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L’evoluzione del sostegno pubblico all’audiovisivo di Alberto Versace, Lorenzo Canova, Tommaso M. Fabbri, Francesca Medolago Albani 1 Introduzione Il presente contributo origina dall’esperienza fatta dagli autori nell’ambito del grup- po di lavoro che ha concepito, istruito e accompagnato nel tempo l’attuazione del program- ma di investimenti pubblici sul settore audiovisivo intitolato «Lo sviluppo dell’industria au- diovisiva nel Mezzogiorno» (www.sensicontemporanei.it). Quel programma, tuttora in cor- so in tre regioni del Mezzogiorno d’Italia (Sicilia, Puglia e Basilicata), costituisce un’espe- rienza esemplare ai fini di una riflessione sul rapporto Stato-Regioni in materia audiovisiva, per tre distinti motivi. Il primo è la fonte finanziaria, congiunta, nazionale e regionale. In questo programma le Regioni esercitano formalmente competenze e appostano loro risor- se aggiuntive in un ambito da sempre appannaggio del Ministero per i Beni e le Attività Cul- turali. Il secondo è la logica «industriale»: l’audiovisivo non è fatto coincidere con il prodot- to-cinema ma è inteso come settore/filiera industriale. Il terzo è l’ipotesi di strumentalità, incorporata nel programma, tra investimento culturale (e specificamente sul settore audio- visivo) e sviluppo territoriale. Nel programma «Lo sviluppo dell’industria audiovisiva nel Mezzogiorno» è quindi possibile osservare i problemi e le opportunità di coordinamento inter- e intra-istituzionale conseguenti a un assetto normativo in cui le competenze in ma- teria audiovisiva siano in qualche modo condivise tra lo Stato e le Regioni. Nelle pagine che seguono si fornirà dapprima un’illustrazione delle tendenze inter- nazionali e nazionali in materia di sostegno pubblico all’audiovisivo, utile a radicare la ne- cessità di un coordinamento migliore tra i policy maker concorrenti, ai diversi livelli e nei diversi ambiti di competenza. Quindi si darà sintetica illustrazione della struttura e della di- namica del programma «Lo sviluppo dell’industria audiovisiva nel Mezzogiorno», con l’in- tento di dare esemplificazione concreta dei problemi di coordinamento istituzionale che in- sorgono nell’ambito di politiche per l’audiovisivo. Infine, in sede conclusiva, si forniranno alcuni spunti di riflessione per la definizione di un nuovo assetto regolamentare della spesa pubblica in materia audiovisiva. 2 Audiovisivo e spesa pubblica in Europa e in Italia Non esistono differenze tra i prodotti cinematografici e audiovisivi finanziati da fon- di pubblici regionali e i prodotti finanziati da fondi nazionali e sovranazionali. Alcune, e molto significative, possono invece essere rilevabili nelle ragioni e nelle condizioni di finan- ziamento. Si possono ricostruire differenze pratiche (linee di intervento e strumenti adotta- ti) e teoriche (obiettivi perseguiti). Partiamo dalle seconde per dedurre le prime. La ragion 275 RappIEM 2 28-11-2008 9:05 Pagina 275

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L’evoluzione del sostegno pubblico all’audiovisivodi Alberto Versace, Lorenzo Canova, Tommaso M. Fabbri,Francesca Medolago Albani

1 Introduzione

Il presente contributo origina dall’esperienza fatta dagli autori nell’ambito del grup-po di lavoro che ha concepito, istruito e accompagnato nel tempo l’attuazione del program-ma di investimenti pubblici sul settore audiovisivo intitolato «Lo sviluppo dell’industria au-diovisiva nel Mezzogiorno» (www.sensicontemporanei.it). Quel programma, tuttora in cor-so in tre regioni del Mezzogiorno d’Italia (Sicilia, Puglia e Basilicata), costituisce un’espe-rienza esemplare ai fini di una riflessione sul rapporto Stato-Regioni in materia audiovisiva,per tre distinti motivi. Il primo è la fonte finanziaria, congiunta, nazionale e regionale. Inquesto programma le Regioni esercitano formalmente competenze e appostano loro risor-se aggiuntive in un ambito da sempre appannaggio del Ministero per i Beni e le Attività Cul-turali. Il secondo è la logica «industriale»: l’audiovisivo non è fatto coincidere con il prodot-to-cinema ma è inteso come settore/filiera industriale. Il terzo è l’ipotesi di strumentalità,incorporata nel programma, tra investimento culturale (e specificamente sul settore audio-visivo) e sviluppo territoriale. Nel programma «Lo sviluppo dell’industria audiovisiva nelMezzogiorno» è quindi possibile osservare i problemi e le opportunità di coordinamentointer- e intra-istituzionale conseguenti a un assetto normativo in cui le competenze in ma-teria audiovisiva siano in qualche modo condivise tra lo Stato e le Regioni.

Nelle pagine che seguono si fornirà dapprima un’illustrazione delle tendenze inter-nazionali e nazionali in materia di sostegno pubblico all’audiovisivo, utile a radicare la ne-cessità di un coordinamento migliore tra i policy maker concorrenti, ai diversi livelli e neidiversi ambiti di competenza. Quindi si darà sintetica illustrazione della struttura e della di-namica del programma «Lo sviluppo dell’industria audiovisiva nel Mezzogiorno», con l’in-tento di dare esemplificazione concreta dei problemi di coordinamento istituzionale che in-sorgono nell’ambito di politiche per l’audiovisivo. Infine, in sede conclusiva, si fornirannoalcuni spunti di riflessione per la definizione di un nuovo assetto regolamentare della spesapubblica in materia audiovisiva.

2 Audiovisivo e spesa pubblica in Europa e in Italia

Non esistono differenze tra i prodotti cinematografici e audiovisivi finanziati da fon-di pubblici regionali e i prodotti finanziati da fondi nazionali e sovranazionali. Alcune, emolto significative, possono invece essere rilevabili nelle ragioni e nelle condizioni di finan-ziamento. Si possono ricostruire differenze pratiche (linee di intervento e strumenti adotta-ti) e teoriche (obiettivi perseguiti). Partiamo dalle seconde per dedurre le prime. La ragion

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d’essere del programma comunitario MEDIA1 e della maggior parte dei fondi nazionali de-stinati al cinema e all’audiovisivo risiede nell’idea che le due attività realizzino il loro poten-ziale nel costruire contenitori e vettori di cultura. Non è un caso che l’amministrazione deifondi e la gestione dei finanziamenti siano annoverate tra le responsabilità delle istituzionipreposte alla valorizzazione del patrimonio e alle attività culturali.

Le dimensioni dei fondi e i criteri di eleggibilità di soggetti e progetti e il raggiod’azione sono tuttavia diversi: nazionale nel caso dei singoli paesi, paneuropeo e internazio-nale nel caso dell’Unione Europea. L’Unione si attribuisce il ruolo diretto di incoraggiare lacreatività e la diffusione della cultura europea attraverso l’audiovisivo – prima di tutto all’in-terno della stessa Europa unita e poi oltre i suoi confini – e la formazione di professionali-tà specialistiche, mentre lascia il sostegno all’attività di produzione vera e propria alla com-petenza degli Stati membri (anche per oggettiva scarsità di fondi).

Il programma MEDIA sostiene dunque prevalentemente lo sviluppo, la distribuzionee la promozione di opere audiovisive europee, siano esse opere di fiction (cinematograficae non), documentari, opere di animazione o multimediali. Il rinnovo più recente, con l’ap-provazione di MEDIA 2007, destina alle attività di sviluppo almeno il 20% della dotazionecomplessiva (circa 755 milioni di euro in sette anni), alla distribuzione almeno il 55%, allapromozione circa il 9%, alla formazione il 7%, a progetti pilota circa il 4%, ad attività oriz-zontali il restante 5%.

Gli Stati membri – che invece intervengono in differenti modi e misure in tutte lefasi della filiera produttiva e distributiva del settore audiovisivo – operano in modo tale chesia quasi esclusivamente l’industria nazionale a risultare beneficiaria delle azioni di sostegnoma, anche in questo caso, motivando la propria politica di sostegno con la valenza cultura-le dell’industria in sé (la Francia in particolare) o dei progetti sostenuti e facendo leva sulladimensione culturale delle attività connesse al cinema e all’audiovisivo.

Da questo approccio, complementare come linea di intervento ma orientato aglistessi risultati, discende in entrambi i casi per lo più l’adozione di misure di sostegno eco-nomico improntate a una selezione di tipo qualitativo, per privilegiare, almeno in teoria, ilprogetto maggiormente in grado di rappresentare e diffondere valori culturali. Gli strumen-ti adottati possono variare dai contributi, ai prestiti senza interessi, al mutuo a tasso agevo-lato, in alcuni casi sostenuti da fondi di garanzia.

I fondi regionali di recente generazione, al contrario, che nascono più da concretesuggestioni bottom-up, tendenzialmente orientano attenzione verso progetti maggiormentein grado di realizzare in primo luogo un interesse economico specifico del proprio territo-rio. È messo in rilievo solo in seconda istanza se questo si realizzi maggiormente attraver-so l’ospitalità delle fasi più strettamente produttive, ovvero attraverso la creazione di nuovo

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1 Il Programma MEDIA (Mesures pour Encourager le Développement de l’Industrie Audiovisuelle)è un programma comunitario di sostegno all’industria europea dell’audiovisivo di durata pluriennale, chefa capo alla DG Società dell’Informazione e Media. Riferimenti: Programma MEDIA (1991-1995), Decisio-ne del Parlamento e del Consiglio 90/685/Cee, G.U. L 380 del 31.12.1990; Programma MEDIA II (1996-2000), Decisione del Parlamento e del Consiglio 95/563/Ce, G.U. L 321 del 30.12.1995; Programma ME-DIA Plus (2001-2006), Decisione del Parlamento e del Consiglio 2000/821/Ce, G.U. L 13 del 17.1.2001;Programma MEDIA Formazione (2001-2006), Decisione del Parlamento e Consiglio 2001/163/Ce, G.U. L26 del 27.01.2000; Programma MEDIA 2007 (2007-2013), Decisione del Parlamento e del Consiglio1718/2006/Ce del 15 novembre 2006, G.U. L 327/12 del 24.11.2006.

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lavoro o di professionalità specialistiche, o ancora se abbia particolari ricadute visibili su al-tre filiere (ad esempio quella turistica o dei prodotti tipici).

Lo strumento finanziario principalmente adottato è il finanziamento diretto dell’impre-sa (o contributo al progetto), a condizione però che esso produca con certezza ricadute eco-nomiche positive sul territorio amministrato e che queste siano dimostrabili e rendicontate.

Va sottolineato che l’entità delle risorse finanziarie disponibili non è direttamenteproporzionale alla dimensione geografica di destinazione: nei paesi federali, i fondi regiona-li complessivamente superano di molte lunghezze quelli nazionali, mentre è prevalentemen-te opposta la situazione dei paesi più centralizzati, con un peso vieppiù rilevante – ad ognilivello amministrativo – riscontrabile in quelli, come la Francia, che hanno sempre riserva-to un’attenzione notevole all’audiovisivo in tutte le sue declinazioni di «industria culturale».

Generalizzando e, necessariamente, semplificando, ciò che maggiormente interessale amministrazioni locali è aumentare la produttività della propria area, attrarre nuovo capi-tale umano e finanziario, creare nuova occupazione diretta e indotta e, last but not least, svi-luppare campagne di marketing territoriale, che abbiano ricadute sui flussi turistici. In sin-tesi, l’obiettivo è un ritorno sugli investimenti con indice variabile – e variamente calcolato– ma superiore a 1.

Secondo gli esperti, è impossibile stabilire una misura valida per tutti i casi, anche sesi può stimare un moltiplicatore «medio», oscillante tra 1,5 e 2 per ogni euro investito dalleamministrazioni locali per incentivare la scelta del proprio territorio come location di ripre-se cinetelevisive, tra ricadute dirette e indotto2. Oggetto delle analisi sono, quindi, tanto leproblematiche relative all’impatto economico, quanto quelle sull’aumento dell’appeal turi-stico di un’area diventata «protagonista» di un’opera audiovisiva.

Da anni il dibattito è aperto tra gli economisti dello sviluppo e all’interno delle FilmCommission per trovare dei modelli di riferimento validi per tutti: negli Stati Uniti già datempo vengono condotti studi sui risultati delle attività delle Film Commission (raccolti nel-la pubblicazione annuale «Locations Survey» di Hollywood Reporter, che riporta le speseeffettuate sui territori degli Stati dalle produzioni che girano on location), mentre nelle regio-ni anglosassoni questi vengono regolarmente valutati da società di ricerca indipendenti suincarico dei governi locali3.

