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LA NATURA E GLI UOMINI “Gli edifici scolastici sono spesso decaduti, tal- volta pericolosi perfino per la vita degli studenti.” Scrive queste parole, luttuosamente profetiche al- la luce della tragedia aquilana, il giudice Adriano Sansa, su Famiglia Cristiana, qualche giorno prima del 6 aprile 2009. Nell’articolo si parla della necessità di “demoli- zione e ricostruzione di edifici mal concepiti”, si de- nuncia che in Italia “indisciplina e illegalità dilagano – con dominio vero e proprio della criminalità orga- nizzata, che tanto si basa sul cemento, in intere re- gioni”, si ricorda che a Sud si sono lasciati “vastis- simi spazi all’abusivismo, sanando poi sulla carta quello che è nei fatti irrimediabile”. L’editoriale di Sansa è uno dei tanti allarmi, che le persone per bene lanciano con ripetitività osses- siva, sulla sorte precaria del nostro patrimonio edi- lizio. Su un territorio al 60% soggetto al rischio si- smico, le case in sicurezza (almeno sulla carta) so- no appena il 18%. Basteranno questi dati, a chi vuol capire, per rendere necessaria una domanda: quando si sca- tena un terremoto in Italia, si muore per eventi na- turali o per mano dell’uomo? Franco Barberi, presidente onorario della Com- missione Grandi Rischi, ha detto – forse esageran- do – che in California un terremoto come quello del- l’Aquila non avrebbe fatto vittime. Comunque, di fronte alle centinaia di bare, che non sono mute, ma chiedono: perché?, non pos- siamo voltare pagina e “pensare al futuro”. E’ il pas- sato che ci interpella, che ci trattiene per la giac- ca, il passato che vuole sapere: perché? Anche il sottosegretario Guido Crosetto (Pdl), in una contestata trasmissione televisiva, ha condi- viso la legittimità, anzi la necessità, di chiedersi: per- ché? Senza processi sommari, senza sentenze precostituite. Soltanto se sapremo dare una rispo- sta seria a questa domanda, con tutte le conse- guenze (proprio tutte) che essa esige, noi italiani potremo uscire diversi dalla tragedia abruzzese. L’efficienza, la solidarietà … tutte belle cose, com- moventi, che confermano il pur contrastato adagio “italiani brava gente”. Ma tutte cose che vengono “dopo”. Abbiamo bisogno delle cose che vengono “pri- ma”. Affinché l’unica responsabile diventi la natura, perché gli uomini hanno fatto tutto (ma proprio tut- to e a qualunque prezzo) quello che dovevano fa- re. E tra le cose da fare spicca la lotta alla specula- zione. Roberto Saviano ha ammonito a non permet- tere che “la speculazione vinca come sempre suc- cesso in passato!”. Questo “è davvero l’unico omag- gio vero, concreto, ai caduti di questo terremoto.” Periodico di informazione dell’Arcidiocesi di Campobasso - Bojano Ufficio per le Comunicazioni Sociali Registrazione Tribunale di Campobasso n. 231 del 20.02.1994 Anno XII - n. 08 26 APRILE 2009 1 Euro PRIMO PIANO Elvio, un abbraccio più grande pag. 2 ZOOM Se parla un prete... pagg. 8 - 9 Andrea de Lisio EVENTI Centenario francescano pag. 13 LO SCRIGNO Il Concilio è vivo pag. 10 L’interno restaurato di Santa Maria della Croce, restituita al culto e all’affetto dei campobassani pag. 14 Il prezioso portale medievale di Santa Maria riportato alla luce

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LA NATURA E GLI UOMINI“Gli edifici scolastici sono spesso decaduti, tal-

volta pericolosi perfino per la vita degli studenti.”Scrive queste parole, luttuosamente profetiche al-la luce della tragedia aquilana, il giudice AdrianoSansa, su Famiglia Cristiana, qualche giorno primadel 6 aprile 2009.

Nell’articolo si parla della necessità di “demoli-zione e ricostruzione di edifici mal concepiti”, si de-nuncia che in Italia “indisciplina e illegalità dilagano– con dominio vero e proprio della criminalità orga-nizzata, che tanto si basa sul cemento, in intere re-gioni”, si ricorda che a Sud si sono lasciati “vastis-simi spazi all’abusivismo, sanando poi sulla cartaquello che è nei fatti irrimediabile”.

L’editoriale di Sansa è uno dei tanti allarmi, chele persone per bene lanciano con ripetitività osses-siva, sulla sorte precaria del nostro patrimonio edi-lizio. Su un territorio al 60% soggetto al rischio si-smico, le case in sicurezza (almeno sulla carta) so-no appena il 18%.

Basteranno questi dati, a chi vuol capire, perrendere necessaria una domanda: quando si sca-tena un terremoto in Italia, si muore per eventi na-turali o per mano dell’uomo?

Franco Barberi, presidente onorario della Com-missione Grandi Rischi, ha detto – forse esageran-do – che in California un terremoto come quello del-l’Aquila non avrebbe fatto vittime.

Comunque, di fronte alle centinaia di bare, chenon sono mute, ma chiedono: perché?, non pos-siamo voltare pagina e “pensare al futuro”. E’ il pas-sato che ci interpella, che ci trattiene per la giac-ca, il passato che vuole sapere: perché?

Anche il sottosegretario Guido Crosetto (Pdl),in una contestata trasmissione televisiva, ha condi-viso la legittimità, anzi la necessità, di chiedersi: per-ché? Senza processi sommari, senza sentenzeprecostituite. Soltanto se sapremo dare una rispo-sta seria a questa domanda, con tutte le conse-guenze (proprio tutte) che essa esige, noi italianipotremo uscire diversi dalla tragedia abruzzese.L’efficienza, la solidarietà … tutte belle cose, com-moventi, che confermano il pur contrastato adagio“italiani brava gente”. Ma tutte cose che vengono“dopo”.

Abbiamo bisogno delle cose che vengono “pri-ma”. Affinché l’unica responsabile diventi la natura,perché gli uomini hanno fatto tutto (ma proprio tut-to e a qualunque prezzo) quello che dovevano fa-re. E tra le cose da fare spicca la lotta alla specula-zione. Roberto Saviano ha ammonito a non permet-tere che “la speculazione vinca come sempre suc-cesso in passato!”. Questo “è davvero l’unico omag-gio vero, concreto, ai caduti di questo terremoto.”

Periodico di informazionedell’Arcidiocesi di Campobasso - Bojano

Ufficio per le Comunicazioni SocialiRegistrazione Tribunale di Campobasso

n. 231 del 20.02.1994Anno XII - n. 08

26 APRILE 20091 Euro

PRIMO PIANOElvio, un abbraccio più grande

pag. 2

ZOOM Se parla un prete...

pagg. 8 - 9

Andrea de Lisio

EVENTICentenario francescano

pag. 13

LO SCRIGNOIl Concilio è vivo

pag. 10

L’interno restaurato di Santa Maria della Croce, restituita al culto e all’affetto dei campobassani

pag. 14

Il prezioso portale medievaledi Santa Maria riportato alla luce

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Vita DIOCESANA n. 08 Anno XII2

PRIMO PIANO

“Forza Elvio, esci da lì sotto” era ilgruppo nato su Facebook, che inpochi giorni ha totalizzato più di due-

mila adesioni, per dare una forma seppur virtua-le alle speranze di ritrovarlo vivo sotto le maceriedella palazzina che accartocciandosi su se stes-sa ce lo ha portato via. Elvio da lì sotto è uscitoma non come avremmo voluto, prima ancora chei ragazzi online provassero a darsi speranza a vi-cenda, perché la sua anima è volata in cielo for-se quella notte stessa in cui la terra ha tremato,e ci ha bruciati sul tempo. E’ stato salutato dallasua comunità, tutta Bojano si è stretta silenziosa-mente e con gli occhi gonfi di lacrime, intorno al-la sua famiglia, ma un abbraccio molto più gran-de, anche se forse invisibile, Elvio è riuscito a far-selo dare da tutti i ragazzi che in questi giorni han-no perso amici, parenti, conoscenti, da un mo-mento all’altro oppure dopo ore e ore di attesa adosservare chi scavava tra i resti di quello che erauna volta il centro storico della città de L’Aquila.

Elvio è una vittima del sisma, ma non l’ha uc-ciso il terremoto, nonostante la potenza (media)e la relativa imprevedibilità del fenomeno natura-le. Elvio è stato ucciso dalla superficialità e dallanegligenza di chi costruisce le case in barba aqualsiasi legge. Elvio è stato ucciso dalla consue-tudine tutta italiana di infischiarsene delle regole,di predicare bene e di razzolare male, di sottova-lutare i segnali di pericolo. Elvio e gli altri ragaz-zi sono stati ammazzati da chi la mattina non sipuò guardare allo specchio, perché sa di nonaver fatto il proprio dovere, da chi sa di aver ap-provato un progetto che non poteva essere ap-provato, da quelli che hanno dichiarato che inquel pilastro c’è il cemento armato e invece san-no bene che ci troveranno la sabbia di mare o l’a-mianto.

Dovrebbe essere questo il momento della ri-flessione e del raccoglimento, ma questi due con-cetti non comportano necessariamente il silenzio.

Uccideranno nuovamente Elvio e gli altri,quando il terremoto avrà smesso di fare notizia,e si tornerà a parlare del Grande Fratello in tele-visione, e politica e malavita organizzata si spar-tiranno i profitti e il mercato della ricostruzione. Cidiranno che la vita ricomincia, che “adesso si puòstare tranquilli”, che l’emergenza è finita. Siamoun paese che non impara mai dalla sua storia manonostante tutto vogliamo sperare che il Signoreguidi l’operato di chi tiene a cuore la vita della suagente e della sua comunità, e che non ci sarà bi-sogno di altri morti da piangere per cambiare leregole, o sarebbe meglio dire, per iniziare a far-le rispettare.

UNA COMUNITÀ VIRTUALE DI MIGLIAIA DI “AMICI” PER IL GIOVANEDI BOJANO MORTO A L’AQUILA

Elvio, un abbraccio più grandeAttenti al dopo, quando diranno “l’emergenza è finita”

Francesco de Lisio

La morte si presela gioventùMa fuggendodimenticòdi afferrare l’amoreE me lo lasciò

A pagina 4 una letteradei detenuti di Campobasso per i fratelli d’Abruzzo

LA CARITAS PER IL TERREMOTOIn sintonia tra loro, le Caritas dell’A-

bruzzo Molise non interessate dal sismasubito si sono attivate per una raccoltafondi e per le collette straordinarie di be-ni di prima necessità.

La Caritas diocesana di Campobas-so-Bojano ha invitato tutti i parroci alla rac-colta fondi durante le celebrazioni eucari-stiche il giorno di Pasqua, 12 aprile. Con-temporaneamente si sono realizzate sul-la città di Campobasso le collette pres-so i centri commerciali e supermercati piùgrandi.

Il mercoledì 8 aprile si è avuto il primoviaggio a favore del magazzino di Pettino.

Nel giorno di Pasqua e il martedì suc-cessivo, sono partiti 5 automezzi per al-la volta del magazzino di Roseto. Il 15aprile si è avuto un incontro tra le dioce-si dell’Abruzzo-Molise e Caritas Italiana.Si è deciso che le Caritas del Molise sa-ranno in appoggio alla Caritas de L’Aqui-la e alle altre Caritas interessate dalla pre-senza degli sfollati. La Delegazione Ca-ritas Abruzzo-Molise è stata inserita nelCoordinamento costituitosi a Pettino,mentre a turno, fino al 7 maggio prossi-mo, le Caritas CEAM saranno di servizioa Pettino. La nostra è stata lì dal 24 al 30aprile prossimo.

Già da ora – intanto – l’attenzione del-la Caritas, come consuetudine, a tutti i li-velli tenderà a soddisfare i bisogni dellefasce più deboli, quali anziani, minori, di-sabili.

La Caritas di Campobasso sta intantoindividuando i responsabili per i seguentisettori: Magazzino, Automezzi , Media,Programmazione/progettazione, Rappor-ti con le parrocchie e/o pastorali, Giovanie volontari.

Il 21 aprile, a Campobasso, dopo l’in-contro di Delegazione a L’Aquila con i ve-scovi, c’è stato un incontro con le altre As-sociazioni di ispirazione cristiana e le pa-storali diocesane, oltre a volontari singo-li. Si è intanto appurato che le scosse si-smiche stanno danneggiando sempre piùanche Chieti.

Le Caritas d’Abruzzo si sono impe-gnate ad un accurato monitoraggio dellasituazioni critiche. Mons. Valentinetti, Ve-scovo incaricato alla Carità in ambitoCEAM, coordina le operazioni.

Il prossimo incontro di Delegazione èprevisto per il 7 maggio.

