[NAZIONALE - 32] GIORN/CULTURA/PAG03 20/01/10 · 2019. 12. 12. · Marcello Veneziani A proposito...

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32 il Giornale Mercoledì 20 gennaio 2010 L’E-MAIL MI HA SALVATO Claudio Risé Internet ha fatto soprattutto perdere importanza a un mio rife- rimento centrale: la mia bibliote- ca. Ancora centrale per i testi sa- cri (quasi tutti), ma ormai consul- tata solo in seconda battuta per concetti nuovi (molti), dati su per- sonaggi di cronaca e sulla storia recente, tendenze dell’informa- zione, per le quali sempre più spesso vado a cercare direttamen- te in Rete. Dal punto di vista socia- le, ho maleducatamente subito approfittato di Internet per non scrivere più lettere e biglietti, adottando con rozzo sollievo quello sbrigativo dono del cielo cheèlae-mail.Sitoeblogmisono utili per verificare (con modera- zione) ipotesi di ricerca e idee, rac- cogliendo poi feedback da lettori e corrispondenti che vogliano for- nirmeli. Purtroppo non ho invece tempo (e voglia) per accettare i va- ri inviti ai molti social network. Nella vita come nel lavoro, anche nell’epoca di Internet mi sono in- dispensabili silenzi, meditazioni e conventi, magari metropolita- ni, ma dove ci sia comunque odo- re di eternità, e non di fuochi d’ar- tificio. Che sul social web mi sem- brano, per ora, prevalenti. Psicanalista ✒✒✒ GERARCHIE ABBATTUTE Luca Beatrice Prima di tutto internet ha cam- biato radicalmente il mio modo di scrivere. Il web, dopo aver mo- dificato il tempo della scrittura, ne ha modificato anche lo stile, co- me se avesse riattualizzato all’im- provviso il cut-up di Burroughs, portando così il post moderno al- la sua sua massima estensione. È quasi la fine di quella mentalità se- quenziale, che la scuola ci ha sem- pre insegnato: oggi è più il tempo di una scrittura e di uno studio ri- zomatico, non gerarchico, in cui si può prendere un concetto e con esso andare ovunque, senza il pe- so delle cosiddette «basi del pas- sato». Dal punto di vista del lavo- ro d’arte, Internet ha soppresso i concetti più elementari di spazio e tempo, di alto e basso, sacro e profano. Il lavoro artistico è oggi terra di nessuno, viaggia ovun- que. Tutto questo, però, mi richie- de ancora più attenzione nel co- gliere quelle fortissime identità che ancora continuano a formar- si su Internet, che non può certo ridurre l’arte a un magma di pe- renni work in progress. critico d’arte ✒✒✒ CI VUOLE PRUDENZA Giovanni Reale Discutevo di Internet con degli studenti entusiasti. Uno di loro mi dice: «Ma sa che l’intera biblio- teca di Oxford verrà messa on li- ne? Non è meraviglioso?». E io gli ho risposto: «Sì, d’accordo, ma dal momento che sarà messa su Internet lei che uso è in grado di farne?». Il Web in una ricerca scientifica e filologica va usato con estrema prudenza, ed è così che lo uso io. Se mi ha cambiato? Certo, il fruito provoca sempre un mutamento nel fruitore. Per me il mutamento è stato molto limita- to, ma vedo che nei giovani provo- ca danni: l’oggetto diventa imma- gine, e perde il suo spessore onto- logico, la sua consistenza; gli in- contri tra soggetti durano poco, il dialogo profondo scompare; il rapporto con se stessi finisce in una semplificazione di tutti i pro- blemi. Internet ha creato poi un’altra disgrazia: la perdita del rapporto con il maestro, con l’auctoritas, oltre che con le fonti originali. Non bisognerebbe inse- gnare come usare Internet, ma co- me evitare gli svantaggi che porta con sé. filosofo dell’antichità ✒✒✒ NUOVA SCRITTURA Giuseppe Genna Da un lato Internet ha reso il mio pensiero più veloce, il che è un difetto. Il pensiero fibrilla, va su se stesso, gira a vuoto, si spez- zetta in tanti frammenti, ha paura se è off line, ed è costretto ad af- frontare le relazioni tra le cose in un modo più superficiale e allo stesso tempo più esteso. Il web è una nuova dimensione della scrit- tura: ma questo richiede uno sfor- zo del pensiero per far diventare questa dimensione una sorta di piazza arredata dal Bernini, e non un coacervo di idee e stili. Il ri- schio di schizofrenia è forte: luce e ombra, contemporaneamente. Non credo ci sia qualcuno che scriva ancora off line. Io ho sem- pre il Web sotto il programma di videoscrittura e rischio costante- mente di essere sedotto dall’in- credibile onda anomala di possi- bilità esotiche, stravaganti, che posso cogliere in Rete. Ciò sorti- sce su di me un fascino così pro- fondo che alcune suggestioni so- no in grado di entrare, anche se c’entra poco, in quello che scrivo. Serve un pensiero rigoroso, per governare questa cosa. Internet è buddista, poiché tutto in esso è transitorio e impermanente. Ed è anche demoniaco. Sul web siamo tutti apocalittici e integrati. romanziere ✒✒✒ TRIONFO DEI VOYEUR Massimiliano Parente Internet non ha cambiato il mio modo di pensare, piuttosto quel- lo di interagire con il mondo e, so- prattutto, di escludermi dal mon- do. Preferisco scambiare mail, sms o posta su Facebook con i miei lettori o perfino con cono- scenti e amici piuttosto che veder- li. Internet è una protesi corporea e ubiquitaria, e ha sconvolto perfi- no le dimensioni sessuali indivi- duali, portando allo scoperto le ossessioni di ognuno, perché ognuno vuole vedere e essere vi- sto. Alcuni amici mi dicono che ne sono dipendente, e allora? La vita è una dipendenza. Quindi se vado in un posto devo sapere due cose: se ci sono farmacie vicine, e se c’è segnale internet. Se mi chie- dessero se preferisco stare un me- se con una gamba ingessata o un mese senza iPhone scelgo la gam- ba ingessata. Del resto neppure da piccolo ho mai percepito