Newsletter PLAN Marzo 2014

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PLAN Società Cooperativa. Sede Legale: 40121 BOLOGNA Via Indipendenza, 70 tel. 0514211985 fax 0514229308 C.F./P.IVA 0370 186 0375 E-mail [email protected] PEC: [email protected] Iscr. Trib. BO n. 48642 C.C.I.A.A. BO n.313833 - Iscrizione albo Società Cooperative A149008 Pagina 1 Sommario Contributo E se non si facesse più formazione? ................................................................................... 2 a cura di Cesare Bentivogli Proposte formative Organizzato in collaborazione con Business M@ster Executive Master in Direzione delle Risorse Umane 7 5 IntegrAction Game®: migliorare l’integrazione organizzativa tra i ruoli e le funzioni aziendali ............................................................. 8 9 Coaching e Counseling strategico per lo sviluppo delle persone e dei gruppi di lavoro ..................................................................................... 8 Informiamo, inoltre, che dal prossimo 10 febbraio è disponibile on line all’indirizzo http://www.quadrifor.it il catalogo corsi e percorsi 2014 di Quadrifor, Istituto bilaterale per lo sviluppo della formazione dei quadri del terziario. Segnaliamo questa iniziativa in quanto alcuni corsi sono tenuti da nostri docenti, ma anche perché gli iscritti incontrano molte altre ottime opportunità formative.

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La Newsletter di Plan con le novità del prossimo mese e un interrogativo: "E se non si facesse più formazione? Ci aiutate a rispondere?

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Sommario Contributo

E se non si facesse più formazione? ................................................................................... 2

a cura di Cesare Bentivogli

Proposte formative

Organizzato in collaborazione con Business M@ster

Executive Master in Direzione delle Risorse Umane 7

5 IntegrAction Game®: migliorare l’integrazione organizzativa tra i ruoli e le funzioni aziendali ............................................................. 8

9 Coaching e Counseling strategico per lo sviluppo delle persone e dei gruppi di lavoro ..................................................................................... 8

Informiamo, inoltre, che dal prossimo 10 febbraio è disponibile on line all’indirizzo

http://www.quadrifor.it il catalogo corsi e percorsi 2014 di Quadrifor, Istituto bilaterale

per lo sviluppo della formazione dei quadri del terziario. Segnaliamo questa iniziativa in

quanto alcuni corsi sono tenuti da nostri docenti, ma anche perché gli iscritti incontrano

molte altre ottime opportunità formative.

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E se non si facesse più formazione?

a cura di Cesare Bentivogli

http://www.planbologna.org/component/k2/item/109-cesare-bentivogli?Itemid=152

Non è una provocazione! E neanche una domanda retorica! E' una riflessione seria che emerge a fronte di molteplici testimonianze che possono far pensare che, tutto sommato, in contraddizione con tante attestazioni di stima, la formazione ricopra un ruolo decisamente marginale nelle politiche e nelle strategie di sviluppo pubbliche e private. Nel fornire il mio apporto al testo sulle competenze invisibili1 avevo sviluppato un concetto analogo: “E se non si facessero più corsi?”. In quel caso, però, il tentativo era di osservare quanto per le competenze meno evidenti fossero più efficaci metodologie di apprendimento alternative a quelle corsuali più tradizionali. Ma non si metteva in dubbio il ruolo della formazione. In questo caso il mio disagio è ben più generalizzato e cercherò di esplicitarlo richiamando alcuni fenomeni antichi e recenti. Fenomeni