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2 Vedi, a livello nazionale: A. Rocco, «Studio sull’impatto economico delle produzioni cinemato-grafiche e televisive sul territorio umbro» (2001); A. Rocco, «L’impatto economico dell’audiovisivo sul ter-ritorio», Cinema & Video International, Supplemento n. 11-12, dicembre 2003; G. Celata, A. Pichelli, «Il mol-tiplicatore di reddito nelle produzioni audiovisive», paper, Facoltà di Scienze della Comunicazione, Univer-sità «La Sapienza», Roma 2004; G. Celata, «L’effetto moltiplicatore dilata gli investimenti», Il Giornale delloSpettacolo, n. 28, 13 ottobre 2006, ripreso in «Studio sul ruolo delle società di produzione esecutiva in Italiae sull’impatto economico delle loro attività», Associazione Produttori Esecutivi – APE, a cura di F.M. Coc-cia ed E. di Raco, giugno 2006. Vedi anche, sul cineturismo: A. Rocco, P. Di Maira, «L’Italia sullo schermo:cinema e scelta dell’Italia da parte dei turisti stranieri», Centro Internazionali di Studi Luoghi e Locationscon BIT Borsa Internazionale del Turismo, supplemento a Cinema & Video International, gennaio-febbraio2006; «In viaggio con la fiction – Serie televisive e flussi turistici», realizzata per EXPOCST spa, dicembre2006. La pubblicazione più organica sul tema in Italia è «Le produzioni cinematografiche, il turismo e i ter-ritori», a cura di F. di Cesare per Risposte Turismo s.r.l e Fondazione Biennale di Venezia, 2006; riedizio-ne: F. di Cesare, G. Reich, Le produzioni cinematografiche, il turismo, il territorio, Carocci, Roma 2007.

3 È il caso del primo studio europeo, di Hydra per British Film Commission, Scottish Screen Lo-cations e Scottish Tourist Board dal titolo «The Economic and Tourism Benefits of Large-scale Film Pro-duction in the United Kingdom» del 1997. Ancora in Gran Bretagna: Oxford Economics, «The Economic

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2.1 Le esperienze europee

Indeed there are some similarities in the regional funds ap-proach and the tax shelter approach. They are all lookingfor economic impact, they are looking for collaboration orsometimes are competing fiercely.

Daniel Zimmermann (ECRIF-AV Financial Manager, 2003)

I primi governi locali a immaginare e sfruttare le opportunità offerte dalla produzio-ne cinematografica sui set in esterni, a partire dagli anni Cinquanta, sono statunitensi. Suquell’esempio sono nate, a partire dai primi anni Novanta, in pieno boom competitivo in Eu-ropa tra vecchie tv pubbliche e nuovi operatori commerciali, le Film Commission europee.

Queste strutture sono, di solito, uffici pubblici che operano all’interno delle ammi-nistrazioni locali. Il loro ruolo tipico non è di supporto finanziario, ma di «agevolatori del-le produzioni» o «acceleratori di business», tramite l’offerta – gratuita, e di solito indipen-dente da valutazioni qualitative sul prodotto – di servizi di supporto, che vanno dalle auto-rizzazioni amministrative a convenzioni con hotel e ristoranti, alla preselezione di localitàadatte al progetto di film, al reperimento di maestranze e manodopera locale.

Poco dopo inizia a manifestarsi in Europa il «fenomeno» dei Fondi regionali o loca-li. La fondamentale differenza rispetto alle Film Commission è che questi ultimi si pongo-no come organismi con finalità di natura finanziaria, operativamente autonomi rispetto al-le amministrazioni che li costituiscono (ma a cui in ogni caso rispondono), che intervengo-no attivamente solo nella costruzione del piano finanziario delle produzioni. Non nasconotutti nello stesso modo e hanno vita più facile negli Stati federali, dove le Regioni godonodi maggiore libertà di movimento e di più ampie competenze.

Questo è, di fatto, un primo spartiacque concettuale che distingue la natura dei Fon-di regionali da quella delle Film Commission. È proprio la stretta interdipendenza tra am-ministrazioni d’origine e Film Commission che consente a queste ultime di svolgere con ef-ficienza il proprio ruolo di mediazione tra ospiti produttivi e territorio, a partire dalla capa-cità e possibilità di agevolare permessi e chiudere convenzioni con i fornitori locali di ser-vizi fondamentali per la realizzazione concreta delle produzioni (dalle location all’ospitalitàalberghiera, al catering, alle maestranze generiche, alle professionalità locali).

Per contro, l’azionariato sovente misto e l’autonomia decisionale dei Fondi, uniti al-

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Impact of the UK Film Industry», luglio 2007, per UK Film Council e Pinewood Shepperton plc. Tra glistudi statunitensi di riferimento: Motion Picture Association of America (MPAA), «The Economic Impactof the Motion Picture & Television Production Industry on the United States» (2006) oltre che quelli diFilm & Tv Commissions di Stati americani: California, Texas, Massachusetts, Florida, Pennsylvania, Loui-siana, Arizona. Si segnalano inoltre: Monitor Company and the Public Affairs Coalition of the Alliance ofMotion Pictures and Television Producers, «The Economic Impact of Motion Picture, Television andCommercial Production in California», 1994; American Film Marketing Association, a cura di Arthur An-dersen Economic Consulting, «Economic Consequence of Independent Film Making», 1996. Vedi anche,in Canada: «Action! Industry in Motion! Economic Impact Analysis of Manitoba’s Film Industry 2003»,realizzato da InterGroup Consultants OARS Training Inc. per Film Training Manitoba (FTM) e ManitobaMotion Picture Industry Association (MMPIA). Sull’incremento dei flussi turistici da attività di ripresa au-diovisiva, citiamo il modello storico di Roger W. Riley e Carlton Van Doren in «Movies as Tourism Pro-motion: A Push Factor in a Pull Location», Tourism Management, 13, 1992.

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la tipologia di organizzazione snella e flessibile di cui sono stati dotati – laddove questi sia-no stati costituiti con finalità di sviluppo economico – rispecchia la necessità di «deburocra-tizzare» e «managerializzare» attività culturalmente lontane dalle amministrazioni pubblichee ad esse non necessariamente legate da vincoli stringenti (come, all’inverso, sono quelli re-lativi all’uso del patrimonio storico-artistico e ambientale).

In realtà questa stessa differenza di base risulta essere in alcune situazioni un nodonon perfettamente risolto, che ha dato e continua a dar luogo alla nascita di sovrapposizio-ni di ruolo e ad ambiguità, che non aiutano a individuare un metodo logico e un modellopercorribile.

Le radici della confusione si rintracciano parzialmente nelle origini dei Fondi perl’audiovisivo, che vedono la luce, cronologicamente, dopo le Film Commission e che ad es-se – in assenza di uno sviluppo teorico e di un dibattito ampio e aperto sullo strumento –vengono inizialmente assimilati.

In realtà le finalità dei due strumenti, come già osservato, sono molto diverse: di ser-vizio, le prime, di sviluppo economico e/o culturale, i secondi. Nel corso dell’evoluzioneche i Fondi hanno avuto, infatti, l’iniziale primogenitura delle Film Commission è stata ri-vendicata dai secondogeniti, fino a portare in alcuni casi – quelli in cui l’autonomia dagli en-ti pubblici è maggiore, ad esempio in Svezia e in Wallonie – a una completa inversione diprospettiva, con l’assorbimento e l’integrazione delle strutture di servizio sul territorio al-l’interno dell’organizzazione degli enti gestori dei Fondi, in qualità di «bracci operativi».

Si tratta di esempi di eccellenza: continuano a persistere, tuttavia, nelle regioni dovele due funzioni non sono ancora state riconosciute come diverse e distinte, o dove la neces-sità di uno strumento finanziario autonomo non è percepita come prioritaria, situazioni incui Film Commission svolgono anche attività di sostegno finanziario ad alcuni progetti se-lezionati, di fatto perpetuando una situazione ibrida e, necessariamente, di respiro limitato.

Nel 1990 esistevano in Europa ancora pochissimi Fondi regionali, tutti esclusiva-mente indirizzati al sostegno del solo cinema, con modalità selettive, destinati per la mag-gior parte a sostenere i film in ragione della loro componente culturale. Nell’ultimo decen-nio, invece, e in particolare a partire dal 2000, è nata una nuova leva di Fondi: gli economy-driven funds – come li definisce Catherine Buresi, esperta internazionale, già responsabile diEAVE, organismo europeo di formazione dei manager della produzione audiovisiva – orien-tati verso gli aspetti economici e commerciali delle produzioni audiovisive, anche non cine-matografiche.

«Il maggiore fondo regionale in Francia [Île de France, fondato nel 2001, budget 10milioni di euro propri, più 1 milione di euro dal CNC (Centre National de la Cinématogra-phie), N.d.A.] non è veramente ‘per i film’, ma è stato istituito come ‘fondo di sostegno perle industrie tecniche’. Approccio terminologico che conferma che il maggiore obiettivo nonè più il sostegno alla produzione di opere, ma il supporto all’industria stessa.»4

Il distacco, pratico prima ancora che teorico, dei Fondi per l’audiovisivo dalla matri-ce culturale che li ha inizialmente generati – e giustificati – è quindi di recentissima datazio-ne, e non è un caso che siano proprio i Fondi della seconda generazione a dare l’impulso

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4 Catherine Buresi, «Local and Regional Funds in Europe: Towards a Real Impact on EuropeanProduction?», studio realizzato per il workshop «I fondi di sostegno all’audiovisivo nell’Europa delle Re-gioni», promosso da Antenna Media Italia, Torino-Bruxelles, 24-26 novembre 2003.

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verso una sistematizzazione teorica e verso rivendicazioni di autonomia dalle scelte di poli-tica culturale. Si può sostenere che in queste esperienze abbia prevalso l’approccio gestio-nale dell’Europa continentale (e anglosassone) su quello «latino», e che quest’ultimo si siaaperto con qualche ritardo a «contaminazioni» economicistiche, in un settore storicamenteconsiderato competenza esclusiva dell’amministrazione della materia culturale.

Ciò non toglie che eccessive semplificazioni potrebbero portare fuori strada: quelloche in questa sede vale la pena di ricordare è che i sostegni finanziari regionali alla produ-zione audiovisiva in molti paesi (uno per tutti, la Francia) nascono da una matrice culturalee da essa gradualmente si allontanano nel momento e nei casi in cui innovano il modellooriginario, integrando valutazioni di tipo economico; in altri paesi (uno per tutti, la Germa-nia) scaturiscono ab origine da motivazioni principalmente economiche; negli stessi (la Fran-cia, ancora) e in altri paesi (la Spagna, l’Italia), pur evolvendosi nel tempo alla ricerca di so-luzioni «miste», mantengono una forte dipendenza dalla dimensione «culturale» in cui l’au-diovisivo – e il cinema in particolare – è racchiuso.

Se le modalità e i tempi di istituzione variano notevolmente da regione a regione, unacaratteristica accomuna le prime aree interessate dal fenomeno dei fondi di seconda gene-razione: la necessità di uscire da un ciclo negativo, e «reinventare» un’economia locale, at-traverso la riconversione di strutture industriali e il rinnovo di risorse in via di esaurimento.

Tra gli esempi più significativi, la regione tedesca del Nordrhein Westfalen (il bacinodella Ruhr), devastata negli anni Settanta da una crisi economica che toccò tutti i settori del-l’industria pesante, in particolare estrattiva e mineraria. Il terziario e i media hanno offertouna via d’uscita provvidenziale, che si è affermata come valida alternativa grazie al trainoiniziale dell’investimento privato, cui si è aggiunto, nel 1991, il neocostituito NRW Film-Stiftung, primo per erogazione di fondi in Europa.

Stessa situazione si è verificata nel Belgio meridionale, dove nasce Wallimage; nellaGermania centrale, a Leipzig, sede del MittelDeutsche MedienFörderung (MDM).

Sulla medesima linea, se non per le medesime ragioni, si sono poi attestati tutti i pae-si scandinavi – in particolare la Svezia – fino ad approdare anche alla Francia (nota per lasua organizzazione storicamente ultracentralistica), dove i fondi – a dimensione locale, ol-tre che regionale – sono ormai oltre trenta.

La maggior parte dei fondi francesi, a differenza di quelli tedeschi e del Nord Euro-pa, è stata creata infatti internamente agli enti regionali ed è nata originariamente con ambi-zioni più contenute rispetto a quelle degli omologhi dei paesi federali, coerentemente concriteri di minore autonomia decisionale e operativa degli enti locali. Tuttavia, la grande on-data di decentramento che ha interessato anche la Francia negli anni Novanta ha fatto sì chele regioni interessate a «diversificare» le proprie linee di sostegno alle attività produttive lo-cali ottenessero infine consistente autonomia sul fronte dell’audiovisivo, nonché, in misuraproporzionale al proprio intervento finanziario diretto, un contributo da parte del CNC, en-te nazionale preposto alla gestione complessiva della materia audiovisiva. Il percorso ha vi-sto alcune regioni fungere inizialmente da capofila: prima di tutte Rhône-Alpes – cui si so-no poi affiancate Paris-Île de France e Provence-Alpes-Côte d’Azur – che già dal 1991 hastretto i primi accordi di questo tipo con il CNC, ma ha avuto un’accelerazione potente e unforte ampliamento nel 2003, con l’introduzione della misura nota come «1 euro per 2 euro»5.

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5 La misura, gestita dal CNC, è conseguenza diretta di una legge generale (non di settore) del 2002,

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Questa misura si integra perfettamente con il sistema statale di aiuti, conservando ilbaricentro degli interventi finanziari al livello nazionale nel CNC, ma ampliando all’audiovi-sivo l’area di responsabilità «produttiva» delle regioni. In realtà, si tratta di una piccola rivo-luzione copernicana, che sposta il peso dell’attenzione, nei presupposti alla base dell’inter-vento delle sole regioni, sulla centralità della dimensione economica dell’industria audiovi-siva. Anche se il celeberrimo «sistema francese», infatti, si sostiene fondamentalmente gra-zie al contributo degli operatori economici e del mercato, il CNC è ed è sempre stato sotto-posto alla vigilanza e nelle competenze del Ministero della Cultura e della Comunicazione(già «della Cultura e della Francofonia») e l’audiovisivo è il cuore del principio dell’«eccezio-ne culturale», coniato in Francia e fatto proprio dalla Commissione Europea6. Grazie a que-sto intervento, una piccola quota delle risorse si libera completamente della valenza cultu-rale ereditata nei vari passaggi di livello, salvo poi essere reimpiegata in base a regolamenti,ancora una volta, in parte definiti con i medesimi criteri.

