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55 n Capitolo 4 Controllo farmacologico dell’infiammazione e del dolore di Plinio Richelmi Negli interventi odontoiatrici esiste sempre una componente infiammatoria e dolo- rosa che deve essere controllata farmacologicamente. Sinteticamente: i farmaci an- tinfiammatori non steroidei sono utili per ridurre la componente infiammatoria e l’eventuale edema così come il dolore; in situazioni in cui la componente infiamma- toria è molto rilevante vengono utilizzati i cortisonici, mentre se il dolore è spiccato possono essere utilizzati gli analgesici maggiori. 4.1 Antinfiammatori non steroidei I farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) sono farmaci ad azione reversibile largamente utilizzati per i loro effetti analgesici, antinfiammatori e antipiretici, l’acido acetilsalicilico possiede anche un’importante attività antiaggregante piastrinica. I FANS sono generalmente ben tollerati anche se con una certa frequenza si manife- stano sintomi di intolleranza gastro-enterica. I FANS sono caratterizzati da una no- tevole variabilità interindividuale sia negli effetti terapeutici che nella comparsa di effetti collaterali, ed è questo uno degli aspetti più importanti della loro farmacologia clinica. L’efficacia dei FANS permane per alcuni giorni per i farmaci a breve emivita mentre per i FANS a lunga emivita l’efficacia clinica si prolunga per molti giorni. L’effetto analgesico è il primo a comparire. Dal punto di vista chimico i FANS appartengono a classi diverse ma tutti hanno la capacità di inibire la ciclo-ossigenasi (COX), la conseguente inibizione della sin- tesi delle prostaglandine è per larga parte responsabile dei loro effetti terapeutici. Sfortunatamente, l’inibizione delle prostaglandine nella mucosa gastrica porta spesso a danno gastro-intestinale (dispepsia, nausea e gastropatie); effetti più gravi sono il sanguinamento gastro-intestinale e la perforazione. È interessante notare le significative differenze di reattività interindividuale a uno stesso FANS. In pratica la differenza di efficacia tra i vari FANS è spesso nettamente inferiore alla variabilità di risposta interindividuale a uno stesso farmaco; è perciò molto difficile determinare a priori quale farmaco sia efficace in un paziente, anche se circa il 60% dei soggetti risponde a tutti i FANS.

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n Capitolo 4

Controllo farmacologico dell’infiammazione e del doloredi Plinio Richelmi

Negli interventi odontoiatrici esiste sempre una componente infiammatoria e dolo-rosa che deve essere controllata farmacologicamente. Sinteticamente: i farmaci an-tinfiammatori non steroidei sono utili per ridurre la componente infiammatoria e l’eventuale edema così come il dolore; in situazioni in cui la componente infiamma-toria è molto rilevante vengono utilizzati i cortisonici, mentre se il dolore è spiccato possono essere utilizzati gli analgesici maggiori.

4.1 Antinfiammatorinonsteroidei

I farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) sono farmaci ad azione reversibile largamente utilizzati per i loro effetti analgesici, antinfiammatori e antipiretici, l’acido acetilsalicilico possiede anche un’importante attività antiaggregante piastrinica.I FANS sono generalmente ben tollerati anche se con una certa frequenza si manife-stano sintomi di intolleranza gastro-enterica. I FANS sono caratterizzati da una no-tevole variabilità interindividuale sia negli effetti terapeutici che nella comparsa di effetti collaterali, ed è questo uno degli aspetti più importanti della loro farmacologia clinica.L’efficacia dei FANS permane per alcuni giorni per i farmaci a breve emivita mentre per i FANS a lunga emivita l’efficacia clinica si prolunga per molti giorni. L’effetto analgesico è il primo a comparire.Dal punto di vista chimico i FANS appartengono a classi diverse ma tutti hanno la capacità di inibire la ciclo-ossigenasi (COX), la conseguente inibizione della sin-tesi delle prostaglandine è per larga parte responsabile dei loro effetti terapeutici. Sfortunatamente, l’inibizione delle prostaglandine nella mucosa gastrica porta spesso a danno gastro-intestinale (dispepsia, nausea e gastropatie); effetti più gravi sono il sanguinamento gastro-intestinale e la perforazione. È interessante notare le significative differenze di reattività interindividuale a uno stesso FANS. In pratica la differenza di efficacia tra i vari FANS è spesso nettamente inferiore alla variabilità di risposta interindividuale a uno stesso farmaco; è perciò molto difficile determinare a priori quale farmaco sia efficace in un paziente, anche se circa il 60% dei soggetti risponde a tutti i FANS.

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FARMACI IN ODONTOIATRIA

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Meccanismo d’azioneResponsabile dell’effetto analgesico, antipiretico e antinfiammatorio dei FANS è l’ini-bizione delle ciclo-ossigenasi con conseguente blocco della sintesi di prostaglandine. Gli analgesici minori infatti, tramite l’inibizione delle ciclo-ossigenasi, bloccano spe-cificamente la cascata che porta dall’acido arachidonico alle varie prostaglandine.A livello periferico il ruolo principale nella modulazione del dolore è giocato dalle prostaglandine. Per quanto riguarda l’azione algogena si può notare come le prosta-glandine esercitino sulle terminazioni nervose un’azione iper-algesizzante sensibiliz-zando i nocicettori e diminuendo la soglia di eccitabilità allo stimolo doloroso.Le COX sono presenti nei tessuti in una isoforma costitutiva (COX-1) ma, nella sede del pro-cesso infiammatorio, le citochine stimolano l’induzione di una seconda isoforma (COX-2).

Figura 4.1 – Meccanismo d’azione degli antinfiammatori non steroidei (FANS).

FANS

Derivati dell’acido salicilico– aspirina

Derivati dell’acido propionico– ibuprofene– naproxen

Altri– diclofenac– indometacina– nabumetone

Inibitori selettivi COX-2– celecoxib

Acido arachidonico

Fosfolipidi

Endoperossidi

Leucotrieni(LTD4 e C4 = SRS-A)Broncocostruzione

ProstaglandinePGE2PGD2Iperalgesia

Tromboxano-A2IP3 piastrinico ↑Aggregazione ↑Vasocostruzione

Prostaciclina-(PGI2)AMPc piastrinico ↑Disaggregazione ↑Vasodilatazione

stimolo

+ fosfolipasi-A2

– ciclo-ossigenasi

prostagliandineisomerasi

tromboxanosintetasi

prostaciclineisomerasi

lipogenasiidroperossie idrossiacidi grassi

Tabella 4.1 – Classificazione dei farmaci attivi sulle COX

1. COX-1 specifici Basse dosi di acido acetilsalicilico

2. COX non-specifici Tutti i FANS classici

3. COX-2 preferenziali Farmaci con alcune attività antinfiammatorie e analgesiche nell’animale e nell’uomo a dosi che inibiscono le COX-2 e non le COX-1

4. COX-2 specifici Farmaci che a dosi terapeutiche massimali non inibisconosignificativamente le COX-1

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4 • CONTROLLO FARMACOLOGICO DELL’INFIAMMAZIONE E DEL DOLORE

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Azione analgesica L’azione analgesica dei FANS si esercita sia a livello periferico che centrale, ma le azioni periferiche sono predominanti. La loro attività analgesica è generalmente as-sociata con l’azione antinfiammatoria e consegue a un’inibizione della sintesi delle prostaglandine nei tessuti infiammati. Le prostaglandine di per se stesse provocano scarso dolore ma potenziano il dolore causato da altri mediatori dell’infiammazione (ad esempio istamina, bradichinina).

Azione antinfiammatoriaIl ruolo delle prostaglandine nell’infiammazione è quello di indurre vasodilatazione e di aumentare la permeabilità vasale. Tuttavia l’inibizione della sintesi delle prosta-glandine da parte dei FANS attenua ma non abolisce completamente l’infiammazione, dato che non agiscono su altri mediatori dell’infiammazione.

Azione antipiretica I FANS non riducono la temperatura corporea normale o le temperature elevate da colpo di calore, che è dovuto ad alterazione ipotalamica. Durante la febbre un piro-geno endogeno (interleuchina-1) viene liberato dai leucociti e agisce direttamente sul centro della termoregolazione nell’ipotalamo, aumentando la temperatura corporea. Questo effetto è associato a un aumento delle prostaglandine cerebrali (che sono pirogene). L’acido acetilsalicilico previene gli effetti innalzanti la temperatura dell’in-terleukina-1, bloccando l’aumento dei livelli delle prostaglandine nel SNC.

Tabella 4.2 – Effetti dei FANS

Analgesica Dolori di lieve intensità da infiammazione

Antipiretica Non sono ipotermizzanti

Antinfiammatoria Non arrestano la progressione e la ingiuria patologica del tessuto

Uricosurica Aumentano l’escrezione urinaria di acido urico

Ulcerazioni gastrointestinali

Interferenza nella biosintesi di prostaglandine

Aumento del tempo di coagulazione

Prevenzione della formazione piastrinica di Trombossano

Prolungamento della gravidanza

Blocco della biosintesi uterina di prostaglandine

Nefropatia Alterazione del controllo circolatorio renale da parte delle prostaglandine

Ipofertilità maschile Diminuzione delle prostaglandine nel liquido seminale

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FARMACI IN ODONTOIATRIA

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AssorbimentoMolti FANS sono acidi deboli con pKa compresi fra 3 e 6 e la loro forma non ionizzata è molto liposolubile, perciò sono generalmente ben assorbiti a livello gastrico. La natura acida dei FANS è importante nel controllare la loro distribuzione e di conseguenza la loro attività. Al pH fisiologico i FANS sono molto ionizzati dato che il loro pKa è infe-riore al pH; la porzione non ionizzata aumenta nettamente in ambiente acido come ad esempio a livello gastrico, renale e della cartilagine infiammata: il farmaco è perciò disponibile per diffondere all’interno delle cellule. La relativa alcalinità intracellulare (pH 7,4) favorisce poi la ionizzazione dei FANS con conseguente aumento della concen-trazione all’interno delle cellule con meccanismo “a trappola”.L’assorbimento dei FANS può essere rallentato dalla contemporanea somministrazione di cibo o da forme farmaceutiche gastro-resistenti o a lenta liberazione. In pratica molti FANS a breve emivita sono formulati in modo da prolungare il loro tempo di assorbimento.

