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Narrativa Aracne

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Narrativa Aracne

Petronio Arbitro

La cena di Trimalcione

commento di A. Ciarallo e E. De Carolis

Copyright © MMXIIARACNE editrice S.r.l.

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via Raffaele Garofalo, /A–B Roma()

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I edizione: giugno

Indice

Introduzione

La cena di Trimalcione

Bibliografia

Introduzione

Le uniche notizie certe relative a Petronio sono in un famosopasso di Tacito (Annales XVI, -): da questo brano appren-diamo che ricoprì prima la carica di proconsole in Bitinia e poiquella di console, esercitando con valore le sue funzioni.

Terminata la sua carriera pubblica, essendo uomo di grandecultura ed eleganza, diventò un protagonista della vita alla cortedi Nerone, dove divenne “elegantiae arbiter” per il suo gustodi equilibrata raffinatezza: la sua influenza sull’Imperatore di-venne tale che quest’ultimo non faceva nulla senza avere la suaapprovazione.

Questa considerazione indusse la gelosia del potente Pre-fetto del Pretorio Caio Ofonio Tigellino, che, corrompendouno schiavo di Petronio, perché testimoniasse contro di lui, lodenunciò a Nerone indicandolo come uno degli ispiratori dellacongiura di Calpurnio Pisone.

Nel d. C., durante la seconda ondata di repressione, Petro-nio, invece di chiedere la grazia, preferì, durante un banchetto,suicidarsi tagliandosi le vene, non senza aver prima, però, tra-scritto su un rotolo le nefandezze di Nerone facendoglielo poirecapitare, testimoniandogli così tutto il suo disprezzo. Comeultima azione spezzò il suo anello sigillo per evitare che venisseusato per incolpare degli innocenti.

Il Satyricon, considerato l’antesignano del romanzo moder-no, ci è giunto purtroppo in maniera frammentaria: la partepiù completa è quella del racconto della cena di Trimalcione.

Il testo che presentiamo nasce dalla lettura di tre diverseedizioni: quella curata da Amedeo Maiuri del , seguita daquelle curate da Piero Chiara, pubblicata nel e da AndreaAragosti con il testo latino a fronte nella sua tredicesima edizio-

La cena di Trimalcione

ne del alla cui bibliografia si rimanda per l’emendamentodei codici.

Per l’approfondimento di alcuni termini particolari citatinel testo e ripresi nel glossario è stato utilizzato il Calonghi,Dizionario latino-italiano, nelle sua terza edizione del .

Le foto che illustrano il testo, provenienti da archivi privati,sono relative a diverse categorie di reperti rinvenuti in largaparte dall’area vesuviana mentre le scene ricostruttive sonotratte in particolare quadri di soggetto pompeiano di LawrenceAlma-Tadema e dei suoi seguaci.

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La trama del Satyricon sembra svolgersi in ambiente italiota:comincia in una città della Magna Grecia, dove avviene anchel’episodio della cena, prosegue poi in mare aperto, su una navediretta a Taranto e sembrerebbe concludersi a Crotone, dove iprotagonisti Encolpio, Gitone ed Eumolpo fanno naufragio.

Non abbiamo certezze sul luogo dove è stata ambientata lacena. I diversi commentatori hanno proposto principalmentePozzuoli e Baia, anche se la localizzazione nulla toglie e nullamette al testo: in ogni caso alcuni elementi, che riportiamo quidi seguito, inducono a favorire la prima tesi.

I riferimenti alla tenuta di Cuma (capp. e ), ai poderi diPompei (cap. ), al mercato di Capua (cap. ) e a Baia (cap. )come luogo di confino fanno escludere queste località.

Gli accenni alle fontane pubbliche (cap. ), al mulino(cap. ) e ai due nomi di vie, Arco Vecchio e Vico Stretto(cap. ), non costituiscono indizi perché comuni alle cittàromane del I sec. d. C. Gli unici riferimenti caratterizzantisono quelli relativi alla vicina spiaggia ed alla presenza di unporto, citati nei capitoli successivi alla cena, che limita l’ubi-cazione alle città costiere, alla definizione di colonia (capp. e ), alle annotazioni relative al Corpo dei Vigili (cap. ),alla presenza di una Basilica (cap. ), di un anfiteatro (cap.) e di un teatro (cap. ).

