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Maria Rosaria D’Uggento NON POSSIAMO NON DIRCI (ANCHE) GRAMSCIANI

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Maria Rosaria D’Uggento

NON POSSIAMO NON DIRCI (ANCHE)

GRAMSCIANI

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Maria Rosaria D’UggentoNon possiamo non dirci (anche) gramscianiCopyright© 2017 Edizioni del FaroGruppo Editoriale Tangram SrlVia Verdi, 9 /A – 38122 [email protected]

Prima edizione: aprile 2017, Printed in EU

ISBN 978‑88‑6537‑567‑9

Disegno di copertina di Roberto Ditaranto

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INDICE

Introduzione 11

PARTE PRIMAVita di Gramsci 23

Non possiamo non dirci (anche) gramsciani 31

Alcune delle questioni affrontate nei “Quaderni” 61Il fascismo e il suo carattere di classe 67La questione meridionale 87La funzione del partito della classe operaia nella lotta per il socialismo 107La funzione degli intellettuali nella società 117Croce e Gramsci 129

PARTE SECONDALettere dal carcere (selezione) 145

APPENDICEContributi a una pedagogia dell’impegno civile e politico 207

Bibliografia 219

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Il fascismo lo ha fatto morire a poco a poco, secon‑do un preciso disegno realizzato con cura scienti‑fica, attraverso lunghe persecuzioni. Ma pesanti limitazioni e grandi sofferenze allo scopo di umi‑liarlo moralmente e fisicamente non sono riusci‑te a fare di Antonio Gramsci un vinto. Il suo pen‑siero e le sue idee, anche quelle maturate e svilup‑pate dentro il carcere fascista, sono vive e potenti.

Giovanni Lai

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INTRODUZIONE

Quante volte è stato processato Gramsci? Tante. La prima volta, il 4 giugno 1928, a Roma. Venne dichiarato colpevole dei reati di cospirazione, isti‑gazione al mutamento violento della Costituzio‑ne dello Stato e della forma di Governo, incita‑mento all’odio fra le classi ecc., e condannato a 20 anni, 4 mesi e 5 giorni di detenzione.

Poi fu processato dai suoi stessi compagni di par‑tito che lo accusarono di deviazionismo. Per non parlare di coloro che lo “tirarono per la giacchet‑ta” avallando l’idea revisionista di un Gramsci in‑tellettuale nazional‑popolare.

Fu un bolscevico violento? Un gradualista? Un riformista? Un democratico? Un socialde‑mocratico come lo accusava Scucchia? Il qua‑le aggiungeva anche che non era più comuni‑sta, che era diventato crociano per opportuni‑smo, che bisognava denunciare la sua azione di‑

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| Introduzione

sgregatrice al partito e che pertanto lo si doveva buttar fuori.

Giuliano Gramsci, il suo secondogenito, nelle Lettere a mio padre dice:

«Studiato in tutto il mondo tu sei stato quasi dimenticato in Italia. Forse oggi anche la sinistra italiana è salita sul carro della cultura intesa come esibizione e spettacolo».

E così scrive Olga, la figlia di Giuliano:«Per mio nonno provo pena perché è stato per‑

seguitato per le sue idee, ma anche perché quelli che dovevano essere i suoi compagni hanno pen‑sato più alla ragion di partito che all’uomo soffe‑rente che forse poteva essere salvato, trattando la sua liberazione dal carcere».

Lo stesso Gramsci fu assalito dal sospetto di es‑sere stato abbandonato da Togliatti e dai dirigen‑ti del Pcd’I, tiepidamente o affatto interessati a compiere atti e passi per la liberazione del compa‑gno carcerato, né concretamente impegnati ad al‑leviare le difficoltà della sua vita di recluso.

