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1 NOTIZIARIO DELL’ORDINE DEI In questo numero È la fine della brevettazione delle cellule staminali in Europa? Opposizione in Italia primi dati e considerazioni Equivalenza brevettuale: qualche riflessione con sguardo oltre confine DISCLAIMERS Una nuova risposta dall’UEB (sarà l’ultima?) Consulenti in Proprietà Industriale Anno XXVI - N. 2 - Novembre 2011 Pubblicazione trimestrale - Spediz. in abb. post. - 70% - Filiale di Milano Via Napo Torriani, 29: informazioni ed alcune riflessioni 1. Con la fine del mese di ottobre 2011, l’Ordine lascia la sede di via Donizetti per trasferirsi nella nuova sede di via Napo Torriani. L’esigenza di disporre di una nuova sede era già stata avver- tita dal precedente Consiglio: chiunque sia stato nella sede di via Donizetti sa che, varcata la porta, ci si trovava in un locale di ingresso occupato dalla signora Aurora Zacchetti, da cui si poteva accedere ad un altro ufficio, occupato dal dottor Cotti, con una stanza destinata alle sedute del consi- glio. Per ospitare un numero maggiore di persone (ad esempio per ospitare i lavori della commissione degli esami di ammissione all’Ordine) risultava spesso necessario farsi ospitare presso lo studio di un collega, oppure affittare un locale, con i relativi oneri. Il tutto con possibilità di crescita (ad esempio con l’acquisizione di nuovo personale di segreteria) praticamente nulle e l’im- possibilità di ricevere delegazioni di organismi esteri ed internazionali dando una certa immagine del nostro Ordine. 2. La ricerca di una nuova sede è andata avanti alcuni mesi, ed ancora una volta dobbiamo essere riconoscenti alla segreteria, in particolare al dottor Cotti, che si è fatto carico in via principale di quest’attività. Grazie ad una segnala- zione di Marina Mauro (ad anche a lei va il nostro ringraziamento) si è infine individuata la disponibilità dei locali di Luciano Bosotti Cari Colleghi, con questo numero 2/2011 termina la pubblica- zione in formato cartaceo del Notiziario, nel con- sueto formato di presentazione che lo ha caratte- rizzato fin dalle prime edizioni. Dal prossimo anno 2012 il Notiziario dell’Ordine dei Consu- lenti in Proprietà Industriale sarà pubblicato uni- camente on-line sul sito dell’Ordine; gli iscritti saranno informati via e-mail dalla Segreteria del- l’Ordine riguardo alla sua pubblicazione sul sito cosicché ciascuno potrà scaricare il relativo file e archiviarlo come riterrà più opportuno. Il Consiglio dell’Ordine, d’accordo col CdR, ha rite- nuto opportuno prendere questa decisione per evi- denti ragioni di praticità, di rapidità nella comu- nicazione ed anche di economia di tempi e costi nella redazione e pubblicazione del Notiziario. Il prossimo Notiziario 1/2012 si presenterà con una veste grafica conforme alla nuova immagine che caratterizza da quest’anno il sito dell’Ordine. Colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro che con grande senso di appartenenza al nostro Ordine e con grande disponibilità personale, ancorché non iscritti al nostro Ordine, hanno contribuito, con- tribuiscono e - mi auguro - vorranno continuare a collaborare col CdR per l’informazione diffusa tra- mite il Nostro Notiziario. Un ringraziamento particolare è rivolto dal CdR alla Dott.ssa Elisa Franchina che lascia il suo incarico di segretaria del CdR per sopravvenuti impegni personali. Ad Elisa subentra la dott.ssa Monika Jochymek, assistente del nostro Presi- dente, Ing. Luciano Bosotti, cui va il ringrazia- mento del CdR per la disponibilità offerta. Un caro saluto a tutti. Paolo Pederzini via Napo Torriani che, sin dall’inizio, sono parsi offrire almeno tre vantaggi: - facile accessibilità, anche per chi viene da fuori Milano: la nuova sede si affac- cia sul piazzale della Stazione Centrale ed è raggiungibile direttamente dalla stazione tramite i sottopassaggi; - l’immobile, anni ’60, è apparso in buone condizioni di manutenzione, tali da non richiedere interventi di ripri- stino ingenti; si tratta di un immobile di buon livello e la collocazione al settimo piano, con una vista panoramica sulla città, rende la frequentazione e la per- manenza nei nuovi uffici decisamente gradevoli; - la congiuntura economica permetteva la locazione ad un canone di affitto veri- ficato essere decisamente più basso di quello di mercato nella stessa zona, con la conseguente possibilità di assorbire negli anni i costi del trasferimento e della ristrutturazione; la proprietà è di un privato sottoposto a tutela per motivi di salute, fatto che ha condotto ad un negoziato con un avvocato fun- gente da tutore, con margini di movi- mento di necessità contenuti. 3. Così come si può vedere dal rendering riprodotto qui di seguito (che a dire il vero non riflette appieno le scelte finali in termini di arredamento). La nuova sede dispone di:

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Novembre 2011 Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale 1Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale 1NOTIZIARIO DELL’ORDINE DEI

In questo numero

È la fine della brevettazione delle cellule staminali in Europa?

Opposizione in Italia primi dati e considerazioni

Equivalenza brevettuale: qualche riflessione con sguardo oltre confine

DISCLAIMERS Una nuova risposta dall’UEB (sarà l’ultima?)

Consulenti in Proprietà IndustrialeAnno XXVI - N. 2 - Novembre 2011 Pubblicazione trimestrale - Spediz. in abb. post. - 70% - Filiale di Milano

Via Napo Torriani, 29: informazioni ed alcune riflessioni

1. Con la fine del mese di ottobre 2011,l’Ordine lascia la sede di via Donizettiper trasferirsi nella nuova sede di viaNapo Torriani. L’esigenza di disporredi una nuova sede era già stata avver-tita dal precedente Consiglio: chiunquesia stato nella sede di via Donizetti sache, varcata la porta, ci si trovava in unlocale di ingresso occupato dallasignora Aurora Zacchetti, da cui sipoteva accedere ad un altro ufficio,occupato dal dottor Cotti, con unastanza destinata alle sedute del consi-glio. Per ospitare un numero maggioredi persone (ad esempio per ospitare ilavori della commissione degli esamidi ammissione all’Ordine) risultavaspesso necessario farsi ospitare pressolo studio di un collega, oppure affittareun locale, con i relativi oneri. Il tuttocon possibilità di crescita (ad esempiocon l’acquisizione di nuovo personaledi segreteria) praticamente nulle e l’im-possibilità di ricevere delegazioni diorganismi esteri ed internazionalidando una certa immagine del nostroOrdine.2. La ricerca di una nuova sede è andataavanti alcuni mesi, ed ancora una voltadobbiamo essere riconoscenti allasegreteria, in particolare al dottor Cotti,che si è fatto carico in via principale diquest’attività. Grazie ad una segnala-zione di Marina Mauro (ad anche a leiva il nostro ringraziamento) si è infineindividuata la disponibilità dei locali di

Luciano Bosotti Cari Colleghi,con questo numero 2/2011 termina la pubblica-zione in formato cartaceo del Notiziario, nel con-sueto formato di presentazione che lo ha caratte-rizzato fin dalle prime edizioni. Dal prossimoanno 2012 il Notiziario dell’Ordine dei Consu-lenti in Proprietà Industriale sarà pubblicato uni-camente on-line sul sito dell’Ordine; gli iscrittisaranno informati via e-mail dalla Segreteria del-l’Ordine riguardo alla sua pubblicazione sul sitocosicché ciascuno potrà scaricare il relativo file earchiviarlo come riterrà più opportuno.Il Consiglio dell’Ordine, d’accordo col CdR, ha rite-nuto opportuno prendere questa decisione per evi-denti ragioni di praticità, di rapidità nella comu-nicazione ed anche di economia di tempi e costinella redazione e pubblicazione del Notiziario. Ilprossimo Notiziario 1/2012 si presenterà con unaveste grafica conforme alla nuova immagine checaratterizza da quest’anno il sito dell’Ordine.Colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro checon grande senso di appartenenza al nostro Ordinee con grande disponibilità personale, ancorché noniscritti al nostro Ordine, hanno contribuito, con-tribuiscono e - mi auguro - vorranno continuare acollaborare col CdR per l’informazione diffusa tra-mite il Nostro Notiziario.Un ringraziamento particolare è rivolto dal CdRalla Dott.ssa Elisa Franchina che lascia il suoincarico di segretaria del CdR per sopravvenutiimpegni personali. Ad Elisa subentra la dott.ssaMonika Jochymek, assistente del nostro Presi-dente, Ing. Luciano Bosotti, cui va il ringrazia-mento del CdR per la disponibilità offerta.Un caro saluto a tutti.

Paolo Pederzini

via Napo Torriani che, sin dall’inizio,sono parsi offrire almeno tre vantaggi:- facile accessibilità, anche per chi vieneda fuori Milano: la nuova sede si affac-cia sul piazzale della Stazione Centraleed è raggiungibile direttamente dallastazione tramite i sottopassaggi;- l’immobile, anni ’60, è apparso inbuone condizioni di manutenzione, talida non richiedere interventi di ripri-stino ingenti; si tratta di un immobile dibuon livello e la collocazione al settimopiano, con una vista panoramica sullacittà, rende la frequentazione e la per-manenza nei nuovi uffici decisamentegradevoli;- la congiuntura economica permettevala locazione ad un canone di affitto veri-ficato essere decisamente più basso diquello di mercato nella stessa zona, conla conseguente possibilità di assorbirenegli anni i costi del trasferimento edella ristrutturazione; la proprietà è diun privato sottoposto a tutela permotivi di salute, fatto che ha condottoad un negoziato con un avvocato fun-gente da tutore, con margini di movi-mento di necessità contenuti.3. Così come si può vedere dal renderingriprodotto qui di seguito (che a dire ilvero non riflette appieno le scelte finaliin termini di arredamento).La nuova sede dispone di:

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- un primo locale di segreteria, occupatodal Dottor Zanella, - un secondo locale di segreteria, occu-pato dalla Signora Aurora Zacchetti everosimilmente destinato ad ospitare infuturo anche una nuova persona dellasegreteria, - un locale di archivio, utilizzabile anchecome ufficio temporaneo,- un locale server, e - una sala riunioni in grado di ospitare,oltre alle sedute del Consiglio, incontricon una partecipazione di circa 40 per-sone.4. Oltre ai normali lavori di pulizia eritinteggiatura, i lavori intrapresi hannocomportato:- la sostituzione degli idrosanitari deidue servizi (la proposta iniziale di rin-novare completamente questi locali èstata abbandonata in quanto i relativioneri non sono parsi giustificati daun’effettiva necessità),- l’installazione di un impianto di con-dizionamento (scelta praticamenteobbligata in quanto, veduta l’esposi-zione e l’ampia vetratura, l’effetto serraè molto marcato, non solo nel pieno del-l’estate), e - gli incombenti legati all’insediamentodi un’attività con accesso di pubblico(misure di sicurezza varie, installazione

di barre anticaduta nelle aperturevetrate da cielo a terra, ecc.).Il previsto trasferimento ha poi fattoemergere come non più rinviabile l’in-stallazione di attrezzature di comuni-cazione ed informatiche aggiornate (leattrezzature di via Donizetti eranoormai piuttosto vecchie e soggette acontinui malfunzionamenti, tali daobbligare la segreteria a distogliere difrequente l’impegno dal lavoro persvolgere interventi di ripristino) epotenziate (attività come, ad esempio,la gestione del nuovo sito e la previstagestione dell’albo dei tirocinanti richie-dono di disporre di un’infrastrutturainformatica in grado di detenere i datiin modo sicuro). Questo ha fatto sì glioneri da affrontare si siano dimostratipiù elevati di quanto originariamenteatteso, il che ci ha portato ad attingerein misura maggiore di quanto preven-tivato al “salvadanaio” delle riserve dibilancio.Un resoconto consuntivo dettagliatosarà fornito in occasione della prossimaassemblea annuale.6. Nel seguire con i Colleghi del Consi-glio il trasferimento della sede, l’istin-tiva ritrosia alle spese dettata dalla miamentalità subalpina mi ha portato piùvolte a pormi due domande di fondo.

Si poteva spendere di meno?Ne valeva davvero la pena?La risposta alla prima domanda è sì.Questo non tanto perché le singole vocidi spesa si sarebbero forse potute ulte-riormente limare (riteniamo di essercimossi in modo oculato, evitando nelcontempo di fare economie troppomiopi), quanto piuttosto perché l’espe-rienza del trasferimento della sede sug-gerisce una riflessione applicabile atutte le attività che vorremo intrapren-dere in futuro. La riflessione è questa.Per seguire qualunque lavoro, come adesempio il trasferimento di sede, civuole disponibilità di tempo: si devonoeffettuare sopralluoghi, chiedereofferte, negoziarle, decidere che cosafare, seguire i lavori, ecc.: alcuni deiconsiglieri (e, senza far torto ad alcuno,vorrei menzionare soprattutto AntonioRobbiani) hanno dedicato giorni interia queste attività. Resta il fatto che tuttinoi svolgiamo un’attività professionale,anche piuttosto intensa e, come si suoldire, la giornata ha solo 24 ore, per cuiavremmo dovuto necessariamentepagare qualcuno per svolgere capillar-mente un’attività di ricerca e controllodi più offerte, per valutare di volta involta il rapporto costi/benefici, ecc.. edalla fine la spesa per un tale interventoed i tempi in ogni caso richiesti perprendere le decisioni del caso avreb-bero di fatto annullato ogni possibileeffettivo risparmio complessivo rispettoal lavoro svolto dai volontari del Con-siglio. Di conseguenza, per qualunqueattività vorremo intraprendere in futuro(ad esempio nel settore della forma-zione), dovremo pensare di poter con-tare sul coinvolgimento di un numerodi iscritti disponibili ad offrire le lorocapacità ed il loro tempo per seguirequeste iniziative: la buona volontà dei10 consiglieri non è sufficiente. 7. Alla seconda domanda, ossia se nevalesse davvero la pena, sarei portato adare una risposta positiva, ma non defi-nitiva ossia: “Dipende; e in particolaredipende da noi“. Senza anticipare temiforse più adatti ad essere discussi nellaprossima assemblea annuale (che si vor-rebbe poter dedicare al tema generale delfuturo della nostra professione), mi pareche professioni come la nostra si trovinooggi di fronte a due dati di fondo:- un generale attacco al mondo delleprofessioni,- il ristagno (per usare forse un eufemi-smo) delle attività di impresa a livello

Novembre 20112 Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale

Planimetria con effetto luminoso apparecchi scelti e distribuzione interna arredi.

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nazionale, cui fa riscontro la crescitaimpetuosa delle nuove economie(soprattutto quella cinese e non soloquella), anche nel settore della proprietàindustriale.8. Il primo fattore si nutre:- da un lato, di motivazioni oggettive (èfuori di dubbio alcune professioni - nonla nostra - hanno ordinamenti ormai inlarga misura anacronistici; ma forse sitratta di anacronismi superabili, evi-tando, così come si dice, di buttare via ilbambino con l’acqua sporca), e - dall’altro lato, di una vena (di populi-smo, così come qualcuno l’ha voluta chia-mare, mi pare in modo centrato) ormaiimperante da decenni: è la tendenza cheporta l’uomo della strada - pensiamo atante trasmissioni televisive - a conside-rarsi depositario non solo della capacitàdi guidare la nazionale di calcio, madella capacità di fare in pratica qualun-que cosa. Questo senza considerazionee rispetto alcuno per chi, a cercare diimparare come si fa una determinataattività, ha dedicato e dedica buonaparte della sua vita: sicché chiunqueafferma di saper fare una cosa (soprat-tutto se a basso prezzo, e magari in nero)è subito riconosciuto come un grandeesperto in materia. Ancora, come pro-fessione protetta, la nostra professionenon può contare su un grande numerodi iscritti: siamo poco più di un migliaioe svolgiamo una professione pratica-mente sconosciuta. Non abbiamo quindiun peso elettoralistico rilevante, né lapossibilità di condizionare in modoimmediatamente percepibile alcuna atti-vità vitale del Paese. Dunque, anche severosimilmente non si andrà alla sop-pressione degli ordini professionali (lepiù recenti iniziative legislative alriguardo sembrano molto più ragione-voli di quelle che avevano trovato largaeco sui mezzi di comunicazione nei mesiscorsi), il nostro futuro è inevitabilmentelegato al fatto di passare dall’essere unaprofessione protetta all’essere una pro-fessione rispettata, in grado di fornire ser-vizi non forniti da altri.9. La via per cercare di perseguire que-sto scopo non può che essere una: quelladella qualificazione professionale a tuttii livelli, dalla formazione iniziale in vistadell’ammissione all’Ordine, ai livelli suc-cessivi di svolgimento della professione,in particolare per quanto riguarda il con-tinuo aggiornamento degli iscritti inmerito a qualunque aspetto inerente allosvolgimento della nostra attività profes-

sionale. Questo vale anche in relazionealla concorrenza che molti Colleghi sitrovano a patire, spesso in condizionimolto subdole ed in situazioni nellequali non è possibile invocare i mecca-nismi di protezione esistenti (e che vero-similmente saranno attenuati in futuro).Il vantaggio competitivo che dovremodare sempre di più al nostro iscritto èdunque quello di disporre - nel modoquanto più rapido e completo possibile- di informazioni e di strumenti dilavoro che gli altri non possono avere. 10. Questa considerazione si collega alsecondo aspetto richiamato sopra.Solo per fare un esempio: nel 2010 sonostati depositati in Cina più di 1 milionedi brevetti (di invenzione ed assimila-bili), con un fattore di crescita annualepari a circa il 25% annuo. Questa ten-denza pare destinata a continuarenonostante la congiuntura economicasfavorevole, che sinora ha toccato mar-ginalmente l’economia cinese e altreeconomie in crescita. È ragionevolepensare che un numero così elevato didepositi, in massima parte di soggetticinesi, troverà in breve tempo riscontroin un corrispondente numero didomande di protezione in ambito euro-peo: all’ultima riunione del SACEPO, ilPresidente dell’UEB, Battistelli, ha indi-cato di attendersi che nel giro di pochianni che il numero delle domande dibrevetto europeo raggiunga 500.000unità, con la Cina che diventa il primodepositante in assoluto. Forse oggi idiscorsi nazionalistici non sono piùtanto di moda. Però chiediamoci:vogliamo proprio che tutta questamassa ingente di lavoro - ho fattol’esempio dei brevetti e della Cina, maci sono anche i marchi e le altre econo-mie crescenti - sia appannaggio deinostri colleghi stranieri? Non possiamofare noi anche la nostra parte? Io pensodi sì: possiamo fare la nostra parte,senza accontentarci solo delle briciole esenza doverci limitare a subire levicende che portano di frequenteimprese nazionali ad essere assorbiteda soggetti stranieri, per cui il lavoro sene va all’estero. L’esperienza di moltidi noi indica che molto spesso i soggettistranieri, quando hanno modo di cono-scere come lavoriamo, si dimostrano(favorevolmente) stupiti. Ti trovi l’esa-minatore o il membro del Board ofAppeal che ti chiede alla fine diun’udienza: “Ah, ma lei è italiano?“ (cheè un po’ un complimento alla menta

glaciale). Poi c’é il passaparola favore-vole (che nel nostro settore è il migliorstrumento promozionale), di coloro chedicono: “Ma ‘sti italiani non sono nientemale, come lavorano; e hanno anche dei costiinferiori rispetto agli altri“. Ci sono anzicasi in cui l’acquisizione di un clientenazionale da parte di un soggetto stra-niero porta non solo a non perdere illavoro per il cliente nazionale, ma adacquisire anche lavoro nuovo da partedi chi lo ha acquisito.11. Per poterci muovere in questa dire-zione dobbiamo farci conoscere in Italiae all’estero; per fare questo, non è suffi-ciente farsi conoscere solo come indivi-dui o come singoli studi professionali: èimportante farsi conoscere anche comesistema. Farci conoscere come sistemasignifica organizzare eventi di sistema, adesempio per poter ricevere come Ordine,ossia come organizzazione rappresenta-tiva di tutti gli iscritti, delegazioni diassociazioni o organizzazioni professio-nali e d’impresa che vogliano informarsie discutere sulle procedure di protezionee sui risultati ottenibili. Per fare questoabbiamo bisogno di una sede adeguata,che presenti in modo dignitoso il nostrosistema. Per poterci presentare, comesistema, in modo competitivo dobbiamodimostrare che, come sistema, curiamola nostra formazione ed informazione.Qui le possibilità sono davvero infinite.Solo per citare alcuni esempi, possiamoandare dai corsi di alfabetizzazione inmateria di IP a beneficio delle aziende edegli operatori oppure delle persone cheabbiamo appena reclutato nei nostristudi ed uffici (con una ottimizzazionein termini di costi e risorse, in quantouna sola persona può insegnare simul-taneamente a tante persone), all’orga-nizzazione di eventi formativi di cui almomento non disponiamo (dunque nonsolo dei mock trial - qualcosa è già statofatto a riguardo - ma anche alla simula-zione delle udienze orali in sede diopposizione e di appello di fronte all’Uf-ficio Europeo), potendosi eventualmenteadottare a livello nazionale la soluzionedi disseminazione del tipo “train the trai-ners”, così come adottata dall’UEB perl’EPC 2000. Queste iniziative (e tantealtre ci potranno venire in mente) pos-sono essere attuabili utilizzando lanuova sede.12. Che i quattrini dedicati ad attrezzarela nuova sede siano stati ben spesidipende dunque soprattutto da noi,dall’uso che sapremo farne.

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Novembre 20114 Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale

È la fine della brevettazione delle cellule staminali in Europa?

Il 18 ottobre 2011 la Corte di giusti-zia europea (Corte UE) ha emesso lasentenza sul caso Brüstle vs Green-peace (C-34/10) che riguarda la bre-vettabilità delle cellule staminali inEuropa. Alla Corte UE è stato chie-sto di pronunciarsi sull’interpreta-zione dell’Articolo 6(2)(c) dellaDirettiva 98/44/EC relativa alla pro-tezione giuridica delle invenzionibiotecnologiche in seguito al rinvioda parte del Tribunale federale tede-sco in materia di brevetti.L’Articolo 6(2)(c) della Direttiva98/44/EC recita:“2. Ai sensi del paragrafo 1, sono con-siderati non brevettabili in particolare:[…]c) le utilizzazioni di embrioni umani afini industriali o commerciali […]”Già il 25 novembre 2008 un’impor-tante decisione (G2/06) che riguardale stesse questioni era stata emessadall’Enlarged Board of Appeal(EBA), la corte suprema dell’ufficiobrevetti europeo (EPO). In particolare, la G2/06 riguardaval’interpretazione della Rule 28(c)della Convenzione sul BrevettoEuropeo (EPC), implementazionefedele nella stessa EPC dell’Articolo6(2)(c) della Direttiva 98/44/EC. Difatto, in occasione della G2/06, ilricorrente tentò il rinvio alla CorteUE, ma questo fu rifiutato poichél’EBA, non essendo un tribunale diuno stato membro dell’UE, non haalcun potere di rinvio alla Corte UE.Sebbene la sentenza C-34/10 non siavincolante per l’EPO, poiché nonrientra nella giurisdizione dellaCorte UE decidere a riguardo diquestioni contenute nell’EPC, sem-bra che, nella formulazione deirispettivi giudizi, che pure sonodistinti dal punto di vista giuridico,la Corte UE e l’EBA abbiano seguitola stessa linea di pensiero.Anzi, la Corte UE ha fornito ulterioriindicazioni su come interpretare sial’Articolo 6(2)(c) della Direttiva98/44/EC che la Rule 28(c) EPC.Le conclusioni raggiunte nellaG2/06 erano le seguenti.

1.La Rule 28(c) EPC - la qualeafferma che gli utilizzi di embrioniumani per scopi industriali e com-merciali non sono brevettabili - siapplica a tutte le domande di bre-vetto in corso d’esame, anchequelle depositate prima dell’en-trata in vigore di questa Rule.

2.La Rule 28(c) EPC vieta la brevet-tazione di prodotti che, alla datadi deposito, possono essere pre-parati esclusivamente medianteun metodo che implica necessa-riamente la distruzione degliembrioni umani da cui i prodottisono derivati, anche se il metodostesso non fa parte delle rivendi-cazioni.

3.La Rule 28(c) EPC vieta la brevet-tazione di prodotti derivati daembrioni umani anche se, dopo ladata di deposito, è sviluppato unmetodo che consente di otteneregli stessi prodotti senza necessa-riamente distruggere gli embrioni.

Nella G2/06, l’EBA aveva anchechiarito che, poiché al termine“embrione umano” non era statadata volontariamente una defini-zione precisa dal legislatore (né UE,né EPO), ciò significava che il ter-mine deve essere interpretato insenso lato, vale a dire un embrione aqualsiasi stadio di sviluppo. La Corte UE ha confermato questainterpretazione affermando che per“embrione umano” si intende qual-siasi ovulo umano fin dalla fecon-dazione e qualsiasi ovulo umanonon fecondato altrimenti ottenuto ein grado di iniziare il processo disviluppo di un essere umano. Curiosamente, per quanto riguardala questione se una cellula pluripo-tente ottenuta da una blastocistidebba essere trattata come unembrione umano, la Corte UE nonsi è invece pronunciata, sostenendoche spetta al giudice nazionaleaccertare, in considerazione deglisviluppi scientifici, se queste cellule

siano in grado di dare avvio al pro-cesso di sviluppo di un essereumano. È da sottolineare come questa posi-zione fornisca una definizione estre-mamente ampia di “embrioneumano” in quanto caratterizzatadall’avvio di un processo, nonnecessariamente dal suo completa-mento. Nella G2/06, era stato consideratoirrilevante che l’uso degli embrioniumani non fosse rivendicato ma solodescritto, poiché era stato enfatiz-zato che occorre tenere in conside-razione l’insegnamento delladomanda di brevetto nel suo com-plesso, pertanto anche la descri-zione. La Corte UE è andata oltre,sostenendo che l’oggetto di un’in-venzione non è brevettabile quandol’insegnamento tecnico oggetto delladomanda di brevetto richieda la pre-via distruzione degli embrioniumani anche se questo insegna-mento tecnico non è oggetto né delladescrizione né delle rivendicazioni.Nella G2/06, l’EBA aveva anchechiarito che la produzione di colturedi cellule staminali embrionaliumane di per sé rappresenta un usoa scopi industriali e commercialianche se la successiva applicazionedelle cellule è la ricerca e non lacommercializzazione. L’EBA avevaanche sottolineato che la decisionenon concerneva la brevettabilità ingenerale di invenzioni relative a cel-lule staminali umane e aveva quindichiarito che applicazioni terapeuti-che e diagnostiche alle cellule stessenon sono escluse dalla brevettabilità.Entrambe queste conclusioni sonoanalogamente confermate nella C-34/10.Se lo scopo con cui la Direttiva98/44/EC era stata promulgata eraquello di armonizzare le leggi nazio-nali degli Stati Membri in relazionealla brevettabilità delle invenzionibiotecnologiche, per le cellule sta-minali questo intento era in partefallito, poiché i diversi stati avevanoimplementato la Direttiva o in modo

Alessandra Bosia

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più restrittivo (come l’Italia) oppuresecondo un approccio più liberale(come il Regno Unito e i Paesi Bassi).Con la sentenza C-34/10 la Corte UEsembra fare uno sforzo per fornireun significato specifico ai termini icui confini erano stati lasciati inde-finiti sia nella Direttiva che nell’im-plementazione delle leggi nazionali.Tuttavia, l’interpretazione ampiadelle esclusioni dell’articolo 6(2)(c)della Direttiva fornita nella C-34/10conduce chiaramente a ulteriorilimitazioni alla brevettabilità dellecellule staminali.Con la conseguente minore libertàdei tribunali nazionali nell’interpre-tazione dei termini usati nella Diret-tiva e nei codici nazionali, e l’indi-cazione di una tendenza verso unalegislazione restrittiva da parte di uncorpo di giudizio sovranazionalecome l’ECJ, la brevettabilità dellecellule staminali è destinata a esserequindi ulteriormente limitata anchein paesi dove era stato seguito unorientamento più permissivo. Inquesto senso, bisogna ammettereche la sentenza C-34/10 ha total-mente ignorato il pluralismo delleposizioni morali presente in Europa.Occorrerà inoltre tempo prima dipoter valutare quali saranno leimplicazioni di questa sentenza sullaricerca. Certo è che gli ulteriori osta-coli posti alla brevettazione delle cel-lule staminali embrionali non invo-glieranno sicuramente scienziati efinanziatori a investire energie edenaro nella ricerca in questo settorein Europa.

