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19 DICEMBRE 2009 D 55 D 54 Neogeografia delle emozioni IN VIAGGIO Un fotodiario sulle tracce della tribù Lonely Planet + l’anticipazione di tre racconti di globetrotter under 30 + le dritte molto speciali firmate dagli inviati di Repubblica nel mondo Foto di Jörg Brüggemann FULL MOON PARTY, GOA - INDIA SUL MEKONG: SBARCO A PAK BENG, LAOS

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19 DICEMBRE 2009 D 55D 54

Neogeografia delle emozioni

IN VIAGGIO Un fotodiario sulle tracce della tribù Lonely Planet + l’anticipazione di tre racconti di globetrotter under 30 + le dritte molto speciali firmate dagli inviati di Repubblica nel mondoFoto di Jörg Brüggemann

FULL MOON PARTY, GOA - INDIA SUL MEKONG: SBARCO A PAK BENG, LAOS

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STATI UNITIAdesso si chiama con una

infinita varietà di nomi,

rimossa dalle mappe

nel 1986: ma come fai

a sentirti on the road, negli

States, senza scivolare sulla

Route 66? A farla zaino in

spalla rischia di essere dura:

la strada che per tutti è di

Jack Kerouac, che in verità

non l’amava, prosegue

per quasi 4mila chilometri,

attraverso 8 stati dalla

California all’Illinois.

Chi ha poco tempo scelga

un percorso specifico,

stabilendo da dove partire

e dove arrivare. A meno di

non volerla fare tutta in una

sola tirata: da Los Angeles

a Chicago in auto ci vogliono

37 ore (senza stop neanche

per la pipì). Lungo la strada

6 musei: dicono che

il migliore sia l’Oklahoma

Route 66 Museum a Clinton

(2229 W. Gary Blvd) che

racconta con foto, video

e oggetti la “strada madre”,

come la battezzò Steinbeck.

Altra fermata d’obbligo

è la Russell Soulsby’s

Shell Station di Mount Olive,

Illinois, il benzinaio

più antico degli Usa

che sembra uscito

da un quadro di Hopper.

L’albergo imperdibile è il

Wigwam Motel di Holbrook,

Arizona (Old US 66 West

Hopi Drive), occasione unica

per fermarvi in un teepee

indiano: se vi piace dormire

in tenda, che sia almeno

vera. Quelli che invece

vanno per le spicce si

catapultino al Santa Monica

pier: un mesetto fa,

approfittando di una disputa

tra storici, l’ufficio

del turismo ha piazzato

il cartello “Fine della Route

66”. Agli amici potrete

raccontare di esservela fatta

tutta, comodamente seduti

ai tavoli di The Lobster,

1602 Ocean av., la vista

sull’Oceano più appetitosa

di L.A. Angelo Aquaro

AFRICAIl suo luogo chiave sono

i monti Nuba, nel South

Kordofan, Sudan.

Ho camminato tra i Nuba,

mangiato il loro cibo e

dormito nelle loro capanne.

Da allora voglio sempre

tornare lì, anche se quel

luogo remoto, preservato

con eroismo, sta rapidamente

cambiando. So che grazie

al processo di pace

sudanese c’è arrivato anche

qualche turista, ma la pace

è a rischio e forse le strette

porte dei monti torneranno

a chiudersi di nuovo.

Indirizzo fondamentale

è il Saruni Lodge di

Riccardo Orizio nel Masai

Mara, in Kenya (www.

sarunicamp.com): l’anello

mancante tra il paradiso

terrestre e il XXI secolo.

Il posto dove convincersi,

ove mai si fosse scettici,

che la terra è un pianeta

che merita di essere salvato.

Invece il Gheralta Lodge

di Silvio Rizzotti e soci in

Tigrai, Etiopia (www.gheralta

lodgetigrai. com) è la mia

prossima meta. Dove

verificare una mia tesi, cioè

che non solo veniamo tutti

dall’Africa, che siamo tutti

africani, ma che anche Dio

è africano. Pietro Veronese

INDIA Il mio luogo è Kochi

(Fort Cochin) nello Stato

del Kerala. L’Indirizzo

è: hotel Brunton Boatyard,

una casa coloniale

appollaiata sulla baia

di Kochi, un luogo dove

il tempo scorre a ritmi

primordiali, osservando

i pescatori che remano sulle

piroghe, e le antiche reti

a ragnatela come mostri

arenati sulla spiaggia,

eredità delle incursioni

cinesi di 500 anni fa. Nelle

ore più calde: massaggio

ayurvedico, su una tavola

di legno, con le gocce d’olio

che colano sulla fronte.

