è uscita la sentenza. Per il resto non credo di aver fatto torti a qualcuno o di avere nemici così agguerriti da mettere fuoco alla mia vettura”. Gli investigatori, però, con questa ipotesi ci vanno cauti. Qualche risposta sull’identità dei piromani potrebbe arrivare nelle prossime ore dopo l’analisi delle registrazioni del sistema di video sorveglianza di cui è dotata la tabaccheria presente di fronte al luogo dove era parcheggiata la vettura di Natale Curia. L’occhio elettronico pare abbia ripreso per intero la scena ma la risoluzione dei fotogrammi non sarebbe delle migliori. Quello che è certo, al momento, è che questa notte in via Brindisi si sono vissuti veri e propri momenti di panico. Ad accorgersi delle fiamme sono stati i genitori dell’ex assessore provinciale che abitano al primo piano dello stabile vicino cui era parcheggiata la vettura. Sono stati svegliati intorno alle due e un quarto da uno scoppio e da un forte odore di bruciato, si sono precipitati sul balcone e quando hanno visto quello che stava accadendo hanno subito allertato i figli. Natale Curia e il fratello si sono immediatamente portati in strada e hanno spostato l’auto in fiamme dal piccolo spazio in cui era parcheggiata, proprio per evitare ulteriori danneggiamenti sia alle abitazioni che alle attività commerciali. Con l’aiuto dei vicini e di altri commercianti hanno poi cercato di domare l’incendio fino all’arrivo dei vigili del fuoco giunti dal comando provinciale di Brindisi. “Ci tengo a ringraziare tutti coloro che si sono prodigati per aiutarci” ha precisato l’imprenditore. Nel frattempo quel tratto di via Brindisi si è riempito di gente. Il bilancio è stato più che negativo. Oltre alla vettura di Curia e al prospetto dell’abitazione dei suoi genitori, infatti, si è completamente bruciato il portone di ingresso e il prospetto di un’attività commerciale di prodotti per la casa e per la

persona che sarebbe dovuta essere inaugurata fra qualche giorno di proprietà di una ragazza sanpietrana. L’auto di Curia è stata rimossa questa notte stessa.

di Paola Bari Brucia paninoteca, cause dubbie 19 giugno 2012 - Fino alla tarda serata di ieri avevano festeggiato la vittoria degli azzurri contro l’Irlanda del Trap. Poi hanno chiuso, al termine di una delle prime giornate di lavoro della stagione estiva. E al mattino, intorno alle 5 le fiamme, che hanno distrutto tutto. “Ma questo è racket?”, chiede un ignaro passante al cronista mentre documenta lo scempio di via Del Mare: un camper da venditori ambulanti di panini distrutto da un rogo proprio ad un tiro di schioppo dalla questura. Saranno le indagini avviate dalla Polizia di Stato a stabilire cosa si nasconda dietro l’incendio che ha distrutto l’attività condotta da Antimo Miceli. L’unico dato certo è che i danni sono ingenti e l’attività “Brace e Fantasie” è seriamente compromessa. Non è chiaro da dove sia partito l’incendio che nell’arco di pochi minuti, dopo le 5, ha devastato la paninoteca. I vigili del fuoco del comando provinciale di Brindisi intervenuti per domare le fiamme non hanno trovato inneschi particolari. I pompieri hanno anche evitato, col loro intervento che tre bombole di gas, posizionate dietro il mezzo, potessero esplodere. Pare che fino ad una mezz’ora prima fosse tutto tranquillo perchè anche una pattuglia della polizia impiegata in zona era passata lungo via Del Mare non notando alcun movimento sospetto. Resta da stabilire l’esatta origine delle fiamme per poter comprendere se si sia trattato di uno sfortunato incidente o dietro ci sia la mano del racket delle estorsioni. I danni ammontano a diverse decine di migliaia di euro.

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Mesagne: A sparare a Pezza Viva è stato un uomo appiedato 15 Giugno 2012 - Gli investigatori stanno lavorando con una certa caparbietà sul video che ha ritratto l’atto intimidatorio portato a segno a Mesagne ai danni dell’azienda “Pezza Viva”. Lo hanno sezionato fotogramma per fotogramma, sequenza dopo sequenza. L’hanno avvolto e riavvolto più volte fino a quando gli occhi hanno iniziato a bruciare. Sono lì da ore per cercare un elemento, un indizio, che possa metterli sulla giusta via. Purtroppo la qualità delle immagini non è delle migliori per non dire pessima. Ha ritratto la scena ma non ha permesso di individuare l’autore. Le immagini ingrandite sono sgranate e inservibili. Immagini che, tuttavia, devono essere migliorate nei laboratori scientifici della polizia. Perciò ci vorrà ancora del tempo per cercare il sicario giusto. Anche se, per la verità, gli investigatori hanno le idee alquanto chiare sull’accaduto in virtù di quell’approfondita conoscenza del territorio. Oggi a Mesagne bisogna essere attenti a captare anche i minimi mutamenti. E in questi mesi mutamenti ne sono avvenuti di certo poiché i capi clan sono in carcere, grazie alle varie operazioni di polizia, e i neofiti boss iniziano a scalpitare per emergere e assumere il comando. Insomma Mesagne è in una fase delicata. In ogni modo l’atto intimidatorio al negozio di latticini “Pezza Viva”, di proprietà dei fratelli Greco di Torre Santa Susanna, dovrebbe essere avvenuto intorno a mezzanotte. In concomitanza dello sparo dei secondi fuochi in occasione della festa di S. Antonio la cui parrocchia dista da via Gualtiero d’Ocra, luogo in cui è ubicata l’attività commerciale, qualche centinaio di metri. Il sicario ha atteso l’inizio dei fuochi e poi si è avvicinato alla

vetrina ed ha fatto fuoco. Ecco perché i residenti non hanno sentito alcuno sparo. Il colpo di fucile è stato coperto da quello dei fuochi pirotecnici. La sequenza delle immagini, infatti, dovrebbe aver chiarito che a sparare è stato solo un uomo che si è avvicinato a piedi alla vetrina ed ha esploso un solo colpo. Poi è fuggito a piedi e si è dileguato con l’aiuto di qualche complice. Sull’inquietante vicenda dell’atto intimidatorio ai danni di “Pezza Viva” è intervenuto Fabio Marini, presidente dell’associazione antiracket e antiusura “Legalità e sicurezza”: “L’atto intimidatorio è vile e criminale – ha spiegato Marini – Agli imprenditori rivolgo il consiglio che ho sempre dato a tutti: denunciate questi aguzzini. Senza se e senza ma. Insomma senza avere paura di nulla. Solo con la denuncia si può permettere alle forze dell’ordine di indagare e individuare questa gente. Bisogna affidarsi con fiducia nelle mani delle forze dell’ordine che insieme alla magistratura stanno svolgendo un ottimo lavoro”. Quindi Marini ha precisato: “Comprendo bene che per ottenere dei risultati ci vuole del tempo. Però la strada da percorrere è quella, se vogliamo estirpare questa piaga sociale dal nostro territorio”. Mesagne contro la mafia ha gli anticorpi della legalità 14 Giugno 2012 - La comunità e l’Amministrazione comunale di Mesagne, da tempo, hanno scelto di contrastare in tutte le forme possibili la riproposizione di qualsiasi atto criminoso, compreso l’incendio consumatosi domenica scorsa sui “nostri” terreni confiscati, gestiti dalla tenace Cooperativa “Libera Terra- Terre di Puglia”. “Fatto grave e preoccupante per la matrice dolosa che a oggi è confermata

e per la realtà criminosa che ripropone, mai negata o sottovalutata. – ha spiegato il sindaco Scoditti a nome dell’intera amministrazione comunale - Sono giorni questi, per Mesagne, di grande sofferenza che rimandano a una responsabile e comune riflessione”. La città, in oltre venti anni d’impegno contro la criminalità, ha comunque strutturato i necessari anticorpi ed è vigile e presente, presidiando il territorio. “Lo ha fatto e, accogliendo l’incitamento di don Luigi Ciotti – ha continuato Scoditti - proseguirà a farlo con continuità, mantenendo alto l’impegno e rinnovando le energie, con condivisione, ritrovandosi come comunità civile che da tempo ha scelto da che parte stare, con corresponsabilità, obbligandosi, prima individualmente e nelle scelte private e poi collettivamente e nelle scelte pubbliche, ad essere una città onesta e coerente”. Intanto è già al lavoro il neo segretario del Pd, Alessandro De Nitto, il quale ha risposto con sdegno all’atto intimidatorio perpetrato, ancora una volta, ai danni di Libera cui è stato bruciato una parte di grano. “In un momento storico, culturale e politico caratterizzato dalla voglia di cambiamento e dall’impegno concreto dei ragazzi mesagnesi a rendere il nostro paese un posto migliore in cui vivere – ha scritto Alessandro De Nitto - “l’oltraggio” consistito nell’appiccare il fuoco nei campi tolti alle mafie e restituiti alla società civile è una ferita per l’intera comunità. Senza voler essere retorici o irresistibilmente idealisti, questo partito nell’esprimere l’ovvio sostegno ad Alessandro Leo e ai suoi ragazzi, conferma, ove ve ne fosse bisogno, la volontà del Pd di sostenerli in ogni loro iniziativa o necessità, rassicurandoli che mai saranno lasciati soli e in balia di chi pur dichiarandosi “uomo d’onore” è, in realtà - sic venia verbo – vigliacco e nemico della sua stessa terra”.

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Per il Pd come per il grano, anche nella vita vi è un tempo per tutto. “Un tempo per la semina, e in questo i ragazzi di Terre di Puglia sono stati eccezionali nel farsi promotori della legalità in un luogo dove solo ieri si calpestavano i diritti dei deboli. Ha concluso De Nitto - Un tempo per la crescita, che deve vederci impegnati tutti nel denunciare ogni singolo diritto violato”. Banda Antonino sommersa di condanne 14 giugno 2012 - Oltre un secolo di carcere alla banda di Sandro Antonino, quella del gruppo che “in due tre mesi ci siamo mangiati Brindisi, cumpà”. E per la quale “se ci arrestano e ci mettono dentro, ci devono fare un articolo curioso: presa la banda Antonino”. Il titolo della nuova pagina scritta dalla giustizia è: condannata la banda Antonino a 106 anni e 10 mesi: 19 imputati condannati complessivamente a 107 anni di carcere, sei gli assolti. Nella durissima requisitoria finale il pubblico ministero Valeria Farina Valaori aveva chiesto condanne pari a 163 anni a carico dei 25 imputati. Si tratta del gruppo catturato nell’operazione “Terra Bruciata” condotta dalla Squadra mobile della questura di Brindisi l’1 luglio del 2010, su indagini che avevano preso in considerazioni episodi avvenuti tra il 2006 e il 2007 nel capoluogo, che sfociò in 12 arresti e 8 indagati. L’organizzazione che gli investigatori e la procura descrissero come una banda di ladri, ricettatori, rapinatori e attentatori in carriera. Una rete di soggetti rea di aver messo a segno una catena di furti di auto e moto, seguiti da richieste estorsive, il cosiddetto cavallo di ritorno, a ritmi molto elevati, senza disdegnare spaccate nei negozi di mezzo Salento, qualche colpo in trasferta al Nord (una

rapina e due furti in appartamento, a Parma, Fabriano e Ancona), una serie di furti in appartamento se trovavano anche le chiavi di casa del proprietario nell’auto rubata da un membro del gruppo. Di seguito le condanne del tribunale (presidente Aliffi, a latere Scuzzarella e Testi), nei confronti degli indagati: 16 anni e 6 mesi (chiesti 20 anni) per Marco Greco, 15 anni e 4.600 euro di multa per Sandro Antonino (a fronte dei 15 anni e 3 mesi richiesti), 12 anni e sei mesi (a fronte dei 16 anni e 6 mesi chiesti) e 4.000 euro di multa per Cosimo Papa, 11 anni e 3.200 euro di multa (a fronte degli 11 anni e 6 mesi chiesti) per Andrea Pisani, 6 anni e 6 mesi e 1.300 euro di multa per Ivano Cannalire (chiesti 6 anni). Poi 6 anni e 6 mesi e 1.300 euro di multa (6 gli anni richiesti) per Gennaro Giuffrida, 6 anni e sei mesi (nove di reclusione per reati unificati) e 1500 euro di multa a Fabrizio Guttagliere (richiesti 6 anni), 6 anni e sei mesi (nove di reclusione per reati unificati) e 1500 euro di multa ad Alessandro Morleo (pena richiesta 6 anni), 5 anni e 550 euro di multa per Domenico Muoio (chiesti 8 anni e 8 mesi), 4 anni e 6 mesi e 600 euro di multa (a fronte degli 8 anni chiesti) per Claudio Palma, 4 anni e 10 mesi e 1000 euro di multa (a fronte dei 9 anni chiesti) per Giuseppe Palma. Proseguendo, 2 anni di reclusione e 600 euro di multa, pena sospesa, per Fulvio Ciccarelli (richiesti 4 anni e 6 mesi), 2 anni e sei mesi (anziché i 4 anni richiesti) per Davide Tramacere, 2 anni (pena sospesa) e 600 euro di multa (a fronte dei 4 anni e 6 mesi chiesti) per Antonio Vozza, 2 anni e 200 euro di multa (a fronte dei 3 anni e 6 mesi chiesti) per Francesco Ruggero, un anno di reclusione (a fronte dei 2 anni richiesti) per Claudio Cucinelli, 8 mesi pena sospesa (a fronte di 1 anno e 6 mesi) per Antonio Tramacere, 8 mesi di reclusione (pena sospesa) per Giancarlo Bagorda (chiesti 2

anni), 8 mesi (pena sospesa a fronte di 1 anno richiesto) per Davide Marzo. Assolti Danilo Pugliese (fratello del pentito Marco Pugliese erano stati chiesti 7 anni), Stefano Iacolare (7 anni richiesti), Gianluca Guerra (erano stati chiesti 3 anni), Fabio Bagnato (1 anno e 6 mesi richiesti), Michele Patronelli (erano stati chiesti 3 anni e 6 mesi). Per Raffaele Saponaro (4 anni e 6 mesi richiesti), dovrà essere riformulato il capo d’imputazione. L'antiracket allo Stato: Dovete essere più incisivi 13 Giugno 2012 - Gli inquietanti segnali che la criminalità organizzata ha lanciato in questi giorni a Mesagne non fanno abbassare la guardia alla società civile e alle associazioni antiracket e antiusura. E sono loro che, ancora una volta, sono scese in campo per far sentire la voce e condannare con sdegno l’episodio criminale che ha coinvolto Libera cui ignoti piromani hanno incendiato parte del grano biologico a poche ore dalla trebbiatura. “La politica deve essere maggiormente incisiva – ha detto Fabio Marini, presidente dell’associazione antiracket “Legalità e sicurezza” di Mesagne – Non ci devono essere tentennamenti o riserve. Davanti a questi episodi bisogna essere uniti. E bene ha fatto il governatore Vendola a essere duro anche con il Governo che sull’onda dell’emozione del 19 maggio ha promesso qualcosa che ancora non si è visto”. Parole dure quelle di Marini che hanno richiamato le istituzioni alle loro promesse oltre che ai loro compiti. E a rincarare le dichiarazioni di Marini ci ha pensato il coordinatore provinciale delle associazioni antiracket, Ermanno Manca: “Purtroppo, ancora una volta, a distanza di solo qualche giorno è necessario e doveroso esprimere la solidarietà e la

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vicinanza anche agli amici e colleghi di Libera e in particolare a Libera Terra per quanto accaduto al grano seminato sui terreni confiscati alla Scu”. Ha spiegato il coordinatore: “Non possiamo pensare che sia stata autocombustione o distrazione di qualcuno che maldestramente abbia provocato le fiamme, perché i segnali in “codice” ci sono e devono essere capiti”. Ed ha, quindi, fatto un appello alle istituzioni affinché siano sempre deste su questi episodi: “Non possono essere solo coincidenze e se non si comprende questo e non si corre subito ai ripari con risposte dure e decise – ha continuato - rischiamo di tornare indietro e vanificare ciò che in questi ultimi tempi abbiamo faticosamente costruito; rischiamo che commercianti e operatori economici si abbandonino allo sconforto e si pieghino al ricatto mafioso”. Una preoccupazione che Manca ha gridato forte più volte nei vari incontri che ha tenuto anche con i rappresentanti delle istituzioni incaricate a vigilare sull’ordine pubblico: “Non deve accadere questo scoramento e perciò lanciamo l’appello forte a contrastare l’attacco criminoso da qualunque parte provenga. Agli amici di Libera va tutto il nostro sostegno e l’incitamento a non mollare mai”. Martina Carpani, dell’Unione degli studenti della provincia di Brindisi, ha espresso la solidarietà: “Riteniamo fondamentale continuare la battaglia che insieme ci siamo prefissati – ha detto - contro ogni tipo d’illegalità e ingiustizia, praticando dal basso l'antimafia sociale a partire dai beni confiscati e dall'educazione alla legalità. E’ necessario sconfiggere ogni comportamento omertoso e indifferente e farci tutti portatori di questo messaggio, ricostruendo sulla base dei nostri valori un percorso di riqualificazione del territorio”. Infine Carmelo Rollo, presidente di Legacoop Puglia, ha spiegato che è:

“Un gesto che ha il sapore amaro di un’intimidazione mafiosa. La mafia si combatte con coraggio, impegno e lavoro «libero», proprio come ci insegnano giorno per giorno i ragazzi di Libera”. “Pezza Viva”: fucilate contro vetrata 13 giugno 2012 - Una fucilata sparata dritta contro la vetrata che finisce in frantumi. Attentato a colpi di fucile ai danni della rivendita di Mesagne della nota azienda di prodotti tipici e latticini Masseria “Pezza Viva”. Qualcuno, non è noto ancora quando ha agito, ha esploso una fucilata direttamente contro l’ingresso del negozio di via Gualtiero D’Ocra, distruggendo la vetrata del punto vendita nel centro messapico. Ad accorgersi dei danni, all’ora di apertura dell’attività commerciale, uno dei titolari del negozio che ha sporto denuncia al commissariato di polizia di Mesagne. Gli agenti guidati dal vice questore aggiunto Sabrina Manzone si sono recati sul posto, insieme con il personale della scientifica, per i rilievi del caso. A sparare un fucile da caccia a pallini. Gli investigatori stanno valutando il calibro dell’arma che potrebbe essere un 12 o un 16 millimetri e quando l’attentatore possa essere entrato in azione: se nella serata precedente dopo le 21.30 – in corrispondenza dei fuochi pirotecnici sparati per la festa dedicata a Sant’Antonio da Padova – o se in nottata. Nessun dei residenti sembrerebbe aver udito esplosioni per cui è probabile che lo sparo sia avvenuto in corrispondenza dei fuochi. Strano messaggio nei confronti delle più note aziende lattiero casearie della provincia con base a Torre Santa Susanna e diversi punti vendita nei vari comuni del Brindisino dei fratelli Greco. A scoprire e denunciare il fatto

di primo mattino è stato Cosimo Greco, 45 anni, uno dei titolari, che non riesce a spiegarsi il gesto, dal momento che – come spesso accade in questi episodi – nessuno nella circostanza aveva mai ricevuto minacce o richieste estorsive. Non è escluso tuttavia che possa trattarsi di un ritorno del racket. In passato, la stessa azienda (e nello specifico lo stesso punto vendita) era stata presa di mira dalla criminalità.

di Antonio Portolano Libera: nessun cedimento sul fronte della legalità 13 Giugno 2012 - L’azienda agricola “Canali, confiscata alla criminalità organizzata mesagnese, da sei anni è divenuta una fiorente attività commerciale grazie al lavoro che Libera, attraverso la cooperativa sociale di giovani “Terre di Puglia”, sta facendo. I progetti sono ambiziosi giacché in quest’azienda è presente una masseria, anch’essa confiscata, che a breve sarà ristrutturata grazie a un progetto finanziato dal Pon Sicurezza per la realizzazione di una masseria didattica. "In attesa dei riscontri necessari e osservando il doveroso riserbo per il lavoro delle forze dell'ordine e ringraziando l’impegno delle istituzioni – ha commentato una nota emessa da Libera, Associazioni, nomi e numeri contro le mafie - ribadiamo con forza e determinazione che le fiamme in Puglia come quelle in Sicilia insieme alle altre forme d’intimidazioni subite negli ultimi giorni non fermeranno la scelta e l’impegno del nostro percorso di restituzione alla collettività di quanto le mafie hanno sottratto con la violenza e la minaccia”. I responsabili di Libera hanno fatto notare che il loro impegno per la legalità e la giustizia: “Non subirà alcun cedimento e queste intimidazioni sono la riprova del positivo che in

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quella terra come nel resto del paese stiamo cercando di costruire anche grazie alla preziosa opera di magistratura e forze dell'ordine, dell'associazionismo, del mondo cattolico e di molte amministrazioni attente”. Per Libera le fiamme di domenica che hanno bruciato il raccolto di 200 quintali di grano duro biologico “Senatore Cappelli”: “Non fermeranno il riscatto della legalità anche perché non si deve cedere alle eventuali intimidazioni di quanti credono con la violenza di seminare paura. – hanno chiarito da Libera - A Mesagne da tempo è stata seminata la speranza e il raccolto continuerà a essere fruttuoso. Da tempo in questo territorio sono ben radicati gli anticorpi sociali pronti a rispondere sempre con attenzione e corresponsabilità a qualsiasi atto intimidatorio. Coltivare e produrre sui terreni confiscati ai mafiosi e creare lavoro libero dalle mafie rappresenta il più grande schiaffo alla criminalità organizzata e a chi la copre”. Libera non ha gettato la spugna per quest’ennesimo episodio intimidatorio, tutt’altro. “Noi continueremo in quel territorio - ha concluso l’associazione antimafia - a coltivare la speranza, la freschezza di prospettive fondata su lavoro vero, tenace e concreto". Maci:”Troppe pressioni estorsive” 12 giugno 2012 - Angelo Maci lancia l’allarme legalità e chiede maggiore attenzione da parte dello Stato. Lo fa in una lunga video-intervista rilasciata ad Angelo Perrino, direttore del sito Affari Italiani. Ma quella del presidente della Cantina Due Palme non è solo una richiesta di aiuto, bensì anche un invito agli imprenditori a fare la propria parte, a non abbassare la testa. «Per tre volte sono stato oggetto di richieste estorsive giunte per telefono, e per tre volte ho

denunciato tutto alle forze dell’ordine e gli autori delle minacce sono stati assicurati alla giustizia. Le aziende hanno bisogno della legalità. Se non c’è legalità, lo sviluppo è compromesso», ha dichiarato Maci, che poi ha fatto riferimento a recenti episodi di cronaca: «In questo periodo stiamo rivivendo brutte situazioni, come gli assalti di bande armate alle ville in campagna. Io vivo in campagna da 30 anni e non ho mai avuto paura. Oggi ce l’ho e sono preoccupato». Perché l’imprenditore non vede una ferma reazione da parte dello Stato. «Cinque mesi fa ho contribuito a rimandare in galera un delinquente. Era appena uscito dal carcere dopo 20 anni di detenzione e si era rimesso a fare estorsioni. Ho fatto presente alle forze dell’ordine e alla magistratura che vedo delle situazioni diverse, ma nessuno si è ancora degnato di chiamarmi o interrogarmi. Ha ragione Ferrarese, a Brindisi e provincia c’è una situazione pericolosissima. Stiamo vivendo momenti terribili». Ma per uscirne ci vuole poco, come dimostra la risposta data all’attentato alla scuola Morvillo-Falcone: «Brindisi per 40 anni ha vissuto di contrabbando. Cinquemila famiglie vivevano di contrabbando. Ma quando lo Stato, dopo la morte di suoi due uomini, ha detto basta, il contrabbando è stato eliminato in poche settimane. Quando lo Stato viene toccato, reagisce. E oggi bisogna reagire».

di Fabio Mollica Vendola incontra le associazioni antiracket: "Sostegno e appoggio" 11 giugno 2012 - “L’appello che, come Regione Puglia, raccolgo dalle associazioni antiusura e antiracket del territorio, lo rivolgo direttamente al Ministero degli Interni,

alle Prefetture pugliesi e a tutte le autorità competenti affinchè si possa avviare una rete di monitoraggio su tutto quello che sta accadendo sul nostro territorio. Le associazioni chiedono di non abbassare la guardia e di aprire gli occhi perché in questo momento non è ammissibile alcuna distrazione, colpevole distrazione”. Lo ha detto il Presidente della regione Puglia Nichi Vendola al termine dell’incontro, svoltosi questa mattina in Presidenza, con alcuni rappresentanti delle associazioni antiracket e antiusura della Puglia, tra cui il coordinatore regionale delle associazioni Renato De Scisciolo e il Presidente dell’associazione di Mesagne Fabio Marini accompagnato dal legale dell’antiracket avv. Carmelo Molfetta e dal coordinatore provinciale Ermanno Manca. “Nelle scorse ore sono stati dati alle fiamme sette ettari di terreno coltivato a grano nelle campagne di Libera nel brindisino – ha aggiunto Vendola – gli attentati a Fabio Marini Presidente dell’antiracket di Mesagne, l’associazione antiracket e antiusura di Vieste sul Gargano, con i propri associati impegnati come testimoni nel processo Medioevo, vive altrettanto una condizione di assedio con episodi di gravissima intimidazione come è accaduto con l’incendio dell’automobile del vicepresidente. Ci sono tanti segnali che dicono che questo è il momento in cui le organizzazioni criminali stanno cercando di capitalizzare gli effetti della crisi economica. Le mafie sono le banche più ricche di liquidità e più capaci di costruire un circuito creditizio naturalmente legato alla natura usuraia della loro attività”. Per Vendola “minimizzare la mafia è sempre un crimine, ma minimizzare le realtà delle organizzazioni mafiose e dei clan nel momento in cui queste organizzazioni rischiano di estendere la propria capacità di controllo del territorio

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proprio perché c’è la crisi economica, sarebbe veramente un crimine imperdonabile”. “Molti imprenditori di un territorio cominciano a ribellarsi – ha sottolineato Vendola - si organizzano per rendere testimonianza nella aule di giustizia e per rompere il muro dell’omertà. Ma a fronte di tutto questo, c’è bisogno che lo Stato dia prove di accompagnamento costante a questa presa di coscienza e a questa testimonianza”. “Se lo Stato - ha detto il Presidente - si comporta con un’attenzione scostante, se cioè un giorno accende i riflettori e il giorno dopo li spegne, la sensazione è che chi denuncia si sente abbandonato e questo determina un effetto domino drammatico”. Dalla spinta al coraggio dunque si potrebbe passare al “rompete le righe generalizzato”, un tornare indietro “perchè - secondo Vendola – potrebbe apparire più conveniente pagare il pizzo piuttosto che denunciare la malavita. Noi abbiamo fatto passi avanti, ma se non riusciamo a farne ancora, il rischio è che si possano fare decine di passi indietro e in questo momento è impensabile perché siamo tutti a rischio. La crisi economica – ha ribadito ancora una volta Vendola - è un terreno di protagonismo straordinario delle mafie”.

di Giuseppe Messe Brucia il grano delle terre confiscate alla Scu 11 Giugno 2012 - Ieri pomeriggio, poco dopo le ore 18.00, ignoti hanno appiccato il fuoco al grano che la cooperativa agricola dei giovani di Libera aveva seminato sui terreni confiscati alla Sacra Corona Unita in località Canali, sulla strada provinciale Mesagne-S. Vito a 3 km. da Mesagne. Sono andati distrutti 7 ettari di grano dei 10 che erano stati coltivati. Il fuoco, alimentato dal vento, è stato spento a

tarda sera dai Vigili del Fuoco di Brindisi che hanno dovuto lavorare duramente per avere ragione delle fiamme. Indagano i carabinieri di Mesagne. L'incendio è di natura doloso in quanto le fiamme sono state appiccate in più punti.

di Giuseppe Messe Nota della Redazione Purtroppo ancora una volta e a distanza di solo qualche giorno,è necessario e doveroso esprimere la solidarietà e la vicinanza anche agli amici e colleghi di Libera ed in particolare a Libera terra per quanto accaduto al grano seminato sui terreni confiscati alla SCU. Non possiamo pensare che sia stata autocombustione o distrazione di qualcuno che maldestramente abbia provocato le fiamme, perché i segnali in “codice” ci sono e devono essere capiti. Non possono essere solo coincidenze e se non si comprende questo e non si corre subito ai ripari con risposte dure e decise, rischiamo di tornare indietro e vanificare ciò che in questi ultimi tempi abbiamo faticosamente costruito; rischiamo che commercianti e operatori economici si abbandonino allo sconforto e si pieghino al ricatto mafioso: non deve accadere e perciò lanciamo l’appello forte a contrastare l’attacco criminoso da qualunque parte provenga. Agli amici di Libera và tutto il nostro sostegno e l’incitamento a non mollare..mai.. Rapine, intercettati ai colloqui 11 giugno 2012 - La banda delle rapine che da novembre a febbraio scorso ha funestato i territori del Brindisino e del Leccese seminando terrore tra commercianti e gestori di stazioni di servizio, potrebbe essere stata definitivamente sgominata. Dopo l’arresto di due presunti componenti del gruppo armato di febbraio scorso (Ciarli Screti di San Pietro Vernotico e Daniele De Leo di Brindisi), questa notte, su

ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari Alcide Maritati, i carabinieri di Campi Salentina hanno arrestato il pregiudicato sanpietrano Cosimo Fina, detto “il biondo”, di 42 anni, il sanpietrano Giuseppe Cazzetta detto “Pitrizzi” di 32 e il brindisino Vito Simone Ruggiero di 22. I tre, insieme agli altri due complici, sono sospettati di 12 rapine commesse nei paesi delle province di Brindisi e Lecce. Di queste 8 sono state perpetrate nel Brindisino. Al momento sono accusati di “porto di arma alterata” e “ricettazione di arma e auto oggetto di furto”. L’auto, una Fiat Uno rubata a Cellino San Marzo e l’arma, un fucile a canne mozzate rubato a San Michele Salentino, sono state poste sotto sequestro. A casa di Ciarli Screti, durante una perquisizione è stata trovata una cartuccia compatibile con il fucile oggetto di sequestro. I carabinieri di Campi Salentina, coordinati dal capitano Simone Puglisi, insieme ai colleghi di Cellino San Marco, hanno messo a posto i tasselli che hanno portato all’arresto della presunta banda delle rapine, pian piano e con una serie di investigazioni minuziose e accurate. Fondamentali sono state le intercettazioni ambientali in carcere dei due arrestati di febbraio scorso (De Leo e Screti) delle conversazioni con i loro famigliari. In queste occasioni, infatti, i due indagati, parlando con le loro conviventi e sorelle, hanno fatto i nomi degli altri tre complici. L’operazione che ha portato all’arresto di Fina, Cazzetta e Ruggiero è stata denominata “Gubbia” in riferimento al casolare utilizzato come nascondiglio dove la banda aveva occultato l’arma e l’auto che presumibilmente ha utilizzato per mettere a segno le rapine. Tutto ha avuto inizio a novembre scorso quando la strada provinciale che collega Campi Salentina a Cellino San Marco fu teatro di un inseguimento tra rapinatori e carabinieri. In quell’occasione

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fu abbandonata nelle campagne una Fiat Croma e i suoi occupanti si dileguarono nelle campagne circostanti. Nei mesi successivi la zona fu setacciata e a febbraio i carabinieri di Campi Salentina trovarono in un casolare abbandonato una Fiat Uno di colore grigio al cui interno era occultato un passamontagna, un fucile canne mozze e resti di un registratore di cassa (gli scontrini presenti all’interno dell’apparecchio riportavano la ragione sociale di un supermercato di San Donaci). I militari sorvegliarono il casolare fino a quando chi aveva nascosto quell’auto non si fece vivo. Era la sera del 9 febbraio scorso. Intorno alle 19 giunse una Fiat Punto con all’interno cinque individui. I carabinieri si fiondarono sulla vettura ma riuscirono ad acciuffarne solo due. Ciarli Screti , bloccato sul posto e Daniele De Leo, rinvenuto qualche ora dopo nelle campagne di Squinzano. Gli altri si dileguarono. I due arrestati, durante le visite in carcere dei loro parenti, le cui conversazioni sono state intercettate e registrate dai carabinieri, hanno fatto il nome dei loro tre complici durante i colloqui: “Daniele”, “Il Biondo” e “Pitrizzi”. “Mi hanno abbandonato… pisciaturi li ho chiamati, e bastardi… pisciaturi bastardi mi state abbandonando? Non ce la stavo facendo, quando mi alzavo così e cadevo”, si legge in uno stralcio di intercettazione della conversazione tra Daniele De Leo e la sua convivente Deborah, in cui il ragazzo sta raccontando le fasi della fuga dopo l’irruzione dei carabinieri. “Simone faceva “alzati che è finito il fango, alzati, il fango è finito”… “Simò aiutatemi” dicevo “aiutatemi che non ce la sto facendo” ormai li avevamo seminati, i carabinieri non ci stavano più. I militari hanno poi accertato che “Simò” era l’arrestato di oggi Vito Simone Ruggiero. “I carabinieri stavano già appostati là e ci stavano aspettando, lui con la macchina (riferito a Ciarli

Screti, ndr) noi siamo scappati a piedi e lui è rimasto nella macchina e lo hanno preso. Capito? Simone è scappato, ci eravamo allontanati assai, mi avrebbero potuto aiutare, mi avrebbero preso ed ero scappato insieme a loro…a quello li accollano per forza tutte cose perché stava là”. Il dieci febbraio scorso, Cosimo Fina, sottoposto al regime di sorveglianza con obbligo di non lasciare il territorio di San Pietro Vernotico, fu trovato a Casalabate (marina di Lecce) e arrestato per evasione. Anche lui insieme a Giuseppe Cazzetta compare nelle intercettazioni ambientali delle conversazioni in carcere tra Ciarli Screti e una sua parente di nome Anna. Le indagini da parte dei militari dell’arma non si sono concluse e non si esclude che nei prossimi giorni non portino a nuovi arresti. Potrebbe essere, infatti, che la banda delle rapine sia composta da altri complici. Al momento, in cinque, si trovano in carcere.

di Paola Bari Mafia: scattano sigilli e manette 8 giugno 2012 - Abitazione con garage e veicolo commerciale intestati “fittiziamente” al figlio per eludere la normativa antimafia, ma riconducibili al padre, per un valore complessivo pari a circa 200 mila euro. E scattano i sequestri e le manette da parte dei militari del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Brindisi, in applicazione della normativa antimafia, su disposizione dell’Autorità Giudiziaria. Arrestato il pregiudicato di San Pietro Vernotico Tonio Marangio, 42 anni. L’uomo è gravato, tra l’altro, da precedenti penali per associazione di tipo mafioso, in quanto responsabile, in concorso con altri, dei reati di trasferimento fraudolento di valori e omessa comunicazione delle variazioni patrimoniali. Marangio era

stato condannato nel ‘99 in via definitiva per associazione mafiosa (416 bis) ed era tenuto per legge a comunicare ogni variazione patrimoniale, nell’arco di 10 anni (articolo30, legge 646/82, omessa dichiarazione), alle autorità preposte. Tra il 2007 e il 2008 – secondo quanto accertato dai militari guidati dal maggiore Gabriele Sebaste – avrebbe acquistato casa, un Porsche Cayenne ed un Bmw modello X-Five – senza fornire alcuna documentazioni agli organi preposti. La casa, da 8 vani, insieme con il garage sarebbero stati intestati al figlio, secondo gli investigatori in maniera fittizia, per eludere i controlli. Tentativo andato a vuoto dopo i controlli dei militari della Tributaria il cui lavoro investigativo è stato condiviso dal pm Luca Buccheri (che ha chiesto arresto e sequestri) e dal Gip Paola Liaci (che li ha disposti).