Novembre 2011 Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale 5

Opposizione in Italiaprimi dati

e considerazioni

Scrivo quest’articolo in data 4 ottobre2011.Ad oggi sono stati pubblicati tre Bol-lettini contenenti le domande di mar-chio italiane.Nel primo bollettino erano contenute2.732 domande, nel secondo bollet-tino 2.764 per arrivare al record delterzo bollettino con 3.961 domande.Le domande pubblicate non sono insequenza temporale. Troveremoquindi nel bollettino n. 2 delledomande di marchio aventi dataanteriore ad alcune di quelle pubbli-cate nel bollettino n. 1. Sembra chevengano pubblicate le domande manmano che queste vengono “lavorate”dall’UIBM. È quindi naturale chequalche domanda rimanga indietronella “lavorazione” per le ragioni piùsvariate. Riteniamo che anche i pros-simi bollettini possano essere pubbli-cati con questa logica. Mi ha stupito non poco pensare cheal 4 ottobre 2011 erano state presen-tate all’UIBM solo 18 domande diopposizione. Si tratta di un numeroassolutamente ridicolo.Credo che gran parte delle opposi-zioni siano già pronte sul tavolo dinoi mandatari per poi essere presen-tate in massa all’ultimo giorno utile,ovvero tre mesi dopo la data di pub-blicazione del primo bollettino chericordiamo è dell’11 luglio. Quindi al10 di ottobre ci aspettiamo un piccodi opposizioni. Riteniamo che altripicchi potrebbero svilupparsi il 4novembre e il 15 dicembre.Le informazioni che ho raccoltofanno pensare che siano pochi gliStudi (compreso lo Scrivente) giàorganizzati per sorvegliare “l’interostock” dei depositi di marchio in loropossesso.Mi sono interrogato sulle cause diquesta situazione e mi sono confron-tato con i colleghi. Sostanzialmente esistono dei clienti

medio-grandi che già effettuano lasorveglianza sui propri marchi e chequindi “automaticamente” presente-ranno opposizione quando vi sarà ilcaso. Esiste una massa di clientimedio-piccoli che ha effettuato deidepositi di marchio, rivendicandoprevalentemente l’intera classe diprodotti o intere classi di prodotti adispetto di quanto realmente da lorocontraddistinto col segno. Tutti noisappiamo che la maggioranza deidepositi di marchio rivendica la classeper intero se destinato alla sola Italia.Questo almeno statisticamente comeè facile vedere dai bollettini.Immaginiamo che siano trascorsi cin-que anni dalla registrazione e di avereun marchio rivendicante tre classi diprodotti. Il marchio è utilizzato soloper alcuni dei prodotti rivendicati.Una gran parte dei prodotti rivendi-cati storicamente è vulnerabilerispetto ad un’azione di decadenzaparziale. Non sempre il cliente ècosciente di questa vulnerabilità.Sicuramente lo Studio di consulenzaavrà informato il cliente sulla deca-denza per non uso ma è difficile pen-sare che il cliente abbia memoria dellacosa. Presentando quindi un’opposi-zione sulla base di un “marchioanziano” il problema potrebbe porsi.Inoltre, sorvegliando lo “stock” dimarchi si dovrebbe consigliare un’op-posizione ad un cliente sulla base diuna lista di prodotti rivendicati stori-camente e senza sapere nove volte sudieci quali sono i prodotti effettiva-mente contraddistinti dal marchio almomento. In sede di opposizione ver-rebbe quindi “fuori immediata-mente” la problematica della deca-denza parziale che potrebbe portareal Consulente un certo imbarazzo.Pertanto esistono delle resistenze adattivare “marchi anziani” apparte-nenti a piccole imprese contro nuovedomande di registrazione.

Fabio Giambrocono

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Il suggerimento all’opposizione attivasembra avvenire solo quando i pro-dotti effettivamente contraddistintidal marchio sono immuni da possi-bili rappresaglie giudiziarie basatesulla decadenza parziale. Un “marchio nuovo” non è ancoravulnerabile rispetto alla decadenzaper non uso e quindi si può attivarein opposizione “a cuor leggero”. Saràattivabile senza problemi almeno peraltri cinque anni, visto che ora le con-cessioni seguono a brevissimo ildeposito del marchio. Si sta affer-mando, quindi, tra gli Studi di con-sulenza un nuovo “pacchetto” desti-nato ai clienti, formato da “depositopiù sorveglianza per un anno” aprezzi paragonabili a quelli del solodeposito del marchio. Crediamo chequesta sarà la formula con cui verràsviluppata l’opposizione in Italia. Daquel che ci è dato di sapere, gli esa-minatori delle opposizioni all’UIBMsono solo 18 (uno per ciascuna oppo-sizione sinora presentata…), tutti lau-reati in giurisprudenza, selezionatisu base volontaria all’interno delMinistero dello Sviluppo Economico.Nel mese di settembre questidovrebbe aver preso parte ad uncorso di sei ore giornaliere, assistitida esaminatori dell’UAMI di linguaitaliana ed hanno affrontato casi pra-tici di opposizione presentati da ita-liani all’UAMI stesso. Esaminiamoora l’iter dell’opposizione.Una domanda di opposizione deveessere dapprima protocollata, quindile viene attribuita una data certa edun numero di protocollo. Ladomanda viene poi passata alla Divi-sione II Affari Giuridici e Formativi.Da qui la notizia dell’opposizionedeve essere pubblicata sul bollettinose considerata ricevibile. Sul bollet-tino n. 2 del 5 agosto 2011 pagine1300-1-2 risulta pubblicata la primadomanda di opposizione.Questo ufficio provvede ad inviaredelle lettere alle parti per avviare lafase “conciliativa” della procedura.Riteniamo che a questo punto le partiavranno già tentato una bonaria com-posizione della controversia e quindipensiamo che il tentativo di concilia-zione sia solo un “rituale”. Le letteredi conciliazione da parte dell’UIBMpartiranno cinque mesi dopo la pub-blicazione del marchio sul bollettino.

Questa fase può durare mesi ed è unadelle maggiori incognite della proce-dura. Prevediamo che la fase “vera epropria” di assegnazione delle prati-che di opposizione agli esaminatoripartirà soltanto nei primi mesi del2012. Gli esaminatori opereranno dapostazioni “remote”, come giàavviene per gli esaminatori di marchiesterni all’UIBM. Questi ricevonotutta la documentazione in formatoelettronico e quindi non hanno biso-gno di carta. La movimentazionedelle domande di opposizione carta-cee potrebbe essere quindi un ele-mento che “rallenta” l’iter della pro-cedura in quanto è sicuramente piùagevole per l’UIBM “rigirare” una e-mail che movimentare della cartaverso delle postazioni esterne. Ci si chiede se le domande cartaceepresentate all’UIBM saranno sotto-poste da loro a scansione o si prov-vederà a movimentare la carta e ascansionarle in un secondo tempo. Come sapete la procedura prevede lapossibilità di utilizzare una “pec”ovvero una casella di posta elettro-nica certificata per notificareall’UIBM un’opposizione. Ognuno dinoi dovrebbe avere una “pec” perso-nale debitamente comunicata alnostro Ordine. Per gli Studi medio-grandi vi è unacerta resistenza ad utilizzare una“pec” di un dipendente mandatario.

Il rischio è che se l’UIBM collega la“pec” alla persona fisica un’eventualefuori uscita della persona dal-l’azienda possa portare problemi diun qualche tipo. Penso che la mag-gioranza degli Studi, tra cui quellodello Scrivente, si orienteranno nel-l’aprire una “pec” aziendale su cuiconvogliare le opposizioni redatte datutti i mandatari dello Studio. Comesapete anche l’UAMI ammette “l’as-sociazione di procuratori” e quindiquesto ci sembra il mezzo miglioreper interloquire anche con l’UIBM. La problematica della “rappresen-tanza multipla” dinnanzi all’UIBM èuna problematica molto sentita da noiConsulenti. Già nel deposito delledomande di marchio a fronte di unalettera d’incarico in cui si nominanomandatari multipli l’UIBM ci concedela possibilità di indicare nel formula-rio elettronico solo un nominativo.Noi tutti sappiamo che quello checonta è la nomina firmata dal clientee quindi la lettera d’incarico deve pre-valere sul modulo elettronico. Tutta-via il rischio è che sull’altare dell’in-formatizzazione si perda la nominacartacea e “di fatto” il nome del man-datario indicato sul formulario elet-tronico diventi la chiave per tutta laprocedura. La speranza è che almenoper le opposizioni non si ripeta lostesso errore quando si informatiz-zerà la procedura.

Novembre 20116 Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale

Equivalenza brevettuale:qualche riflessione consguardo oltre confine

PremessaQueste note non hanno nessuna pre-tesa di completezza e si limitano aproporre qualche spunto di rifles-sione. Come è ben noto il problemadell’equivalenza si pone sia quandosi valuta l’attività inventiva rispetto aun elemento di tecnica nota, siaquando si valuta la sussistenza di unacontraffazione. In entrambi i casi i cri-teri di valutazione sono sostanzial-

mente gli stessi, anche se il problemapuò presentare qualche aspetto par-ticolare nei giudizi di contraffazione(v. infra, parr. 5, 6).Poiché in Europa la normativa bre-vettuale è da tempo uniformata, èutile prendere in considerazione nonsolo la giurisprudenza italiana, maanche quella che si è formata in altripaesi dell’Unione nonché presso l’Uf-ficio Brevetti Europeo. Essa può

Sandro Hassan

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essere d’aiuto soprattutto riguardo aquestioni che in Italia non sono stateancora approfondite. Un certo inte-resse può rivestirlo anche la giuri-sprudenza statunitense, che pure haavuto occasione di analizzare l’argo-mento. Per la verità, nessuno dei cri-teri finora sviluppati per la valuta-zione dell’equivalenza sembra deltutto soddisfacente. Ciascuno di que-sti criteri, comunque, può almenocontribuire alla riflessione.Per ragioni di spazio è qui inevitabileridurre al minimo gli esempi pratici.Sarà naturalmente utile poter ripren-dere l’argomento in modo più esau-riente in seguito.

Criterio della tripla identità: terminigeneraliUn criterio sviluppato originaria-mente negli Stati Uniti, ma a cuispesso si fa ricorso anche in Europa, èquello della cosiddetta tripla identità.Si ritiene cioè che un prodotto o pro-cedimento sia equivalente a quellorivendicato se esso:a) risolve lo stesso problema tecnico;b) ottenendo lo stesso risultato;c) con mezzi sostanzialmente uguali,

ossia sostanzialmente nello stessomodo1.

Il punto a) è del tutto scontato, poi-ché per definizione non può essereequivalente ciò che non risolve lostesso problema. Abbastanza scontatoè anche il punto b), poiché equiva-lenza significa in sostanza identità dieffetto, e quindi appunto identità dirisultato2.Il nocciolo della questione sta invecenel punto c). Come infatti è espe-rienza comune, è quasi sempre opi-nabile se due mezzi siano “sostan-zialmente” uguali, ossia se il modo incui risolvono un problema sia“sostanzialmente” lo stesso. Per que-sto il criterio della tripla identità,anche se può fornire qualche spuntodi riflessione, in linea di massimanon costituisce un progresso logico,poiché la stessa indeterminatezzainsita nel concetto di equivalenzaviene traslata tale e quale sul concettodi “sostanzialmente”.Ciononostante questo criterio è diuso abbastanza comune nelle contro-versie brevettuali, talvolta in abbina-mento al criterio dell’ovvietà (v.infra, par. 5).

Criterio della tripla identità: orien-tamenti dell’Ufficio Brevetti Euro-peoAnche l’UBE mostra nella sostanza diseguire il criterio della tripla identità,pur non teorizzandolo in terminiespliciti.Infatti nella sua Case Law l’UBE precisache “due mezzi sono equivalenti se, nono-stante la diversità di forma realizzativa, a) svolgono la stessa funzione b) in relazione allo stesso risultato.c) I due mezzi svolgono la stessa funzionese condividono la stessa idea di base,cioè se applicano lo stesso principionello stesso modo”3 (lettere di riferi-mento aggiunte).

I punti a) e b) sono evidentemente glistessi riportati al precedente para-grafo. Anche il punto c), malgrado laformulazione non identica, è sostan-zialmente il medesimo. Questo puntoinfatti, riferendosi alla “stessa idea dibase” e all’applicazione dello “stessoprincipio nello stesso modo”, può signi-ficare unicamente identità sostan-ziale. Se infatti l’identità fosse asso-luta si avrebbe coincidenza letterale,quindi un problema di equivalenzanon si porrebbe neppure.L’UBE insiste particolarmente sulpunto b), sottolineando che, “per essereconsiderati equivalenti, i mezzi devonoconseguire un risultato dello stesso tipo equalità. Un mezzo non è equivalente se,in conseguenza della diversità della formarealizzativa, conduce a un risultato dellostesso tipo ma avente diversa qualità odiverso grado di efficacia”4.

Criterio del concetto inventivoLa comunanza di una medesima “ideadi base”, che come appena visto è unadelle condizioni previste dall’UBE,corrisponde a un criterio seguito inpassato dalla giurisprudenza tedesca,secondo cui l’equivalenza andrebbecomunque identificata nella condivi-sione di una stessa “idea inventiva gene-rale” (allgemeine Erfindungsgedanke).Attualmente, almeno in linea di prin-cipio, la giurisprudenza tedescaafferma che questo criterio nonsarebbe più valido (v. infra, par. 8).Nondimeno esso non solo rimaneteorizzato dall’UBE, ma viene spessoutilizzato anche dalla giurisprudenzaitaliana. Non è raro infatti trovaredecisioni che fanno riferimento alla“idea di soluzione”5, ossia al “nucleo

inventivo protetto”6, ossia all’“insegna-mento fondamentale”7.Anche questo criterio, evidentemente,è ben lungi dal poter costituire un’in-dicazione precisa. È sempre discuti-bile, infatti, se l’eliminazione o lamodifica di una caratteristica pre-sente in una rivendicazione allontanioppure no il prodotto contestato dalla“idea di soluzione”, comunque si vogliaesprimere questo concetto (“nucleoinventivo protetto”, “insegnamento fon-damentale” o altro).Ma, a prescindere dalla sua intrinsecaindeterminatezza, questo concettoporta con sé un ulteriore problema.Esso infatti, nell’ambito di una riven-dicazione, implica necessariamenteuna distinzione fra caratteristiche piùimportanti, e appartenenti dunquealla “idea di soluzione”, e caratteristi-che meno importanti, in quanto talinon influenti su tale idea, anche separimenti indicate nella rivendica-zione. Per esempio, secondo la primasentenza di appello relativa al notocaso Lisec/Forel, sarebbe lecito distin-guere “fra elementi marginali e nonmarginali” nell’ambito della rivendi-cazione stessa, anche se la sentenzaha poi concluso negando l’equiva-lenza, ritenendo che nessuna delledifferenze fosse “priva di impatto sulcomplessivo e protetto assetto tecnicodella macchina”8. E la seconda sen-tenza di appello emessa nello stessocaso, a seguito di un rinvio da partedella cassazione9, ha anch’essa con-fermato il principio. Specificamente,ha ribadito che ciò che conta è l’inci-denza non sull’intera rivendicazionebensì “su un aspetto essenziale”;peraltro la corte di appello, in questaseconda sentenza, è arrivata a unaconclusione opposta ed ha ricono-

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1Sul punto si veda per esempio STENVIK, Protectionfor equivalents under patent law, IIC 2001, 1, 1.2In caso di risultato migliorativo si può parlare didipendenza, che però è cosa diversa (v. infra, par. 6).In caso di risultato peggiorativo si parla talvolta dicontraffazione peggiorativa, che è anch’essa cosadiversa.3Case law of the Boards of Appeal of the European PatentOffice, ed. 2010, pag. 205.4Ibidem.5Trib. Milano, 15.9.1994, Giur. Ann. Dir. Ind., 1995, n.3253; Cass. 13.1.2004 n. 257, ivi 2004, n. 4626.6App. Milano, 9.10.2001, Giur. Ann. Dir. Ind., 2003, n.4491.7Trib. Parma 8.8.2007, Giur. Ann. Dir. Ind., 2009, n.5362.8App. Milano 11.7.2000, Riv. Dir. Ind. 2000, II, 455).9Cass. 13.1.2004 n. 257, ivi 2004, n. 4626.

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sciuto l’equivalenza10. Tuttavia unasimile distinzione “fra elementi margi-nali e non marginali”, quanto meno,richiede un’estrema cautela. Infatticiascuna rivendicazione dovrebberiportare nulla più e nulla meno chele caratteristiche essenziali dell’in-venzione11 ; il fatto che una caratteri-stica sia prevista in una rivendica-zione, pertanto, dovrebbe logica-mente deporre contro una sua pre-sunta marginalità.Appunto per questo, in una decisionetedesca, è stato osservato che “occor-rerebbe una motivazione particolarmenteapprofondita per spiegare perché, in uncaso specifico, non sia rilevante una carat-teristica il cui inserimento nella rivendi-cazione ne denota l’essenzialità, e comeciò sia compatibile con il principio dellacertezza giuridica”. E si tratterebbecomunque di un caso eccezionale12.

Criterio dell’ovvietàUn ulteriore criterio, che spesso siritrova anche nella giurisprudenza ita-liana, è quello dell’ovvietà della sosti-tuzione 13. Se cioè la diversità è il risul-tato di una modifica ovvia, allora sus-siste equivalenza. In tal caso, se sidiscute la validità di un brevettorispetto alla tecnica nota, esso è nulloper difetto di attività inventiva. Vice-versa, se l’oggetto della discussione èun prodotto o procedimento succes-sivo al brevetto di cui trattasi, alloratale prodotto o procedimento costi-tuisce contraffazione. Viceversa, se èil prodotto o procedimento a costi-tuire tecnica nota anteriore, il brevettoè nullo per difetto di attività inventiva. Numerose decisioni italiane hannofatto riferimento al concetto diovvietà, talvolta per integrare in ter-mini più o meno espliciti il criteriodella tripla identità. Si è affermato peresempio che:– la valutazione di equivalenza

“richiede la verifica dell’identità dellafunzione, dei modi e del risultato,nonché l’ evidenza della modifica-zione apportata alla soluzione oggettodel brevetto”14;

– analogamente, tale valutazioneimpone di “individuare se le diver-sità della realizzazione successiva com-portino o meno non solo il medesimoeffetto tecnico dell’invenzione riven-dicata, ma altresì risultino ovvie perla persona esperta del ramo”15, ossia

se la modifica possa “essere attuatasecondo la normale esperienza pro-gettuale di un tecnico”16;

– in altri termini, fra i parametri divalutazione rientra “la non ovvietàdelle sostituzioni, strutturali e/ofunzionali, apportate alla realizzazioneimputata di contraffazione … perchése alla diversa soluzione del problemagià risolto dall’invenzione… il pretesocontraffattore è giunto a mezzo disostituzioni che sono di tutta evi-denza per il tecnico medio… mancal’apporto di originalità alla nuovarealizzazione e la contraffazione nonpuò essere esclusa”17;

– per dirla in un altro modo ancora,“un’equivalenza che comporta con-traffazione necessariamente esclude lasussistenza dei requisiti di originalitàe novità”18, viceversa “in tanto deveescludersi l’equivalenza della nuovasoluzione, in quanto essa presentiappunto il carattere della novitàintrinseca”19 (secondo una termi-nologia ormai poco usata, pernovità intrinseca si deve intendereattività inventiva).

Peraltro il concetto di ovvietà puòaiutare solo fino ad un certo punto.Da un lato, se una modifica è ovvia, èabbastanza scontato che l’equivalenzasussiste. Dall’altro lato tuttavia, seuna modifica non è ovvia, è necessa-ria una distinzione.Se si tratta di confrontare una riven-dicazione con un prodotto anteriore(per esempio in un’opposizione bre-vettuale o in una causa di nullità),l’assenza di ovvietà significa che larivendicazione è inventiva e quindivalidamente brevettabile20. Viceversa,se il confronto riguarda un prodottosuccessivo, l’assenza di ovvietà nonesclude necessariamente la contraffa-zione, poiché il prodotto potrebbecostituire un miglioramento dipen-dente ai sensi dell’art. 68.2 CPI21.

Ovvietà e dipendenzaA proposito di ovvietà e dipendenza,emblematica è la decisione italianasul notissimo caso Epilady, dove ilconfronto verteva tra il brevetto euro-peo 101656, che rivendicava undispositivo depilatore basato su unamolla elicoidale, e un dispositivoRemington in cui la molla era sosti-tuita da un cilindretto in gomma confessure trasversali:

Molla elicoidale Epilady (EP 101656)

Asta in gomma Remington

Novembre 20118 Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale

10App. Milano 5.7.2006 n. 2480/06, ined. (impugnataa sua volta in cassazione, procedimento in corso).11Il principio è ben chiaro sia dalla normativa euro-pea sia da quella italiana. In particolare:- secondo la CBE, “le rivendicazioni definiscono l’oggettodella protezione richiesta” (art. 84); e l’UBE ha cura disottolineare che ciascuna rivendicazione indipendente“deve esplicitamente specificare tutte le caratteristicheessenziali necessarie per definire l’invenzione” (Guideli-nes, C-3, 4.5);- analogamente, secondo il CPI italiano, nelle riven-dicazioni deve essere “indicato specificamente ciò che siintende debba formare oggetto del brevetto” (art. 160.4); ilconcetto trova ulteriore conferma nel Regolamento,secondo cui le rivendicazioni “definiscono le caratteri-stiche specifiche dell’invenzione per le quali si chiede pro-tezione” (art. 22.4).12Corte suprema federale tedesca, 18.5.1999, Räum-schild, GRUR 1999, 11, 977.13Questo criterio, come alternativa parimenti validarispetto a quello della tripla identità, è stato propostoanche in una conferenza diplomatica tenuta all’Aianel 1991, in un progetto di trattato integrativo allaConvenzione di Parigi (art. 21.2.b). Il progetto, chenon ha mai avuto seguito, è disponibile presso l’OMPIcome Doc. SCP/4/3, datato 2.10.2000.14Trib. Milano 8.8.2007, Giur. Ann. Dir. Ind., 2007, n.5164.15App. Bologna 19.1.2006, Giur. Ann. Dir. Ind., 2007,n. 5079.16App. Milano 5.7.2006 n. 2480/06, ined.17Trib. Roma 9.2.2006, Giur. Ann. Dir. Ind., 2006, n.5003; idem Trib. Roma 13.4.2006, ivi, n. 5018; Cass.13.1.2004 n. 257, ivi 2004, n. 4626.18Cass. 5.9.1990 n. 9143, Giur. Ann. Dir. Ind. 1990, n.2477.19Cass. 13.1.2004 n. 257, Giur. Ann. Dir. Ind. 2004, n.4626.20Per un esempio in questo senso si veda Trib. Milano24.1.2004, Giur. Ann. Dir. Ind. 2004, n. 4710.21L’art. 68.2 si riferisce espressamente solo a miglio-ramenti che formino oggetto di brevetto; peraltro ladipendenza non implica necessariamente che ilmiglioramento sia brevettato.

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La Remington aveva negato l’equi-valenza sostenendo che la sua astain gomma, rispetto alla molla Epi-lady, presentava una serie di van-taggi per i quali aveva anche otte-nuto alcuni brevetti. Il tribunale ha sostanzialmente rico-nosciuto che il sistema Remingtonpresentava alcuni vantaggi. Nondi-meno ha ravvisato contraffazione,osservando che “l’analogia di fun-zionamento innegabilmente sussiste”.Peraltro ha ritenuto che “più che unequivalente tecnico si possa ravvi-sare un’invenzione dipendente. Seinvero le modalità di funzionamentoassumono e implicano l’insegnamentodel brevetto azionato, la differenza fra imateriali usati, con ogni più o meno evi-dente conseguenza in ordine alla con-formazione della parte operativa, allasua agevole sostituibilità, e al suo con-tatto con la cute …. suggerisce al tri-bunale di riportare alla previsione del-l’art. 5 l.i. la ragione dell’impossibilitàper Remington di attuare od utilizzareil proprio brevetto”22.Questo ragionamento in realtà nonsembra chiarissimo. Infatti la dipen-denza, sia in base all’art. 5 della vec-chia legge invenzioni, sia in baseall’art. 68.2 CPI che ha il medesimotenore, significa che esiste un miglio-ramento “la cui attuazione implichiquella di invenzioni protette da precedentibrevetti”. Ma in tanto può essere“implicata l’attuazione” di un’inven-zione protetta da brevetto, in quantovenga riprodotta la rivendicazionedel brevetto medesimo. Nel caso inesame una riproduzione letterale eraevidentemente da escludere, man-cando la molla elicoidale. Che vi fosseattuazione era quindi sostenibile soloravvisando una qualche forma diequivalenza.Evidentemente il tribunale, focaliz-zandosi sulla “analogia di funziona-mento”, ha in qualche modo ravvisatouna comunanza di “idea di soluzione”ossia di “nucleo inventivo” (v. supra,par. 4), comunanza che a suo giudi-zio non veniva intaccata dai miglio-ramenti Remington. Quindi, pur nonvolendo parlare di equivalenza nellaforma (“…. più che un equivalente tec-nico ….”), il tribunale sembra averlariscontrata nella sostanza.In modo opposto è stata invece decisauna controversia relativa ad un

metodo di produzione dell’eritropo-ietina, rivendicato nel brevetto euro-peo 148605 della Kirin Amgen. Lacontroparte Genetics negava che vifosse contraffazione anche per equi-valenti, osservando in particolare cheil suo metodo, oltre che diverso, eratutt’altro che ovvio rispetto a quellodella Kirin, come confermato dallaconcessione del suo successivo bre-vetto europeo (EP 411768), malgradol’opposizione della Kirin.Il tribunale ha anch’esso esclusol’equivalenza, ritenendo che neppurevi fosse spazio per “alcuna valuta-zione circa l’affermata natura di bre-vettazione dipendente, che anzi sem-bra smentita dal fatto che il procedimentodi cui al brevetto Genetics 411678 evi-denzia differenze strutturali rispetto aquanto coperto dal brevetto Kirin Amgen,e non pare configurare una mera inven-zione di perfezionamento”23.Interessante è anche un caso relativoal brevetto tedesco 2954134, in cui erarivendicata la pala di uno spartineve,comprendente uno strato di gomma oplastica racchiuso fra due placche diacciaio, e caratterizzata dal fatto chein tale strato erano inglobati grani dimateriale rigido (rif. 10). Il prodottoattaccato per contraffazione era unapala avente la stessa struttura, in cuiperò il materiale rigido inglobatonello strato di gomma era formato dabarre anziché da grani:

La corte di appello aveva riscontratocontraffazione, ritenendo che si trat-tasse di un miglioramento dipendente.La corte suprema ha invece cassato.

Pala DE 2954134

Essa ha confermato, in linea generale,che “una invenzione che è costruita sudi un’altra invenzione, ed è da questa resapossibile, può sfruttare l’insegnamento dibase pur essendo essa stessa brevettabile…. Tuttavia questa tutela nei confrontidelle modifiche sussiste solo nei limititracciati dall’ambito di protezione del bre-vetto …. In base all’idea dell’ulteriore svi-luppo inventivo non è giustificabile tra-scurare la caratteristica rivendicata, del-l’inglobamento di materiali rigidi informa di grani …. La corte di appello habasato il suo giudizio di dipendenzaessenzialmente sul fatto che, con l’inglo-bamento di parti rigide nel corpo ingomma o plastica di una pala verrebberealizzato l’insegnamento del brevetto incausa. Con questa considerazione haoltrepassato i limiti interpretativistabiliti dall’art. 14 della legge brevetti,in quanto ha sostituito la caratteristicadei grani in materiale rigido con il con-cetto generale dell’inglobamento di unmateriale rigido. Ciò costituisce astra-zione dalla rivendicazione nel senso diuna riconduzione a un’idea generale,che supera i limiti posti all’interpreta-zione ed è quindi brevettualmente inam-missibile”24.Su queste basi la corte suprema harinviato il caso in appello per unnuovo esame. Essa ha ordinato fral’altro di chiarire se “già il passaggio da

Pala in contestazione

Novembre 2011 Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale 9

22Trib. Milano 4.2.1992, Giur. Ann. Dir. Ind. 1992, n.2823.23Trib. Milano 19.5.1999, Giur. Ann. Dir. Ind. 1999, n.4003.24Evidenziature aggiunte.

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grani in materiale rigido all’impiego dicorrispondenti barre avesse richiesto unimpegno eccedente la capacità di ricono-scimento del tecnico medio”25.

Equivalenza e date di riferimentoNelle questioni di contraffazione sidiscute talvolta se l’equivalenzadebba essere valutata in riferimentoalla data di priorità del brevetto,oppure alla data dell’asserita contraf-fazione. Nonostante le opinioni con-trarie, la seconda soluzione sembrapreferibile. Infatti il principio di equi-valenza è basato anche sulla consta-tazione che è spesso impossibile, perun inventore, immaginare a prioritutte le modalità con cui la sua ideainventiva potrebbe essere attuata. Enon è raro che lo sviluppo della tec-nica, negli anni successivi, metta adisposizione qualche ulteriore mezzoche consente di attuare la stessainvenzione e che non era conoscibilealla data di priorità, anche se magaria posteriori risulta ovvio. Negarel’equivalenza in un caso del generesignificherebbe negare all’inventorela tutela proprio nei confronti di unaforma di utilizzo della sua inven-zione. In proposito la corte supremadegli Stati Uniti ha osservato che “Iltesto delle rivendicazioni brevettuali puònon cogliere tutte le sfumature del-l’invenzione o non descrivere il suoambito di novità con precisione completa.Se i brevetti fossero sempre interpretatialla lettera, il loro valore verrebbe gran-demente sminuito .... La dottrina degliequivalenti consente al titolare di riven-dicare quelle alterazioni non sostan-ziali che non erano state colte nellaformulazione della rivendicazioneoriginaria, ma che potrebbero essereeffettuate attraverso modifiche banali”26.Sulla stessa questione la House ofLords di Londra, ha ammesso,almeno in linea di principio, “che unarivendicazione, se correttamente inter-pretata, possa coprire prodotti o procedi-menti che coinvolgano l’uso di tecnologiasconosciuta al tempo in cui la rivendica-zione venne formulata. La questione è sel’esperto del ramo comprenderebbe ladescrizione in un modo che fosse suffi-cientemente generale da includere lanuova tecnologia. In linea di principionon c’è difficoltà ad interpretare deitermini generali in modo da includererealizzazioni che fossero sconosciute

al tempo in cui il documento vennescritto. Questo lo si fa spesso nell’inter-pretare la legislazione, per esempio inter-pretando ‘carro’, in una norma del 19°secolo, in modo da includere un autovei-colo. In casi del genere è particolarmenteimportante non essere troppo letterali.Può essere chiaro dal linguaggio, dal con-testo e dai precedenti che il titolare inten-deva riferirsi, in termini generali, a qual-siasi modo di ottenere un certo risultato,anche se ha usato un linguaggio sottoalcuni aspetti inappropriato riguardo adun nuovo modo di ottenere quel risul-tato”27.

