NC Speciale Brand Identity 2011

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Allegato alla rivista NC dicembre-gennaio 2012 n°33 Società Editrice ADC Group Poste Italiane Spa - Spedizioni in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004) Art. 1 comm. 1 DCB Milano il giornale della n uova c omunicazione

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La Bussola della Marca

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Allegato alla rivistaNC dicembre-gennaio 2012 n°33

Società Editrice ADC Group

Poste Italiane Spa - Spedizioni in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004) Art. 1 comm. 1 DCB Milano

il giornale della nuova comunicazione

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L è Landor.Il branding da oltre 70 anni. Senza mai ripetersi, perché ogni sfida ha la sua soluzione.Brand Positioning, Brand Architecture, Naming, Corporate Branding, Product Branding, Enviromental Branding, Digital Branding, allineamento della cultura aziendale alla promessa di marca e ai suoi valori.Per innovare, rendere globale e gestire al meglio la vostra marca. Se ha a che fare con il brand, è il nostro lavoro. In 21 città nel mondo.

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In bilico tra mondo online e offline, al costante inseguimento dei gusti e delle esigenze di con-sumatori sempre più critici e imprevedibili, e assordate da un ‘rumore’ di fondo alimentato dallaframmentazione dei mezzi di comunicazione, le marche appaiono spesso smarrite, indecise, asse-diate. Ma non tutto è perduto, anzi. I brand possono e devono riconquistare un ruolo strategico facendo leva sulla loro risorsa principale,che consiste nell’essere non semplici ‘marchi’ erogatori di prodotti e servizi facilmente clonabili e ri-producibili, ma ‘marche’ dotate di riconoscibilità e unicità. Si tratta di una differenza sostanziale, cherimanda al concetto centrale di ‘brand identity’: solo coloro che si sono dotati di un’identità forte,coerente con gli obiettivi strategici dell’impresa, e portatrice di valori e significati impattanti riesco-no a farsi largo e primeggiare nel sempre più complesso mercato globalizzato in cui siamo immersi.In questo contesto, la rivista NC Nuova Comunicazione ha deciso di dedicare, per il secondo annoconsecutivo, uno Speciale al tema della Brand Identity, per fare il punto sulle tendenze che caratte-rizzano il settore e definire i principali meccanismi di funzionamento dell’identità di marca. In par-ticolare, in riferimento al rapporto tra brand identity e comunicazione, emerge la forte dipendenzadi quest’ultima dalla prima, perché senza un’adeguata e preliminare comprensione dei tratti distin-tivi della marca, qualsiasi intervento di comunicazione rischierebbe di risultare inefficace, in quantonon coerente con i valori e i significati decisi dalla strategia di identità.Oltre a dar voce ad alcuni dei protagonisti del settore, presenteremo un focus sulle principali clas-sifiche di valutazione delle marche su scala italiana e internazionale, dalle quali si evince - è il segnodei tempi - il primeggiare dei brand tecnologici, da Apple a Google, passando per Ibm e Microsoft;oltre all’intramontabile mito di due brand tradizionali come Coca-Cola e McDonald’s. Menzioned’onore per la ‘mela morsicata’, che, nell’anno della scomparsa del suo fondatore, Steve Jobs, ha de-finitivamente consacrato la sua leadership mondiale grazie ad alcuni prodotti, soprattutto gli iPhonee gli iPad, ormai diventati veri e propri oggetti del desiderio.In particolare, prenderemo in considerazione l’indagine BrandZ, realizzata da Millward Brown Optimor,che combina i dati finanziari delle aziende con le percezioni che i consumatori hanno dei brand, permettere in luce le 100 marche mondiali a maggior valore. Ci concentreremo sul Brand Asset Valuator(Bav) dell’agenzia Y&R Brands, che anziché fotografare il presente, prova a leggere nel futuro, indi-viduando i brand con le ‘gambe più lunghe’, ossia dotati di maggiori capacità di crescita. E infine, cidedicheremo allo studio Best Global Brands, curato da Interbrand, che identifica le 100 marche glo-bali a maggiore valore economico.Buona lettura e buon 2012.

Salvatore Sagonedirettore responsabile e presidente ADC Group

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MARCHE SULL’ORLO DI UNA CRISI DI IDENTITÀ?

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tvEXPRESS Roma, 9 luglio 2009

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SCENARIO di Mario Garaffa

06_PERSONALITÀ, MOTORE DELLA MARCA

09_RIFONDARE IL BRANDCON IL RELOADING

12_MILLWARD BROWN_APPLE SCALZA GOOGLE DALTETTO DEL MONDO

15_INTERBRAND_COCA-COLA INSEGUITA DA IBM E MICROSOFT

18_Y&R BRANDS_MTV E DUREX, BRAND CONLE GAMBE LUNGHE

30_LANDORUNA GUIDA PER LA MARCA

32_MADPASSIONE PRAGMATICA

34_RBA DESIGNVITAMINA PER IL BRAND

36_UNIVISUALIDENTITÀ DI SUCCESSO

I PLAYER di Marina Bellantoni

22_ARTEFICE LA STRATEGIA DEL FARE

24_BRUNAZZI&ASSOCIATIIO PENSO CREATIVO

26_FUTURE BRANDMARCHE A PROVA DI FUTURO

28_GRAMMAUN’AGENZIA CON UN’ANIMA. ANZI, DUE

DIRETTORE RESPONSABILESalvatore Sagone [email protected]

COORDINAMENTO EDITORIALEMarina Bellantoni [email protected]

REDAZIONEMario Garaffa [email protected]

SEGRETERIA DI REDAZIONEFrancesca Chittaro [email protected]

ART DIRECTION E REALIZZAZIONEMarzia Bevilacqua [email protected]

DIRETTORE COMMERCIALEMaria Cristina Concari [email protected]

ACCOUNT DIRECTORAndrea Parmigiani [email protected]

ACCOUNT MANAGERAlessandra Cellina [email protected] Zarone [email protected]

Andrea Gervasi [email protected] (Roma)

ABBONAMENTINunzia De Nuccio [email protected]

MARKETING E [email protected]

PERIODICO MENSILEallegato al n° 33 dic-gen 2012 reg. trib. di Milano n° 93 del 20/02/2007

SOCIETÀ EDITRICE ADC GROUP srlpresidente: SALVATORE SAGONE; amm. delegato: GIULIO BORTOLUSSI

Red. e pubbl.: via Fra Luca Pacioli, 3 - 20144 Milano tel: +39 02 83102315/6 fax: +39 02 36592735 [email protected]

Sede legale: via Freguglia, 2 - 20122 MilanoNC© Copyright 2012 ADC Group srl

FOTOCOMPOSIZIONE E STAMPALasergrafica Polver via Kramer, 17/19 - 20129 Milano

Finito di stampare nel mese di gennaio 2012

Progetto grafico: Davide Lopopolo

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Il primo prodotto da vendere è la propriamarca. Solo attraverso un brand forte, conil suo portato di valori e significati ben rico-noscibili, è possibile distinguersi in un pano-rama caratterizzato dalla molteplicità deiconcorrenti e dalla frammentazione dei mez-zi di comunicazione. Per ottenere questo ri-sultato differenziante, occorre dotarsi di unasolida brand identity, che come ricorda Gae-tano Grizzanti, docente di branding dal 1988e autore del libro Brand Identikit (Fausto Lu-petti editore, 2011), nonché fondatore e ti-tolare dello studio di consulenza Univisual,rimanda proprio a “quell’insieme di codicivisuali, testuali e verbali che, coerentemen-te con gli obiettivi strategici, hanno il com-pito di rendere riconoscibile l’emittente e dicostruire una memorizzazione differenzian-te”. Questa definizione aiuta a comprende-re come la brand identity, più che una que-stione di comunicazione, sia qualcosa cheattiene al business dell’azienda. “Troppo spes-so - precisa Grizzanti -, la brand identity èassociata all’esigenza di promuovere l’im-magine finale che l’azienda vorrebbe pro-iettare sul mercato, ma è un errore, perchéla brand identity non va confusa con la pub-

blicità”, è dotata di una sua autonomia di-sciplinare, e in quanto tale va innestata stra-tegicamente, ossia deve nascere dall’idea dibusiness che muove l’impresa, per poi svi-

lupparsi con coerenza rispetto a tutto ciòche la marca intende dichiarare al mercatoe ai propri clienti.

Branding, leva competitiva per differenziarsiPer comprendere appieno l’importanza del-la brand identity nel determinare il succes-so o il fallimento di una marca, è utile par-tire da una considerazione di carattere ge-nerale: nel mondo globale in cui viviamo,quasi tutti i principali beni e prodotti di con-sumo sono facilmente clonabili e riprodu-cibili, e sempre più raramente costituisco-no il reale elemento di differenziazione com-petitiva nel mercato delle imprese. Per intenderci, non compriamo una certaautomobile solo perché è un mezzo di tra-sporto, o un determinato cibo solamenteper nutrirci, o ancora un abito per proteg-gerci dal freddo, li scegliamo per quello cherappresentano, per i valori e i significati dicui sono portatori. Tuttavia, dato che ognisettore merceologico è caratterizzato dauna sostanziale omologazione dell’offerta,ecco che allora la principale partita per con-quistare il consumatore la si gioca sul ter-

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PERSONALITÀ, MOTORE DELLA MARCAPER IL SECONDO ANNO CONSECUTIVO, LA RIVISTA NC SI CONCENTRA SUL TEMA

DELLA BRAND IDENTITY CON UNO SPECIALE, CHE INTENDE FARE IL PUNTO

SULLE PRINCIPALI TENDENZE CHE CARATTERIZZANO IL SETTORE. PARTIREMO

DA UNA DEFINIZIONE DEI MECCANISMI DI FUNZIONAMENTO DELL’IDENTITÀ

DI MARCA PER POI ALLARGARE IL DISCORSO AL BRANDING E ALLE SUE DINA-

MICHE. SENZA TRASCURARE UN FOCUS SULLE PRINCIPALI CLASSIFICHE

DI VALUTAZIONE DELLE MARCHE SU SCALA ITALIANA E INTERNAZIONALE.

DI MARIO GARAFFA

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reno della marca, intesa, seguendo la defi-nizione di Grizzanti, “come quell’entità con-cettuale che, presidiando il territorio men-tale degli individui, evoca un insieme di va-lori predefiniti, definendo così il posiziona-mento sul mercato”. In quest’ottica, emer-ge con evidenza il valore strategico del bran-ding inteso, “oltre che come disciplina pre-posta alla creazione e costruzione del brand,anche come approccio di business al mer-cato, basato su una strategia orientata a ven-dere una marca, e non solo il prodotto”. Dun-que il branding si configura come “la levacompetitiva capace di consentire la costru-zione di una proposta unica”, questa sì, adifferenza dei prodotti, difficilmente dupli-cabile: si pensi, per esempio, al valore ag-giunto che generalmente il consumatore at-tribuisce all’iPod della Apple, rispetto agli al-tri mp3 in circolazione. Ecco che allora ilbranding va a configurare un modo partico-lare di fare business in cui si valorizza la cen-tralità del brand come asset strategico del-l’impresa, delineando il modo in cui l’azien-da si organizza e si propone sul mercato.

Brand identity, bussola della comunicazioneSe tuttavia è vero che la brand identity nonva confusa con la comunicazione, perchédeve dispiegarsi ‘a monte’ insieme all’ideadi business, nel rapporto con variabili fon-damentali come lo scenario di mercato e ilpanorama competitivo in cui si trova l’azien-da, è anche vero che il legame con la di-mensione della comunicazione è molto for-te. Perché quest’ultima è fortemente in-fluenzata dall’identità della marca. In par-ticolare, senza un’adeguata e preliminaredefinizione e comprensione dei tratti distin-tivi della marca per studiare una brand iden-tity, qualsiasi successiva azione di comuni-cazione rischierebbe di perdere inesorabil-mente di efficacia, risultando non coeren-te con i valori e i significati decisi dalla stra-tegia di identità. Di conseguenza, è quindiassodato che la pubblicità e tutte le altreforme di comunicazione debbano esserecoerenti con i principali ‘codici visivi’, carat-terizzati da specifici colori, un certa icono-grafia o un carattere tipografico, i ‘codici te-

stuali’, come un nome, un payoff o un mes-saggio da trasmettere, e i ‘codici evocativi’,che rimandano a un mondo metaforico datrasmettere e alle sensazioni da comunica-re. Altrimenti, se così non fosse, si rischie-rebbe di ridurre il valore performante dellacomunicazione attivata, e in ultima anali-si, di sprecare il budget investito.In questo discorso, ogni forma di comuni-cazione dovebbe essere un’espressione dibrand communication, ossia un’iniziativafocalizzata non tanto e non solo sui pro-dotti e sui servizi dell’azienda, ma impegna-ta nel comunicare la marca stessa, con ilsuo imprescindibile bagaglio identitario. “Troppo spesso - aggiunge Grizzanti - sen-

tiamo distinguere tra comunicazione di pro-dotto e comunicazione istituzionale, men-tre la comunicazione di marca ha un valo-re trasversale e dovrebbe permeare ogni for-ma di comunicazione attivata”.Ma attenzione, molto spesso, si tende a ri-durre la brand identity all’identità visiva del-la marca, compiendo un sottile errore disemplificazione: perché l’identità della mar-ca non è data solo da ‘ciò che si vede’, os-sia dal brand design, ma anche da ‘ciò chesi legge’ e da ‘ciò che si sente’. “Troppe vol-te - precisa Grizzanti - le aziende si rivolgo-no alle agenzie del nostro settore solo perla scelta del logo, del carattere tipografico,dell’identità cromatica e del sistema icono-

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grafico, ma la brand identity non è riassu-mibile solo in questi output di carattere este-tico, c’è anche una componente culturale,strategica, non visibile, psicologica ma de-terminante, che definisce l’ossatura e lagrammatica del progetto di brand identity”.