di Antonio Portolano Colpi di pistola in via Bandello 08 Giugno 2012 - Due colpi d’arma da fuoco hanno squarciato il silenzio della notte in via Bandello, rione Arco Ferraro, a Mesagne, nelle vicinanze dell’abitazione di Cosimo Giovanni Guarini, soprannominato Maradona, attualmente in carcere con l’accusa di aver partecipato all’uccisione del 62enne mesagnese Giancarlo Salati, alias Menzarecchia”, avvenuta il 17 giugno 2009. In quella operazione denominata Revenge, condotta dal capo della direzione distrettuale antimafia di Lecce, Cataldo Motta, oltre a Cosimo Giovanni Guarini furono arrestati anche Francesco Gravina, detto Gabibbo, e Vito Stano. Sul posto sono intervenuti sia gli agenti del locale Commissariato di polizia che i carabinieri di stanza a Mesagne. Da una attenta disamina sul posto, non hanno trovato fori prodotti dai colpi

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o bossoli per cui, secondo le Forze dell’Ordine, potrebbe essere stati due colpi di pistola a salve. Un episodio inquietante che carabinieri e polizia stanno analizzando per capire chi può aver sparato ed il movente. In quel momento, era passata la mezzanotte da pochi minuti, nell’abitazione casa c’erano la madre, la sorella ed un fratello, oltre ad una nipotina che dormiva. La sorella Simona testimonia che “era mezzanotte quando abbiamo sentito provenire dal terrazzo dei rumori. Subito ci siamo resi conto che erano dei passi chi qualcuno che si trovava sopra di noi. Abbiamo avuto paura per cui ci siamo immediatamente barricati all’interno di una stanza. Dopo pochi secondi i rumori sono terminati ed ho cercato con molta cautela di spiare fuori al giardino ed ho notato due individui che stavano passando sul terrazzo attiguo”. A quel punto Simona ha telefonato al 112 che ha inviato una pattuglia sul posto. “Ho sentito parlare fuori alla strada – aggiunge Simona –. In un primo momento ho preferito restarmene rintanata in casa poi ho intravisto attraverso alcune fessure della finestra il lampeggiante, mi sono rincuorata e sono uscita in strada”. Simona ha raccontato tutto alle Forze dell’Ordine che hanno svegliato un vicino di casa per poter visionare il filmato di un impianto video posizionato all’inizio di via Bandello. Sull’argomento gli inquirenti mantengono il massimo riserbo. Da voci che circolano nell’ambiente malavitoso mesagnese, il grave episodio intimidatorio potrebbe essere riconducibile ad un presunto pentimento di Cosimo Giovanni Guarini che, dal carcere dove è rinchiuso, avrebbe deciso di collaborare con la giustizia. Un’ipotesi tutta da verificare ma che, se dovesse avere dei riscontri positivi, potrebbe avere una facile lettura nel senso che qualcuno la notte scorsa ha voluto far sapere a Maradona che se dovesse

pentirsi e diventare collaboratore di giustizia ci potrebbero essere ritorsioni verso la sua famiglia.

di Giuseppe Messe Due colpi di pistola nella notte e passi che fuggono. Mistero 08 Giugno 2012 - Mistero a Mesagne. Due colpi di arma da fuoco sono stati uditi la scorsa notte a Mesagne. I cittadini, intimoriti, hanno richiesto l’intervento dei carabinieri i quali sono sopragiunti sul posto in pochi minuti. I militari hanno monitorato la zona senza trovare qualche traccia che possa far risalire all’autore dell’esplosione di colpi di arma da fuoco. Le indagini, tuttavia, sono in corso. L’episodio si è verificato mercoledì notte tra la mezzanotte e l’una in via Bandello, nel rione Arco Ferraro. Qui alcuni cittadini hanno sentito alcuni passi sui propri terrazzi e poi l’esplosione di due colpi, presumibilmente, di pistola. Impauriti da questi fatti, e ricordando il fragore udito solo poche ore prima dell’ordigno fatto scoppiare in piazza S. Antonio nei pressi dell’abitazione di Fabio Marini, hanno telefonato al 112. L’operatore ha dirottato sul posto una pattuglia di militari in servizio prevenzione crimine in città. I carabinieri hanno ascoltato la testimonianza dei residenti e hanno monitorato in lungo e in largo l’intera zona senza, tuttavia, riuscire a notare nessun individuo sospetto. Lo stesso controllo è stato fatto sui lastrici solari dei cittadini. Qui non è stato trovato nessun bossolo oppure ogiva. Il controllo è stato esteso anche ai muri, alle tapparelle, ai portoni. Senza riscontrare nulla. Il monitoraggio è stato effettuato nuovamente durante la mattinata di ieri per vedere se nella notte era stato tralasciato qualcosa. Ma non hanno trovato nulla di

anormale. Per questo motivo gli investigatori hanno dedotto che, probabilmente, si è trattato di qualcuno che ha esploso dei colpi con una pistola a salve oppure si è trattato di due petardi. Certo resta il mistero dei passi uditi dai cittadini sui terrazzi. Ma anche in questo caso potrebbe essere il gesto di qualche giovane buon tempone che accaldato dalla nottata ha deciso di vivacizzare il menage dei vicini. Anche perché, secondo gli investigatori, non è la prima volta che in quella zona sono stati uditi colpi di arma da fuoco. In ogni modo non è stato mai rinvenuto nulla che possa confermare la tesi di qualche atto intimidatorio perpetrato ai danni di qualche individuo che abita lì vicino. Bomba carta a Fabio Marini. "Meglio che non pensi" 8 Giugno 2012 - Ancora paura a Mesagne dove ignoti individui hanno fatto scoppiare una bomba carta a pochi metri dall’abitazione di Fabio Marini, presidente dell’associazione antiracket e antiusura “Legalità & Sicurezza” di Mesagne. Sul posto sono intervenuti polizia e carabinieri che, per la verità, hanno trovato pochi frammenti dell’ordigno. Gli stessi sono propensi a pensare che si sia trattato di un grosso petardo la cui deflagrazione, tuttavia, è stata notevolmente amplificata dal luogo in cui è stato collocato e sentita a lunga distanza. In ogni modo sulla vicenda sono state avviate delle indagini da parte della polizia. In aiuto agli investigatori, purtroppo, non ci sono immagini di videosorveglianza. Ed anche qui c’è da riflettere un attimo per comprendere come è possibile che su un obiettivo ritenuto “sensibile” non siano stati adottati degli accorgimenti di controllo passivi dopo l’attentato subito

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all’inizio di maggio quando fu appiccato il fuoco alla sua auto. E provocatoriamente la gente del rione ha detto di essere disponibile ad autotassarsi per acquistare le telecamere poiché è impensabile che lo Stato non abbia i soldi per attivare alcune misure di prevenzione. Come anacronistiche sembrano le promesse fatte ai parlamentari brindisini dal ministro Anna Maria Cancellieri circa un rafforzamento dell’organico delle forze dell’ordine in provincia di Brindisi. Promesse fatte all’indomani del primo attentato a Marini. “Non so che pensare – ha dichiarato un Fabio Marini piuttosto scosso – Ed è meglio che non ci pensi. Adesso è il momento della riflessione personale per parlare c’è ancora tempo. Ho fiducia nel lavoro delle forze dell’ordine”. La vicenda si è verificata intorno alle ore 21 di mercoledì in largo S. Antonio nell’omonimo rione dove abita Marini, di professione agente di spettacolo. L’abitazione è inserita in un complesso immobiliare composta da numerosi appartamenti. A un tratto il silenzio della sera è stato squarciato dal rumore di un’esplosione. La gente si è riversata in strada temendo a una bomba. Altra gente si è affacciata dalle finestre per constatare la causa di quel tremendo botto. Il luogo dell’esplosione è stato identificato a pochi metri dall’abitazione del Marini dove c’è un passaggio con un arco che immette da largo S. Antonio in via Alessandro Manzoni. E’ stato lanciato l’allarme e sul posto sono giunti poliziotti e carabinieri i quali hanno monitorato la zona senza riuscire a trovare elementi tali che possano far pensare allo scoppio di una bomba carta, anche se la deflagrazione è stata piuttosto forte. Per terra, infatti, non è stato rinvenuto nessun segno di bruciatura. Solo qualche pezzo dell’oggetto. Sul luogo è intervenuta anche la polizia scientifica per non lasciare nulla

al caso ed eseguire le analisi in maniera precisa. Perciò gli investigatori sono propensi a pensare che possa essersi trattato dello scoppio di un grosso petardo collocato in quel posto da qualche buontempone. Diverso il pensiero della gente. E se invece non fosse così? E se il “petardo” fosse stato collocato con il preciso scopo di intimidire la famiglia Marini? Fabio Marini è preoccupato per la salute dell’anziana madre che quando ha udito lo scoppio è rimasta scioccata. Mercoledì sera sul posto si è portato il sindaco Franco Scoditti il quale si è voluto sincerare della situazione della famiglia Marini. Fabio Marini, tuttavia, non era in casa al momento dell’esplosione ma è subito corso dalla madre appena gli è giunta la notizia. Può darsi che il Comune decida di installare, a proprie spese, una telecamera di videosorveglianza in largo S. Antonio. La prevenzione dei reati, infatti, è uno degli obiettivi che si è posto l’amministrazione comunale mesagnese per dare serenità alla comunità. Intanto è ancora vivo in città l’episodio del primo atto intimidatorio perpetrato la notte del 4 maggio quando ignoti individui attesero l’arrivo di Marini. Poi cosparsero la sua Mercedes, appartenuta all’attore Sergio Rubini, con del liquido infiammabile e vi diedero fuoco. In pochi secondi l’auto fu avvolta dalle fiamme. La luce provocata dall’incendio fu notata da Marini che affacciatosi alla finestra vide la sua auto a fuoco. Fu lanciato l’allarme e sul posto arrivarono vigili del fuoco e polizia. L’auto, naturalmente, fu completamente distrutta. Da allora con una certa periodicità le auto delle forze dell’ordine hanno come compito quello di passare davanti all’abitazione del presidente dell’antiracket per constatare che non ci sono problemi. Anche mercoledì sera avevano fatto il giro di routine senza, tuttavia, notare nulla di strano. Ecco perché la

polizia è convinta che il gesto è da attribuire a qualche ragazzo e non è opera della criminalità organizzata. Bomba nei pressi dell'abitazione di Marini 08 Giugno 2012 - Ancora attimi di paura l'altro ieri sera, intorno alle ore 21.00, in largo Sant’Antonio, nelle vicinanze dell’abitazione di Fabio Marini, presidente della locale associazione antiracket che la notte del 4 maggio subì un attentato alla sua auto che fu incendiata e distrutta. Ignoti hanno fatto esplodere una bomba carta sotto il passaggio che collega largo Sant’Antonio con via Manzoni. Il botto, molto forte, ha allarmato i residenti dei numerosi condomini del quartiere che presi dal panico sono scesi in strada. “Il botto è stato molto rumoroso e si è sentito a qualche centinaio di metri”, hanno detto alcune signore che ieri mattina parlavano dell’accaduto vicino al posto dove è stata fatta scoppiare la bomba carta. “Quando mi sono affacciato alla finestra per vedere cosa era accaduto ho visto un luce molto intensa - spiega Genoveffa -. Subito dopo è arrivata la polizia ed i carabinieri che sono rimasti a controllare la zona sino a mezzanotte inoltrata”, aggiunge. Fabio Marini ieri mattina era visibilmente preoccupato soprattutto per le condizioni di salute della madre che da quando gli hanno incendiato l’automobile è sempre sotto tensione e teme che possa accadere qualcosa di ancora più grave. Il presidente dell’associazione antiracket ieri mattina era in Municipio per parlare con il sindaco Franco Scoditti e con il Presidente del consiglio comunale, Fernando Orsini.

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"Nel 2001 la Scu voleva riorganizzarsi: summit in carcere" 07 Giugno 2012 - “Volevano riorganizzare la Sacra Corona Unita nel 2001 e per questo ci fu una specie di riunione del carcere di Brindisi, dove erano detenuti diversi affiliati: era necessario fare le cose in maniera più precisa per gestire meglio gli illeciti”. Il pentito. Il retroscena sul summit concepito dietro le sbarre e svoltosi presumibilmente durante le ore d’aria in cortile è stato consegnato dal pentito Simone Caforio, brindisino, classe 1973, al Tribunale del capoluogo dinanzi al quale è stato incardinato il processo sull’associazione di stampo mafioso denominata Scu “sino al 2005” che la Dda di Lecce ritiene di aver scardinato con il blitz chiamato “Calypso” del novembre di due anni fa. In carcere finirono undici persone, tra cui Ercole Penna, che da lì a qualche settimana avrebbe maturato la scelta di transitare dalla parte dello Stato diventando – sinora – il collaboratore più prezioso e credibile per la Direzione Distrettuale Antimafia tenuto conto della quantità e della qualità delle dichiarazioni rese, poi confluite in due richieste di arresto: “Last Minute” alla fine del 2010 e “Die Hard” nelle scorse settimane, passando dalla ricostruzione dell’omicidio di Giancarlo Salati, massacrato con un bastone di legno nella cucina della sua abitazione, a Mesagne. Penna ha chiuso il conto con la giustizia in abbreviato, beneficiando dell’attenuante della collaborazione, ed è stato condannato a otto anni di reclusione.

Nuova esplosione nei pressi di casa di Fabio Marini, ragazzata o atto intimidatorio? 06 giugno 2012 - Alle 22 di stasera una piccola bomba carta è esplosa in Largo Sant’Antonio, nei pressi dell’abitazione di Fabio Marini, presidente della locale associazione Antiracket. Sul posto sono intervenuti i carabinieri e il sindaco di Mesagne, Franco Scoditti. Non ci sarebbero danni, dunque al momento risulta difficile capire se si sia trattato di ragazzata o se possa invece essere una nuova intimidazione. La notte tra il 4 e il 5 maggio era stata incendiata l’auto di Marini. Spaccata alla Q8 di Torchiarolo 6 giugno 2012 - Due cartoni di sigarette e 300 euro in contanti. E’ l’ammontare del bottino di un furto messo a segno intorno alle due del mattino nella stazione di servizio “Q8”, lungo la strada statale 613, a Torchiarolo. I ladri hanno forzato l’ingresso della stazione di servizio – gestita da Adele Pelà -impossessandosi della refurtiva per poi far perdere le proprie tracce. Indagano per risalire agli autori del colpo i carabinieri della stazione di Torchiarolo.

di Antonio Portolano Due banditi al bar: 75 euro 6 giugno 2012 - Assalto notturno al Bar Silver Moon a Mesagne per il miserrimo bottino di 75 euro oltre gli spiccioli delle macchinette del locale, valore ancora in corso di quantificazione. Era circa l’una e trenta della notte scorsa quando in due – uno dei quali armato di fucile a

canne mozze -, corporatura media, mascherati con passamontagna irrompono arma in pugno nell’attività condotta da Cristal Carovigno. E’ stata questa l’ultima persona rimasta a riordinare il locale in via di chiusura, quando dopo essere stata minacciata e strattonatadai due malviventi, è stata costretta a consegnare l’incasso della serata. Bottino: 75 euro. Non paghi i rapinatori si sono fatti aprire le cassette delle macchinette da gioco e si fanno consegnare gli spiccioli contenuti all’interno. La fuga a bordo di quella che è sembrata una Fiat Stilo di colore scuro. Indagano per risalire agli autori della rapina i carabinieri della locale stazione – coordinati dal maresciallo Gabriele Taurisano – ed i colleghi della compagnia di San Vito dei Normanni. Secondo quanto riferito dalla vittima agli investigatori, si trattava di due giovani con tipico accento locale.

di Antonio Portolano Incendio danneggia una gelateria 02 Giugno 2012 - E’ di natura dolosa l’incendio che ha danneggiato la gelateria “Sandrino”, sita in via Dante a Campomarino. Il proprietario, Alessandro Salerno, è stato svegliato nel cuore della notte tra mercoledì e giovedì, avvertito dai vigilanti. Sul luogo sono intervenuti i carabinieri della stazione di Manduria, guidata dal capitano Mazzotta. Le fiamme non si sono propagate all’interno del locale, hanno danneggiato la parte esterna e la porta d’ingresso. Il rogo è stato contenuto, tanto che i vigili del fuoco non sono stati neanche costretti a intervenire. La conta dei danni non è stata ancora portata a termine, ma l’esercizio commerciale ha ripreso subito l’attività. I militari, giunti sul luogo, hanno subito effettuato i rilievi del caso. Hanno

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trovato una bottiglietta. Le tracce di liquido infiammabile – quasi certamente benzina – hanno subito sgombrato il campo da un dubbio: è il primo episodio su cui indagare in questa stagione estiva. La natura del rogo, infatti, è dolosa. Ora i carabinieri stanno procedendo con le indagini e gli accertamenti, cercando di capire chi possa essere l’autore del gesto. Alessandro Salerno ha aperto la gelateria un anno fa. Ma si è già guadagnato “sul campo” il soprannome di “re dei gelati”. E in effetti ogni sera, l’estate, c’è la coda davanti al suo bancone, con i villeggianti che attendono pazientemente coni e coppe. Salerno è proprietario di altre gelaterie nel Brindisino. Originario di Francavilla, ha deciso di investire a Campomarino, lido balneare che divide, ex aequo, con San Pietro il titolo di meta estiva preferita dai Francavillesi. L’attività della gelateria, quest’anno, è ripresa il 25 aprile. E’ la prima volta che è teatro di un episodio simile. Calmi, decisi, precisi. Un plotone. Nessuna traccia del commando 2 giugno 2012 - Non erano un branco di lupi. Erano organizzati in maniera militare. Non è partito un colpo dalle loro armi, ma non perché avevano paura del conflitto a fuoco. Erano una quindicina: un plotone, più o meno. Flessibilità e potenza di fuoco. Dovevano tenere il campo per tutto il tempo necessario. Sapevano quando rinunciare, e lo hanno fatto bruciandosi i loro veicoli alle spalle, per creare un diversivo e un punto di impegno per gli inseguitori. Tutto casuale? Può darsi. Ma gli investigatori non possono permettersi una sottovalutazione del genere, perché gli sconosciuti entrati in azione sulla superstrada

Brindisi – Taranto sembrano appartenere ad una nuova generazione di rapinatori. Sfortunati con i due furgoni blindati della Sveviapol tra Latiano ed Oria solo nella fase conclusiva, quella dell’apertura delle casseforti. Una questione di tecnica, un punto debole dell’azione che ha fatto mancare il colpo forse milionario. Ma per il resto, poche sbavature: informazioni perfette, audacia, superiorità numerica certamente calcolata attentamente, esecuzione precisa, fuga veloce. Tute mimetiche, giubbotti antiproiettile, fucili d’assalto automatici – uno abbandonato in una carcassa in fiamme – oltre che fucili a pompa. Sembravano un commando militare. E se qualcuno di loro lo fosse stato, italiano o straniero? E se si trattasse di un nuovo genere di rapinatori figli della crisi? In tal caso, se ci fosse stata una sparatoria l’avrebbero sostenuta senza particolari stress, abituati a ben altro. Per questo hanno saputo controllare la situazione per lunghi minuti senza perdere la testa. Ma sono andati via praticamente a mani vuote, anche se tra l’attacco e l’arrivo delle radiomobili e delle volanti sono passati almeno una decina di minuti. O tanti sono sembrati ai vigilantes sotto tiro. Hanno retto le difese passive dei due furgoni portavalori, che probabilmente il commando aveva sottovalutato. Però, da bravi “soldati”, hanno capito che di fronte a quell’errore doveva ritirarsi in perfetto ordine. E così è stato.

di Marcello Orlandini Auto in fiamme al Perrino e S.Angelo 31 maggio 2012 - Due auto distrutte in altrettanti incendi, il primo di natura accidentale, il secondo di natura dichiaratamente dolosa. Doppio intervento dei vigili del

fuoco tra la notte e le prime ore del mattino. Il primo in Corte Sele, al quartiere Perrino, intorno all’una del mattino, dove i pompieri hanno domato il rogo sviluppatosi, probabilmente per un corto circuito, a bordo di una Renault Twingo. Cinque ore più tardi, nuovo allarme alla sala operativa del 115 e nuovo intervento in via Borromeo al quartiere Sant’Angelo dove le fiamme hanno completamente distrutto una Volkswagen Golf con targa tedesca. L’auto, è stato accertato dal personale delle Volanti della polizia e dei carabinieri era stata rubata a Collepasso (Lecce) al legittimo proprietario, tornato nel suo paese natale per un periodo di vacanza.

di Antonio Portolano Estorsioni e attentati: 4 condanne a Taranto 30 maggio 2012 - Il gup del Tribunale di Lecce Alcide Maritati ha condannato con il rito abbreviato quattro persone coinvolte in una inchiesta della Direzione distrettuale antimafia accusate di attentati dinamitardi, estorsioni, detenzione illegale di esplosivo e di armi da fuoco e spaccio di droga con l’aggravante del metodo mafioso. Al presunto capo, Nicola Pascali, sono stati inflitti 12 anni e 4 mesi di reclusione, mentre suo padre Carmelo è stato condannato a 7 anni. Cinque anni e 4 mesi per Massimo Bevilacqua e 5 anni per Rodolfo Nitti. Gli imputati sono stati assistiti dagli avvocati Antonio Mancaniello e Luigi Danucci. Il gruppo Pascali avrebbe tentativo di scalare i vertici della criminalità locale, imponendo la propria egemonia, con sistemi diretti e violenti. Un tentativo messo in atto con attentati dinamitardi e danneggiamenti, colpi d’arma da fuoco ai danni di esercizi

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commerciali per lo più riconducibili a persone appartenenti alla delinquenza locale, con finalità estorsive. Auto in fiamme: indagini 30 maggio 2012 - Misterioso raid incendiario nelle prime ore della mattinata a San Vito dei Normanni devasta l’auto di un autotrasportatore e del padre convivente. Le fiamme, intorno alle 3 del mattino, in via Melizia, di chiara origine dolosa, sono state appiccate con due bottiglie contenenti liquido infiammabile. Il combustibile è stato versato sul cofano anteriore della Renault Scenic di Luigi Bruno 33 anni, del posto. Le fiamme hanno coinvolto oltre alla vettura oggetto delle attenzioni dei piromani anche l’Alfa Romeo 146 del padre della vittima, parcheggiata nelle vicinanze. Indagini sono in corso da parte dei carabinieri della Compagnia di San Vito dei Normanni per risalire agli autori e al movente del gesto. Il presidente della commissione antimafia europea in prefettura 25/05/2012 - Stamattina, in Prefettura, l’On. Sonia Alfano, Presidente della Commissione Antimafia Europea (CRIM), con il Prefetto, il Procuratore della DDA ed il Questore, ha incontrato le Associazioni Antiracket della Provincia, alle quali ha illustrato le linee dell’azione avviata, a livello europeo, per un sempre più incisivo contrasto alla criminalità organizzata, attraverso l’aggressione ai patrimoni frutto di attività illecite ed il sostegno concreto a coloro che denunciano i fenomeni estorsivi ed in particolare all’associazionismo. Nel contempo l’On. Alfano ha voluto

sottolineare il ruolo dell’associazionismo antiracket sensibilizzandolo ad una azione sempre più incisiva, in un’ottica di stretta sinergia con le Forze dell’Ordine e la Magistratura e nella direzione di un sempre maggiore coinvolgimento delle rispettive comunità. Nella serata di ieri l’on.le Sonia Alfano aveva fatto visita alle vittime dell’attentato di sabato scorso ricoverate nell’Ospedale Perrino. Comunicato del Coordinamento antiracket che ha incontrato il ministro dell’Interno Cancellieri e il ministro della Giustizia Severino. 22 Maggio 2012 - All’indomani del terribile attentato alla scuola “Morvillo Falcone” di Brindisi che ha atrocemente strappato la vita alla giovane e innocente studentessa Melissa Bassi, rimane alto lo sgomento e l’orrore mentre ci si stringe al dolore di una famiglia distrutta nel giorno dei funerali. E rimane alta anche la tensione sulle notizie che rapide si susseguono e sullo sviluppo delle indagini affidate alla procura di Lecce, che non esclude nessuna pista percorribile, nemmeno quella mafiosa. Nella mattinata di eri si è svolto, presso la Prefettura di Brindisi, il vertice che ha visto partecipare il ministro della Giustizia Paola Severino, il ministro dell’interno Anna Maria Cancellieri, il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, i vertici delle forze dell’ordine con il capo della Polizia Antonio Manganelli, quello dei Carabinieri Leonardo Gallitelli e quello della Finanza Nino Di Paolo. Con loro il Procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, il Procuratore capo di Brindisi Marco Di Napoli, il Procuratore capo di Lecce Cataldo Motta e gli investigatori che si stanno occupando

del caso. Al termine del vertice si è svolto un incontro che ha focalizzato l’attenzione su un territorio, come quello di Brindisi, dai risvolti difficili e con un passato criminoso di rilievo, oltre a considerare il lavoro che le associazioni antiracket e antimafia svolgono quotidianamente su tutto il territorio pugliese in cui non mancano sempre nuovi risultati positivi. Vi hanno preso parte i ministri Severino e Cancellieri, il presidente dell’Associazione Provinciale Antiracket Antimafia nonché rappresentante della FAI per la Puglia Renato De Scisciolo, il presidente dell’Associazione Antiracket di Mesagne Fabio Marini, vittima nei giorni scorsi di un attentato che ne ha distrutto l’autovettura, il responsabile antiracket per la provincia di Brindisi Ermanno Manca. Durante l’incontro gli intervenuti sono comunemente convenuti alla necessità di istituire un incontro tra le associazioni antiracket e antimafia del territorio con le varie prefetture per trovare una comune linea d’azione, posizione che ha visto la piena collaborazione del ministro Severino, con la possibilità di proteggere ulteriormente le vittime affinché ciò diventi un naturale incentivo verso la denuncia di atti criminali e dei propri aguzzini. Altro punto importante dell’incontro è stato sicuramente la richiesta di una maggiore presenza dello Stato e un concreto sostegno contro la crisi per gli imprenditori locali che ogni giorno rischiano di cadere nelle mani di spietati usurai. Il presidente De Scisciolo esprime la propria soddisfazione per l’incontro da cui sono emersi importanti spunti per un’azione sinergica e, a nome di tutta l’Associazione Provinciale Antiracket Antimafia, rinnova il proprio cordoglio ai parenti delle vittime dell’attentato di Brindisi. Il coordinamento regionale associazioni antiracket e antiusura della Puglia.

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L’antiracket converge su Mesagne 18 maggio 2012 - Il 9 maggio si sono riuniti i rappresentanti delle associazioni antiracket della provincia di Brindisi, presso la sede dell’Associazione “Legalità e Sicurezza” in piazza Orsini del Balzo. Erano presenti anche i rappresentanti delle associazioni antiracket della Puglia, che hanno voluto esprimere solidarietà e vicinanza al collega e amico Fabio Marini, per lo spregevole attentato subito, che prova l’incisività dell’operato sin qui svolto dall’associazione mesagnese e dal suo presidente. Da parte delle associazioni è stata espressa grande soddisfazione e compiacimento per l’eccellente e tempestiva operazione della magistratura e delle forze dell’ordine, che ha portato ai recenti arresti (Operazione Die Hard) da parte della Polizia di Stato, dimostrando che non c’era risposta migliore all’attacco criminale avvenuto i giorni scorsi. Dopo aver analizzato e discusso la situazione della sicurezza e dell’ordine pubblico che l’intero territorio provinciale recentemente sta vivendo, si è compreso che un’arma insostituibile per combattere i fenomeni criminosi è proprio quella di organizzare iniziative per divulgare l’invito alla denuncia. È stato deciso di rinnovare una stretta collaborazione con la Prefettura, attraverso periodiche riunioni informative con i vertici delle forze dell’ordine. Prossimamente avranno luogo altre due iniziative, a cui parteciperanno tutte le associazioni: domenica 20 maggio ore 12, carovana antimafia presso la villa comunale di Mesagne: saluto e solidarietà a Fabio Marino. Saranno presenti il sindaco Franco Scoditti e Antonio Maruccia. La Carovana attraverserà il territorio di Brindisi nel

pomeriggio. Martedì 29 maggio invece si terrà sempre a Mesagne la “giornata della legalità”.

di Ilenia Scrascia Last minute, spuntano anche le intercettazioni 16 Maggio 2012 - Quattro anni fa quando nessuno avrebbe mai immaginato che un uomo del calibro di Ercole Penna, alias “Lino u’ biondu”, potesse pentirsi, la Dda si era già messa al lavoro sulla Sacra Corona Unita dei tempi moderni, partendo dall’osservazione di un gruppo di persone tra Brindisi, Mesagne e San Pietro Vernotico per arrivare all’ascolto con richiesta di intercettazioni. Le telefonate. Le conversazioni telefoniche sono state “scoperte” ieri mattina per la prima volta, in occasione dell’udienza del processo con rito abbreviato incardinato davanti al gup Ines Casciaro del Tribunale di Lecce, chiamato a decidere sulle posizioni di sette brindisini, tutti arrestati “Last Minute” il 28 dicembre 2010, sulla base dei primissimi verbali firmati da Penna in veste di “dichiarante”. Il sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia, Alberto Santacatterina ha chiesto l’acquisizione di quattro telefonate che risalgono al 2008 ritenendo che si tratti di dialoghi importanti ai fini dell’affermazione non solo dell’esistenza, o meglio, della resistenza della Sacra Corona Unita in provincia di Brindisi ai blitz, ma della partecipazione di alcuni degli imputati come Lucio Annis di San Pietro e Angelo Buccarella, originario di Mesagne. Il procedimento penale sinora rimasto “coperto” dal segreto istruttorio è stato infatti indicato come “Buccarella più 26”, il che lascia supporre che le persone finite sotto inchiesta siano appunto ventisette. E che le indagini abbiano fatto riferimento a reati sui quali è

ovviamente funzionalmente competente la Dda, associazione mafiosa e narcotraffico, a voler citare i più importanti. Mesagne contro la Scu. Comune e antiracket chiederanno i danni 13 Maggio 2012 - Il Comune di Mesagne si costituirà parte civile nel processo che sarà istruito in seguito all’operazione della Dda di Lecce “Die hard”. Si vedrà nelle prossime settimane chi sarà rinviato a giudizio dei sedici arrestati. “Come amministrazione comunale – ha spiegato il sindaco Franco Soditti – daremo seguito alla delibera del Consiglio comunale n. 91 del 17 dicembre 2010 con la quale è stato, fra l’altro, deliberato di avvalersi dello strumento della costituzione di parte civile nei procedimenti penali nei quali si perseguano delitti che abbiano arrecato danni all’immagine della città e alla comunità cittadina intera, conferendo pieno mandato all’organo esecutivo per gli adempimenti tecnico-giuridici connessi allo scopo”. Anche l’associazione antiracket “legalità e Sicurezza” di Mesagne probabilmente si costituirà parte civile. Infatti, all’ordine del giorno del prossimo incontro del Consiglio direttivo il presidente, Fabio Marini, ha inserito la costituzione di parte civile nel processo che dovesse istruirsi contro coloro che sono stati arrestati nell’operazione “Die Hard” che ha proprio nel racket delle estorsioni la sua cellula vitale. Vario il ventaglio di accuse formulate nei confronti dei sedici individui arrestati dalla polizia su disposizione della Procura antimafia e vanno dall’associazione per delinquere di stampo mafioso a estorsione consumata e tentata, dal porto e detenzione illegale di arma da sparo al danneggiamento

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aggravato e incendio aggravato. Intanto le forze politiche di centrodestra ha espresso il loro plauso alla polizia. “Le forze politiche di opposizione unitamente ai loro gruppi consiliari – è scritto in una nota - esprimono un sentito apprezzamento e ringraziamento alle forze dell’ordine e alle autorità inquirenti, per l’ultima importante operazione di contrasto alla criminalità organizzata denominata “Die Hard ”e messa in atto con successo in queste ultime ore”. Quindi hanno aggiunto: “Dopo i ripetuti episodi criminali che in quest’ultimo periodo hanno turbato la tranquillità della nostra cittadina, non ultimo l’attentato incendiario ai danni del presidente dell’associazione Antiracket, Fabio Marini, l’importante risultato conseguito, testimonia, ancora una volta, l’impegno costante da parte di chi opera sempre in prima linea per garantire la sicurezza dei cittadini”. Infine hanno inviato un invito alle altre forze politiche del territorio: “Per un’attenzione costante affinché il paese sia sempre vigile e compatto, nel contrastare efficacemente ogni forma di criminalità”. Infine il Comune di Mesagne ha organizzato ed istituzionalizzato per il prossimo 29 maggio “La giornata della legalità”.

di Tranquillino Cavallo Dopo l’attentato a Latiano: “Ora sono spaventato" 12 Maggio 2012 - “Sono preoccupato: ho paura di quello che può ancora succedere. Quello dell’altra sera sembra un avvertimento”. A parlare è Alessandro Tenore, 39 anni, la cui auto è stata raggiunta da due colpi di fucile la notte tra mercoledì e giovedì. Tenore è molto conosciuto nel Brindisino perché titolare del Cafè Manhattan, ma il bar non

è l’unica sua attività. L’imprenditore di origini mesagnesi è a capo di una società fornitrice di videogiochi, ed è proprio in questa direzione che si stanno spostando le indagini. “Da un anno a questa parte la gestione delle macchinette è in mano ad un mio socio, io mi occupo solo di stipulare contratti. Dunque non capisco: il movente della vendetta da parte di qualcuno che abbia subito grosse perdite al gioco non regge, io non c’entro con quel mondo. Anche la situazione del Manhattan mi sembra parecchio lontana da queste storie” racconta il trentanovenne. “Parlare del fatto dell’altra sera ai miei parenti è stato difficile. Non so darmi spiegazioni. Non ho ricevuto mai minacce, niente” aggiunge. La Mercedes Classe A di colore grigio del giovane imprenditore, parcheggiata in via Padre Bernardo, dove abita, è diventata bersaglio di due spari. Era da poco passata la mezzanotte quando vicino alla zona 167 della città sono stati sentiti due colpi, poi la scoperta: nel mirino l’auto del titolare di uno dei locali più conosciuti del Brindisino. I carabinieri della stazione di Latiano, coordinati dal comandante Massimo Ribezzo, stanno indagando sull’accaduto. In fiamme due roulotte usate come deposito 12 Maggio 2012 - Alle fiamme le due roulotte che il proprietario del “Saloon on the beach” di Pantanagianni, Alessandro Monna, utilizzava come deposito merci del locale. A richiedere l’intervento delle forze dell’ordine e dei vigili del fuoco, ieri mattina, alcuni passanti allarmati dalle fiamme. Sul dolo ora indagano gli investigatori. La tranquillità della marina carovignese, ieri è stata scossa dall’incendio delle due roulotte del rinomato pub. Alcuni

pedoni erano intenti a godersi una passeggiata mattutina sul bagnasciuga, quando, hanno notato qualcosa che non andava. Gli è sembrato di vedere fumo e fiamme venire dal “Saloon on the beach”, il locale a due passi dal mare. Avvicinandosi alla struttura il rogo ha fugato ogni dubbio. Ad andare a fuoco erano i mezzi che, parcheggiati all’interno dello spiazzo del pub e che Alessandro Monna, proprietario della birrosteria, utilizzava come deposito merci. Allora i passanti hanno provveduto ad allertare i vigili del fuoco di Brindisi e la Compagnia dei carabinieri di San Vito dei Normanni che sono tempestivamente sopraggiunti sul posto, e poi il carovignese titolare dell’attività. Dai primi sopralluoghi svolti sul campo è risultata lampante la matrice dolosa dell’incendio. I mezzi erano cosparsi di una sostanza oleosa, utilizzata dai piromani del caso, come accelerante. Per far sì che le roulotte andassero a fuoco davvero e che il rogo non si limitasse ad un semplice danneggiamento Spari contro auto di imprenditore 10 maggio 2012 - Lavorare sereni e senza ulteriori pensieri oltre a quelli legati, purtroppo, alla crisi che sta tormentando la vita di ogni lavoratore? Non si può. Qui in provincia di Brindisi, a volte non si può più. Questa volta, ad essere preso di mira è stato Alessandro Tenore, 39enne, titolare del Caffè Manhattan in Piazza Umberto I a Latiano. La scorsa notte, passata da poco la mezza, alcuni colpi d’arma da fuoco – due si presume – hanno colpito l’auto di Tenore, una Mercedes Classe A di colore grigio, in via Padre Bernardo. Sull’accaduto stanno indagando i carabinieri della stazione di Latiano, con al comando il maresciallo Massimo