la dif- ferenza tra virtuale e reale, e se avessi dovuto scegliere se rinun- ciare al sesso o alla masturbazio- ne avrei fatto a meno del sesso. In- ternet è una grande rete di mastur- bazione globale, il perturbante della comunicazione, i surrealisti ne sarebbero andati fieri. Per me è un muro di protezione e di voyeurismo estremo, e un alibi per non esserci senza sentire la mancanza di me stesso. scrittore ✒✒✒ CREA DEMOCRAZIA Riccardo Luna Ad aprirmi gli occhi sul senso profondo di Internet è stata Rita Levi Montalcini, un anno fa. Lei stava per compiere cento anni. Le chiesero: «Qual è stata la più gran- de invenzione del ’900?». Rispo- sta: «E me lo domanda? Inter- net». Lì ho cominciato a riflettere sul fatto che Internet non è più una rete di computer, ma una re- te di persone. E per questo è diver- so da tutti i media che l’hanno pre- ceduto. Mai prima di oggi l’uma- nità ha avuto a disposizione una piattaforma universale per comu- nicare, condividere la conoscen- za, fare impresa. E tutto ciò - que- sta conversazione infinita - crea una cultura che ci rende migliori. Internet è la prima «arma di co- struzione di massa» e per questo con le altre edizioni di Wired, più Shirin Ebadi, Umberto Veronesi e Giorgio Armani il 20 novembre ho lanciato una campagna mon- diale per far dare alla Rete e ai suoi padri fondatori il prossimo Nobel della Pace. E da allora, ogni giorno, qualcuno nel mondo ha firmato il nostro manifesto. Qual- che giorno fa si è aggiunto anche Nicholas Negroponte, l’uomo che per un ventennio dal Media- Lab del Mit ha previsto il futuro meglio di tutti. Per questo preve- do che prima o poi Internet ad Oslo ci arriverà davvero. direttore di Wired ✒✒✒ NON SERVE ALLA PACE Stefano Moriggi Per chi come me si dedica alla ricerca, il Web 2.0 ha rappresenta- to il «naturale» prolungamento (e potenziamento) di quella circola- zione di idee che già all’epoca del- la rivoluzione copernicana ha consentito alla scienza moderna di strutturarsi come sapere pub- blico, rivedibile e controllabile. Internet è la riscrittura tecnologi- ca del sapere (non solo scientifi- co) come patrimonio pubblico. Una tecnologia democratica? Pa- role grosse, soprattutto se non ci si decide a concepire tecnologia e scienza anche come strumenti concettuali e pedagogici per chi voglia vivere e pensare da cittadi- no in un mondo espanso ben ol- tre i suoi confini fisici; e se - con- fondendo entusiasticamente evo- luzione con progresso - ci si illude che lo strumento in sé induca a pensare pace e libertà. storico della scienza ✒✒✒ È GIÀ SUPERATO Vittorio Bo Ci vorrebbe un neuroscienzia- to per sapere quanto Internet ha influenzato i collegamenti con- creti tra i miei neuroni. Ma certo la Rete cambia ogni giorno i miei e i nostri comportamenti, i nostri pensieri, lo sviluppo dei contenu- ti, quindi anche le nostre profes- sioni. Quanto il Web è oggi una no- stra protesi e il nostro intelletto una protesi del Web? Certo la struttura ancora più intelligente di tutte rimane il cervello umano, ma ho notato come anch’io, sotto l’influenza della Rete, abbia ini- ziato a lavorare molto di più in multitasking. È cambiata pure la mia fruizione delle informazioni, sempre più calibrata su interessi miei personali e professionali. Ma se Internet mi servisse sola- mente per aggiornarmi sarebbe pericoloso. Se apro un libro, capi- sco che c’è una dimensione di in- teriorizzazione dei contenuti mol- to più profonda. Ad ogni modo, sono d’accordo con John Brock- man della Edge: Internet è ancora un «old media», un mezzo vec- chio. Siamo solo all’inizio. presidente di Codice edizioni ✒✒✒ INGHIOTTIRÀ LA TV Giorgio Gori Internet ha cambiato più il mio modo di vivere che di pensare. An- ni fa mi sono affacciato alla posta elettronica con grande diffiden- za, ma oggi vivo perennemente connesso, attraverso il computer o il Blackberry. Ciò porta vantag- gi: l’istantaneità del rapporto con gli altri e l’essere sempre nella condizione di comunicare. E uno svantaggio: 365 giorni all'anno, notte e giorno, la mia quotidiani- tà è punteggiata da e-mail. Sono comunque d’accordo con chi vo- leva assegnare a Internet il pre- mio Nobel per la Pace, poiché è una risorsa di democrazia concre- ta, reale. Aggiungo che oggi noi te- levisivi siamo in grado di sapere e vedere in tempo reale sulla Rete tutto ciò che viene trasmesso a ogni latitudine. Ciò comporta un’accelerazione e una competi- zione inedite tra case di produzio- ne televisiva. Una previsione, al netto di tutti le possibili innova- zioni tecnologiche: Internet si ap- presta a inghiottire la Tv, a farne un sostanzioso boccone. I due mezzi andranno a convergere e il più nuovo, Internet, ingloberà il più datato, la Tv. amministratore delegato Ma- gnolia ✒✒✒ Cultura Felici ma un po’ schizzati Così il web ha cambiato il nostro modo di pensare Abbiamo chiesto a scrittori, saggisti, editori ed esperti di media quale impatto ha avuto Internet sulla loro vita: ecco le risposte RIVOLUZIONE DIGITALE a cura di Tommy Cappellini Il sito Edge.Org invita ogni anno gli in- tellettuali a rispondere a una domanda cruciale della nostra epoca. Quella del 2010 è la seguente: «Internet ha cam- biato il tuo modo di pensare? E co- me?». Per ora hanno inviato un messag- gio circa 200 personalità fra cui - come riportava un articolo di Christian Roc- ca sul Foglio - Richard Dawkins, Sam Harris, Brian Eno, Chris Anderson, Douglas Coupland e Jaron Lanier. Il Giornale ha girato la questione a socio- logi, storici della scienza, scrittori, esperti di media, critici d’arte, editori e musicisti italiani: ecco cosa hanno ri- sposto.