DistribuzioneI FANS sono legati in percentuale elevata alle proteine plasmatiche e in particolare a entrambi i siti leganti delle albumine, ma anche in questo caso la variabilità inte-rindividuale è elevata. In particolare il fenilbutazone si lega al sito I ed è un potente spiazzante dell’anticoagulante warfarin, mentre molti altri FANS, tra cui i propionati come l’ibuprofen, si legano al sito II.Per molti FANS la proporzione di farmaco non legato è costante nei normali “range” di concentrazione ematica che si riscontrano nella clinica. Le concentrazioni plasma-tiche di naproxen, fenilbutazone, salicilati e ibuprofen sono invece, ai normali “range” terapeutici, spesso sufficienti ad arrivare al limite di saturazione delle capacità leganti delle albumine, e ciò tende a far aumentare la quota libera del farmaco e perciò la sua clearance metabolica. Perciò tutte le situazioni che inducono una diminuzione delle albumine (epatopatie, sindromi di malassorbimento, insufficienza renale grave ecc.) provocano aumento della frazione libera di FANS con conseguenti variazioni farma-cocinetiche e farmacodinamiche.

Metabolismo ed eliminazioneI FANS sono metabolizzati a livello epatico senza subire in maniera significativa il fenomeno del “first-pass effect” se si eccettuano il diclofenac e l’acido acetilsalicilico.I principali effetti antinfiammatori dei FANS sono da ascrivere, almeno in parte, alla formazione di metaboliti attivi. Sia l’acido acetilsalicilico che il suo principale meta-bolita salicilato sono efficaci così come il fenilbutazone e il suo metabolita ossifenil-butazone. Alcuni FANS come il fenbufen, il nabumetone, il benorilato e il sulindac sono profarmaci e vengono convertiti dal metabolismo in composti attivi.L’alcalinizzazione delle urine, essendo i FANS acidi deboli, aumenta la loro clearance renale. L’insufficienza renale prolunga nettamente l’escrezione renale dei FANS ed è perciò necessario ridurre la posologia di questi farmaci in situazioni di insufficienza renale.

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TossicitàGli effetti collaterali sono frequenti in parte perché i FANS vengono spesso sommi-nistrati per un lungo periodo di tempo e in parte perché vengono ampiamente utiliz-zati in soggetti anziani, che sono più sensibili agli effetti collaterali.

1. Tratto gastrointestinaleA livello gastrico le COX-1 producono prostaglandine (PGE2 e PGI2) che, stimolando la produzione di muco e di bicarbonato e causando vasodilatazione proteggono la mucosa gastrica. I FANS non selettivi inibiscono le COX-1 e, poiché riducono l’effetto citoprotettivo delle prostaglandine, causando spesso seri effetti collaterali quali san-guinamento e ulcerazioni a livello del tratto gastroenterico superiore.La DISPEPSIA è l’effetto collaterale più frequente (10-15% dei pazienti), è probabile che sia una manifestazione dell’irritazione diretta a carico del tratto gastroenterico determinata dai FANS, per solito diminuisce con la concomitante somministrazione di cibo e/o di antiacidi.Le MICROEMORRAGIE a livello gastrico sono presenti soprattutto con l’acido acetil-salicilico e l’effetto antiaggregante piastrinico gioca per certo un suo ruolo nel deter-minismo di questo effetto collaterale.L’ULCERA PEPTICA è considerata uno degli effetti collaterali più gravi dei FANS anche se l’incidenza è scarsa. Il rischio di perforazione di ulcere aumenta nettamente negli anziani che assumono FANS.I FANS e in particolare i fenamati (acido flufenamico, mefenamico e meclofenamico) possono indurre DIARREA da riferire a un aumento della permeabilità della mucosa intestinale.

2. NefrotossicitàLe prostaglandine PGE2 e PGI2 sono potenti vasodilatatori, sintetizzate rispettiva-mente nella midollare e nei glomeruli renali, sono coinvolte nel controllo del flusso ematico renale e nell’escrezione di sali e acqua. L’inibizione della sintesi renale di prostglandine può portare a ritenzione di sodio, riduzione del flusso ematico renale e insufficienza renale, soprattutto nei pazienti affetti da patologie che comportano vasocostrizione per liberazione di catecolamine e angiotensina II (ad esempio insuf-ficienza cardiaca congestizia, cirrosi epatica). Oltre a ciò i FANS possono indurre nefrite interstiziale e iperpotassiemia. L’uso prolungato e massiccio di analgesici può essere associato a necrosi papillare e a insufficienza renale cronica.

3. Altri effettiL’effetto EPATOTOSSICO più comune dei FANS è una elevazione transitoria e asin-tomatica delle transaminasi. Molto più raramente si riscontra ittero da causa colosta-tica. Nei bambini raramente si instaura la Sindrome di Reye, caratterizzata da dege-nerazione grassa epatica e renale ed encefalopatia, per solito da ascrivere all’utilizzo di acido acetilsalicilico. Le cause della tossicità epatica dei FANS sono con ogni pro-babilità da ricercare nella formazione, durante il loro metabolismo, di specie reattive

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dell’ossigeno che, in situazioni di alterazione delle difese (ad esempio deplezione di glutatione), possono indurre danno epatico.I FANS possono indurre DISORDINI COAGULATIVI e segnatamente allungamen-to del tempo di sanguinamento e ipoprotrombinemia con susseguenti complicanze emorragiche, questo effetto è correlato con la variazione della produzione di prosta-glandine e prostacicline.Le manifestazioni DERMATOLOGICHE sono, insieme a quelle gastroenteriche, i più comuni effetti collaterali da FANS, la maggior parte delle reazioni cutanee sono co-munque banali e raramente sono state descritte gravi reazioni anafilattiche, soprat-tutto da acido acetilsalicilico. Le reazioni più comuni sono quelle di tipo orticarioide ma talora si rilevano linfoadenopatia e febbre. Molto raramente si manifestano la Sindrome di Stevens Johnson (necrolisi epidermica tossica), l’eritema multiforme e il pemfigo.

Salicilati

L’acido acetilsalicilico è il FANS più antico ed è un analgesico efficace con una durata d’azione di circa 4 ore. L’acido acetilsalicilico è ben assorbito per via orale, essendo un acido debole (pKa 3,5), il pH acido dello stomaco mantiene una larga parte dell’acido acetilsalicilico in forma non ionizzata e conseguentemente ne pro-muove l’assorbimento nello stomaco, anche se per la maggior parte viene assorbito nell’intestino tenue per la vasta area di assorbimento. L’acido acetilsalicilico assor-bito viene idrolizzato dalle esterasi nel sangue e nei tessuti in salicilato (attivo) e acido acetico. L’effetto analgesico è inferiore a quello degli oppiacei e mancano le componenti psichiche dell’analgesia tipiche degli analgesici oppioidi. L’acetilsalicilato di lisina è somministrabile per via endovenosa e viene perciò utilizzato per ottenere effetti analgesici rapidi.L’acido acetilsalicilico è largamente utilizzato nella terapia delle malattie infiamma-torie delle articolazioni, ma circa il 50% dei pazienti non tollera gli effetti collaterali (nausea, vomito, dolore epigastrico, tinnito). Per questa ragione attualmente sono generalmente preferiti FANS più recenti per il trattamento delle forme articolari in-fiammatorie (dolore, rigidità ed edema).Nel 5-8% dei pazienti trattati con dosi analgesiche di salicilati si osservano disturbi ga-strointestinali come epigastralgie, nausea, vomito. Questi disturbi hanno un correlato morfologico in un aumento dello sfaldamento cellulare, nell’alterazione della qualità del muco e in erosioni della mucosa gastrica. Nel 50-60% dei pazienti che assumono regolarmente dosi analgesiche di acido acetilsalicilico, sono rilevabili perdite di san-gue occulto provenienti da erosioni dell’epitelio gastrico. In rari casi una perdita di sangue cronica più consistente può portare all’anemia ferropriva. Vi è anche la possi-bilità di un’attivazione ed eventualmente di formazione di un’ulcera gastrica, nel caso di un impiego prolungato di acido acetilsalicilico.L’eliminazione di acido urico è diversa a seconda della dose di salicilati assunta: con

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Tabella 4.3 – Classificazione dei principali FANS

SALICILICI Acido acetilsalicilico

DERIVATI p-AMINO-FENOLICI Paracetamolo

DERIVATI PIRAZOLONICI Aminofenazone AzopropazoneFenilbutazone Ossifenilbutazone Clofezone Chetobuzone Bumadizone Pirasazone Propifenazone Metimazolo

DERIVATI DELL'ACIDO ANTRANILICO Acido mefenamicoAcido flufenamico Acido niflumico

DERIVATI DELL’ACIDO PROPIONICO IbuprofeneFenprofeneNaprosseneChetoprofeneFenbufeneIndoprofene Acido tiaprofenico

DERIVATI INDOLICI IndometacinaGlucametacinaSulindacOssametacinaProtacina Proglumatacina

DERIVATI ARIL-ACETICI AlclofenacDiclofenacFentiazac Tolmetin

OXICAM PiroxicamCinnoxicamTenoxicam Isoxicam

VARI NimesulideSuprofeneParsalosside Difenpiromide

ANTI COX-2 Celecoxib Etoricoxib Parecoxib

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un dosaggio basso si ha ritenzione di acido urico, per competizione nel meccanismo secretivo, con il rischio, nei pazienti sofferenti di gotta, di scatenare un attacco. A dosaggio elevato l’acido acetilsalicilico agisce come uricosurico, bloccando il rias-sorbimento dell’acido urico.L’acido acetilsalicilico si trova a livello gastrico, a pH acido, soprattutto in forma non dissociata e perciò assorbito in modo soddisfacente. Dopo l’assorbimento i salicilati si distribuiscono rapidamente in tutti i tessuti, concentrandosi prevalentemente nel rene, nel fegato, nel polmone, nel liquido sinoviale, nel latte e nella saliva. Il legame con le proteine plasmatiche raggiunge il 50-80%. Il tempo di dimezzamento a dosi analgesiche è di 4-7 ore. L’acido acetilsalicilico viene quasi interamente deacetilato in acido salicilico nel plasma e nei tessuti. Nel fegato viene poi parzialmente trasforma-to in acido salicilurico, acido gentisinico e nel rispettivo glicuronide. L’eliminazione dell’acido salicilico e dei suoi metaboliti avviene esclusivamente attra-verso il rene e viene secreto attraverso il sistema di trasporto tubulare. La velocità di eliminazione dipende in gran parte dal pH urinario. In presenza di urina acida con una quota non dissociata più elevata, il riassorbimento tubulare è più forte, con urina al-calina si ha una eliminazione relativamente più rapida con un tempo di dimezzamento molto ridotto (2 ore rispetto a 10 ore).

