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n° 7, 7 maggio 2010 - area dossier 6 Al processo Eternit sp Schm Dopo aver chiuso l'Eternit e lasciato in eredità ai cittadini di Casale Monferrato tonnellate di amianto, Stephan Schmi- dheiny ha fatto spiare per molti anni l'As- sociazione dei familiari delle vittime da una commercialista casalese. La notizia è emersa settimana scorsa a Torino al processo per i quasi tremila morti causati dalle quattro fabbriche italiane della multinazionale svizzera che vede impu- tati lo stesso Schmidheiny e il barone belga Jean Louis de Cartier De Mar- chienne, accusati di disastro doloso con- tinuato e inosservanza delle misure di sicurezza sui luoghi di lavoro. La figura e il ruolo di quella che nella cittadina piemontese chiamano “la spia degli svizzeri” sono stati descritti da Bruno Pesce, coordinatore del Comitato Vertenza Amianto e leader storico delle battaglie sindacali casa- lesi. Citato come testimone dal pro- curatore Raffaele Guariniello, Pesce ha raccontato una storia che a Casale Monferrato aggiunge dolore al do- lore. Perché a tradire l'intera comu- nità è stata una casalese, una che intorno a sé ha visto e vede soffrire e morire di mesotelioma centinaia di concittadini e dunque ben conosce il dramma umano e ambientale cau- sato dall'Eternit. Si chiama Maria Cristina Bruno, una commercialista con l'hobby del giornalismo che agiva per conto della società milanese di pubbliche relazioni Bellodi, al ser- vizio di Schmidheiny. «Il gruppo Eternit è stato un buon cliente fedele e storico... per circa vent'anni», ha confermato nel 2006 l'allora titolare Paolo Bellodi davanti agli ufficiali di Polizia giudiziaria della Procura di Torino che nell'ambito dell'inchiesta Eternit aveva scoperto questa sorta di “intelligence” per spiare le vittime di Casale (e in misura minore quelle delle altre località italiane dove la multinazionale svizzera ha seminato morte) e le loro mosse. «Maria Cristina Bruno si era avvici- nata a noi verso la fine degli anni Ot- tanta – racconta Bruno Pesce al nostro giornale – ma già in prece- denza si era introdotta nella Flm, il sindacato dei metalmeccanici, a cui offriva come giornalista freelance ar- ticoli per la stampa locale. Sicura- mente fu scelta per spiare la nostra associazione anche perché aveva già degli agganci col mondo del lavoro. Presentandosi come una giornalista molto interessata alla vicenda Eter- nit, iniziò a frequentare le nostre as- semblee e presto anche le riunioni più ristrette e noi, non avendo nulla da nascondere, la accettammo. Anche se era molto petulante: con grande insistenza e in continuazione ci chiedeva dati sui morti, sugli am- malati, sul numero delle parti offese, sui partecipanti alle nostre riunioni e voleva sempre sapere le nostre mosse successive e le strategie legali. Quando gli avvocati venivano a Ca- sale, faceva in modo di esserci e a volte si recava di persona nei loro studi per aggiornarsi, con la scusa di “portare un saluto” visto che “passava di lì”. Nessuno di noi immaginava però che fosse una spia. Pensavamo che il suo comportamento fosse un aspetto caratteriale. Anche perché ogni volta che – a suo dire – non ot- teneva le informazioni richieste rea- giva con frasi del tipo: “Ma insomma perché non mi dite niente? Guardate che io sono dei vostri!”». Dagli atti dell'indagine del procura- tore Raffaele Guariniello risulta che di Claudio Carrer, da Torino sia st Bello spion «Ma svolg nostr suo c magi quell (com gnol sinda ma a porto Er gli Pa m no Be de are Si po ten (im su ap pr gio fam e i ga ita M ni po so sen sca M da da qu zio luo La ta è int niva nit e Italia Mar dossi che marz sita a rico p sede l'am prese avvic scriv quan sarsi Io le senta in un tra il men una Casa erano man se er Primo maggio di lotta e canti La lezione dei casalesi Migliaia di persone al corteo di Lugano . Licenziamenti abusivi, salari indecenti, discriminazione e sicurezza i temi centrali Erano in tanti a sfilare questo primo maggio per le vie di Lugano. Ad ac- coglierli la voce di Bill Arigoni, tra- gicamente