VANG VIENG, LAOSVALLE DI NUBRA - LADAKH, INDIA

Dal taccuino dei “nostri”corrispondenti

Segue a pagina 60

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LE FOTO Quello deibackpackers,i saccoapelisti,è un veromovimentogiovanile (ma nonè detto) che con le sue migrazioniattraversacambiamentigenerazionali e culturali,mantenendo peròquel codice nonscritto che moltetribù del genereseguono quasireligiosamente. La loro bibbia è la Lonely Planet,detta «LP», oppure«La Guida». . I loro (e dell’LP)hot spot sonol’isola di Koh Pha Ngan in Thailandia,le spiagge di Goa, Varanasi e le montagne delLadakh in India,il villaggio di Vang Vieng inLaos. Diventatemete standard di un certo tipo di globetrotter.E in questi posti li ha seguiti per anni il fotografoJörg Brüggemann,documentando il backpackinglifestyle. Il risultato è non-standard.

SPIAGGIA DI ARAMBOL, GOA - INDIA VARANASI, INDIA

DOPO IL FULL MOON PARTY - KOH PHA NGAN, THAILANDIAVASHISHT - HIMACHAL PRADESH, INDIA

IL LIBROPartire, il volume

da cui sonoestratti i diari di

viaggio di questepagine, è un libro

(Vallardi, in uscitail 14/1/2010)

nato da unconcorso (con Cts)

cui hannopartecipato giovaniitaliani tra i 18 e i

30 anni. Tuttiinsieme descrivono

un nuovo modo diviaggiare, quello

delle nuovegenerazioni,

che già prima dipartire hanno tuttovisto e conosciuto,

ma poi, lì, «èun’altra cosa».

Sono tutti, inqualche modo,

racconti di transizione.

Ovviamentegeografica, ma

anche temporale:dalla giovinezza

all’età adulta, daglistudi al lavoro. Una

sorta di racconto(underground) di formazione.

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Mis-understanding (India)Tommaso Vineis/Il viaggio del cuore

Parto per amore, per un pubblico, perme, per lei. Ho un personaggio da soste-nere, un prodotto già venduto da conse-gnare. L’India è il fondale, Terzani suggeri-sce da dietro le quinte. (...) Sono un viag-giatore, di quelli veri, un globaltrotter, unsaccopelista, un giramondo, un tipo daguesthouse. Credo molto a questa versio-ne e ci crede anche lei, e non vede l’orache io la introduca al mondo avventurosoe un po’ mistico di quelli come me. E sia-mo in India. (...)Siamo uno stereotipo con lo zaino. Abbia-mo Lonely Planet, infradito, quadernino ri-vestito in pelle per gli appunti, una reflex,rigorosamente a pellicola, e siamo alla ri-cerca dei posti meno battuti, dove man-giare «local», conoscere l’India vera. Cer-chiamo altri come noi: di estrazione bor-ghese, ma ripudiata. Gente interessante.Leggo qualcosina sul sesso tantrico primadella partenza e spero per il meglio. Il tea-tro ci cade addosso. Lei è un po’ disillusa,io nel cercare di entrare nel personaggiodivento a dir poco patetico: niente stanzacon aria condizionata, assolutamente simangia solo indiano, se no cosa ci siamovenuti a fare? A differenza della legge del-la giungla il castigo non evita il risentimen-to: lei è scontrosa e io perdo ogni illusionesulla sperimentazione tantrica. (...) Il mio