Derivatip-aminofenolici

La fenacetina e il paracetamolo possiedono effetti analgesici e antipiretici paragona-bili a quelli dei salicilati, ma scarsi effetti antinfiammatori. La fenacetina possiede proprietà analgesiche non soltanto dopo trasformazione a pa-racetamolo, ma anche come tale. I metaboliti della fenacetina, e in minore misura quelli del paracetamolo, hanno proprietà meta-emoglobinizzanti, questo effetto non ha dal punto di vista clinico un ruolo importante tranne che nel bambino e nell’abuso cronico. Rare sono le anemie emolitiche nei casi di carenza di glucosio-6-fosfato-dei-drogenasi e d’origine tossica. Nei casi di intossicazione acuta da fenacetina si hanno eccitazione, delirio, convulsioni ipossiche e collasso cardio-circolatorio. La fenacetina e il paracetamolo, dopo un assorbimento rapido e quasi totale da parte del tratto gastro-enterico, si distribuiscono rapidamente nei tessuti. Concentrazioni elevate di fenacetina si rilevano nel fegato; il paracetamolo si distribuisce invece in modo più omogeneo nell’organismo. Il legame con l’albumina plasmatica è del 20-25% e il tempo di dimezzamento di 2-3 ore. L’eliminazione ha luogo soprattutto mediante metabolizzazione. La fenacetina viene dealchilata a paracetamolo e in piccola parte deacetilata in fenetidina, che a sua volta viene parzialmente trasformata in metaboliti tossici (formazione di metaemoglobina). Il paracetamolo viene eliminato per l’80% come glicuronide oppure solfato e in piccola percentuale in forma inalterata attra-verso il rene. Nell’abuso cronico di analgesici si osserva una tipica nefropatia (rene da fenacetina): nefrite tubulare interstiziale con necrosi papillare. Questa nefropatia, della quale sono stati descritti migliaia di casi, si verifica dopo un consumo eccessivo, per anni, di preparati analgesici in associazione. Inizialmente la causa di questa con-

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dizione patologica è stata attribuita solamente alla fenacetina. Molti elementi fanno però ritenere che altri analgesici, soprattutto in associazione con fenacetina, posso-no essere responsabili dello scatenamento di una nefropatia. Anche il paracetamolo comporta il rischio di provocare nefriti interstiziali e come meccanismo patogenetico viene presa in considerazione la vasocostrizione cronica e l’ischemia della midollare del rene come conseguenza del blocco della sintesi delle prostaglandine, in partico-lar modo della PGE2, importante per il mantenimento dell’irrorazione ematica della midollare. La nefropatia da analgesici è spesso reversibile se diagnosticata tempesti-vamente e se si sospende l’ulteriore assunzione. Se riconosciuta tardivamente può portare a uremia e insufficienza renale.Con il paracetamolo si osservano con una certa frequenza danni epatici in casi di iperdosaggi relativamente modesti.

Derivatipirazolonici

Il fenazone, il proprifenazone e il metimazolo vengono impiegati in numerose asso-ciazioni come analgesici e antipiretici. Altre sostanze chimicamente affini come fe-nilbutazone, monofenilbutazone, ossifenibutazone e fenoperazone hanno un debole effetto analgesico, ma vengono impiegati per le loro proprietà antiflogistiche.Il fenazone e il propifenazone vengono assorbiti in modo totale e rapido dopo som-ministrazione orale. Le massime concentrazioni plasmatiche si raggiungono dopo 1-2 ore. L’eliminazione avviene con un tempo di dimezzamento di 5-7 ore mediante me-tabolizzazione da parte del sistema microsomiale epatico. L’urina, per la presenza di concentrazioni elevate del metabolita del fenazone, può risultare colorata di rosso vivo. Solo una piccola parte dei farmaci (3-5%) viene eliminata in forma immodificata attraverso il rene.Dopo somministrazione orale, il fenilbutazone raggiunge la massima concentrazione plasmatica dopo 2-4 ore. Nelle 24 ore viene eliminato solo il 20% della dose sommini-strata (il tempo di dimezzamento biologico è di 3 giorni circa). Il fatto che la velocità di eliminazione presenti forti oscillazioni (dal 15 al 45% in 24 ore) rende ancora più difficile l’impiego clinico del fenilbutazone. Anche le concentrazioni plasmatiche, a parità di dosaggio, oscillano notevolmente da soggetto a soggetto. Il fatto che esista una grande variabilità della velocità di eliminazione (dopo trasformazione ossidati-va a opera dei microsomi epatici) rende difficile mantenere concentrazioni efficaci costanti ed evitare al tempo stesso la comparsa di complicazioni tossiche (scarso margine terapeutico).L’effetto indesiderato molto raro ma più grave è l’agranulocitosi che inizia per lo più con una angina necrotizzante e ulcerazioni della mucosa e può terminare in una sepsi mortale, resistente a tutte le terapie. Probabili reazioni allergiche sono, oltre all’agra-nulocitosi, anche la febbre, il vomito, l’edema angioneurotico, l’herpes labiale e l’ane-mia. Nel caso di impiego di breve durata e a dosi analgesiche, gli effetti indesiderati sono rari, salvo nei casi in cui vi sia sensibilizzazione.Il fenilbutazone può indurre ritenzione di Na+ e di acqua. Tale azione, non mediata

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FARMACI IN ODONTOIATRIA

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dall’aldosterone, comporta la comparsa di edemi e un aumento del volume plasmati-co anche del 50% che tende a precipitare una insufficienza cardiaca acuta. Spesso è rilevabile una lesione renale diretta (necrosi tubulare, necrosi corticale con successi-va insufficienza renale) soprattutto in caso di pre-esistenti lesioni renali. L’azione uri-cosurica può portare alla formazione di concrezioni di acido urico nelle vie urinarie.

Derivatidell’acidoantranilico

I derivati dell’acido antranilico: l’acido mefenamico, l’acido flufenamico e l’analogo acido niflumico possiedono caratteristiche analgesiche, antipiretiche e antiflogisti-che. Come analgesici e antipiretici sono paragonabili all’acido acetilsalicilico e al pa-racetamolo. L’acido mefenamico è rapidamente assorbito, dopo somministrazione orale i i picchi plasmatici sono raggiunti in 2-4 ore e l’emivita plasmatica è ugualmente di 2-4 ore. Circa il 50% è escreto nelle urine, soprattutto in forma metabolizzata, mentre una buona parte è escreta con le feci.Gli effetti indesiderati, sono frequenti; in particolare si verificano diarrea, dolori ad-dominali, nausea, vertigini e cefalea. Più rare sono le anemie emolitiche, i disturbi della mielopoiesi e la nefrotossicità. Nel caso di somministrazione singola o di breve durata sono stati osservati solo lievi effetti indesiderati, quali sonnolenza, disturbi addominali, sudorazione.

Derivatidell’acidopropionico

Il naprossene e l’ibuprofene sono antinfiammatori e analgesici. L’ibuprofene è più efficace come analgesico, nel dolore moderato e lieve, dell’acido acetilsalicilico.L’ibuprofene è rapidamente assorbito dopo somministrazione orale con un picco pla-smatico a 1-2 ore e con un half-life plasmatico di circa 2 ore. Il farmaco è molto le-gato alle proteine plasmatiche (99%) e ciò determina una lenta diffusione negli spazi sinoviali. L’escrezione è rapida e completa in forma metabolizzata. Il naprossene è caratterizzato da un’emivita molto più prolungata. Gli acidi propionici come l’ibuprofene, il fenbufene e il naprossene sono spesso con-siderati farmaci di prima scelta per il trattamento delle malattie articolari infiamma-torie poiché presentano la più bassa incidenza di effetti collaterali.L’ibuprofene induce minore ritenzione idrica dell’indometacina, terapie con associa-zione indometacina-ibuprofene in pazienti a elevato rischio cardiovascolare possono ridurre gli effetti protettivi dell’acido acetilsalicilico. Effetti collaterali rari compren-dono agranulocitosi e anemia aplastica.

Derivatiindolici

L’indometacina è uno dei FANS più largamente utilizzati per la sua efficacia anche se gli effetti tossici sono molto spiccati e il sulindac è stato sviluppato proprio nel

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tentativo di ridurne l’incidenza. Da studi clinici controllati è emerso che per l’indome-tacina l’indice di successo terapeutico si aggira intorno al 50% circa nei casi di artrite reumatoide. Nella spondiloartrite anchilosante e nelle artrosi l’indice si successo te-rapeutico è più elevato (70-80%).Entro 2 ore dalla somministrazione orale di indometacina si raggiungono le massime concentrazioni plasmatiche; l’emivita si aggira intorno alle 10 ore e la maggior parte viene eliminata con le urine come glicuronide.Il sulindac è un profarmaco e pertanto inattivo come tale, solo dopo assorbimento si trasforma in principio attivo e ciò sembra comporti una minore lesività per il tratto gastro-enterico.La dose di indometacina tollerata si aggira intorno ai 100-200 mg/die, questo dosag-gio provoca già alcuni effetti indesiderati: cefalea (20-60%), disturbi gastrointestinali quali nausea e vomito (20-25%); torpore, vertigini (10%). Anche l’indometacina può attivare ulcere gastriche. Effetti indesiderati meno frequenti dell’indometacina con-sistono in disturbi della vista (lesioni della retina soprattutto in caso di trattamento prolungato), disturbi del SNC (depressione, allucinazioni), attivazione di infezioni la-tenti. Occasionalmente si sono osservati edemi.

Derivatiaril-acetici

Il tolmetin è più potente rispetto all’acido acetilsalicilico e per solito meglio tollerato come antinfiammatorio, possiede anche azione antipiretica e analgesica.Il tolmetin è rapidamente e completamente assorbito dopo somministrazione orale e il picco plasmatico viene raggiunto dopo 20-60 minuti, l’emivita è di circa 1-2 ore. Il tolmetin si lega in elevata proporzione (99%) alle proteine plasmatiche e praticamen-te tutta la dose somministrata si ritrova entro 24 ore nelle urine, per la maggior parte come metabolita o come coniugato.Circa il 25-40% dei pazienti trattati con tolmetin lamenta effetti collaterali e nel 5-10% dei casi ciò comporta l’interruzione della terapia. Come per gli altri FANS gli effetti collaterali più comuni sono quelli gastro-enterici (dolore epigastrico, dispepsia, nau-sea e vomito). Si sono rilevati effetti collaterali a carico del sistema nervoso centrale (nervosismo, ansia, insonnia, disturbi visivi) ma meno frequenti e gravi che con l’in-dometacina. Si manifestano talora rush cutanei e il farmaco può indurre broncoco-strizione in pazienti allergici all’acido acetilsalicilico.

