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NOTA CONGIUNTURALE Aprile 2016 N.B. La presente nota è aggiornata al 26.03.2016. La prossima nota sarà pubblicata sul sito il 29.04.2016 INDICE 1. ECONOMIA INTERNAZIONALE - Sommario 1.1 Quadro congiunturale 1.2 Evoluzione per Paese 1.3 Area €uro News dal mondo Previsioni dei principali Istituti (CE, FMI, OCSE, BCE) 2. ECONOMIA INTERNA - Sommario 2.1 Indicatori reali 2.2 Indicatori finanziari 2.3 Previsioni Previsioni dei principali istituiti (Istat, FMI, OCSE, BCE) 2.4 Finanza pubblica Italia Zona Euro Previsioni dei principali istituiti (Istat, FMI, OCSE, BCE) 2.5 Politica delle riforme 3. MERCATI FINANZIARI - Sommario

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NOTA CONGIUNTURALE

Aprile 2016

N.B. La presente nota è aggiornata al 26.03.2016. La prossima

nota sarà pubblicata sul sito il 29.04.2016

INDICE

1. ECONOMIA INTERNAZIONALE - Sommario

1.1 Quadro congiunturale

1.2 Evoluzione per Paese

1.3 Area €uro

News dal mondo

Previsioni dei principali Istituti (CE, FMI, OCSE, BCE)

2. ECONOMIA INTERNA - Sommario

2.1 Indicatori reali

2.2 Indicatori finanziari

2.3 Previsioni

Previsioni dei principali istituiti (Istat, FMI, OCSE, BCE)

2.4 Finanza pubblica

Italia

Zona Euro

Previsioni dei principali istituiti (Istat, FMI, OCSE, BCE)

2.5 Politica delle riforme

3. MERCATI FINANZIARI - Sommario

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1. Economia Internazionale – Sommario

L'OCSE nel suo Interim Outlook Economic afferma che la crescita globale resta ancora un miraggio, di fronte a un modesto recupero nelle economie avanzate e, a un'attività più lenta nei mercati emergenti e spieg che "i rischi sulla stabilità finanziaria sono considerevoli". Propone “una forte risposta collettiva per rafforzare la domanda". L'ente parigino stima ora una crescita del PIL mondiale in espansione al 3% nel 2016 e al 3,3% nel 2017 con un taglio dello 0,3% in entrambi gli anni. USA. L'economia statunitense si conferma in buono stato di salute, anche se con molte differenza a seconda degli Stati e dei settori. E' questo, in estrema sintesi, quanto emerso dal Beige Book, la panoramica sull'andamento economico dei 12 Distretti in cui opera la Federal Reserve. Relativamente al periodo che va dall'inizio di gennaio al 22 febbraio, metà di essi ha riportato un'espansione tra il "modesto" e il "moderato", un numero in calo rispetto al precedente rapporto, in cui un simile tasso di crescita era indicato da nove Distretti. Giappone. Secondo la BoJ il Pil nipponico crescerà dell'1,5% nell'anno fiscale 2015 (chiude a marzo 2016) con un'inflazione allo 0,1%. La crescita si manterrà all'1,5% nel 2016, per rallentare nel 2017 al +0,3%. "I rischi sono al ribasso e includono quelli dalle economie oltreoceano". Intanto, a dicembre il tasso di disoccupazione è rimasto stabile al 3,3% e nel 2015 si è attestato in media al 3,1%, due punti in meno rispetto al 2014. Area euro. La ripresa economica nell’area dell’euro sta proseguendo, sebbene all’inizio dell’anno siano emersi segnali di un rallentamento della crescita a fronte di un indebolimento del contesto esterno. I più recenti indicatori tratti dalle indagini congiunturali evidenziano per l’inizio di quest’anno una dinamica di espansione più debole rispetto alle attese. Germania. Gli esperti economici della Germania sono meno ottimisti sull'espansione del Paese. Il Consiglio tedesco composto dai cosiddetti cinque saggi (Christoph M. Schmidt, Peter Bofinger, Lars Feld, Isabel Schnabel e Volker Wieland) hanno rivisto al ribasso le stime sul PIL tedesco, prevedendo un'espansione del Prodotto Interno Lordo all'1,5% dal +1,6% stimato precedentemente.

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Economia Internazionale Quadro congiunturale Rivisto al ribasso dall’Ocse l’outlook sull’economia globale. Il taglio è stato di

0,3 punti al più 3% di crescita nel 2016. Ridotte le stime, anche in questo

caso di 0,3 punti per il 2017, per cui prevede un rialzo del Pil a livello

globale +3,3%.

L’Interim Outlook Economic afferma che la crescita globale resta ancora un

miraggio, di fronte a un modesto recupero nelle economie avanzate e, a

un'attività più lenta nei mercati emergenti e spiega che "i rischi sulla stabilità

finanziaria sono considerevoli".

Propone “una forte risposta collettiva per rafforzare la domanda". Da sola la

politica monetaria non basta, avverte l'organizzazione per la cooperazione e lo

sviluppo economico, facendo eco a quanto affermato nei giorni scorsi dal

presidente della BCE, Mario Draghi, che ha esortato i governi centrali a fare la

loro parte, attraverso investimenti pubblici e una tassazione più bassa.

L'ente parigino stima ora una crescita del PIL mondiale in espansione al 3%

nel 2016 e al 3,3% nel 2017 con un taglio dello 0,3% in entrambi gli anni.

Per l'OCSE, l'Eurozona rischia di rimanere intrappolata nella rete di una

crescita bassa e, in una dinamica di bassa inflazione. Quanto all'Area euro

l'economia si espanderà all'1,4% dal +1,8% precedente. Al ribasso le previsioni di

crescita economica dell’Italia e questo alla luce dei recenti risultati giudicati

deludenti. Il Pil italiano 2016, secondo l’ente parigino, salirà a un tasso +1% ovvero

0,4 punti al di sotto delle previsioni di novembre 2015.

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Riviste al ribasso anche le previsioni sul Regno Unito, a +2,1% nel 2016 e

+2% nel 2017. In entrambi i casi la revisione al ribasso è stata di -0,3 punti

rispetto alle previsioni dello scorso novembre.

Per la Cina, confermato un tasso di espansione del PIL al 6,5% quest'anno e

del 6,2% nel 2017, mentre per gli USA taglia le previsioni a +2% dal +2,5%

precedente.

Commissione europea Le previsioni d'inverno della Commissione indicano prospettive generali di

crescita sostanzialmente invariate dall'autunno, anche se aumenta il rischio

che, soprattutto a causa di fattori esterni, la crescita risulti inferiore a quanto

anticipato. Nella zona euro la crescita dovrebbe raggiungere quest'anno

l'1,7% rispetto all'1,6% dello scorso anno, per attestarsi all'1,9% nel 2017.

Per l'UE invece si prevede che la crescita economica rimanga stabile all'1,9%

quest'anno, portandosi al 2,0% l'anno prossimo.

Alcuni dei fattori che sostengono la crescita dovrebbero risultare più forti e

più duraturi di quanto previsto in precedenza. Si tratta ad esempio dei bassi

prezzi del petrolio, delle condizioni di finanziamento favorevoli e del basso tasso

di cambio dell'euro. Allo stesso tempo però aumentano i rischi per l'economia e si

affacciano nuove sfide: la crescita più lenta della Cina e di altre economie di

mercato emergenti, la debolezza del commercio mondiale nonché le incertezze in

ambito geopolitico e strategico.

Nel 2015 la produzione economica di tutti gli Stati membri ha registrato un

incremento o è rimasta stabile. Entro il 2017 si prevede un'espansione delle

economie di tutti gli Stati membri, anche se con tassi di crescita del PIL che

continueranno ad essere considerevolmente diversi, a causa sia di caratteristiche

strutturali che di situazioni congiunturali.

Sia per l'anno in corso che per il prossimo i consumi privati rimarranno il

principale motore della crescita, sostenuti da un miglioramento del mercato

del lavoro e della crescita del reddito reale disponibile. Anche gli investimenti

dovrebbero beneficiare gradualmente dell'aumento della domanda, dei maggiori

margini di profitto, delle condizioni di finanziamento favorevoli e di una

progressiva attenuazione delle pressioni per la riduzione dell'indebitamento.

L'occupazione dovrebbe continuare a crescere, anche se in misura modesta.

Parallelamente dovrebbe proseguire la diminuzione dei tassi di disoccupazione,

anche se a un ritmo più lento rispetto all'anno scorso. Questa riduzione dovrebbe

essere più marcata negli Stati membri che hanno riformato il mercato del lavoro.

Il tasso di disoccupazione della zona euro dovrebbe passare dall'11% del 2015 al

10,5% del 2016, per attestarsi al 10,2% nel 2017. Nell'UE la disoccupazione

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dovrebbe scendere dal 9,5% del 2015 al 9,0% di quest'anno, raggiungendo l'8,7%

l'anno prossimo.

Cala temporaneamente l'inflazione grazie all'ulteriore discesa dei prezzi del

petrolio, verso la fine del 2015 il dato annuale per la zona euro ha infatti

superato di poco lo zero, soprattutto a causa di un'ulteriore riduzione dei prezzi

del petrolio. I prezzi al consumo nella zona euro dovrebbero aumentare in

misura molto limitata nella prima metà dell'anno, per poi salire in maniera più

consistente nella seconda metà, quando si sarà riassorbito l'impatto del forte

calo dei prezzi del petrolio. Secondo le stime attuali, nel 2016 il tasso annuo di

inflazione nella zona euro dovrebbe essere solo dello 0,5%, in parte a causa del

permanere di una limitata crescita dei salari. L'inflazione dovrebbe salire

gradualmente fino a raggiungere l'1,5% nel 2017 per effetto delle maggiori

pressioni sui prezzi dovute all'aumento dei salari, alla crescita della domanda

interna e a un moderato incremento dei prezzi petroliferi.

La crescita delle esportazioni della zona euro dovrebbe subire

un'accelerazione nel corso del 2016 dopo la frenata della seconda metà del

2015, a causa del perdurare degli effetti del deprezzamento dell'euro, del minor

costo del lavoro per unità di prodotto e di un graduale aumento della domanda

estera.

Il disavanzo pubblico aggregato della zona euro dovrebbe diminuire

ulteriormente grazie a un'attività economica più forte e, in misura minore, a

una diminuzione della spesa per interessi.

Secondo le previsioni, il disavanzo pubblico della zona euro nel 2015 dovrebbe

essere diminuito, attestandosi al 2,2% del PIL (UE 2,5%), e dovrebbe calare

ulteriormente raggiungendo l'1,9% del PIL (UE 2,2%) quest'anno e l'1,6% del PIL

(UE 1,8%) nel 2017. Inoltre quest'anno la politica di bilancio della zona euro

dovrebbe essere leggermente più favorevole alla ripresa economica. Nell'UE nel

suo complesso dovrebbe invece rimanere sostanzialmente neutra. Il rapporto

debito/PIL della zona euro dovrebbe scendere dal picco del 94,5% del 2014 (UE

88,6%) al 91,3% previsto per il 2017 (UE 85,7%).

Le prospettive economiche rimangono assai incerte, mentre aumentano i rischi

complessivi. Tra questi figurano l'indebolimento della crescita nei mercati

emergenti, un aggiustamento disordinato in Cina e la possibilità che ulteriori

aumenti dei tassi d'interesse statunitensi possano provocare perturbazioni sui

mercati finanziari o danneggiare economie emergenti vulnerabili, e ripercuotersi

sulle prospettive economiche. Un ulteriore calo dei prezzi petroliferi potrebbe

anche avere effetti negativi sui paesi esportatori di petrolio e ridurre la domanda

di esportazioni dall'UE. I rischi all'interno dell'UE potrebbero inoltre pesare

sulla fiducia e sugli investimenti. D'altro canto, la combinazione degli attuali

fattori di sostegno potrebbe tradursi in una spinta maggiore del previsto,

soprattutto in caso di ripresa degli investimenti.

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"Global Prospects and Policy Challenges"

La ripresa globale si è ulteriormente indebolita a causa delle crescenti turbolenze sui mercati finanziari e del calo dei prezzi degli asset. Pertanto non è escluso un nuovo taglio delle prospettive economiche. C'è poco ottimismo nel "Global Prospects and Policy Challenges", un documento preparato dal Fondo Monetario Internazionale in vista del G20 che si terrà il 26 e 27 febbraio a Shanghai, in Cina. Secondo l'organizzazione con sede a Washington l'attività ha iniziato ad indebolirsi a fine 2015, complice anche il rallentamento della Cina, i segnali di sofferenza degli altri Emergenti e la caduta delle quotazioni delle materie prime. "Questi sviluppi aumentano i rischi di un deragliamento della ripresa in un momento in cui l'economia globale è particolarmente vulnerabile a shock avversi", si legge nel report. Tutto questo ha aumentato la possibilità di procedere con un nuovo taglio delle previsioni in occasione del "World Economic Outlook" che sarà diffuso ad aprile. Si tratterebbe del secondo taglio in pochi mesi: a gennaio in Fondo aveva infatti ridotto le stime sul PIL globale dello 0,2% sia per l'anno in corso che per il 2017 rispettivamente al 3,4% e al 3,5%. La ricetta per uscire dall'impasse? Secondo l'FMI questa congiuntura "fragile" aumenta l'urgenza di risposte politiche di ampia portata che rafforzino la crescita e gestiscano le vulnerabilità. In particolare, le politiche monetarie accomodanti restano essenziali dove l'inflazione è ancora sotto i target delle Banche Centrali anche perchè, osserva il Fondo, il crollo delle commodities è destinato a deprimere ulteriormente i prezzi. Allo stesso tempo, però, "va ridotto l'eccesso di dipendenza dalle politiche monetarie", ha puntualizzato. Per quanto riguarda l'Area euro, secondo l'Istituto guidato da Christine Lagarde si osserva una ripresa graduale, sostenuta in parte da bassi prezzi petroliferi nonostante un rallentamento delle esportazioni nette. "Tuttavia, investimenti bassi, disoccupazione alte e bilanci deboli pesano sulla crescita". Plauso all'attuale politica monetaria della Banca Centrale Europea, poiché l'attuale programma di acquisto di asset ha sostenuto la ripresa aumentando la fiducia e le condizioni finanziarie. Ma dal momento che l'inflazione resta bassa, "la BCE deve ribadire con forza la propria disponibilità ad utilizzare tutti gli strumenti a propria disposizione", dichiara. Un endorsment tra le righe al varo di nuovi stimoli, che potrebbero arrivare già in occasione del meeting di marzo. Passando agli Stati Uniti, il Fondo ha invitato la Federal Reserve ad assumere un atteggiamento prudente. Dopo la stretta monetaria dello scorso dicembre, negli USA "ulteriori azioni dovrebbero essere ben comunicate e basate su prove chiare di pressioni sui salari o sui prezzi e una valutazione che l'inflazione si prepara a crescere verso il target della Federal Reserve del 2%, dichiara l'FMI.

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Consuntivo Si mantiene stabile la crescita del G20 nel terzo trimestre dell'anno. Stando

ai dati pubblicati dall'OCSE, il PIL è cresciuto dello 0,7%, riportando lo stesso

tasso di crescita dei tre mesi precedenti, ma con differenze più accentuate fra i

vari Paesi. Quanto alla crescita tendenziale del PIL del G20 si è assestata al 2,9%

dal +3,1% del secondo trimestre.

La crescita ha frenato negli Stati Uniti (PIL allo 0,5% da +1%), così come in Gran

Bretagna (+0,5% da +0,7%) e in Italia (+0,2% da +0,3%) mentre è rimasta

invariata in Cina (+1,8%). Migliora invece il PIL in Giappone (+0,3% da -0,1%), in

Brasile (-1,7% da -2,1%) e Sudafrica (+0,2% da -0,3%).

Aspettative a breve termine OCSE (CLI). La crescita economica rallenta un po' il passo nei paesi OCSE

nonostante i segnali di stabilizzazione provenienti dalla Cina. E' quanto emerge

dall'ultimo leading indicator elaborato dall'Organizzazione per la Cooperazione e

lo Sviluppo. A gennaio il dato relativo all'intera Area OCSE scende a 99,6 dai

99,7 punti del mese precedente, mentre quello dell'Eurozona che passa a 100,5

da 100,6 punti. In Germania scivola da 99,9 a 99,8 punti mentre in Francia

resta a 100,9. Stabile anche la situazione in Italia, a 101,1 punti.

L'indicatore economico anticipatore ha segnalato un lieve miglioramento negli

Stati Uniti, Gran Bretagna e Giappone mentre in Cina permangono i tentativi di

stabilizzazione.

Fonte: Ocse

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USA. La stima flash sull'indice PMI manifatturiero indica, per il mese di

marzo, un livello di 51,4 punti, in miglioramento rispetto ai 51,3 di febbraio. Il

dato, pubblicato da Markit, è peggiore delle attese del mercato che erano per un

una risalita sino a 51,8. L'indice si conferma comunque ampiamente al di sopra

della soglia chiave dei 50 punti, denotando una espansione del settore

manifatturiero.

Rimbalza il superindice USA relativo al mese di febbraio. Secondo quanto

comunicato dal Conference Board degli Stati Uniti il Leading Economic Index è

aumentato dello 0,1% a 123,2 punti, dopo il -0,2% di gennaio ed il +0,2% stimato

dagli analisti. "Il leading indicator degli Stati Uniti è leggermente aumentato nel

mese di febbraio, dopo il calo dei mesi precedenti, a dispetto delle aspettative

dei consumatori e i nuovi ordini che mostrano ancora segnali di debolezza" ha

spiegato Ataman Ozyildirim del Conference Board. L'indice coincidente nello

stesso periodo è salito dello 0,1% contro il +0,3% del mese precedente mentre

l'indice differito è cresciuto dello 0,4% dopo il +0,1% di gennaio.

Area Euro Nuovo peggioramento per la fiducia dei consumatori di Eurolandia,

che confermano un progressivo deterioramento delle aspettative, in atto sin

dall'inizio dell'anno. La stima flash del dato sul sentiment dei consumatori indica

per il mese di marzo un valore di -9,7 punti rispetto al dato di febbraio di -8,8,

risultando peggiore alle attese degli analisti che indicavano un -8,5. Invece, nel

complesso dell'Unione Europea l'indicatore è sceso di 0,7 punti a quota -7,3 da -

6,6. Lo rende noto la Direzione Generale degli Affari Economici e Finanziari della

Comunità europea (DG ECFIN).

Segnali negativi giungono dall'Eurozona, dove la fiducia degli investitori

scende nuovamente, dopo l'exploit di fine 2015. L'indice Sentix, un indicatore

rilevato dall'omonimo Istituto di ricerche tedesco che misura la fiducia degli

investitori, è sceso per il terzo mese consecutivo, attestandosi a 5,5 punti dai 6

punti del mese precedente, portandosi sui minimi da aprile 2015. Le attese degli

analisti erano per un rialzo a 8 punti. L'Istituto Sentix segnala inoltre che il

sottoindice sulle aspettative per l'economia della zona euro è scivolato a 8,3 punti

da 10,5, mentre la percezione degli investitori dell'attuale situazione economica è

migliorata a 2,8 punti da 1,5.

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Consiglio europeo

"Rilanciare gli investimenti, proseguire le riforme strutturali per modernizzare le nostre economie e condurre politiche di bilancio responsabili". Sono queste alcune delle conclusioni a cui è giunto il Consiglio Europeo che ha messo in focus argomenti importanti quali occupazione, crescita e competitività e clima ed energia. "Gli Stati membri inseriranno tali priorità nei prossimi programmi nazionali di riforma e nei programmi di stabilità o convergenza. Tali politiche contribuiranno a porre l'attuale ripresa su una base più sostenibile e a promuovere la crescita e l'occupazione. Nella riunione di giugno, il Consiglio europeo discuterà i progressi compiuti nei lavori volti a completare l'unione economica e monetaria e adotterà un'agenda per l'attuazione di tutti gli aspetti del mercato unico, tra cui la realizzazione delle strategie della Commissione in materia di mercato unico, mercato unico digitale e Unione dei mercati dei capitali, allo scopo di sfruttarne appieno il potenziale di crescita e produttività ancora inespresso. Per quanto riguarda il Clima e l' Energia, il Consiglio europeo accoglie con favore la presentazione, da parte della Commissione, del pacchetto sulla sicurezza energetica e della comunicazione "Dopo Parigi" e incoraggia i legislatori a proseguire il lavoro sulle proposte per rafforzare, in via prioritaria, la sicurezza energetica dell'UE sulla base delle conclusioni precedenti e delle pertinenti strategie approvate dal Consiglio europeo. Ha inoltre ricordato l'importanza di un mercato dell'energia pienamente funzionante e interconnesso. Basandosi sulla comunicazione sul clima, mette in rilievo l'impegno dell'UE di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra a livello nazionale e di aumentare la quota di energie rinnovabili e migliorare l'efficienza energetica, come convenuto dal Consiglio europeo dell'ottobre 2014.

Referendum Brexit

Fonte teleborsa Preoccupata dal referendum sulla Brexit, ovvero l'uscita della Gran Bretagna dall'UE, la Bank of England (BoE) si prepara a un piano straordinario. La banca guidata da Marck Carney ha deciso di mettere a disposizione delle banche britanniche miliardi di sterline per affrontare l'eventualità di uno scenario peggiore, ovvero la corsa agli sportelli. L'operazione sarebbe effettuata utilizzando uno strumento già in uso, il Long Term Repo, tramite il quale le banche potranno scambiare asset con liquidità. L'annuncio della BoE ha sollevato critiche sia da parte degli attivisti impegnati

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per il "sì" sia per quelli impegnati per il "no" al referendum, in quanto rischia di creare un panico che, al momento, non c'è. "Ci possono essere livelli di attività economica più bassi a causa del grado di incertezza che andrebbe a colpire gli investimenti e la spesa delle famiglie" ha rilanciato senza mezzi termini il governatore Carney, durante un intervento al Parlamento, interrogato sulle conseguenze di un'uscita di Londra dall'UE.

La Germania starebbe creando una sua propria “bad bank”. Fonte: Wall street

La Germania starebbe creando una sua propria “bad bank”. E’ quanto riporta in via esclusiva Handelsblatt, precisando che la principale associazione bancaria privata del paese sta lavorando sul progetto, al fine di convogliare gli asset non performanti delle banche tedesche in difficoltà nel nuovo istituto, così salvandole. Secondo le fonti, la bad bank, la prima in Germania, avrà un capitale iniziale di 25 milioni di euro e sarà chiamata EIS-Einlagensicherungsbank (ovvero EIS banca di assicurazione sui depositi). Dirk Cupei, responsabile della divisione di stabilità dei mercati finanziari presso l’associazione, ha riferito a Handelsblatt che l’EIS: “potrebbe diventare attiva in vista di possibili difficoltà delle banche, per conto del fondo di assicurazione sui depositi”. Tale fondo è stato creato più di diceci anni fa al fine di garantire i depositi dei clienti delle banche, in caso di loro default. L’Associazione bancaria della Germania conta più di 200 banche commerciali tra i suoi membri, incluse Deutsche Bank e Commerzbank. Altre reti bancarie tedesche, come casse di risparmio e cooperative, hanno un proprio sistema di assicurazione sui depositi. Cupei ha sottolineato che la bad bank non si accollerà tuttavia la responsabilità di aiutare ogni banca in difficoltà: “In alcuni casi, un intervento prima del tempo può avere un significato economico maggiore dell’insolvenza. In altri casi, è la stabilità del mercato finanziario che determinerà che le banche siano fatte fallire in modo ordinato”. Cupei ha anche aggiunto che la nuova bad bank potrebbe anche tecnicamente gestire il default di banche che non possono essere salvate con l’aiuto del fondo di assicurazione sui depositi. Il quotidiano non fornisce alcuna indicazione su una eventuale approvazione dell’Unione europea della bad bank. Viene automaticamente da pensare all’iter faticoso con cui l’Italia ha dovuto fare approvare il suo piano di bad bank, con il via libera di Bruxelles che, alla fine, c’è stato. L’ok al piano è arrivato in quanto

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l’Ue ha decretato che la creazione di una bad bank in Italia non è un aiuto di Stato.

Derivati: buco di Stato, segreto di Stato Fonte: L’Espresso

Ai parlamentari del Movimento 5 Stelle che hanno provato a chiedere i contratti è stato risposto che non potranno averli mai. Perché i derivati finanziari sottoscritti dal Tesoro devono essere un segreto? Il governo di Matteo Renzi, per bocca dei dirigenti del ministero dell'Economia guidato da Pier Carlo Padoan, dice che sono contratti fra privati, e che le condizioni sono sottoposte a riservatezza commerciale. Un'occhiata ai numeri fa però venire il sospetto che la questione provochi un certo imbarazzo, anche a livello politico. Negli ultimi quattro anni per le perdite sui derivati il Tesoro ha dovuto subire un esborso di 16,9 miliardi di euro, 4,5 miliardi dei quali solo nel 2014. In pratica, se non avesse perso quei quattrini, il governo avrebbe potuto azzerare l'Imu sulla prima casa senza tagliare altre spese. Buco di Stato, segreto di Stato I contratti dei derivati-flop comprati dal Tesoro sono tenuti nascosti a tutti. Eppure stanno già costando miliardi alle casse pubbliche. Mentre le banche ci fanno profitti d’oro. Quei soldi, poi, sono finiti a grandi banche internazionali, il cui nome resta però segreto, in virtù di clausole contrattuali che a nessuno è dato conoscere. Purtroppo la situazione non sembra destinata a migliorare: come racconta l'inchiesta de “l'Espresso”, nei prossimi mesi il Tesoro dovrà fronteggiare scadenze che rischiano di essere molto onerose, come rivelano alcuni indizi. Ad esempio: su un derivato da 2 miliardi che in teoria dovrebbe terminare nel 2036, una banca dal nome tenuto sotto stretto riserbo ha la possibilità di uscire anticipatamente nel prossimo mese di marzo, costringendo il governo a sborsare una cifra che potrebbe rivelarsi vicina a un miliardo di euro.

http://leg16.camera.it/465?area=9&tema=39&I+derivati+degli+enti+territoriali

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Derivati, una mina da "37 miliardi" sui conti pubblici italiani (fonte: teleborsa) L'esposizione dello Stato italiano verso i derivati rischia di vanificare ogni sforzo per una revisione della spesa pubblica e bloccare il ventilato taglio

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delle tasse. Il tema del rischio insito nei conti statali, di tanto in tanto, riemerge ed il Tesoro ha più volte gettato acqua sul fuoco. Tuttavia, secondo l'ufficio Studi Unimpresa, esisterebbe una "mina sulla finanza statale italiana" del valore di 37 miliardi di euro. In base ad un'analisi effettuata su dati della Banca d’Italia, la massa di derivati finanziari in passivo nei bilanci dello Stato, voce che nell'ultimo anno si è allargata di quasi il 30% ed è arrivata a quota 36,8 miliardi. Al contrario, si registra una sostanziale invarianza (+0,7%) dei derivati in perdita nelle amministrazioni locali: nei 12 mesi sotto la lente, le consistenze dei bilanci di comuni, province e regioni sono passate infatti da 1,26 miliardi a 1,27 miliardi, con un aumento di soli 9 milioni. In tutta Italia, considerato sia il settore pubblico sia quello privato, la montagna di titoli finanziari ad alto rischio, cioè potenzialmente in perdita, è cresciuta in totale di oltre l'8% in un anno (dal 2013 al 2014) passando da 153 miliardi di euro a 166 miliardi. Su anche i derivati "a rischio" delle banche, in crescita di 4,7 miliardi da 105,7 miliardi a 110,5 miliardi (+4,4%). Lieve incremento per i prodotti speculativi nei bilanci delle imprese: a fine 2014 l’ammontare è salito di 347 milioni a quota 7,6 miliardi rispetto ai 7,3 del 2013 (+4,7%). Nel comparto assicurativo e dei fondi pensione si è passati da 5,2 a 5,5 miliardi (+5,1%) in aumento di 269 milioni, mentre il resto degli intermediari finanziari ha registrato una crescita di 164 milioni (+3,5%) da 4,6 miliardi a 4,8 miliardi.

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Cina

Previsioni Il rallentamento economico della Cina continua a preoccupare, mandando spesso in tilt investitori e mercati finanziari. Proprio per questo il premier cinese, Li Keqiang, ha deciso di rassicurare ancora una volta tutti, dichiarando durante la sua conferenza stampa annuale di essere certo che la Cina raggiungerà gli obiettivi di crescita economica prefissati dal governo, grazie anche alle riforme strutturali che sta portando avanti. All'inizio del mese il Congresso Nazionale del Popolo ha fissato per la Cina obiettivi di crescita del 6,5% per quest'anno. Non ci sarà un "atterraggio duro", ovvero una fase di forte recessione, ha assicurato Li, aggiungendo che il Dragone può attuare le riforme ed ottenere una crescita "simultaneamente", poiché le due cose non sono in contraddizione. "L'economia cinese - ha spiegato il premier - è in grado di affrontare piccoli e brevi sbalzi di crescita, ma se l'economia mostrerà rallentamenti consistenti, noi abbiamo strumenti innovativi per mantenere la stabilità". Nel 2015 la Cina è cresciuta del 6,9%, l’incremento più contenuto degli ultimi 25 anni. Anticipatori L'attività dei servizi in Cina ha registrato un rallentamento, nel mese di febbraio, confermando la situazione di debolezza economica che sta attraversando il paese, nonostante gli sforzi messi in atto finora da Pechino, per stimolare la crescita. L'indice dei servizi, elaborato da Caixin Media e Markit è sceso a 51,2 punti, a febbraio, rispetto ai 52,4 punti di gennaio. Il dato resta sopra la soglia di 50 punti che separa espansione da contrazione, ma si confronta con attese degli economisti per un progresso a 52,6 punti. L’indice ufficiale PMI non manifatturiero, che comprende anche il settore delle costruzioni, è sceso a 52,7 a febbraio da 53,5 di gennaio. In questo caso il sottoindice per il settore dei servizi è calato a 52,2 da 52,7 Continuano a deteriorarsi le condizioni dei produttori di beni in Cina. A febbraio il Purchasing Managers Index (PMI) elaborato da Caixin Media e Markit è sceso ancora, portandosi a 48 punti rispetto ai 48,4 punti di gennaio. Il dato è peggiore delle attese degli analisti che stimavano una discesa più contenuta a 48,3 punti. Tutte le aziende manifatturiere cinesi hanno segnalato un ulteriore calo della produzione al ritmo più veloce da settembre 2015, citando il peggioramento delle condizioni di mercato e il calo dei nuovi

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ordini. "Il Governo deve varare riforme più incisive, adottare moderate politiche di stimolo e rafforzare le condizioni economiche per evitare un salto nel vuoto" ha commentato He Fan, capo economista presso Caixin Insight. Da rilevare che 50 è il livello che separa la contrazione dall'espansione. Anche il PMI manifatturiero elaborato dall'Ufficio di Statistica cinese ha dipinto un quadro a tinte fosche: sempre a febbraio è sceso infatti da 49,4 a 49 punti. Va comunque rilevato che molti economisti sono cauti sul dato di febbraio in quanto include i lunghi festeggiamenti del Capodanno cinese Elementi congiunturali Segnali ancora incerti per la Cina, che si trova da ormai diverso tempo in crisi, a causa di una stagnazione della domanda interna e dell'export, che ha provocato un rallentamento della crescita e dell'inflazione. Secondo gli ultimi dati dell'ufficio statistico, l'inflazione a febbraio ha accelerato al 2,3%, il tasso più alto dal giugno 2014. I prezzi hanno poi registrato un aumento dell'1,8% su mese, grazie alla fiammata dei generi alimentari, che hanno visto crescere i prezzi del 7,3% per effetto dei maggiori consumi per la festività del Capodanno lunare. Al netto di questa componente volatile, l'inflazione si è attestata appena all'1%, un tasso ancora troppo basso per allontanare i timori di stagnazione. I prezzi alla produzione, che hanno evidenziato un calo del 4,9%, superiore al 4,8% indicato dagli analisti. I dati non allontanano la possibilità di nuovi interventi espansivi della banca centrale, mentre altre autorità monetarie in Asia subiscono pressioni ed attendono il via per il lancio di nuove misure espansive. Le esportazioni hanno subito una flessione del 25,4% su anno, più che doppia rispetto alle previsioni degli economisti (-12,5%), a fronte di una domanda diminuita su tutti i maggiori mercati di sbocco delle merci cinesi. Segno meno anche per le importazioni, per il sedicesimo mese consecutivo, in contrazione del 13,8% in febbraio (su stime per un -10,0%). La bilancia commerciale cinese ha fatto segnare in febbraio un avanzo di 32,59 miliardi di dollari, in calo rispetto ai 63,29 miliardi di gennaio; le attese erano per un surplus di 50,15 miliardi.