Uno scritto di Alessandro Orsini di qualche an‑no fa compie, se così si può dire, un "ulteriore sal‑to di qualità” perché parla di un Gramsci non ri‑conoscibile. Supportato da un disarmante Rober‑to Saviano che fa l’elogio dello scritto. L’assunto da cui parte l’Orsini è che i comunisti hanno edu‑

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Introduzione |

cato generazioni di militanti a definire gli avver‑sari politici dei pericolosi nemici, a insultarli e ir‑riderli, a differenza dei socialisti e del Turati, che li ricapitola tutti, e che invece – negli stessi anni – conduceva una tenacissima battaglia per educare al rispetto degli avversari politici, nel tentativo di coniugare socialismo e liberalismo.

Una pedagogia della tolleranza insomma, contro una pedagogia della violenza, quella di Gramsci, il quale al contrario – ribadiamo noi – annota riflessioni lucide anche se amare sulla crisi dell’istituto familiare e sull’impoverimento sen‑timentale della vita, che si verifica se la generazio‑ne più anziana rinuncia a educare la più giovane, lasciando che l’opera educativa sia svolta intera‑mente e soltanto dallo Stato.

Gramsci viene accusato di essere: – Marxiano ortodosso, ma anche staliniano or‑todosso, lui che fu profondamente estraneo, addirittura incompatibile, col dottrinarismo dogmatico imputabile alla versione staliniana del marxismo‑leninismo.

– Nemico del dialogo e del confronto delle opi‑nioni.

– Assolutamente privo di consapevolezza sto‑ricista lui che fu accusato da sinistra di esse‑re tanto storicista da attribuire a ogni epo‑

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PARTE PRIMA

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VITA DI GRAMSCI

1891 22 gennaio. Nasce ad Ales (Cagliari) da Francesco e Giuseppina Marcias, quar‑to di sette figli (Gennaro, Grazietta, Emma, Antonio, Mario, Teresina, Car‑lo).

1897‑98 Il padre è sospeso dall’impiego. La ma‑dre coi sette figli va ad abitare a Ghilar‑za.

1903‑05 È costretto, per le difficili condizioni economiche della famiglia, a lavorare per due anni nell’ufficio del catasto di Ghilarza. Studia privatamente.

1908‑11 Ottenuta la licenza ginnasiale a Orista‑no, si iscrive al liceo Dèttori di Cagliari.

1911 Dopo aver ottenuto il diploma licea‑le concorre a una delle borse di studio universitario messe a disposizione dal

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| Parte Prima

Collegio Carlo Alberto di Torino. Su‑pera l’esame e si iscrive all’Ateneo to‑rinese nella classe di Filologia moder‑na.

1915 G.abbandona l’Università ma, almeno fino al ’18, pare non rinunci al proposi‑to di laurearsi in glottologia.

1916 Comincia un’intensa attività giornali‑stica come cronista teatrale e polemi‑sta nella rubrica «Sotto la mole» del‑l’«Avanti!».

1917 Dicembre. Propone la creazione a Tori‑no di un’associazione proletaria di cul‑tura, fonda un «Club di vita morale» e conduce ne «Il Grido del popolo» una campagna per il rinnovamento ideolo‑gico e culturale del movimento sociali‑sta.

1918 19 ottobre. Con un commiato di Gramsci, cessa le pubblicazioni «Il Gri‑do del popolo» per far posto all’edizio‑ne torinese dell’«Avanti!».

1919 18‑22 marzo. La Direzione del Psi de‑cide di aderire all’Internazionale comu‑nista.

1920 Giugno‑luglio. Gramsci e «l’Ordine nuovo» appoggiano l’iniziativa per la

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Vita di Gramsci |

costituzione a Torino dei «gruppi co‑munisti di fabbrica», base del futuro partito comunista.

1921 15‑21 gennaio. Gramsci partecipa a Li‑vorno al XVII Congresso del Psi. I de‑legati della frazione comunista delibe‑rano il 21 gennaio la costituzione del «Partito comunista d’Italia. Sezione della Terza Internazionale». G.fa par‑te del Comitato centrale.

1922 28 ottobre. «Marcia su Roma»: i fasci‑sti prendono il potere. Comincia un pe‑riodo di illegalità di fatto del Pcd’I. Nel partito, ricorderà Trockij nel 1932, nes‑suno, «eccettuato Gramsci», ammet‑teva la possibilità di una dittatura fasci‑sta.