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Ribezzo. Dopo gli episodi malavitosi delle ultime settimane tra Mesagne e Brindisi e gli arresti fatti proprio ieri da parte della Dda di Lecce, in sinergia con la questura di Brindisi e il commissariato di Mesagne, che ha sgominato parte – nuova e vecchia – della Scu, l’attenzione si sposta a pochissimi chilometri, a Latiano. Un attentato ai danni di Alessandro Tenore, di 39 anni, originario di Mesagne ma residente a Latiano. La vittima è stata oggetto di un episodio che ancora una volta lascia a bocca aperta un’interà città ( e non solo). Dalle prime indiscrezioni – intorno all’una della notte scorsa, in via Padre Bernardo, alla periferia est della città, nei pressi della zona 167, sono stati due i colpi d’arma da fuoco – uditi – e poi ritrovati sulla Mercedes Classe A, appartenente a Tenore. Alessandro Tenore è titolare (insieme ad un altro socio) del Caffè Manhattan a Latiano, sito nella centralissima piazza Umberto I, locale molto noto in tutta la provincia di Brindisi. Inoltre, l’imprenditore, è titolare della ditta Automatic Service di Alessandro Tenore Sas – ingrosso di videogiochi e macchinette da gioco e manutenzione delle stesse – e in più è socio del locale “Jois Coffee & Drink” che si trova a pochi passi dall’altro locale, in via Roma – si tratta di una caffetteria, punto scommesse sportive, slot machine, poker on-line, scuola di esercitazione con tornei annessi in Poker room live di Texas Hold’em. Oltre, alle diverse attività svolte da Alessandro Tenore, il 39enne è conosciuto e molto noto, per la sua onestà e umiltà. L’episodio della scorsa notte, ha lasciato anche l’imprenditore senza parole che nel pomeriggio di oggi andrà a depositare la denuncia presso la stazione dei carabinieri di Latiano. Intanto, le indagini, per poter risalire all’autore/i del gesto sono in mano ai militari guidati dal maresciallo Ribezzo, che ovviamente, non sta escludendo

nessuna pista. Intanto, una cosa è certa: più delle comparsate politiche servono monitoraggio, e di sicurezza fatta di uomini che indossino una divisa. La provincia di Brindisi, si sta ritrovando di fronte ad una pressione del racket delle estorsioni. L’operazione denominata “Die Hard” dalla Dda di Lecce, di poco più di 24 ore fa, è stato uno scossone per tutti: per coloro che hanno tirato un sospiro di sollievo e altri, invece, che hanno dovuto stringere i denti. Non si può rinunciare alla tranquillità, alla serenità, non si può e non si deve rinunciare ad una vita normale.

di Maristella De Michele Il sindaco Scoditti incontra il prefetto e l'antiracket 10 Maggio 2012 - Una agenda piena di impegni quella di ieri del sindaco Franco Scoditti che nel pomeriggio ha incontrato a Brindisi il prefetto, Nicola Prete, per poi verso stasera partecipare all’incontro dell’antiracket di Mesagne. Nel corso del vertice in prefettura Scoditti ha chiesto più attenzione sul territorio e ha fornito a nome dell’amministrazione la disponibilità a collaborare con magistratura e forze dell’ordine. Il prefetto Prete ha assicurato che l’attenzione sulla città è sempre alta nonostante la carenza di uomini e mezzi. Il prefetto ha confermato al sindaco l’impegno del ministro Cancellieri a venire a Brindisi sia a mantenere l’impegno che ha preso con l’onorevole Mantovano in merito alla proposta di migliorare la razionalizzazione del personale. Inoltre il prefetto ha ribadito che l’operazione “Die Hard” è la dimostrazione che sul territorio l’attenzione è sempre alta. Ieri pomeriggio si è svolto a Mesagne un incontro regionale

dei responsabili delle associazioni antiracket e antiusura di Puglia. Un incontro spontaneo nato dall’esigenza di esprimere la solidarietà a Fabio Marini, presidente dell’antiracket mesagnese, che alcuni giorni fa è rimasto vittima di un atto intimidatorio portato a segno da ignoti individui che gli hanno bruciato l’auto. Un gesto inconsulto che ha scatenato l’ira dei cittadini che si sono stretti intorno al Marini. “Siamo venuti a Mesagne per far sentire vicino a Fabio il calore umano dell’antiracket – ha detto Renato Desciciolo, presidente dell’antiracket di Bari e delegato nazionale della Fai – L’usura e il racket si possono sconfiggere solo denunciando questa gente. Certo non nego che il clima che si respira un po’ in tutta la Puglia è piuttosto grave. Abbiamo molte segnalazioni di pizzo ma poche denunce. Ecco il mio invito è che le segnalazioni diventino denunce”. Quindi Descisciolo ha fatto un esempio reale degli accadimenti: “Se un commerciante paga il pizzo – ha spiegato - di fatto si è creato un socio nella sua attività. E con questo modo di fare questa gente entra a far parte di molte attività commerciali”. Infine Fabio Marini ha messo in evidenza il lavoro che stanno svolgendo le forze dell’ordine sul territorio per individuare i malviventi e poi ha lanciato un invito ai commercianti: “Non pagate ma denunciate i vostri aguzzini”. Operazione "Die Hard" della polizia a Mesagne e nel brindisino. 16 arresti tra cui i mandanti e i sicari di Fabio Marini 09 Maggio 2012 - Blitz della polizia a Mesagne e altri centri del brindisino. 16 le persone tratte in arresto nell’operazione denominata “Die Hard”. L’operazione, ancora una volta, è

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condotta dalla Dda di Lecce. I reati contestati vanno da associazione per delinquere di stampo mafioso a estorsione consumata e tentata, porto e detenzione illegale di arma da sparo, danneggiamento aggravato, incendio aggravato. A mettere in campo circa 100 uomini è la Squadra mobile di Brindisi e il commissariato di Mesagne. In queste ore unità di polizia, anche con il supporto cinofilo, stanno eseguendo una serie di perquisizioni domiciliari. Tra gli arrestati vi sarebbero anche i mandanti e gli esecutori dell'atto intimidatorio perpetrato ai danni di Fabio Marini, presidente dell'antiracket di Mesagne. Tra le ordinanze di custodia cautelare vi sarebbe quella di Massimo Pasimeni, già in carcere, Francesco Gravina alias Gabibbo, Antonio Centonze e Vito Stano. Ulteriori informazioni saranno fornite nelle prossime ore.

di Tranquillino Cavallo Racket, vertice a Roma. Prime misure 8 maggio 2012 - Si è svolto nel pomeriggio, presso il Viminale, l’incontro tra la delegazione di parlamentari e il Presidente della Provincia di Brindisi Massimo Ferrarese con il Ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri. L’incontro, richiesto nei giorni scorsi dopo una serie di gravi atti criminosi ai danni di imprenditori e cittadini in tutta la provincia e, per ultimo, il gravissimo attentato ai danni del Presidente dell’Associazione antiracket di Mesagne, Fabio Marini, ha consentito alla delegazione brindisina di rappresentare al Ministro le preoccupazioni di un intero territorio: “Una provincia – spiega il senatore Salvatore Tomaselli – che subisce una recrudescenza di criminalità che rischia di indebolire le conquiste di legalità e di

convivenza civile, conseguite negli ultimi anni grazie all’impegno delle forze dell’ordine e alla vigilanza di istituzioni locali e forze sociali”. Il Ministro, nell’ascoltare il grido di dolore dei senatori Giuseppe Caforio, Michele Saccomanno e Salvatore Tomaselli, degli onorevoli Alfredo Mantovano, Luciano Sardelli e Luigi Vitali, oltre che del presidente Ferrarese, a cominciare dalla necessità di destinare al territorio più uomini, più risorse e più mezzi, ha manifestato la piena disponibilità a seguire con grande attenzione lo stato dell’ordine pubblico nel territorio della provincia di Brindisi verificando già nei prossimi giorni le concrete risposte organizzative a quanto proposto dalla delegazione presente. A conferma di tale impegno, il ministro Cancellieri ha accolto la richiesta di una sua visita a Brindisi, che avrà luogo entro il prossimo giugno. Al termine dell’incontro, svoltosi a Roma presso lo stesso Ministero agli Interni, il presidente Ferrarese – che aveva sottolineato la necessità di un’azione straordinaria per il territorio brindisino alla luce dei recenti e gravissimi fatti di cronaca, l’ultimo dei quali ha visto vittima il presidente dell’associazione antiracket di Mesagne – si è detto soddisfatto: “Intanto, per la immediata risposta avuta dallo stesso ministro nel convocare la riunione, per la quale è stato perfetto intermediario l’onorevole Mantovano e poi per l’esito del colloquio intercorso. Abbiamo chiesto al ministro Cancellieri un’azione straordinaria per evitare che il territorio della provincia di Brindisi possa ripiombare negli anni bui del passato. A tale proposito, sono state valutate varie possibilità in termini di azioni, tutte molto valide, con il ministro Cancellieri che, avendo compreso la gravità della situazione, si è impegnata ad accendere un faro sulla provincia di Brindisi, attraverso un’attenzione immediata e

particolare”. “L’auspicio – conclude il presidente della provincia – è che dopo questo incontro si possa giungere ad una immediata azione di contrasto al fenomeno della criminalità per restituire tranquillità ai nostri cittadini”. Soddisfazione, in merito all’esito del vertice, la esprimono anche l’onorevole Vitali ed il senatore Saccomanno: “Al Ministro Cancellieri abbiamo rappresentato tutta la nostra preoccupazione sull’escalation di atti criminali nella nostra provincia, culminati con l’incendio dell’autovettura del responsabile dell’associazione antiracket di Mesagne. Abbiamo evidenziato come nonostante l’impegno delle forze dell’ordine non si riesca a fronteggiare adeguatamente la situazione per mancanza di mezzi e di uomini e come sia necessaria un’azione di maggiore coordinamento e presenza sul territorio del Prefetto di Brindisi. Il Ministro ha assicurato l’immediato impegno a razionalizzare l’utilizzo delle forze di polizia sul territorio creando un maggiore coordinamento tra le stesse. Si è impegnata altresì ad inviare a Brindisi suoi collaboratori per organizzare un’adeguata risposta che ridia sicurezza ai cittadini”. Per domani, intanto, è fissata a Mesagne (ore 18.30), nella sede dell’associazione antiracket, in Piazza Orsini del Balzo, l’assemblea di tutte le associazioni antiracket del territorio regionale: “Dopo quanto accaduto all’amico e collega Fabio Marini, intendiamo dare una ferma risposta unitaria, a dimostrazione dell’unità della grande famiglia dell’antiracket. Per dimostrare fermezza e ritornare ad essere, come in passato, il presidio di sicurezza e legalità sul territorio. E per dare il segno che siamo presenti e uniti contro i criminali, che in questi ultimi tempi hanno rialzato il tiro in tutto il territorio provinciale e regionale”. Nella riunione saranno decise

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Anno 2012

strategie comuni da mettere in campo per fronteggiare il nuovo attacco criminale.

di Nicola Quaranta Mercoledì a Mesagne l'incontro dell'antiracket provinciale 07 Maggio 2012 - L’ evento criminoso del quale è stato fatto oggetto l’amico e collega Fabio Marini è inqualificabile, da condannare subito e pubblicamente. Esprimiamo quindi, incondizionata solidarietà e vicinanza a Fabio e sollecitiamo le Istituzioni preposte alla sicurezza di individuare in tempi brevi, i malfattori responsabili di quanto accaduto. Noi siamo convinti che è fondamentale dare la sensazione immediata ai cittadini, che il territorio sia saldamente in mano allo Stato. L’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini deve essere mantenuto a quei livelli di accettabilità, conquistati negli ultimi anni, senza lo spettro incombente della criminalità. Noi, come Associazioni Antiracket, non possiamo permetterci di rimanere in silenzio di fronte a questi episodi, rivolti a chi si impegna con passione ad affermare principi di legalità giorno dopo giorno, in qualsiasi attività, sapendo che vi è in gioco lo sviluppo culturale, sociale ed economico di questo territorio. Pertanto i rappresentanti delle nove Associazioni Antiracket del Coordinamento provinciale brindisino (Brindisi, Mesagne,San Pietro Vernotico, Cellino S.M., Sandonaci, San Vito N.nni, Latiano, Ceglie M.ca e Francavilla F.na) si riuniranno mercoledi p.v. proprio a Mesagne, per avviare le iniziative opportune e necessarie atte a fronteggiare questo ulteriore nuovo attacco della criminalità.

Associazioni antiracket: fissato vertice 06 maggio 2012 - “L’ evento criminoso del quale è stato fatto oggetto l’amico e collega Fabio Marini è inqualificabile, da condannare subito e pubblicamente”. Reagiscono in coro le associazioni antiracket del coordinamento provinciale ed esprimono sdegno per l’attacco lanciato dalla criminalità organizzata all’impresario Fabio Marini, presidente dell’associazione “Legalità & sicurezza” di Mesagne. I banditi venerdì notte hanno dato fuoco alla sua auto, una “Mercedes classe E”, dopo averla cosparsa di liquido infiammabile. Così il coordinamento antiracket annuncia un’assemblea comune per mercoledì prossimo. “Esprimiamo – scrive il coordinamento – incondizionata solidarietà e vicinanza a Fabio e sollecitiamo le Istituzioni preposte alla sicurezza di individuare in tempi brevi, i malfattori responsabili di quanto accaduto. Noi siamo convinti che è fondamentale dare la sensazione immediata ai cittadini, che il territorio sia saldamente in mano allo Stato”. Quindi il monito: “L’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini deve essere mantenuto a quei livelli di accettabilità, conquistati negli ultimi anni, senza lo spettro incombente della criminalità. Noi, come Associazioni Antiracket, non possiamo permetterci di rimanere in silenzio di fronte a questi episodi, rivolti a chi si impegna con passione ad affermare principi di legalità giorno dopo giorno, in qualsiasi attività, sapendo che vi è in gioco lo sviluppo culturale, sociale ed economico di questo territorio”. Pertanto i rappresentanti delle nove Associazioni Antiracket del Coordinamento provinciale brindisino (Brindisi, Mesagne,San Pietro Vernotico, Cellino San Marco, San Donaci, San Vito dei Normanni, Latiano, Ceglie

Messapica e Francavilla Fontana) si riuniranno mercoledì prossimo proprio a Mesagne, per avviare le iniziative opportune e necessarie atte a fronteggiare questo ulteriore nuovo attacco della criminalità. Mesi di segnali inequivocabili, poi il colpo mirando in alto. Per intimidire 5 maggio 2012 - I forti segnali che “qualcuno” stesse tornando sulla scena mesagnese, erano arrivati. Senza armi potenti, ma silenziose che hanno destabilizzato la quiete della città nelle ultime settimane. Ieri intorno alla mezzanotte, è toccato a lui, l’uomo che cerca da quattro anni di combattere alla testa di una associazione il fenomeno del racket sul territorio: Fabio Marini. La sua autovettura, una Mercedes Classe E, è stata incendiata con liquido infiammabile – così come confermato dagli investigatori – proprio in largo S. Antonio, dove vive in una delle palazzine prospicienti. Nottata e mattinata assai movimentata per istituzioni, cittadini e forze dell’ordine. Il sistema criminale è tornato a colpire in alto, a Mesagne. Gli atti intimidatori per ribadire la chiarissima frase: “Qui comando io”, sono tornati. L’attentato la notte scorsa, ai danni di Fabio Marini, presidente dell’associazione Antiracket Legalità e Sicurezza, non lascia spazio a dubbi o incertezze. La criminalità è ritornata a farsi sentire. Il lavoro dell’associazione – sicuramente positivo – ha irritato gli animi di qualcuno. Infatti, hanno aspettato che il presidente Marini rientrasse da un viaggio sul Lago di Garda, per colpirlo. Una camminata antiracket con i commercianti, e semplici cittadini mesagnesi, che dicono “No” alla mafia, l’incontro con i ragazzi delle scuole venerdì assieme a Daniele Marannano

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del comitato siciliano “Addiopizzo” e l’incontro regionale per la sicurezza di ieri, sono stati gli episodi precedenti all’attentato della scorsa notte in piazzetta S. Antonio. Fabio Marini aveva aperto la porta di casa intorno le 23.40, aveva fatto rientro dopo una cena a Brindisi tra amici e politici, in chiusura della campagna elettorale. Stando alla ricostruzione degli inquirenti e ad alcuni commenti sulla scorsa notte , Fabio Marini aveva notato, proprio nei pressi della piazzetta, due uomini sospetti, due volti che non conosceva ma che hanno destato in lui qualche perplessità. Solo pochi minuti dopo, dalla finestra della cucina, che si affaccia proprio su largo S. Antonio, il presidente del comitato antiracket si è accorto delle fiamme già alte e ha udito uno scoppio. Affacciatosi, purtroppo, ha constatato che l’auto che andava in fiamme era proprio la sua. Si è precipitato giù per le scale, avvertendo anche, negli stessi istanti, forze di polizia e vigili del fuoco. La Mercedes Classe E – così come accertato – è stata cosparsa di liquido infiammabile, quasi certamente benzina. Gli autori, hanno aspettato che Fabio Marini arrivasse a casa per agire. L’auto è andata quasi completamente distrutta, e fortunatamente l’arrivo tempestivo dei vigili del fuoco ha fatto sì che le fiamme non si propagassero fino ad intaccare le abitazioni. Sul posto sono anche intervenuti, la dirigente del commissariato di Mesagne, Sabrina Manzone, il sindaco della città Franco Scoditti, altri amministratori, e persone vicine all’associazione antiracket. “Stiamo vagliando tutte le ipotesi – ha dichiarato la dirigente del commissariato – abbiamo una visione complessiva di tutto il lavoro svolto dalla persona che ha subito quest’atto intimidatorio. Sicuramente il lavoro svolto da Fabio Marini è stato fatto bene e a qualcuno questa cosa non è piaciuta. Noi siamo

molto ottimisti,abbiamo già parecchi indizi che possono portarci a risposte concrete”. Non si può pensare, o avere l’illusione che gli atti incendiari, delle ultime settimane (oltre dieci) non siano collegabili alla criminalità locale e che possano invece essere bravate o gesti non riconducibili a questo mondo malavitoso. L’attentato ai danni di Fabio Marini è la dimostrazione che, invece, tutto questo sia uno schema chiaro e deciso. Perché scegliere di colpire l’uomo chiave o simbolo della lotta contro queste persone, è segno di una criminalità organizzata – che non è mai andata via – e che è ritornata con voce alta. “Nei miei quattro anni di operato – ha dichiarato Fabio Marini a BrindisiReport.it – ho sempre cercato di essere vicino ai cittadini vittime del racket e della criminalità. Cercando, insieme a loro, soluzioni e soprattutto trovare tanto coraggio. Ho lavorato in sinergia con le altre associazioni e istituzioni del territorio affinchè qualcuno potesse rendersi conto che questo è un territorio forte e che non si lascia abbattere. abbiamo sempre cercato di avere la situazione sotto controllo”. Tante sono state, oggi, ma già dalla notte scorsa, le associazione, gli esponenti politici provinciali, regionali e nazionali, a manifestare vicinanza e solidarietà al presidente Marini. Citiamo un messaggio per tutti: “L’Associazione Provinciale Antiracket di Molfetta e il presidente Renato De Scisciolo , esprimono tutta la loro solidarietà al presidente dell’Associazione antiracket Fabio Marini, per il vile attentato di cui è rimasto vittima nella notte scorsa. È l’ennesimo episodio criminoso che scuote la comunità mesagnese”.

di Maristella De Michele

Incendi notturni, c’è già un indagato 5 maggio 2012 - Un episodio dei tanti che nelle ultime settimane ha rinchiuso la tranquillità in un pugno. Un ennesimo incendio di auto che però questa volta porta nome e cognome. Angelo Calia, di 26 anni del posto, è stato scoperto dalla polizia di Mesagne, quale autore dell’incendio doloso di una Fiat Tipo, rubata poco prima, lo scorso 30 aprile in via Federico II Svevo. Grazie alle telecamere sulla stessa via, l’uomo è stato riconosciuto perché già nelle liste degli investigatori per altri reati. La notte del 30 aprile scorso, gli abitanti di via Federico II Svevo, chiamarono la polizia e i vigili del fuoco per le alte fiamme che si levavano da un’auto. Nello stesso incendio, le fiamme intaccarono altre due autovetture che erano parcheggiate vicino alla Fiat tipo: una Ford Ka e una Fiat Stilo. Il fatto, in via ipotetica, fu associato alla persona di Luigi Devicienti, imprenditore e persona già più volte presa di mira dalla criminalità organizzata locale con attentati, e che abita proprio sulla stessa via dove quella notte fu appiccato il fuoco. Ma grazie alle tempestive indagini da parte dei poliziotti del commissariato di Mesagne, si è potuto risalire all’autore dell’incendio. Tutto questo, grazie a due telecamere, che sono posizionate su via Federico II Svevo. Entrambi i filmati, fanno capire chiaramente tutta la scena. Un uomo a piedi, spinge la Fiat Tipo (molto probabilmente rimasta senza benzina) – la stessa che successivamente è stato poi accertato essere rubata ad un pensionato di Mesagne in via Molise – per qualche metro per poi farla fermare, parcheggiandola, tra la Fiat Stilo e la Ford Ka. Si nota benissimo, attraverso i filmati, che l’uomo all’interno dell’auto vi getta qualcosa (tipo stoffe e similari)

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e vi dà fuoco. Poi si allontana dall’altra parte della strada. Pochissimi istanti e la tappezzeria della Tipo s’incendia. L’uomo ritorna ancora vicino all’auto interessata dalla fiamme, controlla che tutto stia andando per il meglio, e si allontana nuovamente. Poco dopo, l’uomo decide di andare via (si nota anche uno stato di ebbrezza alcolica o da droghe, si suppone, perché il soggetto barcolla mentre cammina) e passa proprio sotto la telecamera puntata verso la Fiat Tipo. Da qui è stato poi semplice associare il volto al nome e cognome di Angelo Calia, pregiudicato mesagnese di 26 anni, ben conosciuto dalle forze dell’ordine, legato agli ambienti dello spaccio e sostanze stupefacenti. Che sarà denunciato all’Autorità giudiziaria competente. Va ricordato che il 26 luglio scorso. Dopo un incendio sempre in via Federico II Svevo, che interessò la porta d’ingresso dell’abitazione di Devicienti, proprio sulla base di registrazioni delle telecamere di sorveglianza fu possibile identificare e denunciare gli autori, e tra questi quel Danilo Calò di 24 anni attualmente sotto custodia della Direzione distrettuale antimafia, dopo l’abbandono del clan cui apparteneva e forze anche catalizzatore involontario dell’ondata di attentati di queste settimane, cui il racket è stato costretto per non perdere la presa.

di Maristella De Michele Bomba al presidente antiracket 5 maggio 2012 - Attentato a tarda ora all’auto di Fabio Marini, location manager di produzioni cinematografiche e presidente del comitato antiracket di Mesagne. Si tratta di un ordigno esplosivo, la cui deflagrazione è stata innescata da un detonatore a miccia, secondo quanto si è appreso. Sul

posto polizia e carabinieri. L’episodio è molto grave, ed è stato preceduto poche sere fa da un incendio di auto a poche decine di metri dall’abitazione di un imprenditore già colpito in passato da altri attentati, Luigi Devicienti. Non si può escludere che si tratti di precisi segnali della criminalità locale dopo la breve scomparsa di uno degli autori di quegli episodi, il 24enne Danilo Calò, in realtà sottoposto a protezione dalla procura distrettuale antimafia di Lecce. Sempre nei giorni scorsi era stato consumato un attentato, ma a colpi di pistola, contro una palestra, sempre a Mesagne, mentre nella reception si trovavano il proprietario e la fidanzata, rimasti illesi. Stamani alle 11 Fabio marini incontrerà la stampa presso il commissariato della Polizia di Stato, quindi alle 12 un incontro a Palazzo di Città con gli amministratori e il sindaco Franco Scoditti a testimonianza della solidarietà istituzione che si sta saldando attorno al presidente del Comitato antiracket locale. Nota della Redazione L’ evento criminoso del quale è stato fatto oggetto l’amico e collega Fabio Marini è inqualificabile, da condannare subito e pubblicamente. Esprimiamo quindi, incondizionata solidarietà e sollecitiamo le Istituzioni preposte alla sicurezza, di individuare in tempi brevi, i malfattori responsabili di quanto accaduto. Noi siamo convinti che è fondamentale dare la sensazione immediata ai cittadini, che il territorio sia saldamente in mano allo Stato. L’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini deve essere mantenuto a quei livelli di accettabilità, conquistati negli ultimi anni, senza lo spettro incombente della criminalità. Noi, come Associazione Antiracket, non possiamo permetterci di rimanere in silenzio di fronte a questi episodi, rivolti a chi si impegna con passione ad affermare principi di legalità giorno

dopo giorno, in qualsiasi attività, sapendo che vi è in gioco lo sviluppo culturale, sociale ed economico di questo territorio. Ordigno contro la casa di un vivaista 4 maggio 2012 - Un’esplosione causata in piena notte da un ordigno di medio potenziale ha investito l’uscio dell’abitazione della famiglia Carbone a San Donaci, in contrada Mariana. La famiglia è molto nota in città perché proprietaria di un’azienda vivaistica nella stessa contrada, Vivai Caputo S.S. Carbone Rocco e Fabio. Le indagini sono in mano ai carabinieri del Norm di Francavilla Fontana in sinergia con la stazione di San Donaci, per risalire agli autori del gesto criminoso. Erano le 2 circa e in casa tutti dormivano quando si è verificata la deflagrazione. Rocco Carbone, il capo famiglia, nonché titolare del vivaio, è subito uscito fuori dall’abitazione di contrada Mariana, per capire cosa fosse successo. La porta d’ingresso, in alluminio, era visibilmente danneggiata e si è accorto che a pochi metri vi erano i resti di una bomba-carta. Ha subito avvertito i carabinieri della stazione di San Donaci, che si sono prontamente portati sul posto. L’ordigno, successivamente, accertato – così come fanno sapere i militari del Norm di Francavilla Fontana – era di origine artigianale. Un gesto mirato. Lo scoppio ha danneggiato anche due autovetture parcheggiate vicino l’ingresso dell’abitazione dei Carbone, a causa delle schegge. Le indagini condotte dal tenente Clemente Simone comandante del Norm, proseguono a largo raggio, senza tralasciare nessuna pista – ma non si esclude che il gesto sia collegato al fenomeno del racket che oramai sta imperversando in tutto il territorio provinciale.

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Il presidente del comitato antiraket "Addiopizzo" in visita a Mesagne 03 Maggio 2012 - Venerdì 4 maggio l'associazione LIBERA e il Comune di Mesagne ospiteranno Daniele Marannano, presidente del comitato "Addiopizzo", movimento antimafia siciliano impegnato sul fronte della lotta al racket delle estorsioni. Nato a Palermo nel 2004, il comitato “Addiopizzo” ha segnatoil risveglio del capoluogo siciliano dalla lunga acquiescenza al racket delle estorsioni. Nella città infatti nessuno, da tempo, parlava più di pizzo, sebbene i dati della procura confermassero che l'80% dei commercianti cedesse al ricatto. La mattina del 29 giugno 2004, il centro di Palermo si trovò tappezzato di adesivi listati a lutto con la scritta: “Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità”. L'iniziativa, ideata da alcuni ragazzi, suscitò grande curiosità, oltre all'interessamento di mass media, forze dell'ordine, Procura della Repubblica. In particolare, "Addiopizzo" si è impegnato nella campagna "Contro il pizzo, cambia i consumi": la campagna si propone il duplice scopo di stimolare i cittadini ad una responsabilizzazione, mostrando quale sia il potere dei singoli nel far valere il proprio diritto di spendere denaro presso esercizi commerciali onesti e liberi dalla mafia; al contempo, cerca di stimolare gli imprenditori a prendere le distanze da ambienti mafiosi. Si tratta della prima esperienza di consumo critico legata all'estorsione: consumatori che orientano i propri consumi verso un'economia legale, premiando coloro che si oppongono al racket. Il presidente di "Addiopizzo", Daniele Marannano, incontrerà la mattina del 4 maggio gli studenti

dell'Istituto Tecnico Commerciale "E. Ferninando" ed al pomeriggio la locale associazione antiracket. Mesagne: ieri altre 2 auto a fuoco. E sono 4 in 48 ore 03 Maggio 2012 - Altra due auto a fuoco a Mesagne. E sono quattro in quarantotto ore. E’ accaduto nuovamente nella notte di martedì quando un’auto è andata a fuoco in una via centralissima della città. Ad accorgersi del fatto sono stati i residenti che hanno lanciato l’allarme. Sul posto è giunta una squadra di vigili del fuoco e una volante della polizia. Dagli accertamenti che sono stati eseguiti subito dopo il rogo sembrerebbe che le fiamme si sono sprigionate per autocombustione in seguito a un corto circuito. Dunque, apparentemente, non vi sarebbe nessun dolo. Altro incendio alle 13,30 nel centro storico dove un’auto è andata a fuoco tra la paura della gente. Sono intervenuti i carabinieri e i vigili del fuoco. Anche qui la causa dovrebbe essere accidentale poiché non è stato trovato nessun indizio che possa far pensare al dolo. Intanto inizia a chiarirsi anche l’incendio delle due auto avvenuto lunedì scorso in via Federico II Svevo. Secondo i filmati delle telecamere di videosorveglianza l’auto rubata, una Fiat Tipo, sarebbe stata spinta a mano nei pressi dell’abitazione dell’imprenditore da un individuo che avrebbe più volte tentato di rimetterla in moto senza riuscirci. Poi avrebbe appiccato il fuoco forse per cancellare le impronte. Questa è la tesi su cui stanno lavorando gli investigatori. Se sarà davvero così allora sarà scartata la pista dell’atto intimidatorio perpetrato ai danni dell’imprenditore Luigi Devicienti. Dunque ancora fiamme a Mesagne che hanno avvolto due auto in due momenti

differenti della giornata. Il primo episodio si è verificato alle 5,10 in via Epifanio Ferdinando dove una signora aveva posteggiato la sua Lancia Y10, vecchio tipo. Dopo una decina di minuti ha sentito il crepitio delle fiamme e ha visto la sua auto divenuta una torcia. E’ stato lanciato l’allarme e sul posto è giunta una volante della polizia e i vigili del fuoco che hanno spento le fiamme. Dai primi accertamenti sarebbe emersa una causa accidentale dell’incendio dovuta a un corto circuito. Il motore, infatti, era ancora caldo quando ha preso fuoco. Un altro episodio si è verificato alle 13,30 in via Albricci, nei pressi di piazza Commestibili, dove alcuni signori avevano posteggiato la loro Opel Agila, di proprietà di C. R., ed erano andati a pranzo in un ristorantino del centro storico. A un tratto sono stati avvisati che la loro auto stava prendendo fuoco. Sono stati allertati i vigili del fuoco di Brindisi che poco dopo sono giunti sul luogo dell’incendio e l’hanno spento. Anche qui la causa è stata dichiarata accidentale. Infine sembra chiarirsi l’incendio della Fiat Tipo, rubata in via Molise poco prima, nei pressi dell’abitazione dell’imprenditore Luigi Devicienti. In alcuni filmati si è visto un soggetto che ha spinto a piedi l’auto e successivamente, dopo vari tentativi di metterla in moto, l’ha abbandonata non prima di avergli dato fuoco per cancellare le tracce. Alla luce di questo chiarimenti il sindaco Franco Scoditti ha ritenuto di non andare dal Prefetto e dal Questore per l’accidentalità di tali eventi ma si è sentito con le forze dell’ordine locali.