personaggio vive del suo passato, sullefrasi a effetto nelle mail che le mandavodal Laos: «Qui capanne e poco altro. Mifaccio vivo quando torniamo nella civiltà».Se ti reputi un viaggiatore indipendente, esei alle prime armi, tendi ad assecondarel’immagine che hai di te stesso in viaggio:rispetti una lunga serie di regole e clichépropri del globaltrotter, che hai maturato einteriorizzato sul tuo divano (...) Tra le mu-ra di casa hai studiato le mappe e decisodove vorresti andare, cosa vorresti vedere,ascoltare, annusare. Ed è senz’altro un’ot-tima idea compiere questo lavoro di ricer-ca e arrivare preparati alla partenza, maquello che accade è che diventi schiavodel tuo «itinerario di massima».Allora non avevo ancora capito l’importan-za di lasciarsi viaggiare. E neanche lei. (...) Cominci a precluderti l’occasione difare le avventure esotiche che vorresti rac-contare agli amici o alle fidanzate nelletue mail. Vuoi raccontarle. Ma viverle?Non provi a capire, non provi a comunica-re col paese, non fai sesso tantrico. Sei lìper vedere quello che pensavi ci fosse.(...) Ma qualcosa prima o poi accade. Ma-gari su un treno. Abbiamo prenotato dueposti «non-AC Sleeper Class», in unoscompartimento che condividiamo conuna famiglia della middle-class indianache si reca a Varanasi. (...) La famiglia èmolto carina nei nostri confronti, ci offronodi condividere con loro il basmati con ver-dure e i chapati cucinati dalla moglie peril viaggio. Noi facciamo la nostra partecomprando pietanze varie da un ambu-

Poi una crociera nellebackwaters. E lo spicemarket nel centro storico:un esercito di donnesorridenti lavorano lozenzero, e inscatolanosottaceti nei caseggiatiantichi dove i navigatoriolandesi, portoghesi efrancesi hanno lasciato la loro impronta.Federico Rampini

BEIRUTTutta la città è dentroDany’s, Makdessi street 78:Makdessi è una piccolastrada che si prende da Harma, di fronte a un grande negoziochiamato Eldorado. Dany,il proprietario, è lo spirito di Beirut, e si vede nel suobar. Ci sono musica, sorrisi,buon cibo, fantasiosicocktail, allegria e semprequalcosa di sorprendente.Non a caso in un anno di attività ha raddoppiatosuperficie, e clienti!Altri indirizzi chiave sonoOrange House, un b&bsulla spiaggia dove letartarughe depongono le uova: fra Tiro e Naqura,a un’ora e mezza di stradaa Sud di Beirut (www.

orangehouseproject.com),e Abdel Wahab,

Rue Abdel Wahab al Inglizi, Asharafieh. È unodei migliori ristoranti incittà, il migliore nelrapporto qualità/prezzo:sedetevi ai suoi tavoli percapire perché. Francesca Caferri

MOSCAMetropoli più divertente,eccitante e sorprendentedel nostro emisfero,non è la Russia. Ma le rassomiglia. Più che un luogo cult, ne ho otto. Il primo è il monastero

di Novodevichiy: è comela Russia, bellissimoall’apparenza ma ancheluogo di crudeltà. Lo zar Pietro il Grande vi

CHAWRI BAZAR - NEW DELHI, INDIA

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lante.Dopo cena, prima cautamente, ma poisempre meno, mi seggo accanto al maritoe, in inglese, attacco: «Il fatto è che l’Indiasta vendendo le proprie tradizioni. L’im-pressione che fa a un occidentale in viag-gio è che tutto sia in vendita, tutto abbiaun prezzo. Contrattabile. E le località turi-stiche sono piene di pochi di buono checercano soldi facili, con quei grulli deglieuropei, se americani meglio ancora. I po-liziotti sono tutti corrotti...». Lui mi mette afuoco, mi guarda esterrefatto. E dice: «Wewant Tv too».

Sul ventre dellaPachamama (Perú)Laura Moretuzzo/Il viaggio della maturità A Humahuaca, nel nordovest argentino alconfine con Bolivia e Cile, (...) il respiro sifa affannoso alla ricerca delle rare parti-celle d’ossigeno sopravvissute ai 3000metri. A Humahuaca ci sono vallate che siperdono all’orizzonte, con i cactus piùgrandi del mondo. E poi c’è lei. Lirio.(...) Perché siamo in questo assolato pae-sino scandito da basse case di mattonecrudo che lo tingono di un monocromati-co ocra? Perché qui piuttosto che nellapassionale Buenos Aires? Noi all’epocanon lo sapevamo, ma era stata la Pacha-mama a chiamarci qui. E lei, ovviamente,Lirio, il suo tramite. (...) Se lei è una mae-

