Notiziario - Giugno - Luglio - Agosto

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    EDITORIALEArea CarismaticaCantiamo al Signore con gioia1.

    Maria conosce il segreto dellevange-2.

    lizzazione

    Cantiamo al Signore il canto dellamore1.

    Dieci parole per la musica liturgica2.

    Motu Proprio Quaerit Semper3.

    Il Motu Proprio di Pio X (1903)4.Lettera di Giovanni Paolo II agli artisti5.

    Area Tecnica

    Area Liturgico - Musicale

    Difetti nelluso della voce1.

    Impariamo a suonare un canto2.

    369. Diamo gloria al Signore

    372. Lodate il Signore

    Anno 0 - Numero 8-9-10

    Giugno - Luglio - Agosto 2012

    Foglio di collegamento a cura del

    Servizio Diocesano Musica e Canto

    Diocesi di Napoli

    Gli strumenti musicali nella Liturgia

    Indice dellannata

    Gli strumenti musicali nella liturgia1.

    Tutti gli articoli inseriti nei vari numeri

    per Aree Speciche

    Sulle

    otedello

    Spirito

    Inserto Speciale

    Manuale di improvvisazione per chisuona la chitarra ad orecchio

    Signore, tu ci hai creato per te ed inquieto

    il nostro cuore se non riposa in te.

    Queste parole di S. Agostino furono

    illuminanti (e lo sono sempre) per la vita

    di ogni essere umano, che le ha lette,

    ascoltate, cantate, e quindi per ogni cantore

    e musicista.

    Lessere cantori, musicisti, una

    chiamata, un dono di Dio; dono che va

    fatto pane spezzato e messo a servizio

    dellumanit.

    Prevalga sempre attraverso il nostro

    servizio, il senso dellascolto della Parola

    di Dio e della preghiera tesa a cercare un

    rapporto con Lui e portare attraverso un

    servizio serio, illuminato, unto ogni fratelloe sorella.

    Quanto pi il nostro cuore, tutto il nostro

    essere saranno sulle frequenze celesti,

    tanto pi realizzeremo le parole del salmo

    95:

    Cantate al Signore un canto nuovo,

    cantate da tutta la terra.

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    La musica non :

    Un modo di radunare la gente prima dellincontro di preghiera, cosi smettono di chiacchierare.Uno stacco fra le diverse parti dellincontro di preghieraUn modo per sgranchirsi le gambe, quando si canta in piedi, di sgranchirsi le gambe e le braccia

    dopo una predica noiosa.

    Un modo per interessate ed intrattenere i giovani, che se no non verrebbero neanche inChiesa.

    La musica :

    Un linguaggio che Dio ha scelto ed incoraggia, per comunicare con il cuore delluomo; vedi i Salmi33:1, 92:1, 147:1 e, soprattutto, il Salmo 22:3, dove dice che Dio dimora nelle lodi del Suo popolo. Perchi avesse dubbi che la parola lode non implichi la musica, si fa notare che la parola tehillal usatanel 33, 147 e 22, vuol dire salmo, o canto di lode, e quella usata nel 92, zamar, e il verbo dare lode,o cantare lodi.

    Un linguaggio che parla a tutte e tre le sfere umane: corpo, anima e spirito. Guarda caso, anchela musica viene suddivisa spesso in ritmo, melodia ed armonia;

    Un linguaggio di carattere profetico, perch ha la capacit, come la profezia (I Co.14:3), di edicare,esortare e consolare; non a caso Asaf, Jeduthun ed Heman erano profeti, chiamati anche i veggentidel re, ed erano i tre responsabili designati da Davide per tutto ci che riguardava la lode nel tempio(1 Cr. 15:16 e segg.).

    Un linguaggio di carattere divino, perch la musica era gi conDio quando Lui creava luniverso (Giobbe 38:7), nel tempo e fuoridel tempo (vedi per esempio alla nascita di Ges nel tempo, Luca

    2:13, e fuori del tempo quando lAgnello siede sul trono, Apoc.

    5:8-9).

    Il curioso ruolo di Lucifero

    Quando Dio crea Lucifero (questa linterpretazione data da

    molti studiosi che si basano sui testi di Isaia 14:9-15 ed Ezechiele28:11-19), mette al suo servizio auti e tamburi; ripeto, al suoservizio, quindi Dio d a Lucifero il ruolo di responsabile dellalode e delladorazione. Cosa succede allora quando Lucifero

    cade, trascinandosi dietro un terzo degli angeli? Che il posto delresponsabile della lode rimane vacante: possiamo immaginareche in cielo, per un tempo, vi sia stato silenzio... e qui si inserisce laChiesa, cio noi. La Chiesa prende il posto di Lucifero, ed in questodiviene un pubblico spettacolo di fronte a principati e podest, edagli angeli perplessi, che vorrebbero guardare dentro a questa

    situazione che non riescono a capire (1 Pi. 1:12). Dalla polvere, Dio si trae un popolo che Lo loda,Egli che chiama le cose che non sono e le fa essere! (Salmo 102:18-22 e Isaia 43:21). E questacreazione fatta dal fango della terra fa mangiare la polvere a Satana (Ge. 3:14, Is. 65:25). Capite

    ora il ruolo della musica? Dio vuole che ci sia musica nel Suo popolo. un linguaggio che Dio hascelto, e che Lui vuole che noi usiamo.

    La consapevolezza del nostro ruolo

    Una delle pi grandi macchinazioni di Satana stata il cercare di togliere la gioia dal popolodi Dio. Lo fa con Davide, quando danz davanti allarca del patto, lo fa nelle persecuzioni e nelledeportazioni, dove la tristezza prende il posto della gioia (Salmo 137).

    Lo fa ancora adesso, quando cerca di convincerci a rimanere ancorati a vecchi modelli pertanti motivi:

    Tradizione: si sono sempre cantati questi canti, perch abbandonarli? (Cantate al signoreun canto nuovo - Salmo 98:1...)

    Immobilismo:

    Dio non guarda alla bravura, ma al cuore;che bisogno c di impegnarsi troppo?Mica saremo presuntuosi? (Suonatemaestrevolmente con giubilo - Salmo33:3)

    Paura di scandalizzare:

    non c bisogno di fare tutto questostrepito... il Signore non mica sordo!

    (dimenticandoci che la parola hallal, da cui vienealleluia, vuol dire fare rumore festoso, e che

    di Nicola Montuori, gi delegato regionale musica e canto della Campania, membro anziano della corale nazionale,coordinatore del gruppo amicizia di Pscinola (Na)

    CANTIAMO AL SIGNORE CON GIOIA1.

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    in ICronache 15:16 Davide ordina ai Leviti musicisti di suonare in modo vigoroso; vedi ancheSalmo 95:1, 100 e 118:15)

    Ma allora, qual latteggiamento giusto per cantare a Dio? ci che ci insegna S. Agostino.

    Cantiamo al Signore il canto dellamore

    Cantate al Signore un cantico nuovo, la sua lode risuoni nelladunanza dei santi.

    Siamo stati ammoniti di cantare al

    Signore un cantico nuovo. Luomo nuovo

    sa qual il cantico nuovo. Il cantare

    espressione di gioia, e, se pensiamo

    a ci con un p pi di attenzione, espressione di amore. Perci coluiche sa amare la nuova vita, conosce

    anche un cantico nuovo. Dobbiamodunque sapere cosa sia questa vitanuova, a causa del cantico nuovo. Infatti

    tutto appartiene ad un unico regno,

    luomo nuovo, il cantico nuovo, il

    testamento nuovo. Perci luomo nuovocanter il cantico nuovo e far parte

    del testamento nuovo.

    Non c nessuno che nonami, ma bisogna vedere che cosaama. Dunque non veniamo ammoniti a

    non amare, ma a scegliere loggetto del

    nostro amore. Ma che cosa scegliamo,se prima non veniamo scelti? Perch non siamo in grado di amare, se prima non siamo amati.

    Ascoltate lapostolo Giovanni:

    Amiamo anche noi, perch egli per primo ci am.

    Tu cerchi per luomo il motivo per il quale debba amare Dio, e non troverai affatto, se non perchDio per primo lo ha amato. Colui che noi abbiamo amato ha dato se stesso, ha dato afnch noi

    potessimo amarlo. Che cosa egli abbia dato afnch noi lo amassimo, ascoltatelo in modo pichiaro dallapostolo Paolo:

    Lamore di Dio, dice, stato riversato nei nostri cuori.

    Da dove? Forse da noi? No. Da chi dunque? Dallo Spirito Santo elargitoci.Avendo dunque tanta ducia, amiamo Dio da Dio. Ascoltate pi chiaramente lo stesso

    Giovanni:

    Dio amore, e chi dimora nellamore, dimora in Dio, e Dio dimora in lui.

    Non sufciente dire:

    Lamore da Dio.

    Chi di noi oserebbe dire ci che stato detto:

    Dio amore?.

    Lo disse colui che sapeva ci che aveva. Dio, a farla breve, si offre a noi. Ci dice:

    Amatemi e mi avrete, perch non potete neppure amarmi, se non mi avrete.

    O fratelli, o gli, o stirpe cattolica, o seme santo e supremo, o rigenerati e nati in modosoprannaturale in Cristo, ascoltate me, anzi per mezzo mio:

    Cantate al Signore un cantico nuovo.

    Ecco, dici, io canto. Tu canti, certamente canti, lo sento. Ma la vita non abbia mai a testimoniarecontro le tue parole.

    Cantate con la voce, cantate con la bocca, cantate con i cuori, cantate con un comportamentoretto:

    Cantate al Signore un cantico nuovo.

    Mi chiedete che cosa dovete cantare di colui che amate? Senza dubbio vuoi cantare di colui cheami. Cerchi le sue lodi da cantare? Lavete sentito :

    Cantate al Signore un cantico nuovo.

    Cercate le lodi?

    La sua lode risuoni nellassemblea dei santi.

    Il cantore, egli stesso, la lode che si deve cantare. Volete dire le lodi a Dio? Voi siete la lodeche si deve dire. E siete la sua lode, se vivete in modo retto.

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    MARIA CONOSCE IL SEGRETO DELLEVANGELIZZAZIONE2.

    NellaRosarium Virginis Mariae, Giovanni Paolo II ha affermato:

    La contemplazione di Cristo ha in Maria il suo modello insuperabile. Il volto del Figlio leappartiene a titolo speciale. Nessuno si dedicato alla contemplazione del volto di Cristo conaltrettanta assiduit di Maria (n. 10).

    Nessuno, dice il Papa, conosce larte dellamore pi di Maria:

    i suoi occhi sono stati sempre puntati sugli occhi del Figlio.

    Nel suo sguardo c lo sguardo del Figlio. Nello sguardo di Maria sono raccolti ed espressi tuttigli sguardi dellumanit, che cerca il volto di Ges e non riesce a trovarlo, che ha trovato il volto diGes e, ritenendosi delusa, gli ha girato le spalle. Maria, come Mos dinanzi al Roveto Ardente,pi di Mos, contemplazione inesausta dei prodigi di Dio.

    Maria essa stessa fuoco damore che non pu consumarsi, essendo intimamente unitaallinconsumabile amore dello Spirito Santo.