Questa evoluzione graduale non ha interessato i paesi federali, dove i fondi sono sta-ti per lo più istituiti in regime privatistico e messi in grado di sviluppare attività diverse, sen-za vincoli ulteriori rispetto a quelli imposti statutariamente in funzione degli obiettivi dichia-rati: per lo più supporto di un progetto dalla sceneggiatura all’uscita in sala, sostegno di film,società, pacchetti di progetti (il cosiddetto slate funding), delle imprese stesse che nascononelle loro aree, formazione di professionisti.

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denominata «legge sulla democrazia di prossimità (loi sur la démocratie de proximité)», che comporta treconseguenze importanti: la prima è che gli interventi sono considerati di natura economica e non solamen-te culturale; la seconda è, per la prima volta in Francia, che il livello regionale è considerato «superiore» aglialtri livelli territoriali, dal momento che le Regioni sono considerate «capofila in materia di interventi eco-nomici»; la terza, infine, è che l’audiovisivo entra in concorrenza con altre forme produttive destinatarie dicontributi pubblici. La misura consiste in una serie di accordi di devoluzione – per via convenzionale e nonlegislativa, della durata di tre anni – tra lo Stato, il CNC e le singole Regioni, rivolta ai soli film di lungome-traggio. Va ricordato che si iscrive all’interno di un sistema di aiuti all’industria audiovisiva e cinematogra-fica nazionale che solo in misura marginale è alimentato da fondi del Ministero della Cultura e della Co-municazione, mentre si basa sostanzialmente su un complesso meccanismo di redistribuzione di risorse«prelevate» all’industria verso l’industria stessa. In sintesi, prevede che il CNC metta a disposizione delle Re-gioni una parte (minima, circa 10 milioni di euro l’anno in totale, con un plafond di 1 milione per Regio-ne, per evitare il rischio di eccessiva concentrazione) dei fondi per il cinema che gestisce, a patto che le Re-gioni stesse affianchino risorse pari al doppio. Di fatto, l’intento del CNC è di attivare una leva che aumen-ti il bacino complessivo cui le imprese produttive possono attingere, affiancando il livello regionale a quel-lo nazionale tradizionale. A regime, è stato stimato che le risorse regionali (circa 20 milioni di euro, quin-di) siano quasi pari all’ammontare totale annuale che il CNC destina agli aiuti selettivi (indirizzati ai singoliprogetti di film). Il fatto che sia riservata ai lungometraggi comporta che sia attivabile solo dalle Regioniche mettono già a disposizione del cinema fondi consistenti e funge da stimolo alle Regioni che si limita-no a finanziare solo progetti a più basso budget (cortometraggi e documentari) a compiere un salto di qua-lità verso produzioni di ambizioni e respiro maggiore. Per un approfondimento, si veda www.cnc.fr.

6 Vedi norme in materia di aiuti di Stato contenute nella «Comunicazione della Commissione alConsiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e Sociale e al Comitato delle Regioni su taluniaspetti giuridici riguardanti le opere cinematografiche e le altre opere audiovisive», meglio nota come. «Co-municazione sul cinema» adottata dalla Commissione Europea il 26 settembre 2001, Bruxelles, 26.09.2001COM(2001) 534 definitivo, la cui validità è stata nel maggio 2008 estesa fino alla fine del 2012.

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2.1.1 Film Fund: fonti e criteri di finanziamentoIl finanziamento pubblico a livello regionale ha acquisito crescente importanza sul

totale dei fondi disponibili per il cinema e l’audiovisivo in Europa. L’Osservatorio Europeodell’Audiovisivo (OEA) stima un’incidenza complessiva pari a un quinto del totale, conside-rando tra i fondi sub-nazionali sia quelli di rilevanza regionale che quelli istituiti a livello di-partimentale, provinciale e municipale (questi ultimi soprattutto in Francia, con alcuniesempi anche in Austria e nei Paesi Bassi).

Il totale delle risorse canalizzate attraverso le Regioni e gli enti locali è nettamentesuperiore, nel complesso, a quanto reso disponibile a livello sopranazionale, mentre il rap-porto con i fondi nazionali varia – come osservato – in base all’importanza generale delleamministrazioni locali nell’ordinamento dei singoli paesi: la Germania è di gran lunga il pae-se che mostra il più alto livello di finanziamento su base regionale, grazie alla struttura fe-derale e al ruolo che i Länder assumono nel sistema politico.

Anche in Spagna la maggior parte delle risorse deriva dai finanziamenti nazionali,sebbene le singole regioni e comunità autonome (in prima fila la Catalunya) stiano progres-sivamente intervenendo nel settore. In Italia sono per lo più a livello embrionale e preva-lentemente ancora episodiche le forme di finanziamento su base regionale e locale, nel Re-gno Unito il panorama dei finanziamenti è più disperso e riflette le politiche interne centra-li rispetto alle singole nazioni (Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord).

È importante sottolineare come in alcuni paesi anche l’alimentazione dei fondi sub-nazionali derivi da molteplici fonti e non solo dagli enti pubblici che li hanno istituiti. InGermania è molto rilevante il ruolo che assumono i broadcaster con interessi locali – comeanche in alcune Comunità Autonome spagnole – mentre in Svezia e nel Regno Unito mol-te risorse arrivano agli enti gestori attraverso le agenzie nazionali, a loro volta alimentate an-che tramite la ripartizione dei proventi di giochi e lotterie7.

In totale in Europa si contavano nel 2002 circa 80 fondi regionali, per una capacitàdi investimento totale pari a 250 milioni di euro l’anno, la metà dei quali nella sola Germa-nia. Nel 2005 il numero di fondi regionali e locali in 36 Stati era salito a 1308. A metà 2006,alcune stime sugli investimenti complessivi dei fondi regionali europei li quantificavano in280 milioni di euro, su circa 500 milioni complessivi da tutte le fonti9.

La maggior parte dei programmi di sostegno istituiti dai fondi pubblici europei è ri-volta alle attività di sviluppo (inclusa la fase di scrittura e lo slate funding) e produzione (in-clusa postproduzione), mentre le altre (distribuzione, esercizio, formazione, promozioneecc.) sono molto meno rilevanti in termini numerici. Questo significa che oltre due terzi deltotale erogato tramite i fondi è destinato alla produzione. Segue l’esercizio, con circa il 15%del totale – malgrado siano poche le linee dirette a questa attività – e la distribuzione concirca il 10%. Le restanti attività raccolgono quote economicamente poco significative. Inmodo non sorprendente, i film per il cinema raccolgono circa la metà dei finanziamenti, ma

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7 Per un approfondimento su questo tema, vedi anche «Public funding for film and audiovisualworks in Europe – A comparative approach», OEA, Strasbourg 2004.

8 Per approfondimenti e informazioni di dettaglio sui singoli fondi, si veda la banca dati dell’Os-servatorio Europeo dell’Audiovisivo, all’indirizzo diretto http://korda.obs.coe.int/web/en, oppure trami-te la sezione «banche dati» del portale www.obs.coe.int.

9 Vedi, su dati Antenna Media Torino, B. Zambardino, V. Testa, «Audiovisivo e Territorio: il ruolodella P.A. nel contesto italiano ed europeo», Europa e Mezzogiorno, 55, Formez, Roma 2007.

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anche i prodotti televisivi sono fortemente sostenuti, soprattutto nelle regioni dei paesi do-ve le emittenti televisive contribuiscono in modo sostanziale all’alimentazione dei fondi.

Tutte le attività di sostegno dei fondi regionali sono regolate da contratti che il pro-duttore beneficiario sottoscrive con il gestore e con cui si impegna a rispettare regole e cri-teri prestabiliti.

Anche in questo caso, i criteri non sono gli stessi dappertutto: la regola di base è cheil produttore e/o l’autore risiedano nella regione di erogazione del fondo o che una quotadelle riprese o della postproduzione sia svolta sul territorio. In genere, inoltre, è richiesto alproduttore di dimostrare di aver speso nella regione un importo pari ad almeno 1,5 voltel’ammontare della somma ricevuta (con picchi di 3 : 1). In alcune aree sono inoltre adottaticriteri più restrittivi rispetto alla manodopera o alle strutture da coinvolgere obbligatoria-mente a livello locale.

Solo in alcuni casi – molto interessanti per la valutazione positiva per l’ente gestoresulle potenzialità commerciali a lungo termine del prodotto audiovisivo – i fondi si propon-gono in qualità di coproduttori – Rhône-Alpes Cinema in Francia, Film i Väst in Svezia eWallimage in Belgio – mentre di norma il sostegno regionale ha luogo sotto forma di co-fi-nanziamenti, prestiti rimborsabili, sussidi diretti, anticipi sugli incassi.

2.2 Il quadro normativo e regolamentare in Italia

Fino alla recente riforma della seconda parte della Costituzione, anche dopo le pri-me norme di decentramento amministrativo (Leggi Bassanini, 1997)10, in Italia non è esisti-to dibattito sulle competenze istituzionali sul settore audiovisivo.

In realtà, l’audiovisivo non era – e spesso non è ancora oggi – considerato un com-parto che, seppur composto di segmenti diversi con proprie specificità (ad esempio il cana-le di distribuzione principale), tuttavia esprime una precisa e molto riconoscibile identità.Amministrazione pubblica dell’audiovisivo ha infatti significato per lungo tempo solo cine-ma e solo Stato. Le Regioni si sono limitate, dopo il 1985, a reclamare periodicamente lamera regionalizzazione della spesa del Fondo Unico per lo Spettacolo (prevista nella stessalegge istitutiva del FUS e mai regolamentata).

In sintesi, la storia legislativa italiana in questo settore è cinema-centrica e stato-cen-trica. Il 1998 ha portato un segno di discontinuità nel percorso, con l’approvazione della leg-ge 12211, che ha recepito la norma comunitaria12 imponendo alle emittenti tv quote di tra-

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10 Con la Legge Bassanini n. 59 del 1997, all’art. 1, e i successivi decreti delegati d.lgs. 112/98, artt.18 e 156 e d.lgs. 300/99, artt. 53, 27 e 28 il cinema e la radiotelevisione sono stati riaffermati tra le com-petenze dello Stato centrale, rispettivamente del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Ministerodelle Attività Produttive (poi Comunicazioni, poi Sviluppo Economico).

11 Legge 30 aprile 1998 n. 122, poi integrata nel d.lgs. 30 luglio 2005 n. 177 - Testo Unico della Ra-diotelevisione, da ultimo modificato dalla legge 24 dicembre 2007, n. 244 e dal decreto legge 31 dicembre2007, n. 248 convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31.

12 Direttiva 89/552/CEE, come modificata da Direttiva 97/36/CE (Televisione senza frontiere)e, più recentemente, da Direttiva 2007/65/CE (Servizi media audiovisivi senza frontiere). Le modifiche in-trodotte in quest’ultima revisione sono in corso di recepimento da parte dei paesi membri. L’Italia ha in-serito il provvedimento tra quelli del disegno di legge comunitaria 2008, con cui il governo adempie all’ob-bligo, previsto dalla legge 4 febbraio 2005 n. 11, di proporre annualmente al Parlamento un testo legislati-

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smissione e quote di investimento obbligatorio in produzione e acquisto di opere europee.Quella legge è stata direttamente o indirettamente il motivo per cui si è sviluppata con for-za crescente l’industria della produzione televisiva in Italia e ha segnato il punto di svolta incui il contenuto audiovisivo non cinematografico ha fatto il suo ingresso nella normativanazionale. Ma quella legge non è entrata purtroppo nel merito delle competenze ammini-strative, rinviando la responsabilità delle sole norme di secondo livello (regolamenti) all’al-lora ancora neonata Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.

Sintetizzando la situazione piuttosto chiara preesistente alla Legge Costituzionale n.3 del 200113, entrata in vigore a seguito di referendum confermativo nel novembre del 2001,quindi, si può sostenere che:

– il cinema rientrava nel più ampio settore spettacolo e quindi nelle attività culturali, dicompetenza, anche amministrativa, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali;

– l’emittenza radiotelevisiva (le reti di trasmissione) rientrava nelle competenze del Mi-nistero delle Comunicazioni, nel 2008 divenuto un Sottosegretariato del Ministerodello Sviluppo Economico;

– il prodotto audiovisivo non cinematografico si pone in una zona intermedia, su cui(non) sono intervenute entrambe le istituzioni ma per la quale non esiste alcuna ri-serva di competenza a favore dello Stato.

La riforma costituzionale del 2001 non ha scosso le fondamenta di questo sistema,ma complessificato il quadro presentando nuovi attori sulla scena.

Nel capovolgimento di visione che l’ha ispirata («ciò che non è esplicitamente riser-vato allo Stato è automaticamente di competenza – anche legislativa - delle Regioni»), le at-tività culturali e lo spettacolo14 sono divenuti materia di competenza concorrente, vale a di-re che i principi generali devono essere emanati dallo Stato, mentre la legislazione di detta-glio e la regolamentazione è in capo alle Regioni.

La nuova ripartizione di competenze indicata dalla riforma costituzionale, inoltre, haavuto come effetto accessorio l’apertura di un dibattito sulla materia cinematografica: nonrisultava definitivamente chiarito dove dovessero essere esattamente collocati e con qualeruolo i singoli strumenti storicamente adottati a sostegno del cinema – a partire dal FUS15 –ovvero dove concretamente finissero i principi generali e iniziassero le norme di dettaglio.