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32 il Giornale Mercoledì 20 gennaio 2010

L’E-MAIL MI HA SALVATO

Claudio Risé

Internet ha fatto soprattuttoperdereimportanzaa unmiorife-rimento centrale: la mia bibliote-ca. Ancora centrale per i testi sa-cri (quasi tutti), maormai consul-tata solo in seconda battuta perconcettinuovi(molti),datisuper-sonaggi di cronaca e sulla storiarecente, tendenze dell’informa-zione, per le quali sempre piùspessovadoacercaredirettamen-teinRete.Dalpuntodivistasocia-le, ho maleducatamente subitoapprofittato di Internet per nonscrivere più lettere e biglietti,adottando con rozzo sollievoquello sbrigativo dono del cielocheèlae-mail. Sito eblogmisonoutili per verificare (con modera-zione)ipotesidiricercaeidee,rac-cogliendo poi feedback da lettoriecorrispondentichevoglianofor-nirmeli. Purtroppo non ho invecetempo(evoglia)peraccettareiva-ri inviti ai molti social network.Nella vita come nel lavoro, anchenell’epoca di Internet mi sono in-dispensabili silenzi, meditazionie conventi, magari metropolita-ni, ma dove ci sia comunque odo-redi eternità, enon di fuochi d’ar-tificio. Che sul social web mi sem-brano, per ora, prevalenti.

