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TESTO — MICHELE FALCONE ILLUSTRAZIONI — MICHAEL KIRKHAM PER LIVING NON SOLO SILICON VALLEY. DA POLLENZO A ISCHIA, LA SHARING ECONOMY È ANCHE MADE IN ITALY. OLTRE 20 START UP NATE NEL NOSTRO PAESE VI FARANNO GIRARE IL MONDO 245 TENDENZE Dimenticate i consigli per gli acquisti e scambiate la qualunque con chiunque. Basta un clic. Condividete l’auto o solo qualche chilometro. Una stanza o la casa vuota. Indovinate chi viene a cena, ma non accettate caramelle dagli sconosciuti. Condividete le vostre competenze e mettete a disposizione il vostro tempo. È pur sempre denaro, nonostante la crisi. Come testimoniano i risultati della ricerca Ipsos, commissionata da Airbnb e Blablacar, l’86% degli italiani ha modificato le proprie abitudini di consumo, con 2 su 3 che hanno ridimensionato le spese. Non a caso convenienza e risparmio sono gli elementi chiave che descrivono questa nuova economia di scambio incentivata dall’esplosione del digitale. Se oggi la sharing economy è un fenomeno in crescita il merito è dell’informatico britannico Tim Berners-Lee che nel 1991 presentò il primo sito web per la condivisione. La mela di Apple non era ancora abbastanza matura eppure i documenti del CERN di Ginevra erano già disponibili in rete. Sono 3.200 le piattaforme nate nel 2014 in Italia: «È arrivata con un ritardo di circa due anni ma si sta sviluppando in fretta. Intercetta il bisogno dei cittadini e soprattutto mostra caratteristiche proprie più legate al territorio, si pensi al fenomeno delle social street», dice Marta Mainieri di collaboriamo.org. Milano è il primo laboratorio seguito da Roma e Torino. Proprio nella città di Expo sta per nascere un nuovo distretto. «Sarà destinato al coworking, al crowdfunding e ai FabLab per gli artigiani 2.0. E dopo car e bike sharing, arriveranno gli scooter elettrici», afferma l’assessore alle Politiche per il lavoro e sviluppo economico Cristina Tajani. Il Nord chiama: #EXPO2015. Il sud risponde: #Matera2019. Nella capitale europea della cultura è stata inaugurata la sharing school, uno spazio in cui sperimentare pratiche collaborative. Sassi esclusi. Ma ingerenze inglesi a parte, potius sero quam nunquam (ovvero, meglio tardi che mai). E anche i dizionari si aggiornano. Dopo googlare, hashtag e selfie, lo Zingarelli ha introdotto il neologismo nomofobia. È il timore di rimanere sconnessi e impossibilitati a condividere. Tutto, anche le emozioni. Con o senza Google Glass.

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Dimenticate i consigli per gli acquisti e scambiate la qualunque con chiunque. Basta un clic. Condividete l’auto o solo qualche chilometro. Una stanza o la casa vuota. Indovinate chi viene a cena, ma non accettate caramelle dagli sconosciuti. Condividete le vostre competenze e mettete a disposizione il vostro tempo. È pur sempre denaro, nonostante la crisi. Come testimoniano i risultati della ricerca Ipsos, commissionata da Airbnb e Blablacar, l’86% degli italiani ha modificato le proprie abitudini di consumo, con 2 su 3 che hanno ridimensionato le spese. Non a caso convenienza e risparmio sono gli elementi chiave che descrivono questa nuova economia di scambio incentivata dall’esplosione del digitale. Se oggi la sharing economy è un fenomeno in crescita il merito è dell’informatico britannico Tim Berners-Lee che nel 1991 presentò il primo sito web per la condivisione. La mela di Apple non era ancora abbastanza matura eppure i documenti del CERN di Ginevra erano già disponibili in rete. Sono 3.200 le piattaforme nate nel 2014 in Italia: «È arrivata con un ritardo di circa due anni