Introduzione

La città che, sulla base delle testimonianze archeologichee letterarie, sembra rispondere a tutti questi requisiti è anchesecondo noi Pozzuoli, popolare città di mare, che ben si addiceal racconto di Petronio. Per quanto concerne il circo (cap. ),riteniamo che il riferimento sia a quello di Roma poiché quellodi Pozzuoli fu costruito in epoca antoniniana.

Sulla localizzazione, poi, della casa di Trimalcione, essa do-veva sorgere sulle pendici collinari di Pozzuoli, visto che il suoamico Scauro (cap. ) preferì non recarsi alla casa paterna, chesorgeva sul mare.

Egualmente controverso è il mese in cui si svolge l’episodiodella cena, eppure così non dovrebbe essere visto che si citaesplicitamente il luglio (cap. ) quando il segretario leggegli avvenimenti della giornata.

D’altra parte la data del luglio è compatibile con le altredue citate, costituite dall’annuncio che il padrone di casa sa-rebbe stato fuori il e il dicembre (cap. ) e che uno degliospiti qualche tempo prima aveva affisso un cartello in cui sidiceva che avrebbe affittato la sua casa a partire dal primo luglio(cap.).

La data del luglio è stata messa in discussione perché neltesto si fa esplicitamente riferimento al freddo (cap. ), mabisogna tenere conto del fatto che le caratteristiche climatichedel tempo, tra l’altro attentamente registrate dagli agronomiclassici erano certamente più fredde e più umide di quelle attua-li, tant’è che Roma a quel tempo aveva un clima piovosissimoed era circondata da faggete.

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Nel rileggere il Satyricon, e in particolare il brano della cena,si resta colpiti dal realismo del racconto e dalle sue molteplicivoci, tanto da sembrare di essere seduti a tavola insieme aiprotagonisti, che rappresentano la società del loro tempo, main cui anche oggi ci possiamo perfettamente rispecchiare: alcuni

La cena di Trimalcione

modi di dire, osservazioni di maniera, molti proverbi ancora ciappartengono in maniera indiscutibile e sorprendente.

Se, ad esempio, nel triclinio bisognava entrare con il piededestro (cap. ), ancora oggi qualcuno sta attento a scenderedal letto con lo stesso piede. Il detto relativo all’“asino sul tetto”(cap. ) è praticamente rimasto immutato, perché noi ci rife-riamo al cosiddetto “asino che vola”, così come l’abitudine aricordare il buon tempo antico (cap. ).

Altri modi di dire e alcuni termini sono invece per noi didifficile comprensione sia perché non ci sono stati trasmessi,sia perché non bisogna dimenticare che il linguaggio della ce-na era quello correntemente parlato dal ceto popolare. Sonoqueste forse le ragioni per cui non riusciamo a comprendere inmaniera chiara i giochi di parole, che accompagnavano l’offertadei doni (cap.: apophoreta) o ad interpretare, ad esempio, iltermine oclopetala (cap. ), usato per identificare il segno zo-diacale del Sagittario, che, così come per noi, potrebbe riferirsial totano per la sua forma ricordata anche nel nome scientificodella specie Ommatostrephes sagittatus.

Soprattutto la figura di Trimalcione, “uomo che si è fatto dasé”, anche se in maniera discutibile, proprietario di immensericchezze, ignorante, arrogante, teatrale e cantante a tempoperso, munifico solo al fine di ribadire la propria superiori-tà, ben si può identificare con alcuni personaggi e costumidell’Italia di oggi.

Proprio per questa sua attualità si è riproposto il brano dellacena, cercando, pur nell’aderenza al testo originale, di renderneagevole la lettura riassumendolo in alcune parti e di lasciarneintatta l’immediatezza dei moti di spirito, dei proverbi e delleinvettive, cioè quella del linguaggio popolare dell’epoca, nellasperanza di invogliare alla lettura dell’intera opera al fine dicogliere al meglio tutte le sfaccettature del racconto petroniano.