Psicanalista✒✒✒

GERARCHIE ABBATTUTE

Luca Beatrice

Prima di tutto internet ha cam-biato radicalmente il mio mododi scrivere. Il web, dopo aver mo-dificato il tempo della scrittura,nehamodificatoanchelostile,co-meseavesse riattualizzatoall’im-provviso il cut-up di Burroughs,portando così il post moderno al-la sua sua massima estensione. Èquasilafinediquellamentalitàse-quenziale,chelascuolacihasem-pre insegnato: oggi è più il tempodi una scrittura e di uno studio ri-zomatico, non gerarchico, in cuisipuòprendere unconcetto econesso andare ovunque, senza il pe-so delle cosiddette «basi del pas-sato». Dal punto di vista del lavo-ro d’arte, Internet ha soppresso iconcetti più elementari di spazioe tempo, di alto e basso, sacro eprofano. Il lavoro artistico è oggiterra di nessuno, viaggia ovun-que.Tuttoquesto,però,mirichie-de ancora più attenzione nel co-gliere quelle fortissime identitàche ancora continuano a formar-si su Internet, che non può certoridurre l’arte a un magma di pe-

renni work in progress.critico d’arte

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CI VUOLE PRUDENZA

Giovanni Reale

Discutevo di Internet con deglistudenti entusiasti. Uno di loromidice:«Masachel’interabiblio-teca di Oxford verrà messa on li-ne? Non è meraviglioso?». E io gliho risposto: «Sì, d’accordo, madal momento che sarà messa suInternet lei che uso è in grado difarne?». Il Web in una ricercascientifica e filologica va usatocon estrema prudenza, ed è cosìche lo uso io. Se mi ha cambiato?Certo, il fruitoprovocasempre unmutamento nel fruitore. Per me ilmutamento è stato molto limita-to,mavedocheneigiovaniprovo-cadanni:l’oggetto diventaimma-gine, e perde il suo spessore onto-logico, la sua consistenza; gli in-contri tra soggetti durano poco, ildialogo profondo scompare; ilrapporto con se stessi finisce inuna semplificazione di tutti i pro-blemi. Internet ha creato poiun’altra disgrazia: la perdita delrapporto con il maestro, conl’auctoritas, oltre che con le fontioriginali.Nonbisognerebbeinse-gnarecomeusareInternet,maco-me evitare gli svantaggi che portacon sé.

filosofo dell’antichità✒✒✒

NUOVA SCRITTURA

Giuseppe Genna

Da un lato Internet ha reso ilmio pensiero più veloce, il che èun difetto. Il pensiero fibrilla, vasu se stesso, gira a vuoto, si spez-zetta in tanti frammenti, ha paurase è off line, ed è costretto ad af-frontare le relazioni tra le cose inun modo più superficiale e allostesso tempo più esteso. Il web èunanuovadimensionedellascrit-tura:maquestorichiedeuno sfor-zo del pensiero per far diventarequesta dimensione una sorta dipiazza arredata dal Bernini,e nonun coacervo di idee e stili. Il ri-schio di schizofrenia è forte: lucee ombra, contemporaneamente.Non credo ci sia qualcuno chescriva ancora off line. Io ho sem-pre il Web sotto il programma divideoscrittura e rischio costante-mente di essere sedotto dall’in-credibile onda anomala di possi-bilità esotiche, stravaganti, cheposso cogliere in Rete. Ciò sorti-sce su di me un fascino così pro-fondo che alcune suggestioni so-no in grado di entrare, anche se

c’entra poco, in quello che scrivo.Serve un pensiero rigoroso, pergovernare questa cosa. Internet èbuddista, poiché tutto in esso ètransitorio e impermanente. Ed èanchedemoniaco. Sul web siamotutti apocalittici e integrati.

romanziere

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TRIONFO DEI VOYEUR

Massimiliano Parente

Internet non hacambiato il miomodo di pensare, piuttosto quel-lodi interagire con il mondoe, so-prattutto, di escludermi dal mon-do. Preferisco scambiare mail,sms o posta su Facebook con imiei lettori o perfino con cono-scentieamicipiuttostocheveder-li. Internet è una protesi corporeaeubiquitaria,ehasconvoltoperfi-no le dimensioni sessuali indivi-duali, portando allo scoperto leossessioni di ognuno, perchéognuno vuole vedere e essere vi-sto. Alcuni amici mi dicono chene sono dipendente, e allora? Lavita è una dipendenza. Quindi sevado in un posto devo sapere duecose: se ci sono farmacie vicine, esec’èsegnaleinternet.Semichie-desserosepreferiscostare unme-se con una gamba ingessata o unmesesenza iPhonescelgolagam-ba ingessata. Del resto neppuredapiccolohomaipercepito ladif-ferenza tra virtuale e reale, e seavessi dovuto scegliere se rinun-ciare al sesso o alla masturbazio-neavrei fattoameno delsesso.In-ternetèunagranderetedimastur-bazione globale, il perturbantedella comunicazione, i surrealistine sarebbero andati fieri. Per meè un muro di protezione e divoyeurismo estremo, e un alibiper non esserci senza sentire lamancanza di me stesso.