Il patrimonio valoriale della marca e ilpunto di vista dei consumatoriAltro tassello fondamentale da prendere inconsiderazione per comprendere le dinami-che del branding è sicuramente la brandequity, che possiamo tradurre come il pa-trimonio valoriale della marca e che rap-presenta l’insieme dei valori di cui la mar-ca decide di farsi portatrice. In particolare,sulla scia delle definizioni di Grizzanti, labrand equity “rappresenta l’insieme dei va-lori distintivi e differenzianti con cui unamarca presidia il territorio mentale dell’in-dividuo, grazie ai quali si pone e competesul mercato”. Diventando dunque l’anellofondante di una moderna strategia di bu-siness. In altre parole, precisa Grizzanti, labrand equity è tutto ciò che si dovrebberaccontare al pubblico se “al momento dipromuovere un prodotto non ci fosse con-sentito di dire nulla relativamente al pro-dotto stesso”.

Da non trascurare è anche la brand image,che corrispondendo a ciò che i consuma-tori pensano di una certa marca, è la varia-bile fondamentale da prendere in conside-razione quando si interviene sulla brandidentity di una marca già esistente. È infat-ti evidente che la rilevazione di forti incon-gruenze tra la brand image percepita daiconsumatori e la brand identity emessa dal-l’azienda starebbe a indicare la presenza diproblemi ed errori strutturali, da corregge-re con un’adeguata operazione di rimodu-lazione della brand identity, che dovrebbecoinvolgere tutto il management azienda-le e non solo il reparto del marketing, co-me capita di solito.

L’approccio etico? Una necessità, maserve coerenzaInfine, un tema sempre più centrale, che in-fluenza le pratiche di costruzione e rimo-dulazione della brand identity è quello de-gli aspetti etici. Oggi, grazie alle trasforma-zioni prodotte da internet e dai social me-dia, le aziende si trovano nella condizionedi aver perso il monopolio del controllo delprocesso di comunicazione. In un contestoin cui i riceventi sono diventati anche gliemittenti dei messaggi e dei contenuti in-

formativi, le marche si trovano a essere sot-to costante osservazione e valutazione. Ciòsignifica che se un brand fa qualcosa di scor-retto, finisce con l’esporsi a critiche pubbli-che e collettive con molta più facilità ri-spetto a quanto avvenisse in passato. E allora, come comportarsi? La prima rego-la da seguire è fuggire l’improvvisazione, nelsenso che gli approcci etici devono svilup-parsi con coerenza rispetto alla cultura e al-l’identità della marca. “La sfida più difficilee importante - aggiunge Grizzanti - è pro-prio quella di riuscire a infondere i valori eti-ci, della sostenibilità ambientale e della re-sponsabilità sociale già nella brand identi-ty della marca. Dunque, definire una brandequity e una strategia di identità in cui l’ap-proccio etico sia parte integrante e strut-turale dell’identità della marca” e non unamera azione estemporanea, come per esem-pio la casuale partecipazione a qualche ini-ziativa di beneficienza, che rischierebbe diessere interpretata dai consumatori comenon credibile, perché non coerente conl’identità fondante della marca. nc

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Le immagini a corredo di questo articolo sono tratte dal libro 'Brand Identikit' (Fausto Lupetti Editore, 2011).

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L’Italia è il Paese dei testimonial pubbli-citari. Putroppo, verrebbe da aggiungere.Dai tempi di Carosello a oggi è stato uncontinuo susseguirsi di volti noti, nazio-nali e internazionali, attinti dai più diver-si ambiti, utilizzati, con alterni successi,come portavoce di credibilità e talvoltaanche di coerenza. Ma oggi il meccanismoappare logorato. Ad affermarlo è PatriziaMusso, docente presso l’Università Cat-tolica di Milano e direttrice Brandforum.it,osservatorio culturale sul branding, per-ché i cittadini sono sempre più disincan-tati, critici e i “personaggi famosi semprepiù faticosamente calabili nel ruolo di ga-ranti, per via del loro eccessivo divismomass mediale, che li fa vivere apparente-mente solo all’interno dello schermo te-levisivo”.

Le aziende hanno quindi necessità di rita-rare le soluzioni comunicative utilizzate fi-no a qualche anno fa. “A questo proposi-to, trovo particolarmente interessante l’uti-lizzo di testimonial provenienti dal mon-do degli sport ‘minori’, penso a volti nuo-vi, poco noti al grande pubblico, come Giu-liano Razzoli (campione olimpico di Sla-lom Speciale a Vancouver 2010, ndr) perParmigiano Reggiano, o alle campionesse,rispettivamente di canoa e di windsurf, Jo-sefa Idem e Alessandra Sensini (per Kinder,ndr). Tutti eroi positivi, poco esposti a li-vello mediatico, almeno in questa fase ini-ziale della loro ‘vita pubblicitaria’, legati inmodo trasparente ai sani valori dello sport.Un aspetto etico significativo, che può di-ventare una vera e propria linea guida del-le strategie di brand communication, apren-do la strada a una nuova generazione digaranti: i testimonial 3.0”. In questo ambito spiccano i cosiddetti di-vulgatori o ‘glass adv’, come preferisce chia-marli la Musso, cioè persone comuni (nonattori) che testimoniano, dichiarando ilproprio nome e cognome, circa l’efficaciadi un prodotto (molto usati nel settore do-

Patrizia Musso, docente presso l’Università Cattolica di Milano

e direttore Brandforum.it

RIFONDARE IL BRAND CON IL RELOADINGIN BILICO TRA MONDO ONLINE E OFFLINE, E AL COSTANTE INSEGUIMENTO DELLE

ESIGENZE DI CONSUMATORI SEMPRE PIÙ IMPREVEDIBILI, CRITICI E VOLUBILI,

IL CONCETTO DI BRANDING SI TROVA OGGI SULL’ORLO DI UNA CRISI D’IDENTITÀ.

PER USCIRE DALL’IMPASSE OCCORRE ATTIVARE UN APPROCCIO INNOVATIVO,

IL BRAND RELOADING, PER DIRLA CON PATRIZIA MUSSO, DOCENTE PRESSO

L’UNIVERSITÀ CATTOLICA DI MILANO. OSSIA UNA METODOLOGIA CHE POSSA

RIBALTARE LO SGUARDO TRADIZIONALE SULLA MARCA.

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mestico, dai detersivi ai profumatori perambiente), ripresi spesso con la modalitàdella ‘camera nascosta’, proprio per accre-scere l’effetto credibilità della loro testi-monianza.

Il branding sull’orlo di una crisi di identitàLa crisi di credibilità che colpisce i testi-monial tradizionali ha in realtà radici pro-fonde, che mettono in crisi il concetto stes-so di branding, che si trova, per dirla allaMusso, “sull’orlo di una crisi di identità”.Dai numerosi casi, sia nazionali sia inter-nazionali, analizzati nel volume Brand Re-loading (FrancoAngeli, 2011), emerge co-me le cause di questa crisi siano legate adoppio filo alla forte metamorfosi dei con-sumatori e dei media, che incidono pesan-temente sulle regole consuete del ‘giococomunicativo’. “Se è vero - commentaMusso -, che già da qualche anno il pub-blico dei consumatori è più critico e at-tento, oggi l’utilizzo diffuso dei sistemi on-line amplia questa dimensione. Il brand haquindi di fronte a sé uno scenario nuovo,reso ancora più complesso dalla crescen-te ‘logica co-creativa’, secondo cui tuttivogliono dire la loro e partecipare alla vi-ta del brand, rischiando però di minare contale ‘saggezza collettiva’ gli sforzi comu-nicativi delle marche.

Senza contare che i consumatori possonogradatamente sentirsi più autonomi e in-dipendenti dai tempi e dalle logiche del-la brand communication, guardando, peresempio, uno spot dove e quando voglio-no, indipendentemente dalla sua pianifi-cazione televisiva”. In questo scenario, i confini del brand sifanno inevitabilmente più labili e la suagestione più complessa.

Brand reloading, approccio innovativoper ripensare le logiche di brandingIl brand deve trovare un modo per reagi-re al cambiamento in atto. “Lo scenarioche abbiamo delineato - evidenzia la Mus-so - potrebbe apparentemente causare il‘blocco’ del brand, perché una marca ‘ditutti’ rischia di essere ‘di nessuno’. Alloraanziché presidiare logiche desuete, ormainon più efficaci, il brand deve rilanciarsiattraverso il reloading, ovvero ricaricandotutti i suoi strumenti e le sue strategie perandare il più possibile incontro al nuovoscenario, senza snaturarsi”. Il caso di reloading per eccellenza è sicu-ramente quello delle strategie di marca,che si determina attraverso uno sposta-mento delle logiche da un approccio ‘in-termediale’, in cui lo stesso messaggio èveicolato su più mezzi, a un approccio‘transmediale’, caratterizzato da blocchi

di contenuti ‘su misura’ trasmessi in pa-rallelo su più mezzi. “È il caso - cita Mus-so a titolo di esempio - della campagnaSky del febbraio 2011, che ha visto nasce-re online, a fianco degli spot tv, formati emontaggi inediti, oltre a soluzioni studia-te ad hoc per i social network”.Siamo ormai di fronte a un flusso di mes-saggi che nascono offline per vivere an-che online e viceversa, che vengono pro-dotti dai brand, ma che inevitabilmentefiniscono col mescolarsi con la creativitàcollettiva. Emblematico, a questo propo-sito, il fenomeno dei tanti spot tv carica-ti spontaneamente dal pubblico su You-Tube, ma anche dei canali brandizzati chestanno sorgendo online. “La linea guida - afferma Musso - consi-ste allora nell’essere pronti e aperti a unnuovo approccio alla pianificazione, un ve-ro e proprio reloading in cui le campagnevanno ideate, pensate e gestite secondouna logica di flusso transmediale. La sem-plice comunicazione integrata rischia diessere obsoleta”.

La piattaforma digitale ‘Nel Mulino chevorrei’ è un efficace esempio di laboratorio

online dove l’impresa sta in ascolto delleidee innovative proposte dal pubblico

su prodotti, pack e comunicazione

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I confini sfumati di identità e immagineNell’approccio portato avanti dalla Mus-so, l’avanzata della comunicazione digita-le porta con sé un progressivo sfumarsidei confini fra identità e immagine. Em-blematico, da questo punto di vista,

l’esempio della piattaforma digitale ‘NelMulino che vorrei’, un laboratorio onlinedove l’impresa sta in ascolto di idee inno-vative proposte dal pubblico su prodotti,pack e comunicazione, e in cui il brandsembra come dotato di vita propria, per-ché sottratto al controllo esclusivo del-l’impresa, superando il paradigma classi-co della brand identity. “Questo ci dice - commenta Musso - cheè ormai necessario ripensare il concettostesso di brand, con effetti anche sulla suaequity, intesa quale valore non solo sim-bolico ma economico. In una serie di in-dagini che sto portando avanti dal 2007,

pubblicate in parte nel volume Internalbranding (edito da FrancoAngeli, ndr)emerge come le imprese debbano coglie-re il vantaggio competitivo dell’‘esserebrand’ non solo davanti agli occhi dei con-sumatori, ma anche di fronte a quelli deipropri dipendenti, per fornire nuova vitaal brand e alla sua identità”. Infine, unodegli ambiti da non trascurare perché pal-coscenico privilegiato delle manifestazio-ni dell’identità di marca è sicuramente ilpunto vendita.

Punto vendita, portavoce dell’identitàdi marcaNel corso degli ultimi anni, i luoghi d’ac-quisto e più in generale tutti quegli spaziattraverso cui la marca si esprime hannoacquisito nuova centralità all’interno del-le strategie di marketing mix. “L’idea - precisa Musso - è che il negoziosia un portavoce dell’identità di marca:suoni, luci, colori, forme, materiali, espo-sitori sono tutti elementi che concorronoa raccontare il mondo del brand di riferi-mento, dall’ingresso in poi. Alla logica delbel negozio si sostituisce quindi quella del-lo ‘spazio parlante’”. La vera sfida di oggi è poi quella di averea disposizione dei luoghi di distribuzionefisica dei prodotti che non siano solo coe-renti con l’immaginario della marca e conla sua identity, ma che sappiano anchecoinvolgere i consumatori attivando unadimensione dialogica, sfruttando anche lenuove tecnologie, a cominciare, per esem-pio, dal digital signage, che, non a caso, staincrementando la sua diffusione all’inter-no dei punti vendita. nc

In un contesto in cui gli utenti sono semprepiù indipendenti dai tempi e dalle logichedella pubblicità televisiva, perché, peresempio, possono guardare uno spot dove e quando vogliono, i confini della marca si fanno più labili e la sua gestione piùcomplessa

Dipendenti che si mettono in gioco e diventano i primi evangelizzatori delmessaggio di marca. Questa è la lineaseguita da Vivigas, con l’assistenzadell’agenzia Lgm

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Non si può far altro che inchinarsi. Nel-l’anno della scomparsa del suo fondatoree nel momento in cui i suoi prodotti, so-prattutto gli iPhone e gli iPad, sono diven-tati veri e propri oggetti del desiderio, do-tati di un valore aggiunto che nessun al-tro smartphone o tablet in circolazionesembra in grado di garantire, il brand piùhungry e foolish del pianeta non potevache essere Apple. La mela morsicata è in-fatti diventata nel 2011 la marca a mag-gior valore al mondo. A dircelo è la sestaedizione della classifica sui più importan-ti marchi globali denominata ‘BrandZ Top100 Most Valuable Global Brands’, rea-lizzata da Millward Brown Optimor, so-cietà del gruppo Wpp.