Al di là delle enunciazioni pubbliche, l'investimento in istruzione e formazione in Italia si sta riducendo sia in termini assoluti che in termini relativi. E' veramente singolare che questo avvenga in momenti di crisi, soprattutto se questa è determinata, come ormai acclarato, non solo dalla congiuntura internazionale, ma anche dalla perdita di competitività del sistema paese. Forse la formazione, la sua sorella istruzione e i cugini ricerca e innovazione sono esercizi di stile che ci si può permettere solo quando si hanno soldi da buttare! Risulta evidente anche dalla recente “deviazione” dei contributi dei Fondi interprofessionali, finalizzati alla formazione, al sostegno delle politiche passive, come la cassa integrazione in deroga. E' indubbio che in questo momento molti lavoratori disoccupati devono sopravvivere, ma è altrettanto vero che se vogliono continuare a farlo anche nel futuro è meglio che si attrezzino. Tale decisione induce tre possibili interpretazioni: o si pensa che per il futuro la formazione e, in genere, le politiche attive, non serve o serve poco, oppure non si ha un'idea di come costruirlo (il futuro), o, infine, si pensa che la soluzione ai problemi attuali si auto-sveli. Qualcuno dice: la formazione professionale fa schifo!2 Certo che se è così, e per molti versi condivido l'affermazione, è ovvio che “non ci si fidi” dell'investimento. Ma faccio una banale considerazione partendo dai numeri. In Italia un insegnante della scuola superiore, peraltro notoriamente il meno pagato dell'Europa occidentale, costa allo Stato circa 100 euro per ogni ora di insegnamento. Un docente che fa corsi finanziati dai Fondi interprofessionali, normalmente, costa la metà: del resto con i 165 euro all'ora finanziati da Fondimpresa non ci si può permettere di più. E' ovvio che poi la formazione professionale faccia schifo.

1 C. Bentivogli, M. Catani, C. Marmo, D. Morgagni, “Le competenze invisibili: Formare le competenze che tutti

cercano”, F. Angeli, Milano, 2013 2 Intervista a Radio 24 del 25/10/2013 del segretario del PD Matteo Renzi

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E non voglio dire che la formazione è trattata peggio della scuola: se gli edifici più pericolosi sono le scuole, che hanno diverse deroghe al rispetto della normativa sulla sicurezza, con le tristi conseguenze che conosciamo, capiamo quanto il paese creda e investa sull'istruzione! Una riflessione analoga, in questi tempi, viene rivolta ai centri per l'impiego, che vengono meno al loro compito di supporto al reperimento dell'occupazione e, da diverse parti, si propone di abolirli. Ma come è possibile che siano efficaci se le risorse allocate presso i centri per l'impiego in Italia sono la decima parte di quelle tedesche, se l'80% del tempo lavoro è dedicato alla burocrazia e se i dipendenti non possiedono le competenze giuste per un lavoro così delicato?

Anche l'istituto dell'apprendistato ben si presta a questo ragionamento, in quanto oggetto, da un lato, di molte aspettative e, dall'altro, di molte critiche, non ultima l'effettivo scarso ricorso ad esso nelle ultime formulazioni prodotte dalla riforma del lavoro 92/2012. Cito l'apprendistato in quanto, lo ricordo a chi forse lo ha dimenticato (il dubbio sorge spontaneo), che si tratta di un contratto di lavoro con fini formativi: in cambio di un costo del lavoro ridotto si favorisce la formazione di quei giovani che, altrimenti, non potrebbero mai entrare nel mondo del lavoro in quanto privi di competenze. Lo cito anche perché le intenzioni del legislatore sono rivolte ad introdurre una via italiana al sistema duale tedesco, che attribuisce alle imprese un ruolo fondamentale nella formazione professionale, a condizione che siano serie e competenti. Bene, recentemente l'ex ministro Maurizio Sacconi ha messo a punto il piano del lavoro del Nuovo Centro Destra. Sono 10 punti fra cui le proposte per l'apprendistato sono, a mio parere, allucinanti. Si ipotizza una semplificazione dei progetti formativi; si propone di attribuire la certificazione delle competenze acquisite ai consulenti del lavoro (sigh!) e alle associazioni di categoria; infine si elimina il vincolo di omogeneità delle competenze acquisite con il repertorio nazionale delle professioni e con gli standard dei contratti collettivi!! In pratica gli apprendisti vengono stipendiati dallo stato e, in questo modo, i giovani trovano lavoro. Se questa proposta è condivisibile, allora vuol dire che la formazione non serve a nulla! Ma non è che il settore privato, inteso come imprese e lavoratori, induca altre interpretazioni e conclusioni. Anche in questo caso alcune fenomenologie sono molto sintomatiche:

– la maggior parte dei corsi realizzati dalle imprese e dalle persone sono collegate a obblighi di legge. Si pensi ai corsi sulla sicurezza: praticamente formazione in Italia significa fare corsi obbligatori sulla sicurezza; il resto è residuale. Si pensi alla formazione obbligatoria per poter esercitare le professioni liberali, come l'avvocato, il commercialista, ecc: tutti gli anni si ripropone un modulo (un disco?) sulla deontologia professionale;