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Vita DIOCESANA n. 08 Anno XII

PRIMO PIANOTERZA PAGINA

PERCHÉ PIANGI?Donna, perché piangi?Sono gli angeli a rivolgere questa appassionata domanda a Maria di

Magdala, donna fedele che piange accanto al sepolcro inaspettatamen-te vuoto di Gesù, nel giardino fiorito di attese d’amore.

E quello sconosciuto, che Maria scambia per il giardiniere, vi ag-giunge un interrogativo ancora più profondo: Perché piangi? Chi cerchi?

Credo che la grandezza di chi ama sia in queste due domande. La-crime amare e ricerca avvincente. Sempre intrecciate insieme.

Perché non c’è ricerca che non sia segnata da lacrime. Quelle ve-re, sigillo d’amore.

E mentre leggo questo bellissimo vangelo, sento che quelle paroleoggi se le sentono rivolgere le tante mamme che hanno cercato per di-versi giorni i loro figli sotto le macerie d’Abruzzo. Ricerca spessa tra-mutata in incubo, come per i genitori di Elvio, meraviglioso ragazzo diBojano. Per quattro giorni, in una speranza sempre più flebile, sfociataalla fine, purtroppo, in pianto dirotto.

Non hanno sentito, come per la Maddalena, quel nome, ‘’Maria”, sus-surrato con uno speciale accento di tenerezza, che solo chi ama e chiè amato sa distinguere...

Non occorrono spiegazioni. Basta il tono della voce. Ne senti il respi-ro, ne cogli la intonazione, ne riconosci la flessione.

Questo è l’amore.Che ha attraversato con immensa mestizia i funerali proprio il Ve-

nerdì santo, su quel piazzale che sembrava non finire più.Immensa la tragedia. Anche perché si sta profilando l’ipo-

tesi di precise responsabilità in chi ha costruito edifici moderni, sbri-ciolati come sabbia. I peccati di pochi che si fanno morte per tanti! Il pub-blico sempre dimenticato!

Incontenibile il dolore, soprattutto davanti alla bara di quella mamma,che sopra custodiva una piccola bara bianca. Di certo, il suo bambino,di pochi mesi. Ancora abbracciato, da mani spente nella forza, ma sem-pre tenerissime nell’affetto.

Mi sembrava di scorgervi il cuore della processione della sera, lun-go le strade silenziose della nostra città di Campobasso. Anche qui, unabara ed una madre. Gesù morto e Maria Addolorata, che con dolore, cer-ca il suo figlio, lo cerca straziante di gemiti.

E dopo il funerale, i particolari di una scena di tragedia raccolti dalleMonache di clausura, le Clarisse di Paganica, a due passi dalla città deL’Aquila. Vi ero stato il 4 ottobre, in una splendida giornata di colori, perla professione perpetua di una giovane suora. Ora ci raccontano la sce-na: tutto distrutto, tante suore ferite, ma soprattutto la loro Priora peritanelle macerie. Che loro, le figlie, sentono e vedono come l’offerta supre-ma della madre, quasi si fosse immolata per il suo monastero, che ellaaveva fatto rifiorire in un’inaspettata primavera. Anch’esse cercano, co-me Maria di Magdala. E guardano attonite a quell’ammasso di detriti.Che amano ancor di più. Con l’unico intento, raccomandato loro con in-sistenza dal Vescovo, mons. Giuseppe Molinari, che tanto si sta rivelan-do con cuore di vero Padre: “Tornate al più presto, fate rifiorire nel giar-dino del convento un germoglio di monastero ... non andate via. Per-ché la gente ha bisogno di voi, di sentire che si prega ancora, che si spe-ra ancor di più!”:

Perché le cose ci sono - ci racconta Angela, una volontaria della Pro-tezione civile di Gambatesa, che si sta prodigando con zelo tra le tende- ma non c’è pace ... troppe scosse … tanta paura ... tutto è più diffici-le”.

Mai come ora la speranza è tutto! Dono di una solidale presenza d’a-more vero.

+ P. GianCarlo vescovo

Un lettore ha espressa-mente chiesto se fossepossibile per un cattolico

scegliere la cremazione del propriocadavere al posto della tradizionaleinumazione. Tale domanda trovagiustificazione nella antica riprova-zione della Chiesa per l’incinerazio-ne dei cadaveri ritenendo che la giu-sta venerazione delle salme e la lo-ro inumazione sia un adeguato se-gno della fede pasquale nella resur-rezione. Ad essere consapevoli delprofondo ed essenziale valore reli-gioso dell’inumazione furono soprat-tutto le organizzazioni laiciste e anti-clericali che, infatti, si prefissaronol’esplicito compito di diffondere l’usodella cremazione in aperta opposi-zione alla Chiesa e alla sua Fede.È significativo che le organizzazionimassoniche proposero anche un “ri-to universale per la cremazione”, co-me vale anche la pena di ricordareche in Italia la “Società per la Crema-zione” chiese allo Stato: “Di disporrecon sollecitudine la installazione o ilpotenziamento degli impianti di cre-mazione … - e soprattutto - … dipreparare fin da ora la coscienza ela mentalità del nostro popolo allanon lontana obbligatorietà di questorito, e ciò attraverso un’opera di edu-cazione scolastica e di propagandatelevisiva e radiofonica, come già av-viene in vari paesi in linea col pro-gresso civile”.

È evidente che a quanti sceglie-vano la cremazione con intenti con-trari alla Fede erano comminate ade-guate sanzioni canoniche. Oggi, perfortuna, il mutare e il maturare deitempi e delle coscienze ha portato aprivare la cremazione del suo simbo-lico significato anticristiano e, di con-seguenza, la Chiesa non ha potutonon tener conto delle mutate inten-zioni di quanti scelgono tale praticasenza abiurare la propria Fede e, in-fatti, al can. 1176 ha previsto che:“Raccomanda vivamente che si con-servi la pia consuetudine di seppel-lire i corpi dei defunti; tuttavia nonproibisce la cremazione, a meno che

questa non sia stata scelta per ragio-ni contrarie alla dottrina cristiana”.

È evidente il tono e l’intento delLegislatore che vuole venire incon-tro alla sensibilità dl singolo, facen-do salva la Fede pasquale e riba-dendo che deve essere allontanatoogni pericolo di spirito anticristiano.Possiamo, quindi, concludere rias-sumendo che: a) l’inumazione delcadavere è la forma da preferirsi per-ché esprime meglio la fede e l’atte-sa della resurrezione dei corpi; b) èpossibile scegliere la cremazione delproprio cadavere, chiarendo che lemotivazioni che spingono a tale scel-ta prescindono da quelle usualmen-te addotte in chiave anticristiana erinnovando la propria Fede e adesio-ne alla Chiesa; c) a queste condizio-ni, non è più prevista la comminazio-ne di alcuna pena o sanzione. In ag-giunta, vale la pena fare un accennoanche alla dispersione delle ceneriin luogo aperto, o nel c.d. “roseto del-la rimembranza” che alcuni vorreb-bero nei cimiteri, e sulla conservazio-ne presso la propria abitazione del-l’urna cineraria. A questo riguardo èevidente che se si ha fede nella re-surrezione dei corpi e nell’attesa dital giorno, la dispersione delle cene-ri contraddice apertamente taleprofondo significato a prescinderedalle motivazioni del singolo perquanto alte, nobili o romantiche. Laconservazione presso l’abitazioneprivata rivela già in questo aggettivola contraddizione con il senso comu-nitario di attesa e di fede. La morte el’attesa escatologica travalicano lasfera privata e coinvolgono l‘interacomunità dei credenti che, fin dallecatacombe, ha iniziato a riconoscer-si come tale proprio in siffatte circo-stanze. Ad oggi, se è possibile chela cremazione non venga chiesta inodio della religione, potrebbe esse-re voluta in adesione a sentimentimeno facilmente riconoscibili comeanticristiani, quali la new age o simi-li. Sarà compito dell’operatore pa-storale coniugare le private sensibi-lità, con la fedeltà alle verità di fedee il giusto rispetto delle leggi chequeste verità tutelano.

CREMAZIONE: POSSIBILE MA …Francesco Carozza

IL VERO PROBLEMA È L’INTENZIONEDEI FEDELI CHE LA CHIEDONO

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Vita DIOCESANA n. 08 Anno XII

PRIMO PIANOSOCIETA’

UNA LETTERA DEI DETENUTIDI CAMPOBASSOPER LA POPOLAZIONE TERREMOTATA DE L’AQUILA

FRATELLI DELL’ABRUZZO …

Noi tutti i detenuti della Casa di Reclu-sione circondariale di Campobasso, stiamovivendo il dramma che ha colpito le nostresorelle e i nostri fratelli.

Non riusciamo a pensare che in pochisecondi centinaia di loro non sono più in vi-ta. Grazie a Dio molti altri si sono salvati.

Il dramma accaduto è di dimensioni gra-vose. In un solo attimo è stata cancellatauna città e interi comuni. Migliaia di perso-ne si sono viste cancellare la propria ca-sa, i propri averi.

Per noi detenuti di Campobasso è comese fossimo lì con i sopravvissuti vicini a co-loro che sono stati colpiti.

Se c’è qualcosa che nel nostro piccolopossiamo fare siamo ben lieti di farlo.

Possiamo assicurare che per noi tutti,come anche per le nostre famiglie, sarà unaSanta Pasqua di totale tristezza, con lamente ma con il cuore staremo in quelle zo-ne con i sofferenti.

Rivolgeremo la nostra preghiera a quel-li che non ci sono più.

Noi tutti detenuti di Campobasso siamostati colpiti, perché come Dio ci ha insegna-to, siamo tutti suoi figli.

Ci uniamo nel dolore e nella preghieraI detenuti di Campobasso

F.P.S.

“L’acqua è un bene che deve servireallo sviluppo di tutta la persona e diciascuna persona”, ha scritto il Car-

dinale Renato Raffaele Martino, presidente delPontificio Consiglio della Giustizia e della Pace,in un documento del dicastero intitolato “Acqua,un elemento essenziale per la vita”.

La nota, ricorda “L’Osservatore Romano”, èstata preparata come contributo della Santa Se-de al V Forum mondiale sull’acqua, tenuto aIstanbul (Turchia) dal 16 al 22 marzo.

Si tratta del secondo aggiornamento del do-cumento, diffuso per la prima volta nella terza edi-zione del Forum, nel 2003 a Kyoto, e poi ripropo-sto nel 2006 a Città del Messico.

Il titolo, spiega il quotidiano vaticano, “riflettela posizione della Santa Sede sulla comprensio-ne etica e religiosa dei molti e complessi proble-mi legati alla questione dell’accesso all’acqua”.

Dopo aver esposto i principi morali fondamen-tali relativi alla questione, la nota “presenta un’an-tologia dei principali interventi fatti per favorire unapiù profonda comprensione dell’urgenza di ga-rantire a tutti l’accesso all’acqua pulita e a una sa-nità sicura”.

In particolare, il Pontificio Consiglio “concen-tra l’attenzione sul riconoscimento della disponi-bilità e dell’accesso all’acqua come diritto umanoe sull’importanza di andare oltre gli obiettivi di svi-luppo già raggiunti e di garantire a tutti acqua po-tabile e condizioni igieniche e sanitarie sicure”.

Nel documento, la Santa Sede esorta a sfor-zarsi per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo delMillennio, che mirano a migliorare la qualità di vi-ta di tutte le persone del mondo, specialmente di

quante vivono in povertà e sono più vulnerabili difronte alle crisi.

La vulnerabilità, dichiara il dicastero, derivada varie cause, tra cui analfabetismo, siccità enutrizione inadeguata. In questo contesto, si ri-corda il ruolo centrale dell’acqua in ogni aspettodella vita, negli ambienti nazionali, nelle loro eco-nomie, nella sicurezza alimentare, nella produ-zione, nelle politiche, sottolineando come solo re-centemente sia stata posta al centro di una rifles-sione globale l’inadeguatezza della disponibilitàe dell’accesso all’acqua.

Quasi un quarto degli abitanti del pianeta, ov-vero un miliardo e mezzo di persone, non ha unadisponibilità sufficiente di acqua potabile, ricordail Pontificio Consiglio. Oltre la metà degli esseriumani, tre miliardi di persone, vive in case sprov-viste di sistema fognario. Quasi cinque milioni dipersone muoiono ogni anno per malattie asso-ciate al consumo di acqua non pulita o per caren-ze idriche.

Di fronte a questo drammatico panorama, laSanta Sede esorta a considerare il diritto all’ac-qua e quello a una sanità sicura non due diritti col-legati, ma un unico diritto.

“Una delle ragioni è semplicemente che en-trambi sono essenziali per la salute ed entrambihanno un drammatico impatto sullo sviluppo”,spiega il documento.

Allo stesso modo, si chiede un chiaro riferi-mento all’acqua nei documenti fondanti dei dirit-ti dell’uomo, anche se essa è implicitamente in-clusa tra i diritti umani riconosciuti essendo nonsolo un diritto, ma anche una necessità fonda-mentale per la salute e la vita.