ma si sta sviluppando in fretta. Intercetta il bisogno dei cittadini e soprattutto mostra caratteristiche proprie più legate al territorio, si pensi al fenomeno delle social street», dice Marta Mainieri di collaboriamo.org. Milano è il primo laboratorio seguito da Roma e Torino. Proprio nella città di Expo sta per nascere un nuovo distretto. «Sarà destinato al coworking, al crowdfunding e ai FabLab per gli artigiani 2.0. E dopo car e bike sharing, arriveranno gli scooter elettrici», afferma l’assessore alle Politiche per il lavoro e sviluppo economico Cristina Tajani. Il Nord chiama: #EXPO2015. Il sud risponde: #Matera2019. Nella capitale europea della cultura è stata inaugurata la sharing school, uno spazio in cui sperimentare pratiche collaborative. Sassi esclusi. Ma ingerenze inglesi a parte, potius sero quam nunquam (ovvero, meglio tardi che mai). E anche i dizionari si aggiornano. Dopo googlare, hashtag e selfie, lo Zingarelli ha introdotto il neologismo nomofobia. È il timore di rimanere sconnessi e impossibilitati a condividere. Tutto, anche le emozioni. Con o senza Google Glass.

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baratto on demandMark Zuckerberg non perde un minuto, neanche davanti allo specchio. Per questo indossa sempre T-shirt grigia e jeans. A Taiwan i genitori vengono multati se fanno giocare troppo i bambini con il tablet. È questione di tempo che non va sprecato. «In Italia vogliamo arrivare a 10.000 iscritti entro l’anno», dice Karim Varini, ideatore con Gabriele Donati di TimeRepublik (timerepublik.com). La piattaforma che usa il tempo come moneta di scambio è arrivata anche nelle Università: «A Messina e Milano è a disposizione di studenti e insegnanti pronti a scambiarsi conoscenze e servizi». I talenti sono suddivisi in 350 tipologie, dal traduttore al giardiniere. Più ore si accumulano e più potranno essere utilizzate per chiedere favori agli altri, «un’ex monaca di clausura birmana ha incontrato una costumista newyorkese per lezioni di vita urbana». Mistero della fede. Non fatevi ingannare dal nome, la start up Slow/d (slowd.it) è tutt’altro che lenta. I designer progettano, tu compri online e l’artigiano più vicino produce. «Abbiamo visto un prototipo nascere in due giorni e finire su e-commerce, per poi essere acquistato a km zero», spiega Andrea Cattabriga, co-founder con Sebastiano

Longaretti. «È una filiera decentrata dove la condivisione delle competenze consente di produrre senza intermediari». Su Formabilio (formabilio.com), shop di design partecipato, le idee diventano arredi. «È un brand collettivo», dicono Maria Grazia Andali e Andrea Carbone. Si lancia il contest, la community vota, i progetti vanno in produzione. «100% made in Italy. Ma vendiamo ovunque. La Germania è il nostro primo mercato per fatturato». Se preferite il baratto ci pensano Reoose (reoose.com) e ZeroRelativo (zerorelativo.it) a dare nuova vita all’usato. Con un clic su CoContest (cocontest.com) ristrutturate casa in 3 step a costi ragionevoli. Caricate foto e piantina, valutate i progetti degli architetti e decretate il vincitore. Volete che la vostra casa diventi intelligente? Finanziate sulla piattaforma di crowdfunding Kickstarter il software Viper dell’Università di Pisa. Il progetto semplifica la vita quotidiana rendendo accessibile qualsiasi oggetto tramite smartphone. Secondo il report di We Are Social, gli italiani trascorrono in media 6.7 ore al giorno su internet di cui 2,5 sui social, sopra la media mondiale. Eppure siamo in ritardo su banda larga e wi-fi, dicono sia solo questione di tempo.