Ottica dell’espertoCome sopra accennato la giurispru-denza tedesca, pur avendo svilup-pato essa stessa il concetto di “ideainventiva generale” (v. supra, par. 4),da diversi anni ormai afferma cheesso non sarebbe più applicabile. Ilmotivo, in sintesi, è che attraversotale concetto si rischierebbe di rap-portare la tutela più al contenutodella descrizione che al tenore dellerivendicazioni28.Secondo l’orientamento attuale, per-ché una soluzione possa essere rite-nuta equivalente occorre che:“il problema alla base dell’invenzionevenga risolto con mezzi diversi, ma aventiobiettivamente lo stesso effetto;l’esperto sia in grado, in base alla suaconoscenza specialistica, di constatare chei mezzi diversi abbiano lo stesso effetto.(….)le considerazioni che l’esperto devefare siano orientate sul contenuto lette-rale dell’insegnamento tecnico tutelatodalla rivendicazione, in modo tale chel’esperto prenda in considerazione larealizzazione difforme, con i suoi mezzimodificati, come soluzione oggettiva-mente equivalente ad essa”29.Così come nel criterio della triplaidentità (v. supra, par. 2), anche quisi insiste sulla comunanza del pro-blema tecnico e dell’effetto. Altret-tanto indeterminato però rimane ilterzo elemento, cioè proprio quelloche dovrebbe chiarire se la difformitàrimanga comunque nell’ambito del-l’equivalenza, o se invece sia rilevanteal punto di escludere la riconducibi-lità a quanto rivendicato del prodottoo procedimento in discussione (o, cor-relativamente, l’assimilabilità di unarivendicazione a una tecnica nota).

Mentre il criterio della tripla identitàparla di mezzi “sostanzialmente”uguali, qui si parla di equivalenzaconstatata “oggettivamente”, sulla basedi “considerazioni” fatte dall’esperto,e “orientate sul contenuto letterale del-l’insegnamento tecnico tutelato dallarivendicazione”. Anche queste affermazioni, evidente-mente, sono ben lontane dal poter for-nire una guida sicura per la soluzionedi ogni caso controverso. Degna dinota è comunque l’insistenza con cuisi sottolinea che il punto di vista daprendere in considerazione è quellodell’esperto (ossia del tecnico), ovvia-mente del ramo.In base al punto di vista dell’esperto,per esempio, è stata riconosciuta lacontraffazione di un brevetto relativoa un dispositivo di taglio, la cuirivendicazione principale prevedeva,per un certo angolo, un valore com-preso fra 9° e 12°. Nel dispositivocontestato il valore dell’angono eradi 8° 40’. In proposito la cortesuprema federale tedesca ha osser-vato che “l’angolo leggermente più pic-colo, avente obiettivamente uguale effetto,nella realizzazione contestata, è stato per-cepito dall’esperto come avente effettouguale, in base a considerazioni orientatesul contenuto della rivendicazione,incluso il valore di angolo indicato nellacaratteristica 4c, in modo tale per cuil’esperto ha preso in considerazione larealizzazione contestata come soluzione,avente uguale effetto, al problema postoalla base del brevetto in causa”30.

Novembre 201110 Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale

25,26Corte suprema federale tedesca, 18.5.1999, Räum-schild, GRUR 1999, 11, 977.27U.S. Supreme Court, 28.5.2002, Festo / ShoketzuKinzoku Kogyo K.K., GRUR Int. 8-9/2002, 776.28House of Lords, 21.10.2004, GRUR 4/2005, 343 –pagina Internet: http://www.bailii.org/uk/cases/UKHL/2004/46.html29In alcune note decisioni, si è osservato che “il richie-dente può non sempre riconoscere ed esaurire l’intero con-tenuto tecnico dell’invenzione …. Se il brevetto, obiettiva-mente valutato, si limita nella rivendicazione ad una for-mulazione più ristretta di quanto sarebbe consentito dalcontenuto tecnico dell’invenzione …. gli esperti possonoconfidare che la tutela sia corrispondentemente limitata.Quindi il titolare del brevetto non può successivamenterivendicare tutela per qualcosa che egli non abbia fatto porresotto tutela. Ciò vale anche nel caso in cui l’esperto rico-nosce che l’effetto inventivo in quanto tale …. sarebbe rag-giungibile anche al di là dell’ambito posto sotto tutela nellarivendicazione” (Corte suprema federale tedesca,12.3.2002, caso Schneidmesser I, GRUR 2002, 6, pag.518; 12.3.200, caso Schneidmesser II, ivi, pag. 522;12.3.2002, caso Custodiol I, ivi, pag. 526; 12.3.2002,caso Custodiol II, ivi, pag. 530).30Corte suprema federale tedesca, 12.3.2002, GRUR2002, 6, 515; Corte suprema federale tedesca,14.12.2010, GRUR 2011, 4, 313).

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Sul punto di vista dell’esperto ha insi-stito anche una decisione britannica,in una delle controversie riguardantil’eritropoietina. Il brevetto fatto valere(EP 148605) rivendicava un polipep-tide caratterizzato, fra l’altro, “dal fattodi essere il prodotto dell’espressione diuna sequenza di DNA esogeno”. L’invenzione era basata sulla deter-minazione della sequenza aminoaci-dica dell’eritropoietina e dellasequenza del gene dell’eritropoietina.La determinazione della sequenza delgene aveva aperto la possibilità diottenere l’eritropoietina attraversovarie metodiche di DNA ricombi-nante, già note almeno in parte alladata di priorità.Il prodotto contestato era eritropoie-tina ottenuta utilizzando DNA endo-geno di cellule umane, previo inseri-mento di una sequenza di controlloesogena.La contraffazione era stata riscontratain primo grado, ma è stata poi negatasia dalla corte di appello sia dallaHouse of Lords. Secondo il ragiona-mento di quest’ultima, “nessuno sug-gerisce che ‘una sequenza di DNA eso-geno, codificante per EPO’, possa avereun significato più lasso, che comprenda‘una sequenza di DNA endogeno, codi-ficante per EPO’. Piuttosto la questione èse l’esperto del ramo comprenderebbel’invenzione come operante ad un livellodi generalità che rendesse irrilevante se ilDNA codificante per EPO sia esogenooppure no ….l’esperto del ramo non avrebbe intesola rivendicazione in un senso così gene-rale da includere l’attivazione genica.L’avrebbe intesa come limitata all’espres-sione di una sequenza di DNA esogenocodificante per l’eritropoietina”31.

Novembre 2011 Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale 11

32House of Lords, 21.10.2004, GRUR 4/2005, 343 –pagina Internet: http://www.bailii.org/uk/cases/UKHL/2004/46.html

DISCLAIMERSUna nuova risposta

dall’UEB (sarà l’ultima?)

Già nel 2004, la Commissione deiRicorsi allargata dell’UEB si eraespressa in merito alla possibilità diintrodurre, in una domanda o in unbrevetto europeo, un cosiddettodisclaimer (cioè una caratteristicanegativa, volta ad escludere da unarivendicazione una parte di ciò chealtrimenti sarebbe rivendicato) lad-dove tale disclaimer non fosse già con-tenuto nei documenti di depositonecessari. Infatti, com’è noto, l’UEB ha la ten-denza ad applicare la norma dellaCBE relativa al cosiddetto added sub-ject-matter (norma contenuta nell’art.123(2) CBE e equivalente nellasostanza a quanto previsto nell’art.76.1, lett. c) del CPI) in maniera estre-mamente restrittiva, per cui in alcunicasi ci si era domandati se l’aggiuntadi un disclaimer in un momento suc-cessivo al deposito della domandaeuropea potesse essere effettivamentein violazione della CBE (e alcuneCommissioni dei Ricorsi dell’UEBavevano effettivamente dato rispostaaffermativa, vietando quindi questotipo di disclaimer).Come detto, già nel 2004 la Com-missione dei Ricorsi allargata si eraespressa a riguardo mediante lafamosa decisione G1/03, affermandoin sostanza che l’introduzione, in unmomento successivo al deposito diuna domanda europea, di un disclai-mer non può essere ritenuta in viola-zione l’art. 123(2) CBE per il solomotivo che né il disclaimer in sé, nél’oggetto che si esclude mediante taledisclaimer, hanno una base (possibil-mente esplicita) nella domandacome originariamente depositata. Ladecisione G1/03 procedeva poi adenunciare una serie di altri principipiù specifici, elencando le ipotesi incui un disclaimer poteva essere intro-dotto in un momento successivo aldeposito della domanda europea e i

requisiti che tale disclaimer dovevacomunque soddisfare per essereammissibile. Vista l’autorevolezza della Commis-sione dei Ricorsi allargata dell’UEB,e la conseguente autorevolezza delledecisioni da essa emessa, e vistoanche il numero di domande e di bre-vetti europei potenzialmente o sicu-ramente influenzati dalla decisione inquestione, si pensava che la decisionein questione avesse, una volta pertutte, indicato tutti i casi in cui sipoteva appunto aggiungere un taledisclaimer in un momento successivoal deposito. Invece, molto recentemente la Com-missione dei Ricorsi allargata si è tro-vata di nuovo a decidere sull’ammis-siblità dei disclaimer non già presential momento del deposito (a dimo-strazione di quanto, come dettosopra, l’UEB sia restrittivo quando sitratta di qualsiasi modifica di unadomanda o di un brevetto europeoche non trovi riscontro perfetto e let-terale nei documenti di deposito ori-ginari!). In particolare, questa volta la Com-missione dei Ricorsi allargata hadovuto rispondere alla domanda se“Un disclaimer viola l’art. 123(2) CBEse il suo oggetto era descritto come unaforma di realizzazione della domandadome originariamente depositata”.Con decisione G 2/10 del 30 agosto2011, la Commissione dei Ricorsiallargata dell’UEB ha stabilito i prin-cipi enunciati nelle seguenti due mas-sime (in traduzione italiana): • “una modifica ad una rivendicazionemediante l’introduzione di un disclai-mer che esclude da essa un oggettodescritto nella domanda come origina-riamente depositata viola l’art. 123(2)CBE se l’oggetto rimanente nella riven-dicazione dopo l’introduzione deldisclaimer non è, esplicitamente oimplicitamente, descritto in maniera

Micaela Modiano

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diretta e univoca per il tecnico del ramoutilizzante le sue conoscenze comunigenerali nella domanda come origina-riamente depositata”.• “la determinazione se ciò è il caso omeno richiede una valutazione tecnicadelle circostanze tecniche complessivedel caso individuale in considerazione,prendendo in considerazione la naturae portata della descrizione (disclosure)nella domanda come originariamentedepositata, la natura e portata dell’og-getto escluso mediante disclaimer e lasua relazione con l’oggetto rimanentenella rivendicazione dopo la modifica”.

Già alla prima lettura delle massimedella decisione in questione, si pos-sono fare due considerazioni del tuttopreliminari ma che sembrano cor-rette, in quanto basate in gran partesul buon senso più che su un’analisiapprofondita della decisione nel suocomplesso. La prima considerazioneè che se per rispondere ad un quesitoservono ben due massime, questo giàvuol dire che il quesito non è di facilerisposta; a sua volta, ciò significa chein futuro l’applicazione delle duemassime non sarà semplice (e chissà,magari questo già ora significa chenemmeno la decisione G 2/10 saràl’ultima decisione della Commissionedei Ricorsi allargata sul tema!). La seconda considerazione è che evi-dentemente i principi contenuti nelledue massime non saranno sempre diunivoca applicazione ma sarannosoggetti ad interpretazione dalleCommissioni dei Ricorsi e probabil-mente anche dai dipartimenti diprima istanza dell’UEB, già solo per-ché la seconda massima dice chiara-mente che la decisione sull’ammissi-bilità di un dato disclaimer richiede“una valutazione tecnica delle circostanzetecniche complessive del caso indivi-duale”, cosicché basterà dire che le cir-costanze tecniche complessive di duecasi sono molto o poco diverse traloro per poter giustificare un’appli-cazione discostante o invece analogadella decisione. Detto questo, l’idea espressa nelladecisione è che, a seguito di unamodifica ad una rivendicazione informa di disclaimer, il tecnico del ramonon deve essere messo di fronte ainformazioni tecniche che egli nonavrebbe già ricevuto dalla domandacome originariamente depositata. Il

principio dominante è, come sempre,quello di tentare di evitare che unrichiedente o titolare di brevettopossa migliorare la propria posizioneaggiungendo alla domanda o al bre-vetto informazioni non già disponi-bili al momento del deposito delladomanda, cioè al momento in cuiveniva in sostanza fatta l’invenzione. In ogni caso, nella decisione la Com-missione dei Ricorsi allargata precisa(al punto 4.5.4.) che il test per deter-minare l’ammissibilità di un disclai-mer, cioè di una caratteristica nega-tiva, è lo stesso che si deve usare perdeterminare l’ammissibilità di unacaratteristica positiva, e ricorda cheesiste una corposa giurisprudenza ariguardo. Presumibilmente, nel ricor-dare ciò la Commissione dei Ricorsiallargata vuole assicurarsi che nes-suno pensi che per le caratteristichenegative (i disclaimer) i criteri diammissibilità possono improvvisa-mente essere diversi dai criteri per lecaratteristiche positive, così da evi-tare una nuova linea giurispruden-ziale sui criteri per le caratteristichenegative.

Resta però da vedere come, nel con-creto, le Commissioni dei Ricorsiapplicheranno i principi ora stabilitinella decisione G2/10, e ancor di piùresta da vedere come i dipartimentidi prima istanza dell’UEB appliche-ranno tali principi, visto che spesso evolentieri i disclaimer servono già infase di esame, ad esempio per elimi-nare quella parte dell’oggetto di unarivendicazione che, a seguito dellaricerca effettuata dall’UEB, risultaessere già descritto nello stato del-l’arte. C’è solo da sperare che il ten-tativo della Commissione dei Ricorsiallargata di evitare che si sviluppitutta una nuova linea giurispruden-ziale relativa alle caratteristichenegative sia seguito in futuro, perevitare troppa confusione o incer-tezza legale in caso di principi ecces-sivamente discrepanti quando sitratti di valutare, da un lato, caratte-ristiche positive e, dall’altro, caratte-ristiche negative. Ovviamente, fino alla prossima voltain cui la Commissione dei Ricorsiallargata sarà chiamata di nuovo adecidere sui disclaimer…!

Novembre 201112 Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale

Chiacchierata fra colleghi su Babilonia

Leggendo il bollettino dell’aprilescorso, saltano all’occhio due articolisul brevetto unitario e sulla giurisdi-zione unica, scritti entrambi da colle-ghi attivi all’interno di industrie.Entrambi gli articoli prendono posi-zione a favore di ambo gli istituti. Inparticolare, il Dr. Colucci, nel suofinale, invita alla discussione, dicendoche può essere utile anche far venireallo scoperto interessi divergenti. Conqueste note desidero accogliere l’in-vito e dare un punto di vista affattodiverso su questi problemi. I suddetti articoli sono rappresenta-tivi di una posizione sicuramentechiara e che presenta una proprialogica, ma tengono conto degli inte-

ressi solo di una parte del mondolegato alla proprietà industriale:quelli delle industrie, soprattutto didimensioni considerevoli e di pro-prietà estera. Il punto di vista è sicuramente legit-timo, ma, all’estraneo che leggesse ilnostro bollettino, potrebbe sembrareche i consulenti in proprietà indu-striale siano tutti orientati a favore delbrevetto unitario e della giurisdizioneunica, cosa che non è. È evidente che per una grande indu-stria, che deposita molti più brevettidi quanti siano quelli da cui debba“difendersi” e che, comunque,dispone di un dipartimento internodi consulenti in grado di leggere i

Francesco Paolo Vatti

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documenti importanti in qualsiasi lin-gua siano scritti, l’unico obiettivo siaquello di ridurre il più possibile i costidi ciò che considera una “commo-dity”, cioè l’ottenimento di brevetti.La realtà italiana, però, non è tutta inquesto modo. Esistono piccole e medie imprese (esono forse la maggioranza), dove iltitolare è spesso una persona estre-mamente esperta nel proprio settorespecifico, ma che ha avuto un ciclo distudi non particolarmente avanzato(molti non sono laureati e un numeronon trascurabile neppure diplomati),per cui non è in grado di leggere undocumento scritto in una linguadiversa dalla propria. Il consulente libero professionista sitrova spesso ad assistere situazioni diquesto tipo ed è, perciò, in grado divedere le situazioni in maniera piùbilanciata. Così, il vantaggio economico conse-guito con l’ottenimento di un brevettoa basso costo si trasforma, in altrimomenti e circostanze, nello svan-taggio di dover pagare una personasolo per poter leggere cosa viene vie-tato di fare. È evidente che questa situazione poneil titolare di un brevetto, già di per séin posizione di vantaggio su chi deve“guardarsi” dallo stesso brevetto, inuna posizione tale da essere addirit-tura ingiusta.Per questi motivi, ritengo che, guar-dando le cose da un punto di vistaglobale e non puramente dal pro-prio, l’accettare un brevetto scrittoin una lingua diversa da quella par-lata dalla maggioranza assolutadella popolazione sarebbe una verae propria débacle dello stato difronte all’industria, soprattutto stra-niera; se si dovesse accettare qual-cosa di questo genere, si dovrebberoavere delle grosse compensazioni incambio (per esempio, nel caso dicontraffazione, dovrebbe divenireobbligatorio depositare una tradu-zione, avente valore legale; non sidovrebbe poter chiamare in causanessun presunto contraffattore senon per episodi successivi al depo-sito di tale traduzione e non sidovrebbero poter rivendicare danniper tali episodi antecedenti).Anche quanto si riferisce alla giuri-sdizione è studiato per realtà molto

grandi. La maggior parte delle causeriguardano episodi in uno-due stati:obbligare un soggetto ad adire un Tri-bunale lontano e in una lingua estra-nea, magari per una lite col propriovicino non appare molto razionale. Lagiurisdizione unica potrebbe avereuna sua validità, se riguardasse causeda proporre in almeno quattro-cinquePaesi, lasciando alle Parti di deciderese adire la giurisdizione unica o i tri-bunali nazionali per cause relative ameno Paesi. Un’obiezione che sentospesso fare quando dico così è che, inquesto modo, la giurisdizione unicadiverrebbe insostenibile economica-mente. Non so se sia vero, ma, se lofosse, significherebbe che non sarebbepoi così appetibile come viene spac-ciata…Vorrei, poi, fare qualche considera-zione sulla situazione attuale. L’Italiaha rifiutato di aderire al brevetto uni-tario. Gli articolisti di cui parlavoall’inizio e altri hanno elevato lai perquesta situazione e un ricorso è statopresentato contro la cooperazione raf-forzata. Ritengo tutto ciò francamentesorprendente; penso che toccherebbeagli altri Stati lamentarsi di aver sba-gliato a lasciare fuori Italia e Spagna.Infatti, per l’industria italiana, piccola,media e grande, questa situazione èla migliore possibile. Come ha ben detto il Dr Colucci, ilbrevetto unitario a basso costo evalido in 25 Paesi è accessibile aal-l’industria italiana, come a quella diqualsiasi altro Paese. Per brevettare in Austria e Irlanda,l’industria italiana dovrà fare ununico brevetto, senza convalide nétraduzioni. Viceversa, l’industrialeirlandese o quello austriaco chevogliano brevettare in Italia sarannocostretti a presentare una traduzioneitaliana e a spendere dei soldi in più.L’industria italiana si trova, quindi, aspendere meno di quella estera perottenere lo stesso risultato (o quantomeno non di più), il tutto senza avercercato manovre protezionistiche.Lasciamo perdere, per favore, la reto-rica europeista, con la quale leimprese italiane non fanno affari erestiamo sul piano pratico: i brevettiservono per difendere la propriainnovazione e per ostacolare i con-correnti e, in questa situazione, ciò ciriesce meglio; sarà più facile per l’in-

dustria italiana avere più gradi dilibertà nella propria produzione. Per-ciò, ripeto quanto dissi all’assembleadel Collegio Italiano dei Consulentiin Proprietà Industriale: adoperia-moci perché l’Italia ritiri il ricorso emanteniamo lo status quo, ne avremoda guadagnare noi mandatari italianie ne avrà da guadagnare l’industrianazionale.Mi rimane un dubbio: come mai l’AI-CIPI fa questa campagna a favore delbrevetto unitario? Non ha preso inconsiderazione i vantaggi che hoelencato sopra? Mi viene, piuttosto, da dubitare: lamaggior parte delle aziende che inItalia hanno un dipartimento internosono di proprietà straniera e a loroconviene sicuramente che l’Italia ade-risca al brevetto unitario. Ma i colle-ghi che in queste aziende lavorano,non si rendono conto che rischianoche i dipartimenti oggi esistenti in Ita-lia vengano chiusi o quanto menomolto ridimensionati?Ai colleghi liberi professionisti, mipermetto di ricordare che aderire albrevetto unitario e alla giurisdizioneunica non significa perdere solo le tra-duzioni, ma anche le convalide, ipareri tecnico-legali, le CTP e le ricer-che provenienti dall’estero, tutte coseche resterebbero nel Paese di origine.Mi pare inevitabile che un’eventualeadesione dell’Italia non potrebbe,allora, che portare a un serio ridi-mensionamento dell’Ordine. Michiedo se l’Ordine non dovrebbe fareuna valutazione e delle simulazionidi come sarebbe la situazione dopoun’eventuale adesione, per studiaremeccanismi che riducano il danno alminimo per tutti i soci.

Novembre 2011 Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale 13

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Novembre 201114 Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale

Brevetto e Tribunale unitariI lavori per la creazione di un bre-vetto unitario per l’Unione Europeae di un sistema giurisdizionale uni-tario per la risoluzione delle contro-versie brevettuali procedono a spronbattuto. Il Presidente della Commis-sione Barroso nel suo “State of theUnion Address 2011” dello scorso 28settembre ha dichiarato che è immi-nente l’istituzione di un brevettoeuropeo, che ridurrebbe i costi diprotezione al 20% delle spese cor-renti, e che si aspetta che il processosi concluda entro la fine di que-st’anno1. Si può essere più o menoscettici in relazione all’ottimismo diquest’ultima dichiarazione, ma sta difatto che si percepisce una fortedeterminazione a fare in fretta. Laspinta impartita durante lo scorsosemestre di presidenza ungheresepare non aver perso vigore nell’at-tuale semestre di presidenza polacca.Per parte sua l’Italia rimane imper-territa su posizioni di auto-esclu-sione, in buona compagnia con laSpagna. Come ampiamente prean-nunciato, in seguito alla mancataadesione alla “cooperazione raffor-zata” tra i restanti 25 Paesi del-l’Unione per la creazione di una pro-tezione brevettuale unitaria, loscorso maggio Italia e Spagna hannopresentato ricorso alla Corte di Giu-stizia dell’UE contro la decisione delConsiglio Europeo che ha autoriz-zato tale cooperazione rafforzata. Ilneo-ministro per le Politiche euro-pee, on. Anna Maria Bernini,durante la sua prima conferenzastampa a Bruxelles ha dichiarato “cisiamo, ci vogliamo essere”2, ma difatto al momento nel brevetto EUnon ci siamo e non sembriamo inten-zionati ad entrarci.Interessanti spunti sono contenutinel Progetto di Relazione sulla pro-posta di Regolamento sul regime lin-guistico pubblicato lo scorso 27 set-tembre3. Il relatore, l’europarlamen-tare italiano on. Raffaele Baldassarre,sostiene che occorrerebbe orientarsiverso un sistema monolingua ininglese e promuove la pubblicazionedi una traduzione in inglese anchedopo il periodo di transizione. Ma

principalmente Baldassarre intendetentare di ricucire lo strappo del-l’Italia. Egli aveva già dichiarato che,pur rispettando la decisione delGoverno italiano di ricorrere allaCorte di Giustizia, concordava con ildirettore generale di ConfindustriaGiampaolo Galli il quale evidenziavai rischi corsi dall’Italia se dovesserestare fuori dai negoziati sul bre-vetto unitario4. La relazione di Bal-dassarre quindi, con pragmatismo,supporta il regime trilinguistico e,nel tentativo di superare le preclu-sioni italiane, propone di specificareespressamente nell’Accordo che taleregime linguistico non debba costi-tuire un precedente di regime lin-guistico limitato in qualsiasi futurostrumento giuridico dell’Unione. Larelazione, che include anche propo-ste di misure a sostegno delle PMI,dovrebbe concludere il suo iter entrogennaio 2012.Anche sull’ordinamento giurisdizio-nale unitario la Commissione èdeterminata a procedere spedita,lavorando per modificare opportu-namente l’approccio che era statobocciato dalla Corte di Giustizia nelmarzo 2011. Il 14 giugno u.s. la Com-missione ha presentato una nuovaproposta di accordo volta a superareil parere negativo della Corte di Giu-stizia, basata sulla stessa architetturadel sistema unitario delineata nellabozza di accordo del 2009, ma sta-volta in forma di un accordo inter-nazionale che esclude gli stati nonmembri dell’UE e la stessa UE. Negliultimi mesi l’attività del gruppo dilavoro incaricato di studiare e perfe-zionare la bozza di accordo è stataalacre, come risulta dalle numeroseriunioni tenute e dai documenti pro-dotti. L’ultima bozza di accordo dicui sono a conoscenza mentre scrivoè del 7 ottobre5.Mentre per il brevetto unitario lequestioni cruciali sono limitatesostanzialmente a quelle linguistichee finanziarie, nel caso della corte uni-taria esistono svariati punti da chia-

rire. Ad esempio il reperimento e laformazione dei giudici, la composi-zione internazionale del collegio giu-dicante, la presenza di un giudicetecnico, il mantenimento di uno stan-dard qualitativo omogeneo tra levarie sezioni locali/regionali, lastruttura del periodo di transizione,le modalità di applicazione delnuovo sistema ai brevetti nazionaliderivanti da brevetto europeo. Que-st’ultimo aspetto, in particolare, èoggetto di vivace dibattito tra gliinteressati e registra pareri discor-danti. Se da una parte c’è chi chiedeflessibilità di scelta tra il nuovo e vec-chio sistema per un lungo periodo ditransizione, se non addirittura atempo indeterminato, altri sosten-gono che escludendo i “bundlepatents” il nuovo sistema non avràun numero consistente di casi primadi una decina d’anni, rallentandocosì il raggiungimento di un livelloqualitativo omogeneo e lo sviluppodi un consistente corpo giurispru-denziale.Un aspetto di particolare interesseper la nostra professione è quellorelativo alla rappresentanza. L’arti-colo 28 dell’Accordo, finora rimastopressochè inalterato nelle variebozze che si sono susseguite, pre-vede che le parti possano essere rap-presentate sia da “lawyers” abilitatia patrocinare presso un tribunale diuno Stato Contraente, che da “Euro-pean Patent Attorneys” in possessodi un’appropriata qualifica quale un“European Patent Litigation Certifi-cate”. Niente di più si dice sulla defi-nizione di tali ulteriori requisiti cheverrebbe affidata ad un “Admini-strative Committee”. L’articolo 28prevede inoltre che i rappresentanti

Giuseppe Colucci

1http://ec.europa.eu/commission_2010-2014/presi-dent/pdf/speech_original.pdf2http://www.ilvelino.it/agv/news/articolo.php?idArticolo=1440906&t=Brevetto_comunitario__Bernini__perplessita_su_Corte_brevettuale3http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//NONSGML+COMPARL+PE-472.334+02+DOC+PDF+V0//EN&language=EN4http://www.europarlamento24.eu/baldassarre-serve-un-brevetto-in-inglese-e-accessibile-alle-pmi/0,1254,72_ART_1590,00.html5http://register.consilium.europa.eu/pdf/en/11/st15/st15289.en11.pdf

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delle parti possano essere assistiti danon meglio specificati “patent attor-neys” che avrebbero diritto di tri-buna in udienza. I vantaggi di talidisposizioni per il sistema sono statiillustrati, tra l’altro, nel rapporto“Economic Cost-Benefit Analysis ofa Unified and Integrated EuropeanPatent Litigation System” preparatonel 2009 dall’”Institute for Innova-tion Research of the Ludwig-Maxi-milians-Universität”6. C’è però chisu questo non è d’accordo. Il Consi-glio degli Ordine e Associazioni Giu-ridiche d’Europa (CCBE) già nel2009 aveva pubblicato un “positionpaper” fortemente critico nei con-fronti dell’apertura ai patent atto-neys per la rappresentanza7. Non miesprimo sulle motivazioni su cui sibasa la critica all’Articolo 28 mossain quel documento, che ciascunopotrà giudicare. È facile immaginareche le pressioni da parte dei“lawyers” per far modificare l’Arti-colo 28 siano continuate a tutti ilivelli. Sebbene finora non abbianoavuto successo, se ne può trovare unprimo riscontro nel Progetto di Rela-zione della Commissione Giuridicadel Parlamento Europeo, pubblicatolo scorso 23 settembre a firma del-l’europarlamentare on. Klaus-HeinerLehne, nel quale si sostiene che è“della massima importanza che leparti siano rappresentate da avvocatiche hanno maturato l’esperienzanecessaria, sia nel diritto brevettualeche nel diritto procedurale. I man-datari per brevetti non autorizzati aesercitare nei tribunali di uno Statomembro possono svolgere un impor-tante ruolo di supporto e dovrebbepertanto essere loro consentito diprendere la parola dinanzi al Tribu-nale”8. C’è da augurarsi che la deci-sione finale sia presa in manieraoggettiva e non in base al peso poli-tico delle parti coinvolte. Per quantociò possa essere di nostro interessequalora l’Italia dovesse restareesclusa dal sistema.Come credo molti di voi, seguo coninteresse gli sviluppi della situa-zione, che sarà di certo ulteriormenteevoluta quando leggerete questenote, covando una flebile speranzache l’Italia sappia trovare le energienecessarie a tirarsi fuori dalla paludein cui si è cacciata. A meno che non

si stia preparando un coup de théâtrecon l’estrazione dal cilindro di unbrevetto unitario a due con la Spa-gna sul modello di Svizzera a Lie-chtenstein secondo l’Art.142 EPC,corredato magari da un accordo perun tribunale unitario in grado dilavorare anche in lingua basca epadana. Facezie a parte, mentre danoi si cincischia sulle questioni lin-guistiche, altri Paesi si danno da fare.