LL’ACQUA’ACQUA – DICE IL– DICE IL VVAATICANO – È FONDAMENTTICANO – È FONDAMENTALEALEPER LO SVILUPPO DI TUTTI E DI CIASCUNOPER LO SVILUPPO DI TUTTI E DI CIASCUNO

L’ACCESSO ALL’ACQUA: L’ACCESSO ALL’ACQUA: UN DIRITTOUN DIRITTO

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Vita DIOCESANA n. 08 Anno XII

PRIMO PIANOSOCIETA’

Il 17 aprile, a Trivento, si è tenuto un incon-tro-dibattito sul tema “Quale futuro per il si-stema scolastico nelle aree interne?” orga-

nizzato dalla Caritas diocesana di Trivento e dal-l’ANCI Molise.

L’incontro è stato coordinato dal professoreUmberto Berardo, che ha invitato a riflettere sulfatto che molti edifici scolastici non garantisco-no la sicurezza degli studenti e che in seguitoalla Riforma Gelmini della scuola primaria ed alnuovo regolamento ci sarà una riduzione del per-sonale docente e ATA oltre a molti tagli economi-ci previsti per l’università e in particolar modo perla ricerca. Mons. Scotti ha sottolineato l’importan-za della scuola oggi, che viene percepita comerisorsa strategica del patrimonio produttivo; è lascuola, secondo il vescovo di Trivento, che faavanzare la società culturalmente ed economi-camente ed avvia le generazioni verso il futuro.Don Alberto Conti ha detto che, per non perde-re speranza, bisogna continuare a sognare unascuola che vada verso i ragazzi sul loro territo-rio di vita.

Le informazioni sul nuovo regolamento mi-nisteriale sono state illustrate dalla prof.ssa An-gelica Tirone, presidente dell’UCIIM, la quale haillustrato i cambiamenti nella scuola dell’infanziae del primo ciclo di istruzione e le norme per lariorganizzazione della rete scolastica e delle ri-sorse umane. Inoltre ha confrontato vecchi e nuo-vi regolamenti scolastici.

I docenti Gabriele Di Paolo e Nico D’Antoniohanno riflettuto sulle ricadute del decreto leggesul territorio delle nostre aree interne.

Di Paolo ha evidenziato i cambiamenti che laRiforma determina nella Scuola Primaria notan-do che la metodologia utilizzata elude il confron-to e la ricerca condivisa tra istituzioni, operatoridella scuola, famiglie e società.

Si è soffermato sull’importanza dei poli didat-tici, soprattutto in quei territori con piccole o pic-colissime realtà, dove, secondo lui, la scuola-po-lo potrebbe assumere un ruolo più ampio, che af-fianchi ed integri la formazione continua e l’edu-cazione permanente, perché la diffusione dellacultura non comprenda anche persone adulte.

D’Antonio si è soffermato, invece, sull’abban-dono scolastico e sul basso numero di diploma-ti come conseguenze sociali e culturali della Rifor-

ma sul territorio. Inoltre ha sottolineato che lascuola ha lo scopo di educare futuri cittadini e de-ve essere visto come luogo forte di formazionedella persona dove si impara ad apprendere.

Il Presidente dell’ANCI Molise, Francesco Mi-randa, ha dato indicazioni metodologiche su qua-le può essere l’apporto delle amministrazioni lo-cali nella definizione delle strutture scolastiche.Ha denunciato che la riorganizzazione scolasti-ca non si può risolvere seguendo numeri astrat-ti, come quelli previsti dalla Riforma Gelmini, mabisogna riconoscere l’isolamento della scuola perincoraggiare il dialogo tra amministratori ed isti-tuzioni scolastiche. Non si può perciò trascurareche alunni, insegnanti e famiglie devono esseresempre il soggetto delle scuole.

L’incontro si è concluso con un dibattito nelquale sono intervenuti il dirigente dell’ufficio sco-lastico provinciale di Campobasso, molti dirigen-ti scolastici, amministratori locali e rappresentatisindacali che hanno fornito riflessioni utili sulla si-tuazione scolastica nelle aree interne.

A conclusione dei lavori il prof. Berardo haproposto ai presenti di comunicare alla Caritas diTrivento l’adesione ad un gruppo di lavoro che sti-li un documento programmatico sulla riorganiz-zazione del sistema scolastico da presentare agliorgani politico-amministrativi di livello naziona-le, regionale, provinciale e comunale.

Peccato che in un convegno così partecipa-to sia mancata soprattutto la presenza di studen-ti, dei genitori e della classe dirigente regionale eprovinciale, perché senza tali interlocutori è diffi-cile pensare a percorsi condivisi.

ILIL CONVEGNO DI TRIVENTCONVEGNO DI TRIVENTOOSULLASULLA RIORGANIZZAZIONE RIORGANIZZAZIONE DELDEL SISTEMASISTEMA SCOLASTICO SCOLASTICO

Ma la Riforma Ma la Riforma non aiutanon aiuta

le aree internele aree interne

Miriam Iacovantuono

BREVIIl 30 aprile prossimo, nel salonedella parrocchia di San GiuseppeArtigiano il vescovo Bregantini in-contrerà i candidati a sindaco delcomune di Campobasso, politici eamministratori locali, per rifletteresul recente documento dei vesco-vi CEAM sul Bene Comune

SUL DOCUMENTO “AL SERVIZIODEL BENE COMUNE”LE “BEATITUDINI”: VADEMECUM CIVILE, POLITICO, ETICO

Franco Novelli ci ha inviato un’articolata riflessio-ne sul documento dei vescovi, che possiamo pub-blicare solo in parte per ragioni di spazio. Sarà inte-ramente edito sul sito della diocesi.

IL BENE COMUNECondivido appieno le preoccupazioni politi-

che ed etiche espresse dai vescovi d’Abruzzo eMolise per una serie composita di ragioni ricon-ducibili ad un concetto condiviso sia dai catto-lici/cristiani sia dai non credenti: quello di “benecomune”. Il “bene comune”, quindi, è la som-ma di quelle condizioni materiali (garantite in pri-mis dal lavoro) e spirituali che sono necessariead assicurare una vita dignitosa a ciascun uomo.

LE BEATITUDINILa pagina delle “Beatitudini” evangeliche ha

un eccezionale valore spirituale ed etico, inquanto indica all’uomo la possibilità di ottenererisultati apparentemente impensabili ai fini del“bene” della collettività.

Infatti, quando si parla di “impegno per la pa-ce”, di “purezza”, di “misericordia”, di “mitezza”,di “povertà” non vengono offerte ai credenti sol-tanto delle specifiche indicazioni per migliorareil livello qualitativo dei rapporti sociali e interper-sonali o delle idee esclusivamente utilizzabili dalpunto di vista della morale cattolico-cristiana; inun certo modo, le “beatitudini” possono essereconsiderate anche come un salutare vademe-cum civile, politico, etico. Pensiamo, ad esem-pio, al rigoroso impegno per la pace che tanti pa-cifisti e non violenti mettono in pratica tutti i mo-menti della loro vita; oppure a quanti riferendo-si alla “purezza” indicano a se stessi che quel-lo che conta nell’agire della quotidianità civile èla trasparenza assoluta delle proprie azioni e deipropri convincimenti.

LE PECCHE DELLA POLITICAOggi si assiste ad un disinteresse crescen-

te per la “politica”. Si dovrebbero restituire allapolitica quegli elementi che la rendano nuova-mente credibile. Come quello per cui le caricheelettive dovrebbero essere “pro tempore”. In talmodo si eviterebbero casi di “potere persona-le”. Un secondo elemento è la scelta rigorosadella classe dirigente attraverso una vera parte-cipazione democratica.

LA LEGALITÀRiferendomi a quei punti che parlano della

lotta alla criminalità, alla cultura mafiosa, si puòdire che si sta cercando di fare qualcosa attra-verso l’impegno con l’associazione LIBERA, chein questi mesi si sta radicando nel nostro Moli-se. Favorire la cultura della legalità è una formarivoluzionaria di far politica oggi, mentre assi-stiamo al disprezzo sistematico delle norme co-stituzionali ad opera di una classe dirigente chenon ama la Costituzione e che fa della cultura delcapo la regola del massacro della democrazia.Oggi la grande battaglia culturale, politica, ideo-logica è convogliare tutte le energie a vigilaresulla Costituzione.

Franco NovelliCoordinatore regionale Libera in Molise

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PRIMO PIANOSOCIETA’

Dominick Ferrante merita sempre il “suo” PremioL’Associazione Culturale “Dominick Ferrante” bandisce il III concorso regionale

di poesia, dal tema “PIOVE”, rivolto agli alunni delle classi III – IV – V della scuo-la primaria e alle classi della scuola secondaria di I grado. Il premio è dedicato

alla memoria di Dominick Ferrante, il giovane poeta molisano scomparso tragicamente il15 agosto 2005 dopo aver tratto in salvo la fidanzata dalle furiose acque del mare. Proprioper onorare la sua memoria, la famiglia Ferrante ha dato vita alla omonima Associazioneculturale che si propone, anche con questo premio, di sensibilizzare i giovani studenti aduna forma di arte e comunicazione, come la poesia, che li porti a riflettere sui sentimenti,sulle persone care, ma soprattutto li incoraggi e stimoli ad esprimere le proprie attitudinie le proprie idee.

L’amore di Dominick per la scrittura lo aveva condotto alla facoltà di Lettere e Filoso-fia presso l’università di “Roma Tre” e questo ardore artistico si era ben presto tramutatonella produzione di copiose raccolte di poesie, ispirate dalle esperienze umane, dalle sen-sazioni e da ciò che circonda la vita. Un ragazzo brillante, dotato di eccezionali qualità in-tellettuali, che emergono nei suoi scritti, a testimonianza della sua sensibilità e capacità,ed in virtù delle quali il mondo accademico ha pensato di conferirgli la laurea in lettere,alla memoria, con il massimo del plauso.

Il successo delle prime due edizioni del premio, che si evince anche dai numerosipartecipanti e dalla qualità degli elaborati proposti, testimonia la freschezza, la capacità eil talento dei poeti molisani in erba.

Mons. Giancarlo Bregantini ha manifestato il pieno apprezzamento per la manifesta-zione, condividendone lo spirito di speranza che va riposto nelle giovani generazioni.

Per informazioni sul premio rivolgersi all’Ufficio Comunicazioni Sociali della diocesi0874 482780.

UN PRANZO DI BENEFICENZA RICCODI PIETANZE E “VALORI”

QUANDO SI FA DEL BENE ANCHE MANGIANDOIvalori morali trovano strade impensate per mani-festarsi. Questa volta ne hanno scelta una chemolti invidieranno: quella dell’alta cucina regiona-

le. Stiamo parlando del pranzo di beneficenza (“Insiemecon gusto per la solidarietà”) organizzato dal Movimen-to dei Focolari in favore di un progetto di aiuto al conti-nente africano.

Poco meno di duecento persone, l’applaudita pre-senza di mons. Bregantini, uno schieramento festoso dicuochi e aiuto-cucina hanno affollato la giornata trascor-sa fra prelibatezze rare.

Ma il vero valore dell’incontro è stata la scelta dei ri-storatori (o non è meglio nobilitarli con un “ristorattori” vi-sto lo spettacolo che hanno saputo mettere su?) di uni-re le loro forze, le loro sapienze, le loro esperienze e sfor-nare un unico pranzo, un menu unficato.

Per un giorno, cioè, bando alla competizione, allarivalità, alla concorrenza.

Uniti, quindi, per una elevata causa comune: la so-lidarietà verso i fratelli lontani.

D’altronde, da un movimento, quello di Chiara Lubi-ch, che ha dato vita ad un’etica nuova dell’economia (L’e-conomia di comunione) non fa meraviglia questa “trova-ta”. Qualcuno, conversando piacevolmente a tavola, hasospirato: “Magari nel Molise fosse sempre così!” Comeè noto, un antico adagio locale recita: “La migliore so-cietà è quella di numero dispari inferiore a tre”. Insom-ma, la brutta bestia dell’individualismo esasperato e dif-fidente.

Ma il 29 marzo il Molise gastronomico si è dato unatregua.

E la tregua ha portato alla vittoria: dell’eleganza, delbuon gusto, della sapidità misurata e avvincente. Comedire: uniti si vince.

Forse, dalla tavola imbandita, da dove cioè nessunose l’aspettava, è stato lanciato un messaggio di valoremorale. Qualche buontempone, alzando il calice (ottimii bianchi e i rossi), ha detto che la cosa più bella della vi-ta è la solidarietà, l’unione, la condivisione. Si sa, in vinoveritas.