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food experienceAggiungete un posto a tavola e lasciate perdere il bon ton. Quando si mangia si parla, anche troppo. Lo chiamano ‘social eating’, è il piacere di stare a tavola in compagnia di perfetti sconosciuti, come fossero vecchi amici. Chiunque può decidere se organizzare un pranzo o una cena. «Basta creare un menù, impostare un’offerta per coprire i costi e aprire la propria cucina agli ospiti che si autoinvitano», dice Alessandro Grampa, fondatore di Suppershare (suppershare.com) con Valerio Leo, entrambi studenti di Scienze Gastronomiche a Pollenzo, a cui si è aggiunto il bocconiano Maurizio Chisu. «È un nuovo modo di comunicare, oltre che di mangiare. L’obiettivo è riavvicinare alla tavola». Su Ma’ Hidden Kitchen Supper Club (mahksc.it) di sconosciuto c’è pure l’indirizzo. Ci si iscrive, i primi 10 si aggiudicano il posto e la location viene svelata via email qualche giorno prima. «Eravamo a San Francisco, cercando online un ristorante siamo capitati sul portale delle ‘cucine segrete’ della Baia e finiti in un garage di Oakland con gente mai vista prima», spiegano Lele e Melissa, art director lui, nella moda lei, e la passione per il viaggio in comune. «La nostra è una casa aperta. Per garantire la socializzazione non accettiamo prenotazioni superiori a 4 persone». Il menu è completo, il costo contenuto. Si organizzano mostre, spettacoli teatrali e concerti acustici solo per i soci. Non dimenticate il vino, la serata è BYOB (Bring Your Own Bottle). «Stiamo cercando di portare il social eating anche nei ristoranti», dice Walter Dabbicco, cofounder con Gian Luca Ranno e Cristiano Rigon di Gnammo (gnammo.com), sito per organizzare eventi culinari. «Durante Expo, con l’azienda torinese di space food Argotec, si potranno gustare in appartamenti privati i piatti di Stefano Polato per Samantha Cristoforetti, la prima donna italiana nello spazio». Altro che chef stellati. Se avete l’acquolina in bocca Eatwith (eatwith.com) e BonAppetour (bonappetour.com) vi faranno mangiare solo a casa di gente del luogo. Cucina tipica, niente sushi tra le montagne. Avete ancora il frigo pieno e siete in partenza? Scaricate l’app Ratatouille (ratatouille-app.com) e condividete gli avanzi. Di questi tempi non si butta via niente.

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la nuova ospitalitÀ Prima regola: puntualità. La chiede la maggior parte dei proprietari, lo dice il Galateo di Home Sharing pubblicato da Debrett’s, la guida inglese alle buone maniere. «Nel 2007, Joe e io abbiamo aperto la nostra casa ai primi ospiti. È cominciato tutto da un materassino gonfiabile, era un modo per pagare l’affitto», racconta Brian Chesky, ceo e fondatore con Joe Gebbia e Nathan Blecharczyk di Airbnb (airbnb.it): la community che permette a privati di affittare la stanza in più o l’intero appartamento anche per brevi periodi. «Siamo al terzo posto per numero di alloggi, preceduti solo da Stati Uniti e Francia», spiega Matteo Stifanelli, country manager di Airbnb Italy. Se temete che il giardino possa risentire della vostra assenza o se preferite che la vostra casa non resti vuota potete cercare aiuto su HomeLink (homelink.it). L’associazione no-profit, attiva dal 1953 e pioniera di questo nuovo modo di viaggiare, consente anche lo scambio simultaneo o tramite baratto, offrendo prestazioni professionali e aiuti domestici. «La Toscana è la regione più richiesta. Gli iscritti preferiscono zone tranquille, appena fuori dal centro cittadino», dice Annalisa Rossi Pujatti, presidente di HomeLink Italia. Si rivolge solo ai creativi la piattaforma Behomm