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Emergenza criminalità: Le opposizioni chiedono la convocazione dell'Osservatorio Giovedì 03 Maggio - Alla luce degli ultimi fatti di cronaca le segreterie politiche del centro destra di Mesagne hanno invitato il sindaco Franco Scoditti a far scendere in campo l’Osservatorio permanente sulla legalità. “La drammaticità dei fatti e lo sconcerto che anima la nostra comunità impongono una seria riflessione, specie alla luce della natura dei nuovi e recenti fenomeni criminosi che sembrano operare senza alcuno scrupolo e perciò ancora più inquietanti e pericolosi. hanno scritto i segretari del Pdl, Mi, Nip, Ppt, La Destra e Nuovo Psi - Bisogna fermarsi, lavorare insieme con le istituzioni, attori politici e sociali del nostro territorio e lavorare in fretta, sostenendo con tutti i mezzi a nostra diposizione il gravoso compito che incombe sulle forze dell’ordine”. Su questo punto, già in passato, l’opposizione si era espressa ritenendo fondamentale una linea di azione che viaggiasse su un doppio binario, repressivo e preventivo. “Ed è proprio su quest’ultimo fronte – hanno continuato i segretari - che esortavamo l’attuale amministrazione a rendere più operativa e capillare l’azione dell’Osservatorio sulla legalità, istituzione, vogliamo ricordarlo, nata con il preciso compito di studiare e analizzare i fenomeni illegali e criminali e individuare i settori a maggior rischio d’infiltrazioni criminale oltre che per diffondere in modo costante, e a più livelli, soprattutto fra le giovani generazioni, la cultura del lecito, della legalità e della giustizia”. Le opposizioni hanno ritenuto necessario chiedere l’immediata convocazione del comitato ristretto dell’Osservatorio affinché, possa esaminare i più recenti accadimenti, e predisponga un piano operativo da

sottoporre, a breve, all’intero plenum. “Sul fronte repressivo – hanno concluso - occorre un’azione forte, concertata, decisa e generale, ed è pertanto inevitabile fare un’ultima considerazione e ricordare, a chi oggi, colpito da una sorta di sindrome di autosufficienza, continua a operare ignorando le altre forze politiche, che il tema della legalità e della sicurezza del nostro paese, è un tema che coinvolge tutti, maggioranza e opposizione, e pertanto occorre la partecipazione di tutti affinché si realizzi un fronte comune e non diventi invece l’ennesima occasione per propagandare se stessi”. Se la città è oggetto di episodi criminali le campagne mesagnesi non sono da meno 02 Maggio 2012 - Se la città è oggetto di episodi criminali le campagne non sono da meno perché continuano a verificarsi furti di mezzi, attrezzatura agricola e prodotti. Specialmente di carciofi, prodotto di cui le bande di delinquenti stanno facendo man bassa. A lanciare l’allarme è ancora una volta Emanuele Guglielmi, presidente della locale sezione della Coldiretti cui si rivolgono giornalmente i soci per avere assistenza. Quanto meno morale. “Voglio dirlo subito a scanso di equivoci – ha spiegato Guglielmi –le forze dell’ordine stanno svolgendo a meglio il loro compito. Però se questi fatti avvengono bisogna chiedersi cosa è che non funziona nell’ingranaggio. E una volta conosciuta la causa è facile comprendere come intervenire. Di fatto resta la certezza che il territorio extra urbano è preda dei criminali perché non c’è controllo ed è terra di nessuno ”. Dunque non c’è pace per gli agricoltori che giornalmente sono costretti a registrare furti alcuni dei quali non sono denunciati poiché la

gente è sfiduciata. “Circa un anno fa il presidente della Provincia di Brindisi ci aveva promesso che avrebbe istituito la polizia provinciale per controllare ciò che avviene negli agri. – ha aggiunto il presidente Guglielmi – La polizia è stata istituita però i risultati, per quello che vedo sul territorio di Mesagne, si fanno attendere. Al contrario so bene che la polizia provinciale ha un controllo stradale degli agricoltori. Controlla i mezzi e la regolarità dei documenti. Ed è giusto fare ciò. Ma dovrebbe, anche, prevenire i reati che giornalmente si verificano sul territorio di Mesagne”. Secondo Guglielmi ogni razzia dei carciofeti procura ai ladri circa 15 mila carciofi che hanno un valore commerciale di 600 euro. Questo valore va moltiplicato per i vari campi depredati e per le varie nottate e si ha un’idea dei danni causati alle aziende agricole. “Più volte ho spiegato alle forze dell’ordine che tutti questi carciofi non servono per il consumo familiare. O meglio solo una parte finiscono sulle tavole delle famiglie. – ha spiegato - La stragrande maggioranza va a finire nei magazzini che lavorano in nero e lo trasferiscono al Nord. Ed è lì che bisogna cercare. Purtroppo, però, nonostante le tante promesse ricevute durante gli incontri istituzionali i risultati non sono arrivati. Alla luce di queste difficoltà è comprensibile che la gente perda la fiducia, perché è prostrata, e con questo atteggiamento favorisce l’azione di questi delinquenti che impavidi spadroneggiano sul territorio”. Attentato ad Amoruso: ecco le 4 piste 02 Maggio 2012 - Sono frenetiche le indagini sulla vicenda dell’atto intimidatorio portato a segno ai danni del brindisino Gianluca Amoruso proprietario a Mesagne della

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palestra “G – Fit Club” in via Romagna dove venerdì sera un individuo ha esploso due colpi di arma da fuoco all’interno della struttura. Il tutto ad altezza d’uomo e con la consapevole certezza che i proiettili potevano trovarsi sulla traiettoria di qualcuno. Su queste constatazioni e su tante altre si è svolto ieri mattina presso la Procura della Repubblica di Brindisi un summit tra gli investigatori e il sostituto procuratore, Marco D’Agostino, titolare delle indagini. Gli investigatori non si sono presentati in Procura a mani vuote, tutt’altro. Tra le mani avevano diverse tracce che, con un po’ di fortuna ma soprattutto con l’instancabile collaborazione da parte dei cittadini, potrebbero portare a risolvere il caso. Ci sono buone speranze che questo prima o poi possa avvenire. L’analisi dei fatti. Dopo il raid di venerdì notte e l’avvio delle prime indagini adesso è il tempo della riflessione investigativa che, nei prossimi giorni, potrebbe sfociare in alcune azioni e atti. Intanto la prima riflessione è che non è detto che il killer ha sparato per uccidere. Se così fosse, alla luce delle tristi precedenti casistiche, il killer sarebbe entrato nella struttura e avrebbe sparato al suo obiettivo con la certezza di portare a termine il compito ricevuto. In ogni modo resta l’efferatezza del gesto e la cognizione che sulla traiettoria del proiettile, che peraltro aveva sfiorato l’Amoruso, potesse trovarsi inconsapevolmente qualche individuo presente all’interno della palestra. In questo quadro, da brivido, gli investigatori oltre a trovare il killer vogliono comprendere chi ha ordinato l’azione e arrestare il mandante. Poi c’è un’altra pista che è quella del racket. Anche se pochi ci credono gli investigatori non l’hanno mai tralasciata. Non aver ricevuto richiesta di denaro, cioè il pizzo, è insignificante poiché in questi casi le richieste sono giunte anche dopo un po’ di tempo

dall’azione delittuosa. C’è, ancora, la terza pista che è quella legata alla vita privata del giovane che, per la verità, sembra essere piuttosto limpida e serena senza nessun grillo per la testa. Peraltro la ragazza di Amoruso dovrebbe essere una delle due ragazze presenti nella struttura all’ora dell’attentato e che è rimasta scioccata. Infine ci potrebbe essere una quarta pista legata all’attività sportiva del giovane. E forse questa potrebbe rivelarsi, alla fine, una delle piste privilegiate. In ogni modo queste vicende hanno creato in città un certo allarme sociale. Adesso sono davvero troppi gli episodi delinquenziali che si stanno ripetendo con un’inarrestabile sequenza. Un’attività messa in campo dalla malavita che potrebbe delegittimare il ruolo delle istituzioni e quindi dello Stato. Ecco perché lo Stato ha il dovere di intervenire con forza e decisione. Con l’intelligence e non con un’invasione di forze di polizia che la gente ha etichettato come “passerelle”. Cioè azioni che non servono a incidere sulla criminalità. Se così non sarà allora a Mesagne sull’antimafia avrà vinto l’antiStato. Auto a fuoco nella notte a Mesagne. Intimidazione a imprenditore? 02 Maggio 2012 - Altra notte di fuoco a Mesagne dove due auto sono state bruciate. Una di queste è stata rubata poche ore prima a un mesagnese il quale ieri mattina si è presentato in Commissariato per denunciarne il furto. Circostanza strana è che i fatti sono accaduti a una decina di metri dall’abitazione dell’imprenditore Luigi Devicienti il quale ha subito, nel recente passato, due atti intimidatori. Se anche questo episodio è da collegare all’imprenditore al momento non è chiaro poiché gli investigatori stanno

lavorando alacremente per cercare di dare una chiara e inequivocabile lettura ai fatti. Al momento ci sono solo ipotesi e congetture nulla di certo. Un aiuto agli investigatori potrebbe giungere dai fotogrammi di alcune telecamere di videosorveglianza che sono presenti in zona. Su quest’ultimo fatto di cronaca stanno indagando gli uomini del commissario Sabrina Manzone coordinati dal sostituto procuratore Marco D’Agostino. I fatti si sono verificati intorno alle 3 di ieri lungo via Federico II Svevo. Qui sono giunti alcuni individui che hanno posteggiato una Fiat Tipo, rubata poco prima, e hanno appiccato il fuoco al mezzo. L’auto ben presto è stata avvolta dalle fiamme che poco dopo si sono propagate a una Ford Ka che era regolarmente posteggiata in strada. Lo scoppio dei finestrini ha destato l’attenzione dei residenti, che a quell’ora dormivano, che sono saltati dai rispettivi letti e si sono affacciati in strada assistendo a una scena, purtroppo, di ordinaria follia criminale. E’ stato lanciato l’allarme e sul posto sono giunti i vigili del fuoco che hanno spento le fiamme e messo in sicurezza la zona. Molta paura hanno avuto alcuni cittadini che abitano proprio a fianco al rogo che si sono trovati davanti una parete di fuoco. Sul posto è giunta una volante del locale commissariato i cui agenti hanno controllato la zona in cerca di elementi utili alle indagini. Sembrerebbe certa la natura dolosa del gesto. Incerto se alla base di tale atto c’è un messaggio trasversale per qualcuno. Le indagini. Gli investigatori ieri si sono messi a lavoro molto presto anche se sarebbe meglio dire che non hanno mai smesso di indagare poiché i vari atti criminali perpetrati in città non gli hanno lasciato il tempo di prendere un caffè. Ieri mattina una prima fase delle indagini ha riguardato la visione dei filmati delle varie telecamere di videosorveglianza presenti

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in zona per cercare di trovare qualche elemento utile. Quello che è certo che non sarà un’indagine che si potrà chiudere in pochi giorni. Tra i tanti interrogativi e piste c’è anche quella che il gesto è da collegare alla presenza in zona dell’abitazione dell’imprenditore Luigi Devicienti già destinatario nel 2011 di due atti intimidatori. Un’eventualità che le verifiche che stanno svolgendo gli investigatori, tuttavia, potrebbero escludere poiché in strada era posteggiata anche l’auto della moglie dell’imprenditore. Perciò se i piromani volevano colpire lui potevano farlo in maniera diretta evitando quella di un messaggio trasversale. In ogni modo si è nel campo delle ipotesi dove il condizionale e le riserve sui fatti avvenuti sono d’obbligo. Infatti, la Fiat Tipo potrebbe essere stata incendiata dopo aver compiuto qualche azione criminale. Ma anche su queste ipotesi vi sono delle indagini in corso. Un ventaglio di piste che lasciano capire come gli investigatori non vogliono tralasciare nulla. Infine c’è una spiacevole curiosità. La Ford Ka è di proprietà di un signore che nell’agosto 2011 fu costretto ad acquistare quest’auto perché la sua fu danneggiata dallo scoppio della bomba indirizzata a Devicienti. Oggi anche quest’altra auto è andata distrutta. Hanno sparato anche alla moglie 02 Maggio 2012 - Tre colpi di pistola: due indirizzati all’imprenditore e uno che ha ferito di striscio la moglie. E una violenza inaudita, incomprensibile proprio perché eccesiva tanto da dover essere definita “gratuita”. Erano in tre i banditi che hanno atteso davanti alla soglia della propria abitazione, sulla strada per Tuturano, l’imprenditore Cosimo Scialpi, 69 anni e Caterina De Maria, 64 anni,

entrambi ricoverati in ospedale, il primo in gravissime condizioni, l’altra malconcia ma per fortuna salva. L’assalto è stato caratterizzato da diverse fasi ed è stato messo a segno in più riprese: dal giardino della villetta i coniugi, che avevano appena brindato per festeggiare la cresima della nipote, sono stati condotti in un casolare. Prima del trasferimento avvenuto a bordo di due auto, l’Opel Astra della vittima e una Volvo Xc 60 rubata qualche giorno fa dalla concessionaria Adriatica motori, i malfattori hanno badato bene a rendere inattive le telecamere del sistema di videosorveglianza dell’abitazione: hanno rubato l’hard disk e si sono poi recati, tenendo in ostaggio la coppia, in un posto sperduto ma tuttavia conosciuto, tanto da far presumere che ad agire sia stata gente del posto. Lì, dopo averli legati con una corda, hanno chiesto “i soldi”. Solo i soldi. Non hanno mirato ai gioielli che la donna indossava, non volevano altro che contanti, stando a quanto hanno detto in un italiano quasi perfetto. Scialpi, scioccato ha dichiarato di non averne e che l’unica soluzione sarebbe stata quella di recarsi a casa dei consuoceri: in tutto il bottino ammonta 500 euro. Durante la breve “trasferta” la 64enne è stata tenuta prigioniera. Incendio presso casa di imprenditore 30 aprile 2012 - Un nuovo avvertimento ai danni dell’imprenditore Luigi Devicienti o una bravata notturna ad opera di qualche testa calda? E’ giallo sull’incendio di due auto nel pieno centro di Mesagne proprio nel cuore della notte. Una cosa al momento è certa, via Federico II Svevo si conferma una strada calda del centro cittadino e non per le temperature raggiunte in seguito alla combustione di due

veicoli. Si tratta di una Fiat Punto ed una Ford Ka. La Punto era stata rubata poco prima ad un pensionato in via Molise e portata da un quartiere all’altro, in via Federico II Svevo dove è stata data alle fiamme con liquido infiammabile. Il rogo si è poi esteso alla Ford Ka parcheggiata nelle vicinanze. Sul posto tra le 3 e le 3.30 sono arrivati i vigili del fuoco del comando provinciale di Brindisi e gli agenti del commissariato della Polizia di Stato. Gli investigatori non escludono alcuna ipotesi al momento, dato che il messaggio malavitoso non avrebbe un destinatario preciso. La Punto è stata incendiata a qualche decina di metri dall’abitazione dell’imprenditore Luigi Devicienti, patron della locale squadra di calcio, già fatto oggetto di diversi attentati come quello del 26 luglio 2011 quando fu incendiato il portone di casa (sempre lungo la stessa via); quello del 24 agosto quando una bomba fu piazzata proprio sull’uscio dell’abitazione rischiando di provocare una strage in pieno pomeriggio ed infine le lettere intimidatorie condite con proiettili inviate a mo di auguri di Natale. Da tenere presente che da alcune settimane il 24enne Danilo Calò, denunciato dalla polizia, proprio per l’attentato del 26 luglio 2011 a Devicienti, è sotto la protezione della Dia e della Dda di Lecce. Non è escluso che l’incendio della notte scorsa possa avere attinenza con questa nuova situazione che preoccupa la criminalità locale. Sembrava fosse tornato il sereno in via Federico II Svevo dopo la serie di episodi, fino alle nuove fiamme di stanotte che fanno salire ancora di più l’allarme criminalità anche alla luce dei recenti fatti come quelli delle due pistolettate calibro 9 sparate venerdì sera contro il portone della palestra “G. Fit Club” condotta da Gianluca Amoruso. Episodi scollegati che tuttavia sono all’attenzione delle forze dell’ordine e del sindaco Franco

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Scoditti che nei prossimi giorni potrebbe incontrare il prefetto Nicola Prete sul tema dell’ordine e della sicurezza pubblica. Due colpi di pistola contro una palestra 28 Aprile 2012 – Un grave atto intimidatorio si è verificato ieri sera a Mesagne dove sono stati sparati due colpi di pistola calibro 9 contro la porta d'ingresso della palestra "G Fit Club" di via Romagna di proprietà di Gianluca Amoruso, di 39 anni, di Brindisi già preparatore atletico della locale squadra di calcio. E' accaduto in via Romagna, intorno alle ore 22.00, quando all'interno della palestra si erano attardati alcuni giovani. Al momento dell'attentato c'era il titolare assieme alla sua segretaria che al momento degli spari si è sentita male. Amoruso, invece, non si è perso d'animo ed ha subito allertato il commissariato di polizia che ha inviato sul posto un pattuglia. Il proprietario ha dichiarato di non aver mai ricevuto richieste estorsive. Sembra che una telecamera abbia ripreso la scena malavitosa e che l'attentatore, probabilmente a volto scoperto. Ma le immagini sono sfocate. Ulteriori aggiornamenti saranno forniti nelle prossime ore. Mesagne: Auto a fuoco 28 Aprile 2012 - Si è riscaldata la temperatura della città di Mesagne, e non solo quella meteorologa. La notte scorsa, infatti, alcuni individui hanno appiccato il fuoco all’auto di un giovane bancario. L’incendio è stato spento dai vigili del fuoco chiamati dallo stesso proprietario dell’auto.La macchina è andata completamente distrutta. Ignoto il

movente poiché il giovane ha dichiarato agli investigatori di non comprendere le cause di tale gesto giacché è una persona tranquilla e abitudinaria. Sul posto è giunta una gazzella dei carabinieri che ha raccolto la testimonianza dei presenti e avviato le indagini per cercare di comprendere i motivi da cui è scaturito il gesto. Si indaga a fondo nella vita personale del giovane. C’è da emettere in evidenza che nel recente passato il giovane ha subito altri due tentativi di incendio della sua auto. In quell’occasione, fortunatamente, è riuscito ad accorgersi in tempo del fattaccio e a spegnere le fiamme. L’episodio si è verificato intorno alle ore 5 del mattino di ieri in via Principe di Piemonte, una traversa di via Roberto Antonucci alias via San Vito. In questa strada sono giunti alcuni individui che si sono fermati davanti a una Fiat 500, vecchio tipo regolarmente posteggiata al civico 97, di proprietà di A. F., di anni 32 di professione bancario in un istituto di credito salentino, ma in uso al papà. Famiglia conosciuta e stimata in città. Con grande cautela hanno smontato il lunotto posteriore dell’auto quindi si sono introdotti all’interno cospargendo, con ogni probabilità, i sedili in stoffa con del liquido infiammabile. Poi vi hanno appiccato il fuoco e sono fuggiti. L’auto in pochi secondi ha preso fuoco e le fiamme si sono alzate così alte da lambire la facciata dell’abitazione. Il crepitio ha svegliato il giovane bancario che si è affacciato e si è accorto che l’auto era ormai un rogo. Ha telefonato ai vigili del fuoco che in pochi minuti sono giunti sul posto e hanno spento l’incendio. Le fiamme, purtroppo, hanno lambito la facciata dell’abitazione annerendola in parte. Fortunatamente nessun danno è stato causato ai residenti. Gli investigatori hanno escluso che l’atto intimidatorio è a scopo estorsivo. Piuttosto potrebbe essere legato alla vita

privata del giovane. Anche perché in passato ha subito altri due atti intimidatori fortunatamente non consumati. Su questi ultimi due episodi ha indagato la polizia. CGIL: Lunedì 30 iniziativa su credito, lavoro e legalità 27/04/2012 - Nell’ambito delle iniziative territoriali promosse dalla CGIL di Brindisi l’appuntamento di lunedì 30 aprile alle ore 18.00, presso il centro Polivalente Anziani in via Stazione, sarà a S.Pietro Vernotico, dove si parlerà di CREDITO, LAVORO e LEGALITA’. All’introduzione ai lavori, curata dal coordinatore della Camera del Lavoro comunale, Gianfranco Pesimena, seguiranno gli interventi programmati del sindaco, avv. P. Rizzo sul tema “ Legalità e sviluppo, il ruolo degli Enti Locali” e del Segretario Regionale della FISAC CGIL, Galileo Casone, su “ quale credito per il territorio” . Le politiche finanziarie e del credito hanno fortemente influito sulle cause della crisi economica che attraversa l’Europa. Nei territori del sud d’Italia, che avevano già problemi atavici legati soprattutto all’accesso al credito per le imprese e per le famiglie, ciò ha significato la morte di tante attività e crescita della disoccupazione. Le conclusioni saranno affidate alla segretaria generale della CGIL di Brindisi Michela Almiento. Nel corso dell’iniziativa verrà dato spazio all’associazione LIBERA per commemorare i 30 anni dall’uccisione di Pio La Torre e Rosario Di Salvo. Pio La torre, prima come sindacalista e poi come esponente del PCI, si impegnò in prima linea nella lotta alla mafia e contro la collusione con il potere politico e finanziario. Fu ucciso dai mandanti mafiosi il 30 aprile del 1982 a Palermo

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insieme al suo autista Rosario Di Salvo. Ricordare chi ha dato la vita per combattere contro i poteri occulti che condizionano la vita economica, politica e sociale del nostro paese è un monito per tutti all’impegno civile e alla partecipazione attiva senza farsi tentare da scivolamenti nell’antipolitica, che sarebbe la vera morte della democrazia.

COMUNICATO STAMPA CGIL Sandonaci: attentato incendiario fallito al panificio 27 Aprile 2012 - Solo un miracolo ha impedito che alcune bottiglie incendiarie e una tanica di gasolio devastassero il panificio di Giovanni Greco. Un po’ di fortuna e l’istinto di un vigilante hanno mandato a monte il piano di qualcuno che voleva marchiare col fuoco una delle attività imprenditoriali più antiche del paese. Erano le 22.30 di mercoledì sera quando un uomo dell’Istituto di Vigilanza “Security” durante un normale servizio di pattuglia mentre percorreva via Vittorio Alfieri ha notato sul davanzale delle vetrine una tanica e delle bottiglie. Avvicinandosi si è accorto che all’interno di quest’ultime era presente del liquido infiammabile, del gasolio probabilmente. Una delle bottiglie era già bruciata e aveva colpito le vetrine della facciata laterale dell’esercizio e il marciapiede. Le altre bottiglie, essendosi spenta la fiammella del primo contenitore ed essendo il gasolio un prodotto che ha bisogno di un livello alto di autocombustione, non hanno preso fuoco. Il tentativo di incendio si è fermato lì. Il vigilante ha avvertito subito la centrale operativa. Gli uomini del comandante Giancarlo Abbracciavento giunti sul posto hanno costatato l’accaduto e hanno provveduto a effettuare

le domande di rito ai proprietari che si sono meravigliati di quello che è accaduto. L’esercizio commerciale si disloca in via Galilei e comprende anche l’angolo attiguo a via Alfieri. La parte anteriore, ossia l’entrata della struttura non è stata minimamente intaccata a differenza della facciata laterale composta da tre vetrate. Il Commissario Europeo Malmstrom visita le terre confiscate alla Mafia. 23/04/2012 - È prevista per martedì 24 aprile, a partire dalle ore 11.00, l'importantissima visita della Delegazione istituzionale guidata dal Commissario europeo agli Affari Interni Cecilia Malmstrom alle terre, in agro di Torchiarolo, confiscate alla Sacra Corona Unita e affidate alla Cooperativa Libera Terra di Puglia. Il programma prevede, oltre alla visita ai vigneti confiscati nei pressi della zona archeologica di Valesio, soprattutto l'illustrazione del progetto che il Comune di Torchiarolo intende presentare ai Ministeri competenti al fine di ottenere i fondi necessari alla ristrutturazione della Villa confiscata in contrada Santa Barbara e al migliore utilizzo dei beni adiacenti. Ad accogliere il Commissario europeo Malmstrom e a partecipare alla presentazione del progetto del Comune di Torchiarolo ci sarà anche il Governatore della Regione Puglia Nichi Vendola.

COMUNICATO STAMPA AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI

TORCHIAROLO

Ordigno caricato con schegge di ferro. Sfiorato il dramma in strada 14 aprile 2012 - E la criminalità colpisce ancora. Questa volta nella piccola comunità di Cellino San Marco, nei confronti di un imprenditore di 42 anni, Paolo Quarta, artigiano del ferro e dell’alluminio che dal 1992 ha un laboratorio in via Martiri Fosse delle Ardeatine, fratello dell’assessore alle attività Produttive Gianfranco e padre di un ragazzo di 24 anni, Giorgio che da qualche anno lavora insieme a lui. Un grosso ordigno intorno alle 23 di ieri ha sventrato l’appartamento adiacente al laboratorio artigiano, lo ha reso inagibile e ha rischiato di arrecare danni ancora più gravi. Da un primissimo sopralluogo eseguito dagli esperti, infatti, sembrerebbe che la bomba, creata artigianalmente non era stata riempita solo di esplosivo ma anche di frammenti metallici, micidiali, che in seguito all’esplosione hanno perforato cemento e ferro. Solo per puro caso in quel momento da via Martiri Fosse delle Ardeatine non passava nessuno. Il figlio Giorgio aveva lasciato l’appartamento solo un quarto d’ora prima. Il boato è stato così forte che è stato udito da tutto il paese e una ragazza che era nelle vicinanze, a causa del rumore forte e assordante sprigionato dall’esplosione, è stata trasportata in ospedale con danni a un timpano. Sul movente di questo attentato dinamitardo indagano i carabinieri della compagnia di Brindisi unitamente agli uomini della locale stazione al comando del maresciallo Giuseppe Milo che già dalla stessa serata di ieri si sono messi al lavoro sulla vicenda. Paolo Quarta è incensurato, suo figlio anche, la moglie idem. Una famiglia per bene che non ha mai avuto a che fare con la criminalità. In vent’anni di attività l’imprenditore non è mai

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stato destinatario di questo genere di messaggi. Non ha mai ricevuto minacce o richieste estorsive. “Cado dalle nuvole, questa è una cosa che non mi sarei mai aspettata, non ho mai dato fastidio a nessuno e sto bene con tutti. Mi viene il dubbio che si sia trattato di un errore”. Ha dichiarato il 42enne questa mattina, ancora incredulo di quello che gli era capitato. Le indagini dei carabinieri, però, non possono non tener conto della posizione politica del fratello maggiore dell’artigiano, Gianfranco. Assessore alle Attività Produttive, che abita a poche centinaia di metri dall’abitazione presa di mira ieri sera dalla criminalità. Anche, lui, però, si dichiara ignaro hai fatti: “E’ stato un vero e proprio shock, non credo che questo attentato possa essere considerato un avvertimento per me o per la mia famiglia. Lavoro nell’amministrazione con onestà, stiamo cercando di accontentare tutti i tipi di cittadini con l’unico scopo di risollevare le sorti del paese, non credo di aver fatto torti a qualcuno”. L’appartamento distrutto dalla bomba è da qualche anno era disabitato. La famiglia Quarta vi ha risieduto fino a quando non si è trasferita in una casa più grande in via San Pietro. Era arredato di tutto punto e a breve vi si sarebbe dovuto trasferire il figlio Giorgio che intanto lo utilizzava per trascorrere qualche ora in compagnia degli amici o anche da solo. E proprio ieri sera il ragazzo è stato nella casa di via Martiri Fosse delle Ardeatine fino a un quarto d’ora prima dell’attentato dinamitardo. “Ero già a casa con i miei genitori quando ho sentito un grosso boato provenire dall’esterno. Abitiamo lontano dal vecchio appartamento ma il rumore provocato dallo scoppio si è sentito benissimo. Non avrei mai immaginato, però, che si trattasse proprio l’appartamento di mio padre, lo stesso in cui ero stato poco prima”. Alle 23 via

Martiri Fosse delle Ardeatine, la traversa della via San Donaci che unisce il centro con la periferia e percorribile a doppio senso di circolazione, è sempre frequentata da gente. Sia automobilisti che pedoni a passeggio con i cani. È stato un puro caso che al momento dell’esplosione in quel momento non c’era nessuno nelle immediate vicinanze. Una squadra dei vigili del fuoco del comando provinciale di Brindisi questa mattina è tornata sul posto per un ulteriore sopralluogo. I carabinieri anche. L’abitazione è inagibile ma non è in pericolo di crollo. Deve essere ristrutturata. Per fortuna l’adiacente laboratorio artigiano non ha subito danni e l’imprenditore può continuare a lavorare. Con quale serenità, però, è da vedere. Solo qualche giorno fa nella vicina Torchiarolo ignoti piromani hanno incendiato l’auto del comandante dei vigili urbani e quella del suo vice. Naturalmente questo episodio non ha collegamenti con quello di ieri sera a Cellino ma è un chiaro segnale che nei paesi della fascia a sud di Brindisi la criminalità sta prendendo quota in modo scellerato e aggressivo. Entrambi gli attentati sono stati perpetrati alle 23, un orario in cui la gente è ancora in giro. I due episodi potrebbero anche essere visti come attacchi alle istituzioni e alla politica, a meno che gli investigatori non riescano a trovare un movente particolare per ognuno di essi. Al momento resta la paura.

di Paola Bari Bomba al fratello dell’assessore 14 aprile 2012 - Attentato dinamitardo nella tarda serata di ieri ai danni di un artigiano. Erano circa le 23 quando i vigili del fuoco del comando provinciale di Brindisi sono stati chiamati ad intervenire in via Martiri delle Fosse Ardeatine a Cellino San Marco dai carabinieri della locale stazione.

L’ordigno era appena esploso nei pressi del laboratorio artigianale di infissi e serramenti di Paolo Quarta, 42 anni, situato accanto alla sua abitazione. L’onda d’urto della deflagrazione ha divelto porte e finestre provocando gravi danni. Ascoltato dagli investigatori l’artigiano ha affermato di non aver mai ricevuto minacce o richieste estorsive in passato. Quarta è però il fratello di Gianfranco, assessore comunale alle Attività produttive, e perciò i militari dell’Arma non possono al momento escludere neppure un collegamento tra l’attentato e vicende collegate alla politica, e quindi la pista dell’attentato trasversale.

di Antonio Portolano Pistola nel lettore dvd: arrestato 11 aprile 2012 - Una Beretta, calibro 7.65, perfettamente funzionante, dotata di una ventina di proiettili nascosta all’interno di un comune lettore dvd, opportunamente modificato al suo interno per contenerla, è stata ritrovata e sequestrata dagli agenti del commissariato di Mesagne in un’abitazione di via Torre Santa Susanna. Gli agenti, per l’accusa di detenzione illegale di arma comune da sparo e relativo munizionamento e ricettazione della stessa arma, su disposizione del pm Raffaele Casto, hanno arrestato Antonio Talliente, 56enne del posto, già noto alle forze dell’ordine per altri reati. Talliente, esponente della vecchia mala mesagnese, è anche il suocero di Giovanni Cosimo Guarini (al secolo Maradona), arrestato (l’ultimo in ordine di tempo, ndr) il 27 gennaio scorso per l’omicidio di Giancarlo Salati, 62enne di Mesagne, morto, per le ferite riportate, il 17 giugno del 2009. Guarini fu arrestato insieme con altri personaggi della Scu Massimo Pasimeni (il boss detto

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Piccolo Dente) e di Francesco Gravina (detto Gabibbo) e Vito Stano. La pistola – trovata in possesso di Talliente – è stata rubata nel 2002 ad un abitante nella provincia di Padova. Era nascosta nell’involucro di un lettore di dvd vuotato del’hardware elettronico, ma non è sfuggita ad una perquisizione accuratissima. Un ‘arma che scotta: indagini sono in corso per capire se sia stata utilizzata in azioni criminose ed in particolare in fatti di sangue. Ufficialmente la scoperta dell’arma è avvenuta nell’ambito di specifici servizi mirati alla repressione di reati in genere, da parte degli agenti del commissariato di Mesagne insieme con la squadra mobile della questura di Brindisi. Un giro di vite richiesto dal questore Alfonso Terribile, che ha portato all’intensificazione del controllo del territorio e l’esecuzione di diverse perquisizioni domiciliari. Nel corso di queste operazioni di polizia, sono stati individuati alcuni pregiudicati mesagnesi che hanno violato alcuni obblighi impostigli dalle competenti autorità giudiziarie. Ma ci può essere anche una ragione non rivelata dagli investigatori: una nuova pista che conduce all’interno della rete della criminalità organizzata mesagnese non ancora raggiunta dalle indagini, e a particolari episodi. Torchiarolo, attacco alla polizia urbana. Bruciate le auto di comandante e vice 10 aprile 2012 - Può essere considerato un vero e proprio attacco alle istituzioni l’incendio che poco dopo le 23 di ieri ha distrutto la Opel Astra di proprietà del comandante dei vigili urbani di Torchiarolo, Lorenzo Renna, e la Fiat Croma del vice comandante Antonio Palombo. Entrambe le auto erano parcheggiate nel cortile del palazzo comunale, distanti

l’una dall’altra. I due dirigenti, mentre le loro vetture prendevano fuoco, erano impegnati nei festeggiamenti della festa patronale in onore della Madonna di Galeano. Non appena informato dell’attentato incendiario il vice comandante è stato colto da malore e trasportato in ospedale da un’ambulanza del 118. Insieme ai vigili del fuoco, in via Cristoforo Colombo, dove hanno sede il municipio e il comando della Polizia locale, si sono portati i carabinieri della locale stazione e lo stesso comandante, il maresciallo Giacomo Poma, per le indagini di rito. Da una prima ricostruzione dell’accaduto sembrerebbe che l’attentato incendiario sia legato all’attività lavorativa dei due agenti e che non sia comunque riconducibile ad attività collegate alla festa patronale. Nessuno screzio con ambulanti, giostrai e commercianti e nessuna multa di troppo è stata elevata nella giornata di ieri. Chi ha agito, però, conosce perfettamente le abitudini delle due vittime dell’attentato incendiario e sapeva che nella giornata di oggi le loro auto private sarebbero rimaste parcheggiate a lungo nel cortile della sede del Comune. Non si può escludere che si possa essere trattato anche di una ritorsione per la vigilanza attuata sul servizio rifiuti. Renna vive a San Pietro Vernotico ma i piromani hanno voluto colpirlo mentre era in servizio. Nella zona non ci sono telecamere. Ad accorgersi dell’incendio è stato uno dei tanti frequentatori della festa che aveva parcheggiato la propria vettura proprio in via Cristoforo Colombo a due passi da dove era stato allestito il luna park. Tutti gli agenti in servizio erano impegnati per le vie del paese per garantire la buona riuscita dei festeggiamenti e le sedi del Comune e del comando della Polizia Locale erano vuote. Nel cortile c’erano diverse vetture e il cancello era aperto. Per i piromani non è stato difficile raggiungere i loro

obiettivi. Di certo ad agire sono stati in due. Le due auto prese di mira, infatti, erano parcheggiate molto distanti l’una dall’altra e in direzioni opposte. Una sola mano avrebbe impiegato più tempo del dovuto. L’incendio è partito dalla cavità tra le ruote anteriori e la carrozzeria dove è stato piazzato uno straccio imbevuto di liquido infiammabile. Le fiamme si sono propagate in una manciata di secondi ma sono state notate subito dai passanti. Immediatamente sono stati allertati i vigili del fuoco, i proprietari e i carabinieri. Sul posto si è portato anche il primo cittadino Giovanni Del Coco. Grazie al tempestivo intervento dei soccorsi il danno è stato limitato alle due auto, ma le stesse sono inutilizzabili. Per la loro rimozione si è reso necessario l’intervento del carro attrezzi. Il vice comandante Palombo alla vista della sua vettura avvolta da lingue di fuoco è stato colto da malore e per lui si è reso necessario l’intervento dell’ambulanza del 118. È stato trasportato presso l’ospedale Perrino di Brindisi e le sue condizioni non sarebbero gravi. Un episodio di questo genere non si era mai verificato nel piccolo comune di Torchiarolo. Lorenzo Renna è capo della Polizia locale da quasi due anni e mai, fino a questo momento, è stato al centro di fatti criminosi: “Sono amareggiato e non mi sarei mai aspettato un gesto di questo genere. Non ho idea di chi possa essere stato e di certo questo episodio rappresenta un vero e proprio attacco alle istituzioni ma io so che sto lavorando nel giusto e nel rispetto della legge, continuerò a comportarmi come ho sempre fatto”.

di Paola Bari nota della Redazione L’ evento criminoso del quale sono stati fatto oggetto il Comandante ed il suo Vice della Polizia municipale di Torchiarolo, è inqualificabile e da condannare subito e

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pubblicamente. Esprimiamo quindi, incondizionata solidarietà a Lorenzo Renna e Antonio Palombo e sollecitiamo chi è preposto alla sicurezza, di fare rapidamente luce piena su quanto accaduto ed assicurare alla Giustizia i malfattori in tempi brevi; non può essere sottovalutata la gravità del vero e proprio attacco a rappresentanti istituzionali, che deve indignare la comunità intera. Noi siamo convinti che è fondamentale dare la sensazione immediata, ai cittadini, che il territorio sia saldamente in mano allo Stato e che deve essere messa in campo una capacità investigativa particolarmente efficace, per ottenere risultati concreti contro la criminalità. Noi come associazione antiracket, anche se del vicino Comune di San Pietro Vernotico, non possiamo permetterci di rimanere in silenzio di fronte a questi episodi, sapendo che vi è in gioco lo sviluppo di questo territorio, proprio nel momento in cui si devono creare le condizioni per l’investimento di risorse in modo sicuro e creare così, lavoro per i nostri giovani, oltre che per la crescita culturale, sociale ed economica di questo paese, senza lo spettro incombente della malavita.

Tentata estorsione mafiosa condannato “Nerone” 05 Aprile 2012 - L’accusa di tentata estorsione mafiosa mossa due anni fa, al momento dell’arresto, è stata confermata al termine del dibattimento ed è stata riconosciuta dal Tribunale: Domenico D’Agnano, 43 anni, alias Nerone, è stato condannato a cinque anni e quattro mesi, a fronte dei sei chiesti dal pubblico ministero secondo cui l’imputato ha provato due volte a chiedere mille euro a un imprenditore, per favorire la latitanza di Francesco Campana. La sentenza. Il Collegio presieduto da Stefania De Angelis ha consegnato il verdetto nel pomeriggio di ieri, dopo la discussione delle parti: per la Direzione distrettuale Antimafia di Lecce, il sostituto Alberto Santacatterina, in origine titolare del fascicolo; per la difesa ha parlato

l’avvocato Elvia Belmonte. Per le motivazioni bisognerà aspettare novanta giorni e solo allora il pm e il legale potranno preparare l’appello che sembra scontato posto che le conclusioni del Tribunale si sono discostate dalle richieste di entrambi. Il pubblico ministero ha ritenuto sin dall’inizio come fonti di prova la denuncia sporta dai titolari, padre e figlio, dell’impresa di San Pietro Vernotico, paese nel quale D’Agnano risiede (è nativo di Carovigno) e i verbali in cui sono state raccolte le dichiarazioni rese da tre pentiti brindisini che, in tempi diversi, hanno riferito delle affiliazioni di matrice mafiosa e hanno fatto il nome di “Nerone” parlando di persona legata a Campana. In ordine cronologico, c’è stato Davide Tafuro, 23 anni, alias Rogna, nativo di San Pietro Vernotico, poi Giuseppe Passaseo di Brindisi e infine Ercole Penna di Mesagne, il collaboratore che sino ad ora ha svelato più carte di quelle che dovevano restare coperte nelle mani della Sacra Corona Unita. Marini: “A muso duro contro il racket per una vita più libera” 05 Aprile 2012 - A muso duro contro il racket per una vita più libera”. E’ questo il messaggio che martedì pomeriggio i dirigenti dell’associazione antiracket e antiusura “Legalità e sicurezza” di Mesagne hanno divulgato alla città. Insieme a loro il sindaco Franco Scoditti, l’assessore alle Attività produttive, Luigi Vizzino, l’ex assessore ai Percorsi di Legalità, Cosimo Faggiano oltre ai rappresentanti delle forze dell’ordine. I commissari, Francesco Barnaba e Sabrina Manzone per la polizia, il maresciallo Gabriele Tommaso Taurisano per i carabinieri e Bartolomeo Fantasia per i vigili urbani. Tra loro anche tre presidente dei commercianti:

Fabrizio Dipietrangelo, per l’associazione “Piazza Commestibili”, Cosimo Muri per la Confcommercio e Mario Nacci per l’Associazione commercianti mesagnesi. Tra loro anche Mario Sconosciuto, già sindaco della città e componente dell’antiracket e don Pietro De Punzio, vicario foraneo. Per oltre due ore i rappresentanti delle istituzioni hanno consegnato volantini ai commercianti per ricordargli che il racket è sempre in agguato. I commercianti hanno apprezzato il messaggio ma hanno chiesto alle istituzioni che il progetto non resti estemporaneo. “E’ importante – hanno spiegato in molti – che a questo momento pubblico segua un incontro privato e riservato sia con i responsabili dell’antiracket che con le forze dell’ordine”. E’ ritornata, così, la richiesta di un carabiniere e poliziotto di quartiere. “Avere un rappresentante delle forze dell’ordine – hanno aggiunto – che saltuariamente si fa vedere in giro oltre che fare da deterrente e prevenire alcuni reati è utile perché ascolta le nostre confidenze”. Dai commercianti è emerso chiaramente un bisogno di sentire le istituzioni maggiormente vicine affinché possano diventare degli amici con cui potersi confidare. “Altrimenti – hanno concluso – queste manifestazioni non avranno sortito l’effetto sperato e saranno state solo delle inutili passerelle”. In prima linea per combattere il racket c’è Fabio Marini, presidente dell’antiracket di Mesagne: “Oggi è più facile denunciare e dire no al pizzo – ha confidato – perché c’è una nuova sensibilità e professionalità di forze dell’ordine e magistratura e perché c’è una legge che risarcisce tutti i danni compreso il mancato guadagno. Tutti gli anni a Pasqua e Natale si ripete il penoso e insopportabile rito delle estorsioni camuffate da colletta per i carcerati bisognosi che con i soldi del pizzo potranno godersi le festività”.