Novembre 2011 Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale 15

6http://ec.europa.eu/internal_market/indprop/docs/patent/studies/litigation_system_en.pdf7http://www.ccbe.org/fileadmin/user_upload/NTCdocument/EN_CCBE_Position_Pap1_1235733840.pdf8http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//NONSGML+COMPARL+PE-472.331+01+DOC+PDF+V0//EN&language=EN

Non vi sarà sfuggito che ancheUngheria e Finlandia hanno direcente ratificato il London Agree-ment. Ad meliora tempora!

Cooperazione rafforzata.A che gioco giochiamo?

Il bello di ogni gioco è che le regolesono fissate a priori, e i partecipantidevono trarre il meglio dalle regoleesistenti, ognuno secondo la propriaabilità. Se le regole ad es. del Mono-poli non fossero fisse, ma “stirabili”a seconda delle circostanze, il giocoperderebbe di imparzialità e diven-terebbe palestra dei giocatori piùinfluenti che imporrebbero le lororegole a scapito dei più deboli omeno avveduti. Mi pare che l’attuale discussione inmerito alla cooperazione rafforzatae al brevetto unitario si possa ricon-durre alla similitudine di cui sopra. Ilbrevetto unitario attualmente in pro-getto sarà realmente un “nuovogioco” o un tentativo di stirare regolee giocatori del gioco attuale, cioè ilsistema dell’attuale brevetto Euro-peo che tutti conosciamo e utiliz-ziamo? Nonostante le bozze di rego-lamento presentino il brevetto uni-tario come complementare e nonpregiudiziale rispetto a quello euro-peo esistente, di fatto mettono in attoun mutamento radicale di scenarioche sostanzialmente scardina quelloprecedente. Prendiamo il tema delle traduzioni.Nel sistema attuale, la traduzione delbrevetto europeo nella lingua nazio-nale ove è validato è un documentoad elevata qualità, dichiarato con-forme al testo originale, dalla cui let-tura il terzo deriva agevolmente i ter-mini della protezione nel proprio

Paese: esplica quindi una precisafunzione. Nel proposto sistema uni-tario invece, la traduzione è sostan-zialmente inquadrata come “fattoredi costo”1. Si tratta di una lettura evi-dentemente parziale: qualsiasi pro-dotto che richiede un lavoro è un“fattore di costo”, ma non per que-sto necessariamente inutile o dasostituire con prodotti di minorequalità. L’operazione viene giustificatadeclassando la traduzione a mero“strumento di informazione tecnica”, quindi senza necessità di valorelegale, e senza specifici requisiti diqualità, tale traduzione essendorichiesta solo transitoriamente versol’inglese o un’altra lingua degli statimembri, in attesa che le cosiddette“high quality machine translations” (diqualità indeterminata, senza valorelegale) siano tecnicamente disponi-bili2. A quel punto il deposito dellatraduzione diventerà del tuttoesterno alla procedura di brevetta-zione, ovvero sarà il terzo a dover-sela procurare (salvo in caso di“dispute”, secondo modalità tutte dadefinire). Il concetto di traduzione così intro-dotto altera nella pratica la vecchiaregola del gioco. Infatti, il brevettounitario attualmente in discussionenon è un nuovo prodotto autonomorispetto al brevetto europeo, ma solouna dichiarazione di effetto unitarioche il Titolare può apporre al bre-

Paolo Gerli

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vetto europeo attuale, entro un mesedalla sua concessione. Pertanto,(presup)posta l’inutilità della tradu-zione, la dichiarazione di unitarietàè il mezzo offerto al titolare per eli-minarla dall’ATTUALE contesto dibrevetto europeo. Chi non vorrebbeeliminare un costo amministrativose legalmente intitolato a farlo? Citroviamo così di fronte al brevettoeuropeo come da sempre cono-sciuto, al quale si è tolta la facoltàdegli Stati Membri di richiedere unatraduzione conforme all’originale,nella propria lingua nazionale. Eccoquindi come si cerca di forzare leregole del gioco attuale. Anche sul tema della giurisdizioneil brevetto unitario non figura comeun “nuovo gioco”, ma un tentativodi modificare quello attuale. Infattil’attuale proposta prevede che lafutura corte centralizzata chiamata agiudicare le controversie per i bre-vetti unitari sarà competente ancheper le liti sugli attuali brevetti euro-pei. Lo scopo è apertamente quellodi correggere le possibili difformitàdi giudizi derivanti dall’attualesistema3. Anche in questo caso quindi il nuovosistema va a modificare le regole diquello attuale, stabilendo un impor-tante cambio di rotta rispetto alleprecedenti proposte di brevettocomunitario, secondo cui la Cortecentralizzata aveva competenza solosui brevetti comunitari, non su quellieuropei tradizionali. Tutto ciò sempre con motivazioniparziali: infatti la facoltà di una cortenazionale di decidere una contro-versia brevettuale nel proprio Paesein base alla propria giurisprudenzae seguendo regole processuali adessa consoni è vista unicamentecome fattore di costo e disturbo del-l’armonia a livello europeo4, assu-mendo per scontato che il giudiziodi una corte centralizzata (ancoratutta da inventare) sarebbe senz’al-tro più equo, garantista e cost-effec-tive; resta da capire come il deside-ratum di rendere la protezione bre-vettuale più accessibile in Europa siconcilia con il rischio, insito nel bre-vetto unitario, di perdere l’interobrevetto europeo in un sol colpo aseguito di una litigation, magari diinteresse meramente locale: una tale

litigation può essere gestita attual-mente a livello nazionale, con minoricosti e rischi per il Titolare del bre-vetto. Perché perdere queste opportu-nita/flessibilità? Per motivi di eco-nomia? In realtà la riduzione delcosto legata al titolo unitario è menoappariscente di quanto ventilato, eresta complessivamente indefinita.Una riduzione di costo significativasi verifica al momento della valida-zione (sempre ammesso che il tito-lare sia interessato alla protezione inun numero elevato di stati, caso incui i costi di validazione classica sielevano); tuttavia l’unitarietà delnuovo titolo richiede l’obbligo dimantenerlo in vita in tutti i 25 statiaderenti alla cooperazione raffor-zata, con il relativo costo di mante-nimento, elevato, progressivo neltempo e non riducibile. Il costo delle tasse di mantenimentodel brevetto unitario è ancora tuttoda stabilire, quindi non è possibilequantificare l’eventuale risparmioglobale. Su tali tasse, tutti gli ufficibrevetti nazionali hanno già messo lemani avanti, rivendicando ciascunouna retribuzione significativa, pro-porzionata al proprio mercato o, nelcaso dell’EPO, addirittura adatta afare quadrare il budget dell’ufficio5. Accontentare tutti significa portarea livelli elevati la tassa di manteni-mento unitaria. Nel frattempo, con ilsistema unitario si perde un fonda-mentale ed usatissimo sistema dicontrollo dei costi, per cui frazioninazionali non più strategiche pote-vano essere abbandonate durante lavita del brevetto, con l’effetto secon-dario non trascurabile di rendereterzi liberi di praticare l’invenzionelà dove il titolare non ha interesse aproteggersi.Cosa c’è in gioco realmente, allora?L’introduzione di un titolo unitariocertamente più semplice da gestire,ma altrettanto rigido per natura enon sempre e necessariamente piùeconomico di quello europeo attuale.Un tale sistema potrà essere o nonessere di interesse delle aziendeeuropee, dipendentemente da caso acaso, ovvero dalla dimensione del-l’azienda, dalla scala geografica delproprio mercato e delle possibili liti-gation, dall’essere titolare di brevetto

o soggetto terzo (casistiche entro cuila stessa azienda europea può, aseconda dei casi, alternativamentericadere). Allora, brevetto unitario da respin-gere? Certamente no, perché aprenuove opportunità. Ma ciò che contaè che il nuovo titolo diventi real-mente un nuovo gioco, cioè un’op-zione in più, complementare, addi-zionale e non modificativa di quellaattuale: tutto ciò non solo a livello direcitals e dichiarazioni di principio,ma nella sostanza. È a questo livello che mi piace inqua-drare la dialettica tra consulentiaziendali e privati italiani, attual-mente molto divisi circa l’auspicabi-lità o meno di un brevetto unitario.Sul “gioco attuale” è strutturata lalibera professione nazionale la quale,fin dalla nascita del brevetto euro-peo, è stata un partner di valore perle imprese italiane, dalle grandi finoalle PMI. Ogni cambiamento di gioco, siriflette pesantemente sul funziona-mento della libera professione cheoggettivamente trova anche nelletraduzioni e nell’assistenza tecnica alivello di cause nazionali (prevalen-temente su brevetti europei), uncapitolo importante di sostenta-mento, a pareggio di altri vantaggidi cui godono i consulenti di altriPaesi europei (quali la vicinanza allesedi dell’EPO, la lingua madre traquelle dell’EPO, il tradizionalefavore da parte della clientela extra-europea, ecc.). Nella proposta di brevetto unitarioqueste fonti di sostentamento,impropriamente liquidate comemero fattore di costo e/o disturbo,verrebbero meno comportando unindebolimento della professione pri-vata italiana, e con essa la sua capa-

Novembre 201116 Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale

1Comunicazione COM(2011)287 della CommissioneUE, 24.5.2011, punto 3.1.1. “A unitary patent protec-tion”); Comunicazione COM(2011)216, punto 1.1.2(Proposal of Regulation implementing enhancedcooperation, doc. 11328/11 23.6.2011. Annex II, Arti-colo 6(2) e 6(3).3(Comunicazione COM(2011)287 della CommissioneUE, 24.5.2011, punto 3.1.2. “A unified patent litiga-tion system”).4(per background vedi comunicazione COM(2007)165, 3.4.2007, punto 2.2. “Un sistema giurisdizionaleintegrato”).5(Proposal of Regulation implementing enhancedcooperation, doc.11328/11 23.6.2011, p.4 “Outstand-ing Issues”, recitals 16-18, Articoli 15-16).

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cità di assistenza all’industria nazio-nale. Una progressiva preponde-ranza della consulenza estera (e dellerelative tariffe) a scapito di quellanazionale, con il conseguente allon-tanamento geografico e culturale delconsulente brevettuale di riferi-mento, rientra davvero nel futurobrevettuale che l’industria italianadesidera? L’esperienza ed i successifinora raccolti sembrerebbero indi-care il contrario. In conclusione, l’attuale coopera-

zione rafforzata comporta opportu-nità e rischi insieme. Credo che inItalia si possa trovare una sintesi trale posizioni dell’industria e dellaprofessione privata su questo tema. Una tale sintesi potrebbe basarsi suuna rivisitazione critica dei risparmiattribuiti al brevetto unitario, apren-dosi certamente a nuove possibilità,ma tenendo conto anche di nuovicosti legati alla rigidità del sistemaproposto: da qui la necessità di man-tenere e salvaguardare nella

sostanza anche le regole del giocoattuale (ovvero l’attuale brevettoeuropeo): in un’epoca in cui ci siaccorge del valore delle diversità, ilbrevetto europeo che tutti cono-sciamo ed utilizziamo dovrebbeessere tutelato nella sua sostanza inquanto prodotto diverso, alternativoe competitivo con il sistema unitario,oltre che fonte di sostentamento perla consulenza privata nazionale edella sua capacità di partnership conl’industria del nostro Paese.

Novembre 2011 Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale 17

Non registrabilità e nullitàsopravvenuta di Segni o Marchi

contrari alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume

L’articolo 14 (c. 1, lett. a, c. 2 lett. b)del Codice di Proprietà Industrialevieta la registrazione di segni con-trari alla legge, all’ordine pubblico oal buon costume e ne dispone la nul-lità qualora tale contrarietà soprav-venga dopo la registrazione. Inambito comunitario, il Regolamentodei Marchi Comunitari (RMC), l’ar-ticolo 7 (c. 1 lett. f) contiene una for-mulazione simile salvo non contem-plare espressamente l’ipotesi dellacontrarierà alla legge.

La ratio della normaOccorre chiarire sin dall’inizio che lanorma in esame, al pari di questoarticolo, non ha finalità moralizza-trici. Il richiamo fatto dai citati arti-coli alla legge, all’ordine pubblico eal buon costume deve essere inteso,piuttosto, come un limite all’auto-nomia individuale e alla libertà diagire dei soggetti indispensabile perassicurare, tra l’altro, “una convivenzasociale conforme ai principi costituzio-nali inviolabili di tutela della dignitàumana e del rispetto reciproco tra le per-sone” (Corte Cost., 27.7.1992, n. 368).Del resto, la stessa rubrica dell’arti-colo 14 CPI sulla “liceità e diritti diterzi”, come modificata dal D. Lgs.N. 131/2010, conferma la funzionedella norma appena enunciata. I lim-

che regolano l’organizzazione giuri-dica, politica ed economica dellasocietà in un determinato periodostorico. Questo complesso di normenon esplicite è volto a tutelare valorifondamentali di natura collettiva oindividuale (economici, della fami-glia, di libertà, religiosi, ecc.). Lanozione di buon costume, in ultimo,più indefinita e mutevole nel suocontenuto rispetto ai due concettiprima delineati, fa rinvio non anorme positive, ma alle regole nonformalizzate ed extragiuridiche pro-prie della coscienza sociale di undeterminato periodo storico.Alla luce di tali definizioni, possi-amo allora comprendere come, perle loro peculiarità, sia l’ordine pub-blico e sia il buon costume e anche lacontrarietà alla legge, abbiano uncontenuto elastico - proprio dellaclausole “generali” e “sussidiarie”del diritto - destinato a modificarsinel tempo. Del resto, le norme delnostro ordinamento che fanno rife-rimento all’ordine pubblico e albuon costume, non ne danno maiuna definizione astratta e immuta-bile, lasciando quindi volutamenteche tali clausole assumano un con-tenuto variabile a seconda del con-testo storico: citiamo come esempi,gli articoli 19 e 21 della nostra Costi-

iti disposti dall’articolo 14, quindi,sono volti non tanto a tutelare segniche hanno un particolare valoremorale, quanto ad “evitare che stru-menti che la legge predispone venganoutilizzati per il perseguimento di finalitàdisapprovate dal comune sentire socialee che, dunque, si presentano come nonmeritevoli di tutela giuridica” (Cass.1.6.1968, n. 1634) o contrarie allalegge.

Il concetto di contrarietà alla legge,di ordine pubblico e di buoncostumePrima di entrare nel vivo dell’arti-colo, è indispensabile definire inlinea di principio i tre concetti richia-mati dall’articolo del Codice di Pro-prietà Industriale qui considerato.La contrarietà alla legge è, peralcuni versi, un concetto di imme-diata individuazione, dato che ilimiti tra ciò che è lecito o non lecitopossono essere ritrovati quantomenoin disposizioni legislative esplicite.L’ordine pubblico (interno) è statodefinito come il complesso di prin-cipi e valori che possono esseri rica-vati per implicito dal sistema legi-slativo (Costituzione, codici, leggi) e

Maria Teresa Saguatti

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tuzione “sulla libertà di espressionedella fede religiosa e libertà di mani-festazione del pensiero”; il CodiceCivile, con gli articoli 1343 e 2035sulla causa illecita del contratto esulla irripetibilità della prestazionecontraria al buon costume; il CodicePenale con gli articoli 519 s.s. suidelitti contro la moralità pubblica eil buon costume e, fra le norme difonte privata, quelle contenute nelCodice di Autodisciplina dellaComunicazione Commerciale lad-dove stabiliscono che la comunica-zione commerciale non deve “conte-nere affermazioni o rappresentazioni diviolenza fisica o morale o tali che,secondo il gusto e la sensibilità dei con-sumatori, debbano ritenersi indecenti,volgari o ripugnanti” (art. 9) e “nondeve offendere le convinzioni morali,civili e religiose. Essa deve rispettare ladignità della persona” (art. 10).Come dicevamo, fra tutti, il concettodei boni mores è certamente quellodotato di maggiore elasticità e inde-terminatezza - perché non desumi-bile neppure dai valori impliciti alnostro ordinamento legislativo - eper questo rende più difficile il com-pito di chi deve individuare i para-metri alla stregua dei quali effettuareuna valutazione sulla contrarietà omeno al buon costume di un segno oun marchio.Le pronunce giurisprudenziali ita-liane in tema di marchi contrari albuon costume sono rare e, anchequando i giudici hanno dovuto pro-nunciarsi sul punto, non si sono sof-fermati sul concetto di “marchio con-trario buon costume”. Più copiosa,invece, è la produzione “giurispru-denziale” su questo punto degliUffici Marchi italiano e comunitarioche verrà citata e commentata piùoltre. Tuttavia, anche in questi casi èdifficile trovare la definizione delconcetto di buon costume.Non resta, quindi, che mutuare taliparametri dalla più ampia elabora-zione dottrinale e giurisprudenzialegenerata in ambito civile, penale ecostituzionale. La Corte Costi-tuzionale, ad esempio, definisce ilbuon costume in ambito penalecome “l’insieme di precetti che impon-gono un determinato comportamentonella vita sociale di relazione, la inosser-vanza dei quali comporta in particolare

la violazione del pudore sessuale e delsentimento morale dei giovani” (CorteCost., 4.2.1965, n. 9 ripresa successi-vamente anche in altre sentenze). Lagiurisprudenza prevalente in ambitocivile ritiene immorali quegli atticontrari “a quei principi etici che costi-tuiscono la morale sociale, in quanto adessi si uniforma il suo comportamento lageneralità delle persone corrette, dibuona fede e di sani principi in un deter-minato ambiente e in una determinataepoca” (Cass. 17.6.1950, n. 1552ripresa più volte dalla S.C.). L’Isti-tuto di Autodisciplina Pubblicitaria,applicando le norme previste dalsopracitato Codice di AutodisciplinaPubblicitaria, inibisce la diffusionedi comunicazioni commerciali cherisultino volgari oltre i limiti delsemplice cattivo gusto o, in generale,quando urtano la sensibilità del consu-matore medio tenuto conto anche dellatipologia di pubblico che può essereesposto a tale comunicazione. Normalmente, infatti, il giudizio IAPtiene conto delle modalità di diffu-sione, ed è più severo quando lacomunicazione può raggiungerefacilmente anche i minori, “non

ancora pronti ad una corretta elabora-zione critica del messaggio, potendorimanerne negativamente influenzati”(Ingiunzione n. 114/2009 del Comi-tato di Controllo). Sebbene si tratti di un concetto nonsuscettibile di una categoricadefinizione, il buon costume quindisembra identificarsi nel senso delpudore o nella morale sessuale esociale, nel sentimento etico, nelleconvinzioni morali, non di una élite,ma proprie dell’uomo medio.Ma quale morale? Forse la risposta èinsita nell’aggettivo che qualifica“buono” il costume. Tale aggettivopotrebbe voler dire che la determi-nazione dell’illiceità di un segno nonpuò avvenire secondo criteri chetengano conto di ciò che “media-mente” accade in base a valutazionistatistiche - tanto è vero che deter-minati comportamenti non diven-tano moralmente accettabili solo per-ché sono diffusi - ma di ciò che “deveessere”. La morale, quindi, da tenerein considerazione sarà costituita dal-l’insieme di quei valori ritenuti in undeterminato contesto storico dallacollettività come doverosi di rispetto.

Novembre 201118 Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale

L’ordine pubblico e il buon costume

nella casistica dell’UIBM e dell’UAMI

Nel corso degli anni è aumentato ilnumero di marchi concessi conte-nenti espressioni o segni volgari. Cisiamo quindi chiesti come possa suc-cedere, visto che sia la legge italianasia il regolamento comunitario vie-tano la registrazione di contrari nonsolo alla legge (divieto stabilito solodal CPI, articolo 14), ma anche all’or-dine pubblico e al buon costume(divieto stabilito sia dal citato arti-colo 7 CPI, che dall’articolo 14 RMC).La valutazione della liceità vienesvolta in fase preliminare dagli Esa-

minatori dei competenti uffici mar-chi ed è proprio tra i casi sottopostiall’esame di UIBM e UAMI che sitrova la maggior parte delle pro-nunce in materia. Sono infatti pochele pronunce dei Giudici di merito e,tra i casi più interessanti esaminatidai Giudici italiani, citiamo:• caso “A STYLE” in cui il Tribunaledi Milano (ordinanza 17/12/2005)ha considerato contrario al buoncostume il marchio costituito dallalettera “A” stilizzata, che “inten-zionalmente cela una seconda imma-

Raffaella Barbuto

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gine di due figure umane nel compi-mento di un atto sessuale”. Da notareche il Tribunale di Bari (ordinanzadel 12/07/2007) ha invece ritenutoche il medesimo segno avesse unriferimento osceno “solo indiretto eeventuale”.

• caso “BUDDHA BAR” in cui il Tri-bunale di Milano con sentenza del23/10/2008, confermata dallaCorte d’Appello di Milano (sen-tenza dell’8/07/2010), ha invecedichiarato la nullità del marchiocomunitario “BUDDHA BAR” percontrasto all’ordine pubblico, rile-vando un “complessivo svilimento senon addirittura spregio, per la valenzasimbolica, formale e di contenuto, pertutti coloro che sul pensiero buddhistafondano la propria vita”.

All’UIBM e all’UAMI e presso lerelative Commissioni di Ricorso,invece, l’argomento è stato affrontatodiverse volte. Una carrellata sullacasistica è interessante anche pervalutare come i concetti di “ordinepubblico” e “buon costume”, perloro natura elastici, sono effettiva-mente cambiati nel corso del tempo.Dubbi sulla validità di una marchioper contrarietà alla legge e all’ordinepubblico sono stati ravvisati permarchi che riproducono segni, sim-boli o motti inneggianti al discioltopartito fascista. Verrebbe integrata,infatti, violazione della XII Disposi-zione Transitoria della Costituzionee della cd. Legge Scelba (Legge n.645 del 20 giugno 1952), che vieta lariorganizzazione del partito fascista,ma potrebbe anche vedersi unmotivo di turbamento per parte dellapopolazione che ne percepisce ilrichiamo ad un regime totalitario. Un marchio depositato nel 1996costituito dalla dicitura “IL CAME-RATA” associato alla figura di Mus-solini, per bevande alcoliche (cl. 33)è stato rifiutato dall’UIBM. Nono-stante il ricorso proposto dal richie-dente nel 1999, con il quale si evi-denziava la doppia valenza dellaparola “CAMERATA” - da inten-dersi in italiano anche come “localedormitorio” - e comunque la nonsussistenza di un reato di apologiaconseguente all’uso uso di tale mar-chio, la Commissione dei Ricorsi(decisione del 27/04/2001 su Ricorson. 6810) ha confermato il rifiuto di

tale marchio. In motivazione si leggeche il marchio avrebbe chiaramenterimandato alla figura di Mussolini eal disciolto partita fascista e la con-cessione di un diritto di esclusivaavrebbe potuto costituire l’occasioneper l’insorgere di “polemiche e divi-sioni nel pubblico”. Nel 2007 è stata depositata, da undiverso titolare, una nuova domandadi registrazione sempre per il mar-chio “IL CAMERATA”, per birre inclasse 32. Ad oggi la domandaappare “sospesa”; chissà se la nuovavalutazione dell’UIBM sarà diversa,anche considerando che nel frat-tempo sono stati concessi “RIFON-DAZIONE FASCISTA” per servizidi educazione in classe 41 (registra-zione n. 1189762) e “IL DUCE” pervini in classe 33 (registrazione n.964461).In materia di contrarietà al buoncostume e alla morale, abbiamonotato un evolversi delle interpreta-zioni. Basti pensare a “OPPIO”,depositato nel 1979 nelle classi 18 e25, e “CANNABIS” del 1996,entrambe inizialmente rifiutati dal-l’UIBM e poi accolti grazie alle deci-sioni della Commissione dei Ricorsiche ha appunto ritenuto, con deci-sioni del 1990 (caso OPPIO Ricorson. 5954) e 1998 (caso CANNABISRicorso n. 6590), che in nessuno deicasi l’uso di una dicitura cherichiama una sostanza stupefacente ètale da contrastare con l’ordine pub-blico e il buon costume, perché nonsollecita né incentiva l’uso di droghe.Ad oggi comunque risultano regi-strati anche “COCAINE” (reg. n.1281367) e “COCAINA A COLA-ZIONE” (reg. n. 992623).Senza contare che alcuni termini untempo considerati assolutamentevolgari ed inopportuni, oggi sonousati abitualmente nel linguaggiocomune, televisivo, giornalistico, let-terario. Potrebbe quindi non stupirela registrazione dei marchi“MERDA” (registrazione n.1248430), “TEMPO DI MERDA”(registrazione n. 1380298) e “SURFI-STI DI MERDA” (registrazione n.1392592).Vi sono comunque dei limiti dettatidal buon gusto, dall’opportunità edal rispetto del comune sentire, chemagari dovrebbero scoraggiare il

deposito di marchi con locuzioni esegni volgari.Da un’analisi delle domande di regi-strazione depositate e poi rifiutatedall’UIBM, emerge una incredibilevarietà di marchi contenti parole esegni di dubbio gusto. Nella maggiorparte dei casi si tratta di marchidepositati senza la rappresentanzadi un Mandatario o Avvocato, per iquali non è stato proposto ricorso. Non pare in questa sede opportunoriprodurre testualmente alcuni mar-chi oggetto di domanda di registra-zione, costituiti da segni alquantovolgari, ma rimandiamo chi fosseinteressato al fenomeno al sito del-l’UIBM dove potrà prendere visionedel contenuto delle domande n.AL2006C000070, NA2009C000657,RM2008C006604 ed anche delladomanda n. BA2011C000560 pubbli-cata sul Bollettino n. 3 del16/09/2011.Ci sono casi, tuttavia, in cui non èstata forse colta la valenza volgare dialcune parole in lingua straniera. Peresempio, relativamente a marchicomprendenti la parola “FUCK”, ledomande n. VR2003C000578,PR2004C000153, PN2006C00009appaiono rifiutate, mentre le regi-strazioni n. 849224, 1127994, 1195963sono state concesse. In particolare,rileviamo come sia stata recente-mente concessa la registrazione n.1464099 per il marchio “FTS - FUCKTHE SYSTEM”, laddove è stataanche fornita la traduzione“al dia-volo il sistema” dell’espressioneinglese. Anche se la locuzione “fuckthe system” riprende il titolo di unalbum del gruppo heavy metal, TheExploited, (titolo peraltro censurato evenduto semplicemente come F***the SYSTEM), pare chiaro a chi cono-sce mediamente la lingua inglese chela traduzione fornita dal richiedenteall’UIBM era edulcorata e che forseun marchio contenente una espres-sione così “forte” avrebbe potutoessere anche rifiutato, come peraltroè accaduto in sede comunitaria.Vi sono molti casi in cui ad unaprima decisione di rifiuto dell’UIBM,è seguita una riforma da parte dellaCommissione dei Ricorsi. Citiamoalcuni esempi:• il marchio “VINO SACRO”, depo-sitato nel 1988 per vini, era stato

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rifiutato dall’UIBM perché conte-nete un riferimento immediatoall’essenza divina e sarebbe potutoapparire come irrispettoso delcomune sentimento religioso. LaCommissione dei Ricorsi (Ricorson. 6085 sentenza del 12/10/1991)ha riformato la decisione, rite-nendo che “VINO SACRO”, al paridi “VINO SANTO”, non è tale dacontrastare i principi di ordinepubblico; pertanto il marchio èstato concesso (registrazione n.870488).