    Il vescovo Filosseno di Mabbug, capitale dell Eufratensia, alla ne del V secolo scriveva:

    La Vergine ha accolto Dio come il fuoco che rimaneva nel roveto; e come l il fuoco dimoravanel roveto e ci che appariva era una realt duplice cio fuoco e roveto cos anche Dio,che venne nella Vergine e da lei si fece uomo, viene creduto Dio e uomo (in Sulla Trinit esullIncarnazione, 144).

    Impariamo da Maria, dalla sua contemplazione cristica, il segreto di un evangelizzazione fondatasul primato della grazia e non dei mezzi esteriori.

    Maria, contemplando il Figlio, non solo diventa ci che ammira, ma si lascia ammirare da noitutti per ci che gi diventata, per sovrana iniziativa divina. Maria diventa ci che gi : costituitaMadre dallo Spirito, lo diventa nella contemplazione del Figlio.

    Nessuno, pi di Maria, ha obbedito al richiamo di Ges:

    Rimanete nel mio amore(Gv 15, 9).

    Ges ripete a noi, come ai suoi discepoli:

    Non fuggite dal mio amore, non ritraetevi dalla contemplazione del mio volto, non cercatedi farvi una ragione del mio amore, specie quando le vostre ragioni umane cozzano con leragioni insensate del mio amore.

    Rimanete! dice Ges. Rimanete!:

    ecco la parola chiave della sequela di Ges, il verbo che implica la fatica di accogliere lasda posta al nostro cuore, alla nostra intelligenza, alla nostra volont.

    Rimanete, un invito che ci supera, perch supera la nostra natura umana. Chi in grado dipenetrare questo mistero? Chi lo pu spiegare? Neanche Maria, la quale non si preoccup dispiegarselo, ma decise di viverlo!

    La mia esperienza nel Rinnovamento mi ha fatto godere della vista di migliaia di persone chehanno accettato questo invito a rimanere nellamore di Ges, introdotti dallo Spirito nellintensit,nel sapore, nella fantasia di questo amore, pi grande di ogni dolore o solitudine, pi affascinantedi ogni altro amore efmero che lesistenza umana ci offre ogni giorno.

    Solo lo Spirito Santo, mediante Maria, pu portarci a questa scuola di contemplazione cristica,la sola che trasgura il nostro volto di cristiani, la sola che pu trasgurare il volto del mondo.

    Lo scrittore e poeta tedesco Herman Hesse cos si rivolge a Maria, in una splendida lirica:

    Non sgridarmi! Non so pregare, voglio solo, passando innanzi, salire i tuoi gradini e vederei tuoi occhi(in Canti a Maria ).

    Nel n. 10 dellaRosarium Virginis Mariaesopra riportato, Giovanni Paolo II spiega lo sguardocontemplativo di Maria in cinque sguardi, proprio come cinque gradini che ci fanno scalare le vettedellamore di Dio.

    Ognuno di questi cinque sguardi ci svela lazione dello Spirito Santo nella nostra vita, comenella vita di Maria. Ognuno di questi cinque sguardi un segno della nuova evangelizzazione.

    Li vogliamo fare nostri e con Maria, come Maria, dire il nostro s allo Spirito Santo che ci chiama

    ad essere testimoni.Questi i cinque sguardi:

    lo sguardo interrogativo lo sguardo penetrante lo sguardo addolorato lo sguardo radioso losguardo ardente.

    Sia, ora, Maria a condurci. E preghiamola, aiutati dal Papa Benedetto XVI:

    Maria, parlaci di Ges, perch la freschezza della nostra fede brilli nei nostri occhi e scaldiil cuore di chi ci incontra Vogliamo vedere Ges. Parlare con lui. Annunciare a tutti il suoamore (Santa Casa di Loreto, 1 settembre 2007, Agor dei giovani italiani). E sar nuovaevangelizzazione!.

    Per ogni approfondimento: di Salvatore Martinez, I cinque sguardi di Maria - Per una nuovaevangelizzazione (Edizioni Rinnovamento nello Spirito Santo)

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    CANTIAMO AL SIGNORE IL CANTO DELLAMORE1.

    Dai Discorsi di santAgostino, vescovo(Disc. 34, 1-3. 5-6; CCL 41, 424-426)

    Cantate al Signore un canto nuovo; la sua lode nellassemblea dei fedeli(Sal 149, 1).

    Siamo stati esortati a cantare alSignore un canto nuovo. Luomo nuovoconosce il canto nuovo. Il cantare segnodi letizia e, se consideriamo la cosa piattentamente, anche espressione diamore. Colui dunque che sa amare lavita nuova, sa cantare anche il cantonuovo. Che cosa sia questa vita nuova,dobbiamo saperlo in vista del cantonuovo. Infatti tutto appartiene a un soloregno: luomo nuovo, il canto nuovo, ilTestamento nuovo. Perci luomo nuovocanter il canto nuovo e apparterr alTestamento nuovo. Non c nessuno chenon ami, ma bisogna vedere che cosaama. Non siamo esortati a non amare,

    ma a scegliere loggetto del nostro amore. Ma che cosa sceglieremo, se prima non veniamoscelti? Poich non amiamo, se prima non siamo amati. Ascoltate lapostolo Giovanni: Noi amiamoperch egli ci ha amati per primo (cfr. 1 Gv 4, 10). Cerca per luomo il motivo per cui debba amareDio e non troverai che questo: perch Dio per primo lo ha amato. Colui che noi abbiamo amato,ha dato gi se stesso per noi, ha dato ci per cui potessimo amarlo. Che cosa abbia dato perchlo amassimo, ascoltatelo pi chiaramente dallapostolo Paolo: Lamore di Dio stato riversato neinostri cuori (Rm 5, 5).

    Da dove? Forse da noi? No. Da chi dunque? Per mezzo dello Spirito Santo che ci statodato (Rm 5, 5). Avendo dunque una s grande ducia, amiamo Dio per mezzo di Dio. Ascoltatepi chiaramente lo stesso Giovanni: Dio amore; chi sta nellamore dimora in Dio e Dio dimorain lui (1 Gv 4, 16). Non basta dire: Lamore da Dio (1 Gv 4, 7). Chi di noi oserebbe dire ciche stato detto: Dio amore? Lo disse colui che sapeva ci che aveva. Dio ci si offre inun modo completo. Ci dice: Amatemi e mi avrete, perch nonpotete amarmi, se gi non mi possedete. O fratelli, o gli, o

    popolo cristiano, o santa e celeste stirpe, o rigenerati in Cristo,o creature di un mondo divino, ascoltate me, anzi per mezzomio: Cantate al Signore un canto nuovo. Ecco, tu dici, iocanto. Tu canti, certo, lo sento che canti. Ma bada che la tuavita non abbia a testimoniare contro la tua voce. Cantate conla voce, cantate con il cuore, cantate con la bocca, cantatecon la vostra condotta santa. Cantate al Signore un cantonuovo. Mi domandate che cosa dovete cantare di colui cheamate? Parlate senza dubbio di colui che amate, di lui voletecantare. Cercate le lodi da cantare? Lavete sentito: Cantate alSignore un canto nuovo. Cercate le lodi? La sua lode risuoninellassemblea dei fedeli. Il cantore diventa egli stesso la lodedel suo canto. Volete dire le lodi a Dio? Siate voi stessi quellalode che si deve dire, e sarete la sua lode, se vivrete bene.

    Espressiva. Una domenica qualunque,mi trovavo in una parrocchia per assisterealla Messa. Ovviamente, per deformazioneprofessionale, ero particolarmente attentoai canti che erano eseguiti e quindi anchein quella occasione il mio orecchio ponevaparticolare attenzione ai suoni che venivano

    da un gruppetto che era ormeggiato nei primibanchi della navata centrale. Questo grupposi dava da fare nella performance, che erapraticamente costituita dal repertorio beataggiornato alle ultime produzioni ricalcantiquesto stile. Impugnavano le loro chitarre conmalcelata condenza e baldanza e, fatti sicuri diun microfono a pericolosa distanza di sicurezza,ce la mettevano proprio tutta. Osservavo questi

    fedeli impegnati nellanimazione e potevo veramente vedere che ponevano tutta la loro buonavolont nel rendere quello che andavano cantando espressivo.

    Non essendo convinto (tuttora) che quel repertorio sia adeguato alle celebrazioni liturgiche michiesi quale doveva essere il rapporto fra la loro buona volont e il risultato. Mi sembra di poterfare alcune osservazioni: la prima che solitamente questi gruppi esprimono unappartenenza,in questo caso quella dellessere giovani che viene mediata da un certo tipo di musica che siascolta. La seconda che questappartenenza non deve essere in contrasto con lappartenenzaliturgica. Mi spiego. Nella liturgia noi non celebriamo il presente, ma ci apriamo alleterno. veroche ogni musica vive nel presente ed fatta di presente ma anche vero che ci sono alcuni tipidi musica che sono veramente segno e simbolo del quotidiano. Come gi detto, la musica pop la regina di questi repertori, ed esprime tipicamente ansie e gioie e sentimenti pienamente iscrittinella nostra vita di tutti i giorni, chi pi chi meno. Quando chiedo ai miei studenti perch a loro

    piace la musica pop o rock, mi dicono che si sentono comodi, rappresentati. Su questo non honulla da dire. Ma nella liturgia noi non ci rappresentiamo di per s come gruppo (giovani, anziani,dopolavoro) ma come comunit liturgica, come popolo di Dio. Non siamo noi che viviamo,direbbe san Paolo, ma Cristo che vive in noi. Quindi, tutto ci che denota unappartenenza socialepu essere inadeguato.

    Mi rendo conto che ci si prodiga in liturgie per tutte le categorie sociali e questo se ben inteso anche un bene: ma bisogna sempre tenere presente che esse dovrebbero poi essere inseritenellambiente liturgico del popolo di Dio, non il contrario. Ci possono essere rare eccezioni (ibambini per esempio o categorie svantaggiate) ma tutti siamo membra dellunico corpo, ci checelebriamo il corpo, non le membra. Quindi s alle liturgie per i bambini, per i militari, per i giovanima no alle liturgie dei bambini, dei militari o dei giovani (o di chicchessia). Lespressivit dellamusica liturgica non dovrebbe derivare dallessere espressione della parzialit ma dovrebbe aprirsiad una certa universalit (e questa in effetti era una delle caratteristiche che richiedeva san PioX nel suo Motu Proprio). Quindi bisognerebbe riscoprire loggettivit della musica liturgica come

    diAurelio Porri(Aurelio Porri vive a Macao ed sposato, con un glio. professore associato di musica liturgicae direzione di coro e coordinatore per lintero programma musicale presso la University of Saint Joseph a Macao(Cina). Da anni scrive per varie riviste tra cui: LEmanuele, la Nuova Alleanza, Liturgia, La Vita in Cristo e nella Chie-sa. socio del Centro Azione Liturgica (CAL) e dellAssociazione Professori di Liturgia (APL).Come compositore haal suo attivo Oratori, Messe, Mottetti e canti liturgici in latino, italiano ed inglese.)

    DIECI PAROLE PER LA MUSICA LITURGICA: ESPRESSIVA2.