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Petrolio

Previsioni ottimistiche sui prezzi del petrolio giungono dalla International Energy Agency (IEA) secondo cui le quotazioni di greggio potrebbero aver toccato il fondo. Nel consueto rapporto sul mercato del petrolio, che la IEA pubblica mensilmente, gli analisti stimano una risalita dei prezzi dell'oro nero convinti che ormai abbiano già raggiunto i minimi. Gli esperti citano la produzione negli Stati Uniti e in altri paesi non-OPEC che sta iniziando a scendere velocemente e, il ritorno dell'Iran sul mercato che è stato meno drammatico del previsto. Lo scorso mese, a Doha, Arabia Saudita, Russia, Venezuela e Qatar, hanno siglato un accordo per bloccare la produzione petrolifera ai livelli di gennaio. L'accordo è subordinato al parere favorevole di altri grandi produttori, e l'Iran ha fatto sapere di essere contrario al congelamento dell'output.

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1.2 Evoluzione per Paese

Stati Uniti

Previsioni L'economia statunitense si conferma in buono stato di salute, anche se con

molte differenza a seconda degli Stati e dei settori. E' questo, in estrema

sintesi, quanto emerso dal Beige Book, la panoramica sull'andamento economico

dei 12 Distretti in cui opera la Federal Reserve.

Relativamente al periodo che va dall'inizio di gennaio al 22 febbraio, metà di essi

ha riportato un'espansione tra il "modesto" e il "moderato", un numero in calo

rispetto al precedente rapporto, in cui un simile tasso di crescita era indicato da

nove Distretti.

Tre Distretti hanno riportato riportato un andamento misto, due piatto. Le Fed di

Boston, Cleveland e Chicago hanno dichiarato che i consumatori sono diventati più

riluttanti a spendere a causa della volatilità dei mercati finanziari. Quella di

Dallas, infine, ha parlato di outlook molto incerto.

Semaforo rosso per il comparto manifatturiero, che continua a soffrire il

dollaro forte, la debole domanda dal settore energetico e il rallentamento

dell'economia globale.

Molto meglio il mercato del lavoro, che continua a migliorare anche se la

crescita dei salari "varia i modo considerevole" tra i vari Distretti.

Quanto ai prezzi al consumo, nessun Distretto ha lamentato pressioni

inflazionistiche tali da spingere la Fed ad intervenire.

Lo statement della banca centrale statunitense parla di "crescita moderata" e di un'andamento dell'inflazione che, a dispetto dei recenti segni di vitalità, resta al di sotto del target di lungo termine della Fed. La Federal Reserve ha fornito anche le previsioni aggiornate sull'economia a stelle e strisce, indicando per quest'anno un aumento del PIL del 2,2% in frenata rispetto al 2,4% indicato nelle previsioni di dicembre. Anche il tasso d'inflazione è stato tagliato all'1,2% dall'1,6% indicato a dicembre, sebbene venga confermata l'inflazione core all'1,6%. La disoccupazione invece è confermata al 4,7%. Sulla base di queste previsioni, la banca centrale ha ridotto a due il numero di rialzi dei tassi previsti nel 2016, mentre precedentemente se ne attendeva almeno quattro. La Casa Bianca, dopo il +2,4% del 2015, prevede una crescita del 2,6%

quest'anno e il prossimo, il biennio migliore da quello 2005-2006, per poi

assestarsi in media al 2,3% nel lungo termine. Le previsioni sono leggermente

piu' pessimistiche rispetto a sei mesi fa: la stima per il 2016 e' stata abbassata

dello 0,3% e quella per il 2017 dello 0,2%. Le previsioni dell'amministrazione

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Obama sono piu' ottimistiche di quelle degli analisti, che attendono una crescita

del 2,5% e del 2,4% rispettivamente quest'anno e il prossimo, e della Federal

Reserve, che vede una crescita del 2,4% nel 2016 e del 2,2% nel 2017.

Per quanto riguarda la disoccupazione, la Casa Bianca prevede un tasso al

4,7% quest'anno e al 4,5% il prossimo, per poi tornare gradualmente al 4,9% nei

prossimi dieci anni. Il tasso di disoccupazione e' calato al 4,9% a gennaio,

scendendo sotto il 5% per la prima volta da febbraio 2008.

Consuntivo Rallenta la crescita dell’economia americana nel 4° trimestre dell’anno, ma meno

bruscamente di quanto previsto in precedenza.

Negli ultimi tre mesi dello scorso anno il PIL americano è cresciuto

dell'1,4%, confrontandosi con il +2% del trimestre precedente e con il +1%

della seconda stima (+0,7% il PIL preliminare). Il dato, inoltre, risulta migliore

delle attese degli analisti che indicavano un aumento dell'1%.

Lo comunica il Bureau of Economic Analysis, che ha pubblicato la statistica finale.

La crescita è stata sostenuta principalmente dall'aumento dei consumi

privati, grazie all'incremento dei salari ed all'aumento dei prezzi delle

abitazioni. Ancora deboli le scorte all'industria.

In tutto il 2015 la crescita è stata del 2,4%, lo stesso passo del 2014 e poco

sopra la media del 2,1% all'anno registrata dal 2010, il primo anno intero dopo la

recessione. Per fare un paragone, la crescita media negli anni Novanta era stata

del 3,4% all'anno.

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Fonte: bea.gov

Nel 2015 i consumi sono saliti del 3,1%, l'aumento maggiore dal 2005. Nonostante

l'accelerazione, la crescita dell'1,4% è inferiore rispetto alla media del 2,2% dei

primi tre trimestri del 2015. A pesare è il calo dei profitti delle aziende, scesi

dell'8,1%, il calo maggiore dal 2011. Le esportazioni sono calate del 2%, meno del

2,7% inizialmente previsto.

Anticipatori Torna a crescere in marzo il settore terziario statunitense seppur in misura

leggermente inferiore alle aspettative. La stima flash dell'indice PMI dei

servizi, elaborato da Markit, indica un valore di 51 punti, in marcato

miglioramento rispetto ai 49,7 di febbraio. Le stime degli analisti erano per una

salita fino a 51,3 punti. Il dato è comunque positivo perché evidenzia il ritorno

oltre quota 50 punti, ovvero sopra la soglia che separa l'espansione dalla

contrazione

Cresce l'indice Fed di Richmond relativo al settore manifatturiero, Nel mese

di marzo, l'indicatore che sintetizza lo stato dell'attività del distretto si è

portato a +22 punti dai -4 di febbraio. Lo comunica il Distretto FED di Richmond.

Il dato supera le attese degli analisti che erano per un dato pari a -1.

L'attività manifatturiera degli Stati Uniti migliora a marzo, riavviando un trend

positivo interrotto ad inizio anno ed avviato negli ultimi mesi del 2015.

La stima flash sull'indice PMI manifatturiero indica, per il mese di marzo, un

livello di 51,4 punti, in miglioramento rispetto ai 51,3 di febbraio. Il dato,

pubblicato da Markit, è peggiore delle attese del mercato che erano per un una

risalita sino a 51,8. L'indice si conferma comunque ampiamente al di sopra della

soglia chiave dei 50 punti, denotando una espansione del settore manifatturiero.

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Rimbalza il superindice USA relativo al mese di febbraio. Secondo quanto

comunicato dal Conference Board degli Stati Uniti il Leading Economic Index è

aumentato dello 0,1% a 123,2 punti, dopo il -0,2% di gennaio ed il +0,2% stimato

dagli analisti. "Il leading indicator degli Stati Uniti è leggermente aumentato nel

mese di febbraio, dopo il calo dei mesi precedenti, a dispetto delle aspettative

dei consumatori e i nuovi ordini che mostrano ancora segnali di debolezza" ha

spiegato Ataman Ozyildirim del Conference Board.

L'indice coincidente nello stesso periodo è salito dello 0,1% contro il +0,3% del

mese precedente mentre l'indice differito è cresciuto dello 0,4% dopo il +0,1% di

gennaio.

A marzo gli americani sono meno fiduciosi sull’andamento dell’economia. L’indice

dell’Università del Michigan che misura la fiducia dei consumatori è sceo

infatti ai minimi degli ultimi cinque mesi, deludendo le attese di mercato.

Secondo quanto riportato dall’Università del Michigan, il dato preliminare sulla

fiducia dei consumatori è sceso a quota 90 punti, dai 91,7 punti di fine febbraio.

Gli analisti attendevano un rialzo a 92,2 punti. Negli Stati Uniti i consumi

contribuiscono per circa due terzi alla crescita dell’economia.

A pesare è stata l’incertezza sulla prospettive future della prima economia al

mondo. Per fare un confronto, la fiducia dei consumatori si è attestata a una

media mensile di 86,9 punti nell’anno prima della recessione.

In netta ripresa l'indice Empire State di New York, che torna positivo per la

prima volta da luglio dello scorso anno. L'indicatore elaborato dalla FED di New

York, si è attestato a marzo a +0,6 punti risultando molto al di sopra delle

previsioni del mercato che erano per -10 punti. Il dato odierno risulta superiore ai

-16,64 punti di febbraio. L'indice misura le condizioni del settore manifatturiero

nel distretto di New York. Si ricorda che un livello del dato superiore/inferiore

allo 0 indica che la maggior parte delle compagnie riportano

miglioramenti/peggioramenti delle condizioni

Migliora leggermente a febbraio la situazione del manifatturiero nel Distretto

di Dallas. Il relativo indice elaborato dalla Federal Reserve di Dallas, si è

attestato a -31,8 punti rispetto ai -34,6 punti di gennaio. Le stime degli analisti

erano tuttavia per un miglioramento più deciso fino a -30 punti. La statistica,

seppur in lieve miglioramento, resta in zona contrazione, ovvero sotto la soglia dei

50 punti, che fa da spartiacque con l'espansione.

Elementi congiunturali Gli ordinativi di beni durevoli americani sono calati a febbraio per la terza

volta in quattro mesi. Gli ordini si sono attestati infatti a 229,4 miliardi di

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dollari, evidenziando un calo del 2,8% rispetto al mese precedente, dopo il +4,2%

rivisto di gennaio. Le attese del mercato erano per una riduzione del 2,9%. Il dato

è stato comunicato dal Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti (Bureau of

the Census). Se si esclude il settore dei trasporti il dato (core) ha segnato un

calo dell'1% a 155 miliardi rispetto al -0,2% del consensus ed al +1,2% rivisto di

gennaio. Escludendo il settore della difesa gli ordini registrano un decremento

dell'1,9% (+3,7% il dato precedente rivisto).

Cresce il deficit delle partite correnti americano nel 4° trimestre,

attestandosi a 125,3 miliardi di dollari dai 129,9 mld rivisti del 3°

trimestre. Il dato è comunicato dal Bureau of Economic Analysis (BEA) del

Dipartimento del Commercio statunitense. Le attese del mercato erano per un

disavanzo di 118,9 miliardi di dollari.

Rallenta la caduta dei prezzi import/export statunitensi, complice il parziale

recupero de greggio registrato a febbraio, allentando anche i rischi di una

potenziale deflazione. Secondo quanto rilevato dal Bureau of Labour Statistics

americano, i prezzi alle importazioni sono calati dello 0,3%, dopo il -1% rivisto di

gennaio ed il -1,2% di dicembre. Il dato è migliore delle attese degli analisti che

stimavano una contrazione più marcata dello 0,6%.Su base annua si è registrata

una caduta dei prezzi del 10,2%. Al netto delle importazioni di petrolio i prezzi

import hanno registrato una sostanziale stabilità evidenziando un calo annuale

dell'1,1%. Il declino dei prezzi agricoli e non agricoli ha avuto un impatto

negativo sull'indice dei prezzi alle esportazioni che ha mostrato un decremento

dello 0,4% dopo il -0,8% del mese precedente ed il -1,1% di dicembre. Le stime di

consensus erano per una discesa più forte dello 0,5%. Su anno il dato è sceso del

5,8%. Al netto dei prodotti agricoli i prezzi alle esportazioni sono calati dello

0,4% rispetto al -0,9% rivisto di gennaio. Su base tendenziale hanno registrato

invece una variazione negativa del 5,3%.

Tornano a scendere e inaspettatamente i prezzi praticati all'industria

americana a febbraio, facendo tornare i timori per i rischi di deflazione negli

Stati Uniti dopo il recupero messo a segno a gennaio. Secondo il Dipartimento del

Lavoro americano (BLS), i prezzi alla produzione hanno registrato un calo dello

0,2% a livello congiunturale dopo il +0,1% del mese precedente. Il dato risulta

tuttavia in linea con delle attese degli analisti che erano per una discesa dello

0,2%. Su base annua si è registrata una variazione nulla rispetto al -0,2% di

gennaio. Le attese degli analisti erano per un incremento dello 0,1%.

I prezzi dei beni e servizi "core", ovvero l'indice depurato dalle componenti più

volatili quali il settore alimentare e quello dell'energia, sono saliti dello 0,1%

(+0,1% il consensus) dopo il +0,4% precedente. La componente energia ha

registrato invece un crollo del 3,4 rispetto al 5% di gennaio.

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Battuta d'arresto per la spesa delle famiglie americane a febbraio, come

testimoniato dal calo delle vendite al dettaglio USA più forte del previsto.

Il dato ha mostrato un calo mensile dello 0,1% a 447,3 mld di dollari, a fronte del

-0,2% stimato dagli analisti e dopo il -0,4% rivisto di gennaio (+0,2% la prima

lettura). Lo comunica l'US Census Bureau, precisando che su base annua si è

registrato un progresso del 2,9%. Il dato "core", ossia le vendite al dettaglio

escluse le auto, ha segnato un calo dello 0,1% (-0,4% a gennaio). Anche in questo

caso il dato è leggermente migliore delle aspettative, che erano per una

variazione negativa dello 0,2%.

Crescono a gennaio le scorte di magazzino USA, a 1.812,3 mld di dollari.

Secondo il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, il dato ha registrato una

variazione positiva dello 0,1% rispetto al mese precedente, facendo meglio delle

attese degli analisti che erano per un valore stabile. Si tratta di un buon dato che

fa ben sperare per la crescita economica americana, visto che le scorte

rappresentano una componente chiave del Prodotto Interno Lordo. Su base

tendenziale si è verificato un incremento dell'1,8%. Nello stesso periodo le

vendite hanno registrato una variazione negativa su base mensile dello 0,4%, a

1.296,2 mld di dollari, con un calo tendenziale dell'1,1%.

La ratio scorte/vendite, che misura quanti mesi sono necessari a un'azienda

per esaurire completamente le proprie scorte, è risultata pari a 1,40

dall'1,36 di gennaio 2015.

L'inflazione statunitense torna negativa a febbraio, confermandosi ben

lontana dal target fissato dalla Federal Reserve. A febbraio i prezzi al

consumo, secondo il Bureau of Labour Statistics (BLS) americano, hanno

registrato una flessione dello 0,2% rispetto alla variazione nulla riportata a

gennaio, centrando tuttavia le stime degli analisti. Su base annua l'indice ha

segnato un balzo dell'1%, decisamente superiore al +0,9% del consensus, ma in

decelerazione dal +1,4% di gennaio. Il core rate, ossia l'indice dei prezzi al

consumo depurato delle componenti più volatili quali cibo ed energia, ha

evidenziato un aumento dello 0,3%, superiore al +0,2% del consensus e come il

mese precedente. Il dato tendenziale si attesta invece al 2,3% in accelerazione

rispetto al +2,2% di gennaio e del consensus. In particolare, i prezzi della

componente energetica hanno registrato un pesante calo del 6% dopo il -2,8% di

gennaio. I prezzi della componente alimentare sono saliti dello 0,2% dal livello

invariato del mese precedente.

A due velocità il settore edile negli Stati Uniti. Secondo il Dipartimento del

Commercio statunitense, a gennaio si è registrato un aumento dei nuovi

cantieri avviati del 5,2% su base mensile a 1,178 milioni di abitazioni, rispetto

agli 1,120 mln rivisti di gennaio (1,099 mln la prima lettura). Le attese degli

analisti erano per 1,150 milioni (+4,6%). Ristagnano invece i permessi edilizi

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rilasciati dalle autorità competenti, che hanno registrato un decremento del 3,1%

mensile a 1,167 milioni di unità contro gli 1,204 milioni del mese precedente. Il

consensus indicava un valore di 1,200 milioni (-0,1%).

Torna a frenare la produzione dell'industria statunitense, che registra una

battuta d'arresto. A febbraio la produzione industriale ha registrato un

decremento dello 0,5% dopo l'aumento dello 0,8% registrato a gennaio (rivisto da

un preliminare +0,9%). Il dato risulta peggiore delle stime degli analisti che

indicavano un calo dello 0,3%. Su base annua si è evidenziato però un calo dell'1%.

In decelerazione anche la produzione manifatturiera con un aumento dello 0,2%

rispetto al +0,5% del mese precedente (+1,8% su anno). In questo caso il dato

supera il consensus che indicava un +0,1%.

Nello stesso periodo la capacità di utilizzo relativa a tutti i settori industriali

si è attestata al 76,7% dal 77,1% del mese precedente, risultando superiore

al consensus di 76,7%. Resta ferma invece al 76,1% la capacità di utilizzo

nell'industria manifatturiera.

Il super dollaro e i segnali di rallentamento dell'economia globale continuano

a zavorrare l'export statunitense, con conseguenze negative per la bilancia

commerciale. A gennaio il deficit della bilancia commerciale americana si è

attestato a circa 45,7 miliardi di dollari dai 44,2 miliardi di dicembre (dato

rivisto al rialzo da un preliminare di 43,4 miliardi). Il dato, comunicato dal Bureau

of Economic Analysis (BEA) del Dipartimento del Commercio americano, risulta

peggiore delle stime degli analisti che si aspettavano un deficit pari a 43,9

miliardi di dollari. Le esportazioni di beni e servizi sono calate di 3,8 miliardi di

dollari a 176,5 miliardi di dollari, ai minimi da metà 2011. Le importazioni sono

scese invece di 2,8 miliardi a 222,1 miliardi di dollari.

Secondo il Bureau of Labour Statistics, nel mese di febbraio gli occupati del

settore non agricolo sono saliti di 242 mila unità, risultando ben al di sopra

delle attese degli analisti, che si attendevano una crescita di 190 mila unità

rispetto alle 272 mila di gennaio. Un dato, quest'ultimo, rivisto al rialzo rispetto

alle 151 mila della precedente lettura. Gli occupati del settore manifatturiero,

però, sono scesi di 16 mila unità dopo l'incremento di 23 mila unità del mese

precedente. Questo dato conferma l'attuale impasse del settore.

Il tasso di disoccupazione è rimasto stabile al 4,9%, in linea con il consensus,

mentre il numero di disoccupati totali è salito da 7,7 a 7,8 milioni.

Le retribuzioni medie orarie, infine, sono scese a 34,4 dollari rispetto ai

34,6 dollari di gennaio e attesi dagli analisti.

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La produttività del settore non agricolo in USA nel 4° trimestre del 2015 è

stata rivista al rialzo a -2,2% rispetto al -3% della stima preliminare,

risultando migliore di quanto stimato dal mercato (-3,2%). Secondo il Bureau of

Labour Statistics (BLS) americano, il costo per unità di lavoro è salito invece del

3,3%, cioè meno rispetto al +4,5% della stima preliminare. Il consensus indicava

una crescita più forte del 4,7%.

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Giappone Previsioni Secondo la BoJ il Pil nipponico crescerà dell'1,5% nell'anno fiscale 2015

(chiude a marzo 2016) con un'inflazione allo 0,1%. La crescita si manterrà

all'1,5% nel 2016, per rallentare nel 2017 al +0,3%.

"I rischi sono al ribasso e includono quelli dalle economie oltreoceano". Intanto, a

dicembre il tasso di disoccupazione è rimasto stabile al 3,3% e nel 2015 si è

attestato in media al 3,1%, due punti in meno rispetto al 2014. L'inflazione,

invece, è rimasta ferma allo 0,1% nell'ultimo mese dell'anno e la produzione

industriale ha segnato un fragile -1,4%.

Nel IV trim. 2015, L'economia giapponese continua a contrarsi e segna un

dato negativo per la seconda volta nel corso del 2015. Una brutta notizia per il

Premier Shinzo Abe, che sperava di risollevare le sorti dell'economia con

l'Abenomics. A cedere sono stati infatti proprio i consumi, che confermano la

stagnazione della domanda interna.

Il ministro delle finanze giapponese Taro Aso sostiene l'azione della Banca

centrale nipponica del Giappone, mostrando un netto cambiamento rispetto

all'atteggiamento scettico, espresso lo scorso ottobre, di fronte a un ulteriore

allentamento monetario. "Siamo consapevoli che la Bank of Japan agirà senza

esitazioni, se necessario", ha detto Aso durante una conferenza stampa

auspicando che la BOJ continuerà i propri sforzi per raggiungere l'obiettivo di

stabilità dei prezzi.

Il governatore della Bank of Japan, Haruiko Kuroda, in una intervista a Bloomberg

Television, ha ribadito che l'istituto "è pronto ad espandere il quantitative

easing, se necessario" aggiungendo che un ruolo determinante sarà giocato dalle

quotazioni del greggio. La Bank of Japan stima un ritorno dell'inflazione attorno

al target del 2% nella seconda metà del 2016 o, al più tardi, tra la fine di

quest'anno e l'inizio del prossimo.

Consuntivo Nell'ultimo trimestre del 2015 l'economia giapponese si è contratta meno di

quanto inizialmente stimato, ma i consumi privati sono rimasti deboli, a

dimostrazione delle difficoltà che sta incontrando il premier Shinzo Abe a far

ripartire la crescita in un contesto internazionale non facile.

Anche se molti analisti si aspettano un lieve rimbalzo nel trimestre in corso, le

cupe prospettive sulla domanda globale hanno spinto alcuni a prevedere un'altra

contrazione, che porterebbe il Giappone in una recessione tecnica.

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Nel quarto trimestre il Pil è sceso ad un tasso annualizzato dell'1,1%, contro

una lettura iniziale di -1,4% e attese di -1,5%. I consumi privati sono invece

scesi dello 0,9%, poco più della stima preliminare di -0,8%.

Anticipatori

In miglioramento il leading indicator del Giappone, a dispetto del generale

deterioramento dell'attività economica, con la Bank of Japan che ha previsto

misure di sostegno. Il dato di gennaio si è attestato a 101,8 punti in aumento

rispetto ai 101,3 punti rivisti di dicembre (la prima revisione indicava un livello di

101,4 punti). Il dato è superiore alle attese del mercato che erano per 101,4.

Cattive notizie per l'attività industriale in Giappone, soprattutto a causa della

frenata degli ordini e delle esportazioni sui timori per un rallentamento

dell'economia globale. Nel mese di marzo l'indice PMI manifatturiero

giapponese si è attestato a 49,1 punti dai 50,1 di febbraio. L'indicatore

scivola così in zona contrazione, ovvero sotto la soglia critica dei 50 punti che fa

da spartiacque tra crescita e decrescita, cosa che non accadeva ormai da aprile

2015. Le attese del mercato erano per un indice a 50,6 punti.

Migliora l'indice dell'attività complessiva in Giappone relativo al mese di

gennaio. Il dato, comunicato dal Ministero dell'economia e dell'industria, ha

segnato, infatti, un incremento del 2% dopo il -0,9% di dicembre 2015.

Peggiora l'indice della fiducia dei consumatori giapponesi dopo il recupero di

fine 2015. Nel mese di febbraio, secondo quanto comunicato dall'Istituto di

ricerca economica e sociale del Cabinet Office giapponese, l'indicatore si è

attestato a 40,1 punti in calo rispetto ai 42,5 di gennaio. L'indice resta anche al

di sotto dei 50 punti, evidenziando un clima ancora negativo. Il dato è nettamente

peggiore delle attese degli analisti che si attendevano una conferma a 42,5 punti.

Elementi congiunturali

La deflazione continua a preoccupare il Giappone. Nel mese di febbraio,

l'indice dei prezzi al consumo (CPI) sale dello 0,1%, mentre rispetto allo stesso

mese dell'anno precedente l’indice è stabile fa sapere l'Ufficio nazionale di

statistica. Il dato tendenziale, +0,3% pur essendo in linea con le attese degli

analisti (+0,2%) è molto lontano dal target del 2% perseguito dalla banca

centrale. I prezzi al consumo, al netto delle componenti più volatili, quali i cibi

freschi ed energia, ha registrato una variazione nulla sia su base mensile che

annuale.

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Il dato preliminare dell'indice dei prezzi al consumo dell'area di Tokyo relativo al

mese di marzo è salito invece dello 0,3 % a livello congiunturale, mentre su base

tendenziale ha registrato un calo dello 0,1%. L'indice core è salito dello 0,3% su

mese ed è sceso dello 0,3% su anno. I dati di Tokyo sono ritenuti un ottimo

anticipatore del trend di prezzi nazionale

Esportazioni giapponesi in calo per il quinto mese consecutivo in febbraio, un

dato che conferma i timori secondo cui la debolezza della domanda estera

potrebbe contribuire a spingere il paese nuovamente in recessione. Nonostante

una ripresa dell'export verso la Cina, il dato complessivo di febbraio fa segnare

un calo del 4% su anno, oltre le stime degli economisti, fissate a -3,1%.

Il miglioramento rispetto al -12,9% di gennaio, il dato peggiore dal 2009, riflette

soprattutto la ripresa delle consegne verso Pechino (+5,1%) dopo lo stop dovuto

alla lunga festività del capodanno. Le importazioni nipponiche hanno registrato

un calo del 14,2% in febbraio dopo il -18,0% del mese precedente; le attese

erano per una flessione leggermente più ampia, del 15,2%.

La bilancia commerciale del Paese passa in attivo di 242,8 miliardi di yen,

rispetto al rosso di 645,9 miliardi di gennaio (le stime erano per un surplus di

388,6 miliardi).

Crescono ancora gli ordini di macchinari in Giappone, dopo il rimbalzo

registrato il mese precedente, confermando il recupero dell'attività industriale

avviato nella seconda metà del 2015. Il totale degli ordinativi al settore privato

ha registrato a gennaio un incremento del 14,3% dopo il +4,1% precedente.

L'indicatore è stato pubblicato dall'Istituto di Ricerca Economica e Sociale del

Giappone (ESRI). Il dato core, al netto delle componenti volatili, ha invece

registrato un aumento mensile del 15% dopo la timida salita dell'1% del mese

precedente, risultando sopra le attese degli analisti, che indicavano un aumento

del 3%. Il dato complessivo, che include anche gli ordini governativi ed esteri,

registra invece un calo dell'8,8% dopo il +1,4% di dicembre.

L'attività industriale giapponese torna a scaldare i motori all'inizio del nuovo

anno dopo la forte frenata accusata a dicembre, confermando la stima

preliminare. Il dato definitivo, pubblicato dal Ministero del Commercio

Internazionale e dell'Industria giapponese (METI), ha confermato un'attività in

crescita del 3,7% su base mensile dopo il calo dell'1,7% del mese precedente. Su

base annua la produzione ha evidenziato una frenata del 3,8% dal -1,9% di

dicembre. Un segnale di ripresa dell'attività industriale giapponese era già stato

anticipato dal dato sugli ordinativi di macchinari.

Nessun segnale di ripresa per i prezzi alla produzione giapponesi, che

confermano la tendenza deflazionistica, soprattutto a causa del crollo dei

prodotti energetici e del petrolio. A febbraio, secondo quanto rilevato dalla Bank

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of Japan, il dato ha evidenziato un calo dello 0,2% su base mensile in misura

inferiore rispetto al -1% di gennaio (-0,9% la prima lettura) e al -0,3% stimato

dagli analisti. Su base annua i prezzi hanno mostrato una discesa del 3,4% dopo il

calo del 3,2% rivisto del mese precedente.

I prezzi export hanno registrato una flessione dello 0,2% su base mensile,

mentre su anno hanno evidenziato un decremento del 5,2%. I prezzi import sono

calati invece del 2,9% su mese evidenziando un calo del 15,1% tendenziale.

Cresce il surplus delle partite correnti del Giappone, registrando il 19esimo

aumento consecutivo. Secondo il Ministero delle Finanze giapponese (MOF), nel

mese di gennaio l'avanzo si è attestato a 520,8 miliardi di yen, in calo rispetto ai

960,7 miliardi del mese precedente, ma in forte aumento rispetto ai 101,8

miliardi dello stesso mese del 2015. Il dato è inferiore alle attese degli analisti

che erano per un surplus di 719 miliardi.

Il Giappone si conferma paradiso del lavoro nonostante la ben nota stagnazione

che sta mettendo sotto scacco la terza economia al mondo e il costante calo delle

spese delle famiglie. A gennaio, il tasso di disoccupazione è sceso al 3,2% dal

3,3% precedente, sorprendendo gli analisti che stimavano un 3,3%.

Il numero dei disoccupati si è attestato a 2,11 milioni, risultando in calo di 200

mila unità rispetto allo scorso anno (-8,7%). Gli occupati sono pari a 63,99 milioni,

in aumento di 900 mila unità pari a +1,4% rispetto all'anno precedente.

A gennaio le spese delle famiglie nipponiche hanno fatto segnare una discesa

del 3,1% sia in termini nominali che reali, attestandosi a 280.973 yen. Gli

analisti stimavano un calo del 2,7%. Nello stesso periodo i redditi delle famiglie

operaie sono scesi dell'1,3% in termini nominali e reali a 434.330 yen.