– la stragrande maggioranza delle imprese, soprattutto quelle piccolissime, fanno formazione solo se finanziata dal pubblico o dai Fondi Interprofessionali, cui, peraltro, contribuiscono “obbligatoriamente”. Molte neanche lo sanno;

– in ogni caso, i numeri sull'accesso alla formazione continua in Italia rimane ancora al di sotto delle soglie europee;

– anche il fenomeno dei corsi realizzati nei week end e alla sera è da ascriversi alle stesse motivazioni: alla formazione dedico il tempo “altro” rispetto al lavoro. E' vero che l'impegno dimostrato induce un'alta considerazione verso lo sviluppo delle competenze, ma non sufficiente a realizzare un investimento pieno, quale quello evidente nella sottrazione di risorse al lavoro.

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Anche il settore privato rivolge accuse di scarsa qualità alla formazione professionale: i corsi proposti sono troppo lunghi e teorici; la burocrazia toglie la voglia di impegnarsi; c'è scarsa flessibilità nei confronti delle esigenze produttive, ecc. In conclusione, mi sembra di poter affermare che un conto è fare proclami politicamente molto corretti e dall'altro farli seguire dai fatti. Quello che conta sono questi ultimi e i comportamenti sono lo specchio delle intenzioni. E' colpa della cattiva formazione se non ci si crede o la formazione è scadente perché non ci si crede? Non ha importanza: i fenomeni citati sopra ci inducono a credere che, probabilmente, essa non rappresenta poi uno strumento così valido per la competitività del paese e delle sue organizzazioni lavorative. Eppure succede anche che.....

Prima di tutto tanti paesi nostri concorrenti nell'economia mondiale e a noi molto vicini si stanno comportando in modo opposto al nostro. Conosco molto bene il sistema duale tedesco e posso dire che i giovani ne traggono più opportunità lavorative che in Italia non perché lo stato finanzia generosamente le aziende che li assumono, ma perché tutti fanno la propria parte per accrescere le competenze tecnico-professionali: i giovani investono accettando stipendi molto bassi; il pubblico mette a disposizione il sistema formativo; le aziende investono nella formazione. Ma al di là delle invidie nei confronti dei sistemi che funzionano esistono molti semplici dati di confronto:

– le economie più competitive investono oltre il 3% del Pil in ricerca e sviluppo: l'Italia è sotto l'1%;

– Francia, Germania e Inghilterra hanno incrementato i finanziamenti alla formazione dal 2009, mentre l'Italia li ha ridotti;

– la flexicurity ha dato buoni frutti in quei paesi dove la flessibilità in uscita è stata bilanciata con efficaci politiche attive, come in Danimarca;

– i paesi dell'est Europa in via di sviluppo sono quelli con il più alto livello di scolarizzazione.

Sembra che la relazione fra istruzione/formazione/ricerca da una parte e sviluppo dall'altra rappresentino una formula vincente. Nell'ultimo anno mi è capitato di partecipare abbastanza assiduamente a incontri, convegni, fiere dedicate al tema delle risorse umane in chiave di sviluppo delle organizzazioni. Gli argomenti trattati sono stati diversi, ma i tratti comuni hanno riguardato le leve per favorire i contributi del personale al successo delle organizzazioni, private e pubbliche. Assieme ai sistemi incentivanti, all'engagement, al benessere organizzativo è emerso sempre il ruolo della formazione. Al di là della ripetizione dei concetti un fattore mi ha colpito: i testimoni partecipanti alle iniziative facevano riferimento ad imprese ed organizzazioni di successo. Anche in momenti di crisi e con le relative difficoltà queste imprese assumono o non riducono il personale o continuano ad investire nelle risorse umane. E' vero che non sono rappresentative del sistema economico italiano e che, probabilmente, sono molti i fattori che contribuiscono alla loro posizione privilegiata, ma quello che mi colpisce è, in tutte le testimonianze raccolte, la costante relazione successo-sviluppo risorse umane. Sarà un caso? Non credo perché, in contrasto con il quadro generale illustrato sopra sulla scarsa propensione delle imprese alla formazione continua, esistono invece organizzazioni che non hanno nulla da invidiare alle celebrate aziende tedesche. Molte hanno academy interne, altre collaborano assiduamente con l'Università, altre ancora investono quote significative nella formazione, sia strutturandosi per gestirla internamente, sia facendo riferimento a partner prestigiosi. Spesso si tratta di multinazionali, e già questo potrebbe