• Il marchio “PIOVE GOVERNOLADRO”, depositato nel 1997 pervari prodotti compresi gli ombrelli(cl. 18), era stato rifiutato dal-l’UIBM ritenendolo contrarioall’ordine pubblico. Il richiedenteaveva evidenziato come la locu-zione “PIOVE GOVERNOLADRO” ha un’origine antica,legata al problemi fognari dellaTorino di Cavour, il cui malfun-zionamento fu attribuito ad unadiscutibile distribuzione dellaspesa pubblica; nel decenni suc-cessivi il motto assunse unavalenza ironica nei confronti dellatendenza ad imputare ogniresponsabilità al Governo ed èattualmente usato come uno deitanti proverbi legati alla pioggia.La Commissione dei Ricorsi consentenza del 27/04/2001 haaccolto tutte le argomentazioni delrichiedente e la registrazione èstata concessa (reg. 1270008).

• Anche il marchio “MANIPULITE” per prodotti delle classi18 e 25 depositato nel 1994 erastato rifiutato dall’UIBM ritenendotale locuzione contraria all’ordinepubblico. Il ricorso è stato accoltocon sentenza del 22/12/1999 dellaCommissione, che non ha ravvi-sato in “MANI PULITE” alcun ele-mento di contrarietà ai principidelle civile convivenza e del com-plesso di regole afferenti la mora-lità media dei consociati. Nellabanca dati dell’UIBM esistono adoggi 20 marchi registrati conte-nenti la locuzione MANI PULITE.

• Il marchio “PUTTANOPOLY”depositato il 17/12/2002 dall’Associazione per i Diritti Civilidelle Prostitute, per giochi in classe28 è stato invece rifiutato dal-

l’UIBM perché contrario al buoncostume. Il richiedente nel suoricorso aveva evidenziato che sitrattava di un gioco, con finalitàeducative e educative, destinato aoperatori sociali e teso a indicarele vie d’uscita e il reinserimentonella società delle prostitute. LaCommissione, però, ha confermatoil rifiuto, perché “al di là di ognivalutazione circa il preteso intentoeducativo del gioco, la dicitura“PUTTANOPOLY” sottolineaun’offesa alla donna e adotta unanozione del fenomeno prostitu-zione in sé offensiva”.

• Il marchio “DE PUTA MADRE69”, depositato nel 2004 in classe25, era stato inizialmente rifiutatodall’UIBM, ma è stato poi dichia-rato registrabile grazie ad un’inte-ressante sentenza della Commis-sione dei Ricorsi del 30/10/2009(sentenza n. 3/10). Sono statesostanzialmente accolte le argo-mentazioni del mandatario delrichiedente in merito alla valenzasemantica traslata di “DE PUTAMADRE” che nello slang spagnolosignifica semplicemente “unevento notevole/desiderabile/molto bello” ed è un’espressioneben distinta e diversa dalla locu-zione ben più volgare “hjo deputa”.

In quest’ultima decisione, la Com-missione dei Ricorsi ha distinto ledue ipotesi di “oscenità e indecenza,per contrasto con il comune senso delpudore”, di per sé vietata, e di “cat-tivo gusto”, di per sé invece incensu-rabile. Si tratta di principi già enun-ciati dal Giurì di Autodisciplina Pub-blicitaria, ripresi dall’estensore dellasentenza, che ha anche evidenziatocome la nozione di comune senso delpudore è piuttosto vaga nei suoi con-fini e soprattutto in costante evolu-zione, così come il concetto di vol-garità, che è un parametro socio-cul-turale mutevole. In tale contesto, laCommissione ricorda che “devonoevitarsi sia atteggiamenti di paleserigore, sia atteggiamenti di palese lassi-smo”, anche perché messaggi pub-blicitari e marchi devono esserevalutati con criteri diversi dalla nor-male comunicazione interpersonale. In materia di marchi comunitari, leLinee Guida dell’UAMI ci danno

delle interessanti e utili definizioni:“Per ordine pubblico s’intende il corpodi tutte le norme giuridiche indispensa-bili al funzionamento di una societàdemocratica e di uno stato di diritto”. Perl’UAMI l’ordine pubblico ricom-prende quindi generalmente tutti iprincipi di legge, anche se in un’ac-cezione molto lata. Per buon costumesi intendono quelle norme che sono asso-lutamente necessarie per il corretto fun-zionamento di una società. È ancora spe-cificato che “L’articolo 7.1, lettera f),RMC non riguarda quindi il cattivogusto o la protezione di sentimenti indi-viduali”. Per ricadere negli impedi-menti di cui alla citata norma “unmarchio deve andare direttamente controle norme fondamentali della società. Laratio è impedire la registrazione di marchiquando la concessione di un monopoliopregiudicherebbe lo stato di diritto”.In linea generale dovrebbero essereesclusi dalla registrazione come mar-chio tutti i riferimenti o le incitazionidirette a commettere atti criminali, inomi di organizzazioni terroristiche,oltre che le frasi blasfeme, razziste odiscriminatorie, ma solo se tale signi-ficato sia trasmesso dal marchiorichiesto in modo esplicito e inequi-vocabile. Ribadisce anche l’UAMIche i marchi che potrebbero essereconsiderati di cattivo gusto non tra-sgrediscono questa disposizione.Sulla base di questi principi, l’UAMIha accettato la registrazione del mar-chio “FUCKING HELL” per prodottidelle classi 25, 32 e 33 (CTM6025159); anche se rileviamo che lamaggior parte dei marchi contenentianaloghe espressioni volgari sonostati precedentemente rifiutati.L’UAMI ha rifiutato:• “PAKI” nelle classi 6, 20, 37 e 36(CTM 4790895), perché l’pressione“paki” in inglese è percepita conuna connotazione discriminatoriae razzista nei confronti della mino-ranza pakistana della popolazione.La Commissione dei Ricorsi e conrecente sentenza del 5 ottobre 2011anche la Corte di Giustizia (caso T-526/09) hanno confermato ilrifiuto di registrazione di tale mar-chio, perche si tratta di un insultorazzista, percepito dal pubblicoinglese come offensivo e sprez-zante, a prescindere dai prodotti eservizi designati;

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• SIMBOLO DELLE REPUBBLICHESOVIETICHE (CTM 005585898)perché in alcuni Paesi dell’UEavrebbe richiamato il regime tota-litario sovietico, suscitando ricordinegativi e dolorosi per la popola-zione.;

• “COSA NOSTRA” per un gioco datavolo in classe 28 (CTM009450751); purtroppo il testo delladecisione non è disponibile e non èstato proposto ricorso; possiamocomunque immaginare i motivi dirifiuto da parte dell’UAMI. Segna-liamo, tuttavia, che l’UIBM hainvece ritenuto di concedere laregistrazione a ben 4 marchi nazio-nali (registrazioni n. 489998,645147, 846097, 1076025) costituitio comunque contenenti l’espres-sione “COSA NOSTRA”.

La maggiore difficoltà che si poneper l’Esaminatore dell’UIBM e del-l’UAMI, comunque, è la necessità divalutare la conformità al buoncostume e all’ordine pubblico delsegno in sé, così come depositato,senza considerare il contesto comu-nicazionale in cui il Titolare lo usa ouserà. Il giudizio infatti, vieneespresso sulla base della semplicedomanda di registrazione, con l’in-dicazione del marchio e i pro-dotti/servizi che il marchio è desti-nato a contraddistinguere.In questa fase i “paletti” dell’esami-natore saranno costituiti oltre chedalla legge, anche da valutazioni inmerito alla volgarità, alla decenza eal pudore, generalmente percepitidalla coscienza generale e dal voca-bolario attuale. E, anche se le Lineeguida dell’UAMI invitano gli esami-natori a non farsi condizionare dal“gusto personale”, non è da esclu-dere che il bagaglio culturale edemozionale di un Esaminatore possaincidere sul giudizio. Il marchio nonè solo un’espressione, un logo, unaforma, ma è un insieme di messaggipubblicitari e comunicazionali che iltitolare costruisce e trasmette. La valutazione dell’eventuale con-trasto alla legge, buon costume eordine pubblico dovrebbe quindiconsiderare anche le potenzialitàespressive e comunicative del segno.Nel caso di marchi già usati ocomunque di attività pubblicitariegià svolte o di una particolare

valenza comunicazionale del segno,la valutazione potrà tener conto del-l’insieme di valori e messaggi tra-smessi. Occorrerebbe valutare anchela comunicazione dell’impresa, purse in prospettiva futura (Codice Com-mentato della Proprietà Industriale eIntellettuale, a cura di C. Galli e A.M.Gambino, 2011, UTET, pagina 199).Possiamo auspicare un esame piùapprofondito da parte dell’UIBM edell’UAMI delle domande di regi-strazione contenenti espressionisconvenienti, tenendo conto che, aparte il cattivo gusto (incensurabile),taluni segni ed espressioni rappre-sentano senza dubbio delle viola-zioni dei principi di legge, ordinepubblico buon costume e, in questicasi, i rifiuti di registrazione potreb-bero essere fondati. Inoltre, ricor-diamo anche che chiunque ne abbia

interesse e comunque ritenga violatitali principi può, se lo ritiene, pre-sentare le proprie Osservazionirispettivamente all’UIBM, ai sensidell’articolo 175 CPI e all’UAMI, aisensi dell’articolo 40 RMC, specifi-cando i motivi per i quali il marchiodovrebbe essere escluso dalla regi-strazione. Ciò non toglie, comunque,che anche motivi di deontologia pro-fessionale e di coerenza con la repu-tazione e dignità professionale,impongono al Consulente marchi divalutare preliminarmente con ilCliente l’opportunità di depositaremarchi costituiti da segni volgari einopportuni. Vi sono infatti dei limitidettati dal buon gusto, dall’opportu-nità e dal rispetto del comune sen-tire, che dovrebbero scoraggiare ildeposito di marchi con locuzioni esegni volgari e offensivi.

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ACTA (Anti-CounterfeitingTrade Agreement)

Il 1º Ottobre 2011 il Ministro degliAffari Esteri giapponese ha tenutola cerimonia di apertura alle firmedell’ACTA (Anti-CounterfeitingTrade Agreement).L’ACTA è stato per ora firmato daotto tra i Paesi che hanno parteci-pato ai negoziati: Stati Uniti, Austra-lia, Canada, Giappone, Sud Corea,Marocco, Nuova Zelanda e Singa-pore. I rappresentanti di Unione Europea,Messico e Svizzera non hanno perora firmato, ma hanno dichiaratoche stanno portando avanti le pro-cedure necessarie per la firma.L’Accordo resterà aperto alle ade-sioni sino al 1º Maggio 2013. Per iPaesi che hanno già siglato l’Ac-cordo, il passo successivo e finalesarà il deposito degli strumenti diratifica. L’ACTA entrerà in vigore dopo chesarà stata depositata la sesta ratifica.Ai negoziati Acta ha partecipato un

misto di Paesi già sviluppati ed eco-nomie emergenti: Australia,Canada, l’Unione Europea con i 27Paesi membri, Giappone, Repub-blica di Corea, Messico, Marocco,Nuova Zelanda, Singapore, Sviz-zera, U.S.A. L’ACTA nasce da un’idea lanciatada Giappone e Stati Uniti nel 2006.Incontri preliminari tra le Parti sisono tenuti tra il 2006 ed il 2007. Inegoziati veri e propri sono iniziatinel 2008, e si sono conclusi a Tokionel Novembre 2010.L’ACTA intende rispondere ai cre-scenti fenomeni di contraffazione epirateria, anche a livello globale, amonte dei quali vi sono spesso orga-nizzazioni criminali coinvolte in rici-claggio di denaro e traffico di droga,ed alla crescente importanza diInternet come mezzo attraverso ilquale vengono perpetrati atti dipirateria.Attraverso l’ACTA si intende tute-

Rosalba Palmas

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lare innovazione, qualità, creativitàche, per quasi tutti i Paesi parteci-panti ai negoziati, rappresentanoun’importante strumento di compe-titività nei confronti di altre econo-mie mondiali.Contraffazione e pirateria, oltre cheerosione della competitività, deter-minano ingenti perdite di posti dilavoro (si stimano circa 2 milioni diposti di lavoro persi all’anno), dimi-nuzione dei gettiti fiscali, ed ingenticosti per gli Stati in funzione dellalotta contro di essi.La contraffazione costituisce inoltreun rischio per la salute pubblica,specialmente quando riguarda pro-dotti quali farmaci, articoli per lacura della persona, cibo e bevande,parti di automobili, giocattoli. Nelsettore farmaceutico la contraffa-zione è in continua crescita. Si stimache i farmaci contraffatti costitui-scano circa il 10% del commerciomondiale di medicine. Scopo dichiarato dell’Unione Euro-pea è assicurarsi un vantaggio com-petitivo nell’economia globale, edifenderlo dagli attacchi della pira-teria e della contraffazione. L’Unione Europea ha visto ridursinegli anni tale vantaggio, in quantoda un canto non è mai riuscita arimontare il GAP a suo sfavore conStati Uniti e Giappone, e dall’altrosta vedendo diminuire il propriovantaggio nei confronti Cina.L’espansione dei fenomeni di con-traffazione è dimostrata dal numerodi spedizioni bloccate alle frontierecomunitarie, che sono passate dalle43.500 del 2009 alle circa 80.000 del2010.Tra gli obiettivi proclamati del-l’ACTA vi è innanzitutto l’armoniz-zazione dei sistemi legali nel campodella difesa dei diritti di proprietàintellettuale, la fissazione di unostandard comune, o il migliora-mento degli standard esistenti, perottenere il rispetto dei diritti di pro-prietà intellettuale, la determina-zione di quali siano le best practicesper rendere effettiva la tutela deidiritti di proprietà intellettuale, ilrafforzamento del sistema legaledelle Parti per combattere le viola-zioni, in particolare la contraffazionee gli atti di pirateria condotti su scalacommerciale. Viene inoltre indivi-

duato quale elemento chiave perottenere risultati efficaci nella lottaalle violazioni l’accrescimento dellacooperazione internazionale, anchea livello doganale.L’ACTA non mira a porre in essereleggi eccessivamente restrittive opunitive sulla carta, ma promuoveprassi che possano rendere efficacile leggi.Durante i negoziati ha prestato lapropria consulenza l’ACTA Busi-ness Response Group, composto dacirca 30 organizzazioni del mondoimprenditoriale dei Paesi Parte.L’amministrazione statunitense harichiesto anche la consulenza di uncomitato consultivo composto darappresentanti di alcune multina-zionali.Per il resto, i negoziati si sono svoltiin regime di segretezza, escludendosia i cittadini dei Paesi partecipanti,che i Paesi in via di sviluppo. Questo ha scatenato una ridda disupposizioni, critiche e voci espri-menti timore per i diritti fondamen-tali e le libertà dei cittadini. Suppo-sizioni, critiche e voci che sono stateampliate in modo sensazionalisticodai media, ingenerando un clima disospetto. Si è addirittura parlato diun ”new kind of International IPlawmaking”.Su Wikileaks, dal 2008 sino alla pub-blicazione del testo definitivo del-l’Accordo nel 2010, sono apparsitesti attribuiti ai negoziati ACTA,che hanno contribuito a fomentarel’emergere di diverse congetture inmerito al reale contenuto, motiva-zioni ed obiettivi dell’Accordo.Le varie supposizioni parlavanodella negoziazione di una cospicuaestensione del termine di protezionedel copyright, del fatto che sareb-bero stati posti ostacoli alle impor-tazioni parallele ed alla accessibilitàai farmaci generici, che sarebberostati permessi controlli doganali esequestri di iPods e laptops di viag-giatori in transito (le cosiddette“iPod seizures”), controlli delleAutorità sul traffico Internet volte ariscontrare violazioni commesse daprivati, alle quali sarebbe seguital’applicazione della “three strikesrule”, ovvero la disconnessione del-l’accesso ad Internet nel caso di treripetute violazioni, che sarebbe stata

permessa la concessione con troppafacilità di ingiunzioni per presunteviolazioni dei diritti di proprietàintellettuale, e previste misure voltea congelare i conti degli individuisospettati di attività in violazione ditali diritti. Si è addirittura vociferato di cancel-lazione o riduzione di alcuni diritticivili, di avocazione di competenzedel potere giudiziario, e di limita-zioni della sovranità dei Paesi infavore degli interessi delle potentiindustrie dei media.Inoltre è stato contestato che, nono-stante la segretezza dei negoziati peri cittadini, rappresentanti del mondoimprenditoriale hanno fatto partedei comitati consultivi ed hannoavuto accesso ai documenti riservati. D’altro canto gli Stati partecipanti ainegoziati non hanno certo miglio-rato la situazione, fornendo, comehanno fatto degli Stati Uniti, giusti-ficazioni assurde quale il fatto che lasegretezza degli atti fosse dovuta aragioni di salvaguardia nazionale.Di fatto è prassi, quando vi sononegoziati tra Stati sovrani, non ren-dere pubblico il contenuto di questi.Infatti la Commissione UE ha soste-nuto che motivo della segretezza erail voler facilitare i negoziati.Da parte di Paesi terzi è stataespressa preoccupazione per ladiminuzione del ruolo della WorldTrade Organization che i negoziatie l’eventuale successivo accordoavrebbero comportato.In particolare, India, Brasile e Cinahanno espresso osservazioni sullacompatibilità dell’ACTA con laDichiarazione di Doha su TRIPS eSalute Pubblica e sul fatto chel’ACTA abbia secondo loro scaval-cato la prassi degli accordi interna-zionali, nonchè riserve riguardo lasegretezza nella quale si sono svoltii negoziati. L’India ha parlato di un accresci-mento oltre ogni ragionevole misuradei poteri dei titolari di diritti di pro-prietà intellettuale.Occorre però ricordare che Brasile,India e Cina, che parrebbe non sianostati formalmente invitati a parteci-pare ai negoziati, avevano impeditol’inclusione dell’enforcement comeordine del giorno permanente nelWTO Council for TRIPS.

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È stato obiettato che il ricorso ainegoziati ACTA è stato un passodeterminato dal fatto che molteplicitentativi per giungere a un approc-cio multilaterale sono falliti a causadella resistenza e dell’opposizioneda parte di altri attori globali. Per-tanto un accordo plurilaterale è sem-brato essere lo strumento più idoneoper affrontare questioni specifiche alivello internazionale, vista la pres-sante esigenza di migliorare ilsistema legale internazionale inseguito ai cambiamenti determinatidalle nuove tecnologie negli ultimianni. Di fatto l’accordo TRIPS è statoconcluso nel 1994, quando ancoranon erano sorte alcune delle proble-matiche attuali, anche in ambitodigitale.A livello di Unione Europea sonostate espresse preoccupazionisoprattutto per la mancanza di tra-sparenza dei negoziati, nonché peruna possibile incompatibilità delledisposizioni dell’ACTA con l’acquiscommunautaire.Membri del Parlamento Europeohanno richiesto che tutti i documentidei negoziati fossero resi pubblici edhanno contestato l’asimmetria tral’accesso agli atti da parte dellalobby delle organizzazioni indu-striali e la mancanza di possibilità diaccesso per i parlamentari e le orga-nizzazioni di pubblico interesse. Una Risoluzione del ParlamentoEuropeo ha lamentato che non siastata richiesta l’approvazione delParlamento per il mandato nego-ziale, ed ha espresso parere negativoverso un’eventuale adozione dellathree strikes rule, in quanto nonrispettosa della tutela dei dati per-sonali e della privacy. Inoltre haposto in rilievo come le disposizioniconcordate non avrebbero dovutocondizionare l’accesso globale amedicinali, compresi i farmaci gene-rici, legali, sicuri, a un prezzo ragio-nevole, con il pretesto della lotta allacontraffazione Anche il Garante Europeo della Pro-tezione dei Dati nel Parere del Giu-gno 2010 ha espresso rammarico pernon essere stato consultato dallaCommissione Europea sul conte-nuto dei negoziati, ed ha quindiespresso un parere agendo di pro-pria iniziativa.

In tale Parere il Garante ha richiestotrasparenza e dialogo con il pub-blico. Si è opposto a politiche didisconnessione da Internet dopo treavvisi (three strikes rule), in quantoinvasive della sfera privata dellepersone, dei loro diritti di privacy eprotezione dei dati, e contrarie alprincipio del giusto processo.Misure di tale tipo andrebbero adot-tate solo per violazioni su scala com-merciale o in caso di gravi violazionidei diritti.La Commissione Europea ha quindiorganizzato nel 2008 e nel 2009diverse conferenze delle parti inte-ressate, aperte a cittadini, industria,organizzazioni non governative estampa, e nel corso di tali conferenzeha risposto alle domande poste inmerito. Tra i sostenitori dei negoziati ACTAvi sono state associazioni comeINTA, MARQUES, ECTA, BASCAP,INDICAM.Approvazione e sostegno sono statipure espressi nell’Unione Europea enegli Stati Uniti da organizzazionidi industriali, gruppi di interesse edassociazioni di professionisti edaccademici a conoscenza dei testiprovvisori dell’Accordo.Il testo definitivo dell’ACTA è strut-turato in un Preambolo; un primocapitolo dedicato alle disposizionigenerali ed alle definizioni; ilsecondo capitolo relativo al sistemalegale per il rispetto dei diritti diproprietà intellettuale, con sezionidedicate alle disposizioni civili,ingiunzioni, disposizioni relativealla stima del risarcimento, provve-dimenti provvisori, disposizionidoganali, disposizioni penali,rispetto dei diritti di proprietà intel-lettuale in ambiente digitale; il terzocapitolo riguarda le procedure dienforcement; il quarto capitolo èdedicato alla cooperazione interna-zionale; il quinto capitolo concernele disposizioni istituzionali; edinfine il sesto ed ultimo capitolo èrelativo alle disposizioni finali. Nel Preambolo si asserisce che l’ef-fettivo rispetto dei diritti di pro-prietà intellettuale è decisivo per lacrescita dell’economia. La prolifera-zione di beni contraffatti e di merciusurpative compromette il legittimocommercio e lo sviluppo dell’eco-

nomia mondiale, causa ingenti per-dite economiche per i titolari deidiritti di proprietà intellettuale, ed avolte costituisce una fonte di ricaviper il crimine organizzato.Pertanto l’ACTA intende fornirestrumenti efficaci ed appropriati, acomplemento del TRIPS Agreement,per il rispetto dei diritti di proprietàintellettuale, tenendo conto delle dif-ferenze nei sistemi e prassi legalidelle Parti. Le misure previste noncostituiranno barriere al legittimocommercio.In ambito digitale il rispetto deidiritti di proprietà intellettualedovrà essere attuato in maniera taleda bilanciare i diritti ed interessi deititolari dei diritti di proprietà intel-lettuale, dei providers e degli utiliz-zatori. Inoltre l’ACTA intende pro-muovere la cooperazione tra provi-ders e titolari di diritti. Per quanto riguarda il rispetto degliaccordi internazionali ai quali leParti aderiscono, l’ACTA espressa-mente riconosce i principi espressinella Doha Declaration on the TRIPSAgreement and Public Health. Sta-bilisce che niente dei suoi contenutiè a deroga di qualsiasi obbligazioneassunta tra una Parte contraente equalsiasi altra Parte nell’ambito diaccordi esistenti, incluso il TRIPSAgreement. Gli obiettivi e principistabiliti dalla Parte I del TRIPSAgreement, i particolare gli Articoli7 ed 8 (obiettivi e principi), si appli-cano all’Accordo.Ciascuna Parte sarà libera di adot-tare misure attuative delle disposi-zioni dell’ACTA appropriate al pro-prio sistema legale e prassi. La Partipossono adottare misure legislativedi più ampia portata rispetto aquelle previste dall’ACTA, sempreche queste misure non contravven-gano alle disposizioni contenute nel-l’Accordo stesso. Molte previsioniACTA non sono obbligatorie, ma laloro applicazione è lasciata alladiscrezionalità delle Parti.Quanto stabilito dall’ACTA non pre-giudicherà le disposizioni legislativedelle Parti riguardanti l’esistenza,acquisizione, estensione e manteni-mento di diritti di proprietà intellet-tuale. Non è infatti previsto unobbligo delle Parti di creare misurea protezione di diritti di proprietà

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intellettuale, se non esistenti nelleproprie leggi e regolamenti.Non vi è obbligo delle Parti di divul-gazione di informazioni, se taledivulgazione è contraria alle leggilocali, incluse le leggi sulla prote-zione della privacy, o ad accordiinternazionali ai quali siano ade-renti, né vi è obbligo di divulgazionedi informazioni riservate, se taledivulgazione impedirebbe l’attua-zione delle leggi locali, o sarebbecontraria al pubblico interesse, opregiudizievole per i legittimi inte-ressi commerciali di imprese pub-bliche o private.Per “Merci contraffatte (Counterfeittrademark goods)” si intendono lemerci, compreso il loro imballaggio,su cui sia stato apposto senza auto-rizzazione un marchio identico, oche non possa essere distinto neisuoi aspetti essenziali, a quello vali-damente registrato per le stessemerci, e che pertanto violi i dirittidel titolare del marchio in questionesecondo le disposizioni legislativedel Paese nel quale vengono richie-ste le misure a tutela.La mancanza di autorizzazione, perl’Unione Europea, andrà consideratacompatibilmente con il principiodell’esaurimento comunitario.“Merci usurpative (pirated copy-right goods)” vengono definite lemerci che costituiscono copie fab-bricate direttamente o indiretta-mente da un articolo senza il con-senso del titolare del diritto o di unapersona da questi autorizzata nelPaese di produzione, quando la pro-duzione di tali copie costituisca unaviolazione di diritti d’autore o diritticonnessi secondo le leggi del Paesedove vengono richieste le misure atutela.La definizione di merci contraffatteè quasi identica a quella contenutanell’Art. 2, comma 1, lettere a) i)Regolamento (CE) N. 1383/2003 del22 luglio 2003 relativo all’interventodell’autorità doganale nei confrontidi merci sospettate di violare talunidiritti di proprietà intellettuale e allemisure da adottare nei confronti dimerci che violano tali diritti. Ladefinizione di merci usurpativericalca pure quella contenuta in taleRegolamento, all’Art. 2, comma 1,lettera b).

Le ingiunzioni, le disposizione rela-tive al calcolo del risarcimento ed iprovvedimenti provvisori previstidall’ACTA si applicano a tutti idiritti di proprietà intellettualeinclusi nelle “Sections 1 through 7 ofPart II of the TRIPS Agreement”,ovvero diritto d’autore e connessi,marchi, indicazioni geografiche,modelli e disegni, brevetti, topogra-fie di circuiti integrati, informazioniriservate. Ovviamente in quanto talidiritti ricevano tutela nel PaeseParte.Ciascuna Parte deve prevedere pro-cedure tali da permettere un’azioneefficace contro gli atti di violazionedei diritti di proprietà intellettuale,incluse misure per prevenire rapi-damente tali violazioni e rimedi checostituiscano un deterrente controfuture violazioni. Le disposizioni a tutela dei diritti diproprietà intellettuale devono essereapplicate in modo da evitare la crea-zione di barriere al legittimo com-mercio, e devono essere previstemisure a salvaguardia dal loroabuso. Le procedure devono essereleali ed eque, prevedere una appro-priata protezione di tutti i soggetti,non essere inutilmente complesse ocostose, non comportare tempi irra-gionevoli o ingiustificati ritardi. Videve essere proporzionalità tra l’in-frazione commessa, gli interessi deiterzi e le misure, rimedi e sanzioniapplicabili.Le Parti possono escludere l’appli-cazione delle disposizioni delSecondo capitolo (disposizioni civili,ingiunzioni, disposizioni relative alcalcolo de risarcimento, provvedi-menti provvisori, disposizioni doga-nali, disposizioni penali, rispetto deidiritti di proprietà intellettuale inambiente digitale) a brevetti edinformazioni riservate. Nei procedimenti civili le autoritàgiudiziarie avranno il potere diingiungere alla parte citata di ces-sare la violazione, e di impedire chei prodotti oggetto della violazionevengano immessi in commercio. In considerazione del fatto che i tito-lari di diritti incontrano spesso dif-ficoltà nel calcolare e provarel’esatto ammontare del dannosubito, l’ACTA ha previsto delledisposizioni in merito.