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    Il Motu proprio di Pio X pu essere consideratoil punto di arrivo che raccoglie fermenti,istanze e principi riformatori ispirati da uomini

    illuminati, coraggiosi e convinti della necessit

    di un rinnovamento della vita liturgica e della

    musica sacra, oppure il punto di partenza per

    una rinnovata riessione teologica e pastoralesulla liturgia e in particolare sul canto sacro chetrover il suo compimento nelle acquisizioni della

    Costituzione Liturgica del Concilio Vaticano II.Un documento storico infatti pu essere letto

    in riferimento al tempo in cui fu scritto con lintento

    di scoprire i motivi che lo hanno provocato, glieffetti che ha sortito, e nello stesso tempo puessere studiato in una prospettiva pi ampia

    e nelleventuale sua carica profetica: quanto

    cio abbia saputo interpretare, prevedere,scavalcare la contingenza per affermare principi

    e additare valori universali.

    Non materialmente possibile passarein rassegna tutti i documenti pontici che

    hanno direttamente o indirettamente affrontato la questione della musica sacra. Di uno almeno importante fare cenno, la Costituzione Docta Sanctorum Patrum del 1324, poich tra i duedocumenti papali, bench cronologicamente molto distanti tra loro, esiste un sottile lo che liunisce: il totale e convinto apprezzamento del canto gregoriano.

    Nel primo documento (Docta Sanctorum Patrum) il canto gregoriano viene invocato in un

    momento storico nel quale stava perdendo la propria identit, nel secondo (Motu Proprio), ormai

    recuperato allo splendore della genuina tradizione, il canto gregoriano viene consacrato come

    canto proprio della liturgia romana. il segno che la Chiesa ha sempre dimostrato una certasollecitudine verso ci che considera uno dei ministeri pi alti che Cristo le ha donato: lazioneliturgica, come memoria del suo sacricio, e con essa il canto sacro.

    A rileggere la Costituzione Docta sanctorum patrum di Giovanni XXII del 1324, il primo di

    una lunga serie di documenti papali sulla musica sacra, ci spinge dunque la ricerca di alcune

    conferme storiche che sono alla base dei pronunciamenti successivi della Chiesa sul canto sacro;insomma interessante indagare e scoprire quanto dei principi che oggi professiamo con Pio X,Pio XII, Paolo VI e Giovanni Paolo II sia contenuto in quel documento e quanto quelle antichenorme abbiano contribuito alla formazione dellattuale patrimonio di idee e convinzioni.

    Pertanto ho ritenuto opportuno trasferire ad un nuovo Ufcio costituito presso il Tribunale dellaRota Romana la competenza di trattare i procedimenti per la concessione della dispensa dal

    matrimonio rato e non consumato e le cause di nullit della sacra Ordinazione.

    Di conseguenza, su proposta dellEm.mo Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la

    Disciplina dei Sacramentie col parere favorevole dellEcc.mo Decano del Tribunale della Rota

    Romana, sentito il parere del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e delPontifcio

    Consiglio per i Testi Legislativi, stabilisco e decreto quanto segue:

    Art. 1.

    Sono aboliti gli articoli 67 e 68della menzionata Costituzione apostolica Pastor bonus.

    Art. 2.

    Larticolo 126della Costituzione apostolica Pastor bonus viene modicato secondo il testoseguente:

    Art. 126 1. Questo Tribunale funge ordinariamente da istanza superiore nel grado di appellopresso la Sede Apostolica per tutelare i diritti nella Chiesa, provvede allunit della giurisprudenzae, attraverso le proprie sentenze, di aiuto ai Tribunali di grado inferiore.

    2. Presso questo Tribunale costituito un Ufcio al quale compete giudicare circa il fattodella non consumazione del matrimonio e circa lesistenza di una giusta causa per concedere la

    dispensa. Perci esso riceve tutti gli atti insieme col voto del Vescovo e con le osservazioni delDifensore del Vincolo, pondera attentamente, secondo la speciale procedura, la supplica volta adottenere la dispensa e, se del caso, la sottopone al Sommo Pontece.

    3. Tale Ufcio anche competente a trattare le cause di nullit della sacra Ordinazione, anorma del diritto universale e proprio, congrua congruis referendo.

    Art. 3.

    LUfcio per i procedimenti di dispensa dal matrimonio rato e non consumato e le cause dinullit della sacra Ordinazione moderato dal Decano della Rota Romana, assistito da Ofciali,Commissari deputati e Consultori.

    Art. 4.

    Il giorno dellentrata in vigore delle presenti norme, i procedimenti di dispensa dal matrimonio rato

    e non consumato e le cause di nullit della sacra Ordinazione pendenti presso la Congregazioneper il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, saranno trasmessi al nuovo Ufcio presso ilTribunale della Rota Romanae da esso saranno deniti.

    Tutto ci che ho deliberato con questa Lettera apostolica in forma di Motu Proprio, ordinoche sia osservato in tutte le sue parti, nonostante qualsiasi cosa contraria, anche se degna diparticolare menzione, e stabilisco che venga promulgato mediante la pubblicazione sul quotidianoLOsservatore Romano, entrando in vigore il giorno 1 ottobre 2011.

    Dato a Castel Gandolfo,il giorno 30 agosto dellanno 2011, settimo del Nostro Ponticato .

    Benedetto XVI

    IL MOTU PROPRIO DI PIO X (1903): UNA PERSISTENTE4.ATTUALIT

    diAngelo CornoProveniente da studi losoci, consegue presso il Ponticio Istituto Ambrosiano di Musica Sacra di Milano il Magisteroin Canto Gregoriano sotto la guida di Luigi Agustoni e Fulvio Rampi. Collabora a riviste specializzate di cantogregoriano (Note Gregoriane) e canto corale (La Cartellina e Choraliter). Viene chiamato regolarmente a tenerelezioni su liturgia e canto gregoriano. responsabile della musica liturgica della Parrocchia Santi Cosma e Damiano

    di Concorezzo.

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    Qual era il contesto culturale in cui la

    Costituzione Docta sanctorum patrum fu

    concepita?

    Una scossa alla musica ufciale liturgica fu datacertamente dai movimenti mistici duecenteschi:per la prima volta si congurava un tipo dicanto religioso in volgare, confezionato per il

    popolo in contrapposizione con la rafnatezzadel repertorio latino. In quegli anni nasceva

    la Divina Commedia, opera piena di fermenti,

    idealit, compendio della cultura universale

    dellepoca e di una specica visione religiosadel mondo, ma anche strumento di affermazione

    delle lingue volgari. Nellambito della musica colta si allargavano gli orizzonti espressivi con lasperimentazione di forme polifoniche nuove e ci veniva realizzato, almeno nei primi tempi, conquel canto che era quotidianamente tra le mani dei musicisti, cio i l canto liturgico.

    stato proprio il canto gregoriano che, per la prima volta nel corso della sua storia, ha pagatole spese di questo periodo di transizione. Quel tipo di canto che aveva raggiunto pochi secoliaddietro vertici altissimi di perfezione stilistica, purissimo nella sua cristallina monodia, frutto

    portato a maturazione e alla pienezza di sapore da una diuturna e vissuta ruminatio del testo

    sacro, sul nire dellepoca medioevale era progressivamente ignorato e soffocato da voci privedi una precisa identit che gli venivano caoticamente sovrapposte. Tali erano gli organa e imoteti. Per di pi: un modo grossolano di scansione ritmica, basato sul ritorno periodico delleaccentuazioni (modi ritmici) e sulla misurazione matematica dei valori (mensuralismo), tendeva

    gradualmente a prevalere sul libero e uido snodarsi di frasi unicamente modellate sulla naturalemusicalit della parola latina. Questi due elementi, il discanto e il mensuralismo, decretarono la

    ne del canto gregoriano.In un secondo momento questi canti, la cui destinazione era sempre liturgica, cominciarono

    a imbastardirsi con lapplicazione alle voci superiori di testi in lingua diversa e con signicatisempre pi differenziati no a quelli profani, satirici, erotici. Insomma, mentre una parte eseguivaHaec dies quam fecit Dominus le altre due si divertivano a imprecare e maledire coloro che nonpermettevano agli amanti di soddisfare liberamente i loro desideri damore.

    Tutto ci provoc la giusta disapprovazione dellautorit ecclesiastica. Ed ecco il documentoDocta Sanctorum Patrum. Spesso si interpretato questo testo come una condanna dellintero

    sistema della polifonia misurata che con lars nova aveva raggiunto un assetto per certi aspetti

    denitivo. (Alberto Gallo, La storia della musica, il Medioevo II, E.D.T.). In realt il papa GiovanniXXII affronta il problema dal punto di vista liturgico e pastorale, unicamente preoccupato deldecoro del canto ecclesiastico e quindi della preghiera cristiana.

    Ecco le parole iniziali del documento:

    La dotta autorit dei Padri decret che negli ufci della lode divina che si offrono per ossequio

    di doveroso servizio sia vigile la mente di tutti, non incespichi la parola e la modesta gravitdei salmeggianti canti ogni cosa con placida modulazione. Infatti (sta scritto che) nellaloro bocca risuonava un dolce suono. E risuona veramente dolce il suono nella boccadei salmodianti quando, mentre pronunciano parole accolgono Dio nel cuore e con i cantiaccendono la devozione verso di lui.

    Fin dalle origini la Chiesa ha ssato un rapporto gerarchico tra canto e preghiera cristiana,

    nel senso che il primo era destinato al servizio della seconda: laspetto musicale di r ivestimentosonoro non doveva risaltare a discapito della comprensione del testo liturgico; non solo, madoveva essere coerentemente in accordo con il decoro della casa di Dio e la solennit della lode

    divina.

    Lo stesso santAmbrogio, il pi grande musicista dei Padri, che precede di parecchi secoli lepocadoro del canto gregoriano, chiedeva un canto sacro consono allazione liturgica. Diceva:

    La Scrittura ci insegna a cantare con gravit, a salmeggiare spiritualmente:Docuit nos Scriptura cantare graviter, psallere spiritualiter (Commento al Vangelo diLuca).

    E ancora:

    Il salmo dolce ad ogni et, si addice alluomo e alla donna. Lo cantano i vecchi, deposta larigidezza della vecchiaia, lo cantano i giovani senza rischio di sensualit, le fanciulle senzache vacilli il loro candore (Commento al Salmo 1).

    Insomma un canto davvero diverso da quello chiassoso e agitato delle occasioni

    profane.

    Anche nella composizione deisuoi inni Ambrogio ebbe idee moltochiare, nonostante lostacolo quasiinsormontabile per un autore cristianodi mettere in versi un testo sacro: fare

    poesia, a quei tempi, signicava imitarelarte pagana; e n Ambrogio, n altriavrebbero osato comporre poesiedal contenuto cristiano, utilizzando

    forme metriche pagane. Il vescovomilanese risolse il problema in manieraesemplare:

    dal punto di vista metrico scelse il dimetro

    giambico (breve/lunga), raramente usatodai poeti classici e quindi non portatore di

    reminiscenze paganeggianti;

    dal punto di vista formale evit qualsiasiespressione che riconducesse a immaginimitologiche;

    dal punto di vista dei contenuti fu costante

    il riferimento alle Sacre Scritture, facendo dellinno uno strumento poderoso di insegnamento

    e di catechesi;

    dal punto di vista ritmico, il sistema quantitativo cominci a cedere il passo al sistemaaccentuativo, cio si venne a delineare un rapporto nuovo tra laccento verbale e il ritmomusicale. In tal senso Ambrogio fu sorprendentemente liniziatore di una nuova formapoetica rispettosa del ritmo naturale della parola.