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rappresentare un segnale significativo. Spesso si tratta di imprese che esportano e di imprese operanti in settori ad elevata innovazione tecnologica. Ma in relazione a questi soggetti un altro fattore potrebbe costituire un segnale da non sottovalutare: i docenti vengono pagati dalle due alle tre volte rispetto ai colleghi della formazione professionale. Si potrebbe obiettare: ma è perché si tratta di docenti molto preparati, spesso di estrazione universitaria e con esperienza nella consulenza. Appunto! Un altro fattore, pur non supportato da dati scientifici, è in controtendenza. Alla formazione si rivolgono soprattutto coloro che ricoprono posizioni di livello medio-alto (non altissimo) e possiedono maggiore istruzione. Qualcuno arriva a dire: la formazione la fanno coloro che non ne hanno bisogno! Lo fanno perché serve o perché si divertono? Posto che il benessere, è dimostrato, incrementa la produttività, credo che una certa funzionalità al proprio miglioramento professionale questi personaggi la individuino. Non capisco

“A capa mia nun è bona perché non riesco a capire” diceva a Bulldozer su Rai 2 nel 2003 Tonino Cardamone, alias il comico napoletano Paolo Caiazzo. Esprimeva molto efficacemente il suo disadattamento, per il quale percepiva anche una pensione di invalidità, per tanti fenomeni socio-politici del momento. Anch'io incontro molte difficoltà a comprendere come mai:

– non si osservino i fenomeni in tutte le loro evidenti manifestazioni; – le buone pratiche non insegnino niente; – si preferisca perseguire le strade che già si sono dimostrate sbagliate; – si predichi in un verso ma si agisca al contrario.

Potrei chiedere l'indennità anch'io! Qualcuno potrebbe obiettare, e qualcuno in effetti lo ha già fatto, che alcune situazioni sono difficili da cambiare. Come conseguenza, si esprimono auspici ma non si è in grado di intervenire perché, semplicemente, è impossibile. Ma, mi chiedo, certe situazioni sono frutto di scelte fatte nel corso degli anni e non credo che un tempo non si fosse in grado di operare adeguatamente. Qualcuno aggiunge anche che in questo momento le priorità sono altre e questo non consente di pensare con lucidità agli investimenti, che, per loro natura, oggi sono solo costi. Per di più quando risorse per gli investimenti ce ne sono meno che in altri momenti. Ma non mi sembra che in passato le cose fossero molto diverse. Un'altra ipotesi, anch'essa per me incomprensibile, è che porti maggiori benefici la menzogna piuttosto che la faticosa azione. L'ispirazione mi viene da un articolo di Tommaso Raimondi su Persone & Conoscenze dello scorso settembre, in cui sottolineava il fine manipolatorio di parecchie pratiche in uso presso gli uffici delle risorse umane. Anche il recente film di Virzì, Capitale umano, fa sospettare che alcune pratiche oscure risultino, per lo meno nel breve termine, molto più efficaci di interventi faticosi e costosi per tutti, con un orizzonte temporale molto più lungo e incerto. Le mie ipotesi

Concludendo il ragionamento formulo una sola ipotesi: la scarsa propensione alla formazione è figlia della scarsa capacità di programmare il futuro. Mi spiego. Se la formazione risulta valida ed efficace solo se destinata ad attuare le politiche, non importa se parliamo delle politiche industriali di un paese o delle scelte strategiche delle imprese o dei programmi di crescita delle persone, allora questa non ha ragion d'essere in mancanza delle prime. Anzi, la formazione che non sia ancorata ad un progetto, e al conseguente fabbisogno, rischia solo di produrre danni.