scomparso il 12 febbraio scorso. La registrazione risaliva a quando Arigoni fu licenziato abusi- vamente dopo 25 anni di servizio. Una storia simile a quella di molti operai, come Novella Chavez, im- piegata in una fabbrica di orologi per 22 anni e licenziata dopo una gravi- danza: «Ho sempre fatto gli straor- dinari richiesti, sabato e domenica compresi. Mi hanno licenziata per assumere qualcuno con un salario inferiore e più flessibile». «La festa dei lavoratori non è retorica – le ha fatto eco Françoise Gehring, sin- dacato Sev e presidente gruppo donne Uss – c'è chi onora una storia collettiva o chi desidera onorare una storia personale di fatica quoti- diana». «Cinquant’anni di lavoro per ricevere quanto un top manager in un anno» ha tuonato Saverio Lurati, presidente dell'Uss e segre- tario regionale di Unia Ticino e Moesa. Ha poi concluso Bruno Pesce, rappresentante delle vittime dell’amianto, parlando della neces- sità di unirsi per difendere i diritti dei lavoratori. La serata è poi prose- guita coi concerti seguiti da una folla in festa malgrado la pioggia. Bruno Pesce dell’Associazione vittime dell’amianto è intervenuto venerdì al dibattito organizzato dal nostro giornale Due aspetti sono emersi con forza durante la conferenza “Testimoni della strage del- l’Eternit” di venerdì scorso, organizzata dal nostro giornale. Il mancato intervento di molti, troppi attori nel fermare il killer amianto. Se il padrone di Eternit, Stephan Schmidheiny, aveva tutto l’interesse econo- mico affinché la lavorazione dell’asbesto con- tinuasse il più a lungo possibile, a turno gli oratori si sono interrogati sui ritardi di chi poteva e doveva intervenire. «Già nel 1918 le compagnie assicurative inglesi e americane rifiutavano la copertura sanitaria a chi lavo- rava con l’amianto» ha detto l’oncologo di fama mondiale Franco Cavalli. Solo dopo oltre settanta anni in Svizzera e Italia è stato definitivamente vietata la lavorazione del- l’amianto . Evidentemente, in tutti quegli anni, più di uno scienziato “compiacente” ha seminato dubbi sulla reale pericolosità del- l’amianto. Ma dove erano le autorità di con- trollo sulla sicurezza, Suva e ispettorato del lavoro in primis, agli inizi degli anni ottanta nello stabilimento Eternit di Niederurnen, si è chiesto Franco Basciani, ex operaio della fabbrica glaronese. Le stesse autorità canto- nali e federali, i politici, perché tardarono tanto a imporre il divieto della lavorazione dell’amianto? Dalla platea è stato anche ri- conosciuto il ritardo dei sindacati elvetici nell’intervenire con la necessaria durezza per fermare la bomba a orologeria. Se Schmi- dheiny guadagnava soldi con l’amianto, gli altri perché non intervenivano? Nella Sviz- zera che ama definirsi “virtuosa” rispetto agli altri paesi, l’affare amianto è stato avvolto da un velo di omertà. All’opposto, l’insegnamento dei casalesi nella tenacia nel perseguire la giustizia, del quale Bruno Pesce, coordinatore del comitato delle vittime dello stabilimento Eternit di Casale Monferrato (nella foto con Franco Basciani, ex operaio Eternit di Niederurnen)ha riper- corso le fasi storiche. Un movimento di base, operaio e sindacaliz- zato, quello di Casale, nato all’interno della fabbrica con i delegati della Cgil, il cui radi- camento nell’opinione pubblica è stato favo- rito dalla forte combattività dei lavoratori negli anni 70 nel difendere i loro diritti. Una lotta che dura da quasi 40 anni e che oggi si vede ricompensata con l’avvio del processo a Torino dove sono imputati gli ex padroni di Eternit. Lodando la tenacia e la combattività dei casalesi, un operaio presente in sala si è però chiesto: «Perché si riesce a portare a pro- cesso i responsabili solo quando gli operai sono morti?» Forse questa è la ragione per cui la vi- cenda dell’amianto è un’esperienza ancora at- tuale, di cui far tesoro perché utile a riconoscere gli errori commessi per evitarli nel presente e nel futuro. area - frabon area - frabon area - frabon area - frabon area - frabon area - hgf area - hgf area - hgf area - hgf