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Germania

Previsioni Gli esperti economici della Germania sono meno ottimisti sull'espansione del

Paese. Il Consiglio tedesco composto dai cosiddetti cinque saggi (Christoph M.

Schmidt, Peter Bofinger, Lars Feld, Isabel Schnabel e Volker Wieland) hanno

rivisto al ribasso le stime sul PIL tedesco, prevedendo un'espansione del

Prodotto Interno Lordo all'1,5% dal +1,6% stimato precedentemente.

In particolare, il gruppo di esperti, ha ridotto il tasso annuo di crescita

dell'export, da +4,5% a +2,4% e le attese sull'inflazione, da +0,9% a +0,3%.

Stime di crescita leggermente ridotte quindi per la Germania, che subisce il

contraccolpo della frenata dell'export, a causa della crisi economica globale.

L'economia tedesca però, resta sostanzialmente in buona salute, grazie ad una

domanda interna robusta e ad una disoccupazione che si conferma ai minimi

storici.

Confermano le previsioni diversi economisti ed istituti di ricerca economica,

come l'Istituto Diw che ha ritoccato al ribasso la stima sul PIL del 2016 all'1,6%

dall'1,7% precedente, mentre l'istituto Iwh le ha limate all'1,5% dall'1,6%

precedente. Più pessimista l'Istituto di ricerca Rwi, ha dato una sforbiciata alla

stima di crescita all'1,4% dall'1,8% precedente.

L'economia della Germania dovrebbe accelerare il passo nel primo trimestre

del 2016 grazie alla robusta domanda interna, sostenuta a sua volta dal

solido mercato del lavoro e dal calo dei prezzi energetici. La stima, contenuta

nell'ultimo Bollettino mensile della Bundesbank, giunge dopo la diffusione dei dati

sul PIL del quarto trimestre del 2015, cresciuto dello 0,3% su base trimestrale e

del 2,1% su base annuale. Nell’ultimo bollettino pubblicato dall'istituto centrale

si rileva che i prezzi bassi del greggio hanno infatti una ricaduta positiva sui

consumi. I rilievi Bundesbank vogliono così sottolineare gli effetti positivi di un

fenomeno che molti osservatori giudicano invece a monte del vistoso

deterioramento delle prospettive di inflazione.

Il Governo prevede una crescita del Pil pari a 1,7% quest'anno, in linea con la

perfomance dell'anno scorso, ma sotto la precedente stima, che suggeriva una

crescita di 1,8%. Di seguito i dettagli (dati precentuali in termini reali su base

annua, tra parentesi le precedenti stime di ottobre).

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(Contribution to GDP in

percentage points)

2015 2016 f'cast

GDP 1.7 1.7 (1.8)

Household consumption 1.9 1.9 (1.8)

Government spending 2.8 3.5 (2.0)

Gross capital investment 1.7 2.3 (2.9)

- equipment 3.6 2.2 (3.5)

- construction 0.2 2.3 (2.9)

Domestic demand 1.6 2.3 (2.1)

Exports 5.4 3.2 (4.2)

Imports 5.7 4.8 (5.3)

Consumer price inflation 0.3 0.9 (1.1)

Net foreign trade 0.2 -0.4

Il governo tedesco ha citato il rallentamento economico dei mercati

emergenti, come causa principale, anche se la forte domanda interna e

l'occupazione dovrebbero continuare a sostenere la più grande economia europea.

Consuntivo

Nel quarto trimestre l'economia tedesca è cresciuta principalmente grazie al

contributo delle domanda interna, in particolare della spesa pubblica, e degli

investimenti, mentre le esportazioni hanno registrato una flessione a causa del

deterioramento dell'economia globale. E'quanto emerge dallo spaccato del Pil

tedesco, di cui nell'ultima frazione dell'anno è stata confermata una crescita

congiunturale di 0,3%. A perimetro annuo la stima di crescita iniziale è stata

rivista al ribasso a 1,7% da 1,8%.

Secondo l'ufficio federale di Statistica, la spesa pubblica, che le autorità hanno

dovuto accrescere per offrire accoglienza ai rifugiati, ha contribuito per 0,2

punti percentuali al Pil nel periodo di ottobre e dicembre, mentre il commercio ha

sottratto 0,5 punti percentuali. L'export è infatti calato dello 0,6% su base

trimestrale.

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Nell'intero 2015, il Prodotto Interno Lordo si è espanso dell'1,7%, secondo

quanto annunciato dall'ufficio di statistica tedesco. Riviste al ribasso anche le

stime sull'export, per quest'anno al 3,2% dal 4,2% della precedente proiezione.

Quanto ai consumi interni, il governo si aspetta che crescano dell'1,9%, in linea

con lo scorso anno.

Nel 2015, secondo l'istituto di statistica, la spesa per consumi delle famiglie

tedesche è cresciuta dell'1,9% rispetto al 2014, mentre quella del Governo è

aumentata del 2,8%. Le esportazioni di beni e servizi sono cresciute nell'anno del

5,4% in valore, le importazioni del 5,7%. L'avanzo dei conti pubblici si è attestato

nel 2015 allo 0,5% contro lo 0,3% del 2014.

Anticipatori La fiducia dei consumatori tedeschi dovrebbe peggiorare un po' nel mese di

aprile, a causa timori che aleggiano nell'Eurozona. L'indice GFK, un indicatore

anticipatore del sentiment basato su un campione di 2.000 intervistati, dovrebbe

scendere a 9,4 punti dai 9,5 precedenti. Il dato, reso noto dal GFK Institute, che

mensilmente conduce l'inchiesta, risulta leggermente inferiore alle aspettative

degli analisti che erano per 9,5 punti.

Segnali di miglioramento dall'economia tedesca, dopo il crollo registrato a

febbraio. L'indice ZEW, un indicatore anticipatore del sentiment dell'economia

nei prossimi mesi, è salito a 4,3 punti da 1 punto di febbraio, dopo due mesi di

ribassi. Il dato, elaborato dall'Istituto di ricerca tedesco ZEW Institute, è

peggiore delle stime degli analisti che erano per una ripresa più marcata a 5 punti.

Da rilevare che l'indice relativo al sentiment sulla situazione economica attuale è

peggiorato a 50,7 punti da 52,3 punti, risultando sotto le stime che erano per 53

punti. L'indice del clima relativo alla Zona Euro è calato invece di 3 punti a

10,6 punti, risultando però sopra il consensus che era di 8,2 punti.

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Tornano a migliorare le condizioni economiche della Germania e le prospettive

dei prossimi sei mesi, dopo la debolezza mostrata nei mesi precedenti a causa

del rallentamento delle economie emergenti. Secondo i dati diffusi dall'IFO

Institute, a marzo l'omonimo indice si è attestato a 106,7 punti, in rialzo

rispetto ai 105,7 del mese precedente e al di sopra delle attese degli analisti che

stimavano un aumento più contenuto a 106. Il sottoindice relativo alle aspettative

è salito a 100 punti, a fronte dei 98,8 punti del mese precedente (99,5 il

consensus), mentre l'indice sulla situazione corrente è migliorato a 113,8 punti dai

112,9 di febbraio. Anche in questo caso il dato è migliore del consensus che

indicava un peggioramento a 112,6.

L'attività manifatturiera in Germania è praticamente ferma a febbraio, ai

minimi da 15 mesi. L'indice Pmi a cura di Markit per la manifattura, che pesa

per circa un quinto dell'economia complessiva, il mese scorso ha mostrato un

rallentamento a 50,5 da 52,3 di gennaio, segnando il livello più basso da novembre

2014 e superando di appena mezzo punto la soglia di 50 che separa l'espansione

dalla contrazione. Sebbene frazionalmente più alto della lettura di 50,2 della

stima flash, il dato rappresenta un ulteriore segnale che dalla manifattura non

arriverà un grosso contributo alla crescita della maggiore economia europea nel

primo trimestre 2016. Sia i nuovi ordini totali che quelli per l'export hanno

registrato a febbraio il tasso di crescita più debole da luglio 2015.

Elementi congiunturali

Non si arresta la discesa dei prezzi all'importazione in Germania. A febbraio,

su base annua, il dato ha registrato una contrazione del 5,7%, in calo rispetto a

gennaio e dicembre 2015, quando si era verificato un calo rispettivamente del

3,8% e del 3,1%. Il dato, comunicato dall'Ufficio Federale di Statistica della

Germania, risulta inoltre peggiore delle attese degli analisti che avevano previsto

un calo del 5,1%. Su base mensile, invece, si è registrato un decremento dello

0,6% a fronte del % del consensus, contro il -1,5% del mese precedente.

Al netto dei prodotti petroliferi e minerari il dato è sceso del 2,8% rispetto allo

scorso anno. Per quanto riguarda i prezzi alle esportazioni, si è registrato un

decremento dell'1,2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (-0,5% e

+0,2%, rispettivamente a gennaio e dicembre 2015 ), mentre rispetto al mese

precedente il dato è calato dello 0,5%.

I prezzi alla produzione in Germania, scendono ancora e più del previsto,

penalizzati dalla continua discesa dei prezzi del petrolio. Nel mese di

febbraio, secondo quanto comunicato dall'Ufficio Federale di Statistica tedesco,

l'indice ha registrato una discesa mensile dello 0,5% dopo il -0,7% di gennaio,

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risultando peggiore delle attese degli analisti che avevano previsto un calo dello

0,2%. Rispetto allo stesso mese dell'anno precedente i prezzi hanno segnato

invece una diminuzione del 3% dopo il -2,4% di gennaio (-2% il consensus).

I prezzi dell'energia hanno segnato una contrazione del 9,4% rispetto a febbraio

2014.

L'inflazione in Germania si conferma in ripresa a febbraio, mostrando un

aumento dello 0,4% su mese, confermando così la stima preliminare. Il dato,

comunicato dall'Ufficio federale di statistica, centra anche le attese degli

analisti. Variazione nulla, invece, per il dato su base annua. Anche questo risultato

è in linea con le aspettative degli investitori.

L'inflazione in Germania segna dunque una timida ripresa a febbraio dopo la

battuta d'arresto del mese precedente, sulla scia del tracollo del prezzo del

petrolio e dei suoi effetti sul livello generale dei prezzi

Sostanzialmente invariato il surplus della bilancia commerciale tedesca a

gennaio, anche se l'avanzo commerciale resta al di sotto dei livelli dell'anno

scorso. A causare il deterioramento del commercio contribuisce ancora la frenata

dell'export causata dalla crisi internazionale. Il suplus si è attestato a 18,9

miliardi di euro, rispetto all'avanzo di 18,8 miliardi del mese precedente, anche

se risulta in calo rispetto ai 20,3 miliardi dello stesso mese del 2015. Le attese

degli analisti erano per un surplus di 19,6 miliardi.

Secondo i dati pubblicati dall'Ufficio Federale di Statistica (Destatis), le

esportazioni sono calate dello 0,5% dopo il -0,7% di dicembre, risultando sotto le

attese che erano per un aumento dello 0,5%. Le importazioni sono invece

aumentate dell'1,2% dopo il -1,6% precedente ed oltre il +0,4% atteso.

Continuano a stagnare gli ordinativi all'industria della Germania, che

confermano una relativa debolezza ad inizio anno, dopo la frenata registrata a

fine 2015. Responsabile del rallentamento è la domanda interna, mentre si

registra una ripresa dell'export verso l'UE. Il dato di gennaio ha registrato un

calo dello 0,1% dopo il -0,2% di dicembre (che risulta migliore del -0,7% della

prima lettura). Il dato, comunicato dall'Ufficio Nazionale di Statistica (Destatis),

è leggermente migliore delle stime degli analisti che avevano previsto un

decremento pari a -0,3%. Gli ordini dall'estero sono cresciuti dell'1%, mentre

quelli domestici sono crollati dell'1,6%. Gli ordinativi da parte dei Paesi

dell'Eurozona sono balzati del 7,5%, segnalando una forte ripresa dell'export

dopo la stagnazione di dicembre, mentre quelli dagli altri Paesi sono scesi del

2,7%.

Le famiglie tedesche tornano a comprare a gennaio, anche se resta alto il

gap con l'andamento registrato a inizio 2015. Nel periodo in esame, secondo

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l'Ufficio Federale di Statistica tedesco (DESTATIS), il commercio al dettaglio

ha registrato un incremento congiunturale dello 0,7% in termini reali, contro il

+0,6% rivisto del mese precedente, che risulta migliore delle attese degli analisti

che erano per un aumento dello 0,2%. Tuttavia la variazione annua è risultata

negativa dello 0,8% in termini reali, decisamente inferiore al +2,5% rivisto del

mese precedente e al +1,5% atteso dagli analisti.

Continuano a crescere gli occupati in Germania, confermando un mercato del

lavoro in buona salute, dove la disoccupazione resta ai minimi storici. Nel

mese di gennaio i residenti in Germania in attività lavorativa si sono attestati a

42,9 milioni di unità, segnando un aumento di 522 mila rispetto allo stesso periodo

dell'anno precedente (+1,2%). Tale aumento è dovuto - sottolinea l'Ufficio

statistico federale - a trend di breve periodo ed a condizioni climatiche

favorevoli. Secondo i dati forniti da Destatis, però, il numero di occupati ha

segnato rispetto a dicembre un calo di 321 mila (-0,7%). Il numero di disoccupati

è crollato a meno di 1,8 milioni di persone, con un decremento di 250mila unità

rispetto allo stesso mese dell'anno precedente. Il tasso di disoccupazione

destagionalizzato è sceso ancora al 4,3%.

L'Ufficio Federale del Lavoro ha pubblicato anche i dati sulla disoccupazione, che

evidenziano un tasso di disoccupazione destagionalizzato stabile al 6,2% a

febbraio ed in linea con le attese degli analisti.

Parallelamente, si è verificato un calo dei disoccupati di 10 mila unità, come il

consensus, dopo che a gennaio c'era stato un calo di 19 mila. I disoccupati si

attestano a 2,9 milioni (2,7 milioni il dato destagionalizzato).

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Francia Previsioni Previsioni meno ottimistiche di crescita per l'economia francese sono

state comunicate dalla Banque de France.

L'istituto centrale transalpino ha rivisto al ribasso le stime di crescita

del PIL relative al primo trimestre 2016, indicando un incremento dello

0,3% su base trimestrale rispetto al +0,4% indicato in precedenza. Tale

variazione rappresenta lo stesso tasso di crescita registrato negli ultimi tre

mesi del 2015. L'economia della seconda maggiore economia della zona euro

sembra risentire ancora degli attacchi terroristici dello scorso novembre.

La Commissione Europea nelle Winter Economic Forecasts, pubblicate il 4 febbraio, confermano che - a politiche invariate - Parigi non riuscirà a rispettare il sentiero concordato di riduzione del disavanzo, attestandosi al 3,4% del rapporto deficit/PIL nel 2016 e al 3,2% nel 2017. La spesa pubblica è aumentata dell’1,6% nel 2015 (+1,7% nel 2014), e dovrebbe crescere - al netto delle misure una tantum - dell’1,2% nel 2016. Lo stock di debito pubblico è previsto in ulteriore aumento (96,8% del PIL nel 2016; 97,1% nel 2017), per quanto con un incremento meno marcato rispetto alle precedenti previsioni.

Consuntivo PIL confermato in moderata accelerazione in Francia alla fine del 2015. Gli

ultimi dati dell'Insee, l'ufficio statistico nazionale francese, confermano un

PIL in aumento dello 0,3% nel quarto trimestre.

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Lo slancio dell'economia è anche più lampante se si guarda alla crescita media

annua del 2015, che si attesta all'1,2%. L'accelerazione è da attribuire in gran

parte all'export, che ha allungato a +1,2% da -0,4%.

A fine anno hanno accelerato gli investimenti a +0,7% dallo 0,1%, grazie alla spesa

delle imprese ed alla spesa pubblica, mentre rallenta la spesa dei consumatori,

che segna un -0,1% contro un +0,4% del terzo trimestre.

Sempre l'ufficio statistico oggi ha indicato un deficit/PIL al 3,5%, in

miglioramento rispetto al 4% del 2014.

Anticipatori Si deteriora ancora la fiducia dei consumatori francesi nel mese di marzo, a

causa di un indebolimento delle aspettative sulla propria situazione finanziaria e

sulla capacità di risparmio. Il relativo indice, comunicato dall'Ufficio Statistico

Nazionale francese (INSEE), è sceso a 94 punti dai 95 di febbraio, restando

ancora sotto la media di lungo termine di 100 e inferiore alle attese che

indicavano un miglioramento a 96 punti.

Scende anche l'indice relativo ai cambiamenti degli standard di vita degli ultimi

12 mesi, che si porta a -58 punti da -57, mentre quello relativo alle condizioni

future dei prossimi 12 mesi peggiora in modo più marcato a –37 punti da -33

punti.

Scende leggermente a marzo il sentiment delle imprese manifatturiere

francesi. Nel mese in questione, il relativo indice è calato a 101 punti, rispetto ai

103 di febbraio, risultando peggiore delle attese degli analisti che stimavano un

dato stabile a 103 punti. Lo comunica l'Ufficio Statistico Nazionale francese

(INSEE). Fra gli altri settori, il sentiment del commercio al dettaglio è migliorato

portandosi a 104 da 101 punti, quello dei servizi è sceso a 99 punti dai 100

precedenti e quello dell'edilizia è rimasto stabile a 92 punti.

L'indice complessivo che rappresenta il sentiment del mondo degli affari resta

pressoché stabile a 100 punti dai 101 precedenti.

L'attività del settore manifatturiero francese è stagnante a febbraio,

penalizzata dal calo dei nuovi ordini che ha portato ad una contrazione della

produzione per la prima volta dopo sei mesi. L'indice Pmi Markit nella versione

finale di febbraio è in leggero progresso a 50,2 da 50,0 di gennaio, appena sotto

la lettura preliminare di 50,3. I direttori d'acquisto hanno evidenziato

nell'indagine un quadro di debolezza della domanda e di restrizioni di budget di

spesa da parte della clientela mentre il flusso di nuovi ordini ha continuato ad

allentarsi per il secondo mese consecutivo.

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Pertanto, il settore manifatturiero ha visto una produzione scendere il mese

scorso per la prima volta da agosto, con un rallentamento più marcato a 49,5.

Elementi congiunturali

Torna positiva l'inflazione in Francia, come previsto dalla stima preliminare

diffusa lo scorso mese, in un quadro caratterizzato da una modesta crescita dei

prezzi in Eurolandia. Tuttavia, a pesare sull'inflazione, sono ancora i prezzi

dell'energia, dovuti al tonfo del petrolio. Secondo l'Istituto Statistico Nazionale

Francese (INSEE), i prezzi al consumo a febbraio hanno evidenziato un

incremento dello 0,3% su base mensile a fronte del -1% registrato a gennaio.

Su base annua il dato ha mostrato un calo dello 0,2% (+0,2% di gennaio) per la

prima volta da marzo 2015. Anche l'indice dei prezzi depurato dei tabacchi segna

un incremento dello 0,3% mensile (-1,1% a gennaio) mentre su anno ha riportato

un calo dello 0,1%.

Sale più delle attese la produzione industriale francese, dopo la frenata

registrata negli ultimi due mesi del 2015. L'output complessivo ha mostrato un

incremento dell'1,3% dopo il -0,6% riportato nel mese precedente.

Lo comunica l'Ufficio di statistica nazionale (INSEE). Il dato si rivela migliore

delle attese degli analisti che indicavano un incremento dello 0,8%. Su base annua

si è registrato un aumento dell'1,9%, mentre l'ultimo trimestre ha registrato un

calo dell'output dello 0,3%. Recupera anche la produzione manifatturiera,

risultando in aumento dello 0,8% dopo la stagnazione riportata a dicembre. A

livello tendenziale si è registrato un aumento del 2,6% e nel trimestre dello 0,5%

Non cambia a gennaio la situazione dei conti con l'estero per la Francia, che ha

riportato un deficit pari a 3,7 miliardi di euro. Il dato è migliore delle attese

degli analisti che avevano stimato un disavanzo maggiore pari a 4,1 miliardi.

Secondo quanto comunicato dall'Ufficio doganale francese, l'export è salito dello

0,5% a 38,3 miliardi mentre le importazioni sono aumentate dello 0,6% a 42

miliardi.

Scende il tasso di disoccupazione francese nel quarto trimestre dell'anno.

Il dato si porta, infatti, al 10,3% rispetto al 10,4% del terzo trimestre. Il dato,

reso noto dall'Ufficio di statistica nazionale (Insee) sorprende in positivo gli

analisti che si attendevano una salita al 10,5%.

Migliora la situazione dei conti con l'estero per la Francia, che ha riportato a

dicembre un deficit pari a 3,9 miliardi di euro, in calo rispetto al rosso di 4,5

miliardi del mese precedente (la prima stima era di 4,6 miliardi). Il dato è

migliore delle attese degli analisti che avevano stimato un calo del disavanzo

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inferiore a 4,4 miliardi. Secondo quanto comunicato dall'Ufficio doganale

francese, l'export è sceso a 38 miliardi mentre le importazioni sono calate a 42

miliardi. Intanto, la Banque de France ha fatto sapere che il saldo delle partite

correnti della Francia ha evidenziato a dicembre un disavanzo di 700 milioni di

euro, dimezzato rispetto al deficit di 1,5 miliardi riportato in precedenza.

La spesa per consumi è cresciuta dello 0,7% a dicembre rispetto al mese

precedente, rimbalzando oltre le attese dopo la frenata registrata a novembre.

Secondo i dati diffusi stamane dell'istituto nazionale di statistica Insee,

nell'ultimo mese del 2015 è stata registrata una crescita di 0,7% dopo -1,4% di

novembre (rivisto al ribasso dall'iniziale -1,1%).

Frenano i prezzi alla produzione francesi, nel mese di dicembre, azzerando il

recupero dei mesi precedenti. Il dato complessivo ha registrato un calo

dell'1,2% su mese dopo il +0,1% di novembre. Su base tendenziale si è

registrato un decremento del 2,8% più marcato rispetto al -1,9% del mese

precedente. Lo comunica l'Ufficio Nazionale di Statistica francese (INSEE).

I prezzi degli alimentari e del tabacco sono scesi dello 0,2% su base mensile

mentre sono calati dello 0,4% su anno. In frenata anche i prezzi dei prodotti

energetici che, su base mensile segnano un -1,6% mentre calano del 3% su anno.

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Regno Unito Previsioni La Gran Bretagna deve fare più tagli alla spesa pubblica per rimettere a

posto i propri libri contabili. Lo ha detto George Osborne, ministro delle

Finanze britannico citando il deterioramento delle prospettive per l'economia

mondiale rispetto alle previsioni annunciate l'ultima volta, ovvero lo scorso

novembre. Il cancelliere dello Scacchiere ha spiegato che il Regno Unito ha

bisogno di nuovi tagli per centrare l'obiettivo di equilibrare i conti entro il

2020.

Osborne ha preannunciato che nei prossimi quattro anni, la spesa pubblica

sarà tagliata di un ulteriore 0,5% per far tornare le finanze pubbliche in

attivo della Gran Bretagna. Le osservazioni del ministro arrivano in un contesto

di crescita a macchia di leopardo dell'economia globale e di instabilità dei mercati

finanziari che stanno mettendo a dura prova i responsabili politici di tutto il

mondo.

Il governatore della banca centrale britannica Mark Carney ha dichiarato di

aspettarsi un'inflazione sotto lo zero nei prossimi mesi, in scia alla discesa

dei prezzi petroliferi, pur spiegando che ciò non significa che il paese è in

deflazione.

In una lettera inviata al ministero delle Finanze George Osborne in occasione

della pubblicazione del rapporto trimestrale sull'inflazione, Carney sottolinea che

in caso di un indebolimento dell'attività economica globale che dovesse creare il

rischio di una spirale negativa dei prezzi, la Bank of England sarebbe pronta ad

abbassare i tassi: un evidente cambio di posizione rispetto al recente passato,

quando la banca centrale sosteneva che un taglio avrebbe avuto scarsi effetti.

"Il comitato di politica monetaria si tiene pronto ad adottare qualsiasi azione

necessaria, man mano che gli eventi si sviluppano, per assicurare che l'inflazione

rimanga in grado di tornare verso il target (del 2%) in maniera tempestiva",

afferma Carney.

Tuttavia il tono complessivo del rapporto sull'inflazione è apparso positivo,

con l'economia britannica vicina a tornare alla piena capacità. Se l'inflazione

è ora attesa al tasso annuale dell zero percento nel secondo trimestre di

quest'anno, il minimo storico, la stima sulla crescita del Pil è stata confermata

ad un +2,9% per il 2015 e alzata ad un +2,9% anche per il 2016, dal 2,6%

indicato nel precedente rapporto, di novembre.

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Consuntivo L'economia britannica si conferma in ripresa ma senza lo slancio che aveva

caratterizzato il 2014. Nel 4° trimestre 2015 il PIL del Regno Unito ha

evidenziato un incremento dello 0,5% su base trimestrale, dopo aver registrato

una crescita dello 0,4% nei tre mesi precedenti. Il dato risulta perfettamente in

linea con le attese degli analisti. Secondo i dati dell'ONS (Office for National

Statistics), che ha fornito le stime preliminari, la crescita tendenziale passa

all'1,9% dal 2,1% precedente. Anche in questo caso il dato era atteso.

A livello settoriale, l'output è cresciuto in due dei principali settori, ossia servizi

(+0,7%) ed agricoltura (+0,6%). Giù la produzione (-0,2%) e il comparto delle

costruzioni (-0,1%).

Anticipatori

Le imprese manifatturiere britanniche hanno vissuto il mese più debole in

quasi tre anni a febbraio, complice un rallentamento della domanda domestica e

una contrazione degli ordini all'esportazione. L'indice manifatturiero dei

direttori acquisti (Purchasing Managers' Index o Pmi) a cura di Markit/CIPS è

sceso sensibimente a 50,8, sotto tutte le stime raccolte in un sondaggio condotto

da Reuters fra gli economisti, da 52,9 a gennaio.

La lettura - la più debole da aprile 2013 - corrobora l'orientamento espansivo

della Banca d'Inghilterra, che si è detta pronta a nuovi stimoli all'economia se

necessari. I nuovi ordini sono stati i più deboli da quando l'economia ha iniziato a

riprendersi dalla crisi finanziaria nel 2013.

L'indagine è stata condotta in larga parte prima della pronunciata correzione

della sterlina a fine febbraio legata ai timori per una possibile uscita della Gran

Bretagna dalla Unione Europea.

Il settore manifatturiero ha visto una riduzione dei posti di lavoro per il secondo

mese consecutivo anche se la flessione è stata contenuta. Le imprese hanno anche

dichiarato di aver ridotto i prezzi dei beni venduti per il sesto mese di fila ma la

discesa è stata leggermente meno marcata di quella di gennaio.

Elementi congiunturali

Nel mese di febbraio, l'Office for National Statistics rileva che le vendite al

dettaglio espresse in volumi, ossia in base alla quantità di merce acquistata,

hanno evidenziato un calo dello 0.4% su mese dal +2,3% del mese

precedente. Il dato risulta migliore delle attese degli analisti che si attendevano

un risultato a -0,7%.

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Il dato annuale mostra invece un incremento del 3,8% rispetto al +5,4% rivisto

riportato in precedenza (+5,2% la prima lettura). In questo caso il dato risulta in

linea con il consensus (+3,8%). Le vendite al dettaglio core, che escludono i

carburanti, sono calate dello 0,2% su mese, dopo il +2,3% del mese precedente e

a fronte del -1% del consensus. Su anno le vendite core si sono attestate al +4,1%

rispetto al +3,4% atteso ed al +5,1% precedente.

Prezzi stabili nel Regno Unito ma sempre molto lontani dal target del 2% fissato

dalla Bank of England. Secondo l'Office for National Statistics (ONS), a

febbraio i prezzi al consumo hanno registrato un incremento dello 0,3% su

base annua, come nel mese di gennaio, risultando poco sotto le attese degli

analisti che erano per un +0,4%. Su base mensile i prezzi al consumo sono rimasti

invariati dopo il -0,8% di gennaio, risultando sotto le attese degli analisti che

erano per un +0,4%. In aumento dello 0,5% a livello congiunturale invece l'indice

dei prezzi al dettaglio (RPI), che mostra un tasso di crescita tendenziale

dell'1,3% come a gennaio.

Continua a scendere il deficit della bilancia commerciale dei beni della Gran

Bretagna, attestandosi a gennaio a 10,3 mld di sterline rispetto al passivo di

10,5 mld registrato nel mese precedente. Il dato, reso noto dall'Office for

National Statistics della Gran Bretagna (ONS), centra in pieno le stime degli

analisti. In particolare, il commercio dei beni verso i Paesi dell'UE ha generato un

deficit di 8,1 miliardi, contro il passivo di 7,4 mld del mese precedente, mentre il

disavanzo con i Paesi terzi è sceso a 2,2 miliardi da 3 miliardi.

Per quanto riguarda la bilancia commerciale complessiva, che include anche i

servizi (suplus stabile a 6,8 miliardi), il deficit scende a 3,5 miliardi dai 3,7

miliardi precedenti. Le attese erano per un rosso di 3 mld.

La disoccupazione in Gran Bretagna resta ai minimi storici. Nel mese di

febbraio, il numero dei senza lavoro che hanno chiesto un sussidio di

disoccupazione è sceso in Gran Bretagna di 18.000 unità, dopo il calo rivisto di

28.400 unità del mese precedente (-14.800 la prima lettura).

Il dato pubblicato dall'Office for National Statistics (ONS) è migliore delle

attese degli analisti che stimavano un decremento di 9.100 unità.

Il tasso di disoccupazione è rimasto fermo al 5,1% confermandosi al livello più

basso dalla crisi del 2006. Centrate anche le stime di consensus.

Infine, il tasso di crescita dei salari medi (esclusi i bonus) è stato del 2,2%, in

aumento rispetto al +2% precedente e sopra le attese che erano per una crescita

del tasso fino al 2,1%. Includendo i bonus si è registrato invece un incremento del

2,1% da +1,9% ed anche in questo caso il dato è superiore alle aspettative di

mercato che erano per un aumento del 2%.

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In ripresa la produzione industriale in Gran Bretagna, dopo aver segnato una

brusca battuta d'arresto nel mese di dicembre. Gli ultimi dati diffusi

dall'Istituto Nazionale di Statistica della Gran Bretagna (ONS) segnalano che

l'indice della produzione industriale ha registrato a gennaio un incremento

tendenziale dello 0,2% dopo il -0,2% di dicembre (rivisto da un preliminare di -

0,4%). Il dato risulta in perfetta linea con le stime degli analisti che indicavano un

aumento dello 0,2%.

Il dato mensile evidenzia, invece, un progresso dello 0,3% dopo il -1,1% del mese

precedente ed a fronte del +0,5% atteso dagli analisti.