Oxicam

Gli oxicam oltre a inibire l’attività della ciclo-ossigenasi come gli altri FANS, hanno la capacità di inibire la migrazione leucocitaria nel liquido sinoviale riducendo così l’aggressività degli enzimi lisosomiali verso le strutture articolari e diminuiscono la produzione di anione superossido, anch’esso responsabile della denaturazione delle membrane cellulari e delle strutture articolari.Molti FANS (acido acetilsalicilico, salicilati, indometacina, fenoprofene, tolmetin,

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ibuprofene) presentano la caratteristica di deprimere in vitro e presumibilmente in vivo la sintesi dei proteoglicani, mentre gli oxicam non interferiscono negativamente sul metabolismo condrocitario e sulla sintesi dei proteoglicani, costituenti del liquido sinoviale e delle strutture cartilaginee.Il più rappresentativo fra gli oxicam è il piroxicam, dotato di proprietà antipireti-che, analgesiche e antinfiammatorie. È caratterizzato da una lunga emivita plasma-tica che consente di adottare schemi posologici con una somministrazione mono-dose giornaliera.Il piroxicam è equivalente ad acido acetilsalicilico, indometacina e naprossene nel trattamento a lungo termine dell’artrite reumatoide e dell’osteoartrite, ed è meglio tollerato dell’acido acetilsalicilico e dell’indometacina; per quanto concerne gli ef-fetti collaterali è sovrapponibile ai derivati dell’acido propionico (ibuprofene, na-prossene ecc.).Il piroxicam è ben assorbito dopo somministrazione orale e i picchi plasmatici si rag-giungono entro 24 ore. Né il cibo né la contemporanea somministrazione di antiacidi modificano il suo assorbimento. È soggetto al recircolo entero-epatico e ciò induce un valore di emivita plasmatico variabile con una media intorno a 45 ore. Il piroxicam è largamente legato alle proteine plasmatiche (99%) e allo “steady state”, che viene raggiunto dopo 7-10 giorni di terapia, la sua concentrazione sinoviale è sovrapponi-bile a quella plasmatica. Meno del 10% del farmaco è escreto in forma immodificata nelle urine e la principale via metabolica è rappresentata dalla idrossilazione.Gli effetti collaterali da piroxicam compaiono nell’10-45% dei pazienti e di questi il 5-10% deve sospendere la terapia. Gli effetti collaterali più frequenti sono, anche in questo caso, quelli a carico del tratto del tratto gastro-enterico, ma l’incidenza di ulce-re peptiche è inferiore all’1%. Il piroxicam può indurre broncocostrizione in pazienti allergici all’acido acetilsalicilico.Tra gli oxicam è di notevole interesse anche il cinnoxicam, un derivato del piroxicam, dotato di minori effetti gastrolesivi. Il cinnoxicam è caratterizzato da un’elevata atti-vità antinfiammatoria e analgesica, di attività antiaggregante piastrinica e di un indice di tollerabilità nettamente superiore a quello di altri derivati appartenenti alla classe degli oxicam.Il cinnoxicam viene assorbito più lentamente del piroxicam, il picco di concentrazio-ne plasmatica viene raggiunto prima dal piroxicam che dal cinnoxicam. I livelli emati-ci del cinnoxicam sono più bassi rispetto a quelli del piroxicam nella prima parte del-la curva in funzione del tempo mentre sono più alti nella seconda parte della curva.La via di escrezione principale è quella urinaria, come peraltro per il piroxicam, tut-tavia per il cinnoxicam l’escrezione fecale ha un’importanza maggiore che per il piro-xicam. Tale differenza è probabilmente legata a un più attivo circolo entero-epatico.Sia il piroxicam che il cinnoxicam raggiungono concentrazioni più elevate nei tessuti infiammati rispetto ai tessuti sani. La diffusione delle proteine plasmatiche nelle sedi dell’infiammazione è probabilmente responsabile di questo aumento.Per quanto riguarda la biotrasformazione, il cinnoxicam viene metabolizzato quasi completamente, infatti solo una piccola quantità è presente immodificata nelle urine,

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viene infatti idrolizzato da esterasi ad acido cinnamico e piroxicam, il quale viene poi nuovamente metabolizzato.

AltriFANS

La nimesulide inibisce entrambe le isoforme dell’enzima (COX1 e COX2): tale carat-teristica la colloca a metà strada tra i FANS classici non selettivi e i COX-2 selettivi. Il farmaco presenta una gastrolesività inferiore rispetto a quella di altre molecole della stessa classe terapeutica. Dopo la somministrazione orale viene ben assorbito dal tratto gastro-enterico e il picco ematico viene raggiunto dopo circa 3 ore. La biodisponibilità del farmaco è intorno al 60% e si lega ampiamente alle proteine pla-smatiche (oltre il 90%). Dopo l’assorbimento si distribuisce rapidamente nei tessuti e viene metabolizzato a livello epatico dal citocromo P-450, e si trova come glucu-ronato. L’eliminazione del farmaco avviene principalmente con le urine (circa il 50% della dose somministrata), mentre il 29% viene escreta, sotto forma di metaboliti, con le feci. La nimesulide trova impiego clinico principalmente per le sue proprietà analgesiche. Il diclofenac ha azione simile a quella del naprossene. Può essere somministrato per via intravenosa o per iniezione intramuscolare profonda per prevenire o trattare il dolore post-operatorio.Il suprofene è stato sperimentato con successo nel dolore odontoiatrico, ostetri-co (episiotomia), nella dismenorrea, nelle cefalee e nei dolori muscolo-scheletrici. Possiede attività analgesica superiore a quella dell’acido aceltisalicilico e può essere considerato una valida alternativa all’utilizzo di altri antinfiammatori non steroidi e di deboli narcotici nel trattamento del dolore acuto.

Anti-COX-2

Rosen studiando i COX nelle cellule epiteliali di trachea ha rilevato un aumento dell’attività di questi enzimi dopo coltura prolungata. Questo aumento di attività non era correlato a un aumento del mRNA a 2.8 Kd, bensì riferibile a un secondo mRNA a 4.0 Kd. Tale rilievo ha suggerito che derivassero da un gene COX-correlato diverso, che codificava una proteina ad attività COX sconosciuta. Ciò ha portato alla scoperta delle COX-2 con caratterisiche e distribuzione peculiari.Gli inibitori selettivi delle COX-2: celecoxib e etoricoxib manifestano una minore tos-sicità gastrointestinale ma, a causa dei loro effetti cardiovascolari, sono da utilizzare solamente se il paziente presenta gravi rischi di ulcerazione gastrointestinale e san-guinamento.Recenti evidenze indicano che i pazienti trattati con inibitori selettivi della COX-2 possono avere un rischio aumentato di attacchi cardiaci e stroke. In base alle evi-denze disponibili, non è possibile quantificare precisamente l’aumento del rischio, ma è improbabile che gli inibitori selettivi della COX-2 provochino più di un attacco cardiaco o stroke aggiuntivo per 100 pazienti trattati in un anno, oltre al rischio nor-

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male (cioè rispetto ai pazienti non trattati). Con l’immissione in commercio degli anti-COX-2 occorre porre particolare attenzione ai potenziali effetti collaterali sul rene, sul SN, così come nella gravidanza e agli effetti negativi sulla adesività piastrinica.Nuove conoscenze fisiologiche e fisiopatologiche stanno emergendo sul ruolo dei COX-1 e dei COX-2. Alle conoscenze attuali i COX-1 sembrano omeostatici, mentre i COX-2 pro-infiammatori, ma ulteriori ricerche indicano ruoli più complessi, nella fisiologia e nella fisio-patologia, per le due isoforme enzimatiche. Stanno emergendo nuove potenzialità terapeutiche degli inibitori specifici delle COX-2, in particolare sullo sviluppo e la progressione della poliposi del colon e sul cancro del colon. È stata avanzata anche la possibilità che i COX-2 giochino un ruolo nella malattia di Alzheimer. I FANS possono posporre il parto prematuro inibendo la produzione di prostaglandine. Il ritardo nel parto è probabilmente da ascrivere all’inibizione delle COX-2 dato che l’mRNA delle COX-2 aumenta nel liquido amniotico e nella placenta immediatamente prima e all’inizio del parto.

Tabella 4.4 – FANS più utilizzati

Farmaco Dose Via di somministrazione

Posologia

Acido acetilsalicilico 300-900 mg orale 4-6 ore

Diclofenac 75 mg orale, rettale, i.m., i.v. 12-24 ore

Flurbiprofene 150-300 mg orale, rettale 24 ore

Ibuprofene 400 mg orale 6-8 ore

Indometacina 25-100 mg orale, rettale 12 ore

Ketoprofene 50 mg orale, i.m. 6-12 ore

Ketorolac (trometamolo)

10 mg orale, i.m., i.v. 4-6 ore

Naproxene 250-500 mg orale, rettale 12 ore

Paracetamolo 0.5-1 g orale 4-6 ore

Piroxicam 10-30 mg orale, i.m. 24 ore

Tenoxicam 20 mg orale 24 ore

Celecoxib 200 mg orale 12-24 ore

Parecoxib 40 mg i.m., i.v. 6-12 ore

Rofecoxib 12.5 mg orale 24 ore

Nimesulide 100 mg orale 12 ore

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Criteridiscelta

I criteri di scelta che il medico deve conoscere per utilizzare in maniera corretta i FANS possono essere schematicamente suddivisi in due gruppi: a) criteri correlati al farmaco (efficacia, tollerabilità, sicurezza, compliance, via e orario di sommini-strazione, posologia) e b) criteri correlati al paziente (risposta individuale, patologie e terapie concomitanti, età, gravidanza, tipo di affezione). È importante ricordare che tutti i FANS, a causa del loro meccanismo di azione, possono determinare effetti collaterali simili, ma che la comparsa di questi e l’efficacia del farmaco stesso sono spesso imprevedibili e basati su fattori individuali.

SicurezzaLa sicurezza di un prodotto dovrebbe costituire la prima regola nella scelta di un far-maco e il rischio di effetti collaterali deve sempre essere tenuto presente nell’impiego dei FANS, specie nelle terapie a lungo termine. Iniziare, per esempio, una terapia con fenilbutazone per una patologia reumatica minore è senz’altro azzardato perché il rischio di effetti collaterali seri è elevato.

ComplianceSe la sicurezza è il primo tra i criteri di scelta da considerare, la compliance è sicu-ramente il successivo. Quando l’acido acetilsalicilico era il solo farmaco disponibile, era logico e giustificato chiedere al paziente di assumere molte compresse al gior-no. Oggi esistono FANS somministrabili una o due volte al giorno, fatto che migliora l’adesione del paziente al trattamento e perciò rappresenta un vantaggio significativo.