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vo recante le disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Co-munità europee. Il ddl, in discussione in Parlamento nel settembre 2008, conferisce al governo la delega le-gislativa per i provvedimenti descritti. Dopo l’approvazione da parte del Parlamento, quindi, il governo do-vrà emanare un decreto legislativo di recepimento.

13 Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante «Modifiche al titolo V della parte secondadella Costituzione».

14 Per i necessari e interessanti approfondimenti sul merito e sull’evoluzione delle interpretazioniin tema di attribuzione di competenze, si rinvia all’acceso dibattito tra costituzionalisti, tra cui si segnalano,per occuparsi in particolare di beni e attività culturali e di spettacolo, Marco Cammelli e Beniamino Cara-vita di Toritto. Si vedano anche, dirette da questi ultimi, le riviste on-line, rispettivamente www.aedon.mu-lino.it e www.federalismi.it.

15 Il FUS - Fondo Unico per lo Spettacolo, istituito con legge 30 aprile 1985, n. 163, è attualmentedi competenza e sotto la gestione dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, attraverso le due Direzio-ni Generali per il Cinema e per lo Spettacolo dal vivo. Prima di trovare definitiva collocazione, ha avuto

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In sostanza, è stato destrutturato il previgente sistema, per il quale il cinema rientra-va esplicitamente nei settori di intervento diretto dello Stato, ma non è mai stata approvatauna legge-quadro, attraverso la quale lo Stato avrebbe dovuto esplicitare i principi generalie a cui le Regioni avrebbero dovuto attenersi per legiferare a propria volta specificamentein materia16.

Sull’amministrazione centrale competente per il cinema questo non ha avuto effettiimmediati, salvo l’emergere a posteriori della necessità di ricomporre in sede ministerialeconflitti tra livelli amministrativi, tramite l’apertura alla partecipazione delle Regioni di tuttigli organi decisionali centralizzati (commissioni e comitati).

Stante tale situazione, in attesa della riforma di sistema per il settore cinematografi-co (e magari audiovisivo), dovrebbe essere applicato il principio di «continuità dell’ordina-mento», introdotto con la legge La Loggia del 200317. L’alternativa – quella in base a cui, inassenza di principi espliciti, le Regioni desumono i principi dalla legislazione vigente nellematerie concorrenti – ha prestato il fianco a numerosi ricorsi di fronte alla Corte Costitu-zionale18. Significativamente, ha chiarito i dubbi sospesi il pronunciamento della Corte Co-stituzionale con la sentenza 7 luglio 2005, n. 285, che ha ritenuto fondate le molteplici cen-sure mosse dalle Regioni Emilia-Romagna e Toscana al decreto legislativo 22 gennaio 2004,n. 28, recante disposizioni afferenti il settore cinematografico (noto come «decreto Urba-ni»). La Corte ha infatti dichiarato l’incostituzionalità tra l’altro delle disposizioni del decre-to laddove non prevedevano la consultazione della Conferenza Stato-Regioni e la decisionecongiunta sui criteri di riparto delle quote dei fondi destinate al finanziamento del settore19.

Sulla competenza legislativa, la Corte, con la sua sentenza n. 285, ha quindi definitiva-mente ribadito la competenza concorrente sul cinema ma se pure ha rilevato, da un lato, che

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storia tormentata: inizialmente allocato presso il Ministero per il Turismo e lo Spettacolo, nel 1993 – a se-guito dell’abrogazione, attraverso referendum, della legge istitutiva dello stesso Ministero (Dpr 5.6.1993, n.175) – è stato posto sotto la competenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri (d.l. 29 marzo 1995,n. 97, convertito in legge 30 maggio 1995, n. 203) fino al 1998, anno di istituzione del Ministero per i Be-ni e le Attività Culturali (d.lgs. 20 ottobre 1998, n. 368). Una delle sempiterne questioni che hanno divisoStato e Regioni è proprio la ripartizione del FUS, la cui legge istitutiva prevede anche che una parte delle ri-sorse sia devoluta dallo Stato alle Regioni e da queste gestita, previsione che non ha mai avuto attuazionee che resta sul tavolo della discussione malgrado l’assottigliarsi nel tempo del Fondo stesso.

16 Vedi, tra gli altri, C. Barbati, «Il cinema dopo le riforme: il caso è chiuso?», Aedon, 1, 2006,www.aedon.mulino.it.

17 Legge n. 131 del 2003. La legge, all’articolo 1, afferma il principio di continuità nell’ordinamen-to, per il quale le disposizioni vigenti continuano ad applicarsi fino all’esercizio del potere legislativo secon-do il nuovo riparto di competenze. La disposizione che, almeno in questa sede, è di maggior rilievo è quel-la che riguarda il procedimento per la definizione dei principi fondamentali da parte del legislatore statale,attraverso uno o più decreti legislativi «ricognitivi» dei principi fondamentali.

18 Vale la pena di ricordare che le leggi vigenti sono state scritte non secondo il metodo dei prin-cipi, ma secondo il metodo delle norme di dettaglio; è altrettanto evidente che la ricognizione dei principipresenta analoghi elementi di aleatorietà, non solo per il carattere asistematico in cui versa la nostra legi-slazione.

19 La battaglia dei ricorsi sulle competenze ha visto sul campo tra i caduti alcune regole di sanobuonsenso, tra cui un principio nazionale di riferimento per l’autorizzazione amministrativa all’aperturadelle sale cinematografiche, secondo criteri oggettivi e condivisi dagli attori in campo. Senza un reale co-ordinamento, il risultato – in un paese sottodimensionato per numero di schermi cinematografici rispettoal resto d’Europa, soprattutto nel Mezzogiorno – è stato di fermare di fatto gli investimenti, in particola-re provenienti dall’estero, di soggetti interessati a operare sull’intero bacino nazionale.

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«la disciplina in esame appare essenzialmente caratterizzata, sul piano legislativo, da una nor-mativa completa ed autoapplicativa, senza distinzione fra principî e dettagli, e, sul piano am-ministrativo, da un modello di gestione accentuatamente statalistico ed essenzialmente fon-dato su poteri ministeriali, con una presenza del tutto marginale di rappresentanti delle auto-nomie territoriali», ha anche ritenuto, dall’altro, «inadeguato il livello regionale di governo»20.

La situazione sembra essersi sbloccata solo nel 2006, con l’avvio del dialogo e di untavolo di lavoro congiunto tra Direzione Generale Cinema del Ministero per i Beni e le At-tività Culturali e Conferenza delle Regioni, proprio sulle modifiche legislative da apportareal decreto 28, concordate e approvate nel 200621.

Le Regioni si sono attivate e hanno diversamente reagito alla controversa situazione,in funzione della sensibilità storica alla materia, ma hanno mostrato in diversi casi di avercolto, più prontamente di quanto non abbia dimostrato lo Stato, le connessioni del settoreaudiovisivo con ipotesi di sviluppo e nuova competitività del loro territorio.

In altre parole, contemporaneamente e in diversi punti del paese, ma in modo indi-pendente e senza visibili collegamenti, si è innescato un processo di sostegno regionale alsettore audiovisivo – considerato spesso come attività produttiva e non come attività cultu-rale – grazie a intuizioni personali, condizioni di partenza favorevoli, procedure amministra-tive innovative (maturate disgiuntamente dalle singole amministrazioni regionali in vista diobiettivi eterogenei), storia e vocazione territoriale, senza dimenticare la casualità o – me-glio – serendipity.

L’assessore alla Cultura della Regione Lazio Giulia Rodano ha sintetizzato, in un’audi-zione in Commissione Istruzione e Cultura del Senato, cui ha partecipato in rappresentanzadella Conferenza delle Regioni nell’Indagine conoscitiva sul cinema e lo spettacolo dal vivoportata avanti dalla Commissione Cultura e Istruzione del Senato nella XV legislatura, i puntifondamentali su cui si orienta la politica condivisa dalle Regioni che, come in precedenza,mette tuttavia l’accento sulla materia cinematografica e non, in generale, sull’audiovisivo.

Per quanto concerne i settori della produzione cinematografica e della distribuzione nonsfugge certamente alle Regioni la loro rilevante dimensione d’impresa, né il fatto che richie-dano ingenti capitali, né tanto meno la constatazione che il loro ambito sia nazionale o sopra-nazionale. Di contro non può essere sottaciuto il fatto che siamo di fronte ad attività che han-no un forte legame con il territorio in cui vengono realizzate e un indubbio impatto in termi-ni sociali, culturali ed economici. Tutto ciò spiega perché le regioni abbiano sostenuto le pro-duzioni cinematografiche con fondi regionali e attraverso le film commission e con l’istitu-zione di fondi specifici ( film fund). Né potrebbe essere diversamente se si considerano i ne-cessari obiettivi di marketing territoriale, di promozione cineturistica, di sostegno e qualifica-zione dell’economia locale che istituzionalmente ogni regione è tenuta a perseguire. Quantopoi alla promozione cinematografica, il ruolo regionale è ugualmente rilevante. La delicatez-za del settore impone però di tener conto della complessità e delle diverse articolazioni del-l’attività promozionale, così come occorrono attente valutazioni sui criteri di adeguatezza am-ministrativa. Infine risulta centrale il ruolo delle Regioni per l’autorizzazione all’esercizio edell’incentivazione alla riqualificazione del sistema delle sale: campo in cui già sentenze della

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20 Corte Costituzionale, Sentenza n. 285/2005, in materia di riconducibilità delle «attività di soste-gno degli spettacoli» alla «promozione ed organizzazione di attività culturali». Giudizio di legittimità costi-tuzionale in via principale. Corte Cost., 19-07-2005.

21 D.l. 5 dicembre 2005 n. 250 convertito con modificazioni dalla legge 3 febbraio 2006 n. 27.

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Corte costituzionale hanno confermato la competenza legislativa regionale in materia di pro-grammazione territoriale.22

L’audiovisivo non cinematografico, nel corso degli anni di dibattito, ancora una vol-ta non ha avuto storia o menzione a sé. Il problema delle competenze amministrative nonsi pone quindi sin dal principio sul «non cinema», settore mai sostenuto dallo Stato e, quin-di, potenziale terreno di sviluppo per gli enti territoriali23.

Senza pensarci troppo, il Friuli-Venezia Giulia ha per primo «passato il Rubicone»nel 2003 con la legge finanziaria regionale e attivato il Film Fund, appoggiandolo all’alloraAssessorato al Turismo (poi Attività Produttive) con dotazione iniziale di 900mila euro intre anni.

2.3 Le azioni delle Regioni italiane a sostegno dell’audiovisivo

Premesso che in tutte le Regioni e in moltissimi enti locali esistono da tempo imme-more sostegni finanziari più o meno cospicui destinati alla promozione della cultura e del-lo spettacolo, all’interno della quale viene a volte collocata anche la produzione di audiovi-sivo, si è ritenuto di mettere in evidenza le situazioni in cui gli interventi risultano maggior-mente influenzati da una precisa politica indirizzata al cinema e all’audiovisivo e in cui so-no state trovate soluzioni legislative e/o amministrative specifiche che trasformano tale po-litica in azione.

Da tutti i casi indicati, tuttavia, emerge con evidenza che è piuttosto scarsa la volon-tà, nei legislatori e amministratori regionali come in quello nazionale, di evidenziare e colti-vare la differenza tra gli strumenti possibili, in particolare Film Fund e Film Commission,e che prevale la tendenza a considerarli intercambiabili e reciprocamente fungibili e a collo-carli in prevalenza tra le competenze dell’amministrazione delle attività culturali. Un nettospartiacque, come accennato, è stato invece segnato dal Friuli-Venezia Giulia, che ha com-piuto il percorso inverso a quello classico, integrando l’aspetto culturale solo nella secondafase, di maturità, dei suoi investimenti nel settore. Piuttosto peculiari sono, ancora, le stra-tegie complessive del Piemonte e del Lazio, orientate più alla costruzione progressiva di un«sistema» audiovisivo regionale che all’adozione di un principale strumento di sostegno.

2.3.1 Leggi regionali di settoreDal punto di vista normativo, sono poche le Regioni che hanno legiferato specifica-

mente per il cinema e l’audiovisivo, mentre diverse sono quelle intervenute anche recente-mente con leggi-quadro sul settore dello spettacolo. Tutte hanno variamente nel tempoadottato sostegni all’audiovisivo (promozione, contributi a enti e strutture, produzione) siaattraverso le leggi finanziarie annuali, sia con leggi di dettaglio su oggetti specifici (ad esem-pio mediateche, archivi, strutture di formazione)24.

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22 Vedi www.regioni.it.23 Su questi temi, vedi anche F. Medolago Albani, «L’industria audiovisiva italiana tra Stato e Re-

gioni», atti delle Giornate del Cinema e dell’Audiovisivo, Torino-Bruxelles, novembre 2003.24 Molte Regioni, così come accade per le Regioni europee, possono costituire «modelli» a sé, che

andrebbero studiati in profondità per ricavare una matrice generale utile nell’ipotesi di un coordinamento

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Nel primo gruppo una Regione antesignana (precedente alla riforma costituzionale)è l’Abruzzo, con la legge regionale n. 98 del 1999 «Disciplina regionale delle attività cine-matografiche, audiovisive e multimediali», in cui il focus è rivolto a soggetti no profit dedi-cati alla promozione, anche attraverso la produzione, con previsione di programmazionetriennale e di ricadute economiche sul tessuto imprenditoriale e professionale locale.