1924 Giugno. Si trasferisce a Roma. 10 giugno. Delitto Matteotti. Gramsci

propone un appello alle masse e lo scio‑pero generale politico.

Agosto. Gramsci, segretario generale del partito, partecipa a varie riunioni e congressi. A Mosca Giulia dà alla luce un bambino: Delio.

1925 24 ottobre. Prime perquisizioni da par‑te della polizia nella stanza di Gramsci.

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NON POSSIAMO NON DIRCI (ANCHE) GRAMSCIANI

Quando Marx morì nel 1883 Engels, il suo amico carissimo, così concluse l’elogio funebre.

«Marx era… l’uomo più odiato e calunnia‑to del suo tempo. I governi, assoluti e repub‑blicani, lo espulsero; i borghesi, conservato‑ri e democratici radicali, lo coprirono a ga‑ra di calunnie. Egli sdegnò tutte queste mise‑rie, non prestò loro nessuna attenzione e non rispose se non in caso di estrema necessità. È morto venerato, amato, rimpianto da milio‑ni di compagni di lavoro rivoluzionari in Eu‑ropa e in America, dalle miniere siberiane si‑no alla California… Il suo nome vivrà nei se‑coli, e così la sua opera».

Nel Convegno tenutosi nel gennaio 2017 all’ESC (Eccedi, sottrai, crea) in via dei Volsci a Roma,

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| Parte Prima

in occasione del centenario della rivoluzione del 1917 in Russia, si discute su: “Chi sono i comuni‑sti?”, con Toni Negri, Slavoj Zizek, Pierre Dardot. Negri stronca i nostalgici della rivoluzione perché la “complessità” rende impossibile lo schema di una rottura violenta, basato su insurrezione po‑polare e guida all’avanguardia del partito.

“Non destituzione dell’ordine presente ma po‑tenza e azione costituente”.

Ecco, le parole attese sono state dette, Marx è stato messo in soffitta, le distanze sono state pre‑se tutte, ma neppure questo basta a chi finge di non voler capire ed è ingenuamente, moralistica‑mente, pregiudizialmente, visceralmente contra‑rio a un’ideologia che è stata e continua a essere importante.

I “cattivi maestri” non sono poi così “cattivi” se sono in grado di fare questa autocritica, di rinne‑gare una parte dell’ideologia marxiana, senza tut‑tavia buttare tutto alle ortiche, che sarebbe tradi‑mento.

Sputare su Hegel (e su Marx), come vuole la fem‑minista Carla Lonzi, si può.

L’impostazione patriarcale della politica marxi‑sta e comunista non si può negare, come non si può negare l’assenza della questione ambientali‑sta e animalista. Come non si può neppure ne‑

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Non possiamo non dirci (anche) gramsciani |

gare che una lettura in chiave materialista e de‑terminista del pensiero di Marx, che è appunto una lettura, abbia inficiato la ricchezza e la fertili‑tà di un pensiero spesso ingabbiato in schemi rigi‑di e pericolosi. Dove gli uomini sono biglie, pedi‑ne della storia, come dice Bauman. Sostenere che il capitalismo globalizzato è in crisi irreversibile e ci sono tutti i prerequisiti per un ritorno del comu‑nismo, come il gotha marxista europeo e italiano sembrerebbero sostenere, è una umanissima e pa‑tetica speranza di un gruppo di attempati nostal‑gici e risulta fin troppo ingenua, ma non si può gettare con l’acqua anche il bambino. E il bambi‑no, contrariamente alle “interpretazioni” pregiu‑diziali che alcuni giornalisti e giornali hanno da‑to del convegno, è che la maggior parte di chi era lì ad assistere all’affollatissimo C17 era costituita da giovani e giovanissimi, e in buona parte stra‑nieri.