Bene anche la produzione manifatturiera, che mostra un incremento mensile dello

0,7% dopo il -0,3% di dicembre e contro il +0,2% del consensus. A livello

tendenziale si registra una variazione negativa dello 0,1% dal -1,7% di dicembre e

rispetto al -0,7% del consensus

Nel mese di gennaio, l'Office for National Statistics rileva che le vendite al

dettaglio espresse in volumi, ossia in base alla quantità di merce acquistata,

hanno evidenziato una crescita del 2,3% su mese dal -1,4% rivisto del mese

precedente (-1% la prima lettura). Il dato sorprende in positivo anche gli analisti

che si attendevano una ripresa contenuta fino al +0,8%. Il dato annuale mostra

invece un incremento più robusto +5,2% rispetto al +2,3% rivisto riportato in

precedenza (+2,6% la prima lettura). Anche in questo caso il dato supera il

consensus (+3,6%). Le vendite al dettaglio core, che escludono i carburanti, sono

cresciute del 2,3% su mese dopo il -1,3% del mese precedente e a fronte del -

0,7% del consensus. Su anno le vendite core sono balzate del 5% rispetto al

+3,5% atteso ed al +1,8% precedente.

Frena il ritmo di caduta dei prezzi alla produzione in Gran Bretagna, che

risentono ancora della pesante flessione registrata dai prezzi del petrolio. A

gennaio l'indice dei prezzi alla produzione (output) ha mostrato una variazione

negativa dello 0,1% rispetto al mese precedente dal -0,2% di dicembre,

risultando meglio delle attese degli analisti che erano per un -0,2%.

A livello tendenziale i prezzi hanno evidenziato una discesa dell'1%, meno

accentuata rispetto al -1,4% del mese precedente. Lo comunica l'Ufficio

Nazionale di Statistica (ONS) della Gran Bretagna. Questo dato è però peggiore

del -0,9% atteso. L'indice core, al netto di cibo, bevande, tabacchi e petrolio, è

salito dello 0,1% dopo il +0,2% del mese precedente.

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1.3 Area Euro

Previsioni La ripresa economica nell’area dell’euro sta proseguendo, sebbene all’inizio

dell’anno siano emersi segnali di un rallentamento della crescita a fronte di un

indebolimento del contesto esterno.

La crescita del PIL in termini reali è stata pari allo 0,3 per cento sul periodo

precedente nel quarto trimestre del 2015, senza variazioni rispetto al trimestre

precedente. I più recenti indicatori tratti dalle indagini congiunturali

evidenziano per l’inizio di quest’anno una dinamica di espansione più debole

rispetto alle attese.

In prospettiva, si prevede che la ripresa economica prosegua a un ritmo

moderato. La domanda interna dovrebbe essere ulteriormente sostenuta dalle

misure di politica monetaria della BCE e dal loro impatto favorevole sulle condizioni

finanziarie, dall’orientamento lievemente espansivo delle politiche di bilancio,

nonché dall’impatto positivo sull’occupazione delle riforme strutturali attuate in

passato. Il basso prezzo del petrolio dovrebbe sostenere ulteriormente il

reddito disponibile reale delle famiglie e la redditività delle imprese, favorendo

quindi i consumi privati e gli investimenti.

Tuttavia, la ripresa economica risente ancora delle deboli prospettive di crescita

nei mercati emergenti, di mercati finanziari volatili, dei necessari aggiustamenti di

bilancio in diversi settori e della lenta attuazione delle riforme strutturali.

Le proiezioni macroeconomiche di marzo 2016 formulate dagli esperti della

BCE prevedono pertanto un tasso di crescita del PIL in termini reali nell’area

dell’euro lievemente inferiore, pari all’1,4 per cento nel 2016 (rivisto al ribasso

dall’1,7 per cento), all’1,7 per cento nel 2017 (rivisto al ribasso dall’1,9 per cento) e

all’1,8 per cento nel 2018.

Nuove e non troppo ottimiste previsioni sono state pubblicate dalla Commissione

europea sulla crescita nella zona euro. La ripesa è lenta, specifica la Commissione,

aggiungendo che "settori significativi dell'economia mondiale stanno facendo i

conti con sfide di prima importanza". Confermato all'1,9% l'incremento del PIL

nel 2017.

In termini di anticipatori, Segnali di ripresa per le imprese manifatturiere

dell’Eurozona, con l'indice PMI che a marzo ha segnato il primo rialzo negli ultimi

tre mesi.

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Secondo la stima flash, l’Indice Markit PMI composito dell’Eurozona della

produzione è salito a 53,7 punti dai 53 di febbraio, attestandosi sul livello più alto

degli ultimi 13 mesi.

L'indice Flash PMI delle Attività Terziarie nella zona Euro si è portato a 54 punti

dai 53,3 di febbraio (valore massimo su 3 mesi) mentre l'indice Flash PMI del

Manifatturiero si è attestato a 51,4 punti dai 51,2 di febbraio (valore massimo su 2

mesi).

A livello nazionale, ancora una volta la Germania ha assistito ad una forte

crescita, sebbene il tasso di espansione sia rimasto invariato rispetto al minimo

su cinque mesi di febbraio. Dopo la scivolata in territorio di contrazione dello

scorso febbraio, l’attività della Francia è di nuovo aumentata con una modesta

ripresa nel manifatturiero e nel terziario. Nelle altre parti della regione, il tasso di

crescita dell’attività è aumentato rispetto ai minimi su cinque mesi dello scorso

febbraio, concludendo tuttavia la più lenta espansione trimestrale dell’ultimo anno.

Commentando i dati, Chris Williamson, Chief Economist presso Markit ha detto: "I

dati di marzo mostrano come l’Eurozona stia dando nuovi segnali di vita",

nonostante restino "parecchi segnali di preoccupazione" che continuano ad

offuscare l’indice principale PMI. "La crescita dei nuovi ordini a malapena migliora

dal valore più basso in un anno di febbraio, mentre continua a rallentare

ulteriormente la creazione occupazionale. Non è garantita dunque una crescita più

forte durante i prossimi mesi"

Consuntivo L'economia della Zona euro cresce più delle attese su base annua, risultando

invece in linea con le stime su base mensile.

Secondo l'Ufficio statistico europeo, EUROSTAT, la seconda stima del PIL del 4°

trimestre indica un incremento dello 0,3% su trimestre, confermando così la

stima flash rilasciata lo scorso febbraio. Rivisto al rialzo il dato su anno, all'1,6%

dall'1,5% della stima flash. Nel terzo trimestre dell'anno si era registrata una

crescita dell'economia dello 0,3% su base trimestrale e dell'1,6%.

Nell'intera Unione Europea (UE) l'economia ha registrato un progresso dello

0,4% congiunturale, mentre rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente si

è avuto uno scatto in avanti dell'1,8%.

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Fonte:Eurostat

La Grecia è poi tornata in recessione, con il Pil sceso -0,6%, dopo il calo -1,4% del

terzo trimestre, successivo alla timida crescita dello 0,2% nel secondo trimestre

del 2015. Due trimestri consecutivi di crescita negativa indicano una fase di

recessione tecnica. Tra l’altro, su base annua, il Pil della Grecia ha registrato nel

quarto trimestre del 2015 un tonfo -1,9%. Da Lisbona è arrivato il dato sil Pil del

Portogallo, salito nell’ultimo trimestre del 2015 dello 0,2%, ma al di sotto delle

attese degli analisti, che avevano previsto una crescita +0,4%. Su base annua il

rialzo è stato +1,2%, al di sotto del +1,4%.

Anticipatori Nuovo peggioramento per la fiducia dei consumatori di Eurolandia, che

confermano un progressivo deterioramento delle aspettative, in atto sin dall'inizio

dell'anno. La stima flash del dato sul sentiment dei consumatori indica per il mese

di marzo un valore di -9,7 punti rispetto al dato di febbraio di -8,8, risultando

peggiore alle attese degli analisti che indicavano un -8,5. Invece, nel complesso

dell'Unione Europea l'indicatore è sceso di 0,7 punti a quota -7,3 da -6,6. Lo rende

noto la Direzione Generale degli Affari Economici e Finanziari della Comunità

europea (DG ECFIN).

Segnali negativi giungono dall'Eurozona, dove la fiducia degli investitori scende

nuovamente, dopo l'exploit di fine 2015. L'indice Sentix, un indicatore rilevato

dall'omonimo Istituto di ricerche tedesco che misura la fiducia degli investitori, è

sceso per il terzo mese consecutivo, attestandosi a 5,5 punti dai 6 punti del mese

precedente, portandosi sui minimi da aprile 2015. Le attese degli analisti erano per

un rialzo a 8 punti.

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L'Istituto Sentix segnala inoltre che il sottoindice sulle aspettative per l'economia

della zona euro è scivolato a 8,3 punti da 10,5, mentre la percezione degli

investitori dell'attuale situazione economica è migliorata a 2,8 punti da 1,5.

Elementi congiunturali

La spesa dei consumatori europei continua a crescere seppur a un ritmo più

lento rispetto al recupero del periodo natalizio. Secondo l'Eurostat, a gennaio,

le vendite al dettaglio sono salite dello 0,4% dopo il +0,6% rivisto del mese

precedente (+0,3% la prima lettura). Il dato è superiore alle attese degli analisti

che erano per una crescita più lenta (+0,1%). Su base annua le vendite hanno

evidenziato un aumento del 2% dal +2,1% rivisto precedente (+1,4% la prima

lettura), risultando anche in questo caso superiore al consensus che era per un

+1,3%.

La bilancia delle partite correnti dell'Unione europea (EU-28) di gennaio

chiude con un attivo di 25,4 mld di euro, in contrazione rispetto all'avanzo di

28,6 mld rivisti di dicembre (25,5 miliardi la prima lettura). Il dato comunicato

dall'Eurostat è peggiore delle attese degli analisti che si attendevano una

contrazione più contenuta fino a a 26,3 miliardi.

E' risultato in crescita dell'1,3% tendenziale il costo del lavoro nella Zona

Euro nel 4° trimestre dell'anno, in salita rispetto all'1,1% del 3° trimestre. Lo

comunica l'Eurostat. In aumento anche il tasso di crescita tendenziale dei

salari, che si attesta all'1,5% dall'1,5% precedente, mentre la componente che non

fa riferimento alla retribuzione sale dello 0,7% dal +0,2% precedente.

Nell'intera Unione Europea c'è stata una crescita pari all'1,9% dopo il +1,8%

registrato nel trimestre

Si riduce il surplus della bilancia commerciale della Zona Euro nei confronti del

resto del mondo. A gennaio si è registrato un avanzo di 6,2 miliardi di euro, in calo

rispetto ai 24,3 miliardi di dicembre ed ai 7,1 miliardi di gennaio 2015.

Il dato, reso noto dall'Istituto di statistica dell'Unione Europea (Eurostat), risulta

però peggiore delle stime degli analisti che avevano previsto un avanzo di 20,2

miliardi. L'export verso il resto del mondo è calato del 2% rispetto ad un anno

prima, totalizzando 145,3 miliardi di euro in valore, mentre l'interscambio

all'interno dell'area della moneta unica è rimasto stabile a 132,45 miliardi.

Per l'intera Unione Europea (EU-28) si è registrato deficit di 11 mld di euro, in

calo rispetto al passivo di 11,8 miliardi registrato a gennaio 2015. Le esportazioni e

le importazioni sono scese entrambe del 4%

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L'Eurozona si conferma in deflazione a febbraio, dopo il temporaneo recupero

dei prezzi registrato ad inizio anno. Un motivo in più che ha spinto di recente la

BCE a varare misure di stimolo per sostenere l'inflazione. Secondo l'Ufficio

statistico europeo (Eurostat), nel mese di febbraio i prezzi al consumo sono calati

dello 0,2% su base tendenziale, come indicato nella stima flash di fine febbraio ed

in linea con le attese. Nel mese di gennaio si era registrato un +0,3%.

I prezzi al consumo mostrano un incremento dello 0,2% a livello congiunturale, dopo

il -1,4% di dicembre. In questo caso il dato risulta superiore al +0,1% previsto dal

mercato. L'inflazione core (depurata dalle componenti più volatili quali cibi freschi,

energia, alcool e tabacco) evidenzia un incremento dello 0,8%, contro il +1% di

gennaio, lontano dal target del 2% fissato dalla BCE.

Nell'intera Unione Europea l'inflazione ha mostrato un calo dello 0,2% dopo il

+0,3% del mese precedente, mentre su base mensile i prezzi sono aumentati dello

0,1%.

Forte e inatteso rimbalzo della produzione industriale dell'Eurozona. Secondo

quanto riportato dall'Istituto di Statistica dell'Unione Europea (Eurostat),

l'output ha registrato un incremento mensile del 2,1% dopo il -0,5% rivisto del

mese precedente (-1% la prima lettura). Il dato risulta al di sopra le attese degli

analisti che erano per un incremento dell'1,7%.

Su base annua la produzione ha registrato una salita del 2,8% dopo il -0,1% rivisto

di dicembre (-1,3% la prima lettura). Anche in questo caso il dato è migliore del

consensus che indicava un +1,4%. Per quanto riguarda l'Europa dei 28, si è

registrato un aumento dell'1,7% su base mensile dopo il -0,6% di dicembre, mentre

su anno la produzione ha registrato un rialzo del 2,5% rispetto al +0,2%

precedente.

Cresce allo 0,3% il tasso di occupazione della Zona Euro alla fine del quarto

trimestre rispetto ai tre mesi precedenti superando anche le attese degli analisti

che erano per un incremento più contenuto, ovvero dello 0,2%. A livello tendenziale

l'occupazione è salita dell'1,2% dopo il +1,1% del trimestre precedente centrando

le stime di consensus. Il dato è stato reso noto dall'Istituto di Statistica

dell'Unione Europea (Eurostat). L'ente di statistica comunitario ha contato circa

230 milioni di occupati in tutta l'UE, di cui 151,9 milioni nell'area euro. In Italia,

ricorda Eurostat, nel quarto trimestre l'occupazione ha registrato un +0,3% su

base mensile e un +0,8% su anno.

Torna a crescere il mercato dell'edilizia nella Euro Zona. Secondo l'Eurostat, a

gennaio la produzione nel settore delle costruzioni è rimbalzata del 3,6% dopo aver

riportato nel mese di dicembre un calo dello 0,7%. Su base annua è cresciuta

invece del 6%.

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Nell'Europa dei 28 si è registrato un incremento dell'1,6% su base mensile (-0,1% a

dicembre) e un incremento del 4,4% su base annua.

I prezzi al consumo dovrebbero scivolare nuovamente dopo i timidi segnali di

ripresa visti a gennaio. Secondo l'Ufficio statistico europeo (Eurostat), che ha

pubblicato la stima flash, l'inflazione è scesa a febbraio dello 0,2% su base

tendenziale dopo il +0,3% del mese precedente. Il dato risulta al di sotto delle

stime degli analisti che erano per una variazione nulla.

L'inflazione core - che esclude energia, cibo e tabacchi - è cresciuta dello 0,7%

dopo il +1% precedente. Anche in questo caso il dato delude il consensus che era

per un +0,9%.

Questi numeri rafforzano le aspettative per un nuovo intervento di stimolo da

parte della Banca Centrale Europea in occasione del meeting del prossimo 10

marzo. Come noto il mandato della BCE è quello di assicurare una crescita annua dei

prezzi attorno al 2%che è, appunto, il target fissato dalle autorità di politica

monetaria dell'Eurozona.

Ulteriori segnali di miglioramento giungono dal mercato del lavoro

nell'Eurozona, che vede scendere la disoccupazione ai minimi da agosto del

2011. A gennaio, fa sapere l'Istituto di Statistica dell'Unione Europea (Eurostat),

il tasso di disoccupazione è sceso al 10,3% dal 10,4% del mese precedente,

sorprendendo gli analisti che stimavano un tasso al 10,4%.

Nell'intera Unione Europea la percentuale dei senza lavoro è rimasta invariata

all'8,9% e risulta in calo rispetto al 9% dell'anno prima.

Indicatori finanziari

M3

Accelera la crescita della massa monetaria M3 della Zona Euro a gennaio.

Su base annua si è verificato incremento del 5% rispetto al +4,7% del mese

precedente. Lo comunica la Banca Centrale Europea (BCE) precisando che nel

trimestre novembre-gennaio la variazione è stata pari in media al 4,9%.

Scala le marce invece la massa monetaria M1 dal 10,8% al 10,5%.

I prestiti al settore privato evidenziano infine una crescita del 2,6% dal 2,4%

di dicembre.

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Fonte: Bce

Bilancia dei pagamenti – Partite correnti La bilancia delle partite correnti dell'Unione europea (EU-28) di gennaio chiude

con un attivo di 25,4 mld di euro, in contrazione rispetto all'avanzo di 28,6 mld

rivisti di dicembre (25,5 miliardi la prima lettura). Il dato comunicato dall'Eurostat

è peggiore delle attese degli analisti che si attendevano una contrazione più

contenuta fino a a 26,3 miliardi.

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Bollettino BCE

Marzo 2016

Nella riunione di politica monetaria del 10 marzo 2016, sulla base della consueta analisi economica e monetaria, il Consiglio direttivo ha condotto un riesame accurato dell’orientamento di politica monetaria, nel cui ambito ha tenuto conto anche delle nuove proiezioni macroeconomiche formulate dagli esperti della BCE con un orizzonte che si estende al 2018. Il Consiglio direttivo ha quindi deciso una serie di misure, nel perseguimento del proprio obiettivo di stabilità dei prezzi. Questo insieme articolato di misure, che sfrutterà le sinergie tra i diversi strumenti, è stato calibrato per conseguire un ulteriore allentamento delle condizioni di finanziamento, stimolare l’offerta di nuovi crediti e quindi rafforzare il vigore della ripresa dell’area dell’euro e accelerare il ritorno dell’inflazione su livelli inferiori ma prossimi al 2 per cento. L’attività economica mondiale si è moderata al volgere dell’anno e dovrebbe continuare a espandersi a un ritmo modesto. I bassi tassi di interesse, i miglioramenti nei mercati del lavoro e il clima di fiducia più positivo sostengono le prospettive per le economie avanzate. Il quadro a medio termine per i paesi emergenti rimane invece più incerto. La Cina dovrebbe continuare a registrare una decelerazione dell’attività, con ripercussioni negative nelle altre economie emergenti e in particolare in quelle dell’Asia, mentre i paesi esportatori di materie prime devono proseguire il processo di aggiustamento al calo dei prezzi di tali prodotti. In questo contesto, il tasso di cambio effettivo dell’euro si è notevolmente apprezzato negli ultimi mesi. I mercati finanziari hanno evidenziato una maggiore volatilità nei mesi recenti. Inizialmente i timori per la crescita mondiale hanno contribuito a far scendere i prezzi delle attività finanziarie più rischiose tra i primi di dicembre 2015 e la metà di febbraio 2016. Tuttavia, nel periodo più recente questi cali sono stati in parte riassorbiti per il ridursi dei timori degli investitori in presenza di un aumento dei corsi petroliferi, di dati economici migliori del previsto negli Stati Uniti e di attese di un ulteriore stimolo monetario nell’area dell’euro. I rendimenti delle obbligazioni sovrane nei paesi con rating più elevato sono scesi ulteriormente negli ultimi tre mesi. La ripresa economica nell’area dell’euro sta proseguendo, anche se a ritmi inferiori a quelli attesi agli inizi dell’anno sulla scia dell’indebolimento del contesto esterno. Nel quarto trimestre del 2015 la crescita del PIL in termini reali è stata pari allo 0,3 per cento sul periodo precedente, sostenuta dalla domanda interna, ma frenata dal contributo negativo delle esportazioni nette. I dati delle indagini congiunturali più recenti indicano una dinamica della crescita più debole delle attese agli inizi dell’anno. In prospettiva, la ripresa economica dovrebbe procedere a un ritmo moderato.

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La domanda interna dovrebbe essere ulteriormente sorretta dalle misure di politica monetaria della BCE e dal loro impatto favorevole sulle condizioni finanziarie, nonché dal costante incremento dell’occupazione derivante dalle riforme strutturali attuate in precedenza. Inoltre, i bassi prezzi del petrolio dovrebbero fornire un sostegno ulteriore al reddito disponibile reale delle famiglie e ai consumi privati, oltre che alla redditività delle imprese e agli investimenti. In aggiunta, l’orientamento fiscale nell’area dell’euro è lievemente espansivo e questo riflette in parte le misure a sostegno dei profughi. La ripresa economica nell’area dell’euro continua tuttavia a essere frenata dalle prospettive di crescita contenuta nei paesi emergenti, dalla volatilità nei mercati finanziari, dai necessari aggiustamenti dei bilanci in diversi settori e dalla lenta attuazione delle riforme strutturali. Le proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro formulate nel marzo 2016 dagli esperti della BCE prevedono una crescita annua del PIL in termini reali pari all’1,4 per cento nel 2016, all’1,7 nel 2017 e all’1,8 nel 2018. Rispetto all’esercizio condotto a dicembre 2015 dagli esperti dell’Eurosistema, le prospettive per l’espansione del PIL in termini reali sono state riviste lievemente al ribasso per motivi principalmente ascrivibili alla più debole espansione anticipata per l’economia mondiale. Secondo la valutazione del Consiglio direttivo, i rischi per le prospettive di crescita dell’area dell’euro rimangono orientati verso il basso e sono connessi in particolare alle maggiori incertezze riguardo all’evoluzione dell’economia mondiale, oltre che a rischi geopolitici di più ampia portata. Secondo la stima rapida dell’Eurostat, nell’area dell’euro l’inflazione sui dodici mesi misurata sullo IAPC si è portata al -0,2 per cento in febbraio, dallo 0,3 per cento di gennaio. A questo calo hanno contribuito tutte le componenti principali dell’indice. L’inflazione dovrebbe risalire nel prosieguo dell’anno e aumentare ulteriormente in seguito grazie alle misure di politica monetaria adottate dalla BCE e alla prevista ripresa dell’economia. Le proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro elaborate nel marzo 2016 dagli esperti della BCE prevedono un tasso annuo di inflazione misurato sullo IAPC dello 0,1 per cento nel 2016, dell’1,3 nel 2017 e dell’1,6 nel 2018. Rispetto all’esercizio di dicembre 2015 svolto dagli esperti dell’Eurosistema, le prospettive per l’inflazione misurata sullo IAPC sono state riviste al ribasso riflettendo principalmente il calo dei corsi petroliferi osservato negli ultimi mesi. Il Consiglio direttivo seguirà da vicino le modalità di determinazione dei prezzi e gli andamenti salariali all’interno dell’area dell’euro, prestando particolare attenzione ad assicurare che l’attuale contesto di bassa inflazione non eserciti effetti pervasivi di secondo impatto sulla formazione dei salari e dei prezzi. Le misure di politica monetaria della BCE continuano a trasmettersi alle condizioni di prestito e a sostenere la dinamica dell’aggregato monetario ampio e del credito. La crescita della moneta rimane solida e quella dei prestiti ha continuato a seguire il profilo

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di graduale ripresa osservato dagli inizi del 2014. Le fonti interne di creazione di moneta rimangono la determinante principale dell’espansione dell’aggregato monetario ampio. I bassi tassi di interesse, assieme agli effetti delle operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (OMRLT) della BCE e al programma ampliato di acquisto di attività (PAA), hanno contribuito a migliorare la dinamica della moneta e del credito. Il costo della provvista bancaria si è stabilizzato su livelli prossimi ai minimi storici. Nonostante una considerevole eterogeneità tra paesi, le banche hanno trasmesso le condizioni favorevoli di provvista alla clientela attraverso tassi sui prestiti più contenuti. Le migliori condizioni di credito hanno continuato a sostenere la ripresa della crescita dei prestiti. Si stima che il flusso complessivo annuale di finanziamento esterno alle società non finanziarie sia aumentato ulteriormente nel quarto trimestre del 2015, dopo essersi stabilizzato nei due trimestri precedenti. Nell’insieme, le misure di politica monetaria messe in atto da giugno 2014 hanno migliorato sostanzialmente le condizioni di prestito per famiglie e imprese. Decisioni di politica monetaria Nella valutazione del Consiglio direttivo, la verifica incrociata degli esiti dell’analisi economica con le indicazioni derivanti dall’analisi monetaria ha confermato la necessità di un ulteriore stimolo monetario per assicurare il ritorno dell’inflazione verso livelli inferiori ma prossimi al 2 per cento senza indebito ritardo. Le condizioni economiche e finanziarie si sono indebolite ulteriormente dopo l’ultima riunione del Consiglio direttivo tenutasi in gennaio e i rischi per l’obiettivo di stabilità dei prezzi a medio termine sono chiaramente aumentati, come mostrano anche le revisioni al ribasso per l’inflazione e la crescita contenute nelle proiezioni macroeconomiche formulate dagli esperti della BCE nel marzo 2016. Il Consiglio direttivo ha quindi deciso una serie di misure, nel perseguimento del proprio obiettivo di stabilità dei prezzi. In primo luogo, per quanto riguarda i tassi di interesse di riferimento della BCE, il Consiglio direttivo ha deciso di ridurre il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali dell’Eurosistema di 5 punti base, allo 0,00 per cento, e quello sulle operazioni di rifinanziamento marginale di 5 punti base, allo 0,25 per cento. Il tasso sui depositi presso la banca centrale è stato ridotto di 10 punti base, al -0,40 per cento. In secondo luogo, il Consiglio direttivo ha deciso di ampliare gli acquisti mensili nel quadro del programma di acquisto di attività portandoli da 60 a 80 miliardi di euro. Secondo le intenzioni, gli acquisti saranno condotti sino alla fine di marzo 2017, o anche oltre se necessario, e in ogni caso finché il Consiglio direttivo non riscontrerà un aggiustamento durevole dell’evoluzione dei prezzi, coerente con il proprio obiettivo di conseguire tassi di inflazione inferiori ma prossimi al 2 per cento nel medio termine. Per assicurare che prosegua l’ordinata conduzione degli acquisti di attività, il Consiglio direttivo ha altresì deciso di innalzare dal 33 al 50 per cento i limiti relativi ai singoli emittenti e alla quota-parte di un’emissione applicabili agli acquisti di titoli emessi da organizzazioni internazionali e banche multilaterali di sviluppo idonee.

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In terzo luogo, il Consiglio direttivo ha deciso di includere obbligazioni investment grade denominate in euro emesse da società non bancarie situate nell’area dell’euro nell’elenco delle attività ammissibili per gli acquisti regolari nel quadro di un nuovo programma di acquisto di attività del settore societario. Ciò rafforzerà ulteriormente la trasmissione degli acquisti dell’Eurosistema alle condizioni di finanziamento dell’economia reale. Gli acquisti nell’ambito del nuovo programma avranno inizio sul finire del secondo trimestre di quest’anno. Come quarta misura il Consiglio direttivo ha deciso di introdurre, a partire da giugno 2016, una nuova serie di quattro operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (OMRLT II), ciascuna con scadenza a quattro anni. Queste nuove operazioni rafforzeranno l’orientamento accomodante della politica monetaria della BCE e potenzieranno la trasmissione della politica stessa, incentivando ulteriormente l’erogazione di credito bancario all’economia reale. Le controparti potranno ottenere finanziamenti per un importo pari a fino il 30 per cento dello stock di prestiti idonei al 31 gennaio 2016. Nell’ambito delle OMRLT II il tasso di interesse sarà fissato per la durata di ciascuna operazione, applicando il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali dell’Eurosistema in essere al momento dell’erogazione del finanziamento. Concedendo prestiti netti superiori a un valore di riferimento, nelle OMRLT II le banche beneficeranno di un tasso di interesse inferiore, che potrà essere ridotto fino a raggiungere un livello pari al tasso sui depositi presso la banca centrale al momento dell’erogazione del finanziamento. Non vi saranno obblighi di rimborso anticipato nell’ambito delle OMRLT II e saranno consentiti trasferimenti da OMRLT I a OMRLT II. In avvenire, tenendo conto delle attuali prospettive per la stabilità dei prezzi, il Consiglio direttivo si attende che i tassi di interesse di riferimento della BCE rimangano su livelli pari o inferiori a quelli attuali per un prolungato periodo di tempo, ben oltre l’orizzonte degli acquisti netti di attività. In aggiunta alle misure varate da giugno 2014, attraverso l’insieme articolato di decisioni di politica monetaria assunte a marzo 2016, viene fornito un considerevole stimolo monetario al fine di contrastare i rischi più elevati per l’obiettivo di stabilità dei prezzi della BCE. Se da un lato tassi di inflazione molto bassi o persino negativi saranno inevitabili nei prossimi mesi, in conseguenza degli andamenti dei prezzi del greggio, dall’altro è cruciale evitare effetti di secondo impatto assicurando il ritorno dell’inflazione su livelli inferiori ma prossimi al 2 per cento senza indebito ritardo. Il Consiglio direttivo continuerà a seguire con molta attenzione l’evoluzione delle prospettive per la stabilità dei prezzi nel prossimo periodo.

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NEWS dal mondo

(fonti: varie, ICE, Farnesina)

Europa Russia L'economia russa ha mostrato un alto grado di adattabilità alla caduta dei prezzi del petrolio. A dichiararlo il ministro dello sviluppo economico, Alexey Ulyukayev, ai deputati della Duma, spiegando che questo secondo shock petrolifero è completamente diverso dal primo, in quanto questa volta non si sta registrando una profonda svalutazione della divisa nazionale ed un aumento dell'inflazione. Il ministro sembra essere ottimista per il futuro, stimando un crescita nel secondo trimestre non solo per la produzione industriale, ma anche per il PIL. Si parla di un +0,7% per il 2016 e di un +1,5-2,5% per il 2017. A gennaio, invece, la contrazione dell'economia Russa si aggirerà tra il 3-2,7%. Permangono tuttavia rischi al ribasso per la debolezza della domanda, con le vendite al dettaglio in calo del 7% nei primi due mesi dell'anno rispetto allo stesso periodo del 2015. Il capo del Ministero dello sviluppo economico ha anche detto che il sistema bancario della federazione Russa si trova in una condizione stabile e ha un eccesso di liquidità. Svezia La Svezia vive in un paradosso invidiabile, in cui per la verità molte nazioni dal Pil anemico come l’Italia vorrebbero trovarsi: l’economia sta crescendo a ritmi difficilmente riscontrabili in qualsiasi altra area d’Europa, più tipici di paesi in pieno sviluppo. Il boom del Pil del +4,5% su base annuale nell’ultimo trimestre del 2015, tuttavia, è in realtà una pessima notizia per la banca centrale. Il tasso di crescita economico è ben superiore al +3,6% atteso e anche sopra il +4,1% dei tre mesi precedenti. Su base trimestrale, il Pil si è espanso dell’1,3%, quasi il doppio del +0,7% che gli economisti si attendevano in media. Anche in questo caso, su base trimestrale il risultato è stato migliore di quello visto nel trimestre precedente. Grecia Standard & Poor's ha promosso il rating sovrano della Grecia, portando la propria valutazione da 'CCC+' a 'B-'. Stabile l'outlook.A monte della decisione, spiega una nota dell'agenzia, il progresso sul fronte delle riforme, sostanzialmente in linea alle richieste dei creditori internazionali in cambio del

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programma di aiuti pari a 86 miliardi di euro su cui S&P vede un accordo entro fine marzo. Nonostante due consultazioni politiche, il referendum, le misure di controllo sui capitali e la stretta fiscale, la contrazione del prodotto interno lordo - rileva sempre S&P - è stata l'anno scorso modesta. "Dall'estate dell'anno scorso il governo ellenico ha ricapitalizzato le banche di sistema e varato misure dirette al consolidamento del bilancio. A dispetto dei molteplici shock, l'economia si è rivelata più solida di quanto pensassimo" dice la nota. Spagna L'economia della Spagna crescerà più del previsto nonostante le aumentate minacce sia sterne che domestiche. A dirlo è la Banca Centrale iberica che nel Bollettino di dicembre ha alzato leggermente le stime sul PIL dell'anno in corso e del 2016. Per il 2015 il Prodotto Interno Lordo dovrebbe registrare un balzo del 3,2%, leggermente superiore al 3,1% della stima precedente ma molto al di sopra del +1,4% mostrato nel 2014, mentre il Governo ha stimato un +3,3%. Nel 2016 la crescita dovrebbe invece rallentare al 2,8% (come previsto dall'Esecutivo), un tasso di espansione comunque superiore al +2,7% indicato in precedenza. Il quarto trimestre di quest'anno, infine, dovrebbe mostrare un PIL in crescita dello 0,8%, come nei tre mesi precedenti. Nonostante questo scenario favorevole, secondo il Banco De Espana sono leggermente aumentati i rischi al ribasso derivanti dal fatto che la decelerazione delle economie emergenti potrebbe essere maggiore del previsto. La minaccia "interna" è rappresentata invece dal possibile esaurimento del processo di attuazione delle riforme strutturali e dal non completo rispetto dei piani di bilancio. Un timore che, alla luce dell'esito delle elezioni politiche, suona come un avvertimento tra le righe.