Con un valore di marca di 153,285 miliar-di di dollari (+859% rispetto al 2006 e+84% sul 2010), Apple è salita di due po-sizioni nella classifica, passando dal terzoal primo posto. Il produttore di smartphone, tablet e com-puter interrompe così il dominio di Goo-gle, che era in vetta al ranking da ormaiquattro anni, e che ora si piazza al secon-do posto della classifica mondiale, con111,498 miliardi di dollari e con il -2% ri-spetto al 2010. Ne parliamo con Luca Bel-loni, amministratore delegato MillwardBrown Italia.

Quali sono le principali tendenze emer-se dall’edizione 2011 dell’indagineBrandZ Top 100 Most Valuable GlobalBrands?A livello generale la classifica ha messo inevidenza alcuni macro trend. Tra questi il principale è la prevalenza deimarchi tecnologici, che insieme costitui-scono circa un terzo del valore dei 100 topbrand. Un’altra tendenza molto significa-tiva è l’ascesa dei marchi dell’area Bric(Brasile, Russia, India e Cina, ndr), che nel-

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Luca Belloni, amministratore delegatoMillward Brown Italia

APPLE SCALZA GOOGLE DAL TETTO DEL MONDODOPO QUATTRO ANNI DI PRIMATO, GOOGLE LASCIA AD APPLE IL GRADINO PIÙ

ALTO DEL BRANDZ TOP 100, LA CLASSIFICA MONDIALE DELLE MARCHE

A MAGGIOR VALORE REALIZZATA DA MILLWARD BROWN OPTIMOR, OTTENUTA

COMBINANDO I DATI FINANZIARI DELLE AZIENDE CON LE PERCEZIONI CHE I

CONSUMATORI HANNO DEI BRAND. NEL COMPLESSO, PRIMEGGIANO I MARCHI

TECNOLOGICI, CHE RAPPRESENTANO UN TERZO DELL’INTERA CLASSIFICA,

E CRESCONO QUELLI DELL’AREA BRIC (BRASILE, RUSSIA, INDIA E CINA).

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l’edizione di quest’anno arrivano a essereben 19, contro i due del 2006 e i 13 del2010. Non si difendono male neanche i branddel settore lusso, che hanno incrementa-to il loro valore, beneficiando del crescen-te potere di acquisto e della domanda diprodotti a elevata fascia di prezzo propriodei paesi emergenti. Infine, occorre segnalare che in questo sce-nario generale caratterizzato dal muta-mento dell’area geografica di provenien-za dei principali brand e dalla crescente‘invasione’ della teconologia nella vita co-mune delle persone, vi è ancora lo spazioper alcuni brand storici operanti in setto-ri più tradizionali.

La classifica di quest’anno, si diceva, èguidata da Apple, che scavalca Google.Quali sono le ragioni dell’exploit dellaprima (+84%) e del leggero calo dellaseconda (-2%)?Apple ha capitalizzato il proprio successoin riferimento alla sua innovativa gammadi prodotti: l’iPhone ha completato il per-corso di conquista del mercato degli smart-phone premium, mentre i primi due annidi vita dell’iPad sono stati un successo pla-netario senza precedenti. Per quanto ri-guarda Google parliamo di una flessionedi appena il 2% dopo quattro anni di pri-mato nella classifica.

Come spiega la dominanza dei marchi

appartenenti al settore tecnologico, daIbm ad Amazon, passando per Facebook,che si affaccia per la prima volta in clas-sifica, collocandosi al 35esimo posto?Negli ultimi anni la tecnologia e le tele-comunicazioni sono diventati i motori del-l’innovazione, conquistando un ruolo sem-pre più ‘normale’ e quotidiano nella vitadelle imprese e dei cittadini. Ne sono prova la crescita di Ibm dovutaalla continua informatizzazione dei pro-cessi e sistemi aziendali e l’ascesa del fe-nomeno dell’e-commerce, di cui Amazonè tra i brand più importanti. Quanto al fe-nomeno dei social media, c’è da dire cheFacebook, con i suoi oltre 700 milioni diutenti nel mondo, ha intercettato un bi-sogno di socialità che la società modernatendeva a reprimere. L’incontro tra tecno-logia e bisogni primari ha creato un mixesplosivo.

Si consolida tuttavia anche il ruolo di al-cuni brand tradizionali, come McDonal-d’s e Coca-Cola...Coca Cola e McDonald’s emergono anco-ra come marchi globali con una storia dioltre 50 anni. Leadership, strategia e tattica a parte, ciòche accomuna queste aziende è l’utilizzodel brand come leva strategica per rima-nere rilevanti agli occhi dei consumatorie guidare il successo del business a livel-lo globale. McDonald’s, in particolare, ha saputo ri-generare la sua immagine inserendo nel-la propria offerta prodotti più sani ed equi-librati, e spingendo su menu molto eco-nomici per contrastare la crisi.

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La classifica mondiale delle marche a maggior valore

Fonte: BrandZ Top 100 Most Valuable Global Brands 2011, Millward Brown Optimor

Apple guida la classifica mondiale con un valore di 153,3 miliardi di dollari(+859% rispetto al 2006 e +84% sul 2010).Al secondo e terzo posto altri due brand del settore tecnologico: Google e Ibm

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Oltre al valore economico, l’indagine tie-ne conto anche delle percezioni che i con-sumatori hanno dei brand...Sì, perché il valore di un brand non è ri-conducibile solo ai suoi dati economico-finanziari, ma anche all’insieme di asso-ciazioni tangibili e intangibili che vengo-no attribuite dai consumatori. Lo studioglobale BrandZ, basato su interviste a ol-tre 1,5 milioni di consumatori in tutto ilmondo, tiene conto della percezione cheessi hanno delle marche, contribuendo auna valutazione più completa dell’equity.Un’immagine forte influenza le scelte almomento dell’acquisto e conseguente-mente contribuisce alla costruzione delvalore finanziario di un brand.

La brand identity influenza il posiziona-mento dei marchi in classifica?Sì, molti dei principali marchi presenti nel-la classifica sono caratterizzati da una no-tevole capacità di creare una relazione edi differenziarsi non solo sul piano dell’of-ferta tangibile, ma anche e soprattutto sulpiano dell’intangibile, ossia attraversobrand in grado di dialogare con l’utentefinale e di offrirgli la possibilità di mani-festare, con il semplice possesso di un be-ne o l’utilizzo di un servizio, la propria iden-tità.

Quali sono gli elementi fondamentali diuna corretta operazione di brand identity? Gli aspetti chiave della brand identity so-

no tutti quelli che lavorano nella direzio-ne di saper creare, mantenere e sviluppa-re una relazione autentica con il consu-matore, a cominciare dagli elementi di lea-dership, posizionamento ed esperienza,che ne costituiscono le fondamenta.

I risultati dell’indagine confermano il va-lore del brand come elemento strategi-co per un business di successo?Il brand rimane un asset strategico di enor-me importanza per le aziende. Nel corsodegli anni la classifica ha costantementedimostrato che i brand più forti, seppurenon immuni dalle vicessitudini dei mer-cati, sono più protetti, preparati e resisten-ti, e dunque dotati di maggiori risorse perfar fronte alle sfide più complesse. Il valo-re aggregato di tutti i brand della classifi-ca è salito del 64% dal 2006 a oggi. I pri-mi 100 brand al mondo hanno sempreavuto un andamento superiore alla me-dia del mercato. I manager delle aziendedevono quindi fare leva sul marchio perconsolidare e accrescere il proprio busi-ness.

Quali caratteristiche devono possederei brand per adattarsi al clima di incertez-za che caratterizza i mercati globali pereffetto della crisi economica?Le regole per avere successo sono semprele stesse in qualsiasi condizione economi-ca e finanziaria. Occorre avere forti basics,essere leader, che non risiede nell’essere‘i più grandi’, ma nella capacità di essereinnovati e rilevanti, avere un posiziona-mento chiaro e coerente, e ovviamentesaper esplicitare una grande esperienza diconsumo. nc

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Da segnalare l’ascesa delle marche dell’area Bric (Brasile, Russia, India e Cina),che nell’edizione di quest’anno arrivano a essere ben 19, contro le 2 del 2006 e le 13 del 2010

La classifica mondiale delle marche a maggior valore

Fonte: BrandZ Top 100 Most Valuable Global Brands 2011, Millward Brown Optimor

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Con un valore del brand pari a circa 71,8miliardi di dollari, in crescita del 2% rispet-to allo scorso, Coca-Cola si riconferma, peril dodicesimo anno consecutivo, sul gradi-no più alto del podio della Best GlobalBrands, la classifica delle 100 marche glo-bali a maggiore valore economico stilataogni anno dalla società internazionale dibrand consultancy, Interbrand. Sui gradiniminori, rispettivamente al secondo e al ter-zo posto, salgono nuovamente Ibm (69,905miliardi di dollari) e Microsoft (59,087 mi-

liardi di dollari), che si trovano nella mede-sima posizione dal 2008, quando BigBlueha superato il colosso di Bill Gates. Seguo-no nella top 10 in ordine Google 55,3 mi-liardi di dollari, GE 42,808 mld, McDonal-d’s 35,593 mld, Intel 35,217 mld, Apple33,492 mld, Disney 29,018 mld e Hewlett-Packard 28,479 mld. Menzione d’onore perApple (+58%), Amazon.com (+32%), Goo-gle (+27%), Samsung (20%) e Burberry(+20%), che hanno registrato le miglioriperformance dell’anno. Mentre Nokia

(-15%), Nintendo, (-14%), Sony (-13%), Ya-hoo! (-11%) e Dell (-6%) registrano le per-formance annuali peggiori. “L’instabilità dei mercati e il clima di incer-tezza che hanno caratterizzato il 2011 han-

COCA-COLA INSEGUITA DA IBM E MICROSOFTPIÙ DI UNA VITTORIA, QUELLA DI COCA-COLA È LA CONFERMA DI UNA LEADER-

SHIP INDISCUSSA, VISTO CHE PER IL 12ESIMO ANNO CONSECUTIVO CONQUISTA

IL PRIMO POSTO DELLA BEST GLOBAL BRANDS, LA CLASSIFICA DELLE

100 MARCHE GLOBALI A MAGGIORE VALORE ECONOMICO STILATA OGNI ANNO

DA INTERBRAND, SOCIETÀ INTERNAZIONALE DI BRAND CONSULTANCY. DIETRO

AL COLOSSO DI ATLANTA SI POSIZIONANO IBM E MICROSOFT. LA MIGLIORE PER-

FORMANCE È QUELLA DI APPLE, CHE CRESCE DEL 58% ED ENTRA NELLA TOP 10.

Le 100 marche a maggior valore economico

Fonte: Best Global Brands 2011, Interbrand

Coca-Cola si conferma, per il dodicesimoanno consecutivo, sul gradino più alto

del podio della Best Global Brands, con unvalore del brand di 71,8 miliardi di dollari,

in crescita del 2% rispetto al 2010

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no spinto i brand ad adattarsi a una nuovarealtà - commenta Manfredi Ricca, mana-ging director Interbrand -. L’incertezza è ilnuovo status quo. Oggi, i brand devono ne-cessariamente essere veloci e agili, senzaperò trascurare fattori importanti come lacoerenza, la rilevanza e l’autenticità rispet-to al proprio dna. In un mondo che si muo-ve a velocità vertiginosa, il brand è uno deipiù potenti catalizzatori di cambiamento,sia sul mercato sia all’interno delle organiz-zazioni”. La classifica Best Global Brands viene stila-ta annualmente da Interbrand e si basa suuna metodologia certificata Iso, che analiz-za tre aspetti fondamentali: la performan-ce economica dei prodotti o servizi che ilbrand contraddistingue, il ruolo del brandnel processo di decisione d’acquisto, e laforza del brand nel continuare a generaremargini per l’azienda. “Nella valutazione del brand - spiega Ricca- anche la band identity gioca un ruolo cru-ciale, in quanto, se ben gestita, è la chiaveper costruire un’esperienza unica attraver-so tutti i touchpoint. È attraverso la brandidentity che la filosofia dell’organizzazioneviene espressa, permettendo a quest’ulti-ma di influenzare percezioni e, quindi, com-portamenti, generando domanda”.

In sostanza, il brand rimane un asset stra-tegico fondamentale attorno al quale co-struire un business di successo. “I brand -precisa Ricca - non si creano, si costruisco-no nel tempo attraverso i prodotti e i ser-vizi, la comunicazione, le persone, i com-portamenti e i canali distributivi. Spesso sipensa che il proverbiale cambio di logo coin-cida con un cambio di identità. Ma è un er-rore. La differenza la fa quello che accadeall’interno dell’organizzazione: i brand vivo-no di persone e se il cambiamento non lecoinvolge in modo profondo, si arresta mol-to rapidamente”.

La ricetta segreta di Coca-Cola Tornando a Coca-Cola, le ragioni del suc-cesso del colosso di Atlanta, che ha accre-sciuto il valore del proprio brand costante-mente negli ultimi 12 anni, sono da ricon-durre all’intelligenza e alla preparazione diun management che ha saputo cogliere inanticipo i segnali del mercato. A comincia-re dalla cresente preoccupazione per unadieta equilibrata, riuscendo ad adattare leproprie strategie senza diluire i valori allabase del brand. “One-size-does-not-fit-all sembra essere ilriconoscimento alla base della sua strate-gia - aggiunge Ricca-.

Lo ha dimostrato periodicamente, per esem-pio con l’introduzione di nuovi prodotti co-me la Light e la Zero, ma anche attraversocampagne di comunicazione mirate. Infine,in un’epoca in cui, nonostante la crisi, nonsi parla solo di prezzo, ma sempre più di va-lore per il consumatore, Coca-Cola ha sa-puto mantenere la leadership anche graziea una gestione coerente e pervasiva delbrand”.