Lo scopo del convegno era di rivendicare l’uso del termine comunismo (che in realtà racchiude un’idea nobile e antichissima) che ormai appare proibito, e che significa – come ha ribadito il Col‑lettivo C17 – lo sviluppo libero della potenza di ognuno, oggi più che mai sinonimo di trasforma‑zione, pace, prosperità, giustizia.

E non sono questi valori condivisibili?

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“Poche mani non sorvegliate da controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa”.

A. Gramsci

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IL FASCISMO E IL SUO CARATTERE DI CLASSE

Se per Croce il fascismo è “malattia morale” e per Gobetti è legato alle particolari condizioni stori‑che nazionali, per Gramsci è reazione estrema e armata del capitalismo all’ascesa del proletariato. Il fascismo non è un fenomeno occasionale. Il fa‑scismo al potere è la dittatura degli elementi più reazionari, più sciovinisti e più imperialisti del ca‑pitale finanziario.

Ammantandosi di demagogia sociale, il fasci‑smo ha potuto trascinare al suo seguito le mas‑se della piccola borghesia disorientata dalla crisi e anche una parte degli strati arretrati del prole‑tariato, i quali non avrebbero mai seguito il fasci‑smo se ne avessero compreso il reale carattere di classe, la vera natura.

L’avvento del fascismo al potere non è l’ordina‑ria sostituzione di un governo borghese con un al‑

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| Alcune delle questioni affrontate nei “Quaderni”

tro, ma è il cambiamento di una forma statale di dominio di classe della borghesia – la democrazia borghese – con un’altra sua forma, con la dittatu‑ra terroristica aperta.

È il risultato della reazione da parte della bor‑ghesia agraria e industriale italiana alla lotta delle classi subalterne, la risposta borghese al tentativo rivoluzionario di queste classi, una forma di ditta‑tura preventiva da contrapporre alla temuta ditta‑tura del proletariato.

Nelle Tesi di Lione da lui scritte e presentate al Congresso del Partito del 1926, Gramsci sostiene che il fascismo, come movimento di reazione ar‑mata che si propone lo scopo di disgregare e di di‑sorganizzare la classe lavoratrice per immobiliz‑zarla, rientra nel quadro della politica tradiziona‑le delle classi dirigenti italiane, e della lotta del ca‑pitalismo contro la classe operaia. Tutti i vecchi gruppi dirigenti lo favoriscono, soprattutto però gli agrari i quali sentono più minacciosa la pres‑sione delle plebi rurali. Il fascismo non è più l’e‑spressione omogenea di tutta la classe dominante: è un movimento che presenta al suo interno varie articolazioni sociali. La sua base è costituita dalla piccola borghesia urbana e da una nuova borghe‑sia agraria sorta da una trasformazione della pro‑prietà rurale in alcune regioni.

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Il fascismo e il suo carattere di classe |

[…] 15. Queste nuove energie che si raccolgo‑no attorno al fascismo traggono dalla loro ori‑gine una omogeneità e una comune mentali‑tà di “capitalismo nascente”. Ciò spiega come sia possibile la lotta contro gli uomini politi‑ci del passato e come esse possano giustificar‑la con una costruzione ideologica in contrasto con le teorie tradizionali dello Stato e dei suoi rapporti con i cittadini. Nella sostanza il fa‑scismo modifica il programma di conservazio‑ne e di reazione che ha sempre dominato la politica italiana soltanto per un diverso mo‑do di concepire il processo di unificazione delle forze reazionarie. Alla tattica degli accordi e dei compromessi esso sostituisce il proposito di realizzare una unità organica di tutte le for‑ze della borghesia in un solo organismo poli‑tico sotto il controllo di una unica centrale che dovrebbe dirigere insieme il partito, il gover‑no e lo Stato. Questo proposito corrisponde al‑la volontà di resistere a fondo a ogni attacco rivoluzionario, il che permette al fascismo di raccogliere le adesioni della parte più decisa‑mente reazionaria della borghesia industria‑le e degli agrari.