Turchia Ancora buone nuove giungono dal fronte economico della Turchia. Nel terzo trimestre, secondo quanto annunciato dall'istituto centrale di statistica, il PIL si è espanso del 4% rispetto allo stesso periodo di un anno fa. Il dato è decisamente migliore del +2,7% stimato dagli analisti. Il Turkish Statistical Institute nei giorni scorsi aveva rilevato una crescita della produzione industriale. L'attività economica delle industrie è crescita del 4,6%, nel mese di ottobre, rispetto a un anno fa, e dopo essere balzata del 2,8% a settembre. Nel dettaglio, la produzione di energia elettrica è aumentata del 5% mentre la produzione mineraria è scesa dello 0,5%.

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Irlanda Da gennaio a settembre l’economia irlandese è cresciuta di ben il 7%. Quella dell’Irlanda – uno dei paesi indebitati che ha dovuto fare ricorso a piani di aiuto esterni negli anni di crisi – rimane una delle storie, se non la storia, più positiva di tutta Europa. Per il secondo anno consecutivo Dublino si appresta a registrare – a mani basse – l’aumento di Pil più marcato di tutta l’Eurozona. L’economia si è espansa del 5,2% l’anno scorso, la migliore performance del paese dal 2007, prima che un crollo del mercato immobiliare facesse sprofondare l’Irlanda in una recessione, scatenando una crisi finanziaria. Ad alimentare la crescita sono state le esportazioni, che hanno tratto vantaggio dall’euro debole. Sarebbe fuori luogo, tuttavia, cantare vittoria per i fautori dell’austerity. Ovviamente se i tassi di crescita sono così alti è anche perché l’Irlanda ha attraversato periodi di grave crisi prima. Il Pil è calato dell’11% durante la crisi, più del doppio di quanto non abbiano fatto in media gli altri paesi dell’Unione Europea. E il paese ha potuto giovare anche di una delle corporate tax più basse del mondo. Svizzera La Svizzera sta rallentando il ritmo di crescita, in linea con l'economia europea, a causa della stagnazione della domanda estera, causata dalla crisi internazionale e dalla forza del franco. In effetti, l'eccessivo apprezzamento della valuta locale ha destato anche la banca centrale, che sta valutando nuove misure di stimolo. Il PIL de terzo trimestre non ha evidenziato variazioni dopo il +0,2% del trimestre precedente, risultando sotto le attese degli analisti, che indicavano un'espansione dello 0,1%. Anche la crescita annuale del PIL frena allo 0,8% dallo 0,9% precedente (rivisto da un preliminare +1,2%) e risulta inferiore alle attese degli analisti che indicavano un tasso di crescita superiore di un decimo di punto. A pesare sulla crescita è stato soprattutto l'export, che è calato dello 0,9%, a causa della forza del franco, mentre la domanda interna ha evidenziato un modesto aumento dello 0,4% e gli investimenti dello 0,2%. Islanda C'è un Paese che non sembra assolutamente accusare l'attuale rallentamento della crescita globale: l'Islanda. La Banca Centrale del Paese nordeuropeo ha alzato i tassi di interesse di 0,25 punti percentuali al 5,75% per scongiurare un'eccessiva crescita dell'inflazione nel lungo periodo dovuta a sua volta dal boom economico.

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Quest'anno il PIL dovrebbe crescere del 4,6%, circa mezzo punto percentuale in più rispetto a quanto previsto dallo stesso Istituto lo scorso mese di agosto, grazie all'accelerazione dei consumi privati, visti in aumento del 7%. Quanto all'inflazione, secondo la Banca Centrale islandese, detta Sedlabanki, per ora i prezzi sono più bassi di quanto stimato ad agosto e ancora sotto il target, principalmente a causa del continuo declino dei prezzi di greggio e commodities e del deprezzamento della corona. Tuttavia nel lungo termine i prezzi dovrebbero balzare ben al di sopra del target, spinti dal forte incremento salariale, e non dovrebbero tornare nei ranghi prima del 2018. Finlandia Spirano venti di burrasca, in Finlandia. Il Governo del Paese, da tempo alle prese con una serie di misure per porre fine alla lunga recessione che lo scorso anno ha causato la perdita della Tripla A, ha annunciato le misure forse più impopolari in assoluto: una serie di tagli ai benefici dei lavoratori. Ad essere sforbiciati saranno il costo unitario del lavoro, le retribuzioni per i lavori straordinari e domenicali, i giorni festivi e alcune festività retribuite nel settore bancario. Inoltre il primo giorno di malattia non sarà retribuito. Queste decisioni, volute dal Governo del neoeletto Premier Juha Sipila, hanno immediatamente generato malcontento tra i lavoratori. Secondo i sindacati impatteranno negativamente soprattutto sulle donne e sui lavoratori con salari più bassi. Si calcola una perdita annuale di 1.500 euro, che aumenta nel caso di lavori in cui vi sono numerose presenze domenicali e straordinari. Sipila ha tentato di placare gli animi, spiegando che il taglio costo unitario del lavoro aumenterà l'occupazione di 2,5 punti percentuali, che si traduce in 50 mila nuovi posti di lavoro. In cambio dell'austerity l'Esecutivo promette di ridurre la pressione fiscale sui redditi da lavoro di ben 1 miliardo di euro. Austria I media hanno spesso incensato l'Austria sottolineandone il successo economico, anche maggiore della Germania, ma le cose adesso sono molto diverse. Da quando l’enfasi sull'economia austriaca fu proposta della rivista tedesca Stern, nel 2005, il PIL in Austria è scivolato verso il basso, fino allo 0,1% dell’anno scorso, da oltre il 2% per cento di dieci anni fa. Dopo aver superato la più grande economia della zona euro per gran parte degli ultimi 15 anni, la repubblica alpina sembra adesso in forte ritardo nei confronti della Germania, che è il suo più grande mercato di esportazione. Nel mese di maggio, all'Austria, è stata consegnata una dei più deboli previsioni della Commissione europea tra i paesi dell’Unione.

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La crescita del PIL è stimata ad un 0,8%, di gran lunga inferiore rispetto alla media dell’euro zona. La qualità dell’economia per le esportazioni globali e il forte recupero della domanda interna, hanno spinto la disoccupazione tedesca ai minimi record, mentre la disoccupazione austriaca ha registrato un andamento al rialzo, salendo al 5,7% nel mese di aprile. Questo anomalo sviluppo sta causando serie minacce per la banca centrale austriaca, come ribadito dal governatore Ewald Nowotny. Asia e Oceania India I segnali di rallentamento dell'economia globale non sembrano aver colpito più di tanto l'India. Nell'ultimo trimestre del 2015 (che corrisponde al terzo trimestre fiscale) il PIL della terza economia in Asia è cresciuto del 7,3%, mentre l'intero anno fiscale, che in India termina il 31 marzo, dovrebbe riportare un balzo del 7,6%, in accelerazione rispetto al +7,2% dell'anno precedente. Con questi numeri l'India diventa l'economia con il tasso di crescita più veloce, scaldando così la Cina. Tutti i principali settori hanno contribuito al rally del PIL, fatta eccezione per quello agricolo, che invece ha registrato un calo dell'1%. Non solo: sono stati rivisti al rialzo sia i dati del primo trimestre (aprile-giugno) dal 7% al 7,6%, che quelli del secondo trimestre (luglio settembre) dal 7,4% al 7,7%. Da rilevare, comunque, che molti economisti sono ancora scettici circa i nuovi metodi di calcolo del PIL adottati lo scorso anno dal Central Statistics Office, l'Ufficio di Statistica nazionale. Australia La crescita dell'Australia accelera nel terzo trimestre dell'anno, proprio come previsto dagli economisti, grazie all'accelerazione dell'export di materie prime (ferro e gas naturale). Il PIL del terzo trimestre è cresciuto dello 0,9% rispetto ai tre mesi precedenti e del 2,5% rispetto allo stesso trimestre del 2014. Una performance in linea con le attese e che registra una robusta accelerazione rispetto al trimestre estivo, quando il PIL è cresciuto dello 0,3% (era indicato allo 0,2% nelle stime preliminari). A trainare la crescita economica è stato il settore minerario, attività chiave in Australia, contribuendo alla crescita del PIL con l'1,5%. Tale aumento è stato trainato dall'export di materie prime verso l'Asia e dalla crescita della produzione mineraria (+5,2%). Un'accelerazione del PIL era stata in effetti messa in conto dagli economisti, dopo che la banca centrale ha lasciato fermo il costo del denaro, scegliendo di attendere proprio a causa di un atteso miglioramento dell'attività economica.

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Filippine Cresce a ritmi più sostenuti l'economia delle Filippine, che resta però ben lontana dai tempi d'oro. Nel secondo trimestre, il PIL ha registrato una forte accelerazione, attestandosi all'1,8% e confrontandosi con lo 0,4% del trimestre precedente. Il dato risulta anche superiore alle attese degli analisti che indicavano una crescita dell'1,7%. Secondo i dati forniti dall'autorità statistica, la crescita tendenziale del PIL si è attestata al 5,6%, contro il 5% precedente e supera il +5,7% atteso dagli analisti. Sebbene la crescita del primo semestre pari al 5,3% possa apparire piuttosto forte, resta però lontana dal target fissato dal governo che indicava un PIL al 7-8%. Anche l'economia delle Filippine, dunque, segna un rallentamento in linea con quello registrato dall'economia cinese, pur essendo sostenuto dalla spesa pubblica e dal boom edilizio. Corea del sud Nuova revisione al ribasso per l'economia della Corea del Sud. La banca centrale ha ritoccato all'ingiù le stime di crescita prevedendo un PIL in espansione al 2,8% quest'anno rispetto al +3,1% stimato in precedenza. Attesi invariati i prezzi al consumo: +0,9% nel 2015. La Bank of Korea ha detto che i consumi sono diminuiti "in modo significativo" e il sentiment degli operatori economici è "peggiorato" in scia alla sindrome respiratoria MERS (Middle East Respiratory Syndrome) mentre le esportazioni - motore importante di crescita - "hanno continuato a diminuire". Nel secondo trimestre il prodotto interno lordo del Paese è diminuito del 4,6% rispetto allo stesso trimestre dell'anno scorso, e, a fronte di un’ espansione rivista del 4,2% nei primi tre mesi dell'anno. Queste le stime preliminari del Ministero del Commercio e dell'Industria di Singapore che sono state pubblicato oggi. La contrazione è stata più marcata rispetto al calo dell'1,7% previsto dagli analisti. Misurata su anno, l'economia è cresciuta dell'1,7% nel secondo trimestre, rispetto alla crescita del 2,8% registrato nel primo trimestre, mentre gli analisti avevano previsto una salita del 2,3%. America latina Brasile Inflazione da record per il Brasile, che però non riflette un surriscaldamento dell'economia dovuto ad un'alta crescita, in quanto l'economia resta in uno stato di recessione. Un'ipotesi da manuale di economia, che prende il nome di

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stagflazione e dovrebbe essere trattato dalle autorità monetaria con misure "non convenzionali" o dal governo con vaste riforme economiche e sociali. Secondo l'ufficio statistico brasiliano, l'indice dei prezzi al consumo ha registrato a dicembre un aumento mensile dello 0,96% rispetto all'1,01% del mese precedente e leggermente sotto le stime di consensus pari all'1,05%. Il tasso di inflazione tendenziale ha però raggiunto un nuovo record al 10,67% dal 10,48%, che risulta più del doppio del target indicato dal governo al 4,5%. Una nuova doccia fredda per il Presidente Dilma Rouseff, che è stata riconfermata a capo del governo, ma con molte contestazioni circa l'efficacia delle sue misure economiche. Il Brasile conferma un'economia in recessione ed anche la banca centrale ha recentemente tagliato le previsioni sul PIL, a causa del crollo dei mercati delle commodities e dei prezzi del petrolio e della continua svalutazione del real. Venezuela Per la prima volta quest’anno, le autorità del Venezuela hanno diffuso dati economici su inflazione e Pil e non si possono dire positivi. Le cifre, rese note dal presidente Nicolas Maduro, sono allarmanti. I prezzi al consumo hanno quasi toccato il 100% mentre l’economia si contrarrà del 4%. La banca centrale non ha ancora pubblicato numeri su inflazione e Pil nel 2015, ma la carenza di beni di prima necessità, tra cui la carta igienica, nei negozi e supermercati ha dimostrato lo stato precario delle finanze del membro dell’Opec, il cartello dei paesi principali esportatori di petrolio. Il leader del partito socialista Maduro, erede designato di Hugo Chavez, scomparso due anni fa, viene da una sconfitta bruciante e per certi versi storica nelle elezioni legislative, che hanno sancito la vittoria dell’Opposizione di centro destra mettendo fine a 16 anni di ‘chavismo’. America del nord Canada L'economia del Canada continua a soffrire il forte calo dei prezzi del petrolio e di altre materie prime, così come dimostrato dal dato sul PIL che ha dipinto un quadro economico a tinte fosche. La banca centrale che ha deciso di lasciare i tassi di interesse fermi allo 0,50% prevede una moderata crescita per il Paese, nei prossimi mesi. Secondo la Bank of Canada la crescita economica sarà graduale nell'ultimo scorcio del 2015 per, poi, prendere velocità il prossimo anno, grazie all'indebolimento del dollaro canadese e ai precedenti tagli dei tassi. Nel terzo trimestre, il Prodotto interno lordo è cresciuto del 2,3% su base annua. Il dato ha superato le attese degli analisti, ma è risultato inferiore alle stime

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rilasciate dalla Banca centrale che aveva previsto un'espansione del 2,5%. Su base mensile, il PIL è sceso dello 0,5%, segnando il più grande declino mensile da marzo 2009. Il PIL del terzo trimestre dipinge un quadro economico debole per il Canada. L'economia del Paese, duramente colpita dal calo dei prezzi del petrolio e di altre materie prime, ha registrato un'espansione grazie alla buona tenuta delle esportazioni e alla spesa dei consumatori. Il Prodotto interno lordo è cresciuto del 2,3% su base annua, nel terzo trimestre, secondo quanto comunicato dall'ufficio di statistica canadese. Il dato supera le attese degli analisti, ma è inferiore alle stime rilasciate dalla Banca centrale del Canada che aveva previsto un'espansione del 2,5%. Su base mensile, il PIL è sceso dello 0,5%, segnando il più grande declino mensile da marzo 2009. Le esportazioni hanno guidato la crescita del terzo trimestre, crescendo del 2,3%. Le importazioni, invece, sono scese dello 0,7%. La spesa delle famiglie è aumentata dello 0,4% anche se in rallentamento dopo l'incremento dello 0,6% precedente. Gli acquisti di beni durevoli come gli elettrodomestici sono aumentati del 2,3%.

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Previsioni dei principali Istituti

(CE, FMI, OCSE, BCE)

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Fonte:Ocse

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FMI Update gennaio 2016

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Ocse interim forecast novembre 2015

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Commissione europea Previsioni autunno 2015

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Previsioni FMI ottobre 2015

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BCE Settembre 2015

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2. Economia Interna Sommario

Pil reale IV° trim.2015. Nel quarto trimestre il Pil italiano ha frenato ulteriormente il debole ritmo di crescita, complice il contributo negativo delle scorte, mentre consumi, spesa pubblica, investimenti e domanda estera netta hanno sostenuto la marginale espansione dell'economia. E' quanto emerge dallo spaccato delle componenti pubblicato da Istat, che ha confermato la crescita dell'economia italiana di 0,1% da +0,2% del periodo luglio-settembre. Anticipatori PMI Markit. Tredicesimo mese consecutivo di espansione ma al ritmo più modesto da febbraio dell'anno scorso per il settore manifatturiero italiano, il cui indice resta in territorio positivo ma delude le aspettative dei mercati finanziari. L’indice è infatti al minimo degli ultimi dodici mesi a febbraio scorso a 52,2, un punto pieno sotto il 53,2 di gennaio. Attività Produttiva A gennaio 2016 l’indice destagionalizzato della produzione industriale ha registrato un aumento, rispetto a dicembre 2015, dell’1,9%, con una media del trimestre novembre-gennaio dello 0,2% rispetto al trimestre immediatamente precedente. L’indice destagionalizzato, spiega l'Istat, presenta variazioni congiunturali positive in tutti i comparti; aumentano i beni strumentali (+5,7%), i beni intermedi (+2,5%), l’energia (+1,8%) e, in misura più lieve, i beni di consumo (+0,5%). Mercato del lavoro. Resta alta la disoccupazione in Italia, che dal mese di agosto evidenzia solo piccolissime variazioni. Secondo i dati pubblicati dall'Istat, il tasso di disoccupazione a gennaio si è attestato all'11,5% e si confronta con un 11,6% di dicembre, anche se il dato del mese precedente è stato rivisto al rialzo da un preliminare dell'11,4%. Produzione industriale. A gennaio 2016 l’indice destagionalizzato della produzione industriale ha registrato un aumento, rispetto a dicembre 2015, dell’1,9%, con una media del trimestre novembre-gennaio dello 0,2% rispetto al trimestre immediatamente precedente. L’indice destagionalizzato, spiega l'Istat, presenta variazioni congiunturali positive in tutti i comparti. Fatturato e ordinativi. A gennaio il fatturato dell’industria, al netto della stagionalità, registra un incremento dell’1% rispetto a dicembre 2015, con variazioni positive sia sul mercato interno (+1,2%) sia su quello estero (+0,4%). Gli ordinativi totali, registrano un incremento congiunturale dello 0,7%, con variazioni positive per gli ordinativi interni (+0,6%) e per quelli esteri (+0,8%).

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2.1 Indicatori di Economia reale

Pil reale IV° trim.2015

Nel quarto trimestre il Pil italiano ha frenato ulteriormente il debole ritmo di

crescita, complice il contributo negativo delle scorte, mentre consumi, spesa

pubblica, investimenti e domanda estera netta hanno sostenuto la marginale

espansione dell'economia. E' quanto emerge dallo spaccato delle componenti

pubblicato da Istat, che ha confermato la crescita dell'economia italiana di

0,1% da +0,2% del periodo luglio-settembre.

Nel dettaglio, il contributo positivo della domanda nazionale (0,4 punti, di cui

0,2 dai consumi) è stato di fatto annullato dalle scorte, che hanno sottratto la

stessa entità, dopo aver spinto il Pil nella prima parte dell'anno.

Un segnale positivo che ha caratterizzato il quarto trimestre è il ritorno del

supporto della domanda estera netta, che nel terzo trimestre aveva sottratto

0,3 punti, e invece nell'ultima frazione d'anno ha fornito 0,1 punti di Pil.

Marginale sostegno è arrivato anche dagli investimenti, che hanno aggiunto 0,1

punti di crescita.

Nel 2015, il pil è salito dello 0,6% in termini corretti per il calendario mentre il

dato medio annuo grezzo, che conta per i parametri di bilancio europei (+0,8%),

ha beneficiato di tre giornate lavorative in più rispetto al 2014.

Essendo improbabile un apporto positivo del canale estero, le stime di

crescita per il 2016 poggiano quasi per intero sulla domanda interna e in

particolare sui consumi.

Fonte: Istat

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Il quadro attuale comunque suggerisce un ridimensionamento delle prospettive di

crescita rispetto a sei mesi fa. Il Governo ha rivisto al ribasso la stima del Pil,

portandola a +1,4% da +1,6%. Ma per previsori privati e istituzionali al momento è

presumibile una crescita intorno a 1%.

La variazione acquisita per il 2016 è pari a +0,2

Andamento del PIL in altri paesi

Nello stesso periodo il PIL è aumentato in termini congiunturali dello 0,2% negli

Stati Uniti e in Francia e dello 0,5% nel Regno Unito. In termini tendenziali, si è

registrato un aumento dell’1,9% nel Regno Unito, dell’1,8% negli Stati Uniti e

dell’1,3% in Francia.

Prospettive di breve termine (Istat) In un quadro di indebolimento della ripresa globale, l’economia italiana è

attesa evolversi a ritmi moderati anche nel primo trimestre del 2016. Segnali

positivi provengono dal settore dei servizi e dalle costruzioni a fronte di una

dinamica meno favorevole nell’industria.

Gli ultimi dati mostrano un miglioramento dell’occupazione, soprattutto quella a

tempo indeterminato, favorita anche dai provvedimenti di sostegno alle

assunzioni, mentre l’inflazione si è riportata in territorio negativo.

La fase di “moderata crescita” vista alla fine dell’anno scorso si è probabilmente

estesa al primo trimestre del 2016.

La variazione congiunturale del Pil reale attesa per i primi tre mesi è del

+0,1%, con un intervallo di confidenza compreso tra -0,1% e +0,3.

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All’incremento del Pil contribuirebbero positivamente i consumi privati, a

fronte di un apporto negativo della domanda estera netta e dei consumi pubblici

mentre la dinamica degli investimenti (al lordo delle scorte) risulterebbe

sostanzialmente piatta. In questo scenario, la crescita acquisita per il 2016 è pari

allo 0,4%.

Anticipatori

ZEW. Prosegue a febbraio la tendenza al deterioramento nel clima di fiducia

di analisti e investitori sulle prospettive per l'economia italiana. L'indicatore

congiunturale a cura dell'istituto tedesco Zew si porta a 15,5, in calo di 4,7 punti

rispetto al mese scorso. Passa a -45,3, cedendo 1,9 punti, la voce relativa alle

condizioni economiche attuali.

PMI Markit. Tredicesimo mese consecutivo di espansione ma al ritmo più

modesto da febbraio dell'anno scorso per il settore manifatturiero italiano, il

cui indice resta in territorio positivo ma delude le aspettative dei mercati

finanziari. E' quanto emerge dall'indagine mensile congiunturale sui direttori

acquisto di categoria elaborato da Markit e Adaci, che mostra un indice generale

al minimo degli ultimi dodici mesi a febbraio scorso a 52,2, un punto pieno sotto il

53,2 di gennaio. Tra le singole voci del paniere si evidenzia una netta contrazione

per la componente dei nuovi ordini, che frena a 52,1 (anche in questo caso minimo

da febbraio 2015) da 54,4 di gennaio. Dopo il massimo degli ultimi cinque anni

toccato a dicembre, l'odierna lettura del Pmi manifatturiero appare

sostanzialmente in linea agli ultimi segnali macro, da cui emerge una partenza

d'anno tutta in salita non soltanto per l'Italia ma per l'intera zona euro.

CsC . Il Centro Studi Confindustria rileva un calo della produzione industriale

dell’1% in febbraio su gennaio, quando c’è stato un incremento dell’1,9% su

dicembre, comunicato oggi dall' ISTAT. Il dato positivo di gennaio è stato

superiore alle stime CSC (+0,9%) e a quelle di consenso (+0,8%) ed è in parte

riconducibile al rimbalzo tecnico dopo l’anomalo arretramento dell’attività rilevato

dall’ISTAT in dicembre (-0,6%). Quest’ultimo è attribuibile a problemi di

destagionalizzazione dovuti al ponte di lunedì 7 dicembre (i programmi statistici

correggono solo per il numero di giornate lavorative del calendario ufficiale e non

per i giorni effettivamente lavorati). Al di là delle forti oscillazioni mensili, il

primo trimestre dell’anno registra una variazione acquisita di +0,6%

congiunturale. La crescita dell’attività accelera rispetto al quarto trimestre del

2015, quando invece era stata nulla.

Clima di fiducia consumatori e imprese, Istat. A febbraio 2016 l'indice del clima

di fiducia dei consumatori, diminuisce a 114,5 da 118,6 del mese precedente;

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nonostante la flessione, l'indice si mantiene sui livelli elevati registrati negli ultimi

mesi; per quanto riguarda, invece, le imprese, l'indice composito del clima di

fiducia sale a 103,1 da 101,4.

Tutte le stime delle componenti del clima di fiducia dei consumatori diminuiscono.

La flessione risulta più sensibile per le componenti economica (a 141,8 da 152,4) e

futura (a 120,5 da 127,1), più contenuta per le componenti personale (a 105,8 da

107,6) e corrente (a 110,7 da 113,5). Il clima di fiducia mostra un calo contenuto

nella manifattura (a 102,0 da 103,0), un andamento stabile nei servizi di

mercato (a 106,6) e un miglioramento nelle costruzioni (a 119,3 da 114,6) e

nel commercio al dettaglio (a 106,5 da 102,0).

Elementi congiunturali Fatturato e ordinativi

A gennaio il fatturato dell’industria, al netto della stagionalità, registra un

incremento dell’1% rispetto a dicembre 2015, con variazioni positive sia sul

mercato interno (+1,2%) sia su quello estero (+0,4%). Gli ordinativi totali

registrano un incremento congiunturale dello 0,7%, con variazioni positive per gli

ordinativi interni (+0,6%) e per quelli esteri (+0,8%).

Gli indici destagionalizzati del fatturato registrano incrementi congiunturali per i

beni strumentali (+1,6%), i beni di consumo (+1%) e i beni intermedi (+0,8%),

mentre segna una diminuzione per l’energia (-1,8%).

L’indice grezzo del fatturato cala, in termini tendenziali, del 3,3%: il

contributo più ampio a tale flessione viene dalla componente interna dei beni

intermedi.

Fonte: Istat

Gli ordinativi totali nello stesso mese registrano un aumento congiunturale dello

0,7%. Nel confronto con il mese di gennaio 2015, l’indice grezzo degli

ordinativi segna un aumento dello 0,1%. L’incremento più rilevante si registra

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nella fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica, apparecchi

elettromedicali (+24,6%), mentre la flessione maggiore si osserva nella metallurgia

e fabbricazione di prodotti in metallo (-6,4%).

Attività Produttiva

A gennaio 2016 l’indice destagionalizzato della produzione industriale ha

registrato un aumento, rispetto a dicembre 2015, dell’1,9%, con una media del

trimestre novembre-gennaio dello 0,2% rispetto al trimestre immediatamente

precedente. L’indice destagionalizzato, spiega l'Istat, presenta variazioni

congiunturali positive in tutti i comparti; aumentano i beni strumentali (+5,7%), i

beni intermedi (+2,5%), l’energia (+1,8%) e, in misura più lieve, i beni di consumo

(+0,5%). Per quanto riguarda i settori di attività economica, a gennaio 2016, i

comparti che registrano i maggiori aumenti tendenziali sono quelli della

fabbricazione di mezzi di trasporto (+10,9%), della produzione di prodotti

farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+10,3%) e della fabbricazione di

articoli in gomma e materie plastiche, altri prodotti della lavorazione di minerali

non metalliferi (+7,9%).

Fonte: Istat

Vendite del commercio fisso al dettaglio A gennaio 2016, l’indice destagionalizzato del valore delle vendite al dettaglio

presenta una variazione nulla rispetto a dicembre 2015. Lo comunica l' ISTAT

che spiega come nella media del trimestre novembre 2015-gennaio 2016, il valore

delle vendite registra una variazione negativa dello 0,1% rispetto al trimestre

precedente.

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L’indice grezzo del valore del totale delle vendite diminuisce dello 0,8%

rispetto a gennaio 2015.

L’indice in volume delle vendite al dettaglio registra una variazione nulla

rispetto a dicembre 2015, mentre presenta una variazione negativa rispetto a

gennaio 2015 (-1,6%).

Immatricolazioni auto (motorizzazione)

La Motorizzazione ha immatricolato - nel mese di febbraio 2016 – 172.241

autovetture, con una variazione di +27,29% rispetto a febbraio 2015, durante

il quale ne furono immatricolate 135.317 (nel mese di gennaio 2016 sono state

invece immatricolate 155.722 autovetture, con una variazione di +17,87% rispetto

a gennaio 2015, durante il quale ne furono immatricolate 132.111).

Il volume globale delle vendite (601.101 autovetture) ha dunque interessato per il

28,65% auto nuove e per il 71,35% auto usate.

Nel periodo gennaio-febbraio 2016 la Motorizzazione ha in totale

immatricolato 327.963 autovetture, con una variazione di +22,64% rispetto al

periodo gennaio-febbraio 2015, durante il quale ne furono immatricolate

267.428. Nello stesso periodo di gennaio-febbraio 2016 sono stati registrati

803.044 trasferimenti di proprietà di auto usate, con una variazione di +10,08%

rispetto a gennaio-febbraio 2015, durante il quale ne furono registrati 729.488.

Retribuzioni orarie contrattuali Retribuzioni in aumento nel mese di febbraio, ma solo per il settore privato.

Nel mese in questione l'indice delle retribuzioni contrattuali orarie aumenta dello

0,1% rispetto al mese precedente e dello 0,8% nei confronti di febbraio 2015.

Complessivamente, nei primi due mesi del 2016 la retribuzione oraria media è

cresciuta dello 0,8% rispetto al corrispondente periodo del 2015. Lo comunica

l'Istat. Più pesanti le buste paga dei dipendenti del settore privato, con le

retribuzioni contrattuali orarie che registrano un incremento tendenziale dello

0,9%. Variazione nulla invece per quelli della pubblica amministrazione.

A beneficiare degli aumenti sono stati principalmente i lavoratori del settore

tessile, abbigliamento e lavorazione pelli (2,5%); energia elettrica e gas, commercio

(entrambi 1,9%). Si registrano variazioni nulle nei settori della metalmeccanica,

delle telecomunicazioni, del credito e assicurazioni e in tutti i comparti della

pubblica amministrazione.