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n° 7, 7 maggio 2010 - area dossier

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Al processo Eternit sp

Schm Dopo aver chiuso l'Eternit e lasciato ineredità ai cittadini di Casale Monferratotonnellate di amianto, Stephan Schmi-dheiny ha fatto spiare per molti anni l'As-sociazione dei familiari delle vittime dauna commercialista casalese. La notiziaè emersa settimana scorsa a Torino alprocesso per i quasi tremila morti causatidalle quattro fabbriche italiane dellamultinazionale svizzera che vede impu-tati lo stesso Schmidheiny e il baronebelga Jean Louis de Cartier De Mar-chienne, accusati di disastro doloso con-tinuato e inosservanza delle misure disicurezza sui luoghi di lavoro.

La figura e il ruolo di quella che nellacittadina piemontese chiamano “laspia degli svizzeri” sono stati descrittida Bruno Pesce, coordinatore delComitato Vertenza Amianto e leaderstorico delle battaglie sindacali casa-lesi. Citato come testimone dal pro-curatore Raffaele Guariniello, Pesceha raccontato una storia che a CasaleMonferrato aggiunge dolore al do-lore. Perché a tradire l'intera comu-nità è stata una casalese, una cheintorno a sé ha visto e vede soffrire emorire di mesotelioma centinaia diconcittadini e dunque ben conosce ildramma umano e ambientale cau-sato dall'Eternit. Si chiama MariaCristina Bruno, una commercialistacon l'hobby del giornalismo cheagiva per conto della società milanesedi pubbliche relazioni Bellodi, al ser-vizio di Schmidheiny. «Il gruppoEternit è stato un buon cliente fedelee storico... per circa vent'anni», haconfermato nel 2006 l'allora titolarePaolo Bellodi davanti agli ufficiali diPolizia giudiziaria della Procura diTorino che nell'ambito dell'inchiestaEternit aveva scoperto questa sorta di“intelligence” per spiare le vittime diCasale (e in misura minore quelledelle altre località italiane dove lamultinazionale svizzera ha seminatomorte) e le loro mosse.«Maria Cristina Bruno si era avvici-nata a noi verso la fine degli anni Ot-tanta – racconta Bruno Pesce alnostro giornale – ma già in prece-denza si era introdotta nella Flm, ilsindacato dei metalmeccanici, a cuioffriva come giornalista freelance ar-ticoli per la stampa locale. Sicura-mente fu scelta per spiare la nostraassociazione anche perché aveva giàdegli agganci col mondo del lavoro.Presentandosi come una giornalistamolto interessata alla vicenda Eter-nit, iniziò a frequentare le nostre as-semblee e presto anche le riunionipiù ristrette e noi, non avendo nullada nascondere, la accettammo.Anche se era molto petulante: congrande insistenza e in continuazioneci chiedeva dati sui morti, sugli am-malati, sul numero delle parti offese,sui partecipanti alle nostre riunioni evoleva sempre sapere le nostre mossesuccessive e le strategie legali.Quando gli avvocati venivano a Ca-sale, faceva in modo di esserci e avolte si recava di persona nei lorostudi per aggiornarsi, con la scusa di“portare un saluto” visto che “passavadi lì”. Nessuno di noi immaginavaperò che fosse una spia. Pensavamoche il suo comportamento fosse unaspetto caratteriale. Anche perchéogni volta che – a suo dire – non ot-teneva le informazioni richieste rea-giva con frasi del tipo: “Ma insommaperché non mi dite niente? Guardateche io sono dei vostri!”». Dagli atti dell'indagine del procura-tore Raffaele Guariniello risulta che

di Claudio Carrer, da Torino

sia st Bello spion «Ma svolg nostr suo c magi quell (com gnol sinda ma a porto

Er gli Pa m no Be de are Si po ten (im su • ap pr gio fam e i ga ita M ni po so sen sca M da da qu zio luo