Via di somministrazioneLa via di somministrazione ideale per i FANS è quella orale, in quanto migliore è l’as-sorbimento e il livello plasmatico del farmaco rispetto alla via rettale. L’assorbimento per via rettale infatti è spesso incompleto e possono manifestarsi fenomeni di irrita-zione locale o di erosione della mucosa rettale.La via parenterale non è di molta utilità in reumatologia mentre viene più frequente-mente usata per l’effetto analgesico in altre patologie acute, per esempio nelle coliche renali.

Orario di somministrazioneLa maggior parte dei FANS, e sicuramente quelli con una breve emivita plasmatica, sono molto più efficaci se somministrati alla sera piuttosto che al mattino in pazienti affetti da artrite reumatoide. Simili benefici dalla somministrazione serale possono essere ottenuti con altri FANS, particolarmente con il flubiprofene e il naproxene. I tempi di somministrazione dei FANS a lunga emivita (per esempio il piroxicam) sono diversi, questi farmaci infatti possono essere somministrati indifferentemente sia al mattino che alla sera con uguale efficacia.

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Risposta individualeIl fattore probabilmente più importante nel determinare sia l’efficacia terapeutica che gli effetti collaterali è la risposta individuale. Alcuni pazienti rispondono bene a un farmaco, altri ottengono buoni risultati con una diversa molecola. Purtroppo la risposta terapeutica è imprevedibile, non essendo correlabile al livello plasmatico o alla farmacocinetica di un determinato farmaco. Il solo modo attualmente dispo-nibile di selezionare un FANS appropriato per un particolare paziente è, pertanto, di provarne alcuni. Una volta trovato un FANS che sia attivo e ben tollerato, la sua efficacia dovrebbe mantenersi costante per un certo periodo di tempo.

Patologie e terapie concomitantiLa scelta del FANS viene senz’altro influenzata dalla presenza di altre patologie e di altre terapie a cui il paziente si debba sottoporre. È un comportamento corretto non somministrare acido acetilsalicilico o indometacina in pazienti con ulcera pep-tica. L’acido acetilsalicilico e il fenilbutazone non devono mai essere somministrati a pazienti in terapia con anticoagulanti orali, a differenza di altri FANS (oxicam, indolici, aril-acetici). Sono comunque da escludere dal trattamento con FANS pa-zienti affetti da emofilia, diatesi emorragiche e i soggetti geneticamente carenti di glucosio-6-fosfato deidrogenasi. Occorre somministrare con attenzione i FANS nei pazienti asmatici perché possono determinare con una certa frequenza (10%) una esacerbazione della sintomatologia. I FANS potenziano gli effetti degli antidiabetici con un aumento del rischio di ipoglicemia per cui è necessario, in caso di associa-zione, controllare accuratamente la glicemia.

Età del pazienteImportanti modificazioni della farmacocinetica dei FANS si possono osservare nell’anziano. La riduzione dei tassi plasmatici di albumina, il rallentamento dei processi metabolici, la ridotta clearance renale aumentano i potenziali rischi di tossicità. Occorre pertanto una maggiore attenzione nell’osservazione di even-tuali effetti collaterali e/o modificazioni degli esami di laboratorio, soprattutto se il paziente è in terapia anche con altri farmaci, per l’aumentato rischio di interazioni.

GravidanzaUna corretta informazione sul possibile utilizzo dei FANS durante la gravidanza è di grande importanza poiché tale trattamento farmacologico potrebbe, in teoria, pro-vocare danni sul feto. I FANS tradizionali, in particolar modo l’acido acetilsalicilico, sono stati utilizzati per anni e non vi sono prove sicure di un loro effetto teratogeno. Altri FANS (il naproxene, il ketoprofene e l’ibuprofene) non hanno evidenziato effetti teratogeni nell’uomo. L’inibizione della sintesi delle prostaglandine da parte dei FANS può ritardare l’insorgenza del travaglio di parto, con prolungamento del tempo di ge-stazione; inoltre, a causa dell’effetto antipiastrinico dei FANS e in particolare dell’aci-do acetilsalicilico, si può avere una maggiore incidenza di emorragie post-partum

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e neonatali, per cui si consiglia di sospendere la terapia nelle ultime settimane di gravidanza.Non esiste, al momento attuale, il FANS ideale. È il medico che deve fare la sua scelta personale in base alla patologia da trattare, alla durata del trattamento e alle eventua-li patologie e terapie concomitanti. È importante rilevare infatti come ancora non si conosca la causa della diversità di risposta dei vari pazienti a questi farmaci, che pure sembrano possedere meccanismi d’azione molto simili tra loro.La scelta da parte del medico di un numero limitato di FANS da utilizzare a scopo terapeutico, tra gli innumerevoli prodotti in commercio, appare razionale in quanto consente al medico stesso di acquisire una certa esperienza e conoscenza sulla effica-cia e tollerabilità di queste molecole.

4.2 Analgesicimaggiori

Questi farmaci sono chiamati “analgesici oppioidi” e includono tutti gli alcaloidi na-turali dell’oppio e i derivati semisintetici, nonché i derivati di sintesi e altri composti simili agli oppioidi, le cui azioni sono bloccate dall’antagonista per i recettori degli oppioidi naloxone. Nell’oppio sono contenuti numerosi alcaloidi, il principale dei quali è la morfina, presente in una concentrazione di circa il 10%.Gli oppioidi includono composti con attività: agonista, agonista parziale (ago-antago-nista) e antagonista.I recettori degli oppioidi sono ampiamente distribuiti nel sistema nervoso centrale e sono stati classificati in tre tipi. I recettori m hanno la più elevata concentrazione nelle aree cerebrali nocicettive e sono i recettori tramite cui la maggior parte degli analgesici oppioidi inducono analgesia. I recettori d e k hanno più elevata affinità

Tabella 4.5 – L’odontoiatria e il medico devono evitare di:

− presentare i FANS al paziente come farmaci esclusivamente antalgici;− ritenere i FANS intercambiabili fra loro;− sottovalutare le differenze di efficacia e tossicità tra i vari FANS;− abbandonare in fretta, per uno nuovo, un FANS con una buona “anzianità di lodevole servizio”;− sottovalutare l’importanza del monitoraggio anamnestico-clinico degli effetti indesiderati del

farmaco;− non procedere a una sistematica verifica dell’efficacia di altri FANS in caso di insuccesso di uno

di essi;− stabilire gerarchie di potenzialità gastrolesiva tra i differenti FANS, che il più delle volte sono

arbitrarie;− sottovalutare il rischio di associazioni apparentemente “tranquille” (ad esempio, quella tra acido

acetilsalicilico e vitamina C) o addirittura giustificarle nell’erronea convinzione che si riducano gli effetti collaterali di un FANS (ad esempio: associazione bicarbonato-acido acetilsalicilico);

− non tener conto nella scelta del FANS della prevedibile compliance del paziente (dimensioni delle compresse, numero delle somministrazioni ecc.);

− associare più FANS invece di utilizzarne uno solo a dose piena;− non rispettare le tappe del corretto approccio al malato (shunt anamnesi → terapia).

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rispettivamente per le encefaline e le dinorfine. L’attivazione dei recettori k produce anche analgesia ma, a differenza degli agonisti m (ad esempio morfina) che causano euforia, i k agonisti (ad esempio pentazocina, nalbufina) inducono disforia. Alcuni analgesici oppioidi (ad esempio pentazocina) inducono effetti stimolanti e psicoto-mimetici per azione sui recettori s (la fenciclidina, farmaco psicotomimetico, si lega a questi recettori). Poiché questi effetti non sono bloccati dal naloxone, i recettori s non sono considerati recettori oppioidi.I peptidi oppioidi hanno azioni inibitorie sulle sinapsi del sistema nervoso centrale e dell’intestino. I recettori oppioidi sono legati a proteine G che aprono i canali del potassio (inducendo iperpolarizzazione) e chiudono i canali del calcio (inibendo la liberazione del trasmettitore). Gli effetti eccitatori degli oppioidi (ad esempio a livello del ponte/mesencefalo) sono indiretti, dovuti all’inibizione della liberazione di acido g-aminobutirrico (GABA).I peptidi oppioidi endogeni derivano da tre proteine: a) la pre-pro-opiomelanocortina (POMC) che contiene le sequenze di met-encefalina, beta-endorfina e di molti pepti-di non oppioidi, inclusi l’ormone adrenocorticotropo (ACTH), la beta-lipotropina e l’ormone stimolante i melanociti; b) la preproencefalina (proencefalina A) che con-tiene sei copie di met-encefalina e una copia di leu-encefalina; c) la preprodinorfina (proencefalina B) che contiene molti peptidi oppioidi attivi con la sequenza della leu-encefalina (dinorfina A, dinorfina B, neoendorfine). Due altri peptidi, la endomor-fina-1 e la endomorfina-2, presentano molte delle proprietà dei peptidi oppioidi e in particolare quella analgesica.Le molecole precursori dei peptidi oppioidi endogeni e le endomorfine sono presenti in aree cerebrali coinvolte nella modulazione della sensazione dolorosa e vengono ri-lasciate durante stimoli stressogeni come il dolore o la previsione di dolore e diminu-iscono l’intensità di stimoli nocicettivi. Esiste la possibilità concreta che l’agopuntura rilasci peptidi oppioidi endogeni.È stato identificato un sistema ligando-recettore N/OFQ, omologo ai peptidi oppioidi. Il recettore principale di questo sistema è il sottotipo recettoriale simil-oppioide 1 per l’orfanina (ORL1 1) accoppiato alla proteina G e il suo ligando endogeno è stato denominato nocicettina o orfanina FQ. La nocicettina è strutturalmente simile alla dinorfina e agisce esclusivamente sul recettore ORL1, ora conosciuto come NOP. Il sistema N/OFQ è largamente espresso nel SNC e in periferia ed è implicato in attività sia pro- che anti-nocicettive come nella modulazione della “ricompensa” da farmaci, apprendimento, umore, ansietà e parkinsonismo.

AssorbimentoLa maggior parte degli analgesici oppioidi è ben assorbita per via sottocutanea, in-tramuscolare e orale. A causa del first-pass effect, la dose orale di un oppioide (ad esempio morfina) necessaria per produrre un effetto terapeutico è significativamente più elevata di quella richiesta utilizzando la via parenterale.Esiste una considerevole variabilità individuale per il metabolismo first-pass effect degli oppioidi, e ciò rende difficile prevedere l’effetto di una determinata dose orale.

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Alcuni analgesici come la codeina e l’ossicodone sono molto efficaci per via orale per-ché soggetti a un first-pass effect ridotto. L’insufflazione nasale di alcuni oppioidi può risultare in rapidi livelli ematici terapeuticamente utili, evitando il first-pass effect.Altre vie di somministrazione utilizzate sono attraverso la mucosa orale e mediante cerotti transdermici che possono garantire un rilascio di analgesici potenti per vari giorni.