La Sardegna è stata la prima Regione ad attivare un finanziamento destinato al solocinema, attraverso la legge regionale n. 3 del 29 aprile 2003. Quella norma è stata anticipa-trice di un provvedimento molto più sistematico adottato nel 2006, con la legge 20 settem-bre 2006 n. 15 recante «Norme per lo sviluppo del cinema in Sardegna», che prevede unaserie di interventi a favore di tutti i segmenti della filiera cinematografica (dalla sceneggia-tura all’esercizio, alla distribuzione, alla promozione, al sostegno a centri di produzione lo-cale), l’istituzione della Sardegna Film Commission con l’obiettivo di fornire «servizi allaproduzione» e della «Cineteca regionale sarda» per la conservazione e la promozione ma,soprattutto, interventi a favore della produzione di «opere di interesse regionale». La com-petenza per materia è assegnata all’Assessorato alla Cultura.

La politica della Regione Puglia ha portato invece a un intervento quadro su tutto ilsettore dello spettacolo, in cui molto spazio è dedicato all’audiovisivo. Il via viene dato conl’approvazione della legge regionale n. 6 del 2004 «Norme organiche in materia di spetta-colo e norme di disciplina transitoria delle attività culturali» che, oltre alla costituzione del-la Fondazione Apulia Film Commission, istituisce il Fondo Unico Regionale dello Spetta-colo (FURS), l’Osservatorio dello spettacolo e attiva una serie di norme e regolamenti a ga-ranzia della trasparenza nella gestione dei finanziamenti pubblici (Statuto, Codice Etico, Re-golamento dell’Assemblea, Regolamento di Incompatibilità).

Con la legge regionale 30 luglio 2008 n. 21 «Norme in materia di spettacolo», anchela Lombardia ha istituito il FURS, la cui entità è stabilita annualmente dalla legge finanziariaregionale. La legge, specificamente per le attività cinematografiche (artt. 5 e 9), sostiene tral’altro produzione, distribuzione ed esercizio, prevede un apposito fondo di rotazione e siserve della collaborazione con la Fondazione Milano Lombardia Film Commission.

La legge regionale n. 16 del 2007 «Interventi a favore del cinema e dell’audiovisivo»,infine, è la norma con cui la Regione Siciliana ha attivato il nuovo corso del suo interventonel settore. La legge provvede a potenziare le attività della preesistente Film Commission,a istituire presso l’Assessorato regionale dei Beni Culturali e Ambientali e della PubblicaIstruzione il Fondo regionale per il cinema e l’audiovisivo – e contemporaneamente a det-tarne le regole di utilizzo –, a istituire la Consulta regionale per il cinema, a promuovere fe-stival e rassegne. Va sottolineato che la Regione ha anche costituito una società in house, de-nominata Cinesicilia s.r.l., come ulteriore strumento operativo per le politiche di promozio-ne del settore audiovisivo.

2.3.2 Film Commission regionaliLe Film Commission sono invece strumenti di cui quasi tutte le Regioni italiane25 si

sono dotate nel tempo, con l’obiettivo iniziale di facilitare le società di produzione audiovi-

288 Approfondimenti

nazionale. Vedi anche F. Medolago Albani, «Da Trollywood a Trulliwood», Link Idee per la televisione, 2, Sper-ling & Kupfer-RTI, Milano 2004.

25 Tranne, fino al 2008, le Regioni Molise, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta.

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siva nelle loro attività sul proprio territorio. Molte sono le situazioni in cui le Film Commis-sion, come già accennato, hanno avocato a sé anche la nuova competenza del contributoeconomico alla produzione, in alcuni casi con consistente dotazione di risorse. Anche qui,le formule e le soluzioni amministrative adottate sono varie, così come diverso è il livello diefficienza e i risultati conseguiti. Tre le principali categorie:

– Fondazione o Associazione riconosciuta, che opera grazie a un fondo finanziato daisoci costituenti (tra i quali figura sempre la Regione, spesso singoli Comuni ovveroComuni e Province), nell’ambito degli indirizzi dati dalle amministrazioni coinvolte.È il caso della Torino-Piemonte F.C. (2000); della L’Aquila-Abruzzo F.C. (2001); del-la Roma-Lazio F.C. (2007); della Milano-Lombardia F.C. (2000); dell’Apulia F.C.(2004); della Genova-Liguria F.C. (2006); della Calabria F.C. (2002); della SardegnaF.C. (2006); della Mediateca Regionale Toscana (1984), di cui la Toscana F.C. è unnuovo dipartimento;

– Ufficio interno al soggetto pubblico regionale, estensione diretta di Direzioni degliassessorati regionali, più spesso alla Cultura, a volte Turismo o Attività Produttive,con personale dipendente regionale (Emilia Romagna, 1997; Marche, 2001; Sicilia,2006; Veneto, 2000; cui si aggiunge la Provincia Autonoma di Trento, 2007);

– altre forme organizzative, quali convenzioni con privati in forma di associazioni cul-turali o comitati (Friuli-Venezia Giulia, 2000; Umbria, 2002; Basilicata, 2005); socie-tà in house (Campania, società consortile interamente controllata, costituita nel 2003,attivata nel 2005, nelle competenze dell’Assessorato al Turismo e Beni Culturali).

2.3.3 Film FundCome descritto nel paragrafo precedente, sono pochissime le Regioni ad aver attiva-

to Film Fund separati dalle Film Commission almeno strategicamente.Il caso più antico e maturo, ancora unico nel panorama nazionale, è quello del Friu-

li-Venezia Giulia, nato con la legge finanziaria regionale 29 gennaio 2003, n. 1 dopo il pri-mo triennio di operatività della Film Commission (la Regione ospita 22 produzioni tra il2000 e il 2002, a fronte di una «serie storica» precedente di circa una all’anno).

Il Film Fund nasce proprio – all’europea – come evoluzione di quell’esperienza, conil duplice scopo di incrementare, ma allo stesso tempo selezionare, la presenza sul territo-rio di produzioni audiovisive e di aumentare il controllo pubblico sugli effetti di ricaduta di-retta e indotta. La prima dotazione è di 900mila euro per il triennio 2003-2005: come per ilfinanziamento di gestione della Film Commission (che nel triennio 2003-2005 era di 180mi-la euro annui), anche quello relativo al Film Fund è allocato presso un capitolo di bilanciodell’Assessorato al Turismo, con conseguente influenza sui criteri distributivi del fondo. Ladotazione viene poi aumentata a 350mila euro l’anno, a seguito dei risultati raggiunti, per il2004 e il 2005. Nella finanziaria 2006 viene infine definita una nuova dotazione triennale,ulteriormente aumentata (ma pur sempre suscettibile di variazioni annuali): 420mila euroannui per il triennio 2006-2008.

Per l’assegnazione delle risorse non vi è alcun richiamo al «valore culturale» delleopere candidate, come accade storicamente, grazie all’allocazione del Fondo presso l’asses-sorato alle Attività Produttive (già Turismo), che non ha tra le proprie priorità la tutela divalore culturale, ma piuttosto interventi mirati a incrementare la spesa diretta sul territorio

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regionale, a creare un circolo virtuoso di occupazione locale, a promuovere l’immagine del-la Regione nell’accezione più ampia del termine. In questo senso il FVG Film Fund si pre-senta come un tipico strumento di creazione di un volano economico diretto e indotto.

L’adozione di questo criterio economico porta come conseguenza la non esclusionedai finanziamenti dei formati «commerciali», primo fra tutti la fiction televisiva, al contrarioprivilegiati in virtù dei loro budget consistenti e soprattutto del loro bacino di audience,molto superiore a quello della maggior parte dei film per le sale o dei documentari. Nel Re-golamento del Film Fund, inoltre, non vi è riferimento alcuno alle società di produzione lo-cali, né all’eventuale coproduzione con soggetti locali, né alla tematica o ambientazione re-gionale del prodotto audiovisivo. Le uniche pregiudiziali sono la realizzazione in Friuli-Ve-nezia Giulia, vale a dire che le riprese abbiano luogo in regione, indipendentemente da do-ve la storia è ambientata, e la «spesa sul territorio regionale pari ad almeno il 150 per centodel contributo regionale, ad esclusione delle spese per il personale».

Accanto all’attività, ormai a regime, del Film Fund, con legge regionale n. 21 del2006 è stato avviato un altro filone di attività, grazie all’istituzione di un secondo Fondo Re-gionale per l’Audiovisivo. A differenza del primo, di cui è perfettamente complementare, gliobiettivi del Fondo Regionale sono la formazione, lo sviluppo, la promozione e la distribu-zione dei film, oltre alla crescita delle imprese e professionalità locali.

La Campania, in realtà, aveva cronologicamente preceduto il Friuli, con l’approvazio-ne della legge regionale n. 15 del 2002 che aveva previsto e istituito un Fondo «per la parte-cipazione a co-produzioni cinematografiche, televisive, teatrali, musicali, con Enti pubblici,Associazioni private, Società di produzione, tv pubbliche e private», nella competenza del-l’assessore ai Beni Culturali e al Turismo. Le risorse sono però rimaste indisponibili fino al-l’autunno 2006, momento nel quale è stato approvato il regolamento di ammissione delle do-mande di coproduzione e in cui la gestione dei fondi è stata ricondotta alla Film Commis-sion, società consortile contemporaneamente ridisegnata con una modifica dello Statuto, cheha consentito l’ingresso come soci fondatori anche del Comune e della Provincia di Napoli.

Il Salento Film Fund, fondo rivolto alla produzione audiovisiva dalla Provincia diLecce nel 2005, è stato il secondo fondo di origine territoriale nato in Italia, dopo quello delFriuli-Venezia Giulia. Dopo aver operato autonomamente per due anni anche a livello in-ternazionale (è stato il primo rappresentante italiano nel network europeo CineRegio), nel2007 le sue attività sono state riassorbite e decisamente ampliate e riorganizzate nella Fon-dazione Apulia Film Commission, promossa dalla Regione Puglia e con le Province puglie-si come soci fondatori, istituita nel 2004 e operativa dal 2007. Il fondo specifico destinatoalla produzione audiovisiva ha una dotazione di circa 700mila euro, assegnati ai progetti inbase alla ricaduta delle produzioni sul territorio.

La Fondazione Torino Piemonte Film Commission gestisce dal 2007 il PiemonteDoc Film Fund, fondo destinato ai documentari dotato di 500mila euro l’anno, e partecipa,insieme al Museo del Cinema e al Torino Film Festival, al Torino Film Lab, laboratorio in-ternazionale per talenti emergenti, con Mediocredito Italiano come partner finanziario. At-traverso la Fondazione, la Regione Piemonte ha anche annunciato nel settembre 2008 l’ac-cordo con la società statunitense Endgame Entertainment per la creazione di una nuova (einedita) società di investimento in grado di intervenire sia come partner finanziario, sia pro-duttivo, sia come fondo di garanzia. Dotata inizialmente di un budget di 14 milioni di euro,la nuova società sosterrà coproduzioni cinematografiche per il mercato internazionale (con

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un tetto del 25% e 4 milioni per progetto, con un vincolo di spesa del 20% del totale sulterritorio piemontese), selezionate a partire dal 2009 da due commissioni paritetiche, unacon compiti di analisi finanziaria, l’altra di valutazione culturale.

La Finanziaria Laziale di Sviluppo (Fi.La.S.) è invece la società deputata all’attuazio-ne della programmazione economica della Regione Lazio, cui afferisce anche il progetto«F.I.L.M.S. Filming In Lazio Makes Sense», ovvero «Finanziamenti alle produzioni cinema-tografiche», finalizzato allo sviluppo dell’industria audiovisiva laziale, al sostegno della co-produzione cinematografica e audiovisiva, alla promozione in ambito nazionale, europeo edextraeuropeo.

La Regione Lazio ha previsto due tipi di fondo: quello per l’anticipo del rimborsodel credito IVA ai produttori esteri per le produzioni realizzate prevalentemente nel territo-rio laziale e quello per interventi di venture capital e private equity, rivolto quindi sia a nuovesocietà con sede nel Lazio, sia a imprese già attive. Quest’ultimo, con dotazione annuale trai 5 e i 7 milioni di euro, è nel 2008, insieme alla Fondazione Apulia Film Commission, l’al-tro membro italiano del network europeo di fondi per l’audiovisivo CineRegio26.

A fine 2007 è divenuto operativo il Fondo della Regione Sardegna, grazie all’appro-vazione da parte della Giunta regionale delle direttive di attuazione della legge istitutiva del2006, che rendeva disponibili 1,2 milioni di euro per il 2006 e 1,3 milioni per il 2007 e il2008 su un fondo di rotazione per la produzione di lungometraggi, nella competenza del-l’Assessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport.Legge e regolamento hanno ricevuto anche il via libera della Commissione Europea a cuierano stati notificati ai fini della compatibilità con il regime europeo sugli «aiuti di Stato».

La Regione Sicilia, infine, attraverso la Film Commission Regione Siciliana gestisceil «Fondo regionale per il cinema e l’audiovisivo», istituito nel 2007, da destinare alle socie-tà di produzione. La norma finanziaria stanzia 150mila euro per il 2007 e 750mila euro perciascuno degli anni 2008 e 2009 sull’unità previsionale di base «Cinema ed audiovisivo» dinuova istituzione della rubrica dipartimento beni culturali ed ambientali e dell’educazionepermanente.