stra, discendente della popolazione indi-gena dei Kollas, che ora fa la nonna, noisiamo viaggiatori che la Pachamama harichiamato a sé. La Pachamama – in lin-gua quechua «Madre del Tempo» – è ladea della terra e della fertilità. (...) Qui,sulle Ande, la natura è venerata come undio e ogni cosa, dalle montagne alla terra,dai fiumi alle piante, è un essere non solomateriale ma anche e soprattutto spiritua-le, vivo e profondamente sacro. (...) Lasveglia suona presto e in breve ci ritrovia-mo in otto a bordo de la Roja, una vecchiaFord Falcon versione «agreste», che lungole strade dell’altipiano sbuffa e ansima aogni pendio. Destinazione: il Huamkara,monte sacro all’ingresso della città di AbraPampa. Il nostro compito sarà scalarlo,piedi e mani affondati nella sabbia che loricopre, un passo alla volta a causa delsoroche, il mal d’altitudine che non rispar-mia nessuno in cammino sulle Ande. (...)Raggiunta la vetta, riempiti polmoni e ani-ma, si scende nella maniera più naturalee innocente: lasciandosi rotolare sullasabbia bollente, avvolti dalle vibrazioniche il cuore della montagna sprigiona alnostro passaggio. Giunti alla base (...) èl’ora di ringraziare la Pachamama. Brucia-mo un po’ di legna per ottenere le braci,sopra le quali si pongono erbe, incensi etabacco, il sahumerio. Ci disponiamo incerchio, tenendoci per mano, e Lirio pre-ga la Madre Terra chiedendole di proteg-gerci (...) A turno ognuno entra nel cer-chio, mentre Lirio dirige il fumo in modoche investa il nostro corpo, per purificarci

rinchiuse la sorellastra

Sofia, colpevole di aver

dato ascolto ai capi della

rivolta degli Streltsij, e tre

di loro furono impiccati

fuori della sua finestra,

e così rimasero per tutto

l'inverno. Gli altri sette

sono i Grattacieli di

Stalin, le Sette Sorelle

dicono a Mosca,

gigantesche torri e guglie

che sembrano uscite dai

fumetti di Batman. Il più

bello è l’ex hotel Ukraina.

Riaprirà fra poco, rimesso

a nuovo come l’insegna:

Radisson.

Per godermi la città,

se avessi i quattrini (tanti)

filerei al Ritz Carlton, 3

Tverskaja ulica, la Quinta

Strada moscovita.

Il bar, sulla terrazza, ha

il panorama più bello. Se

i soldini sono meno, ecco

il Marriott Courtyard al 7

del Voznesenkij pereulok.

Al Café Margarita, 28

di Malaja Bronnaja, poi,

davanti allo Stagno

dei Patriarchi, l’ambiente

è struggente. L’origine

letteraria del nome

è plateale (il Maestro e

Margherita di Bulgakov).

Tutte le sere un trio

di violini e piano innesca

danze a go-go. Via via

che l’atmosfera si riscalda

i balli si fanno più arditi.

Suggerisco anche

il Mayak, 19 Bolshaja

Nikistaija. Ci si inerpica

per una scala sgangherata

al primo piano di un

vecchio stabile, che ospita

il teatro Majakovskij.

Lo frequentano artisti,

intellettuali, politici

d’opposizione. Non

è posto per oligarchi.

Se invece qualcuno vuole

una serata tradizionale

con menu russo, allora

il 7 Pianitz

(i 7 venerdì) al 6 di

Vorontsovskaja ulica.

Souvenir sovietici?

O alla Staiy Arbat,

o al Vernissage

VERSO KOH SAMUI, THAILANDIA

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(...). Quando tutti siamo stati purificati dal-le energie negative ci sediamo a terra ebanchettiamo come una famiglia. (...) È inun modo così semplice che la Madre Terrasi è rivelata a noi, aiutandoci a ridimensio-nare la nostra consapevolezza di uomini. Ècamminando sul suo ventre e mettendosiin discussione che le risposte arriveranno.E perché no, forse anche altre domande.