DistribuzioneGli analgesici oppioidi si legano alle proteine plasmatiche con vario grado di affi-nità, abbandonano rapidamente il circolo e si localizzano in elevate concentrazioni in tessuti altamente perfusi quali il cervello, i polmoni, il fegato, i reni e la milza. Le concentrazioni nel muscolo scheletrico sono notevolmente più basse, ma per la sua maggiore massa costituisce il principale serbatoio di riserva. L’accumulo nel tessuto adiposo è elevato particolarmente dopo frequenti somministrazioni di dosaggi elevati o infusione continua di oppioidi altamente lipofili che vengono metabolizzati lenta-mente (fentanil).

Figura 4.2 – Analgesici oppioidi.

Peptidi endogeni

– endorfine– dinorfine– encefaline

Oppioidi Analgesici oppioidi

Forti– morfina– diamorfina (eroina)– ossicodone– pentazocina– metadone– petidina– buprenorfina*– fentanile

Moderati / deboli– diidrocodeina– codeina– destropropossifene

* antagonista parziale

recettoreoppioide

materia grigiaperiacqueduttale

recettorioppioidi

nucleo magnusdel rafe

locus coeruleus

po

nte

/ m

esen

cefa

lo

noradrenalina

serotonina(SHT)

neuronerelay

corno dorsale del midollo

sostanza Pglutammato

neurone afferente primario

nocicettori C-polimodaliAd meccanocettori

+

––

––

++

+

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MetabolismoLa morfina, che contiene gruppi ossidrilici liberi, è coniugata a morfina-3-glucuroni-de (M3G) e il 10% della morfina è metabolizzato a morfina-6-glucuronide (M6G), un metabolita attivo che possiede proprietà analgesiche da 4 a 6 volte superiori a quel-le della morfina stessa. Tuttavia, questi metaboliti polari hanno limitata capacità di superare la barriera emato-encefalica e non contribuiscono in maniera significativa agli effetti sul SNC.L’accumulo di questi metaboliti può causare effetti collaterali inaspettati in pazienti con insufficienza renale o dopo somministrazione di dosi elevate di morfina: eccita-zione del SNC (convulsioni) indotta da M3G e aumentata o prolungata azione oppio-ide prodotta da M6G.Gli esteri (eroina, remifentanil) sono rapidamente idrolizzati dalle comuni esterasi tessutali. L’eroina (diacetilmorfina) viene idrolizzata a monoacetilmorfina e infine a morfina, la quale viene successivamente coniugata con acido glucuronico.Codeina, ossicodone e idrocodone sono convertiti dal citocromo P450 epatico in me-taboliti con attività aumentata (la codeina è demetilata a morfina). Nel caso della codeina, la conversione a morfina può essere importante perché la codeina come tale ha un’affinità relativamente bassa per i recettori oppioidi, perciò i pazienti possono provare sia scarso effetto analgesico sia una risposta esagerata, in rapporto a diffe-renze nella conversione metabolica.Il metabolismo ossidativo epatico è la via principale di degradazione degli oppioidi fenil-piperidinici (petidina, fentanil, alfentanil, sufentanil) metabolizzati quasi completamente.Il citocromo P450 metabolizza il fentanil per dealchilazione nel fegato ed è presente nella mucosa dell’intestino tenue e contribuendo al first-pass effect per il fentanil assunto per via orale.In pazienti con diminuita funzionalità renale o con somministrazioni ripetute di alti dosaggi di petidina si può verificare accumulo di norpetidina, metabolita demetilato della petidina.

EscrezioneI metaboliti polari degli oppioidi, compresi i coniugati glucuronidi, sono escreti pre-valentemente con le urine. Con le urine, comunque, possono essere eliminate anche piccole quantità di tali farmaci in forma immodificata. I composti coniugati con acido glucuronico sono escreti anche con la bile, ma il circolo entero-epatico rappresenta solo una piccola parte del processo di escrezione.

Analgesicioppioidipotenti

Sono particolarmente utilizzati per il trattamento del dolore sordo, scarsamente loca-lizzato (viscerale). Il dolore somatico è nettamente definito e può essere contrastato con analgesici oppioidi deboli o con anti-infiammatori non steroidei.La morfina per via parenterale è molto utilizzata nel trattamento del dolore grave mentre la morfina per via orale è il farmaco di scelta per i pazienti terminali.

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La diamorfina (eroina, diacetilmorfina) è più liposolubile della morfina e perciò ha un più rapido inizio d’azione se somministrata per via iniettiva. Ai livelli di picco massi-mo è più sedativa della morfina, piccole dosi epidurali di diamorfina sono utilizzate per il controllo del dolore grave.Il fentanil, l’alfentanil e il ramifetanil sono m agonisti potenti, molto liposolubili e a rapida azione. Sono somministrati per via intravenosa per indurre analgesia durante il mantenimento dell’anestesia. Basse dosi di fentanil e alfentanil hanno breve durata d’azione a causa della rapida redistribuzione mentre dosi più elevate saturano i tessu-ti e l’azione è più prolungata.Il fentanil può essere somministrato per via transdermica per il dolore cronico sta-bile, soprattutto se gli oppioidi per via orale inducono nausea e vomito incoercibili. Questi cerotti transdermici non sono utilizzabili nel dolore acuto.

Analgesicioppioidimenopotenti

Alcuni analgesici, come la codeina e la diidrocodeina, sono meno potenti della morfi-na e non possono essere somministrati a dosi equi-analgesiche per il manifestarsi di effetti collaterali. A causa di queste limitazioni posologiche è meno probabile che si producano depressione respiratoria e dipendenza e perciò sono utilizzabili nel dolore lieve e moderato.Gli analgesici oppioidi deboli possono indurre dipendenza e divenire farmaci d’abu-so, sono però meno utilizzati dai tossicodipendenti perché non inducono la caratteri-stica sensazione della somministrazione intravenosa.La codeina (metilmorfina) è ben assorbita per via orale ma ha un’affinità molto bassa per i recettori degli oppioidi. Circa il 10% viene demetilato nel fegato a morfina, che è responsabile degli effetti analgesici della codeina.Gli effetti collaterali (stipsi, vomito, sedazione) limitano i dosaggi a livelli che pro-ducono una minor analgesia della morfina. La codeina viene utilizzata anche come antitussivo e antidiarroico.

Antagonisti

Il naloxone è un antagonista specifico dei recettori oppioidi e blocca la depressione respiratoria causata da farmaci morfino-simili. Esso scatena anche la sindrome d’asti-nenza quando si sia stabilita la dipendenza.

Effetticentrali

Analgesia La sensazione dolorosa consiste di componenti sia sensoriali che affettivi (emotivi). Gli oppioidi sono gli unici farmaci che possono ridurre entrambi gli aspetti dell’esperienza dolorosa e specialmente la componente affettiva. All’opposto, i farmaci antidolorifici antinfiammatori non steroidei non hanno effetti specifici sulla componente emotiva.

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Tabella 4.6 – Oppioidi

Agonisti a elevata potenza

Fenantreni MorfinaIdromorfoneOximorfoneEroina

Fenileptilamine Metadone

Fenilpiperidine FentanilSufentanilAlfentanilRemifentanilPetidina

Morfinani Levorfanolo

Agonisti con moderata potenza

Fenantreni CodeinaOxicodoneDiidrocodeina Idrocodone

Fenileptilamine Propossifene

Fenilpiperidine DifenoxilatoDifenoxina Loperamide

Oppioidi con azioni miste

Fenantreni Nalbufina Buprenorfina

Morfinani Butorfanolo

Benzomorfani Pentazocina

Altri analgesici Tramadolo Tapentadolo

Antagonisti oppioidi puri NaloxoneNaltrexoneMetilnaltrexone bromuroAlvimopanNalmefene

EuforiaI pazienti o i tossicodipendenti che hanno assunto morfina per via endovenosa prova-no una piacevole sensazione di euforia, associata a riduzione di ansia e angoscia ma a volte può comparire uno stato disforico piuttosto che effetti piacevoli. La disforia è uno stato di inquietudine che si accompagna ad agitazione e a una sensazione di malessere.

SedazioneSonnolenza e obnubilamento mentale sono effetti che si presentano frequentemente in seguito ad assunzione di oppioidi. Gli oppioidi inducono più frequentemente sonno

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nell’anziano che nel giovane, in generale comunque il paziente può essere facilmente risvegliato. L’associazione della morfina con altri tarmaci deprimenti centrali, come i sedativo-ipnotici, può causare sonno profondo. La morfina a dosi analgesiche stan-dard altera i normali profili di sonno REM e non-REM.

Depressione respiratoriaTutti gli analgesici maggiori possono indurre depressione respiratoria attraverso l’inibizione del centro respiratorio a livello del tronco cerebrale. La PCO2 alveolare può aumentare, ma si ha una significativa ridotta sensibilità all’anidride carbonica. La depressione respiratoria è dose-dipendente. Quando intensi stimoli dolorosi, che hanno prevenuto l’effetto deprimente di una dose elevata di un oppioide si riducono, la depressione respiratoria può improvvisamente divenire marcata.

Effetto antitosse (bechico)La soppressione del riflesso della tosse è un tipico effetto degli oppioidi. La codeina, in particolare, è utilizzata con successo in soggetti affetti da tosse patologica e in pazienti in cui è necessario mantenere la ventilazione attraverso intubazione endotra-cheale. La soppressione della tosse da parte degli oppioidi può causare accumulo di secrezioni e quindi procurare ostruzione delle vie respiratorie e atelettasie.

MiosiTutti gli agonisti oppioidi inducono costrizione delle pupille. Non c’è abitudine alla miosi; tale segno è, quindi, utile per la diagnosi di sovradosaggi (overdose) di oppioidi in quanto, anche nei tossicomani in cui è presente un grado elevato di abitudine, si manifesta miosi.

Rigidità del troncoVari oppioidi causano un aumento del tono dei muscoli del tronco che sembra essere la conseguenza di un’azione a livello spinale, sebbene ci siano prove che esso dipenda anche da un’azione a livello sopraspinale. La rigidità del tronco riduce la complian-ce toracica e quindi influenza la ventilazione. Per prevenire la rigidità conservando l’analgesia occorre l’impiego contemporaneo di bloccanti neuromuscolari.

Nausea e vomitoGli analgesici oppioidi possono attivare la zona chemio-recettoriale scatenante del tronco cerebrale e indurre nausea e vomito. Anche un’altra componente può essere coinvolta in questi effetti, in quanto l’attività locomotoria sembra aumentare l’inci-denza della nausea e del vomito, probabilmente attraverso un’azione a livello dell’ap-parato vestibolare.