La scalata di AppleLa migliore scalata, come si diceva, è tut-tavia quella di Apple, che entra per la pri-ma volta nella top 10 e registra una cre-scita in valore del 58%, arrivando a valerecirca 33,5 miliardi di dollari. In realtà, è dallontano 2004 che la mela morsicata regi-stra, ogni anno, una percentuale di cresci-ta del valore del brand a doppia cifra. “Suuna strada lastricata di prodotti di succes-so, partendo dal Mac fino all’iPad, Apple -commenta Ricca - è stato un esempio di

Le 100 marche a maggior valore economico

Fonte: Best Global Brands 2011, Interbrand

Veri protagonisti della classifica 2011 sono i brand tecnologici. Appartengono a

tale categoria ben sette dei dieci top brand(Ibm, Microsoft, Google, GE, Intel, Apple

e Hewlett-Packard)

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eccellenza nella gestione del brand. Nel2001, anno della prima classifica Inter-brand, Apple registrava un valore di 5,464miliardi di dollari. In dodici anni ha quintuplicato il propriovalore: risultato ottenuto grazie a una stra-tegia di assoluta coerenza tra comunica-zione, prodotto e canali, che le ha permes-so di far fronte anche agli ‘scivoloni tec-nologici’ di alcuni prodotti. Oggi, è impossibile pensare ad altri brandin grado di suscitare lo stesso grado di at-tenzione e desiderabilità verso i propri pro-dotti. La vera scommessa, ovviamente, con-sisterà nel mantenimento di questa unici-tà senza Steve Jobs. Paradossalmente, ilgiudizio definitivo sul suo operato passe-rà anche dalla capacità di Apple di soprav-vivergli”.

Il digitale insegue Coca-ColaNon solo Apple, i veri protagonisti dellaclassifica 2011 sono i brand tecnologici,dato che appartengono a tale categoriaben sette dei dieci top brand (Ibm, Micro-soft, Google, GE, Intel, Apple e Hewlett-Packard), e quattro dei cinque con la mi-gliore performance di crescita (Apple, Ama-zon.com, Google e Samsung). “I brand del mercato Ict - precisa Ricca -

hanno dato l’ennesima prova di una mag-giore resistenza ai mutamenti economicie hanno dimostrato di saper gestire in mo-do coerente ed efficiente il loro principa-le asset: il brand. Oggi, chi vede il brand come una sottoca-tegoria del marketing o, addirittura, dellacomunicazione, ha poche speranze di suc-cesso, e, forse, di sopravvivenza. Casi comequelli di Google, Apple e Samsung mostra-no chiaramente come il brand sia il fil rou-ge che unisce prodotto, comunicazione,canali, comportamenti, rappresentandol’asset principale dell’organizzazione”. Undiscorso a parte lo merita Google, che hafatto il suo ingresso nella Best GlobalBrands nel 2005 con un valore di 8,461 mi-liardi di dollari (n. 38) e in soli sei anni haconquistato 34 posizioni e aumentato diquasi 7 volte il suo valore. Il successo diquest’anno è una conseguenza della stra-ordinaria capacità di proporre nuovi pro-dotti, come Chromebook e il social net-work Google+. D’altra parte, non è un caso che Google,che oggi si posiziona al quarto posto conun valore del brand pari a 55,317 miliardidi dollari e una crescita del valore del 27%,sia stata in grado far coniare addirittura ilnuovo verbo ‘to google’.

L’Italia? Un potenziale inespressoPer concludere, concentriamoci sull’Italia,rappresentata in classifica da tre brand delsettore lusso come Gucci (n. 39, 8,7 miliar-di di dollari, +5%), Armani (n. 93, 3,79 mld,+10%) e Ferrari (n. 99, 3,59 mld, +1%). Aben vedere, un risultato non proprio entu-siasmante per il Belpaese. “Uno studio come questo - evidenzia Ric-ca - è una chiave di lettura importante delpotenziale inespresso della nostra crescitaeconomica. L’Italia possiede diverse realtàeccellenti, ma la vera sfida consiste nellosviluppo della loro competitività interna-zionale e, soprattutto, nella crescita dimen-sionale. Purtroppo, piccolo non è necessa-riamente bello. Si tratta, a mio avviso, diuna questione non solo aziendale, ma an-che e soprattutto di sistema: casi come leacquisizioni di Bulgari e Brioni ne sono latestimonianza. In Italia, il problema non èmai creare, ma sempre gestire, rafforzare econsolidare”. nc

L’Italia è rappresentata in classifica da trebrand del settore lusso: Gucci (n. 39, 8,7

miliardi di dollari, +5%), Armani (n. 93, 3,79mld, +10%) e Ferrari (n. 99, 3,59 mld, +1%)

Le 100 marche a maggior valore economico

Fonte: Best Global Brands 2011, Interbrand

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Conoscere il valore e le potenzialità del-le marche, ma per una volta, anziché usa-re lo ‘specchietto retrovisore’, provare adelineare ciò che accadrà e non ciò che ègià successo. La novità della rilevazioneBav Italia 2011 (Brand Asset Valuator),strumento strategico messo a punto dal-l’agenzia Y&R Brands, sta tutta qui: nellascelta, a differenza di quanto fatto in pas-sato (la precedente rilevazione risale al2009), di concentrarsi sui brand che nonsono ancora in cima alla classifica nellapercezione del grande pubblico, ma chehanno ottime chance di centrare questorisultato nel prossimo futuro, perché mag-giormente apprezzati dalla categoria psi-cografica degli Innovatori, che anticipanoi tempi, dettando le tendenze che prestoverrano adottate da tutti gli altri.

L’approccio teorico Bav si basa infatti sul-l’idea che l’innovazione si trasferisca daigruppi socioculturalmente più avanzati aquelli più arretrati, attraverso una seg-mentazione della popolazione denomina-ta 4C’s (ovvero Cross Cultural ConsumerCharacterisation). Si tratta di un modello internazionale co-struito sulla base di bisogni, che divide lasocietà in tre gruppi: coloro che subisco-no la cultura, i Laggards, chi la rappresen-ta, la Middle Majority, e coloro che la cam-biano, gli Innovatori. Questi ultimi sono dunque i primi ad adot-tare un’innovazione, seguiti poi da due sot-to-gruppi più numerosi, gli Early Adopterse i Mainstream. Solo a questo punto lacurva declina e gli ultimi ad adottare lanovità sono i cosiddetti Laggards. “Ogni gruppo - spiega Laura Biagini, stra-tegic planning director Y&R Brands - è ar-ticolato in tipologie, ciascuna delle qualiè riferita a una specifica priorità, che in-terviene nelle scelte di vita, marche inclu-se. Dai bisogni più basici di sopravviven-za, passando per quelli di sicurezza e con-trollo, fino a quelli più sofisticati di sco-

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Laura Biagini, strategic planning director Y&R Brands

MTV E DUREX, BRAND CON LE GAMBE LUNGHEANZICHÉ FOTOGRAFARE IL PRESENTE O L’IMMEDIATO PASSATO, PROVARE

A LEGGERE NEL FUTURO. È QUESTO L’OBIETTIVO DELLA RILEVAZIONE BAV 2011,

STRUMENTO STRATEGICO DI CONOSCENZA DELLE POTENZIALITÀ DELLE MARCHE

MESSO A PUNTO DALL’AGENZIA Y&R BRANDS. CONCENTRANDOSI SULLA

CATEGORIA DEGLI INNOVATORI, CHE ANTICIPANO LE TENDENZE, I BRAND CON

LE GAMBE PIÙ LUNGHE RISULTANO MTV E DUREX, SEGUITI DA TRIVIAL PURSUIT,

FNAC, SKYPE, PLAYSTATION 3, EASTPAK, EBAY, RISIKO E WIKIPEDIA.

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perta e autorealizzazione. Un volta soddi-sfatti i bisogni elementari, le persone chevanno al traino tendono a risalire i gradi-ni di una ipotetica piramide, che li portaa soddisfare via via quei bisogni più ele-vati e complessi di cui i gruppi più avan-zati sono portatori”. In sintesi, la teoria Bav sottolinea l’impor-tanza di due asset di marca, la Forza e laStatura, a loro volta riconducibili alla com-binazione di quattro dimensioni di marca,che corrispondono a specifiche percezio-ni che i consumatori hanno dei brand, os-sia Diversità (quanto la marca è percepi-ta come unica), Rilevanza (quanto il brandè capace di rispondere a un bisogno), Sti-ma (quanto buona è la reputazione dellamarca) e Familiarità (quanto è presentenella vita delle persone). In particolare, laForza è data da Diversità più Rilevanza,mentre la Statura è la somma di Stima piùFamiliarità.

“Dato quest’effetto di traino - aggiungeBiagini - secondo il quale Innovatori eMainstream sono le due estremità di unsegmento dove il primo precede e il se-condo segue, possiamo avanzare una pre-visione: cioè che le marche che oggi go-

dono di più Forza e più Statura tra gli In-novatori siano quelle che hanno un mag-giore potenziale di crescita nel futuro, be-neficiando di un virtuoso effetto alone chenell’immediato futuro coinvolgerà gli stra-ti più ampi della popolazione”. Nel dettaglio, la classifica dei 20 brand conle ‘gambe lunghe’, ossia che si ipotizza pos-sano essere più avvantaggiati di altri nelraggiungere una leadership di immaginesono Mtv, Durex, Trivial Pursuit, Fnac, Sky-pe, PlayStation 3, Eastpak, eBay, Risiko, Wi-kipedia, Xbox, Converse, Buondì, Toys Cen-ter, Triumph (moto), Jeep, Arena (costu-mi), Leroy Merlin, Quechua e Toblerone. Il fatto che il segmento degli Innovatorianticipi oggi quello che domani sarà il pro-filo di immagine percepito dal mass mar-ket è stato verificato confrontando i datidella rilevazione 2009 con quelli del 2011.

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Classifica dei 20 brand con un’immaginemigliore presso gli Innovatori, e, quindi, un maggiore potenziale di crescita nel

prossimo futuro

La teoria Bav sottolinea l’importanza di due asset, la Forza e la Statura, riconducibilialla combinazione di quattro dimensioni di marca, che corrispondono a specifichepercezioni che i consumatori hanno dei brand:Diversità, Rilevanza, Stima e Familiarità

I brand con le gambe lunghe

Fonte: Bav Italia 2011

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Infatti, le marche che nel 2009 avevanouna migliore combinazione di Forza e Sta-tura presso gli Innovatori, nel 2011 vedo-no migliorare significativamente la pro-pria immagine complessiva presso il tota-le della popolazione adulta nel 72% deicasi.

Quali sono i principali risultati dell’inda-gine Bav Italia 2011? Dall’ultima rilevazione Bav (marzo 2011,ndr), che ha coinvolto 3.500 persone, in-tervistate su 1.611 marche, appartenentia 120 categorie merceologiche, emergeche know-how e vision, ovvero expertisee attitudine a sintonizzarsi sul nuovo, rap-presentano l’ossatura di quelle marche chehanno le gambe lunghe. Da un lato, si parla di competenze che de-vono essere distintive e rilevanti: distinti-ve perché fortemente caratterizzanti, co-me nel caso di Jeep, Mtv e Quechua, e ri-levanti perché focalizzate sulla soluzionedi reali bisogni, come per esempio Arena,Leroy Merlin e Wikipedia. Dall’altro, si evidenzia una capacità di vi-sione che deve essere al contempo evo-lutiva e concreta: evolutiva in un’ottica difine tuning costante sulle lunghezze d’on-da variabili del pubblico di riferimento, èil caso di Durex, Eastpack e Converse, econcreta in una direzione di reale miglio-ramento della vita delle persone, per esem-pio Skype e eBay. Il confronto con quanto emerso dalla ri-levazione 2009 può essere utile: in un con-testo instabile e problematico come quel-lo attuale, i valori della rassicurazione (nestvalues, ndr) e del value-for-money (poc-ket values, ndr), evidenziati dalla nostraprecedente analisi (vedi Speciale BrandIdentity di NC dello corso anno, ndr), con-tinuano a essere importanti baluardi di-fensivi contro la perdita di fedeltà dei con-sumatori, attesi soprattutto da parte diquelle marche che hanno già consolidatoun’immagine in salute da preservare suampie fasce di popolazione. Tuttavia, sono la specializzazione e la ca-pacità di vision a sostenere i passi lunghie in avanti di marche che, invece, hanno

ancora di fronte a loro un potenziale daesplodere.

Sulla base dei valori del know how e del-la vision, le marche sono state suddivisein quattro cluster qualitativi. Ce li può il-lustrare?La prima categoria è quella dei ProductExpert, ossia brand che hanno costruito ilproprio successo su un’eccellenza di pro-dotto, finalizzata alla soddisfazione di unbisogno specifico. Marche talmente esper-te nel proprio settore di riferimento da di-ventare talvolta sinonimo dell’intera ca-tegoria. Si tratta di Mtv, Durex, PlaySta-tion 3, Eastpack, XBox, Arena e Quechua.Poi ci sono i Kingdom Store, ossia mar-che retail che si sono focalizzate su unaspecifica categoria di prodotti al punto diessere considerati il ‘regno’ di chi cerca disoddisfare particolari bisogni. Sono Fnac,Toys Center e Leroy Merlin.La terza categoria è quella dei Pioneer Re-vival, ossia brand storici che vivono oggiuna nuova rinascita in termini di immagi-ne, spesso pionieri per la propria catego-

ria di riferimento, divenuti talvolta vere eproprie icone. Mi riferisco a Trivial Pursuit,Risiko, Converse, Buondì, Triumph, Jeep eToblerone. Infine, gli Smart Service sono servizi dinuova generazione ad alto contenuto tec-nologico, che hanno trovato un modo in-novativo e intelligente di rispondere ai bi-sogni di sempre, ovvero Skype, eBay e Wi-kipedia.