La ta è int niva nit e Italia Mar dossi che marz sita a rico p sede l'am prese avvic scriv quan sarsi Io le senta in un tra il men una Casa erano man se er

Primo maggio di lotta e canti

La lezione dei casalesi

Migliaia di persone al corteo di Lugano. Licenziamenti abusivi, salari indecenti, discriminazione e sicurezza i temi centrali

Erano in tanti a sfilare questo primomaggio per le vie di Lugano. Ad ac-coglierli la voce di Bill Arigoni, tra-gicamente scomparso il 12 febbraioscorso. La registrazione risaliva aquando Arigoni fu licenziato abusi-vamente dopo 25 anni di servizio.Una storia simile a quella di moltioperai, come Novella Chavez, im-piegata in una fabbrica di orologi per22 anni e licenziata dopo una gravi-danza: «Ho sempre fatto gli straor-dinari richiesti, sabato e domenicacompresi. Mi hanno licenziata perassumere qualcuno con un salarioinferiore e più flessibile». «La festadei lavoratori non è retorica – le ha

fatto eco Françoise Gehring, sin-dacato Sev e presidente gruppodonne Uss – c'è chi onora una storiacollettiva o chi desidera onorare unastoria personale di fatica quoti-diana». «Cinquant’anni di lavoroper ricevere quanto un top managerin un anno» ha tuonato SaverioLurati, presidente dell'Uss e segre-tario regionale di Unia Ticino eMoesa. Ha poi concluso BrunoPesce, rappresentante delle vittimedell’amianto, parlando della neces-sità di unirsi per difendere i dirittidei lavoratori. La serata è poi prose-guita coi concerti seguiti da una follain festa malgrado la pioggia.

Bruno Pesce dell’Associazione vittime dell’amianto è intervenuto venerdì al dibattito organizzato dal nostro giornale

Due aspetti sono emersi con forza durantela conferenza “Testimoni della strage del-l’Eternit” di venerdì scorso, organizzata dalnostro giornale. Il mancato intervento dimolti, troppi attori nel fermare il killeramianto. Se il padrone di Eternit, StephanSchmidheiny, aveva tutto l’interesse econo-mico affinché la lavorazione dell’asbesto con-tinuasse il più a lungo possibile, a turno glioratori si sono interrogati sui ritardi di chipoteva e doveva intervenire. «Già nel 1918le compagnie assicurative inglesi e americanerifiutavano la copertura sanitaria a chi lavo-rava con l’amianto» ha detto l’oncologo difama mondiale Franco Cavalli. Solo dopooltre settanta anni in Svizzera e Italia è statodefinitivamente vietata la lavorazione del-l’amianto . Evidentemente, in tutti queglianni, più di uno scienziato “compiacente” haseminato dubbi sulla reale pericolosità del-l’amianto. Ma dove erano le autorità di con-trollo sulla sicurezza, Suva e ispettorato dellavoro in primis, agli inizi degli anni ottantanello stabilimento Eternit di Niederurnen,si è chiesto Franco Basciani, ex operaio della

fabbrica glaronese. Le stesse autorità canto-nali e federali, i politici, perché tardaronotanto a imporre il divieto della lavorazionedell’amianto? Dalla platea è stato anche ri-conosciuto il ritardo dei sindacati elveticinell’intervenire con la necessaria durezza per

fermare la bomba a orologeria. Se Schmi-dheiny guadagnava soldi con l’amianto, glialtri perché non intervenivano? Nella Sviz-zera che ama definirsi “virtuosa” rispetto aglialtri paesi, l’affare amianto è stato avvolto daun velo di omertà.