Affresco d’Australia Alberto Frigo/Il viaggio del cuore (...) «Sydney», ripeto ad alta voce (...) Ele sillabe dolci e sinuose del nome inqualche modo mi rassicurano, come se ilsuono che esce dalle mie labbra mi dessela prova che sarò ben accolto, che quistarò bene. (...)Sydney, dunque: mio nuovo respiro edepidermide, casa e magnete, luogo di cre-scita, dove mi sveglierò ogni mattina, sor-seggiando un flat white al tiepido sole cheaccende il colore dei pappagalli strepitantinei parchi cittadini, e che saluterò ognisera, al tramonto, gettando uno sguardocommosso sullo skyline della City, dal ter-razzo del mio piccolo appartamento. Luo-go, soprattutto, che saprà trasformare ladebolezza della paura per l’ignoto in unavertigine inedita di irresistibile libertà: l’in-sicurezza la senti scorrere via non appenapasseggi per le strade di Darlinghurst, ilquartiere di artisti e freak, oppure sul ciot-

tolato di Circular Quay, la formicolantebanchina della baia; nei locali di OxfordStreet e King’s Cross, fulcro della vita not-turna e ideale tana per clienti di sexy-shop, club a luci rosse e sale da gioco,come sul lungomare roccioso tra Manly elo Spit Bridge, da dove in inverno, talvolta,si può avvistare addirittura qualche me-gattera. Oppure, semplicemente, ci si puòsmarrire nei vicoli di The Rocks, antico in-sediamento di soldataglia, galeotti e pro-stitute: cottage coloniali circondati da grat-tacieli avveniristici, jazz band che suona-no sulla banchina, gabbiani e ibis ai mieipiedi, sfrontati e gracchianti, per reclama-re qualche briciola di sandwich. Il sole ècaldo, il cielo dipinto (...) scolaresche inpausa pranzo nelle loro uniformi bianchee verdi, manager in giacca e cravatta macon cresta di capelli viola, sdraiati sul pra-to a mangiare sushi nei comodi set pre-confezionati, profumo di petali e cioccola-to, long black e salsedine. Così si sbricio-lano i pomeriggi di questo tiepido autun-no, a sonnecchiare nei parchi o sulle pan-chine del Museum of Contemporary Art,da dove si possono ammirare le vele del-l’Opera House, l’imponente Harbour Brid-ge, (...) e migliaia di persone d’ogni gene-re ed etnia, e animali, uccelli, alberi, did-geridoo suonati da qualche aborigeno se-duto a terra con le gambe incrociate e lapelle dipinta. Sì, qui starò decisamentebene, mi dico, e sento la nostalgia cheproverò quando non ci sarò più. (Foto dell’agenzia Ostkreuz)

di Ismailovo, dove c’è ilgrande mercato e si trovatutto. Agli amici dicosempre di andare nellazona di Chistiy Prudy

e visitare le gallerie d’arte,un po’ care però moltointeressanti, e di fare unsalto allo ZDK (ZentralnijDom Kudozhnikov) la CasaCentrale degli Artisti: a volte ci sono oggetti e/o quadri davvero belli.Leonardo Coen

PARIGIÈ tutta lì, sulla punta ovestdell’Ile Saint-Louis,scendendo sul quai deBourbon, in bilico tra duebracci della Senna. Un po’ rive gauche, un po’rive droite. All’orizzonte,Nôtre-Dame. La domenicasi viene a fare i pic-nic,la sera gruppi di giovani si assiepano sotto ai vecchi lampioni. Suquest’estremità dell’isolache sembra la prua di una nave c’è sempre qualche flaneur: è qui cheBaudelaire scrisse Les Fleurs du Mal.Per godere invece di piaceripiù terreni bastasprofondare nel divano con un libro e mangiare la torta al limone da Le Loir dans la théière,in rue des Rosiers, stradaormai pedonalizzata nel quartiere ebraico del Marais. Davanti c’èL’Eclaireur, store colmeglio dei giovani stilistiparigini. Peccato non esistapiù l’hammam dell’800 (la facciata è stataconservata), ma in rue des Blancs-Manteaux c’èLes Bains du Marais: per gli anziani del quartiere la sauna dl sabato è ancora tradizione. Dormire tra velluti neobarocchi all’albergo du Petit Moulin, rue dePoitou, decorato da Christian Lacroix. Anais Ginori

KHO PHA NGAN, THAILANDIA