TemperaturaLa regolazione omeostatica della temperatura corporea è mediata in parte dall’azione di peptidi oppioidi nel SNC e la somministrazione di agonisti oppioidi dei recettori m

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(morfina) produce ipotermia. Per contro la somministrazione di agonisti k (pentazo-cina, nalbufina, buprenorfina) induce ipertermia.

Effettiperiferici

Apparato cardiovascolareLa maggior parte degli analgesici oppioidi non esplica significativi effetti diretti sul cuore (eccetto la bradicardia) né influenza la pressione arteriosa. Gli oppioidi non causano significative alterazioni della gittata cardiaca e del tracciato elettrocardio-grafico tranne che nei pazienti con ipovolemia.Gli analgesici oppioidi influenzano in misura trascurabile il circolo cerebrale, fat-ta eccezione per i casi in cui la PCO2 si eleva in seguito a depressione respiratoria. L’aumentata PCO2 causa vasodilatazione cerebrale e riduce le resistenze vascolari cerebrali, aumenta il flusso ematico cerebrale e innalza la pressione del liquido cefa-lorachidiano (ipertensione endocranica).

Apparato gastrointestinaleLa stipsi è un effetto degli oppioidi che non diminuisce con l’impiego prolungato. Recettori oppioidi sono presenti a livello del tratto gastrointestinale e gli effetti costipanti sono mediati da azioni sul sistema nervoso enterico così come a livello del SNC.

Vie biliariGli oppioidi provocano contrazione della muscolatura liscia delle vie biliari che può essere responsabile di coliche biliari. La contrazione dello sfintere di Oddi può cau-sare riflusso biliare e delle secrezioni pancreatiche e aumento dei livelli plasmatici di amilasi e lipasi.

Apparato urinarioGli oppioidi deprimono la funzionalità renale per riduzione del flusso plasmatico re-nale e possono diminuire la pressione ematica sistemica e la velocità di filtrazione glomerulare. Gli oppioidi aumentano anche il riassorbimento tubulare di sodio.Il tono ureterale e vescicale è aumentato da dosi terapeutiche di analgesici oppioidi. Un aumento del tono dello sfintere uretrale può precipitare una ritenzione urinaria, special mente nella fase postoperatoria.

UteroGli oppioidi possono prolungare il travaglio, il meccanismo responsabile di questo effetto non è chiaro; il tono uterino può, comunque, essere ridotto dagli oppioidi con meccanismi sia centrali che periferici.

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Apparato neuroendocrinoGli analgesici oppioidi stimolano la liberazione di ormone antidiuretico (ADH), di prolattina e di somatotropina, mentre inibiscono il rilascio dell’ormone luteinizzante. Tali effetti sono probabilmente dovuti a un’interferenza a livello ipotalamico, dove svolgono funzione regolatoria.

PruritoDosi terapeutiche di oppioidi possono indurre arrossamenti cutanei talora accompa-gnati da sudorazione e prurito, queste reazioni sembrano dovute a effetti centrali e a liberazione di istamina.

Altri effettiGli oppioidi modulano le azioni del sistema immunitario attraverso effetti sulla proli-ferazione linfocitaria, la produzione di anticorpi e la chemiotassi. I leucociti migrano al sito di lesioni tessutali e rilasciano peptidi oppioidi che a loro volta contrastano il dolore.

Effetti degli ago-antagonisti

La buprenorfina è un agonista oppioide provvisto di alta affinità di legame, ma bassa attività intrinseca per il recettore m. La bassa velocità di dissociazione da tale recet-tore la rende un’interessante alternativa al metadone per il trattamento dell’astinenza da oppioidi. Essa funziona da antagonista dei recettori d e k e per tale ragione è considerata un farmaco “agonista-antagonista misto”. Sebbene la buprenorfina sia usata come analgesico, può antagonizzare l’azione di agonisti m più potenti, come la morfina.Pentazocina e nalbufina rappresentano altri esempi di oppioidi analgesici agonisti-antagonisti. I tarmaci agonisti-antagonisti possono indurre effetti psicotomimetici con allucinazioni, incubi e ansia.

Utilizzi clinici

AnalgesiaLa percezione del dolore sperimentata dal paziente è spesso descritta in termini di una scala visuale analogica (VAS), con descrizioni variabili da nessun dolore (0) a dolore atroce (10). Una scala simile può essere utilizzata con i bambini, questa sca-la è fornita di cinque facce che vanno dal sorriso (nessun dolore) al pianto (dolore massimo).L’errore più comune compiuto dai medici nel prescrivere gli analgesici oppioidi è rappresentato dall’incapacità di somministrare una dose sufficiente a raggiungere il sollievo ottimale dal dolore. Altrettanto importante è il principio che dopo la conse-gna del piano terapeutico, la sua efficacia deve essere controllata e il piano stesso modificato, se necessario, qualora la risposta sia risultata eccessiva o inadeguata.

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L’uso degli oppioidi in situazioni acute contrasta con il loro uso nel trattamento cro-nico del dolore, che deve considerare anche lo sviluppo di abitudine e di dipendenza fisica agli analgesici oppioidi.Nel trattamento del dolore, la somministrazione di analgesici maggiori a dosi e inter-valli fissi è più efficace di quanto non lo sia la somministrazione basata sulle richieste del paziente.Sono disponibili forme posologiche che permettono un più lento rilascio del farmaco (ad esempio forme a rilascio prolungato di morfina e ossicodone). Qualora disturbi del tratto gastrointestinale impediscano l’uso delle preparazioni di morfina a lento rilascio, il fentanil transdermico (sotto forma di cerotto) può essere usato per lunghi periodi. Il fentanil per via transmucosa orale può essere usato per trattare bruschi episodi dolorosi.

Edema polmonare acutoRilevante utilità dimostra la somministrazione endovenosa di morfina nella dispnea da edema polmonare associato a insufficienza ventricolare sinistra.Anche se il meccanismo non è stato ancora completamente chiarito, sembrano esse-re coinvolti i seguenti fattori: a) ridotta percezione psichica dell’ostacolata funzione respiratoria, b) ridotto precarico (diminuzione del tono venoso) e postcarico cardiaci (diminuzione delle resistenze periferiche).La morfina può essere particolarmente utile quando usata per trattare il dolore da ischemia miocardica associato a edema polmonare.

TosseL’effetto bechico può essere ottenuto con dosi più basse di quelle richieste per indur-re analgesia. In questi ultimi anni l’uso di analgesici oppioidi nel trattamento della tosse è divenuto sempre meno frequente in quanto sono stati sintetizzati farmaci che non producono analgesia e non sono tossicomanigeni.

DiarreaGli analgesici stupefacenti possono controllare diarree di varia origine; se la diarrea è associata a un’infezione, l’uso di questi farmaci non deve sostituirsi a un’adeguata chemioterapia. Sono stati sviluppati surrogati sintetici, come il difenossilato, forniti di una più specifica azione a livello gastrointestinale e con scarsi o nulli effetti sul sistema nervoso centrale.

AnestesiaGli oppioidi sono frequentemente utilizzati in pre-anestesia per le loro proprietà se-dative, ansiolitiche e analgesiche e possono anche essere usati nel corso di interventi chirurgici in aggiunta ad altri anestetici. Possono essere utilizzati come anestetici primari soprattutto in chirurgia cardiovascolare e in altri interventi chirurgici ad alto rischio in cui è indispensabile ridurre il più possibile la depressione cardiovascolare. In questi casi è richiesta un’assistenza respiratoria meccanica.

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Grazie alla loro azione diretta sui neuroni superficiali delle coma dorsali del midollo spinale, gli oppioidi possono essere utilizzati come analgesici regionali (somministra-zione a livello dello spazio epidurale o subaracnoideo della colonna). In casi rari gli specialisti del trattamento del dolore cronico possono impiantare chirurgicamente una pompa a infusione programmabile connessa a un catetere spinale per l’infusione continua di oppioidi o altri composti analgesici.

Controindicazionieprecauzioni

Utilizzo in gravidanzaNelle gestanti che assumono cronicamente oppioidi, il feto può sviluppare dipenden-za in utero e presentare, quindi, una sindrome di astinenza alla nascita. Una dose giornaliera di eroina, assunta dalla gravida, comporterà nel neonato una sindrome con grave sintomatologia caratterizzata da irritabilità, pianto insistente, diminuzione del riflesso della suzione, diarrea e convulsioni. Quando si ritiene che i sintomi della crisi di astinenza neonatale siano lievi, il trattamento è rivolto al controllo di questi sintomi con farmaci come il diazepam.

Utilizzo nei pazienti con alterata funzionalità polmonareNei pazienti con riserva respiratoria ai limiti, le proprietà deprimenti degli analgesici stupefacenti possono provocare un’insufficienza respiratoria acuta.

Utilizzo in pazienti con alterata funzionalità epatica o renaleLa morfina e i suoi analoghi, essendo metabolizzati principalmente a livello epatico attraverso processi di coniugazione con glucuronidi, sono controindicati nei pazienti

Tabella 4.7 – Oppioidi più utilizzati

Farmaco Dose Via di somministrazione

Posologia

Morfina 10 mg s.c., i.m., i.v., orale 4 ore

Buprenorfina 200-400 mg sublinguale, i.m., i.v. 8 ore

Destropropossifene 65 mg orale 6-8 ore

Meperidina 50-150 mg s.c., i.m., i.v., orale 4 ore

Metadone 10-20 mg s.c., i.m., i.v., orale 12 ore

Metilnaltrexone 8 mg; 12 mg s.c. 48 ore

Ossicodone 5-10 mg orale 6 ore

Pentazocina 30-50 mg s.c., i.m., i.v., orale 3-4 ore

Tramadolo 50-100 mg i.m., i.v., orale 4-6 ore

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in coma pre-epatico. L’emivita è prolungata in pazienti con diminuita funzionalità re-nale e la morfina e il suo metabolita attivo, morfina 6-glucuronide, possono accumu-larsi; è perciò indispensabile ridurre il dosaggio.

Utilizzazione in pazienti con affezioni endocrinePazienti con insufficienza surrenalica (morbo di Addison) e con ipotiroidismo (mixe-dema) mostrano una più prolungata e intensa risposta agli oppioidi.

Dipendenza

La farmacodipendenza da oppioidi è caratterizzata da una sindrome relativamente specifica di sospensione o di astinenza. La dipendenza e la gravità della sindrome di astinenza variano in rapporto all’oppioide utilizzato, così come varia il profilo farma-cologico dei vari composti appartenenti a questa categoria di farmaci. Nell’utilizzo te-rapeutico è da prendere in considerazione il rischio di indurre dipendenza; tuttavia, in nessun caso, un adeguato trattamento del dolore dovrebbe essere negato solamente perché un oppioide è suscettibile di abuso o perché la legge ne complica le modalità di prescrizione.