All’opposto, l’insegnamento dei casalesi nellatenacia nel perseguire la giustizia, del qualeBruno Pesce, coordinatore del comitato dellevittime dello stabilimento Eternit di CasaleMonferrato (nella foto con Franco Basciani,ex operaio Eternit di Niederurnen)ha riper-corso le fasi storiche. Un movimento di base, operaio e sindacaliz-zato, quello di Casale, nato all’interno dellafabbrica con i delegati della Cgil, il cui radi-camento nell’opinione pubblica è stato favo-rito dalla forte combattività dei lavoratorinegli anni 70 nel difendere i loro diritti. Unalotta che dura da quasi 40 anni e che oggi sivede ricompensata con l’avvio del processo aTorino dove sono imputati gli ex padroni diEternit. Lodando la tenacia e la combattivitàdei casalesi, un operaio presente in sala si èperò chiesto: «Perché si riesce a portare a pro-cesso i responsabili solo quando gli operai sonomorti?» Forse questa è la ragione per cui la vi-cenda dell’amianto è un’esperienza ancora at-tuale, di cui far tesoro perché utile ariconoscere gli errori commessi per evitarlinel presente e nel futuro.

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area dossier - 7 maggio 2010, n° 7

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unta una talpa che per almeno sedici anni ha monitorato l’attività dell’associazione delle vittime di Casale Monferrato. Si spacciava per giornalista

idheiny li ha pure fatti spiare

tata ufficialmente incaricata dallaodi nel 1990 e che l'azione dinaggio proseguì fino al 2006. è probabile che già precedenzagesse un'azione di delazione neiri confronti», afferma Pesce. Il

compito, ha dichiarato Bellodi alistrato torinese, non era sololo di monitorare la stampa locale

me facevano altri referenti a Ba-i e a Siracusa, dove le iniziativeacali erano pressoché inesistenti),

anche quello di allestire «un rap-o periodico mensile comprensivo

d'interpretazione della situazione lo-cale», si legge nel verbale d'interroga-torio della Procura. «Agli atti delprocesso – ha annunciato il PubblicoMinistero Sara Panelli – vi sono nu-merose relazioni della dottoressaBruno che riguardano gli aspetti am-bientali, l'incidenza del mesoteliomasui cittadini non esposti professio-nalmente, le prospettive del pro-cesso». A scoprire la vicenda è stato il Procu-ratore Guariniello, che nel corso del-l'inchiesta è incappato in una rete di

Cercava informazioni anche in SvizzeraLa giornalista Maria Roselli racconta del suo incontro con la “spia” e delle ripetute richieste di notizie su quanto veniva pubblicato dalla stampa elvetica

contatti, anche di tipo finanziario, trala Becon (società di Stephan Schmi-dheiny) e la Bellodi di Milano, da cuipartivano “articolazioni” verso Ca-sale, Bagnoli e Siracusa, dove avevanosede stabilimenti dell'Eternit. Il ma-gistrato torinese ha dunque ordinatoun blitz delle forze dell'ordine nellasede della società milanese, dove sonostati sequestrati i documenti che con-fermano la messa in piedi di unasorta di “intelligence” per spiare levittime. L'attività della Bruno (chesecondo indiscrezioni percepiva un

compenso mensile tra i 4 e i 5 milafranchi svizzeri) è andata avanti finoal 2006, dunque ben oltre l'avvio del-l'indagine Eternit da parte della Pro-cura di Torino. A Casale Monferrato la notizia è stataaccolta con stupore e incredulità. Acominciare dai clienti della commer-cialista (soprattutto piccoli impren-ditori locali) che ancora oggi vive elavora in città. In molti si chiedonocome abbia potuto fare questo a suoiconcittadini e tradire una città (lasua) in cui l'amianto fa un morto alla

settimana. Da parte nostra avremmovoluto domandarle se non si vergo-gna (o perlomeno prova disagio) a gi-rare nelle strade di Casale Monferratoe se ha ancora il coraggio di guardarenegli occhi i suoi concittadini chesoffrono. Per questo l'abbiamo contattata tele-fonicamente nel suo studio di Casale,ma l'intervista è stata breve: «Non honulla da dichiarare». Intende pren-dere posizione prossimamente? «Nonho nulla da dichiarare». Fine dellachiamata.