Nel determinare l’ammontare delrisarcimento, le autorità giudiziariepotranno prendere in considera-zione il lucro cessante, il valoresecondo prezzo di mercato dei pro-dotti/servizi in violazione, ed ilprezzo di vendita suggerito. Per vio-lazione di diritti di marchio, dirittid’autore e diritti connessi il soggettoin violazione potrà essere condan-nato a corrispondere al titolare deidiritti i profitti che possano essereattribuiti all’attività contraffattivaposta in essere. Per violazione di diritti di marchio,diritti d’autore e diritti relativi adopere, fonogrammi ed esecuzionideve essere presente un sistema chepreveda danni prestabiliti, presun-zioni tali da determinare un risarci-mento sufficiente a compensare iltitolare dai danni causati dalla vio-lazione (la quantità di prodotti inpossesso di terzi moltiplicata per ilprofitto per unità di prodotto cheavrebbe avuto il titolare se non vifosse stata violazione; royalty ragio-nevole; royalty che avrebbe dovutopagare l’autore della violazione perottenere l’uso del diritto). Almenoper le violazioni di diritto d’autoredeve essere prevista la possibilità didanni addizionali.Inoltre deve essere previsto a favoredella parte vittoriosa il rimborso deicosti di giudizio e per assistenzalegale.Perlomeno per violazioni di dirittidi marchio e di diritti d’autore è pre-vista la distruzione, senza alcun rim-borso per l’autore della violazione,dei prodotti contraffatti o dellemerci usurpative. È prevista anchela distruzione o l’esclusione dai cir-cuiti commerciali, da attuare senzaritardi e senza corrispettivo per l’au-tore della violazione, dei materiali estrumenti utilizzati per la produ-zione dei prodotti contraffatti/usur-pativi.Le autorità avranno il potere di ordi-nare, dietro giustificata richiesta deltitolare dei diritti di proprietà intel-lettuale, all’autore della violazioneo presunto tale, di fornire al titolareo all’autorità giudiziaria le informa-zioni in suo possesso, informazioniche possono riguardare le personecoinvolte in qualsiasi aspetto dellaviolazione o presunta violazione, e

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gli strumenti di produzione o icanali di distribuzione dei prodotticontraffatti o presunti contraffatti,inclusa l’identificazione di terzi sup-postamente coinvolti nella produ-zione e distribuzione di questi pro-dotti o servizi, e dei loro canali didistribuzione.Devono essere previsti rapidi edefficaci provvedimenti provvisoriatti a prevenire violazioni di dirittidi proprietà intellettuale, ad impe-dire l’immissione in commercio dibeni prodotti in violazione di dirittidi proprietà intellettuale, o a salva-guardare le prove relative alla vio-lazione.Saranno previsti provvedimentiprovvisori inaudita altera partequando qualsiasi ritardo potrebbeessere causa di danno irreparabileper il titolare dei diritti o quando ilmateriale di prova corra il rischio diessere distrutto. È prevista la prestazione di garanziea difesa del convenuto, onde preve-nire abusi, ed anche un indennizzose le misure vengono revocate odecadono per per azione od omis-sione del richiedente, o se viene rico-nosciuto che non c’è stata violazionedi diritti di proprietà intellettuale.Quanto previsto nella parte relativaalle disposizioni doganali non siapplica a brevetti ed informazioniriservate, mentre trova attuazioneper le spedizioni commerciali di pic-cola entità. Le Parti possono esclu-dere l’applicazione di queste misurea modeste quantità di prodotti nondestinati al commercio e facenti partedel bagaglio personale di viaggiatori.Le autorità doganali possono agirenon solo su richiesta dei titolari didiritti, ma anche di loro iniziativa,per sospendere l’immissione inlibera pratica o disporre il bloccodelle merci. È prevista la possibilitàper le Parti di applicare le misuredoganali anche alle merci in transito.Devono essere previste procedureattraverso le quali si determini, inun lasso di tempo ragionevole, se lemerci sospette violino diritti di pro-prietà intellettuale.È prevista la distruzione o la esclu-sione dai circuiti commerciali dellemerci contraffatte o usurpative. Lasemplice rimozione dei marchi ille-gittimamente apposti, salvo casi

eccezionali, non sarà sufficiente apermettere la re-immissione in com-mercio dei beni.Le tasse per le domande di inter-vento, e le spese dovute da parte deltitolare dei diritti per la custodia ola distruzione delle merci nondevono essere tali da scoraggiare ilricorso a queste procedure.Le Parti devono prevedere procedi-menti e sanzioni penali almeno peril caso di contraffazione o atti dipirateria relativi a violazioni didiritti d’autore e diritti connessi,quando siano intenzionali e com-messi su scala commerciale.Gli atti commessi su scala commer-ciale includono perlomeno quellieffettuati come attività commercialeper vantaggio economico o com-merciale diretto od indiretto. Al riguardo, la definizione di “com-mercial scale” del WTO è invece laseguente: “counterfeiting or piracycarried on the magnitude or extentof typical or usual commercial activ-ity with respect to a given productin a given market”. È stato pertantoosservato da parte di alcuni che ladefinizione ACTA non è in linea conquella del WTO.È prevista la responsabilità penaleanche per il favoreggiamento edanche a carico delle persone giuridi-che.Procedimenti e sanzioni penali ver-ranno applicati anche in caso diimportazione intenzionale ed usonazionale interno, nel corso del com-mercio e su scala commerciale, dietichette ed imballaggi, ai quali siastato applicato, senza autorizza-zione, un marchio identico o chenon possa essere distinto rispetto adun marchio registrato in tale territo-rio, e che siano destinati nei canalicommerciali a beni o servizi identiciai beni o servizi per i quali il mar-chio è registrato. Procedimenti e sanzioni penali pos-sono essere previste per copia nonautorizzata di opere cinematografi-che, eseguita durante la rappresen-tazione in un locale per proiezionicinematografiche aperto al pubblico. Dovranno essere previste penedetentive e sanzioni pecuniarie suf-ficientemente elevate da fungerequale deterrente per futuri atti diviolazione, coerentemente con il

livello delle sanzioni applicate percrimini di corrispondente gravità.Le autorità competenti avranno ilpotere di sequestrare le merci insospetta violazione, i materiali estrumenti utilizzati per commetterela sospetta violazione, le provedocumentali, ed i proventi ottenutidirettamente o indirettamente dallasospetta violazione. Una volta accertata la violazione, èprevisto il sequestro, la distruzioneo la esclusione dai circuiti commer-ciali, senza alcun indennizzo perl’autore della violazione, di tutti iprodotti contraffatti o merci usur-pative. Sono inoltre previsti il seque-stro o la distruzione, senza alcunindennizzo per l’autore della viola-zione, dei materiali e strumenti uti-lizzati per commettere la violazione,ed il sequestro dei proventi ottenutidirettamente o indirettamente dallaviolazione.Le investigazioni o le azione penalipossono essere intraprese d’ufficio.Le Parti devono prevedere azioniefficaci contro la violazione di dirittidi proprietà intellettuale commessein ambito digitale, inclusi rimedirapidi per prevenire tali violazioni erimedi che costituiscano un deter-rente per ulteriori violazioni. Taliazioni possono essere previste anchecontro l’illegittimo utilizzo di mezzidi ampia distribuzione con intenti diviolazione, e qui il collegamento piùovvio è con le merci contraffattevendute attraverso Internet.È fatto presente nelle diverse dispo-sizioni che le misure devono essereattuate in modo da evitare la crea-zione di barriere ad attività legit-time, incluso il commercio elettro-nico, e devono essere preservatiprincipi fondamentali quali la libertàdi espressione, il giusto processo ela tutela della privacy. Si dovrà promuovere la coopera-zione con il mondo imprenditorialeper combattere la violazione deidiritti di marchio o di autore.Le Parti possono attribuire alle auto-rità competenti il potere di richie-dere ai service providers di forniretempestivamente ai titolari dei dirittiinformazioni sufficienti ad identifi-care l’utente il cui account è statosuppostamente usato per commet-tere una violazione.

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Dovranno essere previsti protezionee rimedi legali efficaci a tutela delletechnological measures, ovveri idispositivi tecnologici ideati per pre-venire o limitare atti non autorizzatisu opere, fonogrammi ed esecuzioni.Saranno sanzionabili l’elusione fun-zionale di tali dispositivi, ed anchela commercializzazione, produ-zione, importazione e distribuzionedi dispositivi o prodotti, inclusi pro-grammi per computer, che servanoper disabilitare le technological mea-sures. Questo anche nel caso in cuitali dispositivi abbiano un limitatoscopo commerciale oltre a quello didisabilitazione delle technologicalmeasures. Inoltre sono previste protezione erimedi legali effettivi contro chirimuove o altera le electronic rightsmanagement information, ovvero leinformazioni elettroniche sul regimedel diritto d’autore, che identificanoi diritti, i termini e le condizionid’uso relativi ad opere, fonogrammied esecuzioni, apposte sugli stessi ocomunque portate a conoscenza dichi ne prende visione o ascolto.La tutela riguarderà le attività ille-gali intese a rimuovere o alterare leinformazioni elettroniche, nonché ladistribuzione, l’importazione a finidi distribuzione, la diffusione perradio o televisione, la comunica-zione o messa a disposizione delpubblico di opere, fonogrammi edesecuzioni, essendo a conoscenzadel fatto che le relative informazionisono state eliminate o alterate senzaautorizzazione. Questa disposizione ricalca in buonaparte l’Art. 56 della Direttiva2001/29/CE del 22 maggio 2001 sul-l’armonizzazione di taluni aspettidel diritto d’autore e dei diritti con-nessi nella società dell’informazione.Le Parti dovranno promuovere losviluppo di competenze specializ-zate tra le autorità preposte allatutela dei diritti di proprietà intel-lettuale. Dovranno promuovere laraccolta ed analisi di informazionistatistiche ed altre informazioni rile-vanti per il rispetto dei diritti di pro-prietà intellettuale, nonché la rac-colta di informazioni sulle best prac-tices per prevenire e combattere laviolazioni dei diritti di proprietàintellettuale.

Dovrà essere promosso il coordina-mento tra le autorità competenti, ela formazione e mantenimento digruppi consultivi, che possano for-nire alle autorità il punto di vista deititolari di diritti e di altri portatoridi interessi.A livello doganale è prevista la col-laborazione internazionale tra auto-rità competenti delle Parti.Dovrà poi essere promossa la tra-sparenza riguardo il sistema ditutela dei diritti di proprietà intel-lettuale, e rese disponibili al pub-blico le informazioni riguardanti leprocedure per rendere effettivi idiritti di proprietà intellettuale, leautorità competenti ed i punti dovericevere assistenza, le leggi, regola-menti e decisioni, e l’impegno postodalle autorità per assicurare un effet-tivo rispetto e protezione dei dirittidi proprietà intellettuale.Andrà accresciuta la pubblica con-sapevolezza dell’importanza delrispetto dei diritti di proprietà intel-lettuale e degli effetti deleteri dellaloro violazione.Le Parti ACTA riconoscono che lacooperazione internazionale è vitaleper realizzare un’effettiva prote-zione dei diritti di proprietà intel-lettuale, e si impegnano a promuo-vere la cooperazione tra le proprieautorità competenti per il rispettodei diritti di proprietà intellettuale.Questa cooperazione potrà inclu-dere anche quella in campo penalee nel settore delle disposizioni doga-nali per quanto incluso nell’ambitodell’Accordo.Ciascuna Parte si adopererà per for-nire assistenza per la capacity buil-ding ed assistenza tecnica alle altreParti. Capacity building ed assi-stenza tecnica potranno riguardarelo sviluppo della conoscenza delpubblico riguardo i diritti di pro-prietà intellettuale, lo sviluppo edattuazione di legislazioni nazionalirelative al rispetto dei diritti di pro-prietà intellettuale, la formazione difunzionari nel settore della tutela deidiritti di proprietà intellettuale, edoperazioni coordinate condotte alivello regionale e multilaterale.Diversamente da altri accordi inter-nazionali, l’ACTA non prevede undispute settlement system, né l’in-tervento di un tribunale internazio-

nale, né alcun arbitrato. CiascunaParte, in riferimento a questioni con-nesse con l’attuazione dell’Accordo,può semplicemente richiedere diavere consultazioni con un’altraParte.Il Committee, composto da membridi tutte le Parti, si riunisce almenouna volta all’anno. Verifica l’attua-zione dell’Accordo e propone even-tuali modifiche.Le decisioni del Committee vengonoprese in base al principio del con-senso, quindi una decisione vieneadottata se nessuna delle Parti pre-senti muove obiezioni.È previsto l’ausilio gruppi di lavorocomposti da soggetti non governa-tivi.Riguardo le teorie e voci allarmisti-che sorte prima che venisse resopubblico il testo dell’ACTA, occorreconstatare che l’ACTA non mette indiscussione gli standard di prote-zione dei diritti individuali nè creanuovi diritti di proprietà intellet-tuale. Il determinare quali casi costi-tuiscano effettivamente violazionedi diritti di proprietà intellettualeviene lasciato alle leggi locali. Difatto, le Parti dovranno far rispettaree prevedere misure efficaci per latutela dei diritti già presenti nellerispettive legislazioni.Le questioni relative ai brevetti nonsono previste nè tra le misure penalinè tra le misure doganali, mentre leParti sono lasciate libere di applicaread essi le disposizioni civili.Per quanto riguarda le contestazionisorte riguardo l’inclusione di misurepenali, occorre ricordare che ancheil TRIPS Agreement contiene la pre-visione di misure di tal genere. Sem-pre riguardo la compatibilità o loscavalcamento del TRIPS Agree-ment, occorre ricordare che questostabilisce che i membri possono pre-vedere una protezione più estesarispetto alle disposizioni contenutein esso, sempre che non le contrav-vengano. Il riconoscimento delTRIPS Agreement e il fatto cheniente dei contenuti dell’ACTApotrà costituire deroga ad obbliga-zione assunte dalle Parti nell’ambitodi accordi esistenti, dimostra chel’ACTA non ha voluto sminuire ocontestare il ruolo della WorldTrade Organization.

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Non sono contemplate dall’ACTA leviolazioni commesse da individuiper uso privato. Sono stati salvaguardati il diritto allaprivacy e le informazioni confiden-ziali, la libertà di espressione el’equo processo.Non prevedendo l’applicazionedelle disposizioni doganali ai bre-vetti, l’ACTA produce effetti moltolimitati settore farmaceutico. Il problema che è stato segnalatoanche da Medicins sans Frontieres,riguardo i farmaci generici, è il fattoche i farmaci hanno spesso nomisimili dovuti alle denominazioni deiprincipi attivi presenti al lorointerno, così come vi è la necessitàdi informare i consumatori sul fattoche il farmaco può sostituire un altrofarmaco coperto da diritto di mar-chio. Questo a volte può ingeneraredelle dispute. Considerato che perla tutela dei marchi l’ACTA ha pre-visto tutte le misure, compresequelle penali, si è espresso il timoreche queste misure possano colpire,almeno in via provvisoria, anchemedicinali non contraffatti, e per-tanto limitare l’accesso ai farmaci daparte del pubblico. Una misura che ha ricevuto il plausodei gruppi di consulenza, delle asso-ciazioni del mondo imprenditorialee di accademici e professionisti èquella che riguarda la possibilità diintervento doganale anche per spe-dizioni commerciali di piccolaentità. Spesso i prodotti contraffatti,soprattutto quelli venduti attraversoInternet, vengono spediti per postain modeste quantità, riuscendo cosìad eludere i controlli doganali.È stata invece contestata l’eccezioneche copre le pertinenze dei viaggia-tori, in quanto da il messaggio sba-gliato che comprare prodotti con-traffatti o non rispettare i dirittid’autore sia accettato dall’ordina-mento. Un disposizione che sarebbe statoimportante prevedere, ed il cui inse-rimento è stato richiesto dai gruppiche hanno prestato la loro consu-lenza per la redazione dell’ACTA, èquella prevista all’Art. 2, comma 1,lettere a) iii) Regolamento (CE) N.1383/2003 del 22 luglio 2003 relativoall’intervento dell’autorità doganalenei confronti di merci sospettate di

violare taluni diritti di proprietàintellettuale e alle misure da adot-tare nei confronti di merci che vio-lano tali diritti. Tale previsione sta-bilisce infatti che vengano conside-rati come merci contraffatte anchegli imballaggi, seppur presentatiseparatamente dalle merci. Questopermettere il blocco, distruzione oesclusione dai circuiti commercialidegli imballaggi, prima che venganoutilizzati per merci contraffatte.Una misura che ha pure incontrato ilfavore dei gruppi ed associazioni èquella che in campo penale stabili-sce il sequestro di beni per un valorecorrispondente a quelli lucrati attra-verso l’attività criminosa. Questamisura ha un effetto dissuasivo, eli-minando i benefici che si possanoottenere dai crimini.Una misura non prevista, e cheviene richiesta dai vari gruppi è lapubblicazione delle sentenze di con-danna.Viene inoltre richiesta, per i blocchidoganali di merci, l’eliminazione deicosti di deposito e distruzione per ititolari, e la riduzione dell’ammon-tare della garanzia da prestare. Ciòallo scopo di non rendere questiinterventi eccessivamente onerosiper i titolari di diritti.Per quanto riguarda l’Unione Euro-pea, l’iniziativa di partecipare ainegoziati ACTA rientra in quantoprevisto dall’Agenda di Lisbona(nella quale la Commissione avevaindicato i diritti di proprietà intel-lettuale come una delle risorse com-petitive dell’Unione Europea), nellaGlobal Europe strategy (per la qualeuno degli obiettivi chiave è rendereeffettiva la tutela dei diritti di pro-prietà intellettuale), in Putting kno-wledge into practice: A board-basedinnovation strategy for the EU(2006) della Commissione Europea(dove viene espressa la dipendenzadel futuro dell’Unione Europea dal-l’innovazione) ed in Europe 2020.Una Risoluzione del ParlamentoEuropeo a favore dell’ACTA è stataadottata il 24 Novembre 2010, dopola pubblicazione del testo definitivodell’Accordo.Nel Gennaio 2011 la “Opinion ofEuropean Academics on Anti-Coun-terfeiting Trade Agreement” haespresso parere negativo all’ade-

sione, in quanto è stato ritenuto chevi siano delle deviazioni rispettodall’acquis comunitario. Sono stateespresse preoccupazioni riguardo latutela dei diritti fondamentali, laprotezione dei dati, le ripercussionisulla vendita di medicinali generici.Sono state avanzate critiche suimetodi di stima dell’ammontare delrisarcimento e sulla mancanza di unequo bilanciamento degli interessi,dubbi sulla effettiva protezione deiterzi, e riserve sul fatto se sia appro-priato o meno prevedere all’internodell’ACTA l’utilizzo di rimedi e san-zioni penali, in considerazione delfatto che non vi è ancora stata un’ar-monizzazione a livello comunitario.Inoltre è stata rimarcata la mancanzanell’Accordo di un’espressa autoriz-zazione delle importazioni parallele,ed è stata criticata la definizione discala commerciale, differente daquella stabilita in ambito WTO.È stata subito presentata una replica,attraverso il “Working Paper” deiCommission Services UE.Nella replica si afferma che, perquanto riguarda i dubbi espressisulla tutela ed il bilanciamento deidiritti delle parti, vi è un equivocodovuto al fatto che l’ACTA è scrittoin maniera più generica rispetto airegolamenti/direttive UE. L’utilizzodi definizioni più generiche èdovuto alla necessità di dover farcollimare punti di vista di Paesi condifferenti sistemi legislativi. Comun-que l’ACTA è compatibile con ilquadro normativo UE, non richiederevisione o adattamento della legi-slazione comunitaria, nè richiedeche i Paesi membri debbano rive-dere le misure e gli strumenti attra-verso i quali tutelano i diritti di pro-prietà intellettuale. Un’altra analisi è stata condottaattraverso lo studio dell’UnioneEuropea del Giugno 2011 “The Anti-Counterfeiting Trade Agreement(ACTA): an assessment”, richiestodall’European Parliament’s Com-mittee on International Trade(INTA). La conclusione è stata chel’ACTA è in linea con la legislazionecomunitaria, ed in qualche aspettova addirittura oltre, soprattutto nel-l’ambito delle misure doganali. Inol-tre si sostiene che dall’adesioneall’ACTA non deriveranno muta-

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menti riguardanti le libertà civili egli standard sulla privacy.All’inizio del mese di Ottobre 2011un nuovo studio sulla compatibilitàdell’ACTA con i diritti umani rico-nosciuti dall’Unione Europea, richie-sto dai Greens/EFA group, è statopresentato al Parlamento Europeo.In questo studio la cooperazionerichiesta dall’ACTA tra gli internetproviders e l’industria dei massmedia è vista come una minacciaalla libertà ed alla privacy degliutenti internet. Il gruppo chiederàche il Parlamento Europeo non rati-fichi l’ACTA, ma che richieda pre-ventivamente il parere in meritodella Corte Europea di Giustizia,come anche previsto dal Trattato diLisbona.Le posizioni a sfavore dell’ACTAsono state accompagnate da preoc-cupazioni per un ritardo nell’ade-sione espresse da parte di organiz-zazioni del mondo imprenditorialee da associazioni di professionisti edaccademici.Di fatto il corpus della regolamenta-zione comunitaria relativa alla tuteladei diritti di proprietà intellettuale(Direttiva sul rispetto dei diritti diProprietà Intellettuale; Regolamentorelativo all’intervento dell’autoritàdoganale nei confronti di mercisospettate di violare taluni diritti diproprietà intellettuale; Direttiva sul-l’armonizzazione di taluni aspettidel diritto d’autore e dei diritti con-nessi nella società dell’informazione;Direttiva relativa a taluni aspettigiuridici dei servizi della società del-l’informazione, in particolare il com-mercio elettronico, nel mercatointerno; Direttiva relativa al tratta-mento dei dati personali e alla tuteladella vita privata nel settore dellecomunicazioni elettroniche; Diret-tiva sul quadro normativo comuneper le reti ed i servizi di comunica-zione elettronica, l’accesso alle retidi comunicazione elettronica e allerisorse correlate, e all’interconnes-sione delle medesime e l’autorizza-zione per le reti e i servizi di comu-nicazione elettronica) non vienemodificato. Buona parte delle disposizioni con-tenute nell’ACTA sono simili,quando non quasi identiche, alledisposizioni della Direttiva sul

rispetto dei diritti di Proprietà Intel-lettuale e del Regolamento relativoall’intervento dell’autorità doganale.Il corpus della legislazione comuni-taria è comunque più avanzatorispetto all’ACTA ed agli attualistandard internazionali, inclusiquelli del TRIPS Agreement. Questo ovviamente non costituisceun problema, in quanto le Parti pos-sono adottare, per il rispetto deidiritti di proprietà intellettuale,misure legislative di più ampia por-tata rispetto a quelle previste dal-l’ACTA.Ad esempio l’Articolo 8.1 dellaDirettiva 2004/48/EC prevedeobblighi di informazione più ampirispetto all’ACTA, in quanto l’auto-rità giudiziaria competente puòordinare che le informazioni sul-l’origine e sulle reti di distribuzionedi merci o di prestazione di serviziche violano un diritto di proprietàintellettuale siano fornite dall’autoredella violazione e/o da ogni altrapersona che sia stata trovata in pos-sesso di merci, o sorpresa a utiliz-zare servizi, oggetto di violazione diun diritto su scala commerciale, osorpresa a fornire su scala commer-ciale servizi utilizzati in attività diviolazione di un diritto, o sia stataindicata come persona implicatanella produzione, fabbricazione odistribuzione di tali prodotti o nellafornitura di tali servizi.L’ACTA, a differenza della IPREnforcement Directive, non prevedeobblighi di comunicazione di docu-mentazioni bancarie, finanziarie ocommerciali che si trovino in pos-sesso della controparte. Nell’ACTA, diversamente che nelladisciplina comunitaria, manca il rife-rimento ad un risarcimento deldanno anche morale del titolare deidiritti violati. Anche per quanto riguarda le dispo-sizioni doganali, il Regolamentocomunitario, per quanto riguarda lemerci contraffatte, ha una portatapiù estesa rispetto al’ACTA, consi-derando come tali anche gli imbal-laggi e le varie rappresentazioni delmarchio (loghi, etichette, autoade-sivi, opuscoli, foglietti illustrativi,documenti di garanzia), seppur pre-sentati separatamente dalle merci,ed assimilando alle merci contraf-

fatte stampi e matrici destinati allaloro fabbricazione. A livello comunitario possonoessere soggetti a controllo doganalee blocco anche i prodotti contenutinei bagagli personali, quando visiano indicazioni concrete chelascino supporre che essi forminoparte di un traffico commerciale.Tra le perplessità espresse da variefonti riguardo la compatibilità traregolamentazione comunitaria edACTA, vi è se i criteri per la valuta-zione del danno contenuti nel-l’ACTA possano rispecchiare il cri-terio dell’idoneità del danno rispettoal pregiudizio subito (“appropriate-ness of the damage to the actual pre-judice suffered”) stabilito dall’IPREnforcement Directive. Nell’IPR Enforcement Directive, adifferenza che nell’ACTA, le misureinaudita altera parte prevedono spe-cifiche clausole di salvaguardiaquali l’obbligo di informare le parti,la possibilità della richiesta di revi-sione, e la revoca delle misure se ilrichiedente non istituisce l’azione. Attualmente la Commissione Euro-pea sta verificando i risultati otte-nuti dalla IPR Enforcement Direc-tive, in vista di eventuali amplia-menti e revisioni. Recentemente l’Unione Europea haconcluso con il Sud Corea un FTA,che contiene misure per la tuteladella proprietà intellettuale in buonaparte identiche a quelle contenutenell’ACTA, e sta conducendo nego-ziati per un accordo di libero com-mercio con il Canada (CETA) sem-pre sulla base dei contenuti ACTA.Nell’ambito dei negoziati con ilCanada, l’Unione Europea spingeper una più vasta applicabilità deirimedi penali, anche alle indicazionigeografiche. Si è iniziato perciò aparlare di ACTA+.Tutto ciò a riprova del fatto che èstata e viene ancora portata avantiuna campagna allarmistica senzaconsiderare quali siano effettiva-mente le conseguenze dell’adesioneall’ACTA a livello di legislazione eprassi comunitaria, di acquis commu-nautaire.L’ACTA dovrà essere approvato dalConsiglio dei Ministri ed ottenere ilconsenso del Parlamento Europeo.La Proposta della Commissione

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Europea per la decisione del Consi-glio, del 24 Giugno 2011, si èespressa in termini positivi: l’ACTAnon modifica l’acquis comunitario,istituisce sulle basi del TRIPS Agree-ment degli standard internazionalicon effetti benefici per gli esporta-tori comunitari e per la competitivitàUE, senza intaccare i diritti dei cit-tadini.In considerazione delle disposizioniriguardanti l’applicazione del dirittopenale previste dall’ACTA, e delfatto che non vi è stata l’intenzionedi armonizzare, nell‘ambito dellanegoziazione ACTA, la legislazioneUE per quanto riguarda l’applica-zione del diritto penale in materia didiritti di proprietà intellettuale, laCommissione propone che l’ACTAnon venga firmato secondo il princi-pio di competenza concorrente stabi-lito dall’Art. 83(2) TFUE, ma che adapporre le firme siano sia l’UnioneEuropea che i singoli Stati membri.Non è chiaro cosa accadrà se uncerto numero di Paesi membri UEnon dovesse ratificare le misurepenali, dopo che il Parlamento Euro-peo avrà ratificato il resto dell’Ac-cordo. Unione Europea e Stati Uniti hannoesercitato pressioni perché nel-l’ACTA venissero incluse disposi-zioni a tutela di diritti di loro parti-colare interesse.Buona parte delle disposizioni del-l’ACTA sono in effetti ispirate,quando non identiche, alla norma-tiva UE.È stata una conquista UE il fatto chele indicazioni geografiche possanoessere ricomprese nella protezioneACTA, anche se non espressamentemenzionate, e se non tra le misurepenali. Ovviamente fuori dal-l’Unione Europea esse non riceve-ranno tutela se non previste dallalegislazione locale. Le misure anti-camcording eranoinvece di interesse particolare per gliStati Uniti, che hanno ottenuto l’in-clusione a livello di tutela penalenell’ACTA, anche se dal canto suol’Unione Europea ha spinto perchétali misure penali fossero comunqueopzionali. Il blocco delle merci in transito è unadisposizione già presente nelle leggidegli Stati Uniti.

Per quanto riguarda l’Unione Euro-pea occorre segnalare la raccoman-dazione del Max Planck Institute(Study on the Overall Functioningof the European Trade Mark Systemdel 15 Febbraio 2011) perché vengachiaramente stabilita la possibilità diblocco delle merci in transito, se con-traffatte secondo la definizione del-l’art. 51 del TRIPS Agreement (inrealtà identica alla definizione di“counterfeit trademark goods” con-tenuta nell’ACTA), e se in violazionedi diritti nel Paese di transito e nelPaese di destinazione.In ambito comunitario la questioneriguardante le possibilità e modalitàdi sospensione dello svincolo eblocco delle merci in transito ha giàingenerato qualche disputa, tra leultime il caso C-495/09 del13/02/2010.Gli Stati Uniti continuano comun-que ad esercitare pressioni perdisposizioni doganali più restrittivesulle merci in importazione, espor-tazione e transito.D’altronde, secondo studi in merito,tra i 10 ed i 20 milioni di cittadinistatunitensi lavorano in settori dovei diritti di proprietà intellettualerivestono una notevole importanza.Di fatto l’adesione all’ACTA peralcune Parti, come Unione Europea,Stati Uniti, Nuova Zelanda, noncomporterà alcuna modifica legisla-tiva, per altre, come Australia eCanada, delle limitate modifiche, esolo alcune Parti modifiche legisla-tive di una certa entità.Il fatto che gli standards stabiliti dal-l’ACTA siano generalmente diminore portata rispetto a quelli otte-nuti da Stati Uniti ed Unione Euro-pea in accordi bilaterali ed accordidi libero commercio regionale,potrebbe far pensare che i beneficistrategici dell’ACTA siano limitati.L’ACTA è stato negoziato da Paesiche asseriscono avere la stessavisione nel campo del rispetto deidiritti di proprietà intellettuale, e cheintendono promuovere tale accordo,una volta in vigore, tra gli altri Paesi.Infatti l’ACTA non solo è apertoall’adesione di altri Paesi, ma l’ade-sione di questi è uno degli obiettiviprincipali, anche se non espresso alivello testuale. L’ACTA vuole divenire uno stan-

dard minimo a livello internazio-nale, ed è quindi probabile che i suoistandards verrano “imposti” infuturo a Paesi terzi, che vogliano sta-bilire accordi di libero commerciocon Paesi Parti dell’ACTA, e che sitroveranno a dover aderire senzaaver partecipato ai negoziati. L’obiettivo finale è che le economieemergenti, molto spesso prove-nienza di merci contraffatte o usur-pative, accettino gli standardsACTA. Ed il crescente consensointernazionale intorno all’ACTAlascia ben pensare che prima o poitale obiettivo verrà raggiunto. Nel frattempo, occorre ricordare chele Parti ACTA non possono attuarediscriminazioni nei confronti dimembri non –ACTA che siano peròmembri del WTO. Quindi i membriWTO non Acta potranno in certi casibeneficiare dell’enforcement ACTAcome i cittadini dei Paesi Parti del-l’ACTA.