I ristoratori protagonisti: Ponticelli, Miseria e no-biltà, il Potestà, I peccati di Bacco, Mazzamauriello,L’approdo

A MIA MADREUn fiore muore nella nebbia seraleUn fiore muore spezzato dal vento,stroncato da chi è indifferente al suo pianto,ghiacciato dal freddo, stanco dal gelo.Un fiore muore in silenzio.Il suo stelo in ginocchio,bagnato dal sangue dei bimbi già vecchi,piegato dal tempo che frusta passando,stancato dal peso dei petali grigi. Un fiore muore e rimpiange la vitaMuore piangendo ciò che ha perso per sempre,muore piangendo ciò che mai e poi mai potràaverepiange e le lacrime sono anche in cielo.Un fiore muore affogato dalla nebbiaLo stelo chino è ormai disteso,e nessuno disturba la sua dolce quiete…Solo il vento lo culla lontanoe volando in silenzio lungo il suo sonno,cadono i petali e cadono i semi.Dorme ora il fiore. E sogna…Sogna i suoi semi che un giorno vivranno,sogna i suoi semi forti e felicisogna i suoi semi gioia del campo.Dorme ora il seme. E sorride…e i sorrisi sono anche in cielo.

Marianna Campanella

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PRIMO PIANOSOCIETA’

“SE SI SVEGLIA L’UTOPIA…”

Il 7 maggio alle ore 17,30 nella sala Celestino V del palazzo arci-vescovile di Campobasso in viale Mazzini n. 80 ci sarà la primapresentazione di un nuovo volume dello scrittore molisano Um-

berto Berardo.Dopo un’antologia di racconti, un testo di teatro ed un romanzo l’au-

tore pubblica un volume dal significativo titolo “Se si sveglia l’utopia…”nel quale raccoglie indagini, studi e ricerche condotte nel corso degliultimi sei anni. Umberto è stato uno zelante ed impegnato operatore sco-lastico ed ha volutamente scelto di esercitare per trentasei anni la suaattività di professore sul territorio del Molise, regione nella quale è natoed alla quale ha oltretutto dedicato anche un’incessante attività di ope-ratore culturale. Il contatto da lui tenuto con i giovani si è avuto perciònella scuola, ma anche nella società poiché è stato sempre un anima-tore molto creativo del tempo libero presso diverse comunità.

Il suo impegno per la cultura e l’organizzazione sociale lo ha porta-to ovviamente ad occuparsi di politica non nel senso della militanza neipartiti, quanto piuttosto nell’assunzione di responsabilità nelle associa-zioni della società civile per garantire l’elaborazione di idee sul piano pro-grammatico.

Umberto non solo è un cittadino attivo, ma anche un uomo di fedee come tale si è messo a disposizione della Chiesa locale nel coordi-namento della Caritas diocesana, della Scuola di Formazione all’Impe-gno Sociale e Politico “Paolo Borsellino” ed è direttore dell’Ufficio Pasto-

rale per i problemi sociali e dellavoro della diocesi di Trivento(CB).

Da anni poi si occupa diinformazione e lo fa da pubbli-cista per diversi giornali cartaceie telematici.

Questa sua multiforme ed in-tensa attività nel sociale lo haportato ad occuparsi a livello distudio e di ricerca di diverse te-matiche che costituiscono poi isaggi di questo suo nuovo vo-lume intitolato “Se si sveglia l’u-topia…”.

Umberto già nelle sue operedi narrativa si è occupato di tan-tissimi argomenti di natura teo-logica, didattica, economica, so-ciale, politica, ma in questo nuo-

vo libro lo fa in modo analitico, diffuso, intenso, per così dire da studio-so che cerca di indagare le questioni esistenziali con lucidità scientifi-ca, ma anche con passione e soprattutto con la voglia di stimolare suitemi trattati un vasto dibattito nella società.

Se scorrete l’indice, la cosa che subito impressiona è la vastità del-le tematiche che l’autore ha indagato in questi lunghi anni di studio.

Si parte da temi che riguardano la regione Molise e si spazia poi sumolti altri che interessano l’Italia e più in generale la società globalizza-ta. In una società in cui la parola viene veicolata dai mass- media spes-so in un vaniloquio vuoto fatto di arroganza e di apparenza, il nuovo li-bro di Umberto Berardo ci dà netta la sensazione di uno strumento cheinduce al silenzio, alla riflessione, all’ascolto ed alla capacità di farsi stru-mento di confronto, di riflessione e di impegno operativo.

Le parole del suo libro è come se volessero riacquistare senso, au-tenticità, vita. Molti saggi del volume sono relazioni che l’autore ha tenu-to in convegni o assemblee sul territorio e che hanno proprio avuto l’o-biettivo di animare il dibattito di base e la partecipazione della società ci-vile nell’elaborazione culturale e politica, ma anche nella costruzione diuna cittadinanza attiva.

Una funzione culturale importante dunque quella di Umberto Be-rardo che con la sua produzione editoriale si pone al centro della ricer-ca e della comunicazione nella regione Molise.

Chiudo ricordando che Umberto destina integralmente i proventi del-le sue opere alla Caritas Diocesana di Trivento e grazie ad essi ormaida sei anni siamo riusciti a finanziare diversi progetti nella realtà socia-le che ci circonda e nel terzo mondo.

* Direttore Caritas Trivento e delegato regionale Caritas (CEAM)

Don Alberto Conti *

Avevo chiuso, con l’ultimonumero, i miei pensieri sulvolontariato. Non avevo

fatto i conti con l’imprevedibile: il si-sma in Abruzzo ha riaperto fasce diricordi, nemmeno troppo lontani, le-gati al 31 0ttobre 2002, dopo la tra-gedia dei bimbi di San Giuliano diPuglia. Ho rivissuto e sto rivivendole lacrime per i morti, e il sorriso peril gran cuore degli italiani. Insiemea tutto il personale della scuola di cuiero dirigente, ho sperimentato, an-che se per tempi e portata molto li-mitati rispetto a quanto sta avvenen-do in Abruzzo, la scuola in tenda peri bambini della scuola materna edelementare di Monacilioni, la pauradi stare entro le mura degli edifici,dopo esservi rientrati terminato il pe-riodo di chiusura cautelare estesa al-l’intera scuola molisana, il passaggiodalla scuola-tenda a locali di fortunain attesa della messa in sicurezzadegli edifici danneggiati, l’ “ascolto”continuo del rapporto fisico tra il cor-po e il luogo di lavoro nella paura dinuove scosse… Ma, soprattutto, lagrande generosità piovutaci addos-so da tante parti: il Corpo dei Volon-tari Pompieri di Tione (Trentino), unascuola paritaria di Grosseto, il Rotarydi Avellino, la comunità di Annone diBrianza con il suo gruppo folkloristi-co che donò un’intera giornata di fe-sta e spettacoli, i Cavalieri di Maltadi Latina, il Convitto Nazionale diArezzo come Istituzione pubblica enella persona del Rettore comecomponente di un Coro Polifonico diimportanza nazionale che ci regalòun finale di anno scolastico con unagiornata di festa e di esibizioni perl’intero paese di Sant’Elia: doni in de-

naro, in sussidi, in materiale didatti-co… e in lavoro di ricostruzione inproprio dei danni alle scuole, gemel-laggi con Tione che ospitò la scuoladi Macchia Valfortore per quattro/cin-que giorni, facendo visitare le bellez-ze del Trentino.

E tante altre sorprese, come l’ar-rivo per un Natale da Tione per di-versi anni, a costruire particolari al-beri di Natale nella scuola e a istrui-re sulle regole della sicurezza, sulletecniche di salvataggio…

L’Aquila e i suoi dintorni sonostati martoriati molto più di noi e so-no certa che il lavoro dei volontarinon si fermerà agli scavi angoscio-si tra le macerie nella speranza disalvare quante più vite possibili, al-l’allestimento delle tendopoli, all’as-sistenza e alla sistemazione straor-dinaria delle popolazioni: quando ilcuore vero degli italiani si mobilita,va avanti, trova da solo cosa e comefare e non si ferma se non dopo ave-re raggiunto l’obiettivo.

E’ la nostra vera forza naziona-le: vivere il dolore degli altri, le diffi-coltà di chi non può farcela da solo,unire la forza delle mani ai moti delcuore e darsi da fare perché il sorri-so, la speranza, la voglia di viveresiano il mantello sotto cui porre lepaure, le incertezze del domani, lenuove necessità, il dolore per chinon c’è più: non per dimenticare –non è possibile, certe ferite lascianocicatrici che mordono l’anima – maper dare un significato alle sventure.

Quando ci si chiede: “Perché lamorte? Perché la sofferenza?

Perché la distruzione?” possia-mo risponderci che esse sono il sen-tiero sul quale camminano la bontà,la solidarietà, la generosità, la vici-nanza del cuore.

ULTIME RIFLESSIONI SUL VOLONTARIATO IN ITALIA

La vera forza nazionale:vivere il dolore degli altri

Linetta Mazzini Colavita

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Vita DIOCESANA n. 08 Anno XII8

PRIMO PIANOZOOM

SE PARL

UN’INTERVISTAAPERTA E PUNGENTE DEL PARROCO DI S. ERASMO

Lo “scontroso amore”di don Giovanni per BojanoL’assessore Perrella risponde a muso duro, la “Falco” lo sostiene

Capita sempre più spesso, nel nostropaese e specificamente nella nostraregione, che dal “basso”, ovvero da

quella società civile che elegge i propri rappre-sentanti deputati a gestire la cosa pubblica, si sol-levino voci di richiamo, richieste d’aiuto e di dia-logo nei confronti di chi frequenta le istituzioni edè stato mandato a frequentarle per perseguirel’interesse pubblico.

Succede però che tanto più sono frequenti,argomentate e sensate queste istanze prove-nienti dalla società civile, tanto più vengano de-liberatamente ignorate, rigettate, o peggio anco-ra pubblicamente disprezzate e fatte oggetto diderisione e di fastidio, perché vissute come in-tralcio al normale svolgimento della vita pubbli-ca istituzionale.

Protagonisti in questo caso della situazionesopra descritta sono stati don Giovanni Di Vito,parrocco della chiesa dei Santi Erasmo e Marti-no di Bojano, e l’amministrazione comunale chia-mata in causa nel suo principale rappresentan-te, il primo cittadino Antonio Silvestri, con il fede-le scudiero, l’assessore Carlo Antonio Perrella alsuo fianco.

Don Giovanni, dalle colonne di un quotidia-no locale, aveva denunciato l’assenza delle isti-tuzioni in un momento particolarmente difficileper Bojano, e la necessità di dare un’improntaconcreta alle politiche sociali, a suo modo di ve-dere carenti eppure necessarie per evitare la fu-ga delle giovani generazioni dall’area matesinae l’ulteriore ricorso a droga ed alcool (problemagià in maniera evidente diffuso) nel piccolo cen-tro bifernino.

Il sacerdote inoltre ha denunciato senza pe-li sulla lingua, come dovrebbe fare chiunque ab-bia a cuore la vita ed il benessere della propriacomunità, l’assenza di dialogo con il sindaco el’amministrazione comunale su problematiche divitale importanza (il lavoro, il clientelismo, la via-bilità, l’arredo urbano, l’accesso gratuito per i ra-gazzi agli impianti sportivi e molto altro ancora),e soprattutto le tante promesse ventilate e maimantenute dal primo cittadino, valga per tutte ilprogetto di recupero di località Maiella (una del-le zone di maggior degrado dell’area bojanese)che aspetta ancora di essere tradotto in fatti con-creti. Colpita nell’orgoglio, ed a corto di argomen-tazioni, l’amministrazione comunale matesina siè scagliata contro don Giovanni per bocca del-l’assessore Perrella, che ha inveito gettando di-scredito sul sacerdote e lamentandosi di una gra-ve ed ingiusta sottovalutazione del lavoro svol-to dal comune di Bojano.

I cittadini, o meglio una loro significativa rap-presentanza, a quanto pare sono dalla parte delprete, che infatti ha ricevuto una lettera di soste-gno, e di invito a non mollare nel suo intento discoperchiare le tante difficoltà nascoste ai piedidel Matese, da parte dell’Associazione Falco,che da anni si occupa di ambiente, territorio e vi-

Francesco de Lisio

Perché i lettori possano farsi direttamen-te un’idea sul “caso”, pubblichiamo tre docu-menti: 1) l’articolo con l’intervista a don Gio-vanni Di Vito; 2) L’articolo che riferisce l’at-tacco dell’assessore Perrella al parroco di SS.Erasmo e Martino; 3)La dichiarazione dell’As-sociazione “Falco” a sostegno di don Giovan-ni. I documenti sono riprodotti non integral-mente per ragioni di spazio.