Dietro le quinte due fedelissimi della famigliarano due fedelissimi della fami-ia Schmidheiny i referenti diaolo Bellodi, titolare della societàilanese per cui lavorava la spia. I

omi sono stati fatti dallo stessoellodi durante un interrogatorioella magistratura torinese, di cuirea possiede una copia del verbale. tratta di due figure molto im-ortanti, che ancora oggi intrat-ngono stretti legami con Stephanmputato al processo di Torino) euo fratello omas Schmidheiny.

Leo Mittelholzer, economistappenzellese 59enne, è stata larima persona di contatto. Entratoovanissimo nell'entourage dellamiglia Schmidheiny, tra il 1984

il 1986 era amministratore dele-ato dell'Eternit Spa e delle societàaliane controllate (Eternit Casale

Monferrato, Eternit Siciliana, Eter-t Reggio Emilia e Eternit Na-

oli). In Italia è finito due voltetto processo per le sue attività inno al gruppo: dopo essere statoagionato nel processo di Casale

Monferrato nel 1993, è stato con-annato nel 2005 (unico svizzero)ai giudici di Siracusa a due anni euattro mesi per omissione inten-onale di misure di sicurezza sulogo di lavoro. In seguito è dive-

nuto presidente della direzione diHolcim Svizzera di omasSchmidheiny e oggi, dopo una pa-rentesi in ailandia come Ceodella Siam City Cement (il se-condo più grande produttore di ce-mento del paese asiaticocontrollata dall gruppo Holcim),ricopre la stessa carica presso Hol-cim Germania.• Peter Schürmann, ancora oggi ilportavoce ufficiale di StephanSchmidheiny in Svizzera, subentròpiù tardi come «referente operativo»della società di “intelligence” mila-nese. Negli ultimi anni (dunquenegli anni Duemila) era il «nostroriferimento sia per la fatturazione siaper il rapporto operativo», ha spie-gato Bellodi ai magistrati. Partico-lare interessante: Schürmann èsempre stata la figura di riferimentodell'azienda per i giornalisti chescrivono delle vicende legate al-l'Eternit e si è distinto per un mododi fare particolare, come confermala testimonianza di Maria Roselli(vedi sotto). Allora come oggi, è ti-tolare di un'agenzia di pubblicherelazioni e consulenza aziendale, ilcui ufficio si trova nella celebreBahnhofstrasse di Zurigo, “salotto”della finanza elvetica. c.c.

alpa casalese di Stephan Schmidheiny si teressata parecchio anche di quanto ve-

scritto in Svizzera sulla strage dell'Eter- e sulle iniziative giudiziarie in corso ina. Lo conferma ad area la giornalistaia Roselli, profonda conoscitrice delier amianto e della storia dell'Eternit,

conobbe Maria Cristina Bruno nelzo 2002, in occasione della sua prima vi- a Casale Monferrato, proprio nello sto- palazzo della Camera del lavoro dove ha l'Associazione delle vittime del-ianto. «Tra le persone che mi furonoentate c'era anche questa donna, che micinò per manifestare il suo interesse avere un articolo sulla mia visita, innto prima giornalista svizzera ad interes- “finalmente” della vicenda dell'Eternit.

ho creduto visto che mi era stata pre-ata come persona di fiducia e oltretutto

na sede ufficiale. In seguito, soprattutto l 2002 e il 2004, mi contattò ripetuta-

te e con una certa insistenza via e-mail: prima volta subito dopo l'incontro diale per sapere come era andata, qualio le mie impressioni, per chiedermi didarle l'articolo che avevo scritto. Anche

a in tedesco, diceva, avrebbe tentato di

«Cara Maria, grazie per l'articolo. Ho qualche dif-ficoltà con il tedesco ma il senso è chiaro. A Na-poli so che si muove qualcosa con l'Autorità

giudiziaria e tra poco potrebbero iniziare cause anche lì. Holetto l'articolo apparso su La Stampa e anzi se vuoi ne ho copia.Mi manca invece quello di Santino Calisti su Gazzetta di Sira-cusa. Ah, che bella città Siracusa. Hai visto l'isola di Ortigia? E'uno spettacolo della natura. A Casale dobbiamo comple-tare la bonifica dello stabilimento e iniziare ancora quelladel polverino. ... A livello giudiziario, i sindacati stanno rac-cogliendo i nomi delle vittime. Siamo circa a 1300 nomi.Poi i legali depositeranno i fascicoli per iniziare una nuovacausa contro i fratelli Schmidheiny. Il giudice Guariniello con-tinua l'attività di indagine per conto suo e al massimo è tuttoancora in istruttoria. Ci riaggiorniamo. A presto e buona se-rata. ciao. Maria Cristina». (30 giugno 2004)