Tra i contratti monitorati dall'indagine, nel mese di febbraio sono stati

recepiti due nuovi accordi e nessuno è scaduto. Inoltre la quota dei dipendenti in

attesa di rinnovo è del 60,5% nel totale dell'economia e del 49,0% nel settore

privato. L'attesa del rinnovo per i lavoratori con il contratto scaduto è in media di

38,1 mesi per l'insieme dei settori e di 16,7 mesi per quelli del settore privato.

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Occupati e disoccupati

Resta alta la disoccupazione in Italia, che dal mese di agosto evidenzia solo

piccolissime variazioni.

Secondo i dati pubblicati dall'Istat, il tasso di disoccupazione a gennaio si è

attestato all'11,5% e si confronta con un 11,6% di dicembre, anche se il dato

del mese precedente è stato rivisto al rialzo da un preliminare dell'11,4%. Il dato

risulta peggiore del consensus degli analisti che indicavano un 11,4%. La stima dei

disoccupati deriva da una compensazione fra il calo registrato tra gli uomini e la

crescita evidenziata tra le donne.

Diminuiscono gli inattivi dello 0,4% (pari a -63 mila persone). Il calo è

determinato dalla componente femminile e riguarda soprattutto le persone tra i

50 e i 64 anni. Il tasso di inattività scende al 35,7% (-0,1 punti percentuali).

Dopo il calo di dicembre (-0,2%), a gennaio gli occupati crescono dello 0,3% sul

mese (+70 mila persone occupate), tornando al livello di agosto. La crescita è

determinata dai dipendenti permanenti (+99 mila) mentre calano i dipendenti a

termine (-28 mila) e gli indipendenti restano sostanzialmente stabili.

Su base annua il numero di occupati è in crescita dell’1,3% (+299 mila),

mentre calano sia i disoccupati (-5,4%, pari a -169 mila) sia gli inattivi (-1,7%, pari

a -242 mila).

Indicatori di tensione

Crollano le domande di indennità di disoccupazione in Italia, dove si registra a

gennaio una diminuzione del 32,5% rispetto ad un anno prima, con 148.185

domande. Lo rivelano gli ultimi dati dell'INPS, tratti dall'Osservatorio sulla Cassa

Integrazione. Le domande, che fanno riferimento a tutti gli strumenti

(disoccupazione, ASPI, mini ASPI e NASPI), registrano poi una diminuzione dello

0,9% rispetto al mese precedente (a dicembre erano 149.531).

L'Istituto di previdenza ha anche pubblicato i dati di febbraio sulle ore

autorizzate di cassa integrazione, che sono aumentate del 5,7% rispetto al mese

precedente e dell'1,9% rispetto ad un anno fa, attestandosi a 60,1 milioni di ore.

Una larga parte di queste (71%) ha riguardato la cassa straordinaria (oltre 43

milioni di ore), risultando in calo del 9,3%. Quella ordinaria (9,8 milioni di ore) è

addirittura quintuplicata (+243%) rispetto a gennaio. La CIG in deroga è balzata

del 10,2% su mese ed è raddoppiata (+115%) su anno.

Occupati e disoccupati IV trim.2015 Nel quarto trimestre 2015 l'occupazione risulta stabile, dopo la crescita nei due

trimestri precedenti, ma all'aumento registrato nel Nord e nel Centro si

contrappone la riduzione nel Mezzogiorno. Il tasso di occupazione sale

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soprattutto tra i 50-64enni mentre il tasso di disoccupazione rimane invariato

e quello d'inattività diminuisce. La stabilità dei livelli occupazionali complessivi è

la sintesi di un consistente aumento del numero dei lavoratori dipendenti a tempo

indeterminato (99 mila in più rispetto al terzo trimestre), bilanciato da cali dei

dipendenti a termine (-43 mila) e degli indipendenti (-48 mila).

I dati relativi a gennaio 2016, al netto della stagionalità, registrano una crescita

degli occupati (+70 mila) che tornano al livello di agosto, dopo le variazioni nulle di

ottobre e novembre e il calo di dicembre.

L'aumento tendenziale dell'occupazione registrato nel quarto trimestre (+184

mila) è dovuto quasi esclusivamente agli uomini e risulta trainato dai lavoratori

dipendenti, cresciuti di 298 mila unità, in gran parte a tempo indeterminato

(+207 mila) e, tra i dipendenti a termine, dall'incremento di quanti hanno un lavoro

di durata non superiore a sei mesi. Accanto alla risalita degli occupati a tempo

pieno, l'aumento del lavoro a tempo parziale coinvolge soprattutto quello di tipo

volontario.

I dati di flusso mostrano che, a distanza di dodici mesi, crescono le transizioni dei

dipendenti a termine verso il lavoro a tempo indeterminato (+3,5 punti) e i passaggi

da collaboratore a dipendente (+14,4 punti) sia a termine sia a tempo

indeterminato. Inoltre diminuisce la permanenza nella disoccupazione (-5,1 punti) e

aumenta la probabilità di transitare nell'occupazione (+2,1 punti) o nell'inattività

(+3,0 punti).

Prezzi alla produzione L'industria italiana continua a produrre a sconto, a causa della persistente

debolezza dei prezzi dovuta al crollo delle quotazioni del greggio.

Nel mese di gennaio 2016, fa sapere l'Istat, l’indice dei prezzi alla produzione dei

prodotti industriali diminuisce dello 0,7% rispetto al mese precedente e del 2,5%

rispetto a gennaio 2015.

I prezzi dei prodotti venduti sul mercato interno diminuiscono dello 0,8%

rispetto a dicembre e del 3,0% su base tendenziale. Al netto del comparto

energetico si registra una variazione congiunturale nulla, ed una diminuzione dello

0,8% su base tendenziale.

I prezzi dei beni venduti sul mercato estero segnano una diminuzione dello

0,4% sul mese precedente (con cali dello 0,2% per l’area euro e dello 0,4% per

l’area non euro); su base tendenziale si registra una diminuzione dello 0,9% (-1,5%

per l’area euro e -0,4% per quella non euro).

Il contributo maggiore al calo tendenziale dei prezzi dei beni venduti sul mercato

interno proviene dal comparto energetico (-2,5 punti percentuali). Sul mercato

estero i contributi negativi più rilevanti derivano dai beni intermedi

(rispettivamente -1,3 percentuali per l’area euro e -0,5 punti percentuali per

quella non euro).

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Prezzi al consumo Il dato di febbraio sui prezzi al consumo conferma che l'Italia è in

deflazione. Nel mese in questione, fa sapere l'ISTAT nella stima finale, l’indice

nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei

tabacchi, diminuisce dello 0,2% rispetto a gennaio e dello 0,3% nei confronti

di febbraio 2015 (era +0,3% a gennaio), confermando la stima preliminare.

La forte flessione tendenziale dei prezzi al consumo, spiega l'istituto di

statistica, è dovuta a una dinamica congiunturale caratterizzata da cali dei prezzi

diffusi a quasi tutte le tipologie di prodotto, che si confronta con quella positiva

di febbraio 2015 quando, invece, tutte le tipologie di prodotto segnarono una

ripresa dei prezzi rispetto al mese precedente.

Pur indebolendosi, l’inflazione di fondo (al netto degli alimentari non lavorati

e dei beni energetici) rimane positiva (+0,5%), così come quella al netto dei soli

beni energetici (+0,3%; entrambe erano a +0,8% a gennaio).

L’inflazione acquisita per il 2016 è pari a -0,6%

L'indice IPCA (indice armonizzato dei prezzi al consumo) diminuisce dello

0,4% su base mensile e dello 0,2% su base annua (da +0,4% di gennaio),

confermando anche in questo caso la stima preliminare. La flessione congiunturale

è da ascrivere anche ai saldi invernali dell’abbigliamento e calzature, di cui l’indice

NIC non tiene conto. L'indice FOI, al netto dei tabacchi, diminuisce dello 0,2%

rispetto a gennaio sia rispetto a febbraio 2015.

Rapporti con l’estero (UE+Extra-UE)

Crolla il surplus commerciale dell'Italia, a causa della frenata dell'export e

dell'impatto dei prezzi petroliferi sul valore delle importazioni ed esportazioni.

Secondo gli ultimi dati Istat, a gennaio, l'avanzo commerciale si è quasi

azzerato a 35 milioni di euro, contro i 134 milioni di surplus registrati a gennaio

2015 ed i 6 miliardi registrati a dicembre.

Rispetto al mese precedente, l’export diminuisce del 2,2%, a causa della

contrazione delle vendite verso i mercati extra UE, e l’import dello 0,6%. In

termini tendenziali, si rileva una flessione sia dell’export (-3,5%) sia dell’import (-

3,2%), determinata principalmente dal marcato calo delle vendite (-8,0%) e degli

acquisti (-6,6%) con l’area extra Ue.

Russia (-24,2%) e paesi dell'America Latina (-18,8%) sono i mercati che più

contribuiscono al calo dell’export mentre sono in forte crescita le vendite verso i

Paesi Bassi (+15,0%) e la Spagna (9,2%).

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La diminuzione delle vendite di prodotti petroliferi raffinati è rilevante (-16,9%)

mentre sono in espansione i mezzi di trasporto, esclusi autoveicoli (+5,4%) e

computer, apparecchi elettronici e ottici (+3,6%).

In calo l’import da Russia (-14,2%) e paesi OPEC (-12,6%) come gli acquisti di

petrolio greggio (-34,9%) e gas naturale (-25,8%).

Paesi Extra-Ue

Il surplus commerciale con i Paesi extra UE è 2.616 milioni di poco inferiore

rispetto allo stesso mese del 2015 (+2.787 milioni). E' quanto comunica l’ ISTAT

che spiega come l’incremento congiunturale delle vendite verso i Paesi extra UE

coinvolga tutti i raggruppamenti principali di beni, con l’eccezione dell’energia (-

27,2%). Rispetto al mese precedente, le esportazioni sono in crescita (+3,3%) e le

importazioni pressochè stazionarie (+0,1%).

Soltanto i beni di consumo non durevoli (+3,7%) sono in marcata espansione.

La contrazione mensile delle esportazioni su base annua (-2,8%) è più ampia (-4,7%)

al netto dell'effetto dovuto alla differenza nei giorni lavorativi (21 a febbraio

2016 rispetto a 20 di febbraio 2015). Il confronto con febbraio 2015 è

particolarmente penalizzante anche perché in quel mese si verificarono importanti

movimentazioni di mezzi di navigazione marittima verso gli Stati Uniti, che pesano

per oltre 3 punti percentuali sulla flessione tendenziale dell’export verso i paesi

extra UE.

Anche le importazioni sono in contrazione (-2,1%). Tuttavia, al netto dell’energia (-

30%), risultano in forte crescita (+6,9%).

Per il secondo mese consecutivo, si registra una flessione delle esportazioni verso

gli Stati Uniti (-10,7%). Giappone (+13,7%), paesi ASEAN (+12,5%) e Cina (+7,6%)

fanno invece registrare un sostenuto incremento delle vendite.

Le importazioni da Russia (-31,8%), OPEC (-15,2%) sono in forte calo mentre gli

acquisti da Paesi ASEAN (+19,6%), Turchia (+16,3%) e Svizzera (+10,4%) risultano

in espansione.

Bilancia dei pagamenti

Partite correnti La componente corrente della bilancia dei pagamenti mostra un attivo a

dicembre 2015 di (6.141)ml di euro, (dic.2014: 6.121ml). La componente

capitale è positiva per ( 680 )ml. (dic.’14: 753 ml).

Il cumulato dic.’15 è positivo rispettivamente per (34.910)ml (dic.2014:

30.779 ml.) e (2.074) ml. (3.355ml).

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Partite finanziarie

La componente finanziaria evidenzia in dicembre un positivo di (8.999) ml di

euro (dic.’14: 8.400ml.). Nell’ambito dell’aggregato le riserve ufficiali

segnalano una distruzione di base monetaria di (47 ml) (dic.’14 incremento di

base monetaria per 295 ml).

Il cumulato dic.’15 è positivo per (41.525 )ml (dic.2014: 46.184ml.).

Errori ed omissioni

Il dato compensativo della somma algebrica delle due componenti (conti

correnti e finanziari), è positivo a dic. per (2.179) ml di euro. Il cumulato dic.

2015 segnala un positivo per (4.520).

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Bilancia dei pagamenti ml di euro- dicembre 2015

Fonte: Banca d’Italia

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2.2 Indicatori finanziari

Fabbisogno del settore statale (dati MEF) (Il saldo del Settore Statale è un dato di cassa, che tiene conto anche delle variazione presso la Tesoreria

dello Stato delle disponibilità dell’UE (passività dello Stato secondo le regole del SEC 95) e delle giacenze

dei correnti postali intestati a Poste S.p.A e ad altri soggetti privati. E’ un aggregato più ristretto rispetto

a quello della Pubblica Amministrazione definito dai criteri della contabilità europea. Il saldo del settore

statale, pertanto, non è rilevante ai fini della verifica del rispetto dei parametri europei, mentre lo è

l’indebitamento netto elaborato dall’Istat).

Nel mese di febbraio del 2016 si è realizzato un fabbisogno del settore statale

pari, in via provvisoria, a circa 9.900 milioni, che si confronta con un fabbisogno

di 7.171 milioni nel corrispondente mese del 2015. Il fabbisogno dei primi due mesi

dell’anno si attesta sui 5.377 milioni con un aumento di circa 1.500 milioni rispetto al

periodo gennaio-febbraio del 2015.

Commento

Per rendere omogeneo il confronto con il corrispondente mese dell’anno precedente,

si segnala che nel febbraio del 2015 il riversamento in tesoreria delle disponibilità

liquide delle Camere di commercio ai sensi della Legge di Stabilità 2015 aveva

migliorato il fabbisogno del settore statale per circa 1.000 milioni. Il risultato del

mese risente anche del mancato introito del canone RAI, che sarà versato a

partire dal mese di luglio ai sensi della Legge di Stabilità 2016.

A fronte di un miglioramento di circa 700 milioni della spesa per interessi, si è

registrato un aumento di circa 1.000 milioni delle spese delle amministrazioni

centrali e locali, anche per lo slittamento di alcuni pagamenti dal mese

precedente.

Gli incassi fiscali si sono attestati sugli stessi livelli dello scorso anno.

Fabbisogno del settore statale (dati provvisori, fonte MEF) ( md.euro)

Gen/feb.2015

+ 3,9

Gen/feb. 2016

+ 5,4

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Dati di sintesi di copertura del settore statale nel mese di dicembre 2015 (fonte: MEF)

ml.di euro

(1) La copertura del saldo di cassa del Settore Statale indica il reperimento (+) o l’accumulazione (-) di risorse finanziarie nette conseguenti al fabbisogno o alla disponibilità registrate dal lato della formazione. E’ data dalla differenza tra le operazioni di accensione e rimborso prestiti dello Stato, dalla variazione delle giacenze sui conti correnti presso la tesoreria statale intestati a soggetti esterni alla Pubblica Amministrazione, al netto della variazione del conto disponibilità e di altre partite minori.

(2) Comprendono la raccolta postale e la variazione del conto di disponibilità.

A fronte di un attivo di cassa stimato a dicembre 2964 in ml di euro, il Tesoro ha: - emesso titoli a breve per 7261 ml di euro; - emisso di titoli a medio-lungo per 39.970 ml. di euro; - emesso titoli esteri per 130 ml di euro; -incrementato il conto di disponibilità (distruzione di base monetaria) per 44.397 ml di euro.

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Le Entrate tributarie e contributive Le entrate tributarie e contributive dell’anno 2015 mostrano nel complesso un

incremento (+1,6% pari a 10.545 milioni di euro) rispetto all'anno precedente.

Tale incremento è determinato dalla crescita delle entrate tributarie

(+1,5%) e dalla crescita, in termini di cassa, delle entrate contributive

(+1,7%).

L’andamento registrato, oltre a risentire del miglioramento della congiuntura

come ha certificato l’Istat (+ 0,8%), riflette anche l’effetto di alcune importanti

misure, adottate dal Governo, che hanno influenzato il gettito delle imposte

dirette quali : il “bonus 80 euro”, la revisione della tassazione delle attività

finanziarie e l’incremento dell’imposta sostitutiva sul risultato netto di gestione

dei fondi pensione.

Per quanto riguarda le imposte dirette, le entrate Irpef sono state influenzate

da un diverso meccanismo di contabilizzazione per garantire al contribuente, che

si avvale dei sostituti di imposta, un rimborso immediato dei crediti risultanti

dalle dichiarazioni fiscali.

Le imposte dirette hanno registrato un gettito complessivamente pari a

239,7 miliardi, con un incremento del 6,5% rispetto al 2014. Il gettito da

imposte indirette ammonta a 196,6 miliardi in aumento dell'1,1%.

Quanto al gettito IVA è aumentato, nel 2015, del 4,2% per effetto

dell'andamento complessivamente positivo della componente relativa agli scambi

interni e dei versamenti dovuti in base all'applicazione del meccanismo dello

"Split payment", che obbliga la pubblica amministrazione a trattenere e versare

direttamente all'erario l'IVA sulle fatture emesse dai propri fornitori. Il

meccanismo dello split payment comporta, per contro, un incremento dei crediti

IVA richiesti a rimborso.

Le entrate dell'accisa sui prodotti energetici, loro derivati e prodotti

analoghi (oli minerali) segnano un decremento di 157 milioni di euro (-0,6%).

Nel solo mese di gennaio 2016, le entrate tributarie erariali ammontano a

34,5 miliardi con un aumento del 4,7% (+1,5 mld) rispetto allo stesso mese del

2015. Le imposte dirette hanno segnato un gettito complessivamente pari a 23,9

miliardi, in aumento del 4,4% rispetto allo stesso periodo del 2015. Il gettito da

imposte indirette è salito a 10,6 miliardi, in aumento del 5,6% rispetto a gennaio

di un anno fa.

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Banca d’Italia: Entrate contabilizzate in bilancio (I dati pubblicati dall’Istituto riguardano i flussi delle entrate tributarie, rilevati al

momento della contabilizzazione in bilancio, non contestuale al versamento. Avvenendo in

tempi diversi i dati contabilizzati e quelli di cassa possono non coincidere).

Le entrate tributarie contabilizzate nel bilancio dello Stato sono state pari in

gennaio a 34,2 miliardi, in aumento rispetto allo stesso mese del 2015; una parte

significativa dell'aumento, spiegano da Via Nazionale, riflette "disomogeneità

contabili che riguardano gli incassi dell'IVA e le ritenute IRPEF".

Debito delle Amministrazioni Pubbliche Il debito pubblico italiano torna a salire nel mese di gennaio portandosi a

ridosso della soglia dei 2,2 miliardi di euro. In particolare, il debito delle

amministrazioni pubbliche è salito di 21,6 miliardi a 2.191,5 miliardi di euro.

L'incremento, spiega Banca d'Italia, nel Bollettino statistico "Finanza pubblica,

fabbisogno e debito" è dovuto "all'aumento delle disponibilità liquide del Tesoro

(27,8 miliardi, a 63,5; 82,8 miliardi alla fine di gennaio del 2015), solo in parte

compensato dall'avanzo di cassa delle amministrazioni pubbliche (5,5 miliardi) e

dall'effetto complessivo dell'emissione di titoli sopra la pari e della rivalutazione

dei titoli indicizzati all'inflazione (0,6 miliardi)".

Nella nota sull'aggiornamento dell'indebitamento italiano, si evidenzia che il debito

delle amministrazioni centrali è aumentato di 21,5 miliardi, quello delle

amministrazioni locali è diminuito di 0,3 miliardi e quello degli enti di previdenza è

aumentato di 0,5 miliardi.

Finanziamenti al settore privato

Le sofferenze bancarie rallentano la crescita. Lo ha reso noto la Banca d'Italia,

specificando che il tasso di crescita sui dodici mesi delle sofferenze è risultato

pari al 9% a quota 202 miliardi, dal 9,4% di dicembre.

Calano invece i prestiti, sia per le imprese che per le famiglie, con questi

ultimi cresciuti dello 0,8% sui dodici mesi, come nel mese precedente. Quelli alle

società non finanziarie sono diminuiti, sempre su base annua, dello 0,9% (-0,7% a

dicembre).

In generale, i prestiti al settore privato, corretti per tener conto delle

cartolarizzazioni e degli altri crediti ceduti e cancellati dai bilanci bancari, hanno

registrato una contrazione su base annua dello 0,1% (-0,3% a dicembre).

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Relativamente alla raccolta, a gennaio il tasso di crescita sui dodici mesi dei

depositi del settore privato è stato pari al 3,6 per cento (3,9 per cento a

dicembre). La raccolta obbligazionaria, incluse le obbligazioni detenute dal

sistema bancario, è diminuita del 16,5 per cento su base annua (-15,1 per cento

nel mese precedente).

I tassi d'interesse sui finanziamenti erogati nel mese alle famiglie per

l'acquisto di abitazioni, comprensivi delle spese accessorie, sono stati pari al 2,85

per cento (2,81 nel mese precedente); quelli sulle nuove erogazioni di credito al

consumo all'8,50 per cento (7,92 nel mese precedente). I tassi d'interesse sui

nuovi prestiti alle società non finanziarie di importo fino a 1 milione di euro sono

risultati pari al 2,78 per cento (2,72 per cento nel mese precedente); quelli sui

nuovi prestiti di importo superiore a tale soglia all'1,55 per cento (1,26 per cento

a dicembre). I tassi passivi sul complesso dei depositi in essere sono stati pari

allo 0,50 per cento.

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2.3 Previsioni

Prometeia Il Prodotto Interno Lordo dell'Italia si espanderà a un ritmo inferiore rispetto a quanto inizialmente ipotizzato.

E' quanto prevede il centro studi Prometeia secondo cui il PIL crescerà dell'1%

quest'anno e dell'1,1% nel 2017. Tali previsioni si confrontano con quelle rilasciate

lo scorso ottobre dall'istituto di ricerca economica, rispettivamente +1,2% e

+1,4%.

Quanto alla disoccupazione dovrebbe oscillare intorno all'11,5% spiegano gli

esperti aggiungendo che "il consolidarsi della ripresa favorirà un aumento

dell'occupazione nel 2017". Sui conti pubblici, è attesa una riduzione del rapporto

deficit/PIL all'1,7% nel 2018 e un rientro nel rapporto debito/PIL atteso al

130,8%.

"Un anno fa parlavamo di segnali di ripresa che dovevano concretizzarsi. Solo in

parte è accaduto. Infatti lo scenario internazionale è articolato. Le condizioni

economiche sono molto favorevoli eppure sembrano non bastare. Tassi

d'interesse e tassi di cambio dovrebbero spingere investimenti ed esportazioni,

ma solo in misura ridotta stanno funzionando. Bassi prezzi del petrolio e delle

altre materie prime dovrebbero premiare i Paesi, come l'Italia, che trasformano

e vendono sui mercati esteri.

Eppure, la crisi dei migranti in Europa, il rallentamento dell'economia cinese, le

recessioni in alcuni paesi emergenti e il pericolo Brexit, con il connesso pernicioso

indebolimento dell'Unione Europea e, soprattutto, dell'ideale di Europa unita,

mettono in discussione il teorema, purtroppo ancora non completamente

dimostrato, che la crisi sia soltanto un brutto ricordo.

Insomma, in Europa e soprattutto in Italia, la partita della crescita è ancora

tutta da giocare.

Commissione europea La Commissione europea rivede leggermente al ribasso la stima di crescita

per l'Italia: il Pil crescerà dell'1,4% quest'anno e il prossimo dell'1,3%. Un

decimale in meno rispetto alle precedenti proiezioni e due decimali in meno

rispetto alle stime del governo italiano.

Continua anche quest'anno l'effetto positivo sull'occupazione della riforma

del mercato del lavoro: la Commissione europea stima che il tasso di

disoccupazione in Italia quest'anno scenderà al 11,4%, in calo rispetto all'11,9%

del 2015 e in calo anche rispetto alle precedenti stime della stessa commissione.

(12,2% nel 2015, 11,8% nel 2016

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Il deficit scenderà solo marginalmente nel 2016 "questo riflette l'impatto

espansivo della legge di stabilita' per il 2016". In particolare, il documento cita i

"3,2 miliardi di spese aggiuntive per la sicurezza e la cultura, che hanno

aumentato l'obiettivo di deficit al 2,4% del Pil dal 2,2% programmato nella bozza

di bilancio.

Il debito pubblico italiano "dopo il picco raggiunto nel 2015" (132,8%, inferiore

rispetto alle precedenti stime Ue che lo prevedevano al 133%), nel 2016 il

rapporto debito/Pil e' previsto al 132,4%, e nel 2017 al 130,6%.

Secondo il governo italiano, invece, quest'anno sara' pari al 131,4% e l'anno

prossimo al 127,9%.

L'andamento del prezzo del petrolio fa rivedere al ribasso le stime Ue

sull'inflazione nel 2016: in Italia, in particolare, secondo le previsioni

economiche, il tasso di aumento dei prezzi sara' pari allo 0,3% contro l'1%

previsto dal governo e anche, nelle precedenti previsioni, dalla stessa

Commissione. "Il calo dei prezzi energetici a la contenuta pressione dei salari

freneranno la dinamica dell'inflazione anche nel 2016”. La stima per il 2017 e' di

un aumento dell'inflazione pari all'1,8%.

Ocse Secondo le ultime stime dell’Ocse il Prodotto interno lordo dell’Italia

quest’anno crescerà dell’1%, contro le precedenti previsioni dell’1,4 per

cento, per altro in linea con le attese di Bruxelles. Ma, soprattutto, contro le

attese dell’esecutivo che punta a un +1,6 per cento e non sembra al momento

intenzionato ad abbassare l’asticella. Il motivo del taglio è legato agli ultimi

“deludenti” dati economici a livello globale, spiega l’organizzazione di Parigi.

Secondo la quale i problemi politici che l’Europa deve affrontare – dal flusso dei

migranti alle tensioni centrifughe, passando per una crescente impopolarità delle

misure di austerità – in tre anni possono portare a un taglio dell’1,2% del Pil del

Vecchio continente. Si tratta di un valore – frutto di calo degli investimenti e

tensioni sui mercati – assai più alto di quello stimato nello stesso periodo per Cina

(-0,4%) e Stati Uniti (-0,2%).

Banca d’Italia

Stime positive sull’economia dell’Italia, quelle di Bankitalia, che nel suo

bollettino economico afferma che la ripresa si sta consolidando, e che il Pil

continuerà a salire, facendo +1,5% nel 2016 e a +1,4% nel 2017. Per Palazzo Koch

anche il mercato del lavoro è destinato a migliorare, e nel 2017 la disoccupazione

tornerà sotto l’11%. “Le attese delle imprese sul quadro occupazionale sono

cautamente ottimiste”. Il tasso di disoccupazione, dall’11,9% del 2015, dovrebbe

ridursi all’11,1% nel 2016 e al 10,7% nel 2017 (…) Si stima che la ripresa acquisti

vigore nel biennio 2016-17, sospinta principalmente dall’andamento della domanda

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interna, a fronte di un più graduale rafforzamento degli scambi con l’estero”. Gli

investimenti, “caratterizzati finora da una dinamica modesta, potrebbero

beneficiare di prospettive di domanda e condizioni di finanziamento più favorevoli

e degli effetti delle misure di stimolo introdotte dalla legge di stabilità.

All’espansione dei consumi contribuirebbe la ripresa del reddito disponibile,

sostenuto anche dal rafforzamento del mercato del lavoro”.

Tuttavia, Bankitalia presta attenzione anche ai rischi. Si parla di “rischi

significativi” per la crescita dell’economia, tra cui “sono molto rilevanti quelli

associati al contesto internazionale, tornati in evidenza nelle ultime

settimane”. Inoltre, “il rallentamento in Cina e nelle economie emergenti

potrebbe rivelarsi più marcato e duraturo rispetto alle ipotesi. Le tensioni di

carattere geopolitico, dovute soprattutto all’instabilità della situazione in Medio

Oriente e acuitesi con i recenti episodi terroristici, potrebbero ripercuotersi

sulla fiducia di famiglie e imprese”.

“I rischi per la crescita sono orientati prevalentemente al ribasso. I principali

fattori di rischio per l’attività economica derivano dal quadro internazionale e

dalla conseguente incertezza delle imprese, che potrebbe frenare la propensione

all’investimento. Una decelerazione più accentuata del previsto del commercio

globale potrebbe avere ripercussioni anche sulla domanda interna, se un aumento

dell’incertezza circa gli sviluppi delle esportazioni inducesse decisioni di

investimento più caute”.

Dal report emerge anche che i titoli pubblici italiani rimangono nelle mire degli

investitori stranieri, che: “hanno continuato a manifestare interesse per le

attività italiane, aumentando lievemente la quota di titoli pubblici in loro

possesso”, mentre “le famiglie italiane hanno con gradualità riequilibrato i

portafogli in favore del risparmio gestito”. Nel quadro del programma di acquisto

di titoli dell’Eurosistema, aggiunge Via Nazionale, “alla fine dello scorso dicembre

erano stati effettuati acquisti di obbligazioni pubbliche italiane per un

ammontare pari a circa 79 miliardi (di cui 73 da parte della Banca d’Italia)”.

Migliora il credito e per le banche diminuiscono le nuove sofferenze:

“La dinamica dei finanziamenti al settore privato si è rafforzata in autunno. I

prestiti alle imprese sono cresciuti per la prima volta dopo quasi quattro anni.”È

proseguitol’allentamento delle condizioni di offerta: il costo medio dei nuovi

prestiti alle aziende si colloca su livelli storicamente molto contenuti e il

differenziale sul corrispondente tasso medio nell’area euro si è annullato (era

pari a circa un punto percentuale alla fine del 2012)”. Tuttavia, “pur se in

riduzione rispetto ai picchi raggiunti durante la recessione, la dispersione delle

condizioni del credito fra settori di attività e per classe dimensionale di

impresa”.

Riguardo alle banche:

“Grazie al graduale miglioramento dell’attività economica è proseguita la

diminuzione del flusso di nuovi prestiti deteriorati e di nuove sofferenze rispetto

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ai valori massimi osservati nel 2013. La redditività dei maggiori gruppi bancari è

aumentata nei primi nove mesi del 2015 in confronto all’anno precedente; il

patrimonio si è rafforzato. Il miglioramento dei bilanci delle banche – conclude –

dovrebbe proseguire nel 2016 per effetto del previsto consolidamento della

ripresa ciclica”.

Riguardo alle minacce di deflazione e al trend in generale dell’inflazione, nel

bollettino economico viene ribadito che l’inflazione rimarrà molto basso nel

corso del 2016, per poi riconquistare e superare la soglia dell’1% l’anno prossimo.

Di fatto i prezzi al consumo, misurati dall’indice armonizzato Ipca, dovrebbero

salire “molto gradualmente, dallo 0,1% del 2015 allo 0,3% quest’anno e all’1,2% nel

prossimo”. Sottraendo le componenti più volatili, i prezzi cresceranno “dello 0,7%

nel 2016 e dello 0,9% nel 2017″.