In che modo il Bav può fornire supportoalle aziende per la costruzione o rimodu-lazione di un’efficace brand identity?Il Bav è uno strumento in cui crediamo daquasi vent’anni e su cui investiamo in mo-do trasversale a tutto il gruppo Young&Rubicam Brands.

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Il 4C’s (Cross Cultural ConsumerCharacterisation) è un modello

internazionale costruito sulla base deibisogni, che divide la società in tre gruppi:coloro che subiscono la cultura, i Laggards,

chi la rappresenta, la Middle Majority, e coloro che la cambiano, gli Innovatori

L’innovazione si trasferisce dai gruppi socioculturalmente più avanzati a quelli più arretrati

Fonte: Bav Italia 2011

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Non è solo una ricerca, ma una vera teo-ria per capire come le marche crescono edeclinano. Valuta lo stato di salute dellemarche, misurando l’andamento nel tem-po degli attivi di marca fondamentali, eaiuta a sviluppare la brand vision. In par-ticolare, ci consente di misurare una del-le dimensioni più importanti dell’equitydi marca ovvero la brand image, la cui per-cezione complessiva è ovviamente influen-zata dalla brand identity. Il Bav può aiu-tare a comprendere se c’è effettiva corri-spondenza tra identità e immagine, se que-sta rappresenti un modello virtuoso e, incaso di gap tra le due, consente di identi-ficare possibili soluzioni.

Quali sono gli elementi fondamentali diuna corretta operazione di brand identi-ty? Secondo le teorie classiche, la brand in-dentity si costruisce attraverso la messaa sistema di elementi tra i quali la sua iden-

tità visiva, i valori su cui si fonda, il terri-torio in cui nasce la sua promessa, e lapersonalità che vuole assumere agli occhidel suo pubblico. Ciò resta oggi ovviamen-te ancora valido, ma quello che conta èche, nel rispondere alla domanda “cosa èla marca?” ci si deve sempre porre due or-dini di obiettivi. Nel breve e medio termi-ne, costruire la propria ragion d’essere ela propria insostituibilità proponendo aiconsumatori qualcosa di unico e distinti-vo, e identificare i bisogni e gli insight piùattuali in modo da essere utili e rilevantinella vita delle persone. Nel medio e lun-go, preoccuparsi e agire in modo da man-tenere elevata la propria reputazione, eaumentare la presenza nella vita dei con-sumatori.

Il brand può ancora essere consideratoun asset strategico attorno al quale co-struire il successo di un business?La marca continua a essere un asset com-

petitivo imprescindibile e a rappresenta-re quel valore che, di volta in volta, guida,ispira, coinvolge e rassicura i consumato-ri, che nei loro atti di consumo cercanoun’anima che sia in qualche modo in sin-tonia con la loro. Va da sé che un’identità forte non può ri-nunciare a uno storytelling altrettanto for-te, che abbia la capacità di fare corrispon-dere ‘quello che la marca è’ con ‘come lamarca viene percepita’, ovvero che realiz-zi quella sintonia tra identity e image, cheè sintomo di un vero fine tuning con i con-sumatori. nc

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Le marche cui viene attribuito un maggiorepotenziale di crescita sono quelle cheriescono a distinguersi per know-how

e vision. Se ne ricava una suddivisione inquattro categorie: Product Expert, Kingdom

Store, Pioneer Revival e Smart Service

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Nato nel 1996 come laboratorio creativospecializzato nel below the line, ArteficeGroup ha festeggiato i suoi primi 15 annicon il lancio di Labis, la nuova sede brasilia-na di Curitiba. “Oggi, che si parla di bran-ding diffuso - afferma il presidente France-sco Mastro -, oggi, che i marchi vengono acontatto con le persone in modo frammen-tato e in ambiti e luoghi diversi ed eteroge-nei, il nostro compito è sempre più quellodi fornire ai clienti gli strumenti di prossi-mità al consumatore nell’ottica di una stra-tegia di marca integrata, in grado di attiva-re differenti, contemporanei e coerenti ca-nali di comunicazione”. È anche per rispon-dere a questa esigenza che, da un paio dianni, l’agenzia si è riorganizzata internamen-te trasformando Artefice in Artefice Group,quattro società che lavorano in maniera in-tegrata nella strategia di marca globale: Ar-tefice (www.artefice.it), che si occupa di

brand identity, Osa05 (www.osa05.it), cherappresenta il punto di incontro tra la crea-tività e i digital tools, artworkR (www.art-workr.it), attiva nella prestampa e produzio-ne, e Labis (www.labisdesign.com), la nuo-va sede brasiliana della società, che operanel campo della comunicazione e del designdi marca. “Artefice Group - continua Mastro -lavora con la Strategia del Fare: la capacitàdi porre in relazione costante nel tempo ilbrand e il suo contesto con l’obiettivo di far-li convergere in una brand experience in gra-do di creare valore aggiunto tra la marca echi la consuma”. Un processo integrato diprogettazione, sviluppo creativo e produzio-ne, per dar vita a una strategia di marca in-centrata sulle molteplici dimensioni espe-rienziali che caratterizzano questa fase delconsumo segnata da tecnologie, contrazio-ni di mercato e dalla necessità di riscoprireanche componenti comunicative, in partetrascurate, come il below the line e le pro-mo al consumo. Per arrivare alla definizio-ne di questi comportamenti, Artefice Grouplavora, in fase di analisi, con uno strumen-to che ha chiamato Dizionario della Marca,una vera e propria bussola semantica che

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Francesco Mastro, presidente Artefice Group

LA STRATEGIA DEL FAREDA OLTRE 15 ANNI, LA STORIA DI ARTEFICE GROUP HA COME PROTAGONI-

STA IL BRAND. IL SUO PUNTO DI FORZA? UN PROCESSO INTEGRATO DI

PROGETTAZIONE, SVILUPPO CREATIVO E PRODUZIONE IN GRADO DI CREARE

UNA STRATEGIA DI MARCA INCENTRATA SULLE MOLTEPLICI DIMENSIONI

ESPERIENZIALI DEL CONSUMO E CAPACE DI ATTIVARE DIFFERENTI, CONTEM-

PORANEI E COERENTI CANALI DI COMUNICAZIONE. QUELLO DI PARTENZA?

IL DIZIONARIO DELLA MARCA.

DI MARINA BELLANTONI

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consente di inquadrare il posizionamentodel brand all’interno di un territorio proget-tuale di grande libertà creativa, ma anchecoerente con il percorso storico di marca econ l’integrazione di tutti gli strumenti diuna comunicazione aperta.“Anche sotto la spinta dell’attuale crisi deiconsumi - commenta Mastro -, ogni brandattraversa una forte ridefinizione nel rap-porto con i propri media e strumenti di co-municazione costruendo nuove geografied’intervento più frammentate e ramificate,anche per quanto riguarda l’allocazione deivari budget. Non solo i prodotti, ma i brandstessi attraversano la rete e i social networkesplodendone le potenzialità e ridefinendoi propri ambienti di comunicazione tradi-zionale (e tra questi il packaging, ndr) se-condo modalità di contatto con il consu-matore finale”. La sfida per una marca ri-mane sempre di più, secondo Mastro, quel-la di innovare il proprio ambiente e di far-lo attraverso un percorso coerente e credi-bile con i propri valori e la propria storia.Un percorso che non perda il passo con iritmi fisiologici dell’attenzione e dell’inte-resse del consumatore ma che, al contem-po, non si proietti in un orizzonte troppo

oltre il confine, congruo e coeso, dell’iden-tità della marca stessa.

Le case historyIn collaborazione con Sammontana, Artefi-ce Group ha recentemente progettato l’iden-tità visuale della linea ‘Le Origini’ dei panet-toni e del pandoro Tre Marie. Il lavoro ha pre-visto il re-design, realizzato manualmenteal tratto, dello storico logo Tre Marie attra-verso lo studio delle tecniche di stampa trafine Ottocento e inizi Novecento. Il pack deiprodotti riconduce al gusto delle classicheconfezioni del periodo in cui è stata fonda-ta la pasticceria: il panettone viene propo-sto anche in un’edizione limitata, incartata

a mano e con la confezione di cartone, unavera e propria scatola evento che riprodu-ce la ‘cappelliera’ con cui la Pasticceria TreMarie spediva storicamente per posta il pro-prio panettone. “Da poco, inoltre - spiegaMastro -, abbiamo realizzato la pagina stam-pa, il layout e la piattaforma software peril sito e i blog de ‘Il Quotidiano in Classe’,un progetto dell’Osservatorio PermanenteGiovani-Editori che ha l’obiettivo di incen-tivare studenti e insegnanti alla lettura con-divisa e ragionata di diversi quotidiani. Il la-voro web ha portato alla definizione e allosviluppo della piattaforma software e del la-yout non solo del sito (www.ilquotidianoin-classe.it, ndr), ma anche dei tre blog dedica-ti all’iniziativa e presenti, dal 12 ottobre, suisiti de Il Corriere della Sera, Il Sole 24 Ore ewww.quotidiano.net”. Sempre per il Corrie-re delle Sera, Artefice Group ha realizzato ilClub de La Lettura (http://lettura.corriere.it/),il blog dell’inserto domenicale dedicato al-l’approfondimento culturale: il lavoro è sta-to predisposto per un’estrema facilità ge-stionale dei contenuti e per conservare almeglio un’identità immediatamente ricon-ducibile alla grafica e all’universo visivo del-la versione online del quotidiano. nc

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Il packaging della linea ‘Le Origini’ Tre Mariesi ispira alla ‘cappelliera’ con cui la Pasticceria

Tre Marie spediva storicamente per posta il proprio panettone tra fine Ottocento

e inizi Novecento

La pagina stampa del progetto Quotidiano in Classe, per il quale Artefice Group harealizzato anche il layout e la piattaformasoftware per sito e blog

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Specializzata nel btob e nella comuni-cazione di beni e servizi culturali, Brunaz-zi&Associati vede il proprio core businessnel package design, per il quale collaboraanche con la londinese SiebertHead, e nel-l’identità visiva e relativa normazione. “La metodologia per comunicare in modoefficace la brand identity o per modificar-la in funzione delle varie esigenze del mer-cato - spiega Giovanni Brunazzi, fondato-re e presidente - inizia sempre da una ri-cerca qualitativa, per individuare il vissutodel brand, quello dei competitor, i trend delmercato. Sino agli aspetti più concreti co-me il packaging, il punto vendita, eccete-ra. Un’operazione coordinata di messa apunto della brand identity dovrebbe por-tare a soluzioni efficaci e creative, con il ri-sultato di rafforzare e modificare positiva-mente l’immagine del brand. Attraversol’utilizzo integrato dei mezzi, la creatività

della comunicazione, lo studio del mercatoe dei suoi protagonisti, è possibile definireuna brand strategy che abbia l’obiettivo di

aumentare il valore del brand, la sua rico-noscibilità, l’apprezzamento dei consuma-tori. Il valore aggiunto garantito è la quali-tà complessiva generata dalle attività”.Definire strategie integrate di comunicazio-ne, tra mezzi classici e new media, tra onlinee offline, è per Brunazzi&Associati ormaifondamentale. Il mix dei media dipende dadiversi fattori: dal prodotto o servizio, dal-l’immagine dell’azienda, dagli obiettivi amedio/lungo termine, dalla concorrenza.Occorre pertanto pianificarlo in modo stra-tegico al fine di comunicare il brand in mo-do completo e convincente. In comunica-zione, e non solo, anche gli aspetti etici, lasostenibilità ambientale e la responsabilitàsociale rappresentano valori sempre più im-prescindibili. “Questo perché - precisa Bru-nazzi - il consumatore è diventato moltopiù attento alle proprie scelte e molto cri-tico verso i comportamenti dell’azienda, chenon può più limitarsi a vendere il prodottoo il servizio senza collegamenti virtuosi. Pun-tare su integrazione, sostenibilità ambien-tale, responsabilità sociale e una visione po-sitiva e ottimista del mercato, anche in co-municazione, è conditio sine qua non per

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Giovanni Brunazzi, fondatore e presidente Brunazzi&Associati

IO PENSO CREATIVOÈ NATA NEL 1985, MA L’ESPERIENZA IN COMUNICAZIONE D’IMPRESA

DEL SUO FONDATORE È MOLTO PIÙ LUNGA. NEL 1976, INFATTI, GIOVANNI

BRUNAZZI ERA GIÀ RESPONSABILE INTERNAZIONALE ADV E IDENTITY

DELLA DIREZIONE IMMAGINE IVECO GRUPPO FIAT. PARLIAMO DELL’AGENZIA

BRUNAZZI&ASSOCIATI, LA CUI ATTIVITÀ DA SEMPRE ABBRACCIA, CON

CREATIVITÀ ED ENTUSIASMO, TUTTI GLI AMBITI DELLA COMUNICAZIONE,

DALL’ADVERTISING TRADIZIONALE AL BELOW THE LINE.

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realizzare progetti di successo. “Questi ul-timi anni - spiega Brunazzi - sono stati cri-tici anche per la nostra agenzia, che ha sof-ferto le mancanza di una visione positivada parte delle aziende, il cui approccio si è,in molti casi, risolto nel rinviare ‘a tempi mi-gliori’ le azioni di comunicazione e a pre-tendere, per quelle che dovevano comun-que essere realizzate, prezzi assolutamentenon remunerativi”. L’agenzia ha sempre la-vorato con entusiasmo e positività e per il2012 confida che questi atteggiamenti tor-nino a essere vincenti.