2.3.4 Sostegno ai «sistemi» produttivi regionaliIn Italia, Piemonte e Lazio sono indubbiamente casi unici. Sono le due Regioni che

storicamente concentrano sul proprio territorio la maggior parte delle imprese cineaudiovi-sive italiane. Entrambe hanno negli ultimi anni costituito anche Film Fund, considerandoliuno dei sostegni possibili ai propri già fiorenti sistemi produttivi. Seppure con differentimodalità, hanno indirizzato a questo settore almeno in parte risorse e strutture amministra-tive preesistenti, modificando appositamente o interpretando norme più generali.

Il Piemonte è la Regione che contende al Lazio il primato storico sul cinema italia-no, sia dal punto di vista storico-artistico che industriale. Attualmente è la terza regione inItalia per localizzazione di imprese cineaudiovisive, dopo il Lazio e la Lombardia. In realtà,la competizione si sviluppa tra i due capoluoghi, Roma e Torino, città dove è stato istituito– all’interno di uno dei suoi monumenti simbolo, la Mole Antonelliana – il primo Museodel Cinema italiano, strettamente collegato a uno dei Festival cinematografici più importan-ti in Europa, il Torino Film Festival.

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26 Vedi www.cineregio.org.

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Le due Regioni hanno interagito molto diversamente con i propri capoluoghi: il Pie-monte ha collaborato, soprattutto nell’arco degli ultimi dieci anni, con la città di Torino perla realizzazione di tutti i progetti legati all’audiovisivo che sono stati avviati; il Lazio si è tro-vato, invece, fino all’inversione di rotta in tempi recentissimi (2005), per lo più a dover ge-stire il peso straordinario e la forza centripeta del Comune di Roma. In entrambi i casi, ilmotore dello sviluppo è la città principale, ma l’indirizzo è sempre più quello di coinvolge-re prima l’hinterland e poi, gradualmente, estendere il peso degli interventi verso le aree pe-riferiche, fino a toccare tutto il territorio regionale. In ogni caso, la congiunzione Torino-Piemonte è decisamente più stretta e organica di quanto non sia quella Roma-Lazio, indi-pendentemente dal colore politico delle giunte che si sono passate il testimone nelle duecoppie di amministrazioni.

Il quadro di sviluppo del Piemonte nel settore audiovisivo è sembrato schiarirsi nelperiodo di maggiore difficoltà del gruppo FIAT: nei primi anni Duemila sono divenuti evi-denti i risultati di investimenti effettuati, anche in maniera discontinua ed episodica, a par-tire dal decennio precedente, e la politica audiovisiva è stata posta tra le priorità dei piani disviluppo regionale.

I maggiori risultati ottenuti negli ultimi anni sono di tipo strutturale: oltre al citato esimbolico Museo del Cinema, pesano sulla realtà produttiva locale e fungono da attrazioneper investitori terzi i diversi elementi che compongono il «polo industriale» dell’audiovisivotorinese e piemontese: l’ultimo in ordine di tempo è il Cineporto, centro di servizi e ospi-talità per produttori italiani ed esteri, la cui realizzazione è stata ultimata nell’autunno 2008,che si affianca ai Lumiq Studios, noti per l’eccellenza tecnologica e ormai entrati in pienaattività (situati all’interno del Virtual Reality e MultiMedia Park); a Telecittà Studios, situatoa San Giusto Canavese (a 20 chilometri da Torino), uno dei più importanti centri italiani diproduzione televisiva; al Parco Scientifico Tecnologico e delle Telecomunicazioni di Torto-na (provincia di Alessandria), centro di eccellenza nell’area piemontese per il sistema dellenuove tecnologie nei settori della comunicazione.

In questo quadro, non va sottovalutato il peso della citata Fondazione Torino Pie-monte Film Commission, la più importante in termini dimensionali e operativi in Italia, con1,5 milioni di euro di budget proprio all’anno e un track record di successo nell’attrarre sulterritorio piemontese produzioni nazionali e internazionali di grande rilievo.

La Regione Lazio ha messo in moto molto più recentemente, nel 2005, meccanismidi sostegno al cinema e all’audiovisivo, avviando contestualmente una nuova stagione di col-laborazione con il Comune di Roma, di cui è partner sia nel Festival Internazionale del Filmdi Roma (a fianco del quale ha esordito sin dalla prima edizione del 2006 anche un merca-to cinematografico «The Business Street», che mancava in Italia dalla scomparsa del Mifed)sia nel Roma Fiction Fest, lanciato nel luglio 2007.

Nella legge finanziaria regionale del 2006 si sono visti i primi risultati della precisavolontà politica in questo senso. Da un lato, sono state introdotte misure di «razionalizza-zione» e organizzazione di risorse già disponibili attraverso linee di intervento non specifi-che, rendendole accessibili anche agli operatori dell’audiovisivo; dall’altro è stata istituita laFilm Commission unitaria di Roma e del Lazio, in forma di Fondazione, cui partecipano an-che tutte le Province laziali, operativa dal febbraio 2007.

In particolare, è stata modificata la l.r. 2/85, dedicata per oltre quindici anni a inter-venti nel capitale di rischio e ad altri interventi finanziari in favore di piccole e medie im-

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prese del Lazio in stato di crisi, con l’inserimento di provvedimenti specifici di «cofinanzia-mento di opere cinematografiche realizzate da piccole e medie imprese del Lazio». Il neo-costituito fondo è gestito dalla Finanziaria Laziale di Sviluppo (Fi.La.S) S.p.A., che effettuaanche le procedure di valutazione dei progetti. La Regione ha anche modificato la legge sui«distretti industriali» destinando una quota delle risorse connesse a favore delle imprese ri-cadenti nell’ambito del settore produttivo del cinema e dell’audiovisivo.

2.3.5 APQ

Recentemente, infine, alcune Regioni (Sicilia, Puglia, Basilicata) hanno fatto ricorsoa uno strumento della programmazione negoziata, segnatamente l’Accordo di ProgrammaQuadro, per finanziare iniziative in favore e a sostegno dell’audiovisivo. Ciò rappresenta unanovità in quanto la fonte finanziaria degli APQ è congiunta, nazionale e regionale, e l’entitànon trascurabile: l’ammontare complessivo di fondi destinati a questi accordi è circa 70 mi-lioni di euro, di cui 30 di provenienza regionale. Per questo motivo, i suddetti accordi rap-presentano un laboratorio delle problematiche della competenza concorrente in materia au-diovisiva che saranno oggetto del paragrafo che segue.

3 Il programma «Sensi Contemporanei»: una sperimentazione di cooperazionetra audiovisivo e sviluppo locale

L’evoluzione del sostegno pubblico all’audiovisivo fin qui descritta evidenzia alcunetendenze di rilievo. In primo luogo, in Italia come già prima all’estero, il finanziamento al-l’audiovisivo si sta caratterizzando per una crescente componente regionale e una comple-mentare, relativa contrazione del contributo dello Stato. Ciò, in Italia, avviene contestual-mente all’evoluzione verso un federalismo compiuto che tuttavia, in materia audiovisiva,non è ancora approdata a un assetto regolamentare e delle competenze esaustivo e dirimen-te. Conseguentemente, le Regioni si muovono in maniera eterogenea, attraverso composi-zioni diverse e diversamente coordinate di Film Commission e Fondi o leggi regionali, conil risultato che, nel complesso, il sostegno pubblico all’audiovisivo si presenta oggi come uncoacervo disorganico di strumenti assai diversificati quanto a orientamento strategico, di-mensione finanziaria, portata territoriale e natura amministrativa. Ciò alimenta quindi l’esi-genza di una riflessione sistematica e d’insieme sul ruolo dello Stato e delle Regioni in ma-teria audiovisiva, che specifichi gli obiettivi generali di una politica per l’audiovisivo, i mez-zi e le azioni necessari a perseguirli, e un sistema di governance che ripartisca efficacemen-te le responsabilità tra le istituzioni competenti27.

Rispetto a questa esigenza, e come già accennato nell’Introduzione, si ritiene utile ra-gionare su un’esperienza in corso di sostegno pubblico all’audiovisivo, il programma Sensi

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27 In questo senso si può leggere l’affermazione del ministro per i Beni e le Attività Culturali on.Francesco Rutelli contenuta nella Relazione Annuale al Parlamento sul FUS, trasmessa alla Presidenza del-la Camera in data 19 dicembre 2007: «Al fine di migliorare il coordinamento delle politiche pubbliche perlo spettacolo e per una ricognizione sistematica delle fonti finanziarie ad esso destinate, appare necessariauna migliore integrazione tra livelli di governo e l’individuazione di metodologie armonizzate di raccoltaed elaborazione dei dati, per offrire un quadro il più possibile esaustivo delle dinamiche del settore dellospettacolo».

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Contemporanei (www.sensicontemporanei.it), che utilizza uno strumento amministrativoinedito per questa materia, l’Accordo di Programma Quadro.

Sensi Contemporanei è un programma di investimenti pubblici indirizzato all’artecontemporanea, all’architettura, al design, al cinema, al teatro e allo spettacolo dal vivo, erealizzato congiuntamente da due amministrazioni centrali – il Ministero per lo SviluppoEconomico, Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione, il Ministero per i Beni ele Attività Culturali, Direzione Generale Cinema, Direzione Generale Spettacolo dal Vivo,Direzione Generale per la qualità e la tutela del paesaggio, l’architettura e l’arte contempo-ranea – da La Biennale di Venezia, e dalle Regioni del Mezzogiorno d’Italia. Dal 2003, il pro-gramma compone risorse nazionali e regionali all’interno di progetti di intervento, a valen-za regionale o multiregionale, che si realizzano amministrativamente nella forma di contrat-ti, tra Regione/i e Ministero competente, denominati Accordi di Programma Quadro (APQ).Gli APQ sono strumenti di «programmazione negoziata» e cioè modalità attuative di una lo-gica di spesa pubblica che, ai fini dell’efficacia e della qualità della spesa, postula la necessi-tà di un coordinamento negoziato tra istituzioni centrali e istituzioni territoriali. In terminidi organizzazione della spesa pubblica, la programmazione negoziata può quindi essere in-tesa come una soluzione terza tra il dirigismo centralista e la totale autonomia regionale eper questo motivo l’utilizzo di APQ in ambito audiovisivo rappresenta un laboratorio eletti-vo per riflettere sull’organizzazione delle competenze e per immaginare nuovi processi diregolazione istituzionale in ambito audiovisivo.

Nella sua forma tipica l’APQ individua una serie di obiettivi, indica una serie di inter-venti ad essi strumentali, e regola il governo dell’attuazione.

Gli obiettivi sono comprensivi delle finalità istituzionali dei sottoscrittori, tipicamen-te la tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio culturale nelle sue varie espressio-ni per quanto riguarda il MIBAC, lo sviluppo economico (occupazione, infrastrutture, im-prenditorialità) per quanto riguarda il MISE, la valorizzazione socio-economica del territorioper quanto riguarda la Regione. Così, ad esempio, gli APQ denominati «Lo sviluppo dell’in-dustria audiovisiva nel Mezzogiorno» – sottoscritti dalle Regioni Sicilia, Puglia, Basilicata ein corso di sottoscrizione da parte della Regione Calabria – muovono dal riconoscimentoche l’investimento nel settore audiovisivo costituisce un’opportunità di promozione cultu-rale, ma anche di sviluppo economico e industriale, poiché attraverso la promozione del ter-ritorio si possono generare nuove imprese e nuove opportunità di impiego.

Gli interventi si declinano in ragione della presenza/assenza di una definita politicaregionale e in ragione delle disponibilità finanziarie. A un estremo ci sono APQ che preve-dono interventi consistenti lungo l’intera filiera audiovisiva (sviluppo/ideazione, produzio-ne, promozione, distribuzione, conservazione); all’altro estremo ci sono APQ che prevedo-no studi di contesto e analisi di fattibilità, propedeutici alla definizione di una politica regio-nale sull’audiovisivo cui destinare successivamente ulteriori risorse28. Tutti gli APQ prevedo-

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28 Sicilia, Basilicata e Puglia sono tre realtà che hanno espresso esigenze diverse rispetto al settoreaudiovisivo, cui la flessibilità dello strumento permette di rispondere. Nel caso della Basilicata l’esigenza eradi capire se il contesto regionale fosse adeguato a promuovere questo settore e, per verificarlo, ha previstoazioni di sistema sulla fattibilità e sulle modalità, coerentemente con i principi della filiera dell’audiovisivo. Ilrisultato delle azioni è l’individuazione degli interventi prioritari e necessari allo sviluppo di questo settore oil riconoscimento dell’impossibilità di procedere o l’esigenza di prevedere azioni preparatorie. In ogni casomettendo in luce un possibile percorso graduale per produrre politiche pubbliche in questa direzione. La

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no, tra gli interventi, azioni cosiddette di sistema o di accompagnamento29 e cioè azioni fi-nalizzate a presidiare l’orientamento dei processi attuativi agli obiettivi attesi mediante il ri-conoscimento e la gestione dell’interdipendenza con i territori dal momento ideativo inizia-le di un Accordo a quello finale di valutazione dei risultati. Tipicamente, le due dimensionidell’accompagnamento sono il lavoro sul campo e l’offerta di competenze. Con «lavoro sulcampo» ci si riferisce alla costituzione di gruppi di esperti anche locali che hanno il compi-to di compiere una ricognizione del territorio, verificarne le potenzialità e le esigenze, e rea-lizzare il coordinamento orizzontale e verticale (cioè con le amministrazioni centrali) neces-sario alla valorizzazione delle prime e al soddisfacimento delle seconde. Con «offerta dicompetenze» ci si riferisce a una classe di azioni finalizzate alla realizzazione di obiettiviconcreti e misurabili, comprendente seminari tematici, laboratori progettuali, ricerche epubblicistica, utili a supportare le scelte regionali.