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Credo che questo limite sia largamente presente in molti contesti e lo sia ancor di più presso i soggetti più deboli, istituzioni, aziende o persone che dir si voglia. Fra l'altro, questo dato collima con quello già segnalato della maggiore propensione alla formazione dei soggetti forti: coloro che progettano dei percorsi riescono a “vedere” un ruolo nelle azioni di formazione e a trarne vantaggio. Così si spiega come mai da più parti, anche autorevoli, si attribuisca alla formazione e ai servizi per l'impiego il compito di favorire l'ingresso nel lavoro e il mantenimento dell'impiego. Ma come è possibile se il lavoro non c'è? Anche i dispositivi formativi, ancorati a nulla, diventano inefficaci. Anche pensare che fare formazione sull'autoimpresa produca opportunità lavorative a chi ha perso il lavoro denuncia uno scollamento fra mezzo e fine: è vero che le skill imprenditoriali sono utili nel mondo del lavoro, ma da sole non lo creano. Come spesso accade, il problema non sta tanto negli strumenti, quanto nella capacità di utilizzo ed è su questo che è meglio che i decisori, a tutti i livelli, si interroghino. Ne traggo anche una conclusione, che è anche un invito agli addetti ai lavori per fornire un contributo fattivo: diffondiamo una corretta cultura della formazione. Se alla formazione viene attribuito il giusto ruolo si formulano anche giuste aspettative, evitando così le molte distorsioni che creano anche sfiducia. Se la formazione viene realizzata solo in collegamento con le politiche e i programmi di sviluppo si eleverà di molto la qualità e la relativa credibilità di tutto il settore. Probabilmente questo comporterà una notevole selezione degli interventi formativi, in quanto si faranno solo quelli veramente utili, ma è solo così che si potrà pensare ad un futuro. Si faranno anche meno “corsi”, ma si faranno più eventi di apprendimento alternativi. Ritengo anche che per elevare la qualità della formazione non servano troppe risorse. E' vero che i soldi spesi in strutture e personale preparato non sono mai abbastanza e non sono inutili, ma un vero salto di qualità lo si ottiene principalmente con un'adeguata progettazione degli interventi, mediante la formula sopra esposta. Infine ben vengano iniziative come quella in atto da AIF, l'associazione Italiana dei formatori, che sta adeguando lo statuto per consentire il riconoscimento da parte dello Stato delle professioni non regolamentate. La qualità e la deontologia professionale rappresentano uno strumento di selezione che non può che favorire l'emersione di una formazione professionale più credibile e utile.

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Executive Master in Direzione delle Risorse Umane

Un’opportunità per chi vuole lavorare nell’ambito delle Risorse Umane: social & diversity HR management

Organizzato in collaborazione con Business M@ster

Obiettivi Formativi

Chi già lavora nell’ambito della gestione risorse umane e desidera crescere e progredire

verso posizioni di livello manageriale più elevato, acquisirà da questo master una

specializzazione esaustiva nelle aree fondamentali delle risorse umane e negli ambiti

più innovativi e strategici per il mantenimento della competitività aziendale (nuove tecnologie

per il recruiting, motivazione in tempo di crisi, pianificazione formativa aziendale,

ottimizzazione ed efficienza organizzativa, internazionalizzazione.)

Destinatari

Il percorso formativo si rivolge a:

Giovani laureati con qualche anno di esperienza in azienda e l’interesse a specializzarsi nelle aree inerenti l’organizzazione e la gestione del personale;

Risorse neo inserite nell’area HR interessate ad accelerare il proprio sviluppo occupazionale e ottenere la migliore integrazione nel contesto aziendale di riferimento;

Liberi professionisti, consulenti intenzionati a potenziare le proprie competenze nell’ambito della gestione delle Risorse Umane.

Sede e orario

Il master si terrà a Firenze presso una location situata nelle immediate vicinanze della stazione ferroviaria di Firenze Santa Maria Novella a partire da maggio 2014.

Le lezioni si svolgeranno al Sabato dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00 (8 ore).

La durata complessiva del master è pari a 16 giornate per un totale di 128 ore.

Prezzi

Il master prevede una quota di partecipazione di 3.100 euro + Iva.

ADVANCED BOOKING sconto del 20 % per chi si iscrive entro il 10 marzo 2014.

Visita il nostro sito per conoscere le altre offerte promozionali.

Per maggiori informazioni contattaci telefonicamente 051.4211985 o per mail a

[email protected]

Ai clienti PLAN iscritti al corso verrà dato in omaggio esclusivo la pubblicazione

"Le competenze invisibili"

C. Bentivogli, M. Catani, C. Marmo e D. Morgagni,

“Le competenze invisibili. Formare le competenze

che tutti cercano. ”Franco Angeli, 2013.