    Il papa Giovanni XXII si rif dunque allesempio dei Padri, non dice chi sono, ma probabilmente

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    Le stesse parole ritroviamo nel Motu Proprio:

    afnch i fedeli con tale mezzo siano pi facilmente eccitati alla devozione (par. 1).

    Unultima citazione che interessa da vicino il canto gregoriano:

    I compositori di Organa, conductus hanno perso il senso della modalit originaria(tonos nesciant), le loro melodie obbediscono ormai ad una nuova e diversa sensibilittonale e diventano irriconoscibili nelle nuove scale; non sono pi quelle del Graduale odellAntifonario.

    Proprio qui deve essere ricercato il motivo principale dellallarme del papa e di quanti

    avevano a cuore la sana tradizione del canto gregoriano: quel canto quasi divinitus inspiratus,

    intoccabile, veniva lacerato da r imaneggiamenti che dovevano apparire enormi e inaccettabili.Evidentemente al pontece sfuggiva la piena consapevolezza del modus, della modalit, intesacome comportamento della melodia in simbiosi con il testo e in rapporto alla collocazione liturgicadei singoli brani, ma certamente il documento fu un forte richiamo al ritorno di uno schemastrutturale della modalit, rispettosa del testo, con il quale la melodia ha uno strettissimo rapporto,e della forma legata al ruolo liturgico: insomma il pontece, anche se in modo ingenuo e impreciso,avvertiva lesigenza di ripristinare le melodie gregoriane in tutti i suoi aspetti, testuale, melodico e

    modale poich soltanto la simbiosi di questi tre elementi era in grado di rappresentare al sommogrado la tradizione del canto liturgico. Sembra di riconoscere in questo appello ante litteram leragioni di ci che sar il percorso di restaurazione del canto gregoriano intrapreso dai monacibenedettini di Solesmes nel secolo XIX.

    Il documento fu ascoltato? In parte s in parte no.

    Qualche risultato fu ottenuto: il mottetto politestuale e di carattere profano, principale imputato,usc di chiesa denitivamente. Le cosiddette Messe di Avignone (manoscritti di Ivrea del XIVsecolo), successive al documento, hanno un carattere stranamente ascetico e calmo e unastruttura musicale chiara e intelligibile. Comunque, al di l di ogni considerazione contingente,limportanza storica del documento, per quanto datato, fu e rimane nella formulazione dei principi,

    dei quali ancora oggi risente lattuale teologia della musica liturgica.

    Dal punto di vista storico il canto gregoriano purtroppo sub un declino inarrestabile: la tropaturae le prime forme polifoniche portarono inevitabilmente alla disgregazione del r itmo naturale delnostro canto liturgico no a giungere allEditio Medicea del 1614, uno dei punti pi bassi delprocesso di decadenza sia sotto laspetto della melodia, ormai lontanissima dalloriginale, sia

    dal punto di vista della notazione quadrata per lutilizzo di forme grache proporzionali. QuestoGraduale mediceo, stampato iussu Pauli V tristemente famoso perch, ristampato dalleditorePustet di Ratisbona nel 1870 e favorito da un privilegio trentennale accordato dalla Santa Sede,serv lungamente da testo ufciale di riferimento per le melodie gregoriane diventando, negliultimi decenni del 1800, un concreto e serio ostacolo alla Restaurazione Gregoriana.

    I redattori dellEditio Medicea, appassionati, come sappiamo, della classicit, consideravano

    il latino ecclesiastico alla stregua del latino classico, prosodicamente organizzato secondo una

    metrica quantitativa (alternanza di sillabe lunghe e brevi: una sillaba lunga durava esattamenteil doppio di una breve). Quindi anche al latino del canto gregoriano doveva essere applicato unritmo musicale, rigorosamente rispettoso della quantit prosodica delle sillabe. Sicuri della veritdella loro teoria metrica, i nostri esteti del Rinascimento si sentirono in dovere di correggere la 17

    li intende nel loro insieme, come modello a cui riferirsi in materia di canto liturgico almeno no alsecolo X, epoca doro del canto ecclesiastico, nella quale si realizz ci che viene consideratoancora oggi un tesoro insuperato di musica ed espressivit liturgica.

    Alcune frammenti signicativi del documento:

    La parola non incespichi e la modesta gravit dei salmeggianti canti ogni cosa con placidamodulazione.

    unevidente allusione al caos prodotto dagli Organa e dai Moteti: era necessario ritornare aduna pi adeguata e rispettosa proclamazione della parola biblico-liturgica, in preminenza assoluta

    rispetto a qualunque tipo di musica. Questa non doveva

    trascurare ma rafforzare il senso delle parole. Il testo:

    esigenza prima e irrinunciabile, allora, oggi e domani.Dulcis sonus: non una dolcezza intesa in senso

    romantico-edonistico, ma una dolcezza strutturale,

    ontologica che il canto sacro deve possedere come doteinnata, come modo di essere adeguato a sostenere e

    favorire la preghiera. Siamo molto lontani dalle qualitdistintive indicate dai documenti pi recenti; tuttaviasembra di cogliere un punto essenziale e attualissimo:il canto sacro deve essere dolce, soave, cio in forma

    sapida, pi intensa e maggiormente penetrante di quella

    espressa solo oralmente. Cos la preghiera cantata compatibile con il rito ed espressione della pi pura

    interiorit delluomo, diventando strumento di comunicazione della fede e strumento di comunione

    dei cuori. A proposito di centenari, ascoltiamo ci che afferma, ribadendo questi concetti, GiovanniPaolo II il 21 settembre 1980, centesimo anniversario dellAssociazione Italiana Santa Cecilia:

    La musica destinata alla liturgia deve essere sacra per caratteristiche particolari, che lepermettono di essere parte integrante e necessaria della liturgia stessa. Come la Chiesa, perquanto concerne luoghi, oggetti, vesti, esige che abbiano una predisposizione adeguata allaloro nalit sacramentale, tanto pi per la musica, la quale uno dei pi alti segni epifanici

    della sacralit liturgica, essa (la Chiesa) vuole che possegga una predisposizione adeguataa tale nalit sacra e sacramentale, per particolari caratteristiche, che la distinguano dalla

    musica destinata, ad esempio, al divertimento, allevasione o anche alla religiosit largamentee genericamente intesa.

    A questa dichiarazione fanno eco le parole pronunciate in un discorso del 1971 da Paolo VI:

    non tutto valido, non tutto lecito, non tutto buono nella liturgia, esercizio del sacerdoziodi Ges Cristo, azione sacra per eccellenza.

    Ancora:

    Non indistintamente ci che sta fuori del tempio (pro-fanum) atto a superarne la soglia(discorso di Paolo VI del 1973). Si potrebbe stabilire un nesso molto stretto che ricongiungesecoli di storia della Liturgia in un unico signicato: dulcis sonus = predisposizione adeguata

    = sacro. Dove predisposizione adeguata signica quelladesione interiore di chi si accinge ad

    unopera tanto impegnativa qual quella di cantare a Dio, per accendere (dice il documentopapale) la devozione verso di Lui.

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    melodia del canto gregoriano, quando non rientrava nei canoni enunciati, denendo tali anomaliedei barbarismi.

    I precedenti storici del Motu Proprio di Pio X.

    I precedenti storici che portarono alla redazionedel Motu Proprio si possono identicare in duegrandi avvenimenti, i cui germogli spuntarono nei

    primi decenni del XIX secolo:

    1: lopera di restaurazione di Solesmes che sirealizz attraverso linfaticabile lavoro dei suoipionieri Guranger, Pothier, Mocquereau,monaci benedettini di grande levatura culturalee spirituale, ai quali deve essere afancata lagura importante del canonico Gontier.

    2: il movimento ceciliano, che contribu, attraversoil Congresso internazionale di Arezzo, a dare

    una prima scossa al privilegio accordato da

    Roma allEdizione di Ratisbona.

    1. Lidea restauratrice di Dom Prosper Gurangersi spieg in due grandi direzioni, che si integravanoa vicenda: la rinascita dellordine benedettino inFrancia, dissolto dalla rivoluzione francese e il

    ripristino della liturgia romana, da tempo sostituita

    dalle liturgie locali (gallicanesimo). La prima

    opera sar il mezzo pi efcace per realizzare laseconda.

    Le tappe di questo prodigioso cammino:

    1833: viene ristabilita la vita benedettina nelPriorato di Solesmes.

    1837: Guranger viene eletto abate superioregenerale della Congregazione benedettina diFrancia e Solesmes diventa abbazia, casa madre

    della congregazione stessa.1839-1851: pubblicazione delle sue opere

    fondamentali a favore di una liturgia riformata:

    le Institutions liturgiques e lAnne liturgique(500.000 copie vendute), con le quali ha rivelato atutto il mondo cattolico il tesoro di bellezza e di pietnascosto nella preghiera ufciale della Chiesa. PerGuranger, la liturgia era linsieme di simboli, dicanti e di atti attraverso i quali la Chiesa esprime emanifesta la sua religione verso Dio. Egli riteneva

    che non si poteva riformare la liturgia no a quandoil canto non fosse restituito alle sue tradizioni antiche. Questa idea della spiritualit benedettinafortemente dipendente dalla liturgia sar il principio ispiratore dei fondatori dei vari centri monastici 19

    di Beuron e Maria Laach, di St. Ottilien, dei monasteri inglesi e italiani. Pio X ha consacratoufcialmente questo nuovo indirizzo, proclamando nel Motu Proprio la Liturgia come la prima eindispensabile fonte della piet cristiana.

    1849-1852: ai Consigli Provinciali si afferma lautorit dellabate Guranger e successivamentele diocesi francesi ad una ad una ritornano a Roma.

    1875: data della sua morte; la Francia intera ricondottaalla liturgia romana, lordine benedettino risorto si arricchiscedi opere e uomini illustri.

    1876: viene tessuto lelogio del defunto abate dalpontece Leone XIII, che lo denisce:

    strumento provvidenziale preparato da Dio alla Franciaper ripristinare gli ordini religiosi, sostegno alla Chiesaromana per ristabilire luniformit dei riti distrutti dal viziodei tempi.

    Lopera di restaurazione liturgica ebbe necessariamenteun primo effetto, quello di sviluppare gli studi storici e critici

    sulla antichit cristiana. Ma, mettere in luce il valore degliantichi testi sacri, confermarne lautorit e mostrarne labellezza voleva dire occuparsi di ci che accompagnavai testi medesimi e che aveva una parte cos importantenel rito cattolico: il canto. Quel poco di i ntegro che restavadelle antiche melodie liturgiche bast a dargli unideaaltissima della dignit del canto gregoriano e del compito

    di edicazione ad esso correlato. Per merito di Gurangersi fece strada un concetto importante: il canto elemento

    integrante della liturgia.