“Bojano sta vivendo una situazione estrema-mente difficile dal punto di vista sociale ed eco-nomico - ha esordito don Giovanni – una crisi chenon ha risparmiato gli operai della Solagrital e tut-ti coloro che lavorano presso grandi aziende, iquali stanno vivendo in situazioni davvero preca-rie. Per quanto riguarda la Solagrital mi riesce dif-ficile capire la strategia aziendale, che collocain cassa integrazione i propri dipendenti e poi ri-corre a nuove assunzioni a tempo determinatocon persone che vengono impiegate solo per dueore: …sarebbe auspicabile che chi gestisce ri-sorse pubbliche desse conto ai lavoratori e alleloro famiglie del suo operato”. “Bisogna fare po-litiche sociali autentiche e vere, spendere soldiper fare manifestazioni fine a se stesse che du-rano l’arco di una giornata significa solo sper-perare denaro pubblico.

Non dare poi ai ragazzi la possibilità di entra-re gratuitamente allo Stadio Colalillo e al CentroSportivo Varazi per praticare sport, secondo me,è un paradosso. E’ necessario, invece, investiresui nostri giovani mettendo a disposizione gratui-tamente le strutture sportive … lo sport è il mez-zo più efficace per non cadere nella trappola del-l’alcool e della droga. Problemi questi ultimi diprofonda attualità nella nostra città, sappiamo tut-ti che sono di notevole portata e si fa finta di nonvederli o, al massimo, se ne parla in Osservato-ri che appunto, temo, siano destinati a restare ta-li senza incidere sul problema”.

“Un altro problema non indifferente, secondome, è quello che non si riesce a stabilire un dia-logo con il sindaco; mi faccio portavoce anche diquella che è la situazione di località Maiella. Dueanni fa è stata organizzata la prima ‘Festa delCreato’ durante la quale sono state fatte alcunepromesse, come il ripristino dell’acqua alla fon-te ed altro.

Quel giorno la gente del luogo ha lavoratocon passione ed entusiasmo per cercare di ren-dere più bello il quartiere. Tante promesse, tantebelle parole però tutte cadute nel vuoto. A settem-bre scorso il primo cittadino avrebbe dovuto far-

ta sociale per Bojano e dintorni. Vita Diocesa-na accoglie le istanze di don Giovanni e della co-munità che porta nel cuore, ed invita senza mez-zi termini le istituzioni ed i loro rappresentanti arispondere, una volta tanto, con i fatti piuttosto

mi vedere un grande progetto di recupero diquella zona degradata della periferia di Bojano.Avevo chiesto un appuntamento insieme al Co-mitato di Maiella e stiamo ancora aspettando. …Un Sindaco che non ascolta: significa che nonama, perchè chi ascolta ama ed ha passione per

il suo popolo, per il suo paese, per la sua gen-te, ma tutto ciò non lo vedo”.

“Si vedono i cartelli stradali aumentare …però il manto stradale è sempre più disastrato.Si cerca di mettere ordine nella viabilità senzadare la possibilità agli utenti di percorrere le stra-de tranquillamente.

Molti giovani stanno andando via perché lacittà non offre nulla, o meglio se si offre qualco-sa è solo per alcuni privilegiati. Se poi si va a ve-dere chi sono si riesce a capire tutto. Non vo-glio accusare nessuno, voglio soltanto che si ab-bia la coscienza di aiutare e agevolare in via prio-ritaria le fasce più deboli; se ci sono alloggi biso-gna darli a chi veramente ne ha bisogno.

Il politico non deve comandare, ma deve go-vernare, farsi ascoltatore dei bisogni degli altri, ècolui che deve essere al servizio del bene comu-ne. Perché tutti quanti hanno diritto di vivere aBojano, di avere una casa, di lavorare, il diritto direstare e non di dover andare via. E’ facile farequello che si vuole sfruttando il potere per finipersonali, dimenticando che ci sono tante perso-ne sfortunate, bisognose di aiuto. Sono tanti iproblemi, molti sono nascosti perchè ci sono per-sone che soffrono in silenzio, con dignità; di que-sti problemi riusciamo a vederne solo alcuni: traquelli più importanti sicuramente c’è l’occupazio-ne, bisognerebbe impegnarsi con tutte le forze adare veramente lavoro, e non specularci sopra”.

Don Giovanni ha così concluso: “Bisogna re-stituire decoro alla città, darle bellezza, dareascolto e sentire i problemi della gente, esserleaccanto, lavorare per la gente e non per se stes-si, perchè chi sta bene continua a vivere bene,ma chi sta male non può aggrapparsi a niente, è

che con le parole. Perché a un prete, se non è vicino alla sua

gente nella “quotidiana fatica di vivere”, se nonè la coscienza profetica della sua gente, cosa gliresta?

L’INTERVISTA

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9Vita DIOCESANA n. 08 Anno XII

PRIMO PIANOZOOM

ARLA UN PRETE...

Qualche giorno dopo l’intervista a don Giovanni, Nuovo Molise pubblicava questa di-chiarazione dei consiglieri di minoranza al Comune di Bojano: “Sentiamo il bisognodi manifestarLe [la lettera è indirizzata al sindaco] pubblicamente il nostro più netto

dissenso ed il massimo disappunto per l’iniziativa ed il comportamento tenuto dal Suo gruppo,che ha lasciato sbigottita, offesa e risentita l’intera Città. Il Consiglio comunale del 31 marzo scor-so si è aperto con un ignominioso, volgare e premeditato attacco, sferrato per bocca dell’as-sessore Perrella, ad un sacerdote della nostra Città, senza smentita o dissociazione di sorta daparte di alcuno dei componenti della maggioranza.

L’assessore sbandierando un quotidiano locale, ha iniziato a inveire, lamentandosi di prete-se incomprensioni e ingiustificata sottovalutazione dei meriti di questa amministrazione e hapoi letto una missiva che butta discredito su una delle stimate Autorità religiose della Comunità,che … opera, realmente e non solo a parole, soprattutto a favore dei giovani. L’intervento del sa-cerdote è stato ponderato, equilibratissimo ed, anzi, moderato nei toni e nel contenuto, essen-dosi limitato ad indicare solo alcune delle criticità della nostra Città. Chiamare le cose con il loronome, però, non è cosa gradita a chi amministra. Alla prova dei fatti è emersa l’ipocrisia del grup-po di maggioranza che con raffinata dissimulazione fa fìnta di perseguire il bene comune ma nel-la pratica è portato a strumentalizzare le istituzioni - anche quella religiosa … Il gruppo dell’as-sessore ha lanciato avvertimenti a chi, in futuro, volesse esprimere liberamente il proprio pen-siero ed ha mostrato la vera immagine di sé: fare bella mostra nelle parate ufficiali a fianco di chi,però, vuole costringere al silenzio solo perché, assumendosi le proprie responsabilità in primapersona, esprime giudizi veritieri, sebbene non graditi.

Tante altre volte i sacerdoti di Bojano hanno evidenziato delle problematiche urgenti, maiun qualsiasi amministratore aveva, però, osato tanto. I cittadini onesti di questa Città disappro-vano, indignati, quanto accaduto ed esprimono sincera solidarietà a chi è stato fatto oggetto del-le vostre attenzioni in Consiglio Comunale”.

Un “falco” proteggedon GiovanniEcco il testo (ridotto) di un documento giun-to nella nostra redazione e inviato anche al ve-scovo Bregantini, pubblicato anche sulla stam-pa locale, di sostegno a don Giovanni. E’ firma-to dall’associazione bojanese “Falco”.“Con profonda amarezza abbiamo letto dal-le colonne del Nuovo Molise la descrizione del-l’attuale realtà di Bojano fatta da don GiovanniDi Vito. Il parroco di S. Erasmo descrive in ma-niera profondamente veritiera la triste situazio-ne della nostra Bojano, una città che sta sprofon-dando in una inesorabile agonia e che è ammi-nistrata da persone distratte e incapaci di risol-levarne le sorti. … In presenza di ‘voci fuori dalcoro ‘, l’attuale amministrazione quando non puòimbavagliarle, come nel caso della nostra asso-ciazione, ricorre ad un semplice ma alquanto ef-ficace espediente, ossia gettare discredito sul-l’interlocutore. … Adesso però il sindaco e l’am-ministrazione comunale non potranno tacciaredon Giovanni Di Vito di essere un nemico politi-co … Al Pastore della nostra diocesi vogliamodire che le parole di don Giovanni fotografano latriste realtà di Bojano in maniera perfetta, e di ciòpotrebbe sincerarsene ascoltando non i pochima influenti amici dell’amministrazione, quantoi cittadini, i commercianti, le associazioni, gli an-ziani e i giovani di Bojano. Probabilmente siamoin presenza della peggiore amministrazione chela nostra città abbia mai avuto negli ultimi 70-80 anni.Piena solidarietà quindi al parroco don Gio-vanni Di Vito, al quale peraltro va dato atto delsuo grande coraggio. Un sacerdote non dovrebbe mai schierarsi,ma se proprio deve prendere parte non lo facciaper i potenti, lo faccia invece per i più deboli, se-guendo l’esempio luminoso di sante persone co-me don Lorenzo Milani o mons. Tonino Bello.Vogliamo tuttavia precisare che la nostra nonvuole certo essere una iniziativa che divide (traamici e nemici dell’amministrazione), ma che uni-sce (tutti coloro che hanno realmente a cuorele sorti di questa nostra città). Questo è quelloche abbiamo percepito nelle parole di don Gio-vanni, la denuncia di una persona che avverteil profondo disagio di Bojano e lancia un accora-to appello a non ignorarne i problemi … perciògli diciamo che il buon sacerdote si riconosce an-che dal coraggio e dall’onestà intellettuale”.

solo destinato a vedere peggiorare la propria con-dizione. Anche per quanto riguarda la Scuola gliamministratori dovrebbero partecipare e collabo-rare allo svolgimento della vita scolastica, perchémolte volte si preferisce mandare i ragazzi a stu-diare fuori, senza sapere che poi l’Istituto è desti-nato a chiudere i battenti.

La Scuola si mantiene quando tutti partecipa-no con impegno al suo funzionamento.

La perdita della Comunità Montana, che saràspostata a Frosolone è un danno notevole per lacittà, non solo dal punto di vista economico, maanche sotto l’aspetto sociale e del prestigio e del-l’immagine della città.

Si stanno perdendo tante occasioni, ai poli-tici locali tutto ciò sembra non interessare, il cit-tadino alza le spalle e si rassegna.

Non bisogna invece rassegnarsi.”

Abbiamo provato a interpellare la gente …

Don Giovanni Di Vito ha ricevuto numerosi (an-corché privati) attestati di solidarietà dai cittadinidi Bojano (ne abbiamo le testimonianze), mentre al-tri esponenti della comunità cittadina, da noi in-terpellati hanno preferito “astenersi”.

Solo Michele Campanella, il noto intellettuale,poeta e storico della città, che ne conosce l’animameglio forse di qualunque altro, nonostante qual-che problema di salute, ha trovato la forza per “ur-larci” al telefono: “Don Giovanni ha cento e una ra-gione, non solo per i contenuti ma perché ha dirit-to e dovere di parlare per il suo popolo.

D’altronde il suo intervento è propositivo e co-struttivo. Io sono con lui.”

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Vita DIOCESANA n. 08 Anno XII10

PRIMO PIANOOSSERVATORIO

LO SCRIGNOAntonio di Lalla, prete

SentimentoSentimentoreligioso e affarireligioso e affari

Nella casa dello studente a L’Aqui-la sono morti otto ragazzi, ottogiovani che guardavano alla vi-

ta con l’entusiasmo che quell’età giustamen-te alimenta, con i sogni che sono la linfa na-turale della gioventù, con principi di onestàe giustizia che anche ad essi sono stati con-suetamente insegnati.

Loro - e tutte le altre persone che hannoperso la vita sotto le macerie di questa im-mane tragedia - si erano fidati delle casein cui abitavano, non si erano probabilmen-te mai posto il problema che qualcuno nonle avesse realizzate come in realtà andava-no costruite in una parte dell’Italia notoria-mente sismica e che già in passato avevasubito la devastazione della natura.

Adesso, a sciagura consumata, inizie-ranno i processi, gli scaricabarile delle re-sponsabilità, quel triste spettacolo fatto di fa-talità e commiserazioni che rischia, comesempre accade in queste tragiche ricorren-ze, di consumarsi nel tempo attenuando lecolpe – che ci sono – ed i migliori propositidi ricostruire tutto rapidamente: il terremotomolisano del 2002 (molto più limitato e rovi-noso di quello abruzzese) in fondo ne è unchiaro esempio.

Quello che non si spiega, almeno dalversante di un’autentica coscienza cristia-na, è la disinvoltura con cui si possa accet-tare l’idea che per colpe gravi ed esclusi-vamente umane in Italia si continui a morire“di terremoto”.