(behomm.com). «Funziona su invito. Ci sono architetti, curatori d’arte e fotografi», spiegano dal loro studio grafico di Barcellona Agustí Juste e Eva Calduch. Per i radical chic c’è un dammuso di 20 mq sul mare di Pantelleria. Altrimenti accontentatevi di 300 mq in Times Square. Visti i cachet esigui, offre riposo agli artisti il network Bed&Show (bedandshow.it), scrittore, attore o cantante metal poco importa, le spese di vitto e alloggio sono gratuite e il tour meno costoso. Teatroxcasa (teatroxcasa.org) mette in contatto gli inquilini disposti a ospitare show e pubblico nella propria abitazione. Mentre per gli amanti dei bed and breakfast su BarattoBB (barattobb.it) c’è la sezione dedicata alle proposte dei turisti e alle richieste dei gestori, per una vacanza a costo zero. Si può offrire di tutto in cambio del soggiorno in oltre 800 strutture, anche ore di lavoro nei campi o uno spettacolo circense. Se volete dormire gratis, non siate troppo esigenti e accontentatevi di un divano o di un posto letto su Couchsurfing (couchsurfing.com) ma attenzione ai ronfi notturni e al bagno occupato. Con Warm Showers (warmshowers.org) chi viaggia in bicicletta può trovare una doccia calda in zona. Lasciate le scarpe all’ingresso, lo dice il Galateo.

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portami con teRoger Waters dei Pink Floyd dedicò un intero album all’autostop. Erano gli anni dell’on the road con il pollice all’insù. Oggi il dito tanto caro all’antica Roma è diventato simbolo del nativo digitale che il passaggio lo cerca e lo offre online. «Dovevo raggiungere la mia famiglia fuori città per il Natale ma i treni da Parigi erano pieni. Ho viaggiato in macchina e sulla strada in molti guidavano da soli. I posti a bordo potevano essere sfruttati, le spese condivise», dice Frédéric Mazzella, francese con bisnonno di Ischia, ceo di BlaBlaCar (blablacar.it), la piattaforma di ride sharing che consente agli utenti di percorrere la stessa tratta in automobile. «Nel nostro Paese è in espansione. Abbiamo rilevato una crescita del 300% rispetto all’anno precedente. Si tratta di un viaggiatore con un’età media di 31 anni», spiega Andrea Saviane, country manager Italia. Al di là degli anni, il consiglio è di verificare in ogni caso il grado di loquacità (Bla-BlaBla-BlaBlaBla) del compagno di viaggio per evitare sbadigli e mal di testa. Se avete bisogno solo di un passaggio da o per l’aeroporto, la navetta è già partita e il treno è in ritardo, ci pensa la community Fly2share (fly2share.it). Inserite data, orario e indirizzo, e ricordatevi di indicare un segno distintivo

per riconoscersi. Appena arrivati in una nuova città, un clic lo merita il sito Vayable (vayable.com), marketplace dove i turisti incontrano personaggi del luogo disposti a fare da guida per tour alternativi. Troverete il senzatetto di San Francisco, l’archeologo di Pompei e il re delle isole Fiji che vi invita a pescare. Se non avete la mongolfiera di Jules Verne e dopo 80 giorni vi accorgete di aver dimenticato il souvenir dall’altra parte del mondo, PiggyBee (piggybee.com) mette in contatto chi vuole inviare o ricevere qualsiasi cosa per mezzo di altri viaggiatori che diventano fattorini in cambio di una piccola ricompensa. Può bastare un invito a pranzo. Per chi alla strada preferisce il mare c’è il boat sharing Sailsquare (sailsquare.com). «Condividere e collaborare sono due parole fondamentali: dagli spazi alla preparazione, dalle manovre all’esperienza stessa», dice Riccardo Boatti, ideatore con Simone Marini. Sono gli utenti che creano la propria vacanza, c’è chi mette a disposizione la barca, chi le sue qualità di skipper, invitando estranei a partecipare. Se invece le onde volete cavalcarle su Spinlister (spinlister.com) trovate tavole da surf in prestito. Buon vento. L