@«Cara collega, forse non ti ricordi di me ma cisiamo conosciute a Casale alla Camera del lavoro.Anch’io sono giornalista e mi occupo di

amianto da circa 20 anni. Ho visto il tuo pezzo su work e tichiederei di farmelo avere via e-mail perché è una fotocopiache si legge male. Non è che esiste la traduzione in una linguache non sia il tedesco? Qui ci sono acque agitate, c’è la ricon-ferma del sindaco Mascarino e qualcosa si sta muovendo. Soche anche a Napoli e Siracusa si muovono le acque. Ti sareigrata se mi tenessi al corrente di quanto viene pubbli-cato in Svizzera e se hai bisogno non esitare a chiedermi.Ciao e buona serata.Maria Cristina Bruno, Casale Monferrato».

(28 giugno 2004)

capirlo in qualche modo. E io glielo man-dai. In seguito mi chiese i nominativi di altrigiornalisti che si erano occupati della vi-cenda e loro vecchi articoli (in particolaresull'Eternit di Siracusa che io avevo ripreso).Mi chiedeva insomma informazioni giorna-listiche, il che non mi fece insospettire. Di-verso sarebbe stato se mi avesse domandatoper esempio i nomi degli attivisti sindacali.Ma a un certo punto la sua insistenza mi

aveva scocciata e allora decisi di non più ri-sponderle», spiega Maria Roselli, che nel-l'archivio della sua posta elettronica haritrovato numerosi messaggi dalla Bruno, dicui sotto riproduciamo alcuni passaggi.Ma l'aspetto più sconcertante è un altro perla nostra interlocutrice: quello di scoprireche la persona di contatto dell'azienda perle sue inchieste giornalistiche sull'Eternit erain qualche modo alla testa dell'organizza-

zione di spionaggio di cui pure lei è stata vit-tima: «Ogni volta che gli sottoponevo i ri-sultati delle mie ricerche, per esempio sulprocesso di Siracusa, Peter Schürmann sicomplimentava per la mia bravura a scoprirele cose», racconta Maria Roselli. «Mostravaanche un lato umano: quando parlava dellemorti di amianto usava espressioni del tipo“una storia triste”, mi invitava a bere uncaffè quando si trattava di appianare i rap-

porti con “work” (il giornale di Unia, piùvolte minacciato di querela, su cui Rosellipubblicava i suoi articoli, ripresi anche daarea) e, in generale, si dava le arie di unuomo d'affari di animo buono, compren-sivo». «Aveva però sempre da ridire su ogni cosache scrivevo e chiedeva di poter rettificare»,aggiunge Maria Roselli, che con Schürmannha avuto rapporti fino al 2007 (quandopubblicò il suo libro “Die Asbestlüge”, [labugia dell'amianto, ndr]. «Ho pure saputoche quando altri giornalisti lo chiamavanoper chiedere conferma di quanto avevoscritto, mi denigrava, diceva che io non ca-pivo nulla, che inventavo le notizie. Quandoinvece contattavo avvocati e consulenti ita-liani di Schmidheiny, lui veniva informatoe mi chiamava subito per ricordarmi che perscrivere della vicenda si deve sempre passareda lui». «Il suo comportamento – conclude– mi fece presto ritenere che fosse parte dellamacchina di disinformazione, ma non im-maginavo che facesse spiare i giornalisti. Aquesto punto posso ritenere di essere stata“osservata” anche attraverso altri canali».

c.c.

Alcuni rappresentanti delle vittime di Casaleal processo di Torino;

sotto Stephan Schmidheiny

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