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Passeggiata antiracket a Mesagne 02 aprile 2012 - Riparte l’iniziativa dell’associazione Antiracket e Antiusura della passeggiata “Legalità e sicurezza”. Il primo appuntamento si terrà martedì 3 aprile a Mesagne con inizio alle ore 17.30 in Piazza Orsini del Balzo, dove ha sede l’associazione. Ogni anno in occasione delle festività pasquali si ripete il rito ingiusto e illegale della richiesta del pizzo nei confronti di commercianti e imprenditori. Unica soluzione per interrompere questo sopruso è la denuncia. Proprio in virtù di questo ogni anno, l’associazione Antiracket e Antiusura di Mesagne organizza la passeggiata antiracket, aderendo all’iniziativa “Giornata Italiana Antiracket” organizzata da Fai – Federazione delle Associazioni Antiracket e Antiusura Italiana – che si terrà su tutto il territorio nazionale nel periodo pasquale. La passeggiata attraverserà tutta la città di Mesagne, dove il presidente dell’associazione Fabio Marini incontrerà i commercianti mesagnesi. Parteciperanno all’iniziativa inoltre i soci dell’associazione, il sindaco di Mesagne, Franco Scoditti, il presidente del consiglio comunale Fernando Orsini, autorità provinciali e rappresentanti delle forze dell’ordine. Scopo dell’associazione è quello di avvicinare l’associazione, le istituzioni e le forze dell’ordine a tutti i commercianti e operatori economici del territorio, sensibilizzandoli alla denuncia.

di Maristella DeMichele Distrutta la Mercedes di un imprenditore 30 Marzo 2012 - E' sicuramente di origine dolosa l’incendio che, attorno alla mezzanotte, ha distrutto la Mercedes Cls

320 di colore scuro intestata al brindisino Maurizio Perrone, di 47 anni, titolare della “Ma.Per - Servizi e lavori per agricoltura e zootecnia“. Il mezzo era parcheggiato in viale Medaglie d’oro, nel rione Casale, nei pressi dell’incrocio con via Duca degli Abruzzi, esattamente di fronte all’abitazione del proprietario. A pochi metri dal veicolo, i vigili del fuoco hanno trovato una bottiglietta di plastica da un litro e mezzo contenente liquido infiammabile. Questo rinvenimento rende poco credibile l’ipotesi di un cortocircuito o di un altro evento di natura accidentale. Dovrebbe essere stato un piromane, insomma, a incendiare il bolide della casa automobilistica tedesca. La richiesta di intervento alla centrale operativa del 115 è giunta poco dopo la mezzanotte. I primi a notare la densa colonna di fumo nero che si levava dal mezzo sono stati dei carabinieri impegnati in un’attività di controllo del territorio. A una manciata di metri dalla Mercedes, si trovavano altre macchine. Il pericolo che anche queste potessero essere investite dal rogo era concreto. Decisiva si è rivelata la tempestività con cui una squadra di pompieri, partita dalla vicina caserma di via Nicola Brandi, si è portata sul posto. Giallo sulla notte del fuoco 30 marzo 2012 - Indagini a 360 gradi per i due incendi che l’altra notte hanno carbonizzato tre vetture parcheggiate in due traverse di via Alcide De Gasperi. I militari della locale stazione al comando del maresciallo Giuseppe Pisani nella mattinata di ieri hanno ascoltato a lungo i tre proprietari. Un movente potrebbe essere di tipo passionale, mentre uno dei tre incendi sarebbe stato provocato semplicemente per depistare le indagini. Questo, almeno, è quanto è emerso

fino a questo momento. Le prime due auto date alle fiamme, una Fiat Punto e una Ford Focus, sono di proprietà di Cristian Arconzo 33 anni di San Pietro e di sua moglie. Erano parcheggiate in via Cardarelli vicino la loro abitazione. La terza vettura incendiata, una Ford Fiesta, invece, è di proprietà di Maurizio Piccino, dipendente Inps. Era parcheggiata in via Turati, a poche centinaia di metri da via Cardarelli. Questo l’incendio che secondo gli investigatori potrebbe essere stato appiccato per creare confusione nelle indagini. Gli uomini di Pisani nella mattinata di oggi hanno ascoltato tutte e tre le vittime scavando nella loro sfera privata e lavorativa alla ricerca di dettagli utili per l’identificazione dei piromani e dei loro mandanti. Arconzo, conosciutissimo barman sanpietrano, da qualche mese lavora come operaio presso l’Ilva di Taranto. La moglie, invece, si occupa dei due figli. Una coppia che non ha mai fatto parlare di sé. Stesso discorso per la famiglia di Maurizio Piccinno, dipendente Inps. Nella zona dei roghi non ci sono telecamere. Nessun prospetto vicino ai punti in cui erano parcheggiate le auto date alle fiamme è sorvegliato da occhio elettronico. Solo la collaborazione delle vittime, quindi, potrà fare luce sulla vicenda. Quello che è certo, comunque, è che i residenti di via Cardarelli e di via Filippo Turati questa notte hanno vissuto veri e propri momenti di terrore. Qualcuno questa mattina sulla sua bacheca di Facebook ha scritto di aver “visto l’inferno”. I piromani hanno appiccato il fuoco spaccando il finestrino posteriore e cospargendo l’interno dei mezzi di liquido infiammabile. Erano poco più delle due. Il rogo si è sviluppato in pochissimi istanti. Nella Fiat Punto da qualche mese era stato installato l’impianto a gas metano, c’è stato il rischio di esplosione. In pochi minuti la zona interessata

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dagli incendi si è riempita di gente terrorizzata. Prima via Cardarelli e poi la vicina via Turati (sono situate una di fronte all’altra). Il fumo e le fiamme hanno invaso i prospetti e si sono insinuate nelle camere che si affacciano sulla strada. I vigili del fuoco, avvisati quasi subito, sono intervenuti con due autobotti ma non hanno potuto evitare che i mezzi andassero distrutti. Fortunatamente il rischio di esplosione è stato scongiurato e nessuno è rimasto ferito o intossicato. Le auto sono state rimosse questa notte stessa, saranno demolite dopo essere state sottoposte a ulteriori perizie. Resta da capire, ora chi e perché ieri notte ha fatto vivere ai residenti di via Cardarelli e via Turati l’inferno, riportandoli con la memoria all’estate del 2008 quando in poco più di un mese furono distrutti da incendi di natura dolosa oltre trenta mezzi tra auto e furgoni.

di Paola Bari Notte di fuoco a S. Pietro V. co 29 marzo 2012 - Notte d’inferno a San Pietro Vernotico dopo il raid incendiario che ha visto coinvolte e distrutte tre auto parcheggiate in due vie differenti della città, nel raggio di circa 300 metri. Nel mirino dei piromani due persone insospettabili, due lavoratori tranquilli: un operaio ed un infermiere. E’ l’una circa quando i balordi entrano in azione con due raid in rapidissima successione. Le prime a bruciare in via Cardarelli sono le auto di Cristian Accorso, un operaio che lavora a Taranto per la maggior parte del giorno e non conosce quasi nessuno in città. Si è rischiato il peggio in questo caso perchè oltre alla Ford Focus, incendiata dall’interno, è bruciata completamente la Fiat Punto dell’uomo che aveva un impianto a metano. I vigili del fuoco del comando provinciale di Brindisi – intervenuti con

due autobotti – hanno dovuto faticare non poco per raffreddare il bombolone del gas prima che esplodesse raggiungendo la temperatura critica. Qualche minuto più tardi in via Turati prende fuoco la Ford Fiesta di Maurizio Piccinno, un infermiere, altra persona al di fuori da strani giri e senza precedenti. Sul posto per ricomporre il rompicapo i carabinieri della locale stazione e della compagnia di Brindisi. Dopo quelli della notte, San Pietro torna così alla ribalta della cronaca per gli incendi. La lunga scia di fuoco si era fermata a tre giorni fa con l’incendio della pizzeria Le Dune dei fratelli Giuseppe e Vincenzo Pascarito. Il 24 febbraio scorso quando in piazza Domenico Modugno prese misteriosamente fuoco la pizzeria Old Frac distruggendo buona parte del locale. Sembra quasi essere ritornati a qualche hanno fa quando dopo una lunga serie di attentati incendiari, apparentemente sconnessi, tra loro i carabinieri misero fine all’attività di alcuni gruppi di malviventi con le operazioni “Fire” e “New Fire” svelando una serie di estorsioni.

di Antonio Portolano Omicidi della Mala anni ‘90 in Corte d’Assise d’Appello 27 Marzo 2012 - Partirà tra due mesi il processo in Corte d’Assise d’Appello sugli omicidi della Scu, ricostruiti per mano del pentito Vito Di Emidio, alias Bullone, che proprio per la sua collaborazione si è salvato dall’ergastolo chiesto dalla Procura di Brindisi ed è condannato a 27 anni di reclusione, a fronte di 14 “fatti di sangue” confessati. Il primo grado. Il carcere a vita è stato inflitto in primo grado agli altri imputati, tutti accusati dal collaboratore di

giustizia, a cominciare dal cognato Giuseppe Tedesco, alias capu di bomba (con isolamento diurno per due anni); per passare all’amico d’infanzia Pasquale Orlando, detto Yo-yo, per finire con Daniele Giglio, il più giovane (entrambi isolamento diurno per un anno).Tutti e tre sono stati riconosciuti colpevoli del duplice omicidio di Giacomo Casale e Leonzio Roselli. Tedesco è stato condannato anche come unico responsabile dell’eliminazione di Giuliano Maglie, detto Naca-naca, i cui resti sono stati trovati anni dopo la sua scomparsa, a Bar, in Montenegro, sotto 50 centimetri di terra corrispondenti al posto in cui c’era la cuccia di un cane. Secondo Di Emidio era il giardino della villa in cui avrebbe vissuto il cognato per un certo periodo di tempo. Visita della legalità in contrada santa barbara 27 marzo 2012 - Martedì 27 c.m. sui beni confiscati in contrada Santa Barbara e Valesio (San Pietro V.co e Torchiarolo) ci sarà la presenza di ottanta studenti degli I.I.S.S. “E. De Nicola” e Liceo Scientifico “A. Enstein” di Piove di Sacco, i quali hanno espresso la volontà durante il soggiorno di poter conoscere la cultura, le tradizioni, i beni architettonici, storici ed ambientali del territorio e poter incontrare i rappresentanti delle istituzioni, delle associazioni e dei mass-media locali. Libera coinvolgendo le Istituzioni e le Amministrazioni Comunali di San Pietro V.co e Torchiarolo, le associazioni locali, la Coop. Servizi per i beni culturali DEDALOS, la compagnia “Nzumpa Ninella – Aria Stisa” di Torchiarolo, la cooperativa “il Binario” di San Donaci ha potuto redigere e proporre il programma di seguito riportato:

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ore 9,00 accoglienza studenti presso la villa confiscata; ore 10,00 saluto autorità istituzionali e relazione don raffaele bruno e intervento di Ermanno Manca dell’ associazione antiracket “Sviluppo e Legalità”. Ore 16 incontro in villa con Danilo Lupo direttore TeleRama.. Nuova Scu, parte il primo processo 27 Marzo 2012 - Le confessioni hanno svelato i segreti della nuova Scu “sino al novembre 2010” e i “fermi” last minute all’alba del 29 dicembre successivo hanno portato in carcere dieci brindisini: da ieri sono tutti sotto processo. Il primo imbastito come diretta conseguenza dei verbali resi da Ercole Penna, ormai a tutti gli effetti ex “Lino u biondu” della mala brindisina, essendo stato ritenuto un pentito autentico che, per questo, ha già ottenuto l’attenuante della collaborazione nel giudizio nato dall’inchiesta “Calypso” che l’ha portato in carcere, spingendolo poi a fare una scelta di vita. Gli imputati. Sette hanno scelto di essere giudicati in abbreviato, sulla base del materiale raccolto dal sostituto procuratore Alberto Santacatterina e depositato al gup di Lecce: Lucio Annis, 42 anni, nato a San Pietro Vernotico (l’unico a essere assente alla prima udienza, per rinuncia, essendo ristretto nel carcere di Agrigento); Angelo Buccarella, 34, nato a Mesagne; Antonio Centonze, 44, nato a Brindisi; Antonello Raffaele Gravina, 44, nato a Mesagne; Francesco Gravina, 33, nato a Mesagne; Benito Leo, 53, nato a Brindisi, e Cosimo Leto, 59, nato a Brindisi. Tre, invece, avevano chiesto l’abbreviato che, in caso di condanna, permette il riconoscimento della riduzione di un terzo della pena, ma condizionato all’ascolto dei pentiti

indicati dal pm. Il giudice per l’udienza preliminare, Ines Casciaro, ha rigettato e, di conseguenza, non essendo stata formulata alcuna richiesta in subordine, affronteranno il processo ordinario: il dibattimento riguarderà Giancarlo Capobianco, 49 anni; Salvatore Capuano, 43, e Gaetano Leo, 47, tutti di Francavilla Fontana. Il collegio difensivo è composto dagli avvocati: Rosanna Saracino, Laura Beltrami, Giuseppe Guastella, Gianvito Lillo, Ladislao Massari, Francesco Cascione, Michele Fino, Franz Pesare, Livio Di Noi, Anna Cavaliere e Pasquale Annicchiarico. Incendio in un’altra pizzeria 26 marzo 2012 - Si pensa a una bravata ma non si esclude l’ipotesi del dolo, quello che è certo, però, è che se i soccorsi non fossero arrivati in tempo un’altra pizzeria con la struttura in legno sarebbe stata distrutta dalle fiamme. Si tratta della pizzeria “Le Dune” dei fratelli Giuseppe e Vincenzo Pascarito sita in via Stazione a San Pietro Vernotico. Intorno alle due e un quarto di questa notte è andata a fuoco una delle pareti in legno che compongo la sala destinata alle consumazioni ai tavoli. Sul caso indagano i carabinieri della locale stazione che al momento non escludono nessuna ipotesi anche perché qualche tempo fa fu dato fuoco al bar “Le Dune” di Lido Presepe sempre di proprietà della famiglia Pascarito. Poco meno di un mese fa un incendio distrusse il bar-pizzeria “Old Frac” di piazza Domenico Modugno a San Pietro Vernotico. Se dovesse esserci una mano incendiaria a dare vita a questi roghi si potrebbe affermare che, in questi tempi, le pizzerie sono il bersaglio principale dei piromani. I fratelli Giuseppe e Vincenzo Pascarito, entrambi poco più che ventenni, hanno

rilevato la pizzeria “Le Dune” (ex “Il Ghiottone) due anni fa. Fino a questa notte non hanno mai subito nessun tipo di atto criminoso, né furti, né rapine, né attentati incendiari. Erano appena rincasati quando hanno ricevuto la telefonata di un vicino: “Correte la pizzeria sta andando a fuoco”. I due, insieme ai genitori, si sono precipitati in via Stazione trovando una delle pareti in legno completamente avvolta dalle fiamme. I vigili del fuoco erano già stati allertati. Il rogo è stato domato prima che divorasse l’intera saletta annessa all’esercizio pubblico al cui interno ci sono tavolini, sedie e un monitor attaccato alla parete. Fortunatamente il danno è stato limitato. Insieme ai vigili del fuoco in via Stazione si è portata una pattuglia dei carabinieri che ha proceduto con le indagini di rito. I proprietari e i loro genitori sono stati ascoltati a lungo. Sul luogo dell’incendio non sono state trovate tracce di liquido infiammabile. I proprietari sostengono che a dare vita a quell’incendio sia stato un mozzicone di sigaretta lanciato su una catasta di cartoni appoggiati alla parete in legno, hanno inoltre dichiarato di non aver ricevuto mai minacce o richieste estorsive. Spetta ai carabinieri fare luce sulla vicenda. Oggi a Mesagne, “Sacra Corona Unita: i camaleonti della criminalità italiana” 23 Marzo 2012 - L'Amministrazione comunale di Mesagne, su sollecitazione del presidente del Consiglio Fernando Orsini e attraverso le attività dell'Assessorato ai Percorsi di Legalità, ha organizzato per oggi alle ore 18 la presentazione del libro di Mara Chiarelli “Sacra Corona Unita: i camaleonti della criminalità italiana”. Nell'auditorium del Castello Normanno-Svevo interverranno

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oltre all'autrice, il Procuratore della Repubblica Marco Dinapoli, il vicario foraneo Don Pietro De Punzio e l'onorevole Cosimo Faggiano, già sindaco ed assessore ai Percorsi di legalità. Mara Chiarelli, giornalista di cronaca giudiziaria per il gruppo Repubblica-l'Espresso, ha prestato il suo acume e l'impegno di un'indagine di alto spessore storiografico e sociologico alla spinosa questione della mafia pugliese, spesso sottovalutata tanto – agli esordi – dagli investigatori, quanto dall'opinione pubblica regionale e nazionale. L'inchiesta così prodotta, che affronta la Scu dalle origini a pochissimi mesi addietro, restituisce invece un quadro drammatico del sodalizio criminale organizzato nel tacco d'Italia, puntualmente descrivendone episodi sanguinosi, connivenze, diramazioni sociali. L'iniziativa di oggi assume un valore simbolico supplementare, tenendosi nella città che ha dato i natali al boss fondatore della quarta mafia, Pino Rogoli, e che ha molto operato negli ultimi quattro lustri per affrancarsi dal rischio del giogo criminale. Un altro furto al bar 21 marzo 2012 - Nuovamente nel mirino dei ladri il bar “Pronto Pronto” di Maria Stasi di via Lecce: ignoti nella notte scorsa si sono intrufolati all’interno dell’esercizio pubblico, forzando l’ingresso principale, e si sono impossessati del registratore di cassa. Non hanno toccato né i pacchi di sigarette ben esposti, né le macchinette per il videopoker contenenti monete di diverso valore. Da un primo inventario della titolare sembrerebbe che nemmeno i biglietti gratta e vinci abbiano fatto gola ai ladruncoli di questa notte. Poco più di un anno fa lo stesso bar è stato nuovamente saccheggiato e qualche mese prima anche. Si

trova di fronte all’ospedale Ninetto Melli il cui ingresso è sorvegliato sempre da una guardia giurata, su una delle vie più trafficate del paese eppure il bar “Pronto Pronto” finisce sempre a essere preso di mira da malfattori. È dotato di sistema di videosorveglianza ma al momento dai fotogrammi non si evince nulla. Il comandante della locale stazione dei carabinieri, il maresciallo Giuseppe Pisani, li avrebbe già visionati senza, però, riuscire a individuare i responsabili di quel furto. I militari sono stati avvisati nella notte e si sono precipitati sul posto in pochi minuti ma non hanno potuto fare altro che constatare il furto. Sulla porta di ingresso non c’erano grandi segni di effrazione, la serratura sarebbe stata semplicemente forzata e l’interno del locale non era a soqquadro. Era solo stato asportato il registratore di cassa con all’interno pochi spiccioli. I militari hanno proceduto con i rilievi di rito ma al momento dei malfattori non c’è nessuna traccia.

di Paola Bari Ostuni in manette un latitante 21 Marzo 2012 - Questa mattina, gli uomini del Commissariato di Polizia di Ostuni e Brindisi, hanno arrestato Domenico Gentile, latitante da tempo e colpito da vari provvedimenti, che dovrà scontare circa 10 anni di carcere. L'uomo - personaggio di spicco della malavita locale e referente di affiliati alla Scu - si trovava presso una villa di Ostuni, all'interno della quale sono state rinvenute e sequestrate numerose armi e munizionamento. L’operazione è scattata all’alba di oggi e si è conclusa a metà mattinata; sono stati perquisiti vari casolari ed è stata effettuata una vasta battuta, con l’impiego di circa cinquanta uomini, nell’ambito della Selva di Fasano.

Il Comune non è parte civile contro usurai: proteste del centrosinistra 21/03/2012 - Sono trascorsi altri 20 giorni dall’ennesima richiesta di convocazione di un Consiglio Comunale sull’Ordine Pubblico a firma dei Consiglieri Comunali dell’opposizione e ancora oggi né il Sindaco né il Presidente del Consiglio ha mantenuto fede agli impegni assunti in conferenza dei capigruppo. In quella sede fu deciso che nel mese di marzo si sarebbe dovuto tenere un incontro tra i Consiglieri Comunali, il Prefetto e i Responsabili Provinciali delle Forze dell’Ordine, subito dopo e in ogni caso entro il mese di marzo, il Consiglio Comunale su Ordine Pubblico e Sicurezza. Intanto ieri, presso il Tribunale di Brindisi è iniziato il processo a carico di 4 presunti usurai che vede tra le vittime una famiglia di imprenditori cegliesi. Il 12 Marzo 2012 i Consiglieri Comunali del centrosinistra chiesero ufficialmente e per iscritto che il Comune di Ceglie M.ca si costituisse Parte Civile nel processo. Ieri, il Comune di Ceglie M.ca, all’udienza era assente, quindi è palese che il Sindaco Caroli e i suoi Consiglieri Comunali di Maggioranza hanno preferito non costituirsi parte civile nel processo contro i presunti usurai. Una decisione quella del Sindaco gravissima, che chiaramente ha dato un segnale negativo alla città e a tutti i cittadini onesti. A nostro avviso, cosi come hanno fatto tanti comuni, il Comune di Ceglie M.ca doveva costituirsi parte civile in ordine ai reati contestati relativi a fatti commessi nel territorio cittadino, per ottenere nei confronti degli imputati il risarcimento dei danni, poiché nel compimento dei reati contestati è stato provocato allarme sociale, limitazione della libertà fisica e morale dei cittadini, impedito il libero esercizio delle attività

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economiche e danneggiato il buon nome della città di Ceglie provocando così danno economico per oggettiva difficoltà conseguente al mancato introito. In occasione della II Assemblea Programmatica Nazionale di Anci Giovane, tenutasi a Taormina il 7/8 maggio 2010, la Consulta ha proposto a tutti i Comuni italiani di schierarsi politicamente e con atti amministrativi contro le mafie e ogni illegalità. Non è accettabile, né condivisibile che il Sindaco e la sua Maggioranza Pidiellina, senza alcuna giustificazione, abbiano lasciato da soli i nostri concittadini colpiti da un fenomeno aberrante qual è l’usura. Riteniamo invece lodevole la decisione dell’Associazione Antiracket che senza alcun tentennamento ha deciso di costituirsi parte civile, restando a fianco delle vittime, anche fisicamente con la presenza del Presidente Domenico Maggi e di altri soci. Perchè il Sindaco ha deciso di non costituirsi Parte Civile nel processo contro i 4 presunti usurai? Come mai da oltre tre mesi, non si riesce a tenere un Consiglio Comunale per discutere di Ordine Pubblico,Legalità e Sicurezza? Il Sindaco e la sua Amministrazione intendono mettere in campo misure di contrasto alle infiltrazioni della criminalità organizzata e di sostegno alle vittime del racket e dell’usura che denunciano ?

I consiglieri comunali centrosinistra al comune di ceglie messapica

Attentato, a fuoco ingresso videoteca 21 marzo 2012 - Rogo di origine dolosa poco dopo la mezzanotte al quartiere Commenda ai danni di un negozio di videogiochi. Atto vandalico di balordi in cerca di emozioni notturne? O ritorno di fiamma del racket delle estorsioni? E’

mezzanotte circa quando i vigili del fuoco del comando provinciale di Brindisi sono chiamati ad intervenire in via Sicilia 76, un incendio sta interessando l’ingresso del negozio di videogiochi e rivendita di cd Dany Video, di Daniela Greco. Fiamme di sicura origine dolosa perché provocate dall’incendio di liquido infiammabile versato nell’intercapedine tra la saracinesca e la porta d’ingresso. Per il calore sprigionato dalle fiamme le vetrate si spaccano, il fumo annerisce le pareti. Fortunatamente l’intervento dei vigili del fuoco evita che le fiamme possano aggredire l’interno del locale provocando danni ulteriori. Sul posto arrivano anche polizia, carabinieri ed i vigilanti della Sveviapol. Rapine in città, trovati l'armiere e anche l'arsenale dei banditi 20 marzo 2012 - A Brindisi le rapine le fanno, ma si prendono anche i rapinatori e si trovano le armi. Un equilibrio che negli ultimi tre mesi sembrava spostato verso la soglia dell’insicurezza per un impennata delle azioni criminose, non più solo contro negozi e distributori di carburante, ma anche nelle case con gente tenuta in ostaggio e terrorizzata. Ma la svolta era scritta in un episodio del 4 marzo, quando dopo una tenace caccia all’uomo la polizia e i carabinieri riuscirono a prendere i due minorenni che avevano assaltato il distributore Agip di via Appia, in periferia. E da quel momento gli indizi sono diventati ben più di una manciata: dai due ragazzi dal fucile facile, partono i fili per alcuni assalti a supermercati, negozi, e non solo distributori. Non è tutto. Dal 4 marzo parte anche la pista che domenica mattina ha portato la sezione antirapina

della Squadra mobile all’arsenale delle rapine, in un garage della zona di viale S. Giovanni Bosco. Il garage di Francesco Caiulo, in via Camillo Monaco, tra la Commenda e S. Chiara. Un soggetto che mancava dalle cronache dal giugno del 2006, quando fu catturato qualche giorno dopo la rapina avvenuta il 17 di quel mese nel negozio “Bottega di Bacco” al S. Elia. Il bandito fece anche fuoco con una pistola. Poi più nulla di rilevante. Invece l’armiere della banda è proprio lui, da vedere anche se qualche volta sia entrato direttamente in azione. Mentre domenica mattina l’ispettore Giancarlo Di Nunno ed i suoi uomini gli perquisivano l’abitazione, Caiulo sembrava tranquillo. Ha cambiato atteggiamento solo quando gli hanno chiesto di aprire anche il box. Ha tergiversato, ha chiesto alla polizia di non sollevare quella saracinesca perché il garage non era il suo, poi la scoperta di un borsone blu zeppo di armi e munizioni. Due fucili a pompa, uno dei quali con la canna segata, due fucili da caccia a canne mozze a calcio modificato (una doppietta e un sovrapposto entrambi del calibro 12), una vecchia pistola a tamburo Smith and Wesson calibro 38 special, lo stesso modello in uno sino a qualche decennio fa alle polizie metropolitane e federali Usa, una semiautomatica bifilare Beretta 81 calibro 7,65 e decine e decine di cartucce per pistola e fucile, e persino un dissuasore elettrico, quell’apparecchio tascabile che sprigiona scosse dolorose e stordenti. A Francesco Caiulo non è restato altro da fare che dichiarare che la roba era solo sua, e che si limitava a detenerla. Ma da questo momento in poi, gli investigatori diretti dal vicequestore Francesco Barnaba sposteranno la loro attenzione sul collegamento tra le armi rinvenute, una serie di persone sospettate e uno per uno gli episodi di rapina avvenuti in città dallo scorso mese

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di dicembre. E da quanto ha detto il questore Alfonso Terribile stamani – rinnovando ai cittadini il messaggio di avere fiducia nelle forze dell’ordine – non si tratta affatto di partire da zero. Elemento confermato dallo stesso capo della Squadra mobile: non solo l’episodio del 4 marzo, ma tante altre risultanze investigative cominceranno presto a trovare la giusta collocazione. Per la cronaca, Francesco Caiulo aveva un lavoro normale: aiutante panettiere. Pensava sarebbe stato sufficiente a tenere lontani da lui i sospetti. Invece ora le ombre si allungano sempre più: casa sua è vicina sia al laboratorio orafo di Franco Zuzzaro che al bar sala giochi Rosso e Nero, dove dopo i colpi i banditi svanirono nel nulla.

di Marcello Orlandini “Nuova mafiosità a San Pietro: in galera cresci” 20 Marzo 2012 - “A San Pietro Vernotico esisteva un sodalizio criminoso, propaggine della Scu, le cui caratteristiche tipiche sono rimaste invariate, sebbene in parte mutati i rituali attraverso i quali si è ammessi a parteciparvi”: ecco perché il Tribunale di Brindisi ha inflitto 79 anni di reclusione a un gruppo di giovani, il più “vecchio” dei quali ha da poco raggiunto i trenta anni. Le motivazioni. I motivi alla base della conclusione del processo di primo grado, scaturito dall’inchiesta chiamata “Fire” per il fuoco posto alla base delle intimidazioni a scopo estorsivo, sono state depositate nei giorni scorsi, a meno di novanta giorni dalla sentenza, il cui dispositivo è stato letto il 6 dicembre scorso. E sono racchiuse in quasi quattrocento pagine, nelle quali sono stati messi a confronto gli elementi portati in dibattimento dai rappresentanti della

Pubblica accusa, i sostituti Alberto Santacatterina della Dda di Lecce e Milto Stefano De Nozza, e gli avvocati difensori degli imputati, Rosanna Saracino, Laura Beltrami, Francesco Cascione e Ladislao Massari, con il risultato che il collegio presieduto da Gabriele Perna ha condannato sei brindisini e ne ha assolti tre, per fatti-reato relativi al 2008. Le pene. Trenta anni, tanti quanti ne aveva chiesti l’accusa, sono stati inflitti a Roberto Trenta (che di anni ne ha compiuti 31 a ottobre); ventidue anni a Crocefisso Geusa, nipote del primo (a fronte di 22 invocati dal pm); dieci anni e due mesi a Fabrizio Annis (28 la richiesta dell’accusa); otto anni e quattro mesi a Fabio Geusa (fratello di Crocefisso, rispetto ai nove e quattro); sette anni a Michele Turco (rispetto a sette anni e sei mesi); e un anno e sei mesi per Adriano Chetta (a fronte di nove anni e otto mesi) ritenuto non affiliato ma “contiguo al sodalizio”. Scu, un libro di Mara Chiarelli 18 marzo 2012 - L’amministrazione comunale di Mesagne ha organizzato per il prossimo 23 marzo alle ore 18 la presentazione del libro di Mara Chiarelli “Sacra Corona Unita: i camaleonti della criminalità italiana”. Nell’Auditorium del Castello Normanno Svevo interverranno oltre all’autrice, il procuratore Marco Dinapoli, il vicario foraneo don Pietro De Punzio e Cosimo Faggiano, assessore ai Percorsi di legalità. Mara Chiarelli, giornalista di cronaca giudiziaria per il gruppo Repubblica – l’Espresso, restituisce invece un quadro drammatico del sodalizio criminale organizzato in Puglia, descrivendone episodi sanguinosi, connivenze, diramazioni sociali con il taglio dell’inchiesta giornalistica ben documentata.