scrittore✒✒✒

CREA DEMOCRAZIA

Riccardo Luna

Ad aprirmi gli occhi sul sensoprofondo di Internet è stata RitaLevi Montalcini, un anno fa. Leistava per compiere cento anni. Lechiesero:«Qualèstatalapiùgran-de invenzione del ’900?». Rispo-sta: «E me lo domanda? Inter-net». Lì ho cominciato a rifletteresul fatto che Internet non è piùuna rete di computer, ma una re-tedipersone.Eperquestoèdiver-sodatutti imediachel’hannopre-ceduto. Mai prima di oggi l’uma-nità ha avuto a disposizione unapiattaformauniversalepercomu-

nicare, condividere la conoscen-za, fare impresa. E tutto ciò - que-sta conversazione infinita - creauna cultura che ci rende migliori.Internet è la prima «arma di co-struzione di massa» e per questocon le altre edizioni di Wired, piùShirinEbadi, UmbertoVeronesieGiorgio Armani il 20 novembreho lanciato una campagna mon-diale per far dare alla Rete e aisuoi padri fondatori il prossimoNobel dellaPace. E da allora, ognigiorno, qualcuno nel mondo hafirmato il nostro manifesto. Qual-che giorno fa si è aggiunto ancheNicholas Negroponte, l’uomoche per un ventennio dal Media-Lab del Mit ha previsto il futuromeglio di tutti. Per questo preve-do che prima o poi Internet adOslo ci arriverà davvero.

direttore di Wired✒✒✒

NON SERVE ALLA PACE

Stefano Moriggi

Per chi come me si dedica allaricerca,ilWeb2.0ha rappresenta-to il «naturale» prolungamento (epotenziamento)diquellacircola-zionediideechegiàall’epocadel-la rivoluzione copernicana haconsentito alla scienza modernadi strutturarsi come sapere pub-blico, rivedibile e controllabile.Internet è la riscrittura tecnologi-ca del sapere (non solo scientifi-co) come patrimonio pubblico.Una tecnologia democratica? Pa-role grosse, soprattutto se non cisi decide a concepire tecnologia e

scienza anche come strumenticoncettuali e pedagogici per chivoglia vivere e pensare da cittadi-no in un mondo espanso ben ol-tre i suoi confini fisici; e se - con-fondendoentusiasticamenteevo-luzionecon progresso-ci si illudeche lo strumento in sé induca apensare pace e libertà.

storico della scienza✒✒✒

È GIÀ SUPERATO

Vittorio Bo

Ci vorrebbe un neuroscienzia-to per sapere quanto Internet hainfluenzato i collegamenti con-creti tra i miei neuroni. Ma certola Rete cambia ogni giorno i mieie i nostri comportamenti, i nostripensieri, losviluppo deicontenu-ti, quindi anche le nostre profes-sioni.QuantoilWebèoggiunano-stra protesi e il nostro intellettouna protesi del Web? Certo lastruttura ancora più intelligentedi tutte rimane il cervello umano,ma ho notato come anch’io, sottol’influenza della Rete, abbia ini-ziato a lavorare molto di più inmultitasking. È cambiata pure lamia fruizione delle informazioni,sempre più calibrata su interessimiei personali e professionali.Ma se Internet mi servisse sola-mente per aggiornarmi sarebbepericoloso. Se apro un libro, capi-sco che c’è una dimensione di in-teriorizzazionedeicontenutimol-to più profonda. Ad ogni modo,sono d’accordo con John Brock-mandellaEdge: Internet èancora

un «old media», un mezzo vec-chio. Siamo solo all’inizio.

presidente di Codice edizioni✒✒✒

INGHIOTTIRÀ LA TV

Giorgio Gori

Internet ha cambiato più il miomododiviverechedipensare.An-ni fa mi sono affacciato alla postaelettronica con grande diffiden-za, ma oggi vivo perennementeconnesso, attraverso il computero il Blackberry. Ciò porta vantag-gi: l’istantaneità del rapporto congli altri e l’essere sempre nellacondizione di comunicare. E unosvantaggio: 365 giorni all'anno,notte e giorno, la mia quotidiani-tà è punteggiata da e-mail. Sonocomunque d’accordo con chi vo-leva assegnare a Internet il pre-mio Nobel per la Pace, poiché èunarisorsadidemocraziaconcre-ta,reale.Aggiungocheogginoite-levisivi siamo in grado di sapere evedere in tempo reale sulla Retetutto ciò che viene trasmesso aogni latitudine. Ciò comportaun’accelerazione e una competi-zioneineditetracasediproduzio-ne televisiva. Una previsione, alnetto di tutti le possibili innova-zionitecnologiche:Internetsiap-presta a inghiottire la Tv, a farneun sostanzioso boccone. I duemezzi andranno a convergere e ilpiù nuovo, Internet, ingloberà ilpiù datato, la Tv.