E’ un discorso che riguarda i privati,quando non costruiscono abitazioni sicure,pur essendo consapevoli dei pericoli checorrono, ma che riguarda soprattutto lo Sta-to e le altre amministrazioni pubbliche quan-do realizzano edifici che dovrebbero esse-re i più sicuri in assoluto, perché diventanoscuole, ospedali o uffici nei quali si riversa-no quotidianamente bambini, vecchi edadulti. Così invece non è e si scopre che ilvecchio ospedale a L’Aquila, ospitato in unconvento dell’800, non è stato neppure scal-fito dal terremoto, mentre quello nuovo, co-stato oltre 200 miliardi delle vecchie lire, èinagibile: costruito male ed aperto nell’o-mertà amministrativa generale in materia dicontrolli. In un paese che si dice cristiano èmoralmente inaccettabile che debbano an-cora accadere queste cose: se accadonoper incompetenza della burocrazia è gravis-simo, se avvengono per la corruzione e l’a-vidità di funzionari pubblici è assolutamenteinconcepibile da un punto di vista sia uma-no che cristiano, perché la conseguenza diqueste condotte immorali così diffuse è sta-ta anche adesso la morte di persone inno-centi. Mi chiedo quale e quanto grande pos-sa essere il rimorso, la disperazione e laconsapevolezza della colpa nelle personecoinvolte colpevolmente in scandali del ge-nere: non credo tuttavia che possa profes-sarsi cristiano chi ha permesso per pura avi-dità personale di realizzare un’opera pubbli-ca che non sia effettivamente sicura.

Felice Mancinelli

Si conclude, con questo articolo, la preziosa ri-lettura dei documenti conciliari curata da don An-tonio Di Lalla. I suoi contributi, riuniti in fascicolo,saranno presto disponibili sul sito della diocesi eformeranno un dossier in uno dei prossimi nume-ri di Vita Diocesana. Lo ringraziamo.A cinquant’anni dall’indizione del Conci-

lio Vaticano II e a quarantaquattro dal-la sua conclusione è bene interrogarsi

su come è stato recepito, soprattutto oggi che “lachiesa ha ripreso ad avere paura del proprio co-raggio” (card. Kasper).

Si sentono affermazioni che vanno da il conci-lio non è stato ancora attuato a il concilio è supe-rato; da il concilio è da cancellare perché non in li-nea con la tradizione (lefebvriani) alla necessità diun nuovo concilio per affrontare i problemi sorti nelfrattempo o semplicemente evitati allora. Giovan-ni XXIII voleva un aggiornamento della Chiesa, perPaolo VI fu un rinnovamento, certo è che è statoun avvenimento provvidenziale, probabilmente daaccostare alle uniche due grandi riforme che haconosciuto la Chiesa (Gregorio VII e Lutero). Nonha prodotto “definizioni”, non ha limitato gli orizzon-ti della verità inseguendo errori e pronunciandoanatemi, ma ha scelto la strada propositiva spin-gendo in avanti. Se questa rubrica l’abbiamo tito-lata “lo scrigno” - il riferimento è alla conclusionedelle parabole di Gesù (Mt. 13, 52) - è perché lìsi conservano le cose più preziose e tali sono pernoi i 16 documenti (certo non tutti della stessa va-lenza e portata) che ci sono stati consegnati daipadri conciliari.

Il papa Giovanni Paolo II nella lettera aposto-lica in preparazione al terzo millennio (Tertio mil-lennio adveniente), dopo aver ricordato che “la mi-gliore preparazione alla scadenza bimillenaria, nonpotrà che esprimersi nel rinnovato impegno di ap-plicazione dell’insegnamento del Vaticano II allavita di ciascuno e di tutta la Chie-sa” (n. 20), invita a un serio esamedi coscienza sulla ricezione delconcilio per vedere in che misurala Parola di Dio è divenuta ispira-trice dell’esistenza cristiana e la li-turgia fonte e culmine della vitadella Chiesa, se l’ecclesiologia dicomunione si consolida a tutti i li-velli e se la Chiesa e il mondo so-no veramente entrati in un dialogoaperto, rispettoso e cordiale (n.36).

RicezioneLa Chiesa di oggi è certamen-

te ben diversa da quella preconci-liare, è di gran lunga più accoglien-te e amica, e i meno giovani sonostati chiamati a vivere un saltoqualitativo. La Bibbia è sempre piùletta e meditata, divenendo puntodi riferimento nelle scelte quotidia-ne; la nozione di “popolo di Dio”come vero soggetto storico e quel-la di “Chiesa come mistero” sonopassate anche se non hanno avu-to ancora adeguato sviluppo; allaliturgia vi è una partecipazione at-

Il concilio è vivo. Nonostante tuttotiva e consapevole; nelle comunità si ha la possi-bilità di esercitare il diritto-dovere di critica, una li-bertà prima quasi sconosciuta; la collegialità epi-scopale ha preso piede e la Chiesa è avvertita co-me comunità di chiese per cui faticosamente marealmente assume forma autonoma nei vari con-tinenti; si è superata la netta separazione tra chie-sa docente che impartiva ordini e chiesa discenteche aveva l’unico compito di eseguire; cresce lacorresponsabilità di ognuno all’interno della comu-nità dei credenti; le altre confessioni cristiane co-me le altre religioni non sono più viste come depo-sitarie di errori e pericolose per la fede, ma comearricchimento nella ricerca della verità; la gerarchiadelle verità per cui non tutto all’interno del miste-ro cristiano sta sullo stesso piano è diventata undato di fatto; è stata riabilitata la libertà di coscien-za dentro e fuori la Chiesa; la Chiesa non è più per-cepita in forma piramidale con al vertice il papa,ma come una circonferenza il cui centro è Cristo;si va concretizzando la scelta preferenziale dei po-veri rinunciando a ricchezza, potenza e privilegi.

Limiti Ma è altrettanto indubbio che la Chiesa non rie-

sce più a scaldare i cuori perché il primitivo slan-cio si è affievolito, la stanchezza nel cammino dirinnovamento si avverte forte, le resistenze allapiena attuazione del concilio non mancano: la pau-ra della modernità; l’istituzione che cerca di soffo-care il carisma e la profezia; si è accentuato il pri-mato papale proprio quando si avverte come unanecessità la sinodalità; la curia romana che con lesue congregazioni non riesce a leggere semprecorrettamente il mondo d’oggi; l’uniformità dei ritiliturgici; la reintroduzione del rito antico; la colle-gialità che per i vescovi nelle diocesi non è vinco-lante ma discrezionale per cui tutto dipende dallaloro personalità; la revisione è più di facciata anzi-ché ripensamento della sostanza.

Continua a pag. 16

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Vita DIOCESANA n. 08 Anno XII

PRIMO PIANOSPIRITUALITA’

UMILE SERVO E TESTIMONEPARTECIPE DELLA VITADEL SANTUARIO DI CASTELPETROSO Don NicolaLombardi è tornato alla Casa del PadreLa sera di domenica 5 Aprile, dome-

nica delle Palme, si è spento nellaGrazia del Signore, don Nicola

Lombardi, nato a Colle D’Anchise il 16 feb-braio 1926, ordinato sacerdote il 21 luglio1955.

Negli ultimi mesi era gravemente mala-to. Lucido fino alla fine, ha affrontato la sof-ferenza con la serenità e la dignità della fe-de. Dopo aver ricevuto quello stesso pome-riggio i sacramenti da don Antonio Di Fran-co, consapevole dell’imminente chiamata, siera abbandonato completamente nelle ma-ni di Dio, come sempre aveva fatto e ripe-teva a chi lo andava a visitare. La vita di que-sto sacerdote - esempio di umiltà, di traspa-renza e di fede - si è identificata per buonaparte nella storia del Santuario dell’Addolo-rata di Castelpetroso. Il libro “Intervista al“Santuario”, con sottotitolo “don Nicola Lom-bardi Racconta” è l’ultimo suo dono al tem-pio santo di Maria ed al messaggio delle ap-parizioni della Madonna di Castelpetroso.

I funerali si sono svolti nel pomeriggio del6 aprile al Santuario, con una celebrazioneeucaristica presieduta da mons. GianCarloBregantini arcivescovo della diocesi di Cam-pobasso-Bojano.

RICORDANDO FRA IMMACOLATO

Fra Immacolato (Aldo)Brienza, carmelitano scalzo

n.15 - 08 - 1922m.13 - 04 – 1989è stato solennemente com-

memorato il 14 aprile (martedìdopo Pasqua), con un incontropresso la sua casa di Campo-basso. Dopo una preghiera ebrevi interventi, una processio-ne si è snodata fino alla Catte-drale, dove l’arcivescovo hacelebrato la santa Messa.

L’11 aprile 2005 monsignorArmando Dini introdusse lacausa di beatificazione di fraImmacolato, che ha ricevutoun nuovo impulso da monsi-gnor Bregantini.

12 Aprile, Pasqua. Nella parrocchia di Guasto (IS) si è svolta la cerimoniadi dedicazione del nuovo altare. Nella foto un momento della funzione sacra

Una sorella di fra immacolato alla de-stra del Vescovo

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PRIMO PIANOEVENTI

Si è svolta sabato 18 aprile presso l’Au-la Magna del Convitto Nazionale “Ma-rio Pagano” la tavola rotonda, organiz-

zata dalla FUCI – Gruppo PierGiorgio Frassati –Università degli Studi del Molise, dal titolo “Lau-dato si’ mi Signore - S. Francesco d’Assisi: tra sto-ria e arte”. L’incontro è stato aperto dalla letturadel Cantico delle Creature, a cura di Aldo Gioia,seguita dagli interventi del prof. Giancarlo Zizola,noto vaticanista e del prof. Carlo Roberto, docen-te di storia del costume medievale presso l’Uni-versità di Bari. Moderatore, il giornalista RAI Ser-gio Bucci.

Zizola, attraverso un puntuale exursus, haproposto una rilettura della figura di Francesco,legata al suo ruolo nella storia, una chiave di let-tura che permette di uscire dagli stereotipi legatiunicamente alla devozione per il Santo di Assisied approfondire invece gli aspetti che hanno fat-to di lui, l’uomo che ha cambiato le regole e hacreato uno stile di vita unico ed alternativo.

Francesco vive un’epoca in cui la chiesa è al-l’apice della sua potenza politica ed economica ela società è pervasa dall’inquietudine e dagli umo-ri apocalittici che si riassumono nella domanda:“Dove andremo a finire?”, lui si dissocia, la suaidea, che nasce come piccolo seme con un cuo-re di ottimismo, crea un contro pensiero e si pro-pone con forza con un altro interrogativo: “Doveandremo a cominciare?”.

Il suo percorso allora diventa un crescendo diintuizioni che prendono spunto dai concetti disemplicità, povertà e fraternità nel tentativo di re-

cuperare la vera essenza della religione e dellasua interiorità a scapito della ostentazione e del-lo stile opulento della Chiesa.

La sua vita è quindi spesa per gli altri, là do-ve la povertà genera l’emarginazione ed il degra-do sociale, lontano da quelle oasi religiose e spi-rituali ambite invece dal clero dell’epoca.

Francesco compie gesti dall’alto valore sim-bolico, si spoglia delle sue vesti dinanzi al padre,esprimendo così il rifiuto per ogni ruolo legato alpotere e al concetto di proprietà, rimette la spadanel fodero, parla agli elementi della natura, la-sciando trasparire la necessità di preservare lanatura stessa e salvare così l’umanità dall’auto-distruzione. L’immagine che arriva fino a noi èrealistica e veritiera e strettissima si percepiscela relazione tra il messaggio francescano e lo spi-rito del Concilio Vaticano II in cui la testimonian-za del fraticello d’Assisi diventa sostanza dellanuova Chiesa, umile e lontana da ogni forma dipotere.

Il prof. Roberto invece si è soffermato sull’a-spetto artistico riguardante S. Francesco e delcontributo del prezioso patrimonio culturale e diarte sacra, realizzato dai più grandi artisti dell’e-poca, alla testimonianza del dominio spiritualedella città di Assisi. Le intuizioni di Francesco do-po ottocento anni non potrebbero essere più at-tuali, in un momento di profondo sconforto e do-lore causato dalle immani tragedie che colpisco-no il mondo e di fronte al malessere che semprepiù affligge la nostra società. La sua lezione fat-ta di speranza e “fraternità senza terrore” rima-ne l’unica strada per arginare le odierne deriveculturali e sociali.

IL CENTRO DIOCESANO VOCAZIONI DELLA DIOCESI DI CB - BOJANO ORGANIZZA INCONTRI VOCAZIONALI PER GIOVANI E ADOLESCENTI

Scopri la tua vocazioneIl Centro Diocesano Vocazioni (CDV), pre-sente in ogni diocesi italiana, non è soloun punto di riferimento per i giovani candi-

dati al sacerdozio, ma una realtà operante perstimolare una vera e propria cultura vocaziona-le. Pensare alla propria vocazione (sacerdota-le, matrimoniale ecc.), pregarci, conoscerla, de-siderarla, aiuta ogni adolescente a capire e a rea-lizzare il progetto che Dio ha su di lui, supporta-to nel percorso da un’equipe formata da sacer-doti, religiosi e religiose, consacrate e laici in rap-presentanza di molteplici realtà presenti sul ter-ritorio diocesano.