Si aggiunga a questo che dal lavoro di Maiuri ad oggi, cioèin questi ultimi sessanta anni, l’archeologia vesuviana ha fattograndi passi: sono soprattutto i risultati degli ultimi diciottoanni di studi e di ricerche, caratterizzati da una lettura sincro-

Introduzione

nica e diacronica delle antiche città vesuviane e dall’apportodelle scienze naturali applicate all’archeologia, a permettere diillustrare passo dopo passo la cena di Trimalcione, dimostrandocosì che pur essendo la trama una invenzione letteraria, essa èpuntuale testimonianza del modo di vivere di una parte dellasocietà del tempo.

La cena di Trimalcione

La cena di Trimalcione

. Al terzo giorno bisognava finalmente celebrare la cena diaddio, ma, sfiniti da tante traversie, pensavamo di andarcenepiuttosto che restare. Mentre pensavamo a come evitare quellaiattura, un servo di Agamennone ci venne incontro dicendo:«Voi non ve lo immaginate neppure da chi si va a cena oggi! DaTrimalcione! Un uomo ricchissimo che nel triclinio ha piazzatoun orologio ornato con un suonatore di buccina per sapere diora in ora quanta vita ha perduto» (Figura ).

Dimenticati tutti i nostri problemi, ci preparammo con cura eci facemmo accompagnare dal nostro schiavetto Gitone alle terme.

Ancora vestiti, ci spostavamo da un capannello e l’altro trabattute e chiacchiere, quando improvvisamente vedemmo unanziano calvo, vestito con una tunica rossastra, che giocava apalla con dei ragazzi dai lunghi capelli (Figura ).

Non furono tanto questi a interessarci per il loro aspetto,quanto il padrone che in pantofole si allenava con delle palle co-lor verde porro. Se ne cadeva una non la raccoglieva, perché unservo subito gliene porgeva un’altra togliendola da un sacco di

. Appare già diffuso l’orologio ad acqua dotato di meccanismi utili a battere leore secondo modelli che vengono ricondotti a Ctesibio e ad Erone: essi probabil-mente erano utilizzati in interno e affiancavano le meridiane, che segnavano solole ore diurne, perché governate dal corso del sole. La buccina era uno strumento afiato usato soprattutto per segnalazioni e realizzato troncando l’apice di una grandeconchiglia una volta comune nei nostri mari, la Charonia nodifera. Di solito il mecca-nismo dell’orologio veniva messo in funzione dall’innalzamento del pelo dell’acqua,che scandiva l’ora.

. Statuine di togati sono state rinvenute nelle abitazioni di Pompei: esse presen-tano l’accentuazione delle caratteristiche del corpo per intenti caricaturali. L’esem-plare rinvenuto in un’abitazione del quartiere sul fiume Sarno (suburbio di Pompei)per l’obesità del corpo, la testa calva, il largo volto con piccoli bulbi oculari ed il cortocollo massiccio sembra, per il suo goffo aspetto, l’immagine del nostro Trimalcione,vestito con una tunica rossastra, che giocava a palla con dei ragazzi dai lunghi capelli.

La cena di Trimalcione

Figura . Ricostruzione dell’orologio di Ctesibio.

cuoio. Notammo anche due eunuchi alle estremità del campodalla forma circolare, uno dei quali reggeva un pitale d’argento,mentre l’altro contava le palle che cadevano a terra durante ilgioco (Figura ).

. All’esterno di un impianto termale potevano esserci piscine e spazi verdiper gli esercizi fisici e per giochi, come quello, diffusissimo, della palla da faresingolarmente o in piccoli gruppi prima di accedere alle cure termali. Trimalcione,insieme ai suoi schiavetti, era forse intento al trigon in cui tre giocatori posti ai verticidi un triangolo si tiravano la palla in una successione casuale. Si usavano due tipi dipalla: la pila, di piccole dimensioni, rigida ed imbottita di peli o piume, la follis, piùgrande, costituita da una vescica di maiale gonfiata con aria.

La cena di Trimalcione

Figura . Moregine, edificio B, suburbio di Pompei. Statuetta in terracotta(SANP inv. )

La cena di Trimalcione

Figura . Tomba rupestre dalla via Portuense. Affresco con scena nei CampiElisi (Roma, Museo Nazionale Romano).

Stavamo osservando questa curiosa scena, quando accorseMenelao che disse: «Avete visto chi è il vostro ospite? Poteteimmaginare come sarà la festa!»