L’iniziativa del 23 marzo assume un valore simbolico perché si tiene nella città che ha dato i natali al boss fondatore della quarta mafia, Pino Rogoli, e dove si sono concentrate negli ultimi due anni importanti indagini di polizia e carabinieri che hanno dimostrato come i processi di riorganizzazione della Scu – intesa come fenomeno salentino – non si siano in realtà mai interrotti. Mezzo quintale di tritolo in spiaggia 17 marzo 2012 - Tutti pronti per l’uso, con i fori per l’inserimento dei detonatori già praticati, avvolti in un vecchio sacco di plastica per concimi con la scritta “Enichem Agricoltura”. Ma è tutto da accertare se le 253 saponette di tritolo trovate per caso stamani sulla spiaggia di Torre Rinalda, in territorio di Squinzano, siano stati portati sul posto da elementi della criminalità locale, o se non arrivino, invece, diritto dall’Albania, nella corrente senza fine di droga, armi e clandestini che scorre nuovamente con grande intensità nel Canale d’Otranto. Una fornitura per qualche clan albanese insediato in Italia, o un “regalo” per una delle mafie dell’Italia meridionale da parte di un’organizzazione criminosa albanese? Oppure il contenuto di un deposito segreto della Scu, vuotato in gran fretta per timore della soffiata di un pentito? Con 47 chili di tritolo la criminalità avrebbe potuto fare molto. Ma sul quel sacco di plastica addossato ad una duna si sono fermati gli occhi di un pescatore sportivo, che incuriosito lo ha aperto. E poi, con il telefonino ha chiamato subito i carabinieri. Dentro il sacco c’erano decine di blocchetti color creta, con la scritta “TNT 200 gr.”. Accanto ce n’era un altro. Sono arrivati i militari della stazione di Squinzano, e poco dopo anche gli

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artificieri dell’Arma, dal comando provinciale di Lecce. Ci hanno messo un secondo per stabilire che si trattava di tritolo. Ce n’erano 235 panetti da due etti ciascuno per un totale di 47 kg di tritolo, conservati in due sacchi di plastica. Delle indagini si sta occupando da subito la Direzione distrettuale antimafia. Incendiata l’auto di una donna 14 marzo 2012 - Rogo di natura dolosa poco dopo la mezzanotte devasta l’auto di una donna a Torre S.Susanna. I piromani sono entrati in azione in via Giusti 69, cospargendo di liquido infiammabile la vettura, parcheggiata nei pressi dell’abitazione di Alessia Bruffa (nata a Velletri), 34 anni, appiccando poi l’incendio. Sul posto sono arrivati intorno all’1.30 i vigili del fuoco del distaccamento di Francavilla Fontana che hanno domato le fiamme già propagatesi su buona parte del veicolo. Intervento per gli accertamenti di polizia giudiziaria, invece, dei carabinieri della stazione di San Pancrazio Salentino, di turno nella zona. L’auto è stata parzialmente distrutta, divorato dalle fiamme il vano motore. Nel corso delle rilievi, vigili del fuoco e carabinieri hanno ritrovato nelle vicinanze una bottiglia contenente residui di liquido infiammabile utilizzata dai piromani. Indagini sono in corso per risalire agli autori e al movente dell’attentato. Lui va al bar, e gli bruciano l’auto 13 marzo 2012 - Fuoco e paura intorno alle 19 di oggi in via Fiume a San Pietro Vernotico: la Renault Scenic di un agricoltore del posto Eugenio Tafuro, cugino del sorvegliato

speciale Cosimo Fina detto “il biondo”, di San Pietro, è stata distrutta da un incendio. Sulla natura del rogo indagano i carabinieri della locale stazione giunti sul posto insieme ai vigili urbani e ai volontari della protezione civile. Le fiamme sono partite dal faro anteriore destro e non si esclude che sia stato qualche piromane a cospargerlo di liquido infiammabile e appiccare il fuoco. Non si esclude nemmeno la natura accidentale. Al vaglio degli inquirenti ci sono tutte le ipotesi. Eugenio Tafuro, residente nella zona 167 a San Pietro aveva parcheggiato la sua Scenic in via Fiume nel pomeriggio di oggi per recarsi al vicino bar per trascorrere qualche ora in compagnia degli amici. Intorno alle 19 qualcuno ha fatto irruzione nel locale per comunicargli che la sua vettura stava andando a fuoco. Ad accorgersi del rogo pare siano stati alcuni passanti e i residenti della via attirati in strada dal forte odore di bruciato. Nessuno, però, ha potuto fare nulla per evitare che il mezzo andasse completamente distrutto. I volontari della Protezione civile di San Pietro, intervenuti prontamente in via Fiume, hanno evitato che le fiamme intaccassero anche il prospetto dell’abitazione vicino cui era parcheggiata la Renault Scenic. Fortunatamente gli agenti della polizia municipale sono riusciti a estrarre la batteria prima che la stessa venisse divorata dalle fiamme. Via Fiume, una delle traverse della centralissima via Brindisi e sede di alcune attività commerciali, è completamente buia. I pali dell’illuminazione, in quella strada, non sono mai stati installati. Non è stato facile per i carabinieri stabilire sin da subito la natura del rogo. E se a causarlo è stato qualche piromane di certo non ha incontrato grosse difficoltà. Quando cala la sera sulla strada regna il buio pesto. L’auto è stata rimossa con il carro attrezzi a disposizione di ulteriori

perizie che se necessarie verranno effettuate nella giornata di domani.

di Paola Bari Ultim'ora: rapina nell'Eurospin a Oria 09 Marzo 2012 - Intorno alle 19 di questa sera è stato assaltato il supermercato Eurospin: il bottino della rapina ammonta a circa mille euro. Due banditi, a volto coperto e armati, hanno fatto irruzione nel discount e hanno intimato alla cassiera di consegnare l'incasso della giornata. Ora i carabinieri della Stazione di Oria e del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Francavilla Fontana hanno avviato le indagini finalizzate ad individuare i due individui travisati, di cui uno armato pistola, che hanno portato a termine l'assalto all’esercizio commerciale, che si trova sulla via per Manduria, dileguandosi poi a piedi per le strade vicine. Bruciano auto per svaligiare l’Agip 7 marzo 2012 - Due episodi che potrebbero essere collegati fra di loro. Un incendio doloso ai danni di una Fiat Uno in via Petrarca a Mesagne e il furto alle slot machine, con scasso alla stazione di rifornimento Agip in via Brindisi di Gianfrancesco Semeraro, nella stessa città. Tutto la scorsa notte intorno alle 3.30. La polizia interviene prima sull’incendio insieme ai vigili del fuoco di Brindisi e successivamente insieme ai carabinieri di Mesagne presso l’Agip. Sono stati già visionati i filmati delle telecamere presenti nella stazione di rifornimento. Il commissariato viene avvisato per l’incendio prima, e poi, dopo pochi

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minuti, l’allarme scatta anche per il furto ai danni della proprietà di Gianfrancesco Semeraro, mesagnese, titolare della stazione di rifornimento Agip di via Brindisi. L’incendio è avvenuto intorno le 3.30 della scorsa notte in via Petrarca. Ad accorgersi delle alte fiamme i residenti sulla stessa via e gli abitanti del civico 36, dove la Fiat Uno era parcheggiata. L’incendio si è subito esteso anche all’auto vicina, una Peugeot 206 di colore nero, che era parcheggiata prima della Fiat. Un botto fa saltare in aria la Fiat Uno. Sul posto sono subito intervenuti insieme alla polizia anche i vigili del fuoco che hanno immediatamente domato le fiamme. Paura per il vicinato ma fortunatamente tutto si è risolto in poco tempo. Vicino alle due autovetture, dei contenitori con all’interno liquido infiammabile: si presume, dalle prime ricostruzioni fatte, che si tratti di benzina. Non ci sono sospetti sui proprietari delle due auto, entrambi anziani, residenti in via Petrarca. Il furto ai danni di Gianfrancesco Semeraro, è stato fatto quasi in coincidenza con l’incendio di via Petrarca. Quattro uomini – così come si è riuscito a vedere dai filmati delle telecamere – a bordo di un Audi ARS8 (di grossa cilindrata, è risultata agli accertamenti, condotti dagli investigatori, rubata lo scorso settembre a Bari ad un noto imprenditore del capoluogo pugliese) si sono introdotti nella stazione di rifornimento. Si sono prima assicurati che sul lato sinistro del bar non ci fosse l’auto del titolare – dove Semeraro è solito parcheggiare quando arriva – poi hanno fatto retromarcia e sono andati sulla parte destra, dove c’è l’autolavaggio. In quel momento, sono scesi in quattro dall‘auto, incappucciati e tutti vestiti di nero. Uno di loro è corso all’entrata della stazione di servizio facendo da palo, per bloccare tutte le auto che eventualmente avessero tentato di entrare per fare

rifornimento. Gli altri tre, sicuramente con spranghe in ferro e bastoni, hanno rotto la vetrata per accedere alla sala del bar, dove si trovavano le tre slot machine. Si sono introdotti, hanno portato fuori le macchinette elettroniche, e le hanno rotte sul piazzale, estraendo tutto il denaro che vi era all’interno. I quattro, sono rimasti all’interno della stazione di rifornimento, così come percepito dai filmati, per una mezz’oretta. I ladri hanno infine caricato il denaro nell’Audi ed a velocità altissima sono fuggiti. In quel momento Gianfrancesco Semeraro, era a pochissimi metri dal distributore, quando ha visto quest’auto sfrecciare via. Una volta arrivato sul posto, si è subito accorto di quello che era successo ed ha avvertito i carabinieri di Mesagne. Una pattuglia di quest’ultimi, si trovava non a grande distanza per un normale posto di blocco, si è subito recata dall’uomo. Hanno ricostruito tutto e quantificato il danno . La vittima ha successivamente sporto denuncia. “Quell’auto che usciva dalla mia stazione mi è subito sembrata strana – ha dichiarato Semeraro a BrindisiReport – appena sono entrato ho visto per terra le slot ed ho subito intuito che avevano causato dei danni. Sono sceso dall’auto e avvicinandomi alla parte antistante al bar ho visto il vetro frantumato e tutte le macchinette a terra rotte e ovviamente mancava il denaro che era all’interno. Io sono arrivato intorno alle 3.30, solito orario per aprire il bar. Sono stati qui all‘incirca una mezzora i quattro, così come abbiamo potuto vedere dai filmati visionati, quindi saranno arrivati intorno le 3”. Due episodi – che per quanto differenti, sembrano poter essere collegati, proprio per depistare gli investigatori che erano intervenuti sull’incendio. Gli orari sono quelli, prima l’incendio e poi lo scasso, o forse qualcun altro ha prima appiccato il fuoco mentre i quattro scassinavano le slot

machine all’interno del bar dell’Agip in via Brindisi. La via dove è avvenuto l’incendio si trova al centro della città, una strada molto interna e distante da via Brindisi, che si trova proprio all’uscita di Mesagne, di fronte al cimitero. Ora spetta agli investigatori, grazie ai filmati delle telecamere, risalire ai quattro e si sospetta anche che gli stessi siano gli autori di altri furti avvenuti sempre nel Brindisino nelle ultime settimane per le modalità e mezzi utilizzati.

di Maristella De Michele Rogo al deposito della “Gulli” 7 Marzo 2012 - E’ di chiara origine dolosa l’incendio che ieri sera ha danneggiato il portone di un deposito della “It. El. Gulli srl”, storica azienda brindisina attiva nel settore della progettazione e manutenzione di ascensori e scale mobili, situato in via Giulio Cesare, nel rione Commenda, nei pressi della casa circondariale. I vigili del fuoco hanno trovato sul posto, a pochi centimetri di distanza dal portone, i residui di una bottiglietta contenente liquido infiammabile. Fabio Fragnelli, di 48 anni, responsabile dell’attività, sospetta che l’episodio possa essere riconducibile a un raid vandalico. Al momento, però, non si può escludere che il gesto rappresenti uno sfregio all’azienda fondata nel 1965 da Franco Gulli, con sede in via Orazio Flacco, a poche decine di metri dal deposito. La richiesta di intervento è giunta alla centrale operativa dei vigili del fuoco del comando provinciale di Brindisi attorno alle 22 e 30. A chiamare il 115 è stato un residente di via Giulio Cesare, allarmato dalla densa colonna di fumo nero che si levava dal deposito. Grazie alla tempestività con cui i pompieri si sono portati sul posto, il rogo ha annerito la parte inferiore del

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portone, senza intaccare né l’interno dell’immobile né i cassonetti per la raccolta differenziata posti di fronte alla struttura. Una volta ultimate le operazioni di spegnimento delle fiamme, i vigili del fuoco, supportati dai poliziotti della sezione volanti nel frattempo giunta sul posto, hanno recuperato il residuo della bottiglietta di cui i piromani si sono serviti per cospargere il portone di liquido infiammabile e far divampare successivamente l’incendio. Mezzanotte di fuoco al Bar del Viale 7 Marzo 2012 - Un attentato incendiario in piena regola, quello perpetrato ai danni del “Bar del Viale” lunedì notte. Il primo rogo, appiccato forse con un accendino, si è sviluppato poco dopo la mezzanotte, l’altro un paio di ore dopo. Gli ignoti piromani, che hanno provocato danni per circa 2mila euro, hanno dunque agito in due fasi distinte e con l’intento di distruggere tutte le costose coperture in tela plastificata, installate dinanzi l’ingresso del prestigioso locale sito in viale Lilla, pieno centro cittadino, con estrema determinazione e sfrontatezza. Sul posto, allertati dai vicini allarmati dal propagasi delle fiamme, sono giunti i vigili del fuoco del locale distaccamento. La squadra di pronto intervento è riuscita a estinguere le lingue di fuoco prima che lambissero le auto in sosta. Carabinieri e polizia municipale hanno raccolto le testimonianze di alcuni passanti per risalire all’identità degli autori del gesto criminoso, che poteva comportare danni ancora più ingenti se non fossero intervenuti con tempestività i pompieri. Determinanti saranno i fotogrammi ripresi da un vicino impianto di videosorveglianza: al momento il supporto di memorizzazione è allo studio degli investigatori. “La

settimana scorsa – racconta il titolare, Antonio Giumentaro – mi hanno incendiato un altro gazebo, ma ero convinto che si trattasse all’azione isolata dei soliti balordi. Non ho mai ricevuto minacce né richieste estorsive: penso si tratti anche in questo caso della mano di semplici vandali che approfittano della scarsa sorveglianza per dare sfogo a queste ‘bravate’ ”. Incendio gazebo di bar e un’auto 6 marzo 2012 - Incendi legati ad azioni criminose tra Francavilla Fontana e S. Pietro Vernotico. Le fiamme in entrambi i casi di natura dolosa. Raid incendiario intorno all’una ai danni del “Bar del Viale” a Francavilla Fontana. I piromani hanno preso di mira alcuni ombrelloni del bar condotto da Antonio Giumentaro appiccando le fiamme probabilmente con una accendino.Non sarebbe la prima volta che accade, anche sabato scorso si sarebbe verificato un fatto analogo. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco e i carabinieri per i rilievi del caso. A San Pietro invece, in via Alcide De Gasperi, sempre intorno all’1, qualcuno dopo aver cosparso di liquido infiammabile la Fiat 500 di un pensionato del luogo, ha tentato di incendiarla. Il proprietario è riuscito a domare le fiamme prima che potessero provocare danni gravi avvisando i carabinieri. Indagini sono in corso da parte dei militari per risalire agli autori del gesto. Bomba nella notte all’autosalone 1 marzo 2012 - Attentato dinamitardo notturno ai danni della concessionaria “Auto Caliandro”, proprio all’uscita di San Michele Salentino, sulla strada per Francavilla Fontana.

Erano circa le due del mattino quando i bombaroli hanno preso di mira l’autosalone dell’usato plurimarche di Remo Caliandro, 35 anni, del posto. I malviventi hanno piazzato un potente ordigno nei pressi della saracinesca d’ingresso dell’autosalone e sono scappati. La potente deflagrazione ha divelto la serranda che è volata a diversi metri di distanza. L’onda d’urto ha determinato una pioggia di schegge che si sono abbattute all’interno dell’autosalone danneggiando cinque o sei vetture parcheggiate all’interno. Fortunatamente dato l’orario in strada non transitava nessuno e non ci sono stati altri danni a persone o cose. Nessun problema di agibilità dello stabile nonostante l’esplosione. Al lavoro per capire se dietro questo attentato si nasconda il racket delle estorsioni ci sono i carabinieri della locale stazione e della compagnia di San Vito dei Normanni guidata dal capitano Ferruccio Nardacci. In mattinata sul posto si sono recati anche gli artificieri dell’Arma per i rilievi scientifici del caso. Come è prassi in questi casi, nessuno pare abbia mai avanzato richieste di pizzo. Il titolare dell’attività ha escluso di aver mai ricevuto pressioni da alcuno. La classica tecnica dell’estorsore: prima ti metto la bomba a uno per spaventare tutti, poi passo a offrire protezione in cambio di danaro. A S. Michele Salentino quella del commercio delle auto usate è una vera e propria industria che rappresenta circa il 60-70 per cento del fatturato delle attività commerciali e artigianali di questo piccolo centro, che va al voto amministrativo il 6 e 7 di maggio assieme a Brindisi, Fasano ed Erchie. Attorno agli autosaloni, l’indotto delle officine meccaniche, delle carrozzerie e degli autoricambi. Un buon posto per il racket.

di Antonio Portolano

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Cresce a Mesagne la cultura della legalità 28 Febbraio 2012 - La città di Mesagne continua il suo cammino formativo dei Percorsi di Legalità. Il primo appuntamento per infondere in città la cultura della legalità è in programma per il prossimo 3 marzo, alle ore 18,30 presso l'auditorium del Castello Normanno Svevo, nell'ambito del 6° protocollo d'intesa tra il Comune di Mesagne e l'associazione "Libera-Associazioni nomi e numeri contro le mafie". Un momento formativo in cui la città incontrerà don Marcello Cozzi, responsabile regionale di "Libera" per la Basilicata, per discutere sul tema: "Racket e usura: Affari di mafia". All'incontro sono state invitate le autorità civili e militari, oltre alla magistratura, e ai soci della locale associazione antiracket e antiusura “Legalità e sicurezza”, ai membri dell'Osservatorio permanente per la legalità, agli amministratori e alla cittadinanza di Mesagne. Si proseguirà con i lavori il 7 marzo. L’appuntamento è per le ore 17 presso la sede del Gal (Gruppo di Azione Locale) al civico 3 di via Albricci, nell'ambito del 6° Protocollo d'intesa del Comune di Mesagne con "Libera - Associazioni nomi e numeri contro le mafie". Questa volta il relatore è Pierpaolo Romani, ricercatore, giornalista e coordinatore dell'Associazione "Avviso Pubblico". Durante l’incontro si avvierà il percorso formativo per amministratori, dirigenti e dipendenti dell'ente locale sul tema: "Il ruolo degli enti locali contro le mafie". Il giorno successivo, dalle ore 8.30 alle ore 12.30, Pierpaolo Romani incontrerà gli studenti dei due istituti d'istruzione secondaria di secondo grado per parlare di cittadinanza attiva. In particolare le ultime classi delle sezioni Commerciale e Scientifico dell'Istituto "Epifanio Ferdinando". Per incidere con i fatti sulla cultura

della legalità l’amministrazione comunale di Mesagne da alcune settimane si è dotata di un regolamento per l’assegnazione a terzi dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Il regolamento prevede che la concessione del bene è finalizzata al suo pieno utilizzo col fine di creare attività sociali a servizio del territorio, per rafforzare la cultura della legalità, concretizzare opportunità di sviluppo e di lavoro anche per combattere disagi sociali, emarginazione e disoccupazione. “I beni concessi in gestione – ha spiegato il sindaco Franco Scoditti - dovranno essere, fermi i principi di pubblicità, di trasparenza e di imparzialità, cui si conforma il regolamento, inseriti in un apposito elenco che sarà reso pubblico attraverso la pubblicazione sul sito istituzionale”. Furti e rapine: condanne dopo 8 anni 28 febbraio 2012 - Furti, rapine ed estorsioni, soprattutto al quartiere S. Elia di Brindisi, tra il novembre 2002 e il febbraio 2004, su cui indagò la Sezione antirapina della Squadra mobile. I processo si è svolto dinanzi al Tribunale di Brindisi (presidente Aliffi) con l’accusa rappresentata dal pm Luca Buccheri, e la sentenza arriva a 8 anni dagli ultimi fatti contestati. Indagini durante le quali furono effettuati alcuni arresti in flagranza di reato mentre l’intera attività fu poi ricostruita in una informativa di reato redatta a carico di vari soggetti (due dei quali arrestati il 23 settembre scorso per una catena di furti nelle villette di contrada Torretta a Mesagne, in seguito ad un intervento del locale commissariato), mentre altri soggetti furono in seguito coinvolti anche in operazioni contro lo spaccio di stupefacenti e in un caso di tentato omicidio. La sentenza,

emessa ieri, è stata tutt’altro che lieve: Giovanni Antico è stato condannato ad anni 9 di reclusione; Fabrizio Campioto, condannato a 7 anni e mezzo di reclusione; Daniele Melacca, condannato a 6 anni e mezzo; Girolamo Andrea Diodicibus, condannato a 6 anni e mezzo; Francesco Coffa, condannato 5 anni di reclusione; Alessandro Polito, condannato a 3 anni di reclusione; Davide Biasi, condannato a 2 anni di reclusione. Ceglie, paese nella morsa dei rapinatori 28 Febbraio 2012 - “Benvenuti a ‘Ceglie Bancomat’. Si avvisano tutti i ‘fuori legge’, ladri e rapinatori di ogni genere che sono a loro disposizione tutte le attività commerciali della città. È garantita una ampia scelta: tabaccherie, supermercati, distributori di carburanti, ricevitorie, minicasinò, sale da gioco e punti snai. E, se non si è ancora soddisfatti anche le abitazioni private sono pronte ad aprire le loro porte agli ormai ‘abituali’ avventori”. Sembra quasi uno scherzo, ma questa è purtroppo la realtà che sta vivendo la cittadina messapica che, in circa due mesi ha visto intensificarsi a dismisura, vari eventi criminosi e, in particolare, le rapine in diverse attività commerciali della città. In cinque settimane ben cinque rapine: era il bilancio aggiornato allo scorso 13 gennaio dopo la rapina al supermercato A&O. Il 17 dicembre 2011 aveva aperto questo ‘drammatico’ elenco la sala giochi-casinò “Play Golden Lounge Life”, che dopo appena nove giorni, il 26 dicembre, era stata ancora nel mirino dei rapinatori. Poi la sera del 30 dicembre fu la volta della rapina al supermercato Dok. Il 2012 si è aperto con un nuovo evento criminoso il 5 gennaio, in serata, quando alcuni malviventi colpirono la

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tabaccheria ‘Iulicchio’. E venerdì 13 gennaio, con una ‘agghiacciante puntualità’ c’era stata la rapina al supermercato A&O di via Bottega di Nisco. “Adesso a chi tocca?”, era l’espressione più ricorrente tra i cittadini di Ceglie Messapica e, in particolare, tra gli operatori commerciali, dopo aver appreso la notizia della nuova rapina. E tutti speravano in un rapido intervento delle autorità. Ma questo intervento è tardato ad arrivare tanto che la serie delle rapine, quasi a cadenza fissa, è proseguita ‘tranquillamente’. E il bilancio degli atti criminosi in città si è aggravato sempre di più: ulteriori quattro rapine in un mese. A fuoco autodemolizione a Torre Santa Susanna 25 Febbraio 2012 - Un rogo, di sospetta matrice dolosa, si è sviluppato questa mattina all'alba, all'interno dell'autodemolizione di Maria D'Elia, sulla strada che collega Torre a Mesagne. I titolari dell'impresa adibita anche come deposito giudiziario, che abitano di fronte ai locali, sono stati svegliati attorno alle 5, proprio dalle fiamme e hanno allertato subito i vigili del fuoco. Sono state distrutte una ventina di automobili, pronte per essere distrutte. Indagano i carabinieri, per stabilire l'esatta dinamica dell'incendio. Mistero nella notte: spari contro un'auto 25 Febbraio 2012 - Misterioso episodio nella notte: alcuni colpi di arma da fuoco sono stati sparati contro un'autovettura in via Cappuccini. I carabinieri della stazione di Brindisi hanno attivato le indagini tese all'accertamento

del movente e all'identificazione degli ignoti malfattori che, nel corso della notte in una via centrale del capoluogo, hanno esploso alcuni colpi di arma da fuoco all'indirizzo di una autovettura parcheggiata. Il veicolo è stato sottoposto a sequestro per gli accertamenti tecnico–scientifici a cura del personale specializzato del comando provinciale di Brindisi. Incendio sospetto, brucia bar-pizzeria 24 febbraio 2012 - Completamente distrutto dalle fiamme l’interno del bar-pizzeria “Old Frac” di Giovanna Leuzzi presente nei giardinetti pubblici di piazza Domenico Modugno a San Pietro Vernotico. Da un primo sopralluogo effettuato dai carabinieri e dai vigili del fuoco sembrerebbe che l’incendio sia divampato per cause accidentali. Non sarebbero, infatti, stati trovati segni di effrazione sulle porte di ingresso o tracce di liquido infiammabile. Saranno comunque ulteriori indagini a fare luce sulla vicenda, specie dopo gli episodi degli ultimi giorni che hanno visto finire nel mirino dei malviventi bar e ricevitorie sanpietrane. Al momento i locali dell’Old Frac sono completamente distrutti. I danni sono coperti, in parte, da assicurazione ma prima che l’attività riprenda a pieno ritmo dovrà passare del tempo. La proprietaria e i suoi famigliari, gli unici gestori dell’esercizio pubblico, hanno dichiarato di non aver mai ricevuto minacce o richieste estorsive e di non avere screzi con colleghi o clienti. Anche questo sarà da accertare. Il bar-pizzeria “Old Frac” è stato acquistato da Giovanna Leuzzi circa un anno fa. Una parte del locale, quella in muratura, è di proprietà del Comune di San Pietro Vernotico, il resto, rappresentato da un fabbricato in legno che ospita il bar e la sala pizzeria, appartiene ai nuovi proprietari. Una famiglia

per bene che non ha legami con la malavita. Il bar, da quanto hanno accertato gli investigatori, sarebbe stato acquistato con non poche difficoltà economiche. Anche questo è un elemento che escluderebbe l’ipotesi del dolo. Ma è tutto da vedere. Il locale era già diventato un punto di riferimento per gli avventori dei giardinetti pubblici di piazza Modugno. La segnalazione dell’incendio è giunta alla centrale dell’istituto di vigilanza che sorveglia lo stabile intorno alle 2 di questa notte. Il terminale della centrale operativa, però, indicava solo la presenza di un guasto all’impianto elettrico. Sul posto si sono portate immediatamente le guardie giurate e i proprietari. Al loro arrivo, però, la struttura in legno era già in fiamme. Immediatamente sono stati allertati i carabinieri e i vigili del fuoco. Nessuno ha potuto salvare il bar-pizzeria “Old Frac”. I pompieri hanno dovuto lavorare di idranti per oltre due ore. Intanto tutto il quartiere si è riempito di fumo nero. Quando anche l’ultima fiamma è stata sedata si è proceduto con il sopralluogo di rito. I periti non hanno trovato tracce di liquido infiammabile o segni di effrazione e questo fa pensare che l’incendio sia partito dall’interno causato con tutta probabilità da un corto circuito. Tutto è al vaglio degli inquirenti. I carabinieri della locale stazione al comando del maresciallo Giuseppe Pisani hanno ascoltato i famigliari delle proprietaria ma al momento non sarebbero emersi dettagli importanti per avallare l’ipotesi del dolo. La banda delle sigarette va in Audi A6 23 febbraio 2012 - Venti stecche di sigarette. È questo il bottino dell’ennesimo furto messo a segno ai danni di bar e tabaccherie di San Pietro Vernotico. Questa volta nel mirino

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dei malviventi ci è finito il bar del distributore di carburanti presente sulla circonvallazione intestato a Cinzia De Giorgi. I ladri hanno agito passando dal retro e scassinando la serratura. Con tutta probabilità viaggiavano su un’Audi A6 di colore scuro. Non hanno toccato altro se non le venti stecche di “bionde”, nessuno si è accorto di nulla, il sistema di video sorveglianza di cui è dotato l’impianto ha ripreso la scena del colpo ma i carabinieri non hanno ancora preso visione dei filmati. I militari della stazione di San Pietro Vernotico, al comando del maresciallo Giuseppe Pisani, sono giunti sul posto non appena ricevuta la segnalazione (intorno alle due della notte scorsa) così come gli agenti dell’istituto di vigilanza cui è collegato il sistema di allarme, pare che i ladri siano riusciti a fuggire pochissimi minuti prima dell’arrivo delle forze dell’ordine. Forse questa volta hanno davvero rischiato di essere beccati. Con tutta probabilità si tratta della stessa banda che negli ultimi giorni ha saccheggiato numerosi rivenditori di tabacchi del Brindisino, del Leccese ma anche del Tarantino. Nella notte tra sabato e domenica scorsi i malviventi hanno preso d’assalto il “Bar Stazione” in piazza Falcone portando via un ingente carico di “bionde”, la notte scorsa è toccato alla stazione di Servizio IP. Lunedì 13 febbraio, invece, nel mirino dei malviventi ci è finito il distributore di carburanti Tamoil di Tuturano. Questa volta, però, gli investigatori hanno una pista. Pare che qualcuno abbia visto nei pressi del distributore Ip intorno alle due della notte scorsa un’Audi A6 di colore scuro che viaggiava a velocità elevata. Sembrava che stesse fuggendo. Pare inoltre che la stessa auto sia stata avvistata nelle notti precedenti nelle vie del capoluogo brindisino. Sarebbe inoltre la stessa vettura utilizzata nei furti messi a segno nel Leccese e nel

Tarantino. Le forze dell’ordine, al momento, non possono fare altro che intensificare i controlli notturni.

di Paola Bari Incendi auto senza fine: altri due 23 febbraio 2012 - Notte di fuochi nel capoluogo e Torchiarolo con due incendi di dubbia origine che devastano un furgone e un auto. Il primo rogo a Brindisi nella tarda serata di ieri distrugge il vano cabina di un Nissan Cabstar, un mezzo dotato di un braccio meccanico utilizzato per compiere lavori ad una certa altezza. Sul posto vigili del fuoco e carabinieri che non hanno ritrovato segni tangibili di un incendio doloso. Le indagini sono state comunque avviate per stabilire l’esatta dinamica della devastazione, avvenuta in via Podgora, una traversa di via Cappuccini: con la pioggia gli incendi spontanei sono davvero una rarità. Anche a Torchiarolo i carabinieri non hanno trovato segni evidenti di innesco del rogo che ha distrutto la Fiat Punto del 40enne Raffaele Lorfei. L’auto era parcheggiata in via Mascagni, proprio sotto casa. L’incendio oltre a danneggiare irrimediabilmente l’auto ha provocato l’annerimento delle pareti di una abitazione vicina. Anche in questo caso sono in corso indagini da parte dei militari della locale stazione.

di Antonio Portolano Ex detenuti nel negozio confiscato 23 febbraio 2012 - L’ex negozio di abbigliamento “Centro Diffusione Moda” di via Sicilia a Cellino San Marco di proprietà dell’ex esponente della Scu, Alfredo Penna, trasformato in centro sociale. Questo almeno è quello che si propone l’amministrazione Cascione di Cellino San Marco

che proprio ieri ha firmato il protocollo di intesa con la Provincia di Brindisi per la presentazione del progetto nell’ambito del “Pon Sicurezza 2007-2013” che prevede appunto la ristrutturazione di quell’immobile. Si tratta di un immobile che è finito nei beni comunali diversi anni fa e che rientra in quelli che secondo il “pacchetto sicurezza” dovrebbe essere riutilizzato per scopi sociali. Il sindaco di Cellino San Marco, Francesco Cascione, al momento non si sbilancia, limitandosi solo a precisare che lo stabile verrà utilizzato solo ed esclusivamente per fini sociali. Ancora, quindi è tutto da definire: sia il progetto vero e proprio che l’ammontare del finanziamento necessario per la ristrutturazione dello stabile. Quello che è certo è che la Provincia di Brindisi affiancherà il Comune di Cellino San Marco nella presentazione del progetto al Ministero dell’Interno. Nella delibera del 13 febbraio scorso, approvata all’unanimità, infatti, si legge che tra i servizi previsti dalla Provincia di Brindisi rientra anche: l’impegno per il reinserimento lavorativo di soggetti appartenenti a fasce deboli tra cui ex detenuti, attività di formazione e reinserimento professionale, attività di orientamento al lavoro, attività di sostegno alla persona nei vari contesti della vita in cui la stessa può venirsi a trovare, attività di mediazione penale minorile, attività di sostegno genitoriale ai padri detenuti nella casa circondariale di Brindisi. di Paola Bari Auto in fiamme su contatore del gas 18 febbraio 2012 - Un’auto in fiamme che si muove lungo la strada fino a fermarsi contro un’altra e incendiarla con le lingue di fuoco che arrivano a lambire un contatore ed una

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tubazione del gas. Paura all’alba in via Malta al rione Cappuccini a Brindisi. Erano le 5 del mattino circa quando uno scoppio ha seminato il panico tra gli abitanti della zona. Fuori per strada c’era l’Opel 106 di proprietà di un agricoltore che è stata completamente distrutta dalle fiamme. L’incendio ha avvolto anche un’altra auto, una Opel Astra che ha iniziato a muoversi sino ad avvicinarsi all’abitazione. Le fiamme hanno lambito il contatore del gas, ma anche il portone d’ingesso di una casa. Immediato l’intervento dei vigili del fuoco del comando provinciale di Brindisi, la prima auto è andata distrutta la seconda invece bruciata solo la parte posteriore. Gli abitanti della zona hanno temuto il peggio in quanto le fiamme hanno coinvolto un contatore del gas, ma i pompieri hanno evitato il peggio. Non si hanno certezze sulla natura dell’incendio, ma il dubbio fondato è che l’origine sia dolosa, visto che l’auto era stata parcheggiata nel pomeriggio di ieri intorno alle 18 ed è andata a fuoco il mattino dopo. Con tutto il freddo della notte certamente, nessuno crede ad un surriscaldamento o ad un corto circuito. Sul fatto indagano i carabinieri di Brindisi. Il proprietario dell’auto un agricoltore non sa spiegarsi cosa sia accaduto. Mentre la gente del posto ha paura e punta il dito sulla mancanza del lavoro e sul fatto che ci siano troppi giovani nullafacenti in giro che per occupare il tempo delinquono o incendiano le auto di gente tranquilla. La vittima del rogo è infatti una persona specchiata senza alcun precedente penale. Ma il racket non fa questi distinguo. Ed è ora che si riconosca che a Brindisi c’è anche una forte ripresa delle trame estorsive.

di Antonio Portolano

Il pentito Bullone è tornato in libertà. 16 Febbraio 2012 - “Bullone è tornato in libertà, non è più ai domiciliari”: le frequenze di radio carcere parlano del pentito brindisino Vito Di Emidio alla vigilia del processo d’Appello per gli omicidi che hanno macchiato di sangue il Salento e le rapine consumate per finanziare il gruppo di stampo mafioso e lo indicano persona non sottoposta ad alcuna restrizione, eccezione fatta per gli obblighi imposti dal regime della sorveglianza. La voce corre tra Brindisi e Lecce e tale resta dal momento che lo status del pentito, così come quello di ogni altro collaboratore, è noto solo e soltanto al Servizio Centrale di Protezione e al giudice dell’esecuzione. Imprenditore denuncia:«Costretto dalla banca a rivolgermi agli usurai» 16 febbraio 2012 - Chiede aiuto agli strozzini per pagare la Banca. Potrebbe essere la trama di un film invece è la cruda realtà quella che capitata l'altro giorno ad un giovane imprenditore della provincia di Brindisi F. M., cliente di un istituto di credito di Francavilla. «Nonostante la crisi pressante cerco con il mio lavoro di tirare a campare in maniera onesta e dignitosa - racconta l’imprenditore a La Gazzetta - . Da oltre 10 anni ho una azienda che si occupa di informatica e nonostante tutto tra alti e bassi ho sempre lavorato sodo e pagato i miei debiti (soprattutto alle banche) lavorando sempre con lo stesso Istituto bancario del quale la mia famiglia è cliente da oltre 25 anni». «Da circa un anno - aggiunge - per la pressante crisi e per continuare a lavorare mi servo di tutti quei mezzi e soluzioni (a pagamento) che

gli istituti bancari mettono a disposizioni delle aziende: cioè fidi, anticipo fatture ecc… Il 31 dicembre scorso sono scadute due fatture di miei clienti di importo pari a 10.000 euro ciascuno che tre mesi prima avevo portato in banca per averne anticipo. L’altro giorno mi sono recato in banca per cercare di trovare una soluzione per queste fatture scadute con un saldo delle suddette fatture e un rinnovo di anticipo su altre o altra soluzione (onerosa). Per tutta risposta il direttore, con fare arrogante e minatorio mi ha svuotato il conto ordinario (sul quale erano presenti circa 6mila euro in fido) e li ha spostati sul conto anticipi fatture e mi ha intimato entro 2 giorni di provvedere al versamento di 14.000 euro per ripianare il conto anticipi». «A nulla sono valse le mie rimostranze - aggiunge l’imprenditore - avevo davanti un muro, poiché svuotandomi il conto ordinario mi sarei ritrovato scoperto per eventuali pagamenti dei giorni successivi cercando anche un rientro anche rateale dello scoperto fatture. In più non mi ha permesso di presentare altre fatture per l’anticipo di cassa. Sicuramente gli strozzini ti danno più tempo. Mi sono rivolto anche al servizio clienti dello stesso istituto bancario, il quale mi ha risposto che il problema dovevo risolverlo con lo stesso direttore». «A che serve allora un servizio clienti? », si chiede l’imprenditore il quale, preso dal panico e non sapendo come fare, appare intenzionato ora a rivolgersi «a qualche “amico degli amici” per farmi prestare i 14.000 euro che il direttore richiede …e non so come andrà a finire… sono disperato e chiedo aiuto».

di Vincenzo Sparviero

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Incendiato furgone di piastrellista 15 febbraio 2012 - C’è qualche storia poco chiara, forse, dietro l’incendio del furgone di un piastrellista di San Pietro Vernotico, l’ultracinquantenne Vincenzo De Luca. I malviventi hanno agito poco prima della mezzanotte di martedì. Dopo aver cosparso il mezzo della Citroen di liquido infiammabile hanno appiccato il rogo riducendolo ad un ammasso di lamiere. I danni sono in via di quantificazione. Indagini sono state aperte per risalire ad autori e movente del gesto da parte dei carabinieri della locale stazione, che hanno anche ascoltato la parte lesa ma senza approdare ancora ad una pista precisa.