Il governo dell’attuazione è attribuito a organi/ruoli, di cui sono specificate le re-sponsabilità e i doveri. Il Comitato di Coordinamento è rappresentativo delle amministra-zioni centrali e delibera in accordo con l’assessore e la direzione regionale competente. LaSegreteria Tecnica/Organizzativa fornisce supporto di metodo e di merito al Comitato diCoordinamento. Il Soggetto Attuatore, generalmente il direttore regionale competente, è re-sponsabile dell’attuazione dell’Accordo, e in particolare della tempistica prevista e del mo-nitoraggio amministrativo-contabile degli avanzamenti.

Nella prassi, a latere del dettato contrattuale, si costituisce inoltre un’unità di raccor-do tra le amministrazioni centrali e la Regione (team di campo) e dedicata alle azioni di ac-compagnamento degli interlocutori regionali e locali coinvolti nell’Accordo sul piano am-ministrativo, contenutistico e nei rapporti con il territorio.

Questa seppur sommaria descrizione dell’APQ basta a mostrare che, nell’ambito di unAPQ, la riuscita di un progetto di intervento è influenzata in maniera determinante dalla qua-lità del coordinamento istituzionale, sia in senso orizzontale (tra Ministeri) sia in senso ver-ticale (tra Ministeri e Regioni). Nella misura in cui il coordinamento Stato-Regioni è unosnodo importante delle future politiche per l’audiovisivo, rivolgiamo ora l’attenzione aglielementi di conoscenza ricavati da un’esperienza ormai triennale di partecipazione a Segre-terie Tecniche o Organizzative di APQ sull’audiovisivo30.

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Puglia presenta un contesto che ha avviato in modo più o meno spontaneo iniziative in questo settore (ve-di supra) e che, tuttavia, a fronte di alcuni interventi già individuati dalla Regione come necessari, esprimel’esigenza di verificarne la coerenza rispetto alla filiera audiovisiva per definire ulteriori iniziative. Anche quil’azione di sistema è finalizzata a ricostruire la filiera locale e a verificarne l’adeguatezza con gli standard ne-cessari. Il caso della Sicilia è ancora diverso: la Regione decide di investire nel settore, destina quindi risorsea tal fine e ipotizza una serie di interventi seguendo la logica della filiera (preproduzione, produzione e post-produzione) e rinvia l’attuazione degli interventi alla realizzazione di un progetto esecutivo che ne verifichila coerenza e le modalità processuali. In questo caso l’esigenza di cooperazione ai vari livelli istituzionali èdefinita a priori e costituisce la variabile indipendente che regola il processo di attuazione. I tempi sono piùlunghi, le interazioni diventano necessarie e i ruoli devono essere individuati via via.

29 La duplice denominazione tradisce una differente origine amministrativa, ma si tratta di azionianaloghe quanto a obiettivi e modalità.

30 La Delibera CIPE n. 21 del dicembre 2007 riduce significativamente la valenza amministrativa del-l’APQ sostituendo la sua obbligatorietà con la discrezionalità delle Regioni di farvi ricorso. Tuttavia, perquanto interessa in questa sede, il valore dell’APQ non è nello strumento in sé, ma piuttosto nel principioche lo ispira, quello della cooperazione interistituzionale in vista di obiettivi condivisi. Pertanto, nella mi-

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4 Riflessioni sull’esperienza in corso

La questione del coordinamento del sostegno pubblico all’audiovisivo, a nostro av-viso, convoca tre piani decisionali analiticamente distinguibili: il piano degli obiettivi di unapolicy per l’audiovisivo, il piano delle conoscenze tecniche, o più semplicemente, dei mez-zi strumentali agli obiettivi di policy, e il piano delle modalità di regolazione, o più sempli-cemente, di coordinamento delle azioni e delle istituzioni coinvolte in quanto interdipen-denti rispetto agli obiettivi di policy. Su queste basi, riflettere oggi sull’organizzazione delsostegno pubblico all’audiovisivo significa riflettere sulla natura degli obiettivi attesi da uninvestimento sull’audiovisivo, su un complesso ipotetico/astratto di interventi strumentaliallo sviluppo dell’audiovisivo, e infine su una possibile attribuzione di competenze tra i va-ri livelli istituzionali coinvolti.

Con riferimento agli obiettivi di una politica per l’audiovisivo, va sottolineato chel’Unione Europea, dai primi anni Novanta31, ha dedicato attenzione all’audiovisivo, dappri-ma inserendolo nel quadro della promozione di una cultura e di un’industria europea e, con-temporaneamente, della tutela e valorizzazione delle diversità culturali nei paesi membri, poiestendendo l’interesse agli aspetti economici e industriali del settore e al contributo che l’au-diovisivo può offrire alla crescita della competitività dell’Unione. Dal 2000, e in particolarecon la «strategia di Lisbona», l’intervento sull’audiovisivo ha conosciuto crescente legittima-zione, grazie all’inserimento dell’audiovisivo nel novero dei fattori di sviluppo della compe-titività europea e della costruzione dell’economia basata sulla conoscenza più avanzata delmondo. Obiettivo forse troppo ambizioso per i tempi di attuazione previsti, ma sicuramen-te fondamentale per impostare una policy in materia diversa rispetto al passato, soprattuttonel momento in cui, dopo la fase di profonda revisione del quadro regolamentare delle re-ti di comunicazione che ha dato vita nel 2002 al gruppo di direttive conosciuto come «pac-chetto telecom»32, l’audiovisivo – e quindi i contenuti – è stato individuato come settoreproduttivo cruciale nell’era digitale33.

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sura in cui è confermata l’importanza dell’investimento pubblico nazionale e regionale sull’audiovisivo, edato l’attuale quadro normativo, il programma Sensi Contemporanei costituisce un’esperienza privilegiataper alimentare un nuovo dibattito sulle politiche per l’audiovisivo.

31 L’istituzione del Programma MEDIA è del 1991, vedi supra.32 Il pacchetto di direttive comprende: la «direttiva quadro» (2002/21/CE); la direttiva in materia

di accesso alle reti di comunicazione elettronica e di interconnessione (2002/19/CE); la direttiva sul servi-zio universale (2002/22/CE); la direttiva in materia di autorizzazioni (2002/20/CE); a cui si aggiungonola «direttiva protezione dei dati» (2002/58/CE); la «direttiva concorrenza» (Direttiva sulla concorrenza neimercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica, 2002/77/CE), la «decisione spettro radio»(676/2002/CE), il regolamento sull’accesso disaggregato alla rete locale (2887/2000/CE). Il pacchetto te-lecom è, nell’autunno 2008, giunto alla fase conclusiva di un processo di profonda revisione, su cui si èespresso con il voto il Parlamento Europeo. Le modifiche alle direttive citate – con riflessi e ricadute digrande importanza anche per l’industria dei contenuti, in particolare nel settore della distribuzione – tutta-via non modificano l’approccio rilevante in questa sede e non comportano dirette conseguenze sulla ma-teria dei rapporti con le Regioni.

33 Vedi «Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Eco-nomico e Sociale e al Comitato delle Regioni, Principi e orientamenti per la politica audiovisiva della co-munità nell’era digitale», Bruxelles, 14.12.1999, COM(1999) 657 definitivo; «Comunicazione del Consiglio,conclusioni del Consiglio e dei Rappresentanti dei Governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio»del 26 giugno 2000 relative alla comunicazione della Commissione su principi e orientamenti per la politi-

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In coerenza agli orientamenti della Commissione Europea, il Quadro Comunitario diSostegno 2000-2006 prevedeva un Asse (il numero 2) di Valorizzazione delle risorse culturali e sto-riche, con l’obiettivo di «Stabilire condizioni per nuove opportunità imprenditoriali nel setto-re della cultura e delle attività culturali; accrescere la qualità della vita dei cittadini, la fiducia eil benessere sociale; valorizzare, tutelare e rendere maggiormente fruibili le risorse culturali delMezzogiorno». Inoltre, la priorità n. 5 del Quadro Strategico Nazionale 2007/2013, denomi-nata Valorizzazione delle risorse naturali e culturali per l’attrattività e lo sviluppo, pone l’obiettivo di«valorizzare le risorse naturali, culturali e paesaggistiche locali, trasformandole in vantaggiocompetitivo per aumentare l’attrattività, anche turistica, del territorio, migliorare la qualità del-la vita dei residenti e promuovere nuove forma di sviluppo economico sostenibile».

Questi brevi richiami evidenziano come sia sicuramente acquisito, nel lessico pro-grammatico europeo e nazionale, che cultura e sviluppo economico sono due variabili stret-tamente correlate: la cultura, nelle sue molteplici forme, alimenta la generazione di valoreeconomico, e lo sviluppo economico offre opportunità di crescita culturale.

Stabilire se questa acquisizione rappresenti una discontinuità nella riflessione sul rap-porto tra cultura, società e dinamiche socio-economiche è compito di una riflessione più am-pia che esula dagli obiettivi del presente contributo. In questa sede, assumendo quindi comedati gli orientamenti programmatici delle istituzioni di governo europeo e nazionale, e sullabase della panoramica di cui supra su Film Fund, leggi e Film Commission regionali, ci si li-mita a rilevare che le iniziative regionali in materia audiovisiva palesano un grado di sistema-ticità assai eterogeneo, sia al proprio interno sia rispetto alle politiche nazionali in materia.

A partire da ciò, si afferma che una politica per l’audiovisivo oggi non può che muo-vere dal riconoscimento che cultura e sviluppo sono obiettivi distinguibili solo analitica-mente, ma non empiricamente. Ne consegue che, quale che sia l’enfasi privilegiata, quellaculturale o quella economico-industriale, e quindi quale che sia la collocazione amministra-tiva degli strumenti dispiegati, l’efficacia e la qualità di una politica territoriale per l’audiovi-sivo non può prescindere da una dose considerevole di cooperazione istituzionale, tra mi-nisteri e/o tra assessorati regionali. Eccoci così alla questione dei mezzi.

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ca audiovisiva della Comunità nell’era digitale (2000/C 196/01). Sul tema dell’audiovisivo, vedi, inoltre,«Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e So-ciale e al Comitato delle Regioni su taluni aspetti giuridici riguardanti le opere cinematografiche e le altreopere audiovisive», cit.; Risoluzione del Consiglio del 12 febbraio 2001 sugli aiuti nazionali ai settori del ci-nema e degli audiovisivi (2001/C 73/02); Risoluzione del Consiglio del 24 novembre 2003 relativa al de-posito di opere cinematografiche nell’Unione Europea (2003/C 295/03); Proposta di Raccomandazionedel Parlamento Europeo e del Consiglio relativa al patrimonio cinematografico e alla competitività delle at-tività industriali correlate (presentata dalla Commissione); Parere del Comitato Economico e Sociale Eu-ropeo in merito alla Proposta di raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa al pa-trimonio cinematografico e alla competitività delle attività industriali correlate (COM(2004) 171 def. -2004/0066 (COD))(2005/C 74/04); «Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16novembre 2005 relativa al patrimonio cinematografico e alla competitività delle attività industriali correla-te (2005/865/CE); «Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al ComitatoEconomico e Sociale e al Comitato delle Regioni su taluni aspetti giuridici riguardanti le opere cinemato-grafiche e le altre opere audiovisive», Bruxelles, 16.3.2004 COM(2004) 171 definitivo 2004/0066 (COD);«Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato Economico e So-ciale Europeo e al Comitato delle Regioni» sul seguito alla comunicazione della Commissione su taluniaspetti giuridici riguardanti le opere cinematografiche e le altre opere audiovisive (comunicazione sul cine-ma) del 26.09.2001 (pubblicata nella GU C 43 del 16.2.2002).

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La distribuzione delle «competenze» in ambito pubblico risulta normalmente dall’incrociodi due dimensioni: l’ambito territoriale (criterio di output: Stato, Regione, Provincia, Comu-ne) e la materia (criterio di input: Ministeri e Assessorati ai Beni e Attività Culturali, Turi-smo, Trasporti, Attività Produttive ecc.). Così, le competenze in materia culturale e le com-petenze in materia di sviluppo economico sono ben distinte in capo a differenti istituzioni,sia a livello nazionale che a livello regionale, che tendono a rivendicare autonomia nel per-seguimento dei propri obiettivi. Ecco che la messa in pratica degli orientamenti program-matici europei e nazionali, e cioè il perseguimento congiunto di obiettivi di carattere cultu-rale e di carattere economico-industriale, incontra generalmente un ostacolo nella strutturaconsolidata dei processi deliberativi della spesa pubblica. Ciò vale indipendentemente dal-l’assetto delle competenze tra amministrazioni centrali e amministrazioni territoriali inquanto, anche nel caso che le competenze sull’audiovisivo fossero interamente delegate al-le Regioni, si porrebbe pur sempre un problema di coordinamento, sempre orizzontale, traAssessorati e Direzioni.