Menelao non aveva ancora finito di parlare, quando Trimal-cione fece schioccare le dita: a quel segnale corse l’eunucoche gli porse il pitale. Dopo aver orinato Trimalcione chiese dilavarsi le mani, che asciugò sulla testa di uno schiavetto.

. Sarebbe troppo lungo descrivere tutto quello che vedem-mo. Così entrammo senza indugio nel bagno, dove, sopraffattidal sudore, ci rinfrescammo con acqua fredda (Figura ).

. Gli impianti termali erano molto diffusi nelle città romane: venivano gestitidirettamente dal proprietario o dati in appalto ad un impresario (conductor), cheriscuoteva la tariffa di ingresso e le rendite di eventuali botteghe ed appartamentiannessi. Il personale era costituito da custodi, guardiani di abiti, addetti ai massaggied alle unzioni, alla depilazione, al riscaldamento: tra i “servizi” offerti vi eranoanche quelli legati alla prostituzione. Gli impianti, aperti dalla tarda mattinata fino

La cena di Trimalcione

Figura . Pompei, Terme del Foro, calidarium.

alla sera inoltrata, erano frequentati da tutti senza distinzione di sesso ed erano ancheluogo di incontro per intrecciare relazioni sociali: ad essi si accedeva pagando unamodesta tariffa ed erano costituiti da una sezione maschile ed una femminile. Sedi piccole dimensioni vi si accedeva con orari distinti: fino alle , circa eranoriservati alle donne, mentre nelle ore successive agli uomini. Ne è attestato ancheun uso promiscuo, sebbene molto criticato. L’acqua per la vasca del calidarium erariscaldata mediante un forno, situato in un ambiente adiacente, mentre il vaporeveniva convogliato in intercapedini del pavimento e delle pareti per mantenere illocale caldo. Gli altri ambienti di un impianto erano l’apodyterium (spogliatoio), iltepidarium (una sala riscaldata per adattare il corpo) ed il frigidarium, sala rotondacon vasca, per il bagno freddo. Spesso c’era anche un ambiente di forma circolarecon temperatura caldo-secca assimilabile all’attuale sauna. Le cure termali avevanoanche una funzione terapeutica: con l’azione corroborante delle abluzioni fredde sicontrastavano gli effetti del caldo oppure si usava fare un bagno molto caldo, seguitoda esercizi ginnici, per favorire la digestione. I massaggi completavano la seduta alleterme: essi venivano fatti utilizzando unguenti a base di olio di oliva, ma per i piùpregiati si usava anche l’olio di mandorla o di sesamo, in cui erano state messe amacerare essenze odorose e/o medicamentose. In genere gli unguenti avevano unodore molto”pesante”, perché dovevano coprire i cattivi odori fino al successivobagno: ciò avveniva non troppo spesso, perché era opinione comune che il lavarsitroppo frequentemente sgrassasse eccessivamente la pelle.

La cena di Trimalcione

Figura . Gaetano D’Agostino, Bagno Pompeiano, olio su tela, circa,collezione privata.

Trimalcione, ricoperto di unguento, si asciugava con panni dimorbida lana (Figura ) mentre tre terapeuti bevevano Falerno,che, litigando, versavano in buona parte per terra, con sua gioia,perché riteneva ciò di buon augurio. Quindi, avvolto in un man-tello rosso, fu adagiato su una lettiga, preceduta da quattro servi,che portavano sul petto le falere, e da un carrettino (Figura) tirato a mano, sul quale era trasportato il suo prediletto, unragazzo stagionato, cisposo, più brutto del suo padrone.

. I tessuti più diffusi erano in lana, di cui si conoscevano diverse qualità legatenon solo alla razza, ma anche alla disposizione della lana sul vello dell’animale, perchéquella proveniente dal collo era considerata la più pregiata. La lana più preziosa eraquella, che proveniva dalle capre turche, a noi nota come “lana mohair”, citata daPlinio nell’elenco delle materie più lussuose in voga al suo tempo, seguita da quelladelle pecore di Taranto. Trimalcione doveva accontentarsi della lana di Taranto.