“Alla modesta dinamica dell’inflazione contribuisce anche la contenuta crescita

dei salari nominali, che riflette gli esiti dei contratti rinnovati e di quelli che

saranno siglati nel corso del biennio, per i quali si ipotizzano aumenti in linea con

le previsioni di inflazione al netto di quella attribuibile ai beni energetici

importati”. I margini di profitto del settore privato “tornerebbero a crescere, in

media di circa l’1% l’anno, beneficiando dell’accelerazione ciclica e delle ridotte

pressioni competitive dall’estero”.

Immobiliare, ottimismo per settore edilizio:

Nel quarto trimestre 2015 “l’indice del clima di fiducia delle imprese di

costruzione si è attestato su livelli fra i più elevati dall’avvio della crisi

finanziaria del 2008-09.Il maggiore ottimismo trova conferma anche nei risultati

dell’indagine congiunturale sul mercato delle abitazioni condotta in ottobre in

collaborazione con Tecnoborsa”.

Gli agenti immobiliari “nutrono aspettative favorevoli sia per il proprio mercato di

riferimento sia per quello nazionale, in linea con gli andamenti più recenti: nel

terzo trimestre le compravendite di abitazioni hanno continuato a crescere del

2,5% su base congiunturale e i prezzi delle abitazioni sono aumentati per la prima

volta in quattro anni (+0,2% rispetto al secondo trimestre)”.

E nel sondaggio realizzato da Bankitalia e Sole-24Ore, “le imprese di costruzione

hanno espresso valutazioni favorevoli sul proprio contesto operativo sia corrente

sia atteso”.

Confindustria

L'economia italiana stenta a ripartire con slancio nonostante i segnali positivi,

dice Confindustria, che appare tuttavia fiduciosa nella legge di Stabilità.

"In Italia l'economia stenta a prendere quota, come indicano i deludenti dati del

terzo trimestre (ma che fine ha fatto l'ottima annata turistica?), appesantiti dai

contraccolpi della debole domanda estera", dice la Congiuntura flash del Centro

Studi Confindustria.

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Appare tuttavia più vivace la domanda interna "e i primi indicatori qualitativi

autunnali (fiducia, PMI) sono in miglioramento rispetto all'estate. In attesa che si

faccia sentire la spinta del contenuto espansivo della Legge di stabilità"

attualmente all'esame della Camera.

Nel terzo trimestre il Pil, secondo le stime preliminari di Istat, è cresciuto dello

0,2% congiunturale e dello 0,9% tendenziale, sotto le attese, a conferma della

debolezza della ripresa. Il governo punta a chiudere il 2015 con una crescita dello

0,9% dopo il -0,4% dello scorso anno.

Le ultime stime del Csc diffuse a metà settembre indicavano una stima di

crescita dell'1% per questo'anno e dell'1,5% per il prossimo.

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Previsioni dei principali Istituti

(MEF, Banca d’Italia, CE, FMI, OCSE, BCE)

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Previsioni della Commissione europea autunno 2015

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Nota di aggiornamento DEF settembre 2015

Fonte: MEF

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Previsioni della Commissione europea maggio 2015

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DEF aprile 2015

PROSPETTIVE MACROECONOMICHE

Fonte: Documento di economia e finanza

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Commissione europea inverno 2015

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2.4 Evoluzione della Finanza Pubblica

Italia Riforma della struttura del bilancio dello Stato Area euro Evoluzione della finanza pubblica 2016 (fonte: Bce) Creazione del Comitato europeo per le finanze pubbliche (fonte: Bce).

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Italia BILANCIO DELLO STATO Riforma della struttura del bilancio dello Stato (decreto legislativo – esame preliminare).

1)Il provvedimento, per aumentare la trasparenza del bilancio prevede

l’introduzione delle azioni, quali ulteriore articolazione dei programmi di

spesa; l’introduzione, a fini conoscitivi, della contabilità integrata finanziaria-

economico patrimoniale e di piano dei conti integrato e il progressivo superamento

delle contabilità speciali.

Per rafforzare la funzione allocativa, la programmazione e l’istituzionalizzazione

della spending review nel processo di bilancio è prevista la revisione del ciclo del

bilancio con la definizione di obiettivi di spesa per i Ministeri, coerenti con gli

obiettivi programmatici del DEF, e un processo di monitoraggio sulla loro

attuazione. Si sposta così, nella fase di programmazione, l’attenzione sull’intero

ammontare delle risorse disponibili, anziché sugli interventi al margine

annualmente disposti con la legge di stabilità. Per rendere maggiormente

efficiente la gestione e più rapidi i tempi di pagamento delle amministrazioni,

sono previste disposizioni per ampliare la flessibilità e snellire le relative

procedure amministrative.

2) Riordino della disciplina per la gestione del bilancio e il potenziamento

della funzione del bilancio di cassa (decreto legislativo – esame preliminare).

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze

Pietro Carlo Padoan, ha approvato, in esame preliminare, il decreto legislativo in

materia di riordino della disciplina per la gestione del bilancio e il potenziamento

della funzione del bilancio di cassa in attuazione dell’articolo 42, comma 1, della

legge 31 dicembre 2009, n. 196. L’esercizio della delega, consente di rendere più

stretto e trasparente il legame tra la decisione parlamentare sull’allocazione delle

risorse e i risultati dell’azione amministrativa, ponendo maggiore attenzione sul

momento in cui le risorse sono effettivamente incassate ed erogate. Ciò consente

di migliorare la previsione e il monitoraggio degli andamenti di fabbisogno e

debito pubblico, in coerenza con l’evoluzione delle regole fiscali europee, nonché

la gestione dei flussi di cassa. Infine, il potenziamento del ruolo del bilancio di

cassa permette di arginare il fenomeno della formazione dei residui attivi e

passivi. A tal fine, il decreto dispone l’avvicinamento delle fasi dell’impegno di

spesa e dell’accertamento di entrata a quelle, rispettivamente, del pagamento e

della riscossione; l’istituzionalizzazione e l’obbligatorietà del ”cronoprogramma

dei pagamenti” e la razionalizzazione della disciplina in materia di residui passivi.

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Area euro (fonte: BCE) Il disavanzo di bilancio nell’area dell’euro dovrebbe mantenersi pressoché invariato nell’orizzonte temporale di previsione, poiché un orientamento delle politiche fiscali lievemente espansivo compenserebbe l’effetto di riduzione proveniente dal miglioramento del ciclo e dal calo degli interessi passivi. Benché l’attuale intonazione aggregata delle politiche di bilancio nell’area possa considerarsi sostanzialmente adeguata, l’orientamento di bilancio di diversi Stati membri desta timori per i rischi di inosservanza del Patto di stabilità e crescita (PSC). In particolare, i paesi con alti livelli di indebitamento devono compiere ulteriori sforzi di risanamento per condurre stabilmente il rapporto debito pubblico/PIL su un percorso discendente, rafforzando così la loro capacità di tenuta agli shock avversi.

Ci si attende che il disavanzo di bilancio delle amministrazioni pubbliche nell’area

dell’euro rimanga sostanzialmente invariato nel periodo in esame, interrompendo

la tendenza flettente iniziata nel 2011. Secondo le proiezioni macroeconomiche

di marzo 2016 degli esperti della BCE, il rapporto fra disavanzo pubblico e

PIL nell’area si dovrebbe mantenere al 2,1 per cento fino al 2017, per poi

registrare una marginale riduzione di 0,1 punti percentuali nel 2018.

Rispetto all’esercizio del dicembre 2015, le prospettive per i conti pubblici hanno

segnato un lieve peggioramento nell’arco temporale considerato, riflettendo fra

l’altro effetti di trascinamento legati a una revisione al ribasso del PIL nominale

per il 2015 e misure di bilancio leggermente più espansive.

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Secondo le attese, l’orientamento delle politiche di bilancio nell’area dell’euro

risulterebbe lievemente espansivo nel periodo della proiezione. Il leggero

allentamento dell’intonazione aggregata delle politiche di bilancio può essere

considerato sostanzialmente appropriato alla luce della ripresa ancora fragile.

Esso deriva soprattutto da sgravi fiscali discrezionali, nonché da aumenti della

spesa pubblica connessi all’afflusso di rifugiati che dovrebbero compensare del

tutto il contributo favorevole della componente ciclica e l’impatto positivo del

calo degli interessi passivi sul disavanzo nominale.

Secondo le proiezioni, l’allentamento dovrebbe essere particolarmente

pronunciato in Germania, Italia e Paesi Bassi, mentre ulteriori sforzi di

risanamento sono attesi in Irlanda e a Cipro.

Il debito delle amministrazioni pubbliche nell’area dell’euro diminuirà solo

gradualmente dall’attuale livello elevato. In base alle proiezioni, il rapporto tra

debito e PIL nell’area dovrebbe scendere lentamente dal massimo del 92,1

per cento toccato nel 2014 per raggiungere l’89,2 per cento entro la fine del

2018. La prospettata riduzione del debito pubblico, più moderata di quanto

atteso nelle proiezioni di dicembre 2015, sarebbe sostenuta da un’evoluzione

favorevole del differenziale fra crescita e tassi di interesse, in considerazione

del recupero previsto per l’economia e dei bassi tassi di interesse ipotizzati. In

aggiunta, contribuiranno al miglioramento delle prospettive per i conti pubblici

anche modesti avanzi primari e raccordi disavanzo-debito negativi, imputabili fra

l’altro a introiti da privatizzazioni.

In alcuni paesi, tuttavia, ci si attende un incremento del rapporto debito/PIL

nell’orizzonte di proiezione. Nel 2018 una vasta maggioranza di paesi dell’area

dell’euro continuerà a registrare un rapporto tra debito e PIL ben al di sopra del

parametro del 60 per cento.

Occorrono ulteriori sforzi di risanamento per condurre stabilmente il

rapporto debito pubblico/PIL su un percorso discendente. I paesi con alti livelli

di indebitamento sono particolarmente vulnerabili a un rialzo dell’instabilità nei

mercati finanziari, per il nesso ancora forte tra conti pubblici e settore

finanziario. Inoltre, la loro capacità di adattamento a possibili shock avversi è

piuttosto limitata.

Nel recente Fiscal Sustainability Report 20153 (rapporto sulla sostenibilità delle

finanze pubbliche del 2015) la Commissione europea ha rilevato che otto paesi

dell’area dell’euro (Belgio, Irlanda, Spagna, Francia, Italia, Portogallo,

Slovenia e Finlandia) sono esposti a rischi elevati per la sostenibilità del

bilancio pubblico nel medio periodo, dovuti soprattutto agli alti livelli del debito

e/o a cospicue passività implicite. Il documento indica che per affrontare i rischi

individuati occorre dare piena attuazione ai requisiti di aggiustamento previsti dal

PSC. Su questo sfondo, le conclusioni adottate dal Consiglio Ecofin l’8 marzo 2016

sottolineano la necessità per gli Stati membri di assicurare posizioni di bilancio

sostenibili e rispettare le regole dell’UE in materia di finanza pubblica. In

aggiunta, i paesi dovrebbero utilizzare i risparmi straordinari derivanti

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dall’attuale contesto di tassi di interesse modesti per costituire riserve e

migliorare la capacità di tenuta a shock futuri.

Per apportare un contributo più efficace e durevole alla crescita nel medio

periodo, i paesi dovrebbero indirizzare i propri interventi di politica

economica verso investimenti pubblici mirati, tenendo conto del margine di

manovra offerto dai rispettivi bilanci. Sebbene la quantificazione degli effetti

macroeconomici sia soggetta a un alto grado di incertezza, ci si può attendere

che gli investimenti pubblici esercitino un impatto positivo sulla domanda e

incrementino il prodotto potenziale delle economie attraverso l’incremento dello

stock di capitale

Se da un lato l’attuale orientamento aggregato delle politiche di bilancio nell’area

dell’euro può essere ritenuto adeguato, dall’altro esso cela grandi differenze tra i

singoli Stati membri, con crescenti rischi di inosservanza del PSC in alcuni dei

paesi dove non vi è margine per interventi di bilancio.

Nel tarare l’intonazione delle proprie politiche fiscali, i governi devono trovare un

equilibrio fra la riduzione dell’alto livello del debito e l’esigenza di non ostacolare

la ripresa, rispettando pienamente nel contempo i requisiti del PSC. I paesi che

dispongono di margine di manovra nei conti pubblici fanno bene a utilizzarlo; un

esempio è la Germania, che deve far fronte al consistente impatto di bilancio

dell’afflusso di rifugiati. Per contro, i paesi dove tale margine è esaurito

dovrebbero continuare ad attuare le misure necessarie alla piena conformità con

il PSC, contrastando dunque i rischi per la sostenibilità delle finanze pubbliche e

rafforzando la propria capacità di tenuta a shock futuri.

Nella sua dichiarazione del 7 marzo 2016 l’Eurogruppo ha nuovamente evidenziato

gli accresciuti rischi che i bilanci di previsione per il 2016 di alcuni paesi non

ottemperino agli obblighi stabiliti dal PSC, ricordando inoltre che impegni assunti

in precedenza non si sono ancora tradotti in azioni concrete.

Rispetto all’esame dei progetti di documenti programmatici di bilancio condotto

nel novembre 2015, il numero di Stati considerati a rischio di inosservanza è

aumentato ulteriormente. In aggiunta ai quattro paesi dell’area dell’euro già

individuati a novembre (Italia, Spagna, Austria e Lituania), l’Eurogruppo

ravvisa adesso rischi di non conformità anche per il Portogallo, sulla base del

nuovo progetto di documento programmatico presentato, nonché per Belgio e

Slovenia, considerando in entrambi i casi una valutazione dei rischi più

negativa che a novembre. Inoltre, sei Stati (Francia, Paesi Bassi, Lettonia,

Malta, Finlandia e Irlanda) mostrerebbero almeno alcuni rischi di

scostamento dai requisiti del PSC.

Per quanto concerne la Francia, ci si attende che gli obiettivi per il disavanzo

eccessivo siano raggiunti nel 2015 e nel 2016; tuttavia, si riscontrano lacune

considerevoli nello sforzo strutturale per il periodo fino al 2017 (termine della

procedura per i disavanzi eccessivi, PDE), che mettono a repentaglio la

tempestiva correzione del disavanzo eccessivo. Nel caso dei Paesi Bassi, la spesa

è considerata conforme al parametro di riferimento, ma per il biennio 2015-2016

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è atteso un notevole peggioramento del disavanzo strutturale che darebbe luogo

a una deviazione di 1,1 punti percentuali dall’obiettivo di medio termine (OMT).

Nel complesso, è essenziale che gli strumenti di allerta precoce e di correzione

introdotti nel quadro rafforzato per le finanze pubbliche trovino piena e

coerente attuazione.

Si riporta di seguito una breve panoramica dei setti paesi dell’area dell’euro

valutati a rischio di inosservanza del PSC. L’analisi si concentra sulla

posizione di bilancio attesa, sul seguito dato alla valutazione di novembre

2015 e, ove applicabile, sugli impegni assunti nella dichiarazione

dell’Eurogruppo di marzo per ridurre i ritardi nell’azione di risanamento.

Partendo dai paesi sottoposti al braccio correttivo, a marzo l’Eurogruppo ha

rinnovato l’invito alla Spagna affinché attui misure aggiuntive per assicurare

la correzione del disavanzo eccessivo nel 2016, tenuto conto che da novembre

non sono stati varati interventi significativi. Secondo le previsioni di inverno della

Commissione, la Spagna non assolverebbe gli impegni derivanti dalla PDE.

L’obiettivo della PDE per il rapporto tra disavanzo complessivo e PIL nel 2016

verrebbe mancato dello 0,8 per cento; le stime indicano inoltre un divario molto

ampio tra lo sforzo strutturale compiuto nell’arco di tempo della PDE (2013-2016)

e quello richiesto. Il 9 marzo 2016 la Commissione ha pertanto emesso una

raccomandazione autonoma in cui dichiara che rivaluterà in primavera, sulla

base dei dati convalidati da Eurostat la cui pubblicazione è prevista per aprile, se

passare allo stadio successivo della PDE.

Il Portogallo non avrebbe corretto il proprio disavanzo eccessivo entro la

scadenza del 2015. Le previsioni di inverno della Commissione segnalano per

l’anno scorso un disavanzo complessivo pari al 4,2 per cento del PIL, che

includerebbe il cospicuo impatto sul bilancio pubblico dei costi di risoluzione di

una banca. Alla luce degli ampi ritardi nello sforzo strutturale, non vi sono

indicazioni di un seguito effettivo, che rappresenterebbe la condizione

necessaria per prorogare la PDE senza passare alla fase successiva. La

Commissione rivaluterà la situazione della PDE in primavera sulla scorta dei

dati di bilancio del 2015 convalidati da Eurostat. Inoltre, con parere del 5

febbraio 2016 la Commissione ha giudicato a rischio di inosservanza del PSC il

progetto di documento programmatico di bilancio per il 2016 che le autorità

portoghesi avevano presentato a gennaio e modificato il 5 febbraio. Nelle

dichiarazioni dell’11 febbraio e del 7 marzo l’Eurogruppo ha esortato le autorità

del paese a predisporre ulteriori misure, volte ad assicurare che il bilancio di

previsione del 2016 sia conforme al PSC.

Quanto ai paesi soggetti al braccio preventivo, le previsioni di inverno della

Commissione indicano per l’Italia una differenza di 0,8 punti percentuali tra

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il PIL per il 2016 e il percorso di aggiustamento richiesto verso l’OMT.

Rispetto alle previsioni dello scorso autunno, il divario si è ampliato a causa delle

spese aggiuntive inserite nella legge di stabilità per il 2016, che hanno aumentato

l’obiettivo di disavanzo di 0,2 punti percentuali al 2,4 per cento del PIL. Secondo

le informazioni attualmente disponibili, quest’anno vi sarebbe il rischio di un

significativo scostamento dai requisiti del braccio preventivo, anche qualora si

decidesse in primavera di accordare maggiore flessibilità al paese. Inoltre,

l’Italia non rispetterebbe la regola del debito né nel 2015 né nel 2016. Con

queste premesse, l’Eurogruppo ha rinnovato l’invito a varare le misure necessarie

affinché il bilancio di previsione per il 2016 osservi le regole del PSC. Il 9 marzo

la Commissione ha comunicato le proprie riserve alle autorità italiane, dichiarando

che valuterà in primavera se avviare una PDE per violazione del criterio del

debito.

Secondo le previsioni di inverno della Commissione, neppure il Belgio dovrebbe

rispettare la regola del debito nel 2015 e nel 2016. Le autorità del paese sono

state quindi esortate sia dall’Eurogruppo, nella dichiarazione di marzo, sia dalla

Commissione, con lettera del 9 marzo, ad adottare le misure strutturali

necessarie ad assicurare la piena conformità con il PSC. In primavera la

Commissione considererà l’opportunità di avviare una PDE sulla base del criterio

del debito.

A marzo l’Eurogruppo ha valutato a rischio di inosservanza del PSC anche altri tre

paesi sottoposti al braccio preventivo, ossia Slovenia, Austria e Lituania. Nel

caso della Slovenia, le previsioni di inverno della Commissione indicano una

correzione durevole del disavanzo eccessivo entro la scadenza del 2015, ma

segnalano per il 2016 uno sforzo strutturale insufficiente rispetto ai requisiti del

braccio preventivo.

Quest’anno il saldo strutturale dell’Austria mostrerebbe uno scostamento

dall’OMT pari a oltre lo 0,5 per cento del PIL, che potrebbe però essere

considerato irrilevante alla luce dei costi legati ai rifugiati. La Lituania dovrebbe

deviare in misura significativa dai requisiti di spesa del braccio preventivo.

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La creazione del Comitato europeo per le finanze pubbliche

Il 21 ottobre 2015 la Commissione europea ha adottato la Comunicazione

sulle tappe verso il completamento dell’Unione economica e monetaria, facendo

seguito alle proposte di riforma delineate per il breve termine nella Relazione dei

cinque presidenti. Il Comitato europeo per le finanze pubbliche è stato istituito il

1° novembre 2015 e dovrebbe diventare operativo entro la metà del 2016.

LE TAPPE VERSO IL MIGLIORAMENTO DELLA GOVERNANCE DI

BILANCIO

Una valutazione indipendente dell’applicazione, da parte di Commissione e

Consiglio, delle regole del Patto di stabilità e crescita (PSC) dovrebbe contribuire

a rendere più trasparente e coerente la sorveglianza di bilancio a livello europeo.

Le recenti riforme del quadro di riferimento dell’UE per i conti pubblici (note

come “six-pack” e “two-pack”) miravano ad assicurare un’attuazione più efficace

delle regole del PSC. Il quadro rafforzato è divenuto sempre più complesso,

rendendo difficile per i cittadini e per i loro rappresentanti eletti chieder conto

alla Commissione e al Consiglio dell’operato svolto in assenza di informazioni

aggiuntive, che devono provenire da un organismo competente e indipendente.

Con questa consapevolezza, il Consiglio direttivo della BCE invocava già nel 2010 la

creazione di un’agenzia per i conti pubblici indipendente a livello dell’area

dell’euro. La specificità dell’area richiede inoltre una valutazione indipendente

dell’orientamento complessivo delle politiche di bilancio, che andrebbe svolta

tenendo conto delle regole del PSC e dovrebbe considerare attentamente gli

aspetti di sostenibilità propri a ciascun paese.

Per essere efficace un organismo di questo genere deve aver facoltà di formulare

e pubblicare le proprie valutazioni in tempo reale. Queste contribuirebbero così a

un dibattito informato sulle decisioni del Consiglio e della Commissione sia

nell’opinione pubblica sia in seno al Parlamento europeo. La maggior parte dei paesi

dell’UE ha istituito consigli indipendenti per le finanze pubbliche al fine di

rafforzare i quadri di bilancio nazionali.

Le recenti riforme del quadro di governance di bilancio dell’UE hanno ampliato il

ruolo e i compiti degli organismi pubblici indipendenti negli Stati membri, con

l’obiettivo di rafforzare la disciplina di bilancio e potenziare l’assimilazione a

livello nazionale delle regole. Sebbene il loro mandato vari considerevolmente da

un paese all’altro dell’UE, i consigli nazionali per le finanze pubbliche si occupano

in genere di tenere sotto osservazione la conformità alle regole di bilancio

nazionali, ivi compreso il funzionamento del meccanismo di correzione automatica

previsto dal Patto di bilancio nel quadro del Trattato sulla stabilità, sul

coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria.

Inoltre, il “two-pack” stabilisce criteri specifici per l’assetto istituzionale degli

organismi di bilancio indipendenti attivi a livello nazionale. Vi rientra non solo la

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capacità di comunicare tempestivamente con il pubblico, ma anche, a titolo di

esempio, un’ampia indipendenza organizzativa che si fondi su un regime statutario

sancito da leggi, regolamenti e provvedimenti amministrativi vincolanti.

La Relazione dei cinque presidenti, diffusa il 22 giugno 2015, raccomanda

l’istituzione di un Comitato consultivo europeo per le finanze pubbliche allo

scopo di integrare i consigli nazionali per le finanze pubbliche e rendere più

trasparente l’applicazione del PSC. Principale compito per tale organo dovrebbe

essere valutare “a livello europeo, pubblicamente e in indipendenza, la

performance dei bilanci, con la relativa esecuzione, a fronte degli obiettivi

economici e delle raccomandazioni stabiliti nel quadro di governance di bilancio

dell’UE”.

La relazione specifica che, “ove lo ritenga necessario, il Comitato dovrebbe poter

formulare pareri, specie per quanto concerne la valutazione dei programmi di

stabilità, la presentazione dei progetti di documenti programmatici di bilancio

annuali e l’esecuzione dei bilanci nazionali”. La Commissione, in linea con le

prerogative a essa conferite dai trattati dell’UE, dovrebbe avere facoltà di

discostarsi dai pareri del Comitato circa l’attuazione delle regole di bilancio, ma

con l’obbligo di esporre le proprie motivazioni (principio di “conformità o

spiegazione”). Ciò significa che il Comitato europeo per le finanze pubbliche

dovrà condurre e diffondere le proprie analisi in tempo reale. Dovrebbe

altresì valutare ex post le modalità di attuazione del quadro di governance, oltre

a esprimere un giudizio economico sull’orientamento di bilancio, a livello nazionale

e per l’intera area dell’euro, adeguato secondo il PSC. I contributi del Comitato

dovrebbero confluire nelle decisioni che la Commissione europea adotta

nell’ambito del Semestre europeo, introdotto dal “six-pack” al fine di migliorare il

coordinamento delle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri. Infine,

al nuovo organismo consultivo spetterebbe anche coordinare e integrare i consigli

nazionali per le finanze pubbliche istituiti ai sensi della direttiva dell’UE sui

quadri di bilancio6 , conformandosi ai medesimi standard di indipendenza

istituzionale previsti per tali consigli.

COMPOSIZIONE, RUOLO E MANDATO DEL COMITATO EUROPEO PER LE

FINANZE PUBBLICHE

Il Comitato europeo per le finanze pubbliche sarà composto da cinque membri

(compreso il presidente), scelti fra esperti di fama che dispongono di competenze

ed esperienze credibili in ambito macroeconomico

La Commissione europea nominerà il presidente e uno dei membri su proposta

del presidente della Commissione stessa, previa consultazione con il

vicepresidente responsabile per l’euro e il dialogo sociale e con il commissario

deputato agli affari economici e finanziari, la fiscalità e le dogane; designerà

invece gli altri tre membri, su proposta del proprio Presidente, dopo aver

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consultato i consigli nazionali per le finanze pubbliche, la BCE e il gruppo di lavoro

“Eurogruppo”.

Il Comitato sarà assistito da un segretariato, formato da un capo del

segretariato e da personale di sostegno dedicato. La struttura farà riferimento,

a fini amministrativi, al Segretariato generale della Commissione europea, ma

risponderà esclusivamente al Comitato. La funzione di capo del segretariato è

attribuita al capo analista economico, figura consultiva creata in seno alla

Commissione europea alla fine del 2011 per far fronte alle richieste di un’azione

di monitoraggio più indipendente, nell’interesse di un’applicazione uniforme delle

regole. Il Comitato europeo per le finanze pubbliche dovrà contribuire, nella

sua veste consultiva, alla sorveglianza multilaterale di bilancio nell’area

dell’euro.

In primo luogo, il Comitato offrirà alla Commissione europea una valutazione

dell’attuazione del quadro dell’UE per i conti pubblici, in particolare per quanto

riguarda la coerenza orizzontale delle decisioni e la conduzione della sorveglianza

di bilancio laddove sussista il rischio di grave inosservanza delle regole. Può

altresì formulare proposte per la futura evoluzione del quadro di bilancio

dell’Unione.

In secondo luogo, il Comitato presterà consulenza alla Commissione europea

circa l’adeguatezza del futuro orientamento di bilancio per l’area dell’euro e

per i singoli paesi sulla base di un giudizio economico.

In terzo luogo, collaborerà con i consigli nazionali per le finanze pubbliche

mirando soprattutto a realizzare uno scambio di migliori prassi e a favorire

intese comuni. Alle decisioni del Comitato europeo per le finanze pubbliche va

data una vasta risonanza presso i cittadini. Questo aspetto, essenziale per

un’attuazione più coerente e trasparente delle regole del PSC, è contemplato nella

Relazione dei cinque presidenti.

La Decisione della Commissione non dispone che le valutazioni del Comitato siano

diffuse in tempo reale, né menziona la prerogativa di formulare pareri pubblici. Lo

stesso vale per il principio di “conformità o spiegazione” enunciato dalla Relazione

dei cinque presidenti. La Decisione indica che il Comitato fornirà pareri e

valutazioni solo in via diretta alla Commissione, senza specificare in che modo

tali contributi saranno integrati nel processo decisionale interno. Sebbene non

sia specificato se emetterà o meno comunicati pubblici in tempo reale, si fa

riferimento alla pubblicazione da parte del Comitato di una relazione annuale.

Sarà importante che l’assetto del Comitato europeo per le finanze pubbliche

segua i principi stabiliti per la creazione di organismi indipendenti nazionali (quali

i consigli per le finanze pubbliche).

La Relazione dei cinque presidenti afferma che il Comitato dovrebbe

osservare gli stessi standard di indipendenza applicabili ai consigli nazionali

per le finanze pubbliche. La Decisione della Commissione riconosce

l’indipendenza dei cinque membri del Comitato, sebbene tutti siano nominati e

retribuiti dalla Commissione stessa.

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Nel complesso, l’istituzione del Comitato europeo per le finanze pubbliche è

un passo nella giusta direzione. Il suo mandato e la sua indipendenza

istituzionale potrebbero essere ulteriormente chiariti e rafforzati, per

assicurare che esso svolga un ruolo significativo nel migliorare la trasparenza e la

conformità alle regole di bilancio. Innanzitutto, poiché l’efficacia del Comitato

dipende essenzialmente dalla sua risonanza presso i cittadini, sarà importante che

esso possa pubblicare altri documenti in aggiunta a una relazione annuale.

In particolare il Comitato dovrebbe essere in grado di formulare valutazioni sulle

decisioni della Commissione connesse al PSC e divulgarle in tempo reale. In

secondo luogo, occorre chiarire in che modo i contributi del Comitato saranno

integrati nel quadro della sorveglianza di bilancio a livello europeo, ad esempio

conferendo al Presidente del Comitato il diritto di presentare proposte al

Parlamento europeo nonché durante le pertinenti riunioni del Consiglio o

dell’Eurogruppo. A questo proposito, qualora si discosti dal parere del Comitato su

una particolare questione, la Commissione potrebbe impegnarsi a fornire le

ragioni alla base della sua decisione. In terzo luogo, è fondamentale precisare il

mandato del Comitato, specie per quanto riguarda l’interazione fra la valutazione

dell’applicazione del PSC e quella sul futuro orientamento delle politiche di

bilancio. Mentre la prima poggia su basi metodologiche ben consolidate, lo stesso

non può dirsi della valutazione sull’adeguatezza dell’orientamento di bilancio, in

particolare al livello dell’area dell’euro. Pertanto, sarà fondamentale far sì che,

nel condurre tale valutazione, si considerino quali elementi essenziali la

conformità al PSC in tutti i paesi nonché i rischi per la sostenibilità del debito.