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Proposte formative

Corsi per aziende e organizzazioni

5 IntegrAction Game®: migliorare l’integrazione organizzativa tra i ruoli e le funzioni aziendali

Contenuti

La metodologia dell’IntegrAction Game si caratterizza in quanto mette alla prova i partecipanti nella realizzazione di un prodotto comune, totalmente esterno alle esperienze di ognuno (predisposizione di una mostra fotografica, organizzazione di un viaggio, ecc.). In questo modo, ognuno può esprimersi liberamente, senza rimanere vincolato al proprio ruolo professionale e al “mascheramento” che questo comporta. Oggetto di apprendimento sono sia il modo in cui viene svolto il processo di integrazione (“integration”), che il prodotto (“action”).

Ogni giornata di lavoro si articola nelle seguenti fasi:

– Presentazione iniziale. Il conduttore presenta (brevemente) gli scopi del lavoro e le

“regole” del gioco;

– Presentazione della struttura del gioco. Il conduttore presenta l’articolazione della

giornata di lavoro (alternanza tra gioco e pause, alternanza tra gioco e analisi), che

corrisponde anche alle diverse fasi di realizzazione del prodotto comune

(predisposizione di una mostra fotografica, organizzazione di un viaggio, ecc.);

– Avvio e realizzazione del gioco vero e proprio, con osservazione e valutazione del

processo e degli stati di avanzamento del prodotto;

Termine del gioco e realizzazione della fase di riflessione ex-post a caldo.

Edizioni Milano, 18 e 19 marzo 2014 c/o sede da definire

Link http://www.planbologna.org/component/k2/item/375-5-integraction-game

9 Coaching e Counseling strategico per lo sviluppo delle persone e dei gruppi di lavoro

Contenuti

– La persona: peculiarità e potenzialità;

– Il coaching come strumento di sviluppo personale e professionale e di facilitazione dei

team di lavoro;

– Non problemi da risolvere, ma situazioni da affrontare e obiettivi da raggiungere;

– Migliorare la produttività ... favorendo lo sviluppo delle potenzialità, il coinvolgimento, la

motivazione e l'auto-responsabilizzazione delle persone;

– Il coaching ... oltre la formazione.

Edizioni Bologna, 10 e 17 aprile 2014 c/o sede da definire.

Link http://www.planbologna.org/corsi/item/380

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Per la partecipazione ai nostri corsi è possibile accedere ai finanziamenti di

Fondimpresa (http://www.fondimpresa.it/Home/), Fondir (http://www.fondir.it/), Fondirigenti

(http://www.fondirigenti.it/default.do), Foncoop (http://www.foncoop.coop/), Fondo Banche e

Assicurazioni (http://www.fondofba.it/) e dei principali Fondi interprofessionali

mediante voucher o progettazioni ad hoc

Il Sistema di Gestione della Qualità di Plan è certificato in accordo alla norma UNI EN ISO 9001:2008

Per maggiori informazioni e per scaricare

la scheda di iscrizione consulta il sito:

www.planbologna.org

www.planformazionelavoro.org

Segreteria organizzativa

Sede Plan

tel. +390514211985 +393355787215

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Massimo Ricci

tel. +393356920801

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Ai sensi del D. Lgs. 30/06/2003 n. 196 si precisa che le informazioni contenute in questo messaggio sono riservate e ad uso esclusivo del destinatario. Qualora il messaggio in parola Vi fosse pervenuto per errore, Vi invitiamo ad eliminarlo senza copiarlo e a non inoltrarlo a terzi, dandocene gentilmente comunicazione ai recapiti in calce. Ai sensi dell'art. 130, comma 4 del Codice della Privacy, D. Lgs. n. 196/2003, i Vostri dati personali, le Vostre coordinate di posta elettronica da Voi fornitici saranno utilizzati per i necessari adempimenti istituzionali e/o per obblighi di legge e non saranno oggetto di comunicazione o diffusione a terzi e saranno trattati sia in forma elettronica, che cartacea. Ricordiamo infine che Vi sono riconosciuti i diritti di cui all'art. 7 del D. Lgs. 196/03 per la tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento di dati personali, in ogni momento è possibile modificare o cancellare i dati presenti nel nostro archivio. Se si desidera interrompere l'invio di questa newsletter è possibile segnalarlo allo 051.4211985 o a

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