Dall’ottobre 2008, il CDV della diocesi diCampobasso - Bojano organizza, ogni secondadomenica del mese, incontri vocazionali pressoil convento dei frati minori di Sepino. Divisi inquattro momenti: catechesi del vescovo, dialo-go, testimonianza, preghiera, gli incontri analiz-zano passo dopo passo il testo degli Atti degliapostoli al capitolo nove, partendo dall’episodiodella conversione di san Paolo. Il 28 febbraio e il1 marzo a Sepino, i giovani hanno avuto la pos-sibilità di vivere due momenti particolarmente in-tensi animati rispettivamente dalla signora Emi-lia Di Biase con don Mauro Geremia e da mons.Bregantini con don Peppino Cardegna (direttoredel CDV).

LA FUCI PROPONE L’INTRAMONTABILE MODELLODEL SANTO DI ASSISI

“Dove andremo a cominciare?”,disse Francesco

Marianna Campanella

In estate si terrà un campo vocazio-nale residenziale (7-8-9 agosto, probabi-le sede Sepino).

Per informazioni rivolgersi ai numeri339/8762127 (Emilia Di Biase) e340/5768178 (don Peppino Cardegna)

Giancarlo Zizola

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PRIMO PIANOEVENTI

Si è concluso ad Assisi il “Capitolo inter-nazionale delle Stuoie” in occasionedell’ottavo centenario della fondazione

dell’Ordine Francescano. Dal 15 al 18 aprile, cir-ca 2mila frati da 65 paesi diversi, in rappresen-tanza di tutti i francescani sparsi per il mondo, sisono ritrovati per perpetuare e rilanciare l’invito diFrancesco all’essenzialità della fede.

Dalla Porziuncola al Tugurio, da San Damia-no all’Eremo delle Carceri, e poi dalla Basilica diSanta Chiara al Sacro Convento, per la prima vol-ta nella storia, la famiglia francescana si è riuni-ta dove tutto ebbe inizio, per rendere grazie al Si-gnore e testimoniare nel mondo la bellezza e l’at-tualità del carisma che il santo d’Assisi ha dona-to alla chiesa.

Era il 1221 (cinque anni prima di morire)quando Francesco convocò, presso la Porziun-cola, i suoi frati impegnati ad evangelizzare ilmondo. I Fioretti raccontano che a quel primo Ca-pitolo vennero in 5mila da ogni luogo e, non aven-do dove dormire, si adagiarono su umili e sempli-ci stuoie.

Quattro i temi delle Giornate, incentrate suicardini della Regola Francescana: accoglienza,testimonianza, penitenza, gratitudine. In quella“formula vitae” che, per un’antica tradizione, Pa-pa Innocenzo III approvò il 6 aprile 1209 e conla quale i francescani si impegnavano a viverein povertà, castità ed obbedienza, secondo il san-to vangelo di Gesù Cristo.

Ampio anche lo spazio dedicato alla riflessio-ne sul tema dell’apostolato e dell’impegno mis-sionario, (“andare in tutto il mondo a due a dueper annunciare il vangelo”) che per Francesco fuun imperativo d’amore verso le creature e che,ancora oggi, in ogni angolo della terra dove viveun frate francescano è impegno quotidiano.

Missione intesa come “mandato” per annun-ciare, con la parola e con l’esempio, una “novel-la” sempre originale, incarnata nella quotidianitàdel servizio, nel “pace e bene” col quale i figli diFrancesco si presentano e vanno incontro alprossimo con semplicità.

Grande la partecipazione all’evento non so-lo dei rappresentanti dell’Ordine Francescano Se-colare, ma anche della Gioventù Francescana,dei delegati degli istituti religiosi, maschili e fem-minili, che si ispirano al carisma di Francesco eChiara d’Assisi e delle suore clarisse che, seppurnon fisicamente presenti, hanno seguito l’incon-tro dai loro monasteri.

L’evento sarà ricordato anche in Molise, luo-go che ospita una nutrita e costante presenza difrati. Diverse le iniziative nelle parrocchie, comein quella di S. Antonio di Padova che organizzeràuna mostra, incontri di formazione, concerti d’or-gano nelle giornate del 20, 24 e 28 maggio e unospettacolo conclusivo il 4 giugno con la presen-za dell’orchestra del Conservatorio Perosi diCampobasso.

A queste iniziative Vita Diocesana dedicheràampi servizi nei prossimi numeri e un interessan-te viaggio nella realtà francescana.

AL “CAPITOLO INTERNAZIONALE DELLE STUOIE” DUEMILA FRATI DA TUTTO IL MONDO CELEBRANO GLI OTTO SECOLI DELLA REGOLA DI SAN FRANCESCO E DELLA FONDAZIONE DELL’ORDINE

SUI SENTIERI DEL POVERELLO DI ASSISIDiverse le iniziative anche nelle parrocchie molisane

Fabiana Carozza

I DATI:35.000 i frati francescani nel mondo, 6.000 i frati francescani in Italia980 le comunità religiose francescane,400 giovani in formazione, 380 le parrocchie in Italia

“L’Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo laforma del santo Vangelo.

Ed io la feci scrivere con poche parole e con semplicità, e il signor Papa me la confermò”.

(Dal testamento di San Francesco)

BREVIBREVIE’ da poco iniziato un Corso di educazione alla genito-rialità - genitori efficaci, che si protrarrà fino al 13 giu-gno, su temi della relazione familiare, in particolare geni-tori-figli. Gli incontri si terranno presso il Centro pasto-rale, via Mazzini 80, dalle 16,30 alle 9,30. Iscrizioni (gra-tuite) presso il consultorio diocesano, viale Elena 54 tel.0874 311059.

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PRIMO PIANOEVENTI

E’ forse la più antica chiesa di Campo-basso, incastonata nel cuore del cen-tro storico, è la chiesa dove una certa

Campobasso popolare (ma non solo) ritrova sestessa durante il periodo prepasquale, con le de-vozioni della Madonna Addolorata, il canto sacrodel “settenario” (“O di Gerico beata …”), la vibran-te processione del Venerdì santo, con il possen-te coro che la scorta. Un grumo di emozioni, diricordi, di fascino identitario, di risonanze religio-se, di sussulti di fede. Una chiesa, come spes-so è nel Sud d’Italia, che è più che una chiesa,talvolta più cultura che fede. Santa Maria dellaCroce, l’antica sede dei Crociati, che guerreggia-vano coi Trinitari (versione molisana dei guelfi eghibellini, o dei Montecchi e Capuleti), sarà resti-tuita ai suoi “fans” (e scegliamo con cura la pa-rola) entro la prima metà di maggio.

Ma non sarà la stessa di prima, sarà più bel-la, sarà veramente guarita dall’ingiuria del tem-po che ne aveva sfigurato l’eleganza antica.

Ne parliamo con don Armando Di Fabio, vi-ce parroco della cattedrale (da cui S. Maria di-pende come rettoria), il prete che forse più di tut-ti sente S. Maria come “sua”.

Allora, don Armando, si riapre quel porto-ne?

Sì, finalmente. Ma diciamo subito che se ri-tardo c’è stato (e non mi sono piaciute certe am-bigue sollecitazioni …) è ampiamente giustifi-cato. L’intera somma del restauro (oltre 1 mld.e ? di euro) se l’è accollata lo Stato e lo Stato –giustamente – ha le sue procedure di controllo,che, per fortuna sono minuziose e ripetitive. In-somma il tempo è stato quello dovuto.

Aggiungi poi che la chiesa letteralmente gal-leggiava su una palude di acque fetide, le acquedi scarico delle case vicine .

Sfido io che era sempre aggredita da un’umi-dità che sembrava invincibile, fino al tetto. Oggila guerra è vinta, il sottosuolo bonificato.

A chi diciamo il grazie più grande?Ma a Fiore Vignone, senza esitazione, all’ar-

chitetto della Sovrintendenza che ha curato concompetenza, passione, dedizione tutto il lavoro.Meritatissimo l’applauso che gli hanno tributato.

Ma grazie anche al Comune (la proprietà del-l’edificio è sua) che non si è tirato indietro e com-pleterà l’opera di ripristino con impianto elettri-co e altre rifiniture.

E i fedeli?Poi verranno i cittadini, la cui generosità non

manca mai, segno gratificante di amore alla Ma-donna e di tenace fedeltà. Di pochi giorni fa è l’of-ferta di una somma per le casule ai sacerdoti of-ficianti.

Che progetti, dunque, su Santa Maria, lecui campane sono, per tanti di noi nati allasua ombra, come la voce della mamma?

Tornerà ad ospitare le tradizionali devozio-ni, le tradizionali funzioni. Avrà la sua Messa do-menicale. Ma non mi sbilancio di più. Io ne so-no responsabile, ma opererò in accordo con ilnuovo vescovo. La cura della chiesa sarà affida-ta al Pio Sodalizio dell’Addolorata, che la sa cu-stodire con disinteresse, zelo e semplicità. Cer-to è un gioiello questa chiesa, che merita una va-lorizzazione adeguata. Però …

Già, però?Però il “ritorno” di Santa Maria deve diven-

tare occasione di un esame di coscienza. Trop-

A METÀ MAGGIO RIAPRE LA PIÙ ANTICA CHIESA DELLA CITTÀ

CAMPOBASSO, TI RESTITUISCO SANTA MARIAIntervista a don Armando Di Fabio

pe volte a Campobasso, in particolare in certiquartieri, la devozione popolare confina con unasuperstizione quasi paganeggiante, troppe vol-te le cose sacre sono trattate alla stregua di “pa-trimonio” prevalentemente culturale.

Si spieghi con un esempio.Con due, se vuoi. Quando alcuni, un po’ trop-

po ad alta voce, protestavano per il ritardo dellariapertura non dimenticavano essi, colpevolmen-te, che Dio si prega dovunque allo stesso mo-do, e che nel giro di pochi metri altre tre chieseerano a disposizione? Si trattava di fede o di “fa-natismo” identitario? Esiste forse una “Madon-na di quartiere?” E poi: quella ressa intorno allerose della Vergine e ai fiori del Cristo morto! So-

no forse le “cose” che portano la benedizione nel-le case? Sono forse le rose che guariscono dal-le malattie? Purifichiamo invece la fede.

Se un omaggio vero si vuol fare alla Madon-na, convertiamoci e rendiamoci credibili con lanostra vita, è troppo facile mettersi la medagliet-ta di credenti senza cambiare in profondità la no-stra vita. Il coro, per esempio …

Già, il coro.Ecco, il coro è un positivo esempio di larga

e sincera partecipazione popolare, che non de-ve diventare élite di specialisti, di professionisti.Per questo c’è la “corale”. Anche se le centinaiadi cantori li vorrei vedere in così gran numero an-che nella notte di Pasqua.

Documentotrovato da Filippo Pece

IL VESCOVO INCONTRA L’ATLETICA LEGGERA

SPORT, MA NON SENZA VALORIPadre GianCarlo, nonostante gli impegni della settimana santa, ha ben volentieri ac-

cettato di incontrare, nel pomeriggio di mercoledì santo, una folta delegazione di rap-presentanti dell’atletica leggera.

Presenti dirigenti, tecnici, giudici e atleti: tra questi le medaglie ai recenti europei master, igiovanissimi e gli atleti del Club Molise, quelli sui quali si ripongono speranze per il futuro.

L’attività sportiva non è avulsa dal contesto sociale in cui si vive: chi pratica lo sport può edeve essere punto di riferimento nella propria comunità, come esempio e stile di vita, ma an-che come forma di impegno e di disponibilità per gli altri.

Padre GianCarlo ha indicato agli operatori sportivi, non solo a quelli presenti, tre direttrici datenere sempre presenti. Ideali alti: raggiungere la meta (i risultati sportivi, sociali, familiari, di la-voro) senza mai cercare scorciatoie, “aiutini”, ma lavorando con onestà, correttezza, rispetto ditutte le persone. Emulazione: né invidia né odio per chi raggiunge traguardi maggiori o arrivaprima. L’invidia corrode, dilania l’animo, fa perdere la gioia di vivere. Il confronto, in particolarese sportivo, deve essere emulazione. Lavorare e allenarsi per emulare chi è arrivato prima oha conquistato un risultato migliore. E chi è primo non si atteggi a vincitore sullo sconfitto, matrasmetta la sua gioia e l’esultanza agli altri, che pure si sono impegnati per ottenere il loro ri-sultato.

Gioco di squadra: l’attività sportiva non porti mai all’esaltazione dell’individualismo, delpersonaggio al di sopra del gruppo. Il risultato individuale, che si ha praticando l’atletica legge-ra, deve diventare sempre risultato di squadra. E’ sempre questa che vince, mai una personasingola.