. Nelle città poiché l’impiego di cavalli e carri era soggetto a restrizioni, l’usodella lettiga costituiva una valida alternativa. La loro diffusione era ridotta essendoun genere di lusso ed appannaggio dei soli cittadini facoltosi. Le lettighe, per le qualisi utilizzavano da quattro ad otto schiavi a seconda delle loro dimensioni, erano inlegno con decorazioni applicate in metalli preziosi o in bronzo con agemina di rameed argento. Non è da escludere l’uso di legni pregiati e di intarsi in avorio e tartaruga.L’interno era dotato di materassi e cuscini mentre le aperture laterali potevano esserechiuse da tende. Ironicamente, al contrario della preziosa lettiga usata da Trimalcione,il suo giovane favorito, non certo di bell’aspetto, viene posto su un carrettino tirato amano.

La cena di Trimalcione

Figura . Particolare del rilievo di un sarcofago in marmo (Agrigento,Museo Archeologico Nazionale).

Mentre Trimalcione veniva trasportato lungo la via, si av-vicinò un flautista (Figura ), che gli accostò lo strumentoall’orecchio, suonando lungo tutto il percorso: seguivamo noi,già carichi di meraviglia, insieme ad Agamennone.

Giunti davanti alla casa trovammo affisso alla porta un car-tello su cui era scritto che lo schiavo uscito senza il permessodel padrone sarebbe stato punito con cento frustate.

. Sulla soglia era seduto un portiere vestito di verde conuna cintura color ciliegia, che mondava i piselli in un piattod’argento. In alto pendeva una gabbia d’oro con dentro unagazza screziata che gracchiava all’arrivo degli ospiti (Figura ).

. Il flauto era lo strumento a fiato più diffuso: ricavato in origine da una cannain cui venivano praticati dei fori per modulare le note. Furono successivamentesostituiti dalla “tibia” realizzata con elementi in osso e in argento e/o bronzo.

. L’uso delle gabbie di diverse dimensioni era piuttosto diffuso sia nelle abita-zioni che per il trasporto dei volatili: naturalmente Trimalcione non si accontentava

La cena di Trimalcione

Figura . Arcadio Mas Fondevila, Fanciullo pompeiano, olio su tela, (Barcellona, Museo Nacional d’art de Catalunja).

La cena di Trimalcione

Figura . Villa di Livia a Prima Porta. Affresco con scena di giardino (Roma,Museo Nazionale Romano).

Guardavo incuriosito, quando sobbalzai così improvvisa-mente che quasi mi spezzavo una gamba.

Sulla sinistra, vicino alla guardiola del portiere, era dipintoun grosso cane alla catena, che sembrava vivo, con al di sottoscritto in maiuscolo: ATTENTI AL CANE(Figura ).

di materiali comuni come il legno, il ferro e le reti in corda e la sua gabbia era inoro! Nel racconto della cena il mondo naturale del resto entra di continuo: nonsolo nella descrizione dei cibi, delle medicine o nella rappresentazione degli oggetti,cosa che appare naturale, ma anche nei detti e nelle espressioni di uso corrente, atestimonianza del fortissimo legame dell’uomo del tempo con la natura.

. A parte i cani da caccia, si distinguevano i cani da guardia per la difesa dellacasa da quelli a difesa del gregge: i primi, tenuti al guinzaglio e perciò definiti “canida catena”, erano preferiti di color nero perché così erano meno visibili di nottee incutevano più timore di giorno, i secondi, ossia i “cani pastori” erano preferitidi colore bianco per distinguerli meglio negli attacchi sferrati dai lupi soprattutto dinotte. Una pittura di genere popolare di un cane alla catena è su un pilastro, benvisibile dall’ingresso, nella Caupona di Sotericus su via dell’Abbondanza; altre due

La cena di Trimalcione

Figura . Pompei, Casa di Paquio Proculo. Mosaico.

I miei compagni si misero a ridere, ma io, riprendendomidallo spavento cominciai a guardare tutta la parete. Su di essa eradipinto un mercato di schiavi, ognuno con al collo le propriegeneralità, e Trimalcione ragazzo con il caduceo in mano, cheentrava in Roma guidato da Minerva.

raffigurazioni di cani sono in mosaico all’ingresso della Casa del Poeta Tragico e dellaCasa di Paquio Proculo. La presenza di queste raffigurazioni nell’abitato di Pompeiconferma la realistica descrizione dell’ingresso della Casa di Trimalcione. Gli altriallevamenti, ripetutamente citati nel testo erano finalizzati al lavoro, come quelli deibuoi, degli asini, dei cavalli e dei muli, tanto più resistenti e quindi preziosi, se natidagli onagri o asini selvatici, all’economia domestica, come quelli degli ovi-caprini, deimaiali, delle lumache e dei ghiri, questi ultimi allevati in giardino in appositi recipientidi terracotta,o al guadagno, come quelli dei tori e dei cavalli selezionati per i giochigladiatori o per le gare sacre.