    Due erano i problemi da risolvere: ritrovare lautenticafrase gregoriana nel duplice aspetto testuale e melodico e

    rintracciare il metodo di esecuzione.

    Per il primo punto egli enunci un canone lapidario chedominer tutte le ricerche successive:

    Quando manoscritti differenti di epoca e area geograca

    si accordano su una versione, possiamo affermare che

    si ritrovata la frase gregoriana. (dalle Institutionsliturgiques).

    Il primo passo verso la restaurazione fu fatto nella

    direzione del testo, restituito alla sua pronuncia autentica e

    tradizionale (la pronuncia romana) e a lla sua integrit formale

    (praticata dalla liturgia romana) nel rispetto di un fraseggio

    chiaro e ben declamato. Nella stessa opera, labate affermalesigenza di una vera restituzione della melodia gregoriana,

    auspicando il ritorno allantichit in quanto depositaria diuna liturgia autentica. I suoi sforzi non approdarono ad un

    risultato concreto come per esempio una rinnovata edizione di canto gregoriano. Pur seguendo

    le edizioni allora in corso, in particolare quella di Reims-Cambrai, aveva decisamente riutato le

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    mensuralistiche dellepoca e orientare decisamente gli sforzi verso la restaurazione scientica delcanto gregoriano. Infatti nella prefazione il canonico scrive:

    noi auspichiamo con tutte le forze una edizione che riproduca, perfezionandola, unaversione del sec. XV; desideriamo ardentemente che un consesso di persone che studino e

    pratichino il canto piano si metta allopera e doti la Chiesa di una edizione basata sui principidella scienza e della tradizione.

    Ancora:

    Nel canto piano sono presenti due caratteri il cui contrasto colpisce in modo singolare.Innanzitutto la semplicit, la naturalezza che gli assicura la perpetuit. Il canto piano la preghiera cantata del popolo; suo testo la prosa, suo movimento la recitazione; sua

    prosodia laccentazione popolare, sua tonalit, la tonalit del popolo, l a scala naturaledei suoni. Ma, eleviamo i nostri cuori, sursum corda, c nel canto gregoriano un sensomisterioso e intraducibile. laccento della fede e la dolcezza della carit; unumilt piena

    di condenza, che sembra voler penetrare il cielo.

    Sembra anche qui di risentire lespressione di Giovanni XXII quando parlava di dulcis sonus:deve penetrare nellanimo con dolcezza per orientarlo alla devozione. Ecco perch la rigidezzacompassata e inessibile della mensuralit non ha mai potuto essere lespressione vera dellapreghiera pubblica: nel valore metrico della nota c qualcosa di mondano e articiale (opera deldiavolo, diceva Guranger) e la nota misurata cancella in un certo modo il signicato del canto;mentre la recitazione la natura, e nella declamazione in prosa del canto piano valori e misura

    si fanno da parte, numeri latent, per far risaltare completamente il senso che nel testo e nellamusica. Sembra anche di avvertire un collegamento con lestetica medievale della luce la quale concepita come forma che tutte le cose hanno in comune: il semplice che conferisce unital tutto, e quindi, non diversamente dallunisono nella musica, soddisfa lanelito ad una armonia

    denitiva, alla riconciliazione del molteplice nellunit, che lessenza dellesperienza medievaledella bellezza cos come lessenza della sua fede.

    Di fronte ad alcune esitazioni di Guranger, Gontier ripeteva con insistenza che Solesmesdoveva portare a compimento con determinazione lopera di restaurazione appena intrapresa;non doveva fermarsi a met del cammino o accontentarsi di unopera provvisoria. Per lui le

    mutilazioni, le correzioni erano corruzione. In una lettera indirizzata a dom Guranger diceva:

    Non abbiate timore di ingannarvi: voi riproducete un testo che non appartiene a voi, maappartiene alla storia e alla liturgia.

    Joseph Pothier, anchegli monaco di Solesmes, diede grande organicit, spinta,completezza e rinnovata modernit ai concetti sul ritmo espressi dal coraggioso Gontier. Chi,dopo la lettura della Mthode, si dedicher alle Mlodies grgoriennes daprs la traditioncomprender ancora meglio il cammino luminoso che sta alla base della restaurazione delcanto gregoriano.

    Pothier infatti possedeva quelle doti musicali che mancavano a Guranger e a Gontier,e che fecero di questo monaco benedettino un gigante che riusc a tradurre in pratica leilluminanti intuizioni dei suoi precursori. I risultati dei suoi lunghi studi furono consacratiin due opere fondamentali: Les mlodies grgoriennes daprs la tradition del 1880, chenellintenzione dellautore doveva servire da prefazione a Il Liber Gradualis, pubblicato nel1883. I lavori di Pothier segnano nella storia della r estaurazione gregoriana una pietra miliareda cui ha origine un lungo e fecondo periodo di studi di carattere scientifico e di utilit pratica

    edizioni che riproducevano il canto riformato di Guillaume Nivers, organista de la Chapelle duRoi, che addirittura aveva osato presuntuosamente modicare etalora creare ex-novo le melodie gregoriane per renderle degne

    del decoro ecclesiastico. Labate era un critico avvertito e buongiudice sul valore delle edizioni correnti. Consultato nel 1846 per il

    progetto di unedizione di canto sulla base di un solo codice riaffermcon decisione il principio che la lezione primitiva del canto gregorianopoteva essere ritrovata non sulla base di un solo manoscritto ma dalconfronto di pi manoscritti delle diverse chiese: la prima grandeintuizione verso il vero metodo paleograco che solo avrebbe condottoalla ricostruzione dellantico canto della Chiesa.

    Per quanto riguarda il modo di eseguire il canto gregoriano,

    la sua ancorch limitata conoscenza dei primi manoscrittiche venivano alla luce in quel periodo gli aveva dato la nettasensazione che nessuna teoria mensurale potesse accordarsi

    a quelle antiche notazioni musicali, delle quali ancora non siconosceva lesatto signicato.

    Non esitava a vedere lopera del diavolo in quel canto battuto emisurato, che toglieva il carattere religioso (dulcis sonus) alla preghiera

    liturgica. Labate giudicava il ritorno allautentica interpretazione delle melodie gregoriane altrettantoimportante del ritorno alla melodia primitiva. Era certamente una affermazione di grande rilievo: se si pensa

    che le edizioni dei libri liturgici adottate nelle varie diocesi francesi, in particolare il gi citato Graduale di Reims-Cambrai, si servivano di quattro tipi di note, di durata multipla, e che il vezzo di cantare il canto gregoriano alunghe e brevi datava gi dallepoca rinascimentale e barocca, si comprende la portata innovatrice del ritornoal ritmo libero. Dom Guranger indusse i suoi monaci a cantare con maggior scioltezza, senza considerarele note lunghe e brevi, con una dizione accurata e un andamento declamatorio comodo e naturale. Fu unavera rivoluzione, poich il ritmo libero era ancora sconosciuto e sembrava irrimediabilmente perduto.

    La fortuna volle che labate incontrasse un dotto sacerdote di Le Mans, il canonico Augustin-Mathurin Gontier, il quale, colpito dalla bellezza dei canti che labate faceva eseguire con metodointuitivo nel monastero, volle dare una base storica e teorica al canto gregoriano con la suaMthode raisonne de plaint-chant, dato alle stampe nel 1859. il primo documento di valore inmateria, unopera a cui lo studioso doggi deve guardare se vuole risalire alla sorgente moderna

    delle proprie ricerche e della propria identit. In questo lavoro enunciato un principio fondamentalee valido ancora oggi: il ritmo libero oratorio il ritmo proprio del canto gregoriano. Proprio perchnasce dal testo, il canto gregoriano ne assorbe pienamente tutte le qualit, dunque, accanto allaqualit melodica, anche quella del ritmo verbale, che riuta il concetto moderno di battuta o misura,ma poggia il suo fondamento sul fenomeno dellarticolazione sillabica, termine con il quale siintende il passaggio da una sillaba allaltra, da una parola allaltra, individuando in tal modo ilprocedimento essenziale che genera il movimento verbale nel suo continuo e diversicato uire. indispensabile donare a ciascuna sillaba il suono e il valore che le appartengono, a ciascunaparola laccento che le proprio, a ciascun periodo la distinzione dei membri che lo compongono,per mezzo di una pausa regolare nel movimento di recitazione.

    Altre affermazioni rilevanti sono contenuto nella Mthode: la nota o tempo primo gregoriano indivisibile; il canto una lettura intelligente, ben accentata, espressa in buona prosodia, inbuon fraseggio; il canto gregoriano non che musica allo stato di prosa, cio musica naturale.Il suo ritmo non che il ritmo della prosa. Erano affermazioni di carattere generale, non ancorasupportate dalle conoscenze paleograche successive, ma che volevano contrastare le esecuzioni 21

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    incontestabile. S, il fine dellillustre monacofu principalmente pratico: il canto tradizionale

    doveva tornare intatto a vivere nella liturgia,

    non rimanere un bellissimo oggetto damuseo per la curiosit degli eruditi. Pothieralla competenza teorica aggiungeva una

    preziosa esperienza, quella che gli offrivaquotidianamente il coro nel monastero. In

    una materia cos delicata solo un affinamentoprolungato dellorecchio poteva guidare sullagiusta via. I suoi principi sulla pronuncia

    corretta del latino, sulla unione delle sillabee della melodia, sulla divisione della frase

    musicale, sulla esecuzione dei gruppi

    neumatici fecero scuola:

    la frase gregoriana doveva essere cantatacon elasticit e calore, come un oratore

    proclama il suo discorso, e ci non potevaessere realizzato attribuendo un valore

    proporzionale ai singoli suoni.

    Anchegl i, come Gontier, affermava che peril canto sillabico tutto il ritmo nel testo; anchenel canto melodico, melismatico diremmo

    oggi, non si deve mai perdere di vista il testo;tuttavia nella melodia pura o nella frase

    neumatica pi ampia ci sono delle note pi forti, nelle quali portiamo un maggiore impulso,

    ci che Gontier chiamava accento melodico. Ma, mentre il canonico diceva che tale accentoera riconoscibile nella notazione (in particolare nella nota caudata), Pothier sosteneva chen archeologicamente, n teoricamente, n praticamente si poteva ravvisare laccentomelodico nella notazione, ma si doveva risolvere in modo naturale, dando un impulso ora

    su una nota ora su unaltra. Pothier si mostrer sempre decisamente ostile a una esagerataprecisione nella determinazione del ritmo della frase gregoriana:

    la combinazione e il calcolo nel canto piano, scriveva, non esiste che nellistinto naturale

    dellorecchio, non ci sono regole per ssare le leggi del ritmo.