di Antonio Portolano Incendiata auto la notte scorsa a San Pietro 15 Febbraio 2012 - I Carabinieri della locale Stazione, hanno attivato le indagini tese all'accertamento del movente e all'identificazione degli ignoti malfattori che, nella serata di ieri, hanno incendiato un'autovettura dopo averla cosparsa di liquido infiammabile. Le fiamme, spente dai Vigili del Fuoco di Brindisi, hanno arrecato danni non ancora quantificati. Blitz: tutti gli affari del clan Stranieri 14 febbraio 2012 - Fiumi di droga. E non solo. La lunga mano del clan anche sulle strisce blu. Comuni, ospedali, fiere: la gestione dei parcometri era affare loro. Ed un affare d’oro, sul quale gli inquirenti del Commissariato di Manduria pare avessero iniziato ad indagare a fondo. Tanto

a fondo che l’organizzazione aveva persino ordito un attentato dinamitardo ai danni di un poliziotto ritenuto troppo zelante per i gusti del sodalizio: l’auto dell’agente fu data alle fiamme. Ma l’attività investigativa non si fermò. Tutt’altro. Partendo proprio da quell’episodio gli investigatori hanno fatto piena luce sugli interessi del gruppo criminale, tirando in ballo in prima persona il boss numero uno di Manduria: Vincenzo Stranieri. Tutt’altro che estraneo, per la Dda, all’attività dei suoi adepti. Due i brindisini finiti in manette: Euprepio Padula (49 anni, di Francavilla Fontana) e Alessandro D’Amicis (32 anni, Cisternino). Il blitz è scattato alle prime luci dell’alba di oggi, nei Comuni di Manduria e Francavilla Fontana. Gli agenti della Squadra Mobile di Taranto, unitamente al personale del Commissariato di Manduria, hanno provveduto ad eseguire 18 ordinanze di custodia cautelare di cui 15 in carcere e 3 agli arresti domiciliari, per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, concernenti armi ed esplosivi, attentati dinamitardi, tentato omicidio, rapina, estorsioni, traffico di sostanze stupefacenti e spari in luogo pubblico. I provvedimenti, emanati dalla Dda della Procura di Lecce, hanno colpito al cuore la compagine delinquenziale facente riferimento al boss Vincenzo Stranieri, noto esponente di spicco della “Sacra Corona Unita”, attualmente detenuto in regime di 41 bis. All’operazione hanno partecipato 90 Agenti di Polizia ed il Reparto cinofili della Polizia di Stato. L’indagine, ha avuto inizio nell’ottobre del 2008, proprio a seguito di un attentato dinamitardo ad un agente di Polizia in servizio presso il Commissariato di Manduria, con lo scopo come accertato successivamente, di intimorire gli investigatori che erano sulle tracce di un grosso traffico di sostanze stupefacenti

messo in atto dal sodalizio criminale facente capo al “capo storico” di Manduria. Le indagini sarebero andate anche oltre, sino ad accertare che il “Clan Stranieri” era riuscito ad infiltrarsi in numerose attività imprenditoriali del territorio, come la gestione dei parcometri nel Comune di Fragagnano e delle aere per la sosta a pagamento in occasione della “Fiera Pessima”, sino ad accaparrarsi il servizio di parcheggio presso l’ospedale di Manduria. Nel corso delle operazione di questa mattina sono state rinvenute e sequestrare in cassa di una degli arrestati (vale a dire Vito Mazza) 20 cartucce calibro 12. Tra i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Antonia Martalò su richiesta del pm Alessio Coccioli, ci sono oltre a Stranieri la moglie, Paola Malorgio, il genero Alessandro D’Amicis, il cognato Giovanni Malorgio, il figlio di quest’ultimo, Nazareno, Pietro Tondo, Vito Mazza e Giovanni Caniglia. Stranieri, ex braccio destro di Pino Rogoli (leader della Sacra corona unita), è detenuto da 27 anni, 19 dei quali trascorsi in isolamento. La figlia del pregiudicato, Anna, si era spesa in questi anni affinchè fosse revocato il 41 bis al padre, ricoverato spesso nei reparti di psichiatria delle carceri in cui è stato recluso. Secondo la Direzione distrettuale antimafia di Lecce, l’ex boss continuava a dare ordini dal carcere. Ed il gruppo di Stranieri avrebbe continuato in tutti questi anni ad essere attivo e presente sul territorio e, in concreto, la potenzialità organizzativa del gruppo criminale non sarebbe mai venuta meno. Nel corso delle operazione di questa mattina sono state rinvenute e sequestrare in cassa di una degli arrestati (vale a dire Vito Mazza) 20 cartucce calibro 12. Gli arrestati dopo le formalità di rito sono tutti poi associati alla locale casa Circondariale. I nomi: Vincenzo Stranieri nato a

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Manduria, di anni 51, attualmente detenuto presso la Casa Circondariale de L’Aquila; Giovanni Caniglia (41 anni, Manduria), Stefano Carrozzo (34 anni, Taranto), Alessandro D’Amicis (32 anni, Cisternino), Giovanni Malorgio (58 anni, Manduria, attualmente detenuto presso la Casa Circondariale di Taranto), Nazareno Malorgio (35 anni, Manduria), Paola Malorgio (56 anni, Manduria), Vito Mazza (34 anni, Manduria), Pietro Micelli (44 anni, Manduria), Giuseppe Nardelli (47 Anni, Fragagnano), Euprepio Padula (49 anni, Francavilla Fontana), Pasquale Scorrano ( 30 anni, Manduria), Biagio SIBILLA (38 anni, Monteiasi), Pietro Tondo (40 anni, Friedeberg, in Germania, residente a Manduria), Leonardo Trombacca (32 anni, Manduria). Agli arresti domiciliari sono finiti: Alessandro Rizzo (20 anni, Grottaglie), Federico Russo (19 anni, Grottaglie) e Pasquale Scorrano (33 anni, Manduria).

di Nicola Quaranta Scu, blitz all’alba tra Taranto e Francavilla Fontana: 18 arresti 14 febbraio 2012 - Nuovo colpo alla Scu. Alle prime luci dell’alba, nei comuni di Manduria, in provincia di Taranto, e di Francavilla Fontana, agenti della Squadra Mobile della Questura di Taranto, unitamente a colleghi del Commissariato di Manduria, hanno eseguito 18 ordinanze di custodia cautelare, di cui 16 in carcere e 2 agli arresti domiciliari. Sono contestati i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, relativo al possesso di armi ed esplosivi, ad attentati dinamitardi, tentato omicidio, rapina, estorsioni, traffico di sostanze stupefacenti e spari in luogo pubblico. I provvedimenti cautelari sono stati chiesti

dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Lecce nei confronti di una organizzazione criminale che fa riferimento al boss Vincenzo Stranieri, noto esponente di spicco della Sacra Corona Unita, attualmente detenuto in regime di 41 bis. All’operazione hanno partecipato 90 agenti di Polizia ed il Reparto cinofili della Polizia di Stato. L’operazione è stata denominata “Giano”. Tra i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Antonia Martalò su richiesta del pm Alessio Coccioli, ci sono oltre a Stranieri la moglie, Paola Malorgio, il genero Alessandro D’Amicis, il cognato Giovanni Malorgio, il figlio di quest’ultimo, Nazareno, Pietro Tondo, Vito Mazza e Giovanni Caniglia. Stranieri, ex braccio destro di Pino Rogoli (leader della Sacra corona unita), è detenuto da 27 anni, 19 dei quali trascorsi in isolamento. La figlia del pregiudicato, Anna, si era spesa in questi anni affinchè fosse revocato il 41 bis al padre, ricoverato spesso nei reparti di psichiatria delle carceri in cui è stato recluso. la Direzione distrettuale antimafia di Lecce, l’ex boss continuava a dare ordini dal carcere. Ed il gruppo di Stranieri avrebbe continuato in tutti questi anni ad essere attivo e presente sul territorio e, in concreto, la potenzialità organizzativa del gruppo criminale non sarebbe mai venuta meno. Preparavano una rapina presi 2 brindisini 11 Febbraio 2012 - Non hanno nulla a che vedere con i balordi che imperversano a Brindisi da settimane, ma potrebbero averci messo lo zampino nelle rapine consumate di recente fra i Comuni del basso Brindisino (Torchiarolo, Cellino San Marco, San Pietro Vernotico, San Donaci) e del nord Leccese (Campi Salentino, Trepuzzi, Guagnanno,

Squinzano). Ciarli Screti, operaio di 30 anni residente a San Pietro Vernotico, e Daniele De Leo, di 31 anni, residente a Brindisi, sono stati beccati dai carabinieri mentre cercavano di salire a bordo di una Fiat Uno di colore grigio rubata pochi giorni fa a Cellino. Viola il regime dei domiciliari: torna in carcere Cosimo Fina 11/02/2012 - Ieri pomeriggio, i Carabinieri dalla Stazione di San Pietro Vernotico, in collaborazione con i militari del Nucleo Operativo e Radiomobile di Brindisi, hanno tratto in arresto Cosimo Fina 42enne del luogo. L'operazione è stata condotta, nel corso di servizio finalizzato al controllo di soggetti sottoposti a misure di prevenzione e/o detentive dopo che Fina. sottoposto alla Misura di Prevenzione della Sorveglianza Speciale di P.S. con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza, è stato sorpreso per le vie del Comune di Torchiarolo. Il giorno antecedente, durante un altro controllo, l'uomo non era stato trovato presso la propria abitazione durante l’orario di prescrizione. Cosimo Fina, già condannato con sentenza definitiva per associazione mafiosa, era stato scarcerato nel mese di agosto 2011 e sottoposto alla misura della Sorveglianza Speciale di Pubblica Sicurezza violandone più volte gli obblighi. L’arrestato dopo le formalità di rito è stato associato alla casa circondariale di Brindisi. Lunedì convegno dell'Associazione Antiracket 10/02/2012 - L'Associazione Antiracket Salento Brindisi, in collaborazione con le A.C.L.I. "San Giovanni Bosco" di

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Brindisi, organizzano una serie di incontri sulle tematiche inerenti i reati di racket ed usura, in particolare sul ruolo della politica e delle istituzioni, sulle leggi di accesso ai fondi risarcitori per le vittime dei reati in questione e sulle misure di prevenzione. In particolare lunedì 13 febbraio alle ore 19.00 pressi i locali delle A.C.L.I. "San Giovanni Bosco" in Viale San Giovanni Bosco, 60 si terrà un incontro dal tema: "Quale ruolo possibile della politica nella lotta al contrasto e per la prevezione dei reati di usura e di racket", relazionerà il legale dell'Associazione Antiracket Salento Brindisi Avv.Massimo Ciullo.

comunicato stampa associazione antiracket salento brindisi

Furto in villa e rapina alle poste. Presi tre ragazzi. Indagato liceale 10 febbraio 2012 - Tre allegri ragazzi: vivi. Anche se hanno rischiato parecchio. E terribili: tutti e tre. Anzi, tutti e quattro. Perché anche quello denunciato a piede libero (A. M., da poco diciottenne), con l’accusa di concorso in furto aggravato, di fatti e circostanze da chiarire davanti agli inquirenti ne ha parecchie e forse persino qualcuna in più rispetto ai suoi, altrettanto giovani, compari di sventura, finiti in carcere nella serata di ieri ma catturati praticamente nelle fasi immediatamente successive alla rapina consumata presso l’agenzia dell’Ufficio postale “Ostuni3”: là dove qualche minuto prima tre giovanotti, con il volto coperto da passamontagna ed armati di coltellino, avevano seminato il panico, mettendo a segno un colpo da circa 3 mila euro. Criminali incalliti? No, incensurati, di buona famiglia, ma evidentemente deviati: Mario Greco (20 anni, ostunese),

Roberto Ungaro (21 anni, anch’egli del posto) e Larbi El Azri (24 anni, quest’ultimo originario del Marocco ma residente a Ostuni da una ventina d’anni). Sarebbero stati loro, nella tarda mattinata di ieri, a fare irruzione nella sede distaccato delle Poste di Ostuni, in via Gaetano Sansone, alle spalle della centralissima Via Giovanni XXIII. I tre sono stati catturati nelle campagne tra Ostuni e Ceglie Messapica, al termine di una rapida attività di indagine ed a seguito di un rocambolesco inseguimento da parte degli agenti del Commissariato di Pubblica sicurezza della Città bianca. Tallonati dalle pattuglie della polizia, i tre giovani, a bordo di una Fiat Punto (risultata rubata mercoledì scorso, sempre ad Ostuni) hanno ingaggiato una folle corsa, nel tentativo di far perdere le loro tracce. Più volte, per nulla intimoriti dai colpi di pistola sparati in aria dagli agenti che stavano alle loro calcagna, avrebbero tentato anche di mandare fuori strada una delle auto della polizia. Ma alla fine, in preda alla foga da fuga, sono stati loro a perdere il controllo dell’automezzo, finendo in un dirupo alto quattro metri e andando a sbattere contro un muretto a secco. Di fatto il loro capolinea. La loro cattura ha consentito di ricostruire nei dettagli anche le fasi della rapina: il marocchino avrebbe arraffato i soldi, Ungaro avrebbe tenuto a bada gli utenti in coda all’interno dell’Ufficio postale. Mentre Greco avrebbe fatto da palo e da sfrenato “pilota”, al volante della Fiat Punto. Per tutti e tre sono scattate le manette ai polsi, con l’accusa di rapina aggravata e resistenza a Pubblico ufficiale. E non solo. Saranno chiamati a rispondere in concorso con uno studente appena 18enne (A.M., ostunese, frequentante il locale liceo Classico Calamo) anche di concorso in furto aggravato e ricettazione aggravata. Nelle prossime ore la dirigenza scolastica, a

prescindere dai risvolti penali che potranno scaturire a seguito dell’attività investigativa, deciderà se e quali provvedimenti disciplinari e cautelativi assumere nei confronti dello studente. Evidenti appaiono le sue responsabilità. All’interno dell’utilitaria, infatti, ridotta ad un ammasso di rottami, gli agenti hanno rinvenuto non soltanto il bottino della rapina con armi e armamentario vario utilizzato per l’incursione all’agenzia postale, ma anche la refurtiva, consistente in un Mac di ultima generazione, un computer portatile e una pen-drive , frutto di un’incursione che gli stessi, stando all’accusa, avrebbero compiuto, poco prima di eseguire la rapina, all’interno di una villa sui colli di Ostuni di proprietà di una coppia di professionisti del posto. Ed è qui che la storia si complica, entrando in gioco anche il quarto ragazzino (A. M), compagno di classe del figlio dei due professionisti vittime del furto. Sarebbe stato proprio A. M., infatti, frugandogli tra le tasche del giubbotto, a rubare nei giorni scorsi le chiavi di casa del giovane, durante l’orario di lezione. Una volta fuori dalla scuola, A. M. avrebbe quindi consegnato ai tre compari il mazzo di chiavi (rinvenuto dai poliziotti, in sede di perquisizione domiciliare, a casa di Mario Greco). Così gli stessi, senza ricorrere ad effrazione alcuna, sono riusciti nella mattinata di ieri a penetrare all’interno della villetta di famiglia del giovane, arraffando i due computer. Per quale ragione avessero deciso di prendere di mira il ragazzo non è chiaro, o meglio: sul tema sono tuttora in corso ulteriori accertamenti ed approfondite indagini. L’impressione, dunque, confermata nel corso di una conferenza stampa dal vice questore Francesco Angiuli, è che dietro alla storia del furto ci sia altro. E non è escluso che l’irruzione nella villa del giovane possa aver

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rappresentato una sorta di missione punitiva. Domani prime udienze di convalida, davanti al Gip Paola Liace. Il primo a comparire sarà Roberto Ungaro (difeso dagli avvocati Mario e Sergio Laveneziana). A seguire Mario Greco (difeso dall’avvocato Domenico Tanzarella) e Larbi El Azri (difeso dagli avvocati Vito Melpignano e Carmen Monopoli). L’attività investigativa, intanto, prosegue. Gli inquirenti sono certi che dietro alla giovanissima banda dedita alle rapine e ai furti ci siano schegge di criminalità ben più mature, con le quali l’insospettabile gruppetto sarebbe entrato in contatto, in affari: sporchi e pericolosi.

di Nicola Quaranta In fiamme auto di disoccupato 10 febbraio 2012 - Notte di fuoco a Cellino San Marco dove finisce completamente distrutta una Ranault Clio parcheggiata in via Antonio Gramsci. Erano circa le 2.30 del mattino quando le fiamme sono divampate misteriosamente carbonizzando il veicolo di un disoccupato, Stefano Immorlano, 31enne del posto. Indagini sono in corso da parte dei carabinieri della locale stazione che non escludono il dolo. I militari hanno ascoltato anche la parte lesa di questo attentato incendiario, avvenuto proprio nel corso di una notte di indagini sulle tracce della banda della Fiat Uno.

di Antonio Portolano Mezza banda della Uno in trappola 10 febbraio 2012 - Il colpo con tutta probabilità era già pronto per essere messo a segno ma i carabinieri della stazione di Cellino San Marco (coadiuvati dagli uomini della compagnia di Brindisi e dai colleghi di Campi

Salentina) sono riusciti a sventarlo e ad arrestare i presunti e responsabili. Si tratta del 30enne sanpietrano Ciarli Screti e 31enne brindisino Daniele De Leo entrambi volti già noti alle forze dell’ordine. I due nel pomeriggio di ieri sono stati sorpresi nelle campagne cellinesi mentre stavano per montare, insieme ad altri due complici, su una Fiat Uno al cui interno c’erano occultati passamontagna e un fucile a canne mozzate oltre che resti di registratori di cassa. I militari sono alla ricerca degli altri due complici. La banda, che con tutta probabilità è la stessa che negli ultimi mesi ha intimorito i commercianti del Brindisino e del Leccese (la Fiat Uno pare sia la stessa utilizzata durante le rapine), è stata scovata grazie a un attento sopralluogo nelle campagne cellinesi da parte dei carabinieri della stazione di Cellino al comando del maresciallo Giancarlo Milo e al pronto intervento degli uomini della compagnia di Brindisi (guidata dal capitano Cristiano Tomassini). Intorno alle 17,30 di ieri una pattuglia del 112 stava effettuando un giro di controllo nelle campagne che circondano la strada provinciale che collega Cellino San Marco a Campi Salentina (la stessa che a novembre scorso fu teatro di un inseguimento tra rapinatori e carabinieri) quando ha notato una Fiat Uno parcheggiata all’interno di un casolare abbandonato. Un tempestivo controllo ha permesso di accertare che la vettura era stata rubata il 6 febbraio scorso nel Brindisino. All’interno c’erano un fucile a canne mozzate, due passamontagna e alcuni registratori di cassa. I militari, dopo aver avvisato i colleghi di Campi Salentina (il casolare si trova a pochi metri dal confine con il Leccese), si sono appostati dietro agli alberi in attesa che chi aveva occultato quella Fiat Uno si facesse vivo. Così è stato. Intorno alle 19 è giunta una Fiat Punto con a bordo quattro individui. Dal

loro atteggiamento è risultato subito chiaro che i quattro stavano per saltare a bordo della Uno e in quel momento sono entrati in azione i militari. La banda, naturalmente, si è data alla fuga. Il primo a essere acciuffato è stato il sanpietrano Screti, un’ora dopo il suo complice De Leo. Gli altri due si sono dileguati ma non si esclude che nelle prossime ore vengano rintracciati.

di Paola Bari Era il collettore del pizzo sulle “bionde” 09 febbraio 2012 - Su ordine di carcerazione per pene concorrenti, questa mattina i carabinieri di Fasano hanno tratto in arresto il 46enne pregiudicato fasanese Giuseppe Quaranta. L’uomo dovrà scontare una pena di 7 anni e 8 mesi di reclusione per associazione a delinquere di tipo mafioso. Dopo le formalità di rito è stato trasferito presso il carcere di via Appia a Brindisi. Sono stati i militari della stazione dei carabinieri di Fasano stamane ad arrestare Giuseppe Quaranta per reati risalenti all’anno 1998. I reati a lui contestati sono associazione per delinquere di tipo mafioso, contrabbando di sigarette e detenzione clandestina di armi, tutti commessi 13 anni fa circa in Montenegro e nel capoluogo pugliese. Giuseppe Quaranta, dopo l’arresto, è stato condotto nella casa circondariale di Brindisi. Giuseppe Quaranta alla fine degli anni ’90, si occupava di far entrare in Italia dal Montenegro, i tabacchi lavorati esteri per poi smerciarli in Puglia e non solo. Era, nella zona di Fasano e Ostuni, colui che si occupava della gestione dei proventi appunto derivanti dal contrabbando delle “bionde” e della riscossione per conto della Sacra Corona Unita, delle

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tangenti imposte ai contrabbandieri delle zone del Nord brindisino.

di Mariastella DeMichele Giovedì il Procuratore Motta incontra la città di Mesagne 01 Febbraio 2012 - Ci sarà il tanto atteso incontro tra la città di Mesagne e il Procuratore capo della Dda di Lecce, Cataldo Motta. L’iniziativa s’inserisce tra quelle promosse dall’amministrazione comunale di Mesagne per i Percorsi di legalità. In particolare per il rinnovo della convenzione con Libera Terra che ha lo scopo di diffondere in diversi strati della società civile questa imprescindibile cultura di vita. L’appuntamento è per giovedì alle ore 16,30 nell’auditorium del castello Normanno-Svevo. Sul ring virtuale del confronto, oltre a Motta, ci sarà il sindaco Franco Scoditti, l’assessore ai Percorsi di Legalità, Cosimo Faggiano, e il procuratore di Brindisi, Marco Di Napoli. “Nell’ambito delle azioni assunte dall’Amministrazione comunale a sostegno della promozione della cultura della legalità e di contrasto dei fenomeni criminosi – ha spiegato il sindaco Franco Scoditti - si annovera la sottoscrizione della sesta convenzione di collaborazione con l’associazione “Libera-Associazioni nomi e numeri contro le mafie””. Contenuto dell’intesa è l’attuazione di un’articolata proposta di formazione e informazione destinata a diversi settori che compongono la comunità. Anche al fine di illustrare e condividere con l’Osservatorio il cronoprogramma dei percorsi di formazione e informazione approvati e d’imminente attuazione il sindaco Scoditti ha convocato l’Osservatorio permanente per la legalità per giovedì 2

febbraio alle ore 16.30 presso l’auditorium per discutere di vari argomenti. Tra questi una riflessione del primo cittadino in ordine ai recenti episodi criminali; l’illustrazione e la discussione sul programma di legalità per il 2012 e la costituzione di un gruppo di lavoro per attivazione del Confidi, Consorzio Fidi. Sarà questo un ottimo strumento finanziario a disposizione delle aziende che potrà permettere loro di non incappare nelle maglie dell’usura e del racket. Un incontro al quale il sindaco Scoditti ha invitato il Procuratore capo della Dda di Lecce, Cataldo Motta, che solo alcuni giorni fa, in una conferenza stampa che si è svolta presso la Questura di Brindisi in occasione dell’arresto dei presunti killer e mandanti dell’omicidio di Carlo Salati, ha etichettato la città di Mesagne come una “schifezza”. Salvo poi, quando in città si è levato un coro d’indignazione, precisare che il riferimento non è stato all’intera città ma a quella parte che collabora e spalleggia la criminalità organizzata. Il procuratore Motta ha accettato con piacere l’invito rivoltogli dal primo cittadino e giovedì sarà a Mesagne per dare, ancora una volta, una testimonianza molto forte di legalità ma soprattutto della presenza costante dello Stato nei territori a rischio criminalità. Con il Procuratore Motta ci sarà anche Marco Di Napoli, Procuratore Capo della Repubblica di Brindisi. "Mesagne non è ancora libera dalla Scu". Cronaca di delitti e omertà 27 gennaio 2012 - Con il commento del capo della Direzione distrettuale antimafia sui livelli di inquinamento sociale che ristagnano a Mesagne, scorrono le sequenze dell’uccisione a bastonate di una persona odiata dal boss

della Scu, omicidio radicato in un risentimento personale antico e commissionato finalmente grazie ad un pretesto “morale”. Poi anche l’ordine di eliminare i tre killer, perché non parlassero. Una vera e propria trama da reggia barbarica, andata in scena in quella che fu la culla della Sacra corona unita e dove esiste – dice il procuratore della Dda Cataldo Motta, e la politica locale dovrebbero credergli – il brodo di coltura di quel virus che tenta sempre di contaminare l’altra parte della società locale, quella dei non collusi e degli onesti (in difesa dei quali, in conferenza stampa, si è levata la voce della dirigente del commissariato, Sabrina Manzone). Mesagne non è ancora libera, e lo spiega una delle parti in causa sino a poco tempo fa, il collaboratore di giustizia Ercole Penna, che assieme a Daniele Vicientino era alla testa di uno dei due clan locali, quello che faceva riferimento a Massimo Pasimeni, il presunto mandante di questa vicenda, e ad Antonio Vitale (anch’egli da lungo tempo detenuto). “I cittadini devono capire – aveva esordito Motta – che il primo presidio del territorio sono loro e non le forze dell’ordine”. E ricorda, Motta, il precedente arresto di Pasimeni e della moglie Gioconda Giannuzzo: alle 3 del mattino la gente del rione era in strada a salutare i due catturati, rassicurando lei che avrebbero avuto cura del cagnolino e delle piante, e facendo a lui gli auguri. L’uomo ucciso a bastonate si chiamava Giancarlo Salati, aveva 62 anni, ed era pregiudicato per reati contro il patrimonio e sfruttamento della prostituzione. Nei periodi immediatamente precedenti aveva una relazione con una 15enne che andava a trovarlo regolarmente – anche se aveva un fidanzato di qualche anno più anziano di lei – e che alla fine era rimasta incinta. Ma non di Salati, hanno detto gli investigatori. Tuttavia la fama del personaggio era

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pessima. Veniva considerato un pedofilo. Era l’occasione che aspettava Pasimeni, dicono gli inquirenti. Era la storia che poteva trovare copertura omertosa nel suo epilogo drammatico. la ragazzina era stata messa incinta da Salati: “Devo dire che questa voce influiva sulle nostre decisioni perché queste sono sempre in qualche modo legate alle sollecitazioni che provengono dalla gente comune che fa affidamento su di noi. Invero proprio noi del gruppo mesagnese, capeggiato da me e da Massimo Pasimeni, siamo molto benvoluti dalla gente di Mesagne che spesso si rivolge a noi per i motivi più disparati e ha da noi la disponibilità costante in tutte le occasioni della vita quotidiana; e noi ne riceviamo in cambio una sorta di copertura”. “Devo dire però che il consenso è anche motivato dalla paura che la gente ha della forza di intimidazione del nostro gruppo. Siamo disponibili nei confronti della gente anche per i problemi economici per i quali si rivolge a noi e che siamo pronti a risolvere anche dando denaro a fondo perduto. Si può dire che nella maggior parte solidarizzano con noi. Per questo anche il senso di fastidio e di intolleranza che si era diffuso nei confronti di Salati era stato preso in considerazione dal nostro gruppo, e nonostante che quella del rapporto con una ragazzina fosse una voce non verificata, Pasimeni aveva deciso di uccidere Salati e me ne aveva dato mandato”. Ercole Penna racconta che Massimo Pasimeni odiava Salati perché anni prima aveva avuto una relazione con Gioconda Giannuzzo, che aveva sfruttato la donna facendola prostituire. Cancellare Salati significava cancellare quel passato. L’occasione era buona. Penna chiamò “Gabibbo”, Francesco Gravina, suo affiliato, e gli disse di mettere insieme il gruppo che doveva eliminare Salati. Gravina eseguì gli ordini, chiamando prima

“Malombra”, Vito Stano, e poi “Maradona”, Giovanni Guarini. I tre si recarono a casa di Salati in via Mauro Capodieci pochi minuti prima delle 15 del 16 giugno 2009. Salati viene colpito da una pioggia di colpi di bastone, e forse di tubo metallico. L’autopsia dirà che per cercare scampo si era girato con la schiena agli aggressori, riparandosi il capo e la nuca con gli avambracci, uno dei quali risulterà fratturato. Il medico legale conterà 16 colpi almeno, alcuni risultati mortali, quelli che causarono l’ematoma subdurale emisferico sinistro da emorragia celebrale. Salati resiste sino alle 17 da solo, due lunghe ore di sofferenza, Lo trovano le due figlie Claudia e Rossana, al rientro a casa. La vittima era seduta su una sedia, sanguinante. Racconterà di essere caduta dalla scale. Viene portata in ospedale, dove morirà alle 7,30 del 17 giugno. Ma alla figlia Antonella che lo va a trovare in ospedale, Salati moribondo mostrando tre dita evidentemente voleva indicare il numero degli aggressori. In lui l’omertà si andava spegnendo, ma anche la vita. I tre killer lo avevano lasciato per morto, ma dai giornali apprendono che Giancarlo Salati era in coma in ospedale, e cominciano a temere che la vittima possa parlare. E’ lo stesso pensiero che attraversa la mente di Massimo Pasimeni, che era tornato libero da alcuni mesi dopo una lunga detenzione, e non voleva rischiare un ergastolo. In realtà la polizia, pur sospettando un coinvolgimento di Pasimeni, che peraltro abita a pochi metri da Salati, viene avvertita del fatto solo dopo la morte di Salati, e quando va a casa del morto nelle stanze aleggia odore di disinfettante e detersivi, racconta il vicequestore Sabrina Manzone. Tutte le prove sono state cancellate dalle donne delle pulizie, che ammettono di aver eliminato anche vaste chiazze di sangue: tutto doveva essere pronto e in

ordine per la veglia funebre, spiegano. In seguito, verrà sottoposto a test del Dna un parente della quindicenne che aveva una relazione con Salati, ma l’uomo, Antonio Pedone, ha un alibi di ferro: all’ora dell’aggressione era in un cantiere edile. Il pentito racconta che Pedone è molto amico di Pasimeni, che gli ha riferito della situazione, e che il boss coglie questa occasione per decidere che bisogna fermare Salati per sempre. Insomma, nell’immaginario collettivo si deve sapere che “Menza Recchia” (è il soprannome della vittima), è morto perché aveva abusato di una quindicenne. Però a Pasimeni non va affatto bene che l’omicidio sia avvenuto alle 15, e che del commando facesse parte Guarini, considerato uno che non sapeva tenere la bocca chiusa. Le cose potevano mettersi male, e il boss chiama Penna, ordinandogli di provvedere all’eliminazione dei tre assassini di Giancarlo Salati. Penna però non se la sente, gli sembra una reazione eccessiva, una esagerazione, e lo dice a Pasimeni. Litigano, ma niente da fare. L’attuale pentito non recede. Del resto, la polizia non riesce a trovare notizie. Il vicinato di Salati è chiuso a riccio, nessuno ha visto . Ma l’insistenza alla fine premia la polizia e il pm Valeria Farina Valaori che passa giornate intere in commissariato – racconta sempre il vicequestore Sabrina Manzone – ascoltando e riascoltando i potenziali testimoni. Alla fine Rosetta De Nitto e Cosimo Randino, figlio di una vicina di casa di Salati, ammettono di aver visto tre persone uscire dalla casa della vittima e fuggire verso una piazzetta vicina dove era parcheggiata una Fiat Punto Rossa. Penna dirà che nel giugno 2009 Gravina girava con una Punto Rossa acquistata da Franco Locorotondo, un altro affiliato dell’attuale pentito. Nella fuga, uno dei tre, che impugnava un bastone lungo un metro, cade a terra.