amministratore delegato Ma-gnolia

✒✒✒

Cultura

Felici ma un po’ schizzatiCosì il web ha cambiatoil nostro modo di pensareAbbiamo chiesto a scrittori, saggisti, editori ed esperti di mediaquale impatto ha avuto Internet sulla loro vita: ecco le risposte

RIVOLUZIONE DIGITALE

a cura di Tommy Cappellini

Il sito Edge.Org invita ogni anno gli in-tellettuali a rispondere a una domandacruciale della nostra epoca. Quella del2010 è la seguente: «Internet ha cam-biato il tuo modo di pensare? E co-me?». Per ora hanno inviato un messag-gio circa 200 personalità fra cui - comeriportava un articolo di Christian Roc-

ca sul Foglio - Richard Dawkins, SamHarris, Brian Eno, Chris Anderson,Douglas Coupland e Jaron Lanier. IlGiornale ha girato la questione a socio-logi, storici della scienza, scrittori,esperti di media, critici d’arte, editori emusicisti italiani: ecco cosa hanno ri-sposto.

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33 CULTURAil GiornaleMercoledì 20 gennaio 2010

IL WEB È PROGRESSISTA

Marcello Veneziani

A proposito del Web sono con-vintamene progressista. Ha cam-biato in meglio le modalità delmio pensare e del mio scrivere,mi ha offerto la possibilità di pla-smare la materia della scrittura edi avere allo stesso tempo sotto-mano il mondo e la vastità dellesue connessioni. Ci sono degli ef-fetti collaterali di tutto questo, èovvio, ma credo che si debba be-nedire la possibilità di esprimere,come accade in Rete, la propriasolitudine all’interno di una cosìpopolatamoltitudine.Ilprincipa-le pericolo del Web è il monotei-smo della tecnologia, la convin-zione che la ricerca on line possasostituire tutte le altre forme dicorrelazioneediapprofondimen-to culturale, ma una volta evitatoquesto, Internet rimane formida-bileaffiancatoailibri, aiquotidia-ni e alle relazioni de visu. Il primodono che mi ha fatto Internet èquello di poter scrivere nei luoghidove desidero essere in un datomomento, spesso in viaggio. Il se-condo dono è stato quello di po-ter portare con me perlomeno unestratto della mia cultura e persi-no della mia biblioteca.

saggista✒✒✒

DELLA RETE NON MI FIDO

Stefano Zecchi

I miei saggi li scrivo ancora conla penna. Gli articoli li detto. Di

Internet non mi fido. In genere,preferisco andare in biblioteca,e il mio uso del Web si riduce al-l’identificare in quale bibliotecad’Europa si trova un determina-to libro. L’essenza della questio-ne è che tutta questa massa di in-formazioni non porta mai all’es-senziale. L’importanza esagera-ta che si dà a Internet mi sembramolto indotta. Soprattutto, vedoin essa l’altra faccia del conferen-tismo, questa ossessione di oggiper ogni tipo di dibattito, confe-renza, convegno. Da un lato c’è ilWeb, un mondo ossessivamentevirtuale, dall’altro un mondoche cerca ossessivamente di in-contrarsi. Un eccesso di virtuali-tà che si compensa con un ecces-so di corporeità. Il mondo scien-tifico ha più bisogno di questo ti-po di comunicazione e di velocescambio dei risultati, quello filo-sofico meno. Con Heidegger oHusserl, è meglio lasciare che le

cose sedimentino a lungo.professore di estetica

✒✒✒

PROTESI EMOZIONALE

Gianluca Nicoletti

Internet non ha mai cambiato ilmio pensiero, però mi ha aiutatoinmanieraformidabileacorrobo-ralo attraverso il giudizio altrui.La rete è la naturale espansionedei miei limiti spazio temporali,non potrei risolvere in manieraacconcia la mia equazione esi-stenziale se non avessi capito chevivo un’epoca in cui le mie risorsebiologiche necessitano di un up-gradeabbastanzaradicale.La Re-te è una protesi emozionale perespanderelamianecessitàdirela-zione,oltreleangustiechederive-rebbero da limiti geografici, ana-grafici, sociali ed emotivi. Mi pia-ce osservare la mia evoluzione

consapevole in questa fase in cuiilSapienssapiens,grazieall’acce-lerazione tecnologica, è un puntodipassaggioversolafasesuccessi-va della sua umanità. Grazie alWebmipiaceinoltresperimenta-re una nuova qualità del tempo,fatta di molteplici tempi sovrap-ponibili e sovrascrivibili. Tantitempiquantisono iterminaliatti-vi che collego alle mie sinapsi.Tanti per quanta massa della miamemoriabiologicariescoadorga-nizzare nelle periferiche che ap-poggio nei miei spazi attivi on li-ne.