Le case historyLa cartiera svedese Iggesund (gruppo Hol-men), specializzata in carte e cartoncini peril packaging, ha selezionato, a livello mon-diale, sei agenzie, che si distinguessero perla loro creatività, per la realizzazione di unprogetto che ha visto il suo culmine in unamostra e un evento, svoltosi a Londra nelmarzo scorso. Brunazzi&Associati è statascelta a rappresentare l’Italia, e con essa,Landor Associates di Parigi (Francia), VanHeertum Desing di Tilburg (Olanda), MarcBenhamou/Creative 360° di New York (Usa)e Sebastian Onufszak di Augsburg (Germa-nia). “Il progetto ‘Black Box’ - spiega Bru-nazzi - non era altro che un palcoscenico sucui i progettisti potevano esprimere la pro-pria creatività, senza alcuna limitazione, aparte l’utilizzo delle caratteristiche uniche

della carta Invercote e le dimensioni dellascatola nera. Il target di riferimento com-prendeva designer, art director, grafici, re-sponsabili marketing e influenzatori d’ac-quisto nel settore del packaging a cui vie-ne consegnato di volta in volta un esem-plare del Black Box. Un’azione, quindi, d’im-magine e di promozione per la carta Inver-cote”. La strategia adottata è stata quelladi progettare qualcosa che andasse al di làdella pura performance grafica e cromati-ca, ma che fosse un’invenzione basata suun oggetto rigorosamente realizzato in car-toncino, dal tema ‘Eat More Pasta’. In sin-tesi, aprendo la scatola nera, si scopriva unascatola bianca al cui interno era posto unpacchetto con 250g di fusilli artigianali euna busta di sugo napoletano disidratato.La scatola era in realtà uno scolapasta chepermetteva di essere usato più volte. “La

soluzione innovativa - continua Brunazzi -è stata appunto quella di realizzare, in car-toncino, uno scolapasta funzionante. L’ideaha entusiasmato i destinatari dell’oggettoe, recentemente, i visitatori dello stand Ig-gesund al Luxe Pack di Monaco”.Altra case history di successo quella relati-va a Objecto, la linea ufficiale di merchan-dising (abbigliamento, accessori, monili, can-celleria, oggettistica minimale…) a prezzicontenuti, sviluppata dalla città di Torino eda 11 aziende produttrici partner dell’ini-ziativa, per proporre ai turisti dei souveniroriginali e di qualità, e contemporaneamen-te coinvolgere le realtà produttive locali. “Iprodotti della linea - spiega Brunazzi - so-no stati ‘vestiti’ con un packaging coordi-nato al brand capace di renderli unici e im-mediatamente riconoscibili”. Un progettoche ha ottenuto un grande successo, tantoche il Comitato Organizzatore Italia 150 hachiesto di creare la linea dedicata alle cele-brazioni dell’Unità d’Italia, ispirata alle gra-fiche ‘Look of the City 2011’. nc

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Per il progetto ‘Black Box’ della cartierasvedese Iggesund, Brunazzi&Associati harealizzato ‘Eat More Pasta’, una sorta discolapasta in cartone riutilizzabile al cui

interno era posto un pacchetto con 250g difusilli artigianali e una busta di sugo

napoletano disidratato

Brunazzi&Associati ha ‘vestito’ i prodotti delprogetto torinese Objecto con un packagingcoordinato capace di renderli unici eimmediatamente riconoscibili

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Un respiro internazionale, un team dicirca 70 professionisti, una storia che sfio-ra il mezzo secolo e una grande conoscen-za del consumatore e del branding. Futu-re Brand è tutto questo e molto di più. Dasempre, infatti, la sua mission è creare mar-che capaci di resistere al tempo, anticipa-re i trend, lasciare il segno, anche oltre iconfini territoriali. Il suo segreto? Uno staffdi specialisti delle principali discipline delbranding (tradizionali, digitali e di nuovagenerazione), capaci di orientare il propriolavoro seguendo il principio della coeren-za, sviluppando strategie che, pur parlandoi diversi linguaggi dei media, riescano a rap-presentare sempre i valori di cui la marcaè portatrice. “Oggi - spiega Alessandra Io-vinella, managing director -, gli strumentia disposizione dei brand sono sempre piùnumerosi e diversi, la strategia di espres-

sione della marca deve quindi originare daun concept forte, condiviso, riconoscibile erilevante per tutti i destinatari”. Un obiet-tivo alla base di ogni progetto di Future-Brand, sempre al passo con i tempi, graziea servizi di consulenza a 360 gradi (dal bran-ding strategy & innovation al consumerbranding & packaging, dal corporate bran-ding design al retail & pos design, dal na-ming al digital branding), volti ad assiste-re le aziende nella valutazione e nell’incre-mento del valore dei brand. Per l’agenzia ogni progetto fa storia a sé,così come ogni brand forte è unico e ini-mitabile, ma esistono metodologie che con-sentono di prendere in esame tutti gli aspet-ti rilevanti per la marca prima di dare av-vio a un progetto di creazione o restylingdi un’identità di marca. “In FutureBrand –precisa Iovinella - partiamo dalla definizio-ne del posizionamento strategico, che èfrutto dell’analisi dei valori insisti nella mar-ca da creare o da rinnovare, del mercato edei suoi trend, della concorrenza, dei desi-deri dei consumatori. Il positioning ci for-nisce gli elementi utili a immaginare il ‘vol-to’ della marca, ma anche il suo nome, il

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Alessandra Iovinella, managing director FutureBrand

MARCHE A PROVA DI FUTUROIN OGNI MARCA C’È UN CUORE DI VALORE E VERITÀ. FUTUREBRAND AIUTA

QUEL CUORE A EMERGERE, METTENDO A PUNTO STRATEGIE ED ESPERIENZE

ALL’AVANGUARDIA, IN GRADO DI GUIDARE ED ESPORTARE IL VALORE DELLA

MARCA ANCHE OLTRE I CONFINI TERRITORIALI. AL SERVIZIO DEI CLIENTI,

CONSULENZA SU DIVERSE AREE: DAL BRANDING STRATEGY & INNOVATION

AL CONSUMER BRANDING & PACKAGING, DAL CORPORATE BRANDING

DESIGN AL RETAIL & POS DESIGN, DAL NAMING AL DIGITAL BRANDING.

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suo tono di voce, il suo stile visivo”. Un ap-proccio che FutureBrand personalizza a se-conda del progetto curato. “Una recente case history, che ci ha datomolta soddisfazione, è senz’altro il NikeStadium di Milano, uno spazio che abbia-mo reinterpretato integralmente per dareespressione ai valori portanti della scarpaFree di Nike - racconta Iovinella -. Ogni ele-mento dello spazio parlava di libertà, mo-vimento, pluralità, attraverso un uso atten-to dei materiali, dei colori, delle immaginie degli elementi di arredo, proponendo aiclienti un’esperienza d’acquisto coinvol-gente, all’altezza di un total brand comeNike. Anche la creazione del nuovo logo diLancia Ypsilon è stato un progetto appas-sionante, che ci ha permesso di tradurrevisivamente la personalità della nuova Yp-silon 5 porte per coniugare l’innata ele-ganza Lancia, tipicamente femminile, coni tratti più decisi e dinamici di un pubbli-co maschile”. Infine, non possiamo non ci-tare la linea di prodotti per la cura dei bam-bini pure.bio di Chicco, il progetto per cuil’agenzia quest’anno ha ricevuto quattropremi (tra cui il primo premio agli NCAwards 2011 nella categoria Brand iden-

tity/packaging&design, ndr), di cui due in-ternazionali. FutureBrand è riuscita a tra-durre in forme e immagini la naturalità de-licata di questi prodotti e a riprodurre latenerezza delle mani di una mamma cheaccudisce il proprio bambino. Questa è pro-babilmente la ragione del successo del pro-getto pure-bio, in linea con l’approccio del-l’agenzia rispetto alla sostenibilità ambien-tale e alla responsabilità sociale.“Oggi - spiega Iovinella -, vi è di sicuro mag-giore attenzione ai temi etici e dell’ambien-te, è il mercato a chiederlo. I brand non so-no insensibili ai temi rilevanti per i loro con-sumatori e tante marche sono sinceramen-te impegnate sia sul fronte sociale sia suquello ambientale. Ci si scontra ancora, pe-rò, con i costi dei prodotti più attenti al-l’ambiente. Il packaging ecologico piace,

ma costa di più e questi costi andrebberoequamente ripartiti tra i brand che li pro-pongono e i consumatori che li scelgono.È tuttavia certo, che una sensibilizzazioneverso i temi etici e di conservazione del pia-neta e delle sue risorse c’è stata, indietronon si torna”. E per il 2012? Quali sono i progetti in can-tiere? “I risultati del 2011 sono molto po-sitivi - risponde Iovinella -, soprattutto perquanto riguarda l’arrivo di nuovi, impor-tanti clienti e la possibilità di lavorare aprogetti di branding di respiro internazio-nale. Puntiamo sempre più sul retail bran-ding, una branca del nostro lavoro in cuicrediamo fortemente e in cui abbiamo giàpotuto misurarci con successo. Inoltre, ap-profondiremo le tematiche del digital bran-ding come leva imprescindibile per avva-lorare le strategie di marca e raggiungerei consumatori e, soprattutto, continuere-mo a proporre progetti tailor-made perrendere visibili e rilevanti i brand che si af-fidano a noi”. nc

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Il Nike Stadium di Milano è statoreinterpretato integralmente da FutureBrandper dare espressione ai valori portanti della

scarpa Free di Nike

Attraverso il nuovo logo di Lancia Ypsilon,FutureBrand ha tradotto visivamente lapersonalità della nuova Ypsilon 5 porte perconiugare l’eleganza Lancia, tipicamentefemminile, con i tratti più decisi e dinamici diun pubblico maschile

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Il mondo della comunicazione è pieno. Pie-no di agenzie, di studi grafici, di laboratoricreativi. Pieno di teorie, strategie, modelli.Di eventi, happening, business lunch. Di si-gnificati e significanti, anglicismi e aforismi.Emergere è sempre più difficile. Per questo,gli attori che in questo mondo vivono e la-vorano tendono a proclamarsi i più creati-vi, i più esperti, i più performanti. Un eser-cito di Marilyn Monroe laureate in psicolo-gia della comunicazione e armate fino ai

denti. Immagine affascinante, che però puòportare a una certa omologazione, anchedel pensiero. “Gramma non è meglio o peg-gio - spiega il presidente e direttore clien-ti, Valentina Gabutti -, è semplicementediversa. E non lo diciamo tanto per dire: sia-mo differenti in tante cose, a partire dallastruttura societaria. Siamo un’agenzia di co-municazione strategica e, parallelamente,siamo una cooperativa sociale. Ciò signifi-ca che realizziamo progetti di comunicazio-

ne a 360 gradi e, inoltre, ci occupiamo del-l’inserimento lavorativo di persone di ta-lento in condizione di svantaggio sociale,insegnando loro i fondamenti del nostromestiere. Una scelta non usuale, che ci ren-de speciali in partenza. Certo, a volte leaziende si accostano a noi con un pizzico diperplessità, ma è una scelta in cui credia-mo e che portiamo avanti dal 1990. E pos-siamo permetterci di farlo solo ottenendoottimi risultati di business per noi e per i

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Barbara Bottazzini, socio e direttore creativo, Roberta Amato, socio e art chief, e Valentina Gabutti, presidente e direttore clienti Gramma

UN’AGENZIA CON UN’ANIMA. ANZI, DUECREATIVITÀ E CAPACITÀ DI VISIONE, EFFICACIA E CURA DEL DETTAGLIO.

C’È CHI DICE DI ESSERE IL MIGLIORE E CHI, SEMPLICEMENTE, VEDE

LE COSE DA UN’ALTRA PROSPETTIVA. COME GRAMMA, CHE DAL 1990

PROGETTA COMUNICAZIONE STRATEGICA IN MODO RESPONSABILE.

UN ESEMPIO? NELLA SUA VESTE DI COOPERATIVA SOCIALE È IN GRADO

DI AFFIANCARE AZIENDE IMPEGNATE IN ATTIVITÀ DI CSR E SVILUPPARE

PROGETTI DI MARKETING SOCIALE.

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nostri clienti. In un certo senso, ogni gior-no dobbiamo impegnarci il doppio per di-mostrare sul mercato il nostro valore. Maogni giorno otteniamo il doppio delle sod-disfazioni. Fortunatamente, chi ci sceglie,difficilmente ci abbandona”. Come diceva-mo, il mondo della comunicazione è pieno.Anche di differenze. “Il nostro approccio al-la brand identity - afferma Barbara Bottaz-zini, socio e direttore creativo - riflette ilnostro approccio al cliente, al lavoro e airapporti in generale. Cerchiamo di pensareal brand come a un’entità dotata di un ca-rattere, di un insieme di valori e di un mo-do di comunicare specifico. Spesso questapersonalità deve essere costruita da zero,altre volte interveniamo su identità piùstrutturate, dando risalto alle qualità più di-stintive”. Ma quella di marca non è l’unicapersonalità di cui si occupa Gramma: nondimentica mai che dietro a ogni azienda cisono delle persone. È questo il principaletratto distintivo dell’agenzia: la capacità direlazionarsi al meglio con i propri interlo-cutori, ascoltarli e comprendere le loro rea-li esigenze. “Questa attitudine all’empatia- continua Bottazzini -, che forse deriva dalnostro orientamento sociale, ci permette diandare alla ricerca di ciò che chiamiamo la‘verità possibile’ nascosta in ogni progetto:il punto di incontro tra il pensiero e i desi-

deri del cliente e le indicazioni che deriva-no dalla nostra esperienza in comunicazio-ne”. “Oggi nelle aziende - precisa RobertaAmato, socio e art chief - i temi etici rive-stono un’importanza maggiore rispetto alpassato. Un po’ per accresciuto senso di re-sponsabilità, un po’ per opportunità, un po’per dovere. La strada verso un vero cambia-mento è ancora molto lunga, ma sono sem-pre più frequenti le imprese che si affidanoa partner qualificati per realizzare progettisostenibili”. In quanto cooperativa sociale di tipo B,Gramma rientra automaticamente nei pro-getti di Corporate Social Responsibility co-me fornitore solidale onlus, ed è in gradodi affiancare aziende impegnate in attivi-tà di csr curandone la comunicazione inogni aspetto. Inoltre, fornisce supporto inprogetti di marketing sociale con un’atten-zione particolare verso l’impatto sul terri-torio sociale di riferimento. “Il 2011 ha pre-miato l’agenzia con risultati positivi - pro-segue Gabutti -, che hanno contribuito arafforzarne l’identità. Abbiamo ottenuto unimportante aumento del fatturato e am-pliato le nostre attività di consulenza, con-solidando l’expertise, a dimostrazione delfatto che i clienti riconoscono in noi unasoluzione efficiente, ma soprattutto diffe-rente”.