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MARCHI DI IMPRESARICORSO: 7184UDIENZA: 15 LUGLIO 2008SENTENZA: 02/09PAROLA DI RICERCA:MANCANZA DELL’OGGETTO NEL RICORSO

SvolgimentoCon ricorso notificato all’UIBM l’8 febbraio 2007 il man-datario della Società Titolare (Società) impugnava il prov-vedimento in data 15 novembre 2007 n. 67264 il quale, conriferimento ad una annotazione del giorno 1 settembre2004 relativa ai marchi nazionali n. 709484 e 709485 con-teneva la seguente motivazione: “in considerazione dell’ir-regolarità dell’istanza di annotazione indicata in oggetto e nonessendo stato fornito riscontro nei termini concessi dalla mini-steriale protocollo 12.532 del 5.3.2007, si notifica che l’istanzamedesima è respinta in osservanza a quanto stabilito dall’art.17.4 del D.Lgs. n. 30 del 10.2.2005”. Nella precedente ministeriale n. 12.532 veniva indicatoche: “con riferimento all’istanza in oggetto specificata si informache questo ufficio non può procedere alle conseguenti operazionirelative ai marchi in oggetto in quanto la pratica è mancantedella lettera di incarico in bollo e del relativo pagamento del contocorrente postale previsto per la stessa. Si invita a fornire chiari-menti al riguardo entro 60 gg. dal ricevimento della presente esi avverte che tale termine, previa istanza in bollo motivata, puòessere eventualmente prorogato fino al limite massimo di 6 mesidalla data di ricezione della presente medesima. Decorso tale ter-mine di provvederà a respingere l’istanza”.Nell’istanza di annotazione la richiedente, rappresentatadal proprio mandatario, a seguito delle registrazioni permarchio nazionale n. 709484 e 709485 con protocollo n.BZ94C000082 e BZ94C000083 chiedeva all’UIBM l’anno-tazione sul registro dei marchi del cambiamento di indi-rizzo del titolare. Il mandatario della Società, riferendosi a questi atti, inte-stava il ricorso presentandolo “avverso il rigetto delladomanda di rinnovazione marchi n. 709484 e 709485” e chie-deva che la Commissione disponesse il rinnovo del depo-sito dei due marchi in questione a nome della Società.

Motivazione e decisioneEsaminati gli atti del procedimento la Commissione riscon-tra che, mentre l’istanza originaria respinta per mancanzadella lettera di incarico chiedeva l’annotazione del cam-biamento di indirizzo della Società titolare dei due marchi,

il ricorso chiede l’accoglimento di una istanza di rinnova-zione che non risulta essere stata mai presentata. Il provvedimento impugnato dunque non ha nessuna atti-nenza con la rinnovazione dei marchi n. 709484 e 709485e conseguentemente il ricorso è da considerarsi viziato damancanza di oggetto e la Commissione lo dichiara inam-missibile per difetto di interesse.RICORSO = RESPINTO

MARCHI DI IMPRESARICORSO: 7186UDIENZA: 29 OTTOBRE 2008SENTENZA: 05/09PAROLA DI RICERCA:PROVENIENZA GEOGRAFICA

SvolgimentoCon provvedimento del 19 ottobre 2007, l’UIBM rigettavala domanda di registrazione come marchio internazionaledella dicitura “Spiga Italy”, assumendo che la diciturastessa “..contiene un chiaro riferimento di provenienzageografica (ITALY) che, messo in relazione con i prodottiper i quali si chiede la protezione (classe 25: calzature),appare tale da influenzare il giudizio del consumatoresulla qualità del prodotto e quindi ingannevole qualora iprodotti non risultassero di provenienza italiana (titolaredel marchio è una società degli Stati Uniti)”.La Società Depositante (Società) con tempestivo ricorsoimpugnava il provvedimento deducendo che l’Ufficioavesse stimato ingannevole il segno valutandolo non già insé ma in funzione di un uso del tutto ipotetico, congettu-rato dalla sede legale statunitense della società depositante.

Motivazione e decisioneA parere della Commissione il ricorso è fondato. L’esamesvolto dall’UIBM sull’idoneità del segno ad ingannare ilpubblico è, manifestamente, un esame indiziario. Quandoindizi gravi, precisi e concordanti, dei quali l’Ufficio sia inpossesso (o perché appartenenti al notorio o perché som-ministratigli dallo stesso richiedente - esclusa essendo ogniattività “inquisitoria” , per palese difetto di ogni supportonormativo correlato, nel regime legale dell‘esame delladomanda di registrazione), congiurino nel legittimare unaprognosi di uso ingannevole del segno, bene allora l’Uffi-cio rifiuta la registrazione. Nel caso di specie, tuttavia, l’unico indizio del quale l’Uf-ficio si è avvalso è la sede estera della Società richiedente;dato, questo, dal quale ha congetturato che le calzature damarcarsi - attualmente non n produzione - si sarebberoindebitamente accreditate dell’eccellenza, reale o putativa,dei calzaturifici italiani pur non essendo prodotte in Italia.

Riassunti delle sentenzedella Commissione dei Ricorsi

Gianluigi Piselli

Proseguiamo la pubblicazione di brevi note riassuntive dellesentenze della Commissione dei Ricorsi.Chi fosse interessato a qualche sentenza in particolare puòrichiedere copia del testo integrale alla segreteria dell’Ordine.

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Novembre 2011 Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale 31

L‘unicità dell’indizio esclude che sia suscettibile di una valu-tazione di concordanza, valutazione decisiva per attribuireagli indizi valore probatorio (arg. ex art. 2729 c.c.); tanto piùche l’indizio di cui si tratta non sembra né preciso né, in ségrave, posto che la sede legale di una società (la sede cioèdove la società è stata costituita) non depone affatto, per laregola notoria di esperienza, nel senso che con la stessa coin-cida automaticamente la sede dell’ impresa.Resta naturalmente impregiudicato ogni rimedio previstodalla legge in caso di futuro uso ingannevole del marchiocosì come impregiudicata è l’intensità della privativa (mar-chio c.d. forte vs marchio c.d. debole) con riferimento altoponimo Italy.RICORSO = ACCOLTO

MARCHI DI IMPRESARICORSO: 7144UDIENZA: 29 OTTOBRE 2007SENTENZA: 06/08PAROLA DI RICERCA:RINNOVAZIONE DI UN MARCHIO INTERNAZIONALE

SvolgimentoLa Società titolare (Società) depositava in data 4 febbraio2005, tramite il proprio mandatario, una istanza in cui chie-deva all’UIBM di far rinnovare presso l’OMPI il propriomarchio e a tal fine, oltre all’attestazione di pagamento delleprescritte tasse, allegava la copia del modulo MM/11 delquale dava notizia di aver trasmesso all’OMPI l’originale. In data 3 ottobre 2006 la Società chiedeva all’UIBM diessere reintegrata nei suoi diritti concernenti il marchio inquestione, in quanto aveva appreso da una notifica pub-blicata dall’OMPI del mancato rinnovo del marchio stesso;sosteneva la Società che per cause non dipendenti dallasua volontà e da accertare, l’OMPI non avesse effettuato ilrinnovo.Il mandatario della Società, avendo appreso che l’UIBMnon aveva inviato il modello MM11 all’OMPI, faceva pre-sente di aver ricevuto risposta dall’OMPI che, apposita-mente interpellato, indicava l’obbligo da parte dell’Uffi-cio di origine a mandare la comunicazione della richiestadi rinnovo all’OMPI. Il mandatario della Società solleci-tava all’UIBM una risposta nel merito dell’istanza di rein-tegrazione presentata precedentemente.Con lettera del 6 febbraio 2007, l’UIBM rispondeva preci-sando che la rinnovazione del marchio internazionale sirealizzava con il pagamento delle tasse internazionalidovute, relativamente alle quali, il titolare del marchio o ilsuo mandatario avrebbe dovuto curare l’invio dell’atte-stazione all’OMPI, nonché con la spedizione allo stessoUfficio internazionale del formulario MM11 da parte delrichiedente; l’UIBM, tra l’altro non tenuto all’inoltro diquest’ultimo chiariva che nel caso specifico il modelloMM11 non era stato inviato all’OMPI in quanto nel-l’istanza era stato fatto presente dall’interessato che avevacontemporaneamente e direttamente provveduto a man-dare l’originale all’Ufficio internazionale.L’UIBM concludeva rivendicando la potestà di esigere la

tassa nazionale in quanto ciò era stato fissato nel DL31.01.2005 n. 7 convertito nella l.31.03.2005 n. 43 e rispon-deva alle esigenze di mantenimento in vita del marchio.Contro il mancato accoglimento dell’istanza di reintegra-zione, ai sensi dell’art. 193 c.p.i., è stato presentato tempe-stivo ricorso in cui la Società sosteneva che l’UIBM abbiaomesso un atto dovuto non avendo richiesto all’OMPI dirinnovare il marchio e considerava errato quanto asseritonella replica all’istanza perché, a suo dire, sarebbe statariservata al richiedente della rinnovazione di un marchiointernazionale la facoltà di optare, attraverso due vie equi-valenti, se inviare la richiesta ed il pagamento delle tassedirettamente all’OMPI oppure ad un ufficio nazionale, che,in questo caso, deve dare comunicazione della richiesta dirinnovo all’OMPI.A conferma di tale assunto la Società ricordava l’art.8.1dell’accordo di Madrid, secondo il quale il Paese d’origineha la facoltà di fissare e di percepire una tassa nazionale acarico del titolare del marchio di cui si richieda la regi-strazione o la rinnovazione; l’esistenza presso le cameredi commercio di un modulo dove si prevede la possibilitàdi richiedere la registrazione ma anche la rinnovazione;una procedura analoga prevista per il marchio comunita-rio per la quale il deposito può avvenire non obbligato-riamente attraverso l’U.A.M.I. ma anche attraverso l’uffi-cio nazionale.La Società concludeva chiedendo che venisse dichiaratala condotta omissiva da parte dell’UIBM e che venisseingiunto allo stesso Ufficio di attivarsi presso l’OMPI perottenere il rinnovo del marchio internazionale de quo.

Motivazione e decisioneOsserva la Commissione che la eccezione di irricevibilitàdella istanza di rinnovo, avanzata dall’UIBM con la memo-ria presentata prima dell’udienza, e sulla quale peraltro laSocietà è stata invitata a precisare le sue difese, è fondata.L’istanza è stata presentata il 3 ottobre 2006, mentre ladomanda di rinnovo del marchio internazionale in que-stione era stata presentata il 4 febbraio 2005. Non puòessere accolta l’istanza di reintegrazione nei diritti, con-cernenti il rinnovo di un marchio internazionale, se dettaistanza è presentata oltre il termine di cui all’articolo 193,comma 2 del codice della proprietà industriale e, quindi,dopo il semestre di mora. La Commissione respingequindi Il ricorso.RICORSO = RESPINTO

MARCHI DI IMPRESARICORSO: 7192UDIENZA: 27 NOVEMBRE 2008SENTENZA: 07/09PAROLA DI RICERCA:REGISTRABILITÀ DI PAROLE IN LINGUA STRANIERA E DENOMINAZIONI GENERICHE O INDICAZIONI DESCRITTIVE

SvolgimentoLa Società richiedente (Società) aveva depositato pressol’U.I.B.M. domanda di registrazione del marchio “The Ita-

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lian coffee speciality away from home” per distinguere pro-dotti della classe 30 e della classe 32. Con ministeriale indata 12.06.2007 l’U.I.B.M. aveva comunicato alla Societàche il segno proposto come marchio non poteva essereregistrato trattandosi di uno “semplice slogan descrittivo edelogiativo dei prodotti da contraddistinguere ” ed essendo“privo di caratteri distintivi, per originalità e fantasia, necessaria renderlo idoneo oggetto di privativa industriale”. L’UIBMassegnava alla Società un termine di due mesi, prorogabilesu richiesta, per trasmettere le sue osservazioni.Con nota protocollata la Società, nelle proprie osserva-zioni, rivendicava il sufficiente carattere distintivo del mar-chio sottolineando: a) che il consumatore medio, ignaro o con una conoscenza

superficiale della lingua inglese, non è in grado di com-prendere il significato complessivo dell’espressione chesi vuole registrare;

b) che, pur ammettendo che il significato dell’espressioneinglese sia intellegibile da parte del consumatore di rife-rimento, non si individuava alcun carattere elogiativoall’interno dell’espressione stessa;

c) che l’espressione in questione, per quanto vagamenteevocativa di una possibile modalità di consumo dei pro-dotti, non poteva essere equiparata ai segni costituitiesclusivamente da denominazione generiche dei pro-dotti o dei servizi o da indicazioni descrittive che adessi si riferissero, secondo quanto dispone l’art. 13.1C.P.I. richiamato dall’Ufficio per motivare il provvedi-mento di rifiuto.

Con provvedimento in data 27.11.2007 l’UIBM contestavala fondatezza delle osservazioni depositate dalla richiedentesottolineando, con particolare riferimento alla possibilità omeno che il consumatore medio fosse in grado di com-prendere il significato dell’espressione “The Italian coffee spe-ciality away from home” che i termini compresi nella diciturapiù facilmente intuibili (“The Italian coffee speciality”) eranoproprio quelli che specificavano genere e tipo dei prodottida contraddistinguere, impedivano la registrazione del mar-chio. A parere dell’UIBM era riduttivo considerare il con-sumatore “ in epoca di terzo millennio e globalizzazione ancoraincapace di comprendere espressioni in lingua inglese come quellain questione, parte della quale comprensibile anche da chi, della lin-gua inglese, sia del tutto ignaro”. L’Ufficio pertanto rifiutavala registrazione ai sensi degli artt.13.1 e 173.7 C.P.I..Contro tale provvedimento la Società presentava tempe-stivo ricorso contestando la fondatezza delle valutazionidell’Ufficio riguardo alla presunta carenza di caratteredistintivo dell’espressione, anche ammettendo che il con-sumatore medio italiano ne avesse una perfetta ed inte-grale comprensione, potrebbe essere considerata dotata diquel minimo carattere distintivo richiesto per dar vita adun marchio valido anche se debole. L’espressione infatti - secondo la Società - non costituisceun’indicazione descrittiva di una caratteristica essenzialedel prodotto ma potrebbe limitarsi a suggerire una fra letante possibili modalità di consumo dei prodotti stessi. Inogni caso la ricorrente ribadiva che l’espressione in linguainglese di cui era stata chiesta la registrazione come mar-chi non si considera automaticamente ed immediatamentepercepibile dal consumatore di riferimento dato che i pro-

dotti da contraddistinguere sono di largo consumo, desti-nati ad un pubblico specializzato, di qualsiasi fascia di etàe di cultura, all’interno del quale è verosimile immaginareuna ridotta conoscenza della lingua inglese che permette-rebbe di intuire il significato dei termini “ Italian coffee” e“speciality” ma non dell’espressione idiomatica inglese“away from home” e quindi del significato complessivo ditutta l’espressione.

Motivazione e decisioneIl problema che si pone all’esame della Commissione pereffetto del ricorso è quello che risulta dalla confluenza didue profili che, normalmente, vengono trattati separata-mente.Il primo profilo è quello volto a stabilire fino a che puntopossono essere registrate in Italia come marchi nazionaliparole ed espressioni di lingue straniere; il secondo èquello di attribuire un significato al divieto postoall’art.13.21 C.P.I. di registrare come marchi i segni prividi carattere distintivo ed in particolare quelli costituitiesclusivamente da denominazioni generiche o da indica-zioni descrittive che si riferiscono ai prodotti oppure aiservizi da contraddistinguere on il marchio portato allaregistrazione. Sotto il primo profilo, la Commissioneritiene che, agli effetti della valutazione della capacitàdistintiva delle denominazioni generiche e delle indica-zioni descrittive, è necessario equiparare il vocabolarioitaliano e quello in inglese, tenuto conto che la conoscenzadella lingua inglese si sta estendendo progressivamente alarghi strati della popolazione italiana e che la rilevanzagiuridica del principio di territorialità della tutela n0ndeve tradursi in una rilevanza di natura commerciale,come accadrebbe se prodotti e/o servizi non potesserocircolare oppure essere prestati liberamente in Italia per-ché quivi ostacolati dal diritto esclusivo di marchio suparole ed espressioni di lingua inglese. Nel caso in esame, sulla base del criterio che precedel’espressione “The Italian coffee speciality away from home”,agli effetti della valutazione della sua capacità distintivacome marchio, deve essere considerata come se dicesse“Specialità di caffè italiano fuori casa”. È agevole rendersiconto che tale espressione non ha alcun carattere elogiativoperché evoca puramente e semplicemente una possibilemodalità di consumo dei prodotti individuati come “spe-cialità di caffè italiano”. Sotto il secondo profilo, a parere della Commissione nonvi è dubbio che l’espressione abbia un significato descrit-tivo e, atteso che la norma dell’art. 13. C.P.I. vieta la regi-strazione del marchio che sia costituito esclusivamente dauna indicazione descrittiva, si tratta di interpretare il signi-ficato dell’avverbio “esclusivamente” come riferimento allaratio della norma. La norma di cui all’art. 13 C.P.I. vuoleimpedire la monopolizzazione di parole ed espressioni ilcui uso sia necessario per individuare il prodotto o perdescriverne la stessa caratteristica alla quale il marchio siriferisce. Pertanto, è vietata la registrazione come marchiodi una indicazione descrittiva configurata in modo taleche lo stesso contenuto descrittivo non possa essere mani-festato se non utilizzando una espressione confondibile. È registrabile come marchio un’espressione che sia descrit-

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Novembre 2011 Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale 33

tiva di un concetto che può essere espresso in molti altrimodi, in particolare quando si tratta di una espressionepiuttosto complessa le cui componenti possono certamenteessere modificate singolarmente oppure nella combina-zione, così che vi sia spazio per esprimere il concetto inaltro modo. Sulla base di questo criterio, la Commissione rileva chel’espressione “The Italian coffee speciality away from home”equivalente dal punto di vista percettivo alla espressione“Specialità di caffè italiano fuori casa” sia descrittivo di unconcetto che può essere espresso in molti altri modi e acco-glie il ricorso. RICORSO = ACCOLTO

MARCHI DI IMPRESARICORSO: 7198UDIENZA: 27 NOVEMBRE 2008SENTENZA: 11/09PAROLA DI RICERCA:RINUNCIA AL DIRITTO DI PROTEZIONE

SvolgimentoLa Società richiedente (Società) impugnava con ricorso ilprovvedimento definitivo in data 16 gennaio 2008 con ilquale l’UIBM respingeva la domanda di registrazione dimarchio nazionale MC2006C000381, rilevando che lafigura proposta - costituita da una targa automobilisticacon due rettangoli azzurri ai sue rispettivi lati - ricom-prendeva altresì segni vietati ai sensi dell’art. 10 d.lgs.n.30/05 (bandiera italiana e logo CE).Il diniego di registrazione risulta motivato dall’UIBM sulrilievo che la figura proposta - costituita da una targa auto-mobilistica con due rettangoli azzurri ai sue rispettivi lati- ricomprendeva altresì segni vietati ai sensi dell’art. 10d.lgs. n.30/05: bandiera italiana e logo CE.La Società replicava che, nelle annotazioni in calce alladomanda stessa, essa aveva comunque già dichiarato dirinunziare al diritto di protezione su quei segni.

Motivazione e decisioneLa Commissione, dopo aver verificato quanto indicatodalla ricorrente, accoglie il ricorso ritenendo che non èlegittimo il diniego di registrazione da parte dell’UIBMquando la figura proposta ricomprende altresì segni vie-tati ai sensi dell’ art. 10 del decreto legislativo 10 febbraio2005, n. 30, ma il richiedente nelle annotazioni in calce alladomanda di deposito abbia comunque dichiarato di rinun-ziare al diritto di protezione su quel segni.RICORSO = ACCOLTO

MARCHI DI IMPRESARICORSO: 7201UDIENZA: 27 NOVEMBRE 2008SENTENZA: 12/09PAROLA DI RICERCA:MANCATA OTTEMPERANZA A MINISTERIALE

SvolgimentoLa Società richiedente (Società) impugnava con ricorso ilprovvedimento definitivo in data 22 aprile 2008 con ilquale veniva respinta dall’UIBIM la domanda di registra-zione di marchio nazionale n. BA2003C00053.Il rifiuto dell’UIBM risulta motivato in ragione della man-cata ottemperanza a precedente ministeriale recante richie-sta di precisazioni in ordine ai prodotti di riferimento delmarchio in questione. La Società tuttavia contestava lamotivazione del rifiuto, sostenendo che non gli era maipervenuta la ministeriale indicata, e l’UIBM non ha for-nito la prova di averla spedita.

Motivazione e decisioneLa Commissione accoglie il ricorso ritenendo che non sialegittimo il provvedimento con cui l’UIBM respinge ladomanda di registrazione di un marchio di impresa perla mancata ottemperanza a precedente ministerialequando l’Ufficio non fornisce la prova di averla spedita.RICORSO = ACCOLTO

BREVETTI PER INVENZIONERICORSO: 7179UDIENZA: 15 luglio 2008SENTENZA: 01/09 PAROLA DI RICERCA:CONVALIDA BREVETTO EUROPEODEPOSITO TRADUZIONERESTITUTIO IN INTEGRUM

SvolgimentoLa Società titolare di nazionalità Statunitense (Società)presentava in data 24-05-2005, a mezzo Mandatario Ita-liano, istanza di reintegrazione per il brevetto europeoEP0907360 (brevetto) dichiarato decaduto ai sensi del

D.Lgs. n. 30/2005 (C.P.I.) a causa del mancato depositodella traduzione entro il termine fissato (3-02-2005).Nell’istanza venivano evidenziati i seguenti fatti:- A fronte dell’invio da parte dell’Ufficio Europeo deiBrevetti (EPO) della comunicazione secondo la R. 51(4)EPC, il Mandatario Europeo invitava la Società attraversoil Mandatario Statunitense a pagare le tasse dovute ed adepositare la traduzione delle rivendicazioni nelle lin-gue ufficiali dell’EPO;- La Società dava istruzioni per gli adempimenti previstisecondo la R. 51(4) EPC e, dopo vari solleciti da parte delMandatario Statunitense, trasmetteva anche lettereriguardanti la convalida del brevetto di cui due preve-devano l’abbandono in rispettivi Paesi e due prevede-

Gianni Masciopintocon la collaborazione di Alberto Furno

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Novembre 201134 Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale

vano la Convalida in rispettivi paesi tra cui l’Italia.- Il Mandatario Statunitense chiedeva alla Segreteria dipredisporre le lettere per controfirmarle e, successiva-mente, le firmava senza rilevare che la lettera riguardantela convalida del brevetto in Italia, come richiesto dallasocietà, ne prevedeva l’abbandono. L’errore fu anche con-fermato da un messaggio di posta elettronica trasmessodal Mandatario Statunitense a quello Europeo a confermadell’abbandono del brevetto in Italia.- L’errore veniva rilevato, a fronte di un controllo effet-tuato dalla Società, in data 1-04-2005 per cui, il Manda-tario Italiano, depositava ai sensi dell’Art. 56 CPI la tra-duzione italiana del brevetto unitamente ad istanza direintegrazione in data 24-05-2005.Nell’istanza, il Mandatario Italiano, oltre ad evidenziarei fatti di cui sopra, chiedeva la reintegrazione motivandoche la Società aveva adottato la diligenza richiesta dallecircostanze e che la scadenza infruttuosa del termine eraavvenuta per eventi del tutto indipendenti dalla volontàe diligenza della Società.UIBM dichiarava con lettera del 28-03-2007 che le giusti-ficazioni fornite non erano tali da permettere il ripristinodel diritto essendosi trattato di un errore commesso dalMandatario Statunitense che non era riconducibile aquanto previsto dall’Art. 193 CPI.La Società replicava ribadendo le motivazioni preceden-temente addotte aggiungendo citazioni a sentenze dellaCommissione Ricorsi dell’EPO in cui veniva distinto l’er-rore commesso dal Mandatario da quello commessodagli assistenti e veniva concluso che gli errori degli assi-stenti sono scusabili in quanto da questi non è richiestolo stesso standard di accuratezza previsto per il Manda-tario.La Società, aggiungeva, inoltre, che l’errore doveva essereconsiderato un errore isolato in un sistema che avevadata prova in molti anni ad assoluta affidabilità; taleerrore doveva, dunque, essere considerato un errore nonprevedibile, non evitabile e, di conseguenza, non pre-clusivo del beneficio della reintegrazione.La Società, infine, si riconduceva all’Art. 122 EPC osser-vando come la nuova formulazione nell’Art. 193 CPIsecondo cui la reintegrazione è ammissibile sulla basedella “diligenza richiesta dalle circostanze” è in linea conla normativa Europea e differisce dalla massima dili-genza esigibile, precedentemente prevista dalla LeggeInvenzioni Italiana all’Art. 90.UIBM in data 28-09-2007 respingeva in via definitival’stanza.La Società presentava tempestivo ricorso motivando che:- l’errore era scusabile essendosi verificato a seguito discambio di E-Mail e lettere fra Mandatari di Paesi e Con-tinenti diversi risolvendosi in un ordine opposto a quellovoluto dalla Società;- l’errore doveva essere considerato “isolato” e pertantonon poteva essere preclusivo del beneficio alla luce dellagiurisprudenza della Commissione Ricorsi dell’EPOapplicabile anche in Italia sulla base di un principio di“armonizzazione “ tra i Paesi della Comunità a cui siispira il CPI.

Motivazione e decisionePremesse interpretativeLe premesse interpretative della presente sentenza sonosostanzialmente identiche a quelle riportate nella sen-tenza N. 01/08 emessa in data 10 maggio 2007 per ilRicorso N. 7124 e commentata e pubblicata in un prece-dente resoconto.Per completezza, vengono comunque riportati i principidi base:- Diritto IntertemporaleLa Commissione ritiene che il ricorso vada trattato nonsulla base della legge vigente al momento dell’evento chedetermina la decadenza del diritto (Ar. 90 L.I.) ma sullabase della legge vigente al momento in cui il procedi-mento funzionale alla concessione del beneficio si svolge(Art. 193 CPI).- Interpretazione ComparativaLa Commissione ritiene che la sostanza precettiva dellArt. 193 CPI vada interpretata assumendo che il termine“impedimento” sia sostituito dal termine “inosservanza”coerentemente con l’interpretazione fornita dalla Com-missione Ricorsi dell’EPO all’Art. 122 EPC (Si veda alriguardo la modifica introdotta all’Art. 193 CPI nel 2010che ora recita il termine “inosservanza” in sostituzionedel termine “impedimento”); tale interpretazione, aparere della Commissione è coerente con le intenzionialla base della legge di delega 12.12.2002 n. 273 “per ilriassetto delle disposizioni vigenti in materia di proprietàindustriale”.In sintesi la nuova sostanza precettiva, in armonia conl’interpretazione dell’Art. 122 EPC, prevede:a) la centralità precettiva non è sull’impedimento masulla diligenza richiesta nell’assolvimento degli oneriimposti dalla disciplina brevettuale;b) ostativa alla concessione del beneficio è la scelta daparte dell’interessato di un sostituto professionale nondotato di un’organizzazione adeguata secondo gli stan-dard della professione di consulenti in proprietà indu-striale;c) ove il soggetto interessato abbia eletto un professioni-sta dotato di un’organizzazione astrattamente allineataal modello ritenuto adeguato ed avente una storia pro-fessionale che non deponga, in concreto, contro l’effi-cienza dell’organizzazione, l’incidente isolato non siriflette a danno del soggetto interessato;d) nella misura in cui il soggetto interessato non possafar valere la responsabilità professionale dell’organizza-zione incaricata, il beneficio della “restituito in integrum”gli compete proprio in quanto realizza un risultato diequa distribuzione del rischio.Dalle premesse interpretative alla valutazione del caso di spe-ciePresi in considerazione come elementi da valutare:- un errore scusabile in quanto isolato, nel contesto di- un’organizzazione efficiente;la Commissione reputa che nessuna prova sia stata datadi entrambi tali elementi costitutivi della scusabilità.Nulla dimostra che l’errore sia stato isolato.Inoltre, dalla narrativa della ricorrente è stato anche evi-denziato l’errore del Mandatario Statunitense.