conduttore radiofonico etelevisivo

✒✒✒

IL TEMPO ACCELERATO

Elisabetta Sgarbi

PensocheInternetabbiaprovo-cato una forte accelerazione deitempi di domanda e di risposta.Unfattopositivo,daun certopun-todivista.Comedicevailmetafisi-co inglese Andrew Marvell, «seb-bene non si possa obbligare il no-strosolea fermarsi,possiamo tut-tavia obbligarlo a correre». Manonsipuòfareamenodirimpian-gere quella «lentezza» cui erava-mo costretti quando il lavoro edi-toriale in sé, ma anche il rapportosempre complesso con gli autori,non era consegnato alla fugacitàdi uno scambio velocissimo die-mail. Lo stesso vale per la lavo-razioneredazionaledeilibri: trop-pa fretta, acuita dal riferimento aisostegniinformatici, a volteindu-ce margini di errore. Bisognereb-be insomma trovare il modo di«fermare il sole» o meglio «rallen-tare il sole», senza però perdere lapositività dei nuovi mezzi di co-municazione.Perchéun elemen-to positivo c’è. Internet è ormaiuna grande enciclopedia. Tutto èa disposizione nell’immediato,accessibile a chiunque, anche seciò non evita l’approssimazione.Oltre a questo, debbo dire che ciòche va perduto - questa è un’os-servazioneneoromantica -èl’au-ra del confronto personale.

direttore editoriale Bompiani✒✒✒

UNA DISCOTECA IN BORSA

Caterina Caselli

Per ora Internet ha messo in gi-nocchio l’industria della musi-ca...nonbisogna maidimenticar-selo. Tuttavia sarebbe scioccoper me negare che il digitale e laRetemisonoanchedigrandeaiu-to, non solo perché la miniaturiz-zazione dei players mi consentedi portarmi in borsa intere disco-teche.Maancheesoprattuttoper-ché mi aiutano nella fase dellapre-produzione,dove chisimuo-veinunalogicainternazionaleco-me me deve continuamenteascoltare proposte di nuovi bra-ni, testare arrangiamenti, speri-mentare possibili accoppiamentidi voce fra artisti e interpreti cheoperano con un oceano in mez-zo. La qualità della banda larga el’evoluzione tecnica dei file audiotipopro-toolsoggirendonopossi-bile questa attività a costi inferio-ri a prima: meno spostamenti digruppo e tempi di elaborazione edi decisione più rapidi. Inveceuso poco la Rete per selezionarenuove proposte. Nulla può sosti-tuire il contatto visivo con chi sipropone.

cantante e produttricecinematografica

di Giuseppe Conte

S eancheleanalisidiMarcelloVenezianisullafinedelcapolavorofosserocorret-te,eingranpartetristementelosono,ioopporrei sempre ad esse i miei «sogni

da pazzo o da bambino», e anche da ribelle.Nonostante gli anni che passano, non ho maismessodiribellarmi,ancheamestesso.Vieta-re e proibire sono verbi che non mi sono maipiaciuti. L’impossibilità per me è relegata alcampo della vita fisica e materiale: non potròmai correre i cento metri in meno di dieci se-condi, non potrò maicomperare un grattacie-loaShangai.Eallora?Nelcampodellavitadel-lospirito,dell’immaginazionecreativa,nienteèimpossibile.Nessunlimitepuòesseremessoallavolontà,allavisionarietà,all’energiatrasfi-gurante,alladedizione,allasperanza,all’amo-redelleformevisibiliedell’invisibile.Anchelepeggiori condizioni storiche, sociali, antropo-logiche non legittimano una resa.

La condizione perché ci sia un capolavoro èquella di andare contro il proprio tempo nellostessomomentoincuilosicoglienellasuaveri-tà più profonda. Questa esaltante contraddi-zionetralavolontàdelsingoloelasorditàdellecose, tra la chiarezza delle forme e il misteroche esse indagano, è all’origine di qualunqueopera d’arte abbia varcato la sua epoca e siapassata,accrescendolapropriaaura,aiposte-ri. Se Baudelaire si fosse arreso al canagliumedella società parigina del Secondo ImperononavremmoI fioridelmale: libroche,perin-ciso, è stato riconosciuto come fondamentalemoltissimotempodopo.SeMelvillesifossear-reso al grigiore di una vita da doganiere delNew England, non avremmo Moby Dick, che,perinciso,icontemporaneiignorarono.Ecosìvia. D’Annunzio coniò il verbo «capolavora-re».Geniale.Econlasuaverveistrionicaepre-corritrice della società dei media riuscì a far

prenderepercapolavoriaicontemporaneian-che opere che manifestamente non lo sono.Maallafinequalchecapolavorocelohalascia-to.