La cena di Trimalcione

Figura . a: Ercolano, Casa del Sacello di Legno. Armadio in legno carbo-nizzato con Larario (SANP s.n.i.). b: Pompei, Casa I, XI, . Statuetta di Larein bronzo (SANP inv. ).

Nei quadri successivi il pittore, apponendo a ciascuna im-magine una didascalia, lo aveva raffigurato a scuola e nelle suesuccessive mansioni di amministratore. L’ultimo dei quadri rap-presentava Mercurio che, sollevandolo per il mento, lo facevasedere su un podio: vicino era la Fortuna con in mano il cornodell’abbondanza e le tre Parche che filavano oro.

Sotto il portico alcuni servi battistrada si esercitavano agliordini di un maestro. In un angolo c’era un grande armadioche conteneva i Lari d’argento, una statua di Venere e unascatoletta d’oro con la prima barba di Trimalcione (Figura ,

. Oltre agli armadi lignei con scaffali per oggetti, ne esistevano altri dotati di unLarario, come attesta un esemplare in legno di abete carbonizzato — alto , m —proveniente dalla Casa del Sacello di Legno di Ercolano, che imita nella parte superiore

La cena di Trimalcione

Figura . a: Pompei, Casa del Menandro (I, X, ), ala . Affresco conCassandra e il cavallo di legno. b: Pompei, Casa del Menandro (I, X, ), ala .Affresco con La morte di Laocoonte.

a-b). Chiesi al custode quali altri soggetti fossero dipinti nellaparte centrale della parete e lui rispose che vi erano raffiguratil’Iliade, l’Odissea (Figura , a-b) e uno spettacolo di gladiatori .

. Non riuscimmo ad osservare tutto, anche perché erava-mo già arrivati al triclinio, nella cui anticamera il soprintenden-te controllava i conti.

Mi meravigliai nel vedere che ai battenti erano inchiodatidei fasci littori con al di sotto un rostro di nave in bronzo

la facciata di un tempio etrusco-italico. I Lari, in origine spiriti degli antenati protettoridei campi, erano di grande importanza per la religiosità privata: avevano l’aspettodi due giovani danzanti con rhyton e patera con il compito di proteggere la casa e leattività legate ad essa. Nel Larario veniva conservata anche una scatoletta, talvolta inmateriale prezioso, contenente la prima barba tagliata, che, secondo il costume greco,veniva offerta agli dei . Il taglio della prima barba, depositio barbae, avveniva all’età dicirca anni e si celebrava solennemente presso tutte le classi sociali.

. Negli affreschi che decoravano le abitazioni venivano spesso ostentati gli interessiletterari del committente mediante la scelta delle composizioni da eseguire. Fra i soggettiriferiti ad opere letterarie vi erano quelli legati ai temi omerici. Pompei ha restituito duecicli pittorici relativi alla guerra di Troia rinvenuti nella Casa del Criptoportico (SecondoStile) e nella Casa di D. Octavius Quartio (Quarto Stile) oltre a diversi quadri con soggettilegati alla conquista della città come la morte di Laocoonte ed il Cavallo di legno. Daun’abitazione dell’Esquilino a Roma provengono alcune scene databili alla metà del Isecolo a.C., e riferite alle avventure di Ulisse e uno spettacolo di gladiatori.

. Le abitazioni vesuviane attestano l’uso di appliques in bronzo infisse ai telaidelle porte, che erano costituite da due o più battenti realizzati, così come dimostrano

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Figura . Pompei. Applique in bronzo con busto di toro (MANN s.i.).