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Novembre 2011 Notiziario dell’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale 35

In sintesi, se l’errore, per essere scusabile deve essereaccaduto in via eccezionale, tal fatto deve essere provato.In difetto della prova che l’organizzazione professionaleabbia operato per molti anni senza inconvenienti e chel’errore oggetto del ricorso sia occorso per la prima volta,il beneficio della “restitutio” non può essere concesso.Pur riconoscendo la difficoltà di fornire una prova nega-tiva, la Commissione ritiene possibile una prova per pre-sunzione, basata sulla dimostrazione di fatti incompati-bili con quello oggetto della prova stessa.Ad esempio fatti positivi sono quelli che attengono allaorganizzazione dei controlli.Inoltre, prendendo a riferimento le decisioni della Com-missione dei ricorsi dell’EPO, citate dalla stessa Societàricorrente, in cui viene distinto lo standard di diligenzarichiesto ad un dipendente con mansioni di segreteriarispetto a quello di un dipendente con mansioni diresponsabile, appare evidente come, nel caso di specie, lostesso mandatario statunitense abbia commesso l’errore,per cui il principio di armonizzazione invocato dallasocietà risulta alla Commissione fuori luogo.Nel caso di specie, infatti, il beneficio della reintegrazioneviene negato proprio sulla base della DISCIPLINAARMONIZZATA.RICORSO = RESPINTO

BREVETTI PER INVENZIONERICORSO: 7194UDIENZA: 27 novembre 2008SENTENZA: 08/09PAROLA DI RICERCA:CONVALIDA BREVETTO EUROPEODEPOSITO TRADUZIONERESTITUTIO IN INTEGRUM

Svolgimento:In data 3-05-2005 la Società titolare (Società) depositavasia traduzione del testo del Brevetto EP1266588 cheistanza di reintegrazione in quanto la traduzione eradepositata oltre il termine previsto dall’Art. 56 CPI.L’istante motivava che il ritardo era stato dovuto al fattoche il termine, per quanto correttamente calcolato, erastato inserito in modo errato nel sistema di monitoraggioper un errore di battitura di un dipendente dello Studiodel Mandatario Europeo.Né la persona addetta ai controlli né il responsabile delloStudio avevano rilevato l’errore che, invece, era emersoa seguito di una verifica richiesta dal Mandatario Statu-nitense relativamente alla nazionalizzazione (convalida)in Italia. A parere dell’istante, sulla base dei fatti sopraelencati, esistevano tutti i presupposti per richiedere lareintegrazione dei diritti in quanto il mancato rispettodella scadenza era dovuto ad “un tragico accumularsi dicircostanze chiaramente imprevedibili”.In data 16-06-2007 UIBM con ministeriale dichiarava chei fatti descritti non potevano essere considerati scusabili“perché proprio quegli errori commessi diffusamente datutti gli addetti allo Studio dimostra[va]no il mancatoesercizio della diligenza dovuta in quelle circostanze …”.

La Società replicava confermando le argomentazioni giàpresentate e concludeva che l’errore non era dipeso daun’organizzazione lacunosa dello Studio del Mandata-rio, ma da una catena casuale, eccezionalmente e rara-mente sfortunata, di errori umani che aveva portatoall’annotazione sbagliata della data di scadenza della con-valida.UIBM in data 2-01-2008 respingeva l’istanza e conside-rava il Brevetto Europeo senza effetto in Italia fin dal-l’origine.La Società presentava tempestivo ricorso sostenendo chel’organizzazione incaricata (Studio) era adeguata agliadempimenti e che in svariati decenni questa avevagarantito il rispetto delle scadenze.In sintesi, a parere della Società era chiaro “come l’erroreche ha portato al mancato rispetto della scadenza ... [siastato causato] da una catena casuale eccezionalmente eraramente sfortunata di errori umani che ha portatoall’annotazione di una data, correttamente indicata neidocumenti del Mandatario, accidentalmente sbagliata edin modo estremamente simile all’indicazione corretta epertanto interpretabile in modo non corretto …”.La Società, inoltre, segnalava che, a parità di circostanze,l’Ufficio Brevetti Tedesco e Francese avevano reintegratola Società nei diritti relativi al Brevetto.

Motivazione e decisioneLa Commissione osserva che la Società non ha fornitoalcuna allegazione che il Mandatario abbia predispostospecifici strumenti tali da poter riparare ad errori del tiposegnalato che comunque sono assolutamente ipotizza-bili.In sintesi la Commissione osserva che un’operazione, chesi concretizza nella possibile trascrizione inesatta di undato, richiede necessariamente un momento di verifica.Sembra, pertanto, alla Commissione che nel caso di spe-cie non ricorrano le condizioni di scusabilità in quantol’attività di indicare una data rilevante avrebbe richiestoalmeno una procedura di verifica dell’attività compiuta.RICORSO = RESPINTO

BREVETTI PER INVENZIONERICORSO: 7183 e 7188UDIENZA: 15 luglio 2008SENTENZE: 03-04/08 PAROLA DI RICERCA:CONVALIDA BREVETTO EUROPEOLETTERA D’INCARICO

PremessaI due ricorsi vengono trattati congiuntamente in quantoriguardano uno stesso Brevetto Europeo.

SvolgimentoCon Ministeriale del 18 luglio 2007 UIBM contestava lalegittimità della lettera d’incarico depositata dal Manda-tario Italiano per la convalida del Brevetto EuropeoEP0845005 di titolarità di una prima e di una secondaSocietà. La lettera, infatti, non era firmata dalla seconda

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Società contitolare ma da una terza Società risultante daoperazioni di fusione e cambio nome, registrati presso l’Uf-ficio Europeo dei Brevetti (EPO) dopo la pubblicazionedella decisione di concessione del Brevetto.UIBM, successivamente, in difetto di risposta, respingevala richiesta di convalida ex Art. 173.4 CPI.Ricorso 7183 e 7188

La prima e la terza Società interponevano rispettivi tem-pestivi ricorsi (7183 e 7188) presentando rispettive memo-rie. La prima Società segnalava che il suo ricorso era effet-tuato a puro titolo di tutela della terza Società, non avendoricevuto alcuna comunicazione da UIBM.La terza Società, nel ricorso, si duole per il fatto che:- tale Società è pienamente idonea a convalidare il Brevettoin Italia a nome della seconda Società in quanto risultantedalla fusione per incorporazione della seconda Societànella terza;- il ricorso è stato tempestivo in quanto il provvedimentoimpugnato è venuto a conoscenza in data posteriore aquella asserita da UIBM sulla base di ricevuta di ritornosottoscritta da persona non incaricata alla ricezione dellelettere raccomandate.

Motivazione e decisioneDecisione relativa a ricorso 7183La Commissione ritiene che la prima Società non abbiainteresse a ricorrere in quanto il provvedimento di UIBMnon è tale da impedirle “il riconoscimento di un diritto”(Art. 135 CPI) in quanto riguardante la seconda e la terzaSocietà.Decisione relativa a ricorso 7188La Commissione ritiene tempestivo il ricorso in quantoUIBM non ha dimostrato la conoscenza da parte dellaterza Società del provvedimento in data anteriore a quelladichiarata dalla terza società.In più, la ricevuta di ritorno depositata da UIBM nonrisulta firmata dal legale rappresentante del Mandatario néda personale del Mandatario abilitato a ricevere la corri-spondenza.La Commissione accoglie il ricorso in quanto l’invito diUIBM non era legittimo.Infatti, ciò che è decisivo ai fini della convalida (naziona-lizzazione) non è la nomenclatura della Società, ma l’iden-tità giuridica della stessa.Tale identità giuridica non è messa in discussione- né dalla fusione;- né dalla modificazione della denominazione sociale.Posto che UIBM era informato delle operazioni di fusionee di modifica di denominazione sociale, il provvedimentodi UIBM è viziato da un “illegittimo scambio tra identitàdella denominazione sociale e identità giuridica” dellaSocietà.Conseguentemente, sulla base di un orientamento conso-lidato della Commissione:- UN RILIEVO ILLEGITTIMO NON FA DECORRERE ILTERMINE ASSEGNATO NE’ LA TRASGRESSIONE DELTERMINE.RICORSO = ACCOLTO

BREVETTI PER INVENZIONERICORSO: 7200UDIENZA: 27 novembre 2008SENTENZA: 10/09 PAROLA DI RICERCA: CONVALIDA BREVETTO EUROPEOLETTERA D’INCARICO

SvolgimentoIn data 25-08-2005 il Mandatario Italiano depositava, anome e per conto di due Società titolari, istanza di nazio-nalizzazione (convalida) del Brevetto EP_0755451 conriserva di deposito della lettera d’incarico.In data 25-10-2005 il Mandatario depositava a nome dellaprima e della seconda Società istanza di proroga per ildeposito della lettera d’incarico; l’istanza veniva accoltada UIBM con comunicazione del 14-05-2006 che avvertivache il termine per il deposito della lettera d’incaricosarebbe scaduto 60 gg. dalla ricezione della comunica-zione.In data 22-06-2007 il Mandatario depositava copia dellalettera d’incarico firmata solo dalla seconda titolare (l’ori-ginale era stato presentato in data 2-02-2007) unitamentea richiesta di trascrizione del trasferimento della quotadi comproprietà dal primo titolare al secondo titolare.UIBM in data 2-11-2007 comunicava al Mandatario, fis-sando un termine di 60 gg., che era necessario, ai sensidell’Art. 56 CPI, corredare la lettera d’incarico con altrafirmata anche dal primo titolare in quanto, al momentodel deposito dell’istanza di convalida, il primo titolarerisultava ancora comproprietario del Brevetto.Il Mandatario in data 27-12-2007 depositava nuova istanzadi proroga che veniva però respinta da UIBM che proce-deva in data 20-02-2008 a respingere l’istanza di convalidadel Brevetto motivando che l’istanza non era stata corre-data anche da lettera d’incarico del primo titolare.In data 29-02-2007 il Mandatario recapitava a UIBMistanza di continuazione della procedura ai sensi dell’Art.192 CPI contestando che il termine assegnato da UIBMfosse tassativo.Il Mandatario, contestualmente, ricordava la naturaesclusivamente dichiarativa della trascrizione della ces-sione dal primo al secondo titolare, segnalando come laseconda Società era divenuta unico proprietario del Bre-vetto fin dal 2003, i.e. in data anteriore alla convalida.La seconda Società presentava, in ogni caso, tempestivoricorso motivando nel modo seguente:- quanto sostenuto da UIBM relativamente alla titolaritàè errato perché motivato da un’obiezione non riguar-dante il momento del passaggio della titolarità (2003) maquello della trascrizione (2007). La trascrizione, secondola Società ricorrente, comprova con atto puramentedichiarativo, la cessione del Brevetto alla ricorrente, ces-sione che però, essendo avvenuta ben anteriormente allaconvalida, impedisce alla prima di firmare la lettera d’in-carico;- alla data di presentazione della lettera d’incarico laricorrente era già subentrata alla prima Società nella tito-larità, per cui essa era l’unica Società che poteva firmarela lettera d’incarico;

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- l’accoglimento della tesi di UIBM comporterebbe, aparere della ricorrente, una disparità di trattamento frachi voglia convalidare un Brevetto in Italia, avendonecambiato titolarità, e chi abbia depositato la domanda diBrevetto in Italia e lo abbia ottenuto.In conclusione, la ricorrente chiedeva l’annullamento delrifiuto di UIBM ed il completamento della procedura dinazionalizzazione.

Motivazioni e decisioneIl ricorso è fondato e viene accolto.La domanda di Brevetto depositata in data 27-01-1995 haottenuto concessione in data 25-05-2005.Nel periodo fra deposito della domanda e concessione ilprimo titolare ha ceduto (2003) la propria quota alsecondo titolare.A seguito della concessione il secondo titolare divenutounico titolare ha chiesto al Mandatario di nazionalizzareil Brevetto e questo ha presentato l’istanza riservandosidi produrre lettera d’incarico firmata dai due titolari ori-ginari.Successivamente, il Mandatario presentava lettera d’in-carico firmata dal solo secondo titolare e procedeva adocumentare la cessione dal primo al secondo ed a richie-derne la trascrizione.- l’Art. 56 CPI dispone che “la traduzione, dichiarata per-fettamente conforme al testo originario dal titolare del Brevettoeuropeo ovvero dal suo Mandatario, …“. Appare evidenteche l’istanza di convalida deve pervenire dal titolare delBrevetto, ma anche che UIBM NON VERIFICA la legit-timazione del richiedente (Art. 119 CPI) e perciò si deveaccontentare di ciò che risulta dall’attestato di brevetta-zione.- UIBM ha effettuato una verifica formale della coinci-denza dei titolari risultanti dall’attestato di brevettazionee dal conferimento dell’incarico al Mandatario per cui hachiesto che l’istanza di nazionalizzazione fosse regola-rizzata da lettera d’incarico firmata da entrambi i titolari.- A questo punto sarebbe stato sufficiente che il Manda-tario avesse reso noto a UIBM che il Brevetto già dal 2003apparteneva al solo secondo titolare e, sulla base di taleallegazione, UIBM avrebbe dovuto semplicemente pren-derne atto (Art. 119 CPI).- Il Mandatario, ritenendo necessario procedere alla tra-scrizione, ha proceduto di conseguenza, ma UIBM hacontestato la legittimazione della seconda Società a pre-sentare l’istanza di nazionalizzazione in quanto la tra-scrizione era stata richiesta tardivamente rispetto allanazionalizzazione.Premesso quanto sopra e tenuto conto che:- La trascrizione brevettuale è un sistema di pubblicitàlegale ad effetto puramente dichiarativo per cui, nel casodi specie, il trasferimento è da considerarsi avvenuto nel2003.La commissione osserva che, sulla base dei fatti soprariassunti, una gestione giuridicamente corretta della pra-tica di nazionalizzazione avrebbe dovuto essere effet-tuata come segue:- all’atto della richiesta al Mandatario di integrare ladocumentazione di nazionalizzazione con lettera d’in-

carico firmata dai due titolari, il Mandatario avrebbedovuto rendere noto a UIBM che il primo titolare nonera più titolare dal 2003;- qualora la cessione non fosse stata documentata,UIBM avrebbe dovuto limitarsi a prendere atto dell’al-legazione per cui la nazionalizzazione avrebbe dovutoessere completata sulla base della lettera d’incarico delsolo secondo titolare;- avendo, comunque, il Mandatario proceduto a tra-scrivere l’atto di cessione, UIBM, a maggior ragione,avrebbe dovuto sia prenderne atto che procedere allanazionalizzazione.RICORSO = ACCOLTO

BREVETTI PER INVENZIONERICORSO: 7199UDIENZA: 27 novembre 2008SENTENZA: 09/09 PAROLA DI RICERCA:CONVALIDA BREVETTO EUROPEOLETTERA D’INCARICO

SvolgimentoIn data 2-08-2005 il Mandatario Italiano depositavaistanza di convalida per il Brevetto EP_1422238 ed alle-gava lettera d’incarico di una prima Società titolare, riser-vandosi di presentare lettera d’incarico di una secondaSocietà titolare.Successivamente il Mandatario presentava istanza di pro-roga per il deposito della lettera d’incarico riguardante ilsecondo titolare.UIBM in data 14-09-2007, a seguito di presentazione dellalettera d’incarico a nome di una terza Società, scriveva alMandatario che non poteva procedere alla convalida inquanto la lettera d’incarico non era firmata dal secondotitolare registrato presso l’Ufficio Europeo dei Brevetti(EPO).UIBM, contestualmente, chiedeva l’inoltro di una letterad’incarico a nome del secondo titolare.In data 29-11-2007 il Mandatario, pur riconoscendo che laregistrazione del trasferimento presso EPO era avvenutasuccessivamente alla concessione così come la trascri-zione in Italia, ricordava a UIBM che la trascrizione haeffetti puramente dichiarativi e segnalava che i diritti dicomproprietà erano passati dalla seconda Società allaterza ben prima (1-07-2003) della concessione del Bre-vetto.UIBM in data 17-01-2008 insisteva nella richiesta dellalettera d’incarico a nome del secondo titolare e annullaval’istanza di convalida. Di qui il ricorso dei contitolari(prima e terza Società) in cui veniva precisato che:- la lettera d’incarico firmata dal secondo titolare nonavrebbe potuto essere prodotta, riconoscendo comedovuto ad errore che l’istanza di convalida fosse statainoltrata a nome della prima e della seconda Società;- UIBM non poteva considerare titolare la Società che alladata della convalida non lo era più;e richiedeva:- in subordine, che la richiesta di convalida venisse con-

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siderata legittimamente depositata anche se provenienteda uno solo dei contitolari, ai sensi dell’Art. 6 CPI; e che- l’annullamento del provvedimento di UIBM ed il com-pletamento della procedura di validazione.

Motivazioni e decisioneLa commissione, pur rilevando l’irregolarità nella formu-lazione dell’istanza di convalida, ritiene che, sulla basedella situazione di fatto che vede la terza Società legitti-mata in concreto alla titolarità, il ricorso deve essere accoltoin quanto il diritto alla convalida sussiste in onta alla irre-golarità.RICORSO = ACCOLTO

DISEGNI E MODELLIRICORSO: 7193UDIENZA: 29-10-2008SENTENZA: 06/09PAROLA DI RICERCA: ISTANZA DI PROROGARESTITUTIO IN INTEGRUM

SvolgimentoPremessa1. Questio iuris è preliminare al thema decidendum.2. La questio riguarda il fatto che UIBM ha consideratodecaduta una privativa per disegno e modello in scadenzanel 2006 a causa dell’omessa presentazione di domandadi proroga ai sensi dell’Art. 37 CPI e che la Ricorrente halamentato che non era onere del titolare presentaredomanda di proroga.La questio scaturisce dalla seguente dinamica normativa:a) la finanziaria 2006 (Comma 351 sub 1 l. 266/2005) hasoppresso “gli articoli 9 e 10 della tariffa delle tasse sulleconcessioni governative …” a far data dal 1° gennaio 2006;b) la finanziaria 2007 (comma 851 sub. Art. 1 l. 296/2006)ha demandato ad un DM l’istituzione di “diritti …, suimodelli, …” ecc.;c) il corrispondente DM ha determinato in via forfetaria ilpagamento dei diritti sui disegni e modelli ed ha precisatocome fosse da corrispondersi entro il mese di giugno del2007 o nei 6 mesi successivi con mora. “Trascorso dettoperiodo senza che alcun pagamento sia stato effettuato …il disegno è dichiarato “decaduto” dal 31-12-2006”.

SvolgimentoUIBM ha ritenuto tardiva la domanda di proroga deposi-tata in data 09-08-2006 dalla Società titolare per un modellodepositato in data 18-01-2001, in quanto depositata oltre i6 mesi dalla data di deposito ed ha dichiarato decaduto ilmodello. La Società ha depositato tempestivo ricorso soste-nendo che la proroga, a seguito della finanziaria 2006 eradiventata automatica.

Motivazioni e decisioneLa Commissione, innanzitutto, rileva che l’uso del termine“decaduto” nel provvedimento impugnato è improprio.Nel caso di specie il diritto esclusivo è accordato per 5 annie “scade” come esito legale del decorso del termine dirichiesta di proroga e NON “decade”, in quanto la “deca-

denza” designa un effetto estintivo a causa del mancatoassolvimento di un onere (versamento di un tributo).La Commissione, comunque, reputa corretta la posizionedi UIBM. A parere della Commissione la locuzione usatanell’Art. 37 CPI “il titolare può ottenere la proroga delladurata …” ha un’univoca interpretazione e cioè che la pro-roga è nella “potestate” del titolare e non è un fatto auto-matico. Da qui la legittimità della circolare 474 del 1-02-206 di UIBM e del fatto che la proroga deve essere richie-sta solo se il diritto non è scaduto.La Commissione riconosce che fin tanto che la proroga eraassociata al pagamento di un diritto di mantenimento, ilproblema della scadenza in assenza di richiesta di proroganon era percepito. Il problema, però, si è posto quando èvenuto a mancare il collegamento fra richiesta di prorogae pagamento di un diritto e la soluzione non può che esserequella prospettata da UIBM.RICORSO = RESPINTO

BREVETTI PER INVENZIONERICORSO: 7202UDIENZA: 2 ottobre 2009SENTENZA: 16/09 PAROLA DI RICERCA:PAGAMENTO ANNUALITÀRESTITUTIO IN INTEGRUMDICHIARAZIONE DI DECADENZA

SvolgimentoLa Società titolare impugnava il provvedimento di dichia-razione di decadenza del Brevetto EP0650694 per mancatopagamento della tassa annuale, giustificandolo con unerrore materiale commesso dal Mandatario Statunitenseche aveva annotato come “fatto” il pagamento anche seera stato solo “fatta” una comunicazione interlocutoria alMandatario Europeo incaricato.

Motivazioni e decisioneLa Commissione ritiene che un sistema adeguato di con-trolli avrebbe dovuto neutralizzare l’errore.Tale inadeguatezza del soggetto incaricato è incompati-bile con l’astratta adeguatezza dell’organizzazione pro-fessionale prescelta che è suscettibile di eliminare la “colpain eligendo” del titolare del brevetto.RICORSO = RESPINTO

BREVETTI PER INVENZIONERICORSO: 7203UDIENZA: 2 ottobre 2009SENTENZA: 15/09 PAROLA DI RICERCA:PAGAMENTO ANNUALITÀRESTITUTIO IN INTEGRUMDICHIARAZIONE DI DECADENZA

SvolgimentoIl titolare impugnava il provvedimento di dichiarazionedi decadenza del Brevetto IT1332743 per mancato paga-

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mento della tassa annuale, giustificandolo con “la situa-zione di particolare confusione” ingenerata dalla reintro-duzione nel 2007 delle tasse annuali.

Motivazioni e decisioneLa Commissione non accoglie il ricorso motivando che:- un minimo di diligenza del Titolare avrebbe permessoallo stesso di adempiere all’impegno, tenuto anche contodel ritardo con cui lo stesso Titolare aveva provveduto alritiro dell’attestato di concessione del Brevetto.RICORSO = RESPINTO

BREVETTI PER MODELLO D’UTILITÀRICORSO: 7191UDIENZA: 15 luglio 2008SENTENZA: 14/09 PAROLA DI RICERCA: IRRICEVIBILITÀ

SvolgimentoUIBM con provvedimento rigettava la domanda di Bre-vetto per Modello d’Utilità del Titolare che depositavapresso la Segreteria della Commissione Ricorsi istanza incui richiedeva alla Commissione e, contestualmente, alMinistero dello Sviluppo Economico, ecc. di “… voler rila-sciare il brevetto”.

Motivazioni e decisioneLa commissione, sulla base dell’Art. 136 C.P.I. dichiarairricevibile il ricorso mancando la prova dell’avvenutanotifica ad UIBM ed ai cointeressati.RICORSO = IRRICEVIBILE

MARCHI D’IMPRESARICORSO N. 7190SENTEZA N. 13/09UDIENZA DEL 26 NOVEMBRE 2007PAOLA DI RICERCA: AVVENUTE NOTIFICHE

SvolgimentoIl Titolare di una domanda di registrazione ricorreva conRaccomandata del 10 marzo 2008 avverso il provvedi-mento di rifiuto emesso dall’UIBM nei confronti di unadomanda di registrazione per il segno “IO SONO IN TE”.L’UIBM aveva ritenuto la citata richiesta di registrazionein contrasto con l’articolo 14 lettera a) del Codice di Pro-prietà Industriale.

Motivazione e decisioneA parere della Commissione il ricorso doveva essere cor-redato della prova delle avvenute notifiche. La Commis-sione sosteneva, infatti, che il Ricorso dovesse essere noti-ficato sia all’UIBM sia ai contro interessati e, corredatodella prova di quanto sopra, dovesse essere poi trasmessoagli Uffici di cui all’art. 147 o inviato per Raccomandatapostale presso la segreteria della Commissione. Avendoconstato, nel caso di specie, che il Ricorso non era corredatodelle prove di cui sopra la Commissione respingeva. RICORSO = RESPINTO

RICORSO N. 7212 SENTENZA N. 05/10UDIENZA DEL 30 ottobre 2009PAROLA DI RICERCA: “MARCHIO DI FORMA”

SvolgimentoCon Provvedimento del 09 luglio 2008 l’UIBM respingevala domanda di registrazione di marchio depositata dallaSocietà Depositante. La Società Depositante aveva richie-sto la protezione come marchio di forma della forma di unalanterna portatile in parte sostanzialmente parallepipeda ed inparte sostanzialmente cilindrica, al fine di ottenere la tutelaper prodotti quali lampade, lampade elettriche portatili(…) compresi in classe 11. L’Ufficio riteneva detta forma non registrabile: il segnoproposto raffigurava, ad avviso dell’Ufficio, la formaimposta dalla natura stessa del prodotto che si intendevaproteggere (art. 09 Codice Proprietà Industriale). La Società Depositante ricorreva pertanto avverso taleDecisione in data 02 ottobre 2008 sostenendo che la formadi cui trattasi non poteva ritenersi standardizzata e che iprodotti rivendicati non fossero di per se dotati di unaforma imposta dalla loro stessa natura.

Motivazione e decisioneLa Commissione rilevava che le lampade portatili ed arti-coli affini non fossero dotate di una “forma imposta” dallanatura stessa dei prodotti, pertanto la concessione del mar-chio di forma dipendeva dal carattere arbitrario dellaforma rivendicata. Nel caso di specie, la Commissione rite-neva che l’abbinamento di una forma a “parallelepipedo”con una forma “cilindrica”, che se considerate isolatamenteerano forme standard e correnti nel settore di riferimento,fosse dotato di un minimo grado di originalità. Il caratterearbitrario richiesto per ottenere un diritto esclusivo per-tanto era da cogliere proprio nell’integrazione e abbina-mento delle due forme.RICORSO = ACCOLTO

RICORSO N. 7222SENTEZA N.12/11UDIENZA DEL 25 febbraio 2010PAROLA CHIAVE: BANDIERA ITALIA

Svolgimento:In data 21 gennaio 2009 L’UIBM rifiutava la domanda diregistrazione per un marchio contente uno scudetto trico-lore rivendicante la tutela dei servizi in classe 38 e 41 inquanto non conforme ai dettami dell’articolo 10 del Codicedi Proprietà Industriale. La Società Depositante deposi-tava ricorso sostenendo che lo scudetto non poteva consi-derarsi una bandiera e che l’articolo 10 che rinvia all’art. 6ter della Convezione di Parigi non si sarebbe dovuto appli-care ai marchi di servizio, come da recente GiurisprudenzaComunitaria.

Motivazione e Decisione La Commissione rilevava che lo scudetto tricolore era inse-rito all’interno di un marchio misto originale (lo scudetto

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indossa una cuffia), la funzione distintiva veniva pertantoassolta da tale particolare grafica del marchio misto. Men-tre la bandiera assolveva ad una funzione meramentedescrittiva, per altro già evocata dalla parte verbale delmarchio (Musica Italiana). Pertanto, ad opinione dellaCommissione, il ricorso era fondato in quanto il divieto dicui all’art 10 opera a condizione che “gli stemmi e gli altrisegni considerati nelle Convezioni internazionali” assol-vano ad una funzione distintiva. In ultimo, la Commis-sione non riteneva sussistere eventuali rischi di ingannoper il pubblico circa il nesso tra il depositante e lo Stato,requisito richiesto perché operi il divieto di cui al 6 ter.Convenzione Parigi.RICORSO = ACCOLTO

RICORSO N. 7225SENTENZA N. 14/10UDIENZA DEL 19 aprile 2010PAROLA CHIAVE: MARCHIO DI FORMA

SvolgimentoLa Società Depositante impugnava in data 28 maggio2009 il respingimento dell’UIBM relativo alla domanda diregistrazione per la forma di una bistecchiera sostanzialmenteesagonale. La Società Depositante contestava quindi ilrespingimento sostenendo che il segno non fosse privo dicarattere distintivo e non rappresentasse meramente laforma del prodotto in questione (una bistecchiera).

Motivazione e DecisioneLa Commissione confermava gli intendimenti dell’Uffi-cio ritenendo che il segno richiesto rimandasse nei suoitratti essenziali alla forma funzionale e standardizzata diuna bistecchiera. Non rilevava inoltre l’uso commercialedi tale segno effettuato nel corso degli anni dalla Depo-sitante, anche alla luce del fatto che il supposto grado dinotorietà del prodotto fosse dato, ad avviso della Com-missione, non già dalla forma ma dal marchio denomi-nativo. RICORSO = RESPINTO

In questo numeroOrgano dell’Ordine dei Consulenti

in Proprietà IndustrialeVia Napo Torriani 29

20124 MilanoRegistrazione del Tribunale di Milano

n. 2 del 5.1.1985

Direttore Responsabile:Paolo Pederzini

Comitato di Redazione:Luigi Cotti, Fabio Giambrocono, Micaela Modiano, Diego Pallini,

Paolo Pederzini

Segreteria di Redazione:Elisa Franchina

Le opinioni espresse dai singoli articolisti non rappresentano necessariamente le posizioni del Consiglio dell’Ordine

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Via Napo Torriani, 29: informazioni ed alcune riflessioniLuciano Bosotti.................................. Pag. 1

È la fine della brevettazione delle cellule staminali in Europa? ...... » 4Alessandra Bosia

Opposizione in Italia primi dati e considerazioniFabio Giambrocono...........................» 5

Equivalenza brevettuale: qualche riflessione con sguardo oltre confineSandro Hassan ..................................» 6

DISCLAIMERS Una nuova risposta dall’UEB (sarà l’ultima?)Micaela Modiano ............................... » 11

Chiacchierata fra colleghi su BabiloniaFrancesco Paolo Vatti........................ » 12

Brevetto e Tribunale unitariGiuseppe Colucci .............................. » 14

Cooperazione rafforzata. A che gioco giochiamo?Paolo Gerli ............................................. » 15

Non registrabilità e nullità sopravvenuta di Segni o Marchi contrari alla legge, all’ordine pubblico e al buon costumeMaria Teresa Saguatti ............................ » 17

L’ordine pubblico e il buon costume nella casistica dell’UIBM e dell’UAMIRaffaella Barbuto ................................... » 18

ACTA (Anti-Counterfeiting Trade Agreement)Rosalba Palmas ..................................... » 21

Riassunti delle sentenze della Commissione dei RicorsiGianluigi Piselli....................................... » 30Gianni Masciopinto e Alberto Furno...... » 33