Èilsensodifine,dimancanzadisperanza,diresaassolutachemisgomentaoggipercomeèdiffusonellaculturaitalianaanchealdilàdellesponde politiche in cui si esprime. Nessunagrande sfida, nessuna grande avventura è piùpossibile? Allora chiudiamo bottega. Lascia-mochetuttosiachiacchiericcioerissaborgata-ra, esibizionismo di massa e piccole mode dimercato.Parecheallamaggioranzapiacciaco-sì.Lasciamochelanostrasocietà,edireidipiù,lanostraciviltàcollassinellapaludedell’insen-satezza, della mancanza di futuro e di finalitàideali: prodromo a crisi più terribili di quellaenergetica e di quella ambientale. Perché ilsensoaunaciviltàlodannolegrandioperedel-lospirito.Se una civiltà non produce più gran-di opere, muore. Se pensa di non poterne piùprodurre, è già morta. Per vivere, ogni epocadevericonoscerelasuagrandezzaelasuabel-lezzacontroversaedifficile,oscuraeirraggian-te.MarioLuzi,nellasuafeliceeprodigiosavec-chiaia, ha scritto capolavori di poesia. Se ilgranderomanzolatitain Italiaèforseperchéilnostroèilpaeseincuiigiovaniautoripiùaccla-mati pubblicizzano impunementela loro ulti-ma opera come una «cazzata» e in cui ormai il90%degliabitantiscrivegialli.Maaltrovesiso-noconsolidatetradizionidieccellenzaroman-zesca,epensoperesempioallalineachevadaSaul Bellow a Bernard Malamud, a NormanMailer, a Philip Roth. Bisogna saper vederel’eccellenza, tributarle gloria. Io, di mio, cercodi farlo. Ho la fortuna di essere amico di GaoXingjiang, di Adonis, di Yves Bonnefoy. Tutti etrehannoscrittocapolavori:ilNobelcineseLamontagnadell’anima, un romanzo verticale esapienziale, il grande poeta arabo ha appenapubblicato da Guanda Storia lacerata nel cor-po di una donna, poema drammatico che èuna stupenda apologia della libertà femmini-le, Bonnefoy nel suo appartamento di Mont-martrecontinuaainseguirel’assolutodellapo-esia.L’incontrarli,inItaliaoaParigi,miconfor-ta nell’idea che si può ancora puntare in alto.Capolavorare. Provarci, almeno.

VELOCITÀ

Un uomocorre

attraversol’autostradadigitale: la

rete hainfluenzato ilnostro mododi pensare e,

secondo moltiosservatori,ha cambiato

anche lapercezionedel tempo edello spazio:

nell’epocadigitale tuttoè più veloce

ed esteso. Maforse menoprofondo

[Corbis]

«Capolavorare»è ancora possibileBasta ribellarsi

Il dibattito

OSARE Nel campo dell’immaginazione

non si devono porre limiti. Sarebbe

una resa. Per creare grandi opere

bisogna andare contro il proprio tempo

Mentre a Londra sta per aprire la mostra «Van Gogh. The artist and hisletters» (dal 23 gennaio alla Royal Academy), il ricercatore Antonio DeRobertisaffermadiaver trovato in Italiaunquadro inedito.DeRobertisaveva lanciatounappelloaipossessoridi unVanGoghperiododiSaint

Remy, catalogato o presunto, perché verificassero, sotto la pittura, lapresenzadiunsoggettonapoleonico.L’artistainfatti riutilizzavaletele.IlquadrodiuncollezionistarivelerebbeairaggiXunritrattodiNapoleo-ne III in visita all’ospizio di Saint Remy nel 1860.

IeriMarcelloVenezianiinunpezzodaltito-lo «Le opere immortali sono morte. Di in-differenza» ha sostenuto che in un’epocacomelanostraèimpossibilescriverecapo-lavori. Oggi gli risponde Giuseppe Conte

“La Galleria d’Arte Sacerdoti acquista o accetta in conto vendita dipinti antichi,

dell’800 e del ’900 ed è a disposizione di tutti coloro che desiderano perizie e valutazioni.

Mette inoltre a disposizione periodicamente il proprio spazio per ospitare eventi vari.”

Milano - Via S. Andrea, 17 - Tel./Fax 02 795151e-mail: [email protected]

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Annunciata la scopertadi un Van Gogh inedito