La case historyLa campagna 2011 di recruiting di Manpo-wer per Medici Senza Frontiere riassume almeglio l’approccio relazionale di Gramma:un’iniziativa di cobranding che unisce pro-fit e non profit in un modo che rispecchiala sua duplice natura di agenzia di comuni-cazione e cooperativa sociale. L’obiettivodella campagna era la selezione di figurecon valenza commerciale da impiegare ‘sulcampo’ nelle attività di raccolta fondi. “Lavera sfida - spiega Gabutti - era unire la sfe-ra emotiva (quella umanitaria, ndr) con unadimensione estremamente pragmatica(quella professionale, ndr): chi meglio di noipoteva occuparsene? Abbiamo ideato unacampagna di comunicazione integrata (on-line e offline, ndr) che chiama all’azione inmodo molto diretto: un visual che utilizzaun’iconografia fortemente simbolica e at-tuale e uno slogan che recita ‘Act Now. Sce-gli un lavoro che cambia la vita. Non solola tua’”. Un’iniziativa efficace e di impatto,che è stata possibile grazie alla visione stra-tegica condivisa tra Gramma, Manpower eMedici Senza Frontiere. nc

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La campagna recruiting 2011 di Manpowerper Medici Senza Frontiere unisce profit

e non profit rispecchiando la duplice naturadi Gramma quale agenzia

di comunicazione e cooperativa sociale

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Secondo Landor, una marca forte è il ri-sultato di una perfetta combinazione di ri-gore e creatività, il cui risultato sono espe-rienze uniche e desiderabili in grado di con-quistare la mente e il cuore dei consuma-tori. Questo è quello che realizza, da oltre70 anni, per molte delle migliori marche inItalia e nel mondo, attraverso il proprio net-work di circa 700 professionisti in 17 Pae-si. ‘Brand Driver Platform’ rappresenta il suocavallo di battaglia, un modello che svilup-pa in modo interattivo con il cliente stessoe che permette di mettere a fuoco la natu-ra, lo scopo e la direzione futura della mar-ca, in termini concettuali ed espressivi. Questo modello, basato su un’approfondi-ta attività di analisi, rappresenta la base nonsolo per l’espressione e la comunicazionedella marca, ma anche per l’allineamentodella cultura aziendale interna e il cambia-mento aziendale, a livello di prodotto e pro-

cessi interni. “Credo - spiega l’amministra-tore delegato Antonio Marazza - che que-sta capacità di proporre non solo un’enun-ciazione (come il classico ‘posizionamentodi marca’, ndr) bensì una ricetta per il cam-

biamento, e di sostenere il cliente nell’in-traprenderla veramente, sia una delle coseche ci distingue dal punto di vista consu-lenziale. Dal punto di vista creativo, invece,ci caratterizza sicuramente la capacità diesaltare la ‘Brand Driver Platform’ in espe-rienze uniche, coerenti e in grado di colpi-re positivamente e in modo durevole l’im-maginazione del consumatore. Per quest’ul-timo, inoltre, la marca non è altro che il ri-sultato di una stratificazione di esperienzeverbali e visual, online e offline, che di vol-ta in volta investono il loro lato più emoti-vo o quello più razionale. Per questo moti-vo, non crediamo nelle cosiddette ‘strate-gie integrate’: esiste solo ‘una’ strategia, chedeve definire e ispirare cosa la marca è, ecome si comporta, attraverso tutti i puntidi contatto e i mezzi di comunicazione”. Il 2011 è stato un anno positivo per Lan-dor, sia per quanto riguarda il mercato ita-liano, dove ha ampiamente superato gliobiettivi stabiliti all’inizio dell’anno e starafforzando la struttura con promozioni enuovi inserimenti, sia a livello internaziona-le. “Per il 2012 - precisa Marazza - abbiamoaspettative altrettanto positive, con un nu-

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Antonio Marazza, amministratore delegato Landor Milano

UNA GUIDA PER LA MARCADA PIÙ DI SETTANT’ANNI, LANDOR È SINONIMO DI DESIGN E CONSULENZA

STRATEGICA SULLA MARCA. PER L’AGENZIA NON ESISTE UNA SOLA RICETTA

PER CREARE, O MANTENERE, UNA MARCA FORTE. PER QUESTO HA CREATO

UN TOOLKIT COMPLETO, AL CENTRO DEL QUALE C’È LA ‘BRAND DRIVER PLAT-

FORM’, UN MODELLO UNICO, SVILUPPATO IN MODO INTERATTIVO CON IL CLIENTE,

CHE CONSENTE DI METTERE A FUOCO LA NATURA, LO SCOPO E LA DIREZIONE

FUTURA DELLA MARCA, IN TERMINI CONCETTUALI ED ESPRESSIVI.

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mero molto significativo di incarichi già inportafoglio, ma ovviamente la prudenza èd’obbligo, vista la situazione economica im-perscrutabile”.

Le case historyA fianco delle attività di tipo consulenzia-le, in crescita, nel 2012 vedranno la luce al-cuni importanti progetti di branding inizia-ti o completati nel corso del 2011 che rap-presentano il punto di svolta e di rilancio dialcune grandi marche storiche italiane. Trale case history più interessanti, il rebrandingdi Ciao per Autogrill e la creazione del brand‘I Salumi del Frantoio’ per Grandi Salumifi-ci Italiani. Nel 2010, Autogrill ha deciso disviluppare ulteriormente la presenza di Ciaonel contesto cittadino allargando il targetdai ‘viaggiatori’ a uno più giovane e urba-no. Per farlo, è stato necessario riposiziona-re la marca attribuendole un carattere piùcaldo e familiare, ma riconoscibile. Il nuovoposizionamento lavora sul concetto di ‘Eve-ryday Sunshine’, fulcro di una promessa dimarca fatta di stile mediterraneo, sempli-cità ed empatia. Questi valori hanno carat-terizzato la nuova identità e gli ambienti deiristoranti, ridisegnati da Landor evocando

la natura e la mediterraneità attraverso co-lori come il verde oliva e il marrone moka,abbinati a materiali naturali, come legno,pietra e vetro, e a luci calde e avvolgenti.L’identità di Ciao traspare pienamente dalcaldo abbraccio rappresentato nel nuovologo, che ricorda un raggio di sole stilizza-to. Il risultato è un ristorante particolarmen-te invitante e accogliente, giudicato positi-vamente da oltre il 70% dei clienti abitua-li in seguito a un test condotto sul primoprototipo. Dalla joint venture tra Grandi Sa-lumifici Italiani, leader italiano dei salumi,e Creta Farm, la più innovativa società gre-ca dello stesso settore, nasce nel 2010 Fran-

toio Gentileschi e il brand ‘I Salumi del Fran-toio’, una nuova linea caratterizzata da unbrevetto Creta Farm che permette di so-stituire ai grassi animali i preziosi nutrien-ti dell’olio extra vergine di oliva. All’inter-no del team Y&R Brands, che ha tenuto abattesimo la nascita dell’azienda e delbrand, Landor ha ideato identità e linguag-gio visuale adatti a esprimere quell’equili-brio tra gusto e benessere che rende que-sta marca unica. In questo progetto, Lan-dor ha esaltato il ruolo dei luoghi del sapervivere, le colline toscane, per narrare la sto-ria di un prodotto genuino che ha come pro-tagonista un ingrediente prezioso, comel’olio extravergine d’oliva. Le cromie caldee naturali, le forme morbide e piene, la ti-pografia scritta a mano, l’icona a cuore evo-cano il gusto del prodotto, ma anche quel-lo ‘star bene’ semplice e senza tempo, tra-dizionale e contemporaneo, che sono il noc-ciolo della promessa di marca. L’identità vi-suale vive con coerenza e impatto sul pac-kaging e in tutti i punti di contatto con leaudience finali della marca. nc

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Il nuovo posizionamento pensato da Landorper Ciao evoca la natura e la mediterraneità

attraverso colori abbinati a materialinaturali, all’insegna del caldo abbraccio

rappresentato nel nuovo logo, che ricorda un raggio di sole stilizzato

Landor ha ideato identità e linguaggiovisuale del brand ‘I Salumi del Frantoio’ alfine di esprimerne l’equilibrio tra gusto e benessere che rende unica la nuova marca

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In un mercato nel quale è sempre più fon-damentale reagire con velocità alle aspet-tative del consumatore, diventa crucialetrovare partner reattivi che garantiscanocontemporaneamente qualità e affidabi-lità. Valori che da sempre distinguonol’agenzia Mad, che vanta tra le proprie ca-ratteristiche proprio una buona dose di re-attività e di ‘saper fare’.Come spiega Laura Molteni, direttore crea-tivo: “Noi siamo una struttura snella e ilnostro approccio è molto concreto. Affron-tiamo un progetto occupandoci di tutte lefasi di ideazione e realizzazione, sviluppan-do internamente anche attività come ilphotoshooting, i chromaline e i mock up,garantendo un minor dispendio di tempoe il pieno controllo della filiera.Mad lavora per ogni cliente con lo scopo

di progettare un’identità che sia forte, ri-conoscibile, distintiva e coerente in tuttele manifestazioni della marca.“Per noi - precisa Molteni - è fondamen-tale partire dal dna della marca su cui sista lavorando, affinché la strategia sposieffettivamente i suoi valori di riferimen-to. L’idea, il concetto, deve essere unico,ma in grado poi di esprimersi efficacemen-

te attraverso linguaggi diversi e, quindi,media diversi, tradizionali e non. In que-sto modo, i diversi media vengono armo-nizzati all’interno di un’unica strategia dicomunicazione, e si può davvero parlaredi multicanalità’’.Questo, insieme ai temi della sostenibili-tà ambientale e della responsabilità socia-le, è un argomento nei confronti del qua-

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Laura Molteni, direttore creativo Mad

PASSIONE PRAGMATICAUN APPROCCIO CARATTERIZZATO DA ENTUSIASMO E CONCRETEZZA, LE COM-

PETENZE DI UN’AGENZIA CON UNA PROFONDA CONOSCENZA DELL’INTERO

PROCESSO REALIZZATIVO E UNA FILOSOFIA ALL’INSEGNA DELLA CREATIVE

EXPERIENCE. QUESTI GLI ATOUT CHE FANNO DI MAD UN PLAYER DINAMICO

E COMPETITIVO, CAPACE DI REALIZZARE SOLUZIONI DI COMUNICAZIONE DAL

RESPIRO SEMPRE PIÙ INTERNAZIONALE. UN ESEMPIO SU TUTTI? IL PROGETTO

FIRMATO PER TRE DIVERSI BRAND DEL CLIENTE FRANCESE ST MICHEL.

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le sono stati fatti notevoli passi avanti ne-gli ultimi anni, e che Mad sente molto vi-cino al proprio dna.“Il consumatore - spiega Molteni - sta di-ventando sempre più sensibile, sia che ac-quisti prodotti alimentari, per la cura del-la pelle, piuttosto che l’auto o la casa incui andare a vivere. Una casa a misurad’uomo è una casa dove sostenibilità e benessere della persona sono due concet-ti imprescindibili l’uno dall’altro.Alcuni brand hanno declinato la propriavocazione ‘sociale e green’ attraverso cam-pagne di sostenibilità, altri hanno optatoper l’utilizzo di un packaging riciclabile,

altri ancora come M&S in Uk hanno mes-so a punto progetti speciali (es. recuperodi capi in cashmere danneggiati e vendu-ti a un prezzo speciale, con un notevoleimpatto sulla vulnerabilità ambientale),ma la verità da non dimenticare è che,qualunque sia il modo in cui una marcao un’azienda scelga di procedere, impor-tante è che ricordi che per i consumato-ri di oggi essere ‘sostenibili’ non è una mo-da, bensì un cambiamento nel compor-tamento”.A fine 2010, Mad ha iniziato un processodi riposizionamento che ha visto l’agen-zia impegnata anche nei primi mesi del

2011. “Il nostro obiettivo - continua Mol-teni - è consolidare la nostra posizione nel-l’arco dei prossimi due anni, al fine di es-sere sempre più percepiti come una real-tà che, sebbene radicata fortemente sulterritorio lombardo, sia capace di com-prendere e gestire, soddisfacendole, esi-genze e richieste su tutto il territorio na-zionale e non solo”.