(Figura ) sul quale era scritto: “A Caio Pompeo Trimalcione se-viro Augustale, l’amministratore Cinnamo”. Dal soffitto pendevauna lucerna a due becchi con la stessa dedica, mentre altre duetabelle erano affisse agli stipiti: su una, se ricordo bene, erascritto: “ Il trenta e il trentun dicembre il nostro Caio cena fuori”

le analisi, in legno di abete incardinati, mediante elementi in osso, su montanti circolariin olmo o in castagno. Nella Casa del Tramezzo di Legno di Ercolano sulla duplice por-ta a due battenti, che separava l’atrio dal tablino, erano applicate maniglie circolari edappliques a forma di prora di nave in bronzo dalle quali pendevano mediante catenelledue lucerne. Altri esempi simili, con testa taurina, sono stati rinvenuti nella Casa diObellio Firmo e del Citarista di Pompei infissi ai pilastri laterali dell’ingresso al tablinoper legare le tende. L’iscrizione ricorda l’appartenenza di Trimalcione al collegio deiSeviri Augustales al quale potevano accedere i liberti scelti annualmente dal consigliodei decurioni delle colonie e dei municipi con funzioni relative all’organizzazione digiochi e cerimonie sacre. Anche Abinna ed Ermerote, altri due personaggi della cena,facevano parte dello stesso collegio.

. Oltre a torce e candele di quotidiano consumo, i sistemi di illuminazione inepoca romana erano costituiti da lucerne e lanterne, realizzate con materiali durevoli

La cena di Trimalcione

Figura . Pompei. Lucerna bilicne in bronzo (MANN inv. ).

(Figura ). Sull’altra erano raffigurati il corso della luna e i settepianeti, mentre alcune borchie di diverso colore indicavano i

soggetti alla moda del tempo. Se delle lanterne, di forma cilindrica in bronzo oferro, non possiamo seguire lo sviluppo tipologico, perché rinvenute in numerolimitato, per le lucerne abbiamo invece la possibilità di ricostruirne il susseguirsi deimodelli grazie al gran numero di esemplari scoperti. Tali sistemi di illuminazionevenivano usati sia in ambienti privati che pubblici, ma mancano gli elementi perlegare i modelli alla funzione dell’edificio in cui erano collocati. L’unica differenzaevidente è nel fatto che la grande quantità di lucerne in terracotta ne dimostra l’usogeneralizzato presso tutti gli strati sociali della popolazione, mentre, al contrario, ilridotto numero delle lucerne bronzee dipendeva dal loro maggior costo e quindiadatte ad una clientela di tipo medio–alta. Tra le lucerne in bronzo erano frequentiquelle costituite da due becchi contrapposti e dotate di catenelle per essere sospese adun candelabro a più bracci o ad appositi ganci infissi sulle pareti. Le lucerne venivanoalimentate con grasso animale o vegetale: il primo, costituito prevalentemente dasego e quindi molto fumoso, era utilizzato soprattutto per le lucerne di bronzo, ilsecondo, che utilizzava la morchia dell’olio, per le lucerne fittili. Gli stoppini eranorealizzati con fibre di scarto delle piante tessili e i più comuni in area vesuvianaerano di fibra di ginestra.

La cena di Trimalcione

Figura . Pompei, VI Insula Occidentalis. Affresco con busti di divinità acui erano consacrati i sette pianeti (Inc. da MANN inv. ).

giorni fausti e quelli infausti (Figura ). Sopraffatti da questenovità stavamo entrando nel triclinio, quando uno schiavettoche era lì sull’ingresso, ci ricordò gridando di entrare con il pie-

. Per pregiudizi religiosi e per fini politici, i Romani stabilirono che le contro-versie legali e giuridiche erano consentite solo in alcuni giorni dell’anno chiamatiFasti, mentre nei giorni Nefasti non si poteva condurre alcun tipo di pubblica attività.Nei giorni Fasti il Pretor poteva pronunciare le tre parole do, dico e addico, cioè am-ministrare la giustizia. L’elenco di questi giorni così importanti per la vita pubblica,per lungo tempo restarono conosciuti ai soli Pontifices, finchè ne fu resa pubblica unacopia nel a. C. Da questa prima lista se ne formarono successivamente delle altre,in cui furono aggiunte le principali festività, i giorni di mercato, gli avvenimentinotevoli: si formò, cioè, il calendario romano poi modificato da Cesare.