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| Alcune delle questioni affrontate nei “Quaderni”

16. Il metodo fascista di difesa dell’ordine, della proprietà e dello Stato è, ancora più del sistema tradizionale dei compromessi e del‑la politica di sinistra, disgregatore della com‑pagine sociale e delle sue sovrastrutture poli‑tiche. Le reazioni che esso provoca devono es‑sere esaminate in relazione alla sua applica‑zione sia nel campo economico che nel cam‑po politico. Nel campo politico, anzitutto, l’u‑nità organica della borghesia nel fascismo non si realizza immediatamente dopo la con‑quista del potere. Al di fuori del fascismo ri‑mangono i centri di opposizione borghese al regime. Da una parte non viene assorbito il gruppo che tiene fede alla soluzione giolittia‑na del problema Stato. Questo gruppo si col‑lega a una sezione della borghesia industriale e, con un programma di riformismo “ laburi‑sta”, esercita influenza sopra strati di operai e piccoli borghesi. Dall’altra parte il program‑ma di fondare lo Stato sopra una democrazia rurale del Mezzogiorno e sopra la parte “sa‑na” della industria settentrionale ( “Corriere della sera”, liberismo, Nitti) tende a diventa‑re programma di una organizzazione politi‑ca di opposizione al fascismo con basi di massa nel Mezzogiorno (Unione nazionale).

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Il fascismo e il suo carattere di classe |

Queste concezioni gramsciane presuppongono già evidentemente un modo nuovo rispetto al‑lo stesso Marx di intendere la «società civile» e i suoi rapporti con lo Stato, del quale essa costitui‑sce un momento. Chi meglio di lui ha saputo in‑terpretare in modo convincente la “socializzazio‑ne della politica” e la “politicizzazione della socie‑tà”? Mentre per Marx la società civile si esauriva nella dimensione dei rapporti economico‑sociali, e quindi era pura struttura, in Gramsci essa si fa ricca di componenti sovrastrutturali che ne fan‑no una realtà complessa e articolata, irriducibile ai rapporti puramente economici, che pure ne co‑stituiscono la base. La chiesa, i partiti politici, i sindacati, le associazioni, la stampa e i mass‑me‑dia, la scuola, ne sono momenti istituzionali co‑stitutivi, ed è attraverso di essi che si elaborano e si diffondono le ideologie, mediante le quali la classe politicamente dominante nello Stato può godere del consenso nella società, e così realizzare la pro‑pria «egemonia», senza la quale il suo dominio non potrebbe resistere a lungo.

Eppure questa lettura neoliberale non esaurisce l’analisi della società civile in Gramsci che piutto‑sto che all’interno dei rapporti di struttura e sovra‑struttura si situerebbe all’interno della teoria del‑lo Stato, il che costituirebbe il suo contributo più

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La storia insegna, ma non ha scolariA. Gramsci

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LA FUNZIONE DEL PARTITO DELLA CLASSE OPERAIA NELLA

LOTTA PER IL SOCIALISMO

Vi è nei Quaderni una distinzione tra due signifi‑cati di politica:

a) un significato ampio nel quale la politica si identifica con la stessa prassi dell’uomo, e quindi con tutte le attività sociali nelle qua‑li l’uomo riesce a superare la sua passività e a trasformare la struttura economica in stru‑mento della sua libertà;

b) un significato ristretto che ha al centro il rap‑porto tra governanti e governati come un fe‑nomeno storico, prodotto dalla divisione del‑la società in classi antagoniste, e quindi come un elemento che può essere superato attraver‑so la costruzione di una nuova società.

Vale la pena ricordare che sotto il titolo di “mo‑derno Principe” si sarebbero potuti raccogliere

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| Alcune delle questioni affrontate nei “Quaderni”

per Gramsci tutti gli spunti di scienza politica che avessero potuto concorrere alla formazione di un lavoro di scienza politica concepito e organizza‑to sul tipo del Principe di Machiavelli. Il caratte‑re fondamentale del Principe è appunto quello di non essere una trattazione sistematica, ma un li‑bro «vivente», in cui l’ideologia diventa «mito» cioè «immagine» fantastica e artistica tra l’uto‑pia e il trattato scolastico, in cui l’elemento dot‑trinale e razionale si impersona in un «condottie‑ro» che presenta plasticamente e «antropomorfi‑camente» il simbolo della «volontà collettiva».