    La posizione di Gontier sar alla base delle ricerche di Mocquereau, ma con una sostanzialedifferenza: Gontier assimilava lictus ritmico al tempo forte, Mocquereau, pur ammettendo la

    necessit di precisare il ritmo, ne segnalava lindipendenza dallintensit, sviluppando lintuizione

    di Pothier e portandola alle estreme conseguenze con linvenzione dei segni ritmici.Il primo risultato concreto delle ricerche di Pothier , in collaborazione con un altro monaco, dom

    Jausions, nissimo calligrafo morto prematuramente, fu il Directorium chori, di rito monastico,pubblicato nel 1864. importante perch viene ripristinata la notazione gregoriana in base allaforma che i neumi avevano nei manoscritti su rigo dellepoca guidoniana. il primo libro di cantorestaurato a Solesmes, dove sono contenute le semplici preghiere che si cantavano nel refettorio:per le note isolate viene impiegata soltanto la nota quadrata; non compare n la caudata n lalosanga, si scrivono dun sol tratto i raggruppamenti neumatici divenuti perfettamente riconoscibili,

    non compare alcuna nota forte: tutto il ritmo nel testo e di conseguenza viene abbandonatadenitivamente la scrittura proporzionale.

    Pothier, uomo libero e nemico di ogni sistematizzazione, soleva dire: Limportante saperdare al canto il movimento naturale della recitazione, individuare le divisioni sillabiche o melodichenecessarie ad un linguaggio semplicemente accentato o modulato, saper scegliere tra le diverse

    forme di raggruppamenti, quella che rende il testo pi intelligibile e insieme conferisce pi dolcezzaalla melodia. Ecco perch si dimostr sempre contrario alle edizioni ritmiche del Graduale del 1908,uscito dal seno della Commissione Ponticia incaricata da Pio X di redigere una nuova e denitivaedizione dei libri di canto gregoriano per tutta la Chiesa: Pothier non riteneva necessario ricorrerea segni supplementari per meglio indicare i principali incisi della frase melodica, contrariamente

    a Mocquereau, altro gigante della restaurazione gregoriana, che spese molta parte della sua vitaa costruire un buon sistema di ponctuation (la nostra punteggiatura) per facilitare lesecuzionedinsieme del coro. necessario ammettere che questo fu un grosso limite di questo grandemonaco solesmense: quando si cerca di precisare troppo si rischia di cadere nellarbitrario, cionellerrore che egli stesso voleva assolutamente evitare.

    Nelle ricerche di questi studiosi, comunque, sempre viva e ricorrente lesigenza di ritrovare ilritmo naturale della parola. questo principio che viene riaffermato nelle Mlodies grgoriennesdel 1880, opera che ebbe subito una risonanza internazionale e nella quale per la prima voltasi descrive e si spiega con sicurezza il signicato dei neumi, le leggi del ritmo oratorio sonochiarite, la natura e il ruolo dellaccento latino sono messi in luce in modo denitivo. Nellaprefazione Pothier ci rivela che lo stesso Guranger aveva riveduto il manoscritto e suggeritoparecchie correzioni. Fu una precisazione utilissima per ricollegarsi alla memoria del defuntoabate, il quale, se non aveva ritenuto opportuno pubblicare lopera, laveva tuttavia condivisa eassistita personalmente. A conclusione di questo paragrafo su Pothier utile citare alcune frasida Les Mlodies grgoriennes in ordine al concetto che lautore aveva della musica sacra (cantogregoriano): Per ben cantare, bisogna saperlo fare con arte quando il canto ha per oggettola lode di Dio, lignoranza e lincuria non sono scusabili ed arrecano un grave disordine senzadubbio la diligenza messa a ben cantare non deve degenerare in ostentazione: ci che dobbiamoricercare nel canto non la soddisfazione dei sensi o il piacere delludito; tuttavia non bisognacredere che per lodare Dio degnamente, sia possibile offendere le orecchie e allontanare dallenostre ufciature ogni grazia.

    E ancora:

    Il canto gregoriano un genere di musica capace di rendere i pi svariati effetti, ma chedeve attingere i suoi mezzi in se stesso e non nello sforzo e nellarte di colui che canta. Nondiscostarsi dalla naturalezza il sommo dellarte: in questa semplicit e in questo buon

    gusto si ritrova il principale merito duna buona esecuzione del canto gregoriano.

    2. Il movimento ceciliano e il congresso di Arezzo. il secondo precedente storico che favoruna maturazione della musica sacra nella liturgia e, in qualche modo contribu ad accelerare lariforma del canto sacro.

    Riprenderemo pi avanti la storia della restaurazione gregoriana con un altro grande monaco

    di Solesmes, dom Andr Mocquereau.Erano gli anni in cui il fervore ceciliano, acceso dal canonico Franz Xaver Witt a Bamberg nel

    1868 con la fondazione del Cacilien-Verein (Associazione Ceciliana), si propagava in tutta laCristianit. In Europa e negli Stati Uniti sorsero numerose le Associazioni Ceciliane. A Milano

    don Guerrino Amelli inaugurava nel settembre del 1880 lAssociazione Italiana di S. Cecilia. Unnuovo spirito fermentava in campo musicale ecclesiastico e da pi parti, in particolare in Francia

    e in Italia, si avvertiva lurgenza di una riforma. Lostacolo da superare era lEditio Ratisbonensis,

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    che, come si detto sopra, nonera altro che una riedizionedellEditio Medicea, che laSacra Congregazione dei Riti

    aveva dichiarato autentica inquanto conteneva il vero canto

    gregoriano.

    La seconda assembleagenerale dei Ceciliani dItalia,

    tenuta a Milano nellottobredel 1881, aveva deliberato disolennizzare linaugurazione del

    monumento a Guido dArezzo

    nella sua citt natale con un

    Congresso internazionale di

    canto liturgico. Don GuerrinoAmelli profuse tutte le sue forze

    per organizzarlo degnamente.

    Alcune proposizioni enunciate

    nel documento preparatorio

    contenevano senzaltro una carica esplosiva, di cui lo stesso Amelli non fu in grado di valutare la

    portata, ma che andavano nella direzione di una riforma radicale del canto liturgico:

    si affermava che il congresso era indetto allo scopo di migliorare le condizioni del cantoliturgico;

    si indicava lopportunit di un ristabilimento del canto liturgico secondo la sua veratradizione;

    si auspicava una edizione pratica dei libri di canto fermo da sottoporsi allesame denitivodella S. Sede, afnch, una volta riconosciuta e approvata come veramente pi conforme algenuino canto liturgico, venga adottata in tutte le chiese.

    Il Congresso sembrava sovrapporsi alla Sacra Congregazione dei Riti strappandole di manoliniziativa di una riforma. Lincauto promotore fu costretto a restringere il programma, assicurando

    di dirigere le discussioni dei congressisti nel rispetto delledizione Pustet allora in uso.

    In effetti la Santa Sede riponeva in quel giovane pretino troppa ducia: il suo animo di artista edi ricercatore appassionato lo far deviare, suo malgrado, dalla consegna afdatagli.

    Al Congresso di Arezzo si trovarono di fronte solesmensi e ratisbonensi, i primi capitanati dadom Pothier e dom Schmitt, i secondi da Franz Xavier Haberl, lo strenuo difensore delledizionedi Ratisbona.

    I solesmensi giunsero ad Arezzo ben documentati e pronti quasi a sostenere una

    battaglia.

    Dom Pothier, rivelando una volta di pi le proprie doti di paleografo e la profonda conoscenzadel canto gregoriano, aveva portato uno studio sulla virga nei neumi e un piccolo rapporto

    sulla tradizione nella notazione del canto piano, che giusticavano, da una parte, la naturadel ritmo gregoriano e, dallaltra, le restituzioni melodiche di Solesmes. Dom Schmitt presentun memoriale sul valore dei manoscritti antichi, dove erano formulate con precisione i principi 25

    fondamentali della restaurazione gregoriana. Di fronte a tale dotta documentazione, Haberl opposeai solesmensi soltanto largomento dellautorit: il canto di Solesmes pu essere bellissimo, ma ilnostro dovere, diceva, di servirci delledizione di Pustet, ritenuta autentica dai numerosi decreti

    pontici. Tale argomento non fu sufciente a convincere i musicisti del Congresso. Pothier fuleroe del giorno, la sua dottrina fu applaudita e acclamata; e una messa cantata, celebrata il 15settembre in occasione della festa della Madonna Addolorata, con lausilio di estratti ricopiati dalLiber Gradualis, in corso di pubblicazione, entusiasm sostenitori e avversari.

    Il primo dei voti (auspici) redatti alla conclusione del Congresso fu:

    I libri corali in uso nelle chiese siano resi conformi il pi possibile allantica tradizione.Inoltre si incoraggino gli studi teorici sui manoscritti, sia dedicato uno spazio maggiore alcanto gregoriano nei seminari; inne lesecuzione a note uguali e martellate sia sostituita da

    unesecuzione ispirata ai principi dellaccentuazione latina.

    Roma, logicamente, fu costretta a sconfessare i voti di Arezzo: lapparente vittoria dei ratisbonensisar tuttavia momentanea, perch il congresso aveva messo a nudo lintrinseca debolezza dellaloro tesi, mentre la Santa Sede lasciava alla ne libert di ricerca e di pubblicazione di edizioni

    private per scopi scientici.Solesmes sapr approttarne. Anche il successo editoriale delle Mlodies grgoriennes

    incoragger labbazia a proseguire lungo il cammino intrapreso. Ed proprio in queste circostanzeche viene dato alle stampe il Liber Gradualis nel 1883.

    Quando compare il Graduale tutti i competenti di allora ne riconobbero subito lautorevolezzadal punto scientico e musicale, soprattutto se confrontato con le edizioni allora in uso: ledizionedi Reims e Cambrai, se si poteva considerare un primo passo importante sulla via dellarestaurazione, non era certo lo specchio fedele del canto gregoriano. Essa traduceva soltanto lanota, non la formula, essenziale per il ritmo; soppresse gli stroci, le ripercussioni, i procedimentimelodici ripetitivi, cedendo alle pretese dellaccentuazione moderna. Il Liber Gradualis, invece,proseguendo sulla strada del Directorium chori, si pu considerare il primo vero libro completodi canto liturgico, rispettoso delle antiche tradizioni manoscritte, punto di riferimento di tutte leedizioni future.

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    Diamo un elenco delle caratteristiche principali:

    lezione melodica notevolmente migliorata rispetto alle edizioni precedenti, sulla base delTonario di Montpellier, seguito fedelmente dal revisore.

    carattere tipograco chiaro e denitivo: per chiarire il ritmo vengono utilizzate la spaziatura e laggregazione tra gruppi neumatici.

    scompaiono denitivamente le lunghe e le brevi.

    i raggruppamenti neumatici sono ripristinati rendendo riconoscibile il legato, che non solo sioppone al martellamento, ma tende specialmente allunit del neuma e allidenticazione dientit verbo-melodiche ben delineate e distinte.rispetto a Reims e Cambrai c una diminuzione di stanghette che rende il canto pi scioltoe pi fraseggiato.

    compare per la prima volta lo stacco neumatico, elemento graco innovatore e importantenella precisazione del ritmo gregoriano, perch chiarisce ed evidenzia i punti nodali del

    movimento che esercitano una funzione ordinatrice della frase gregoriana.