In proposito, pensiamo nuovamente alla panoramica di poco fa sulle azioni regiona-li a sostegno dell’audiovisivo. Strumenti a vocazione economica in quanto «di servizio» co-me le Film Commission vengono per lo più dotati e investiti di competenze di merito e fi-niscono così per svolgere una funzione culturale. Analogamente i Film Fund vengono a vol-te orientati alla promozione della cultura e dell’immagine regionale, anche a scapito del ri-torno economico-finanziario dei finanziamenti erogati. E non sempre la collocazione am-ministrativa degli strumenti – alternativamente il settore regionale «attività produttive» o ilsettore «cultura» – riflette la finalità prioritaria, e si generano così incongruenze nella gestio-ne degli strumenti. Nel caso dell’APQ «Lo sviluppo dell’industria audiovisiva nel Mezzogior-no», ad esempio, la congiunzione di finalità culturali e finalità economiche è stata sancitacon l’individuazione dell’oggetto di intervento nella filiera audiovisiva, intesa come l’insiemedei soggetti e delle attività che intervengono a vario titolo nella produzione, nella distribu-zione e nel consumo audiovisivo. E il perseguimento della duplice finalità è stato realizza-to, ad esempio, subordinando il contributo alle società di produzione audiovisiva alla pro-gettazione ed esecuzione, da parte loro, di una serie di iniziative (formative, promozionali,culturali...) sul territorio regionale e a favore del suo sviluppo (le cosiddette «attività paral-lele»). Queste attività sono quindi entrate nell’oggetto della convenzione tra Regione e so-cietà di produzione ma, a valle di ciò, non sono state invece oggetto di controllo e verificasistematica da parte dell’amministrazione regionale competente. A queste difficoltà di coor-dinamento tra dimensione culturale e dimensione economica, e quindi tra le unità ammini-strative competenti, va aggiunta la difficoltà di coordinamento tra queste e le unità ammi-nistrative regionali competenti su materie contigue ma fortemente interdipendenti rispettoai risultati attesi. Se la qualità complessiva di un investimento sull’audiovisivo comprendeanche la sua capacità di alimentare sviluppo territoriale, allora va necessariamente ricono-sciuto e valorizzato il ruolo di altre filiere territoriali, collegate a quella audiovisiva e su cuiil progetto produce «naturalmente» effetti (tipicamente turismo, trasporti, formazione). Per-tanto, il processo decisionale dovrà incorporare anche quelle filiere.

La cooperazione istituzionale, declinata anche in termini di intersettorialità, è quindi discri-minante ai fini dell’efficienza, efficacia e qualità della spesa pubblica sull’audiovisivo. A que-sto proposito, l’esperienza di cooperazione istituzionale del programma Sensi Contempo-

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ranei dimostra come la capacità dei territori di darsi obiettivi, di individuare interventi adessi strumentali e di strutturare i processi deliberativi e attuativi in maniera efficace sia ete-rogenea e mutevole e, conseguentemente, la relazione fra amministrazioni centrali e regio-nali muti nello spazio e nel tempo in ragione di quelle capacità. Come si può evincere daldiverso contenuto degli APQ menzionati, certe Regioni hanno bisogno di supporto nell’in-dividuazione degli obiettivi, nella progettazione degli interventi, nell’attuazione degli stessisul piano giuridico, amministrativo e gestionale; altre no, o solo in parte. Inoltre, nella mi-sura in cui queste attività deliberative e attuative sono distribuite nel tessuto socio-econo-mico locale, alcune Regioni possono avere bisogno di supporto nell’animazione del proprioterritorio, nella ricognizione sistematica delle risorse presenti, nel loro proficuo utilizzo;mentre altre no. Ne consegue che la cooperazione istituzionale non può che muovere dauna conoscenza piuttosto precisa del territorio, delle sue capacità e delle sue potenzialità ri-feribili all’ambito dell’intervento che si intende accompagnare. E che la sua concreta attua-zione deve combinare scelte centrali e scelte locali in maniera pragmatica, accogliendo leistanze locali e/o sopperendo alla loro assenza.

Ecco che i mezzi strumentali all’attuazione di una politica per l’audiovisivo si sostan-ziano nelle competenze necessarie a presidiare l’orientamento dei processi agli obiettivi at-tesi. Si tratta, più precisamente, di competenze di metodo, ossia relative ai processi delibera-tivi e alla loro razionale strutturazione, e di competenze di merito, ossia relative allo specifi-co ambito di intervento, nel nostro caso la filiera audiovisiva e le filiere ad essa connesse.

Infine, affrontiamo il livello delle scelte organizzative.Nell’ambito degli APQ menzionati, la ratio delle scelte di coordinamento formale,

rappresentate nella figura che segue, è stata la combinazione di competenze di metodo e dimerito che potessero sostenere la cooperazione istituzionale e l’intersettorialità.

L’evoluzione del sostegno pubblico all’audiovisivo

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Comitato di coordinamento

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Segreteria Organizzativa

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Poiché i processi sono fisicamente dislocati tra il centro e le regioni, il presidio me-todologico-amministrativo è attribuito contestualmente a Comitato e Segreterie, il cui fun-zionamento è disciplinato da Regolamenti interni, e a un team di campo. Le Segreterie (Tec-nica e Organizzativa) supportano orizzontalmente e verticalmente le strutture di governodel progetto, promuovendo e valorizzando le interazioni tra tutte le strutture che, a vario ti-tolo e per le loro specifiche competenze, sono coinvolte nei progetti (Comitato di Coordi-namento, Servizio per le Politiche di Sviluppo Territoriale e le Intese del DPS, Amministra-zioni centrali, Regioni Sicilia, Basilicata e Puglia, territorio, produttori e registi). Il team dicampo opera in stretta collaborazione con le Segreterie, dalle quali è preventivamente for-mato e alle quali restituisce, a seguito dell’attività sul territorio, specifici elementi di cono-scenza utili a orientare i progetti verso i risultati auspicati.

Il presidio contenutistico, e cioè di merito, è attribuito invece a figure di esperti del-la filiera audiovisiva che vengono coinvolti nell’analisi di fattibilità e/o nella «progettazioneesecutiva» degli interventi previsti nell’Accordo con il mandato di rapportare lo stato del-l’arte internazionale in tema di promozione, produzione, distribuzione e fruizione audiovi-siva, alle potenzialità e alle carenze rilevate sul territorio. In quest’ultimo caso si tratta di uncoinvolgimento coerente alla natura negoziata dell’Accordo, a condizione di considerare «laprogettazione esecutiva» in maniera peculiare: non come redazione di un capitolato vinco-lante ma come processo conoscitivo utile a perfezionare, precisare e contestualizzare gli in-terventi previsti nell’Accordo. Così intesa la progettazione, il progetto esecutivo è un docu-mento euristico, che offre cioè ai decisori elementi di conoscenza autorevoli e dettagliati suisingoli interventi previsti nell’Accordo e sulle loro interdipendenze, presenta per ognuno diessi almeno due opzioni attuative concrete e ponderate, e fornisce così la base conoscitivanecessaria all’efficace composizione delle istanze centrali e regionali. Ciò può anche signifi-care la decisione di sostituire alcuni interventi o di ridurne la valenza economica in favoredi altre iniziative non immaginate in sede di sottoscrizione.

La figura che segue illustra la configurazione dell’organizzazione della progettazioneesecutiva nel caso siciliano. Come si vede, la Segreteria Organizzativa, a composizione mi-

Approfondimenti

Segreteria Organizzativa

Staff di supporto

Supervisori

Capo-progetto 1 Capo-progetto 2 Capo-progetto n

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sta centrale e regionale, ha selezionato esperti di audiovisivo, nelle varie articolazioni che lamateria ha ricevuto nell’Accordo, sia in veste di supervisori sia in veste di responsabili del-la progettazione di singoli interventi.

Nell’esperienza degli autori, le scelte di coordinamento formale come quelle qui illu-strate non risolvono esaustivamente e definitivamente le interdipendenze generate da un pro-getto. Esse rappresentano sforzi di pre-regolazione ma, per definizione, non risultano risolu-tive ogni qualvolta l’incedere del processo non sia chiaramente e attendibilmente prefigurabi-le. A ben vedere, ciò non vale solo per gli APQ di cui si ha esperienza ma per qualsiasi proget-to caratterizzato da interazioni complesse e mutevoli tra diversi livelli istituzionali, come so-no i progetti in materia audiovisiva. Si origina pertanto una distinzione, quella tra coordina-mento formale e coordinamento sostanziale, e con essa un piano ulteriore dell’azione di co-ordinamento, inevitabilmente situato nel processo concreto e nel suo dipanarsi nel tempo.

In altri termini, stanti le strutture e le regole di coordinamento formalizzate in anti-cipo, ogni progetto di investimento territoriale genera continuamente situazioni nuove e im-previste, rispetto alle quali si tratta, di volta in volta, di ricercare una soluzione di coordina-mento praticabile. Questa constatazione, a prima vista di solo buon senso, incorpora inve-ro una distinzione non contemplata dalle normali architetture amministrative della spesapubblica: la distinzione tra regolazione e regolamentazione.

Nella logica amministrativa che informa la spesa pubblica, la regolamentazione, ecioè l’elaborazione ex ante di regole di azione e di coordinamento, è fatta coincidere con laregolazione, con due principali conseguenze: la prima è che la sola modalità di concepire loscostamento dei comportamenti concreti da quelli prescritti è l’inadempienza; la seconda èche la qualità della spesa viene fatta implicitamente ed erroneamente dipendere dalla solaconformità ai regolamenti. Invece, concepire la regolazione come un’azione sia previa, equindi «regolamentare», sia contestuale ai processi d’azione, consente di ricondurre la qua-lità della spesa e cioè, più semplicemente, la riuscita dei progetti, anche alla qualità del coor-dinamento che, stanti i regolamenti in vigore, si realizza nel corso del processo.

Pertanto, sulla base dell’esperienza degli APQ in materia audiovisiva, intesi come ar-chetipo di processi di spesa pubblica a competenza concorrente tra diversi livelli istituzio-nali, la ricerca di soluzioni di cooperazione istituzionale efficace non può circoscriversi all’e-laborazione di regole a priori, ma impone il presidio competente delle interdipendenze im-previste nel corso del progetto, un’azione di regolazione continua, dall’interno dei proces-si, che ne mantenga l’orientamento ai risultati attesi secondo razionalità istituzionale.

5 Considerazioni conclusive

Il contributo ha illustrato la recente evoluzione del rapporto tra il settore produttivodell’audiovisivo e la pubblica amministrazione, rilevando come la tendenza odierna al de-centramento territoriale del sostegno pubblico all’audiovisivo offra nuove opportunità e ri-sorse per lo sviluppo del settore, a due condizioni. Da un lato, gli investimenti regionali de-vono inserirsi in una strategia territoriale che componga in modalità sistematica obiettivi dicrescita e valorizzazione culturale e obiettivi di sviluppo economico. Dall’altro, le singolepolitiche regionali devono svilupparsi in sintonia con la politica nazionale non solo in am-bito audiovisivo ma anche nelle materie contigue dal punto di vista economico-industriale.

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Pertanto, una certa dose di cooperazione istituzionale, orizzontale e verticale, è ine-ludibile, a prescindere dalla sterile polarizzazione top-down vs bottom-up che ancora pervadela riflessione sullo sviluppo locale.

Dal punto di vista industriale, l’attività audiovisiva è complessa, materiale e immate-riale, incline ai rapporti pubblico-privato, e in essa il genius loci, e dunque il territorio, assu-me importanza fondamentale. Dal punto di vista normativo, l’audiovisivo è materia ogget-to di competenza concorrente tra Stato e Regioni, ma manca ancora di una precisa colloca-zione rispetto ai diversi livelli amministrativi. Su questo sfondo, il presente contributo ha ri-ferito di una sperimentazione in corso, il programma Sensi Contemporanei, basata sull’ipo-tesi di relazione virtuosa tra investimento nell’industria audiovisiva e sviluppo territoriale.

Si tratta di un’esperienza significativa. In primo luogo perché incorpora la coopera-zione istituzionale, a diversi livelli, come presupposto essenziale per la definizione di obiet-tivi concreti e atti a produrre effetti sociali, culturali ed economici diretti e misurabili neltempo. In secondo luogo perché, nel rivolgersi all’audiovisivo, individua nella filiera audio-visiva l’unità di riferimento e intervento appropriata (salvo poi rilevare in alcune Regioni lagrave carenza di dati necessari alla sua mappatura). Infine, perché cerca di incorporare nelduplice obiettivo culturale ed economico anche quelle filiere territoriali, manifatturiere e/odi servizio, coinvolte o contigue all’audiovisivo (turismo, formazione, artigianato...). Glispunti di riflessione che si possono enucleare dall’esperienza di Sensi Contemporanei sonoquindi relativi a queste specificità esemplari e si riflettono sul tema dell’organizzazione com-plessiva del sostegno pubblico all’audiovisivo.

In particolare, si conferma l’importanza del governo centrale nell’indirizzare la pia-nificazione e la programmazione degli interventi, ora con contributi di metodo, ora concontributi di merito, in ragione delle capacità regionali specifiche. Inoltre, il forte coinvolgi-mento del livello istituzionale territoriale e locale che consegue dall’adozione di una logicadi filiera favorisce una definizione degli obiettivi più puntuale e più adeguata alle esigenzelocali e promuove l’assunzione di criteri di spesa responsabili, mirati all’efficacia, all’efficien-za, alla qualità. Infine, l’esperienza di Sensi Contemporanei dimostra che il coinvolgimentoe la responsabilizzazione del mondo produttivo e autorale – nella fattispecie produttori eregisti – è possibile: il riconoscimento finanziario può essere subordinato al loro impegnoa creare «bene collettivo», a sviluppare azioni e interventi a beneficio del territorio e in gra-do di valorizzarne elementi culturali, paesaggisti e sociali.

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