Il processo per la formazione della «volontà collettiva» viene presentato non attraverso una pedantesca disquisizione di princìpi e di criteri di un metodo d’azione, ma come «doti e doveri» di una personalità concreta, che fa operare la fanta‑sia artistica e suscita la passione. Il carattere uto‑pistico del Principe è dato dal fatto che il «princi‑pe» non esisteva realmente, storicamente, non si presentava al popolo italiano con caratteri di im‑mediatezza storica, ma era esso stesso un’astrazio‑ne dottrinaria, il simbolo del capo in generale, del «condottiero ideale».

Per Gramsci il partito, elemento imprescindi‑bile nello stato moderno, era appunto il «Prin‑cipe».

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La funzione del partito della classe operaia nella lotta per il socialismo |

Egli individuava tre gruppi di elementi fonda‑mentali per l’esistenza e la resistenza di un parti‑to politico:

– Un elemento diffuso di uomini comuni, me‑di, la “base” insomma.

– Un elemento coesivo principale, un gruppo dirigente, “dei capitani”, grazie al quale il mo‑vimento diventa partito che fa diventare ef‑ficiente e potente un insieme di forze che la‑sciate a se stesse non conterebbero nulla.

– Un elemento medio che metta in relazione il primo col terzo, che li metta in contatto, non solo fisico, ma anche morale e intellettuale. Perché i gruppi dirigenti non devono sosti‑tuirsi al corpo del partito e alle masse (come fa il partito politico borghese).

Il “moderno Principe”, il “mito‑Principe”, non può essere una persona reale, un individuo con‑creto; può essere solo un organismo, un elemen‑to sociale nel quale già abbia inizio il concretarsi di una volontà collettiva riconosciuta e affermata‑si parzialmente nell’azione.

Una parte importante del “moderno Principe” è la questione di una riforma intellettuale e mo‑rale, cioè la questione religiosa, o di una concezio‑ne del mondo. Il “moderno Principe” deve essere

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| Alcune delle questioni affrontate nei “Quaderni”

il banditore di una riforma intellettuale e morale, che è il terreno per un ulteriore sviluppo della vo‑lontà collettiva nazionale popolare nel terreno di una forma compiuta e totale di civiltà moderna.

Perciò la riforma intellettuale e morale è sem‑pre legata a un programma di riforma eco‑nomica, anzi il programma di riforma eco‑nomica è il modo concreto con cui si presenta ogni riforma intellettuale e morale. Il moder‑no Principe, sviluppandosi, sconvolge tutto il sistema di rapporti intellettuali e morali in quanto il suo svilupparsi significa appunto che ogni azione è utile o dannosa, virtuosa o scel‑lerata, in quanto ha come punto concreto di riferimento il moderno Principe e incremen‑ta il suo potere o lo combatte. Egli prende il posto, nelle coscienze, della divinità e dell’ im‑perativo categorico, egli è la base di un laici‑smo moderno e di una completa laicizzazione di tutta la vita e di tutti i rapporti di costume.

Ebbe sempre chiaro Gramsci che il partito è una formazione storica, non è mai definito e non lo sarà mai perché esso si definirà quando sarà di‑ventato tutta la popolazione, cioè quando sarà sparito.

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| Contributi a una pedagogia dell’impegno civile e politico

Achille Occhetto

I comunisti, i socialisti, prevedono, desiderano e au‑spicano la partecipazione, la militanza, la presen‑za democratica. Il fatto che oggi si dimentichi an‑che questo dimostra a quale arretramento culturale sono arrivati i gruppi dirigenti della sinistra.

(Achille Occhetto, Intervista di Claudio Sabelli Fioretti, Sette, 3 ottobre 2002)

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