La case historyMad cita, tra le case history più recenti einteressanti, il progetto realizzato per StMichel, un cliente straniero acquisito unanno fa e appartenente al gruppo france-se Andros.“Lavoriamo direttamente con la sede fran-cese - spiega Molteni -, e, anche a distan-za, la collaborazione finora si è rivelata pro-ficua. Abbiamo iniziato un percorso che ciha già portati a lavorare su tre diversibrand, uno per il mercato italiano (Festa,ndr) e due per i mercati europeo e asiati-co (Morina e Tigreat, ndr). In particolare,l’ultimo progetto portato a termine riguar-da il lancio di una linea di mini crepes peril Giappone e i Paesi dell’area a marchioMorina”.Mad ne ha sviluppato l’identità visiva de-clinandola successivamente su diversi ma-teriali di comunicazione a supporto dellancio (leaflet ed espositori). L’obiettivo era posizionare il prodotto peroccasioni conviviali in famiglia e con gliamici, sottolineandone la semplicità degliingredienti, la tradizione e il legame conla Bretagna, l’autenticità del gusto. Il ri-sultato? Un packaging moderno e di altaqualità. nc

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Per il cliente francese St Michel (gruppo Andros), Mad ha sviluppato per le linee di prodotto Festa, Morina e Tigreat, l’identità visiva, declinandolasuccessivamente su diversi materiali di comunicazione a supporto del lancio

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Nata nel 1994, Rba Design è un’agenziadi branding e design, specializzata nello svi-luppo di progetti di identità di marca peraziende e prodotti. Fin dalla sua nascita, in-terpreta le esigenze della marca con stru-menti flessibili e specifici, con l’autonomiadi un’agenzia indipendente e un gruppo coordinato di 40 persone, con la passionedel primo giorno. “Oggi, come ieri - affer-ma Fabrizio Bernasconi, co-founder & ma-naging director -, costruire una forte brandidentity e saperla gestire coerentementenel tempo significa mettere in atto un pro-cesso che comincia con un’attenta e pro-fonda identificazione dei valori e proseguecon una chiara, differente, sostenibile e coe-rente esplicitazione dei medesimi attraver-so modalità rilevanti per il pubblico di rife-rimento. Non è quindi cambiato, nel pro-cesso di costruzione, l’importanza della fa-se strategica, ma sono profondamente mu-

tate le condizioni e i modi in cui la marcasi presenta e comunica. Per la marca farebranding significa porsi in modo nuovo, ri-conoscere il cambiamento avvenuto nelconsumatore, comprendere pienamente ilinguaggi propri di tutti gli strumenti dispo-nibili. In una parola, significa fare experien-ce. Oggi, più che mai, è la brand experien-ce il fulcro della comunicazione, a patto che

questa sia frutto di una strategia: più forteè il pensiero strategico dietro alla marca epiù incisiva è l’experience che questa è ingrado di generare. In tutti i luoghi in cui simuove il consumatore: oggi, la gente è pre-sente sul web e, quindi, è lì che la marca de-ve proporsi. Certamente, per fare questo bi-sogna maturare nuove abilità specifiche re-lativamente alle modalità con cui si comu-nica, in particolare nelle situazioni dove og-gi maggiormente si concentra la presenza(e l’attenzione) del consumatore: il web eil punto vendita”. Grazie alla rivoluzione di-gitale è cambiato il comportamento deiconsumatori relativamente ai messaggi, aicontenuti, alle promesse della comunica-zione di marca: prima li ricevevano passiva-mente, da spettatori, oggi, li selezionano,condividono, alimentano, creano. Per rispon-dere a questi sostanziali cambiamenti, co-gliere ulteriori opportunità e fornire allamarca nuove opportunità di espressione dipersonalità, nel 2011 dall’esperienza del-l’agenzia e da una visione di reale consu-lenza a 360 gradi, è nata Brex Lab, labora-torio creativo di comunicazione orientatospecificatamente al branding in ambito di-

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Fabrizio Bernasconi, co-founder & managing director Rba Design

VITAMINA PER IL BRANDPENSARE LA MARCA, DARLE FORZA, RENDERLA PIÙ REATTIVA, SICURA,

RESISTENTE. VITAMINIZZARLA. È QUESTA DA OLTRE 15 ANNI LA MISSIONE

DI RBA DESIGN, LAVORARE A FONDO SULLE CAPACITÀ EVOLUTIVE DEI BRAND,

SULLA LORO PERSONALITÀ, SULLA LORO RILEVANZA. AL CENTRO DI OGNI

PROGETTO, LA DEFINIZIONE DI UN PENSIERO STRATEGICO CHE SUPPORTI LE

SCELTE DI DESIGN E COMUNICAZIONE. 40 PROFESSIONISTI, CHE SVILUPPANO

UNA FUNZIONE SPECIFICA PER OGNI ATTIVITÀ, PROPRIO COME LE VITAMINE.

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gitale. Nello sviluppo di un progetto di brandidentity, la piattaforma strategica Rba sicompone di una serie di elementi, dal con-cept claim alla brand vision e positioning,dal video mood board alla brand architec-ture, che, unitamente ad aspetti più tangi-bili di brand design, contribuiscono a dareuna visione sistemica della marca, amplifi-candone il valore attraverso la consistenza.In campo, un team di lavoro con professio-nalità specifiche per ogni attività nel’areadel brand design e un consolidato metododi lavoro basato su tre fasi distinte, ma stret-tamente coordinate per garantire un effi-cace risultato di brand design: strategia, de-sign, produzione. Con il valore aggiunto del-l’esperienza nei più svariati settori merceo-logi, in particolare del fmcg (fast mover con-sumer goods). Rba ha registrato per il 2011una crescita intorno al 10%, generata dalconsolidamento del core business nel con-sumer branding e progetti nell’area del cor-porate branding, su cui concentrerà i pro-pri sforzi d’investimento nel 2012. Grandeinteresse anche per la start up Brexlab, chesi è dimostrata, in questo primo anno, giàparticolarmente dinamica.

Le case historyNel mercato italiano dei piatti pronti fre-schi, mancava un’offerta di primi piatti. Ciha pensato Beretta con la nuova linea ‘Vi-va la Mamma Box’: ricette pronte in 2 mi-nuti, in confezione scaldabile completa diforchetta, una sorta di ‘freedom food, chelibera dal tempo e dal luogo della cucina,ma non... dal mangiare bene. Il conceptcreativo, che identifica la nascita di un nuo-vo prodotto, ma anche di un nuovo seg-mento, si è basato su un pack ‘di rottura’rispetto al linguaggio canonico del merca-to di riferimento, nella technicality e in tut-ti gli elementi del graphic design: dal neroche rappresenta una scelta senza preceden-ti e di forte distinzione verso i codici clas-

sici del mondo ‘fresco’, al brand name Box,che sottolinea l’originalità del pack, propo-sto in un logo che nella ‘X’ antropomorfainterpreta in modo immediato il concettodi prodotto. Per proporre in chiave casalin-ga Aperol Spritz, invece, Rba ha firmato ildesign della bottiglia e un pack volti a sot-tolineare l’unicità di questo prodotto in ver-sione mono porzione (1 bottiglietta = 1bicchiere), in cluster da tre bottiglie. Un de-sign bottiglia così particolare da essere ab-binato a una label trasparente e un clusterche ne ripropone la forma. Tra le case history rappresentative, Rba ci-ta anche quella realizzata per la Fondazio-ne Serbelloni il cui obiettivo era ripropor-re il Palazzo omonimo, storica sede nobi-liare nel centro di Milano, quale modernaagorà interculturale e location per eventidi alto profilo. A firma Rba, il nuovo mar-chio che ha ripreso, nella simbologia degliarchi, una caratteristica architettonica ti-pica della struttura, dandole senso di pro-fondità e apertura, e nuovo sito (www.fon-dazioneserbelloni.com), ideato e realizza-to da BrexLab, per promuovere l’immagineistituzionale e offrire un’efficace piattafor-ma per l’organizzazione di eventi. nc

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Il pack ideato da Rba per il lancio della nuovalinea di primi piatti freschi pronti Beretta,

Viva la Mamma Box, rappresenta una ‘rottura’ rispetto al linguaggio canonico

del mercato di riferimento

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Page 36: NC Speciale Brand Identity 2011

Affiancare il cliente con un approccioconsulenziale, analizzare la realtà organiz-zativa dell’azienda, le criticità con cui l’of-ferta viene proposta sul mercato, arrivan-do a individuare gli eventuali errori com-messi in termini di architettura del brand.Il modus operandi dello studio di consu-lenza Univisual, parte da qui, per poi arri-vare allo sviluppo di innovativi sistemi diidentità di marca. “Il nostro approccio - spiega Gaetano Griz-zanti, fondatore e titolare Univisual - pun-ta a ridurre al massimo le soggettività, sianostre sia del cliente. Troppo spesso, quan-do si realizza un sistema di identità visiva,ci si basa su opinioni, su gusti personali osu una certa creatività, più o meno improv-visata. Noi, invece, siamo a favore di unametodologia che possa introdurre logicherazionali, strategiche e di business”.

Inoltre, un altro aspetto fondamentale delmetodo di Univisual ha a che vedere conla necessità di coinvolgere il managementdirezionale del cliente nel progetto di brandidentity, e non solo la divisione marketing,

come spesso avviene; perché occorre ri-cordarsi che il branding è una questione dibusiness, prima che di comunicazione, quin-di è giusto affrontarlo come se si dovesseriorganizzare l’azienda. Il tutto senza tra-scurare un fondamentale approccio cultu-rale, prevalentemente in riferimento a quel-la parte della brand identity che si riferi-sce al design, ossia all’identità visiva dellamarca. Ma attenzione, molto spesso si ten-de a ridurre la brand identity all’identitàvisiva della marca, compiendo un errore disemplificazione: perché l’identità della mar-ca non è data solo da ‘ciò che si vede’, os-sia dal brand design, ma anche da ‘ciò chesi legge’ e da ‘ciò che si sente’. “Troppe vol-te - precisa Grizzanti - le aziende si rivol-gono alle agenzie del nostro settore soloper la scelta del logo, del carattere tipo-grafico, dell’identità cromatica e del siste-ma iconografico, ma la brand identity nonè riassumibile solo in questi output di ca-rattere estetico, c’è anche una componen-te culturale, strategica, non visibile, psico-logica ma determinante, che definisce l’os-satura e la grammatica del progetto dibrand identity”.

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Gaetano Grizzanti, fondatore e titolare Univisual

IDENTITÀ DI SUCCESSOAIUTARE I PROPRI CLIENTI NELLA COSTRUZIONE DI IDENTITÀ DI SUCCESSO,

OFFRENDO CONSULENZA STRATEGICA E OPERATIVA A SUPPORTO DI SCELTE

EVOLUTIVE, DISTINTIVE E DUREVOLI. È QUESTA LA MISSION DI UNIVISUAL,

STUDIO DI CONSULENZA PER LA BRAND IDENTITY GUIDATO DA GAETANO

GRIZZANTI. LA METODOLOGIA D’INTERVENTO SI FONDA SU MODELLI DEDI-

CATI E SU TRE MACROAREE DI ATTIVITÀ INDIPENDENTI, PER OFFRIRE TUTTI

I SERVIZI UTILI ALLO SVILUPPO DI INNOVATIVI SISTEMI DI BRAND IDENTITY.

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Nel dettaglio, Univisual è caratterizzata datre business unit: Advisory, Naming e De-sign. “Il nostro modello di business - ag-giunge Grizzanti - approccia tre marco-aree,che sono largo consumo, business-to-bu-siness e retail branding. Inoltre, abbiamosviluppato tre approcci personalizzati perle esigenze delle imprese italiane, delle mul-tinazionali e degli enti-istituzioni”.Infine, in merito all’andamento del 2011,Grizzanti non nasconde una certa soddi-sfazione per la chiusura dell’anno con unincremento del 5% del fatturato, in linea,oltretutto, con l’aumento registrato nel2010.

Le case historyCominciamo da Axitea, società operante nelsettore della sicurezza, specializzata nellosviluppo di soluzioni integrate e personaliz-zate. Univisual, in questo caso, ha lavoratoa ridefinire tutta la strategia di branding,compresa la creazione del marchio conte-nente l’identità testuale (naming e payoff)e l’identità visuale (simbolo, tipografia, co-lori). In particolare, è stato attribuito uncompito di comunicazione a ogni elemen-to costituente il marchio, dispositivi iden-tificativi che funzionassero come mezzo ditrasmissione dell’intera brand equity. Il no-me Axitea evoca foneticamente sensazioni

di internazionalità, di tecnologia e di stabi-lità. Si fonda sul prefisso Axis, dal latino as-se, associato a percezioni di equilibrio e so-lidità. La seconda parte, Tea, innesta un’ideadi divinità (iniziali di teologia) e, grazie alsuo rimando foneticamente femminile, siottiene un tono dolce. Il risultato finale èun termine robusto, ma, al tempo stesso,aggraziato. Il compito di trasmettere i va-lori di esclusività e professionalità, ponen-do l’azienda come punto di riferimento delsettore per ogni problema di sicurezza, èstato lasciato al payoff ‘Security Evolution’,che, oltre a spiegare l’ambito merceologi-co, incarna lo spirito innovativo con cui l’im-presa si pone sul mercato. Un’altra case history interessante è quellarealizzata per Spadafora-DeRosa, studio le-gale associato costituito nel 2004, oggi consede a Roma e Milano. L’obiettivo del pro-getto di brand identity è stato quello di svi-luppare un’immagine che comunicasse de-terminazione e, al tempo stesso, delicatez-za, cioè i valori legati al modo di lavoraredello studio, in grado di utilizzare la giustacapacità di azione o mediazione per gesti-re al meglio ogni problema giuridico ine-rente al mondo dell’impresa, sia per quel-la italiana, sia per quella straniera, che in-tende allargare il proprio business nel no-stro territorio. Il logo sviluppato ricorda unostemma araldico, raffigurante una spadache si trasforma in rosa, grazie a un espe-diente grafico dove il gambo della rosa, spi-ne comprese, sostituisce la scanalatura del-la spada, la cui punta infine è costituita dauna rosa. Per alcuni usi, il marchio è accom-pagnato dal payoff scritto in latino ‘Lex gla-di et rosae’ ossia ‘La legge della Spada edella Rosa’. nc

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Axitea (sopra) e Spadafora-DeRosa (sotto), due casi concreti di sviluppo di innovativi sistemi di brand identity firmati da Univisual

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