La cena di Trimalcione

de destro. Entrati tutti col piede giusto, ci venne incontro unoschiavo nudo in attesa della pena, che ci chiese di intercedereper lui perché gli erano stati sottratti i vestiti del valore di nep-pure dieci sesterzi dell’amministratore,che aveva accompagnatoalle terme. Facendo attenzione ad indietreggiare con il piedegiusto, raggiungemmo l’amministratore, che stava contando lemonete d’oro nella sua stanzetta, supplicandolo di condonare lapena allo schiavo. L’amministratore rispose superbo «Non è peril danno che mi arrabbio, quanto per la sbadataggine di quelloscemo. Mi ha fatto perdere l’abito da pranzo regalatomi da uncliente il giorno del mio compleanno: era un vestito di veraporpora di Tiro lavato una sola volta. Cosa volete che faccia?Ve lo regalo!»

. Grati per il favore, rientrammo nel triclinio, dove loschiavo da noi salvato ci venne incontro coprendoci di baci eringraziandoci per la nostra bontà.

«Sono il primo coppiere» disse «e vi dimostrerò la miagratitudine versandovi il vino del padrone.»

Una volta distesi sui letti (Figura ) alcuni schiavetti ales-sandrini ci versarono acqua fresca sulle mani, mentre altri, can-tando si presero cura dei nostri piedi. Per verificare che tutti iservi cantassero a quel modo durante i servizi, chiesi da bere:

. Il lectus tricliniaris era il tipo di letto a gambe tornite più importante edapprezzato nei livelli medio alti della società romana. Simbolo del lusso derivavadal raffinato mobilio di età ellenistica ed entrò in uso nella società romana apartire dagli inizi del II secolo a.C., con la conquista della Grecia. La strutturaportante in legno era costituita da una o due spalliere a forma di cuscino ondulato,fulcra, e da un telaio rettangolare, sponda, formato da quattro traverse fra loroconnesse al cui interno era inserita una griglia composta da assicelle lignee oda un reticolo di nastri in materiale deperibile come il cuoio, la corda o ancorafili di metallo per sostenere il materasso. Su questa elegante struttura venivanopoi applicate le decorazioni eseguite in bronzo, spesso con agemina di argento erame, o in materiali preziosi come l’avorio e la tartaruga a seconda della ricchezzadei proprietari. Dalle analisi condotte sui reperti di area vesuviana risulta cheper la realizzazione della spalliera del letto veniva utilizzato prevalentementelegno di abete, mentre per i murali, che ne costituivano la struttura portante,legno di frassino particolarmente flessibile. Il legno delle spalliere poteva essereimpiallacciato con essenze più pregiate oppure dipinto.

La cena di Trimalcione

Figura . Amiterno. Letto tricliniare con decorazioni applicate in bron-zo con agemina di argento e rame su supporto ligneo. Chieti, MuseoNazionale.

subito un giovane schiavo mi servì anche lui cantando tantoche sembrava di stare in un coro piuttosto che in un triclinio.

Quando tutti si erano accomodati, venne servito un raffinatoantipasto: Trimalcione, al quale inusualmente era stato riservatoil posto d’onore, non si presentò sul momento.

L’antipasto era costituito da olive bianche e nere contenute indue bisacce portate da un asinello in bronzo di Corinto posto alcentro di un largo vassoio: al di sopra erano due piatti in argentocon inciso il loro peso e il nome di Trimalcione. Dei sostegni diferro portavano ghiri cosparsi di miele e di semi di papavero, e suuna graticola di argento, poggiata su prugne siriane e chicchi dimelegrane ad imitare la brace, salsicce calde (Figura ).

. Il banchetto romano usualmente si divide in tre portate ciascuna composta dapiù cibi. La cena si apriva con la gustatio (Cap. ) che consisteva di abbondanti antipastiaccompagnati da salse stuzzicanti e dal vino mielato (mulsum). Seguiva la prima mensacomposta da diverse portate, fercula, di carne e pesce (Cap. ). Il banchetto proseguivapoi con la secunda mensa (Cap. ), termine derivante dall’usanza greca di cambiarel’apparecchiatura della tavola, con l’offerta di frutta, dolci e a volte cibi salati come lesalcicce o formaggi. Le importanti serate conviviali si chiudevano con la comissatio: unsusseguirsi di brindisi regolati dal comissator. L’asinello probabilmente reggeva un vassoioportavivande o delle bisacce utilizzate come contenitori. Quello descritto nel testo è