    Nonostante qualche piccola imprecisione, il Graduale di Pothier fu una tappa fondamentale, unvero caposaldo nel cammino della restaurazione sia dal punto di vista melodico che dal punto divista tipograco. Era stato raggiunto davvero il primo dei due traguardi auspicati da Guranger:dopo un lavoro di ablatio da tutte le incrostazioni che avevano offuscato il primitivo canto liturgico,quegli antichi segni avevano ridato vita ad una linea melodica tendente alloriginale, traguardoindispensabile dal quale ripartire per una completa e denitiva comprensione del fenomeno

    gregoriano. Fu anche il primo serio tentativo di chiarire il ritmo gregoriano, qualcuno dice chequesta fu la vera originalit dellopera, anche se non stata formulata pienamente la teoria.

    Ma cerano ancora alcuni ostacoli da superare. Non esisteva ancora la prova scientica che le melodiedella neo-medicea non erano altro che una caricatura delle primitive cantilene. La Chiesa, maestra eguardiana delle arti, possedeva in deposito quelle sacre melodie; avrebbe ridato loro lantica bellezza, se sifosse provata la loro autenticit non pi canonica, ma storica e scientica.

    Oltre alla suprema ragione dellautorit, le argomentazioni preferite dai fautori della neo-

    medicea si articolavano in due punti:

    a) ledizione di Solesmes non poteva contenere il canto di S. Gregorio, poich questo cantoera denitivamente perduto;

    b) qualora fosse stato ritrovato, era impossibile decifrare i manoscritti che lo contenevano.

    A queste gratuite affermazioni era necessario dare una risposta, una risposta senza possibilit di replica.Articoli di giornale, riviste, congressi non bastavano pi. Era necessario dotarsi di unarma invincibile per

    superare tutti gli ostacoli e conquistare la vittoria. Questa nuova macchina da guerra, progettata da DomMocquereau, fu la Palographie Musicale, cio la pubblicazione dei principali manoscritti di canto gregoriano,corredati da importanti prefazioni di carattere scientico.

    Questa opera colossale nasce nel 1889 con lintento di giusticare la recente pubblicazionedel Liber Gradualis di Pothier, dimostrando che la versione melodica ivi contenuta si appoggiavasu documenti incontestabili, cio i numerosi manoscritti di canto gregoriano conservati nellebiblioteche europee e di cui i pi antichi risalivano ai secoli IX e X. La Palo era quindi stataconcepita, pur mantenendosi sempre nelle alte sfere della ricerca scientica, con un chiaro intentopolemico nei confronti delledizione di Ratisbona, di cui per altro compaiono molti riferimenti neivari volumi a dimostrazione dellincertezza e inafdabilit scientica delledizione di Pustet. Loscopo immediato, quindi, fu quello di provare a tutti, mediante le fonti stesse, la verit della dottrina

    di Pothier e della versione melodica del suo Graduale. necessario dire che Pothier, giuntoallapice dei suoi meriti con la pubblicazione del Graduale del 1883, nel quale venne recuperata ingran parte la linea melodica dellantico canto liturgico, ritenne di non procedere oltre nello studio

    dei neumi, nel timore che la pubblicazione dei manoscritti antichi messi a disposizione di dilettantisprovvisti di adeguata preparazione, avrebbe nito per ritardare la restaurazione gregoriana.

    Dom Moqcuereau, al contrario, sosteneva energicamente lo studio approfondito e comparato

    dei primi codici notati:

    in questi manoscritti, diceva, racchiuso tutto ci che vogliamo sapere sulla versionemelodica, la modalit, il ritmo e la notazione delle melodie ecclesiastiche (P.M. I, p. 23).

    - Dai ratisbonensi era stata messa in dubbio la fedelt di Pothier ai manoscritti: il primovolume prov la sostanziale coincidenza del codice sangallese 339 con il Graduale del1883.

    - Alcuni rilevarono che un solo manoscritto non faceva testo: ed ecco che il secondoe il terzo volume servirono a provare la convergenza di 219 manoscritti diversi sulla

    versione adottata da Pothier per il graduale Iustus ut palma.- Inne si affacciarono dubbi sulla lettura dei neumi: Mocquereau rispose pubblicando il

    codice di Montpellier (voll. VII e VIII) in duplice notazione (neumatica e alfabetica), sulquale non erano pi possibili dispute melodiche.

    Lopera travalicher abbondantemente lintento polemico iniziale per la qualit dei codici selezionati, perla vastit del progetto e per le magistrali e dottissime prefazioni redatte dallautore.

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    Gi la scelta del manoscritto che apre la collezione rivela la novit assoluta del progetto: un manoscritto del X secolo, in campo aperto, un codice della scuola di S. Gallo, il 339. Mai

    Mocquereau avrebbe cominciato la sua collezione con un manoscritto che non fosse un libroliturgico propriamente detto ma un libro di scuola, come era il codice di Montpellier, che contenevai canti raggruppati per generi e toni, testo base per le revisioni melodiche realizzate no a quelmomento. Primo, perch i codici in campo aperto erano i pi antichi e quindi pi conformi allagenuina tradizione. Secondo, perch i manoscritti sangallesi, oltre a conservare fedelmente iraggruppamenti neumatici, erano ricchi di lettere e segni, importantissimi per la determinazionedel ritmo e delle sfumature espressive.

    Si ritorna ancora a una delle questioni

    fondamentali della restaurazione gregoriana,

    la quale incompleta se la ritrovata melodia

    originaria non sia vivicata dal proprio ritmo.A tale questione Mocquereau dedica molta

    parte delle prefazioni dei volumi della Palo e

    i due tomi de Le nombre musicale: gli studisullaccento tonico latino e sul cursus letterariogli fecero scoprire i segreti delle melodie

    gregoriane, il carattere spirituale dellaccento

    latino e la preminenza del ritmo musicale su

    quello delle parole. Per lui il ritmo gregoriano

    non pi oratorio ma musicale, dipendente pi

    dalla melodia che dal testo. Il ritmo libero, nonsoggetto alla misura, tuttavia anche sganciatodalla intensit dellaccento tonico e il peso

    ritmico si appoggia spesso sulle sillabe nalidi parola in un gioco di tensione e distensione

    del movimento. Osservava altres che la causaprincipale della decadenza e della rovina del

    canto tradizionale della Chiesa fu linsufcienzaritmica della notazione ecclesiastica: era dunque

    necessario ssare un sistema ritmico chepermettesse di eseguire le melodie gregoriane

    nel modo pi elegante, pi pratico e pi fedele

    possibile ai dati della tradizione. da questa esigenza che scaturiranno le

    edizioni provviste di segni ritmici: un sistemamolto preciso anche se un p macchinoso,concepito in contrapposizione alle teorie mensurali dellepoca, ma contrastato da Pothier edisatteso dagli stessi monaci di Solesmes.

    In effetti, la teoria ritmica di Mocquereau, labbiamo gi accennato, il lato debole di questoinsigne studioso, poich si basa su esigenze pratiche, il cui punto di partenza tuttavia non lanotazione con tutta la ricchezza degli episemi e delle lettere signicative, bens le leggi primordialidel movimento e altre ragioni di carattere prettamente musicale. Anche Gontier parlava di ri tmoche nasce dalla parola, di ritmo che trova la sua giusticazione nel testo: le sue affermazioni nel1850 hanno unenorme rilevanza. Ma se andiamo a leggere il capitolo II a proposito dellaccentodelle parole latine, lautore non esita a denire alcune sillabe pi importanti di altre sulla basedi unanalisi grammaticale che vede lorigine del ritmo del canto gregoriano esclusivamentenella materialit del testo, della parola, della sillaba (esempio: salvum me fac, propter quod

    i monosillabi o le congiunzioni sono tout court prive di accento, le preposizioni si fondono inuna sola parola con ci che reggono). Ugualmente Mocquereau non resiste alla tentazionedi precisare in modo quasi pignolo e minuzioso le sfumature ritmiche, codicando addirittura unsistema complicato di punteggiatura.

    Eravamo soltanto allinizio del cammino per giungere alla piena comprensione e quindi al

    pieno recupero del ritmo del canto gregoriano: altri raccoglieranno leredit di questi grandi uomini

    (Eugne Cardine, Luigi Agustoni, Godehard Joppich, Fulvio Rampi) no a giungere alla soluzionedel problema del ritmo, non pi inteso come ordine di un movimento primordiale, non solo intesocome semplice corretta pronuncia di un testo (salmodia), n come valore materiale delle note e

    delle sillabe sottese ai neumi, ma come modosonoro di proclamare quel preciso testo con

    quel preciso signicato in quel preciso contestoliturgico (Rampi): il ritmo diventa strumento di

    senso, di signicato, di esegesi.Alla causa gregoriana Mocquereau guadagn

    Padre Angelo De Santi, un gesuita di profondacultura e maturit di giudizio, gura nobilissimaper noi italiani, niente meno che il futuro ispiratoredellEdizione Vaticana del 1908. Era appenainiziato alla scienza musicale, ma costantemente

    in contatto con il movimento ceciliano milanese,

    possedeva idee chiare e sicure a propositodella musica sacra. Incaricato da Leone XIII di

    trattare le questioni musicali sulla prestigiosa

    rivista la Civilt Cattolica, egli seppe enunciare

    i principi che debbono reggere la composizionee lesecuzione della musica sacra e in una serie

    di venti mirabili articoli tracci le linee maestredi una vera teologia della musica.

    Sul fronte gregoriano, lincontro con

    Mocquereau, che gli mostr le tavole comparativedel graduale Iustus ut palma, fece toccare con

    mano a De Santi che la neo-medicea non fosseche una miserabile caricatura dellantico cantoliturgico. In quanto articolista de La Civilt

    cattolica, fondata a difesa della S. Sede e delle

    Congregazioni romane, implicitamente dovevadifendere anche la Medicea, anche se, a dire

    il vero, non consum moltissimo inchiostro a favore di tale causa. Piuttosto cominci a tessereelogi nei suoi discorsi e nei suoi scritti nei confronti dei monaci solesmensi e della loro opera.

    Ma nel gennaio del 1894 arriv come un fulmine a ciel sereno l annuncio che Padre De Santi era statoobbligato ad allontanarsi da Roma. La sua colpa fu quella di schierarsi apertamente contro ledizione ufcialee di aver usato tutta la sua inuenza per condurre a buon ne ladozione del canto tradizionale. Inoltre glisi rinfacciava il torto di aver ridato vita al movimento ceciliano. A luglio dello stesso anno venne pubblicatoil decreto ponticio Quod Sanctus Augustinus che conteneva un nuovo regolamento per la musica sacra:confermava le decisioni anteriori in materia di canto gregoriano ed esortava nuovamente i vescovi ad

    adottare ledizione ufciale di Ratisbona, senza tuttavia imporla. La partita sembrava persa per i fautori delcanto tradizionale, tanto pi che Haberl aveva trovato un documento che provava che ledizione mediceaera davvero opera di Palestrina.