Padre GianCarlo ha voluto trasferire il concetto di squadra sportiva a quello di squadrasociale: oggi più che mai bisogna fare squadra per far vincere l’dea che questa terra è vivibilee con le energie dei giovani può guardare al futuro con maggiore serenità. Ma tutti devono fis-sare lo stesso obiettivo, con linearità e condivisione.

Lo sport, ha concluso il vescovo, è vita e la vita è il dono più bello del Signore. Infine Bre-gantini ha spronato il mondo dello sport ad esprimere concreta solidarietà ai fratelli terremota-ti d’Abruzzo. I giovani atleti hanno molto apprezzato le parole del Vescovo e ringraziato, di-sponibili ad essere al suo fianco, nella difesa e tutela dei valori del Molise..

Mario IalentiVedi foto a pag. 16

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15Vita DIOCESANA n. 08 Anno XII

PRIMO PIANOLETTURE

La spiritualità del samaritanoIl paradigma della spiritualità del Concilio, disse

Paolo VI, è stato ed è rimasto uno solo: “L’antica storiadel samaritano”. Sono parole che fanno pensare.

Il Papa non tirò in ballo complicate spiegazioni teo-logiche e sociologiche. Per riassumere con una solaimmagine lo spirito del Concilio scelse la figura del sa-maritano. Eccolo, disse il Papa, lo spirito del Concilio.“Una simpatia immensa lo ha tutto pervaso”. Simpa-tia per l’uomo, per ogni uomo, e specialmente per il piùbisognoso, come il viandante che scendeva daGerusalemme verso Gerico, lungo quei ventisette chi-lometri pieni di curve, così adatti agli agguati e alle ra-pine. Simpatia intesa in senso letterale. Come un sof-frire insieme, uno stare dalla stessa parte, un mettersinei panni dell’altro, guardandolo negli occhi.

E poi qualcuno dice che lo spirito del Concilio nonci fu, o che è stata un’invenzione successiva.

La prospettiva fu quella dettata dalla Gaudium etspes, il testo fondamentale del Concilio, la costituzio-ne sulla Chiesa e il mondo contemporaneo: le gioie,le speranze, i lutti e le angosce degli uomini, di tutti gliuomini, sono tali anche per la Chiesa. Nessuna con-trapposizione.

Senza rinunciare a essere fermento, certo, ma convicinanza, partecipazione, condivisione. Le uniche con-danne, nette, risolute, furono per la guerra atomica e lacorsa al riarmo.

“Il Vaticano II rappresenta nella storia della Chiesa una transizione epocale,una svolta profonda, poiché con esso la Chiesa si è messa sotto la parola diDio, ha posto il mistero sopra l’istituzione ecclesiastica, si è posta in atteg-giamento di dialogo con le altre religioni, ha riconosciuto il diritto alla libertàreligiosa, ha preso posizione netta contro ogni forma di antisemitismo e diantigiudaismo, ha aperto un confronto improntato a cordiale simpatia conil mondo moderno, pur riconoscendone le contraddizioni.”Padre Roberto Tucci.

La Civiltà Cattolica, 2002

Mons. Luigi Bettazzi: le rivoluzioni copernicane del ConcilioPer quanto riguarda la Chiesa, nel Concilio sono state

fatte ben due rivoluzioni copernicane, non una! La prima grande rivoluzione copernicana fu dire che non è

il mondo che deve essere al servizio della Chiesa, ma è la Chie-sa che deve mettersi al servizio dell’umanità. E allora bisognafarsi una domanda: in quale modo la Chiesa deve aprirsi, comedeve cercare di venire incontro alle esigenze e alle attese dell’u-manità? Fu proprio questa l’intuizione di fondo di papa Giovan-ni quando indisse il Concilio. Spiegò: non dovremo fare l’enne-simo Concilio dogmatico, ce ne sono già stati tanti in passato enon ne abbiamo bisogno. Un Concilio dogmatico serve per riba-dire i dogmi e per dividere, non per unire! Nel Concilio dogmati-co ci si conta e poi si dice: chi non ci sta, anathema sit. No, hadetto Giovanni, queste cose non ci servono. Sappiamo già qua-li sono le verità. Deve essere piuttosto un Concilio pastorale, incui ci chiediamo come dire le verità di sempre alla gente di og-gi. Quindi dovremo avere questa attenzione verso la gente, ver-so il mondo. Mentre il Concilio dogmatico esclude chi non ci stadentro, il Concilio pastorale cerca di mettere in moto un proces-so di comunicazione. Ecco allora la Chiesa che cerca di conosce-re e capire il mondo, di capire quali sono le sue attese, per farlocomunicare con il regno di Dio.

La seconda rivoluzione copernicana riguardò il ruolo dei lai-ci. Una volta, tanto più dopo il Concilio Vaticano I, sembrava chela gerarchia fosse al centro e il laicato dovesse mettersi al ser-vizio e alle dipendenze della gerarchia. Giovanni invece checosa fa? Dice che al centro c’è il popolo di Dio. Il popolo di Dioche è profeta, sacerdote e re (o, per meglio dire, pastore). Profe-ta perché unito a Gesù Cristo per annunciare la verità, sacer-dote perché ha il compito di santificare il mondo, pastore perchéunisce gli uomini tra loro.

La gerarchia è tale in quanto ministero che si mette al servi-zio del popolo di Dio.

Parla il cardinale Martini: il Concilio di ieri, quello di domaniEminenza, qual è il Suo ricordo degli anni del Concilio?Conservo soprattutto il ricordo dell’atmosfera di quegli anni, una sensazione

di entusiasmo, di gioia e di apertura che ci pervadeva … si usciva finalmente daun’atmosfera che sapeva un po’ di muffa, di stantio, e si aprivano porte e finestre,circolava l’aria pura, si guardava al dialogo con tante altre realtà, e la Chiesaappariva veramente capace di affrontare il mondo moderno.

Alcuni dicono che il Concilio fu contrassegnato dal contrasto netto trauna maggioranza progressista, chiamiamola così, di vescovi e teologi e laCuria romana che remava contro. Condivide questa ricostruzione?

Sì, penso che in effetti ci sia stata questa contrapposizione. Non si può nega-re che in certi settori della Curia c’era una forza frenante. Ma questo è comprensibi-le, perché la Curia era abituata a fare tutti i decreti, a tenere in mano tutto, e quin-di si può capire bene che per i curiali vedersi sfuggire di mano questo controllonon fu piacevole.

E oggi un Concilio Vaticano II sarebbe utile per la Chiesa ?Non è facile rispondere. C’è il pro e il contro. Secondo me certamente alla

Chiesa servirebbe fare ogni tanto un Concilio per mettere a paragone i diversi lin-guaggi. Io avverto questa necessità, perché mi sembra che ci sia proprio una dif-ficoltà nel capirsi.

A.M. Valli e L. BettazziDifendere il ConcilioSan Paolo, 2009 € 14,00

Giudicato da alcuni un con-fronto provvidenziale che harinnovato e rinvigorito la Chie-sa, da altri l’inizio di un percor-so che ha portato a mettere indiscussione autorità e tradizio-ne, il Concilio Vaticano II conti-nua a far discutere. Queste pa-gine, con profondità di analisi,ma stile divulgativo, tornano aquei giorni attraverso la testi-monianza di monsignor LuigiBettazzi, che li visse in presadiretta e oggi dice: “Il Conciliofu per la Chiesa una rivoluzio-ne copernicana e per me unadelle più grandi grazie che il Si-gnore mi ha fatto”.

Sollecitata, integrata e illu-strata da un giornalista, AldoMaria Valli, che indaga tra pre-sente e passato con passionepari alla curiosità, la riflessionedi Bettazzi fa emergere un qua-dro che sottrae il Concilio al ri-schio di trasformarsi in un mi-to e, pur mostrandone limiti,problemi e contraddizioni, facapire come il Vaticano II con-tenga una carica di attualità tut-ta da valorizzare.

Uno spirito del Concilio esi-ste e va difeso.

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UN TORNEO DI CALCIO INDETTODALLA POLIZIA PENITENZIARIA

COSI’ RICORDIAMO I NOSTRI COLLEGHI CAMPOBASSO - L’ufficio di pastorale carceraria di Campobasso e il corpo di polizia pe-

nitenziaria del capoluogo, il primo aprile 2009, hanno organizzato un quadrangolare di cal-cio a nove presso il campo all’aperto della palestra Sturzo. Alla manifestazione hanno aderi-to tre squadre, oltre a quella del corpo di polizia penitenziaria di Campobasso: magistrati eavvocati del tribunale di sorveglianza di Campobasso; vigili del fuoco di Campobasso; poliziapenitenziaria di Lanciano. Erano presenti i rispettivi comandanti e il cappellano della nostracasa circondariale. La realizzazione di questo torneo, che gli agenti di custodia definisconola prima di tante edizioni, è legata alla memoria di tre colleghi del carcere di Campobasso de-funti. Una commemorazione alternativa e gioiosa che ha avuto inizio con un momento di pre-ghiera in comunione fraterna. Le squadre hanno donato mazzi di fiori alle famiglie delle guar-die scomparse. Lanciati, poi, cinquecento palloncini azzurri, bagnati, come tutti i presenti,da una pioggia incessante, come fosse benedetta.

Lo stupore di questo gesto aumenta all’entrata in campo delle scuole calcio di Mirabelloe Campodipietra. Sono questi ragazzi a dar inizio al torneo con delle minipartite, lanciandouna ventata di freschezza alla gente accorsa. È così che la sensazione di mancanza e dolo-re per i propri fratelli si è unita alla percezione della speranza che la vita va avanti e dovec’è, l’amore ripaga, anche se a piccole dosi.

Noemi Galuppo

Continua da pag. 10 - IL CONCILIO E’ VIVOAttese La riforma del primato papale, chiesta nell’en-

ciclica “Ut unum sint”, perché il vescovo di Romanon può governare da solo la Chiesa; la nominadei vescovi, per evitare “sorprese” al cammino del-le chiese locali, non può essere decisa all’insa-puta delle comunità; un impegno attivo e dinami-co del laicato; il celibato dei preti, meraviglioso eirrinunciabile, non può continuare ad essere impe-dimento per l’ordinazione di uomini sposati; il ruo-lo della donna nella Chiesa, dato che le è preclu-sa ogni ministerialità, è da ripensare; i divorziati ri-sposati non possono rimanere per il resto della vi-ta esclusi dai sacramenti; la contraccezione an-drebbe finalmente discussa, ecc.

Occorre un nuovo concilio per queste e altrequestioni che emergono? “In questo grigio pano-rama ecclesiastico, un nuovo concilio rischiereb-be di essere un Vaticano I bis anziché un Vatica-

no III. Quindi meglio impegnarsi a resistere permantenere desto lo spirito del Vaticano II” (R. Gia-comelli). Va preso sul serio, allora, l’esame di co-scienza cui invitava papa Giovanni Paolo II per ri-partire con nuovo entusiasmo e offrire al terzo mil-lennio una Chiesa credibile al servizio del mondo.

La buona o cattiva volontà di tradurre in prati-ca la fede cristiana e gli insegnamenti del conciliooggi dipendono anche da noi.

Un fatto in ogni modo è certo: “Lo spirito delconcilio non è spento - annota Ortensio da Spine-toli. È vivo.

Non cammina forse a fior d’acqua, avanza dinascosto, come il vento che non si sa donde vienee dove va, ma procede inarrestabilmente”. Non èquestione di ottimismo, è consapevolezza che lasperanza, anche se non poche volte indignata, ènostra compagna di strada in quest’avventura me-ravigliosa di testimoni del Crocifisso Risorto.

LL’AGENDA’AGENDA DELDEL VESCOVO E’VESCOVO E’ CONSULCONSULTTABILE ABILE SULSUL SITSITO DELLAO DELLA DIOCESIDIOCESI

APRILE 0926 - Raduno diocesano dei Cori a Castelpetroso(ore 9.30-17.00)28- Scuola di Teologia a Campobasso e Riccia(ore 17.00-20.00)28- Riunione Vicari e Curia29- S. Caterina da Siena – Patrona d’Italia ed’Europa30- Scuola di Teologia a Boiano (ore 17.00-20.00)MAGGIO 093- Quarta Domenica di Pasqua – Giornata mon-diale di preghiera per le vocazioni3- Raduno dei Chierichetti – Parrocchia S. Pie-tro, Campobasso3- Incontro per il cammino vocazionale – Con-vento SS. Trinità, Sepino (pomeriggio)3- Incontro diocesano famiglie – Centro famiglie,Colledanchise (ore 17.00)5- Scuola di Teologia a Campobasso e Riccia(ore 17.00-20.00)6- CAED (ore 15.30-17.00)7- Scuola di Teologia a Boiano (ore 17.00-20.00)10- Quinta Domenica di Pasqua

Bregantini e i giovani atleti (v.p. 14)