Infine, l’assetto istituzionale del Comitato europeo per le finanze pubbliche

potrebbe essere riesaminato nel tempo, con l’obiettivo, in particolare, di

scorporarlo dalle strutture istituzionali della Commissione europea per farne un

organismo indipendente dotato di una propria personalità giuridica

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Previsioni

(Ministero dell’Economia e delle Finanze, Istat, Commissione

europea)

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Italia

Nota di aggiornamento DEF settembre 2015

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Previsioni della Commissione europea maggio 2015

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PREVISIONI DELLA SPESA PER PRESTAZIONI SOCIALI IN DENARO, 2014 – 2019 DEF 2015

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Commissione europea inverno 2015

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DEF 2015

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Eurozona

Bollettino economico BCE settembre 2015

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Commissione europea maggio 2015

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Commissione europea maggio 2015

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Commissione europea inverno 2015

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2.5 Politica delle Riforme

Consiglio dei ministri n. 107

NUOVO CODICE DEGLI APPALTI E DELLE CONCESSIONI (decreto legislativo - esame preliminare)

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Consiglio dei ministri n. 107

NUOVO CODICE DEGLI APPALTI E DELLE CONCESSIONI Attuazione di direttive sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto e per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (decreto legislativo - esame preliminare)

Come previsto dalla legge delega del 28 gennaio 2016, n. 11, approvata dalle Camere il 14 gennaio 2016, il Governo recepisce in un unico decreto le direttive appalti pubblici e concessioni e riordina la disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture e contratti di concessione. Una sola legge, declinata dalle linee guida ANAC e con Cabina di regìa Il nuovo “Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione” contiene criteri di semplificazione, snellimento, riduzione delle norme in materia, rispetto del divieto di gold plating. È una disciplina autoapplicativa. Non prevede infatti, come in passato, un regolamento di esecuzione e di attuazione, ma l’emanazione di linee guida di carattere generale, da approvare con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti su proposta dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) e previo parere delle competenti commissioni parlamentari. Le linee guida, quale strumento di soft law, contribuiranno ad assicurare la trasparenza, l’omogeneità e la speditezza delle procedure e fornire criteri unitari. Avranno valore di atto di indirizzo generale e consentiranno un aggiornamento costante e coerente con i mutamenti del sistema. Dove sono stati previsti decreti amministrativi attuativi, comunque non di natura regolamentare, è stata individuata, nel regime transitorio, la valenza temporanea di alcune norme del regolamento, relative a contabilità, verifiche e collaudi, per consentire l’immediata applicabilità della nuova normativa. Viene poi regolata la Governance, con il rafforzamento dell’ANAC nel sostegno alla legalità, il ruolo del Consiglio Superiore del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) e l’istituzione della Cabina di regìa presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, quale organo di coordinamento e monitoraggio. Il Codice è articolato per processi, di facile consultazione, articolato in sequenza dal momento in cui si decide una procedura di affidamento a quello finale dell’esecuzione.

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Declina la pianificazione, programmazione e progettazione, fasi fondamentali per la stazione appaltante, le modalità di affidamento, individuando i principi comuni a tutti i tipi di affidamento: trasparenza, economicità, efficacia, correttezza, tempestività, libera concorrenza, non discriminazione, applicabilità dei contratti collettivi al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto dei contratti, applicabilità della legge 241/1990, il RUP, le fasi delle procedure, i controlli sugli atti di affidamento e i criteri di sostenibilità energetica e ambientale. Sono quindi disciplinate le regole procedurali per ogni tipologia contrattuale: appalto, concessioni, altre tipologie quali quelle in house, contraente generale, strumenti di partenariato pubblico-privato, ricomprendendo in quest’ultimo il project financing, strumenti di sussidiarietà orizzontale, il baratto amministrativo. Vengono disciplinati i passaggi: verifica della soglia comunitaria e requisiti di qualificazione della stazione appaltante, modalità di affidamento e scelta del contraente, bandi, avvisi, selezione delle offerte, aggiudicazione, esecuzione, della verifica e collaudo. Il Codice sviluppa il superamento della Legge Obiettivo attraverso strumenti di programmazione delle infrastrutture, insediamenti prioritari e l’espresso richiamo all’applicazione delle procedure ordinarie. Sul contenzioso, introduce un nuovo rito abbreviato in camera di consiglio sull’impugnativa dei motivi di esclusione, nonché disciplina i rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale. Qualità del progetto, della stazione appaltante e degli operatori Il nuovo sistema è incentrato sulla qualità e consentecausa principale del lievitare dei costi delle opere pubbliche. Sono previsti tre livelli di progettazione: il nuovo progetto di fattibilità tecnica ed economica, il progetto definitivo ed il progetto esecutivo, che viene posto a base di gara. La nuova forma di progetto di fattibilità rafforza la qualità tecnica ed economica del progetto. La progettazione deve assicurare il soddisfacimento dei fabbisogni della collettività, la qualità architettonica e tecnico-funzionale dell’opera, un limitato consumo del suolo, il rispetto dei vincoli idrogeologici sismici e forestali e l’efficientamento energetico. Il nuovo progetto di fattibilità sarà redatto sulla base di indagini geologiche e geognostiche, di verifiche preventive dell’assetto

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archeologico, fermo restando che deve individuare il miglior rapporto tra costi e benefici per la collettività. È stata prevista la progressiva introduzione Quanto alla scelta del contraente, il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (che coniuga offerta economica e offerta tecnica), che in precedenza rappresentava solo una delle alternative a disposizione delle stazioni appaltanti, diviene il criterio di aggiudicazione preferenziale, nonché obbligatorio per i servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica e per quei servizi in cui è fondamentale l’apporto di manodopera nei settori in cui prevale l’esigenza di qualità o di tutela dei lavoratori. È richiesta la qualificazione sia agli operatori economici, per i quali è prevista una specifica disciplina, sia alle stazioni appaltanti, secondo standard predefiniti e sistemi premianti che consentono, progressivamente, di appaltare opere, lavori e servizi più costosi e complessi. Misure a sostegno della legalità, rafforzamento del ruolo di ANAC Numerose le disposizioni a sostegno della legalità, partendo dal rafforzamento e potenziamento del ruolo dell’ANAC nel quadro delle sue funzioni di vigilanza, di promozione e sostegno delle migliori pratiche e di facilitazione allo scambio di informazioni tra stazioni appaltanti. L’ANAC è chiamato ad adottare atti di indirizzo quali linee guida, bandi-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolamentazione flessibile, fornendo costante supporto nell’interpretazione e nell’applicazione del Codice. Viene favorita l’indipendenza delle commissioni giudicatrici, con la scelta dei componenti delle commissioni da un albo detenuto dall’ANAC. È prevista una specifica disciplina per i contratti secretati o che esigono particolari misure di sicurezza, per i quali viene potenziata l’attività di controllo della Corte dei conti. Disciplinate le concessioni, superata la garanzia globale, arriva il documento di gara europeo Per la prima volta il nuovo Codice, come richiesto dal legislatore europeo, affronta l’istituto della concessione in modo organico. Viene prevista una disciplina unitaria per le concessioni di lavori, servizi e forniture, chiarendo che le concessioni sono contratti di durata, caratterizzati dal rischio operativo in capo al concessionario in caso di mancato ritorno economico dell'investimento effettuato. Si prevede inoltre, che i soggetti privati, titolari di concessioni di lavori o di servizi pubblici, già in essere alla data di entrata in vigore del codice, non affidate con la formula della finanza di progetto o con procedure di gara ad evidenza pubblica, siano obbligati ad affidare una quota pari all’80% dei contratti di importo superiore a 150.000 euro mediante le procedure ad evidenza pubblica.

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Le concessioni già in essere si adeguano entro 24 mesi dall’entrata in vigore del Codice. La verifica è effettuata dall’ANAC e dai soggetti preposti, secondo le indicazioni delle linee guida ANAC. Il Codice prevede una nuova disciplina del sistema delle garanzie. La vecchia garanzia globale è eliminata e sostituita da due diverse garanzie, rilasciate contestualmente: la garanzia definitiva, senza possibilità di svincolo, che permane fino alla conclusione dell’opera e la garanzia extracosti che copre il costo del nuovo affidamento in tutti i casi in cui l’affidatario viene meno e il maggior costo che viene praticato dal subentrante. Tra le disposizioni volte a favorire la concorrenza, viene introdotto il Documento di gara unico europeo, che consentirà un’immediata apertura della concorrenza europea. Trasparenza e dematerializzazione con le gare elettroniche , banche dati È previsto il graduale passaggio a procedure interamente gestite in maniera digitale, con conseguente riduzione degli oneri amministrativi. Nell’ambito delle misure di trasparenza si prevede infatti il ricorso generalizzato ai mezzi elettronici di comunicazione ed informazione, la pubblicità di tutte le fasi prodromiche e successive della gara, che si affianca alla pubblicità degli avvisi e dei bandi di gara. Misure volte alla razionalizzazione delle banche dati, ridotte a due, quella presso l’ANAC per l’esercizio dei poteri di vigilanza e controllo e quella presso il MIT sui requisiti generali di qualificazione degli operatori economici. Norme per il Partenariato pubblico privato Viene disciplinato nel Codice per la prima volta l’istituto del “Partenariato pubblico privato” (PPP) come disciplina generale autonoma e a sé stante , quale forma di sinergia tra poteri pubblici e privati per il finanziamento, la realizzazione o la gestione costruire delle infrastrutture o dei servizi pubblici, affinché l’amministrazione possa disporre di maggiori risorse e acquisire soluzioni innovative. Si prevede che i ricavi di gestione dell’operatore economico possano provenire dal canone riconosciuto dall’ente concedente, ma anche da altre forme di contropartita economica, come l’introito diretto della gestione del servizio ad utenza esterna. Nell’ambito del PPP rientrano gli “interventi di sussidiarietà orizzontale”, ossia la partecipazione della società civile alla cura di aree pubbliche o alla valorizzazione di aree e beni immobili inutilizzati mediante iniziative culturali, interventi di decoro urbano, di recupero e riuso con finalità di interesse generale. È disciplinato anche il “baratto amministrativo” per la

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realizzazione di opere di interesse della cittadinanza, con finalità sociali e culturali, a cura di gruppi di cittadini organizzati, senza oneri per l’ente. Programmazione delle opere e superamento della Legge Obiettivo Il Codice non prevede deroghe alla sua applicazione, ad eccezione dei settori esclusi esplicitamente dalla direttiva e dei casi di somma urgenza, nei quali si prevede che si possa disporre l’immediata esecuzione dei lavori entro 200.000 euro per rimuovere il pregiudizio alla pubblica incolumità. Con l’eliminazione del ricorso a procedure straordinarie, si prevede il superamento della Legge Obiettivo riconducendo la pianificazione e la programmazione delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari allo sviluppo del Paese, agli strumenti ordinari quali il Piano generale dei trasporti e della logistica triennale e il Documento pluriennale di pianificazione (DPP), di cui al decreto legislativo n. 228 del 2011. Per la redazione del primo DPP, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti effettua, avvalendosi della struttura tecnica di missione, una ricognizione di tutti gli interventi già compresi negli strumenti di pianificazione e programmazione vigenti e ne attua una revisione (project review). Per migliorare la capacità di programmazione e riprogrammazione della spesa per le infrastrutture di preminente interesse nazionale è prevista l’istituzione, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di specifici Fondi. In sede di prima assegnazione delle risorse, sono conservati gli impegni già assunti e le assegnazioni effettuate con delibera CIPE, fatta salva la possibilità di riprogrammazione e revoca secondo le modalità e le procedure stabilite con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Rivisitazione del general contractor e albi per direttori lavori e collaudatori L’istituto del contraente generale subisce una profonda rivisitazione. Per farvi ricorso la stazione appaltante dovrà fornire un’adeguata motivazione, in base a complessità, qualità, sicurezza ed economicità dell’opera. È vietato per il general contractor esercitare il ruolo di direttore dei lavori. È eliminata la possibilità di ricorrere alla procedura ristretta e a base di gara sarà posto il progetto definitivo e non più il preliminare. Cambia anche il sistema di qualificazione che ora viene attribuito all’ANAC. Viene creato presso il MIT un apposito albo nazionale cui devono essere obbligatoriamente iscritti i soggetti che possono ricoprire gli incarichi di direttore dei lavori e di collaudatore negli appalti pubblici aggiudicati con la formula del contraente generale. La loro nomina nelle procedure di appalto avviene mediante pubblico sorteggio da una lista di candidati indicati alle stazioni

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appaltanti in numero almeno triplo per ciascun ruolo. Il MIT disciplinerà le modalità di iscrizione all’albo e di nomina. Sono escluse da incarichi di collaudo varie figure, tra cui coloro che hanno svolto o svolgono attività di controllo, verifica, vigilanza e altri compiti relativi al contratto da collaudare. Riduzione del contenzioso amministrativo Al fine di garantire l’efficacia e la celerità delle procedure di aggiudicazione e tempi certi nella esecuzione dei contratti viene introdotto un rito speciale in camera di consiglio del Tar. In particolare si prevede che i vizi relativi alla composizione della commissione di gara, all’esclusione dalla gara per carenza dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico professionali sono considerati immediatamente lesivi e sono ricorribili innanzi al TAR entro trenta giorni dalla pubblicazione della composizione della commissione o dell’elenco degli esclusi e degli ammessi. L’omessa impugnazione di tali provvedimenti preclude la facoltà di far valere l’illegittimità nei successivi atti della procedura di gara anche con ricorso incidentale. Sono poi previsti rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale quali l’accordo bonario, (esteso anche alle contestazioni per appalti di servizi e forniture, eliminando il ricorso alla Commissione e prevedendo la conclusione entro 45 giorni), l’arbitrato (prevedendo il solo ricorso all’arbitrato amministrato nonché l’istituzione di una Camera arbitrale che cura la formazione della tenuta dell’albo degli arbitri e dei segretari e redige il codice deontologico degli arbitri camerali), la transazione (nell’impossibilità di ricorrere ad altre soluzioni). Sono poi inseriti altri rimedi quali il collegio tecnico consultivo (con funzioni di assistenza e non vincolante, al fine di giungere, nella fase dell’esecuzione, ad una rapida definizione delle controversie) e i pareri di precontenzioso dell’ANAC (dove l’ANAC esprime parere su iniziativa della stazione appaltante o di una delle parti su questioni insorte durante la procedura di gara). Il parere è vincolante e il mancato adeguamento della stazione appaltante determina la sanzione amministrativa pecuniaria da 250 euro a 25.000 euro a carico del dirigente responsabile.

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3. Mercati finanziari

- Sommario - Analisi del mese

Rassegna trimestrale BRI, marzo 2016 - Una fragile calma cede il passo a turbolenze

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3. Mercati finanziari Sommario

FED. La Fed resta a guardare mentre le altre banche centrali si muovono a sostegno dell'economia. In particolare si segnala la BCE con le maxi misure varate la scorsa settimana da Mario Draghi mentre la Banca Centrale del Giappone (BoJ) ha preso altro tempo, nonostante Kuroda abbia dichiarato che i tassi d'interesse negativi non gli fanno paura. La banca centrale americana manterrà una politica monetaria prudente, in relazione ai rischi crescenti posti dalla crisi internazionale e dai bassi prezzi dell'energia. Di qui, la decisione di lasciare fermo il costo del denaro ad un livello compreso fra lo 0,25% e lo 0,50%. BCE. La ripresa economica della zona euro è appesantita dal rallentamento dei mercati emergenti, dalla volatilità dei mercati finanziari, dagli aggiustamenti di bilancio e dall'implementazione non veloce delle riforme. A dichiararlo il governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, nella consueta conferenza stampa successiva alla decisione di politica monetaria dell'Eurotower. La BCE ha annunciato un'estensione degli stimoli all'economia, attraverso un mix di strumenti: tassi, acquisti asset (quantitative easing) ed una seconda operazione di lungo termine (LTRO). Queste nuove azioni, ha assicurato Draghi, "aiuteranno la ripresa economica e accelereranno il ritorno dell'inflazione vicino al 2%". Mercati azionari. Si consolidano i realizzi sui listini dell’Area euro dopo quattro settimane di rialzo. Il recupero è stato ampio (il FtseMib ha recuperato 3mila punti da 16mila a 19mila) ma è altrettanto vero che alcuni indici avevano perso anche 20 punti percentuali nel primo mese e mezzo del 2016. Stabilità a Wall Street e in Giappone, in un contesto caratterizzato da dati macro dell’Area tutto sommato non sfavorevoli, dal riemergere di aspettative sulla ripresa da parte della Fed del sentiero di rialzo dei tassi avviato a dicembre e dalla parziale correzione al rialzo dai minimi delle quotazioni del petrolio. Mercati valutari. Movimenti significativi sul mercato dei cambi dove ancora una volta gli investitori sono condizionati dalle indicazioni delle Banche centrali ed in misura rilevante dalla Fed. Il movimento prevalente a fine marzo è il recupero del dollaro, recupero non particolarmente accentuato ma che è stato rinvigorito dalle dichiarazioni di alcuni esponenti della Fed in merito alla possibile ripresa del sentiero di rialzo dei tassi di interesse.

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3.1 Mercati finanziari FED

La Fed resta a guardare mentre le altre banche centrali si muovono a

sostegno dell'economia. In particolare si segnala la BCE con le maxi misure

varate la scorsa settimana da Mario Draghi mentre la Banca Centrale del

Giappone (BoJ) ha preso altro tempo, nonostante Kuroda abbia dichiarato che i

tassi d'interesse negativi non gli fanno paura.

La banca centrale americana manterrà una politica monetaria prudente, in

relazione ai rischi crescenti posti dalla crisi internazionale e dai bassi prezzi

dell'energia. Di qui, la decisione di lasciare fermo il costo del denaro ad un

livello compreso fra lo 0,25% e lo 0,50%. La decisione del FOMC, il comitato di

politica monetaria della Fed, tuttavia, non è stata unanime, poiché Esther

George, Presidente della Fed di Kansas City e rinomato falco in seno al

Comittee, ha votato contro lo status quo ed a favore di un aumento dei tassi. La

sua preferenza però era nota.

Nell'annunciare la decisione, lo statement della banca centrale statunitense

parla di "crescita moderata" e di un'andamento dell'inflazione che, a

dispetto dei recenti segni di vitalità, resta al di sotto del target di lungo

termine della Fed.

La Federal Reserve ha fornito anche le previsioni aggiornate sull'economia a

stelle e strisce, indicando per quest'anno un aumento del PIL del 2,2% in

frenata rispetto al 2,4% indicato nelle previsioni di dicembre.

Anche il tasso d'inflazione è stato tagliato all'1,2% dall'1,6% indicato a

dicembre, sebbene venga confermata l'inflazione core all'1,6%. La

disoccupazione invece è confermata al 4,7%.

Sulla base di queste previsioni, la banca centrale ha ridotto a due il numero

di rialzi dei tassi previsti nel 2016, mentre precedentemente se ne

attendeva almeno quattro.

La Yellen ha concluso che la Fed continuerà a monitorare attentamente gli

sviluppi della congiuntura internazionale, soprattutto quelli relativi all'inflazione.

BCE La ripresa economica della zona euro è appesantita dal rallentamento dei

mercati emergenti, dalla volatilità dei mercati finanziari, dagli aggiustamenti

di bilancio e dall'implementazione non veloce delle riforme. A dichiararlo il

governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, nella consueta

conferenza stampa successiva alla decisione di politica monetaria dell'Eurotower.

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La BCE ha annunciato un'estensione degli stimoli all'economia, attraverso un

mix di strumenti: tassi, acquisti asset (quantitative easing) ed una seconda

operazione di lungo termine (LTRO).

Queste nuove azioni, ha assicurato Draghi, "aiuteranno la ripresa economica e

accelereranno il ritorno dell'inflazione vicino al 2%". I "tassi rimarranno bassi,

molto bassi per lungo tempo", ha precisato il governatore della BCE, aggiungendo

che "non sarà necessario ridurre i tassi ulteriormente" e che i tassi negativi sono

una "scelta positiva". L'Istituto, inoltre, potrebbe prolungare ulteriormente il

piano di acquisti di titoli appena potenziato.

Riviste al ribasso sia le previsioni di crescita del PIL che dell'inflazione. Nel

2016 l'economia crescerà dell'1,4% e non più dell'1,7% come previsto in

precedenza, precisa Draghi, con maggiori rischi al ribasso per gli squilibri

dell'economia globale ed i rischi geopolitici. Nel 2017 la stima passa a +1,7% da

+1,9% e nel 2018 a +1,8%.

Come già aveva fatto Kuroda della Banca del Giappone, Draghi ricorre agli effetti speciali, approfittando del fatto che un falco del board come Jens Weidmann della Bundesbank non aveva diritto di voto a marzo. La Bce ha abbassato tutti e tre i tassi principali e comprerà bond societari non finanziari: è un po’ come dare soldi direttamente ai cittadini. Il banchiere è riuscito a sorprendere i mercati, tagliando il tasso di interesse di riferimento allo 0%, portandolo ai nuovi minimi storici, e non solo il tasso di deposito, che è sceso al -0,4%. L’attesa dei mercati era per un tasso di deposito in calo di altri dieci punti base dal -0,3% precedente e un mantenimento del costo del denaro al minimo di 0,05%. Anche il marginal lending rate è stato rivisto al ribasso, allo 0,25%. Draghi ha inoltre lanciato una nuova operazione TLTRO a 4 anni con partenza giugno 2016 con possibilità di avere un tasso che può arrivare fino al tasso sui depositi (-0,40%).Nel parco di titoli di Stato acquistabili nel quadro del piano straordinario di espansione monetaria verranno aggiunti corporate Bond emessi da aziende non finanziarie. Questa è la misura più sorprendente: nemmeno la Federal Reserve all’apice della crisi finanziaria del 2008 aveva osato tanto. Tre quarti degli economisti interpellati da Bloomberg si attendevano un potenziamento di durata e/o portata del programma di Quantitative Easing, la cui gittata verrà alzata a 80 miliardi al mese e la cui operatività si estenderà fino ad almeno la fine di marzo 2017. Per Quantitative Easing, più semplicemente QE, si intende il metodo grazie al quale una banca centrale crea moneta e la inietta nel sistema economico finanziario attraverso operazioni di mercato aperto. In italiano detto sistema è anche conosciuto come alleggerimento o allentamento quantitativo o, ancora, come facilitazione quantitativa.

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Nel caso in cui si decida di ricorrere al quantitative easing, accade che la banca centrale di un qualsiasi Paese acquista, sulla base di una predeterminata e annunciata quantità di denaro, azioni o titoli e altre attività finanziarie in genere da altre banche del sistema, detto acquisto ha un immediato effetto positivo sul bilancio delle banche che beneficiano di questo tipo di investimento. Fondamentalmente, con questo tipo di operazione, avviene che ci sia più liquidità all’interno del sistema economico nel quale si ricorre al QE, oltre che beneficiarne le banche, ne beneficia in maniera indiretta l’intera economia. È un sistema da inquadrare in una politica monetaria di tipo espansiva, per molti economisti è addirittura da considerare ultra-espansiva, si tratta comunque di un metodo conosciuto e applicato, con diverse modalità, in più parti del mondo, come Giappone, USA ed Europa, dove recentemente è una questione all’ordine del giorno.

1. stabili i tassi Usa

Federal Reserve. Dopo più di nove anni — l’ultimo precedente risale al giugno del

2006 — la Federal Reserve statunitense rialza i tassi d’interesse dello 0,25%

(da 0-0,25 a 0,25-0,5%). Finisce quindi l’era del denaro a costo zero, durata

esattamente 7 anni (era il 16 dicembre anche nel 2008 quando l’allora presidente

della Fed Ben Bernanke decise di azzerare il tasso di riferimento per il mercato

interbancario americano). Gli aumenti dei tassi di interesse — analizza la Federal

Reserve nel comunicato in cui spiega la decisione — saranno «graduali» perché le

«condizioni garantiscono solo aumenti graduali». Ma l’inversione di rotta, firmata

dall’attuale presidente della Fed Janet Yellen (nella foto) è arrivata: «Il rialzo

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dei tassi — è stato il suo primo commento — segna la fine di un periodo

eccezionale».

BCE. La BCE rispetta in pieno le attese del mercato ed annuncia un'estensione

degli stimoli all'economia, attraverso un mix di strumenti: tassi, acquisti asset

(quantitative easing) ed una seconda operazione di lungo termine (LTRO).

Il Consiglio direttivo della BCE ha deciso di tagliare i tassi d'interesse sulle

operazioni di rifinanziamento principale di 5 punti base, portandoli da 0,05% a

zero. Ridotti della stessa misura quelli sulle operazioni di rifinanziamento

marginale, che vanno a -0,25%, mentre è più ribusto il taglio dei tassi sui depositi,

che vengono ridotti di 10 punti a -0,40% da -0,30%. Esteso anche il piano di

acquisti di asset (QE) sia come ammontare, che passa da 60 miliardi a 80 miliardi

al mese, sia come tipologia di asset eleggibili, che includono ora anche i Corporate

Bond europei a rating massimo (investment grade). La BCE ha deciso anche di

avviare una serie di operazioni di lungo termine a 4 anni (LTRO bis) a partire dal

mese di giugno 2016.

Banca Centrale d'Inghilterra. - Ancora una volta un nulla di fatto sui tassi in

Gran Bretagna. La Bank of England (BOE) ha reso noto che il Monetary Policy

Committee (MPC) ha deciso di lasciare invariati i tassi d'interesse allo 0,5%. La

proposta è stata votata all'unanimità. Inoltre, il Comitato di politica monetaria, ha

votato compatto a favore del mantenimento del suo programma di acquisto di

asset, per un importo di 375 miliardi di sterline. Nessuna sorpresa, quindi, visto

che la decisione era ampiamente attesa e risponde all'esigenza di riportare

l'inflazione vicino al target del 2%.

L'inflazione ha evidenziato un incremento modesto dello 0,3% a gennaio e resta

lontanissima da questo obiettivo, a causa delle pressioni dei prezzi energetici.

L'inflation report di febbraio ha dunque costituito una guida e la base su cui si

sono concentrate le decisioni dei banchieri britannici.

Secondo la BOE poi lo scenario internazionale mostra ancora alti rischi di un

rallentamento della crescita, a causa della frenata delle economie emergenti.

Bank of Japan. Tutto fermo in Giappone dove la Banca centrale ha disilluso le

attese per una politica monetaria ulteriormente espansiva. L'istituto guidato da

Haruhiko Kuroda ha lasciato invariati i tassi sui depositi a -0,1% e il piano di

acquisto asset da 80 mila miliardi di yen. Una decisione presa con sette voti a

favore e due contrari. Lo scorso gennaio la BoJ aveva portato i tassi in negativo

per la prima volta nella sua storia.

Nella nota che accompagna la decisione, la Bank of Japan ha usato un tono più

prudente sullo stato di salute dell'economia nipponica sottolineando che "le

esportazioni e la produzione sono state deboli soprattutto a causa del

rallentamento della crescita nei mercati emergenti". La Banca Centrale del

Giappone ha inoltre avvertito che le aspettative di inflazione "si sono di recente

indebolite"

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2. Il mercato azionario consolida i realizzi. Si consolidano i realizzi sui listini dell’Area euro dopo quattro settimane di

rialzo. Il recupero è stato ampio (il FtseMib ha recuperato 3mila punti da 16mila a

19mila) ma è altrettanto vero che alcuni indici avevano perso anche 20 punti

percentuali nel primo mese e mezzo del 2016.

Stabilità a Wall Street e in Giappone, in un contesto caratterizzato da dati

macro dell’Area tutto sommato non sfavorevoli, dal riemergere di aspettative sulla

ripresa da parte della Fed del sentiero di rialzo dei tassi avviato a dicembre e dalla

parziale correzione al rialzo dai minimi delle quotazioni del petrolio.

Tra i principali indici, il Dow Jones è il primo a segnare una performance positiva

(contenuta) nel 2016; tra i peggiori ancora il FtseMib ed il Nikkei con perdite

comprese tra il 12 ed il 13%.

3. Gli investitori sono condizionati dalle Banche centrali l Dollaro U SA continua ad esser e il grande protagonista del mercato, complice ovviamente la politica monet aria dell e banche centrali e l e aspettati ve sugli inter venti “corretti vi” pr evisti per il mese di dicembr e. Movimenti significativi sul mercato dei cambi dove ancora una volta gli

investitori sono condizionati dalle indicazioni delle Banche centrali ed in

misura rilevante dalla Fed.

Il movimento prevalente a fine marzo è il recupero del dollaro, recupero non

particolarmente accentuato ma che è stato rinvigorito dalle dichiarazioni di

alcuni esponenti della Fed in merito alla possibile ripresa del sentiero di rialzo

dei tassi di interesse.

L’euro a 1,1170 punti perde l’1,0% contro il dollaro; recupera lo 0,30% sullo yen

(a 126,20 punti) e l’1,40% sulla sterlina (a 0,7890 punti).

Al di là dei movimenti più o meno marcati, condizionati in genere dai dati macro

o ancor più dal modificarsi delle aspettative sulla futura condotta della Fed più

che della Bce, il cross Eur/Usd si mantiene da oltre un anno entro un’ampia

fascia laterale delimitata da 1,05 e 1,15 punti.

All’interno di questo range, negli ultimi mesi è prevalso il recupero dell’euro

(minimi crescenti dallo scorso dicembre) ma il cambio ha trovato una

significativa resistenza in area 1,1350 punti. Nel breve periodo la media a 50

giorni, che sta incrociando quella a 200 giorni in area 1,1050 punti, sostiene il

trend crescente dell’euro; l’indice di forza relativa Rsi è in posizione neutra a 54

punti.

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Cambio euro/dollaro

26 marzo 2016

Fonte:cambioeuro.it

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Rassegna trimestrale BRI, marzo 2016 - Una fragile calma cede il passo a turbolenze Comunicato stampa Dall'inizio dell'anno i mercati sono stati scossi da timori sulla crescita in Cina e in altre economie emergenti, nonché da preoccupazioni per la solidità delle grandi banche globali. "Risultava inevitabile che le tensioni fra la tranquillità dei mercati e le vulnerabilità economiche sottostanti dovessero arrivare a un punto di risoluzione. Nel recente trimestre potremmo avere assistito all'inizio di questa fase di risoluzione", ha dichiarato Claudio Borio, Capo del Dipartimento monetario ed economico. L'edizione di marzo 2016 della Rassegna trimestrale BRI: descrive come sia emersa e si sia diffusa, dall'inizio del 2016, la turbolenza sui mercati finanziari; evidenzia come, nel secondo semestre 2015, i flussi di finanziamento internazionali abbiano rallentato, evento che potrebbe indicare un punto di svolta nella liquidità globale. Nel terzo trimestre le attività transfrontaliere delle banche verso le economie emergenti sono diminuite, mentre nel quarto trimestre le consistenze di titoli di debito internazionali si sono contratte di $47 miliardi, il calo più marcato degli ultimi tre anni. Le emissioni nette di debito da parte delle economie emergenti sono rimaste sostanzialmente stabili nella seconda metà dell'anno; propone una visuale alternativa sulla flessione del credito bancario transfrontaliero verso la Cina, causa principale del calo delle attività transfrontaliere verso le economie emergenti. L'analisi indica che i deflussi sono attribuibili, in ultima istanza, ai minori depositi in renminbi sui mercati offshore nonché alla riduzione dell'indebitamento in valuta estera, sia transfrontaliero che entro i confini nazionali, da parte delle società cinesi. "La combinazione dei minori depositi in renminbi offshore e del rimborso del debito in valuta estera da parte delle società cinesi riflette il rientro del carry trade e spiega le pressioni al ribasso sulla divisa cinese", ha dichiarato Hyun Song Shin, Consigliere economico e Capo della Ricerca. "Mostra altresì la ragione per cui il tasso sul renminbi offshore risulta minore di quello onshore durante periodi di tensione".