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    Nel frattempo prosegue la Palo con la pubblicazione del tomo IV contenente il codice 121 diEinsiedeln della scuola di S. Gallo, a cui Mocquereau fa precedere una prefazione consacrataallinuenza dellaccento tonico e del cursus come elementi generatori della struttura melodica eritmica della frase gregoriana. Segue la pubblicazione dellAntifonale Ambrosiano, conservato alBritish Museum, il tomo V con frammenti di notazione antica, il tomo VI (1900) con la notazionesu linee completa ( il pi antico manoscritto conosciuto dove si conserva la tradizione del cantomilanese). Nello stesso anno Mocquereau inaugura una nuova serie della Palo, la serie IIo monumentale, nel senso che i volumi non compaiono pi distribuiti in fascicoli ma in unasola volta in un unico volume. Il primo codice di questa serie fu lAntifonario di Hartker 390-391,contenente tutti i canti dellUfcio, preceduto da una breve ma puntuale prefazione di Mocquereauche riteneva tale codice estremamente importante a motivo della ricchezza delle indicazioniespressive e ritmiche ivi contenute.

    Mentre Mocquereau continuava nella realizzazione del suo progetto editoriale, mons. CarloRespighi, delegato del collegio dei Cerimonieri Pontici, attaccava sul piano storico la poveraedizione di Ratisbona, utilizzando documenti scoperti da padre Angelo De Santi tali da contestarelattribuzione della medicea a Palestrina. Siamo nel 1899, ad un anno dalla scadenza del privilegio

    trentennale accordato dalla Santa Sede alleditore tedesco Pustet.Respighi dimostr:

    1 che la correzione del Graduale romanum, intrapresa da Palestrina sotto Gregorio XIII,fu abbandonata per ordine dello stesso papa;

    2 non esiste alcuna prova che il manoscritto, a quello stato di interruzione, sia mai statoportato alla stamperia dei Medici e quindi non provata lidentit del manoscritto

    palestriniano con ledizione medicea.

    Queste argomentazioni frantumarono le ultime resistenze dello schieramento ratisbonense. Ilprivilegio a Pustet fu revocato e papa Leone XIII scrisse il 17 maggio 1901 il Breve di elogio aimonaci di Solesmes Nos quidem, considerata la Magna Charta della restaurazione gregoriana.

    In esso, dopo aver lodato la cura e lintelligenza con le quali i monaci di Solesmes avevano

    riportato alla luce il vero canto gregoriano, il Papa afferma che per spiegare il senso delle paroleche le melodie gregoriane sono state composte con una abilit e un gusto perfetti: esse hanno ilpotere, dolce e grave ad un tempo, di insinuarsi facilmente nellanimo degli uditori movendoli alla

    piet e a pensieri salutari. Questa frase ha un sapore profetico particolare, soprattutto quandodice che le melodie gregoriane sono state composte per spiegare il senso delle parole.

    proprio la direzione verso cui si stanno orientando gli studi recenti sul canto gregoriano, inparticolare sul signicato retorico della notazione sangallese, studi avviati da Godehard Joppich econtinuati da Massimo Lattanzi e inne da Fulvio Rampi in ordine alle ultime sorprendenti riessionisul fenomeno della liquescenza.

    Questo breve documento ponticio chiuse unepoca di lotte affannose alla ricerca di una giustavia nella restaurazione del canto sacro e prepar il terreno per restituire alla Chiesa il suo cantoproprio nella sua integrit, afdando a Solesmes lallestimento delle nuove edizioni ufciali.

    Continua a settebre

    31

    A quanti con appassionata dedizione cercano nuove epifaniedella bellezza per farne dono al mondo nella creazione artistica.

    Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona(Gn1, 31).

    Lartista, immagine di Dio Creatore

    1. Nessuno meglio di voi artisti, geniali costruttori di bellezza, pu intuire qualcosa delpathos

    con cui Dio, allalba della creazione, guard allopera delle sue mani. Una vibrazione di quelsentimento si innite volte riessa negli sguardi con cui voi, come gli artisti di ogni tempo, avvintidallo stupore per il potere arcano dei suoni e delle parole, dei colori e delle forme, avete ammirato

    lopera del vostro estro, avvertendovi quasi leco di quel mistero della creazione a cui Dio, solo

    creatore di tutte le cose, ha voluto in qualche modo associarvi.Per questo mi sembrato non ci fossero parole pi appropriate di quelle della Genesiper iniziare

    questa mia Lettera a voi, ai quali mi sento legato da esperienze che risalgono molto indietro neltempo ed hanno segnato indelebilmente la mia vita. Con questo scritto intendo mettermi sullastrada di quel fecondo colloquio della Chiesa con gli artisti che in duemila anni di storia non si mai interrotto, e si prospetta ancora ricco di futuro alle soglie del terzo millennio.

    In realt, si tratta di un dialogo non dettato solamente da circostanze storiche o da motivifunzionali, ma radicato nellessenza stessa sia dellesperienza religiosa che della creazioneartistica. La pagina iniziale della Bibbia ci presenta Dio quasi come il modello esemplare di ogni

    LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II AGLI ARTISTI5.

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    persona che produce unopera: nelluomo artece si rispecchia la sua immagine di Creatore.Questa relazione evocata con particolare evidenza nella lingua polacca, grazie alla vicinanzalessicale fra le parole stwrca (creatore) e twrca (artece).

    Qual la differenza tra creatore ed artece? Chi crea dona lessere stesso, trae qualcosa dalnulla ex nihilo sui et subiecti, si usa dire in latino e questo, in senso stretto, modo di procedereproprio soltanto dellOnnipotente. Lartece, invece, utilizza qualcosa di gi esistente, a cui d formae signicato. Questo modo di agire peculiare delluomo in quanto immagine di Dio. Dopo averdetto, infatti, che Dio cre luomo e la donna a sua immagine (cfr Gn1, 27), la Bibbia aggiungeche afd loro il compito di dominare la terra (cfr Gn1, 28). Fu lultimo giorno della creazione (cfrGn1, 28-31). Nei giorni precedenti, quasi scandendo il ritmo dellevoluzione cosmica, Jahv avevacreato luniverso. Al termine cre luomo, il fruttopi nobile del suo progetto, al quale sottomiseil mondo visibile, come immenso campo in cuiesprimere la sua capacit inventiva.

    Dio ha, dunque, chiamato allesistenza luomotrasmettendogli il compito di essere artece.

    Nella creazione artistica luomo si rivela piche mai immagine di Dio, e realizza questocompito prima di tutto plasmando la stupendamateria della propria umanit e poi ancheesercitando un dominio creativo sulluniversoche lo circonda. LArtista divino, con amorevolecondiscendenza, trasmette una scintilla dellasua trascendente sapienza allartista umano,chiamandolo a condividere la sua potenzacreatrice. E ovviamente una partecipazione, chelascia intatta linnita distanza tra il Creatore e lacreatura, come sottolineava il Cardinale NicolCusano:

    Larte creativa, che lanima ha la fortunadi ospitare, non sidentica con quellarte

    per essenza che Dio, ma di essa soltanto una comunicazione ed una

    partecipazione.(1)

    Per questo lartista, quanto pi consapevole del

    suo dono, tanto pi spinto guardare a se stessoe allintero creato con occhi capaci di contemplare eringraziare, elevando a Dio il suo inno di lode. Solo

    cos egli pu comprendere a fondo se stesso, lapropria vocazione e la propria missione.

    La speciale vocazione dellartista

    2. Non tutti sono chiamati ad essere artisti nel senso specico del termine. Secondo lespressionedella Genesi, tuttavia, ad ogni uomo afdato il compito di essere artece della propria vita: in uncerto senso, egli deve farne unopera darte, un capolavoro.

    E importante cogliere la distinzione, ma anche la connessione, tra questi due versantidellattivit umana. La distinzione evidente. Una cosa, infatti, la disposizione grazie alla qualelessere umano lautore dei propri atti ed responsabile del loro valore morale, altra cosa la

    disposizione per cui egli artista, sa agire cio secondo le esigenze dellarte, accogliendone con

    fedelt gli specici dettami.(2)Per questo lartista capace di produrre oggetti, ma ci, di per s,non dice ancora nulla delle sue disposizioni morali. Qui, infatti, non si tratta di plasmare se stesso,

    di formare la propria personalit, ma soltanto di mettere a frutto capacit operative, dando forma

    estetica alle idee concepite con la mente.

    Ma se la distinzione fondamentale, non meno importante la connessione tra queste due

    disposizioni, la morale e lartistica. Esse si condizionano reciprocamente in modo profondo. Nel

    modellare unopera, lartista esprime di fatto se stesso a tal punto che la sua produzione costituisceun riesso singolare del suo essere, di ci che egli e di come lo . Ci trova innumerevoli confermenella storia dellumanit. Lartista, infatti, quando plasma un capolavoro, non soltanto chiama in

    vita la sua opera, ma per mezzo di essa, in un

    certo modo, svela anche la propria personalit.Nellarte egli trova una dimensione nuova e uno

    straordinario canale despressione per la sua

    crescita spirituale. Attraverso le opere realizzate,

    lartista parla e comunica con gli altri. La storiadellarte, perci, non soltanto storia di opere,ma anche di uomini. Le opere darte parlano deiloro autori, introducono alla conoscenza del loro

    intimo e rivelano loriginale contributo da essiofferto alla storia della cultura.

    La vocazione artistica a servizio della

    bellezza

    3. Scrive un noto poeta polacco, Cyprian

    Norwid:

    La bellezza per entusiasmare al lavoro, illavoro per risorgere.(3)

    Il tema della bellezza qualicante per undiscorso sullarte. Esso si gi affacciato,

    quando ho sottolineato lo sguardo compiaciutodi Dio di fronte alla creazione. Nel rilevare chequanto aveva creato era cosa buona, Dio videanche che era cosa bella.(4)Il rapporto tra buono

    e bello suscita r iessioni stimolanti. La bellezza in un certo senso lespressione visibile delbene, come il bene la condizione metasicadella bellezza. Lo avevano ben capito i Greciche, fondendo insieme i due concetti, coniarono

    una locuzione che li abbraccia entrambi:

    kalokagatha, ossia bellezza-bont. Platone scrive al riguardo: La potenza del Bene si rifugiata nella natura del Bello.(5)

    E vivendo ed operando che luomo stabilisce il proprio rapporto con lessere, con la verit e conil bene. Lartista vive una peculiare relazione con la bellezza. In un senso molto vero si pu direche la bellezza la vocazione a lui rivolta dal Creatore col dono del talento artistico. E, certo,

  • 7/23/2019 Notiziario - Giugno - Luglio - Agosto

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    AREA LITURGICO - MUSICALE AREA LITURGICO - MUSICALE

    SULLE

    NOTED

    ELLOS

    PIRITO

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    anche questo un talento da far fruttare, nella logica della parabola evangelica dei talenti (cfr Mt25, 1430). Tocchiamo qui un punto essenziale. Chi avverte in s questa sorta di scintilla divina che la vocazione artistica di poeta, di scrittore, di pittore, di scultore, di architetto, di musicista, diattore... avverte al tempo stesso lobbligo di non sprecare questo talento, ma di svilupparlo, permetterlo a servizio del prossimo e di tutta lumanit.

    Lartista ed il bene comune

    4. La societ, in effetti, ha bisogno di artisti, come ha bisogno di scienziati, di tecnici, di lavoratori,di professionisti, di testimoni della fede, di maestri, di padri e di madri, che garantiscano la crescitadella persona e lo sviluppo della comunit attraverso quellaltissima forma di arte che larteeducativa. Nel vasto panorama culturale di ogni nazione, gli artisti hanno il loro specico posto.Proprio mentre