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Frammenti di indizi raccolti anche da altre indagini dove non risultavano decisivi, “un lavoro di straordinaria pazienza” fatto da pm e polizia, dice il procuratore capo di Brindisi, Marco Dinapoli. Tracce illuminate dalla luce dei riscontri offerti da Ercole Penna: “Siamo abbastanza fiduciosi che l’apparato accusatorio regga alle eccezioni della difesa”. Il dirigente della Squadra mobile, Francesco Barnaba, racconta come Pasimeni voleva eliminare anche i tre “ragazzi” di Penna autori della missione in casa di Salati, temendo che parlassero. Un omicidio, altri tre progettati, le estorsioni scoperte mentre Pasimeni era libero: così questa figura importante della Sacra corona unita, che amava farsi fotografare in circostanze pubbliche assieme ai protagonisti degli eventi, mostrò quale fosse la pasta di cui era fatto, ha detto Barnaba. Stamani alle 4 il blitz, coordinato dal questore Alfonso Terribile. La polizia ha catturato Francesco Gravina, Vito Stano e Giovanni Cosimo Guarini su ordinanza del gip Vincenzo Brancato del tribunale di Lecce, dove ha sede la Dda. Pasimeni era tornato in carcere per le estorsioni, il pentito Ercole Penna, indagato come secondo mandante dell’omicidio Salati, non ha ricevuto il provvedimento perché si è autoaccusato e non sussiste comunque il pericolo di fuga. L’indagine è stata battezzata Revenge.

di Marcello Orlandini Un chilo di tritolo sull’uscio del bar 27 gennaio 2012 - Un chilo di tritolo posizionato sull’uscio del bar “Marconi”, in pieno centro a San Michele Salentino. Avvertimento inquietante, quello che la malavita ha indirizzato ai titolari di una tra le più frequentate caffetterie

del paese. Un pacco bomba che i gestori dell’esercizio commerciale si sono visti recapitare nel cuore della notte. All’alba il ritrovamento, ad opera del personale di servizio, che, insospettito dall’involucro ma non ipotizzando che potesse trattarsi di un ordigno, ha consegnato il potenziale esplosivo nelle mani dei militari della locale Stazione dei carabinieri, che aprendo la scatola, si sono invece resi conto del quantitativo e del tipo di sostanza esplodente contenuta all’interno della stessa. I fatti risalgono a qualche giorno fa, ma sulla vicenda gli inquirenti hanno preferito mantenere il massimo riserbo. Indagini sono tuttora in corso da parte dei militari della Compagnia dei carabinieri di San Vito dei Normanni e dal personale dell’Arma di San Michele Salentino. I carabinieri sono in attesa di conoscere i risultati dei test di laboratorio effettuati sul tritolo. Le perizie faranno chiarezza sul natura del pacco esplosivo (privo comunque di detonatore) e quindi sulle finalità dei malviventi. L’ipotesi più probabile, evidentemente, è proprio quella battuta sin dal principio e con maggiore convinzione dagli inquirenti, ovvero che la banda abbia agito allo scopo intimidatorio. Nel mirino della criminalità i titolari di un bar avviato da tempo in paese ma la cui gestione di recente è passata nelle mani di nuovi soci. E proprio loro potrebbero essere i destinatari della grave azione intimidatoria, sebbene abbiamo dichiarato di non essere stati oggetto di minacce e di non aver ricevuto alcuna richiesta di denaro. I carabinieri stanno continuando a visionare le immagini riprese dalle telecamere degli impianti di videosorveglianza della zona, a caccia di indizi ed elementi che possano consentire di risalire agli autori del messaggio di palese stampo intimidatorio. E non si escludono sviluppi anche a breve. Un ordigno ad alto potenziale quello sequestrato dal personale

dell’Arma. Da qualche tempo peraltro questo tipo di esplosivo è in disuso da parte della malavita organizzata. L’ultimo ritrovamento in provincia, del resto, risale al novembre del 2010. In quella circostanza vennero rinvenuti dagli agenti della sezione Volanti della Questura di Brindisi due chili di tritolo nelle campagne di Brindisi, in contrada Mascava, zona Autigno.

di Nicola Quaranta Il gip: «Rilevante allarme sociale» 26 Gennaio 2012 - Più di duecento pagine per tracciare il ritratto dei protagonisti del “Cinemastore” dietro al quale ci sarebbe stato un grande magazzino della droga condotto dai brindisini, diventati fornitori dei leccesi: dodici sono stati arrestati per la “gravità dei fatti contestati e per il rilevante allarme sociale” mentre tre sono rimasti a piede libero. L’ordinanza. La fotografia scattata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce al gruppo di ragazzi di Cellino San Marco, Torchiarolo e San Pietro Vernotico è stata ritenuta corrispondente alla realtà “sino al mese di giugno 2010” dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, Alcide Maritati, che ha firmato l’ordinanza di arresto chiesta dal sostituto procuratore Guglielmo Cataldi il 18 ottobre 2011. La condivisione del quadro dei gravi indizi e delle esigenze cautelari è arrivata il 17 gennaio scorso, dopo la specificazione dei ruoli, partendo da chi è stato considerato fornitore stabile del gruppo salentino alla cui guida ci sarebbero stati i fratelli Giuseppe e Roberto Nisi, alias “i bandiera”, riusciti a sottrarsi all’esecuzione delegata agli agenti della Mobile. Il sodalizio, peraltro qualificato come di stampo mafioso, avrebbe

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trovato come canale di approvvigionamento della cocaina soprattutto, prima la strada offerta dal defunto Gianluca Saponaro assieme a Marcello Solazzo, 29 anni, nato a Campi Salentina ma residente a San Pietro Vernotico, poi quella indicata da Pierpaolo Ricciato, 39 anni, nato a San Pietro ma residente a Tuturano; successivamente quella dei fratelli Daniele e Saverio Rizzo di Cellino San Marco; quindi la soluzione prospettata da Domenico D’Agnano originario di Carovigno ma residente a San Pietro, Raffaele Renna e Cristian Tarantino, entrambi di San Pietro”. Gli spacciatori del clan Campana 24 gennaio 2012 - “Macchina”, “Bicicletta marrone”, “Brioche”, “Minuti”, “Secondi”, “Bottigliette di acqua”, e ancora “scooter”, “camicia”, “robe”, “cavalli”, “pony”, ma anche “zoccole”. Hanno fatto uso di tutti dei termini più disparati presenti nel vocabolario i brindisini (Raffaele Renna, Cristian Tarantino, Domenico D’Agnano, Daniele Poso, Andrea Marullo, Saverio e Daniele Rizzo) coinvolti nel sodalizio criminale sgominato all’alba di oggi dagli uomini della Direzione Investiga Antimafia di Lecce della squadra mobile di Lecce e Brindisi, per indicare la sostanza stupefacente da acquistare o cedere agli acquirenti leccesi. Hanno cercato di camuffare in tutti i modi le loro conversazioni telefoniche nella speranza di depistare eventuali controlli ma non ce l’hanno fatta. Chi per tre anni ha ascoltato ogni singola telefonata sapeva, perfettamente, che la “macchina” richiesta non era una vettura, che la brioche non era la merendina. L’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari Alcide Maritati precisa a caratteri quasi cubitali, in più

punti, che il contesto nel quale venivano utilizzati questi vocaboli e l’interpretazione complessiva del materiale indiziario raccolto ha portato ad accertare che quei termini erano utilizzati come sinonimi di “sostanza stupefacente”. “Sono a Otranto con una zoccola, vuole venirsene con me”, spiega Jonny Serra in una telefonata del 21 ottobre del 2009 a Cristian Tarantino. Serra si riferisce a un acquirente, nuovo intenzionato a comprare qualche dose. “Ohu sto morendo dalla fame…esci con una brioche…perché sto morendo proprio dalla fame”. Dice invece in una conversazione telefonica Cristian Tarantino a Raffale Renna (detto Puffo) quando deve prendere una dose di droga da cedere a un nuovo acquirente. Lo scambio della droga avveniva quasi sempre in luoghi pubblici quali bar, pizzerie o il centro scommesse Snai di San Pietro Vernotico. Nel corso delle indagini è stato accertato che Renna, Tarantino e Domenico D’Agnano, in più occasioni hanno rifornito di sostanza stupefacente del tipo cocaina il gruppo dei fratelli leccesi Nisi. I tre, inoltre, appartenevano a un gruppo operativo anche sul territorio di San Pietro Vernotico, dell’organizzazione mafiosa un tempo nota come Scu e facente capo a Francesco Campana. Il ruolo che ricoprivano è stato anche confermato dai collaboratori di giustizia Giuseppe Passaseo, Ercole Penna e Davide Tafuro. Daniele Poso, Andrea Marullo, originario di San Pietro Vernotico ma residente a Sassuolo, invece, avevano il compito, all’interno del gruppo capeggiato da Renna e D’Agnano, di recapitare la droga e riscuotere i debiti di quegli acquirenti che non pagavano alla consegna. Anche queste posizioni sono documentate con le conversazioni telefoniche registrate dagli investigatori. Stesso discorso per i fratelli Daniele e Saverio Serio di Cellino San Marco. Essi

gestivano il traffico sul territorio cellinese. I due, insieme a Tarantino e Renna sono difesi dall’avvocato Francesco Cascione.

di Paola Bari Droga e Scu, i leccesi facevano shopping nel Brindisino 24 gennaio 2012 - Era la zona sud del Brindisino l’area dove un gruppo della criminalità organizzata leccese faceva shopping di cocaina ed hascisc, una delle tante attività gestite dal clan assieme al contrabbando, le estorsioni, il gioco d’azzardo, potendo contare su armi, esplosivi ed un forte potere intimidatorio, sottolinea la Direzione distrettuale antimafia di Lecce. Il gruppo criminoso era quello capeggiato da Pasquale “Maurizio” Briganti, leccese trapiantato a Bolzano, con una solida sponda in carcere presso il boss detenuto Salvatore Caramuscio. La moglie di questi, Simona Sallustio, assieme a Briganti, ai coniugi Giuseppe Nisi e Carmela Merlo, e a Stefano Ciurlia, sono colpiti da un’ordinanza che prevede anche il 416 bis, l’associazione di stampo mafioso. Ci sono 62 nomi nella lista degli indagati, 49 dei quali da arrestare, di questi solo otto hanno beneficiato dei domiciliari, non pochi erano già detenuti per altro. L’elenco dei brindisini, tutti del quadrilatero compreso tra Torchiarolo, S. Pietro Vernotico, Cellino S. Marco e Tuturano, si ferma a 15, tre dei quali indagati a piede libero. Le indagini erano partire nel 2009, sostanzialmente dall’attentato alla videoteca Cinemastore che poi ha dato il nome all’operazione scattata questa mattina alle 4 in vari centri, anche nell’Italia Settentrionale, da parte della squadra mobile di Lecce, che ha condotto

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l’attività investigativa, e della Squadra mobile di Brindisi. Colpiti da ordinanza di custodia cautelare in carcere Domenico D’Agnano, “Nerone”, 44 anni di S. Pietro, già detenuto; Stefano Elia, 37 anni, di Torchiarolo; Andrea Marullo, 28 anni di S. Pietro, residente a Sassuolo; Cosimo “Mino” Perrone, 29 anni di Torchiarolo, che si trovava ai domiciliari ed è passato in carcere; Daniele Poso, 26 anni di S. Pietro, già detenuto; Raffaele Renna, 33 anni di S. Pietro, già detenuto; Pierpaolo Ricciato, 39 anni di Tuturano, preso a Pavia dove si trovava per lavoro; Daniele Rizzo di 35 anni, di Cellino S. Marco; Saverio Rizzo di 46 anni, di S. Pietro; Marcello Solazzo, 29 anni di S. Pietro; Cristian Tarantino, 24 anni, di S. Pietro, già detenuto. A piede libero, Romolo Cennamo, 50 anni di S. Pietro; Annalisa De Rinaldis, 46 anni di Torchiarolo, e Salvatore Notarnicola, 31 anni, di Torchiarolo. I brindisini arrestati rispondono quasi tutti dell’’articolo 74 del Dpr n. 309/90 che prevede e punisce il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti. Secondo le ipotesi accusatorie, infatti, il clan Briganti si approvvigionava di cocaina ed hascisc, in ordine cronologico, da Gianluca Saponaro poi ammazzato a Cellino S. Marco, e Marcello Solazzo; poi da Pierpaolo Ricciato; quindi dai due Rizzo; successivamente presso D’Agnano, Renna e Tarantino; infine dal barese Vincenzo Zonno.

di Marello Orlandini Droga: colpo alla Scu, valanga di arresti. Coinvolti anche 12 brindisini 24 gennaio 2012 - Agenti della Squadra Mobile di Lecce e della Questura di Brindisi hanno eseguito a partire dalle

prime luci dell’alba una valanga di ordini di arresto emessi dal giudice delle indagini preliminari su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Lecce. 62 gli indagati, 49 dei quali raggiunti da misura cautelare. Sotto scacco sono finiti presunti affiliati alla Sacra Corona unita che avrebbero operato nelle province di Lecce e Brindisi. Una dozzina i brindisini coinvolti, di cui 4 arrestati stamane dalla polizia. I destinatari del provvedimento, tra i quali anche una donna, sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti, tentata estorsione e tentata rapina. L’operazione, denominata Cinemastore, è scattata dopo tre anni di indagini, che presero il via nel 2009 in seguito ad un attentato ad una videoteca di Lecce. L’inchiesta ha riguardato anche un omicidio, quello di Antonio Giannone. Nel corso delle indagini sono stati sequestrati tre chilogrammi di cocaina e due chili di hascisc ed è stata coordinato dalla Direzione distrettuale antimafia. Il questore di Lecce, Vincenzo Carella, l'ha descritta come un "duro colpo alla Scu". Proprio a proposito dei mancati arresti dei capi dell'organizzazione, il procuratore capo della Direzione Distrettuale Antimafia Cataldo Motta ha spiegato che la polizia è sulle loro tracce. Ancora minacce a Devicienti 20 gennaio 2012 - “Buon Natale ed un 2012 di sangue” sono gli inquietanti auguri inviati qualche settimana fa all’imprenditore di Mesagne Luigi Devicienti. All’interno della busta intercettata in un ufficio postale cittadino e finita nelle mani dei carabinieri della locale stazione, c’erano anche due proiettili calibro 7.65. Nuove minacce nei

confronti del patron del Boys Mesagne da tempo nel mirino della criminalità che vive da mesi sotto stretta sorveglianza delle forze dell’ordine. Sin da quel 24 agosto scorso, in cui, alle 14.30 del pomeriggio, qualcuno piazzò un pacco bomba sulla soglia della sua abitazione di via Federico secondo Svevo distruggendo parte dell’ingresso e rischiando di ammazzare con l’onda d’urto qualche passante in strada. Il portone di casa di Devicienti – la cui sorveglianza è stata rafforzata e viene garantita non solo dalla polizia ma anche da carabinieri e guardia di finanza – era stato già incendiato il 26 luglio e per questo motivo i due piromani finirono in manette. La lunga scia di attentati, anche in azienda, ai suoi danni si accompagna anche ad una serie di messaggi intimidatori. Pare infatti che subito dopo la bomba di agosto sempre per posta fosse giunta all’indirizzo dell’imprenditore un’altra lettera anonima, finita anch’essa nelle mani degli investigatori. Con un messaggio contenente minacce di morte per tutta la famiglia. Il biglietto recitava pressappoco: “Uccideremo i tuoi figli, tua moglie, tua madre, le tue sorelle e poi toccherà a te”. Messaggi di solidarietà all’imprenditore sono giunti dal sindaco di Mesagne Franco Scoditti e dall’associazione antiracket che condannano fermamente i nuovi atti intimidatori balzati agli onori della cronaca. Omicidio Saponaro: torna in carcere Josef Orofalo 19/01/2012 - Nella giornata di ieri, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Brindisi, in collaborazione con quelli della Stazione di Cellino San Marco, hanno tratto in arresto, in esecuzione di Ordinanza di

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Custodia Cautelare in Carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Brindisi, Antonio Orofalo, 26enne del luogo. La misura coercitiva è stata emessa sussistendo esigenze di cautela sociale e concreto pericolo di fuga da parte del medesimo che, con sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato in data 22.11.2011 dal G.U.P. del Tribunale di Brindisi, era stato condannato alla pena di anni 18 di reclusione poiché ritenuto colpevole di omicidio aggravato in concorso e porto illegale d’arma da fuoco in concorso. I fatti risalgono al 19.06.2010, allorquando il suddetto, per vendicarsi di un “pestaggio” appena patito, unitamente al fratello Josef, armati di un fucile a canne mozzate, si metteva alla ricerca del pregiudicato Gianluca Saponaro, autore delle lesioni. Rintracciatolo alla guida della propria auto, in Cellino San Marco alla via S.Pietro, ed affiancatolo, i due esplodevano all’indirizzo del Saponaro un colpo con il predetto fucile, attingendolo alla testa e cagionandone la morte. I malfattori dopo l’evento si diedero alla macchia per circa 5 giorni, presentandosi presso il Comando Provinciale Carabinieri di Brindisi dove i Carabinieri li interrogarono con il p.m. Adele Ferraro. Al termine dell’interrogatorio fu tratto in arresto il solo Orofalo, autoaccusatosi dell’omicidio. Le indagini scaturite a seguito dell’evento consentirono inoltre di appurare che il fatto era dovuto ad una tentata estorsione posta in essere dal Saponaro nei confronti dei fratelli Orofalo, che era avvenuta partendo da una richiesta iniziale di 1.000 € per poi giungere alla cifra di circa 5.000 €. Inoltre i carabinieri hanno accertato che in auto al momento dei fatti vi era anche un parente dei due fratelli all’epoca minorenne. Le attività tecniche consentirono inoltre di mettere in luce il carattere di Antonio Orofalo, infatti dopo l’atto si atteggia a criminale di livello

palesando anche cinismo per quello aveva fatto. Parlando dell’omicidio con altre persone afferma di aver fatto un “piacere ad amici buoni”, nonché si vanta di aver ucciso un “camorrista” ed infine palesa la disponibilità di armi anzi “un’armeria”. Dopo le formalità di rito, l’arrestato è stato associato presso la Casa Circondariale di Brindisi. Attentato nella notte a Mesagne, ma nessuno denuncia. E' mistero. 18 Gennaio 2012 - Un forte boato è stato udito nella notte a cavallo tra sabato e domenica a Mesagne. Nessuno però ha compreso di cosa possa trattarsi. Da alcune indiscrezioni ascoltate tra i cittadini sembra che sia stato portato a termine un atto intimidatorio nei confronti di un personaggio noto alle forze dell’ordine che non ha presentato nessuna denuncia per i fatti accaduti. Come dire un regolamento di conti o quanto meno di chiarimenti tutto interno alla criminalità autoctona. Sulla vicenda, tuttavia, pur non essendoci indagini in corso, c’è una particolare allerta da chi è preposto al controllo del territorio. L’episodio si sarebbe verificato nella notte tra sabato e domenica e precisamente nella zona di viale Indipendenza. Precisamente nei pressi di una traversa. Qui sarebbe stato udito dai cittadini un forte boato. Qualcuno, temendo un attentato, ha anche allertato i centralini delle forze dell’ordine che hanno inviato in zona alcune pattuglie i cui agenti, tuttavia, non hanno riscontrato nessuna anomalia. E fin qui l’ufficialità dell’evento. Ufficiosa, invece, è il resto della storia. In particolare sembra che sia stato portato a termine un atto intimidatorio dimostrativo ai danni di un personaggio piuttosto noto alle forze dell’ordine. Alcuni individui gli avrebbero fatto

scoppiare, nei pressi della sua abitazione, un grosso petardo, verosimilmente una bomba carta di non elevata potenza, allo scopo di intimidirlo senza causare grossi danni. Come dire “ti possiamo colpire quando e come vogliamo”. La pseudo vittima non avrebbe denunciato alle forze dell’ordine l’episodio ma avrebbe chiesto delucidazioni ad alcuni “amici”. Nessuno, quindi, ha presentato una denuncia per i fatti accaduti alle forze dell’ordine mesagnesi che in mancanza di un atto ufficiale non possono avviare le indagini per comprendere bene cosa sta accadendo. Sarebbe interessante, infatti, comprendere il perché di un tale gesto e in che ambito criminale può collocarsi e leggersi. Dinamiche che le forze dell’ordine, in ogni modo, conoscono bene anche se ci si trova in presenza di scenari ed alleanze mutevoli. Incendiato un carro funebre 18 gennaio 2012 - L’auto del titolare di una impresa di pompe funebri distrutta da fiamme di dubbia origine a San Vito dei Normanni. Sono da poco passate le 23, ieri sera, quando la Renault Scenic di Roberto Francavilla, 43enne viene avvolta dalle fiamme in via San Donato. A domarle arrivano sul posto i vigili del fuoco di Brindisi e i carabinieri della locale compagnia che indagano per risalire alle cause reali del rogo e se possa essere connesso al racket delle estorsioni. L’impresario tuttavia ha escluso di aver mai ricevuto richieste di danaro o minacce.

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Attentato incendiario contro ristorante 17 gennaio 2012 - Messaggio di fuoco ai danni del ristorante “Al Rusticone” di Mesagne, fortunatamente senza gravi conseguenze. Erano circa le 23.30 quando qualcuno armato con una bottiglia di plastica contenente liquido infiammabile ha cosparso i pali di sostegno del gazebo esterno del locale di via Antonio Gramsci appiccando le fiamme. A quell’ora per strada sembra non ci fosse nessuno e il ristorante preso di mira era chiuso per ferie dal 9 al 20 di gennaio. Solo per un caso l’attentato incendiario non ha prodotto danni particolarmente devastanti dal momento che alcuni vicini, notando il rogo, si sono precipitati a spegnere le fiamme richiedendo l’intervento dei carabinieri della locale stazione. Sul posto i militari, guidati dal maresciallo Gabriele Taurisano, hanno individuato una bottiglietta carbonizzata contenente liquido infiammabile, usata presumibilmente dai malviventi. Alla fine sono rimasti soltanto anneriti i pali di sostegno del gazebo. I carabinieri – in collaborazione con la compagnia di San Vito dei Normanni – indagano intanto sugli autori e sul contenuto del messaggio di fuoco ai danni del titolare dell’attività, Antonio Fantasia, 51enne di Mesagne, gestore anche di un paio di bar in città. Via Gramsci si trova all’estrema periferia di Mesagne sulla provinciale 45 per Latiano.

di Antonio Portolano Mesagne è con gli imprenditori e contro il racket 14 Gennaio 2012 - La città di Mesagne è nuovamente scossa. Gli atti intimidatori che si stanno verificando nelle ultime settimane non contribuiscono a dare serenità

all’intero tessuto sociale. In particolare al mondo produttivo che con problematicità sta affrontando una crisi che sta mettendo in difficoltà anche i grossi colossi commerciali. Difficoltà delle imprese che se da una parte devono combattere contro la criminalità, macro micro che sia, dall’altra si ritrovano “vessati” dallo stesso Stato troppo burocratizzato che ha il dovere costituzionale di difenderli. Ecco perché agli imprenditori è giunta la solidarietà degli amministratori locali. “Intendo esprimere innanzitutto la mia solidarietà e quella dell’amministrazione comunale sia a Nicola Urgesi, vittima dell’ultimo atto intimidatorio che all’intero comparto produttivo e imprenditoriale – ha spiegato Luigi Vizzino, assessore alle Attività produttive, il quale ha aggiunto “L’amministrazione comunale ha già messo in campo diverse iniziative di contrasto all’illegalità e alla connivenza. Abbiamo dotato la città di un sistema di videosorveglianza adesso tocca ad altri enti intervenire. Per l’amministrazione comunale è importante far sentire la vicinanza al mondo produttivo. Posso assicurare che il sindaco Scoditti tutti i giorni ha contatti diretti con le autorità competenti per sincerarsi sulle misure di sicurezza adottate”. L’assessore Vizzino ha concluso: “respingiamo con sdegno questo tentativo di aggressione alla città”. Sulla vicenda è intervenuto anche Fabio Marini, presidente dell’associazione antiracket: “Ho già espresso direttamente all’imprenditore Urgesi la mia personale vicinanza e quella dell’associazione che rappresento. Ho manifestato il nostro apprezzamento per quello che ha dichiarato “questi attentati non mi piegheranno” e soprattutto il fatto che se dovessero chiedere il pizzo denunciare gli estorsori come già ha fatto in passato. E’ sicuramente questo lo spirito giusto per la lotta al racket e all’illegalità”. Marini ha lanciato, quindi, un

appello alla vittima: “Voglio dire al signor Urgesi di continuare a investire a Mesagne. La nostra associazione sarà al suo fianco insieme a tutte le istituzioni locali e le forze dell’ordine. Non deve assolutamente scoraggiarsi, anzi le sue parole coraggiose gli fanno onore. Mi auguro che presto gli investigatori daranno risposte a questo e ai tanti eventi criminosi che stanno accadendo nella nostra città”. Infine Roberto D’ancona, è Consigliere comunale di Sel ma, soprattutto, è un imprenditore che ogni giorno lotta contro le difficoltà sociali e finanziari- Il politico ha confessato: “Lo Stato non si sta rendendo conto che a causa di alcune scelte politiche operate indirettamente, e suo malgrado, sta contribuendo verso un risveglio della criminalità”. Parole forti, dure che D’Ancona, tuttavia, chiarisce subito: “Ciò è dovuto alla crisi economica che ha messo molte imprese con le spalle al muro. Realtà produttive che, purtroppo, a causa della crisi sono costrette a fare ricorso alle banche e, quando le porte sono chiuse, anche ad altri sistemi grigi che ovviamente causano una distorsione della legalità. La mia preoccupazione è che qualcuno è convinto che è giusto fare così in una situazione politica poco chiara”. Il Consigliere D’Ancona ha così concluso: “In questo periodo molte aziende hanno atti di pignoramento anche a causa di crediti contratti nei confronti dello Stato. Uno Stato che ha perso, a mio avviso, la sua mission di socialità ed è diventato, di fatto, un ente finanziario”.

di Tranquillino Cavallo Un bel colpo alla malavita 11 gennaio 2012 - Dalle ordinanze di custodia cautelare che hanno inferto un bel colpo alla Scu d’ultima generazione all’arresto di Francesco Campana. E poi estorsioni in

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flagranza, attentatori presi su provvedimento del giudice. In queste settimane un focus sulle rapine in abitazione: “Ci stiamo lavorando e come dico sempre, in questi casi, il tempo è galantuomo”. Parola di Francesco Barnaba, vicequestore, capo della Squadra mobile che voltandosi indietro e analizzando i dodici mesi che sono trascorsi, può dirsi soddisfatto. Ma non pago. “Ci stiamo lavorando, e non escludo che fra qualche tempo possano esserci risultati importanti”. Del resto ha avuto ragione quando sosteneva che dietro gli attentati dinamitardi alle attività commerciali c’era la mano di un clan emergente, se di clan si può parlare. Francesco Campana, dopo una latitanza durata un anno, è stato arrestato il 23 aprile 2011. Una volta preso, una volta tornati in cella anche Sandro e Antonio, i due fratelli, ha iniziato a regnare la quiete, fatti i dovuti scongiuri: “So bene che la Scu non è vinta – commenta infatti Barnaba – e che ci sarà sempre una riemersione, seppur parziale, dell’una o dell’altra frangia. Ma noi siamo qui per avversarla”. Non è solo criminalità organizzata la materia di interesse della Squadra mobile. Sulle rapine in gioielleria, collaborando anche con i commissariati di Ostuni e Mesagne, gli agenti hanno dato il meglio di sé. Incendiata esposizione di auto usate 11 gennaio 2012 - Sette vetture carbonizzate, quattro seriamente danneggiate. Strage di veicoli lungo la provinciale che collega Torre Santa Susanna ad Oria. Nel mirino dei piromani l’esposizione di Auto Astrea situato a circa 500 metri dalla stazione dei carabinieri di Torre Santa Susanna. I piromani entrano in azione alle 3.45 del mattino, hanno facile accesso al piazzale scoperto, circondato da una

recinzione metallica. Una ventina le auto parcheggiate lungo il piazzale e sotto alcuni gazebo. Buona parte delle vetture brucerà di lì a poco, rapidamente. Superlavoro dei vigili del fuoco per un paio d’ore: intervengono sul posto due squadre del distaccamento di Francavilla Fontana ed una dal comando provinciale di Brindisi insieme con i carabinieri della compagnia di Francavilla Fontana guidata dal tenente Simone Clemente e della locale stazione coordinata dal luogotenente Francesco Lazzari. Alla fine delle operazioni di spegnimento i danni sono ingenti e sfiorano i 100 mila euro nonostante si tratti di auto usate. Resteranno completamente carbonizzate una Citroen C3, una Panda nuovo tipo, una Volkswagen Passat, una Smart, una Lancia Y, una Bmw. Danneggiate anche una Ford CMax, una Fiat Punto, una Peugeot 207 cabrio. I danni sono coperti da assicurazione. I carabinieri indagano – sotto la regia del pm D’Agostino – per risalire agli autori e al movente dell’attentato (è esclusa già a priori l’idea di un incendio per cause accidentali). I gestori dell’attività, Salvatore Bianco 32 anni e Cosimo Vito di 33, entrambi di Torre Santa Susanna (l’autosalone è intestato alla moglie di quest’ultimo, Piera Orsini di 36anni), già noti alle forze dell’ordine, escludono di aver mai ricevuto minacce estorsive.

di Antonio Portolano Il questore: “La gente denuncia di più” 10 gennaio 2012 - Arretra la criminalità organizzata e cresce la fiducia nelle istituzioni e nella Polizia di Stato. E’ un bilancio lusinghiero quello del 2011 per la questura di Brindisi, che si radica sempre più nel tessuto sociale della

provincia. “Un anno impegnativo – lo definisce il questore Alfonso Terribile – in cui i risultati sono stati soddisfacenti, considerata l’enorme mole di lavoro svolto. Non solo in termini di polizia giudiziaria e sul fronte della repressione, ma anche per quanto attiene la prevenzione, l’ordine pubblico, i servizi amministrativi e sociali che spesso non si vedono ma contribuiscono a rendere tangibile la percezione della sicurezza “. I brindisini si fidano sempre più e denunciano. Un effetto importante perché, ad esempio in termini di furti d’auto, e conseguente richiesta di danaro per la restituzione della vettura – il cosiddetto fenomeno del “cavallo di ritorno” – i brindisini non stanno più zitti pagando il ladro di turno, ma denunciano e le auto vengono ritrovate: 126 quelle scovate nell’arco di 24ore dal furto e restituite ai legittimi proprietari nell’arco del 2011. Arretrano le organizzazioni mafiose dopo gli arresti di peso effettuati dalla squadra mobile che hanno impedito alla Sacra Corona Unita di ricostituirsi, facendo fallire gli obiettivi dei fratelli Campana assicurati alla giustizia, insieme con altri personaggi finiti nella operazione “Last Minute” che ha disarticolato la quarta mafia. Colpi importanti sono stati inferti anche al fenomeno delle estorsioni e delle rapine in particolare in gioielleria. Quasi completamente azzerato il problema dei furti di rame, in cui Brindisi si distingueva in maniera particolare: essere capitale d’Italia nel furto “dell’oro rosso” reato in cui la Puglia ha primeggiato strappando la palma al resto delle regioni italiane. Superlavoro a Restinco – dove sotto la direzione dell’ufficio di gabinetto della questura di Brindisi sono state impiegate unità delle forze dell’ordine (polizia, carabinieri, guardia di finanza, militari del reggimento San Marco). Un’aliquota pari alle forze di polizia impiegate sul territorio.

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Intenso anche il lavoro svolto in tema d’immigrazione. A illustrare i dati dell’attività svolta nel 2011 oltre al questore Alfonso Terribile, il capo di gabinetto Anna Palmisano, i dirigenti della Squadra Mobile Francesco Barnaba, della Digos Vincenzo Zingaro e della sezione volanti Alberto D’Alessandro. Pizzo, boss ex detenuto torna in cella 10 gennaio 2012 - Esce dal carcere dopo 18 anni di detenzione e tenta di estorcere denaro a un imprenditore edile del suo stesso paese. E torna in cella. Si tratta del 48enne Cosimo Mazzotta, elemento di spicco della Sacra Corona Unita degli anni Ottanta. Questa volta è accusato di tentata estorsione e violazione delle prescrizioni imposte dal provvedimento di sorveglianza speciale. In carcere, 18 anni fa, ci era finito per associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione e tentato omicidio. L’ordinanza, a firma del gip del tribunale di Brindisi Valerio Fracassi, è stata eseguita nella giornata di oggi dai carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile di Brindisi, e venerdì prossimo Mazzotta, alla presenza del suo legale di fiducia Ladislao Massari, sarà sottoposto a interrogatorio di garanzia in cui sarà chiamato a riferire la sua versione dei fatti. Si è già dichiarato innocente e totalmente estraneo all’accusa. Da quanto hanno accertato gli investigatori in fase di indagini, l’ex esponente della Scu, affiliato al clan Buccarella, nel mese di settembre scorso, dopo aver avvicinato un imprenditore edile, che doveva eseguire dei lavori presso un’azienda cellinese, avrebbe chiesto, in cambio della consegna di fatture false a copertura del pizzo, somme non meglio quantificate di denaro, minacciandolo

implicitamente che nel caso non avesse aderito alla sua richiesta, avrebbe posto in essere ritorsioni. L’imprenditore minacciato, sulla cui identità si mantiene lo stretto riserbo, non ci ha pensato due volte a rivolgersi ai carabinieri denunciando il suo estortore. Le indagini sono state avviate subito. Da quanto è stato accertato dagli investigatori, inoltre, dal momento in cui Mazzotta è tornato in libertà, in paese si sono verificati danneggiamenti a carico di commercianti e imprenditori locali. Il 48enne a proposito delle presunte minacce messe in atto per procurarsi denaro per vivere, pare che intimorisse le sue vittime facendo leva sulla propria fama non certo rassicurante derivante dai precedenti per associazione per delinquere di tipo mafioso. Questa mattina Cosimo Mazzotta è tornato in carcere. Nel corso della perquisizione effettuata presso la sua abitazione i militari hanno rinvenuto documentazione “sospetta” che è stata sequestrata e che potrebbe fornire ulteriori prove per eventuali responsabilità.

di Paola Bari Nota della Redazione A nome di tutti i soci si esprime vivo plauso per la brillante operazione contro la criminalità organizzata, portata a termine dall’Arma. Viva soddisfazione suscita in noi l’ arresto del malavitoso resosi responsabile di reati così vili verso la nostra gente; siamo altresì convinti che questo è un significativo colpo inferto alle organizzazioni criminali che operano nel nostro territorio. Si porgono i più vivi complimenti alla Benemerita che da sempre è presidio di sicurezza e legalità.

Sicurezza, vertice sindaco-partiti 4 gennaio 2012 - Dopo la bomba della notte di Capodanno e i diversi colpi a supermercati e altre attività commerciali di Latiano, stamane si sono riunite tutte le forze politiche per discutere e concertare la richiesta di nuove misure di sicurezza per la città. I lavori sono iniziati alle 11 nell’ufficio del sindaco Antonio De Giorgi, con tutti i capigruppo dei partiti politici e anche Salvatore De Punzio vittima dell’attentato del 1 gennaio 2012 nonché presidente del consiglio comunale. Obiettivo unanime riportare serenità e sicurezza a Latiano. A breve sarà resa nota la data del consiglio comunale straordinario e monotematico sul tema dell’ordine pubblico. Linee guida ben precise quelle espresse nella riunione di oggi a palazzo di città. Unanime il coro di solidarietà e vicinanza a Salvatore De Punzio e la sua famiglia per l’atto intimidatorio ricevuto dopo la mezzanotte dell’1 gennaio scorso. Gli ultimi mesi, con il concludersi dell’attentato di domenica notte, non sono stati facili per la cittadinanza latianese: dalle rapine (costanti) alle bombe. Non c’ è più sicurezza tale da poter assicurare serenità, hanno affermato molti dei presenti al vertice. Tante e diverse sono state le proposte avanzate durante la riunione oggi. Sicuramente si andrà verso il rafforzamento provvisorio – così come già detto qualche giorno fa dal sindaco Antonio De Giorgi – delle forze dell’ordine anche con auto civetta e militari. Si cercherà di realizzare una sinergia per monitorare la città soprattutto nelle ore critiche (orario di chiusura delle attività commerciali). Un’altra proposta fatta, sempre nell’intento di salvaguardare il cittadino e renderlo partecipe di questo difficile momento, è stata quella di un consiglio comunale aperto alla

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cittadinanza e con la presenza delle tv locali per capire nello specifico le reali paure dei cittadini e trovare insieme una soluzione al problema pressante della sicurezza. “Quello che voglio far portare di più sotto i riflettori in questo momento – ha dichiarato il sindaco De Giorgi – è che in questo momento non ci sono bandiere politiche, ma tutti siamo uniti per il bene della città di Latiano e l’incolumità dei latianesi”. Unanime la posizione sul passo da compiere proprio in questi primi giorni del nuovo anno, da parte dell’amministrazione comunale di Latiano e di tutte le forze politiche. Non bisognerà lasciar che le situazioni descritte passino senza reazioni e magari anche inosservate, bisognerà agire e comunicare, far sapere che non si vive e non si vince in questa vita commettendo atti criminali. Proprio in funzione della comunicazione, nei prossimi giorni uscirà un manifesto nella città di Latiano – deciso sempre all’unanimità in riunione questa mattina – di condanna del grave atto di minaccia ai danni di Salvatore De Punzio. Proprio quest’ultimo – anch’egli presente nella riunione – ha dichiarato di aver pensato e ripercorso il 2011 per capire e trovare una giustificazione (se così può mai essere definita) all’attentato ricevuto la notte di Capodanno ma senza trovare risposte. “Non credo di aver mai offeso qualcun o o fatto qualcosa – ha dichiarato Salvatore De Punzio – al punto da meritarmi un gesto così grave. Ringrazio tutte le persone che sono vicine a me e la mia famiglia e tutta l’amministrazione comunale di Latiano. Tutte le decisioni in cui mi ritroverò protagonista saranno fatte per il bene della mia famiglia – ha concluso”. Tanta paura in città ma tanto coraggio da parte di tutti. Si combatterà con l’intelligenza e non con la guerra.

di Maristella De Michele

Banche e società di riscossione tributi nel mirino dell'Antiracket mesagnese 04 Gennaio 2012 - Bilancio di fine anno complessivamente positivo quello che ha tracciato l’associazione antiracket e antiusura “Legalità e Sicurezza” di Mesagne nella pubblica assemblea dei soci che si è svolta giorni fa nella nuova sede di Piazza Orsini del Balzo. Diversi gli obiettivi centrati nel 2011 altrettanti messi in cantiere per il 2012. Tra questi spicca un tavolo di concertazione da convocare con gli istituti di credito e con le società di riscossione tributi la cui rigidità oggi è un tormentone per numerose aziende locali in difficoltà finanziaria costrette, alcune volte, a rivolgersi agli usurai. Infine resta alto l’impegno a sensibilizzare il mondo produttivo locale per denunciare qualsiasi situazione di usura o di racket in cui si dovessero trovare coinvolti. Tra le priorità del nuovo anno, oltre alla presenza costante sul territorio in tutte quelle iniziative in cui è opportuna o necessaria la presenza dell’associazione: “Continueremo a incontrare i partiti e successivamente i consigli pastorali parrocchiali, le scuole, le associazioni di categoria enti e istituzioni. – ha spiegato il presidente Fabio Marini che ha aggiunto “Lo scopo dei vari incontri sarà, oltre a quello di informare sulle finalità dell’associazione, dei benefici di legge per chi denuncia il racket e l’usura, anche quello di incrementare il numero degli iscritti per aumentare la capacità rappresentativa dell’associazione”. Tra qualche settimana sarà messo in onda lo spot pubblicitario che ha come testimonial il giudice Ayala nel quale s’invitano i telespettatori ad aderire all’associazione e soprattutto a denunciare il racket e l’usura. Marini, tuttavia, pensa anche ad altro: “Infatti – ha confermato – E’ necessario sostenere

la costituzione di un fondo di garanzia o confidi strumento oggi più che mai necessario a dare un po’ di respiro a commercianti o piccoli imprenditore che hanno difficoltà per mancanza di garanzia ad accedere al credito bancario. Ed è proprio il credito bancario l’altro grande problema nel nostro territorio”. Per ottenere questo risultato Marini sa bene che deve rafforzare il legame e creare nuove sinergie tra le varie associazioni di categoria, Camera di commercio, Confindustria e amministrazione provinciale per aprire un tavolo tecnico e studiare forme di sostegno reali e concrete alle piccole e media imprese oltre a mettere in atto una campagna di sensibilizzazione e informazione sulle agevolazioni di legge per chi denuncia il racket e l’usura. “Questo è prioritario. Inoltre continueremo a garantire la nostra presenza in qualità di parte lesa – ha assicurato il presidente - costituendoci parte civile, in tutti quei processi nei quali, per la natura dei reati e per le conseguenze rivenienti, è opportuna”. Entro il mese di gennaio 2012 sarà operativo il sito internet dell’Associazione, realizzato dalla società “Tu Design” di Mesagne. Nel sito sarà possibile iscriversi alle newsletter, aderire all’associazione, visionare le notizie e la galleria fotografica.