Altrifarmaci

La lidocaina e la mexiletina, utili in alcuni stati di dolore cronico, possono agire bloccando il canale PN3/SNS. Sono state introdotte come cerotti o unguenti che ri-lasciano agenti che bloccano la trasduzione o la trasmissione periferica del dolore. Stanno divenendo disponibili prodotti che hanno come bersaglio i recettori periferici della capsaicina e le funzioni dei canali per il sodio. La ziconotide, un bloccante dei canali del calcio N-voltaggio-dipendenti, è stato approvato per l’analgesia intratecale di pazienti con dolore cronico refrattario; è un peptide sintetico correlato alla tossina di una lumaca marina, la omega-conotossina, che blocca selettivamente questi canali per il calcio.Gabapentin e pregabalin sono anticonvulsivanti analoghi del GABA, sono un effi-cace trattamento per il dolore neuropatico (da lesione del nervo) e quello da infiam-mazione. Agiscono sui canali del calcio voltaggio-dipendenti contenenti la subunità alfa2delta1.La ketamina a dosi molto basse migliora l’analgesia da oppioidi e riduce le richieste in condizione di assuefazione. Sembra che la ketamina applicata localmente abbia effetti analgesici attraverso i suoi recettori nicotinici.La stessa nicotina e alcuni suoi analoghi possono causare analgesia, ed è sotto esa-me il loro impiego per l’analgesia postoperatoria.Ricerche sui cannabinoidi e vanilloidi indicano che il D-9-tetraidrocannabinolo, che agisce in primo luogo sui recettori per i cannabinoidi CB1, può sinergizzare con gli analgesici attivi sui recettori m e interagire con il recettore capsaicinico TRPV1 nel determinare analgesia in alcune circostanze.

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4.3 Cortisonici

I glucocorticoidi sono utilizzati per sopprimere risposte infiammatorie, allergiche e immunitarie. La terapia antinfiammatoria viene utilizzata in molte patologie (ad esem-pio artrite reumatoide, colite ulcerativa, asma bronchiale, stati infiammatori gravi dell’occhio e della pelle). La soppressione del sistema immunitario risulta utile nel prevenire il rigetto dopo trapianto di tessuti. I corticosteroidi sono utilizzati anche per la soppressione della linfopoiesi in pazienti con particolari forme di leucemie e linfomi.I corticosteroidi possono produrre un netto miglioramento in determinate malattie, ma dosi elevate e prolungate possono provocare gravi effetti collaterali che sono ge-neralmente prevedibili in base alle azioni dei farmaci impiegati.

Meccanismi d’azioneIl cortisolo e i glucocorticoidi di sintesi diffondono nelle cellule bersaglio e si legano a recettori citoplasmatici glucocorticosteroidei che appartengono alla super-famiglia dei recettori steroidei, tiroidei e retinoidi. Il complesso attivato recettore-glucocor-ticoide entra nel nucleo e si lega a elementi regolatori specifici con bersaglio le mo-lecole di DNA inducendo la sintesi di specifici mRNA e reprimendo geni mediante l’inibizione di fattori di trascrizione (ad esempio NFkB). Nella maggior parte dei casi clinici si utilizzano glucocorticoidi di sintesi, perché hanno più elevata affinità per il recettore, sono inattivati meno rapidamente e hanno scarsa o nulla attività di riten-zione salina.L’idrocortisone è utilizzato: per via orale per la terapia sostitutiva, per via endoveno-sa nello shock e nello stato asmatico o per applicazione topica (ad esempio unguento nell’eczema, clistere nella colite ulcerativa).Il prednisolone è il farmaco più largamente impiegato per somministrazione orale nelle malattie infiammatorie e allergiche.Il betametasone e il desametasone sono molto potenti e non hanno effetti di riten-zione salina. Sono utilizzati soprattutto per trattamenti che richiedono elevati dosag-gi, come nel caso dell’edema cerebrale, in cui la ritenzione idrica sarebbe dannosa.Il beclometasone, il dipropionato e il budesonide hanno scarsa capacità di attra-versare le membrane e sono più attivi per via topica rispetto alla somministrazione orale. Vengono utilizzati nell’asma (come aerosol) e topicamente nell’eczema grave, per assicurare un’azione antinfiammatoria locale con minimi effetti sistemici.Il triamcinolone è utilizzato nelle forme gravi di asma e, per iniezione intra-articola-re, nelle infiammazioni locali delle articolazioni.

Effetti metaboliciI glucocorticoidi sono essenziali per la vita, il loro effetto principale è quello di faci-litare la conversione delle proteine a glicogeno. I glucorticoidi inibiscono la sintesi proteica e stimolano il catabolismo delle proteine ad aminoacidi. Sono stimolate la gluconeogenesi, la deposizione di glicogeno e la liberazione di glucosio dal fegato,

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FARMACI IN ODONTOIATRIA

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mentre è inibita l’assunzione di glucosio periferico. Durante il digiuno i glucocorti-coidi sono fondamentali per prevenire una ipoglicemia che potrebbe essere fatale.

Effetti antinfiammatori e immunosoppressiviI corticosteroidi possiedono potenti effetti antinfiammatori e sono ampiamente uti-lizzati a questo scopo. Tutte le risposte infiammatorie sono bloccate e in particolare l’edema precoce, l’arrossamento, il dolore e le alterazioni proliferative tardive, carat-teristiche dell’infiammazione cronica. L’infiammazione è bloccata attraverso diversi meccanismi: vengono diminuite le cellule immunocompetenti circolanti e i macrofagi e la formazione di mediatori pro-infiammatori come le prostaglandine, i leucotrieni e il fattore attivante le piastrine (PAF). Gli steroidi inducono questi ultimi effetti stimo-lando la sintesi nei leucociti di una proteina (annessina-1) che inibisce la fosfolipasi A2. Questo enzima, localizzato a livello della membrana cellulare, è attivato nelle cellule danneggiate ed è responsabile della formazione di acido arachidonico, pre-cursore di molti mediatori dell’infiammazione. I glucocorticoidi inibiscono anche il gene codificante la fosfolipasi A2, le COX-2 e il recettore della interleuchina-2 (IL-2). Questi geni solitamente sono attivati dal NFkB, ma gli steroidi inducono la sintesi di IkB che lega l’NFkB e lo inibisce, impendendone l’ingresso nel nucleo.

Figura 4.3 – Corticosteroidi.

Glucocorticoidi

Ormoni– idrocortisone (cortisolo)– (cortisone)

Sintetici– prednisolone– metilprednisolone– betametasone– desametasone– triamcinolone

– soppressione surrene

– aumentata suscettibilità alle infezioni

– diabete– distruzione muscolatura– arresto della crescita nei bambini– osteoporosi– psicosi– ulcera peptica

ACTH ↓risposte infiammatorie ↓risposte immunologiche ↓deposito glicogeno epatico ↑gluconeogenesi ↑fuoriuscita glucosio dal fegato ↑utilizzazione del glucosio ↓catabolismo delle proteine ↑catabolismo osseo ↑umore acido gastrico e pepsina ↑

Eff

etti

ormoni esogeni o farmaci

corticosteroidi(idrocortisone,aldosterone)

corticotropina(ACTH)

ipotalamo

pituitaria

cortecciasurrenale

cellula bersaglio

CRF

––

+

risposta allo steroide

sintesiproteicamRNA

RNA

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RS

S Rhsp90

Eff

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I glucorticoidi inducono molti effetti collaterali, particolarmente con le alte dosi ri-chieste per ottenere un’attività antinfiammatoria (effetti simili sono prodotti dall’ec-cesso di corticosteroidi presenti nella sindrome di Cushing).

Effetti metaboliciAlte dosi inducono rapidamente un viso arrotondato e pletorico (viso lunare) e il gras-so viene ridistribuito dalle estremità al tronco e al viso, si sviluppano strie purpuree e tendenza alle contusioni. Il disturbo a carico del metabolismo dei carboidrati porta a iperglicemia e occasionalmente a diabete. La perdita di proteine dai muscoli sche-letrici provoca debolezza muscolare che non può essere migliorata dall’assunzione di proteine con la dieta poiché è inibita la sintesi proteica. L’aumentato catabolismo os-seo può causare osteoporosi. I bifosfonati (tidronato, alendronato) sono incorporati nella matrice ossea e accumulati negli osteoclasti durante il riassorbimento osseo, ciò induce inibizione e apoptosi degli osteoclasti e riduzione del riassorbimento os-seo. I bifosfonati sono utilizzati per la prevenzione e il trattamento dell’osteoporosi indotta da corticosteroidi e nel trattamento dell’osteoporosi post-menopausale.

Ritenzione di fluidi, ipopotassiemia e ipertensioneCon i farmaci che presentano elevata attività mineralcorticoide si può manifestare ritenzione di fluidi, ipopotassemia e ipertensione, perciò l’idrocortisone e il corti-sone sono di solito utilizzati solamente per la terapia sostitutiva nell’insufficienza surrenalica.

Atrofia del surreneLa terapia con steroidi sopprime la secrezione di corticotropina e può portare ad atrofia del surrene. Possono essere necessari 6-12 mesi di sospensione della terapia

Tabella 4.8 – Cortisonici più utilizzati

Farmaco Dose Via di somministrazione

Cortisone acetato 25-37.5 mg/die orale

Idrocortisone 100-500 mg 3-4 volte al dì i.m., i.v.

Prednisolone 10-20 mg/die orale

Metilprednisolone 2-40 mg/die i.m., i.v., orale

Desametasone 0.5-20 mg/die i.m., i.v., orale

Deflazacort 3-18 mg/die orale

Triamcinolone 40 mg/die i.m., i.v., orale

Betametasone 0.5-20 mg/die i.m., i.v., orale

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per un ritorno alla norma della funzionalità surrenalica. Poiché la risposta del pa-ziente allo stress è abolita, è necessaria una somministrazione addizionale di steroidi in occasione di gravi stress (ad esempio interventi chirurgici, infezioni). La terapia con steroidi deve essere interrotta molto gradualmente in quanto una sospensione improvvisa provoca insufficienza surrenalica.

InfezioniVi è una aumentata suscettibilità alle infezioni che possono progredire se non rico-nosciute in quanto vengono bloccate le normali manifestazioni dello stato infettivo.

Altri effettiPsicosi, cataratta, glaucoma, ulcera peptica e riattivazione di infezioni nuove o quie-scenti (ad esempio tubercolosi).

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